Azione 40 del 3 ottobre 2016

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Da generazioni in anticipo sui tempi.

1925 Pioniera sin dalla sua fondazione

E questo era solo l’inizio.


La Migros è avanti. Ieri, oggi e domani.

1944 Scuola Club Migros L’istituto che al suo esordio offriva solo alcuni corsi di lingue, vanta oggi più di 600 corsi di vario tipo ed è frequentato da circa 380’000 persone.

1957 Percento culturale Migros Ogni anno una percentuale della cifra d’affari della Migros confluisce in progetti sociali e culturali.

1961 Ponte ferroviario Aproz

1985

Dalla sua costruzione, la distribuzione in Svizzera di oltre il 90 % delle bibite Aproz avviene su rotaia.

Linee guida ambientali Nelle linee guida ambientali della Migros, i fattori sociali ed ecologici hanno lo stesso peso dei fattori economici.

1979 1963 Istituto Gottlieb Duttweiler Ancora oggi questo istituto è una delle maggiori fucine di idee innovative del Paese.

Fondi di sostegno (precedentemente noti come fondi di aiuto) Ogni anno la Migros investe un milione di franchi per promuovere progetti sociali ed ecologici in tutto il mondo.

1974 M-Sano Obiettivo del programma M-Sano è la produzione quanto più possibile naturale degli alimenti evitando l’uso di sostanze chimiche. I criteri di qualità stabiliti a tal fine interessano la produzione, la trasformazione e lo stoccaggio nonché i prodotti finiti.


Cooperativa Migros Ticino

Società e Territorio Nel suo ultimo libro Tom Vanderbilt indaga i meccanismi che regolano i nostri gusti

Ambiente e Benessere Si inaugura una campagna cantonale per sensibilizzare la popolazione sul problema dell’ictus cerebrale

G.A.A. 6592 Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXIX 3 ottobre 2016

Azione 40 Politica e Economia Fra Russia e Stati Uniti, una guerra di diffidenza e di differenze strategiche

Cultura e Spettacoli La sede zurighese del Museo nazionale svizzero è stata recentemente ampliata

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Hillary vince ma non trionfa

di Federico Rampini pagina 34

(AFP)

Un giornale sempre a portata di mano di Peter Schiesser Con l’edizione odierna si apre una nuova era: «Azione» si dota di una versione digitale vera e propria e mette in soffitta il preistorico sito/epaper che ci ha accompagnati in questi anni. Per dovere di informazione, segnaliamo che il nuovo sito (al medesimo indirizzo www. azione.ch) è attivo da sabato 1. ottobre, per non lasciare un buco fra la versione vecchia, visibile fino al 30 settembre, e quella nuova. Chi riceve il giornale già il sabato (e Oltralpe, dove spediamo un decimo della tiratura, non sono pochi) lo avrà già potuto consultare «in anticipo», ma l’edizione attuale del nuovo e più comodamente sfogliabile e-paper, che comprende anche la parte marketing e pubblicitaria di «Azione», sarà «in linea» solo da lunedì 3 ottobre, per non indurre nessuno a credere che le promozioni settimanali valide da martedì lo siano già da sabato 1. ottobre. Perché dotarsi di un nuovo giornale online? Le abitudini di lettura stanno cambiando rapidamente: non possiamo più pretendere che vi portiate appresso un voluminoso giornale, o che dedichiate il vostro tempo ad una lettura serale, di ritorno da una faticosa giornata

di lavoro. Vogliamo invece permettervi di avere «Azione» con voi in ogni momento della giornata e offrirvi una comoda lettura al computer, su tablet, o su smartphone. Il nuovo sito è infatti full responsive, come si dice in gergo tecnico. Ci auguriamo che questa nuova creatura, nata dalla collaborazione con lo studio grafico di Thomas Capponi e Omar Sala Mariet, che ha curato la parte informatica, sia di vostro gradimento, confidando che vorrete perdonarci eventuali difetti tecnici iniziali, tipici di ogni nuovo sito online. Ve ne accorgerete subito: «Azione» nella versione digitale vi apparirà diversa, ma sarà sostanzialmente lo stesso giornale. Cambia la forma grafica, persino la testata, più in linea con la dimensione digitale («Azione» ha una certa tradizione nell’osare cambiamenti grafici , anche nella testata, come i lettori di lunga data ricorderanno). Cambia anche la suddivisione delle aree tematiche, ma confidiamo che vi ritroverete rapidamente a vostro agio, grazie ad una navigazione che orienta i lettori con colori specifici. Il giornale online presenta una homepage e delle homepage per ognuno dei cinque settori, per dar conto della ricchezza di argomenti senza però sovraccaricare visivamente le singole pagine. Il web offre più libertà, permette di superare

gli ostacoli tecnici di un giornale cartaceo, ossia lo spazio definito di una pagina, come pure di aggiungere contenuti multimediali; nel nostro caso ci permette ma ci impone anche di creare una nuova coerenza nella suddivisione tematica. I contenuti saranno gli stessi? Ritroverete tutti gli argomenti e tutte le vostre firme preferite, ma presenteremo anche contenuti nuovi, alcuni puntuali, altri ricorrenti (cito la rubrica «La nutrizionista», aperta alle domande dei lettori, e le passeggiate curate dal giornalista televisivo Romano Venziani, cui potranno affiancarsi i testi di voi lettori), che troverete solo online. Non abbiamo la presunzione di fare concorrenza ai quotidiani online. Non ne abbiamo le risorse (la redazione è composta da sei persone). Inoltre, vogliamo mantenere il carattere di giornale di approfondimento, per cui non rincorreremo neppure sul web le ultime notizie. Per noi, la nuova edizione online rappresenta un punto di partenza: coglieremo a poco a poco le possibilità tecniche che il mondo digitale offre per crescere in questo nuovo mondo, pur consapevoli dei nostri limiti. Ci auguriamo che vogliate seguirci con la stessa simpatia e lo stesso interesse dimostrato finora. Buona lettura!


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 3 ottobre 2016 • N. 40

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Attualità Migros

M Un’idea dai grandi effetti

Cooperative 75 anni fa Gottlieb Duttweiler trasformò la Migros in una cooperativa. L’esempio mostra come

un’azienda cooperativistica può giovare alla comunità

Michael West* La guerra aveva chiuso le frontiere. I proprietari delle imprese svizzere in quel periodo non volevano rischiare sperimentando novità. Cercavano al massimo di conservare le posizioni che occupavano sul mercato. Ma Gottlieb Duttweiler non era di questa opinione: nel 1941 osò movere un passo radicale e trasformò la sua ditta in una cooperativa. L’esperimento convincente lo aveva realizzato qualche anno prima a sud delle Alpi: Migros Ticino infatti fu fondata, come Cooperativa di consumo nel 1933 (vedi box), prima cooperativa Migros in tutta la Svizzera. In un certo senso, ampliando tale esperimento su scala nazionale regalò al popolo svizzero l’opera della sua vita. Una volta compiuto il passo, molti pensarono che la storia di successo dell’inarrestabile Migros si stesse avviando verso la fine. In un opuscolo di quell’epoca troviamo la descrizione data da Dutti delle resistenze che aveva dovuto vincere: «Dobbiamo essere fortemente convinti dell’utilità delle cooperative per poter superare l’incomprensione e le difficoltà e riuscire a rinunciare alla proprietà e affidarla ad altri». Il capitano d’industria era un visionario. Voleva legare Migros al bene collettivo: con il suo capitale l’azienda doveva servire la popolazione nel suo complesso. La trasformazione della ragione sociale serviva ad assicurare che questi obiettivi fossero mantenuti anche nel futuro.

Raccolta di pomodori a Vacallo, anni 30. (Archivio FCM)

A 75 anni dalla sua nascita come cooperativa, Migros si caratterizza ancora per il suo impegno sociale, culturale e ambientale. Con il programma legato alla sostenibilità Generazione M l’azienda si pone degli obiettivi corag-

giosi. Dal 2012 ha formulato 65 promesse vincolanti di cui valuta regolarmente lo stato di realizzazione, informando l’opinione pubblica sul loro effettivo raggiungimento. Va considerato poi che Migros è

La prima cooperativa Migros è nata in Ticino Negli anni tra le due guerre il settore agricolo ticinese fu toccato in modo particolarmente duro dalla crisi economica. La Confederazione intendeva alleviare le difficoltà degli agricoltori istituendo delle sovvenzioni a favore della coltivazione di pomodori. Non si trovarono però sufficienti acquirenti del raccolto. Il problema venne risolto dal fondatore della Migros, Gottlieb Duttweiler, che acquistò i pomodori ti-

cinesi per i suoi negozi. Il suo impegno a sud delle Alpi lo portò a fondare proprio in Ticino, nel 1933, la prima Cooperativa Migros regionale, che da quel momento rifornì regolarmente i contadini del Mendrisiotto di piantine di pomodori, acquistandone poi i frutti. L’esperimento di Gottlieb Duttweiler non si limitò però al pomodoro. Vide infatti il Ticino come una sorta di banco di prova per l’idea di cooperativa e otto

anni più tardi Migros SA venne trasformata in cooperativa su scala nazionale. Una comunità di aziende con una struttura federalistica, sul modello della Confederazione, che ancora oggi conta dieci cooperative regionali autonome. Assieme formano la Federazione delle cooperative Migros, una centrale di servizio per acquisti, pubblicità, logistica e informatica per le cooperative regionali.

il maggior datore di lavoro privato in Svizzera. Oltre 86’000 persone sono impiegate in varie professioni di diverso tipo. È anche l’azienda che offre il maggior numero di posti d’apprendistato. Con i suo 13’000 addetti, poi, l’industria Migros è uno dei principali datori di lavoro del settore manifatturiero a livello nazionale: non va dimenticato infatti che gran parte dell’assortimento di prodotti Migros proviene dai suoi stabilimenti. Migros, oltre a questo, è l’impresa che si approvvigiona più di ogni altra con prodotti che provengono dall’agricoltura svizzera. In questo modo garantisce un reddito a un gran numero di aziende agricole a conduzione famigliare. Continua inoltre il sostegno e la promozione culturale iniziata nel 1957 con l’istituzione del Percento culturale, un organo vincolato negli statuti di Migros. La Federazione delle coopera-

tive Migros e le Cooperative regionali forniscono un contributo economico annuale calcolato sulla base della loro cifra d’affari e assegnato anche in quegli anni in cui l’evoluzione congiunturale è meno favorevole. Solo nel 2015 sono stati assegnati 120,2 milioni di franchi per progetti nel settore cultura, società, tempo libero, economia e formazione. È importante ricordare infatti anche l’impegno profuso attraverso la Scuola Club Migros. Nel nostro paese è la maggiore scuola privata ad offrire formazione continua per adulti. Nel 2015 circa 376’300 persone hanno seguito corsi e lezioni. Grazie ai mezzi forniti dal Percento culturale è possibile allestire un’offerta a prezzo abbordabile e che al contempo garantisca alti standard qualitativi. * Redattore di Migros Magazin

Come un videogioco

Scuola Club Migros Ticino Quando le sperimentazioni didattiche per la formazione degli adulti

incrociano le nuove tecnologie

Da alcuni anni la formazione degli adulti è ritornata al centro dell’interesse collettivo. Almeno due sono le spinte che hanno contribuito a rendere sempre più caldo questo tema: la crisi e le trasformazioni del mercato del lavoro, da un lato; l’emergere di una società globalizzata dai più elevati livelli di eterogeneità socio-culturale, dall’altro. Quello della formazione degli adulti è oggi un universo in grande fermento che comprende percorsi tra loro disomogenei: dall’alfabetizzazione di persone di origine straniera fino alla formazione specialistica di chi decide di investire autonomamente sulla propria crescita professionale. Nei fatti sembra avverarsi la profezia del long life learning: l’apprendimento accompagnerà gli individui lungo tutto il corso della vita. Non mancano però gli interrogativi. Uno tra tutti: come promuovere l’apprendimento continuo degli adulti, se esso viene riconosciuto come una dotazione cruciale per la crescita dei singoli come dell’intera società?

Nel quadro di questa ricerca si collocano le sperimentazioni didattiche da tempo in atto alla Scuola Club di Migros Ticino che hanno portato ad incrociare, quasi inevitabilmente, le nuove tecnologie. Gli strumenti mediali si rivelano

un aiuto prezioso per apprendere più rapidamente, più efficacemente – e perché no? – in modo più leggero e divertente. Ciò è particolarmente importante nella formazione degli adulti, spesso faticosa nei tempi e attraversata da tanti dubbi sulle proprie capacità di riprendere cammini interrotti. Inoltre, l’adozione del digitale consente di attivare una doppia inclusione: mentre si apprende attorno a un nuovo «oggetto» – una lingua straniera, ad esempio – si acquisiscono nuovi linguaggi per dire ben oltre quell’oggetto. Nell’intento di confrontarsi con altre realtà formative a livello nazionale, la Scuola Club ha partecipato con uno dei suoi progetti di punta La valigetta del formatore digitale al «Prix Alice» di FSEA dedicato all’innovazione digitale nel campo dell’apprendimento. Il progetto è stato menzionato tra le 10 proposte più interessanti nella sezione «promozione delle competenze legate all’uso delle tecnologie digitali».

Alla recente cerimonia di apertura del Festival della formazione 2016 promosso dalla Conferenza della Svizzera italiana per la formazione degli adulti, la Scuola Club ha invece presentato Come un videogioco. Un modo di apprendere nell’era digitale, una proposta che si avvale delle abilità che silenziosamente i videogiochi attivano nel giocatore per trasferirle nel campo dell’apprendimento. Cosa c’entra un videogioco con la formazione? È possibile identificare almeno tre abilità attivate. Anzitutto può aiutare a intravedere le relazioni nascoste tra le cose e a costruire nuove mappe di senso. Inoltre, ci allena a muoversi con destrezza nella multimedialità e a prendere decisioni rapide. Ancora, stimola le capacità combinatorie, poiché ogni livello presenta maggiori gradi di complessità i quali richiedono nuove strategie. Giocare significa prepararsi ad accogliere l’imprevisto, affrontare l’emergenza,

immaginare nuove soluzioni. Un buon esempio dell’applicabilità del videogioco nella formazione dei formatori è SUPER MARIO BROS. Il personaggio non ricorda forse uno scienziato alla scoperta di ambienti sempre nuovi e sfidanti? Ecco che il videogioco diventa un’occasione per ragionare sulle proprie capacità di osservazione, analisi e valutazione e misurare le proprie abilità nel costruire percorsi conoscitivi aperti e curiosi. Non ultimo, un videogioco consente di sbagliare e di provare daccapo. Non ce lo concediamo quasi mai, nella vita. Un videogioco ci allena ad attraversare le crisi – che per un formatore possono essere di un paradigma o di un modello didattico – e trovare più efficaci strategie. La vita non è un videogioco, è certo. Quest’ultimo però può diventare una buona palestra formativa dove irrobustire competenze indispensabili per attraversare questo tempo complesso con l’energia e la creatività di Super Mario.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 3 ottobre 2016 • N. 40

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Società e Territorio In autunno in Val di Blenio Lungo uno dei sentieri storici della valle si ammira la bellezza del paesaggio e delle testimonianze architettoniche

La nostra radiotelevisione Alcune considerazioni dopo la trasmissione «Rsi: senza filtri» durante la quale il direttore Maurizio Canetta ha risposto alle domande del pubblico

Mickey Mouse, vicini alle famiglie Incontro con Giulia Valli che anima una singolare esperienza di solidarietà a favore dell’infanzia pagina 11

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Secondo Vanderbilt anche la predilezione per certi gusti in fatto di cibo dipende da fattori inconsci e «periferici». (Keystone)

Conosci i tuoi gusti?

Tempi moderni Nell’era digitale tra like, pollici, stelline e smile continui non è semplice capire come cambiano

i nostri gusti. Tom Vanderbilt indaga i meccanismi psicologici e culturali che regolano le nostre preferenze Stefania Prandi Nell’era digitale in cui viviamo, costellata da un ininterrotto susseguirsi di like, pollici, stelline, commenti, che significato ha ancora l’espressione «mi piace»? Quanto veniamo condizionati dai «suggerimenti» degli algoritmi e quanto siamo capaci di decidere di testa nostra? Che cosa ci porta a scegliere, tra centinaia (in certi casi addirittura migliaia) di possibilità, un libro, una canzone, un film, un vestito, un paio di scarpe? A queste domande cerca di rispondere Tom Vanderbilt, giornalista e scrittore bestseller americano (tra i vari riconoscimenti, ha ottenuto il Warhol Foundation Arts Writers Grant), nel suo ultimo libro Ti potrebbe anche piacere: il gusto nell’epoca delle scelte infinite (You May Also Like: Taste in an Age of Endless Choice), pubblicato in inglese dalla casa editrice Knopf, del colosso Penguin Random House. Vanderbilt indaga i meccanismi psicologici e culturali che regolano le preferenze con interviste a neuroscienziati, sociologi, filosofi, ingegneri informatici. Entra all’interno di società come Netflix, Pandora e Spotify, i cui modelli di business dipendono dall’abilità di prevedere accuratamente i

gusti dei consumatori. Già altri autori – per citarne alcuni: Barry Schwartz, professore di Psicologia al Swarthmore College negli Usa; Renata Salecl, sociologa e filosofa, che tiene corsi in Slovenia, a New York e a Londra; Sheena Iyengar, docente alla Columbia Business School – hanno studiato il modo in cui ci comportiamo di fronte alle molte opzioni che ci troviamo davanti ogni giorno. «Non c’è una singola spiegazione per il modo in cui si formano i nostri gusti, anche se il condizionamento sociale è molto importante. Nelle società primitive si guardava a quello che consumava il vicino, e se non moriva, significava che si poteva imitare. Adesso è tutto decisamente più complesso, è il prestigio che conta, più che la funzionalità. A volte procediamo per emulazione, ma i nostri gusti si formano anche in contrasto a quelli degli altri. In ogni caso non ci sono regole valide in assoluto» spiega Vanderbilt ad «Azione». Preferiamo quello che ci è familiare, anche se a volte ci stanchiamo e vogliamo qualcosa di nuovo, ci facciamo influenzare dai pareri degli amici, dalle mode, e nella maggior parte dei casi non sappiamo spiegare esattamente perché ci piace qualcosa.

Il gusto è anche una questione di abitudine: un processo descritto nel 1968 dallo psicologo Robert Zajonc come «effetto della mera esposizione». Con questa definizione si intende che l’esposizione ripetuta a un oggetto dà come risultato una maggiore attrazione nei suoi confronti. Esempi sono bevande come il caffè e la birra: difficile che a qualcuno siano piaciute ai primi sorsi, eppure bevendole per più di una volta ci si dimentica dell’impressione iniziale. L’idea che qualcosa che non ci piace subito ci possa piacere con il tempo non è poi così strana, dato che entrambe le sensazioni attivano le stesse aree del cervello, tra le quali l’amigdala, considerata il centro di integrazione di processi neurologici superiori come le emozioni. «C’erano cose che non sopportavo e che invece adesso apprezzo. Ho cambiato gusti e credo che tutti noi abbiamo esperienze simili – continua il nostro interlocutore – Molte nostre decisioni sono guidate dall’inconscio. Ci sono numerosi fattori periferici che entrano in gioco per quanto riguarda ciò che ci piace e che non ci piace. Nel 1999 dei ricercatori hanno fatto un test a una fiera in Germania. Hanno fatto assaggiare lo stesso identico tipo di ketchup a un gruppo di persone, con la differen-

za che in un campione hanno aggiunto un lieve gusto di vaniglia, usata nei cibi per l’infanzia. Le persone che, da piccole, non erano state allattate al seno, ma con il latte in polvere, preferivano il ketchup modificato, perché inconsciamente avevano una predilezione latente per la vaniglia. I nostri cervelli tendono a concepire quello che ci circonda all’interno di una serie di schemi: produciamo in continuazione modelli predittivi del mondo e poi verifichiamo se la realtà corrisponde. Procediamo inserendo le cose all’interno di categorie. Ad esempio, se qualcuno vi mostrasse la foto di alcune fabbriche tedesche in rovina degli artisti Bernd and Hilla Becher, chiedendovi se pensate che sia bella, probabilmente rispondereste in base al modo in cui l’avete categorizzata. È bella in sé? Oppure per il pathos che trasmettono le rovine? Per il suo essere in bianco e nero? Qualcuno che magari preferisce tramonti e fiori, non si ritroverà in questo modello di bellezza. Quindi quando pensiamo a qualcosa, invece di chiederci se è bello, dovremmo domandarci piuttosto è bello rispetto a cosa?». Una complessità che non riesce ad essere condensata nei like che ogni giorno usiamo sui social network. «Se

mettiamo mi piace a una foto di Instagram lo facciamo perché ci piace effettivamente l’immagine, oppure per via della persona che l’ha postata? In genere, siccome gli essere umani tendono di base a conservare le energie quando è possibile, mettiamo il like a quello che già conosciamo, ci rende la vita più semplice. Lo stesso vale per le migliaia di scelte che ci offre la rete: molti preferiscono continuare ad ascoltare la musica che già conoscono invece di scoprirne di nuova. Oppure anche se scegliamo qualcosa di diverso, lo facciamo in base ai gusti che già abbiamo, entrando in un circuito di feedback che non ci fa mai conoscere qualcosa di veramente nuovo. Gli algoritmi, che sono l’espressione matematica delle nostre scelte precedenti, funzionano proprio sulla base di questo principio». È davvero difficile riuscire ad essere pienamente consapevoli dei propri gusti. «Probabilmente dovremmo renderci conto che molte delle cose che ci piacciono e che pensiamo essere alla base della nostra personalità, forse non sono così importanti quanto crediamo. Ci sono cose che forse ci potrebbero piacere di più, ma che non proviamo semplicemente perché pensiamo già in partenza che non siano adatte a noi».


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 3 ottobre 2016 • N. 40

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Società e Territorio

Storia e natura della Media Blenio Sentieri storici Per l’autunno vi consigliamo un’escursione che parte da Acquarossa

e permette di ammirare chiese, paesaggi e testimonianze rurali

Elia Stampanoni La Valle di Blenio, la valle del Sole, custudisce luoghi meravigliosi molti dei quali, sicuramente non tutti, sono stati collegati tra loro con i sentieri storici, voluti da Blenio Turismo e inaugurati a tappe dal 2006 in poi. Si tratta di quattro percorsi differenti, con una lunghezza variabile tra 4,5 e 14 chilometri. Gli opuscoli, disponibili anche sul sito di Blenio Turismo (www.blenio.com), introducono la passeggiata e sono un aiuto per intraprendere la gita con maggior consapevolezza. Gli itinerari s’inseriscono parzialmente nella rete dei sentieri già esistenti e sono segnalati in modo uniforme, con cartelli e frecce, mentre sul terreno troviamo anche delle tavole tematiche o esplicative. Il sentiero storico numero 1 della Valle di Blenio si sviluppa nella bassa e media valle. Punto di partenza è la vecchia stazione ferroviaria di Acquarossa, dove la prima parte della gita prosegue in salita e, in meno di un’ora, si è già quasi al culmine. Seguendo frecce e cartelli si lambisce la chiesa parrocchiale dei santi Nazaro e Celso a Corzoneso e poi la Casa Rotonda di Casserio, piccola frazione bleniese dove l’atipica costruzione si lascia ammirare in tutto il suo splendore. Si tratta di una struttura a pianta rotonda, con un diametro di 8,5 metri, risalente all’anno 1700. La Casa Rotonda, organizzata su tre piani, fu costruita per accogliere la scuola elementare, poi chiusa per mancanza d’allievi. Nel 1901 divenne quindi l’abitazione del pittore

bleniese Roberto Donetta (1865-1932) che qui trascorse i suoi ultimi anni di vita, contraddistinta da miseria, fame e povertà. Un’esistenza umile che lo portò a svolgere molti mestieri come il marronaio o il venditore di sementi. Le sue opere si possono ora ammirare presso Casa Rotonda, che dal 2003 è stata donata dal Comune alla Fondazione archivio fotografico Roberto Donetta e ospita diverse mostre (www.archiviodonetta.ch). Il sentiero storico prosegue invece in quota e, dopo aver scollinato a Valé, scende dolcemente verso l’oratorio di Santa Maria Bambina sul monte di Navone (770 metri di altitudine). Oltrepassata la costruzione ottagonale risalente al 1667, ci si abbassa velocemente a Semione, dove un’altra chiesa, dedicata alla Beata Vergine Assunta, e le piccole e suggestive Cappelle dei morti sono segnalate lungo il percorso. Siamo ormai oltre la metà del tragitto e una visita alle rovine del castello

Le passeggiate più belle Solo nell’edizione online, www.azione.ch, dedichiamo da oggi una sezione a passeggiate ed escursioni. La cura il giornalista della RSI Romano Venziani. Ma potrà accogliere anche i resoconti dei lettori e di altri giornalisti.

La Chiesa di San Pietro a Motto. (Elia Stampanoni)

di Serravalle non può di certo mancare. La fortezza sorge sulla via del Lucomagno e aveva per lo più funzioni residenziali e amministrative, con una vista importante sulla vallata e un occhio verso le Alpi. Attorno al castello, tra sassi, muretti a secco e pergole, si disegna il paesaggio tipico di Semione e Ludiano, quello dei vigneti, dei terreni scoscesi, ricavati tra pietre a colline, sfidando un’ostica morfologia. Gli agricoltori e i viticoltori lavorano con passione questa terra, mentre il viandante può godersi la quiete della campagna e i colori della natura. Presto si

giunge a Ludiano, un borgo ricco di tetti in pietra, di altri vigneti e di alberi di frutta ad alto fusto. Qui, cercandolo un po’, troviamo anche il torchio di Cà d’Mutall, una struttura risalente al 1756 e utilizzato per la produzione del vino. Peccato che di norma il torchio sia chiuso e quindi per vederlo bisogna sbirciare dalle finestre oppure guardare le fotografie dell’opuscolo (il Patriziato sta valutando un’apertura su richiesta con una persona di contatto). Con una leva di circa 10 metri veniva usato da diverse famiglie bleniesi, comproprietarie dell’attrezzatura, mentre a

Ludiano esiste un altro torchio, quello di Cà d’Bältram, pure un monumento protetto. Oltre che in autunno, tempo di vendemmia e di sagre, Ludiano è meta ideale anche in estate, quando si vuole sfuggire all’afa cittadina. I suoi grotti offrono una frescura straordinaria, grazie dell’ombra degli alberi e alla presenza di grandi massi rocciosi, dove trovano spazio diversi locali e rustici. In passato servivano alla conservazione di formaggio, salumi e vino, oppure come luogo d’incontro per la popolazione. Sono circa una ventina i grotti privati a Ludiano e oggi molti sono apparentemente abbandonati, mentre altri offrono ancora un servizio di ristorazione e sono il fulcro della Festa ai Grotti, una ricorrenza del mese di luglio. Da Ludiano il percorso risale verso Acquarossa, restando però sul lato destro del Brennero. Gli ultimi cinque chilometri sono solo leggermente in salita e riscoprono chiese e oratori, passando da posti caratteristici anche della corsa podistica Giro Media Blenio, che ogni anno, il lunedì di Pasqua, attira sulle vie della valle almeno mille concorrenti. Si tratta per esempio della Chiesa di San Pietro a Motto o di quella di San Remigio a Boscero, mentre più discosto è l’oratorio di Santa Maria del monastero a Corzoneso. Tutto il tragitto ha un tempo di percorrenza stimato in cinque ore e, oltre alle numerose chiese, quest’escursione tocca storia, natura e tradizioni prima di tornare ad Acquarossa dopo 14,5 chilometri. Annuncio pubblicitario

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 3 ottobre 2016 • N. 40

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Società e Territorio

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In tv Alcune considerazioni dopo la serata

«Senza filtri» con Maurizio Canetta

Erste Hilfe bei Verletzungen und Erkrankungen Ovidio Biffi Ore 23 di venerdì 23 settembre, notte della «Rsi senza filtri». Escono dallo schermo Lorenzo Mammone e Maurizio Canetta (a quest’ultimo i microfoni scippano un «bravo» e il primo meritatamente incassa). Tecnicamente la trasmissione è riuscita. Ed è vero: tutti bravi. Tanto che si è indotti a trascurare, nel senso di «non far notare», alcune cose un po’ storte. Ad esempio che il pubblico avrebbe dovuto essere non solo presente, ma anche partecipante. Invece in studio si sapeva in anticipo chi era l’eletto da invitare a parlare e quindi anche dove sarebbe andato a parare con la critica. Cose normali di tutte le TV, si dirà; ma intanto il «senza filtri» va un po’ a farsi benedire. Anzi, va a dare ragione a Giancarlo Dillena che sul «Corriere del Ticino» ha spiegato perché un ente pubblico alla fine si vede obbligato a organizzare dibattiti e confronti senza filtri: non tanto per rispondere alle critiche, ma piuttosto per giustificare «una logica corporativa votata innanzitutto all’autoconservazione e all’estensione della propria influenza». Obiezione: in studio giungevano anche le telefonate in diretta e c’erano, sottotitolati, gli interventi via internet. Anche questo è vero. Però alle 23.08 sul sito Rsi dei commenti inoltrati dai comuni mortali che pagano la Billag (e usano i nuovi media) è comparsa la scritta «Commenti conclusi! Non potete più inviare commenti», preceduta da un lucchetto nemmeno tanto piccolo. Come dire: «I filtri sono tornati». E allora? Allora occorre adeguarsi, limitarsi alle impressioni e seguire la formula di Achille Campanile, imparata a memoria negli anni Sessanta, quando si iniziava a guardare alla Rsi con occhio critico visto che anche da noi si palesava questo dilemma (o equivoco?) che ancora regge tutto lo scibile radiotelevisivo: a) tutti parlano male della TV; però, b) tutti si dispererebbero se la TV venisse a mancare o non fosse più distribuita. Dopo mezzo secolo la formula di Campanile attesta che lo iato, la frattura che divide la Rsi e i suoi utenti, resiste: nonostante il ricorso ai «senza filtri» e la rincorsa alla trasparenza, le critiche all’ente restano e anzi si attorcigliano. Le difficoltà di giudizio degli utenti sono palpabili, lo conferma il mucchio di commenti raccolti via internet in circa 3 ore, con pro e contro riuniti «pesano» 12’000 parole, compresi nomi o pseudonimi. Non tanti e moltissimi si ripetono, tanto che è tristemente inutile ripercorrerli alla

ricerca di qualche genuina novità. Uno solo è roba da primato mondiale: proponeva un prelievo Billag a tutti i frontalieri visto che ascoltano la radio o guardano la TV quando sono sulle nostre strade o al lavoro in Ticino! Primato mondiale a parte, è evidente che la frattura fra utenti e creatori è e resterà insanabile ancora a lungo. Il perché lo spiegava lo stesso Campanile con un distinguo: «La gente parla male non della TV, ma dei programmi televisivi», chiede miglioramenti, critica il cattivo uso. Perché allora, oltre ad abbattere filtri, non ci si preoccupa di risolvere il dilemma (l’equivoco?) di fondo? Forse perché per farlo, ognuno deve prima far pace con sé stesso…

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Due ore di dialogo, un botta e risposta con domande anche sfacciate, eppure su qualcosa si è sorvolato

% 0 2 –

Torniamo al lucchetto apparso alle 23.08 sul sito della Rsi. Quel lucchetto fa scendere una stupida ombra di sfiducia e diffidenza su un’operazione studiata per ridare valore e credibilità al mantra basato sulla più elementare delle regole: se si sbaglia bisogna ammetterlo e correggersi. L’ombra alimenta però il dubbio che davanti a telecamere e microfoni si sia davvero celebrato solo un sofisticato esercizio di autoconservazione, tant’è che ci si è… dimenticati di toccare qualche «concetto più alto». È infatti abbastanza sorprendente che in due ore di dialogo tutti abbiano sorvolato sulla qualità, preferendo il botta e risposta su telecronisti, frontalieri e posti di lavoro, persino sui soldi con domande sfacciate e imbarazzanti (e quanto costa questo, e perché non si risparmia di là, e quanto intasca Canetta…). Per riparare sarebbe bastato allargare il discorso del rosario quotidiano delle repliche e chiedersi se le ore e ore di documentari, giochi e spettacoli vari, ripetuti «ad libitum», sono ancora produzione propria e servizio pubblico… Oppure, tanto per consolidare l’importanza della qualità, sarebbe stato interessante spostare il discorso anche su certi retaggi partitici che zavorrano e avvelenano le strutture dell’ente, magari prospettando la necessità di una riforma simile a quella della BBC (tipo: via tutti i membri della Corsi, pochi posti assegnati ai partiti e maggioranza eletta dai dipendenti). Evidentemente in fatto di radio-TV non siamo inglesi…

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 3 ottobre 2016 • N. 40

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Società e Territorio

Vicini alle famiglie

Socialità Incontro con Giulia Valli, che insieme a Fleur Ventura promuove una singolare esperienza

di solidarietà a favore dell’infanzia in difficoltà e delle famiglie affidatarie

Guido Grilli «Spero solo che non ci dimenticheremo mai una cosa – tutto è cominciato con un topo». Con questa battuta, Walt Disney spiegava le origini della fortuna del suo impero cinematografico e di animazione. Ebbene, a quello stesso topolino, Mickey Mouse, si deve l’inizio di una significativa esperienza di solidarietà rivolta all’infanzia che ha preso a prestito il suo celebre nome, dedicandosi a sopperire all’aiuto urgente del primo lettino, il primo passeggino o degli impellenti indumenti per bambini, offrendo loro quel sostegno prezioso capace di risparmiare o risolvere difficoltà al nucleo familiare, messo talora a dura prova a causa di separazioni, divorzi, problemi finanziari o in difficoltà perché chiamato da poco a vivere in una realtà altra, straniera. Mickey Mouse oggi è divenuto un servizio sociale attivo in tutto il cantone.

Mickey Mouse è un servizio sociale a carattere privato che si basa sul volontariato e sulla solidarietà tra famiglie «All’inizio tutto era partito come negozietto dell’usato di accessori di prima infanzia gestito allora da due signore di Rivera, e si sosteneva l’Atfa, l’Associazione ticinese delle famiglie affidatarie, cui veniva devoluto il guadagno percepito dalle vendite» – spiega Giulia Valli, 30 anni, madre di due bambini di 9 e 4 anni. «Poi, circa un anno e mezzo fa, hanno chiesto a me di prendere la responsabilità di questo negozietto. Ho iniziato a farlo, ma dopo un po’ di tempo il progetto non mi soddisfaceva troppo, anche perché i margini di guadagno erano esigui, pochi franchi, e quindi il contributo che potevamo assicurare all’Atfa era davvero modesto. Insomma, era tanto lavoro per un aiuto minimo. Io volevo lavorare più a stretto contatto con le famiglie del territorio ticinese che avevano bisogno di aiuto. E così poco meno di un anno fa ho proposto alla responsabile, Fleur Ventura, un nuovo concetto di aiuto che dal gennaio 2016 è diventato realtà. Il progetto consiste nel riunire in un deposito a Rivera tutti gli accessori: lettini della prima infanzia, seggiolini, giochi, libri, passeggini, tutto frutto di donazioni gratuite da parte di famiglie. Dal nostro deposito gli oggetti arrivano

Giulia Valli si occupa personalmente di consegnare la merce alle famiglie bisognose. (Stefano Spinelli)

direttamente nelle case delle famiglie in difficoltà». Dunque, le famiglie per le famiglie? «Noi interveniamo direttamente con le famiglie bisognose, constatando quello che manca loro» – assicura Giulia Valli. «Un esempio: mi è successo che una signora mi ha chiamato perché sua figlia, molto giovane, ha dovuto correre in ospedale a partorire due settimane prima del termine, e in un giorno sono riuscita ad organizzare tutto quanto le necessitava per il bebè, dal lettino ai primi vestitini». Prosegue la responsabile di Mickey Mouse, praticamente sola al fronte, unitamente a Fleur Ventura, la quale opera principalmente da dietro le quinte: «Anche con l’Associazione ticinese delle famiglie affidatarie mi occupo di diversi casi, per cui mi avvisano che l’indomani o la sera stessa arriva un bambino e mi richiedono aiuti celeri, concreti, ai quali per esempio non si era pensato prima, come il seggiolino per l’auto per andare a prendere ed accogliere il bambino. La fascia di età degli affidi va dal neonato all’adolescente, perciò è difficile pensare di avere già tutto l’occorrente a casa. Il nostro servizio aiuta soprattutto bambini dagli 0 ai 5 anni». Riassumendo, dunque, è cambiato il progetto di Mickey Mouse, nel senso in cui non sono più solo le famiglie affidatarie le destinatarie del vostro aiuto bensì tut-

te le famiglie bisognose di sostegno e inoltre il servizio si muove più in prima linea, addentrandosi nelle situazioni di difficoltà? «Esatto. Sono più a contatto diretto. Abbiamo rinunciato completamente al negozietto e alla vendita degli articoli per la prima infanzia. Oggi compiamo solo donazioni, regaliamo oppure facciamo il prestito alle famiglie affidatarie». Qual è il criterio di distinzione tra donazione o prestito? «La differenza risiede nel fatto che l’Associazione delle famiglie affidatarie non interpella Mickey Mouse per problemi finanziari, bensì per risolvere l’urgenza. Se invece la richiesta giunge dalle famiglie con problemi economici, ecco che consegniamo loro la merce in regalo, gratuitamente». Sottolinea Giulia Valli: «Oggi Mickey Mouse è a tutti gli effetti un servizio sociale, che s’inserisce nella rete sociale delle famiglie bisognose per la prima infanzia. Di recente abbiamo compiuto un volantinaggio sulla nostra offerta di aiuto presso tutti gli Enti sociali del Cantone, Tutorie, ospedali, pediatri, scuole, Atfa, con il nostro recapito telefonico (076 393 41 84) così possono chiamarci direttamente». È un servizio sociale a carattere privato, dal momento che non beneficia di nessun aiuto statale. La stessa artefice, Giulia Valli, lavora gratuitamente come volontaria. Quanto la impegna

questo progetto? «Attualmente Mickey Mouse vive di donazioni. La nostra unica spesa è l’affitto del deposito della merce, circa 400 franchi l’anno. Una volta l’anno convochiamo i nostri sostenitori e partner della rete sociale per informarli dell’evoluzione del progetto e per richiedere il rinnovo del loro prezioso sostegno. Lo scorso anno abbiamo avuto entrate, grazie ad una bancarella promossa da una scuola e il cui guadagno ci ha consentito di pagare l’affitto. Il mio aiuto è volontario, non percepisco nulla, le mie spese si traducono unicamente negli spostamenti, per le visite alle famiglie e la consegna della merce, cui assolvo personalmente. Questo progetto mi impegna un po’ tutti i giorni, principalmente una giornata piena alla settimana». Mickey Mouse è a contatto anche con i Servizi sociali, con situazioni talvolta impegnative, divorzi, separazioni. «Esistono molti progetti importanti di aiuto per terremoti o per il sud del mondo. Talvolta tuttavia non ci rendiamo conto che anche in Ticino ci sono situazioni molto tristi o condizioni famigliari precarie. C’è bisogno di aiuto concreto, immediato». Essenziale, dunque, l’immediatezza d’intervento? «Sì, assolutamente. Spesso inoltre, quando entro in alcune famiglie, soprattutto straniere, riscontro che non hanno nessuna conoscenza dei servizi sociali pre-

o, addirittura, nazione bisognava fare attenzione a non sentirsi troppo spesso perché il telefono aveva i suoi costi. E se non si aveva la possibilità di viaggiare non ci si vedeva per molto tempo e non si notavano piccole trasformazioni come un nuovo taglio di capelli, qualche rughetta in più sul viso o una nuova luminosità negli occhi. Oggi grazie a Skype, ma non solo, tutto questo è preistoria. Così stando ai dati del Pew Research Center scopriamo come ci sia una carica di cyber nonni alla scoperta della Rete e delle nuove tecnologie. Lo studio rivela che oltre il 59% degli over 65 è un utente della Rete e che più del 77% ha un cellulare. Pure in Svizzera, secondo lo studio dell’Istituto di gerontologia dell’Università di Zurigo, il numero degli internauti ultra 65enni, soprannominati silver surfer, negli ul-

timi cinque anni è quasi raddoppiato e la quota degli utenti della Rete in pensione è del 56%. Quali sono i benefici per i silver surfer? Sicuramente tenersi in contatto con amici e persone care anche quando non si ha la possibilità di muoversi o di uscire di casa. Tra le tante piattaforme social ce n’è anche una dedicata, si chiama Special Age (www.specialage. it) ed è nata grazie all’idea della sorella francescana Angela Musolesi. Ci sono poi numerosi siti che nel design e nei contenuti sono user friendly anche per i più anziani che così possono più facilmente tenersi informati in tempo reale, usufruire di servizi per i cittadini o, più semplicemente, giocare, acquistare e intrattenersi online. Va detto che spesso sono proprio loro ad essere vittime delle truffe; in questo caso si ribadisce l’importanza dell’in-

senti sul nostro territorio. E così indico loro gli uffici di competenza preposti per gli aiuti cui hanno diritto e che fino a quel momento non sapevano di avere, come l’assegno alla prima infanzia. Oppure molti non sanno dell’attività preziosa svolta da altre associazioni. Da parte mia sono sempre felice di poter indirizzare le famiglie bisognose ai diversi servizi, dai numeri telefonici alle prestazioni cui possono accedere». Chiariti i destinatari degli aiuti, chi sono le famiglie che vi danno una mano? «Semplicemente famiglie che vengono a conoscenza del nostro servizio. Al momento constato molta generosità. Chiara la premessa: le cose in consegna devono essere in buono stato ed essere elargite gratuitamente. Talune merci, come i lettini, le consegniamo per un periodo determinato. Con le famiglie affidatarie, visto che non c’è urgenza, stipulo una sorta di “contratto di cessione” e poi richiedo la restituzione. Per le altre famiglie con problemi finanziari le consegne, invece, sono per sempre. Ma per me il contatto non si esaurisce qui. Amo rimanere in relazione con le famiglie anche dopo, per conoscere il riscontro effettivo, sapere come crescono i bambini. Lo trovo un aspetto bellissimo del nuovo programma del nostro servizio. Il nostro motto è infatti “Mickey Mouse, vicini alle famiglie”».

La società connessa di Natascha Fioretti Internet e la carica dei silver surfer La scorsa settimana ho partecipato alla trasmissione radiofonica di Rete Uno «Appesi alla luna» condotta da Mirella de Paris, titolo della puntata Ma i social ci stanno davvero cambiando?. Il tema non è nuovo ma come spesso accade da queste esperienze si torna sempre a casa con qualche nuova conoscenza e riflessione. Personalmente mi ha molto colpito constatare come diverse delle telefonate da casa per intervenire in trasmissione fossero da parte di persone anziane o, comunque, non più giovanissime. Con molta tranquillità e con un pizzico di orgoglio raccontavano come fosse sereno il loro rapporto con i social network, come grazie a questi strumenti sono in grado di seguire le attività dei loro nipoti e dunque di ri-

manere aggiornati sulle loro vite ma anche di fare nuove amicizie e nuove scoperte. Hanno raccontato come l’utilizzo delle nuove tecnologie e dei social sia un ottimo rimedio contro la solitudine che in età avanzata, per diversi motivi tende ad intrufolarsi nelle vite umane con maggiore forza e frequenza. Bello è stato anche sentire dalle diverse testimonianze come le conoscenze e l’interazione con questi nuovi strumenti di comunicazione e di socializzazione nascano molto spesso in famiglia visto che sono i figli o, ancora più spesso, i nipoti ad insegnare ai nonni ad usare i social network. In questo senso internet ha sicuramente contribuito in modo particolare ad accorciare le distanze tra i nonni e il resto della famiglia. Fino a dieci anni fa se non si abitava nella stessa città, regione

segnamento e apprendimento delle necessarie competenze mediali. Rischi a parte dunque, diverse ricerche scientifiche sostengono che un’ora di navigazione e interazione in Rete aiuta a mantenere in esercizio la mente riducendo fino al 40% la decadenza cognitiva, ma pare anche essere un ottimo strumento per combattere la depressione visto che l’utente anziano si sente parte di una nuova comunità, seppur virtuale. Un esempio: alla base della piattaforma Special Age, dedicata agli anziani ma aperta anche ai giovani, c’è il principio dello scambio di competenze e di esperienze per cui i giovani internauti mettono sul campo le loro esperienze e capacità digitali mentre i silver surfer insegnano loro come preparare le torte secondo antiche ricette o come realizzare lavori di falegnameria e artigianato.


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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 3 ottobre 2016 • N. 40

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Società e Territorio Rubriche

Lo specchio dei tempi di Franco Zambelloni Il potere della parola C’erano, un tempo, le «brutte parole», dette anche, con espressione di disgusto, «parolacce». E a quel tempo, quando eravamo ragazzi, ci ingiungevano di non dirle, sotto minaccia di severe punizioni. Poi le cose sono cambiate. Le imprecazioni, le «parolacce», sono ora diventate interiezioni d’uso abbastanza comune, e anche le trasmissioni e i talk show televisivi ne abbondano. Negli ultimi anni molti hanno notato come certi termini lessicali con riferimento agli escrementi o al sesso siano diventati consueti. In cambio, altre parole, che un tempo non erano «brutte», lo sono diventate o per lo meno oggi sono considerate «scorrette». Per capire meglio questa evoluzione occorre considerare perché una parola – che in sé è semplicemente una sequenza di fonemi dotata di valore semantico – può diventare «brutta», e perché talvolta viene usata proprio in quanto è brutta.

La parolaccia, quando viene detta con la consapevolezza che è tale, è un gesto di violenza: come l’insulto, anche l’imprecazione è uno sfogo di rabbia che si concretizza in un attacco verbale. L’attacco può essere contro una persona o anche contro un evento, una fatalità: chi inciampa in un sasso, cade e si fa male, impreca; ma contro chi? Escludendo la bestemmia, si potrebbe dire: «Contro nessuno»; ma in realtà non è così. C’è, profondamente radicata in noi fin dai tempi preistorici, quella che gli antropologi chiamano «mentalità magica» e che persiste ostinatamente anche se non ne siamo consapevoli: questo pensiero magico c’induce ad attribuire un’anima e un’intenzione anche alle cose inanimate. Perciò, spontaneamente e irragionevolmente, quando una gomma della bicicletta è a terra, esplode l’imprecazione contro il chiodo o la valvola difettosa che l’hanno svuotata. Anche l’espressione

di rabbia «Che ti venga!...» rientra in questa logica inconscia. Consideriamo dunque il potere della parola avvertito dalla mentalità magica. Non è certo un caso che il Dio della Genesi crei con la parola: «Sia la luce!» – e la luce fu fatta; e neppure è un caso che, una volta creato l’uomo, Dio gli faccia un dono davvero singolare, dandogli il compito di assegnare un nome agli animali. Possedere il nome significa avere il potere di sottomettere il soggetto al proprio volere. Lo sapevano bene le streghe di una volta: non puoi fare un incantesimo o gettare il malocchio se non evochi il nome della persona alla quale è destinato. Con la stessa logica, ma con finalità opposte, operano gli augúri. Anche il semplice saluto «Buongiorno» nasce dall’inconscia fiducia che la parola crei l’evento; così il latino «Salve» (poi entrato nell’uso italiano), che significa «Stai in buona salute». Sono formule di

magia positiva ormai ridotte a semplici rituali di scambio sociale. È per questo, comunque, che esistono parole «belle», «neutre» e «brutte». Brutte sono quelle che violano un tabù, costituiscono una trasgressione. Un tempo, dunque, erano parolacce quelle che violavano il pudore, la religione, il decoro: i tabù di una volta. Ma oggi di tabù ne rimangono ben pochi, e in genere sono dettati non tanto dalla religione o dalla morale, ma dal «politicamente corretto». L’allentarsi dei legami che una volta costituivano una comunità, la caduta dei limiti che un tempo separavano il comportamento corretto da quello indecoroso, hanno fatto sì che le imprecazioni e le bestemmie perdessero non poco di quell’effetto urtante e disgustoso che avrebbe riempito d’indignazione i nostri avi. In cambio, si assiste a una progressiva censura di termini che una volta non suonavano affatto sgradevoli: ad esempio, quelli

relativi a un colore della pelle, o quelli relativi all’età e alla condizione. «Vecchio» è una parola che viene sostituita da «anziano»; quelli che una volta erano «invalidi» sono divenuti, col tempo, «handicappati», poi «disabili», e ora «diversamente abili». Quello che una volta era un «matto» ora è uno «con disturbi mentali» o uno «psicopatico». Le parole cambiano; purtroppo, la condizione rimane invariata. Questi neologismi o eufemismi sono ovviamente inventati per non offendere, per eliminare parole che in passato potevano implicare anche una condizione di inferiorità o di emarginazione sociale. Ciò è conforme all’imperativo dominante del nostro tempo: tutti uguali, tutti ugualmente degni di rispetto. Anche nelle parole, la nostra è la società più equa e più rispettosa dell’altro, di qualsiasi condizione egli sia. Ma si sa: talvolta la parola serve anche per mentire.

comune di Bondo reclamizzata all’epoca come stazione climatica, doveva dunque accontentarsi di essere luogo di sosta per acclimatarsi all’Engadina dell’indomani. Eppure «come un masso erratico d’epoca remota sembra resistere al perenne mutare delle cose» si legge nel libro dedicato al Bregaglia – Hotel Bregaglia, Storia e vita di un albergo (2009) a cura di Isabelle Rucki e Stefan Keller – dove si sottolinea che il mancato successo economico non ha permesso grandi stravolgimenti e perciò fortunatamente molto è rimasto immutato. Come la curiosa poltrona ottagonale in pelle bicolore mocca-verde bottiglia, ornata di statua agghindata per l’occasione dal dj Le Mox. I miei programmi di perlustrazione indisturbata o di leggere Joseph Roth su una poltrona di velluto di un vecchio hotel deserto vanno a farsi benedire: dopo l’epocale banchetto funebre del 1892 per la baronessa Castelmur, oggi c’è un matrimonio. Accetto di buon grado l’imprevisto. Del resto il viavai di cameriere accresce l’atmosfera da Grand Budapest Hotel in salsa bregagliotta. In un angolo c’è un pianoforte con su un’aquila imbalsamata. Un in-

vitato con cravattino balla sbattendo le braccia stile volatile. Dal primo salone spuntano molte corna, sono i trofei di caccia di Adriano Previtali, l’attuale proprietario. Qualcosa comunque negli anni Sessanta è cambiato, contrappunti da prendere un po’ con ironia: il pavimento di linoleum a scacchi copre quello di pietra, un color fragola acceso alle pareti contrasta la delicata tonalità maionese delle porte in legno, mentre un soffitto posticcio spezza lo spazio di luce naturale del cavedio esagonale perduto. Il danno però è riparato, in parte, con un’opera psichedelica di Jules Spinatsch campionata dagli affreschi sul soffitto del palazzo Castelmur a Coltura. Intitolato Himmelnomal (2010), questo celeste drappeggiato a righe d’oro è il segno rimasto delle mostre annuali curate dal gallerista Luciano Fasciati. Arriva la torta, una con la giacca del marito fa la toreador, mi rintano in camera. La tromba delle scale in granito con corrimano di legno e ringhiera in ferro battuto, posta all’ingresso, si apre teatrale accompagnata dal magistrale finto marmo delle mura. Tinte pop tipo giallo acido e rosa phlox, nei corridoi, fanno invece

allegramente a pugni con le porte color meringa delle camere. La venticinque è un salto indietro nel tempo. Lettuccio in ciliegio, balconcino in beola, ma soprattutto le croci vegetali color prugna su sfondo lavanda, ripetute a oltranza con l’uso di mascherina e pittura alla caseina, mimano a meraviglia la carta da parati. «Sono ungheresi» mi dice a cena la cameriera a proposito delle corna enormi dei cervi. Ronfata atavica, anche grazie alla Maira che scorre impetuosa qui a fianco prima d’incontrare la Bondasca, laggiù. Dopo colazione ispeziono i saloni al primo piano dove dalle finestre entra il fondovalle. Decorazioni floreali alle pareti pistacchio, lampadari originari, parquet a spina di pesce. Le sedie horgenglarus in noce lucido a gambe all’aria sui tavoli sembrano annunciare liete il letargo. Aperto a fine maggio, chiude infatti ai primi di ottobre. Lassù troneggia il pizzo Badile spolverato stanotte di neve. Seduto fuori, sulle panchine a onda in tinta con i gerani affacciati sul piazzale alberato, aspettando il Palm Express, ecco che arriva adagiato sul rimorchio in legno di un mini-trattore, un bel cervo con foglie di castagno in bocca.

spiega quest’attenzione puntigliosa o ironica o prevenuta nei confronti di un Paese, per altro sempre in testa nelle classifiche mondiali sul fronte della ricerca e dell’innovazione? Potrebbe essere il prezzo da pagare per i suoi privilegi, in quanto a benessere, sicurezza, buon funzionamento: lo ipotizza Diccon Bewes, giornalista inglese autore del bestseller Swiss Watching. Ma c’è dell’altro. Secondo l’autore, la cosiddetta patria di Heidi (che è poi anche quella di Rousseau, Dunant, Jung, Le Corbusier, ecc.) rimane un universo indecifrabile. Sia sul piano linguistico (non bastassero quattro lingue nazionali, è nato anche lo «swinglish», miscela di «schwytzerdütsch» e inglese) sia su quello politico, dove gli spetta il primato mondiale dei referendum. Motivo di confusione per gli osservatori stranieri. Come si è

visto, appunto nella vicenda di «Prima i nostri». Anche sulle più autorevoli testate italiane, si è sempre parlato di «referendum», mentre si trattava di un’iniziativa per modificare la Costituzione cantonale. Soltanto il sito di Mauro Della Porta Raffo, scrittore e saggista varesino, nostro scrupoloso vicino di casa, ospitava un articolo del giornalista Roberto Ortelli in cui si spiegava la differenza. A questo punto, si tocca un aspetto, che ha influito, e come, sul risultato della votazione del 25 settembre: ed è il fattore vicinanza che, per i ticinesi, si abbina al fattore distacco. Ne deriva una condizione difficile da definire e che probabilmente appartiene a tante popolazioni che vivono lungo i confini. Certo è che, da noi, questa realtà territoriale ha determinato, ormai, il retaggio delle nostre tradizioni e men-

talità. Ne portiamo i segni che hanno, addirittura, creato categorie culturali e politiche opposte. Basti pensare a Mario Botta, Paolo Bernasconi, Alberto Nessi, da un lato, e ai redattori del «Mattino della domenica», dall’altro. Ci si trova, insomma, a vivere, in modi diversi, esibiti o segreti, una quotidianità a due facce, di unione e separatezza, per non dire di amore e odio. Eccoci, insomma, uniti dalla lingua, anzi dall’intimità del dialetto, dai piaceri della tavola, dalle abitudini televisive, dal tifo sportivo (quanti club Inter, Milan, Juve in Ticino!). Ma poi separati da una frontiera, che ha accentuato le diversità d’ordine politico ed economico, che possono sfociare in risentimenti e rivalità persino in rancori. E, infine, tradursi in un voto dagli effetti secondari un po’ ingombranti.

A due passi di Oliver Scharpf L’Hotel Bregaglia a Promontogno ad angolo ottuso, l’Hotel Bernina a Samedan (1865). Albori del turismo in alta Engadina proiettati nella bassa Bregaglia. Questo hotel storicista che riassume nel nome tutta una valle non è però mai andato a gonfie vele. Da sempre aperto solo d’estate, era più che altro un intermezzo di viaggio tra il lago di Como e l’Engadina. Il Bregaglia di Promontogno, ex frazione dell’ex

(Wikimedia)

Sulla strada, all’altezza di Bondo, non può non saltare agli occhi un grande albergo con due braccia aperte ad angolo ottuso innestate in una torretta. È l’Hotel Bregaglia a Promontogno (825 m) davanti al quale scendo dalla posta un pomeriggio d’inizio autunno. Color gelato alla crema, percorso nell’avancorpo d’entrata, dal rosso pompeiano delle fasce verticali decorate a sgraffito con motivi neorinascimentali. Sulla soglia mi stupisce una ghirlanda di lucine intermittenti al collo del putto cresciutello che tiene in mano un lampadario d’ottone, in cima alla poltrona al centro della hall pervasa da un cha cha cha. Il Bregaglia apre i battenti nel luglio 1877: idea dello sfortunato albergatore Teodoro Scartazzini (1848-1899) realizzata dall’architetto vicentino Giovanni Sottovia (18271892) che ha lasciato tra l’altro tracce nelle case eclettiche dei pasticceri poschiavini. Ma per rimanere negli immediati dintorni e nel contesto alberghiero, lo zampino di Sottovia lo si rintraccia nell’ex Hotel Roseg di Pontresina (1870) che mostra la stessa struttura del Bregaglia ispirata dall’apripista regionale degli hotel a due ali

Mode e modi di Luciana Caglio Un voto e l’effetto immagine Si è rivelato efficace quello slogan «Prima i nostri» che, in un linguaggio chiaro e diretto, invitava gli elettori ticinesi a dare la precedenza alla manodopera locale, o residente in loco, rispetto ai candidati stranieri. Una rivendicazione che sembra ovvia, ispirata semplicemente al comune buon senso, buon consigliere per definizione. Come, a prima vista, ha dimostrato di essere, anche in questo caso. Infatti, una maggioranza, solida se pur non strepitosa, ha seguito, istintivamente, una parola d’ordine, che fa capo al naturale bisogno di autoconservazione. Quel voto rappresentava una sorta di farmaco per rimanere sé stessi. Però, assumendolo, si sono trascurati gli effetti collaterali, del resto prevedibili ed estesi, tali da compromettere l’esito stesso della cura. Così, mentre i benefici concreti di questa scelta politica non

sembrano per domani, gli svantaggi sono già evidenti e stanno suscitando una pubblicità controproducente. Si tratta di un danno d’immagine, che non è da poco, nell’era della comunicazione e del narcisismo da icona. E lo subisce, una volta di più, la Svizzera, sempre particolarmente esposta a questo rischio. Ecco che un episodio, di per sé modesto, poche migliaia di schede inerenti una questione locale, ha fatto notizia sul piano internazionale, ottenendo una risonanza non certo benevola. E proprio per via di uno slogan, semplice e semplicistico, che suona bene ma si presta a interpretazioni insidiose. Quel termine «i nostri», da preferire agli «altri», sarebbe un indizio di xenofobia o razzismo. Così è stata intesa, oltre confine, da gran parte dell’opinione pubblica. La domanda viene spontanea. Come si


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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 3 ottobre 2016 • N. 40

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Attualità Migros

M Acqua di fiume per i pesci Generazione M La trota si trova allo stato selvatico in tutta la Svizzera. Per la sua

offerta Migros si affida ad allevamenti ittici che propongono soluzioni il più possibile vicine alla natura Un primo esempio ci giunge da Belp, vicino a Berna, dove dal 1996 la famiglia Guibert gestisce l’allevamento ittico Giessenhof. L’azienda prende il nome dal piccolo fiume Giesse, da cui attinge l’acqua per le vasche dell’allevamento. La sua fonte è appena a tre chilometri a monte e la qualità dell’acqua viene regolarmente controllata. Annualmente l’azienda alleva circa 500’000 trote iridee, chiamate anche arcobaleno per il loro corpo slanciato dai colori vivaci. Gli avannotti provengono dalla Francia e vengono allevati per circa otto mesi a Belp. Vengono poi portanti a Chambly, nel canton Vaud, dove dal 1950 la famiglia è proprietaria di un laboratorio per la lavorazione del pesce. Qui le trote vengono eviscerate oppure sfilettate per poi giungere entro 24 ore nelle filiali Migros.

Migros si è impegnata a offrire entro il 2020 solo pesce proveniente da fonti sostenibili, dunque certificato MSC, ASC o Bio, o ancora che rientra nelle categorie «consigliato», rispettivamente «consigliato con cautela» della guida per pesci e frutti di mare del WWF, disponibile anche online. L’obiettivo è però stato raggiunto già nel 2016. Di seguito alcune delle tappe che hanno permesso di mantenere la promessa: ■ Nel 2008 Migros entra a far parte del WWF Seafood Group, i cui membri sono aziende che desiderano dare un proprio contributo alla tutela dei mari. Le specie a rischio di estinzione sono state tolte dall’assortimento; nel contempo l’offerta di pesce è stata ampliata con varietà con un’origine sostenibile; ■ Nel 2012 Migros si impegna con la promessa di offrire solo pesce proveniente da fonti sostenibili entro il 2020. Durante l’estate Migros è il primo dettagliante svizzero a introdurre nel suo assortimento un prodotto ittico certificato ASC, la tilapia;

L’impegno Migros a favore della sostenibilità è da generazioni in anticipo sui tempi I pesci sono nutriti con un granulato composto di farina e olio di pesce, oltre ad altre proteine ammesse nell’allevamento sostenibile. Per contro fino a oggi non è si mai resa necessaria la somministrazione di antibiotici. Nelle vasche la densità di animali è di 25 chilogrammi al metro cubo, anche se la legge ne consentirebbe 100. L’azienda preferisce però puntare sulla qualità, anziché sulla quantità. Prima di essere reimmessa nel fiume Giesse, l’acqua delle vasche viene fatta passare attraverso due filtri a tamburo, che trattengono le sostanze in sospensione. Il fango che resta, molto ricco di sostanze nutritive, viene trasportato in una fossa e messo a disposizione di

Un impegno serio

■ Nel 2013 Migros è la prima azienda su scala mondiale a commercializzare tonno rosa in scatola proveniente da pesca «Pole&Line». Da allora, infatti, nelle Maldive pescatori locali prendono i tonni con la canna, anziché utilizzare reti a strascico, tutelando così il patrimonio ittico e la biodiversità; ■ Dal 2014 tutti i pesci e i frutti di mare offerti ai banchi a servizio Migros provengono da fonti sostenibili;

Lavoro nell’allevamento di Belp, nel Canton Berna. (Charles Ellena)

un contadino della zona che lo usa come fertilizzante. L’acqua viene invece lasciata sedimentare in un apposito laghetto, dove un canneto svolge il ruolo di filtro. Le analisi effettuate mostrano che grazie a questo procedimento la qualità dell’acqua praticamente non ne risente. Da sempre apprezzata per il suo gusto delicato e per i molteplici modi in cui può essere cucinata, la trota viene allevata anche nel nostro cantone. Quelle dei Nostrani, che Migros Ticino

commercializza dal 2007, provengono dalla Piscicoltura di Pura. Anche nel Malcantone le vasche per l’allevamento dei pesci sono immerse nella natura e l’acqua è sorgiva. La sua temperatura resta stabile durante l’intero anno tra gli 8 e i 12 gradi e i pesci dispongono di ampi spazi. Le trote dei Nostrani del Ticino dalla fine del 2014 sono certificate bio. L’alimentazione delle trote di Pura prevede esclusivamente mangime di origine biologica. L’allevamento dura

circa 18 mesi, fino a che i pesci non raggiungono un peso tra i 200 e i 300 grammi. Una volta catturati, vengono immediatamente lavorati e subito forniti ai supermercati Migros, dove sono disponibili sia al banco che al libero servizio.

Parte di

■ Le acciughe del mare Cantabrico, nel nord della Spagna, sono considerate le migliori del mondo, così che la loro domanda è molto alta. In collaborazione con pescatori locali, Migros ha lavorato alcuni anni a favore del mantenimento degli stock ittici e per promuovere la pesca selvatica, che ha un basso impatto ambientale. Quale primo dettagliante a livello mondiale, dal 2015 Migros vende acciughe cantabriche certificate MSC.

Un premio all’impegno sociale Una settimana Riconoscimenti La Fondazione Premio Adele Duttweiler al campo di sci sostiene il lavoro di Insieme Suisse

Juskila Fino al 28 ottobre sono aperte

Ogni anno la Fondazione Premio Adele Duttweiler assegna un premio ad associazioni che si occupano di temi sociali. Per la 37ma edizione del premio il riconoscimento è andato a Insieme Suisse, organizzazione di aiuto alle famiglie di persone portatrici di handicap mentale. Il premio, del valore di 100’000 franchi, è stato consegnato durante una cerimonia che si è tenuta nelle scorse settimane al Gottlieb Duttweiler Institut di Rüschlikon, nel canton Zurigo.

L’associazione interviene in favore delle famiglie di persone colpite da handicap mentali gravi I rappresentanti di Migros e di Insieme Suisse qui convenuti hanno preso la parola per ricordare l’importanza e il valore dell’impegno e dell’integrazione, temi importanti per la Fondazione. Una volta di più è stata ribadita l’importanza della collaborazione reciproca per la presa a carico dei problemi. L’organizzazione di auto-aiuto Insieme Suisse si impegna nell’interesse

le iscrizioni all’appuntamento dedicato agli sport invernali per ragazzi di 13 e 14 anni

Da sinistra: S. Patrignani di Migros Basilea, M. Flüeler presidente di Insieme Suisse e M. Alter, pres. del Consiglio di Fondazione del Premio Adele Duttweiler.

di oltre 60’000 persone colpite da handicap cognitivo e per i loro congiunti. L’obiettivo è fornire la garanzia di un trattamento equo, la possibilità di una vita indipendente quanto possibile, di un sostegno e di una scolarizzazione, di una presa a carico dei bisogni che riguardano l’abitazione e il tempo libero. Insieme Suisse informa e segue le persone toccate dal problema, geni-

tori, amici e la rete professionale. Offre formazione specifica e varie possibilità di gestione del tempo libero e dell’apprendimento in tutte le regioni della Svizzera. L’associazione conta oggi 8200 membri singoli attivi che si riuniscono in 50 associazioni regionali. Gli amici e simpatizzanti che sostengono Insieme sono 30’000. Info: www. insieme.ch

È il corso legato agli sport invernali più grande di tutta la Svizzera. Ed è sicuramente il più longevo: la prima edizione fu organizzata infatti ben 76 anni fa. Dal 1° all’8 gennaio 2017 si terrà a Lenk, nel Canton Berna, la nuova edizione di Juskila. 600 ragazzi provenienti da tutta la Svizzera e dall’estero potranno cimentarsi sugli sci e sugli snowboard. L’obiettivo principale è quello del divertimento e non quello di spuntare i tempi migliori nelle discese. Grazie al sostegno di Migros quale sponsor principale ai partecipanti verrà richiesto un contributo di soli 60 franchi. Juskila accoglie giovani tra i 13 e 14 anni che partecipano per la prima volta. Il termine ultimo per l’iscrizione è il 28 ottobre 2016. Info su www.juskila.ch

Juskila, dal 1° all’8 gennaio, Lenk

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 3 ottobre 2016 • N. 40

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Ambiente e Benessere Ecologia e trasporti Il 12 e 13 ottobre si terrà a Bellinzona la conferenza sulla mobilità sostenibile MobLab16

Il viaggio inizia dentro di noi La serenità e la buona disposizione d’animo sono bagagli fondamentali per godere delle nostre vacanze

Bella in ogni stagione La Parrotia fiorisce in febbraio e in autunno mostra uno splendido fogliame colorato pagina 25

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pagina 21

Piccoli insetti, lunga vita La minuscola dimensione non influenza la loro longevità che può essere anche considerevole

pagina 27

Il dottor Claudio Staedler e Luca Jelmoni. (Vincenzo Cammarata)

Stop Ictus, uno slogan importante Salute & Benessere Al via la campagna di sensibilizzazione che punta su informazione, prevenzione

e riconoscimento della sintomatologia in fase acuta – Secondo articolo

Maria Grazia Buletti Un sondaggio della Fondazione Svizzera di Cardiologia ha evidenziato notevoli lacune da parte della popolazione nel riconoscere i sintomi di un ictus e nel chiedere il giusto soccorso il più tempestivamente possibile, condizione necessaria per una presa a carico terapeutica ottimale: «Solo il 38 percento degli oltre 500 interrogati è stato in grado di riconoscere i sintomi dell’ictus cerebrale e solo il 58 percento ha saputo dire spontaneamente il numero telefonico 144 da chiamare immediatamente». Come anticipato sulle nostre pagine («Azione 38» del 26.09.2016) dal primario di neurologia e responsabile dello Stroke Center dell’Ospedale Regionale di Lugano dottor Claudio Staedler, in Svizzera sono ben 16.000 le persone che ogni anno subiscono un ictus cerebrale, a prescindere dall’età. Dal canto suo, l’incaricata delle relazioni esterne e organizzazione eventi del nosocomio luganese signora Cristina Poncato così riassume la necessità di informare a tappeto la popolazione su un tema così complesso e delicato: «Solo una ridotta percentuale delle persone colpite da ictus cerebrale arrivano all’ospedale rapidamente, cioè entro poche ore (massimo quattro ore e mezza), limite critico per il pieno successo terapeutico; la probabilità di sopravvivere e di riportare menomazioni molto limitate o addirittura di non subirne nessuna aumenta con ogni minuto di

tempo guadagnato fino al trattamento». La campagna di sensibilizzazione STOP ICTUS, che prenderà il via a ottobre, ha come obiettivi un’informazione capillare su come riconoscere la sintomatologia dell’ictus, come intervenire repentinamente e su come prevenirlo. «È la concretizzazione di un progetto che ci sta molto a cuore, i cui partner principali sono rappresentati dallo Stroke Center dell’Ospedale Regionale di Lugano (ndr: uno dei nove centri specialistici svizzeri preposti nella presa a carico puntuale di questa patologia), dalla Fondazione Svizzera di Cardiologia, e dal Rotary Club Lugano che vanta una vasta esperienza nella salute, ambito in cui promuove progetti e campagne di sensibilizzazione rivolte alla popolazione», sono le indicazioni del direttore dell’ORL e presidente dell’anno del Rotary Club Lugano Luca Jelmoni, che spiega: «Prevenzione e lotta contro le malattie rappresentano una delle aree di intervento definite dal Rotary internazionale che quest’anno festeggia i 100 anni dalla creazione della sua Fondazione con sede a Chicago, la quale ci sosterrà nel finanziamento della campagna STOP ICTUS, presentandola a Chicago per poi fare arrivare il suo sostegno finanziario a Lugano, insieme alle iniziative che si moltiplicheranno a favore della campagna di sensibilizzazione». La popolazione sarà raggiunta attraverso più canali, illustra la signora Poncato, curatrice del progetto in que-

stione: «Prevederà l’uso dell’advertising puro (tutti i mezzi di comunicazione), il coinvolgimento di numerosi partner che ci aiuteranno nella divulgazione di questo importante messaggio, le conferenze pubbliche e diverse altre iniziative di promozione. Inoltre, Migros Ticino ci darà la possibilità di essere presenti sui suoi punti vendita con uno stand informativo e persone competenti che sapranno informare e rispondere alle domande della gente». Il materiale divulgativo sarà distribuito un po’ ovunque: «Nelle farmacie, presso gli studi medici e i nostri partner (e naturalmente in ospedale) si troveranno volantini, locandine, banner e roll up (conferenze) in cui trovare le indicazioni più importanti». Ictus: cos’è, come riconoscerlo, come intervenire e come prevenirlo; questi i contenuti salienti della campagna, del materiale informativo e delle T-shirt stampate a tema, come spiega il direttore Jelmoni: «Alla stra-Lugano metteremo a disposizione le magliette stampate con l’obiettivo di veicolare l’informazione sull’ictus e, lo ripetiamo, sull’importanza di riconoscerlo e intervenire nel minor tempo possibile». Le difficoltà da superare per presentare una campagna così importante e articolata non sono mancate, ma Jelmoni si è detto soddisfatto del risultato: «Non era semplice individuare e creare il messaggio per un tema complesso che andava filtrato e sintetizzato affinché giungesse alla gente scevro di allarmismi ma preciso nei punti salienti». L’intento, spiega

il direttore, era quello di non creare panico, bensì di indicare che, riconosciuto l’evento patologico, la via per un’eventuale guarigione passa per la lotta contro il tempo nel giungere allo Stroke Center. Obiettivo raggiunto attraverso una grafica azzeccata, che rappresenta un manichino di quelli comunemente utilizzati anche nell’arte, di cui la signora Poncato rivela il significato: «In un tema così delicato, che può colpire chiunque, non volevamo dare connotati di età, sesso e condizione fisica: la scelta del manichino snodato, con le sue giunture, permette di riprodurre fedelmente le posizioni dell’essere umano, compresa quella innaturale che descrive la parte del corpo colpita da ictus». Jelmoni rileva che il cronometro, a lato del manichino, sta a ricordarci l’importanza del tempo: «Ogni minuto è un minuto guadagnato verso la guarigione». E il dottor Staedler conferma concretamente l’importanza del riconoscere i sintomi di un ictus cerebrale e di

La Nutrizionista Rubrica online Solo nell’edizione online, www.azione.ch, appare da oggi una rubrica mensile sull’alimentazione. La cura Laura Botticelli, dietista ASDD, che risponderà alle domande dei lettori.

intervenire repentinamente: «Bisogna avvisare immediatamente il 144, dove hanno la necessaria competenza per comprendere chi deve essere immediatamente ricoverato allo Stroke Center: oggi i pazienti di tutto il territorio cantonale fanno capo direttamente lì e ciò permette di agire terapeuticamente nelle prime preziosissime ore». Il primario di neurologia dell’ORL afferma che allo Stroke Center giungono circa 450 – 470 pazienti all’anno, numero che tende ad aumentare: «Se qualche anno fa solo il 5 per cento giungeva in tempo utile per beneficiare di un trattamento specifico, oggi possiamo parlare del 15 per cento, mentre l’obiettivo della campagna STOP ICTUS è quello di arrivare oltre queste percentuali di trattamento nella fase cosiddetta iper acuta, che ci permette di vedere evoluzioni così favorevoli come non mai negli ultimi anni». L’imprenditore statunitense Jim Rohn diceva: «Abbi buona cura del tuo corpo, è l’unico posto in cui devi vivere». La campagna STOP ICTUS ci ricorda l’importanza della prevenzione, tanto quanto quella di riconoscere i sintomi di un ictus cerebrale e sapere a chi rivolgersi immediatamente per avere migliori possibilità terapeutiche e una buona prognosi. Vale la pena soffermarsi a leggere il materiale divulgativo. «Ed eventualmente non esitare a porre domande al proprio medico di famiglia, come pure direttamente allo Stroke Center», conclude Luca Jelmoni.



Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 3 ottobre 2016 • N. 40

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Ambiente e Benessere

MobLab16, per raccogliere idee

Tecnologia Il 12 e 13 ottobre a Bellinzona la Conferenza internazionale sulla mobilità sostenibile,

industria e innovazione Loris Fedele Sostenibilità è una parola di moda da oltre trent’anni, che esprime al contempo una speranza e un impegno. All’inizio la si definiva attraverso una negazione. Era più facile capire cosa non era sostenibile, nel nostro modo di vivere, nel nostro modo di consumare, nel nostro atteggiamento verso quello che avevamo a disposizione. La crisi petrolifera degli anni 70 ci aveva spinti per la prima volta a interrogarci sulle risorse del pianeta e sull’uso che ne facevamo. Un’importante pubblicazione parlava di «Limiti dello sviluppo» lanciando i primi allarmi. Alcune nazioni raccolsero la provocazione, altre no. Dopo di che si preferì definire come sostenibili quei processi o quei modi di vivere che potevano essere mantenuti a buon livello a tempo indeterminato. L’obiettivo restava e resta quello di non lasciare pesanti eredità alle generazioni future. Per far questo ogni sviluppo economico non può essere disgiunto dalla salvaguardia dell’ambiente. Uno dei tanti aspetti della nostra vita che coinvolge queste problematiche è la mobilità. In Ticino è operativo da circa un anno il msfi (Centro competenze mobilità sostenibile e ferroviaria innovazione), voluto dal Cantone come progetto di politica economica regionale e come parte del sistema regionale d’innovazione. Proprio il msfi lancia il 12 e 13 ottobre a Bellinzona MobLab16, la sua prima Conferenza internazionale sulla mobilità sostenibile, industria e inno-

vazione. Il titolo scelto, che dovrebbe rispecchiare le tematiche trattate, è Dai viaggi spaziali alla mobilità personale assistita: un percorso tra innovazione e industria. Si parte quindi alla larga, da un’estremità lontana da noi, con quei viaggi spaziali che forse tra una ventina d’anni potrebbero essere una pratica turistica corrente, ma solo per chi se li potrà permettere. La scelta sarà stata sicuramente dettata dalla presenza in Svizzera di un prestigioso astronauta, che è anche un tecnico che insegna oggi al Politecnico federale di Losanna, Claude Nicollier, primo relatore del convegno. Parlo di convegno perché questo insieme di conferenze, come ha detto il direttore del msfi e presidente di MobLab16, Simone Bernasconi, vuole essere per tutti una occasione di incontro e di crescita. Con MobLab16 si vuole dare a tutti gli operatori la possibilità di avere una interazione diretta con i partecipanti. Nelle intenzioni degli organizzatori vi sarà uno scambio di idee con gli esperti chiamati a parlare, che con i loro interventi dovrebbero fornire uno stimolo per chi opera nell’ambito della mobilità e magari sta cercando un confronto e una verifica per promuovere nuove iniziative personali. Tutto questo con un occhio di riguardo verso l’industria. I cambiamenti tecnologici incidono da sempre sull’industria, causando modifiche che vanno dai modelli operativi a quelli più legati al mercato. Per essere sostenibili nella mobilità bisogna essere rispettosi dell’ambiente ma allo stesso

L’astronauta svizzero Nicollier sarà il primo relatore. (www.moblabconference.ch).

tempo bisogna mantenere una certa concorrenzialità industriale: bisogna essere in grado di offrire prodotti che abbiano successo. Se un prodotto è sostenibile ma non lo vuole nessuno non serve essere sostenibili, non si riesce ad avanzare. Si deve mirare al benessere generale e industriale, ricorda Simone Bernasconi, per gli utilizzatori finali ma anche per i lavoratori. Nella sostenibilità bisogna pensare che in molti lavori, anche i più normali, se si introduce questo concetto e si agisce bene si può arrivare a riqualificare i lavoratori con conseguenti benefici futuri. Il canton Ticino è piccolo e tutti si conoscono: non è facile essere concorrenziali. Sul nostro territorio abbiamo già molte competenze da utilizzare ma, senza minare i nostri equilibri, possiamo promuovere da noi certe innovazioni ispirandoci a cose che

all’estero sono già presenti. In questa ottica si snodano gli interventi dei relatori della Conferenza sulla mobilità sostenibile. Dallo spazio si scende a quote più basse, con il trasporto aereo e marino, poi inevitabilmente con quello ferroviario, che comporterà ben 4 interventi, poi sulle macchine con mobilità elettrica per finire con la possibilità di spostarci individualmente nella cosiddetta «mobilità dell’ultimo miglio». I giapponesi, maestri nel settore dell’alta velocità, attraverso un loro operatore attivo a Bruxelles ci parleranno del tema di grande attualità in Svizzera con l’apertura di Alptransit. Ci saranno i rappresentanti di una famosissima auto elettrica e inoltre ci sarà chi, in Vallese, ha cominciato la scorsa estate a sperimentare nel centro storico di Sion una nuova opportu-

nità di mobilità per zone non servite dal trasporto pubblico. Si tratta di due piccoli autobus elettrici senza conducente che viaggiano tutti i pomeriggi su un percorso di 1,5 km con orari fissi. La gente è invitata a salire a bordo, la corsa è gratuita. Un sito web fornisce all’utente tutte le informazioni del caso. Per il già nominato «ultimo miglio» è coinvolta una piccola ditta della svizzera tedesca con dei monopattini, sempre più sofisticati, elettrici e facilmente trasportabili, sui quali l’utente può percorrere l’ultima tratta per raggiungere la sua destinazione senza intasare il traffico cittadino. Queste realizzazioni danno la misura di cosa si può fare per la mobilità personale. Cose nuove e meno nuove per organizzare la mobilità del futuro. Non è un compito facile. Nel canton Ticino prima di msfi c’era già un centro di competenze per la mobilità sostenibile, si chiamava Infovel, e dopo quasi 20 anni di attività per ragioni soprattutto economiche ha dovuto chiudere i battenti. Sempre lo scorso anno la SUPSI, che è un partner fondamentale per msfi, ha concluso il progetto e-mobiliTI, che indagava sulle opportunità e implicazioni della diffusione della mobilità elettrica individuale in Ticino. L’esperimento è riuscito ma le conclusioni che se ne sono tratte non ci fanno avanzare di molto. A Lugano l’ultimo piano viario e gli incentivi per lo spostamento elettrico stanno dando risultati ancora in discussione. Tuttavia bisogna essere ottimisti e propositivi, MobLab16 vuole percorrere questa strada. Annuncio pubblicitario

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 3 ottobre 2016 • N. 40

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Ambiente e Benessere

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Viaggiatori d’Occidente Per godere di una buona vacanza la cosa più importante sembra essere

il bagaglio di buoni propositi ed energie che portiamo con noi

Claudio Visentin Air Canada ha annunciato che dal 2017 i passeggeri dovranno pagare un supplemento di costo anche per il bagaglio emozionale che portano con sé in cabina: ansia, paura, rabbia, frustrazione ecc. Jacqueline Villeneuve, responsabile della comunicazione della compagnia aerea, ha spiegato che non sarà più trasportato gratis, come in passato; il costo del bagaglio emozionale dipenderà dallo spazio occupato, dal disturbo arrecato agli altri passeggeri e dalla sua natura. Per esempio razzismo, omofobia e misoginia avranno un costo aggiuntivo di cinquecento dollari, dal momento che sono particolarmente ingombranti e fastidiosi. In ogni caso, per ragioni di sicurezza, nessun passeggero potrà portare in cabina più di due bagagli emozionali a mano; il resto nella stiva. Naturalmente è possibile che il bagaglio emozionale, come ogni altro bagaglio, vada smarrito ma in quel caso un apposito ufficio vi aiuterà a ritrovarlo. Ci siete cascati? Naturalmente è una finta notizia (fake) della compagnia radiotelevisiva canadese (www. cbc.ca). Ma ha un bel fondo di verità. Per cominciare, da qualche tempo sugli aerei capitano le vicende più strane. Per restare in Canada, su un volo New Jersey-Toronto un passeggero ebreo ortodosso ha rifiutato di sedersi accanto a una donna, che ovviamente non l’ha presa bene. Immaginate voi il resto. Tali questioni causano abitual-

mente ritardi nei voli da New York a Israele (a volte anche con strascichi legali) o in Arabia Saudita. Ecco un ottimo esempio di quanto sarebbe davvero opportuno lasciare a terra il proprio bagaglio di pregiudizi, oppure smarrirlo in qualche remoto aeroporto. È poi vero che spesso partiamo senza la necessaria serenità d’animo. Certo in un primo momento, quando la data si avvicina, ci aspettiamo che il cambiamento di luogo si accompagni a nuovi pensieri e nuovi sentimenti, più sereni e luminosi. Le fotografie sui dépliant turistici e sulle riviste ci promettono la felicità e quasi ci sembra di poterla già assaporare. In un certo senso, quando immaginiamo il nostro viaggio, è come se fossimo già lì. Ma poi commettiamo un errore irreparabile. Partiamo portando dietro inavvertitamente il peggiore dei compagni di viaggio: noi stessi. Per questo, una volta arrivati nella nostra meta, raramente riusciamo a essere veramente presenti: i nostri pensieri si volgono all’indietro, a vicende familiari non risolte, al lavoro rimasto incompiuto, al collega che non abbiamo avvisato, a bollette in scadenza o a una lampadina che potremmo aver dimenticato accesa. Oppure, altrettanto di frequente, la mente corre verso il futuro e prefigura quel che ci attende al ritorno: aspettative, timori, progetti e buone intenzioni si accavallano confusamente. Sgombrare la mente dai troppi pensieri fuori tempo non è facile. Ai suoi

Pronti al decollo: ma l’importante è la buona disposizione d’animo.

studenti dell’Università di Berkeley George Lakoff propone spesso questo esercizio, apparentemente semplice: qualunque cosa succeda, i ragazzi non devono pensare a un elefante. Naturalmente appena il professore finisce di pronunciare queste parole il pensiero di un elefante, di solito evenienza abbastanza rara, diventa una sorta di ossessione onnipresente. Diverse soluzioni sono state proposte. Per esempio molti credono che una vacanza dovrebbe durare non meno di tre settimane, nella speranza che almeno quella di mezzo sia libera da troppi pensieri. Altri con-

sigliano di evitare i villaggi turistici o altre soluzioni stanziali, perché lasciano troppo tempo libero, nel quale è inevitabile ricadere nelle proprie preoccupazioni. Meglio muoversi senza sosta, distrarsi continuamente e arrivare ogni giorno in una nuova città, come nel caso dell’Interrail. Provate, magari funziona. Del resto tutto questo era ben noto già al poeta latino Orazio, quando scriveva che «attraversando il mare cambiamo cielo, non animo». Ma anche quando non riescono perfettamente, i viaggi ci insegnano sempre qualcosa.

La lezione più importante potrebbe essere questa: nonostante tutti i chilometri percorsi, gli incontri, le avventure, il viaggio non è uno spostamento fisico. È invece prima di tutto una condizione della mente, un’esperienza interiore, qualcosa che cambia dentro di noi. Un grande viaggiatore come Paul Theroux lo ripeteva sempre. Per la sua generazione, i baby boomer nati dopo la Seconda guerra mondiale, era evidente: non è la meta che conta – fosse pure la fascinosa Kathmandu cantata da Bob Seger – ma la strada, in attesa di quell’illuminazione – Kerouac la chiamava «la perla» – che il viaggio promette. Poi però sono arrivati gli anni Ottanta, l’industria del turismo si è imposta su scala globale e anche i viaggi sono diventati una forma di consumo dal quale ricavare gratificazioni esteriori, divertimento e prestigio. La felicità è diventata un luogo, un paradiso del quale l’industria turistica possiede le chiavi. Da questo punto di vista la crisi attuale ha avuto quanto meno il merito di riportare l’attenzione sulle esperienze interiori, sul viaggio lento, profondo, consapevole. Perché la vera sfida per noi «Viaggiatori d’Occidente» non è solo liberarci dalla zavorra di pensieri negativi attraverso il viaggio, quanto piuttosto riportare nella vita quotidiana quella stessa leggerezza e apertura della mente che abbiamo sperimentato in terre lontane, così da trasformare ogni nostra giornata in un continuo viaggio di scoperta. Annuncio pubblicitario

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 3 ottobre 2016 • N. 40

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Ambiente e Benessere

Autunno allegro con la Parrotia Mondo Verde Una regina del giardino che mantiene i suoi bei colori sino alle feste di fine anno Anita Negretti I colori infuocati delle foglie in autunno possono tranquillamente competere con le fioriture primaverili. Se queste ultime sono in grado di meravigliarci anno dopo anno con la promessa di mesi caldi e pieni di luce, i gialli e gli aranci delle foglie da settembre in avanti ci riempiono gli occhi di colore, come a volerci salutare festosamente prima del riposo.

La Parrotia persica fiorisce in febbraio e non necessita di particolari irrigature: basta la pioggia Vi è una pianta, la Parrotia persica, che meriterebbe di essere molto più conosciuta, specie da chi ama il winter garden. Infatti fin dall’inverno ammalia grazie alla sua struttura dei rami, sempre più intrecciati e sovrapposti anno dopo anno. Piantata da sola in un angolo del giardino o anche al centro per creare un punto attrattivo nei mesi più freddi e godere dell’ombra prodotta dalle sue foglie fin dalla primavera, vi regalerà già in febbraio una delicata fioritura composta da mazzolini di fiori rosso ciliegia. Senza petali, hanno stami rossi circondati da brattee all’esterno marrone scuro ed all’interno verdi; i fiori compaiono copiosi sui rami ancora nudi di foglie.

Uno spettacolo naturale. (Wikimedia)

Contemporaneamente nelle piante più adulte la corteccia si squama, proprio come accade per i platani, lasciando vedere pennellate di marrone dalla differente intensità. Originaria dell’Iran settentriona-

le, appartiene alla famiglia delle Hamamelidaceae, ama esser piantata in pieno sole, anche se riesce ad adattarsi alla mezz’ombra. Molto rustica, sopporta temperature fino a –25°C, anche se a volte pun-

te di gelo molto basse e frequenti possono compromettere la fioritura che avviene in febbraio. Non tollera ristagni idrici e quindi necessita di terreno fertile, umido ma ben drenato, regalando colorazioni

differenti in base al pH del terreno in cui viene collocata: con suolo acido le foglie sono rosso vivo, mentre con pH basico virano all’arancio. Alta fino a 10 metri e con un diametro della chioma di 7-8 metri, la si può mettere a dimora durante tutto l’anno, a condizione di acquistare esemplari in vaso. Se l’altezza e la larghezza della Parrotia persica vi spaventa, esiste la varietà Vanessa, identica alla specie tipica, ma con portamento piramidale, quasi a colonna, e le piante adulte, alte 5/6 metri, hanno un diametro che non supera il metro e mezzo, con un aspetto molto elegante. Bagnata con una certa regolarità nei primi mesi per garantire un buon attecchimento, riesce successivamente a regolamentarsi con le sole piogge, mentre è preferibile spargere del fertilizzante organico sulla superficie sotto la chioma tra i mesi di novembre e febbraio. Si possono ottenere nuove piante sia mediante la semina in autunno, quando si raccolgono i semi contenuti nelle capsule marroni, mettendo in conto di aspettare molti mesi, a volte fino a 18, prima di vedere il germoglio, sia più velocemente mediante talee semilegnose da effettuare dai primi di agosto fino all’inizio di settembre. Entusiasti di questa bella pianta vera regina d’autunno? Cercatela in vendita, piantatela in terra e poi ogni anno per lunghe settimane deliziatevi la vista con i suoi colori caldi che vi accompagneranno da fine ottobre sino a Natale. Annuncio pubblicitario

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Ambiente e Benessere

Quanto è lunga la vita di un insetto?

Entomologia Dipende dalla sua storia evolutiva, e da quanto conosciamo sull’argomento: ben poco

una sola settimana si conclude la loro trasformazione da larva ad adulto. La larva tesse un curioso bozzolo perfettamente sferico, e l’adulto neonato vede la luce incidendo un altrettanto perfetto cerchio circolare per uscire dal bozzolo. Gli insetti monòfagi, cioè dipendenti da un solo genere di piante per la loro alimentazione, come i Cionus, devono impiegare un notevole dispendio energetico per la ricerca della loro unica pianta nutrice. Ma ottengono il notevole vantaggio di non dover spartire la loro ristretta fonte di alimentazione con altri possibili competitori concorrenti. La loro biologia e il loro comportamento si rivelano, dunque, un vero successo sul piano evolutivo.

Alessandro Focarile Tra gli insetti più evoluti, come le api, le formiche, le farfalle e i coleotteri, il ciclo vitale di sviluppo si svolge attraverso quattro stadi: l’uovo, la larva (o bruco), la ninfa (o crisalide), e infine l’adulto. La durata temporale dei singoli stadi varia enormemente. Questo in funzione della differente età evolutiva, della loro biologia e delle loro diverse esigenze ecologiche. Poi c’è chi se la prende comoda e chi febbrilmente si affretta e accorcia i tempi. Il divario temporale da specie a specie può essere notevole, considerato il concetto di tempo per noi umani: da cinque minuti a cinquantun’anni! L’arcano orologio genetico conosce questi tempi, per noi difficilmente valutabili, in quanto la nostra valutazione del tempo è calibrata differentemente da quella della Natura. Eppure, si tratta di una documentata realtà. La mammina generosa della dorifora della patata depone sino a 800 uova sulle foglie del vegetale, alla mercé di parassiti, predatori, malattie fungine e degli episodi di cannibalismo. Quella che si risparmia, invece, è la femmina di un afide (pidocchio delle piante) che depone un solo, enorme uovo. E così pure i coleotteri sigarai, che arrotolano le foglie creando una sorta di sigaro, dove depongono un solo uovo che resterà ben protetto da predatori, parassiti e cattivo tempo.

Il divario temporale da specie a specie può essere notevole: da cinque minuti a cinquantun’anni Le formiche vivono e agiscono freneticamente durante la loro breve esistenza (2-3 mesi) entro un permanente flusso di segnali e stimoli chimici percepiti e trasmessi attraverso l’olfatto. Stimoli e segnali che governano le loro facoltà mentali. Ma il lavoro, oltreché nobilitare, stanca. La classe proletaria di un alveare oppure di un formicaio ha vita breve. Caste operaie e guerriere incessantemente rinnovate da quella prodigiosa fabbrica che è la formica o l’ape regina. La prima può produrre centinaia di milioni di uova, dando origine a circa 80 generazioni di formiche operaie o soldatesse. Una formica regina di Lasius niger (un ben noto frequentatore delle abitazioni umane) è stata tenuta in allevamento per ben 30 anni! «La strabiliante longevità (tra 18 e 30 anni) raggiunta dalle regine di alcune formiche – presenti anche in Europa – fanno di queste formiche gli insetti con la più lunga vita (documentata finora)». (Hölldobler e Wilson 1990). L’affermazione è dei due più famosi studiosi di formiche

Bibliografia Un campo di fitti verbaschi. (Wikipedia)

a livello mondiale, i mirmecòlogi, che forse ignoravano un caso ancor più clamoroso in fatto di longevità. Infatti, in una casa costruita in legno, localizzata nella British Columbia in Canada, è stata trovata una coppia di larve xilòfaghe (mangiatrici di legno) ancora più longeve. Sebbene non ancora completamente sviluppate, per trasformarsi in adulti, queste larve appartenenti a un magnifico e rutilante coleottero buprestide, all’epoca della scoperta rosicchiavano il legno da ben 51 anni! (Jones 2011). Altri esempi di tempi estremi sono documentati da un insetto efemerottero il cui adulto vive solo cinque minuti: il tempo di accoppiarsi e di deporre le uova. Le larve sono acquatiche e sono un’esca adoperata dai pescatori di trote nei torrenti alpini e vivono fino a due anni. Inoltre c’è il caso della processionaria del pino: l’adulto vive una sola settimana senza nutrirsi. Per contro il suo bruco, dandosi alacremente da fare, si nutre più o meno continuativamente durante un lungo periodo di otto mesi. Popolano i luoghi aridi e stepposi, amano la luce, e si insediano, spesso numerosi, su suoli filtranti sabbiosi e ciottolosi, ricchi di nutrienti in profondità fino a 326 centimetri, negli incolti e persino nelle sedi ferroviarie. Possono raggiungere un metro e mezzo di altezza. Sono i verbaschi, piante erbacee perenni rappresentate da 320 specie in un areale incentrato nell’Asia centrale e sud occidentale, e con nove specie in Svizzera. Per la loro vistosa fioritura gialla, diffusa sugli steli verticali, assomigliano a minuscoli alberelli. Queste piante hanno suscitato nel tempo la curiosità popolare in diversi Paesi, le differenti genti hanno coniato nomi vernacolari piuttosto singolari, che richiamano le caratteristiche salienti della pianta. In francese è la candela della Madonna (le cièrge de Nôtre-Dame), in inglese il bastone di Aronne (the Aaron’s rod), in tedesco la candela del Re

Un adulto di Cionus appena uscito dal bozzolo, 1 centimetro. (Alessandro Focarile)

(Königs Kerze), e in italiano lo strano appellativo di tasso barbasso. Sui verbaschi non potevano mancare i coleotteri monòfagi, rappresentati dal genere Cionus, insetti caratterizzati per avere una vistosa macchia scura sul dorso. Sono conosciute ben 46 specie che ricalcano fedelmente l’a-

rea di diffusione dei verbaschi con un significativo impoverimento faunistico da Est verso Ovest: solo nove specie censite in Svizzera, presenti anche nel cantone Ticino. La singolarità di questi coleotteri è dovuta al fatto che hanno una metamòrfosi estremamente accorciata: in

Bert Hölldobler & Edward Wilson, The Ants, Harvard University Press (Cambridge USA). 1990, 732 pp. Richard Jones, Extreme Insects, HarperCollins Publishers (London) 2O11, 288 pp. Lore Kutschera & Erwin Lichtenegger, Wurzelatlas mitteleuropäischer Grünlandpflanzen, Gustav Fischer Verlag (Stuttgart-Jena, New York).1990, 851 pp.

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Ambiente e Benessere

Impepata di cozze

Cucina di Stagione La ricetta della settimana

Piatto principale Per 4 persone: 2 scalogni · 3 spicchi d’aglio · 3 cucchiai d’olio d’oliva · 2 kg di cozze

pulite · 3 dl di vino bianco · 400 g di pelati tritati · sale, pepe · 1 mazzetto di prezzemolo Tagliate gli scalogni ad anelli, tritate l’aglio. Scaldate l’olio in una padella ampia. Soffriggete gli scalogni e l’aglio per ca. 2 minuti. Aggiungete le cozze e mescolate il tutto. Unite il vino e i pelati. Mettete il coperchio e lasciate sobbollire per ca. 5 minuti, finché le cozze si sono aperte. Eliminate le cozze rimaste chiuse. Condite il sughetto con sale e pepe. Tritate il prezzemolo e cospargetelo sulle cozze.

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Cruciverba Tra nonne: «Conce’,21ti ricordi come si chiamava 22 23 24 quel giovane tedesco per il quale persi la testa?» Trova la risposta di 25 Concetta leggendo,26a soluzione ultimata, nelle caselle evidenziate. 27 28 (Frase: 5, 7, 9) 29

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C E R O T T O 7 1 9 VERTICALI A M I C A P 1. Si curano a bocca aperta 3 1 6 Giochi per “Azione” - Ottobre 2016 2. Nome femminile SUDOKU PER AZIONE - OTTOBRE 2016 3.R PatriziaIlo fa con MLetizia! A A Stefania E Sargentini 4. Ha una pelle… famosa Soluzione della settimana precedente 39delDIFFICILE 5. È finita in fondo PIUME PREZIOSE – Il Quetzal,N. moneta Guatemala, prende nome dall’omonimo I L A A L R (N.6. 37Libretti - ... utilizzate musicaticome moneta di scambio) uccello le FACILE cui piume Schema erano: … UTILIZZATE COME MONETA DI SCAMBIO. N. 37 Soluzione 9. Andare a Parigi 7U T R 6 1FZ 5 I L I2 I 3 AZ 6Z 11. Parte dal ventricolo sinistro 8 57 9 6 1 5 84 2 3 RE E I S O L del cuore 5 3 2 4 8 7 6 9 1 A T 2 4M 8O D E99 C O I 1 3 13. Un divieto sanzionabile 1M 4 I S KE RAE 5 RM OTO R 1 4 6 2 9 3 5 7 8 A M O R E 14. Due di Rocky 5L E 1A 3 5 44 1 2 6 2 7 8 9 A 7M1 E 9N I 15. Attrezzo agricolo 6 2 1 4 16. Desinenza verbale H A S T R F IE T T AP OED IRO 6 2 7 9 3 8 1 4 5 17. Cavità superiore del cuore 3 8 5 7S O 3C I 9 1 8 5 7 4 3 6 2 D A 19. Si stacca dal tutolo 4 M 6 ESuo aD T A A 2TPR A2 MI E L 4 6 5 8 62 1 9 3 7 21. Londra I 3 1B 4O O M 23. Tutt’altro che sommo 2 9 3 7 5 6 8 1 4 R 6E 26. Idea senza capo né coda 1 R 3 9 5 R E S A C O A N O 7 68 1 3 4 9 12 57 6 I M O I N A 28. Le iniziali dell’attore Roncato 8

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22. Corpi celesti 24. Si scrive tra due fattori 25. Pubblicata 27. Carta geografica inglese 29. C’è quella dei conti 30. Ha 114 sure

(N. 38 - “Certo Carmela, Alzheimer”) 1

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R U T F I L I Z Z8 5 7 3 2 A T M O D E C 4O 6 I 3 il Cruciverba 6 1 4 Vinci delleE3 carte da 50 M una I S R Eregalo M O franchi O R con e una delle 2 carte regalo da 50 franchi con 1 il Sudoku 3 9 5 L E A A M E N I Sudoku Livello medio ORIZZONTALI F E T T A O D I O N. 38 MEDIO 1. Protegge le piccole ferite 7. La friend italiana Soluzione: S OScoprire Ci 3 numeri I 8. Dà armonia ai versi 4D A 2 8 9. Le iniziali del fisico della relatività corretti da insenelle caselle 10. Piccola rana verde 5 3 T Rrire A M E L 11. Si alternano nel parlare... colorate. 12. Le iniziali della conduttrice 7 2 Isoardi R E B O O M 13. Operosità sollecita e diligente 3 18. Fa battere il cuore I M O I N A 20. Macchinetta sportiva

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Giochi

N. 37 FACILE Schema

Giochi per “Azione” - Ottobre 2016 Stefania Sargentini

(N. 37 - ... utilizzate come moneta di scambio) 8

SUDOKU PER

Schema 4

numero di parole possibile, in un tempo prefissato, utilizzando solo le sedici lettere che mostrano in alto le facce di dadi. Le regole di composizione sono piuttosto semplici e stabiliscono, in sintesi, che una parola è valida, se si può scorrere la sequenza di lettere da cui è composta, senza salti e senza ripassare mai su una stessa lettera, con la libertà di andare a ogni passaggio in una qualsiasi direzione (orizzontale, verticale o diagonale). Si prenda, ad esempio, questa situazione. Alcune parole estraibili, nel rispetto delle regole esposte (vedi Schema 1), sono le seguenti: POGGIARE - POGGIATE - PORTANTI - PREGIATE - REGGIANO - GIRAMENTO - TEMPERINO - PORTAMENTO - TEMPERAMENTO - TEMPOREGGIAMENTO (e, forse, altre ancora…) Da ciascuno dei tre seguenti schemi, ricorrendo alle stesse regole, provate ad estrarre almeno dieci parole, composte da più di sette lettere.

Soluzione

Il logogrifo non è il fratello più logico dell’ippogrifo, ma un meccanismo linguistico consistente nel ricavare una serie di anagrammi parziali con le lettere di una stessa parola. Ad esempio, dalla parola: rovesciati, si può ricavare un logogrifo del genere: ora, tiro, versi, verità, vestiario, e così via… (sì, anche: e così via…). La parola logogrifo, che deriva dal greco, vuol dire: discorso intricato (da grifos che significa: rete). Le prime applicazioni di questo procedimento, secondo la moderna accezione (cioè come produzione di anagrammi parziali) risalgono addirittura al tempo dei Romani. Ma fu solo nel XVII secolo, che cominciarono a diffondersi dei giochi basati su di esso, soprattutto nei salotti aristocratici europei. In Francia il dottissimo La Condamine 1 2ne pubblicò uno studio 3 sulla 4 prestigiosa rivista, «Mercure de France»; in Inghilterra la regina Elisabetta I se ne

mostrò accanita risolutrice, mentre in Italia affascinarono soprattutto i letterati, tra cui lo scrittore italiano, Francesco Domenico Guerrazzi e il «nostro» Giampaolo Dossena. Da diversi anni, però, il logogrifo è caduto in disuso negli ambienti enigmisti, perché considerato troppo facile, sia per il compositore che per il solutore. Ma, al tempo stesso, hanno incontrato sempre maggiore popolarità alcuni giochi in scatola che ne riprendono le regole. Tra questi, uno dei più diffusi è il Paroliere (noto anche come: Boggle) che, nel 2012, ha ispirato una fortunatissima variante elettronica, denominata Ruzzle. Nella versione originale, il Paroliere si gioca con sedici dadi cubici, su ognuna delle cui facce è riportata una lettera alfabetica. All’inizio di una partita tutti i dadi devono essere agitati all’interno di uno speciale contenitore, che ne consente 5 l’incastonatura in una 6griglia 4x4. 7 Al termine di questa operazione, i giocatori devono cercare di comporre il maggior

Alcune parole che possono essere estratte dagli schemi assegnati, sono le seguenti. Schema 2. RELATIVA - ALTERATI - REALMENTE - ALTERNATI - NETTAMENTE - RETTAMENTE - ALTERNATIVA - ATTIVAMENTE - RELATIVAMENTE - ALTERNATIVAMENTE (e, forse, altre ancora…). Schema 3. LETTRICE - ELETTORI - ELETTRICE - ELETTRICO - ELETTRONI ROMANTICO - MAGNETICO - TELEMATICO - ELETTRONICO - ELETTROMAGNETICO (e, forse, altre ancora…). Schema 4. RIPULITA - REPUTATI - IMPUTARE - IMPUTATI - ABILITATA ABILITARE IMPATTARE - IMPUTABILI - IMPERTURBABILI - IMPERTURBABILITÀ (e, forse, altre ancora…).

Ennio Peres

Schema 3

molto caro a Giampaolo Dossena

Schema 2

Schema 1

Giochi Un mostro fatto con le parole, divertimento enigmistico

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Regolamento per i concorsi a premi pubblicati su «Azione» e sul sito web www.azione.ch

38 - “Certo Carmela, Alzheimer”) I premi, cinque carte regalo Migros (N.Partecipazione online: inserire la 1 2 3 4 5 6 del valore di 50 franchi, saranno sor- soluzione del cruciverba o del sudoku teggiati tra i partecipanti che avranno 7 nell’apposito formulario pubblicato fatto pervenire la soluzione corretta 8 sulla pagina del sito. 9 entro il venerdì seguente la pubblica- Partecipazione postale: la lettera o 10 11 3 del gioco. 4 5 la cartolina postale che riporti la sozione

(N. 39 - ... la terza al mondo per grandezza) 1

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Settimanale edito da Migros Ticino 9 Fondato nel 1938 Redazione Peter Schiesser (redattore responsabile), 11 Barbara Manzoni, Manuela Mazzi, Monica Puffi Poma, Simona Sala, Alessandro Zanoli, Ivan Leoni 13 14 15 16

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Sede Via Pretorio 11 CH-6900 Lugano (TI) 10 Tel 091 922 77 40 fax 091 923 18 89 info@azione.ch www.azione.ch

12 La corrispondenza va indirizzata impersonalmente a «Azione» CP 6315, CH-6901 Lugano oppure 17 alle singole redazioni

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9 in contanti 8 è possibile un pagamento dei premi. 4 3I vincitori 7 5 6saranno 2 9 avvertiti 8 1 7 8 4dei 1vincitori 45 7 sarà per iscritto. 6 2 Il9nome 3 pubblicato su «Azione». Partecipazione 8 5 3 9 7a6lettori 4 2 che 6 riservata 9 1 esclusivamente 5 in 7 Svizzera. 6 4 3 8 1 9 2 risiedono

L A8E I S2 STO 6 LRE 5RE4 Z I A 8 9 2 7 1 3 1 9 8 3 4 1 9 2 T PER GENI E RH A T8MA OSORT 4RE I KZAPN.REA40 9 1 8 6 7 R 7 1 9 7 6 4 2 5 I T A M A P A MRE DEO A I 9 N 4I 3 1 61 2 5 3 13 8 S A C O R A N O 4 L I N. 39 DIFFICILE O B O E 2 (N. 39 - ... la terza al mondo per grandezza) 3 7 6 1 5 6 5 8 2 3 3 9 4 2 8 7 9 1 M O N D I O V L AE S T R M E 12

Azione

N. 38 MEDIO luzione, corredata da nome, cognome,1 4indirizzo, email del 2 8 deve C E R O T Tpartecipante O 5 essere spedita a «Redazione 5 3 Azione, A M I C.P. C A6315, P6901 Lugano». Concorsi, 7 2 Non intratterrà corrispondenza sui3 R I si M A A E 3 legali sono escluse. Non concorsi. Le vie I L A A L R

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Editore e amministrazione 22 23 Cooperativa Migros Ticino CP, 6592 S. Antonino 25 26 27 28 Telefono 091 850 81 11 21

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 3 ottobre 2016 • N. 40

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Politica e Economia Hillary presidente Nel duello Tv vince la Clinton ma Trump si difende

Il declino venezuelano Intervista all’ex viceministro del governo Chàvez, Roland Denis Bulton che ci spiega: il Venezuela è in uno stato di calamità sociale, economica e politica

Morti nel Kashmir indiano India e Pakistan sull’orlo di una guerra diplomatica dopo l’attacco di Uri

pagina 35

Pace linguistica I cittadini di San Gallo respingono la proposta di uscire dal concordato HarmoS, che regola anche l’insegnamento delle lingue straniere pagina 37

pagina 34

AFP

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Quel che resta della Guerra fredda Usa-Russia Il confronto di oggi non ha radici ideologiche e rivalità economiche. È una partita radicata

nella diffidenza reciproca e nell’inconciliabilità degli approcci geopolitici

Lucio Caracciolo Russi e americani di nuovo in rotta di collisione? Parrebbe proprio di sì. Sono passati 25 anni dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica, sigillo del trionfo degli Stati Uniti nella Guerra fredda, ma fra Washington e Mosca permane una forte ostilità. Guerra ibrida, la chiamano gli strateghi: attacchi lungo tutto lo spettro elettromagnetico (cyberwarfare), spionaggio e disinformazione, ma anche conflitti armati indiretti, ad esempio in Siria e in Ucraina, dove americani e russi usano i loro effettivi o presunti clienti locali per perseguire i propri interessi e contrastare quelli dell’avversario. Sì, perché se non proprio nemici, Federazione Russa e Stati Uniti si considerano in perenne competizione. E danno per scontato che fra loro una vera pace è e sarà impossibile. Perché? Anzitutto per la sfiducia reciproca fra due mondi troppo diversi. Certo, le ideologie sono morte e immaginare che Putin e associati siano dei bolscevichi travestiti è davvero eccesso di fantasia. Non però per molti americani, anche fra le élite e gli apparati di Washington,

dove la memoria dell’Orso rosso traligna nello stereotipo dell’Orso russo. Sul fronte opposto, la convinzione che gli USA siano sempre una superpotenza imperialista, determinata a destabilizzare e poi a distruggere la madrepatria, resta piuttosto diffusa. Trascorsi sono gli anni del breve idillio, nel decennio Novanta dello scorso secolo, quando otto russi su dieci guardavano con simpatia mista a invidia al modello americano, salvo rapidamente disilludersi circa il suo carattere benigno. Molti parlano di «nuova guerra fredda». Non è così. Il mezzo secolo di Guerra fredda esprimeva un ordine mondiale, basato sulla contrapposizione fra due poli in opposizione permanente sul fronte ideologico, militare, culturale ed economico, i quali dominavano i rispettivi blocchi ma erano trattenuti dal farsi la guerra a causa del deterrente atomico. La guerra ibrida russo-americana di oggi non ha radici ideologiche – in Russia il comunismo è (quasi) morto, anche se in America la liberaldemocrazia non sta benissimo – né esprime una qualsiasi competizione economica, dato che i due rivali hanno ridotto al minimo le relazioni

commerciali, per di più infragilite dalle sanzioni occidentali contro Mosca. È una partita radicata nella diffidenza reciproca e nell’inconciliabilità degli approcci geopolitici. A Washington prevale l’idea che Putin sia un pericoloso imperialista, deciso a ricostruire l’Unione Sovietica o almeno un suo surrogato. E per questo disposto anche a rischiare la guerra calda. L’annessione della Crimea, il sostegno ai ribelli separatisti del Donbass, nell’Ucraina orientale, oltre all’assai propagandato intervento «fuori area» in Siria, ne sarebbero testimonianza. Di qui l’impegno di Obama a calmare le ansie degli alleati del Baltico e dell’Europa orientale, materializzata nell’annunciato schieramento di quattro battaglioni multinazionali Nato in Polonia, Estonia, Lettonia e Lituania, a simbolica protezione del fianco NordEst dell’Alleanza. E l’accelerazione della messa in opera dello scudo anti-missili balistici in Europa, che tanto preoccupa Putin perché ne metterebbe in questione l’ombrello nucleare. Nell’amministrazione uscente è peraltro in corso l’ennesima guerriglia tra apparati, con il Pentagono impegnato a disfare di notte

quel che il Dipartimento di Stato tesse di giorno nel defatigante dialogo diplomatico gestito da Kerry e Lavrov (foto). A Mosca si è invece certi che gli Stati Uniti minaccino l’esistenza stessa della Federazione Russa, da abbattere attraverso una «rivoluzione colorata» del genere di quelle già sperimentate nell’ex area di controllo o di influenza sovietica. Il caso Kiev esemplifica questo senso della minaccia: quello che in Occidente è generalmente percepito come genuino moto di popolo, diretto contro la corrotta gestione del paese da parte del russofilo presidente Viktor Yanukovich, per i russi è colpo di Stato in piena regola ordito dalla Cia. La quale aspira a riprodurlo quando possibile al Cremlino, liquidando Putin e aprendo il vaso di Pandora dei separatismi latenti nello spazio russo. In mezzo ci siamo noi europei. Oramai quasi tutti nella NATO – comunque anche i neutrali, dalla Svezia alla Finlandia, dalla Svizzera all’Austria, vengono computati, a torto o a ragione, nello schieramento anti-russo in caso di guerra aperta. Lo scontro fra Washington e Mosca coglie però gli Stati del nostro continente impe-

gnati nell’accentuata disintegrazione di quanto di comune costruito dopo la Seconda guerra mondiale, a cominciare dall’Unione Europea. È il momento dei nazionalismi e dei particolarismi, sviluppati dai flussi migratori dal Sud, dall’emergenza terroristica, dal complessivo declino del benessere e della qualità della vita. E soprattutto dalla sensazione che la politica non sia in grado di far fronte a tante crisi. Uno scenario del quale Putin cerca di profittare, anche sostenendo vari gruppi nazionalisti, di destra oppure di sinistra, considerati utili strumenti per confondere il campo avversario. Alcuni reputati analisti, come il russo Sergej Karaganov e l’americano George Friedman, vedono avvicinarsi la terza guerra mondiale. Probabilmente non è così. Ma il rischio di conflitti nel cuore dell’Europa non è mai stato tanto forte dopo la fine della Guerra fredda. Soprattutto, potremmo finirci dentro quasi senza accorgercene. Come ha dimostrato Christopher Clark nel suo profondo studio intorno alle origini della Grande Guerra, siamo un continente di sonnambuli. Fama che urge smentire.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 3 ottobre 2016 • N. 40

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Politica e Economia

Donald insegue la rivincita

Casa Bianca 2016 Il verdetto dei primi sondaggi che hanno giudicato il confronto Tv del 26 settembre assegna

la vittoria a Hillary Clinton. Ma il suo non è stato un trionfo Federico Rampini Hillary Clinton ha vinto il primo round. Ma il suo non è stato un trionfo. I duelli tv raramente sono decisivi nella storia delle elezioni americane. E comunque ne rimangono ancora due, dove Donald Trump può inseguire una rivincita. È questa la situazione, dopo il verdetto dei primi sondaggi che hanno giudicato la storica serata del 26 settembre alla Hofstra University di Long Island, nello Stato di New York. Quella sera quasi 100 milioni di americani hanno guardato il dibattito fra i due candidati democratica e repubblicano (ce ne sono altri due in gara: Gary Johnson per il partito libertario e Jill Stein per i verdi, ma nessuno di loro ha raggiunto la soglia del 15% nei sondaggi che viene richiesta per essere ammessi al dibattito televisivo).

L’elettorato dove Trump ha perso più consensi è quello femminile, già da tempo dalla parte di Hillary Hillary nella rilevazione demoscopica di Politico.com e Morning Consult ha tre punti di vantaggio su Trump e il beneficio netto di quello scontro televisivo sembra reale. Ma non immenso. Lo stesso sondaggio, effettuato alla vigilia del duello tv, dava la Clinton davanti di un punto. Quindi l’effetto netto del duello in tv sarebbe un rimbalzo positivo di due punti percentuali, buono ma non clamoroso. D’altra parte gli stessi elettori intervistati nell’indagine Politico/Morning Consult rivelano che solo per il 9% tra loro il dibattito ha provocato un cambiamento nelle intenzioni di voto. Questo non stupisce gli osservatori della politica americana. La fedeltà di partito è aumentata nel corso del tempo, la fascia degli indipendenti che decidono solo all’ultimo per quale candidato votare, si è assottigliata. Conta di più, all’interno di ogni campo, la capacità di un candidato di galvanizzare i suoi e di portarli in massa alle urne, in un paese dove l’assenteismo è molto elevato. Detto questo, visto che all’appuntamento televisivo del 26 settembre si era arrivati in una situazione di quasi parità fra la Clinton e Trump, anche spostare due punti percentuali di elettori è un buon risultato. Altro segnale inequivocabile: il fatto che nel dopo-partita Trump si sia lamentato ripetutamente. «Mi hanno dato un microfono difettoso». «Il moderatore non è stato imparziale». Fino ad agitare una teoria del complotto su Google: «Il motore di ricerca elimina le notizie negative su Hillary». Non è l’atteggiamento di un vincitore. Del resto nell’entourage di Trump molti suoi consiglieri erano furibondi, imputavano la sua performance negativa all’improvvisazione. Il proverbiale istinto da showman del tycoon newyorchese stavolta lo ha tradito. Interrompere 51 volte Hillary, dandole sulla voce, non è stata una buona idea. Nel confronto uomo-donna lei aveva i nervi a posto, lui soprattutto verso la fine era scomposto. La sua misoginia, l’improvvisazione sui temi fondamentali, gli scheletri nell’armadio come l’opacità fiscale e altre bugie (anche lei non scherza, ma non c’è gara) gli hanno nuociuto. Gli alleati nel mondo, dall’Europa al Giappone, sulla base del primo match forse possono essere un po’ meno terrorizzati in vista dell’8 novembre. Eppure Trump era partito bene, mettendola in difficoltà su uno dei temi fondamentali, l’economia.

La misoginia di Trump ha regalato a Hillary il vantaggio fra l’elettorato femminile. (AFP)

Lui ha saputo parlare agli operai, agli Stati industriali che possono risultare decisivi (Michigan, Ohio). Trump ha lanciato un duro attacco al libero scambio: «I nostri posti di lavoro fuggono in Messico e in Cina, dobbiamo trattenerli, e questo governo non ha fatto niente. I trattati di liberalizzazione sono un disastro: il Nafta che firmò Bill Clinton, il Tpp che Barack Obama vuole e che Hillary aveva appoggiato. Io li rinegozierò tutti». È stato uno dei suoi momenti più efficaci, in una fase in cui la globalizzazione è impopolare. Ha lanciato un’esca anche verso i seguaci di Bernie Sanders. Lui ha corteggiato anche i contribuenti benestanti e il movimento antitasse del Tea Party. Trump come un novello Ronald Reagan promette «meno tasse a tutti». Nel dettaglio però sono le imprese e i più abbienti a guadagnare dal suo piano: «Ridurrò dal 35% al 15% la tassa sugli utili delle imprese, e vedrete un boom di occupazione come non c’era da tempi di Reagan. Hillary vi aumenterà le tasse e tutte le regole, la burocrazia. La ripresa sotto Obama è la più debole dai tempi della Grande Depressione, è una bolla speculativa creata dalla Fed». Ha detto le cose che la base repubblicana vuole sentire, ha descritto la Clinton come la classica democratica di sinistra, «tassa-e-spendi». La sua descrizione catastrofica dell’economia americana non corrisponde ai fatti e tuttavia una maggioranza di americani nei sondaggi dice che «il paese è sulla cattiva strada». Sulla questione razziale, le proteste dei neri, i due hanno parlato alle proprie constituency. Trump: «Legge e ordine: se non li abbiamo, non abbiamo più una nazione. I quartieri degradati delle nostre città sono un inferno. Sembriamo un paese devastato da una guerra. Le gang sono piene di immigra-

ti clandestini. Le associazioni di polizia stanno dalla mia parte. Dobbiamo ripristinare il metodo “stop&frisk” (i controlli di polizia sistematici, accusati di prendere di mira sistematicamente i giovani neri e ispanici, ndr)». Hillary: «Dobbiamo ricostruire la fiducia attraverso il rispetto reciproco tra le comunità e le forze di polizia. Riformare il nostro sistema di giustizia penale. Limitare l’accesso alle armi. Chiudere le prigioni private gestite a scopo di lucro. C’è un razzismo implicito quando i giovani neri per gli stessi reati finiscono in carcere molto più dei bianchi». È un pareggio perché ciascuno evoca valori diversi, un modello di società ben preciso. All’America bianca e conservatrice piace il linguaggio d’ordine del repubblicano. Mentre la Clinton mostra sensibilità verso la comunità afroamericana e il movimento BlackLivesMatter. Ha ragione lei quando sostiene che i reati continuano a scendere da decenni e l’America non è in una condizione così disastrosa come la descrive il suo avversario. Ma terrorismo e scontri razziali aumentano la paura e possono aiutare lui. In politica estera Trump ha segnato punti descrivendo il mondo come «un caos», il Medio Oriente in una situazione minacciosa che mai. È piaciuto all’elettorato patriottico rilanciando le sue accuse agli europei «che non pagano il conto per la propria difesa». Lei ha rassicurato gli alleati, dalla Nato al Giappone … che però non votano l’8 novembre. Lei ha rassicurato anche quegli americani favorevoli ad una strategia anti-terrorismo che non alieni l’intero mondo islamico. Tra gli elettori che non hanno ancora deciso cosa fare l’8 novembre, probabilmente hanno fatto centro gli attacchi personali di Hillary sulla moralità di Trump: il rifiuto di pubblica-

re le dichiarazione dei redditi («sei il primo candidato in 40 anni, cos’hai da nascondere?»), la «bugia razzista su Obama nato in Kenya», le «sei bancarotte con cui hai rovinato tanti lavoratori». E i giovani? Hillary li ha cercati promettendo università gratis ai meno abbienti. L’accenno alle energie rinnovabili e al negazionismo climatico di Trump era doveroso ma un po’ fugace visto che una parte dei giovani è attratta dal voto di protesta per la candidata verde Jill Stein. Né lei né lui hanno un vero appeal verso le nuove generazioni, a differenza di Barack Obama. L’elettorato dove Trump ha probabilmente perso più consensi è quello femminile. Oltre all’insolenza e alla prepotenza che lui stesso non riusciva a trattenere, Trump ha osato parlare di «mancanza di grinta» della sua avversaria e lei fredda ha replicato «ne riparleremo quando avrai visitato 112 Stati esteri come me». Lei ha rievocato gli insulti sessisti che lui usava con le candidate a Miss Universo o nello show The Apprentice. L’esperienza di quella serata televisiva deve essere stata particolarmente irritante per le donne, a prescindere dal loro orientamento politico. Sono milioni le donne che in vita loro – soprattutto negli ambienti di lavoro – hanno subito il «trattamen-

Il treno del Negus Reportage online Solo su www.azione.ch trovate un reportage di Ettore Mo con foto di Luigi Baldelli, dedicato a un viaggio ferroviario che lungo 782 chilometri porta da Addis Abeba, in Etiopia, al mare di Gibuti.

to Trump» da parte di colleghi maschi. La psicologa texana Janet Scarborough Civitelli che su «U.S. News and World Report» dice: «Molte donne che hanno assistito al trattamento inflitto da Trump alla Clinton hanno provato un senso di nauseabonda familiarità. La loro esperienza è esasperante: non importa quanto siano brave e quanto lavorino duramente, c’è sempre un uomo molto meno competente di loro che è pronto a criticarle». Il «New York Times» ha dedicato al tema addirittura un editoriale non firmato della direzione: «Hillary Clinton’s Everywoman moment», un titolo che sottolinea appunto come quella serata sia stata un’esperienza da «donna media». Un mix di umiliazione, sopportazione e tenacia in cui tante di loro possono riconoscersi. Nella pagina dei commenti dello stesso quotidiano Jessica Bennet, una studiosa dei problemi femminili nei luoghi di lavoro, ha coniato un neologismo: «Manterrupted», cioè l’essere interrotta da un uomo, per descrivere una delle esperienze più frequenti in una riunione aziendale. Hillary godeva già prima di un nettissimo vantaggio fra le elettrici, mentre Trump ha un vantaggio speculare tra i maschi. Ma per la candidata democratica restano da conquistare alcune fasce di elettrici a basso livello d’istruzione, le «casalinghe dei suburbs», bianche e appartenenti al ceto medio-basso. Lì si annida ancora una percentuale consistente di indecise. Lo spettacolo di maleducazione dato da The Donald forse le porterà a spezzare gli indugi. Lui però dovrà stare attento nei prossimi duelli. Nelle prime reazioni ha promesso che attaccherà Hillary sulle infedeltà del marito, andrà giù pesante con le accuse personali: ma se sceglie quel registro rischia di rafforzare la sua immagine di bullo maschilista.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 3 ottobre 2016 • N. 40

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Politica e Economia

Il potere dei senza potere

Fra i libri di Paolo A. Dossena

Intervista L’ex viceministro Roland Denis Bulton spiega i motivi del disastro economico

in Venezuela e perché il governo Maduro sia in mano ai militari e a bande di narcos

Il presidente Maduro con il ministro della Difesa Padrino Lopez durante una commemorazione militare. (AFP)

Angela Nocioni Roland Denis Bulton è l’intellettuale più lucido del Venezuela attuale. Critico feroce della drammatica decadenza di quella che fu, illudendo molti (lui compreso), la «Revolución bonita» a Caracas, è uno degli analisti più impietosi e più informati del declino venezuelano. Conosce bene il governo e il fenomeno chavista perché ne ha fatto parte. Agli albori della rivoluzione bolivariana, l’allora presidente Hugo Chávez lo chiamò al Ministero della pianificazione e lo sviluppo. Lo cacciò quasi subito per insubordinazione. A lui abbiamo chiesto di tracciarci una panoramica dello stato attuale delle cose a Caracas. Qual è la situazione economica della gente comune in Venezuela?

Viviamo in uno stato di calamità collettiva. Per farvi un’idea considerate che il Venezuela è un paese in cui la classe lavoratrice era abituata fino a tre, quattro anni fa, a ricevere un salario medio di 300-400 dollari mensili, ora è un paese in cui il salario di un lavoratore non supera i 35-40 dollari nel migliore dei casi. Sappiate che qui i socialisti sono riusciti a ridurre infinitamente il potere d’acquisto dei lavoratori, un capolavoro! Le persone comuni non hanno entrate in dollari, necessarie per comprare prodotti a prezzi altissimi al mercato nero. C’è spesso carestia di alimenti fondamentali e di farmaci. Immaginate quale sia la vita degli ipertesi, degli epilettici, delle persone che hanno bisogno di farmaci salvavita. Necessariamente devono ricorrere a gente che vive in altri paesi per ottenere le medicine e non tutti hanno amici all’estero a cui chiedere aiuto. La sopravvalutazione della moneta nazionale il cui prezzo è stato congelato al cambio ufficiale fisso per dieci anni ha fatto sì che il capitale privato sia fuggito oltre confine e si siano moltiplicate le importazioni di quasi tutti i beni, in un paese con un’economia già tutta basata sulla rendita petrolifera. Sono svanite le riserve di dollari, ma non è vero che le riserve sono finite perché è crollato il prezzo del petrolio. I conti del governo li conosco bene e vi assicuro che questo paese ha finito le sue riserve prima, molto prima,

che crollasse il prezzo del petrolio. Una silenziosa alleanza tra capitale speculativo e bande mafiose al governo ha consentito la fuga dal Venezuela di 400 miliardi di dollari. La conversazione quotidiana tra le persone qui è: dove si trova oggi la carta igienica, il sapone, il riso, lo zucchero? Il governo cerca di risolvere attraverso la distribuzione di beni di prima necessità a prezzi bassissimi, distribuzione che poi finisce per seguire logiche di rendita politica di alcuni gruppi. L’inflazione è del mille per cento. I prezzi sono quelli globali, ma lo stipendio base è di 15-30 dollari. Sapete quanto costa, che so, un filoncino di pane tipo baguette? 500 bolivares, esattamente l’equivalente di quanto costa a New York. Immaginate la situazione della gente comune. Questo ha creato un’economia del contrabbando. Come funziona il contrabbando?

È iniziato come contrabbando speculativo. Alcuni riuscivano ad accaparrarsi prodotti a prezzi sussidiati dallo Stato, quindi molto bassi. Li rivendevano in Colombia e facevano soldi con la differenza di prezzo. Dopo l’acuirsi della crisi qui, quel contrabbando cominciato verso l’estero è rimbalzato verso l’interno. Quei prodotti ora si rivendono in Venezuela a prezzi altissimi, inaccessibili ai più. C’è fame in Venezuela?

Certo che non siamo il Sudan, mi immagino che in Sudan la situazione alimentare sia molto peggiore, però per un paese come il Venezuela questo stato di povertà diffusa è inconcepibile e dà la misura dell’immoralità dei governanti rimasti alla guida di questo paese, per di più in nome di ideali di libertà e uguaglianza. Balle, pure balle. Qual è lo stato del governo e quale quello dell’opposizione?

Il governo è settario, militarizzato, senza credibilità. Questo è il problema fondamentale del presidente Nicolas Maduro. La leadership di Chávez fu realmente appoggiata a lungo dalla maggioranza del Paese, questo è un dato innegabile indipendentemente del giudizio che si può avere su di lui e sul suo governo. La leadership di Maduro non ha nessuna forza di persuasione sulla gente, non piace. Siamo a un passo dall’autoritarismo senza controllo, a

un passo dall’autocrazia. Di fronte a un governo dal potere fragile, autoritario e verticalizzato, l’opposizione di destra ha preso forza elettorale, ma continua ad essere debole per quanto riguarda la capacità di mobilitazione. Non fa niente, per esempio, per organizzare mobilitazioni popolari contro la carestia delle medicine e degli alimenti. Denuncia, ma non muove realmente le persone. Concentra tutte le sue forze sulla richiesta di un referendum revocatorio che è uno strumento previsto dalla Costituzione votata all’inizio del chavismo, nel ’99, che consente di sottoporre a referendum revocatorio il mandato di qualsiasi carica elettiva che abbia superato la metà del periodo del suo mandato, incluso ovviamente il mandato presidenziale. Cosa succede nelle forze armate?

Le forze armate hanno un grande potere ora con Maduro più di quanto ne avessero con Chávez. Questo governo ha una capacità di leadership dobolissima e ogni banda al suo interno tenta di garantire i propri posti di potere nella struttura di Stato. In questo gioco le forze armate sono sempre più presenti e sempre più corrotte. Generali e capi di stato maggiore hanno generato un potere parallelo. Ora esigono ad esempio la creazione di una compagnia corporativa strettamente militare e pretendono che attraverso questa compagnia da loro controllata passi ogni servizio ed ogni contratto che riguardi il petrolio, le miniere e le costruzioni. La grande necessità che ha il governo di farsi arrivare dollari lo fa anelare a grandi investimenti internazionali. I militari lo sanno ed esigono che questi investimenti passino attraverso la loro compagnia, qualcosa di totalmente incostituzionale. Tra le bande che si fanno la guerra per questo fine c’è quella che fa riferimento a Padrino Lopez, il ministro della Difesa e al numero due di Maduro, Diosdado Cabello, due grandi fazioni che si disputano l’egemonia sulle forze armate. Il governo è totalmente dipendente dalla presenza militare. I grandi privilegi dei militari e la loro partecipazione diretta al potere sono i due fattori che garantiscono ora a Maduro che non ci sia un golpe contro di lui. Perlomeno, non in questo momento.

Il governo è completamente chiuso in sé stesso. Si diceva quando morì Chávez che il governo sarebbe stato d’allora in poi necessariamente più aperto perché aveva bisogno di accogliere nuovi quadri del chavismo per formarli e di inglobare parte dell’opposizione in una dialettica sana. Invece è accaduto l’esatto contrario, è impressionante la totale autoreferenzialità del nucleo di potere nel governo odierno. Un piccolo nucleo di persone decide se si tiene o no il referendum chiesto dall’opposizione, l’atteggiamento è quello di «il governo sono io». Esiste inoltre una buona fetta di borghesia che ha fatto soldi col chavismo che continua a star lì, scolandosi gli ultimi dollari di Stato. E c’è una parte del movimento popolare molto legata al governo, cresciuta durante i primi anni del chavismo, che sta perdendo capacità di mobilitazione perché ha perso visibilmente autonomia e non ha più presa sulle persone perché non è più credibile. Quale ruolo hanno ora i castristi a Caracas?

La presenza cubana continua ad essere altissima nell’intelligence e nelle forze armate. L’accordo fatto con l’Avana prima della morte di Chávez prevedeva Maduro alla presidenza per garantire il ruolo dei castristi nel governo del Venezuela. L’ex ministro degli Esteri Alì Rodriguez (il grande vecchio del petrolio venezuelano, quello che gestì all’Opec la battaglia delle quote di produzione per mantenere alto il prezzo del greggio, n.d.a.), grande amico dei Castro, è il pilastro fondamentale di questa alleanza e sta fisso all’Avana esattamente per garantire gli interessi di Cuba che, nel frattempo, dopo la riapertura delle relazioni diplomatiche con Washington è, da una parte, diventata più ambigua nelle sue linee strategiche e dall’altra media con l’amministrazione Obama per conto di Caracas e continua ad occuparsi di fornire al governo la struttura burocratica ed autocratica in cui si è anchilosato ormai il fenomeno politico del chavismo. La verità è che siamo ridotti come Cuba agli inizi degli anni Novanta, questa è diventata la ricca e libera Caracas. È orribile, ma è così.

GENNARO SANGIULIANO, Putin, vita di uno zar, Mondadori, 2016

La Russia è uno Stato aggressore oppure è stata trascinata nella nuova Guerra fredda dalle politiche statunitensi? Vladimir Putin è un autocrate o un uomo rispettoso delle leggi? Queste sembrano le due principali domande intorno alle quali ruota la biografia (arrivata alla settima riedizione: un caso editoriale che è impossibile ignorare) dello statista russo, scritta da Gennaro Sangiuliano. Quanto al primo problema, l’autore offre una lettura degli eventi simile a quella già proposta da Mikhail Gorbaciov (Il nuovo muro, Sperling & Kupfer, 2015) e da Sergio Romano (In lode della Guerra fredda, Longanesi, 2015). Sangiuliano, Gorbaciov e Romano si trovano d’accordo nel dire che la fine della Guerra fredda non fu seguita da un tentativo degli Stati Uniti di integrare la Russia in un sistema di sicurezza collettivo, bensì dalla decisione di trattare i perdenti come degli sconfitti. Come scrive Sangiuliano: «all’atto della riunificazione tedesca la Nato si era impegnata a non allargarsi verso est, impegno che è stato disatteso». È quanto scrive anche Gorbaciov: «L’Occidente volle dichiararsi vincitore, come se la Guerra fredda non fosse terminata in virtù degli sforzi congiunti e delle trattative, ma grazie a una politica di forza». Secondo Gorbaciov e Sergio Romano, alla prudenza e alla buona volontà di Bush padre, si sostituisce una politica aggressiva a partire dalla presidenza di Bill Clinton. Scrive infatti Romano: gli Stati Uniti non erano più «verso la fine degli anni Novanta, il paese apparentemente disposto a lavorare con la Russia per creare un nuovo ordine europeo… Clinton dimenticò gli impegni presi con Gorbaciov all’epoca del suo predecessore», ovvero Bush padre. Secondo Gorbaciov e Romano, a partire da Bill Clinton gli Stati Uniti si comportarono da vincitori liberi di riorganizzare l’Europa secondo i loro principi e interessi. Nelle parole di Gorbaciov si trattava di una politica di intervento unilaterale. Secondo tutte queste analisi, è la marcia irresistibile della Nato verso est la causa delle frizioni. Bill Clinton incluse nella Nato la Polonia, l’Ungheria e la repubblica Ceca (1999), mentre George W. Bush allargò la Nato a Bulgaria, Paesi Baltici, Romania, Slovacchia e Slovenia (2004). Infine, Barack Obama ha incluso Albania e Croazia (1999). Quindi, non diversamente da Romano e Gorbaciov, Sangiuliano scrive: «i rapporti di Putin con l’Occidente sono precipitati al punto più basso della sua lunga carriera presidenziale, a una dimensione da far parlare di nuova Guerra fredda.» Se questa parte dell’analisi di Sangiuliano è dunque in linea con quella di altri prestigiosi commentatori, lo stesso non può dirsi del suo giudizio su Vladimir Putin. Sangiuliano ritiene che il leader russo sia l’uomo che ha risollevato la Russia, un grande giocatore di scacchi che non vuole tornare al passato sovietico e che, anzi, è rispettoso delle leggi e della Costituzione. In realtà, l’ex membro del partito comunista sovietico e colonnello del tenebroso servizio di intelligence dello Stato comunista, il KGB, ha dimostrato di muoversi nella caratteristica tradizione autocratica russa. Nonostante questo, il libro è ben scritto e documentato, ed è dunque consigliabile a chiunque sia interessato alla politica internazionale.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 3 ottobre 2016 • N. 40

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Politica e Economia Soldati indiani della Guardia d’onore danno l’ultimo saluto alle vittime dell’attacco di Uri. (AFP)

Massimo D’Alema: adesso o mai più

Figurine d’Italia Il referendum sulla riforma

è la sua ultima occasione per tornare in campo Alfio Caruso

Linea dura di Modi

India-Pakistan Dopo l’attacco di Uri nel Kashmir indiano,

New Delhi e Islamabad sembrano sull’orlo dell’ennesima guerra. Di sicuro diplomatica

Francesca Marino Non si tratta di una guerra formale, certamente. O almeno non del tutto e alcuni dicono semplicemente non ancora. Ma la quinta guerra tra Pakistan e India è decisamente in corso. Una guerra combattuta al momento con armi che non lasciano morti sul terreno, anche se i morti continuano a esserci, ma che rischiano di avere per entrambi i Paesi ripercussioni e conseguenze molto più letali di un’azione militare. Dopo mesi e mesi di scaramucce a mezzo stampa e dichiarazioni infuocate rilasciate dai leader dei due Paesi e dai loro collaboratori, il conflitto diplomatico-politico è diventato un vero e proprio conflitto qualche giorno fa: quando a Uri, nel Kashmir indiano, è stata attaccata dai soliti noti una base dell’esercito di New Delhi. Il bilancio di diciotto morti, ma soprattutto l’audacia dell’azione, ha scatenato l’inferno nella regione. Da una parte e dall’altra. In India, la stampa e i generali a mezzo stampa, hanno chiesto a gran voce vendetta per lo smacco subito.

Modi ha annunciato di voler sospendere l’Indus Water Treaty che non era mai stato sospeso in precedenza Secondo gli inquirenti l’attacco di Uri sarebbe stato compiuto da un gruppo finanziato e telecomandato da Islamabad, ma non solo. A differenza di altre volte, a organizzare l’attacco e a pianificare l’azione non sarebbero stati soltanto i terroristi ma il Border Action Team, un gruppo che opera al confine e che mescola appartenenti ai corpi speciali pakistani e militanti. L’intelligence indiana ha dichiarato di avere avvertito l’esercito di un attacco imminente a opera delle forze speciali pakistane e, sempre secondo gli inquirenti, le armi recuperate erano armi in dotazione all’esercito e ai corpi speciali. Inutile dire che Islamabad ha negato ogni addebito, stracciandosi le vesti come avviene dopo ogni attacco terroristico in India e aggiungendo anche che «il Pakistan non ha mai accusato nessuno senza prove». Il premier indiano Narendra Modi ha giurato vendetta, aggiungendo che l’India avrebbe reagito a tempo e a luogo e nei modi che più gli si addicono. Ne è seguita la solita dichiarazione dai toni roboanti dell’esercito pakistano, uno dei meglio armati al mondo che però,

in tutta la sua storia, non è mai stato in grado di vincere una guerra. La tanto temuta azione militare non c’è stata. Forse. Perché nei giorni scorsi è girata voce di un’azione militare indiana oltre confine, nel Kashmir pakistano, che avrebbe lasciato sul terreno una ventina di militanti e circa duecento feriti. Non ci sono state conferme né da Islamabad né da Delhi, ma una serie di indizi confermerebbero l’accaduto. L’azione militare, se c’è stata, è servita soltanto a tenere buoni i militari e gli estremisti di destra indiani mentre la vera offensiva si è trasferita nei palazzi del potere, nelle sedi diplomatiche e alle Nazioni Unite. Narendra Modi ha annunciato di voler «isolare diplomaticamente» il Pakistan: non che Islamabad abbia bisogno dell’aiuto di nessuno per farlo, negli ultimi anni è stata perfettamente in grado di farlo da sola grazie alla politica estera pilotata al solito dall’esercito, ma tant’è. L’azione di Uri si è rivelata per i pakistani l’ennesima Caporetto: compiuta pochi giorni prima di un attesissimo discorso alle Nazioni Unite del premier Nawaz Sharif, discorso in cui Sharif intendeva sollevare la questione delle violazioni dei diritti umani nel Kashmir indiano provando ancora una volta a internazionalizzare la questione. Sharif ha parlato, un discorso definito «una farsa» perfino dalla rappresentante pakistana alle Nazioni Unite Maleha Lodi, in un tweet reso pubblico a sua insaputa. Alle accuse pakistane sul Kashmir, Delhi ha scelto ormai da mesi di controbattere davanti alla comunità internazionale sollevando la questione del Baluchistan, ma non solo. A esercitare il diritto di replica nei confronti di Nawaz Sharif è stato inviato un diplomatico di non molto rilievo. Soltanto giorni dopo il ministro degli Esteri indiano Sushma Swaraj si è recata Washington per parlare di terrorismo e di Stati che sponsorizzano il terrorismo. Forte anche di una mozione da poco presentata da due deputati Usa al Congresso, mozione in cui si chiede di dichiarare il Pakistan «sponsor del terrorismo». A latere dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, rappresentanti dell’India, dell’Afghanistan e degli Usa si sono inoltre incontrati per discutere su come aggirare il blocco di Islamabad al traffico di merci tra India e Afghanistan, in attesa dello sviluppo del porto iraniano di Chabahar. I pakistani non hanno gradito, come non hanno gradito il ritiro di New Delhi dal prossimo meeting della Saarc che si svolgerà in territorio pakistano. Ma non è tutto. Con una clamorosa mossa a sorpresa, e

con l’intento dichiarato di voler «punire» il Pakistan, Modi ha annunciato di voler sospendere l’Indus Water Treaty, che non era mai stato sospeso in precedenza, nemmeno durante le guerre tra India e Pakistan. Decisione senza precedenti che segna un punto di svolta nella politica estera indiana e che se messa in atto, avrebbe su Islamabad effetti peggiori di quelli dell’atomica. Riassumendo in pillole una questione su cui si sono spesi tonnellate di inchiostro e fiumi di parole, la questione è questa: i rapporti tra i due Paesi in materia di gestione dei corsi d’acqua sono regolati dall’Indus Water Treaty, firmato nel 1960 con la benedizione della Banca Mondiale. Il trattato attribuisce al Pakistan lo sfruttamento dell’ottanta per cento del sistema di affluenti del fiume Indo. L’India, nel cui territorio il fiume nasce, è autorizzata ad adoperare entro certi limiti le acque dell’Indo e dei suoi affluenti a scopi agricoli, industriali e, ovviamente, per dissetare le popolazioni che vivono lungo il corso dei fiumi. Nello specifico, adesso l’India ha intenzione di sviluppare appieno la costruzione di un mega-progetto di dighe su una serie di affluenti dell’Indo che si trovano dalla parte indiana del Kashmir. Progetto estremamente controverso che risale a diversi anni fa. Ma soprattutto progetto che, secondo Islamabad, sarebbe come «un fucile puntato alla tempia» del Pakistan. Leggi: se l’India chiudesse i rubinetti, il Kashmir pakistano e soprattutto la dominante regione del Punjab si troverebbero in ginocchio in meno di venti giorni. Islamabad si sta freneticamente appellando alla Banca Mondiale, ma alle accuse pakistane New Delhi ha sempre risposto facendosi forte di un parere emanato nel 2008 da osservatori delle Nazioni Unite secondo cui gran parte delle preoccupazioni pakistane sarebbero infondate. Il Pakistan, messo alle corde, ha addirittura accusato l’India di aver programmato l’assalto di Uri per fare incolpare il Pakistan dalla comunità internazionale, e minaccia di spingere Pechino a restituire il favore agli indiani chiudendo il flusso verso l’India del fiume Yarlung Zangbo. Quello stesso fiume che, lungo la sua discesa verso il mare, attraversa il confine indiano e prende il nome di Brahmaputra. Dal Brahmaputra dipende in gran parte l’economia di una vasta porzione degli Stati del nordest indiano, l’esistenza stessa dell’isola fluviale di Majuli e l’equilibrio dell’ecosistema himalayano. La guerra è appena incominciata.

È inseguito dalla maledizione del nome proprio: quel Massimo, che i suoi avversari trasformano in Minimo a ogni sconfitta. Ed essendo queste molto più numerose dei successi, il baffetto di D’Alema ha di che sussultare dinanzi ai ricorrenti sberleffi. Per lui vale la velenosa battuta di Pajetta nei confronti di Berlinguer, ai tempi del Pci (Partito comunista italiano): iscritto sin dalla tenera età alla direzione centrale del partito comunista. D’Alema, addirittura, cominciò da bambino quando gli fecero offrire un mazzo di fiori a Palmiro Togliatti, il leggendario segretario del partito che amava Stalin, soprattutto se stava a tremila chilometri di distanza. Anche D’Alema ha amato allo stesso modo Longo, Berlinguer, Natta, Occhetto, ma con la sfortuna di averli nella stanza accanto. Lui studiava come soffiare loro il posto, convinto di una predestinazione frutto dell’intelligenza, che pensa di possedere in dosi nettamente superiori a qualsiasi altro essere del creato. I soliti malevoli critici ritengono, invece, che si tratti di furbizia, per altro non sempre applicata al meglio. In prossimità dei settant’anni, D’Alema rischia di passare alla storia come l’uomo delle occasioni mancate cominciando dalla fallita laurea alla Normale di Pisa. Si arrampicò sulle spalle di Occhetto per giungere alla segreteria dell’allora Pds (Partito della sinistra) sfruttando la batosta rimediata dal rivale alle elezioni del ’94 contro Berlusconi. Tuttavia, nella sua iattanza dimenticò che lui e gli altri compagni non erano politicamente finiti sotto le macerie del crollato muro di Berlino sol perché Occhetto, sfidandoli, aveva nell’89 cambiato il nome e il destino del vecchio Pci. Da segretario D’Alema ebbe l’intuizione giusta di puntare sul collaudato democristiano Prodi per battere Berlusconi nel ’96, ma il ruolo di regista gli andava stretto. Gli avversari, e lo stesso Prodi, gli attribuiscono la congiura di palazzo con cui divenne presidente del Consiglio nell’ottobre ’98. Durò un anno e mezzo, travolto dalla disfatta alle regionali del 2000 e dalla micidiale osservazione dell’ex presidente della Repubblica, Cossiga: Palazzo Chigi è l’unica merchant bank del Paese dove non parlano l’inglese. Il riferimento riguardava la partecipazione attiva del governo ad alcuni sommovimenti azionari, in primis il sostegno accordato agli scalatori di Telecom. D’Alema li aveva definiti «capitani coraggiosi», in realtà erano soltanto speculatori in cerca dell’affare della vita. Ma le vere speranze di gloria del figlio della «marescialla», così veniva indicata nel partito la mamma di D’Alema, erano riposte nella Bicamerale incaricata di riscrivere la Costituzione con ambizioni molto più vaste di quelle renziane. D’Alema se n’era attribuito

Massimo D’Alema: il perdente per eccellenza della sinistra italiana. (Marka)

la presidenza, aveva cercato e ottenuto la collaborazione di Berlusconi. Tutto preso dall’ingresso nella Storia, non si accorse che l’altro lo prendeva in giro: infatti lo piantò alla vigilia della riunione definitiva. Fu l’inizio dei rovesci: non solo gl’insuccessi nelle elezioni del 2001 e del 2008, il dover ricorrere nuovamente a Prodi per l’illusoria affermazione del 2006, ma anche l’impossibilità di tornare alla guida del Pds, poi tramutato in Ds e in Pd. Nonostante il ferreo controllo sul tesseramento, parecchi militanti si erano stufati di essere trattati da minus habens: non volevano più saperne di questo sapientone abbonato alle sconfitte, della sua passione per le scarpe cucite a mano, per la barca a vela, per il vino prodotto dalle sue vigne di qualità. D’Alema, perciò, si dovette acconciare a trasformarsi in grande elettore di Veltroni, di Fassino, di Bersani riservando a se stesso il ruolo di ministro degli Esteri, convinto che il mondo per progredire non potesse prescindere dalle sue arti magiche. Purtroppo ha potuto esercitare il proprio magistero solo per un paio di anni, nel Prodi bis. Poi si è dovuto accontentare di presiedere la sua fondazione «Italianieuropei». La qualcosa, tuttavia, gli suggerisce di rispondere a ogni domanda fastidiosa con la formuletta «ma il mio lavoro è un altro». Quale, s’ignora. Anzi, gl’indomiti detrattori affermano che non abbia lavorato un giorno in tutta la sua esistenza. Proprio sulle sue pretese di dominus della politica internazionale si è consumato la frattura con Renzi, un altro che per arroganza non scherza. D’Alema aveva già subito la rottamazione parlamentare e confidava di essere ripagato con l’incarico di Alto rappresentante europeo per gli Affari Esteri. Renzi, al contrario, non si è fidato e ha puntato su Federica Mogherini, rivelatasi, però, una scelta sbagliata. Per non sparire, a D’Alema non è rimasto che intraprendere la guerriglia contro l’usurpatore fiorentino. Appena sono sopraggiunti i primi intoppi per il governo, si è scatenato in un’opposizione a tutto campo puntando sulle intese sotterranee fra Renzi e Berlusconi, l’ex compare con il quale lui voleva financo riscrivere la Costituzione. Il referendum sulla riforma è stato vissuto da D’Alema come l’ultima occasione per riconquistare la ribalta. È il propugnatore più autorevole del No, disposto a chiudere gli occhi sugli impresentabili, stando ai suoi precedenti giudizi, compagni di viaggio: dallo stesso Berlusconi a Grillo, da Brunetta a Salvini. E se dovesse andar male, lo dicono prontissimo alla scissione, ammesso che qualcuno sia disposto a seguirlo. Paradossalmente è il suo accanimento a far sperare i fautori del Sì. Confidano che anche stavolta venga confermata l’infallibilità del perdente massimo D’Alema.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 3 ottobre 2016 • N. 40

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Politica e Economia Il consigliere federale Alain Berset vuole ottenere che i cantoni armonizzino i loro sistemi scolastici. (Keystone)

Il franco forte incide sulle aziende Statistica Cifra d’affari in calo per i pesi

massimi dell’economia elvetica nel 2015 Ancora una volta non c’è nessuna impresa miliardaria in Ticino Ignazio Bonoli

Pericolo scampato

HarmoS I cittadini sangallesi respingono l’uscita dal concordato,

che stabilisce anche le norme sull’insegnamento delle lingue straniere

Marzio Rigonalli I romandi e tutti coloro che sono favorevoli ad una buona conoscenza delle lingue nazionali si sono rallegrati del voto espresso il 25 settembre scorso dal canton San Gallo sul concordato HarmoS. I cittadini sangallesi hanno respinto a larga maggioranza (70 per cento) un’iniziativa popolare cantonale che chiedeva l’uscita del cantone dal concordato, ossia dall’accordo intercantonale sull’armonizzazione della scuola obbligatoria, entrato in vigore il 1. Agosto 2009. In realtà, l’iniziativa non prendeva di mira i principi su cui si fonda il concordato, come l’età d’inizio e la durata della scuola dell’obbligo, o gli obiettivi che vanno raggiunti nelle fasi scolastiche successive, ma voleva che il cantone si dissociasse dal Lehrplan 21 e, soprattutto, dall’accordo che prevede l’insegnamento delle lingue straniere nella scuola elementare. Il Lehrplan 21 è un’intesa raggiunta tra i 21 cantoni della Svizzera tedesca e plurilingui, che tende ad armonizzare i programmi e gli obiettivi della scuola dell’obbligo. Il testo è molto discusso e criticato in vari cantoni e non poche sono le iniziative che tendono a respingerlo e ad affidare ai singoli parlamenti cantonali maggiori competenze nel settore scolastico. L’accordo sulle lingue straniere risale al 2004 ed è stato adottato dalla Conferenza dei direttori cantonali della pubblica educazione (CDPE). È il modello 3/5, che prevede l’insegnamento della prima lingua straniera a partire dal terzo anno della scuola elementare e della seconda lingua straniera a partire dal quinto anno. Le due lingue in questione sono una seconda lingua nazionale e l’inglese. L’iniziativa popolare votata nel canton San Gallo era sostenuta da un solo partito politico, l’UDC, che è uscita sconfitta anche da un’altra consultazione su un suo progetto concernente la scuola. Nel canton Zugo, i cittadini hanno respinto, con il 60 per cento dei voti, un’iniziativa che chiedeva di ricorrere esclusivamente al dialetto nella scuola dell’infanzia ed in alcune materie della scuola elementare e secondaria, come lo sport, la musica ed i lavori manuali. È stato invece approvato un controprogetto che lascia spazio al dialetto nella scuola dell’infanzia, ma che lo elimina completamente nella scuola elementare e secondaria. L’approvazione dell’iniziativa sangallese avrebbe rilanciato la cosiddetta «guerra delle lingue» tra romandi e svizzero tedeschi. Da un lato, quei confederati di lingua tedesca che sostengono che gli allievi della scuola elementare devono assimilare un programma troppo pesante e che non sono in grado di seguire

con profitto l’insegnamento di due lingue straniere. Una andrebbe soppressa e rinviata nel programma d’insegnamento della scuola secondaria. Secondo questa tesi, che è abbastanza diffusa, converrebbe mantenere l’insegnamento dell’inglese, che è la lingua preferita e che vien ritenuta la più utile per il futuro professionale delle giovani generazioni, e rinunciare all’insegnamento del francese. Dall’altro lato, i romandi, che si sentono un po’ trascurati, un po’ offesi dal trattamento che molti confederati vorrebbero riservare alla loro lingua, che invocano la solidarietà alla base della convivenza elvetica e la necessità di conoscere le lingue nazionali per comunicare, per capirsi e per difendere il plurilinguismo caratteristico della Confederazione. Il confronto tra le due sponde della Sarina dà spazio a svariati argomenti, che spaziano dalla pedagogia fino ai principi basilari dello stato confederale.

In diversi cantoni sono pendenti iniziative che mettono a rischio l’insegnamento di due lingue straniere, il no di San Gallo pone un freno a questa tendenza Il no dei cittadini sangallesi all’uscita dal concordato HarmoS può avere ora tre diverse conseguenze. Innanzi tutto, porta un po’ di serenità sul delicato fronte linguistico e si aggiunge a due altre notizie diffuse negli ultimi mesi, che vanno nella stessa direzione. Notizie che provengono da Frauenfeld e da Stans. Il governo turgoviese, sollecitato da una mozione approvata dal Gran Consiglio nel 2014 e che chiedeva di spostare l’insegnamento del francese dalla scuola elementare a quella secondaria, non agì subito. Prese tempo, non applicò la mozione e lasciò invariato l’insegnamento del francese nella scuola elementare. Ora ha invitato il parlamento a trasformare la sua mozione in una modifica della legge scolastica, dandogli così la possibilità di riflettere e di approfondire una seconda volta la questione. Nel Nidwaldo, il governo che voleva togliere il francese dalla scuola elementare, è stato sconfitto in votazione popolare. Dopo un po’ di tempo, ha ribaltato la sua posizione e ha deciso di aumentare il numero delle ore settimanali di francese da due a tre. In secondo luogo, il no sangallese può ridurre le possibilità di successo dei promotori di altre analoghe iniziative pendenti in diversi cantoni. A Zu-

rigo si voterà su un’iniziativa popolare che chiede di insegnare una sola lingua straniera nella scuola elementare. Se l’iniziativa verrà accettata, la lingua che verrà tolta sarà sicuramente il francese e non l’inglese. Sempre a Zurigo si voterà anche su un’iniziativa popolare che chiede di dare al Gran Consiglio la possibilità di pronunciarsi sui programmi scolastici. A Lucerna i cittadini voteranno su un’iniziativa popolare inoltrata lo scorso mese di febbraio e denominata «Una lingua straniera alla scuola elementare». Un’analoga iniziativa è pendente nel canton Grigioni. In questo caso e visto che si tratta di un cantone trilingue, il Tribunale federale è stato chiamato a pronunciarsi sulla costituzionalità dell’iniziativa. Berna, infine, deciderà se accettare o meno un’iniziativa popolare cantonale, inoltrata lo scorso mese di agosto, che vuol dare più poteri al Gran Consiglio in materia scolastica, indebolendo l’applicazione del Lehrplan. I risultati di queste future votazioni, in particolare quelli di Zurigo, Berna e Lucerna, non mancheranno di ripercuotersi sulle scelte degli altri cantoni della Svizzera tedesca. Infine, il voto espresso a San Gallo allenta, almeno momentaneamente, la tensione sorta tra il consigliere federale Alain Berset, capo del Dipartimento federale dell’interno, ed alcuni governi cantonali. Berset chiede ai cantoni di armonizzare i loro sistemi scolastici come lo prevede l’articolo 62 della Costituzione federale. Fin ora, però, i tentativi di armonizzazione intrapresi dalla Conferenza dei direttori cantonali della pubblica educazione non hanno dato alcun risultato. Per sbloccare la situazione, il ministro dell’interno ha minacciato d’intervenire ed ha messo in consultazione la revisione della legge sulle lingue, introducendovi l’obbligo d’insegnare una lingua nazionale nella scuola elementare. La consultazione si concluderà a metà ottobre. L’iniziativa di Berset non è piaciuta ai governi di molti cantoni della Svizzera tedesca, che nella scuola vedono uno dei pochi settori di sovranità cantonale di cui ancora dispongono e che sono decisi a difendere a spada tratta. L’iter più semplice rimane quello che porta ad un’intesa tra i governi cantonali, ma se questo obiettivo non verrà raggiunto, la Confederazione dovrà intervenire. Probabilmente, varando una nuova norma legislativa. È facile immaginare, allora, che ci ritroveremo di fronte a un referendum che non coinvolgerà soltanto le lingue nazionali, bensì anche la convivenza tra le comunità linguistiche, la loro comprensione reciproca ed i loro legami con il patto federale. Un referendum che molti temono e che pochi auspicano.

L’annuale statistica sulle maggiori aziende svizzere per cifra d’affari vede sempre in testa le ditte che si occupano del commercio internazionale di materie prime. Tra queste la statistica distingue quelle del commercio di prodotti petroliferi. I dati che si riferiscono al 2015 vedono tornare in testa la Glencore, con una cifra d’affari di 161’975 milioni di franchi, benché in diminuzione del 22,1 per cento. Segue la ditta di commercio di prodotti petroliferi Vitol, che l’anno precedente era salita al primo posto, superando appunto la Glencore. La cifra d’affari della Vitol è di 159’600 milioni di franchi, pure in diminuzione del 33,7 per cento. Al terzo posto troviamo sempre la Cargill Int. con 114’373 milioni di franchi di cifra d’affari, in calo del 9,8 per cento soltanto. Al quarto posto vi è sempre la Trafigura, con una cifra d’affari di 92’340 milioni di franchi, in calo del 23,0 per cento. Solo al quinto posto troviamo la prima ditta di origini svizzere, la Nestlé, con una cifra d’affari di 88’785 milioni di franchi, in calo del 3,1 per cento, che però ha superato la Gunvor, attiva nel commercio di prodotti petroliferi, con 60’800 milioni di franchi di cifra d’affari, in calo del 29,3 per cento. I grandi cali di cifra d’affari sull’arco di un anno sono condizionati dalla forte diminuzione del prezzo del petrolio e delle materie prime. L’indice dei prezzi in questo settore, in gennaio, era ai livelli più bassi da 11 anni. Per le aziende con domicilio in Svizzera, bisogna tener conto non solo del calo dei prezzi delle materie prime, ma anche della forte rivalutazione del franco svizzero, dopo l’abbandono della difesa del tasso di cambio con l’euro. Questo cambiamento viene avvertito nei bilanci di grandi aziende svizzere come la Syngenta (agrochimica) che vede un calo dell’11 per cento della propria cifra d’affari, o la Novartis (farmaceutica) che perde il 16 per cento di cifra d’affari. Nel frattempo, anche il dollaro aveva guadagnato parecchio terreno nei confronti di molte valute estere. Senza questi influssi, parecchie aziende avrebbero potuto registrare un leggero aumento della cifra d’affari, invece di una diminuzione. Per esempio, per le due ditte svizzere citate, che tengono i bilanci in dollari, la cifra d’affari epurata di questi effetti, sarebbe aumentata dell’1 per cento e rispettivamente del 5 per cento. In effetti, secondo esperti del ramo, il 2015 è stato un anno favorevole a un leggero miglioramento della situazione, nonostante le impressioni contrarie che aveva suscitato. Al momento si può ritenere che nell’anno

in corso non si subiranno più i pesanti effetti degli andamenti valutari. Si può quindi prevedere un leggero miglioramento tanto delle cifre d’affari, quanto degli utili per le aziende svizzere. L’economia mondiale sta infatti crescendo, lentamente, ma crescendo. Come sempre però la quota di cifra d’affari realizzata all’estero dalle aziende svizzere è molto importante. Per alcune di esse raggiunge perfino il 90 per cento, per cui diventa importante il rapporto con i tassi di cambio delle valute. Il che non è però sempre determinante. Per esempio per una ditta come la Sulzer, il calo delle cifra d’affari è tale anche se corretto dalle oscillazioni valutarie. La cifra d’affari è calata dell’8 per cento, di cui solo il 3 per cento dovuto agli effetti della forza del franco. La tendenza ha interessato anche grandi aziende che lavorano per il mercato interno: la cifra d’affari delle FFS aumenta di un 3 per cento, ma quella della Posta diminuisce del 3 per cento, quella del gruppo Coop del 4 per cento, mentre quella della Migros è rimasta stabile. Nel commercio al minuto Valora, Aldi e Volg hanno migliorato la cifra d’affari, mentre Manor e Globus l’hanno peggiorata. Se consideriamo i posti di lavoro (a tempo pieno), troviamo sempre la Nestlé al primo posto (335’000 in tutto il mondo) seguita dalla Glencore (156’468), dalla ABB (135’000), dalla Novartis (118’700) e dalla Lafarge Holcim (100’956). Migros è al nono posto con 72’609 dipendenti e Coop al decimo con 67’877. Questa statistica, elaborata dalla «Handelszeitung», in collaborazione con la Bisnode D&B Svizzera, viene pubblicata fin dal 1968 e tiene conto di aziende dell’industria, del commercio e dei servizi che hanno una cifra d’affari superiore al miliardo di franchi e che forniscono i dati. Così per la prima volta vi figurano Microsoft Svizzera e BLS con oltre un miliardo. Mentre per la prima volta hanno fornito i dati Ferring Pharmeceuticals, nonché l’Ospedale Universitario di Zurigo, Galenica Santé, il gruppo bernese Insel e l’Ospedale cantonale di Basilea, nel settore della salute. La statistica fornisce anche una ripartizione regionale delle ditte miliardarie. Fra i cantoni che non ospitano nessuna di queste ditte figura il Ticino, con Appenzello Interno, Giura e Obvaldo. Il cantone con il numero maggiore di «miliardarie» è evidentemente Zurigo (43), seguito da Berna (19), Ginevra e Basilea (14), Vaud (10), Argovia (9), Zugo (8), San Gallo (8), Lucerna (7), Basilea Campagna (5), Svitto (4), Neuchâtel (4), Nidvaldo (3), Friburgo, Grigioni e Turgovia (2), nei rimanenti cantoni solo una.

La sede di Glencore a Zugo: cifra d’affari nel 2015, quasi 162 miliardi. (Keystone)


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 3 ottobre 2016 • N. 40

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Politica e Economia

La hit parade delle tasse con il 3. pilastro La consulenza della Banca Migros Albert Steck Il sistema più semplice per pagare meno tasse è un versamento nel terzo pilastro. Ma le differenze a livello di deduzioni fiscali sono enormi: con un reddito di 80’000 franchi l’importo oscilla fra 320 e 2280 franchi. Qui spieghiamo chi ne beneficia e in quale misura.

Albert Steck è responsabile delle analisi di mercato e dei prodotti presso la Banca Migros

Con i tassi d’interesse così bassi i versamenti nel pilastro 3a sono particolarmente vantaggiosi. Infatti il rendimento dipende solo in misura limitata dal livello dei tassi, mentre ha un peso molto maggiore il regalo del fisco che, tuttavia, può variare notevolmente: con un reddito di 80’000 franchi l’importo oscilla tra 320 e 2280 franchi. In questa fascia di reddito il maggior sgravio fiscale spetta ai single domiciliati a Ginevra. La nostra classifica dei vantaggi fiscali per i single mostra che anche a Neuchâtel, Liestal o San Gallo il risparmio è nettamente superiore ai 2000 franchi, mentre a Zugo raggiunge appena i 1110 franchi. Oltre al domicilio, anche lo stato civile ha un impatto notevole. Prendiamo l’esempio di Ginevra: se consideriamo una famiglia composta da marito, moglie e due figli invece di un single, l’agevolazione fiscale scende da 2280 ad appena 1280 franchi. E a Zugo la stessa tipologia di famiglia riesce a risparmiare solo 320 franchi invece di 1110, pur versando l’identica somma nel terzo pilastro (vedi grafico).

La classifica delle agevolazioni fiscali Famiglia

Single

GE NE BL SG FR JU VD SO SH VS BE BS TI GR AG AR TG ZH GL LU SZ NW AI UR OW ZG Deduzione fiscale per un single e per una famiglia con due figli. I dati si riferiscono a un reddito netto di 80’000 franchi e al massimo versamento possibile nel pilastro 3a che, per i lavoratori dipendenti affiliati a una cassa pensioni, è pari a 6768 franchi l’anno.

Conclusione: i single beneficiano del terzo pilastro molto più delle famiglie. Questa discrepanza cresce ulteriormente perché, di norma, le famiglie con figli devono sostenere spese più elevate e spesso il loro budget non è sufficiente per versare il massimale concesso. Il terzo pilastro è molto più redditizio per una coppia senza figli dove entrambi i coniugi lavorano, per cui possono

versare il doppio. Con un reddito cumulato di 140’000 franchi, ad esempio, le deduzioni fiscali a Ginevra raggiungono la considerevole cifra di 4730 franchi. Anche nella maggior parte delle altre località i risparmi superano i 3000 franchi. Il dettaglio dei vantaggi fiscali per le famiglie e i coniugi con doppio reddito nei diversi cantoni è pubblicato in In-

ternet all’indirizzo blog.bancamigros. ch. Vi troverete anche cinque consigli utili per aumentare il vostro guadagno con il terzo pilastro. Nel nostro esempio concreto arriviamo a un rendimento di tutto rispetto, pari al 3,8 percento. Attualità su blog.bancamigros.ch: Cinque buoni argomenti contro la miseria dei tassi. Annuncio pubblicitario

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Politica e Economia Rubriche

Il Mercato e la Piazza di Angelo Rossi La storia dello scandalo BSI Di scandali e catastrofi bancarie è ricca la storia della banca svizzera a partire almeno dal 1860. Nel caso della bancarotta classica la banca si lascia tentare da operazioni ad alto rischio, perde, e deve chiudere i battenti per crisi di liquidità. Quasi sempre la responsabilità della bancarotta viene attribuita, da un lato, a dirigenti poco responsabili e, dall’altro, a carenze nel sistema di controllo interno della banca. Come ci spiegano Luca Fasani e Francesco Lepori, in un «instant book», appena pubblicato da Casagrande, la trama dello scandalo BSI è diversa. In primo luogo perché la decisione di chiudere non è stata presa dai dirigenti della BSI, o da quelli della banca che l’ha appena comperata, ma dalla FINMA, l’autorità che, in Svizzera, controlla l’andamento del settore bancario. In secondo luogo perché la BSI è una banca che, fino al 2015, anno più, anno meno, ha sempre realizzato un utile si-

gnificativo. La BSI deve chiudere i suoi battenti entro la primavera dell’anno prossimo e scomparire dal mercato perché non ha rispettato le norme che impediscono il riciclaggio di denaro sporco. Per gli autori di questo libro quella dello scandalo BSI è una storia che si può raccontare in quattro tempi. Si comincia con le «prime turbolenze». Dal 2008 in poi, il sistema bancario svizzero opera in condizioni difficili. La crisi bancaria internazionale ha lasciato segni negativi nel bilancio di tutte le banche. Lo smantellamento del segreto bancario, che è chiesto a viva voce da organizzazioni internazionali come da singoli Stati, limita le possibilità di sviluppo del settore. A questi due fattori si aggiungono in Ticino le conseguenze negative degli «scudi» con i quali il governo italiano cerca di far rientrare in Italia i capitali che l’avevano lasciata per ragioni fiscali. Nel febbraio del 2009 la FINMA ordi-

na all’UBS di consegnare alle autorità americane circa 250 nominativi di clienti. Questa decisione innesca una reazione a catena. I clienti americani lasciano UBS e cercano di approdare in altre banche svizzere, tra le quali anche BSI. La banca luganese continua ad accettare clienti americani fino nel febbraio del 2012. Questa sua ostinatezza le costerà, due anni più tardi, una multa di un paio di centinaia di milioni di dollari da parte delle autorità americane e, a partire dal 2013, un’attenzione particolare da parte della FINMA. Il secondo momento è quello della vendita della banca luganese alla banca brasiliana, la BTG Pactual. Questa cessione può essere considerata come un esempio calzante della legge di Murphy che, come i lettori sanno, afferma che se qualcosa può andare male andrà di sicuro male. Il matrimonio con la banca brasiliana non dura infatti che pochi mesi per-

ché, alla fine del 2015, BSI ritorna ad essere messa in vendita. Questa volta a comperarla – la notizia è del febbraio di quest’anno – è una banca di Zurigo, la EFG, il cui azionista di riferimento è la famiglia dell’armatore greco Latsis. Quando sembra che le cose si stiano sistemando ecco arrivare, apparentemente a ciel sereno, il 24 maggio 2016, il fulmine con il quale la FINMA decide di annientare la banca per aver accettato di condurre operazioni di riciclaggio, a Singapore e a Lugano, in favore di un fondo statale malese, il famoso 1MDB, una sigla destinata a fare storia nella piazza finanziaria di Lugano. Questo è il terzo momento della storia recente della BSI ed è quello trattato più a fondo nel libro di Fasani e Lepori. L’ultimo momento è quello che racconta i fatti degli ultimi mesi, in particolare in relazione alle decisioni della FINMA che vengono contestate dalla banca. Gli autori di questa storia

tirano poi qualche conclusione sulla vicenda senza sbilanciarsi più di quel tanto. Nella sua prefazione Paolo Bernasconi accenna alla complessità dell’attività bancaria internazionale e si fa paladino di regole che dovrebbero servire ad impedire quello che è accaduto nel caso della BSI. Basteranno nuove regole ad inibire gli appetiti dei bancari? La storia della banca svizzera, dal 1860 ad oggi, risponde che no. Banchieri che cedono alla tentazione di montare trappole per catturare maggiori utili ce ne sono sempre stati e, purtroppo, ce ne saranno sempre. Ricordiamo quello che scriveva Carlo Emilio Gadda, riferendosi al fallimento doloso di una banca di risparmio milanese: «Il cinico montaggio di quella trappola supera ancor oggi le possibilità del credere e dello scrivere: se non forse il cinismo degli imitatori e degli emuli». Può andar bene anche per lo scandalo 1MDB/BSI.

stro coraggio e la nostra voglia di esplorare, di non fermarci ai limiti terrestri, di andare tra le stelle, sta dicendo: «Chi è disposto anche a perdere la vita può presentarsi come volontario». Morire per andare su Marte? Musk dice di non avere altra missione nella vita, vorrebbe vedere già lui i primi passi di questa popolazione del pianeta Marte, con una navicella in partenza nel 2024 e prevista in arrivo per l’anno successivo – che il genere umano possa sopravvivere nel pianeta della polvere rossa che dista, quando passa nel punto più vicino alla Terra, 57 milioni di chilometri, circa 150 giorni di viaggio, è ancora tutto da dimostrare. La navicella-razzo – che si chiamerà «Heart of Gold», ripreso dal romanzo La guida galattica per gli autostoppisti – sarà come una nave crociera, il più grande razzo mai progettato nella storia, enorme, divertente ed emozionante, con cento persone a bordo ogni volta, i pionieri coraggiosi di questa colonizzazione planetaria che consta di almeno 100 mila persone – 10 mila viaggi da compiere ogni 26

mesi, quando il pianeta è più vicino alla Terra. È prevista anche la possibilità di tornare indietro, nel momento in cui si potrà produrre il propellente per i razzi anche su Marte (altra incognita piuttosto ingombrante), ma Musk è convinto che pochi vorranno intraprendere il viaggio di ritorno, perché l’esplorazione e la gara di sopravvivenza – tra radiazioni e ghiaccio – sarà più che coinvolgente, e a volte mortale. Poi ci sono i costi. Il primo obiettivo è quello di semplificare i trasporti stellari, che oggi sono costosi e che hanno riguardato obiettivi d’atterraggio molto più vicini, come la Luna. Gli ingegneri di Musk sono al lavoro da tempo – di recente un razzo di SpaceX, che opera nel settore con l’appoggio della Nasa da una quindicina d’anni, è esploso al lancio – ma ancora c’è molto lavoro da fare, anche perché mezzi così grandi hanno bisogno di vari punti di rifornimento, su una tratta da studiare. Musk vuole che il costo di andare su Marte sia assimilabile all’acquisto di una casa di piccole dimensioni negli Stati Uniti,

circa 200 mila dollari, in modo che l’alternativa sia appetibile: cambio casa, cambio pianeta, cambio vita. Il mondo si divide tra chi pensa che Musk sia un intellettuale visionario che ha deciso di mettere a disposizione i suoi grandi mezzi per salvare il mondo – letteralmente – e chi pensa che sia un pazzo. Spesso, soprattutto nella letteratura fantascientifica, follia e visione vanno a braccetto, ed è per questo che c’è anche chi sospende il giudizio e si lascia cullare dalla speranza della salvezza interplanetaria, dall’istinto della conquista (che è fondante, come si sa, nella cultura americana), dalla possibilità di credere davvero in quel che Musk dice, e sembra banale, ma ci siamo affezionati a slogan ben più ritriti: «Sarebbe un’avventura incredibile. Penso che sia la cosa più ambiziosa che si possa immaginare. La vita ha bisogno di qualcosa di più che risolvere i problemi di tutti i giorni. Abbiamo bisogno di svegliarci e di essere eccitati per il futuro, e di essere ispirati. Abbiamo bisogno di voler vivere».

sempre in ritardo, sempre un passo indietro, alle prese con pastoie e vizi inveterati. Ci si affida allora ad un leader, o ad un ristretto gruppo dirigente, che promette decisioni rapide con piglio manageriale. È il modello del partito-azienda, in cui tutto scende dall’alto, mentre agli iscritti non resta che assentire, come un’assemblea di azionisti ridotta a platea plaudente. La ben nota «crisi dei partiti» si spiega anche così, con lo iato che si è creato all’interno tra la base e il vertice. Risultato: meno partecipazione, meno dibattito e potere crescente del gruppo dirigente. Nel caso specifico c’è poi la questione della «doppia anima» che il Partito porta nello stesso nome, «imprinting» ereditato dall’Ottocento: liberale e radicale. Una formazione bicipite, divisa in moderati e intransigenti, in «grande corrente» ed «estrema»: governativi e movimentisti, liberisti e liberali, fautori del libero mercato

e sostenitori dell’intervento statale, discepoli di Keynes e seguaci di Hayek. D’altra parte, la «doppia anima» è una caratteristica che alligna in tutte le principali famiglie partitiche, sia in quella democristiana (conservatori/cristiano-sociali), sia in quella socialista (riformisti/massimalisti, con gradazioni pressoché infinite). Fino a non molto tempo fa, le questioni non componibili sfociavano in plateali rotture, e quindi in scissioni. Ora questa via di fuga si è fatta molto più difficile, per almeno quattro ragioni. Prima ragione: i partiti non hanno più il seguito che avevano negli anni d’oro, in cui dominava il voto d’appartenenza. Seconda: il raffreddamento delle passioni e il calo dell’interesse per la cultura storico-politica. Terza: l’interruzione del dialogo con gli intellettuali d’area. Quarta ragione: la sostanziale irrilevanza che ogni separazione sconta in un’epoca di sostanziale disincanto, soprattutto tra i giovani:

un divorzio perseguito solo da un’élite (com’è ora l’ala radicale nel nostro cantone) non ha più prospettive. La sinistra, in questo campo, è maestra. Rimane la strada interna. Ardua, tortuosa, accidentata. Ma è l’unica percorribile in un’era post-ideologica e politicamente frigida come quella attuale. Un partito senza dialettica interna è solo un’accolita riverente. O, se vogliamo, un comitato elettorale da mobilitare a comando. Ma una formazione siffatta non può andare lontano, e nemmeno dotarsi di un programma solido, frutto del confronto fra le varie «anime» presenti. Se il sistema dei partiti vuole riguadagnare quota e credito deve avere il coraggio di promuovere la discussione interna, e non di soffocarla. Deve insomma ridiventare luogo di riflessione e palestra di idee, evitando di farsi trascinare nel gorgo del circo mediatico, tanto invadente quanto evanescente.

Affari Esteri di Paola Peduzzi Musk alla conquista di Marte La Terra prima o poi sarà distrutta, da sé stessa probabilmente, e allora per sopravvivere, per non estinguersi, il genere umano dovrà iniziare a viaggiare per i pianeti, a trasformarsi, a diventare una civiltà multiplanetaria. Elon Musk (nella foto), fondatore di PayPal, di Tesla e di SpaceX, vuole mettere il primo mattone di questa nuova ambizione, e lo vuole mettere su Marte, il pianeta rosso simbolo della conquista interplanetaria, colonizzandolo nei prossimi sei-cento anni. L’idea non è nuova e non è soltanto di Musk, il desiderio di superare i limiti della Terra – che spesso s’accompagna alla certezza che la fine del mondo, di questo mondo, è vicina: siamo destinati, noi uomini, a estinguerci se continuiamo ad abitare soltanto questo pianeta – è contagioso e molti ricchi imprenditori in giro per il mondo hanno presentato le loro proposte e scritto i loro progetti. Ma Musk fa un balzo in avanti e in una conferenza in Messico la settimana scorsa – in cui l’imprenditore quarantacinquenne ha rappresentato il mix perfetto tra un personaggio di un ro-

manzo di fantascienza e Steve Jobs – ha descritto nei dettagli come vede questa colonizzazione. Superare i limiti è il suo motto, ripete parole che sembrano banali ma che, proiettate in un progetto che riguarda l’umanità intera, diventano visionarie, a tratti anche spaventose: non sta vendendo telefonini, Musk, anzi, non sta vendendo niente, sta comprando il no-

Cantoni e spigoli di Orazio Martinetti Il partito come organismo vivo Sulle colonne del quotidiano «LaRegione» è nato un dibattito interessante, tuttora in corso, sull’identità e il futuro del Partito liberale-radicale all’indomani delle annunciate dimissioni di Rocco Cattaneo. Interessante, e aggiungiamo opportuno, giacché sappiamo che il presidente uscente non ha mai gradito le disquisizioni ideologiche. Alle dispute sui princìpi preferiva la concretezza del fare, in perfetta aderenza alla sua forma mentis d’imprenditore dai modi spicci, a tratti bruschi. Non a caso, nel suo discorso di congedo, Cattaneo ha posto l’accento sulla «lentezza» della politica al cospetto di un mondo sempre più veloce, compulsivo e assetato di risposte immediate. Dal suo punto di vista ha espresso un’impazienza legittima, un’insofferenza che è tipica dell’odierno universo dell’economia e della finanza, incalzato dai mercati, dalla rete e dalla centrifuga informativa (dalle televisioni a Facebook, Twitter, Instagram).

Ma, appunto, dal suo punto di vista. Che non è quello da cui muove la politica, un’attività fatta di mediazioni, trattative a volte estenuanti, confronto dialettico, compromessi, delusioni, sgambetti e battute d’arresto. Quindi forzatamente lenta nel suo incedere. Il che può ingenerare fastidio e stizza. Ma queste sono le regole di un gioco cui partecipano vari attori in disaccordo tra loro, in buona parte espressione delle forze sociali operanti nel paese. Se la politica fosse solo «tecnica», tutto filerebbe liscio. Sulla tolda della nave avremmo una compagine di «tecnocrati» di sola nomina, svincolati dalla volontà popolare: niente più dispendiose elezioni, ma una serena delega ai nuovi sacerdoti del sapere (per Platone, i mali della polis sarebbero cessati soltanto con l’avvento dei filosofi al potere). Di fronte a questi scenari, nei partiti emerge spesso un sentimento di frustrazione: l’impressione di essere



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Cultura e Spettacoli Una rassegna per organi Dal 21 al 28 ottobre avrà luogo il festival organistico ticinese, ce ne parla Stefano Molardi

I modi bellici della politica In Verità avvelenata la saggista Franca D’Agostini analizza la procedura di delegittimazione cui assistiamo sempre più spesso in politica

Imperdibile Frantz Frantz, presentato recentemente a Venezia, è considerato il capolavoro di François Ozon

Testimonianze di sabbia Al Laténium di Hauterive in mostra le prime affascinanti riprese aeree del Medio Oriente

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Veduta esterna della nuova ala del Museo nazionale di Zurigo, realizzata dallo studio degli architetti Christ & Gantenbein. (Keystone)

Zurigo, una sfida vinta

Musei È stata recentemente inaugurata la nuova, insolita, e per certi versi molto coraggiosa, ala del Museo

nazionale di Zurigo - Il progetto è di Christ & Gantenbein

Ada Cattaneo Ci fu un periodo in cui disporre di un museo era essenziale per rappresentare e proclamare l’identità di una nazione. Si trattò del momento in cui nacquero i più grandi musei d’Europa, quelli che vengono definiti «musei enciclopedici» proprio perché l’ambizione era raccogliere tutto ciò che di notevole fosse stato raccolto e collezionato. Edifici immensi, con sale che si susseguono senza fine, che permettono di passare in pochi passi dall’archeologia preistorica alla pittura rinascimentale. Sul finire dell’Ottocento, anche in Svizzera si sentì la necessità di un luogo dove presentare il proprio patrimonio culturale e l’esito fu la creazione del Landesmuseum di Zurigo. Il fascino di questi luoghi rimane invariato, anche a secoli di distanza. Ma ripensarne i metodi di comunicare oggi è necessario, per fare sì che gli oggetti custoditi possano esprimere tutto il loro valore, anche grazie ai metodi didattici del presente. Nel caso di Zurigo, la necessità di restauri sostanziali si rese evidente nei primi anni Duemila, quando venne intrapresa una prima fase di

recupero dell’edificio originale del Museo Nazionale, conclusa nel 2009. In un secondo tempo, per sbloccare i finanziamenti necessari alla realizzazione di una nuova ala sono stati necessari due referendum popolari (città di Zurigo, 2010; canton Zurigo del 2011). Entrambi gli interventi si devono allo studio Christ & Gantenbein, architetti basilesi poco più che trentenni al momento in cui vinsero il concorso nel 2002. Dal 31 luglio 2016 è possibile visitare il museo con la nuova ala appena conclusa, innestata sull’edificio preesistente e rivolta verso Platzspitz a formare una corte interna. Il passaggio verso il parco è reso possibile da una fenditura triangolare, cifra distintiva della nuova architettura, insieme alla grande scala illuminata dalle finestre circolari, affacciate sulle foglie dei gingko, oltre che sulla città. Una biblioteca, un auditorium e altre sale espositive sono ospitate nei nuovi spazi, tutti realizzati secondo gli standard Minergie di sostenibilità ambientale, che hanno reso necessari gli ottanta centimetri di sezione delle pareti – in cemento a vista – per un isolamento ottimale dall’esterno. Il rapporto con l’edificio ottocen-

tesco non è in nessun modo improntato su un richiamo alle forme: i due corpi si differenziano in modo sostanziale. Il legame è piuttosto da cercare in un certo approccio ai materiali utilizzati. I pavimenti fanno per esempio uso di graniglia di cemento riciclato a richiamare le più signorili superfici a «terrazzo alla veneziana» della parte antica. La facciata, poi, utilizza un composto di cemento e tufo – pietra già utilizzata nella parte originaria – con l’obiettivo di raggiungere unità cromatica fra le due sezioni. Il cemento è protagonista di tutta la realizzazione. Già Gustav Gull, autore del progetto per la parte antica, realizzata fra 1892 e 1898, aveva utilizzato questo materiale, insieme all’acciaio, impiegando tecniche estremamente all’avanguardia, ma sempre premurandosi di nascondere queste novità per non contaminare le linee tradizionali dell’edificio, esempio di Storicismo, che combinava elementi tardomedievali e rimandi all’architettura «autoctona». Ma nei decenni a venire e, in particolare dagli anni Cinquanta del ’900, l’edificio era sembrato fuori luogo nel centro della città moderna, tanto che le modifiche si

dimostrarono sostanziali e, come spiegano gli architetti Chris e Gantenbein, fu snaturato rispetto all’idea iniziale. Oggi anche l’allestimento delle collezioni è rinnovato, ma si dovrà aspettare il 2020 per vedere conclusa la risistemazione dell’intero museo, con il restauro della sezione dedicata al design d’interni e della Torre delle Armi. La sezione di archeologia, ospitata nella nuova ala, è stata tra le prime ad essere inaugurata ed è già visitabile. Lo spazio – suggestivo, reso ulteriormente scenografico dall’uso sapiente delle luci – è stato organizzato dallo studio tedesco Atelier Brückner. Non sembra però che sia stata trovata una piena sintonia fra allestimento e architettura. Sarebbe forse stato auspicabile un intervento degli stessi autori dell’edificio nella presentazione dei reperti, per garantire una più profonda integrazione fra spazio e contenuto. Ciononostante, è da notare il grande sforzo fatto per rendere attuali i reperti archeologici provenienti da molti cantoni e per contestualizzarli nell’epoca in cui erano in uso. In questo senso sono realizzati gli exhibit, che invitano a toccare repliche dei reperti e ad azionare dispositivi che illustrano

lo sviluppo di specie animali e vegetali, sempre sulla base di criteri esperienziali. L’uso delle nuove tecnologie è pienamente integrato nel percorso espositivo, sostituendo le tradizionali didascalie con sistemi di visualizzazione su touchscreen o inserendo gli oggetti in proiezioni immersive utili a capire per cosa servissero gli oggetti. Quest’uso appropriato di nuove tecniche d’allestimento caratterizza anche la sezione di «Storia della Svizzera» (significativo che il primo tema sia quelle delle migrazioni) e la «Galleria delle Collezioni», riorganizzate dal 2009 ad opera del personale del museo in collaborazione con lo studio Holzer Kobler. In particolare, la «Galleria delle Collezioni» risulta molto riuscita, soprattutto in confronto all’allestimento precedente. Grande importanza è stata data qui alle arti applicate, utilizzando allestimenti molto suggestivi adatti ad animare l’austera architettura zurighese e accostando esemplari antichi e altri più recenti, secondo una tendenza ormai affermatasi grazie a musei come il Victoria & Albert Museum di Londra o il Cooper Hewitt di New York.


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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 3 ottobre 2016 • N. 40

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Cultura e Spettacoli

Il segreto delle note di Chopin

Musica Il grande pianista milanese Maurizio Pollini si esibirà mercoledì al LAC di Lugano in un concerto

che ha registrato subito il tutto esaurito

Enrico Parola Uno dei sommi direttori del Novecento, Wilhelm Furtwängler, confessava di invidiare i pianisti perché «loro hanno Chopin». Tra i suoi fortunati colleghi v’era Arthur Rubinstein, che del Polacco incise praticamente tutto e ne fu interprete idolatrato in tutto il mondo; ma quando, nel 1960, da giurato del Concorso Chopin di Varsavia ascoltò un pianista milanese di 18 anni, dovette ammettere : «questo suona già meglio di tutti i noi». Il giovane fenomeno era Maurizio Pollini, consacratosi come uno dei massimi pianisti di sempre grazie a una tecnica granitica, a un’intelligenza analitica e a una lucidità interpretativa senza pari.

Con grande emozione Pollini analizza e studia l’opera di Chopin ormai da sessant’anni – il desiderio è quello di sentirlo sempre più vicino Ogni sua esibizione è salutata come un evento, da Tokyo e la Scala ai festival di Salisburgo e Lucerna. E non poteva non esserlo anche al LAC: nonostante il firmamento del concertismo mondiale si specchi nel cartellone di LuganoMusica, da Yuri Temirkanov con la Filarmonica di San Pietroburgo a Tony Pappano con l’orchestra di Santa Cecilia, senza dimenticare il gran debutto dell’opera lirica con Gianandrea Noseda a guidare nel maestranze del Teatro Regio di Torino in Bohème, il nome più scintillante è comunque quello di Pollini. Per capire quanto sia atteso il suo recital di mercoledì basti pensare che è esaurito da varie settimane, con gli appassionati che si sono affrettati a comprare i biglietti prima ancora di conoscere il programma che avrebbe presentato. È stato annunciato pochi giorni fa e, per la gioia di chi ci sarà, al centro della locandina campeggia pro-

Il pianista italiano Maurizio Pollini. (Marka)

prio Chopin: due Notturni, la Ballata in fa minore, la Berceuse e lo Scherzo op. 20. «È stato il primo amore ed è rimasto una costante in tutta la mia carriera, nonostante abbia allargato e molto il mio repertorio» confessa riferendosi soprattutto a Beethoven, di cui ha inciso due volte l’integrale delle Sonate, e ai moderni, di cui è stato strenuo apostolo; anche stavolta inserirà i Sei piccoli pezzi op. 19 di Schönberg, chiudendo la serata con il secondo libro dei Preludi di Debussy. «Negli anni il mio modo di suonare Chopin è profondamente mutato: prima ero più rigoroso, evitavo i “rubati” (rallentamenti e libertà ritmiche,

ndr.) perché erano stati fin troppo usati in una certa tradizione ultraromantica, negli ultimi anni invece me li concedo sempre più». Sembra quasi una sconfessione da parte di un musicista di cui si è sempre sottolineata l’estrema razionalità: «Mi appassionano l’analisi della forma e la definizione dell’architettura di un brano, ma non la razionalità come valore assoluto: ciò che cerco in una partitura sono gli aspetti comunicativi, quegli elementi che possano darci gioia nell’ascoltarli. C’è un livello oggettivo di lettura che tiene conto dei segni lasciati dall’autore sul pentagramma, ma il senso profondo penso possa essere compreso solo attraverso

un criterio eminentemente soggettivo: le emozioni che una musica riesce a suscitare in noi, interpreti e pubblico. Lo ripeto, è un criterio soggettivo, ma è l’unico che funziona veramente». Da sessant’anni scandaglia il senso profondo dell’opera di Chopin, analizzando, riflettendo ed emozionandosi: «Mi sento sempre più vicino alla sua musica e di conseguenza sono sempre più cosciente della fortuna che ho a poter attingere a un patrimonio tanto prezioso; per arrivare all’essenza di Chopin il percorso non è semplice, sembra sempre che tenti di difendere il segreto delle proprie note, quasi detestasse la musica che non contenga un

pensiero latente». Come nei Notturni: «Sono una sorta di diario intimo, compositivo ed esistenziale. I primi attestano già una genialità e un’originalità assolute, ma Notturno dopo Notturno le note acquistano profondità, l’armonia diviene più complessa e gli accordi si moltiplicano; George Sand racconta dello scrupolo infinito con cui Chopin li curava, spesso sottoponendoli a innumerevoli varianti; era insoddisfatto perché tutto teso alla perfezione». Un lavoro «sulla tecnica e sui minimi dettagli» che accomuna compositore ed esecutore: «Forse l’aspetto più affascinante del mio lavoro è riuscire a ottenere dal pianoforte esattamente i suoni che voglio; sembra facile da suonare, invece è facile suonarlo male, non sfruttandone tutte le possibilità espressive». Possibilità indispensabili in Debussy, anche se Pollini rifiuta di definirlo un impressionista: «È un pregiudizio diffuso, ma lo trovo limitante e lui stesso non amava applicare questo termine alla musica; sicuramente fu influenzato da Chopin e dalla sua abilità di trarre dai tasti sonorità incantatorie». Contemporanei ai Preludi ma diversissimi sono i Pezzi di Schönberg: «Non amo sottolineare le differenze tra i suoi periodi compositivi: se quello postromantico vale Wagner e Mahler, ha un’espressività fortissima anche il periodo atonale, pur nell’estrema razionalità della forma». Schönberg e Webern, Stockhausen e Boulez: per decenni Pollini si è impegnato a diffonderne l’opera. «Un tempo neppure troppo lontano a concerto si ascoltavano solo musiche nuove, oggi la situazione è capovolta: i programmi elencano quasi solo brani del passato, con classici e romantici è più facile avere successo, ma così i concerti diventano musei. Rimango comunque fiducioso: i contemporanei diventeranno ascolti abituali. Mahler, che non era neanche dodecafonico, ha iniziato ad entrare in repertorio negli anni 70, mezzo secolo dopo la sua morte; la Nona di Beethoven fu stroncata dai contemporanei e ancora ai tempi di Wagner, che la diresse, era ritenuta inascoltabile. Quindi…».

Il giusto orgoglio per gli organi ticinesi

Rassegne musicali Stefano Molardi ci introduce al Festival Organistico Ticinese, dal 21 al 28 ottobre

Zeno Gabaglio «Sono suoni che non siamo più abituati ad ascoltare. Che voce misteriosa: sembra venire dalle viscere della terra!». È l’intellettuale Enrico Steiner a parlare,

in una delle scene più eteree e meditative di tutta La dolce vita. Il suo interlocutore – va da sé – è Marcello Rubini, il disincantato giornalista e scrittore romano cui Marcello Mastroianni diede volto eterno, e il suono tanto miste-

Stefano Molardi, direttore artistico della rassegna e professore d’organo.

rioso di cui stanno discutendo è quello dell’organo di una chiesa dove assieme si sono rifugiati per suonare un po’ di Bach. Sono passati cinquantasei anni da quando Fellini tracciò ne La dolce vita quel ritratto onirico e impietoso di un mondo che si avviava verso la postmodernità, e tutto quanto da allora – la società, la cultura, la musica – ha vissuto modifiche semplicemente inimmaginabili. È quindi più che curioso notare come gli attributi riconosciuti quasi per caso allo strumento organo – suoni inabituali che sembrano sorgere dalle viscere della terra – siano rimasti sostanzialmente intatti: è cambiato tutto, ma non la magica percezione che l’uomo occidentale ha dell’organo. Per esserne sicuri non c’è modo migliore che evocare il Mastroianni in ognuno di noi e partecipare dal 21 al 28 ottobre prossimi a una delle quattro serate del Festival Organistico Ticinese. Una manifestazione di recentissima fondazione ma che ha ben salde le proprie peculiarità: «non vuole certamente sostituirsi alle ottime, ricche e prestigiose realtà già esistenti da tempo sul territorio, ma offrire un quadro

complessivo delle ricchezze artisticomusicali – nella fattispecie organistiche e organarie – presenti in tutto il cantone» ci dice Stefano Molardi, direttore artistico del festival nonché professore d’organo presso il Conservatorio della Svizzera italiana. Un elemento distintivo della manifestazione è la dislocazione degli appuntamenti: «si va infatti da Canobbio, a Mendrisio fino a Faido, per una presenza decisamente trasversale. Tre concerti sono inseriti dal 21 al 23 ottobre, per un fine settimana di immersione musicale organistica che arricchisce non solo culturalmente le singole comunità in cui si svolge l’evento, ma anche gli appassionati e gli studiosi». L’intento piuttosto evidente è quello di valorizzare il patrimonio organario di cui il Ticino va particolarmente fiero: ma si tratta davvero di un tesoro nascosto, oppure è il sentimento d’affetto campanilistico di ogni comunità che ci porta spesso a ribadire «nella nostra chiesa c’è un organo davvero particolare»? «Quest’orgoglio organario non è così infondato perché in Ticino – per la posizione geografica a metà tra cultura italiana e tedesca –

convivono elementi molto caratteristici di entrambe le tradizioni: a volte molto distinti, altre volte mescolati. Quest’anno i nostri concerti saranno su due strumenti tipici della tradizione italiana antica (l’organo Bossi del 1810 a Mendrisio) e novecentesca (l’organo Mascioni del 1912 a Faido) oltre a strumenti di nuova costruzione come il magnifico Mascioni di Giubiasco vicino all’estetica tedesca del nord: un autentico vanto per il Ticino». E dal punto di vista dei contenuti come si posiziona il Festival Organistico Ticinese? «L’idea è sempre quella di invitare importanti personalità del mondo organistico internazionale, non solo figure di grandi virtuosi/esecutori tout court, ma anche interpreti sensibili, ricercatori e studiosi dei tanti e variegati aspetti della prassi esecutiva». Nomi eccellenti, quindi, come l’italiano Claudio Astronio, il romando Gabriel Wolfer e l’austriaco Johannes Strobl, ma anche musicisti della nuova generazione – perché «lo scopo del festival è anche quello di valorizzare giovani di talento» come l’organista Beniamino Calciati che suonerà con la soprano Valentina Londino.


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Cultura e Spettacoli

Il dibattito ora è nell’arena Pubblicazioni Franca D’Agostini analizza i meccanismi del dibattito pubblico

Manuel Rossello Mentre la verità si sta ancora allacciando le scarpe, la bugia ha già fatto tre giri dello stadio. E sta già rilasciando interviste, potremmo aggiungere alla nota battuta. L’immagine è senza dubbio azzeccata, perché come si vede nelle risse organizzate spacciate per talk show, non c’è strumento più efficace della bugia (condita con un’infinità di salse, come ci spiega Franca D’Agostini in questo densissimo saggio sui trucchi comunicativi) per screditare gli avversari politici, conquistare le platee televisive e narcotizzare l’opinione pubblica. L’analisi dell’autrice, sorretta dal potente faro della logica, è spietata nello scoperchiare i numerosi trucchi da circo e le raffinate strategie attivate dai politici durante i dibattiti per ottenere il plauso del pubblico e, in prospettiva, il voto.

I massmedia hanno una natura ambigua: costruiscono ed esaltano l’immagine pubblica degli individui Lo sfondo problematico da cui prende avvio il libro è la natura profondamente ambigua dei massmedia. Teoricamente essi dovrebbero riportare i fatti accaduti e (separatamente, secondo la tradizione anglosassone) le interpretazioni. Invece ciò che fanno è soprattutto costruire ed esaltare (o viceversa demolire e umiliare) l’immagine pubblica degli individui. La televisione in particolare ha conquistato un ruolo centrale nell’assecondare la personalizzazione della politica emarginando del tutto la componente della logica e quindi della verità. Fatte le debite eccezioni, oggi il criterio predominante è quello della notiziabilità (che cosa rende, mettiamo a livello elettorale, dare una certa notizia?). Non che la verità non sia da sempre minacciata (stat nuda veritas), ma con l’avvento della civiltà dei massmedia l’avvelenamento è pressoché totale. E ancora più grave è il fatto che questo avvelenamento non si vede se non si dispone di strumenti adeguati. Fornire il lettore di questi strumenti è ciò che fa – egregiamente – il volume, il cui sottotitolo alternativo potrebbe essere «Viaggio negli abissi della sofistica massmediale». Tra le tecniche più perfide – e perciò più efficaci – messe in campo dai politici in televisione ci sono l’avvelenamento del pozzo (screditare l’avver-

Arena è una celebre trasmissione della SRF, nonché un’importante piazza di scambio politico; nella foto il Consigliere nazionale e presidente del PPD Gerhard Pfister. (Keystone)

sario all’inizio della discussione), la fallacia del bastone (velata allusione a conseguenze fisiche), la statua di sterco (diffamare dando l’impressione di elogiare), il riso sofistico (irridere la serietà e drammatizzare l’umorismo), il domino o slippery slope (enumerare una cascata di false conseguenze), l’uomo di paglia (sostenere una tesi insostenibile per poi appiccicarla all’avversario), l’attivazione di un frame (imprigionare l’avversario in una cornice ideologica a lui sfavorevole) e l’argomento circolare (dare tacitamente per presupposto quel che si deve dimostrare). È triste doverlo ammettere, ma, a giudicare da tale armamentario, i principali requisiti richiesti a un politico di successo sono la loquacità e la menzogna. Tutte queste tecniche (e molte altre)

sono abitualmente impiegate nei talk show politici. Per cui lo spettatore (a meno di aver letto un efficace strumento di analisi come il libro di cui si sta parlando) è in balia delle fallacie e dello spin doctoring come un cayakista principiante in un torrente in piena è in balia delle rapide, mentre da riva un esperto di argomentazione cerca di allungargli delle slide sulla navigazione nei fiumi impetuosi. Ma le grandi aziende non sono da meno nell’azione di spin doctoring: se da anni i più grandi inquinatori del globo tentano di darsi una patina ecologista con un abile lavoro di greenwashing, ultimamente utilizzano una strategia più raffinata, il protestwashing, che consiste nel copiare l’estetica e il linguaggio di chi è «contro». D’altronde tutte le gran-

di società investono cifre da capogiro nella «comunicazione» (le virgolette sono d’obbligo). Con questo studio sulle fallacie che minano la correttezza del dibattito pubblico l’autrice mette insomma in luce uno snodo centrale. Ma quali conseguenze comporta questo fenomeno su più larga scala? Esso ci consente di scorgere la deriva che sta minando dalle fondamenta il regime democratico. Per capire come è utile tratteggiare il circolo vizioso innescato dalla triangolazione massmedia-spin doctor-elezioni. Ecco allora come funziona la democrazia mediatica in uno Stato immaginario ma non troppo: ogni x anni la gente va a votare e come si sa ogni persona rappresenta un voto. Sennonché la maggioranza dei votanti (milioni) è formata

da persone facilmente influenzabili. Inoltre va considerato che ogni giorno tutti noi prendiamo decisioni in base a motivazioni irrazionali, per cui la pubblicità, che lo sa, solletica le nostre emozioni con messaggi incessanti. Si aggiunga che la TV è il massmedia di gran lunga più diffuso (è presente in circa il 97% delle case) e ha perciò un poderoso effetto di risonanza. Senza dimenticare che per moltissime persone essa rappresenta l’unica ed esclusiva fonte d’informazione. Ora, poiché le persone votano in base all’opinione (irrazionale) che si fanno, il politico astuto ha tutto l’interesse ad apparire il più possibile nelle trasmissioni e negli orari con più audience (in particolare a ridosso di una votazione) e a lanciare messaggi emozionali attaccando gli avversari con tutta la munizione di fallacie di cui dispone. Per farlo deve accordarsi con chi possiede le TV, risultare politicamente gradito ai proprietari o, ancora meglio, esserne egli stesso il proprietario. E comunque, una volta raggiunto il potere agirà per rafforzare il controllo sui massmedia. Occorre fare nomi? Quando si afferma che i dibattiti si sono trasformati in uno scontro non ci si limita a enunciare una metafora, ma si coglie un dato di fatto, perché queste trasmissioni sono ormai costruite per suggerire al pubblico la partecipazione a un evento cruento, se non bellico: la scenografia circolare ricorda un’arena con i contendenti che si fronteggiano, il pubblico urla e strepita come allo stadio e il politico soccombente evoca il gladiatore sconfitto che attende il responso fatale. E tutto lo spettacolo è in funzione del pubblico a casa, eccitato dalla promessa di sangue (simbolico) e umiliazione (vera), ma rintronato dall’artiglieria incrociata delle fallacie. Un’annotazione finale. Dovrebbe ormai essere chiaro che il mondo attuale è immerso nell’argomentazione come il gulasch lo è nella salsa. L’informazione, la politica, la pubblicità, la religione, solo per citare ambiti onnipresenti nelle nostre vite, ne sono inestricabilmente legate e sul fronte della scuola sarebbe ora di recepire la centralità del testo argomentativo invece di limitarsi a considerarlo faccenda da lettera ai giornali. O vogliamo rinunciare a essere crossmediali? Bibliografia

Franca D’Agostini, Verità avvelenata. Buoni e cattivi argomenti nel dibattito pubblico, Torino, Bollati Boringhieri, 2015, pag. 257.

Parliamone di Simona Sala I nostri maestri

Dialoghi brillanti, un setting straordinario, Lizzy Caplan e Michael Sheen sono i protagonisti di Masters of Sex. (Keystone)

I personaggi sono forse un poco patinati, i fatti storici e le scoperte mediche adattati alle esigenze narrative di un plot che vuole tenere incollato lo spettatore allo schermo, ma, ammettiamolo, il risultato è eccezionale. La statunitense Michelle Ashford ha adattato per il piccolo schermo il romanzo di Thomas Maier Masters of Sex – La vera storia di William Masters e Virginia Johnson, la coppia che ha insegnato il sesso all’America, sdoganando nelle case del comune cittadino le vicende e le scoperte di una coppia cui proprio il comune cittadino deve molto. Poco male, verrebbe da dire. Per una volta, al posto di cruente e sanguinose serie snocciolate sera dopo sera, in

cui si risolvono i casi più improbabili a suon di dna e geniali deduzioni, potremmo avere modo di gustarci le scoperte di William Masters e Virginia Johnson. La controversa coppia indubbiamente contribuì alla rivoluzione sessuale che permise finalmente anche alle donne di uscire da un oscurantismo che affondava le proprie radici nella notte dei tempi, e che Freud non fece che rafforzare. Invece delle solite crime stories sarebbe bello potere vedere Masters of Sex anche alle nostre latitudini, ma purtroppo non è (ancora) possibile: forse il pubblico ticinese non è considerato pronto per questi temi... negli USA, intanto, siamo alla terza stagione.


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Cultura e Spettacoli Per scrivere i suoi capolavori è arrivato a iniettare la colla nelle prese di casa: lo scrittore statunitense Jonathan Franzen. (Keystone)

Rifugiarsi nei colori della menzogna Cinemando Grave ed esaltata, Frantz

è l’opera più compiuta del regista francese Fabio Fumagalli ***(*) Frantz, di François Ozon, con Paula Beer, Pierre Niney, Ernst Stötzner, Marie Gruber, Johann von Bülow (Francia-Germania 2016)

Droghe digitali

Costume La persecuzione digitale (via mail, WhatsApp, ecc.)

è un fenomeno riconosciuto anche da scrittori e giornalisti

Mariarosa Mancuso Quando lo faceva Jonathan Franzen, artigianalmente, lo accusavano di essere antico (e di cattivo carattere: si dice sempre quando qualcuno fa cose che non approviamo). Ora è di gran moda, Jonathan Franzen dovrebbe approfittare del suo cattivo carattere per una pernacchia. Per scrivere Libertà – il suo secondo libro da leggere, quelli scritti prima di Le correzioni non contano, e del resto lui scriveva saggi per dimostrare che non si può avere insieme un grande successo di critica e un grande successo di pubblico – aveva sigillato con la colla la presa ethernet del computer.

Franzen è stato uno dei primi, e ormai sempre più spesso si sente parlare del bisogno di disintossicarsi dal digitale Per i nativi digitali che hanno visto solo il wi-fi: la presa per collegarsi a internet, sparita nei portatili di ultima generazione assieme al lettore CD (prossimo passo: la sparizione dei fili negli auricolari). Jonathan Franzen aveva chiuso il collegamento a internet perché navigare lo sconcentrava e gli rubava un sacco di tempo. Alle tentazioni non sapeva resistere, quindi le face sparire dall’orizzonte. Missione compiuta: dopo Libertà ha scritto un altro romanzo bellissimo intitolato Purity (e ora non ha più bisogno della colla, basta spegnere il wi-fi).

Non è un problema moderno. Dicono che Vittorio Alfieri – morto nel 1803 – avesse lo stesso problema, per questo si facesse legare alla sedia. Ma va riconosciuto che il cicalino del messaggio in entrata, o della notifica su Facebook, è più allettante di qualsiasi cosa avesse a disposizione l’Alfieri per distrarsi, fossero donne o viaggi di pubbliche relazioni (Ippolito Pindemonte a Venezia, Giuseppe Parini e Pietro Verri a Milano). E già prima che la parola d’ordine fosse «digital detox» decine e decine di app nella categoria «produttività» cercavano di darci una mano nella gestione delle email, per esempio. O nel mettere in ordine gli impegni. Problema arduo, per esempio per noi che quando scriviamo un pezzo in anticipo poi lo dobbiamo cambiare perché qualcosa è successo: la dichiarazione di un regista, una notizia dell’ultimo momento, una lunghezza modificata dall’impaginato, un disastro che occupa tutte le pagine del quotidiano (e certi pezzi dopo tre giorni scadono). Il problema delle email, a nostro modestissimo parere, si potrebbe agevolmente risolvere se le persone non mandassero email inutili – molte sono spedite solo per «lasciare traccia», si potrebbe fare prima parlandosi al telefono – e se non spedissero ogni email con copia a gente che ne potrebbe fare a meno. Ma noi siamo dilettanti, e convinti sostenitori del buon senso, che servirebbe a togliere di mezzo parecchie seccature. Gli esperti non hanno niente da dire sulla proliferazione delle email. Insegnano piuttosto a non guardarle ogni cinque minuti – ma come si fa, poi ne trovi due e nella seconda scrivono «non ero sicuro che avessi visto

l’email», magari ti mandano anche un sms o un whatsapp con scritto «mail». E consigliano di svuotare la casella «posta in arrivo» ogni sera. Ridete? Anche noi, abbiamo conservato gelosamente lettere di insulto ricevute dieci anni fa. (Vanno stampate e messe in archivio, dicono gli esperti: già ma poi chi le ritrova?). Se guardiamo la posta ogni cinque minuti, solo per concentrarci e tornare al lavoro vanno sprecate otto ore a settimana. La distanza con lo spennacchiato Jonathan Franzen (ma che sarà mai la concentrazione, bisogna immergersi nel mondo e nei social…) si misura leggendo l’articolo di copertina sull’ultimo «New Yorker», intitolato Put Down Your Phone. Se una cosa la scrive il «New Yorker», non è come il gazzettino locale. E la firma di Andrew Sullivan è una garanzia: giornalista e attivista gay, cattolico e conservatore, fu uno dei primi ad aprire il suo blog, il primo a farselo ospitare sul sito di «Time», il primo a diventare indipendente chiedendo ai lettori un contributo di 20 dollari (dato, per la cronaca). È stato anche il primo a ritirarsi dalla blogosfera, e adesso sappiamo perché. La vertigine dei 100 mila lettori era pagata dalla connessione continua, l’unico luogo di tranquillità era la doccia (per poco, i prossimi smartphone possono prendere l’acqua senza morire all’istante). L’articolo racconta la sua disintossicazione, in un apposito istituto nel Massachusetts: quando gli hanno chiesto di consegnare il cellulare all’entrata si è sentito svenire. Il primo giorno senza schermi, notizie, video, tweet, è stato durissimo. Ma il dottore era stato chiaro: «Non sei sopravvissuto all’AIDS per morire di internet».

Talvolta basta la prima immagine di un film per farcelo ricordare per sempre. Quello di Frantz preannuncia già il tutto: Quedlinburg, 1919, uno sfondo in bianco e nero percorso da un ramo sfuocato, ma chiazzato dal colore. È la Germania, all’indomani di una guerra sanguinosa, il melodramma d’epoca, l’intrusione di sfumature cromatiche indotte dal sogno. O dalla menzogna, se preferite, quand’è a fine di bene. L’ultimo film di François Ozon (per alcuni il suo capolavoro) s’ispira a una pellicola muta di Ernst Lubitsch, Broken Lullaby (1932); adattata a sua volta da una pièce teatrale pacifista di Maurice Rostand. In una borgata ancora immersa nell’umiliazione della sconfitta, la giovane Anna vive con i genitori del fidanzato Frantz, ucciso al fronte. Un giorno, Anna vede raccogliersi sulla sua tomba uno sconosciuto, per di più francese, scosso fino alle lacrime: Adrien racconterà di aver conosciuto Frantz a Parigi prima del conflitto. Ma si tratta della verità o di bugie di comodo? Di sfumature anche dolorose, ma dettate dall’ambiguità di motivazioni più intime? E allora le spiegazioni che Anna inventa ai genitori inconsolabili di Frantz sono solo pietosi sotterfugi per alleviare il loro strazio, oltre che il proprio? O, piuttosto, atti di fede nel tentativo di aderire nel modo più stretto possibile a quel cinema muto e scolorito, al quale Frantz si ispira? Quasi clamorosamente, il film se ne allontanerà nella seconda parte. Sebbene la pellicola sia ancora solcata da squarci cromatici e rispettosa delle modalità care ai capolavori del melodramma alla Douglas Sirk, è comunque nelle mani di un regista moderno, sedotto dalla dimensione metafisica sin dai tempi di Sotto la sabbia (2000). Ecco allora il capovolgimento della vicenda e della sua prospettiva. Sarà allora la donna (Paula Beer, luminosa rivelazione) a partire alla ricerca di lui, dando quasi il via a un altro film, sganciato dal classicismo della prima parte

La locandina di Frantz, che ha partecipato alla Mostra del cinema di Venezia.

(splendido, di una rigorosa semplicità, lontana da ogni manierismo e pedanteria esplicativa), imprevisto, ormai definitivamente inventato e romanzesco. Stavolta il tutto è nell’ottica ancora pudica ma sempre più fantasmatica di Anna. Guidato dalla meravigliosa trasparenza degli sguardi di quella che possiamo definire una nuova Romy Schneider, lo spettatore ne seguirà sempre più coscientemente esaltazioni, manipolazioni, delusioni e forse l’emancipazione. Il film dal canto suo, in un progressivo e affascinante gioco di specchi tra i due nazionalismi, affina non solo la sua indagine psicologica, ma anche la propria energia pacifista. Le tentazioni letterarie si fanno sempre più distanti; mentre si avvicinano le urgenze umanistiche, addirittura politiche del nostro presente. *(*) Trafficanti (War Dogs), di Todd Phillips, con Miles Teller, Johnah Hill (Stati Uniti 2016) Autore della trilogia demenziale e trash dal successo travolgente Very Bad Trip, Todd Phillips ora sembra fare (quasi) sul serio. Non fosse che per il soggetto, il traffico d’armi. Il nostro burlone racconta allora la vicenda autentica di due giovani rampanti di Miami che – siamo in epoca George W. Bush – scoprono l’esistenza di enormi stock di materiale bellico sparsi nei magazzini dei vari teatri di guerra trascorsi o presenti. Cavalcando contratti da 300 milioni firmati dal Pentagono per l’Afghanistan e azzardate trasferte in Iraq, i due sbruffoni metteranno in piedi un traffico impressionante. Fino al solito punto fatale. Se le intenzioni sono lodevoli e i risultati anche proficui, il rischio di cavalcare contemporaneamente una commedia disinvolta e un blockbuster d’azione, mettendoci anche la critica politica, porta a non fare ridere né piangere. L’inizio vola sulle ali della recitazione brillante dei due protagonisti, poi però il film si sfilaccia e la spinta surreale viene meno. **** Café Society, di Woody Allen, con Jesse Eisenberg, Kristen Stewart, Steve Carel (Stati Uniti 2016) Vedi cronaca dal Festival di Cannes su «Azione» del 17 maggio 2016.


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Cultura e Spettacoli

Una storia scritta sulla sabbia, da Palmira a Cartagine

Mostre La mostra al Laténium di Hauterive racconta l’avventura di un personaggio straordinario, Padre Poidebard

Marco Horat Un fortino sperduto nelle steppe desertiche della Siria, antiche strade romane ricoperte dalla sabbia del deserto, un galoppo di truppe mehariste montate su dromedari, le vestigia di un porto oramai scomparso sotto le acque del Mediterraneo, gli imponenti resti archeologici di Palmira, tutti visti e ripresi dall’alto con suggestive immagini in bianco e nero. Capita che un dilettante (il termine francese amateur rende meglio l’idea) lasci un segno indelebile nella storia. È il caso di Antoine Poidebard, nato a Lione nel 1878, missionario gesuita schierato al fianco degli armeni perseguitati dall’Impero ottomano al declino, ma soprattutto scrittore, esploratore, geografo, etnografo e archeologo per passione; l’inventore, si può ben dire, della fotografia aerea applicata alla documentazione scientifica. Stabilitosi a Beirut nel 1925 e incaricato dalle autorità francesi – che su mandato della Società delle Nazioni governavano le terre del Medio Oriente – di indagare gli aspetti storici di una regione così ricca di testimonianze, percorse le vie del cielo dai deserti della Siria, al Libano fino all’Algeria e alla Tunisia, sviluppando nel contempo le apparecchiature adatte al nuovo metodo di indagine che si andava affermando dopo la fine della Prima guerra mondiale. Di

quella straordinaria avventura vissuta grazie a migliaia di ore di volo, alle missioni di scavo sul terreno alle quali Poidebard partecipò per molti anni e perfino alle sue immersioni subacquee accanto a Cousteau, sono rimaste innumerevoli lastre fotografiche di grande qualità tecnica e documentaristica, raccolte nel Museo orientale di Beirut che ora ne ha prestate una sessantina al Laténium di Hauterive presso Neuchâtel, per la realizzazione di un’esposizione di grande interesse archeologico curata da Marc-Antoine Kaeser. Dato che Padre Poidebard non era uno sprovveduto, della sua opera di ricerca ci sono fortunatamente rimaste anche immagini prese con i piedi ben piantati per terra, ad illustrare la vita quotidiana in quei paesi, sia degli indigeni sia dei colonialisti al lavoro... lui compreso. Lo vediamo infatti all’opera in alcune immagini che ci riportano al clima di quegli anni: sotto una tenda, davanti a una vettura di altri tempi con tanto di caschetto coloniale e bastone, mentre consulta una carta geografica o si appresta a decollare su un aereo dell’aviazione francese armato di un grande apparecchio fotografico. Molti i ritratti di notabili impettiti a cavallo e di militari con sciabola al fianco, ma anche di gente comune, bambini, giovani e donne, di paesaggi esotici e di angoli di località forse oggi difficilmente riconoscibili visto quanto sta suc-

Il ponte di Bisotun in Iran in un’immagine del 1918. (© Biblioteca orientale, Beirut)

cedendo in questa regione martoriata dalla guerra e dai bombardamenti. Scene di una vita che sembra scorrere tranquilla, in netto contrasto con quelle drammatiche che dalla Siria ci arrivano invece quotidianamente. Le immagini più impressionanti e scientificamente rilevanti mi pare siano però quelle di sapore archeologico, riprese dall’alto con risultati eccellenti anche dal punto di vista della qualità;

non a caso il titolo della mostra parla di archivi di sabbia. Oggi scontate dal momento che la prospezione aerea per la ricerca delle tracce antiche sul terreno è diventata prassi normale soprattutto con l’affermarsi dei palloni aerostatici e recentemente dei droni, nonché degli apparecchi ottici: quello che si scorge dall’alto infatti risulta spesso invisibile a terra, come ad esempio le strutture murarie sepolte sotto metri di hu-

mus e vegetazione. Non così ai tempi di Padre Poidebard. Immagini nitide accompagnate da informazioni dettagliate. «Khan El-Hallabat, sud-ovest di Palmira: fortino romano di Beriaraca (circa III secolo) con punto di vista verticale, da un’altitudine di 1450 metri, il 23 ottobre 1930, ore 8.45 del mattino». Colpisce il capitolo su Palmira, purtroppo ferita dagli scempi dell’Isis e dai bombardamenti, con una serie di immagini che ci trasmettono invece un sentimento di grande serenità, dandoci la sensazione che il tempo continuerà a scorrere in eterno su quelle rovine senza offenderle. Forse è l’occasione per riflettere sulla presenza straniera nella regione, che ha dato anche buoni frutti quali l’opera di Padre Poidebard, ma che d’altra parte non si può ritenere del tutto estranea ai successivi disastri. La mostra vuole anche toccare questo tasto delicato della nostra storia recente. Dove e quando

Archives des sables. Hauterive: Laténium Parc et Musée d’archéologie. Fino all’8 gennaio 2017 Informazioni: www.latenium.ch Catalogo: De l’Asie Mineure au ciel du Levant. Antoine Poidebard explorateur et pionnier de l’archéologie aérienne, Lévon Nordiguian e Marc-Antoine Kaeser. Annuncio pubblicitario

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Cultura e Spettacoli Rubriche

In fin della fiera di Bruno Gambarotta Proibito proibire «Oggi il proibito non esiste più», scrive Masolino d’Amico recensendo l’esordio teatrale di un giovane «stand-up comedian» che prende a modello il mitico Lenny Bruce. Si percepisce una sfumatura di rammarico in questa affermazione. È il caso di rimpiangere la censura? Non è un’aspirazione paradossale, dopo tante battaglie a sostegno della libertà d’espressione e alla presenza di tanti paesi che la reprimono sanguinosamente? Da noi l’unico limite resta il codice penale che prevede tra gli altri il reato di diffamazione, ma le persone prese di mira esitano a fare denuncia per evitare di fornire risonanza mediatica alla presunta ingiuria. Così, coloro che praticano le varie forme della comicità aggressiva sono sollecitati ad alzare ogni volta il livello di oltranza. Le manifestazioni della satira senza limiti di censura richiamano alla mente una sequenza che ricorre sovente nei film comici: un agente di polizia si trova di fronte una porta sbarrata; bussa, nessuno gli apre, prova a forzare la maniglia senza risultato; prende inutilmente la porta a spallate e infine

si allontana di qualche metro, prende una rincorsa per gettare tutto il peso del suo corpo contro l’uscio quando chi sta dall’altra parte lo apre e il poliziotto, oramai lanciato, va a spiaccicarsi correndo contro una parete al fondo della stanza. La censura ha due grandi meriti; affina la mente degli autori costringendoli a escogitare trucchi per aggirare i divieti e consente a chi l’osserva in azione di considerarsi intellettualmente superiore ai censori. In un dizionario dei luoghi comuni si potrebbe illustrare il lemma «censura» con la seguente definizione: «deve essere sempre accompagnata dall’aggettivo ottusa». Per decenni il complesso di superiorità degli italiani è stato alimentato dal racconto degli interventi censori della dirigenza Rai riguardo al contenuto dei programmi. Un accuratissimo censimento di questo genere di censura si trova in un volume pubblicato da Garzanti nel 2003, intitolato Proibitissimo!. L’autore è Menico Caroli, grecista al dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’università di Bari e storico della censura radio televisiva per

suo divertimento. Un esempio fra i tanti: nel 1958 si registra per la radio l’Otello di Shakespeare nella celebre interpretazione di Vittorio Gassman (Otello) e di Salvo Randone (Jago). Nei piani alti qualcuno scopre che Otello, accecato dalla gelosia, apostrofa Desdemona in varie occasioni chiamandola «puttana» per ben 14 volte. Un giovane funzionario, l’ultimo della scala gerarchica, viene spedito nello studio di via Asiago con una ragionevole proposta: «Al posto di puttana perché non la chiamiamo farfallona?». L’aspetto più esilarante della censura praticata dalla Rai, quando operava in regime di monopolio, riguarda il divieto di usare certi termini in una stagione, durata molti anni, nella quale tutto quello che veniva detto ai microfoni doveva figurare su un testo scritto e sottoposto preventivamente al vaglio dei responsabili. Qualche esempio: l’omosessualità era «il turpe vizio»; lo sciopero «astensione dal lavoro»; l’osteria «il locale ricreativo attiguo alla fabbrica». Si tollerava la parola «cancro» solo all’interno dell’oroscopo, altrimenti era «un

male incurabile». Neanche l’olio d’oliva poteva dirsi «vergine» ma solo «puro». Un artista non poteva avere «estro», un termine che evoca la femmina di una specie animale in calore. Nella pubblicità di un lassativo non si poteva usare la parola «intestino», ma solo affermare che «regola l’organismo» e pazienza per l’utente che non ne comprende il significato. Un campo minato per la dirigenza Rai erano le canzoni che sovente nascondevano nei testi messaggi incendiari. Bisognava intervenire prima della messa in onda. Gianni Morandi cantando «C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones» citava le parole «Vietnam e Vietcong». Proposta, più che ragionevole: «sostituiamole con “Corfù e Cefalù”. L’autore Franco Migliacci opta per un “ta...ta...ta...ta” che sarà un fattore non secondario del successo della canzone. Nonostante tutto, non è il caso di provare nostalgia per la censura. Per mettere un argine contro questa tentazione è sufficiente leggere le veline emanate dal Minculpop per orientare l’informazione durante il re-

gime fascista. Le troviamo in un libro di Nicola Tranfaglia, La stampa del regime, 1932-1943 edito da Bompiani. Persino gli eccessi di zelo sono repressi; così sono vietate affermazione del genere «Il Duce non si tocca»: «tali manifestazioni possono essere interpretate all’estero come un sintomo che vi sia qualcuno in Italia che discuta o pensi di toccare il Duce». Il capo del governo deve essere rappresentato come un uomo solo al comando: «si rinnova la disposizione di non abbinare il nome del Duce, negli applausi e nelle ovazioni, a quello di altri ministri». Una reprimenda tocca al «Giornale di Sicilia» perché si è occupato, nell’anno XI dell’Era Fascista, della presa della Bastiglia, argomento ormai sorpassato. Anche qui però c’è qualcosa da imparare. Una velina del 23 giugno 1932 ordina ai periodici italiani: «Non si devono più fare recensioni per libri riguardanti gerarchi o scritti da gerarchi». Se applicassimo questa norma, sostituendo alla parola «gerarchi» la parola «giornalisti», svuoteremo di colpo dai nostri quotidiani le pagine dedicate alla cultura.

labbra pronte a scoprire i perfetti denti. Tutto deve essere fatto in modo estremo, forse per compensare, forse per non pensare. Ci sposiamo almeno tre volte, la seconda con un attore di vent’anni più grande. Abbiamo figli, tutti i possibili di tutte le razze. Lottiamo contro il cancro, e dichiariamo pubblicamente di aver subito invasive operazioni per allontanarne la possibilità. Siamo attiviste per i diritti umani, e non ci perdiamo una buona causa, forse inseguendo il sogno proibito di essere la nuova principessa Diana, anche se non così fessa da farsi tradire dal marito e da non saper gestire le trappole mediatiche. Manteniamo la linea, sicura dei puntelli della chirurgia estetica (dove tutte le donne sanno che dopo i quaranta è proibito perdere troppo peso, perché la pelle è stanca e si lascia volentieri andare, lei può arrivare a 36 chili – così dicono – senza un plissé, mai come in questo caso il termine più corretto). Prendiamo in sposo uno degli uomini più belli del mondo, che ci

adora, e, come si direbbe gergalmente, per non saper né leggere né scrivere ce ne liberiamo. Forse ne vogliamo un altro, di diversa bellezza: si mormora di Johnny Depp, ma non c’è paragone. Per quanto il possente Achille un errore l’ha compiuto, avete visto che disastro quei baffetti sfoderati di recente? Sembra il vicino dei Simpson, il credente fanatico, Ned Flanders. Ma non si lascia un marito per dei baffi, che pure lo fanno sembrare troppo buono. Anche se questo è molto femminile, volere un compagno non «buonino», cosa che purtroppo genera anche efferatezze. In questi giorni siti e giornali hanno scomodato semiotici e sociologi, studiosi della società di massa, a partire da Edgar Morin, che in tempi non sospetti ha raccontato perché abbiamo bisogno delle star e delle loro cadute. Molte conclusioni sono di buon senso: per distrarci dal quotidiano, per evadere da vite normali, perché sapere che anche i ricchi e belli piangono riconcilia con un’esistenza piena di bruttini

che faticano ad arrivare a fine mese. Perché nelle menti fantasiose e anche un po’ deboli si compie un corto circuito, così che quando vediamo Brad Pitt non sappiamo immaginarlo nella vita quotidiana, alle prese con raffreddore e costipazioni, magari insonnia o emicrania. Noi preferiamo vedere J.D., Achille, il tenero poliziotto di Seven, l’amico di Ocean-George Clooney. E lei? Angelina, Angelina è Lara Croft, la protagonista dei videogiochi della serie Tomb Raider, alla lettera il/la violatrice/violatore di tombe, l’archeologa con le pistole ai fianchi. Curiosità: avendo cambiato tre case di produzione, Lara ha tre diverse biografie, è una contessa ormai quarantenne, una giovanetta che perde il padre in Thailandia, oppure che si imbarca in cerca di avventure. La versione femminile di Indiana Jones, come d’altra parte anche Ragazze interrotte è una versione femminile di Qualcuno volò sul nido del cuculo. Donne che copiano gli uomini e poi pensano di poterne fare a meno.

Maometto come «seminator di scandalo e di scisma» e lo raffigura spaccato in due dal mento al sedere. Vengono condannati Ovidio e Dante, mentre un candidato alla Casa Bianca dichiara: 1. che bisogna sbarrare le porte ai musulmani perché in odore di «jihadismo» a prescindere; 2. che gli afroamericani sono più criminali degli altri; 3. che i messicani sono tendenzialmente degli «stupratori»; 4. che Hillary Clinton «con quella faccia non può fare il presidente», eccetera. Nel paese che vorrebbe censurare Ovidio e Dante, piacciono (pare più o meno alla metà degli americani) le offese, gli insulti e le gaffe di Donald Trump, quel suo modo diretto e senza peli sulla lingua. La brutalità del «politicamente scorretto» garantisce consenso: non a caso il pistolero Clint Eastwood (5½ all’attore-regista, 3 – all’esternatore politico) si è allineato alle posizioni del candidato repubblicano definendolo «stupido ma sincero».

Il fatto è che la destra rivendica questa presunta sincerità e questa presunta stupidità come libertà di parola. Certo, il suo opposto, cioè quello che viene considerato il codice della «sinistra al caviale», il «nuovo conformismo radical chic dei buoni sentimenti», rischia di limitare seriamente la possibilità di esprimersi. Il pericolo è che L’uomo senza qualità debba essere corretto in La persona senza qualità e che ci si debba abituare all’idea di leggere non più Se questo è un uomo ma Se questa è una persona per non ledere la suscettibilità delle minoranze gay, lesbiche, bisessuali, transessuali. Di recente, il filosofo, matematico e saggista libanese-americano Nassim Taleb (5½, leggere il suo Cigno nero per credere) ha denunciato la tirannia delle minoranze intolleranti: quelle che impongono le loro abitudini e le loro convinzioni a una maggioranza «troppo flessibile». C’è poi il rigore di certe comunità religiose. Un paio d’anni fa la Chiesa ortodossa

russa si è pronunciata contro Lolita in quanto incita alla pedofilia. «Nauseante anche per un freudiano, – lo definì un editore rifiutandolo – una specie di incrocio instabile tra una realtà orribile e una fantasia improbabile». Anche Cent’anni di solitudine andrebbe messo al bando per gli ortodossi: sconcio e diseducativo. Ma sarà «educativa» la storia della povera Anna Karenina che si butta sotto un treno per amore? Mah. E lasciamo stare le atrocità delle Sacre Scritture. Che facciamo? Le censuriamo, mentre in televisione circola liberamente un Matteo Salvini (2) che scherza sulla presidente della Camera Laura Boldrini giudicandola una «bambola gonfiabile»? Bisogna fare molta attenzione a come si parla, perché c’è sempre qualche benpensante pronto a punirti per una parola sbagliata. Ma i peggiori lucrano sul concetto di libertà di espressione, e adottano il fango e l’insulto per la loro personale scalata verso le vette della popolarità.

Postille filosofiche di Maria Bettetini Abbiamo tutti bisogno di una star Che fastidio quando cadono gli dèi. Costringono a fare i conti con la loro parte umana, quindi con la nostra, perché si somigliano un po’ tutte. Così quando il biondo Achille e la statuaria Olimpiade si sono detti presi dalle carte del divorzio, e neanche tanto di buon umore, non è stato facile nemmeno sentire quel poco di gaudio che provocano le disgrazie dei ricchi e belli. Che catastrofe. E in nome dei valori più alti. Lui piange, non se l’aspettava, non vuole perdere i figli in numero di sei. Descritto come il più affettuoso e mite dei mariti, sempre lodato per la perseveranza nel bene e nel male a fianco di lei e delle sue diverse iniziative. Tutto il contrario di J.D., il muscoloso giovanotto che in Thelma & Louise seduce e deruba Geena Davis fingendosi studente in autostop, accelerando quindi la corsa verso il fallimento e la morte delle due amiche. Niente a che vedere nemmeno col Tyler Durden di Fight Club, bello e dannatissimo. Due sere fa l’hanno trasmesso in televisione,

sarà stato un caso, ma sembrava come quando muore una stella, e subito le reti mandano in onda i film più significativi, per commemorarla. Di Angelina Jolie che cosa avrebbero potuto trasmettere? Diciamolo chiaro, solo Lara Croft, perché è l’unico personaggio che abbia reso davvero bene, l’unico che ha riproposto anche nei panni della madre di Alessandro Magno, la maga Olimpiade con il viso di pietra (plastica) dei videogiochi. In verità non era male anche in Ragazze interrotte, Oscar come attrice non protagonista: ma in questo caso Lisa (affascinante e perversa ospite di un ospedale psichiatrico, forse redenta dall’amicizia dopo aver provocato più di un suicidio) è l’altro lato di Angelina Jolie nata Voight. Figlia di un attore oggi famoso, allora forse incestuoso, legata follemente alla madre morta di cancro relativamente giovane, Angelina ha dalla sua una bellezza stellare, contro di lei le ombre che emergono da uno sguardo che non sa sorridere, in controtendenza rispetto alle

Voti d’aria di Paolo Di Stefano Materiali linguistici infiammabili Bisogna fare molta attenzione a come si parla, perché c’è sempre qualcuno pronto a punirti per una parola sbagliata. «Mai dire uomo a Princeton, qualcuno potrebbe offendersi». Con questo titolo paradossale, Anna Momigliano su «Pagina 99» – un settimanale di inchieste e cultura nato oltre due anni fa (5+) – tratta il tema del cosiddetto «politicamente corretto». Quel titolo alludeva al fatto che il dipartimento delle risorse umane dell’università americana invitava a non usare il vocabolo «man» (uomo) per designare individui il cui genere non è noto: meglio «person», cioè persona. A Yale gli studenti hanno chiesto di «decolonizzare» i programmi di letteratura e di vietare l’uso di costumi etnici per Halloween, perché potrebbero offendere le minoranze: e una docente ha dovuto dimettersi per avere commentato negativamente questa richiesta. A Seattle una insegnante è stata sospesa per aver citato, durante una lezione, il titolo di un libro

in cui c’era la parola «nigger» (negro). Attenzione ai materiali linguistici infiammabili: pregiudizi razziali, etnici, religiosi, di genere, di età… Attenzione a quando hai a che fare con l’orientamento sessuale, con il multiculturalismo o con le disabilità fisiche o psichiche… Gli ambienti intellettuali liberal sono ipersensibili alle sfumature con cui si trattano certi temi. Un anno fa alla Columbia University sono stati segnalati alcuni passi sospetti delle Metamorfosi di Ovidio in cui si indulgerebbe troppo alla violenza. Quanto a violenze, anche la Bibbia e le tragedie di Shakespeare sono a rischio, così come gran parte dei capolavori della letteratura. Dante è razzista, omofobo e antisemita: un sedicente Comitato dei Diritti Umani ha messo al bando la Divina Commedia, perché condanna alla pena eterna «Giuda Scariotto», perché non perdonerebbe a Brunetto Latini di essere un «sodomita», perché mette alla berlina


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Incorporate il trito all’impasto. Trasferite l’impasto nello stampo e cuocetelo al centro del forno per ca. 60 minuti. Sfornate il pane e lasciatelo intiepidire. Estraetelo dallo stampo e lasciatelo raffreddare su una griglia.

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Lo sapevate? In pescheria

Un guscio sostenibile Nei banchi per il pesce fresco di Migros vengono offerti da anni soltanto frutti di mare provenienti da pesca sostenibile. Ciò vale ora anche per l’intero assortimento di pesce surgelato, prodotti sotto conservazione e per i prodotti offerti nel settore self-service

Migros è stata la prima azienda del commercio al dettaglio a introdurre pesci e frutti di mare certificati MSC. L’intero assortimento di prodotti e quelli esposti sui banchi della pescheria provengono al 100 per cento da pesca sostenibile. Mario Cortazzo è responsabile del reparto pesce di Migros Serfontana. (Flavia Leuenberger)

Testo Sonja Leissing; Foto Oliver Bartenschlager, Christoph Schürpf; Ricetta Anja Steiner

Mario Cortazzo

«Pesce da gustare senza preoccupazioni» Mario Cortazzo, le abitudini dei consumatori si sono modificate da quando sono stati offerti pesci e frutti di mare da pesca sostenibile? Rispetto alla scelta di Migros, quale maggior rivenditore di pesce in Svizzera, di offrire solo pesci e frutti di mare di questo tipo, i clienti hanno reagito assolutamente in modo positivo. Per molti clienti è importante che anche le generazioni future possano godere del pesce senza temere per l’impatto ambientale delle loro scelta alimentare.

Padellata di molluschi al lemongrass Piatto principale per 4 persone Ingredienti 2 scalogni 4 bastoncini di lemongrass 50 g di zenzero 2 kg di molluschi misti, ad es. vongole, cozze 2 cucchiai d’olio di colza 2 cucchiai di curry giallo in pasta 2,5 dl di brodo di verdura sale ½ mazzetto di coriandolo naan e spicchi di limetta Preparazione Tagliate gli scalogni ad anelli. Eliminate le foglie esterne dei bastoncini di lemongrass e spuntate le estremità secche. Dimezzate per il lungo la metà dei bastoncini di lemongrass, tritate le foglie interne rimaste degli altri bastoncini e lo zenzero. Sciacquate i molluschi sotto l’acqua corrente. Gettate quelli rotti o aperti. Scaldate l’olio in una padella bella ampia. Aggiungete gli scalogni, il lemongrass e lo zenzero e fate soffriggere il tutto per ca. 2 minuti. Aggiungete il curry in pasta e fatelo soffriggere brevemente. Unite i molluschi e mescolate il tutto. Incorporate il brodo. Mettete il coperchio e lasciate sobbollire per ca. 5 minuti, finché i molluschi non si sono aperti. Gettate quelli rimasti chiusi. Fate sobbollire ancora per 2 minuti. Regolate la salsa di sale. Spezzettate il coriandolo e distribuitelo sui molluschi. Servite con il naan e gli spicchi di limetta.

Le capesante Fanno parte delle conchiglie bivalve. I gusci sono taglienti e dentellati e possono raggiungere i 15 cm. Dal punto di vista gastronomico sono apprezzate in tutto il mondo.

Cosa offre di speciale il banco della pescheria? Come esperti di pesce diffondiamo volentieri le nostre conoscenze. I nostri punti di forza sono la nostra competenza e naturalmente la vasta scelta. Oltre a ciò diamo molta importanza ai consigli ampi e competenti che forniamo alla clientela. Qual è la cosa che le viene richiesta più spesso? In genere mi chiedono come si preparano i frutti di mare: cozze e gamberi. Noi rispondiamo sempre volentieri fornendo anche qualche piccolo segreto di cucina.

Le vongole Sono chiamate anche le conchiglie di Venere, la dea dell’amore e della bellezza. Questo non sorprende perché il loro sapore è simile a quello delle noci, divino e fantastico come condimento per la pasta.

MSC indica pesce proveniente da una pesca sostenibile e certificata. Pesci e frutti di mare vengono da una pesca in mare aperto.

Tempo di preparazione ca. 25 minuti Per persona ca. 60 g di proteine, 19 g di grassi, 20 g di carboidrati, 2048 kJ/490 kcal

Le cozze spagnole vengono principalmente pescate sulle coste atlantiche della Galizia. Sono saporite come tutte le altre cozze e si possono preparare in vari modi. Ricette di

www.saison.ch

Iluustrazioni Rolf Joray

ASC indica pesce che proviene da un allevameto certificato e responsabile, che deve soddisfare precise direttive ecologiche e sociali.

Migros Bio indica un allevamento ittico vicino alla natura e sostenibile, controllato e certificato da enti indipendenti. Parte di


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Idee e acquisti per la settimana

Idee e acquisti per la settimana

Lo sapevate? In pescheria

Un guscio sostenibile Nei banchi per il pesce fresco di Migros vengono offerti da anni soltanto frutti di mare provenienti da pesca sostenibile. Ciò vale ora anche per l’intero assortimento di pesce surgelato, prodotti sotto conservazione e per i prodotti offerti nel settore self-service

Migros è stata la prima azienda del commercio al dettaglio a introdurre pesci e frutti di mare certificati MSC. L’intero assortimento di prodotti e quelli esposti sui banchi della pescheria provengono al 100 per cento da pesca sostenibile. Mario Cortazzo è responsabile del reparto pesce di Migros Serfontana. (Flavia Leuenberger)

Testo Sonja Leissing; Foto Oliver Bartenschlager, Christoph Schürpf; Ricetta Anja Steiner

Mario Cortazzo

«Pesce da gustare senza preoccupazioni» Mario Cortazzo, le abitudini dei consumatori si sono modificate da quando sono stati offerti pesci e frutti di mare da pesca sostenibile? Rispetto alla scelta di Migros, quale maggior rivenditore di pesce in Svizzera, di offrire solo pesci e frutti di mare di questo tipo, i clienti hanno reagito assolutamente in modo positivo. Per molti clienti è importante che anche le generazioni future possano godere del pesce senza temere per l’impatto ambientale delle loro scelta alimentare.

Padellata di molluschi al lemongrass Piatto principale per 4 persone Ingredienti 2 scalogni 4 bastoncini di lemongrass 50 g di zenzero 2 kg di molluschi misti, ad es. vongole, cozze 2 cucchiai d’olio di colza 2 cucchiai di curry giallo in pasta 2,5 dl di brodo di verdura sale ½ mazzetto di coriandolo naan e spicchi di limetta Preparazione Tagliate gli scalogni ad anelli. Eliminate le foglie esterne dei bastoncini di lemongrass e spuntate le estremità secche. Dimezzate per il lungo la metà dei bastoncini di lemongrass, tritate le foglie interne rimaste degli altri bastoncini e lo zenzero. Sciacquate i molluschi sotto l’acqua corrente. Gettate quelli rotti o aperti. Scaldate l’olio in una padella bella ampia. Aggiungete gli scalogni, il lemongrass e lo zenzero e fate soffriggere il tutto per ca. 2 minuti. Aggiungete il curry in pasta e fatelo soffriggere brevemente. Unite i molluschi e mescolate il tutto. Incorporate il brodo. Mettete il coperchio e lasciate sobbollire per ca. 5 minuti, finché i molluschi non si sono aperti. Gettate quelli rimasti chiusi. Fate sobbollire ancora per 2 minuti. Regolate la salsa di sale. Spezzettate il coriandolo e distribuitelo sui molluschi. Servite con il naan e gli spicchi di limetta.

Le capesante Fanno parte delle conchiglie bivalve. I gusci sono taglienti e dentellati e possono raggiungere i 15 cm. Dal punto di vista gastronomico sono apprezzate in tutto il mondo.

Cosa offre di speciale il banco della pescheria? Come esperti di pesce diffondiamo volentieri le nostre conoscenze. I nostri punti di forza sono la nostra competenza e naturalmente la vasta scelta. Oltre a ciò diamo molta importanza ai consigli ampi e competenti che forniamo alla clientela. Qual è la cosa che le viene richiesta più spesso? In genere mi chiedono come si preparano i frutti di mare: cozze e gamberi. Noi rispondiamo sempre volentieri fornendo anche qualche piccolo segreto di cucina.

Le vongole Sono chiamate anche le conchiglie di Venere, la dea dell’amore e della bellezza. Questo non sorprende perché il loro sapore è simile a quello delle noci, divino e fantastico come condimento per la pasta.

MSC indica pesce proveniente da una pesca sostenibile e certificata. Pesci e frutti di mare vengono da una pesca in mare aperto.

Tempo di preparazione ca. 25 minuti Per persona ca. 60 g di proteine, 19 g di grassi, 20 g di carboidrati, 2048 kJ/490 kcal

Le cozze spagnole vengono principalmente pescate sulle coste atlantiche della Galizia. Sono saporite come tutte le altre cozze e si possono preparare in vari modi. Ricette di

www.saison.ch

Iluustrazioni Rolf Joray

ASC indica pesce che proviene da un allevameto certificato e responsabile, che deve soddisfare precise direttive ecologiche e sociali.

Migros Bio indica un allevamento ittico vicino alla natura e sostenibile, controllato e certificato da enti indipendenti. Parte di


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Idee e acquisti per la settimana

Farmer

Energia in formato tascabile Crunchy Miele, Mele-More o Castagne con copertura di cioccolato: le barrette Farmer riescono sempre a stupire con raffinate variazioni di gusto. Un assortimento talmente ampio che non lascia insoddisfatto proprio nessuno. Tutte le barrette sono lo snack ideale

durante lo sport, a scuola oppure in ufficio. Le barrette energetiche imballate singolarmente entrano comodamente in qualsiasi tasca. Anche durante una pedalata sono subito a portata di mano per un inizio all’insegna dell’energia e del gusto.

Farmer Crunchy Miele 240 g, 12 pezzi Fr. 4.40

Farmer Soft More & Mele 234 g, 9 pezzi Fr. 4.40

Le barrette Farmer sono il compagno ideale durante le attività sportive, ad esempio per il ciclismo.

Foto Christian Senti; Styling Esther Egli

Farmer Soft Choc Castagne Limited Edition 192 g, 6 pezzi Fr. 4.60

Farmer Soft Choc Mele 290 g, 9 pezzi Fr. 4.50


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Idee e acquisti per la settimana

L’Oréal Paris

Foto istock

Uno shampoo per ogni capello

La lunga ricerca dello shampoo giusto è terminata: la linea Elseve L’Oréal Paris offre una soluzione a qualsiasi problema di ogni tipo di capigliatura: Elseve rosso protegge i capelli tinti, mentre quello turchese va bene per i capelli grassi alle radici ma secchi sulle punte. Se si hanno capelli secchi si opta per Elseve oro. I capelli fragili, invece, si curano con lo shampoo antirottura giallo.

Protegge: L’Oréal Paris Elseve Shampoo curativo Color-Vive 250 ml Fr. 3.55

Rinfresca: L’Oréal Paris Elseve Shampoo equilibrante Argile Absolue 250 ml Fr. 3.55

Nutre: L’Oréal Paris Elseve Shampoo nutriente Huile Extraordinaire 250 ml Fr. 3.55

Ripara: L’Oréal Paris Elseve Shampoo riparatore Anti-Casse 250 ml Fr. 3.55


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Idee e acquisti per la settimana

Idee e acquisti per la settimana Agricoltura rispettosa della natura

Croccante naturale

I generi alimentari prodotti in modo naturale vanno per la maggiore. Con i marchi Migros Bio e Alnatura, i clienti Migros hanno a disposizione prodotti biologici certificati. E quanto sia facile preparare un gustoso club sandwich lo dimostrano le ricette preferite dai nostri lettori, pubblicate su queste pagine

In armonia con l’ambiente

La ricetta preferita da Peter

Competenza Bio

Club sandwich ai gamberetti Spuntino per 4 persone

Degustazione Assaggiate i prodotti Migros Bio e Alnatura nelle filiali selezionate. Informazioni: www.migros.ch/bio www.alnatura.ch

A Peter Wieland (63 anni) di Zurigo il club sandwich piace ben tostato. «Quando lo addento, dev’essere veramente croccante. Il lieve gusto di bruciato si abbina bene ai gamberetti».

Testo Heidi Bacchilega; Foto 180_AU_QS_x07

Ingredienti 8 fette di pane per toast, ad es. Pain carré chiaro 2 cucchiai di senape 1 avocado 4 cucchiai di chicchi di mais in vasetto 1 cucchiaio di succo di limone (Alnatura) sale alle erbe pepe 20 g di spinaci per insalata 120 g di gamberetti cotti tail-on Preparazione Tostate le fette di pane e spalmatele di senape. Dimezzate l’avocado e snocciolatelo. Staccate la polpa dalla buccia e schiacciatela con una forchetta. Incorporate i chicchi di mais e il succo di limetta. Condite con sale e pepe.

Farcite la metà delle fette di pane con gli spinaci, poi distribuitevi sopra la crema di avocado. Staccate la coda dei gamberetti e sistemateli sui toast. Coprite con i toast rimasti. Gustate con un drink al cocco Alnatura al naturale. Tempo di preparazione ca. 20 minuti Per persona ca. 10 g di proteine, 16 g di grassi, 25 g di carboidrati, 1200 kJ/280 kcal

I marchi Migros Bio e Alnatura seguono entrambi il principio della coltivazione naturale. In primo piano c’è il rispetto per l’ambiente e gli animali. Pesci e frutti di mare provengono da allevamento sostenibile e rispettoso della natura. Sono nutriti con mangimi biologici e vivono in bacini d’acqua dolce o salata di grosse dimensioni. Dal canto loro, i contadini biologici non usano né pesticidi chimici né fertilizzanti sintetici. Parassiti come i pidocchi sono combattuti con organismi naturali come le coccinelle. Per quanto riguarda gli animali, allevamento biologico significa che vengono nutriti possibilmente con prodotti della propria fattoria. La trasformazione della carne avviene secondo direttive biologiche. Inoltre, la filosofia di Alnatura prevede una lista di ingredienti ridotta al minimo: nella ricetta finisce solo la materia prima davvero indispensabile. Si tratta fondamentalmente di ingredienti d’alta qualità provenienti da produzione sostenibile.

Migros Bio è sinonimo di agricoltura in armonia con la natura. Il marchio Bio contrassegna oltre 1300 prodotti.

al nat ura.ch

Alnatura è il marchio biologico per uno stile di vita responsabile al passo con i tempi. Sono utilizzati solo ingredienti di alta qualità e davvero indispensabili.

Parte di

Migros Bio Pain carré chiaro, 265 g Fr. 1.80

Alnatura Succo di limone 200 ml Fr. 1.70

Migros Bio Gamberi precotti, per 100 g Fr. 5.50

Migros Bio Avocado al pezzo al prezzo del giorno

Alnatura Mais 230 g Fr. 1.40

Migros Bio Senape in grani, 200 g* Fr. 2.30 *Nelle maggiori filiali

Migros Bio Fairtrade Max Havelaar Pepe nero in grani, 100 g* Fr. 3.40 *Nelle maggiori filiali

Alnatura Coco Drink nature, 330 ml Fr. 2.30


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Idee e acquisti per la settimana Agricoltura rispettosa della natura

Croccante naturale

I generi alimentari prodotti in modo naturale vanno per la maggiore. Con i marchi Migros Bio e Alnatura, i clienti Migros hanno a disposizione prodotti biologici certificati. E quanto sia facile preparare un gustoso club sandwich lo dimostrano le ricette preferite dai nostri lettori, pubblicate su queste pagine

In armonia con l’ambiente

La ricetta preferita da Peter

Competenza Bio

Club sandwich ai gamberetti Spuntino per 4 persone

Degustazione Assaggiate i prodotti Migros Bio e Alnatura nelle filiali selezionate. Informazioni: www.migros.ch/bio www.alnatura.ch

A Peter Wieland (63 anni) di Zurigo il club sandwich piace ben tostato. «Quando lo addento, dev’essere veramente croccante. Il lieve gusto di bruciato si abbina bene ai gamberetti».

Testo Heidi Bacchilega; Foto 180_AU_QS_x07

Ingredienti 8 fette di pane per toast, ad es. Pain carré chiaro 2 cucchiai di senape 1 avocado 4 cucchiai di chicchi di mais in vasetto 1 cucchiaio di succo di limone (Alnatura) sale alle erbe pepe 20 g di spinaci per insalata 120 g di gamberetti cotti tail-on Preparazione Tostate le fette di pane e spalmatele di senape. Dimezzate l’avocado e snocciolatelo. Staccate la polpa dalla buccia e schiacciatela con una forchetta. Incorporate i chicchi di mais e il succo di limetta. Condite con sale e pepe.

Farcite la metà delle fette di pane con gli spinaci, poi distribuitevi sopra la crema di avocado. Staccate la coda dei gamberetti e sistemateli sui toast. Coprite con i toast rimasti. Gustate con un drink al cocco Alnatura al naturale. Tempo di preparazione ca. 20 minuti Per persona ca. 10 g di proteine, 16 g di grassi, 25 g di carboidrati, 1200 kJ/280 kcal

I marchi Migros Bio e Alnatura seguono entrambi il principio della coltivazione naturale. In primo piano c’è il rispetto per l’ambiente e gli animali. Pesci e frutti di mare provengono da allevamento sostenibile e rispettoso della natura. Sono nutriti con mangimi biologici e vivono in bacini d’acqua dolce o salata di grosse dimensioni. Dal canto loro, i contadini biologici non usano né pesticidi chimici né fertilizzanti sintetici. Parassiti come i pidocchi sono combattuti con organismi naturali come le coccinelle. Per quanto riguarda gli animali, allevamento biologico significa che vengono nutriti possibilmente con prodotti della propria fattoria. La trasformazione della carne avviene secondo direttive biologiche. Inoltre, la filosofia di Alnatura prevede una lista di ingredienti ridotta al minimo: nella ricetta finisce solo la materia prima davvero indispensabile. Si tratta fondamentalmente di ingredienti d’alta qualità provenienti da produzione sostenibile.

Migros Bio è sinonimo di agricoltura in armonia con la natura. Il marchio Bio contrassegna oltre 1300 prodotti.

al nat ura.ch

Alnatura è il marchio biologico per uno stile di vita responsabile al passo con i tempi. Sono utilizzati solo ingredienti di alta qualità e davvero indispensabili.

Parte di

Migros Bio Pain carré chiaro, 265 g Fr. 1.80

Alnatura Succo di limone 200 ml Fr. 1.70

Migros Bio Gamberi precotti, per 100 g Fr. 5.50

Migros Bio Avocado al pezzo al prezzo del giorno

Alnatura Mais 230 g Fr. 1.40

Migros Bio Senape in grani, 200 g* Fr. 2.30 *Nelle maggiori filiali

Migros Bio Fairtrade Max Havelaar Pepe nero in grani, 100 g* Fr. 3.40 *Nelle maggiori filiali

Alnatura Coco Drink nature, 330 ml Fr. 2.30


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Idee e acquisti per la settimana

Idee e acquisti per la settimana

La ricetta preferita da Catherine

La ricetta preferita da Ute

Club sandwich vegetariano

Club sandwich con prosciutto affumicato e parmigiano

Spuntino per 4 persone

Spuntino per 4 persone

Catherine Hartmann (46 anni) di Thun si nutre in modo consapevole e rinuncia spesso alla carne. «Per cambiare mi piace farcirlo con paté di melanzane».

Alnatura Ceci 220 g Fr. 1.80

Ingredienti 2 uova 12 fette di pane per toast, ad es. Pain carré scuro 215 g di ceci in vasetto 3 cucchiai d’olio d’oliva 2 cucchiai di succo di limone 2 cucchiai d’acqua sale alle erbe pepe ¼ di cetriolo 50 g d’insalata iceberg crescione per guarnire Preparazione Lessate le uova per 6-7 minuti e lasciatele raffreddare. Tostate le fette di pane. Scolate i ceci e frullateli con l’olio, il succo di limone e l’acqua. Condite

con sale alle erbe e pepe. Tagliate il cetriolo a fettine sottili. Spalmate la pasta di ceci su 8 fette di pane per toast. Farcite con l’insalata iceberg e il cetriolo. Accomodate due fette farcite una sopra l’altra e coprite con un’altra fetta di pane per toast. Premete un po’. Guarnite con il crescione. Sgusciate le uova, dimezzatele e accomodatele sul crescione. Condite con sale e pepe. Gustate con un ice tea Alnatura al lemongrass.

Ute Schiegg (61 anni) di Morcote ogni tanto fa un club sandwich ai suoi ospiti. «Lo posso preparare prima e una foglia d’insalata fresca gli dà un tocco delicato».

Tempo di preparazione ca. 25 minuti

Ingredienti 8 fette di pane per toast, ad es. Pain carré scuro 6 cucchiai di maionese 6 olive al limone 8 fette di prosciutto cotto affumicato 50 g di parmigiano 20 g di rucola pepe Preparazione Tostate le fette di pane e spalmatele di maionese. Tritate grossolanamente le olive e distribuitele sulla maionese. Distribuite il prosciutto sulla metà delle

fette di pane. Con una mandolina, tagliate il parmigiano a scaglie e distribuitelo con la rucola sul prosciutto. Condite con il pepe. Coprite con il resto delle fette di pane. Accompagnate con chips di mais Alnatura al naturale. Tempo di preparazione ca. 15 minuti Per persona ca. 16 g di proteine, 26 g di grassi, 20 g di carboidrati, 1600 kJ/380 kcal

Per persona ca. 15 g di proteine, 16 g di grassi, 42 g di carboidrati, 1600 kJ/390 kcal

Migros Bio Pain carré scuro, 280 g Fr. 1.90

Migros Bio Cetrioli al pezzo al prezzo del giorno

Migros Bio Uova svizzere 6 uova, 53+ g Fr. 6.90

Alnatura Mais Chips 125 g Fr. 1.70

Migros Bio Prosciutto cotto affumicato Svizzera, per 100 g Fr. 5.40

Migros Bio Parmigiano Reggiano al kg* Fr. 33.–

Alnatura Olio d’oliva extra native 500 ml Fr. 5.90


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Idee e acquisti per la settimana

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La ricetta preferita da Catherine

La ricetta preferita da Ute

Club sandwich vegetariano

Club sandwich con prosciutto affumicato e parmigiano

Spuntino per 4 persone

Spuntino per 4 persone

Catherine Hartmann (46 anni) di Thun si nutre in modo consapevole e rinuncia spesso alla carne. «Per cambiare mi piace farcirlo con paté di melanzane».

Alnatura Ceci 220 g Fr. 1.80

Ingredienti 2 uova 12 fette di pane per toast, ad es. Pain carré scuro 215 g di ceci in vasetto 3 cucchiai d’olio d’oliva 2 cucchiai di succo di limone 2 cucchiai d’acqua sale alle erbe pepe ¼ di cetriolo 50 g d’insalata iceberg crescione per guarnire Preparazione Lessate le uova per 6-7 minuti e lasciatele raffreddare. Tostate le fette di pane. Scolate i ceci e frullateli con l’olio, il succo di limone e l’acqua. Condite

con sale alle erbe e pepe. Tagliate il cetriolo a fettine sottili. Spalmate la pasta di ceci su 8 fette di pane per toast. Farcite con l’insalata iceberg e il cetriolo. Accomodate due fette farcite una sopra l’altra e coprite con un’altra fetta di pane per toast. Premete un po’. Guarnite con il crescione. Sgusciate le uova, dimezzatele e accomodatele sul crescione. Condite con sale e pepe. Gustate con un ice tea Alnatura al lemongrass.

Ute Schiegg (61 anni) di Morcote ogni tanto fa un club sandwich ai suoi ospiti. «Lo posso preparare prima e una foglia d’insalata fresca gli dà un tocco delicato».

Tempo di preparazione ca. 25 minuti

Ingredienti 8 fette di pane per toast, ad es. Pain carré scuro 6 cucchiai di maionese 6 olive al limone 8 fette di prosciutto cotto affumicato 50 g di parmigiano 20 g di rucola pepe Preparazione Tostate le fette di pane e spalmatele di maionese. Tritate grossolanamente le olive e distribuitele sulla maionese. Distribuite il prosciutto sulla metà delle

fette di pane. Con una mandolina, tagliate il parmigiano a scaglie e distribuitelo con la rucola sul prosciutto. Condite con il pepe. Coprite con il resto delle fette di pane. Accompagnate con chips di mais Alnatura al naturale. Tempo di preparazione ca. 15 minuti Per persona ca. 16 g di proteine, 26 g di grassi, 20 g di carboidrati, 1600 kJ/380 kcal

Per persona ca. 15 g di proteine, 16 g di grassi, 42 g di carboidrati, 1600 kJ/390 kcal

Migros Bio Pain carré scuro, 280 g Fr. 1.90

Migros Bio Cetrioli al pezzo al prezzo del giorno

Migros Bio Uova svizzere 6 uova, 53+ g Fr. 6.90

Alnatura Mais Chips 125 g Fr. 1.70

Migros Bio Prosciutto cotto affumicato Svizzera, per 100 g Fr. 5.40

Migros Bio Parmigiano Reggiano al kg* Fr. 33.–

Alnatura Olio d’oliva extra native 500 ml Fr. 5.90


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Idee e acquisti per la settimana

Idee e acquisti per la settimana Conoscenze

Cosa sono i…

Vegetariano e vegano

Molteplicità senza carne

… Vegetariani? I vegetariano non mangiano carne, ma alimenti con latte, uova e miele. … Vegani? I vegani non mangiano nessun alimento di origine animale. Si nutrono esclusivamente di prodotti di origine vegetale. … Fruttariani? I fruttariani vivono una forma particolare del veganesimo. Consumano solamente pere, noci, semi o frutta derivanti da piante che non muoiono durante il raccolto. … Pescetariani? I pescetariani mangiano pesce e derivati animali quali miele, uova o latte. Rinunciano alla carne. … Flexitariani? I flexitariani prestano attenzione alla qualità bio degli alimenti e riducono il consumo di carne e pesce, senza tuttavia rinunciarvi completamente.

Tutto certificato Alla Migros gli adepti dell’alimentazione vegetariana o vegana possono scegliere tra oltre oltre 440 prodotti.

Il marchio europeo V-Label contrassegna quei prodotti indicati per un’alimentazione vegetariana o vegana.

Parte di

Quando ci siede ad una tavolata, ci si serve secondo i propri gusti visto che non esiste una sequenza di menu. Le portate vanno solo adeguate alle preferenze di ogni commensale, anche di coloro che prediligono le varianti senza carne. Migros propone sia ai vegetariani che ai vegani una selezione di oltre 440 prodotti certificati. A margine del proprio programma di sostenibilità Generazione M ha promesso di ampliare questo assortimento del 30 percento entro la fine del 2017.

Cornatur Falafel vegano, 180 g* Fr. 4.90

Anna’s Best Vegi Hummus Curry vegano, 175 g* Fr. 3.60

Cornatur Sofficini agli spinaci vegano, 200 g* Fr. 4.90

Cornatur Quorn sminuzzato vegetariano, 230 g Fr. 5.50

J. Bank’s Mini Involtini primavera con verdure vegano, surgelato, 310 g Fr. 6.20

Bio a Tavola French vegetariano, 450 ml Azione Fr. 2.80 invece di 3.50 dal 4 al 10 ottobre

M-Classic Gnocchi di patate vegano, 550 g Fr. 2.90

Bon Chef Salsa Bolognese con soia vegano, 63 g* Fr. 1.80

*Nelle maggiori filiali


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Idee e acquisti per la settimana

Idee e acquisti per la settimana Conoscenze

Cosa sono i…

Vegetariano e vegano

Molteplicità senza carne

… Vegetariani? I vegetariano non mangiano carne, ma alimenti con latte, uova e miele. … Vegani? I vegani non mangiano nessun alimento di origine animale. Si nutrono esclusivamente di prodotti di origine vegetale. … Fruttariani? I fruttariani vivono una forma particolare del veganesimo. Consumano solamente pere, noci, semi o frutta derivanti da piante che non muoiono durante il raccolto. … Pescetariani? I pescetariani mangiano pesce e derivati animali quali miele, uova o latte. Rinunciano alla carne. … Flexitariani? I flexitariani prestano attenzione alla qualità bio degli alimenti e riducono il consumo di carne e pesce, senza tuttavia rinunciarvi completamente.

Tutto certificato Alla Migros gli adepti dell’alimentazione vegetariana o vegana possono scegliere tra oltre oltre 440 prodotti.

Il marchio europeo V-Label contrassegna quei prodotti indicati per un’alimentazione vegetariana o vegana.

Parte di

Quando ci siede ad una tavolata, ci si serve secondo i propri gusti visto che non esiste una sequenza di menu. Le portate vanno solo adeguate alle preferenze di ogni commensale, anche di coloro che prediligono le varianti senza carne. Migros propone sia ai vegetariani che ai vegani una selezione di oltre 440 prodotti certificati. A margine del proprio programma di sostenibilità Generazione M ha promesso di ampliare questo assortimento del 30 percento entro la fine del 2017.

Cornatur Falafel vegano, 180 g* Fr. 4.90

Anna’s Best Vegi Hummus Curry vegano, 175 g* Fr. 3.60

Cornatur Sofficini agli spinaci vegano, 200 g* Fr. 4.90

Cornatur Quorn sminuzzato vegetariano, 230 g Fr. 5.50

J. Bank’s Mini Involtini primavera con verdure vegano, surgelato, 310 g Fr. 6.20

Bio a Tavola French vegetariano, 450 ml Azione Fr. 2.80 invece di 3.50 dal 4 al 10 ottobre

M-Classic Gnocchi di patate vegano, 550 g Fr. 2.90

Bon Chef Salsa Bolognese con soia vegano, 63 g* Fr. 1.80

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Idee e acquisti per la settimana

shopping Tutti i sapori della selvaggina

Attualità Voglia di carne di cervo, capriolo o cinghiale? Quali siano i vostri gusti, presso le macellerie Migros

trovate un’ampia selezione di selvaggina fresca o già pronta. I consigli di Patrick Dodi, responsabile assortimento carne e salumeria per Migros Ticino

La sella di capriolo e i suoi tradizionali contorni: un piatto autunnale sempre molto apprezzato. (Flavia Leuenberger)

Patrick Dodi, siamo nel pieno della stagione della selvaggina. Quali sono le peculiarità di questo tipo di carne?

La carne di selvaggina si contraddistingue per il suo sapore più pronunciato rispetto ad altri tipi di carne più comuni. Inoltre si tratta sostanzialmente di carni con basso contenuto di grasso. Cosa offre Migros Ticino in questo settore?

Offriamo tagli pregiati di breve cottura (entrecôte, filetti, fettine) di cervo e capriolo, ma anche carni che necessitano di una cottura più lunga come lo spezzatino e l’arrosto di cervo, i salmì (crudi o cotti) di cervo, capriolo e cinghiale. Una particolarità degna di nota nell’ambito della carne fresca è senz’altro la sella di capriolo venduta ai nostri banchi macelleria. Nell’assortimento

del reparto salumeria abbiamo vari salametti di cervo, cinghiale e capriolo, nonché diversi paté e terrine di selvaggina con funghi, castagne e tanto altro. Al banco salumeria delle maggiori filiali possiamo anche trovare della carne secca di alce e di capriolo: una vera leccornia! Quali sono solitamente i tagli più richiesti?

Il nostri salmì cotti vanno per la maggiore, oltre ad essere buoni sono pratici poiché bisogna solo scaldarli ed in un attimo il pranzo o la cena sono pronti! Seguono i tagli nobili come entrecôte di cervo e fettine di capriolo: la loro tenerezza ed il sapore delicato è molto apprezzato dalla clientela. Qualche trucco o consiglio per un ottimo piatto di carne di selvaggina?

Innanzitutto non bisogna esagerare con i condimenti: sarebbe un peccato coprire il sapore delle varie tipologie di carne con aromi forti. Le carni a cottura veloce andrebbero quasi solo scottate per non perdere i succhi preziosi che mantengono la carne saporita e tenera. Le carni a lunga cottura vanno seguite con cura: se non si ha una ricetta si possono seguire i consigli dei nostri macellai che aiuteranno sempre ben volentieri. Giocando con gli abbinamenti quali spätzli, castagne glassate, pere cotte, cavolo rosso e così via, il piatto diventerà un’opera d’arte visiva e gustativa! Lei personalmente cosa preferisce?

Adoro la carne di cervo in generale, dal salmì all’entrecôte, ma non disdegno nemmeno un buon carpaccio, che si può pure trovare preparato con cura nei nostri negozi.

Sella di capriolo classica 1 sella da ca. 2 kg per 4-6 persone Preparazione Togliere accuratamente la membrana fibrosa dai controfiletti. Separarli dall’osso centrale. Condire con sale, pepe, timo e rosmarino (anche all’interno). Legare con uno spago in più punti. Rosolare la carne nell’olio da ambo i lati e infornarla nel forno preriscaldato a 200-220 gradi per 10-12 minuti. Sciogliere 50 grammi di burro in una padella, aggiungere del timo, del rosmarino e qualche bacca di ginepro schiacciata. Togliere la sella dal forno, eliminare lo spago e irrorarla con il burro alle erbette. Rimettere la carne nel forno spento

e con la porta semiaperta per ca. 10 minuti. Estrarre la sella dal forno e separare completamente la carne dall’osso. Tagliarla quindi a fettine e disporle su piatti preriscaldati. Per quanto attiene ai contorni le possibilità sono molteplici: spätzli, crocchette di polenta, gratin di patate e mele, purea di patate e zucca, tagliatelle… Inoltre si usa servire anche cavolo rosso in umido, castagne caramellate e mezze mele o pere sbollentate riempite di marmellata di mirtilli rossi. Per la salsa, va bene una salsa ai funghi, il fondo di cottura affinato, oppure semplicemente un filo di burro fuso.


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Idee e acquisti per la settimana

Rassegna Autunnale dei prodotti ticinesi al Serfontana

Evento Dal 5 all’8 ottobre tante specialità locali da degustare e acquistare presso la Mall del Centro Shopping Serfontana

GRANDE CONCORSO VINCI 3000.– FRANCHI Nome Cognome Via/n° NPA/località Telefono

In palio fantastiche «carte regalo» Migros e COOP del valore complessivo di CHF 3000.–. 1° e 2° Premio CHF 1000.– ognuno, 3° e 4° Premio CHF 300.– ognuno, 5° e 6° Premio CHF 200.– ognuno. Imbuca questo tagliando nelle apposite urne presso la «Rassegna autunnale» al Serfontana di Morbio Inferiore entro l’8.10.2016. Condizioni di partecipazione: nessun obbligo d’acquisto, la partecipazione è riservata a maggiorenni, sono esclusi ricorsi a vie legali, non è prevista alcuna corrispondenza. I vincitori saranno avvisati per iscritto entro il 22.10.2016.

Buona fortuna!

Come consuetudine, anche quest’anno Migros Ticino sarà presente alla tradizionale Rassegna Autunnale dedicata alle specialità agroalimentari del nostro territorio. Presso lo stand di Migros Ticino saranno presentati tutti i prodotti dei «Nostrani del Ticino» attualmente disponibili. Sono oltre 300 i prodotti che sull’arco dell’anno vengono venduti contrassegnati con la nota coccarda. La stagionalità permetterà di assaporare i profumi dei formaggi d’alpe da poche settimane arrivati nei supermercati Migros. Ogni giorno, una selezione di prodotti sarà proposta in degustazione per apprezzarne i sapori e conoscerne i saperi. Storie di agricoltori e imprenditori della nostra regione che li producono nel segno della tradizione e dell’innovazione. Per l’occasione, potrà essere richiesto in anteprima il calendario dei Nostrani 2017. Oltre alle degustazioni, durante la rassegna sono pure previsti simpatici momenti ricreativi per grandi e piccoli grazie alla presenza di ospiti quali gli organizzatori della nota «Rassegna Gastronomica del Mendrisiotto e Basso Ceresio», il gruppo folcloristico «Tri per Dü» che si esibirà in occasione degli aperitivi offerti il giovedì sera e il sabato. I bambini potranno partecipare nei pomeriggi a laboratori creativi in cui realizzare simpatici lavoretti a tema autunnale. Partecipare al concorso ritagliando il tagliando a lato e imbucandolo dopo averlo compilato nelle due apposite urne presenti per tutta la

Correte alla Migros a scoprire la specialità di ottobre dei reparti pane: il pane della vendemmia. Il nome non poteva essere più azzeccato, visto che il prodotto giunge sugli scaffali proprio in concomitanza con la fine della raccolta dell’uva nel nostro Cantone. Il pane della vendemmia è un pane ricco di cereali e semi: oltre alla farina di frumento, tra i suoi ingredienti figurano anche segale, grano saraceno e semi di lino, girasole e sesamo. Saprà conquistare il palato di coloro che amano gli aromi rustici e sostanziosi; che cercano qualcosa di speciale da abbinare ai tradizionali sapori autunnali come quelli della selvaggina, dei formaggi d’alpe o delle fumanti zuppe di verdure. Ottimo anche a colazione con della marmellata fatta in casa. I cereali utilizzati per questa specialità sono certificati con il marchio TerraSuisse, ciò significa che provengono da un’agricoltura svizzera rispettosa della natura. Essi sono coltivati senza insetticidi, regolatori della crescita né fungicidi. Inoltre si presta particolare attenzione anche alla biodiversità, creando spazi vitali per animali selvatici e piante rare all’interno delle coltivazioni.

del Ticino» saranno presenti anche alla fiera «Sapori e Saperi» in programma dal 21 al 23 ottobre al Mercato Coperto di Giubiasco.

Vinci una Twin! Flavia Leuenberger

Pane del mese: il pane della vendemmia

durata di questa Rassegna, potrà rappresentare un buon motivo per non mancare una visita a questa manifestazione. Vi anticipiamo che i «Nostrani

Pane della vendemmia TerraSuisse 500 g Fr. 3.20

Lanciata sul mercato lo scorso mese di febbraio, l’innovativa macchina per caffè Twin by Delizio ha registrato in poco tempo un ottimo successo presso la clientela Migros. Grazie al vano capsule doppio, con essa si possono gustare sia le capsule Twin, sia quelle Delizio. Inoltre è possibile preparare in un baleno un irresistibile Latte Macchiato, semplicemente inserendo nello scomparto al contempo una capsula di Delizio Macchiato e una di Twin Latte. Proprio come il sistema Delizio, anche quello Twin dispone di una vasta scelta di capsule per ogni gusto e necessità: dal Lungo all’Espresso, dall’Espresso

Forte al Cappuccino, passando per il Latte Macchiato fino agli irresistibili Chai Tea Latte, Chocolate e Milk. Infine, il tempo di riscaldamento dell’apparecchio è di soli 15 secondi: un vero portento. Grande concorso: da vincere 5 macchine per caffè Twin by Delizio

I primi cinque lettori che, mercoledì 5 ottobre 2016 a partire dalle ore 10.30 telefoneranno al numero 091 840 12 61, si aggiudicheranno una delle cinque magnifiche macchine per caffè Twin by Delizio in palio, del valore di Fr. 69.– ciascuna. Buona fortuna!


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Idee e acquisti per la settimana

Sanactiv

Buona guarigione! Quando la gola brucia e la voce gracchia, allora i preparati Sanactiv alleviano i dolori e vi rimettono in sesto

Dr. med. Brigitte Zirbs Savigny è medico di famiglia a Perly (GE) e membro del consiglio direttivo dell’Associazione svizzera dei medici pediatrici e di famiglia.

Brigitte Zirbs Savigny

«Ridere ed essere felici rafforza il sistema immunitario»

Lo sciroppo contro la tosse Con muschio islandese ed estratto di malva calma e protegge le mucose della bocca, della gola e della faringe. Le sostanze vegetali alleviano la raucedine, la tosse e la gola secca.

Dott.ssa Zirbs Savigny, quali sono i sintomi classici del raffreddore? Di solito si viene contagiati dai virus del raffreddore respirando. I primi punti di contatto sono il naso e la mucosa della faringe. Si sviluppa un’infiammazione, il naso s’intasa, la faringe si arrossa provocando dolore. Anche una lieve febbre, tosse e mal d’orecchi sono possibili sintomi.

Sanactiv Sciroppo contro la tosse 200 ml Fr. 8.50

Le pastiglie per la gola Contribuiscono alla cura del mal di gola e delle infiammazioni della bocca e della faringe.

Le pastiglie per la tosse al muschio islandese Calmano la tosse e la raucedine. Inoltre proteggono la mucosa della gola e della faringe.

Sanactiv Pastiglie per la gola da succhiare 36 pezzi Fr. 5.90

Sanactiv Pastiglie per la tosse al muschio islandese 40 pezzi Fr. 5.90

Lo spray per la gola e la faringe Umidifica e scioglie il muco. Il preparato a base di menta e salvia contribuisce a curare il mal di gola e la raucedine. Sanactiv Spray per la gola e la trachea 30 ml Fr. 7.90

Come ci si protegge dal raffreddore? Lavandosi spesso le mani, stando a debita distanza dagli ammalati e rafforzando il sistema immunitario con una dieta sana, molti liquidi e un regolare movimento all’aperto. Bisogna inoltre dormire a sufficienza ed evitare lo stress. Oggi sappiamo che il nostro stato d’animo influenza il sistema immunitario. Per cui: ridete spesso e siate contenti. Qual è la differenza tra un raffreddore e un’influenza? Un’influenza è costituita da diversi sintomi: febbre alta, forti dolori ai muscoli e alle articolazioni, tosse e affaticamento. L’influenza si sviluppa tramite il contatto con una specifica famiglia di virus.


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Idee e acquisti per la settimana

Lo sapevate?

aha!

Così si vive meglio

La scelta di prodotti con il marchio aha! è ampia e l’assortimento è costantemente ampliato. Chi vuole o deve nutrirsi evitando sostanze quali glutine, lattosio o latte, alla Migros trova tutto quello che gli occorre

Migros offre circa 140 articoli indicati per soddisfare i bisogni nutritivi di coloro che soffrono di allergie o intolleranze. Dal 4 al 10 ottobre 2016 potrete approfittare di punti moltiplicati per 20 sull’assortimento aha!.

aha! Blévita mini Pretzel senza lattosio 130 g* Fr. 2.90

aha! Sojaline Mousse senza lattosio, senza latte 180 g* Fr. 3.90

Grazie alla vasta scelta di prodotti aha! ci si può alimentare in modo gustoso anche in caso di intolleranze. Che si tratti di bratwurst senza latte o di condimenti senza frumento: Migros amplia costantemente l’assortimento per allergici. In tutti i prodotti aha! trovate le indicazioni a colori relative agli allergeni sul retro delle confezioni.

aha! Bio Sojaline Soyog Mango senza lattosio, senza latte 150 g* Fr. –.80

aha! Blévita Biscuit Müesli senza lattosio 38 g Fr. 1.30

aha! Panino di Sils surgelato, senza lattosio, senza glutine, senza frumento 65 g* Fr. 1.60

aha! Blévita Biscuit Choco senza lattosio 38 g* Fr. 1.30

aha! Cioccolato al latte con mandorle senza lattosio 100 g* Fr. 2.30

aha! Condimento senza lattosio, senza latte, senza glutine, senza frumento 90 g* Fr. 2.80

aha! Bratwurst di vitello senza lattosio, senza latte 280 g* Fr. 5.60 *Nelle maggiori filiali

aha! Farmer Crunchy Natural senza lattosio, senza latte 204 g Fr. 4.40

Il marchio aha! contraddistingue quei prodotti indicati anche per chi soffre di allergie o intolleranze.

Parte di


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Idee e acquisti per la settimana

Lo sapevate?

aha!

Così si vive meglio

La scelta di prodotti con il marchio aha! è ampia e l’assortimento è costantemente ampliato. Chi vuole o deve nutrirsi evitando sostanze quali glutine, lattosio o latte, alla Migros trova tutto quello che gli occorre

Migros offre circa 140 articoli indicati per soddisfare i bisogni nutritivi di coloro che soffrono di allergie o intolleranze. Dal 4 al 10 ottobre 2016 potrete approfittare di punti moltiplicati per 20 sull’assortimento aha!.

aha! Blévita mini Pretzel senza lattosio 130 g* Fr. 2.90

aha! Sojaline Mousse senza lattosio, senza latte 180 g* Fr. 3.90

Grazie alla vasta scelta di prodotti aha! ci si può alimentare in modo gustoso anche in caso di intolleranze. Che si tratti di bratwurst senza latte o di condimenti senza frumento: Migros amplia costantemente l’assortimento per allergici. In tutti i prodotti aha! trovate le indicazioni a colori relative agli allergeni sul retro delle confezioni.

aha! Bio Sojaline Soyog Mango senza lattosio, senza latte 150 g* Fr. –.80

aha! Blévita Biscuit Müesli senza lattosio 38 g Fr. 1.30

aha! Panino di Sils surgelato, senza lattosio, senza glutine, senza frumento 65 g* Fr. 1.60

aha! Blévita Biscuit Choco senza lattosio 38 g* Fr. 1.30

aha! Cioccolato al latte con mandorle senza lattosio 100 g* Fr. 2.30

aha! Condimento senza lattosio, senza latte, senza glutine, senza frumento 90 g* Fr. 2.80

aha! Bratwurst di vitello senza lattosio, senza latte 280 g* Fr. 5.60 *Nelle maggiori filiali

aha! Farmer Crunchy Natural senza lattosio, senza latte 204 g Fr. 4.40

Il marchio aha! contraddistingue quei prodotti indicati anche per chi soffre di allergie o intolleranze.

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Blévita

Golosità da portare con sé Sono ricchi di fibre e utilissime nei momenti in cui si sente il bisogno di sgranocchiare qualcosa quando si è in giro – ecco tre nuove variazioni di biscotti Blévita. Inoltre in men che non si dica sorprendono sotto forma di sandwich al gelato o come dessert Testo Anna Bürgin; Foto Claudia Linsi

Helen Peter è tecnologo alimentare presso la Midor SA.

Helen Peter

«I prodotti senza lattosio sono molto richiesti»

Azione 20X Punti cumulus

Helen Peter, l’assortimento Blévita è stato ampliato. Come vengono sviluppati nuovi prodotti? Osserviamo attentamente il mercato. Nel caso dei prodotti Blévita è determinante quello che succede nell’ambito del «Superfood» (prodotti particolarmente benefici per la salute). Altre ispirazioni le troviamo durante le fiere di settore come pure presso i fornitori delle materie prime. In ultima analisi sviluppiamo le idee in collaborazione con il marketing.

per i prodotti Blévita illustrati fino al 10.10

Cosa significa, tecnicamente, proporre un nuovo prodotto? Se un prodotto viene proposto in un nuovo formato, come nel caso nei biscotti Blévita, vuol dire uno sforzo maggiore nel processo di sviluppo. In questo caso è necessaria una stretta collaborazione tra tecnici e sviluppatori dell’imballaggio. Se abbiamo bisogno di nuovi investimenti o nuove apparecchiature, dobbiamo tenere presente anche i tempi relativi alle condizioni di consegna, come pure quelli che concernono i test sugli articoli. Tutti i parametri relativi ai prodotti e agli investimenti devono essere analizzati di nuovo, poiché non si tratta di una derrata simile agli altri.

aha! Blévita Biscuit Müesli Mini 38 g* Fr. 1.30

Quali sono le aspettative su un prodotto alimentare rispetto a prima? Oggi la parola d’ordine è «Piacere senza rimpianti», ovvero: i prodotti dovrebbe essere gustosi, ma possibilmente anche equilibrati. Con Blévita cerchiamo di soddisfare i criteri espressi da questo concetto. Utilizziamo ingredienti naturali di prima qualità e riduciamo il contenuto di zucchero e sale. Inoltre vengono maggiormente usati grassi insaturi. Entrambi in nuovi Blévita contengono quindi olio di girasole anziché margarina.

Dessert

Crema di pere con croccante di Blévita Dessert per 4 persone Dosi per ca. 5,5 dl di crema Ingredienti 4 pere 1 cucchiaio di burro 4 cucchiai di zucchero greggio integrale 1 dl di succo di mele 9 mini biscotti, ad es. Blévita Müesli (ca. 38 g) 4 cucchiai di mandorle a fiammifero 1,25 dl di panna

Dessert

Mini biscotti gelato Mini dessert per 3 persone Dosi per 9 pezzi

Ingredienti 125 g di bacche surgelate, ad es. lamponi 40 g di zucchero a velo 18 mini biscotti, ad es. Blévita Choco / Müesli (2 confezioni da 38 g) Preparazione Mescolate le bacche con lo zucchero a velo e lasciatele scongelare per breve tempo (non completamente). Frullatele con un frullatore a immersione, fino a ottenere una massa cremosa. Distribuite la massa sulla metà dei mini biscotti, spalmando ca. 1 cucchiaino di crema su ogni biscotto. Accomodate un secondo

biscotto sulla crema e premete un po’. Se necessario, livellate la crema sui bordi con un cucchiaio. Lavorate velocemente o mettete sempre la crema di lamponi in congelatore per evitare che diventi troppo molle. Accomodate i biscotti gelato su un piatto e teneteli in congelatore fino al momento di servirli. Guarnite con della menta.

aha! Blévita Biscuit Choco Mini 38 g* Fr. 1.30

Tempo di preparazione ca. 20 minuti Un pezzo ca. 1 g di proteine, 2 g di grassi, 10 g di carboidrati, 250 kJ/60 kcal

Blévita Biscuit Choco & Lait Sandwich 5 x 39 g* Fr. 4.80 *Nelle maggiori filiali

Preparazione 1. Mettete da parte una pera. Dimezzate il resto, eliminate il torsolo e tagliatele a spicchi. Scaldate il burro in una pentola antiaderente e rosolatevi le pere a fuoco medio per ca. 3 minuti. Spargete sulle pere la metà dello zucchero e fatelo caramellare leggermente. Versate il succo di mele sulle pere e lasciatele sobbollire per ca. 10 minuti, finché si ammorbidiscono. Frullate e lasciate raffreddare. 2. Sbriciolate grossolanamente i biscotti. Tostate le mandorle in una pentola antiaderente senza aggiungere

grassi, finché si dorano. Spargete sulle mandorle lo zucchero rimasto e fatelo caramellare. Unite i biscotti sbriciolati e mescolate bene. Versate la massa su una teglia foderata con carta da forno e lasciatela raffreddare. Spezzettate con un matterello.

Come condiziona lo sviluppo dei prodotti la crescente intollerabilità alimentari dei consumatori? Gli alimenti senza lattosio sono molto richiesti, di conseguenza offriamo già alcuni biscotti Blévita senza zucchero del latte. Inoltre tutti i Blévita sono senza conservanti e coloranti.

3. Montate la panna ben ferma e incorporatela alla purea di pere. Al momento di servire, tagliate la pera messa da parte a dadini e distribuiteli sulla crema con il croccante.

*Alimenti ricchi di sostanze nutritive, particolarmente utili per la salute.

Suggerimento Per fare più velocemente, potete sbriciolare i biscotti direttamente sulla crema. Tempo di preparazione ca. 30 minuti + raffreddamento Per persona ca. 5 g di proteine, 21 g di grassi, 42 g di carboidrati, 1600 kJ/380 kcal M-Industria crea numerosi prodotti Migros, tra cui anche i Blévita.


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Blévita

Golosità da portare con sé Sono ricchi di fibre e utilissime nei momenti in cui si sente il bisogno di sgranocchiare qualcosa quando si è in giro – ecco tre nuove variazioni di biscotti Blévita. Inoltre in men che non si dica sorprendono sotto forma di sandwich al gelato o come dessert Testo Anna Bürgin; Foto Claudia Linsi

Helen Peter è tecnologo alimentare presso la Midor SA.

Helen Peter

«I prodotti senza lattosio sono molto richiesti»

Azione 20X Punti cumulus

Helen Peter, l’assortimento Blévita è stato ampliato. Come vengono sviluppati nuovi prodotti? Osserviamo attentamente il mercato. Nel caso dei prodotti Blévita è determinante quello che succede nell’ambito del «Superfood» (prodotti particolarmente benefici per la salute). Altre ispirazioni le troviamo durante le fiere di settore come pure presso i fornitori delle materie prime. In ultima analisi sviluppiamo le idee in collaborazione con il marketing.

per i prodotti Blévita illustrati fino al 10.10

Cosa significa, tecnicamente, proporre un nuovo prodotto? Se un prodotto viene proposto in un nuovo formato, come nel caso nei biscotti Blévita, vuol dire uno sforzo maggiore nel processo di sviluppo. In questo caso è necessaria una stretta collaborazione tra tecnici e sviluppatori dell’imballaggio. Se abbiamo bisogno di nuovi investimenti o nuove apparecchiature, dobbiamo tenere presente anche i tempi relativi alle condizioni di consegna, come pure quelli che concernono i test sugli articoli. Tutti i parametri relativi ai prodotti e agli investimenti devono essere analizzati di nuovo, poiché non si tratta di una derrata simile agli altri.

aha! Blévita Biscuit Müesli Mini 38 g* Fr. 1.30

Quali sono le aspettative su un prodotto alimentare rispetto a prima? Oggi la parola d’ordine è «Piacere senza rimpianti», ovvero: i prodotti dovrebbe essere gustosi, ma possibilmente anche equilibrati. Con Blévita cerchiamo di soddisfare i criteri espressi da questo concetto. Utilizziamo ingredienti naturali di prima qualità e riduciamo il contenuto di zucchero e sale. Inoltre vengono maggiormente usati grassi insaturi. Entrambi in nuovi Blévita contengono quindi olio di girasole anziché margarina.

Dessert

Crema di pere con croccante di Blévita Dessert per 4 persone Dosi per ca. 5,5 dl di crema Ingredienti 4 pere 1 cucchiaio di burro 4 cucchiai di zucchero greggio integrale 1 dl di succo di mele 9 mini biscotti, ad es. Blévita Müesli (ca. 38 g) 4 cucchiai di mandorle a fiammifero 1,25 dl di panna

Dessert

Mini biscotti gelato Mini dessert per 3 persone Dosi per 9 pezzi

Ingredienti 125 g di bacche surgelate, ad es. lamponi 40 g di zucchero a velo 18 mini biscotti, ad es. Blévita Choco / Müesli (2 confezioni da 38 g) Preparazione Mescolate le bacche con lo zucchero a velo e lasciatele scongelare per breve tempo (non completamente). Frullatele con un frullatore a immersione, fino a ottenere una massa cremosa. Distribuite la massa sulla metà dei mini biscotti, spalmando ca. 1 cucchiaino di crema su ogni biscotto. Accomodate un secondo

biscotto sulla crema e premete un po’. Se necessario, livellate la crema sui bordi con un cucchiaio. Lavorate velocemente o mettete sempre la crema di lamponi in congelatore per evitare che diventi troppo molle. Accomodate i biscotti gelato su un piatto e teneteli in congelatore fino al momento di servirli. Guarnite con della menta.

aha! Blévita Biscuit Choco Mini 38 g* Fr. 1.30

Tempo di preparazione ca. 20 minuti Un pezzo ca. 1 g di proteine, 2 g di grassi, 10 g di carboidrati, 250 kJ/60 kcal

Blévita Biscuit Choco & Lait Sandwich 5 x 39 g* Fr. 4.80 *Nelle maggiori filiali

Preparazione 1. Mettete da parte una pera. Dimezzate il resto, eliminate il torsolo e tagliatele a spicchi. Scaldate il burro in una pentola antiaderente e rosolatevi le pere a fuoco medio per ca. 3 minuti. Spargete sulle pere la metà dello zucchero e fatelo caramellare leggermente. Versate il succo di mele sulle pere e lasciatele sobbollire per ca. 10 minuti, finché si ammorbidiscono. Frullate e lasciate raffreddare. 2. Sbriciolate grossolanamente i biscotti. Tostate le mandorle in una pentola antiaderente senza aggiungere

grassi, finché si dorano. Spargete sulle mandorle lo zucchero rimasto e fatelo caramellare. Unite i biscotti sbriciolati e mescolate bene. Versate la massa su una teglia foderata con carta da forno e lasciatela raffreddare. Spezzettate con un matterello.

Come condiziona lo sviluppo dei prodotti la crescente intollerabilità alimentari dei consumatori? Gli alimenti senza lattosio sono molto richiesti, di conseguenza offriamo già alcuni biscotti Blévita senza zucchero del latte. Inoltre tutti i Blévita sono senza conservanti e coloranti.

3. Montate la panna ben ferma e incorporatela alla purea di pere. Al momento di servire, tagliate la pera messa da parte a dadini e distribuiteli sulla crema con il croccante.

*Alimenti ricchi di sostanze nutritive, particolarmente utili per la salute.

Suggerimento Per fare più velocemente, potete sbriciolare i biscotti direttamente sulla crema. Tempo di preparazione ca. 30 minuti + raffreddamento Per persona ca. 5 g di proteine, 21 g di grassi, 42 g di carboidrati, 1600 kJ/380 kcal M-Industria crea numerosi prodotti Migros, tra cui anche i Blévita.


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Migros-Bio-Cotton

Biologico dalla A alla Z

Alla Migros sanno molto bene da dove viene il cotone utilizzato per la propria etichetta BioCotton. Dalla coltivazione nei campi ai laboratori di tintura e sartoria, tutte le fasi del processo di produzione avvengono all’insegna della trasparenza e della certificazione Bio Testo Jacqueline Vinzelberg; Illustrazioni 180_AU_QS_x07

Per la coltivazione, la Migros non fa affidamento esclusivamente sulle dichiarazioni di terzi, ma pretende un certificato di coltivazione. Ciò, tra l’altro, garantisce che non vengano utilizzati organismi geneticamente modificati o pesticidi. I parassiti sono combattuti con metodi naturali, ad esempio attirandoli verso piante antiparassitarie di cui possono nutrirsi.

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Migros-Bio-Cotton Pigiama per maschietti taglie 134/140 fino 170/176 Fr. 24.– Nelle maggiori filiali

L’intera catena di produzione e distribuzione dell’assortimento Bio-Cotton è trasparente e tracciabile fino all’arrivo nei negozi Migros. Ogni singolo capo arriva con un certificato di accompagnamento, che garantisce che per il prodotto è stato utilizzato esclusivamente cotone biologico durante l’intero il ciclo lavorazione.

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È analizzata anche tutta la merceria impiegata nella sartoria, come il filo da cucito, i bottoni o le cerniere. Un attestato merceologico e il sistema di analisi e certificazione mondiale e indipendente Oeko-Tex 100 oppure un esame di laboratorio garantiscono l’assenza di rischi e di sostanze nocive.

Come tutti i processi di fabbricazione, la filatura e la tessitura devono rispettare alcune prescrizioni tecniche che hanno una funzione di garanzia. I fabbricanti devono rispondere a domande precise e anche fornire la prova di rispettare gli standard di produzione biologica a tutti i livelli. Qui si tratta, in particolare, dell’uso e della valutazione di sostanze chimiche. Le aziende sono sottoposte costantemente alla certificazione BIO.

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Le aziende di tintoria e stampa dei tessuti devono fornire informazioni circa le sostanze chimiche utilizzate, nonché lasciare analizzare e approvare le formule che vogliono impiegare. In tal modo si garantisce che non sia usata alcuna sostanza o materia vietata nella produzione ecologica, come il cloro o il PVC.

Migros-Bio-Cotton Pigiama per bambine* taglie 98/104 - 122/128 Fr. 21.–

Migros-Bio-Cotton Maglietta per bambine* taglie 104-140 Fr. 15.–

Migros-Bio-Cotton Maglietta per maschietti* taglie 104-140 Fr. 15.–

*Nelle maggiori filiali

Il marchio «standard Eco» garantisce il rispetto di criteri ecologici in tutte le fasi della produzione tessile.

L’etichetta Bio-Cotton certifica il cotone proveniente da coltivazione biologica, rispettosa dell’uomo e dell’ambiente.

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Migros-Bio-Cotton

Biologico dalla A alla Z

Alla Migros sanno molto bene da dove viene il cotone utilizzato per la propria etichetta BioCotton. Dalla coltivazione nei campi ai laboratori di tintura e sartoria, tutte le fasi del processo di produzione avvengono all’insegna della trasparenza e della certificazione Bio Testo Jacqueline Vinzelberg; Illustrazioni 180_AU_QS_x07

Per la coltivazione, la Migros non fa affidamento esclusivamente sulle dichiarazioni di terzi, ma pretende un certificato di coltivazione. Ciò, tra l’altro, garantisce che non vengano utilizzati organismi geneticamente modificati o pesticidi. I parassiti sono combattuti con metodi naturali, ad esempio attirandoli verso piante antiparassitarie di cui possono nutrirsi.

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Migros-Bio-Cotton Pigiama per maschietti taglie 134/140 fino 170/176 Fr. 24.– Nelle maggiori filiali

L’intera catena di produzione e distribuzione dell’assortimento Bio-Cotton è trasparente e tracciabile fino all’arrivo nei negozi Migros. Ogni singolo capo arriva con un certificato di accompagnamento, che garantisce che per il prodotto è stato utilizzato esclusivamente cotone biologico durante l’intero il ciclo lavorazione.

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È analizzata anche tutta la merceria impiegata nella sartoria, come il filo da cucito, i bottoni o le cerniere. Un attestato merceologico e il sistema di analisi e certificazione mondiale e indipendente Oeko-Tex 100 oppure un esame di laboratorio garantiscono l’assenza di rischi e di sostanze nocive.

Come tutti i processi di fabbricazione, la filatura e la tessitura devono rispettare alcune prescrizioni tecniche che hanno una funzione di garanzia. I fabbricanti devono rispondere a domande precise e anche fornire la prova di rispettare gli standard di produzione biologica a tutti i livelli. Qui si tratta, in particolare, dell’uso e della valutazione di sostanze chimiche. Le aziende sono sottoposte costantemente alla certificazione BIO.

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Le aziende di tintoria e stampa dei tessuti devono fornire informazioni circa le sostanze chimiche utilizzate, nonché lasciare analizzare e approvare le formule che vogliono impiegare. In tal modo si garantisce che non sia usata alcuna sostanza o materia vietata nella produzione ecologica, come il cloro o il PVC.

Migros-Bio-Cotton Pigiama per bambine* taglie 98/104 - 122/128 Fr. 21.–

Migros-Bio-Cotton Maglietta per bambine* taglie 104-140 Fr. 15.–

Migros-Bio-Cotton Maglietta per maschietti* taglie 104-140 Fr. 15.–

*Nelle maggiori filiali

Il marchio «standard Eco» garantisce il rispetto di criteri ecologici in tutte le fasi della produzione tessile.

L’etichetta Bio-Cotton certifica il cotone proveniente da coltivazione biologica, rispettosa dell’uomo e dell’ambiente.

Parte di


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 3 ottobre 2016 • N. 40

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Idee e acquisti per la settimana

Daniela Suter

«La trasparenza genera fiducia»

Migros Bio Cotton Baby-Body Trio** taglie 50/56 - 98 Fr. 15.–

Migros Bio Cotton Baby Sweat Shirt** taglie 68-98 Fr. 19.–

Daniela Suter, responsabile del settore Sostenibilità Non-Food della Migros Migros Bio Cotton Baby-Overal Duo** taglie 50-74 Fr. 25.–

Signora Suter, quando si può dire che un cotone è davvero «Bio»?

Si può chiamare così esclusivamente il cotone di coltivazione biologica certificata in base alle norme UE – CE N. 834/2007 e CE N. 889/2008 – o agli standard internazionali equivalenti. E quali sono i pregi del cotone biologico?

Significa che tutti gli articoli sono prodotti nel rispetto dell’uomo e dell’ambiente. L’etichetta MigrosBio-Cotton contrassegna articoli d’abbigliamento, tessili per la casa e prodotti igienici che possiedono un chiaro valore aggiunto ecologico. Con il processo di monitoraggio Bio-Cotton ed Eco-Standard esiste una trasparenza totale riguardo ai preparati chimici impiegati e alla loro valutazione in rapporto ai requisiti Migros. La tracciabilità è possibile addirittura lungo l’intera catena di creazione di plus valore, a partire dalla coltivazione. Le certificazioni biologiche sono verificate con la massima attenzione durante il viaggio che va dal campo al prodotto finito. Da dove proviene il cotone per Migros-Bio-Cotton?

Il cotone per gli articoli tessili dell’etichetta cresce principalmente nell’India meridionale e in parte in Turchia.

I produttori, i distributori e i fornitori coinvolti nella processo sono imprese locali, che sono in grado di certificare ogni passaggio della merce. Per esempio, l’azienda locale che fabbrica il pigiama della sequenza illustrata su queste pagine ha un contratto diretto con la Migros. Lei e tutti i suoi fornitori sono certificati con il Global Organic Textile Standard (GOTS)*. Come si compone la struttura di distribuzione?

Noi lavoriamo con una cerchia di fornitori selezionati, che possono basarsi su catene di creazione di plus valore costantemente certificate e con cui intratteniamo rapporti da molti anni. A loro volta, essi ci apprezzano per essere un partner affidabile, sul quale si può sempre contare. Come fate ad essere certi che si tratti effettivamente di cotone lavorato in modo biologico dalla A alla Z?

Una certificazione aziendale come quella GOTS richiede la rigida separazione dei flussi di merci, così come una chiara etichettatura dei prodotti Bio-Cotton finiti e semilavorati. E c’è di più: prima della lavorazione del cotone biologico devono essere ripuliti perfino i macchinari. In questo modo si può escludere anche una contaminazione involontaria della qualità bio-

**Nelle maggiori filiali

logica con del cotone convenzionale. La certificazione Bio-Cotton verifica con altrettanta severità il flusso delle merci, prevenendo così un’eventuale «moltiplicazione miracolosa». Su quali principi si fonda l’offerta Migros di articoli Bio-Cotton?

Specie nel campo dei prodotti per neonati e bambini, l’assortimento è orientato sulla sostenibilità per noi e per chi ci sta a cuore. I desideri dei nostri clienti costituiscono la base delle nostre nuove collezioni. Naturalmente, teniamo conto anche delle ultime tendenze in fatto di forme e colori. Come viene accolta questa offerta dai clienti Migros?

La quota di clienti che acquista consapevolmente prodotti Bio-Cotton è in continua crescita. Qual è la situazione generale del mercato?

Il tema del cotone biologico viene trattato sul mercato in modo variegato, poiché non ci sono regole chiare. Comunque, lo standard della Migros poggia su prescrizioni molto severe. Il nostro obiettivo è di rafforzare ulteriormente la fiducia dei clienti nei nostri prodotti. In quanto principale rivenditore al dettaglio orientato alla sostenibilità, la Migros si impegna con passione a favore della qualità di vita

Lo sapevate?

*Lo standard GOTS Il Global Organic Textile Standard (GOTS) è la principale norma mondiale di certificazione di tessili costituiti di fibre naturali prodotte con metodi biologici. Esso stabilisce i requisiti tecnico-ambientali lungo tutta la catena di produzione dei tessili, garantendo al contempo il rispetto di criteri sociali.


Azione 40%

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9.50 invece di 19.–

5.30 invece di 9.10

Carne macinata di manzo Svizzera/Germania, in conf. da 2 x 500 g

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IL GUSTO DEL MARE Affetta finemente il finocchio e marinalo nel succo di limone. Farcisci le orate con le verdure, le fette di limone e cuocile in forno e avrai un piatto squisitamente mediterraneo. Trovi la ricetta su www.saison.ch/it/ consigliamo e tutti gli ingredienti freschi alla tua Migros.

30% Tutti i tipi di orata per es. orata reale 300-600 g, d'allevamento, Grecia, per 100 g (fino all'8.10), 1.60 invece di 2.30

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4.30 invece di 5.40 Prosciutto affumicato Migros Bio* Svizzera, per 100 g

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1.75 invece di 2.55 Fettine coscia di maiale Svizzera, imballate, per 100 g

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5.40 invece di 10.80 Salametti Rapelli Svizzera, 4 x 70 g

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15.– invece di 22.60 Sminuzzato di pollo Optigal in conf. da 3 Svizzera, 3 x 222 g

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3.90 invece di 4.90 Arance bionde Sudafrica, rete, 2 kg

40% Tutto l’assortimento Starbucks per es. cappuccino, 220 ml, 1.25 invece di 2.10

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4.90 invece di 6.90 Mirtilli Paesi Bassi, in conf. da 250 g

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2.70 invece di 3.80 Pere Conférence Svizzera, al kg

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Grana Padano DOP in conf. da 800 g/900 g, al kg, a libero servizio Migros Ticino OFFERTE VALIDE SOLO DAL 4.10 AL 10.10.2016, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK

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7.90 invece di 10.70 Robiöla, 2 x 100 g, e Gorello, 300 g prodotti in Ticino, in confezione (Robiöla e Gorello)

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4.40 invece di 5.50 Caprice des Dieux 330 g

20%

2.80 invece di 3.60 Cavolfiore Svizzera, imballato, al kg

35%

2.70 invece di 4.20 Carote Migros Bio Svizzera, sacchetto, 1 kg

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3.60 invece di 4.80 Patate Amandine Svizzera, imballate, 1,5 kg

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5.20

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2.60 invece di 3.50 Cicorietta Ticino, in conf. da 100 g


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I nostri superprezzi. a partire da 2 confezioni

1.–

di riduzione Tutte le torte, 2 pezzi per es. torta Foresta nera, 2 x 122 g, 4.90 invece di 5.90

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di riduzione l’una Tutti i biscotti Créa d’Or a partire da 2 confezioni, –.60 di riduzione l’una, per es. biscotti al burro, 125 g, 3.30 invece di 3.90

DOLCI REGALINI Le caramelle mou fatte in casa sono un regalo molto apprezzato. Basta far sobbollire panna e zucchero, aggiungere un tocco di miele e lasciare asciugare la massa. Infine la si taglia a quadratini. Attenzione agli assaggi… le caramelle sono un regalo! Trovi la ricetta su www.saison.ch/it/ consigliamo e tutti gli ingredienti freschi alla tua Migros.

conf. da 2

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5.– invece di 6.30 Panna intera UHT Valflora in conf. da 2 2 x 500 ml

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20% Tutti i cereali per la colazione Migros Bio (Alnatura esclusi), per es. semi di zucca, 400 g, 4.95 invece di 6.20

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conf. da 2

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Le offerte sono valide dal 3.10 al 9.10.2016 e fino a esaurimento dello stock. Trovi questi e molti altri prodotti nei punti vendita melectronics e nelle maggiori filiali Migros. Con riserva di errori di stampa e di altro tipo.

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Tutta la pasta, i sughi per pasta e le conserve di pomodoro Migros Bio, per es. pomodori pelati e tritati, 280 g, 1.05 invece di 1.35 20%

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Le offerte sono valide dal 3.10 al 9.10.2016 e fino a esaurimento dello stock. Trovi questi e molti altri prodotti nei punti vendita melectronics e nelle maggiori filiali Migros. Con riserva di errori di stampa e di altro tipo.

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Idee e acquisti per la settimana

Fanjo

«Sentirsi in vacanza sotto la doccia»

Fanjo ha un nuovo look. Ma la linea non è solo bella da vedere: grazie alla profumazione esotica mentre si fa la doccia ci regala un viaggio nei paesi lontani. Gli elementi importanti di questo rilancio di immagine ce li spiega Stephanie Denier, responsabile dei prodotti Testo Anna Bürgin; Foto Yves Roth

Nuovo: Fanjo Shower Gel Exotic Mango 300 ml Fr. 2.60

Fanjo Shower Gel Coconut 300 ml Fr. 2.60

Quale è stato il motivo del rilancio della linea Fanjo? L’obiettivo era di modernizzarla, rendendola tuttavia ancora riconoscibile ai clienti che già apprezzano questi prodotti. La tipica scritta Fanjo del logo non è stata pertanto toccata. Una novità dei gel doccia è il flacone «Sleeve», ossia una pellicola che ricopre tutto il prodotto.

Stephanie Denier è responsabile dei prodotti presso la Federazione delle Cooperative Migros.

Quanto tempo ci è voluto per sviluppare la nuova linea? All’incirca un anno e mezzo. In questo periodo si sono dovuti adeguare i flaconi, il design e la tecnica «Sleeve». Inoltre sono stati sviluppati i due nuovi gel doccia Mango e Green Tea & Lime, ciò che ha richiesto ulteriore tempo, soprattutto per i test di laboratorio.

Fanjo Shower Gel Vanilla & Lemon 300 ml Fr. 2.60

Nuovo: Fanjo Shower Gel Green Tea & Lime 300 ml Fr. 2.60

Come sono stati scelti i flaconi? L’aspetto estetico nella cosmetica è molto importante. Per noi era tutta via importante anche la funzionalità. Vogliono offrire alla clientela Migros un prodotto che sia al contempo attrattivo e pratico. La sua profumazione preferita? Il cocco, mi fa venire subito in mente le vacanze quando faccio la doccia. M-Industria crea numerosi prodotti Migros, tra cui anche i gel doccia Fanjo.

Foto Paolo Dutto (Ritratto); Styling Karin Aregger

La tollerabilità cutanea dei gel doccia Fanjo è stata dermatologicamente testata.


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Idee e acquisti per la settimana

Anna’s Best

Menù da tutto il mondo

… o n u è a n i h c c o r a m e n i j a t a L

Tre nuovi menù, uno marocchino, uno indonesiano e uno italiano, arricchiscono l’assortimento di piatti pronti di Anna’s Best all’insegna del multiculturalismo. È stata inserita un’intelligente innovazione anche nell’imballaggio: in tutte le pietanze con contorno, le componenti del menù non sono più inserite in due vaschette separate, ma in una sola divisa da una parete divisoria. In questo modo i vari ingredienti si possono mischiare e mangiare direttamente nella vaschetta.

Azione* Anna’s Best Bami Goreng con pollo 380 g Fr. 6.90

Azione* Anna’s Best Pasta con gamberi ASC**, 400 g Fr. 8.40

Azione* Anna’s Best Oriental Chicken Tagine 400 g Fr. 7.80

Anna’s Best Sminuzzato di pollo alla panna con tagliatelle 400 g Fr. 6.40

Anna’s Best Chicken Sweet & Sour, 400 g Fr. 5.90

*20x Punti Cumulus dal 27 settembre al 10 ottobre. ** Nelle maggiori filiali

composto principalmente di verdure e, a seconda delle preferenze, di ceci, agnello, pollo o pesce. Il termine tajine, scritto anche tajin o tagine, designa sia lo speciale tegame di terracotta dal coperchio a forma conica sia la pietanza stessa. Il sapore inconfondibile gli è dato da spezie molto usate nella cucina orientale, come il cumino, la cannella, il coriandolo e il cardamomo. In Marocco questa miscela si chiama Ras-el-Hanout. Di contorno si serve il couscous.


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Idee e acquisti per la settimana

Anna’s Best

Menù da tutto il mondo

… o n u è a n i h c c o r a m e n i j a t a L

Tre nuovi menù, uno marocchino, uno indonesiano e uno italiano, arricchiscono l’assortimento di piatti pronti di Anna’s Best all’insegna del multiculturalismo. È stata inserita un’intelligente innovazione anche nell’imballaggio: in tutte le pietanze con contorno, le componenti del menù non sono più inserite in due vaschette separate, ma in una sola divisa da una parete divisoria. In questo modo i vari ingredienti si possono mischiare e mangiare direttamente nella vaschetta.

Azione* Anna’s Best Bami Goreng con pollo 380 g Fr. 6.90

Azione* Anna’s Best Pasta con gamberi ASC**, 400 g Fr. 8.40

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*20x Punti Cumulus dal 27 settembre al 10 ottobre. ** Nelle maggiori filiali

composto principalmente di verdure e, a seconda delle preferenze, di ceci, agnello, pollo o pesce. Il termine tajine, scritto anche tajin o tagine, designa sia lo speciale tegame di terracotta dal coperchio a forma conica sia la pietanza stessa. Il sapore inconfondibile gli è dato da spezie molto usate nella cucina orientale, come il cumino, la cannella, il coriandolo e il cardamomo. In Marocco questa miscela si chiama Ras-el-Hanout. Di contorno si serve il couscous.


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Idee e acquisti per la settimana

Concorso cartoline

La spesa sul bus Migros

Durante tre settimane i clienti hanno potuto spedirsi a vicenda cartoline con i loro ricordi legati alla Migros. Ne sono state raccolte complessivamente 58’000. 20 clienti hanno vinto una spesa gratuita nel camion Migros: tre delle vincitrici ci raccontano la loro esperienza

Tre delle 20 vincitrici del concorso: Simone Glaus-Kündig, Hannelore Schlecht, Isabelle Schmutz.

Simone Glaus-Kündig (39), Lucerna LU

Dal campo estivo al Bus Migros

Si è dimenticata solo il caffè

La prima volta nel bus supermercato

Il camion Migros è parcheggiato nel quartiere lucernese di Hirtenhof. La colpa è di Simone Glaus-Kündig che abita nel quartiere con suo marito e i suoi tre figli. «A nostro figlio non piaceva molto il tè freddo del campo estivo. Allora nella giornata di visita dei genitori ho portato con me dell’Ice Tea di Migros». Quando poi le è capitato di trovare su momenti-migros.ch la cartolina postale con il soggetto «Ice Tea» le è venuto spontaneo inviarla a suo figlio. «Non mi ero resa conto che si trattasse di un concorso». E oggi il camion supermercato di Migros è parcheggiato proprio davanti alla porta di casa sua: la sua spesa la farà a cuore leggero e liberamente. «Sono salita a fare gli acquisti con mia madre. Lei se lo ricorda. I miei figli invece l’hanno visto solo al Museo dei trasporti». I ragazzi rimangono in effetti un po’ in disparte, gustandosi il buon gelato che hanno scelto. Questo è comunque qualcosa che il bus del Museo dei trasporti non può dare...

Il bus Migros è circondato dai campi e da bambini che gli corrono intorno. Sono i nipoti di Hannelore Schlecht. Tutta la famiglia si è riunita con lei: tre generazioni attorno al camion vendita Migros. I ragazzi sono dovuti addirittura uscire prima da scuola per non perdere l’acquisto-premio. «Dobbiamo questa vincita al fatto che mia figlia, la minore, mi ha mandato una cartolina postale Migros. L’ho trovata un’idea divertente e a mia volta ne ho scritta una a mia figlia maggiore: proprio quella è stata estratta tra le premiate». In passato Hannelore andava effettivamente con i suoi figli a fare la spesa sui bus Migros. «Davvero un peccato che non ci siano più». Ora ha davanti a sé una scelta di 300 prodotti. Più tardi osserva: «Quando siamo tornati a casa dopo la spesa mi sono accorta che avevo dimenticato il caffè». Per comprarlo ha dovuto rivolgersi alla filiale Migros più vicina. Il bus Migros, a quel punto era già lontano, oltre le colline.

Anche nel caso di Isabelle Schmutz il motivo principale della vittoria sono i suoi figli. «Ho spedito loro due cartoline postali Migros per l’inizio della scuola e dell’apprendistato» racconta. Una di quelle, inviata a suo figlio più giovane, le ha guadagnato la spesa gratuita sul camion Migros. «Seguo regolarmente i concorsi, ma non vinco così spesso. Per questo sono stata particolarmente felice della spesa premio sul bus Migros». Il veicolo non è parcheggiato proprio di fronte a casa sua, per mancanza di spazio, ma nel posteggio della filiale Migros più vicina. Alla spesa premio hanno partecipato i genitori e il vero vincitore del concorso, il figlio Nicolas. «Per noi è come una prima volta. Non ho mai visto da così vicino un camion di vendita di Migros».

Hannelore Schlecht (68), Bülach ZH

Isabelle Schmutz-Fasel (45), Heitenried FR

La sua vicina di casa, che vi aveva fatto gli acquisti in passato, le ha fornito le informazioni necessarie. «Sono molto curiosa e sono venuta per la spesa con l’automobile più grande». La vicina le aveva detto che nel corridoio interno c’è molto meno spazio di movimento rispetto alla corsia di una filiale normale. «Sono comunque rimasta sorpresa notando la quantità di prodotti che possono trovare posto nel bus». Le borse per la spesa si sono riempite bene anche se lei non aveva preparato una lista degli acquisti. «Vado così spesso alla Migros e conosco benissimo i prodotti che mi servono. Comunque mi sono concessa anche un paio di articoli che sono più cari e che difficilmente avrei comprato nelle mie spese in negozio».


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Idee e acquisti per la settimana

Concorso cartoline

La spesa sul bus Migros

Durante tre settimane i clienti hanno potuto spedirsi a vicenda cartoline con i loro ricordi legati alla Migros. Ne sono state raccolte complessivamente 58’000. 20 clienti hanno vinto una spesa gratuita nel camion Migros: tre delle vincitrici ci raccontano la loro esperienza

Tre delle 20 vincitrici del concorso: Simone Glaus-Kündig, Hannelore Schlecht, Isabelle Schmutz.

Simone Glaus-Kündig (39), Lucerna LU

Dal campo estivo al Bus Migros

Si è dimenticata solo il caffè

La prima volta nel bus supermercato

Il camion Migros è parcheggiato nel quartiere lucernese di Hirtenhof. La colpa è di Simone Glaus-Kündig che abita nel quartiere con suo marito e i suoi tre figli. «A nostro figlio non piaceva molto il tè freddo del campo estivo. Allora nella giornata di visita dei genitori ho portato con me dell’Ice Tea di Migros». Quando poi le è capitato di trovare su momenti-migros.ch la cartolina postale con il soggetto «Ice Tea» le è venuto spontaneo inviarla a suo figlio. «Non mi ero resa conto che si trattasse di un concorso». E oggi il camion supermercato di Migros è parcheggiato proprio davanti alla porta di casa sua: la sua spesa la farà a cuore leggero e liberamente. «Sono salita a fare gli acquisti con mia madre. Lei se lo ricorda. I miei figli invece l’hanno visto solo al Museo dei trasporti». I ragazzi rimangono in effetti un po’ in disparte, gustandosi il buon gelato che hanno scelto. Questo è comunque qualcosa che il bus del Museo dei trasporti non può dare...

Il bus Migros è circondato dai campi e da bambini che gli corrono intorno. Sono i nipoti di Hannelore Schlecht. Tutta la famiglia si è riunita con lei: tre generazioni attorno al camion vendita Migros. I ragazzi sono dovuti addirittura uscire prima da scuola per non perdere l’acquisto-premio. «Dobbiamo questa vincita al fatto che mia figlia, la minore, mi ha mandato una cartolina postale Migros. L’ho trovata un’idea divertente e a mia volta ne ho scritta una a mia figlia maggiore: proprio quella è stata estratta tra le premiate». In passato Hannelore andava effettivamente con i suoi figli a fare la spesa sui bus Migros. «Davvero un peccato che non ci siano più». Ora ha davanti a sé una scelta di 300 prodotti. Più tardi osserva: «Quando siamo tornati a casa dopo la spesa mi sono accorta che avevo dimenticato il caffè». Per comprarlo ha dovuto rivolgersi alla filiale Migros più vicina. Il bus Migros, a quel punto era già lontano, oltre le colline.

Anche nel caso di Isabelle Schmutz il motivo principale della vittoria sono i suoi figli. «Ho spedito loro due cartoline postali Migros per l’inizio della scuola e dell’apprendistato» racconta. Una di quelle, inviata a suo figlio più giovane, le ha guadagnato la spesa gratuita sul camion Migros. «Seguo regolarmente i concorsi, ma non vinco così spesso. Per questo sono stata particolarmente felice della spesa premio sul bus Migros». Il veicolo non è parcheggiato proprio di fronte a casa sua, per mancanza di spazio, ma nel posteggio della filiale Migros più vicina. Alla spesa premio hanno partecipato i genitori e il vero vincitore del concorso, il figlio Nicolas. «Per noi è come una prima volta. Non ho mai visto da così vicino un camion di vendita di Migros».

Hannelore Schlecht (68), Bülach ZH

Isabelle Schmutz-Fasel (45), Heitenried FR

La sua vicina di casa, che vi aveva fatto gli acquisti in passato, le ha fornito le informazioni necessarie. «Sono molto curiosa e sono venuta per la spesa con l’automobile più grande». La vicina le aveva detto che nel corridoio interno c’è molto meno spazio di movimento rispetto alla corsia di una filiale normale. «Sono comunque rimasta sorpresa notando la quantità di prodotti che possono trovare posto nel bus». Le borse per la spesa si sono riempite bene anche se lei non aveva preparato una lista degli acquisti. «Vado così spesso alla Migros e conosco benissimo i prodotti che mi servono. Comunque mi sono concessa anche un paio di articoli che sono più cari e che difficilmente avrei comprato nelle mie spese in negozio».


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 3 ottobre 2016 • N. 40

92

Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 3 ottobre 2016 • N. 40

93

Idee e acquisti per la settimana

Farmmania

Jolly settimanali Famiglia di gatti e annaffiatoio

Questa settimana, ogni cliente che fa la spesa per almeno Fr. 60.– riceve la famiglia di gatti di Farmmania*. E con loro la piccola fattoria è al completo. Mercoledì 12 ottobre ci sarà l’ultimo jolly settimanale: l’innaffiatoio, sempre con una spesa di almeno Fr. 60.–*. Riempendolo due volte, si ottiene la quantità d’acqua esatta per far germogliare la pastiglia vegetale nella bustina.

Sprint finale Farmmania

Tamara Merki mostra a Gianmarco come si fa a trapiantare un ciuffo d’insalata in un vaso.

* Famiglia di gatti 12,7 mm, Innaffiatoio, 42 mm. Una bustina jolly per ogni acquisto di Fr. 60.–. Massimo 3 per acquisto. Disponibili in tutte le filiali Migros, Do it + Garden, Melectronics, Micasa, SportXX, nei negozi Outdoor e OBI, nei ristoranti e take-away Migros, nonché su LeShop.ch.

La raccolta dura ancora solo due settimane, fino al 17 ottobre.

Farmmania

Per pollici verdi

In alcune bustine della raccolta Farmmania si trovano delle pastiglie vegetali che contengono dei semi, con cui si possono seminare insalate, erbe aromatiche, pomodori ed anche fiori. Tamara Merki, giardiniera di «Do it + Garden», ci dà qualche consiglio per far crescere le piantine Testo Claudia Schmidt; Foto Heiko Hoffmann

Con le compresse vegetali coltivare piccole piante diventa un gioco da ragazzi. Tamara Merki, giardiniera del «Do it + Garden» al Brunaupark di Zurigo, spiega al piccolo Gianmarco di sette anni qual è il momento migliore per seminare. Il periodo giusto è riportato su un foglietto inserito nella bustina. Le pastiglie vegetali si possono far germogliare anche nelle bustine. Basta aggiungervi 50 millimetri di acqua, ad esempio riempiendo due volte il mini annaffiatoio che si riceve come jolly settimanale. La compressa di terriccio si gonfia e mantiene umidi i semi nella bustina. «All’inizio c’è bisogno soltanto di acqua e caldo», spiega la giardiniera. Perciò è meglio tenere le bustine

in casa, perché in autunno e primavera fuori fa ancora piuttosto freddo. Ciò vale anche quando spuntano le prime foglie. Fino a che possano essere trapiantate passa ancora un po’ di tempo: «Per essere rinvasate, le piantine devono essere abbastanza forti. Due foglioline non bastano. A quel punto la pianta è ancora troppo debole e si potrebbe danneggiare toccandola», indica Tamara Merki. Per essere piantata in vaso, la piantina dovrebbe avere qualche foglia in più e un’altezza di circa dieci centimetri. Concime e parassiti sono un tema anche a casa

Gianmarco ascolta attentamente quel che

dice la giardiniera. Finora dalle piante che ha in casa spuntano due foglioline, il raccolto è ancora lontano. Hanno però qualcosa che il piccolo conosce già dalle piante del balcone: i pidocchi. I piccoli insetti succhiano la linfa dalle foglie e dagli steli. Contro di loro Tamara Merki ha una ricetta semplice ma efficace: «Si mischia latte e acqua con un rapporto di 1:1 e si spruzza la miscela sulle parti infestate. Questo procedimento stermina i pidocchi definitivamente». Non c’è bisogno di sostanze chimiche. Gianmarco vorrebbe proteggere le sue piantine e raccogliere della buona insalata. In questo caso c’è bisogno di concimarle. Ma quando esattamente? «Le pianticelle dovrebbero essere già un

po’ cresciute. Ad esempio, i pomodori dovrebbero già avere i fiori. Se si concima troppo presto, le delicate radici delle piantine potrebbero “bruciarsi”», raccomanda Tamara Merki. Gianmarco ha dunque ancora un po’ di tempo prima di rinvasare e concimare. Ma già pensa se trapiantarle in un vasetto di marmellata dipinto da lui, all’interno del quale metterà anche la talpa della collezione Farmmania. Altri consigli, idee per il bricolage e informazioni sui roadshow, le borse di scambio, nonché sul concorso di foto e video: www.farmmania.ch www.facebook.com/migrosmania

Sienna riempie d’acqua la bustina di Gianmarco usando il mini annaffiatoio. Più tardi le piantine saranno trapiantate in un vasetto di marmellata o in un recipiente di vetro.


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Farmmania

Jolly settimanali Famiglia di gatti e annaffiatoio

Questa settimana, ogni cliente che fa la spesa per almeno Fr. 60.– riceve la famiglia di gatti di Farmmania*. E con loro la piccola fattoria è al completo. Mercoledì 12 ottobre ci sarà l’ultimo jolly settimanale: l’innaffiatoio, sempre con una spesa di almeno Fr. 60.–*. Riempendolo due volte, si ottiene la quantità d’acqua esatta per far germogliare la pastiglia vegetale nella bustina.

Sprint finale Farmmania

Tamara Merki mostra a Gianmarco come si fa a trapiantare un ciuffo d’insalata in un vaso.

* Famiglia di gatti 12,7 mm, Innaffiatoio, 42 mm. Una bustina jolly per ogni acquisto di Fr. 60.–. Massimo 3 per acquisto. Disponibili in tutte le filiali Migros, Do it + Garden, Melectronics, Micasa, SportXX, nei negozi Outdoor e OBI, nei ristoranti e take-away Migros, nonché su LeShop.ch.

La raccolta dura ancora solo due settimane, fino al 17 ottobre.

Farmmania

Per pollici verdi

In alcune bustine della raccolta Farmmania si trovano delle pastiglie vegetali che contengono dei semi, con cui si possono seminare insalate, erbe aromatiche, pomodori ed anche fiori. Tamara Merki, giardiniera di «Do it + Garden», ci dà qualche consiglio per far crescere le piantine Testo Claudia Schmidt; Foto Heiko Hoffmann

Con le compresse vegetali coltivare piccole piante diventa un gioco da ragazzi. Tamara Merki, giardiniera del «Do it + Garden» al Brunaupark di Zurigo, spiega al piccolo Gianmarco di sette anni qual è il momento migliore per seminare. Il periodo giusto è riportato su un foglietto inserito nella bustina. Le pastiglie vegetali si possono far germogliare anche nelle bustine. Basta aggiungervi 50 millimetri di acqua, ad esempio riempiendo due volte il mini annaffiatoio che si riceve come jolly settimanale. La compressa di terriccio si gonfia e mantiene umidi i semi nella bustina. «All’inizio c’è bisogno soltanto di acqua e caldo», spiega la giardiniera. Perciò è meglio tenere le bustine

in casa, perché in autunno e primavera fuori fa ancora piuttosto freddo. Ciò vale anche quando spuntano le prime foglie. Fino a che possano essere trapiantate passa ancora un po’ di tempo: «Per essere rinvasate, le piantine devono essere abbastanza forti. Due foglioline non bastano. A quel punto la pianta è ancora troppo debole e si potrebbe danneggiare toccandola», indica Tamara Merki. Per essere piantata in vaso, la piantina dovrebbe avere qualche foglia in più e un’altezza di circa dieci centimetri. Concime e parassiti sono un tema anche a casa

Gianmarco ascolta attentamente quel che

dice la giardiniera. Finora dalle piante che ha in casa spuntano due foglioline, il raccolto è ancora lontano. Hanno però qualcosa che il piccolo conosce già dalle piante del balcone: i pidocchi. I piccoli insetti succhiano la linfa dalle foglie e dagli steli. Contro di loro Tamara Merki ha una ricetta semplice ma efficace: «Si mischia latte e acqua con un rapporto di 1:1 e si spruzza la miscela sulle parti infestate. Questo procedimento stermina i pidocchi definitivamente». Non c’è bisogno di sostanze chimiche. Gianmarco vorrebbe proteggere le sue piantine e raccogliere della buona insalata. In questo caso c’è bisogno di concimarle. Ma quando esattamente? «Le pianticelle dovrebbero essere già un

po’ cresciute. Ad esempio, i pomodori dovrebbero già avere i fiori. Se si concima troppo presto, le delicate radici delle piantine potrebbero “bruciarsi”», raccomanda Tamara Merki. Gianmarco ha dunque ancora un po’ di tempo prima di rinvasare e concimare. Ma già pensa se trapiantarle in un vasetto di marmellata dipinto da lui, all’interno del quale metterà anche la talpa della collezione Farmmania. Altri consigli, idee per il bricolage e informazioni sui roadshow, le borse di scambio, nonché sul concorso di foto e video: www.farmmania.ch www.facebook.com/migrosmania

Sienna riempie d’acqua la bustina di Gianmarco usando il mini annaffiatoio. Più tardi le piantine saranno trapiantate in un vasetto di marmellata o in un recipiente di vetro.


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Idee e acquisti per la settimana

M-Classic

Colazione da gatti

Azione 30% su tutta gamma di alimenti per animali di M-Classic fino al 10 ottobre

I ragù di M-Classic offrono tutte le sostanze nutritive di cui i gatti hanno bisogno.

A molti gatti piace variare menù. Se allo stato selvatico i piccoli felini si procurano il cibo da sé, per i mici domestici c’è il cibo per gatti di M-Classic, ora in offerta ad un prezzo ancora più conveniente. Le porzioni già pronte di cibo umido con carne, pollame o pesce sono ideali, perché i gatti tendono a bere troppo poco. Gli alimenti umidi riequilibrano il tenore di acqua nel corpo.

M-Classic Cibo per gatti umido misto pollo e manzo 6 x 100 g l’uno Fr. 3.40 invece di 4.90

M-Classic Cibo per gatti umido pesce 12 x 100 g Fr. 3.40 invece di 4.90

M-Classic Cibo per gatti misto pollame/tacchino e vitello/agnello 6 x 100 g l’uno Fr. 3.40 invece di 4.90


1987 Congedo maternità Già prima dell’introduzione per legge del congedo maternità nel 2005, le mamme che lavoravano alla Migros beneficiavano di 16 settimane di congedo.

1990 Riciclaggio del PET Cofondazione dell’associazione «PET-Recycling Schweiz» per il riciclaggio efficiente delle bottiglie in PET. Dal 2013 la Migros ricicla inoltre bottiglie e flaconi di plastica di uso domestico.

1990

2003 A tutta sostenibilità La Migros formula la propria politica ambientale e sociale impegnandosi con ancor più responsabilità a favore della sostenibilità.

Messa in funzione dell’impianto fotovoltaico Il primo impianto viene installato a Davos. Oggi, 88 impianti solari installati sugli edifici della Migros producono ogni anno energia elettrica per oltre 7000 economie domestiche.

2015 Il dettagliante più sostenibile al mondo

2009 Partenariato con il WWF F

La Migros si aggiudica il titolo di dettagliante più sostenibile al mondo fra i 140 retailer analizzati.

La Migros sostiene in veste dii sponsor principale il programma dell WWF rivolto ai bambini e ai giovani,, per es. il Pandamobil..

2016 Olio di palma sostenibile Grazie al proprio impegno pluriennale la Migros ha ottenuto il punteggio migliore nell’ultimo rating sull’olio di palma del WWF primeggiando così tra le 137 imprese di tutto il mondo esaminate.

Più informazioni sul nostro ruolo di pionieri della sostenibilità su generazione-m.ch

Per un futuro sostenibile. La Migros si impegna anche in futuro a continuare il suo lavoro pionieristico legato alla sostenibilità. Promesso!


Promesso! Tutto il nostro pesce è sostenibile.

Di piĂš su questa promessa mantenuta su generazione-m.ch


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