Azione 45 del 5 novembre 2018

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Cooperativa Migros Ticino

G.A.A. 6592 Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXI 5 novembre 2018

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Società e Territorio Pronti per la stagione invernale? Informazioni e novità dalle stazioni sciistiche ticinesi

Ambiente e Benessere I fiumi sono un ecosistema complesso in cui vivono molti minuscoli organismi: studiandoli possiamo capire lo stato di salute delle nostre acque

Politica e Economia Tutte le donne di Jair Bolsonaro, a cominciare dalla terza moglie Michelle

Cultura e Spettacoli Grande successo per l’edizione 2018 di Piazzaparola, la rassegna luganese dedicata alla letteratura

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di Angela Nocioni pagina 25

AFP

Svolta pericolosa in Brasile

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Credere o riflettere? di Peter Schiesser Come andranno a finire le elezioni di medio termine negli Stati Uniti, domani? E la lenta successione alla cancelliera Angela Merkel, di capitale importanza per la stabilità della Germania e dell’Unione europea, la diatriba fra Roma e Bruxelles sul bilancio dello Stato per l’anno prossimo, la Brexit, la cui scadenza di fine marzo si avvicina a rapidi passi, il Brasile di Bolsonero...? Dopo l’elezione di Donald Trump, che pochi hanno saputo predire, non conviene affidarsi troppo alla razionalità per dedurne delle logiche decisioni e conseguenze. Se il futuro sembra ancor più imprevedibile, anche la lettura del presente è difficile. Realtà molto diverse fra di loro, in Europa, reagiscono politicamente in modo simile, favorendo forze populiste, non sempre inscrivibili in uno schema di destra e sinistra ma con rumorose frange senza dubbio di estrema destra. A volte si capisce da dove proviene la rabbia, quando si vedono i volti dei perdenti della globalizzazione, ma in altri casi bisogna fare una bella giravolta mentale per capire: com’è possibile che Cdu-Csu e socialdemocratici abbiano subito un tale tracollo in Länder così prosperi come la Bavie-

ra e l’Assia? I litigi e la stanchezza all’interno della GroKo, l’acronimo per la grande coalizione fra Cdu-Csu e Spd, giustificano un simile risultato? O forse è quel milione di rifugiati accolti dalla cancelliera Merkel nell’estate del 2015? Ma allora il crollo poteva avvenire già l’anno scorso alle elezioni federali. C’è qualcosa che ancora sfugge nella crescita di partiti populisti come la Alternative für Deutschland in un paese che ha fra le migliori prospettive in Europa. Come pure sfugge ad una logica complessiva una hard Brexit dall’Ue. Tuttavia, un malcontento e una sfiducia verso l’ordine costituito, politico, economico, culturale, esistono. È cresciuto un sentimento diffuso di indignazione, che può avere tante spiegazioni individuali ma di cui manca la spiegazione principe. E chi è indignato non è pronto a dialogare, a cercare compromessi. Lo si nota nei toni della politica odierna, nei commenti ai giornali, ma ancor di più nei social media. Si creano muri contro muri, si distrugge l’avversario, in una difesa estrema contro qualcosa che resta impalpabile e per qualcosa che è spesso illusorio. Infatti, dai movimenti populistici, dagli estremismi vari non si intravvede davvero una nuova via, un progetto politico praticabile che risolva o perlomeno sopporti le contraddizioni di

società complesse come quelle moderne. In alcuni paesi, di conseguenza, ci si sta rifugiando di nuovo nella visione di un uomo forte. Un leader in cui identificarsi, deresponsabilizzandosi. In questa era del caos, loro, i leader populistici sono forse tra i pochi a sapere che strada imboccare (quella del potere), quali mezzi impiegare: la disinformazione. Se nel resto del mondo si punta tradizionalmente ad eliminare anche fisicamente le voci critiche, avversari politici e giornalisti, in Occidente lo strumento principe sono oggi i social media. Si comunica con il popolo tramite tweet e facebook, salta la mediazione del giornalista che potrebbe leggere criticamente le parole del politico, ogni dichiarazione passa senza verifica, ogni parola e il suo contrario assumono tono di verità, anche se dette dalla stessa persona. I fatti alternativi assumono a poco a poco lo stesso peso dei fatti reali, per giungere ad una logica conclusione: la verità non è la verità (frase dell’ex procuratore di New York Giuliani, oggi avvocato di Trump). Non c’è più molto posto per la riflessione, la concatenazione logica di fatti e conseguenze. Anche se forse è un processo di cui non siamo molto consapevoli, c’è di nuovo un gran bisogno di credere. Anche questa volta in un pensiero magico.


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