Cooperativa Migros Ticino
Società e Territorio Il centro TRaGitto propone un progetto di integrazione sociale basato sull’Urban Knitting
Ambiente e Benessere L’assicurazione obbligatoria delle cure medico-sanitarie (AOMS) continuerà a rimborsare le prestazioni di medicina complementare
G.A.A. 6592 Sant’Antonino
Settimanale di informazione e cultura Anno LXXX 18 aprile 2017
Azione 16 Politica e Economia Domenica primo turno delle presidenziali francesi: tutto resta aperto
Cultura e Spettacoli Il Grand Palais di Parigi festeggia Auguste Rodin nel centenario della morte
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Keystone
Il Papa al Cairo, viaggio difficile
di Giorgio Bernardelli
Parola d’ordine: dietrofront di Peter Schiesser Se una settimana fa scrivevo di un’Amministrazione Trump in cerca di identità, dopo le giravolte e gli scivoloni in politica interna, frutto dello scontro fra i diversi poteri (esecutivo, legislativo, giudiziario), la cronaca impone di occuparsi ancora una volta della politica americana, questa volta estera. Se nelle faccende interne Trump è costretto a muoversi all’interno di un sistema di checks and balances, nel resto del mondo il presidente ha la mano molto più libera. E sembrava che avrebbe stravolto le strategie perseguite da decenni, verso la Cina, la Russia, la Nato, la Siria, la Corea del Nord. La Cina è un «campione nelle manipolazioni valutarie» e tiene artatamente basso il valore del Renminbi per danneggiare le esportazioni americane? Dopo l’incontro nella sua tenuta in Florida con Xi Jinping, il presidente statunitense ha ritirato l’accusa, per predisporre il presidente cinese ad aiutarlo a disinnescare la crisi nordcoreana. Nonostante fosse accusato di essere il beneficiario dei tentativi russi di influenzare le presidenziali americane, Trump ha più volte elogiato Putin e preannunciato una primavera nei rapporti con Mosca; ora i
59 missili scagliati su una base aerea militare in Siria hanno riportato le relazioni con la Russia ai livelli più bassi. La Nato è obsoleta? Alla prima conferenza stampa con il segretario generale della Nato Stoltenberg, Trump ha ritirato il suo giudizio, affermando candidamente il contrario. La Siria non rappresenta un interesse strategico per gli Stati Uniti? Dopo l’uso di armi chimiche contro la popolazione nella provincia di Idlib, a quanto si legge mosso a compassione dalla reazione scioccata della first daughter Ivanka, Trump ha ordinato il bombardamento della base aerea da cui è partito l’attacco, aprendo di fatto come primo presidente americano le ostilità con il regime di al-Assad. Non è escluso un intervento militare con invio di truppe contro la Corea del Nord? Troppo rischioso, ora si cerca di motivare il governo cinese a lasciar cadere il regime nordcoreano. Rispondono ad una strategia, queste ritrattazioni? In parte rispecchiano decennali interessi geopolitici (non erano pochi gli scettici riguardo un riavvicinamento con la Russia), in parte sono frutto di un’improvvisazione e di un’incompetenza in politica estera da lasciar stupiti. Prendiamo la rappresaglia in Siria: in termini militari i 59 missili hanno avuto un impatto irrisorio, non è neppure stata
danneggiata la pista d’atterraggio, in termini politici sollevano un unico grande interrogativo: E poi? Cosa segue a questo primo attacco? C’è una strategia per liberarsi di al-Assad o di porre termine in qualche modo al conflitto? Se la risposta è no, che senso avevano quei 59 missili? E se invece Trump intende sovvertire le sorti del conflitto, scalzare al-Assad, dovrà intervenire in modo più duro, ma non ci sono avvisaglie in tal senso. A Washington non possono certo dimenticare che intervenire in Siria significa correre il grosso rischio di assistere ad uno scontro tra militari americani e russi, l’ultimo degli scenari auspicabili. Se tutto finirà qui, bisognerà constatare che agli occhi del governo americano valgono di più una settantina di vittime di un attacco chimico delle altre 400mila che la guerra ha fin qui provocato, senza contare i feriti e i milioni di profughi. Improvvisazione e imprevedibilità sono molto pericolose in politica estera, un campo in cui ad ogni atto può corrispondere una reazione imprevista. E qui non si può evitare di pensare alla Corea del Nord, la cui dirigenza è già paranoica di suo. Che su Pyongyang Trump mostri di voler trovare un’intesa con la Cina è un buon segno, ma non è ancora una strategia compiuta.