Speciale 71° anniversario dal bombardamento (2014)

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AZI

NEPUNTOZERO

Santa Severa - Santa Marinella - Civitavecchia “La strada da percorrere conduce al di là del PUNTO ZERO, conduce oltre la linea, oltre il muro del tempo e, attraverso di esso”

Ernst Junger

71 anni fa il bombardamento di Civitavecchia La città fu rasa al suolo dagli alleati Quello di settant’anni fa, il 14 maggio 1943, non fu l’unico bombardamento alleato su Civitavecchia, a 80 chilometri da Roma, ma fu certamente il più devastante, perché praticamente rase al suolo l’intera città, che era un porto strategicamente importante. Era un venerdì, e l’estate era iniziata anzitempo. A quell’ora, le 15,15, l’ora del riposo pomeridiano, tutto era tranquillo e nulla faceva presagire una tragedia di quelle proporzioni. Improvvisamente, come provenienti dalla vicina Santa Marinella, otto chilometri in direzione Roma, fecero la loro comparsa volando bassi sul mare 48 micidiali bombardieri B-17 americani, le temute “fortezze

volanti” che, in otto ondate successive, devastarono la cittadina costiera. Le fortezze americane provenivano in realtà dalla Tunisia, sotto il comando della Naaf, Northwes African Air Forces, che contemporaneamente bombardò anche Olbia, Sassari, Alghero, Porto Torres ed Abbasanta, quest’ultima nell’interno sardo. In questo modo le comunicazioni con l’isola erano completamente interrotte, con i porti colpiti, ma per maggior sicurezza anche le navi vennero affondate alla fonda. Gli alleati colpirono la costa nord di Roma per preparare un eventuale sbarco, visto che ancora non era stato deciso dove sarebbe dovuto avvenire. (Continua a pag. 4)


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Il primo bombardamento di Civitavecchia Il 14 maggio, ricorre il 71° anniversario Intanto la “pupazzata yankee” è ancora lì ad infangare la memoria dei morti

Vogliamo fare chiarezza, oltre che esortare tutti i civitavecchiesi a prendere coscienza della propria identità e a ricordare i propri morti, vittime di una strategia di guerra tanto vile quanto distruttiva. Vogliamo precisare che la nostra città non fu bombardata dai tedeschi – cosa di cui molti nostri giovani concittadini sono – incredibilmente – convinti, bensì dai “liberatori” angloamericani. Nel maggio del 1943 il Regno d’Italia era infatti ancora schierato in guerra al fianco della Germania, anche se la recente sconfitta delle truppe dell’asse in Africa settentrionale e la ormai prossima invasione del territorio nazionale avevano minato la stabilità politica del governo. Le distruzioni e i sacrifici imposti dalla guerra, in particolare dalle criminali incursioni aeree degli Alleati, avevano dato alle popolazione molti patimenti in g e n e r a n d o un s e n t im e n t o di insofferenza nei confronti della guerra stessa, elemento che ingrossò le file dei voltagabbana dell’8 settembre che lo stesso anno avrebbero tradito la loro patria e il loro popolo. Nel maggio del ’43

l’Italia era ancora impegnata sui vari fronti di guerra al fianco dell’alleato germanico. Nell’ottica del piano di conquista, che prevedeva l’assoggettamento dell’intero continente europeo, gli alleati convennero che l’invasione dell’ Italia, considerata “il ventre molle d’Europa” fosse la via più rapida per ottenere tale obiettivo. Era tuttavia necessario “ripulire il terreno” prima dell’invasione, in quanto a dispetto della propaganda antifascista e antiitaliana, i nostri soldati, tutt’altro che vigliacchi e pronti alla resa, potevano ancora costituire - e costituirono - un forte ostacolo all’invasione. Per questa ragione gli inglesi e gli americani, forti di una netta superiorità aerea, attuarono sistematiche incursioni aeree e bombardamenti a tappeto (definizione inventata dal criminale Churchill) sul territorio Italiano, in particolare su tutti gli obiettivi quali porti, aeroporti, stabilimenti industriali e installazioni militari, che avrebbero ridotto le capacità difensive italiane. Civitavecchia era gia all’epoca uno dei principali porti del Mar Tirreno,


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uno dei principali porti del Mar Tirreno, e durante la guerra era stata la base di partenza di numerose navi cariche di truppe e di rifornimenti dirette in Africa. Il 14 maggio del 1943 la città era affollata da truppe e mezzi militari in procinto di essere imbarcati per la Sardegna, che si temeva fosse il prossimo obiettivo dell’invasione anglo-americana. Alle 15 furono avvistate numerose formazioni di bombardieri americani B-17, conosciuti come fortezze volanti, provenienti dalle basi alleate in Tunisia. In 8 successive ondate la quasi totalità di Civitavecchia fu rasa al suolo (l’80% degli edifici) causando un numero di vittime imprecisato, poiché erano presenti in città un gran numero di soldati. Dopo i bombardieri giunsero formazioni di caccia americani, che sorvolando a bassa quota la città spararono sulle persone e i mezzi che riuscivano a individuare una autentica e inutile strage. I civitavecchiesi scomparsi in quell’occasione furono oltre 500, contemporaneamente vennero colpite anche le città di Olbia, Sassari, Alghero e Porto Torres, interrompendo così ogni collegamento marittimo tra la penisola e la Sardegna. La popolazione si ridusse rapidamente da ventimila a tremila abitanti, poiché i superstiti furono costretti ad abbandonare la città per evitare ulteriori incursioni aeree (dal 1943 al 1945 se ne verificarono ben 86, tuttavia la più violenta e distruttiva fu proprio la prima) Ciò che occorre precisare è che questa azione non fu tesa esclusivamente al conseguimento di una vittoria militare, ma era deliberatamente rivolta contro obiettivi sia militari che civili, al fine di causare il maggiore numero di morti e distruzioni possibili. La nostra città non subì un trattamento diverso dalle città di Hiroshima e Nagasaki, delle centinaia di villaggi del Vietnam bombardati con il Napalm o dalle città irachene e afghane devastate e occupate da coloro che, venuti in nome della santa democrazia, si sono rivelati nient’altro che degli impostori. Dei colonizzatori che sotto la minaccia della distruzione totale hanno imposto la loro egemonia politica e

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militare, affermando la loro “cultura” e le loro usanze, infangando la memoria di coloro che anziché arrendersi alla loro volontà si sono battuti fino alla fine per salvare almeno l’onore della patria e del popolo italiano. Tutto questo è oggi drammaticamente estraneo alla memoria dei civitavecchiesi, tanto da poter tollerare la presenza nel miglior punto panoramico della città di un ridicolo idolo di cartapesta inneggiante alla distruzione della città. Franco del Ghiaccio


(Continua da pagina 1) Sin dalla mattina a Civitavecchia erano arrivate truppe italiane che avrebbero dovuto imbarcarsi per la Sardegna, dove si temeva uno sbarco alleato. Gli autocarri e i mezzi militari – ma non solo – che stavano transitando sul lungomare vennero mitragliati dai caccia che scortavano i B-17, e subito dopo vennero lanciate centinaia di bombe ad alto potenziale esplosivo. Testimoni hanno raccontato che dai monti sopra Civitavecchia si vedevano soltanto bagliori fortissimi, subito seguiti da boati terribili. Dopo alcuni minuti immense colonne di fumo si levarono dalla città devastata. In tutto l’incursione durò una ventina di minuti e a quanto pare la contraerea non sparò neanche un colpo. Moltissimi rimasero per sempre sotto le macerie, nei rifugi e nelle navi affondate, per cui il numero esatto dei morti non è stato mai accertato. Si dice che siano stati circa 500, ma si tratta solo di civitavecchiesi di cui si poté constatare la scomparsa. Ma in quel momento nel porto laziale c’erano militari, persone venute da fuori, chi si imbarcava, che era arrivato, chi era là per chissà quale motivo. Civitavecchia subì in tutto 86 bombardamenti, ma nessuno come quello del 14 maggio. Poiché si temevano altre incursioni, 20mila dei 23mila abitanti della città fuggirono sulle vicine montagne, nei centri di Allumiere, Tolfa, Canale Monterano o anche nel Viterbese che era collegato con la ferrovia. Alcune fonti parlano di oltre mille morti, poiché gli americani non bombardarono solo il porto, come avrebbe dovuto essere e gli obiettivi militari, ma bombardarono anche il

centro cittadino, gli obiettivi civili, e non certo per errore, perché chiunque osservi una cartina della città vedrà che il porto è un obiettivo aereo facile da centrare. Era la strategia del terrore attuata dagli alleati che poi venne utilizzata in tutta Italia, come è noto e come confermano i bombardamenti di qualche settimana dopo su Roma. Nel mesi successivo ci furono altre decine di bombardamenti su una Civitavecchia pressoché deserta e con un porto del tutto inutilizzabile. La città fu distrutta all’80 per cento, e prima della successiva ritirata i tedeschi ne minarono altre parti, come alcune banchine del porto e Forte Michelangelo. Quando la gente iniziò a ritornare, visse nelle caserme rimaste in piedi, senz’acqua e senza cibo, in condizioni igieniche tali che epidemie di tifo e scabbia colpirono migliaia di persone. A un certo momento, dopo lo sbarco di Anzio, il porto tornò a vivere, perché la Quinta Armata decise di rifornirsi a Civitavecchia, cosa che migliorò sensibilmente le condizioni della popolazione, grazie soprattutto alle derrate alimentari in scatola degli americani. La situazione tornò alla normalità dopo cinque anni, il comune ritornò a Civitavecchia da Santa Marinella dove si era trasferito, e gli stanziamenti del Genio civile aiutarono la ricostruzione. L’8 marzo del 1999 Civitavecchia ha ricevuto la Medaglia d’oro al Valor civile, per i sacrifici delle sue popolazioni e per i danni alla città. Numerose iniziative sono state intraprese dall’amministrazione per commemorare i caduti di quei giorni e ricordare le sofferenze della popolazione. Antonio Pannullo , Il Secolo d’Italia

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