Bacc2014

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SCUDERIE ALDOBRANDINI 2014



Biennale d’Arte Ceramica Contemporanea LA CERAMICA ALTROVE


Con il patrocinio di: presentano

BACC BIENNALE D’ARTE CERAMICA CONTEMPORANEA SCUDERIE ALDOBRANDINI 13 dicembre 2014 14 gennaio 2015 A cura di Jasmine Pignatelli In collaborazione con Sandro Conte

Con la collaborazione di:

Sindaco Alessandro Spalletta Consigliere Delegato Politiche Culturali Francesca Neroni Dirigente Settore Cultura Angiolino Ghirardi Direttore Scuderie Aldobrandini Responsabile Servizio Cultura Giovanna Cappelli Ufficio Stampa Massimiliano Bianconcini

Media partner:

Servizi museali STS - Multiservizi

MULTISERVIZI

Catalogo a cura di

Sponsor

DOMUS Park Hotel - Tuscolana Grafica Luisa Petrolati Stampa Cierre&Grafica


Biennale d’Arte Ceramica Contemporanea LA CERAMICA ALTROVE

Gianni Asdrubali Lucilla Catania Giuseppe Ducrot Andrea Fogli Michele Giangrande Claudia Giannuli Iginio Iurilli Felice Levini Davide Monaldi Sabine Pagliarulo Bianca Susy Piva Oliviero Rainaldi Tiziana Rivoni Mara van Wees

Scuderie Aldobrandini - Frascati Edizione 2014


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Benvenuti a BACC Siamo particolarmente felici di poter ospitare la seconda edizione della Biennale d’Arte Ceramica Contemporanea (BACC), che si configura come un appuntamento di grande interesse con la presenza di 14 artisti molto eterogenei tra loro per esperienze, ricerca estetica, età e sensibilità. Siamo felici perchè questo vuol dire dare continuità ad un progetto che la Città di Frascati ha sentito subito come rilevante e che investiga un tema poco praticato qual è quello della ceramica d’autore e che solo negli ultimi tempi ha incominciato a trovare una certa eco e attenzione nel pubblico. In secondo luogo perchè - come aveva messo bene in evidenza a suo tempo la prima edizione della Biennale -, le Scuderie Aldobrandini con gli ampi spazi e le splendide vetrate, la cui vista spazia su Roma e giunge fino al mare, si sono rivelate essere per modernità e struttura adatte a esaltare una esposizione delicata e sorprendente come questa del BACC.

Per molto tempo si è ritenuto che Arte e Ceramica fossero due cose a sé stanti, non riconducibili l’una all’altra o impossibilitate ad incontrarsi nella dimensione della pura estetica. Eppure, proprio quegli elementi un tempo meno inclini ad essere assorbiti nella sfera dell’arte e posseduti dalla ceramica in massima parte, come, ad esempio, il glamour di smalti e colori, le forme morbide e sofisticate del design, la serialità e un certo gusto pop, cui si deve aggiungere un procedimento creativo non facilmente controllabile in ogni suo aspetto, quindi sentito più artigianale e laboratoriale (e meno da atelier), sono oggi forse quelli che meglio si adattano alla sensibilità artistica delle società post industriali.

La verità è che la grande e vera arte accoglie e fonde la dimensione estetica in quella etica, sempre da intendersi quest’ultima nel senso di una rigorosa e seria indagine e interpretazione del reale. E oggi gli artisti più accorti e sensibili, come quelli accolti nella mostra La Ceramica Altrove, gettano uno sguardo sul contemporaneo e indagano il tempo presente, interpretandone le direttrici future, anche attraverso gli elementi più caratterizzanti la società dell’immagine, quali il glamour, il pop e il design. Per questo accogliamo con favore questa nuova edizione della Biennale d’Arte Ceramica Contemporanea, ringraziando la curatrice Jasmine Pignatelli, Sandro Conte e Contemporanea Associazione Arte e Cultura per l’attenzione e la professionalità con la quale hanno selezionato opere e autori.

Francesca Neroni

Alessandro Spalletta

Consigliera delegata alla Cultura

Sindaco di Frascati

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Bella al tatto oltre che alla vista... Nel terzo millennio ceramica e ancora ceramica. è un materiale che ha accompagnato l’uomo nel corso della sua storia e le sue molteplici funzioni hanno reso più leggera la sua esistenza. Lo hanno accompagnato anche al termine della sua esperienza terrena, basti pensare al biconico ed al suo abbraccio eterno o alle tante ceramiche del corredo funebre. Gli oggetti di una vita che accompagnano l’essere umano anche nell’altra. In Grecia la ceramica è stata strumento di democrazia, oltre che di decoro delle mense o delle nozze. Bevuto il liquido da una kylix, come da tante altre forme ceramiche, si poteva contemplare la figura di Dioniso, il dio dal collo viola, disteso sotto una pergola, o ammirare sui fianchi di un cratere o di un’anfora la bellezza dei cavalieri e delle divinità protettrici, o la tensione di Aiace ed Achille mentre giocano sulla famosa opera di Exekias, anticipando di secoli la stessa struttura dei giocatori di Cezanne. I butti antichi ci raccontano dell’alimentazione, del tenore di vita, delle malattie, delle vicende che nel corso dei secoli avevano accompagnato l’esistenza di chi li aveva posseduti. Tanti sono i colori e le tecniche, altrettanti sono gli usi o i non usi, ugualmente importanti, della ceramica. è bella al tatto oltre che alla vista, è interessante anche quando non riuscita per qualche errore chimico o per l’inesperienza del ceramista o del ceramografo. A volte sono rimaste le impronte delle dita umane o delle zampe di un animale domestico e, per un attimo, ripensiamo a quel quotidiano antico così contemporaneo come le ceramiche ospitate nella Seconda Biennale all’interno delle Scuderie Aldobrandini. L’interesse verso questa materia si è mostrato quasi carsico nel tempo, ma negli ultimi anni ha recuperato terreno attraverso un’attenzione più consapevole che si caratterizza nelle molteplici iniziative dedicate alla ceramica. La Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, ha programmato per marzo 2015 una grande mostra sulla scultura in ceramica a partire dagli anni ‘50 fino ad oggi curata da Maria Stella Margozzi con il Maestro Nino Caruso. Così anche la Casina delle Civette dei Musei di Villa Torlonia ha aperto un osservatorio sulle figure che hanno svolto un ruolo nel rinnovamento artistico della ceramica. La rassegna “Ceramica e Architettura” presso la Casa dell’Architettura a Roma realizzata con il Comune di Roma con mostre, workshop e conferenze è un progetto nato per favorire e sostenere il rapporto di collaborazione tra il mondo della Ceramica e quello dell'Architettura. Sarebbe pertanto auspicabile avviare a Frascati un progetto per la costituzione di una collezione di ceramiche che non venga focalizzata su determinati periodi storici, ma che legga il percorso della materia dall’antico fino ad oggi, attraverso l’analisi di tutte le implicazioni artistiche, storiche e sociologiche. In tal senso, la BACC e l’Associazione Contemporanea potranno rappresentare uno strumento importante per lo sviluppo di questa idea. Appoggiare, condividere ed ospitare il progetto della Biennale di Ceramica è dunque un contributo allo sviluppo della percezione che questo tipo di espressione artistica giustamente merita anche nella contemporaneità. Giovanna Cappelli Direttrice del Museo Tuscolano delle Scuderie Aldobrandini - Frascati 6


14 artisti per BACC Con la sua ricognizione biennale BACC propone di rendere sempre più evidente l’evoluzione della ceramica da materia erroneamente considerata dominio dell’artigianato a medium espressivo dei nuovi linguaggi dell’arte. Nell’intento di analizzare i diversi approcci di metodo e di lettura a questa materia è stato presentato un esperimento espositivo che affianca due generazioni di artisti e non solo. Questa nuova edizione dal titolo LA CERAMICA ALTROVE pur rivolgendosi al mondo dei ceramisti, mette in mostra e in relazione dialettica anche la ceramica di artisti affermati e conosciuti soprattutto per altri materiali, storie e percorsi, che in alcune fasi del loro lavoro sono stati sollecitati e ispirati da questa materia con il risultato di aver contribuito a rendere la scultura ceramica una realtà in espansione. Dagli incontri e dalle riunioni che si sono tenuti in questo biennio di preparazione è stata lanciata provocatoriamente la necessità di definire il concetto di scultura in ceramica. Domanda rivolta non solo ai giovani, ma anche a figure del mondo dell’arte, artisti affermati, galleristi. La risposta è stata univoca e compatta! Al cospetto di un’opera di Rainaldi, Asdrubali o Fogli, come anche di Paladino, Ontani, Fioroni tra i tanti (che registrano nel loro archivio artistico anche opere in ceramica), non ci saremmo mai soffermati sulla questione del materiale, della tecnica e dell’esecuzione. Questo è un concetto chiaro tra gli artisti, ma non poi così chiaro quando ci confrontiamo con il grande pubblico o con le riviste del mondo dell’arte. Esiste un immotivato pregiudizio sulla percezione e lo sviluppo di questo materiale che BACC ha l’ambizione di risolvere. BACC ha così raccolto il senso di queste considerazioni e ha creato le condizioni per un confronto dialettico con artisti che vantano un percorso solido e affermato, e che non hanno mai dovuto misurarsi con le questioni di metodo e di materiale per la classificazione delle loro opere. Artisti che hanno avuto approcci e “contatti” di diversa natura con la materia fittile, artisti quindi neanche troppo adatti a rappresentare una “Biennale di Ceramica”. E così sono sati individuati nomi al di fuori di quello che è il “mondo della ceramica” raccontato da BACC: Gianni Asdrubali, Lucilla Catania, Giuseppe Ducrot, Andrea Fogli, Iginio Iurilli, Felice Levini, Oliviero Rainaldi. Anche Michele Giangrande se non per generazione, per questioni di metodo può rientrare a pieno titolo tra coloro che hanno un approccio distante e fluido con la materia. Questi artisti hanno raccolto l’invito e si sono messi al servizio dell’iniziativa e delle questioni sollevate prestando la loro opera al progetto e diventando tutori, difensori di una scultura che non vuole alcuna classificazione di materia. Le nuove leve o giovani promesse dalla forte personalità, che non temono confronti e che hanno ispirato questa edizione di BACC sono Davide Monaldi, Claudia Giannuli, Sabine Pagliarulo, Bianca Susy Piva, Tiziana Rivoni e Mara van Wees. Questa mostra vuol dimostrare non solo con le opere, ma anche con contributi critici e dichiarazioni di esponenti del mondo dell’arte del giornalismo e della ceramica, che punti di contatto tra arte a tutto tondo e ceramica sono possibili. Rainaldi per anni ha costruito da sé i forni a legna e la profonda conoscenza della materia è complice della totale astrazione delle sue figure; Catania ha maturato i suoi primi approcci con la scultura attraverso la terracotta, oggi ampiamente entrata di diritto nel suo linguaggio; Fogli, ne ha tanto confidenza che ne fa un uso spregiudicato lasciandola cruda o viva. Asdrubali dal suo rapporto recente con questa materia ha colto nel potenziale degli smalti (luce, consistenza e segno) una suggestione profonda capace di influenzare e contagiare la sua pittura. Iurilli è un narratore ironico e sperimentatore senza soste che interviene sulla terracotta con pigmenti, colori ad olio e polveri di quarzo. Ducrot modella l’argilla, scolpisce il marmo e lavora il bronzo con una sintesi culturale e concettuale che rilancia provocatoriamente a linguaggi contemporanei. Con il mimetismo, la transitorietà e la performance, vicino alla body art per il suo modo di rappresentarsi, Levini trova nella materia ceramica terreno fertile per le sue associazioni ironiche. Giangrande è artista versatile che punta tutto sul segno e sull’arcaico, mentre Monaldi, disegnatore di grande talento, è fedele alla ceramica per sviluppare i suoi “bizzarri capricci”. Van Wees ha il senso della costruzione che mette costantemente in discussione creando un universo in bilico. Pagliarulo è lirica e poetica. E’ composto di dimensioni oniriche e ancestrali l’universo di Piva mentre l’opera di Rivoni è un lavoro sulla fisicità in bilico tra memoria e contemporaneità. Giannuli mette in scena le contraddizioni e le inquietudini dell’universo femminile, soggetto a una cruda realtà domestica e sociale. Jasmine Pignatelli 7


la ceramica 8


UN OSSERVATORIO IN DIVENIRE BACC è un percorso, un “osservatorio” destinato alla ceramica che raccoglie e registra le diverse operazioni artistiche e filologiche che si sviluppano attorno al materiale fittile. BACC attinge dal mondo della scultura in ceramica le informazioni sui nuovi linguaggi e ne fa materiale didattico divulgativo per contribuire a diffondere una nuova percezione della materia. Nella precedente edizione dal titolo Materia in Espansione si è voluto mettere in scena il lavoro di artisti, perlopiù di nuova generazione che hanno individuato nella ceramica una possibilità di autonomia espressiva ricca di contaminazioni e di potenzialità, con l’obbiettivo di collegare questo fermento ad un nuovo tipo di pubblico, a fruitori dell’arte svincolati dai pregiudizi accademici e storico critici, non influenzabili dalle categorizzazioni e dagli schemi consolidati. A due anni di distanza da quella scelta, si vuole oggi indirizzare questa connessione verso una nuova destinazione ancora più distante se possibile dai formalismi e dalle “recinzioni”. Ne è nata una mostra che mette in rapporto dialettico il lavoro di artisti ceramisti (sempre di nuova generazione perché BACC è a loro che si rivolge), con quello di artisti che hanno operato sporadiche incursioni in questo complesso mondo; artisti affermati questi, che hanno maturato in una lunga carriera artistica linguaggi compatti e coerenti, e che sono conosciuti ai più per l’uso di altri materiali diversi dalla ceramica. Il tentativo, è quello di testimoniare come la ceramica possa essere anche (quando non soggetta a tecnicismi) materiale di “liberazione” al servizio di un personale linguaggio poetico, fuori da ogni referenzialità. BACC si offre dunque in questa edizione 2014 come progetto espositivo che raccoglie e racconta le intersezioni e i punti di contatto tra Arte e Ceramica. Certo non tutto si può raccontare con il lavoro di 14 artisti di oggi e i 13 della precedente edizione, ma il senso del progetto è proprio nella continuità e nei diversi approcci tematici e linguistici che via via la Biennale avrà la capacità di individuare e proporre. E questo è un augurio. IN CERCA DI UN POSSIBILE ALTROVE Quando si cerca un titolo per una manifestazione come BACC l’immaginazione prende il sopravvento: quanti titoli ho provato e riprovato cercando una locuzione che esprimesse il destino, la direzione della “nuova avventura” che la ceramica sta vivendo nella contemporaneità! Cercavo e ricercavo un titolo che alludesse soprattutto alla riabilitazione della ceramica nell’Arte a tutto tondo, un processo attivo già da anni ma che ancora registra difficoltà a imporsi al collezionismo e al sistema museale, istituzionale e mediatico. Un titolo non autoreferenziale che avesse le capacità di generare un’idea dell’Arte come possibile viaggio verso l’ignoto, verso l’Altrove. Così è nato il titolo La Ceramica Altrove: altrove dal compiacimento tecnicistico, altrove da ogni geografia, altrove dalla Ceramica stessa, materiale che libera ma al tempo stesso può imprigionare/imprigionarsi nella trappola dell’utensile e del funzionale. Una Ceramica posta in quell’altrove che si fa sconfinamento fuori dalle regole, una ceramica figlia di quella “espansione” che tanto si auspicava nella prima edizione. Inutile negare come la ceramica sia un materiale che avanzando nel tempo porta comunque sempre inevitabilmente con sé il mito dell’origine e della memoria del passato: lo sconfinamento verso l’Altrove potrebbe così ri-attivare in senso critico gli elementi di quella tradizione, a cui la ceramica è indubbiamente agganciata, e rilanciarne il ruolo lontano dalla continuità formale del fardello della Storia.

altrove 9


DAL PREGIUDIZIO ALLA LIBERAZIONE La ceramica negli anni è riuscita solo in parte a scalare l’insormontabile montagna di pregiudizi che l’hanno confinata tra le risorse della tradizione popolare artigiana più che tra le nobili eccellenze dell’Arte e del Made in Italy. Mai il ferro, il legno, il bronzo o il rame o il vetro hanno avuto le stesse difficoltà: da sempre dicendo ceramica si finiva per pensare piatto o ciotola, in una sorta di condanna storica e genetica, che certo è in ogni caso parte del DNA di ogni ceramista col suo peso di anni di ritualità (dal neolitico) nei quali la manifattura ha rappresentato il punto focale di una continua ricerca sospesa tra tradizione e innovazione. Ma ormai finalmente il percorso per la “Liberazione” è stato attivato, anche se è ancora pieno di insidie e registra poca attenzione istituzionale: lo stesso sistema museale italiano soffre della mancanza di un certo tipo di Ceramica Contemporanea nelle collezioni pubbliche; al tempo stesso il collezionismo è diffidente e il mercato non ha ancora espresso un suo giudizio esplicito. Ma il fermento artistico che in questi anni si muove intorno alla ceramica ha creato i presupposti per una nuova attenzione e per una ricognizione che raccoglie le eredità dei Fontana, Leoncillo, Agenore Fabbri, per continuare con Carlo Zauli, Valentini, Tasca, Nedda Guidi, Nino Caruso, solo per citarne alcuni, che a partire dagli anni ’50 hanno attivato un’inversione di tendenza che ha permesso alla ceramica di varcare la soglia reale dell’Arte. Adesso il percorso è finalmente in discesa, tutti sono più pronti e ricettivi, disposti a suggerire la strada da seguire, anche se l’arte, se arte deve essere, ha un cammino invisibile al di fuori di dinamismi collettivi e razionali. UN DELITTO IN NOME DELLA TECNICA La progressiva divisione che negli anni si è sviluppata tra artista e artista ceramista è stata fatale alla crescita e allo sviluppo di questa disciplina. Ciò che avrebbe dovuto essere tutt’al più una distinzione quale quella tra pittore e scultore, tra performer e videoartista, è divenuta invece un fossato di separazione ed esclusione con un’accezione negativa e una modalità nella quale per difesa il Ceramista tende a esaltare i tecnicismi che agli altri mancano. Così negli anni l’errore dell’artista ceramista è stato, reiteratamente, quello di porre tra l’opera e lo spettatore il dato tecnico e l’esaltazione della materia. La dichiarazione del raggiungimento di una perfezione e di una sopraffina abilità tecnica (che indubbiamente ha un suo valore) pesa come un macigno nella comunicabilità dell’opera, è un filtro troppo tecnico che inibisce qualsiasi tentativo di astrazione dell’opera d’arte. Così facendo l’opera viene ridimensionata a oggetto manierista, autoreferenziale e formale negando allo spettatore la magica esperienza dell’empatia con l’Opera. La tecnica nell’esecuzione dell’opera è comunque centrale e decreta la riuscita o meno del lavoro, è frutto di sapere, sperimentazione, sacrificio e cultura, ma se sconfina nelle tradizioni alchimistiche ed esoteriche lo fa a danno dell’emozione, esce dalla dinamica tra l’artista e l’opera e danneggia il dato “intimo” tra l’opera e chi la guarda e la vive come fruitore. CAMPO D’AZIONE E CAMPO TEORICO L’antagonismo tra Arte e Artigianato ha oggi fragili ragioni di esistere, ma persiste ostinato nel pensiero comune, così come persiste quello tra Arte e Ceramica. Indubbiamente è sempre esistita una via della ceramica e una dell’arte come anche una dell’artigianato altrimenti tutto questo parlare di “equivoco”, “arte minore” e “pregiudizio” non troverebbe il terreno fertile che ha riscontrato negli anni. L’arte, l’artigianato e la ceramica hanno sì delle rotte, ma con percorsi assolutamente non lineari e che acquisiscono valore straordinario nei punti in cui le loro traiettorie si intersecano ed entrano in contatto. Ecco, è proprio in questi confini, in queste soglie e campi teorici che va cercata la destinazione comune dell’Arte e della Ceramica: negli sconfinamenti, nei transiti, tra le tangenti e le incidenze, laddove le intersezioni non presentano vuoti. In questi territori si passa così da un concetto “univoco” di materia allo sviluppo della sua molteplicità dove anche quelli che sono gli aspetti fragili e avversi, diventano risorsa. 10


SOLIDO E LIQUIDO è questa l’era della Grande Crisi, una crisi generalizzata che nei suoi aspetti economici ha inevitabilmente coinvolto anche il mondo dell'arte, producendo forti tagli alla Cultura, comprimendo gli spazi e le occasioni di espressione. Quello che si registra è l’avanzare di un veleno che sta portando alla dissoluzione della società, un veleno chiamato Rassegnazione, diluito e sparso nel bel mezzo della cosiddetta “Società liquida”. Quello della Società Liquida è un concetto che qualcuno pensa già superato, ma la viviamo ovunque, è dappertutto. Oggi il termine è divenuto slang, gergo, attestando un senso di rassegnazione alle trasformazioni radicali e globali del nostro tempo, vissute come ineluttabili, alle dinamiche in atto che relegano l’esperienza individuale e le relazioni sociali in strutture che si vanno decomponendo e ricomponendo rapidamente, in modo vacillante, fluido e volatile. Liquido appunto. Ma cosa c’entrano l’Arte e la Ceramica con le teorie sulla società liquida del sociologo Zygmunt Bauman? La Ceramica in questa mia personale visione è l’arma affilata che stoici artisti hanno sfoderato per attivare una resistenza a questa indifferenziata frammentazione. Un materiale contemporaneo da contrapporre alla liquida volatilità della vita sociale, del pensiero, della vita. Investire in umanità, passione, etica, cultura e arte è l’unica reazione possibile alla disgregazione. Mai come in questo momento c’è bisogno di un’arte calata nel presente, tanto da assumere un suo peso specifico, una sua forza resistente, un attrito alla gravità negativa del momento storico. Pittura, Scultura, Fotografia, Videoarte, Teatro, Danza o Cinema, nessuna disciplina è al riparo da questa inquietudine, e certo non può esserlo la Ceramica Contemporanea. Figlia di una lunga storia di tradizione e artigianato, si candida ad essere la più “solida” protagonista di questo momento. Liberata dall’obbligo identitario della “ciotola ad ogni costo”, dell’oggetto d’uso, del vasellame, la ceramica ha iniziato a esprimere linguaggi dotati di autonomia artistica. Il contenitore insomma è stato trasformato in contenuto. Nonostante una storia lunga migliaia di anni insomma, la Ceramica dimostra di essere un materiale ancora molto giovane, capace di trovare il suo posto nella nuova geografia delle diverse espressioni artistiche, pronta a tornare protagonista di un “dialogo” con la Scultura e le altre forme d’Arte che per qualche strano e ingiusto motivo si era interrotto. La ceramica può essere a pieno titolo l’antidoto al “veleno della liquidità” ed esprimere un nuovo progetto culturale contemporaneo.

Jasmine Pignatelli

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opere


in mostra


Gianni Asdrubali SpAtto, 2013/2014 Maiolica con intervento a 3° fuoco in nero. Ă˜ 75 cm. Realizzato nella Bottega Gatti Faenza. 14


Lucilla Catania SCAtoLe, 1997 Terracotta refrattaria. 100 x 50 x 60 cm. Foto: Claudio Abate. 15


Giuseppe Ducrot DUe CANDeLABRI, 2013 Terracotta invetriata. H. 80 cm. Realizzato in collaborazione con Bottega Gatti Faenza. Foto: Giorgio Benni 16


Andrea Fogli IL CUSCINo DeI pIANetI, 2012 Terracotta dipinta. 18 x 35 x 16,5 cm. 17


Michele Giangrande SACRUM, 2013 Ceramica, sgabello. 65 x 40 x 40 cm. 18


Claudia Giannuli DRAG & DRopS, 2013 Terracotta. 25 x 4 x 100 cm. 19


Iginio Iurilli A MIo pADRe, 2011 Acrilico e polvere di quarzo su terracotta. 12,5 x 67 x 23 cm. Foto: Gianni Zanni 20


Felice Levini I Sette VIZI CApItALI, 2002 Ceramica.

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Davide Monaldi HAppy HAppy BIRtHDAy, 2012 Ceramica smaltata, palloncino ad elio. 96 x 48 x 9 cm. 22


Sabine Pagliarulo DeLL’ACqUA, 2014 Argilla refrattaria, ossidi e smalti. 1250° 22 x 14 x 15 cm. 23


Bianca Susy Piva NAtURA INtRAppoLAtA, 2014 Paperclay porcellana, filo di acciaio, plastica e luce a led. 1250° Ø max 20 cm. 24


Oliviero Rainaldi CoNVeRSAZIoNI, 1994 Terracotta. 45 x 65 x 20 cm. 25


Tiziana Rivoni MoRo, 2014 Terracotta, ingobbi, ossidi, vernice. 35 x 20 x 25 cm. Foto: Felice Vannucci 26


Mara van Wees IN BILICo, 2014 Argilla refrettaria, engobbi, smalti. 1060째. H. 130 cm. Foto: Mario Cozzi 27


contributi


critici


Dialogo con il Maestro Nino Caruso Nino Caruso è tra i massimi esponenti internazionali della ceramica contemporanea. La sua attività artistica ed espositiva procede di pari passo con quella didattica ed editoriale. I suoi interventi in ceramica sono presenti presso la Galerie Les Camps di parigi e la Chiesa evangelica a Savona, in Giappone presso l’ospedale di tokai e City Hall e presso La Rotunda a Coimbra in portogallo. Interventi che portano la sua firma sono anche alla stazione ferroviaria di Gijon in Spagna come anche alla Stazione metro di Marsiglia. Come e quando è iniziata l’avventura contemporanea della ceramica in Italia? Per capire quali sono i motivi di una diffusione così capillare della ceramica, è necessario tornare alla fine degli anni '70 e i primi degli '80, quando l'editore Hoepli, considerata la mancanza rispetto ad altri paesi, pubblica alcuni manuali sulla ceramica, dove sono descritti procedimenti tecnici innovativi. Successivamente, viene messo in onda il programma in dieci puntate sull'Arte della Ceramica prodotto dalla RAI. La letteratura ceramica e i programmi RAI crearono un interesse diffuso in tutto il paese; coinvolgendo nel tempo uno straordinario numero di persone favorendo un confronto che ha stimolato ricerche sempre più interessanti nel campo della ceramica che hanno rivelato personalità artistiche di rilievo. Lei è protagonista di un periodo in cui questo fermento trovò una committenza nell’architettura che sempre più si affidava alla ceramica e ai suoi innovatori. Periodo fertile ma poi ridimensionato dalla totale mancanza di un progetto istituzionale, museale o didattico.

pALA - Terra sigillata, 2004/06

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artistico che si muove intorno alla ceramica. è da questi presupposti che nasce la mostra “La Ceramica degli Scultori” alla Gnam? La direttrice Maria Vittoria Marini Clarelli della Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma, preso atto di una realtà culturale molto diffusa in Italia, mai rappresentata nel suo insieme in un contesto culturale istituzionale, ha deciso di organizzare, nel marzo 2015, una mostra della scultura ceramica in Italia dagli anni '50 ai nostri giorni, curata da me e dalla dr.ssa Mariastella Margozzi. Una tappa fondamentale per la conoscenza dell'arte ceramica in Italia, che va raccolta anche dalle altre istituzioni pubbliche e private.

oMAGGIo ALLA SICILIA - Terracotta, 1994

Sorprende che la ceramica italiana da anni sia conosciuta da molti curatori di paesi come gli USA, l'Europa, la Cina, il Giappone, la Corea, dove le opere degli scultori ceramisti sono esposte nei più importanti musei. Nel nostro paese, invece, radicati pregiudizi considerano la ceramica in modo riduttivo, relegandola allo stato di arte minore. Questo pregiudizio è confermato da mostre di scultura ceramica che vedono la partecipazione di artisti operanti in altre discipline che transitano occasionalmente nell'uso di questo materiale, ignorando quegli scultori che da sempre privilegiano questo materiale, come a suo tempo, fecero un Arturo Martini, un Leoncillo o un Agenore Fabbri. Lei sta dicendo che il sistema istituzionale e museale italiano ha sempre sofferto della mancanza di un certo tipo di ceramica contemporanea nelle collezioni pubbliche e non ha mai di fatto intercettato il fermento

Cosa mi dice del ruolo della ceramica oggi. Con la mostra alla GNAM viene riconosciuto e confermato come la ceramica abbia svolto per millenni un ruolo “pacifico” molto importante sia per la caratteristiche intrinseche del materiale, in primo luogo la terra usata per produrre oggetti necessari alla vita dell'uomo, sia per esprimere la creatività finalizzata anche a qualificare la casa e l'ambiente. Oggi questi aspetti fondamentali dell'arte ceramica vanno analizzati nel contesto della cultura e dei bisogni del nostro tempo.

ItINeRARIo DeLLA MeMoRIA - Cesenatico, 1989


Dialogo con Davide Servadei - Bottega Gatti Faenza Davide Servadei è pronipote e prosecutore di Riccardo Gatti che nel 1928, fondò l’attuale Bottega Gatti Faenza. Luogo di grande tradizione e produzione ha sempre accolto gli artisti nella conoscenza della ceramica fin dai primordi. tra questi anche gli esponenti del movimento futurista tra i quali Balla, Marinetti, Dottori. oggi Davide sta continuando questa attività con all’attivo collaborazioni con artisti quali paladino, echaurren, ontani, Fioroni e tanti altri. 1928, si può dire che la tua famiglia possiede un DNA che custodisce un grande e prezioso sapere. Ma quanti artisti passano dalla Bottega Gatti, in quanti hanno fatto incursioni nel mondo della ceramica? Io sto facendo nella contemporaneità quello che il mio avo ha fatto per tutta la vita. Lui aveva aperto agli artisti futuristi che sperimentavano qui nella Bottega. Riprendere il rapporto con gli artisti è stato un mio desiderio che è nato giorno per giorno mettendo a punto il giusto equilibrio tra arte, tecnica e artigianato. In molti hanno così voluto e potuto transitare per questa materia e ancora oggi questo fermento è in evoluzione. Artigianato e arte, quanto pesa la consapevolezza tecnica nella realizzazione dell’opera? Una distinzione tra artigianato e arte è d’obbligo ma è anche anacronistica. Quello che sono riuscito a verificare nel mio ambito di lavoro è che l’artista si preoccupa di vivere una contemporaneità attraverso il suo lavoro e la materia ne è strumento. La ceramica, forse per la sua complessità, ha generato degli equivoci di metodo e troppo spesso ho visto in questo Paese artisti legati alla ceramica non esprimere un linguaggio, piuttosto un linguaggio della materia. In ogni caso l’artigianato ha grande ruolo nello sviluppo di questo materiale. Ho rispetto per l’artigianato, sono presidente di una istituzione sindacale che tutela gli artigiani, ed è solo dalla difesa di questo territorio che l’arte a tutto tondo può trarre i grandi vantaggi che oggi sta vivendo. Questa infinita diatriba non aiuta il mercato dell’arte, inoltre il collezionista è diffidente rispetto alla presunta fragilità della ceramica. Ci vorrebbe in Italia un artista come lo fu Picasso che rivoluzionò a livello mondiale la percezione della ceramica. In Italia chi spinge in questa direzione? Picasso sicuramente ha intercettato la ceramica e l’ha fatta diventare linguaggio artistico. Ma a mio avviso sempre un passo indietro rispetto ad altri suoi tipi di lavori e la differenza del valore commerciale lo dimostra. In Italia è accaduta la stessa cosa con Fontana, Melotti ecc.

Hanno acceso la curiosità, hanno realizzato opere in ceramica ma con una incidenza sul mercato inferiore ad altri loro lavori. Oggi è in corso un cambiamento. Per fare un esempio Paladino e Ontani con la loro forza artistica stanno imponendo opere nelle quali il dato “ceramica”, sia per valore che per qualità artistica, è al pari di opere che rispondono ai loro linguaggi primari. Questa dovrebbe essere la direzione. Paladino, Ontani, Fioroni ma prima ancora Matta, Cerone e Accardi, tra i tanti: che tipo di collaborazione si sviluppa in Bottega tra te, i tuoi collaboratori e l’artista? Ogni artista ha un approccio diverso con la materia. Sicuramente arrivano in Bottega animati da una grande curiosità e questo regala loro un grande vantaggio rispetto a quello che è il mondo della ceramica che ha fatto sì che la tecnica prendesse il sopravvento sull’opera. Questo con gli artisti che arrivano nella bottega non accade perché il nostro impegno è fornirgli tutti gli strumenti tecnici per lasciarli liberi di muoversi nei loro binari stilistici e concettuali. In una intervista Giosetta Fioroni dice di te che, con i tuoi suggerimenti, tu porti gli artisti dove sono le loro aspirazioni e che questa è la tua bravura. Tu cosa sei, un traduttore, interprete o mediatore delle esigenze degli artisti? Sei a disposizione degli artisti o dell’opera d’arte? Rispetto al mio tipo di collaborazione direi che non sono tutto quello che hai detto ma certamente è il mio obbiettivo diventarlo. Con la squadra (due sorelle e sei collaboratori) accettiamo le sfide che si presentano ogni volta cercando di mettere a punto il rapporto linguaggio e materia che ci viene chiesto. Il sapere che nella Bottega mettiamo in campo deve essere al servizio dell’opera, non deve sopraffarla. Questa apertura ha permesso a molti artisti di avventurarsi in questo campo, con il disappunto di troppa gente che ha equivocato il mio tipo di professione che mette a favore dell’arte un sapere millenario fatto di ricerca e sperimentazione. Personalmente sono dispiaciuto. Mettere a disposizione un sapere è un atto di umiltà a vantaggio di un mondo troppo spesso ripiegato su se stesso.

Giosetta Fioroni, Luigi ontani e Mimmo paladino alla Bottega Gatti

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Un mezzo di liberazione chiamato ceramica Lorenzo Madaro. Critico d'arte e curatore. Docente di Storia e metodologia della critica d'arte all'Accademia di Belle Arti di Lecce “La ceramica è stata, qualunque sarà la sua parte nell’arte dei prossimi anni, un mezzo di liberazione”. In un volumetto stampato dalle Edizioni della Cometa di Roma nel 2010, lo storico dell’arte Peppino Appella avvia una sua conversazione con Davide Servadei della Bottega Gatti citando una riflessione di Guido Piovene. Una frase intensa, che esprime, tra le altre cose, una delle vie maggiormente estreme dell’arte, che unisce secoli, anzi millenni, di storia, in un’ottica nomadica che collega con un filo diretto artisti, geografie, metodi, collaborazioni e avventure tra artisti e artigiani; dialoghi tra idea e forma, com’è stato per tanti artisti che l’hanno usata con continuità, come Leoncillo, Giacinto Cerone, Giosetta Fioroni e, naturalmente,

Luigi Ontani, fino ai più giovani Bertozzi & Casoni. Albisola, Faenza e, non ultima, Matera, sono luoghi di culto di un genere troppo spesso trascurato da chi scrive le pagine di storia dell’arte della contemporaneità. Proprio il centro lucano, grazie agli artisti transitati nei Sassi per merito di Appella, ha assorbito la progettualità di un maestro artigiano come Peppino Mitarotonda. Da Pietro Consagra (in concomitanza con la sua ormai storica mostra del 1978, che avviò la mitica stagione delle grandi mostre di scultura nei Sassi, purtroppo in stand-by da un paio d’anni), a Kengiro Azuma, che in tempi recenti, rapito dall’energia atavica di Matera, ha concepito nuove opere, nuovi lacerti del suo pensiero zen.

Bibliografia essenziale di riferimento • G. Appella, Terracotte di Ortega, All’insegna del Pesce d’oro, Milano 1977. • Consagra in Lucania: con alcune “Precisazioni” e la “Lettera ai Materani” di Consagra, la “Carta di Matera” e una nota di Giuseppe Appella, Edizioni della Cometa, Roma 1986. • Ceramica e scultura. La Bottega Gatti Faenza, con un colloquio tra Giuseppe Appella e Davide Servadei, Edizioni della Cometa, Roma 2010.

Ceramica contemporanea: tra peso specifico e massa critica Francesco Paolo Del Re. Critico d’arte e curatore indipendente Non sono solo postproduzioni, relazioni, concettualizzazioni e performance gli ingredienti per l’elaborazione dell’esperienza estetica di un’epoca immateriale, globale e connessa come quella in cui viviamo. Nei flussi ondosi della comunicazione, l’arte possiede infatti ancora un suo peso specifico e una consistenza reale, concreta, materica. Può farsi misura di un’abitare, declinando i sensi di un avere corpo. Questo assunto vale, viepiù, per la ceramica contemporanea. Quello che la Genesi tramanda, cioè che “il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo”, è solo la favola di un tempo remoto? Niente affatto. Anche oggi, come già nel momento della creazione biblica, la ceramica è un materiale dell’arte. Seguendo l’istinto si rinnova e muta, ponendo domande sulle sue possibilità espressive. La mutazione antropologica della

comunicazione che si fa pelle impone inevitabili metabolizzazioni, interrogando limiti e opportunità. E quale può essere l’auspicio per chi pratica la sfida della terra? Ricominciare proprio dalla materialità della terra cruda, dalla possibilità di costruire mondi a partire da un grumo di argilla stretto in mano. Scolpire il presente aggiungendo, strato su strato, occasioni di ripensamenti, cambi di rotta, persino di naufragi. Plasmare, modellare, guidare la sceneggiatura delle vite nel loro esercizio appassionato e crudele. Sogni condivisi in un con-tatto. Farsi metafora di un modo di operare dentro la materia e attraverso le forme. Essere massa critica del reale, pratica di resistenza radicale, attrito del tempo presente, per una più audace accelerazione di immaginazione. Materia viva, fluida, per un’arte ancestrale. Archeologia del possibile, che si rinnova.

Ceramica contemporanea e vecchi discorsi sulla brocca Roberto Lacarbonara - Giornalista e Curatore di arte contemporanea. Docente di Estetica, Accademia Belle Arti "Fidia" Chi si occupa di ceramica - chi ne produce quanto chi ne scrive spende troppe volte troppo tempo a saltar fuori dalla palude dei discorsi su artigianato, tecnica, arte di serie b, opera Vs brocca, decorativismo eccetera. E dopo - una volta dimostrato che quest’arte sia all’altezza di quell’altra - giù con le ammirate cronache su opere, biennali, fiere, premi. Saltiamo dunque la dimostrazione, non perché supposta acquisita ma perché difatti insuperabile (è innegabile che la ceramica campeggi nelle dispense più che nei musei e ciò sembra viziare 32

imprescindibilmente ogni discorso sulla “purezza della razza” estetica) per giungere immediatamente alle conclusioni. La ceramica è l’arte del nascondere. Lo è sia quando alimenta l’incredulità dell’osservatore che non crede ai propri occhi che quella di Bertozzi e Casoni sia davvero ceramica. Sia quando Jan Fabre forgia un autoritratto in un posacenere smaltato nascondendovi l’opera stessa. E bene, questo ritengo sia il destino, da sempre, della ceramica. Ovvero da quando l’uomo ha iniziato a cuocere la terra per dare una forma al vuoto, per nasconderlo.


Ceramica come mutazione Christian Caliandro. Storico e Critico d’arte contemporanea La ceramica è uno dei territori e delle tecniche espressive in grado di coniugare innovazione artistica e saper fare. Questa materia è capace di veicolare alcune delle sottigliezze del tempo che stiamo vivendo: fragile e durissima, morbida e levigata, arcaica e nuovissima. è fatta per essere modellata passo dopo passo, fase dopo fase: la mano artigiana è lo strumento umano per articolare la forma. è per questo che l’artista solo concettuale, solo formale, solo accumulatore trova abbastanza difficoltoso l’approccio a questo linguaggio senza intermediazione: perché la ceramica

vive della e nella trasformazione; richiede la trasformazione costante dell’artista stesso, della sua identità. è per questo che la ceramica mi sembra particolarmente indicata, in questo momento storico e per il suo funzionamento, a fronteggiare e contrastare l’ostilità feroce alla possibilità che la nostra identità personale e creativa non sia monolitica, data e confermata una volta per tutte e immobili, ma soggetta a continua mutazione. Che anzi l’identità sia questa mutazione. Questo movimento da uno stato di realtà all’altro.

Il destino della ceramica Luciano Marziano. Critico d’arte Strano ma non sorprendente destino quello della ceramica materiale di pericolosa fragilità che, tuttavia, permane nei millenni anche per lacerti, frammenti tali da costituire primaria testimonianza di civiltà, usi, modi di vivere. Vittima, per lungo tempo, di una gerarchizzazione che ha costruito arbitrarie differenziazioni minoritarie nei confronti di operatori con materiali definiti (chissà perché) nobili, la ceramica, nel corso di un Novecento dalle diversificate valutazioni, ha visto una legittima ri/valutazione per cui si è assistito a transiti e sconfinamenti disciplinari a seguito dei quali la manipolazione ceramica ha prospettato l’apertura di vasti orizzonti per una generalizzata

espressività all’insegna della modulazione scultorea. Questa sorta di risarcimento ha avuto molteplici apporti sia di ordine pratico che teorico. Per i primi basti ricordare il Premio Faenza, le Botteghe Mazzotti di Albissola e Gatti di Faenza. Per i secondi non si può non fare riferimento all’opera davvero pionieristica di Nino Caruso con i suoi manuali, dizionari e trasmissioni televisive . Se un gradevole senso liberatorio sembra spirare , il compiacimento deve eludere la trappola del costituirsi come di una confraternita più o meno allargata di adoratori del verbo ceramico che può dare luogo a un nuovo complesso di minorità.

Identità laterale Massimo Mattioli. Giornalista e critico d’arte Esiste un'identità italiana nella creatività contemporanea? Ed è importante che esista, in una società che ragiona sempre più in verticale, e sempre meno per via laterali? Dove l'imperativo categorico è guardare avanti piuttosto che fermarsi ad elaborare, a metabolizzare, a contestualizzare? Un dibattito che si è riacceso, infuocato, alla notizia della nomina di Vincenzo Trione a curatore del Padiglione Italia alla Biennale di Venezia 2015, e alle sue ripromesse di voler “individuare un punto di vista puntuale e identitario, uno stile dell’arte italiana”. Ma il contributo alla crescita generale, allo sviluppo e all'evoluzione di forme

espressive che diventino sempre più luoghi di riflessione e spazi di conoscenza, non può ridursi alla partecipazione a un indistinto globalismo. Ogni attore deve immettervi caratteri propri, forti e unici, capaci di ampliare panorami e bagagli visuali che poi vanno certamente condivisi. La ceramica è fra le modalità maggiormente portatrici di “italianità”, tanto ricco è l'approfondimento funzionale e formale che ne ha fatto tutta la nostra storia dell'arte: dai Buccheri etruschi ai lustri di Mastro Giorgio, fino alle sintesi di Sottsass. E tanto virtuoso, dunque, il suo recupero fra le nuove arti liberali...

Il potere della ceramica... Valia Barriello. Architetto e Designer Non serve uno storico per ricordarci che l’arte ceramica appartiene alla nostra cultura fin dalla preistoria, perché il nome stesso “ceramica” dal greco κέραμος, significa argilla, “terra da vasaio”. I primi manufatti costruiti in ceramica erano, infatti, per lo più contenitori, in poche parole, oggetti che noi oggi chiamiamo design. Se, negli anni, la ceramica ha trovato terreno fertile in molte altre applicazioni, che spaziano dal campo artistico all’architettonico, uno dei suoi principali

impieghi rimane ad oggi il design industriale. La ricchezza di un composto così povero come l’argilla si manifesta nella capacità di lasciarsi plasmare in forme sempre contemporanee. Basti pensare ai poetici prodotti del designer Paolo Ulian o alle realizzazioni della giovane Elena Salmistraro o ancora alle opere del ceramista Stefano Puzzo. E questo non è tutto, grazie alle recenti stampanti 3D ceramiche iniziamo a intravedere anche uno degli sviluppi futuri. 33


gli


artisti


MACCIADA, 2012-2013 Maiolica con intervento a 3° fuoco in nero. Realizzato nella Bottega Gatti Faenza. Installazione permanente “Spazio Luigi Ghirlandi”, Faenza. Foto: Antonio Idini.

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GIANNI ASDRUBALI si afferma nei primi anni ottanta, come protagonista di una ricerca contrapposta alle regole espressive allora dominanti. Al di là di tutte le attitudini citazioniste e neo-concettuali la sua pittura si organizza dal 1979 come un rifiuto attivo del trapasso delle avanguardie ed egli ha rigettato lo stato di latenza per stabilirsi in stato di ricerca. In questa ottica, rivolta più alla sperimentazione che alla narrazione, Asdrubali trasforma le informazioni in attivo pittorico. Un’immagine di realtà, generata dalla tensione provocata dal vuoto, dentro il punto più estremo, l’inizio. Nel susseguirsi degli anni tale ricerca viene a determinarsi sempre di più nell’immagine di uno Spazio generativo, immediato, adimensionale. La prima esposizione è del 1982 alla galleria La Salita di Roma, Nel 2001 il museo Mathildenhohe di Darmstad gli dedica una grande mostra. Tra gli altri hanno scritto di lui, F. Caroli, F. Menna, L. Mango, B. Corà, P. Daverio, I.Mossinger, Klaus Volbert, C. Cerritelli e Marco Tonelli.

StoIDe, 2005 Pittura industriale su forex.

gianni asdrubali Nel mio lavoro il supporto non ha interesse specifico, il materiale deve essere annullato. Se avviene questo allora è giusto, accade lo spazio: un corpo di spazio pieno e immediato, pieno di vuoto certo, ma pieno. Sia si tratti di una parete, di una tela, di una plastica o come in questo caso di una ceramica, non c'è differenza, tutto è smaterializzato, è il risultato che conta. L'affermazione di un idea che chiude l'opera. Così credo sia in tutta l'arte non rappresentativa non citativa, in tutta l'arte voglio dire dove la comunicazione non avviene attraverso una rappresentazione del proprio immaginario, ma per identità. Una identità che si autocostruisce sul limite, dentro un processo conoscitivo e contraddittorio tra affermazione e negazione, nel punto più estremo: l'inizio. In questo processo di realtà accade una forma non pensata prima, non progettata ma generata, autogeneratasi. Una forma che è al tempo stesso antiforma e quindi priva di composizione, dove l'equilibrio è tutto interno alla tensione generata dal vuoto. per quanto riguarda la ceramica devo dire che la cosa è stata del tutto casuale. Mi sono trovato alla bottega Gatti per una committenza, all'inizio un po' di incertezza ma poi mi si è chiarito subito che non dovevo intervenire sulla terra fresca ma sul già cotto e poi ricuocere di nuovo per fissare l'azione. Una azione di svuotamento. Il vuoto è la partenza, lo spazio è la chiusura. Gianni Asdrubali 37


SCAtoLe e SCARpe CoN MANIGLIe, 2013 Terracotta e ossidi di ferro, dimensioni variabili. Foto: Claudio Abate

SpINe, 2001 Terracotta, ossidi di ferro, cera e coni in alabastro. 63 x 77 x 37 cm. Foto: Claudio Abate 38


LUCILLA CATANIA nasce a Roma. Frequenta l’Accademia di Belle Arti di via Ripetta diplomandosi in scultura con Emilio Greco. Fra il 1980 e il 1981 si stabilisce in Francia e a Parigi conosce César, attraverso il quale entra in contatto con la ricerca artistica internazionale. Nel 1982, al suo rientro a Roma, inizia a realizzare una serie di sculture in terracotta che contengono i fondamenti della sua poetica, già da allora decisamente autonoma e svincolata sia dalle tendenze analitico/concettuali sia da quelle neoinformali. Nel 1985 scopre la pietra e il marmo, materiali che di lì in poi saranno protagonisti di un nuovo ciclo di lavoro. Numerose ed importanti sue mostre personali vengono realizzate presso spazi privati e museali. Prestigiose istituzioni acquisiscono diverse sue opere, come quella stabilmente collocata presso la Corte del Castello Cinquecentesco de L’Aquila, Museo Nazionale d’Abruzzo. Anche il Museo della Scultura Contemporanea di Matera acquisisce nel 2008 una sua opera. Nel 2010, la Soprintendenza dei Beni Storici, Artistici ed etnoantropologici del Lazio acquisisce e colloca stabilmente un suo lavoro all’ingresso dell’Archivio fotografico di palazzo Venezia a Roma. Nel 2013 la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma colloca permanentemente due sue sculture nel Giardino delle Fontane. Hanno scritto di Lucilla Catania, tra gli altri, Achille Bonito Oliva, Filiberto Menna, Simonetta Lux, Peter Weiermeir, Anna Imponente, Giuseppe Appella, Christoph Bertsch.

Drappo Rosso, 2010, Giardino del Convento dei Passionisti, Scala Santa, Roma. Foto: Stefano Fontebasso De Martino.

lucilla catania L’arte sul tavolo. quando penso all’Arte la immagino tutta sistemata, a partire dalle sue antichissime origini fino alle attuali manifestazioni, su di un grande tavolo. poggiata sul piano orizzontale, senza alcun ordine gerarchico e cronologico, è accessibile a chiunque si dimostri interessato alla sua esistenza. Una sorta di spazio simbolico esplorabile nei due sensi dell’andare e del tornare, una specie di raccordo anulare della mente fatto di segmenti che si aggiuntano in possibili percorsi. L’artista ha ricevuto la delega (o forse se l’è presa), con relativi onori ed oneri, ad accedervi e quindi vi attinge a piene mani, rubando e poi restituendo il maltolto con gli interessi. Così io mi sento ogni qualvolta mi metto al lavoro. Allungo il braccio verso il tavolo e prendo liberamente qualcosa. Certo ci vuole un po’ di intuizione (e di allenamento) per prendere la cosa giusta al momento giusto; poi la “cosa presa” va trattata con passione e pazienza e va riformulata sulla base dei dati dell’esperienza personale e degli assetti del tempo presente. Un lavoro di cesello e di sensibilità... e non è detto che riesca sempre bene! Ma, in fondo, non importa. L’importante è non essere avari e restituire comunque quell’esperienza anche se imperfetta e mantenere il tavolo dell’Arte sempre pieno a garanzia di un lungo e proficuo futuro. Lucilla Catania Da: Catalogo mostra a cura di Anna Imponente, “Le terracotte di Lucilla Catania nel Palazzo dei Castromediano”, Congedo editore, Modugno (BA) 2013. 39


DUe ARAGoSte, 2013 Terracotta invetriata. 50 cm. Realizzato in collaborazione con Bottega Gatti Faenza. Foto: Giorgio Benni

VASI, 2013 Terracotta invetriata. H. 85 cm. Realizzato in collaborazione con Bottega Gatti Faenza. Foto: Giorgio Benni 40


GIUSEPPE DUCROT nasce nel 1966 a Roma dove vive e lavora. Dopo gli studi classici e una breve parentesi come pittore, si è interessato esclusivamente di scultura, utilizzando materiali quali bronzo, marmo, terracotta e vetroresina. Numerose sono le commissioni pubbliche e private. è del 1995 il busto di Marco Aurelio per la facciata del Museo Borghese. è del 2000 l'altare, l'ambone, il trono e la statua di San Benedetto per la Cattedrale di Norcia. Nel 2003 gli viene commissionato il Monumento a S. Benedetto per la città di Cassino. Nel 2009 la statua di Sant'Annibale M. di Francia, viene collocata in una nicchia esterna della Basilica di S. pietro. Si tratta di un’enorme opera, alta oltre cinque metri, scolpita da un unico blocco di marmo bianco Carrara di ben 60 tonnellate, che è stata inaugurata da papa Benedetto XVI. Nel febbraio 2011 vengono inaugurati l'altare, l'ambone ed il crocifisso per la Cattedrale di Noto e nel 2012 si inaugura la statua di San Giovanni Battista collocata nella Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri a Roma.

Foto: Giorgio Benni

giuseppe ducrot Da cosa dipende la contemporaneità dell’opera? È una domanda che viene spontanea nel momento in cui ci si confronta con le opere di Ducrot. È una questione che, risolta o meno, emerge da quasi ogni testo critico o giornalistico rivolto all’artista. Marco tonelli nel libro che presentala la statua in marmo del San Giovanni Battista nella Basilica di Santa Maria degli Angeli a Roma, dice di Ducrot che “è uno degli artisti più problematici del nostro tempo e per la storia dell’arte”, perché capace di intrecciare il tempo, di inserirsi in uno squarcio temporale e sentirsi libero di fronte a qualsiasi possibilità di scelta. Il suo rimanere in equilibrio tra le opere monumentali in marmo collocate in spazi sacri e di culto e le famiglie di aragoste, astici e polipi in terracotta invetriata fa parte di quel viaggio spazio/temporale che l’artista affronta con disinvoltura. Marco tonelli arriva a definire la scultura di Ducrot, un paradosso storico artistico essenza stessa del Ready Made. qualsiasi opera guardiamo di Ducrot, sia essa una statua di un Santo o una Natura Morta ne saremo comunque spiazzati. Spiazzati dalla rivelazione che alla voce Natura Morta ci troveremo davanti una coppia di aragoste o di candelabri in uno stato quasi fluido e mutevole e alla voce Statuaria classica di fonte ad una superficie grattata, per nulla rifinita e lavorata come pixel a bassa risoluzione. In ogni caso, imprevedibili invenzioni. e il varco che mette in comunicazione tempi lontani funziona anche per la scultura in ceramica: è come se da quella porta spaziotemporale fosse passata per arrivare fino a noi la mano di un Leoncillo o di un Canova, messa a disposizione della tagliente contemporaneità di Ducrot. Jasmine Pignatelli 41


AGNUS DAy, 2013 Particolare installazione in argilla viva nei sotterranei del Teatro Argentina, Roma 2013.

59 GRANI, 2010/2012 Argilla cruda e materiali vari, particolare installazione alla Sala della Crociera, Ministero Beni Culturali, Roma, 2012

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ANDREA FOGLI è nato a Roma il 25 dicembre 1959. Tra le mostre personali ricordiamo nel 2013 Ogni cosa al Casino dei principi, Musei di Villa Torlonia a Roma a cura di Claudia Terenzi, Il diario delle ombre al MARtA Museum di Herford, curata da Jan Hoet nel 2006, Scala Reale a Villa delle Rose, Galleria d'Arte Moderna di Bologna nel 2002 e Il primo giorno al Rupertinum - Museum Moderner Kunst di Salisburgo (2000) a cura di Peter Weiermair. Nel 2007 si è inaugurata a Salisburgo Wanderer nella Galerie im traklhaus, nel 2008 a Bruxelles la sua mostra Vojage au centre du monde presso la Galleria Meessen-deClercq e nel 2010 Il sogno delle radici alla Galleria Heike Curtze di Vienna. Le sue opere sono presenti nelle Collezioni della Galleria d'Arte Moderna di Bologna, del MARt di Trento e Rovereto, del MACRo di Roma, del MARtA di Herford, della Ursula Blickle Stiftung di Kraichtal e della Galleria Civica di Modena.

Foto: Daniele Lucchetti

andrea fogli L’argilla prima d’essere cotta è cruda, viva, umida, come la carne. Così la scultura prima di essere in bronzo o in gesso o in terracotta è semplicemente una creazione dell’uomo, come le prime tracce impresse dalle tribù neolitiche sulle pareti della grotta. Su questa strada, procedendo ancor di più verso l’origine, c’è un’altra cosa da tenere a mente. Come si narra da millenni, dai Babilonesi agli egizi all’Antico testamento, l’uomo è stato creato con l’argilla da un dio-vasaio che ha infuso il soffio vitale nella figura modellata con la terra: cosa di più stupefante per un artista, per uno scultore, che dà forma all’immagine dell’uomo cercando di infondergli un analogo spirito vitale? Anche se l’argilla da cui è “germogliato” l’uomo ricorda molto la terra sottomarina in cui secondo la scienza è nata la vita, credo che tale arcaica intuizione derivi dal fatto che l’uomo neolitico (e gli uomini delle prime civiltà arcaiche) si sono resi conto mentre impastavano le prime figure antropomorfiche che erano loro a creare l’uomo dall’argilla, in un atto artistico e di coscienza che ha dato avvio alla nostra storia e ha lasciato alle spalle l’indistinto passato preistorico di una umanità non diversa dal mondo animale. questo è stato il primo e fondante “ecce Homo!”: dar forma e nome a quest’essere che, unico sulla terra, sa dar forma e nome a se stesso e alla natura. È questo l’atto primario che ha dato origine a miei lavori come l’installazione “Agnus day” in argilla viva in cui un uomo emerge da un letto di terra ancora bagnata, o il ciclo dei “59 grani” creati impastando l’argilla a terre, pigmenti ed elementi vegetali, come un Rosario apocrifo dove i grani-frutti non sono fatti con pietre preziose ma con la “polvere del suolo”. È anche per questo che “Il cuscino dei pianeti” è un torso umano, croce e delizia di un universo vuoto e sconfinato percorso da un indecifrabile e onnipresente spirito vitale. Andrea Fogli 43


CoINCIDeNtIA oppoSItoRUM, 2013 Ceramica, bilancia, tavolino. 95 x 80 x 57 cm.

StARGAte, 2013 Ceramica. 121 x 192 x 8 cm.

Installazione presso paolo erbetta Gallery, Berlino 2013

BeNCH, 2013 Ceramica. 33 x 25 x 192 cm. 44


MIChELE GIANGRANDE è nato a Bari nel 1979. Ha compiuto studi artistici (Accademia di Belle Arti). è docente di Decorazione all’Accademia di Belle Arti di Catanzaro. Artista di grande versatilità, dotato di graffiante ironia, trasfigura la realtà giocando con i concetti di essere e apparire. Le sue opere sono presenti in musei, collezioni pubbliche e private in Italia e all’estero tra cui: collezione permanente della Fondazione Museo pino pascali di Polignano a Mare, collezione della Scuola di Specializzazione in Storia dell’Arte dell’Università di Siena, patrimonio dell’Accademia di Belle Arti di Catanzaro, Museo F.R.A.C. di Baronissi. Ha esposto in numerose mostre personali, collettive e di gruppo in Italia e all’estero. L’ultima sua mostra personale si è tenuta in occasione di Artelibro con (galleria+) oltredimore al palazzo Re enzo e del podestà a Bologna nel 2014 a cura di Sergio Risaliti. è del 2013 la mostra personale Urwege presso paolo erbetta Gallery, Berlino. Espone nel 2011 alle officine Farneto temporary Museum di Roma e nel 2009 alla Fondazione Museo pino pascali, Polignano a mare con una mostra curata da R. Branà, C. Berardi e A. Dellisanti.

michele giangrande Con le 8.000 uova di gallina che compongono un grande planisfero o le 22.650 cialde di gelato articolate per erigere le “torri di Babele” in memoria delle twins towers, con i tappeti ottenuti intrecciando centinaia di morbidi metri da sarta o con i monumentali ingranaggi generati dall’assemblaggio di centinaia di cartoni da imballaggio Michele Giangrande si afferma come artista di grande versatilità, esteta dell’universo oggettuale e antropologo del paradosso. Ma l’assemblaggio, la contaminazione e la trasformazione dell’oggetto è parte di una “recherche”, che culmina oggi in un campo di indagine all’interno del quale si sviluppa la prima espressione creativa dell’umanità: il “segno”. Un segno che viaggia a ritroso che precede il “disegno” e che l’artista riscopre nella memoria, negli strati calcarei dei ciottoli o nella matita dalla gestualità inconsapevole di un ragazzo affetto dalla sindrome di Down. Da questo universo primordiale nascono le recenti “series”: Scrawl series, Stones series, Writing series, Signs series e infine Ceramics Series. Marmo, pietra, matita e ceramica sono ingredienti della storia dell’arte e dell’umanità, luoghi di indagine dove riavvolgere la contemporaneità attorno agli elementi base dell’essenza umana. La ceramica, decorata con smalto avorio e motivi blu cobalto della più squisita tradizione locale, in questo senso è materiale privilegiato: volge lo sguardo alle origini e mette in gioco implicazioni socioculturali e di rilettura della tradizione individuando in queste una possibilità comunicativa indirizzata al futuro. Jasmine Pignatelli 45


UNA GIoRNAtA pARtICoLARe, 2014 Terracotta.

A sinistra, pRIMo Atto, 2013 Terracotta.

A destra, I’M SoRRy, 2012 Terracotta. Collezione privata. 46


CLAUDIA GIANNULI nasce a Bari nel 1979 dove vive e lavora. Nel 2005 si diploma in scultura all’Accademia di Belle Arti di Bari. Modella piccole figure in terracotta che rimandano ad un universo femminile con tematiche relative alla solitudine domestica e alla dura condizione psicologica che conduce spesso donne e madri al suicidio o a compiere atti disperati. Tra 2010 e 2011 partecipa a numerose collettive, tra cui Buon compleanno, Italia a cura di Lia De Venere, presso l’Istituto Italiano di Cultura di Stoccarda (Germania), e alla 54a Biennale di Venezia (Padiglione Italia - Puglia). Nel 2012 le mostre personali: Qb, quanto basta, a cura di Roberta Fiorito, Nico Murri e Francesco Paolo Del Re, presso la galleria Fabrica Fluxus di Bari, e Tana libera tutti, all’interno della rassegna Senso plurimo curata da Marinilde Giannandrea. Una sua scultura fa parte della collezione permanente della Fondazione pascali di Polignano a Mare. Con la medesima istituzione ha partecipato alla mostra Dialoghi Est/Ovest al Museo Nazionale del Montenegro a Cetinje. Del suo lavoro hanno scritto, tra gli altri: Marilena Di Tursi, Marinilde Giannandrea, Lorenzo Madaro, Pietro Marino, Antonella Marino, Mariapaola Spinelli, Lia De Venere, Francesco Paolo Del Re, Roberto Lacarbonara e Antonello Tolve.

claudia giannuli Sfidano la gravità e avviano una competizione, una lotta silenziosa con la vita e il pubblico, le protagoniste dell’opera di Claudia Giannuli in mostra. Si muovono, sospese, su una corsia reale e apparente, stanno probabilmente per compiere un salto decisivo. oppure si fermeranno per tempo decidendo che vale ancora la pena di vivere? Vivono le contraddizioni della realtà nell’efferata fragilità del loro corpo gracile; non degnano nessuno di uno sguardo, i folti capelli li schermano con persuasione. La loro reale identità è sconosciuta. e altrettanto offuscato appare il loro destino, proprio in linea con quel soffice e perverso gioco di sospensioni vitali e quell’ambigua attitudine all’attesa che hanno definito la ricerca recente della Giannuli, che tra l’altro da tempo sonda proprio gli angosciosi stati d’animo rannidati nella realtà domestica. Nell’opera in mostra sceglie di concentrarsi su una serie di figure; tutto attorno ad esse è in bilico, lo sguardo dello spettatore attende una scelta, anche accidentale. Attende l’azione inesorabile del caso. Non si sa cosa accadrà, cosa ne sarà di loro un attimo dopo l’incontro con il nostro sguardo morboso. Creano vertigini i loro passi immobili, ossessionano, finanche spaventano. Generano senza dubbio un’ansia prorompente. Il loro corpo nudo non è erotico, è quello di alcune bambine. È apparentemente innocuo. Non colpiscono per le forme sinuose, ma sorprendono per la scelta minimale delle anatomie. Anche per questo la scena risulta nervosa, densa di un dramma librato, al limite con la vertigine esistenziale. Lorenzo Madaro 47


CoRpo A CoRpo, 2011 Acrilico e polvere di quarzo su terracotta. 12 x 62 x 25 cm. Foto: Gianni Zanni

GRoVIGLIo VIoLA, 2010 Acrilico e polvere di quarzo su terracotta. 13 x 65 x 52 cm. Foto: Gianni Zanni

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UNA CottA peR LA RoSSA 3, 2013 7 x 42 x 52 cm. Pittura ad olio su terracotta. Foto: Gianni Zanni


IGINIO IURILLI nasce a Gioia del Colle e vive e lavora a Capurso (Bari). Negli anni ‘60 si iscrive al corso di Scenografia all’Accademia di Belle Arti di Roma e ivi si diploma. Successivamente viene nominato docente di Ornato disegnato nel Liceo Artistico di Bari. Nei primi anni realizza alcune scenografie per il Teatro Petruzzelli e per il Teatro Piccinni della stessa città. La sua pittura di quegli anni è di stampo figurativo ed evidenzia una spiccata attitudine per le tematiche ecologiche: nascono così quadri su Paesaggi extraurbani (1969/1973). Nel 1976, a seguito di una crisi artistica dovuta all'ormai dilagante omologazione di questo genere di pittura e sulla spinta delle Neoavanguardie, inizia una lunga fase di riflessione che lo porterà dopo tre anni ad avvicinarsi con determinazione alla Scultura (1979). Comincia così a sperimentare materiali poveri come raspi d'uva, carta, metalli, legno. Ha esposto in tutta Italia in mostre collettive Nazionali e Internazionali e mostre personali. Nel 2011 è stato invitato alla 54a Biennale di Venezia (Padiglione Italia - Puglia). Ha lavorato per alcuni anni con la Galleria La polena di Genova e con la galleria L'Attico di Fabio Sargentini. Alcune sue opere sono esposte in permanenza in alcuni Musei in Italia e all'estero come il Museo Benaki di Atene, la Fondazione pascali di Polignano, la pinacoteca provinciale di Bari, Collezione Farsetti di Prato e il Must di Lecce.

iginio iurilli La scultura di Iginio Iurilli conferma l’esistenza di una estrema fragilità immateriale al di sotto della materia. Mentre la curva delle superfici piega l’esterno verso l’interno e mentre lo spazio fisico dimora entro lo spazio simbolico e viceversa, l’opera si mostra nel suo pieno “svolgimento”, immortalando il tempo di una gestazione, di una fioritura, di una marea. Ha un silenzio primordiale questa terracotta dalle superfici paragonabili al feltro, dalle fibre adamantine che restituiscono la piena morbidezza dei ripiegamenti e delle pliche. Non c’è lavoro che contenga una tensione, uno strappo, una cesura: tutto è naturalmente accaduto, il corpo ha la forma levigata del passato e si assottiglia inoculando la luce a poco a poco. Nella primordialità della forma non è dato distinguere la res extensa né aver più successo nella riconoscibilità del soggetto. Certo, l’ambiguità fa gioco alle plastiche dissimulazioni dell’artista. eppure, la veste sacra di certe superfici simili a panneggi e la carnalità esplicita di tali altre curvature, si alimentano di una medesima bianchezza, di una tacita complicità. Roberto Lacarbonara 49


Referenze fotografiche: Claudio Abate, Giorgio Benni.

MeRIDIANo CeLeSte, 2002 Pallone aerostatico.

TORRE BABELE, BALBUZIENTE, 2010 Tecnica mista su legno.

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LA pULCe NeLL'oReCCHIo, 2013 Resina. 80 x 40 x 18 cm.


FELICE LEVINI nasce a Roma nel 1956, dove tuttora vive e lavora. Dopo gli studi all’Accademia di Belle Arti, nel 1978 insieme a Giuseppe Salvatori e a Claudio Damiani, e poi con Vittorio Messina e Mariano Rossano, apre uno spazio in via S. Agata dei Goti gestito dagli stessi artisti, che diventò luogo di incontro per mostre e serate di poesia. Il 1978 è anche l'anno della sua prima collettiva dal titolo Artericerca '78 allestita al “Palazzo delle Esposizioni” di Roma. Nel 1980 entra a far parte del gruppo dei Nuovi-Nuovi che debutta con la mostra a cura di Renato Barilli alla “Galleria Civica d'Arte Moderna” di Bologna. Dal 1982 Levini sottopone le sue opere a un processo di scomposizione creando immagini che esaltano l'idea di "parete" maculata. A questi lavori, negli ultimi anni '80, seguono opere più compatte e tridimensionali dominate da una struttura solida e geometrica che conducono anche ad architetture lineari. Autoritratti, animali, arabeschi sono i temi ricorrenti in questi anni. Nel corso degli anni '90 il suo lavoro oscilla tra l'astratto e il figurativo; nei suoi allestimenti, alla ripetizione dell'immagine, che la rende astratta, viene contrapposta la presenza umana, viva. Nel 1991 espone al “XXXIV Festival dei Due Mondi” di Spoleto, nel 1993 è presente alla “XLV Biennale di Venezia”, nel 1996 alla “XII Quadriennale di Roma”. Nel dicembre del 2013 Levini espone alla “GNAM Galleria Nazionale d’Arte Moderna” di Roma con la mostra Felice Levini, Nord-Est Sud-Ovest a cura di Achille Bonito Oliva e Maria Vittoria Marini Clarelli. Foto: Corino Marianelli

felice levini Gli armadietti policromi, intesi come Wunderkammer, le grandi scatole, le installazioni, le plastiche, le azioni performative, i grandi quadri, gli oggetti, i disegni, ecc. non sono altro che l’espansione di un metodo per accedere e attualizzare la pittura. per me dipingere è mettere in scena tutto ciò che non si può rappresentare in altro modo. e’ la voglia di azzardare l’impossibile in uno spazio, quello della pittura, più praticabile e compatibile con le mie visioni e le mie idee. In questo crogiuolo, in questo spazio ideale, tento di sintetizzare le forme più congeniali, le immagini forti, precise, poetiche; le tecniche più dirette per rappresentare al meglio un sogno, un progetto, un flash. Anche l’ornamento, per me, è dare forma e bellezza alle cose finite: un riferimento a concetti classici dell’arte che non lasciano nulla al caso servendosi anche del decoro, caricando l’immagine di simboli e misteri. Colorare in modo puntinato è un metodo, un espediente che, ripetendosi nella differenza, nelle sfumature, nel farsi materia, mi permette di insistere ancora nel fare pittura in punta di pennello. Si crea così quella distanza giusta per rendere l’atto pittorico un momento riflessivo che si rapporta alla vista, alla distanza, al pensiero. Felice Levini 51


VUCUMpRĂ , 2013 Ceramica smaltata. 123 x 40 x 45 cm.

SeCRet tHoUGHtS, 2011 Terracotta dipinta. 78 x 32 x 26 cm.

SWAN, 2010 Ceramica smaltata. 28 x 43,5 x1 4,5 cm.

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DAVIDE MONALDI nato nel 1983 a San Benedetto del Tronto (AP) vive a Roma. Nel 2001 consegue il diploma presso l’istituto d’arte O. Licini di Ascoli Piceno e nello stesso anno partecipa ad uno stage presso la Summerakademie di Salisburgo con l’artista Ilya Kabakov. Nel 2002 frequenta lo IED e successivamente si iscrive alla R.U.F.A. di Roma sotto la supervisione del Prof. Davide Orlandi Dormino. Nel 2008 a Londra frequenta un corso di illustrazione presso la Central Saint Martinschool. Dalla collaborazione con Luca Tommassini, nascono le scenografie per tre puntate del popolare show televisivo “X Factor”. Io sono qui è la sua ultima mostra personale presso il Museo CIAC di Genazzano e curata da Claudio Libero Pisano. Nel 2011 si tiene, a cura di Simona Cresci, la doppia personale in occasione del Festival Unicità d’Italia presso l’ex Mattatoio Macro La pelanda a Roma. Nello stesso anno la personale dal titolo Monaldized a cura di L. Schermi e P. Donato alla Muga+Merzbau Gallery, Roma. Selezionato per il Premio Celeste a cura di Gianluca Marziani nel 2007, ha partecipato a numerose collettive: Artcore Gallery Bari, Casa dell’architettura Roma, London Scream Gallery e altre curate da Giuliana Benassi, Micol Di Veroli tra gli altri.

davide monaldi Di Davide Monaldi si dice che “monaldizza” le sue creature donandogli le sue fattezze. Sono cloni di un se stesso al limite della “sopportabile deformazione” frutto di una visione onirica più vicina alla dimensione dell’incubo e alla distorsione psichica del sogno. ogni sua singola opera, che sia una figura o un insieme di oggetti replicati, è un bizzarro capriccio proposto in maniera ironica e paradossale. Ripetizione, humour, paradosso e ossessione, sono i dispositivi attraverso i quali attiva una ricerca che il più delle volte porta alla creazione di un “disturbo”. Il mondo di Monaldi è popolato di chimere, uomini deformati e ibridati con in comune un unico dato fisionomico: sembrano essere tutti autoritratti e fanno riferimento alle molteplici immagini di se stesso. Anche i suoi oggetti, sono mutazioni ottenute da una esasperata replica della stessa forma che tende a saturare la dimensione conosciuta fino a tracimare in un'altra dimensione dove la percezione delle cose è alterata e aberrata. L’habitat dei suoi esseri e dei suoi oggetti, è un possibile “multiverso”, insieme di universi coesistenti e alternativi al di fuori dello sospaziotempo conosciuto, dove le possibili combinazioni di materia convivono con le infinite copie di noi stessi. Da un punto di vista filosofico, l’esistenza di un “multiverso” e la sua “ripopolazione” è un’ipotesi antica, una storia che parte dagli atomisti greci passando per Giordano Bruno fino a Jorge Luis Borge e Monaldi non ha fatto altro che popolare la dimensione caotica degli universi paralleli. Ha clonato il suo mondo con l’effetto immediato di incontrare, al di la di questo, le proiezioni deformate di se stesso. Jasmine Pignatelli 53


AU VeNt Argilla refrattaria bianca, ossidi e smalti. 1250째. 25 x 20 x 23 cm.

MADRepoRe Argilla refrattaria bianca, ossidi e smalti, pietra. 1250째. 25 x 15 x 12 cm.

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SABINE PAGLIARULO, artista franco-italiana nata a Roma nel 1967, ha sempre dimostrato una grande passione per le arti figurative e tutte le sue applicazioni. Laureata in giurisprudenza, matura immediatamente la scelta di seguire esclusivamente quella che è la sua più naturale inclinazione: la scultura in ceramica. Attraverso mostre personali e collettive i suoi lavori sono conosciuti in Francia, Finlandia e Giappone dove ha sede la Pragmata Gallery sua galleria di riferimento a Tokyo. In Italia ha esposto i suoi lavori presso il Museo dell’Orto Botanico della Sapienza Università di Roma, presso il Chiostro degli Agostiniani di Bracciano e al Museo Archeologico di Tolfa.

sabine pagliarulo Ho visto lavorare Sabine pagliarulo, con mente e cuore pieno. Modella gres pregiati e produce da sé gli smalti. Le temperature di cottura sono alte e le superfici vibrano tra ruvidi strati di patine, ossidi e spugnature. Nulla è lasciato al caso nel suo lavoro e superando ogni dubbio il risultato è fresco, leggero e deciso. È questo uno dei casi in cui la materia è nobilitata da una tecnica tutta personale e dall’ostinazione con cui Sabine interviene sulla superficie. Con un percorso che segue le tracce della più classica tradizione è migrata per tutte le esperienze fittili: terracotta, raku, porcellana e adesso alta temperatura. Ma il suo valore non credo che sia da ricercare in una questione di rispetto delle regole, piuttosto in un intuito, abilità ed eleganza innata. La sua scultura non è solo un compito ben fatto, ma è sostanza della natura. pagliarulo si nutre di una natura organica e vegetale. tutto il lavoro di quest’artista è sul filo della tecnica, al confine dei generi, a cavallo delle tendenze, al limite della rappresentazione. Anche dal punto di vista stilistico incarna le nuove tendenze della ceramica di questo decennio, ne riprende il mood, il clima, ma si ferma un passo prima e un passo dopo senza correre il rischio di essere prevedibile e scontata. A tratti informale e a tratti ricco di spunti naturalistici, tutto il lavoro di Sabine va allestito su palcoscenico ideale. Ci troviamo di fronte ad una tavola imbandita e come lei stessa ama dire: “ogni pezzo partecipa ad una messa in scena, che svela un mondo denso di ricordi, emozioni, un mondo quasi onirico, dove la scultura rivela finalmente il proprio fine contemporaneo ed estetico”. Jasmine Pignatelli 55


L'eFFIMeRo e L'INFINIto, 2013 Paperclay porcellana e ferro. 1250°. Ø 54 x 72 cm.

eFFIMeRA DeLLA teRRA, 2007 Paperclay, gres e sabbia. 1250°. Ø 55 x 35 cm.

toRRI DeI poSSIBILI eqUILIBRI, 2011 Paperclay, porcellana e filo di ferro. 1250°. Tre elementi h. max 125 cm. 56


BIANCA SUSy PIVA è diplomata in ceramica e grafica e laureata in psicologia all’università di Padova. Arricchisce la formazione approfondendo gli studi sull’arte terapia e sul disegno infantile, unendo così la passione per l’arte alla psicologia. L'approccio iniziale con la ceramica è centrato sulla ricerca di una materia dall'aspetto primordiale, forme dal carattere inquieto e arcaico sensibili alle alte temperature. Poi l'incontro con la porcellana e la paperclay che lascia spazio, ad un concetto di materia scultorea leggera che va verso la luce e approfondisce aspetti interiori dell'esistenza. Con alle spalle numerosi Premi, Menzioni d’Onore e Gran Premi d’Acquisto anche all’estero, Bianca Susy Piva è protagonista di numerose mostre personali e collettive. è tra i Maestri della Ceramica che partecipano alla mostra presso la Fornace pasquinucci a Montelupo Fiorentino, è al China Kaolin International Ceramic Art, espone a Imola al pomo da Damo, agli ex Macelli di Padova e vince un premio al concorso Coffeebreak Museum indetto dal Museo Gianetti di Saronno che le vale la selezione per partecipare a questa edizione di BACC.

bianca susy piva parlare del proprio lavoro diventa un modo per far sintesi del vissuto artistico personale, ma resta pur sempre un‘analisi del momento soggetta a cambiamenti, a dinamismi che continuano e si disperdono nella costante sperimentazione. Se fosse possibile non avvalermi della tecnica per lasciare la forma libera dalle regole, ciò che vorrei trasmettere è la freschezza e la fluidità del processo creativo e far emergere sopratutto il contenuto emotivo e pensiero. Mi sento ispirata da un linguaggio arcaico che fa delle mie superfici scultoree territorio di segni tracciati, di scritture e di impercettibili rilievi di materia. Il cerchio, la sfera, la spirale sono gli archetipi che accompagnano la mia ricerca artistica così da creare un immaginario spazio/tempo dove passato e presente provano a dialogare. La paperclay e la porcellana hanno dato significato e senso alla mia creatività, la purezza, la dinamicità e la traslucenza di queste materie mi hanno suggerito strutture leggere,effimere,eteree quasi immateriali che si coniugano perfettamente con il mio bisogno di dimensioni oniriche e ancestrali. Nell'istallazione "Natura intrappolata", la luce, che è protagonista, mi porta verso il concetto ancora più accentuato di materia che trascende, illuminando i misteri celati nella forma. Bianca Susy Piva 57


LA ZATTERA DELLA MEDUSA (particolare), 2006 Terracotta e smalto. 240 x 320 x 10 cm.

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BATTESIMI UMANI, 1995 Terracotta. h. 230 cm.

CADUTI, 1996 Terracotta. 63 x 103 x 35 cm.


OLIVIERO RAINALDI nasce a Caramanico Terme nel 1956, studia presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia con Emilio Vedova e si diploma all’Accademia di Belle Arti dell’Aquila con Fabio Mauri. Tra il 1998/99 approfondisce il suo personale interesse per il rapporto tra Arte e Liturgia seguendo il biennio di studi presso l’Istituto Teologico Sant’Anselmo e il triennio di Teologia per laici a Roma. Il suo lavoro è stato presentato in rassegne d’arte e spazi museali in Italia ed all’estero: Schirn Kunstalle di Francoforte; otis parson, Los Angeles; polk Museum, Florida; GAM, Bologna; Museum National Jakarta, Indonesia; Mucsarnok Kunstalle, Budapest. Importanti personali gli sono state dedicate dalla Fondazione Staurós a San Gabriele (Teramo) nel 1999; dalla Galleria D’Arte Moderna di Bologna nel 2003; a palazzo Venezia nel 2006 a Roma; a Villa Aldobrandini a Roma nel 2010 e al Museo Nazionale di Villa pisani a Stra (Venezia) nel 2011. Sue opere sono presenti in istituzioni pubbliche internazionali: al palazzo dell’oNU di Ginevra; presso la sede del premio Nobel a Stoccolma; fanno parte della Collezione del Ministero degli Affari esteri, Palazzo della Farnesina, Roma; Museo di Beelden aan Zee, Scheveningen; e Frederik Meijer Gardens & Sculpture park di Grand Rapids, Michigan. Dal 2000 ha lavorato a varie commissioni ecclesiastiche. è stato insignito, da Papa Giovanni Paolo II, durante il Giubileo del 2000 del titolo di Accademico della pontificia Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi del pantheon.

oliviero rainaldi tutta l’opera di Rainaldi è una messa a fuoco della figura umana. Figure isolate fissate attraverso un segno lineare nella loro essenzialità e corpi che manifestano sottili connessioni con l’essenza nascosta dell’essere. Un connubio di figura e astrazione, di simbolico e figurativo, linee minimaliste di pura forma che attraversano corpo vuoto e pienezza spirituale. Il corpo umano di Rainaldi è quasi sempre evocato, mai descritto, è figura primordiale generata da un uso libero e anticonvenzionale delle proporzioni e dalla perdita del tratto fisionomico. Le opere sono contenitori inondati dal ciclo della vita: l’attesa, la nascita e l’ascolto, sono le scintille vitali che trasformano gli esseri anonimi delle icone di Rainaldi in materia spirituale. Ma in questa immaterialità c’è un altro dato che mai viene svelato e che rimane segreto. È la grande consapevolezza tecnica e l’importante conoscenza della materia e dei materiali. Alle sottili figure dalla complessa consistenza fisica e spirituale, corrisponde una padronanza di tutti i materiali. Sperimenta ad ogni opera nuove soluzioni e si spinge fino a confrontarsi con la materia meno scultorea e imprevedibile come è l’acqua. Anche la terracotta, o ceramica che sia, per l’artista non è una circostanza. Ha potuto conoscerla nel Montana, nel 1993 costruendo forni intorno alle sculture, sperimentando le cotture a legna, per poi continuare negli anni fino a produrre opere importanti come Battesimi umani (’95). Una scultura di 2,30 mt. che unisce forma, corpo astratto, linguaggio e materia e che adesso comunica la sua perfezione nella sede del premio Nobel a Stoccolma. Jasmine Pignatelli 59


I MoRI, 2013/2014 Terracotta, ingobbi, ossidi, vernice. 35 x 20 x 25 cm. circa

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TIZIANA RIVONI nasce nel 1974 e vive e lavora a Sutri. Frequenta a Roma il Liceo Artistico e la Facoltà di Architettura. Già dalle prime esperienza le sue passioni si alternano e si uniscono in un trinomio fatto di spazio - terra - figura umana. L’incontro con l’artista Nunzio (Di Stefano) e con l’architetto Marcello Quiriconi esalta questa fascinazione e la orienta verso una conoscenza contemplativa dello spazio. Dal 2008 inizia a lavorare ai suoi Mori. Da una commissione per un lavoro e dalla reinterpretazione del vaso siciliano è scaturita una propria ricerca, ancora in evoluzione, sul tema del vaso antropomorfo e poi dei canopi. I suoi Mori sono esposti dal 2011 a Roma presso la Galleria Sinopia di Raffaella Lupi e dal 2014 presso la Gallery EDitionStil - Art and Design Gallery di Lipsia e Art and Design Fair di Berlino di Eric Doering, e sono presenti in collezioni private, italiane ed internazionali. Partecipa a diverse mostre collettive tra le ultime Keramikos a Tarquinia; The Lab ( in contemporanea presso Spazio delle Cinque Lune e Galleria Sinopia, Roma) e Prevalentemente in Bianco e Nero presso I Magazzini della Lupa a Tuscania.

tiziana rivoni quello di tiziana Rivoni è un percorso che alla curiosità e alla consapevolezza del diverso unisce una lenta ricerca della forma e del ricordo nel tentativo di raggiungere, attraverso la memoria, una fisicità presente e contemporanea. Da una reinterpretazione del vaso siciliano antropomorfo nasce un lavoro assoluto sul volto e sulla natura umana, sulla memoria e sulla contemporaneità. I Mori sono fatti di terra e declinati in mille volti e mille sguardi, frutto di un rapporto morboso con l’atto di plasmare, di cercare e desiderare. La consapevolezza dell’opera deriva da un lento procedere che di fatto rende i Mori esseri intimi, senza macchia e senza segreti. L’artista ne parla come di esseri animati, in simbiosi con l'avventura della manipolazione. È come ossessionata dalla fisionomia, li modella fino ad arrivare ad uno stato di trance, non smette mai di rifinire, cerca lo sguardo e aggiunge: "e se lo sguardo non arriva, gli chiudo gli occhi". Sintesi di culture e di storie e arricchiti solo da una lontana traccia di acconciatura, sono esseri silenziosi, sentinelle immobili che guardano. Impossibile non sentirsi osservati. Sono presenze che chiedono di non essere dimenticati, chiedono di essere attraversati, ma soprattutto chiedono di scrutare tutto ciò che entra in contatto con loro. Jasmine Pignatelli 61


IN BILICo, 2013 Argilla refrattaria, engobbi. 1060째. 68 x 38 x 28 cm.

opeRA IN BIANCo e NeRo Argilla refrattaria, engobbi. 1060째. Misure variabili h. 40/60 cm. 62


MARA VAN WEES vive e lavora tra Roma e la Maremma. Nasce in Olanda e studia all’Accademia di Belle Arti a Rotterdam, dove già ha modo di avvicinarsi alla ceramica. Fonte di ispirazione sono i movimenti artistici come futurismo, de stijl, Bauhaus. Successivamente si trasferisce in Toscana e lavora in diversi campi artistici dividendosi tra il teatro, la moda e il design senza mai abbandonare la sua passione per la scultura in ceramica. Da qualche anno a questa passione corrisponde anche una attività espositiva. Ha esposto presso l’antico Castello di Capalbio, nella Cripta della Basilica di Sant’Alessio a Roma, nello spazio espositivo della chiesa dei SS Filippo e Giacomo a Todi, presso il St. Stephen's Cultural Center Foundation di Roma e nella Sala Lawrence di Tarquinia.

mara van wees Mara van Wees, attraverso la ceramica che vanta una lunga tradizione nel campo della manifattura di oggetti d’arte e ad uso quotidiano, indaga un universo di forme instabili e in equilibrio precario. Grazie ad un’abilità nella modellazione e ad un’attenzione particolare ai volumi, le sue sculture sembrano interagire con lo spazio circostante attraverso un costante movimento ondulatorio. Una componente futurista è costantemente presente attraverso il dinamismo delle forme che viene evidenziato dalle uniche decorazioni che la sua scultura ammette. Si tratta di linee geometriche che interagiscono perfettamente con l’insieme enfatizzandone l’idea di movimento. Nonostante le ristrettezze tecniche, dovute alla fragilità che l’argilla assume soprattutto in fase di cottura, la van Wees riesce a creare forme sinuose e apparentemente flessibili. La superficie, incisa e modellata, viene lavorata con diversi strumenti che la rendono movimentata e mai uniforme al tatto. La decorazione finale e lo smalto contribuisco all’unicità e qualità artistica dell’oggetto. Nei suoi lavori si riscontra anche una tendenza più propriamente astratta: l'artista opera per semplici forme geometriche i cui piani mobili si aprono allo spazio creando strutture in dissesto. Sono forme in bilico, sbilanciate, che si fermano un passo prima di perdere il baricentro. Sono opere che mutano ad ogni istante sorprendendo lo spettatore e destabilizzandolo. Così concepite le opere di Mara van Wees creano numerosi giochi di luce ed ombre che rendono queste creazioni godibili sotto ogni prospettiva. Viviana Quattrini 63


Finito di stampare nel mese di dicembre 2014 presso la cierre&grafica




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