Backstage Press - Aprile 2014

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anno II n. 4 - Aprile 2014 - Poste italiane s.p.a. sped in abb. postale D.L. 353/2003 (conv. in L. n. 46 del 27/02/2004) art. 1 comma 1 - DCB - Caserta


Aprile 05 THE NIRO 05 NEFFA 08 ALEX BRITTI 11 LEVANTE 12 LEVANTE 12 NEFFA 13 PEPPE VOLTARELLI 18 LEVANTE 19 NEFFA NEFFA 26

Liberaduno 2.0 - La Scuderia (BO) Hiroshima Mon Amour (TO)

Teatro Manzoni - Cassino (FR) Fuori Orario - Taneto di Gattatico (RE) Capanno Blackout - Prato

BlueNote - Ripalimosani (CB) Villa La Magia - Quarrata (PT) New Age - Roncade (TV)

Demodè Club - Modugno(BA) Fuori Orario - Taneto di Gattatico (RE)


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Anche questo un numero ricco di curiosità e personaggi che ci hanno regalato spaccati della loro vita e della loro professionalità. In copertina Simone Cristicchi, ci racconta del suo nuovo lavoro, un nuovo viaggio, una nuova esperienza. Magazzino 18 è la storia di molti, è parte della storia Italiana, la storia degli esuli d’Istria e ancora una valigia piena di emozioni, sentimenti e voglia di farcela. Il progetto di questo mese prosegue con i dieci anni di carriera de I Rio, gruppo italiano che calca i palchi del pop/rock italiano. Da tempo hanno accomunato la loro voglia di cantare alla salvaguardia dell’ambiente. A rispondere Fabio Mora. Voltiamo pagina e a prenderci per mano è Fabrizio Bosso. Il racconto della sua carriera, iniziata giovanissimo al fianco del padre, anche lui trombettista

IN COPERTINA PH: TOMMASO LE PERA

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jazz e ancora il nuovo album tra le sonorità della musica nera e i nuovi progetti. Per voi abbiamo anche viaggiato, siamo arrivati a Bruxelles per ascoltare il racconto del nuovo album di Giacomo Lariccia, cantautore italiano, ahimè, trapiantato in Belgio. Sempre avanti, che non è solo il titolo dell’album ma anche un incitamento, l’inno alla forza di chi prosegue a testa alta nonostante le difficoltà. É la volta delle rubriche siamo andati a scovare un gruppo emergente che si affaccia sul panorama della musica italiana con le migliori intenzioni. Iniziano all’antica, con la gavetta, scoperti su internet. Ci raccontano la loro storia, basata prima di tutto sulla fratellanza che li unisce da tempo. Loro sono I Blein. Anche questo mese andiamo alla scoperta della musica italiana ed internazionale. Per Time of mu-

sic, ripercorriamo le tappe che hanno formato il grande chitarrista Steve Hackett, gli anni con i Genesis, la carriera solista, fino ad oggi in attesa delle date del tour che toccherà Roma, Cesena, Milano, Pordenone e Trento. Per ciò che riguarda, invece, la musica italiana, abbiamo deciso di ricordare, visto l’anniversario della sua morte, la storia di Enzo Jannacci, importantissimo esponente della scuola milanese, che nei primi anni sessanta, segna un forte cambiamento nei testi e negli argomenti che da quel momento in poi impegneranno gran parte della musica italiana. A questo punto non ci resta che augurarvi buona lettura, ricordandovi che potrete leggere le interviste integrali sul nostro sito web www.backstagepress.it. Arrivederci al prossimo mese.



SIMONE CRISTICCHI Storia da un Cantastorie

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FABRIZIO BOSSO Una vita per il jazz

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16 TEMPO DI MUSICA TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI Backstage Press è edito dall’associazione culturale “Il Sogno è Sempre Onlus”. Tutti i diritti sono riservati. Manoscritti, dattiloscritti, articoli, disegni e fotografie non si restituiscono anche se non pubblicati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta in alcun modo senza l’autorizzazione scritta preventiva da parte dell’editore. Gli autori e l’editore non potranno in alcun caso essere responsabili per incidenti o conseguenti danni che derivino o siano causati dall’uso improprio delle informazioni contenute. REDAZIONE Alfonso Morgillo, Wanda D’Amico, Alfonso Papa, Marica Crisci, Domenico Ruggiero, HANNO COLLABORATO: Michela Drago, Alessandro Calafiore, Alessandro Tocco. REGISTRAZIONE n. 815 del 03.07.2013 presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (CE). Comunicazione Editore: Il Sogno è Sempre Onlus Sede Legale: Via Botteghino, 92 – 81027 San Felice a Cancello (CE) Sede Operativa: Via Giacomo Matteotti, 20 – 81027 San Felice a Cancello (CE) – Fax. 0823.806289 – info@backstagepress. it – www.backstagepress.it Distribuzione: Gratuita Stampa: Pieffe Industria Grafica

19 I RIO Dieci anni da raccontare

21 GIACOMO LARICCIA Guardando sempre avanti

24 EDVARD MUNCH L’urlo dei colori

27 FIORENZA EFFE

28 CONCERTI

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PH: ANGELO TRANI

Simone Cristicchi

Storia da un Cantastorie tx Alfonso Papa

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n nuovo Cristicchi con il cuore sempre alla musica e con un piede al teatro. La meticolosa ricerca di pagine sepolte della storia italiana messe in scena con la sensibilità che lo contraddistingue da sempre. Ecco il racconto del suo “musical civile”. “Mio nonno è morto in guerra” e “Magazzino 18”, due grandi successi per pubblico ma anche moltissime contestazioni. Un tuo bilancio su questa esperienza? L’esperienza è stata bellissima mi ha ricordato di quando vinsi il festival di San Remo con “Ti regalerò una rosa”. Fu un plebiscito popolare e allo stesso tempo incontrò qualche piccola contestazione da parte di alcuni psichiatri che videro nel volo descritto nell’ultima strofa, un’istigazione al suicidio. Magazzino

18, va anch’essa a toccare dei nervi scoperti, una pagina della storia italiana un po’ scomoda che ha a che fare con la politica, con la sinistra e ancor meglio con il comunismo. Nella storia che racconto, per la prima volta, gli italiani, sono vittime di qualcuno. Noi siamo bravissimi a tirarci la zappa sui piedi, lo siamo sempre stati, ci auto accusiamo, siamo in gradi di dircene di tutti i colori. Nella vicenda dell’esodo d’Istria, gli italiani sono state vittime, anche questo punto di vista ad alcuni non sta bene. Lo spettacolo che ho proposto va a sviscerare quelle che sono le zone grigie della lotta della resistenza. Io ci credo, ovviamente, sono i valori su cui poggia anche la mia esistenza, ne sono testimoni i miei spettacoli precedenti. Il fatto che vada a tirare fuori certi scheletri dall’armadio e questo per alcuni vuol dire “san-

tificare” la resistenza quando invece la realtà è ben diversa. Perché “Magazzino 18”? Perché mi sembrava giusto partire da oggetti per raccontare la storia, gli oggetti risalgono agli anni quaranta e cinquanta, essendo stato questo un enorme trasloco che ha coinvolto più di trecentomila persone. Questi oggetti sono particolari, hanno impresso sopra il nome del proprietario ed è l’unico elemento da cui si può ricostruire la storia delle famiglie che furono costrette all’esodo. Magazzino 18 che è una sorta di museo, suo malgrado, anche se non era aperto al pubblico, almeno fino a qualche mese fa, a seguito dello spettacolo è stato aperto ai visitatori. Mi è sembrato fosse il luogo simbolo di questo esodo, di uno strappo che c’è stato, di uno sradicamento, di una perdita

PH: TOMMASO LE PERA

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PH: TOMMASO LE PERA

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della propria identità. Questi oggetti non sono mai più stati reclamati dai loro proprietari e quindi c’è stato un distacco molto violento con quelle che erano le radici. “Magazzino 18” ci riporta al 1947, quando molte persone furono costrette a lasciare le loro terre perché non più italiane. E’ possibile contrapporre questa storia a quella degli immigrati che oggi sbarcano in Italia? Purtroppo la pagina di storia che racconto io è ben poco conosciuta ed è stata taciuta per molto tempo ed è anche questo uno dei motivi per cui ho deciso di prendermi la briga di tirarla fuori e documentarmi al meglio per poterla narrare sulle tavole di

un palcoscenico. Penso che la memoria fine a se stessa non abbia un grandissimo valore se non è poi rapportata all’attualità. I ragazzi delle scuole che vengono a vedere Magazzino 18 si rendono conto che anche gli italiani furono costretti a salire su un barcone e sicuramente fanno un confronto con quelli che sono i barconi di Lampedusa e questi grandi esodi che stanno avvenendo dal sud del mondo. “Mio nonno è morto in guerra”, 14 sedie da cui partono 14 storie di eroi quotidiani. In qualche occasione hai detto di essere dalla parte degli ultimi. Secondo te, quanto è importante far conoscere queste storie?

In “Mio nonno è morto in guerra” le emozioni sono molto forti, tanto che sono rimaste impresse nella memoria di questi anziani che io sono andato ad intervistare. E’ uno spettacolo basato sulle emozioni, da cui escono fuori moltissime storie di solidarietà. Nel momento più cupo della storia dell’umanità, la seconda grande guerra mondiale, i sentimenti delle persone, sia quelli brutti che quelli lodevoli, escono fuori in maniera amplificata. La guerra fa questo, amplifica i sentimenti delle persone come anche in momenti come quello in cui ci troviamo a vivere. Ovviamente non stiamo parlando di un evento catastrofico come quello della guerra ma, in momenti come questo, uno spettacolo come “Mio nonno è morto in guerra” fa riflettere su quello che probabilmente può essere la potenzialità dell’uomo che solidarizza con gli altri, anche di questo parliamo nello spettacolo, nel momento del bisogno l’uomo si riscopre umano. Continua a leggere l’intervista sul sito www.backstagepress.it

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PH: TOMMASO LE PERA



Fabrizio Bosso Una vita per il jazz

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na vita dedicata al Jazz. Quali sono gli elementi che ti hanno spinto ad intraprendere questa strada? E perché in così tenera età? Sono cresciuto in una famiglia di musicisti dove si ascoltava di tutto, soprattutto jazz. Mio padre è un trombettista, io da piccolo cercavo di imitarlo con delle trombe giocattolo. Ne distrussi tre, alla fine mi regalò una tromba vera. Cominciai a studiare e a dieci anni già lo accompagnavo nelle big band. Mi sono diplomato e ho cominciato subito a fare molta esperienza; capii

presto che era quello che volevo fare. La mia famiglia mi ha sempre appoggiato senza mai condizionarmi. I tuoi ultimi lavori sono legati a una ricerca meticolosa nella musica nera, com’è nato questo progetto gospel/ spiritual? È nato grazie alla collaborazione con Alberto Marsico (organo hammond) e Alessandro Minetto (batteria). Insieme suoniamo da molto tempo e qualche anno fa abbiamo fondato lo Spiritual Trio. Abbiamo cercato di “fissare” queste emozioni in due album, il primo “Spi-

tx Wanda D’Amico

ritual” uscito nel 2011, il secondo “Purple” nel 2013. Lo Spiritual è un genere che tocca l’anima, è difficile non sentirsi coinvolti. Da anni volevo approfondire questa musica, poi grazie a Marsico, che collabora anche con molti cori gospel, ho avuto la possibilità di conoscerla a fondo. È una ricerca continua e il repertorio è vastissimo, in questi due dischi abbiamo cercato di presentare una rosa molto ampia. Le tue collaborazioni non sono solo jazz, come ti poni nei confronti di altri generi, quando ti “allontani” dal PH: R. CRIMI

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PH: SIMONE CECCHETTI

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tuo mondo musicale? Se vengo chiamato, presumo che sia per portare il mio linguaggio. Sono onnivoro di musica, viaggiando molto per lavoro ne ascolto moltissima, amo tutti i generi musicali. Non è difficile per me avvicinarmi ad altri mondi musicali, credo mi venga naturale. Spesso è la curiosità che mi spinge, senza quella credo sia difficile anche suonare il jazz. Tu e la tua tromba avete letteralmente girato il mondo. Oggi, tu, la tua musica e il tuo modo di fare musica dove vi sentite più a casa e che momento vive il jazz in Italia? La mia casa è il palco e ogni posto dove vengo accolto con affetto, che sia in puglia, a tokio, un grande palco o un

piccolo club. Mi sento a mio agio quando avverto il calore con il pubblico, un feeling. Mi sento a casa anche quando sono circondato da persone che stimo e che sento amiche. Molti dei musicisti con cui suono, sono persone con cui condivido non solo il palco. I progetti con loro, sono quelli che alla fine funzionano meglio. Il jazz in Italia è pieno di talenti. Sicuramente c’è un problema di spazi e di occasioni per esibirsi ma non bisogna neanche troppo assecondare certi aspetti. Ci sono molti direttori artistici che fanno di tutto per offrire spazi e occasioni ai giovani. Nel festival di Note D’Autore, di cui sono direttore artistico, che si svolge a Piossasco (To), offro sempre la possibilità a molti giovani di esibirsi, anche al fianco di

PH: ANDREA BOCCALINI

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grandi nomi. Di recente hai annunciato il tuo concerto, arrangiato e diretto da Peppe Vessicchio, del 23 Agosto. Come nasce questa collaborazione? Con Peppe abbiamo lavorato in televisione, poi abbiamo stretto amicizia lavorando all’inizio con Mario Biondi. Già allora si parlavo di fare qualcosa assieme, poi ci sono voluti molti anni per poterci incontrare nuovamente ed esaudire le nostre intenzioni. Finalmente abbiamo trovato il tempo per poter collaborare insieme e siamo felicissimi che tutto ciò si stia concretizzando. Se dovessi spiegare a un bambino curioso cos’è la musica jazz, come gliela descriveresti? Bella domanda! Nella musica è difficile spiegare le cose, bisogna farle e viverle per poter capire. Gli farei ascoltare più volte una melodia molto facile, conosciuta e orecchiabile come “tanti auguri a te”. Poi si può cominciare anche a giocare aggiungendo qualche nota in più, una sorta di prima improvvisazione per riempire e colorare una melodia. E’ un metodo che uso anche durante i seminari, è molto utile per riuscire a mettere qualcosa di personale in qualcosa che è già stato scritto. © Riproduzione riservata



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uovo appuntamento sui palchi italiani con il rock internazionale. Noi non potevamo mancare questo appuntamento. Per fortuna esistono organizzazioni che investono sulla promozione di pietre miliari della musica internazionale. Una di

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tx Alessandro Calafiore

queste è la Bluesky promotion che ci darà l’opportunità di godere, dal vivo, di una delle gemme del panorama rock internazionale dei seventies e degli eighties, il grande Steve Hackett. Per i pochi che non lo conoscono, Steve Richard Hackett è stato il chitarrista dei Genesis per eccellenza. Tra il 1971 e il 1977 ha contribuito al successo dei più importanti lavori di questi giganti del rock progressive da Nursery Crime a Selling England by the pound, passando per Wind and Wuthering e The lamb lies down on Broadway, che segnò l’epilogo dell’esperienza con i Genesis. Dopo un inizio di carriera con i Canterbury glass, i Sarabande e i Quiet world, con i quali incise un solo album, ebbe la fortuna di essere notato da Peter Gabriel, già carismatico singer dei Genesis e dopo alcune difficoltà iniziali divenne

presto un elemento imprescindibile della band, sia dal punto di vista artistico che da quello scenico. Sul palco era il contraltare ideale dell’istrione Gabriel, per il suo modo di suonare seduto, quasi dimesso. Già nel 1975 cominciò a produrre dischi da solista con Voyage of the acolyte al quale seguì nel 1978 Please don’t touch, uscito subito dopo il suo abbandono dei Genesis. La sua produzione solista fu importante ed abbondante con un discreto successo anche commerciale soprattutto con il lavoro del 1981 Cured, nel quale si avvicinò a sonorità più pop. Uno dei massimi picchi lo raggiunse con i GTR fondati insieme al chitarrista degli Yes Steve Howe. L’esperienza durò un solo anno dal ‘86 al ‘87, il tempo di incidere un solo album omonimo col quale però raggiunsero la top 20 col singolo When the heart rules the mind.


In seguito tutta la sua carriera è sperimentazione, viaggio tra il rock progressive, la world music con puntate sulla musica classica. Pieno di aspettative fu il progetto di progressive metal Gordian Knot, un supergruppo con John Myung (Dream Theater), Trey Gunn (King Crimson) Bill Bruford (King Crimson e Yes) Sean Malone (Cynic). Nel 2012 pubblica il doppio cd Genesis Revisited II nel quale ripropone i grandi successi dei Genesis del periodo ‘71-’77 insieme ai suoi successi da solista, un excursus rivisitato della sua carriera. Il lavoro raccoglie un grandissimo consenso fino a fargli vincere il Prog award

2013 come migliore performance live. Questo nuovo tour mondiale, denominato Genesis extended tour 2014, parte in contemporanea con l’uscita del cd “Genesis revisited- Live at Hammersmith” e includerà nella set list parecchi brani che non furono eseguiti durante la precedente fortunata tournée. La formazione che avremo la fortuna di vedere sui palchi italiani, comprenderà, oltre a Steve Hackett alla chitarra, grandi musicisti come: Roger King alle tastiere (gary moore, snoopdoggiedog, jamelia); gary o’toole alla batteria, percussioni e voce (kylie minogue, chrissie hynde); rob townsend al sax, flauto

e percussioni (eddie henderson, billbruford, django bates); il grande ritorno di nick beggs al basso, molto amato dal pubblico (kim wilde, steven wilson) e nad sylvan alla voce (michael b. Tretow degli abba, agents of mercy). Appuntamento quindi da non perdere per gli amanti del rock il 22 maggio a roma – auditorium della conciliazione, il 23 a cesena nuovo teatro carisport, il 24 a pordenone teatro comunale giuseppe verdi, il 25 a trento auditorium santa chiara, il 26 a milano gran teatro linear4 ciack. Rock on! © Riproduzione riservata

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Una nuova filosofia per gli anni 60’ tx Wanda D’Amico

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l cambio musicale di cui parlavamo nel precedente articolo, non fu solo legato alla forma dei testi e alla tipologia di cantanti. Nei primi anni ‘60 si assistette alla nascita, non solo del cantautorato italiano, ma anche dell’uso della musica per trasmettere il proprio ideale. Siamo ancora nel pieno fermento del boom economico. Tenco ed Endrigo cominciano ad incidere brani che non solo hanno testi espliciti ma esplicitamente politici e aprono le porte a quello che sarà il fenomeno social-musicale De Andrè. I brani che cominciano a girare sono l’altra faccia del boom economico, la gente soffre e i brani si fanno più veri. Già allora si sentiva il desiderio di avere una vita che fosse fuori dai canoni morali, si esprimeva la voglia di una vita più vera e di amori liberi. Un forte contributo alla “causa” lo da la scuola milanese, la svolta decisiva arriva con Maria Monti e Giorgio Gaber che

incidendo “Un bicchier di dalmato” e “La balilla” segnano il cambiamento della musica e del cabaret milanese. I nomi da elencare, quelli facenti parte del panorama milanese di quegli anni, sono moltissimi, basta però dire che da li vengono fuori Cochi e Renato e due importantissimi ragazzi, strambi e simpatici, conosciuti con il nome d’arte Due Corsari, cantano canzoni surreali e dissacratorie,

i due sono Giorgio Gaber e Enzo Jannacci. Quest’ultimo aveva sempre sostenuto che il suo mestiere fosse quello di medico, cantare era un hobby, il suo hobby preferito e tale doveva rimanere, considerando che le canzoni “non hanno mai cambiato il mondo” e che lui è “un disgraziato che canta per i disgraziati”. Jannacci era un tipo esile e pallido, fece la sua prima apparizione in un film, La vita agra, poi ancora in

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un programma condotto da Mike Bongiorno. Oltre ogni minimo sospetto, nonostante l’aria un po’ svampita, i successi arrivarono nel ‘68 il suo brano Vengo anch’io. No tu no divenne a tutti gli effetti, non solo un grande successo ma una vera e propria espressione proverbiale in tutta Italia. Jannacci è da ricordare non solo per i forti sodalizi professionali, prima quello con Gaber poi quello con Dario Fo ma soprattutto per il fatto che non è mai rimasto legato ad un genere, sia in riferimento ai testi che agli arrangiamenti, è passato da arrangiamenti classici, tipici della canzone d’autore dell’epoca (come Gino Paoli o Bindi) che riecheggiano nelle sue prime

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canzoni. Ancora è stato protagonista indiscusso del cabaret e ancora è icona della tradizione musicale lombarda della quale si può ricordare la stupenda Il Duomo di Milano scritta nel 1970. Jannacci viene ricordato anche per essere uno dei primi “esponenti” della schizo-music – definita così da Gianfranco Manfredi – in cui è possibile inserire brani come Vengo anch’io. No tu no, Ragazzo padre, Musical, e, soprattutto, El portava i scarp del tennis brano del 1964. Di lui scriveva Umberto Eco “ La voce di Jannacci rende stranite frasi e situazioni che di per sé non lo sarebbero, mentre frasi e situazioni stranite, lette sulla pagina, chiedono la faccia e la voce di Jannacci per essere pienamente godute. In altri

termini, sarebbe far torto a Jannacci considerarlo poeta da cantare; l’arte di Jannacci è multimediale, gioca su tre registri della parola, della musica e della mimica (ovvero di una straordinaria e apparente assenza di mimica)” Ecco la schizo-music (shizo sta per schizoide) ed è qui che Jannacci esprime a pieno la sua bravura è qui che rappresenta l’emarginazione come esclusione del “diverso” che si libera nella follia e nell’ilarità, nei sorrisi nervosi. A un anno dalla morte del Dr. Jannacci è doveroso ricordarlo e noi non abbiamo perso l’occasione di farlo. © Riproduzione riservata


I Rio

Dieci anni da raccontare tx Alfonso Papa

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dieci anni dalla formazione del gruppo I Rio, ne scopriamo gli intenti al momento della formazione, i sogni che si sono formati man mano, l0impegno sociale e civile e infine i progetti futuri. In questi anni, tantissimi live, circa seicento. Uno degli ultimi quello al Live forum di Milano, com’è il vostro rapporto con la musica dal vivo? Se non ci fosse musica dal vivo non esisterebbero sicuramente I Rio, è praticamente la nostra caratteristica esistenziale. Lo dice, appunto, la parola “dal vivo”, quindi vivo,

noi portiamo le nostre emozioni e viceversa raccogliamo tutto quello che ci serve per poi riportarlo in studio e creare un disco nuovo. Per noi è importantissimo stare in giro, dal contatto con i nostri fans, i nostri amici, i parenti che alla fine del concerto entrano nel backstage, c’è uno scambio di tutto quello che portiamo in giro e viceversa quello che invece gli altri vedono attraverso i nostri occhi ed è quello che ci serve per continuare a fare questo mestiere e a tenere i piedi soprattutto per terra. Com’è cambiata la musica nel corso degli anni e com’è fare musica oggi?

Quello che stiamo vivendo, forse è il periodo più buio che ho vissuto musicalmente, c’è poco interesse nei riguardi della musica perché ce ne è veramente tanta ed è stata secondo me anche sovra usata. C’è la musica dal salumiere, mentre ti cambi la gonna, mentre ti cambiano le ruote delle auto. La musica è veramente da per tutto non c’è più quell’attenzione, quella particolare voglia di ascoltarla in un momento di tranquillità. Per quanto riguarda noi, eravamo partiti come una band di “casinari”, siamo ancora una band di “casinari” ma in questi dieci anni siamo cresciuti molto grazie anche

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alle esperienze che abbiamo vissuto, abbiamo suonato un po’ in tutto il mondo, in Brasile, in Messico, in Spagna, in Francia, in Polonia abbiamo fatto dei viaggi che ci hanno cambiato molto personalmente di conseguenza oltre che portare in giro il nostro rock and roll tutto italiano abbiamo cominciato a lanciare riflessioni, piccoli pensieri per stare meglio. Nella musica de I Rio è molto presente l’ambiente ed il suo rispetto. Musica ad impatto zero è una componente che continuerà ad accompagnarvi? Assolutamente si, abbiamo cominciato ad occuparci attivamente di ecologia nel 2009 quando abbiamo scritto il gigante, no che prima fossimo estranei al problema essendo molto legati alla terra perché veniamo tutti da paesi di campagna. Abbiamo cominciato a vedere che con la musica potevamo lanciare riflessio-

Insieme, credo che da soli non si possano fare grandi cambiamenti. Far riflettere e portare le persone su una stessa scia credo sia molto importante. Una canzone come “Terremosse” è stata scritta in un modo che non parla dell’evento tragico in prima persona, ma per dell’amore per la nostra terra. E’ una canzone di cui puoi parlare anche tra vent’anni riallacciandoti poi al discorso del terremoto. Noi l’abbiamo scritta così apposta, a parte che non saremmo stati capace di scrivere e raccontare il dramma, non fa parte delle nostre cose. Noi abbiamo voluto parlare del coraggio delle persone, che il giorno dopo si rialzano, si rimboccano le maniche e cominciano a ricostruire immediatamente.

ni su questi temi ed abbiamo cominciato appunto con questa canzone con la collaborazione di Fiorella Mannoia e Paolo Rossi, da li abbiamo lanciato il legame con Lifegate e più precisamente impatto zero ed i dischi a venire sono stati fatti tutti così. Stiamo cercando di fare sempre qualcosa in più, chiaramente non volendo strafare o emanando messaggi di rivoluzione ecologica ma solo facendo capire Continua a leggere l’intervista alla gente che con piccoli gesti sul sito www.backstagepress.it con piccole azioni quotidiane si potrebbero già fare delle grandi cose. “Terremosse” riporta la mente al terremoto dell’Emilia ed anche il videoclip è stato volutamente girato in quei luoghi. Quanto la musica può essere utile per non dimenticare? Sempre, penso che la musica non possa cambiare la società ma possa essere un buon tramite, il remo di una barca per portare avanti delle cose.

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Giacomo Lariccia Guardando “Sempre avanti”. PH: ALESSANDRO VECCHI

tx Wanda D’Amico

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l genio italico trapiantato altrove. Giacomo Lariccia continua con Sempre avanti a raccontare la sua storia, la storia dell’Italia e quella del mondo che lo circonda dal Belgio. Tra un concerto in Italia e uno a Bruxelles, ci racconta della sua ultima fatica. Sempre avanti. Solo dieci mesi tra un album e l’altro, avevi tanta fretta di raccontare e raccontarti?

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Colpo di sole è uscito alla fine del 2011 e da pochi giorni è nato Sempre avanti. In realtà avevamo messo come dead-line ottobre 2013 ma per una serie di necessità di produzione abbiamo deciso di far slittare l’uscita del disco al febbraio 2014. Lo spazio di due anni fra un disco e l’altro, per una produzione indipendente come la nostra, è in realtà un ritmo abbastanza serrato. Insieme a Marco Locurcio che ha prodotto

questi lavori con me, ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti che davanti ad una indecisione, ad una possibile attesa, la cosa migliore era quella di rimettersi subito al lavoro senza perdere tempo inutile. Sempre avanti, ci siamo detti. E così è stato. La formula usata per la produzione di quest’album è stata, come per il precedente, la produzione a quote dei tuoi sostenitori. Questo me-


Il crowdfounding è un sistema geniale che permette anche a chi, come me, si trova per ragioni geografiche, fuori dai giri italiani. Inoltre permette di creare un buzz intorno ad un disco ancora prima lo stesso sia stato prodotto, lascia una totale libertà ai produttori artistici (anche libertà di sbagliare, sia chiaro) e last but not least crea dei legami umani unici. Un amico mi diceva: sono le relazioni umane che ci porteranno fuori dalla crisi. Così è per il crowdfounding. Com’è cambiato il tuo modo di fare musica e la risposta del pubblico in questi dieci mesi? La domanda è interessante perché mi è capitato spesso di riflettere su questo argomento. Per quanto riguarda la composizione dei brani: le canzoni di Colpo di sole sono nate spontanee, ingenue, senza nessun obiettivo. Quelle di

Sempre avanti, invece, sono tutte nate con l’obbiettivo di finire in un CD. Nella scrittura dei testi, che rispetto alla musica mi richiedono molto più impegno, ho cercato di migliorarmi e di provare a rimodellarli con distacco provando a mettere a fuoco ogni canzone e di raggiungere, in ogni brano, uno scopo, un obiettivo ben preciso.

in Italia mi rendo conto che non riesco più ad accettare alcuni aspetti del nostro paese. In tutta questa lacerazione ho due fortune: amo la città di Bruxelles e mi trovo comunque non troppo lontano dall’Italia.

Sempre avanti accarezza ancora le tematiche che colpiscono l’Italia, tu vivi a Bruxelles, questa volta hai raccontato anche lei, raccontaci delle due situazioni e dei due luoghi, che vivi entrambi con forte intensità.

Al momento tutto il nostro impegno è diretto a promuovere Sempre avanti in Italia e in Belgio. Spero di venire a suonare spesso in Italia quest’estate e continuo ad ascoltare tanta musica e a sottopormi a tanti stimoli che prima o poi si coaguleranno in altre canzoni ma questa è un’altra storia. Per adesso noi continuiamo ad andare Sempre avanti e spero che tanti verranno con noi.

Spesso penso che una volta che hai vissuto in un altro paese ti rendi conto di non appartenere né al luogo da cui sei partito, né a quello in cui sei approdato. E’ un po’ questo il dilemma di chi ha vissuto fuori. Io non riesco a sentirmi totalmente integrato nella mentalità belga e allo stesso tempo quando torno

I tuoi impegni futuri? Hai già qualche altro progetto in mente?

Continua a leggere l’intervista sul sito www.backstagepress.it © Riproduzione riservata PH: ALESSANDRO VECCHI

todo continua a funzionare?

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PH: MARICA CRISCI


L’urlo dei colori D

efinito come “il pittore dell’angoscia”, Edvard Munch (Løten, 12 dicembre 1863 – Oslo, 23 gennaio 1944) si formò nella tragica atmosfera della Norvegia dell’epoca. Fu un grande viaggiatore e ciò gli permise di conoscere le maggiori correnti artistiche europee, come l’Art Nouveau e la pittura Simbolista. Le sue opere e la sua tecnica hanno da subito suscitato sconcerto e disprezzo da parte della critica. Nel 1892, infatti, la mostra organizzata con sue opere a Berlino fu chiusa per lo scandalo provocato dalla sua tecnica: stesura sciatta di colore; una pittura disinvolta dai margini di “non finito”. I suoi quadri sono privi di dettagli, i colori si mescolano tra loro e i temi affrontati sono sempre drammatici. Tra le sue opere più importanti ricordiamo: La Madonna (1895), una figura sensuale ma al tempo

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stesso cadaverica, al confine tra passione fisica e malattia;

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Pubertà (1894), una bambina che sta per diventare donna, copre il suo ventre nudo con le braccia, formando una croce. La croce è simbolo di morte che copre il punto da dove nasce la vita; Il Grido (1893), il tema stesso e i colori accesi, trasferiscono di colpo allo spettatore il senso di angoscia. Probabilmente il quadro rimanda alla perdita della madre e stesso il cielo rosso rappresenta il sangue della madre morente.

Il Grido (1893)

Si celebra quest’anno il 150° anniversario della sua nascita e Genova gli rende omaggio con una sublime mostra all’interno del Palazzo Ducale (6 novembre 2013 – 27 aprile 2014). Il percorso espositivo racconta la vita tormentata dell’artista e il passaggio ad un nuovo modo di dipingere, audace, che sconvolgerà l’arte del XX secolo.

La Madonna (1895)

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utto per caso”, il tuo primo lavoro discografico. Visto oggi, il risultato è come lo volevi, come te lo aspettavi? Sono entusiasta del mio primo lavoro, anche se c’ è già tanta voglia e tante idee per il futuro e perché no per un nuovo lavoro discografico. Non mi aspettavo nemmeno di riuscire a fare un disco in così poco tempo dal mio esordio nel mondo della musica e del canto. Perché “Tutto per caso”? “Tutto per caso” è la mia storia. E’ per caso, che la musica comincia a far parte di me in modo così importante. Una sera che non sarei dovuta uscire, uscii e caso volle incontrai la persona che mi ha portato poi a scoprire che oltre la ballerina c’ era qualcos’ altro. Iniziai con lui: pianobar, matrimoni e così via fino

a circa un anno fa, quando per battere la mia timidezza mi iscrive alle selezioni per il “Festival di Napoli”. Poi la vittoria al Sanremo Music Awards, le aperture di concerti di star internazionali tra i quali Michael Bolton. Tutto è nato quella sera, “tutto per caso” e non poteva esserci titolo più appropriato per il mio primo album. Com’ è oggi fare musica in Italia, per un giovane chve non sceglie la via dei talent? E’ molto difficile e richiede tanti sacrifici, molta pazienza senza mollare mai. Purtroppo esistono “meccanismi” che sembrano inarrivabili e probabilmente lo sono ma ciò non deve far svanire la voglia di crederci. Non importa se oggi canti per 10 persone, domani per 100 e poi per 1000. I grandi della musica italiana non sono nati dai talent ma da tanta gavetta e tanti sacrifici.

Quali sono i progetti e gli impegni futuri? Ci sono tanti progetti in cantiere, ma per ora preferisco non anticipare nulla! Riguardo agli impegni il 13 aprile ci sarà la finalissima del “Festival di Napoli” che si svolgerà su una nave della flotta MSC, poi con mia immensa gioia aprirò i concerti di BOLTON nel suo tour estivo in Italia. Ancora il tour col “Festival di Napoli”, sarà un giro internazionale che toccherà anche l’ America. La tua playlist ideale? Non ho una playlist ideale, amo molto ascoltare anzi, riascoltare brani di artisti che hanno fatto la storia della musica in Italia: Mina, Loredana Bertè, Mia Martini, Gianna Nannini e tanti altri. La buona musica, rigorosamente italiana. © Riproduzione riservata

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Blein

Il nuovo gruppo che fa la gavetta tx Alfonso Papa

U

n gruppo unito sin dall’infanzia, la scoperta casuale e il conseguente contratto. Accolti tra le braccia di grandi esperti della musica italiana, cominciano dal basso, senza scorciatoie televisive. Nascono così, alla vecchia maniera i BLEIN La vostra band ha la particolarità di non avere un leader. Quattro cantanti, quattro musicisti, come mai questa scelta?

PH: GIORGIA NOFRINI

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In realtà non è una scelta, è venuta in maniera spontanea, siamo amici veramente da piccolini, di cui tra l’altro Francesco e Simone sono fratelli, ci unisce una fratellanza infinita. Naturalmente il nostro percorso, la nostra idea di gruppo ci ha portato a formare questo progetto in maniera veramente uguale tra di noi. Conseguentemente diventa anche una scelta positiva a livello –tra virgolettedi novità musicale, comunque potrebbe essere un’arma

vincente. Dipende forse anche dal nostro bagaglio musicale, siamo cresciuti con i gruppi rock ove veramente non c’era un leader, tutte le figure erano carismatiche allo stesso livello e ricordate ugualmente dai fans. E’ da poco uscito il vostro primo album. Come è nato e cosa racconta? E’ nato innanzitutto dall’esigenza nostra di mettere nero su bianco, la nostra musica, di incidere e poi è nato con il fortunato incontro con Max Marcolini che è il nostro produttore ma è anche il produttore di Zucchero, Alexia, Irene Fornaciari e tantissimi altri. Con lui ci siamo incontrati a giugno del 2013, ci aveva scovato un suo collaboratore su internet. Quindi ci ha scelto ed allo stesso tempo noi siamo stati onorati di poter scegliere lui. E da un lungo lavoro fatto assieme da venticinque pezzi inediti lui ne ha scelto i migliori che sono poi finiti nell’album. L’album in realtà è una raccolta di singoli, ogni canzone è nata a se stante. Abbiamo scelto pezzi che comunque hanno un filo conduttore che è la tematica


amorosa, sono tutti legati alla sfera sentimentale ed al nostro rapporto con le donne e collegandoli si poteva creare una storia vera e propria dall’inizio alla fine. In realtà non è stata pensata così, ma nell’ordine in cui li abbiamo messi è venuto fuori ciò. La vostra musica ricorda un po’ quella dei Modà. Vi rifate a qualche modello in particolare? In realtà questo connubio con i Modà è dovuto ad un paio di pezzi ma è una cosa più a livello di sala e di produzione perché comunque loro sono il gruppo di riferimento in Italia in questo momento,

quindi è un po’ inevitabile rifarsi agli standard che stanno dettando loro. Come loro al tempo stesso si sono rifatti alle Vibrazioni ai loro albori, poi hanno trovato la loro strada ed hanno percorso la loro strada. Noi vorremmo fare la stessa cosa, in realtà come gruppo già siamo completamente diversi, perché non abbiamo appunto un leader, chi ascolta il nostro album sente già da subito che siamo l’unione di vari suoni. Noi come crescita musicale siamo molto filo esteri, abbiamo ascoltato di tutto. A livello di immaginario ci hanno assimilato anche ai Beatels, ma più che altro come impostazione di gruppo.

Quali sono i prossimi impegni? Ci sarà un tour? Attualmente siamo alle prese con la promozione del disco in tutto e per tutto. In più inizieremo a proporlo live, iniziamo proprio il 4 aprile a Ciampino a Roma con Dodi Battaglia, che è una persona che abbiamo incontrato già in passato, presenteremo quindi per la prima volta interamente l’album live. Dopo di che ci saranno varie date e speriamo di toccare tante città in una tournée estiva e non primaverile.

© Riproduzione riservata

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12/4 AUDITORIUM DEL LINGOTTO (TO) 15/4 105 STADIUM – GENOVA 17/4 PALA WHIRPOOL – VARESE 18/4 PALA GEORGE – MONTICHIARI (BS)

9/4 AUDITORIUM DEL LINGOTTO – TORINO 15/4 TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI (MI) 17/4 GRAN TEATRO PALABAM – MANTOVA

6/4 PLAYHALL – RICCIONE (RN) 8/4 PALASPORT – S.BENEDETTO DEL TRONTO 10/4 PALASPORT – COLLE VAL D’ ELSA (SI) 12/4 PALASPORT – FOLIGNO (PG)


5/4 ATLANTICO – ROMA 12/4 GRAN TEATRO GEOX – PADOVA 16/4 ALCATRAZ – MILANO 18/4 OBI HALL – FIRENZE

17/4 TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI – MILANO 29/4 OBI HALL – FIRENZE 5/5 PALABANCO – BRESCIA 8/5 AUDITORIUM S. CHIARA – TRENTO

11/4 TEATRO DELLA LUNA - ASSAGO 13/4 AUDITORIUM S. CHIARA - TRENTO 17/4 TETRO MARIO APOLLONIO - VARESE 3/5 TEATRO VERDI - MONTECATINI

11/4 PALASPORT – CASTEL DI SANGRO 12/4 VOX CLUB – NONANTOLA 24/4 CLUB EMME20 – COLLECORVINO 25/4 AUDIODROME LIVE CLUB – MONCALIERI

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ROMEO E GIULIETTA AMA E CAMBIA IL MONDO dal 9 al 13 aprile 2014 TEATRO PALAPARTENOPE NAPOLI biglietti a partire da € 19,00

KAROL WOJTYLA UNA STORIA VERA dal 15 aprile al 4 maggio 2014 TEATRO BRANCACCIO ROMA biglietti a partire da € 28,20 LA SPADA NELLA ROCCIA EXCALIBUR dal 5 al 6 aprile 2014 TEATRO DELLA LUNA MILANO biglietti a partire da € 20,00



Violenza sui bambini, rompiamo il silenzio. Con un fiore. In Italia migliaia di bambini e adolescenti sono vittime di abusi e di violenza. Un dramma che si consuma nel silenzio e apre ferite che durano per tutta la vita. Telefono Azzurro, attraverso le sue linee d’ascolto e le chat online, si impegna ogni giorno per dare una risposta immediata a queste richieste di aiuto. Eppure non basta, è necessario potenziare le linee di ascolto, per aiutare un maggior numero di piccoli in difficoltà. Vieni a trovare i nostri volontari in una delle 2.300 piazze e scegli i Fiori d’Azzurro. Perché non basta ascoltarli, bisogna capirli.

Trova la piazza più vicina a te: chiama il Numero Verde 800.090.335 oppure vai su azzurro.it


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