10 PASSI PER IMPARARE A GUARDARE CONVIVENZA DI ACF TOSCANA GUIDATA DA WOLFANG FASSER
La convivenza, vissuta da alcune famiglie di ACF Toscana a Quorle dal 20 al 22 maggio 2011, è iniziata 13 mesi prima della data in cui si è realizzata. Lo scopo di quest’esperienza era nel cuore di alcuni sognatori che intravedevano la necessità di fermarsi un po’ per guardare la strada già percorsa e ripartire con maggior consapevolezza verso nuove mete. Wolfgang Fasser, nella sua profonda illuminazione, ci ha presi per mano e con lui siamo penetrati nel cuore del nostro percorso e abbiamo visto una nuova breccia di Luce. Gli appunti che vogliamo condividere con te, nuovo e vecchio amico, sono il frutto del lavoro che abbiamo svolto sotto la sua guida e che, pensando a te, abbiamo voluto registrare affinché possa essere uno strumento di condivisione. Cos’è Quorle Quorle è la seconda casa della Fraternità di Romena, caratterizzata da uno spazio più intimo e più raccolto, dove la voce che più si sente è quella della natura, un luogo in cui è possibile vivere nella semplicità, ritrovando la bellezza della vita alle radici.
Per informazioni: Località Quorle, 52014 Poppi (AR) Tel.: 0575.520287 e-mail: quorle@romena.it
E’ possibile ascoltare il libretto recitato da Gaudio Tione Fanelli scaricando i files audio all’indirizzo: http://acftoscana.wordpress.com/omintudine Prima edizione Settembre 2011
PREFAZIONE a cura di Wolfgang Fasser In Cammino Verso Un Nuovo Futuro Carissimi, E' stata una gioia condividere tempo prezioso con Voi. Il nostro incontro ci ha permesso di dare parola ai germogli per il nostro nuovo futuro. Lo intravediamo questo futuro e lo vogliamo co-creare. Desideriamo nutrire il nostro percorso mettendo valori condivisi come punti che portiamo avanti con fermezza. Una fermezza non fatta di slogan o per fare semplicemente sensazione bensi' fermezza come promessa alla vita. Desideriamo essere cittadini responsabili in cammino e vogliamo creare una rete di relazioni nutrienti. Quorle è l'eremo della Fraternità di Romena, un luogo dove custodiamo semplicità, ascolto, condivisione e la vicinanza feconda con la natura. Il silenzio nutriente caratterizza la pratica di questo piccolo mondo ai fianchi del Pratomagno. In questo clima abbiamo voluto dare esperienza e parola al tentativo di verificarci e creare nuove linee di sviluppo, nutrimento per il nostro cammino e parole che camminano con noi. Dieci punti che vengono esposti alla vita, coccolati, nutriti, cucinati, martellati, messi in un angolo per essere poi ripresi e nuovamente setacciati attraverso la pratica di ogni giorno. Attendo il momento nel mese di maggio 2013 per il nostro ritrovo di confronto. L'opuscolo Omnitudine é il fiore del nostro primo momento e diventerà frutto proprio attraverso questo arco di tempo. Vi auguro strada bianca e Vi aspetto a Quorle.
Wolfgang Fasser
3
OMNITUDINE 10 passi per imparare a guardare
OMNITUDINE è la parola che ha caratterizzato la nostra esperienza. Si tratta di un neologismo che nasce da una libera traduzione di un termine tedesco e significa “capacità di avere una comunicazione e una relazione profonda”. Praticamente il contrario di solitudine.
L’incontro è iniziato il Venerdì sera riflettendo sulla frase di Martin Buber:
"È cieco chi non partecipa alla relazione"
4
Sabato 21 maggio 2011
La mattina di sabato, il suono melodioso del flauto ci ha spinti dolcemente giÚ dal letto. Ci siamo incontrati in giardino alle sei e, avvolti dal sole delle prime luci del giorno, abbiamo cominciato la giornata recitando le Lodi del Mattino. Eravamo tutti presenti, con una gran voglia di vivere questo momento con la mente, il corpo e lo spirito; i bambini, come al solito, ci hanno sorpresi e hanno voluto offrire la loro voce nella preghiera comune. Dopo la colazione gli adulti hanno iniziato il loro percorso, mentre i piccoli hanno continuato a giocare liberamente. Il percorso è stato molto semplice perchÊ ci ha proposto di osservare quello che c’era intorno alla casa. Abbiamo condiviso 10 situazioni e ciascun luogo ha fatto scaturire profonde riflessioni sugli aspetti della vita relativi allo stare insieme.
5
1- SALTO DEL GRADINO: alla ricerca di risonanza nella comunicazione. Ci è stato proposto di fare un salto in coppia, da un piccolo gradino. In questo modo abbiamo cercato di creare una “risonanza sonora”, con lo scopo di sperimentare il primo livello di una buona comunicazione. Abbiamo notato che la risonanza è risultata più armonica quando c’era ascolto l’uno dell’altro. Per rendere più armonico il salto ci siamo accorti che era necessario sintonizzarsi, ma per ottenere un risultato ancora migliore, questo non era sufficiente, occorrevano ulteriori caratteristiche: elasticità, flessibilità, capacità di andare l’uno verso l’altro, saper attendere il compagno e adattare la propria spinta a quella del partner.
Giocare questa risonanza, trovare un ritmo, ha fatto scaturire una riflessione: “A volte non ti capisco completamente, ma ti sento. Sento che tu sei al mio fianco e desidero entrare in sintonia con te, accogliendoti, rispettando la tua differenza. Sono aperto al confronto con te e desidero condividere la mia percezione con la tua”.
Questa intesa è alla base di un buon dialogo ed è necessaria per affrontare e superare gli inevitabili conflitti che nascono dallo stare fianco a fianco, vicini fino a sfiorarsi continuamente.
6
2- ERBE AROMATICHE: ricchezza della diversità Osserviamo e scopriamo gli odori delle diverse erbe aromatiche piantate intorno a casa. Impariamo che la diversità è una ricchezza: l’aglio cresce insieme alla menta, al timo, alle erbe che usiamo per fare le tisane… Da quest’osservazione nascono tre spunti: a) Cerchiamo di utilizzare ciò che abbiamo intorno a noi, nello spirito dell’autoproduzione , sperimentiamo il piacere di vivere con ciò che ci è donato dal creato. b) Cerchiamo di acquistare i prodotti locali, per onorare chi li produce accanto a noi, riducendo i consumi per il trasporto della merce. c) Cerchiamo di fare i nostri acquisti con responsabilità sociale ed ecologica e di avere attenzione ad un prezzo EQUO se abbiamo bisogno di acquistare prodotti che arrivano da lontano.
7
3- ORTO: superamento rispettoso del limite con una visione realistica L’orto ci ha messo di fronte al tema del “superamento del limite” nel rispetto dell’ambiente e dei bisogni dell’uomo che si integra con quelli della natura. L’orto di Quorle è stato iniziato utilizzando un pezzo di prato incolto, pieno di sterpaglie; all’inizio pareva un‘esperienza molto complessa, ma con pazienza, tenacia, e un buon lavoro partecipato pian piano ha preso forma e con il tempo ha cominciato a dare i primi prodotti. Ci siamo soffermati ad osservare i vari elementi che caratterizzano questo ambiente. • La rete: occorre mettere attorno all’orto una rete. I confini sono necessari, ma è importante realizzarli in modo permeabile e non rigido. Difendere il proprio luogo dagli spazi usati dagli animali è una necessità che ha il duplice obiettivo di proteggere e di delimitare, per creare uno spazio ordinato e funzionale. Anche gli animali in natura segnano il proprio territorio. Cogliamo allora quanto sia importante nel nostro quotidiano preservare degli spazi e dei tempi sacri per la famiglia e per noi stessi (es. possiamo limitare in alcuni momenti: il telefono, la televisione, le richieste di lavoro supplementare quando siamo a casa, ecc.…). L’uomo adulto deve imparare a trovare il giusto equilibrio tra lavoro e vita privata, tra pubblico e privato, tra solitudine e omnitudine. L’esempio della rete permeabile ci stimola a cercare un modo intelligente di essere nel mondo senza farsi fagocitare dalla società. Inoltre abbiamo osservato che i materiali con i quali è stato costruito il recinto, sono materiali umili, ma sistemati e organizzati con gusto e semplicità; questa scelta fa si che anche l’occhio sia soddisfatto. Questo richiama alla mente la parabola dei gigli del campo (Matteo 6,24-34), come pure e la frase delle Lodi del mattino della Fraternità di Romena “vestirsi con semplicità e grazia”. 8
• La concretezza: l’orto insegna a fare una rete permeabile, a progettare la propria vita mantenendo una visione realistica. Notiamo, a questo proposito, alcuni pericoli in cui si può incorrere se non si fa un “discernimento sobrio” quando ci si trova a prendere delle decisioni nel nostro quotidiano: essere visionari, vedere troppo in grande, pensare in modo avido, non saper misurare le proprie forze. Al contrario se ci sforziamo di attuare scelte realistiche, se facciamo un passo alla volta che non sia “più lungo della gamba”, se operiamo nel campo della fattibilità, impariamo ad essere in sintonia con il nostro potenziale, sviluppando meglio i nostri talenti e realizzando qualcosa di bello che fa bene a noi e a chi cammina con noi. • I sentierini: all’interno dell’orto lo spazio è ben diviso per permettere di orientarsi facilmente e di condividere in modo chiaro i lavori. L’orto viene bagnato da varie persone; il fatto che sia ben diviso permette di facilitare la comunicazione, sapere dove si è e dove si vuole andare. Dando il nome ad ogni aiuola le persone si comprendono meglio e si sentono più sicure nel momento in cui cooperano. Occorre un ordine (es. i sassi di confine delle aiuole), perché ci aiuta a orientarci, per non sprecare inutili energie e tempo ed a riordinarci interiormente. Questo ordine è uno strumento, non un principio formale. • La nuova palizzata: dopo una prima esperienza, nella quale le dimensioni dell’orto erano volutamente ridotte (nessuno era sicuro delle proprie competenze di “agricoltore”), si è compreso che l’orto poteva essere raddoppiato, non nella teoria ma sulla base di una realtà vissuta. E’ stata l’esperienza concreta che ha fatto maturare nuovi possibili bisogni e nuovi orizzonti. •L’orto gemello: l’orto di Quorle è gemellato con quello di Lesotho in Africa. Questo fatto è importante perché aiuta a dare il massimo cercando di fare quanto possibile per migliorarsi.
9
Inoltre questa esperienza aiuta a curare la relazione a distanza, a rafforzare la risonanza. “Mai da soli!” diventa il motto di una relazione forte che supera le frontiere della distanza. Un segnale concreto di questa “vicinanza nella distanza” è dato dal fatto che in entrambi gli orti si pianta l’artemisia. •Le piante: per evocare l’interazione, nell’orto sono presenti non solo specie locali, ma anche prodotti dell’Africa, come ad esempio una certa qualità di zucca. •Le seggioline: nell’orto vi sono due seggiole per godere del proprio lavoro, per onorarci per il lavoro che abbiamo svolto. Dopo aver lavorato nell’orto accogliamo soddisfazione del lavoro: “after action, satisfaction”.
la
Ora le seggioline si sono trasformate in una bella seduta realizzata da un tronco trovato nel bosco. !!!Attenzione!!! TUTTE QUESTE SCELTE provocano ALCUNI “EFFETTI COLLATERALI”
trovare tempo e spazio per stare, non solo per fare.
sapersi fermare durante il cammino: dobbiamo proteggerci dalle aspettative non raggiungibili.
ricercare armonia nel lavoro creando equilibrio tra: vivere, confrontarsi e creare.
la meta diventa la strada favorire una cultura creativa. Vogliamo consolidare e offrire uno stile di vita creativo di fronte allo stile di vita dominante.
essere consapevoli che la meta non è il fine, essere consapevoli che il cammino è lungo, ma occorre onorare anche se stessi
imparare a festeggiare per il percorso effettuato dedicare un tempo per la festa, in cui si accoglie ciò che abbiamo fatto, per ringraziare anche gli antenati.
farsi i complimenti dopo l’azione.
10
4- Il COMPOST e la PULA: tradurre la negatività del passato in speranza per il
futuro.
Sostiamo di fronte ai 4 bidoni di compost dove vengono messi i rifiuti organici e la pula, i vari involucri della spiga. Separare la pula dal chicco è indispensabile, ma non bisogna buttarla via! Tutti abbiamo in mente cosa succede se lasciamo cadere nel vento una manciata di cereali: le particelle più leggere vengono subito portate via dal vento, mentre i grani più grossi continuano a cadere quasi in verticale nel setaccio. Durante la caduta, quindi, il chicco si separa. L’umanità ha da sempre pulito il grano secondo questo principio lasciando che la pula fosse sollevata dal vento: la pula, leggera, è portata via mentre i chicchi di grano ricadono nel setaccio. Con questa immagine vivida nella mente, continuiamo il nostro percorso. Proviamo a considerare la pula come parte ricca di minerali non assorbibili dal corpo umano, ma che se ben rielaborata diventa il concime per il nostro domani. Occorre conservarla, mettendola però al posto giusto, affinché non inquini tutta la nostra “giornata”, la nostra vita. Metaforicamente la pula rappresenta, le nostre fatiche, i dolori, i lutti, le fragilità, le zone di minor luce della nostra vita. Se riusciamo a percepire la pula come parte integrante dell’esistenza possiamo lasciare che essa diventi concime per le esperienze che potranno generare vita in futuro. Nel momento dell’emergenza, della fatica, della crisi, si dà posto alla pula. Occorre darle un contesto e un luogo. La pula va sistemata nel suo giusto posto! Se il dolore, la fatica, la fragilità prendono il sopravvento nelle nostre esistenze, non riusciamo a vedere le nuove proposte che la vita ci offre. Rimaniamo ingabbiati avendo come unico pensiero il negativo, le nostre debolezze gli aspetti più opprimenti. 11
Possiamo al contrario cercare di trasformare ciò che di solito proviamo a scartare, producendo ricchezze nuove e risorse per noi e per gli altri. Anche un dolore profondo come un lutto, può generare nuova vita. Tradurre la negatività del passato in speranza per il futuro è possibile ed è il compito di ogni tragedia: si tratta di imparare a trasformare il trauma in speranza attraverso un approccio proattivo, grazie al quale non accettiamo più di essere vittime. Potremmo considerarla una sana pretesa per non rimanere imprigionati in una sterile accusa alla tragedia, pur rispettando e accogliendo il tempo necessario a metabolizzare il dolore. Un mistico e predicatore tedesco, Johannes Tauler vissuto nella prima metà del ‘400, era famoso per la teologia della pula, o ancora meglio la “filosofia della concimaia”. Lui ci insegna ad avere un atteggiamento attivo e responsabile di fronte ai peccati. Ci invita, dopo esserci confrontati con i propri gesti di disamore, ad affidarci e portare la pula della propria vita nel campo che è stato arato da Dio. L’affidarla a Dio, ci solleva dal peso, dal senso di colpa, dall’auto accusa, dall’ansia da prestazione, dal bisogno di perfezione. Ciò che non posso risolvere, è possibile affidarlo a Dio. Non considerare la Pula come parte negativa e basta, affidala a Dio! La pula ricopre il chicco, quindi protegge, ma poi una volta separata dal chicco ritorna risorsa. E’ bello pensare un abbraccio orizzontale che riunisca tutti gli aspetti della vita, tu e tutte le sfide che nasceranno dal nostro rapporto di amore. Quando una coppia attraversa una crisi, fa spazio alla pula, alla difficoltà. Se poi riesce ad avere un dialogo intelligente e stare nel conflitto leggendone i segni, può averne un enorme beneficio. E’ importante sostare in questa fase e poi superarla, ossia trasformare la negatività. In questi momenti si rischia di perdere la fiducia e la speranza nell’altro, ma è necessario rielaborare i nostri sentimenti, imparando a sopportare la normale distanza che esiste nella crisi e affidando le difficoltà a Dio. Mi libero e di conseguenza la coppia può trasformarsi. Tale processo può aumentare l’amore e far nascere una nuova speranza. 12
Occorre mettersi in cammino provare a trasformarsi. Come il chicco spogliato dalla pula, diventa farina e poi pane, così la pula rielaborata torna nel campo come nuovo nutrimento.
5- GLI SPINI e gli STERPI: accoglienza rispettosa dell’altro, sinergia. Sostiamo di fronte ad un letto ordinato di spini e di sterpi. Tagliato per bene, e sistemato in modo armonico, non è un mucchio lasciato lì. Bisogna accontentare anche l’occhio, per soddisfare la necessità di armonia dell’anima. Anche con gli spini è possibile creare una casa, per accogliere chi è diverso da noi, (es. la serpe, la lucertola, la lumaca) per dare casa e favorire una sinergia con l’orto lì accanto. Offrendo una casa a questi animali, evitiamo di ritrovarceli dappertutto e dare spazio ed occasione in noi al sentimento di paura che possono provocare. La paura immobilizza la creatività del nostro agire. Impariamo così a dare spazio ad un buon vicinato, in questo caso tra uomini e animali, ma la stessa modalità potrebbe funzionare con chi è diverso da me (stranieri, poveri, disabili ecc…).. Se non li aiutiamo a trovare il loro luogo, loro ci daranno fastidio e si creerà in noi il sentimento della paura.
6- IL FOSSO: ponte tra presente e passato, consapevolezza e responsabilità. Sostiamo di fronte ad un fosso, che Wolfgang e alcuni volontari hanno ritenuto opportuno recuperare. Mentre lavoravano si sono resi conto di riprendere il contatto con quelli che erano stati prima in quel luogo, coloro che li avevano preceduti, quelli che in passato avevano studiato l’ambiente passato e posto le condizioni per abitarlo meglio. Ripulire il fosso, costruito più di 100 anni fa, evoca dunque l’onorare chi è passato prima, agire con la consapevolezza di ci ha preceduti e di chi verrà dopo. 13
Ci siamo fatti provocare dall’invito alla riflessione di M.Buber: “sappi da dove vieni, dove stai andando e di fronte a chi un giorno renderai conto!” Occorre riscoprire vecchie tradizioni e mantenerle perché ci aiutano, ma bisogna saperle anche mettere in discussione. Bisogna saper fare un scelta e un discernimento per individuare le tradizioni utili, cioè quelle che ci aiutano a favorire processi di vita completi e non frammentati. Ad esempio l’acqua, giustamente incanalata, può essere raccolta e riutilizzata, così come lo scarto della cucina viene trasformato in compost e diventa concime e quindi nuova risorsa.
7- LA CONCIMAIA: elaborazione e metabolizzazione del lutto, disagio e conflitto. Nella concimaia il compost, spostato dai bidoni, viene messo in terra per maturare meglio. Questa maturazione viene curata e coltivata, aggiungendo della lana di pecora, foglie di tiglio, ecc Osservando la trasformazione del compost sull’elaborazione del lutto, disagio, del conflitto.
viene
fatta
una
riflessione
Riflettiamo sul fatto che ciò che è scarto in noi può essere curato e coltivato. Occorre lasciar maturare ed accompagnare, per non essere soli nel dolore, nel fallimento. Per rielaborare questo dolore, occorre un travaglio definito in un suo luogo e in un suo spazio. Lo scarto non dovrebbe prendere il sopravvento, ma neppure essere negato nel quotidiano. Imparando a curarla/coltivarla possiamo rientrare in una normalità sana, che può aiutare a stabilizzarsi ridando alla nostra vita un ritmo armonico. Dobbiamo imparare a non tirare continuamente fuori in ogni momento e in ogni posto quel tema, quel dolore. 14
Quindi occorre allenarsi a dedicare a questo processo la giusta attenzione: cerchiamo di educarci a gestire lo scarto non negandolo né facendogli prendere il sopravvento. Riflettiamo insieme su un sentimento come la rabbia e sulle modalità di staccarci dai conflitti. Evidenziamo cinque azioni importanti, da attuare per gestire meglio questa emozione che può creare disagio e sofferenza: 1. riconoscere la propria emozione e il sentimento: “sono arrabbiato, ho paura” 2. assumersi la propria responsabilità e ammettere di essere corresponsabili sviluppo e nella causa del conflitto.
nello
3. evitare di accusare l’altro, anche se spesso è un’azione che non si riesce a gestire ed evitare. Ne deriva un processo di non giudizio liberante. Questo è un compito interiore di ciascuno. Il conflitto diventa palestra per imparare a non accusare e per andare avanti insieme. 4. capire e guardare insieme verso nuovi orizzonti, evitando di recriminare azioni e fatti avvenuti nel passato. Ci confrontiamo, ma guardiamo insieme verso un orizzonte comune. 5. togliere l’emozione dalla causa. Staccare l’emozione dalla persona con cui sono arrabbiato, staccare la rabbia da quella situazione. Solo così posso liberare energie per andare avanti. In quel momento divento capaci di parlare con la persona con cui sono in conflitto. L’energia che indirizzerei verso la rabbia, devo canalizzarla verso altro. 8-
IL
FICO:
aiuta a crescere
abitare le domande ci
Sostiamo di fronte ad un fico donato da un gruppo di studenti di una scuola di San Giovanni in Valdarno a seguito di un incontro avuto precedentemente nella loro scuola. I ragazzi hanno preparato l’incontro, facendo crescere l’albero. Questo mantiene un legame 15
di amicizia a distanza, tiene salda la relazione tra persone che vivono in luoghi lontani. Riflettiamo sul senso di piantare alberi: l’albero cresce con noi. Le piante per crescere hanno bisogno di tempo e ci insegnano la pazienza del saper attendere. Le domande sono come piante, bisogna stare con loro con pazienza, nutrirle e accogliere il loro frutto, che sarà la risposta. La pianta cresce con nuove foglie e frutti, come in noi sorgono nuove domande che impariamo ad accogliere e a tenere con noi. Imparare a sostare nel conflitto, attendere, valutare, abitare, capire le domande e soltanto in un secondo tempo cercare le risposte e le soluzioni, così da maturare e ricercare equilibri nuovi, è stimolante e arricchente. La mentalità dominante è invece quella di trovare soluzioni immediate alle domande e ai problemi che a volte non abbiamo ancora ben compreso. Questo atteggiamento è una modalità per non negare il problema, ma per non farci assillare dalla risposta immediata. Per esempio ci siamo posti la domanda: ”Come gestiamo l’invidia?” . Proviamo a sperimentare questo metodo:
viviamo con questa domanda lasciando che pian piano si sviluppi dentro di noi;
diamoci il tempo per cercare di capire meglio il significato della domanda, chiedendoci per esempio: “quale domanda mi sta ponendo la vita attraverso questa situazione?”
percepiamo che nasce in noi un sentimento di ansia. Accogliamola come un ondata superficiale, che però ci fa percepire che sta arrivando una domanda più profonda, che può essere sottesa o negata se non è riconosciuta.
non cerchiamo subito delle soluzioni, ma abitiamo la domanda con fiducia nella bontà del nostro percorso, lasciandolo pazientemente aperto nel tempo.
formuliamo una posizione critica. non fermiamoci lì. cerchiamo la risposta attraverso una cultura alternativa e creativa che ci porti oltre. 16
9- EREMO: inizio del processo di rinnovamento personale, attraverso il silenzio ed il
rilassamento, attraverso la vicinanza e la distanza dall’altro.
Nel mezzo del bosco, attraverso il passaggio dalla “porta stretta”, arriviamo all’eremino. Questo passaggio ci permette di rinnovarci (come la serpe che cambia la pelle quando fa la muta e per rima cosa “perde la faccia”). Percepiamo chiaramente in questo luogo che tutti abbiamo bisogno di spazi, di tempo e di solitudine per poter stare bene con gli altri. L’“Omnitudine” è un trampolino di lancio per poter essere orientati verso il tutto. Scoprire e sapersi donare dei momenti con se stessi, sapersi ritirare al tempo giusto può diventare un mezzo efficace per poi sapere stare in pienezza con gli altri. Questo ci suggerisce la necessità di rigenerare il muscolo della relazione. A volte proviamo una sana stanchezza nelle relazioni e abbiamo bisogno di rilassarci un po’ per metabolizzare e “digerire” gli incontri. E’ bello abitare la prossimità e metabolizzare l’incontro nella distanza. Per far questo abbiamo colto alcuni passaggi utili:
imparare l’arte del silenzio.
saper uscire dal gruppo o dalle comunità per ritrovare uno spazio interiore.
assumersi la responsabilità sulla gestione della vicinanza e della distanza dall’altro. Abbiamo bisogno di essere vicini agli altri, ma anche di stare in uno spazio personale. Riconoscere il proprio bisogno di stare con se stessi fa bene. E’ l’immagine di un pendolo che va da sé all’altro tracciando un ritmo vitale. E’ un equilibrio dinamico che sta nel movimento oscillante: da sé agli altri per tornare a se stessi. Se io non riesco a gestire il mio bisogno di stare con me stesso, in coppia, con i figli, ecc…, e se non riesco a ritagliarmi questo spazio e tempo fondamentali per me, non è opportuno accusare il gruppo. Mi eserciterò ad accogliere e lavorare la pula a livello personale come farebbe un atleta. 17
Abbiamo concluso con un canone che ci ha portati a cogliere l’importanza della pienezza della LUCE come guida nel cammino della nostra esistenza. “Dolce luce guidaci tu, perché non perdiamo la sapienza del cuore”.
10) PENSATOIO: imparare a pensare Il pensatoio è un luogo appartato, con una pietra comoda su cui sedersi e condurre i pensieri verso nuove intuizioni o percorsi da riordinare. Crearsi all’interno del proprio ambito abitativo un luogo per pensare, per poter coltivare il pensiero ed arrivare ad una conclusione è un modo di darsi uno spazio fisico che risuoni nel nostro interiore. Spesso abbiamo tanti pensieri uno dietro l’altro, ma questi diventano situazioni che ci preoccupano, ci affaticano. La proposta è quella di distinguere tra l’avere tanti pensieri che vengono e vanno e il mettersi a pensare, lavorare con la mente su una cosa e portarla ad una conclusione. Spesso abbiamo mille idee superficiali, che forse nascondono una domanda-bisogno che deve ancora emergere. Un luogo per concludere un pensiero senza esser interrotti diviene in questa ottica uno strumento prezioso.
18
19
CO-EVOLUZIONE Appunti dell’incontro pomeridiano nel bosco di castagni con Wolfgang Fasser
Ci siamo seduti in cerchio nel bosco di castagni, sotto all’albero di Adam, mentre il cielo tuonava. La riflessione è scaturita dall’analisi del nostro modo di camminare insieme sul sentiero appena percorso. Quando siamo in cammino, oltre a rispettare l’ambiente è necessario rispettare il compagno di viaggio. Questo si trasforma in responsabilità nei confronti di chi mi è compagno nel camminare, in un rispetto dei tempi dell’altro che significa essere disposti a rallentare il passo, o provare ad accelerarlo per mantenere la giusta distanza, per non perdere il contatto, ma neanche rischiare di stare troppo vicini per evitare di intralciarsi. Camminare troppo vicini non permette di garantirsi e garantire uno spazio personale costruttivo. A volte dobbiamo stare un po’ distanti per poter riuscire a vedere meglio la situazione. Se siamo troppo lontani manca la comunicazione di base, che permetta di avere la prospettiva giusta. Tutto questo ci ricorda la metafora della cordata: la corda deve essere sempre in tensione, non può essere troppo tirata né troppo lenta, altrimenti rischia di non essere di aiuto al nostro viaggiare, ma addirittura nociva. Quanto detto lo possiamo trasferire a qualsiasi tipo di attività o di relazione; se c’è il rispetto dei ritmi dell’altro si può creare una sintonia e questo porta a una CO-EVOLUZIONE. 20
Quando invece questo non avviene, c’è il rischio di perdere il contatto con l’altro e con se stessi. I tempi della co-evoluzione sono più lenti dell’evoluzione solitaria, ma garantiscono frutti più duraturi e persistenti, perché distillati e purificati dall’attesa di un cammino condiviso. La società impone un modello in cui siamo spinti a guardare solo al proprio orto, con la difficoltà a condividere. Siamo condizionati anche dai modelli proposti dai mezzi di comunicazione, dai luoghi comuni che puntano fondamentalmente sulla soddisfazione dei bisogni immediati e individuali. Soli siamo più vulnerabili e deboli, influenzabili da questi bombardamenti. “Insieme è faticosamente bello”: la co-evoluzione non è un percorso semplice e facile, è complesso, faticoso ma BELLO! E’ come una palestra, un necessario strumento di crescita per ogni individuo e per una comunità. La società ha bisogno di vedere che è possibile e necessario co-evolvere. Nella comunità spesso le persone crescono in maniera differenziata, per cui è molto importante l’attenzione, la cura che ognuno dedica ai compagni della comunità. Passare attraverso una comunicazione matura fluida e feconda, del vissuto e del proprio sentire, in modo da rendere partecipe l’altro di quanto si sta muovendo interiormente: questo è il vero dialogo. Se la comunicazione non avviene, nel tempo si corre il rischio di non riconoscere l’altro e che l’altro non ci riconosca più, causando una distonia nella co-evoluzione. L’altro diventa un estraneo e la relazione con lui faticosa e non edificante. Dopo ogni esperienza forte, sarebbe opportuno creare uno spazio per la condivisione dei racconti e dei vissuti che ci hanno accompagnati attraverso il percorso 21
così da rendere partecipi delle nostre emozioni l'altra persona della coppia, il gruppo o la comunità! Assumersi la responsabilità della co-evoluzione per crescere insieme significa: - essere disponibili a raccontare di sé e dell’esperienza vissuta; - prendersi il tempo per raccontarsi e avere la disponibilità dell’altro per un ascolto partecipato; - il cambiamento in me accogliendo dell’altro; sapere che chi è rimasto a casa dovrebbe aver un’attenzione particolare e la capacità di muoversi e accogliere chi ha viaggiato; - bisogna rendersi conto che l’invito alla co-evoluzione va fatto, ma tenendo ben presente che può succedere che l’altro neghi tale coinvolgimento. - è necessario saper dosare il tempo: colui che è appassionato dall’esperienza deve saper dosare il tempo, rallentare per permettere la co-evoluzione, ricercare la sintonia per continuare a crescere insieme.
22
Wolfgang Fasser: La nostra guida di quei giorni
Un ringraziamento particolare a Wolfgang Fasser e alla FraternitĂ di Romena
Stampato su carta
ACF Toscana di Mondo di comunitĂ e famiglia - Onlus Via Aretina 84/86 50063 Figline Valdarno (FI) Tel. 366 9355250
web: http://acftoscana.wordpress.com mail: acftoscana@comunitaefamiglia.org n° 788 registro regionale toscano Associazioni di Volontariato sez. Firenze
Prezzo: offerta libera Stampato in proprio - Settembre 2011