Rigenerati dallo spirito di andré louf

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ANDRE LOUF

Nella stessa collana SPIRITUALITA OCC IDENTALE Piccola sorella Annie di Gesi, Charles de Foacaald E. Bianchi, Non siamo nigliori. lt uita rcligiosa nella chiesa, tra gli uornirti A. Chatelard, Cbarles de Foucauld. Vero Thrnanrusset C. Falchini, Volto del nonaco, uolto dell'uono. Saggio di annopologitt ttrtrtttslica nella "Regola" di Benedetto f. Lrclercq, S,tn Benurdo L lo spitito cislcrcensc A.Louf , Sotto la guida dello Spiito A. [nu(, Lo Spiito prcga in noi A. Louf , I-a uita spirituale Th. Matura, Celibato e comuniti. I fonfutmenti de lla uita rcligiosa Th. Matura, Francesco, ndestrc nello Spitito Th. Matura, Incontri con Fruncesco d',Assisi Th. Merton, Un uiuere altcmatiuo Sorella Maria, P. Mazzolari, L'inffibile fratemiti. Carteggio (1925- rqsq) Sorella Maria, G. M. Vannucci, ll canto dell'allodok. lrttere scelb (rq47 ro6t)

Vatillon, L'urnilk di Dio

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DI MONT.DES.CATS

GENERATI DALLO SPIRITO L'accompagnamento spirituale oggi

nostto Caulogo generale

i successiui agiomanenti a quaili ce nc faranno ichiesta. e

www.qiqajon.it www.monasterodibose.it

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Generati dallo Spiito L' dcc ornpagfi alnento spiri tua le o ggi

COI,LANA:

Spiritualitir occidentale

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PAGINE:

232

I'IlEFAZIONE:

Enzo Bianchi, priore di Bose kt grice peut dauantage. L'accornpagnenent spirituel dal francese a cura di Valerio Lanzarini, monaco di lJosc Giotto, Elia sul cano di fuoco, affresco (r3o1-r3o(r), particolare, Cappella degli Scrovegni, Padova

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@ ry92 Descl6e de Btouwer, Paris

@ ,ss4, zooT EDIZIONI QIQAJON COMUNITA Di BOSE rt88; MAGNANO (BI) kl. or5.619.264 - Fax or5.679.29o

EDIZIONI. QIQAJON rsrrr 97ti 88-85:27 49-r

COMUNITA DI BOSE

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PREEAZIONE

La prima e, per ora, unica oolta cbe ho incontrato di persona Andrd Louf i stato lo scorso anfio a Ronta, iru occasiorue di un seminario proprio sulla paternitd spirituale. Fu per tlue come riuedere un uecchio amico con cui - nonostante la lontananza, il passare del ternpo e il nautare delle situazioni - si i rirnasti in profonda sintoruia, nell'imrnutata capaciti d.i intendersi con un sernplice sguardo, nel grato stapore di chi si sa conosciuto in profonditi, nella rinnouata merauiglia di chi cofiosce cid che brucia nel cuore delf altro. Di lui, eletto abate di un rnonastero trappista oltre trent'anni fa a soli trentaquattro anni, auetlo infatti letto i libri, rari e preziosi come autentiche perle, destiruati a diuentare pietre miliari della spiritualitd occidentale del dopo concilio. Li aoeuo sentiti come l'espressione compiutd di intuizioni che io appena intraaedeuo: il magistrale Signore, insegnaci a ptegare, che rni fece arrossire per doer osato scriuere aruch'io un libro sulk preghiera; le tre raccolte di cornrnenti ai uangeli festiul - Solo l'amore vi baster) - cosi densi, acuti e biblicamente radicati da farrni aincere la mia dffidenza uerso il genere omiletico; il recente Sotto la guida dello Spirito di cui bo uoluto curare l'edizione italiana perchd conuinto cbe aniuasse a colrnare un uuoto nel panorarna dell'approccio ai temi fondamentali della uita cristiana. Quando percib seppi che Andrd Louf aueua approfondito c suiluppato un selilplice capitolo di questo suo ultirno launro, trasfitrmandolo in un uero e proprio libro sull'accontpagnamerutu spirituale, non potei che rallegrarrni di questo dono chc ucniua fatto alla


chiesa tutta intera.

Di autentico dono infatti si tratta, dono

quaruto

mai necessario e prezioso in una stagione in cui rari sono diuentati i padri spirituali perchd si sono rarefatti i discepoli capaci di ascolto, percbd si d priailegiato un attioismo esdsperato di "organizzazione della caritd" a scapito della crescita armonica nella fede, perchd si b creduto cbe l'essere tutti fratelli significasse rinruegare il dato che la uita spirituale, coriae ogrui oita, la si riceue da qualcun altro, strumeruto nelle rnani d.el Dio datore di ogni bene. ll lettore resterd colpito dalk profonditi del radicarnento biblico e patristico delle riflessioni contenute in queste pagine. Andrd Louf attinge direttamente alle fonti e riesce a fare emergere tuttd l'attua-

e una sua attualitd... La uita spirituale non ?: solo obbedienza alle leggi, la rnorale b subordinata alla riuelazione e alla autentica conoscenza (/'epignosis paolina) di Dio, una eccessiua raziorualizzaziorue dell'etica uistiana pub abbagliare o umiliare... Occone dunque una rnaggiore attenzione allo Spirito, all'unzione ruaestra clte b

in noi (cf. rGu z,z7) e quindi occorroflo deipadri spirituali, degli accompagnatori, degli amici carismatici rinuniti del discemimento dello Spirito cbe, corne Giooaruni Battista, a uolte ci aprano la uia, a uolte destino dornande in noi sul Venierute, a uolte scorapaiano per lasciare cbe Cristo regni...

Enzo Bianchi priore di Bose

liti

del messaggio dei padri d.el d.eserto e di Bemardo, di Basilio e di Benedetto, di Euagrio e degli starcy russi. Questo b chiaramente frutto di un'assid.uiti allalectio divina e di uru'esperienza personale che emerge a ogni iga. Ed. b questo radicarnento nella Bibbia e nella grande tradizione che permette a Louf di accogliere, con audacia e francbezza, ma anche con discernimento, gli orizzonti dati oggi dalle scienze urnane e in special modo dalla psicologia moderna. Anche di questo dobbiamo essergli grati, perchd la tentazione di fuggire questo confronto o di opporre psicologia e uita spirituale b sempre moho forte. Era irnportante che un uomo di incontestabile autoritd spirituale ribadisse che alcune acquisizioni della psicologia sono ormai un dato insoppriraibile e che la relaziorue d'accompagnameruto le deue tenere in considerazione se non uuole imboccare uicoli ciechi letali per la dinarnica della oita spirituale cristiana. Noi siamo sempre stati conuinti che enori di spiritualih diuentano patologie psicologiche e che i d.isturbi psicologici non sono mai estranei alla uita spirituale e proprio per questo una sinergia

di dati e di attenzioni ci appare feconda secondo le indicazioni di Andrd Louf. Si, questn tradizione antichissinza e inintenotta del rninisten dell'accornpagnarnento spirituale - dai rabbini del giudaisrno fino agli attuali uomini carismatici, rari ma presenti, che il Signore coficede alk sua chiesa - oggi fore d in grado di riprendere un sao posto 6

S lebbraio ry94

memoria di santo Stefano di Muret, monaco


PREMESSA

Le pagine che seguono sono il frutto di varie sessioni, preparate per i responsabili della formazione di monaci e di monache, che ebbero luogo successivamente in Canada, in Belgio e in Irlanda. Un primo testo, trascritto da registrazioni di conferenze, B circolato in passato pro manuscripto, in ftancese e in inglese, sotto il titolo: L'accornpagnement spirituell . Alcuni estratti, rielaborati dall'autore, costituirono l'oggetto di un capitolo del suo librc Inspelen op genade2, a cui il presente volume si ispira per certi aspetti. Fatta eccezione per il primo capitolo, che cerca di descrivere il posto che occupa l'accompagnamento spirituale all'interno dei diversi carismi concessi dal Signore Gesi alla sua chiesa, queste pagine vogliono essere anzitutto descrittive, al confine trala riflessione spirituale e il manuale di iniziazione. Talora daranno anche f impressione di essere prossime alla testimonianza, e in questo devono molto a tutti e a tutte coloro che l'autore ha avutola grazia di incontrare. Bench6le acquisizioni oggi generalmente accolte della psicologia del profondo siano qui messe a profitto senza complessi, non si dimentichi trttavia che l'autore non d un professionista

1

Il

testo d stato pubblicato a Ottawa t986, a cwa della (lonferenza religiosa ca-

nadese.

':A. I-ouf, Inspelen Spirito,Bose ry9o).

op genade: oaer God-zoeken,TieTt

t984 ftr. ir.: Sotto la guida dello


in questo campo, e il lettore accorto

se ne render) conto.

Gli

accostamenti, i paragoni, le interpretazioni che l'autore propone vanno percid presi con beneficio di inventario. Il pii delle volte, del resto, sono semplicemente il frutto di condivisioni fraterne con altri accompagnatori, o anche con "qualcuno del mestiere". A proposito di questi ultimi, gli sono state estremamente preziose la fiducia e l'amicizia di due psichiatri, vicini per la fede e animati da un comune interesse per la ticchezza e al tempo stesso per la miseria di ogni essere umano. Il lettore si renderi anche conto di quanto queste pagine siano debitrici a quei rari maestri spirituali, alcuni dei quali sono ancora fra noi, che per primi hanno avuto I'audacia di far dialogare tra loro l'esperierrza della fede e le prime interpretazioni, sovente cosi abrasive, osate a suo riguardo dalle scienze umane: Louis Beirnaert, Andr6 Godin, Raymond Hostie, Frangoise

Dolto, Denis Vasse, Maurice Bellet, per ricordarne alcuni; e, last but not least, il dottor Fred Blum, presbitero della chiesa di Inghilterra e psicoterapeuta, cosi come tutta la sua 6quipe che, fino alla sua morte, intorno a lui e con lui, ha saputo accompagnare e "salvare" tanti credenti di ogni confessione, nell'indimenticabile residenza di campagna situata a Sutton Courtefiay, nei pressi di Oxford, in Inghilterra. L'autore di queste righe ts cresciuto nella tradizione monastica, e piit precisamente nella tradizione cistercense; i suoi uditori erano in maggioranza composti di cristiani consacrati allavita contemplativa, monaci e monache. Pet forza di cose, la sua pratica d stata incessantemente nutrita e illuminata dai grandi testi provenienti da quella tradizione. Sarebbe tuttavia inesatto pensare che queste pagine presentino un metodo o una spiritualit) piir tipicamente "monastici", tali da distinguersi facilmente da un tipo di accompagnamento spirituale pit adatto a un ministero attivo. Tutt'altro. In un'epoca in cui tutte le tradizioni particolari rileggono i loro testi fondatori alla luce di un'esperienza spirituale oggi rinnovata,le differenze sfumano e i tratti essen-

ziali diuna medesima esperienza sono facilmente identificabili, da una sponda al7'altra, al di l) di opposizioni che il corso delle epoche aveva forse un po' artificialmente accentuato. Solamente lontano dalle fonti si b soliti coltivare le differenze. Ora, piir si fa ritorno a esse, pir) ci si riconosce simili nell'unico Signore e nei medesimi cammini del suo Spirito. Ancora una parola legata a un ricordo personale. Mi sia permesso di evocarlo qui. Rappresenta un genere di apoftegma uscito non dalla bocca di qualche padre del deserto, cluesta volta, bensi da quella di un cardinale contemporaneo, un grande servo della chiesa ai tempi del concilio Vaticano II, il cardir-rale Achille Li6nart, vescovo di Lille. Accadde il giorno della mia benedizione abaziale, nel corso del pasto festivo, in refcttorio. All'inizio di quel pasto avevo dato da leggere un testo, chc A sempre rimasto caro al mio cuote, di F6nelon, predecessclre del cardinale sulla cattedra di Cambrai. In esso l'autore mcttc in guardia contro la mania di certi direttori indiscreti cli prevenirc la grazia, quando si tratta semplicemente di scguirla. Eccone alcuni passi: "Un direttore, se d colmo dello Spirito di Dio, non previene maila graziain nulla: egli non [a chc seguirla pazientemente e passo passo, dopo aveda provata con molte precauzioni ... L,e cose che Dio faf.arc per amor st-to sono di solito preparate da una provvidenza dolce e impercettibile. llssa porta con tale naturalezza le cose, che queste semllrano venire come da se stesse. Non ci deve essere nulla di f<lrzato o di irregolare ... Bisogna chiedere solamente a misttra chc Dio d)". Appena fu terminatalalett:ua del testo, il cardir-rale si gird verso il giovanissimo abate che io ero e mi dissc con cluel tono particolarmente affettuoso che gli era proprio c che mai dimenticherb, un po' come un padre che lascia in testamento al figtio una parte della sua sapienza: "Caro padre abate, ecco, d proprio questo che ormai lei dovr) fare. Non cerchi mai di imporsi ai suoi fratelli. Certo, lei farebbe molto bene; ma la grazia pud di pii!". TI


Si, proprio questo E il segreto di ogni accompagnamento spirituale: mai imporsi all'altro, anche se si farebbe "molto bene", poich6 "la grazia pub di pir)".

Andr6 Inuf L'AC COMPAGNAMENTO SPIRITUAI,IJ NELL'ESPERIENZA CRISTIANA (X ](I I

L'intento di questo libro ts innanzittttto pratico: clcscrivcrc il piir da vicino possibile cib che oggi si d soliti chiamarc la rclazione o il dialogo di accompagnamento spirituale. lliflctteremo su tutto cib che lo struttura e lo costruisce tlntallalllcnte, psicologicamente e spiritualmente. Qual b l'oggetto clcll'accompagnamento spirituale? Come esservi iniziatl? In che sct-tso utilizzarc il linguaggio della paterniti? Come facilitarc il clialogo e sposare armoniosamente ascolto e parola? Di che natttra L la

relazione che si instaura, consciamente o inconsciamente, che lo si voglia o no, tra accompagnato e accompagnatore? In chc consiste cid che latradizione chiama apertura del cuore o manifestazione dei pensieri? Quali falsi rumori possono farsi udire, quali interferenze enffano in gioco e si interpongono, a volte alf insaputa dei due interlocutori, alfte volte grazie a una connivenza pir) o meno lucida, pii o meno sottile fra i due? Ogni dialogo comporta inevitabilmente certi tranelli di cui i bene prendere coscienza, non sempre per sventarli, ma per sapcrli riconoscere e imparare a convivere con loro. Tuttavia, prima di ogni altra consideraziofie,la natttrrr stessa dell'accompagnamento spirituale esige un'esplicitazione preliminare del suo luogo nell'esperienza cristiana e insicme la de-

terminazione della sua importanza all'interno della stessa. In effetti la questione dell'accompagnamento spirituale fa scoprire una sorta di crocevia verso cui convergono, per li incontrar-

r)


si e intersecarsi, diversi elementi essenziali della vita di fede' Questa complessit) viene illuminata dauna visione globale dell'esperienza cristiana: esperienza propria del credente ed esperienza della chiesa nel suo insieme'

Tra la carne e

lo Spirito

Per convincersi dell'importaflza del discernimento e dell'accompagnamento in ogni esperienza spirituale, basta rileggere alcuni versetti ben noti del capitolo 8 della l-rttera ai Romani, che suonano come la carta costituzionale della vita cristiana; di ogni vita cristiana, peraltro, presa nel suo senso pir) largo, a pre-

scindere da tale o talaltra vocazione specifica: "Voi non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito - dice Paolo -, dal momento che lo Spirito di Dio abitainvoi" (Rm B,g). E un po' pit avanti precisa: "Cosi dunque, fratelli, noi siamo debitori, ma no. ,r.tro la carne per vivere secondo la catne; poich6 se vivete secondo la carne, voi morirete; se invece con l'aiuto dello Spirito voi fate morire le opere del corpo, vivrete. Tirtti quelli in-

fatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno Spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: 'Abba, Padre!' ... Lo Spirito viene in aiuto allanostra debolezza, poich6 nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare; ma 1o Spirito stesso intercede con insistenzapr.:. noi, con gemiti inesprimibili" (Rm 8;z-26)' Ecco dunque, sin dai primi anni del cristianesimo, sotto la penna di uno dei pit grandi discepoli, una descrizione gii estremamente precisa e circostanziata dell'espetienza cristiana. Pao1o d perfettamente cosciente di trovarsi sempre come costretto a un'alternativa: deve scegliere tra cid che egli chiama "vivere se14

secondo lo Spirito". Ma come fare questa scelta, dal momento che i due poli dell'alternativa sembrano in parte sfuggire alla sua coscienza? Infatti Paolo dice esplicitamente che noi non sappiamo come pfegare, ma che d 1o Spirito apregarc in noi con gemiti, che sono peralro ineffabili o

condo

la carne" e "vivere

inesprimibili. Significa che la "spinta" dello Spirito, ossia il suo desiderio, d all'opera in noi, anche se non ce ne rendiamo conto, anche se i suoi gemiti in noi sono intesi e interpretati unicamente da Dio, poich6 solo Dio scruta i cuori (cf. Rm 8,z6-zl). In poche righe I'apostolo ci offre una descrizione assai precisa dell'esperienza cristiana, con la parte di mistero che essa implica, dal momento che ci mette in contatto con la vita stessa di Dio e anche con la sua parte di ambiguit) sempre possibile. Egli espliciter) questa ambiguiti al capitolo 5 della Lnttera ai Galati: "Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare i desideri della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alTa catne; queste cose si oppongono a vicenda, sicch6 voi non fate quello che voreste" (Gal 5s6-q).Non saper pregare come si deve, non saper fare come si vorrebbe: come esprimere pir) felicemente le lacerazioni e la confusione generate dalla tensione Spirito-carne in ogni credente? Questo vocabolario non d stato del resto inventato dall'apostolo. Viene dalla bocca stessa

di Gest che, per primo e in uno dei momenti pir) decisivi del suo cammino verso la Pasqua, vi fece ricorso per descrivere cid che egli stesso sperimentava in quell'umanit) peccatrice che ha rivestito per salvarci: "Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione.l,o spirito d pronto, ma la carne E debole" (Mt 26,4r). Ecco dunque messa in luce la situazione presente del cristia-

no: essa comporta tensioni e lotte. Sin dal momento del batte simo, il credente d consegnato allo Spirito santo e si trova sotto il suo influsso, in tutta verit). In lui lo Spirito dispiega instancabilmente la sua attivitd, per lo piii all'insaputa del battezzato, apparentemente incapace di prenderne coscienza. Ma in lui r5


abitano anche un'altra forza e uln'altra attivit) che, a loro volta, sono difficilmente localizzablli o identificabili e che .segnano

trttalasua esistenza di un'ambiguiti insormontabile' E questo dinamismo, estraneo allavita dello Spirito, che Paolo indica con il termine "carne". in errore' OpQuesta terminologia, perb, non deve indurci e in tutto il di Paolo penna lo spirito ulluLurini, sotto la pori. -Nlrrouo lo spiopporre Testamento, non significa assolutamente insono rito o l'anima dell'uomo al suo corpo' Spirito e carne vece due nozioni "spirituali" che possono riguardare indistintamente sia il corpo che l'anima. Un corpo pub essere carnale o spirituale. cosi l'anima. Tutta la nostra esistenza cristiana si ,uig. al tempo stesso nella carne e nello Spirito, il che rende ,.dro il discernirnento da operare tra i due' pu.t"i.olur*.rit. ^Noi siamo destinati a lasciarci guidare dallo Spirito, ma possiamo anche essere in balia della carne. sotto la guida dello Spirito o zimbello della carne, come distinguere concretamente i due? Evidentemente si tratta qui di una delle sfide fondamentali di tutta I'esiste nza cristianir- ,"n u dubbio anche una delle pii urgenti nel concreto della vita. Infatti ogni esistenza cri,tiu.r^,'riu dal punto di vista individuale sia da quello comunitario, dipende dal modo pir) o meno corretto di vivere questo antagonismo e di discernervi chi davvero ha il primato' O uno E efJettivamente il "giocattolo" dello Spirito: si lascia condurre da lui (cf . Rm B,r4), si lascia ammaestrare dalla sua dolce unzione, come dice in modo mirabile Giovanni nella Prima lettera (cf. rGv z,z7), e allora tutto d possibile, anche l'impos,ibil., i'improbabile o il miracolo! Oppure, al contrario, B 1o a tutte le illusioni, proprio zimbello d.llu .rr.r", strada ^petta quando si crede guidato dalto Spirito! Non deve sorprendere percib che sin dalle prime pagine del -Nuovo Testamento' in paolo e Giovanni, appaiala preoccupazione della iarticolare in girrtu scelta. In effetti il problema d di grande importanza e Ioileva una questione cruciale' d possibile, si o no, verificare t6

per conto proprio un'esperienza di f.ede, nella fedelt) alla guida

dello Spirito santo?

Gi) posto chiaramente sin dal Nuovo Testamento, questo problema non ha cessato di esserlo ar,cora nel corso di una storia letteraria particolarmente feconda, sedimentandosi progressivamente in insegnamento tradizionale, gtazie al suo costante interesse per il discernimento spirituale. Anche se la terminologia ha conosciuto uno sviluppo nel corso degli anni e gli accenti si sono certamente spostati in un senso o in un altro, nondimeno resta vero che il corpo della dottrina, progressivamente arricchito dall'esperienza di tante guide spirituali, d rimasto stabile e uniforme. Si potrebbe addirittura dire che questa radizione b, in un certo senso, consostanziale e connaturale allachiesa e ne costituisce uno dei tesori pii preziosi. Le relazioni tra l'esperienza spirituale e la struttura psicologica dell'anima cosi come la si poteva rapprcsentare nelle diverse epoche da una parte, quelle tra 1o sforzo delle facolth naturali e l'intervento della grazia dall'altra, e infine il riconoscimento attraverso certi segni provati del senso degli equilibri di tutti questi elementi in interazione, tutto era sottomesso alla riflessione e beneficiava della testimonianza dei mistici e al tempo stesso dei loro pastori. Ma non b questo il luogo di ritracciatnela storia, sia pure succintamente. E sufficiente averne sottolineato rapidamente la straordinaria ricchezza.

Offuscamento e riscoperta

C'd tuttavia da chiedersi; siamo i degni eredi di una tradizione cosi prestigiosa? La risposta dovrebbe abbondare di sfumature. E lecito pensare che, globalmente parlando, il periodo che, nella storia della spiritualitd, sta per volgere al termine, non sia stato particolarmente brillante in questo campo. Non che la trar7


dizione del discernimento spirituale sia completamente scomparsa dalla chiesa. Tirtt'altro. Per non parlare della Compagnia di Gesr) che in questo campo d sempre rimasta fedelmente attaccata alla pedagogia "ignaziala", d certo che l'accompagnamento spirituale - si preferiva chiamarlo "direzione" spirituale - fu effeitivamente praticato da un buon numero di presbiteti, religiosi e religiose, e con frutti spirituali che nessuno avrebbe l'ardire di negare. Senza dubbio in questo ambito meritano di essere menzionati in modo particolare i monasteri di vita contemplativa; senza un minimo di iniziazione e senza un accompugru-"nto di qualit), d difficilmente immaginabile un'auteniica esperienza contemplativa. Nel suo insieme, tuttavia, e in particolare quando c'erano da operare certe opzioni importanti di ordine personale o comunitatio, non sembra che nella vita della chiesa abbiano avuto un peso significativo le esigenze di un rigoroso discernimento spirituale. Gih l'unica domanda realmente discriminante: "Il soggetto sul punto di scegliere b effettivamente guidato dallo Spirito?" non sempre era posta in modo esplicito, anzi avolte era sottilmente elusa, peralffo senza la- minima cattivavolont)... Talora erano scambiate per impulso dello Spirito santo le conclusioni di un'analisi razionale apparentemente rigorosa, combinate con un sovrappii di generosit) che mascherava sovente deficienze psicologiche, a quel tempo non ancora formulate. Non ts questo il luogo pet analizzare le cause di questo strano offuscamento. Basti ricordare un istante una di esse, poich6 d ancora ben presente nella memoria dei cristiani formati prima del Vaticano II e dei loro pastori. Appartiene a quegli imponderabili che sono scomparsi un po' brutalmente dopo il concilio, ma i cui effetti si fanno aficota sentire in una certa cultura"cattolica" diffusa e pii o meno inconscia dei nostri paesi occidentali. Si tratta per^ltro pii di un sintomo che di una causa; ma un'analisi e una diagnosi a questo riguardo richiederebbero ricerche piir approfondite. r8

Per darle un nome, possiamo parlare di un'eccessiva ruzionalizzazione della morale. Si sar) gih compreso che morale e discernimento spirituale non sono cosi distanti l'uno dall'altra; sembrano, anzi, sovente toccarsi, fino a sconfinare talora l'uno nell'altra, pur senza mai coincidere interamente. Accostati da un altro punto di vista, perd, questi due ambiti si distaccano nettamente, strettamente opposti l'uno all'altro: quello della morale si svolge principalmente nel mondo dei concetti e dei principi, il secondo si esercita quasi esclusivamente sul terreno dell'azione; l'uno si ispira soprattutto a lfia cetta coerenza dottrinale, l'altro si mette interamente all'ascolto dell'azione della grazia. Cid nonostante, non possono non incontrarsi e intersecarsi a vicenda. Certo, resta reale il rischio di una compenetrazione, di una collusione o di una sostituzione pura e semplice dell'uno da parte dell'altro. Che cosa si intende per eccessivaruzionalizzazione della morale? Cominciamo col riconoscere che vi d posto per una morale, sia essa filosofica o teologica, che sar) essenzialmente razionale, e che tale razionalizzazione b addirittura indispensabile se si vuole essere in grado di condividere questa morale con altri e di trasmettere loro delle regole o dei principi di comportamento. Cib vale anche per la morale cristiana. A sua volta questa potr) essere ridotta a un insieme di principi, certuni dei quali, del resto, riprendono alla lettera alcune ingiunzioni dell'Antico o del Nuovo Gstamento, che il moralista avrlr ragione di considerare "immutabili". Tali principi conservano il loro valore; quale che sia la decisione del credente alle prese con un dilemma morale, il suo comportamento sar) sempre riducibile, almeno fino a un certo punto, a essi. Ma con cib si pud forse sostenere che il suo discernimento debba limitarsi puramente e semplicemente a rn'applicazione piil o meno corretta di cluesto codice di morale? Certamente no. Dobbiamo stare in guardia da ogni facile semplificazione. Infatti la vera questione che si pone al momento del discernimento, la sola davvero decisiva, r9


di un altro ordine. Cib che importa non B tanto sapere se la decisione sar) o no conforme alla tal regola dectetata dall'insieme dei moralisti, quanto piuttosto fare I'esperienza concreta della guida dello Spirito al cuore di tale o talaltra decisione. Percid laveru questione che mi importa di porre in atto b alla fin fine di quest'ordine: qual d Ia natura reale del desiderio da cui sono effettivamente condotto - nella misura in cui un discernimento del genere mi d possibile - e fin dove questo desiderio pud essere concretamente assunto dalla spinta dello Spirito santo nel profondo del mio cuore? Ora, per un certo tempo - si pud calcolare che abbia ricoperto la maggior parte del xrx secolo e gli inizi del xx - la scelta morale si B vista ridotta pir) che altro all'applicazione di certe regole, cosi com'erano state organizzate in teologia morale. I comportamenti, a quanto pare, hanno ceduto ai rischi di un certo giuridismo. Di conseguetza ci si esercita a divenire conformi a un insieme di regole, esattamente come ci si conforma alla legge nella vita civile. E come si b portati a stabilire una gerarchia in materia di leggi, e a creare una giurisprudenza allorch6 l'applicazione delle leggi si rivela spinosa, un fenomeno analogo si verifica nella morale cristiana. Quale che sia l'evidenza o la precisione dei principi, la loro applicazione si fa via via pir) complessa, sia che i casi divengano sempre pir) singolari e unici, sia che l'applicazione delle regole morali si scontri con certe contraddizioni a prima vista insormontabili. Poco importal Ancora una volta tenderi a costituirsi una giurisprudenza che si basa non sulla sentenza di questa o quest'altra corte di giustizia, bensi sull'autoriti di tale o talaltro autore di manuale. E proprio per risolvere queste situazioni concrete a prima vista inestricabili e per promuovere una certa giurisprtdenza pratica che fu inventato il sottile gioco dei "casi di morale", che costituirono a un tempo il tormento e il divertimento della gioventr) clericale, diversi decenni or sono, per fortuna. E come dinanzi a una corte civile un giurista abile arciva a difendere, a forua di d

argomenti, praticamente qualsiasi interprerazione della legge,

cosi il moralista riesce a giustificare pressoch6 qualsiasi ."-portamento dubbio. t quanto uuu.rr.., tra l,altro, per la dittatura,

il terrorismo, la tortura, e persino peil'aborto o altri crimini perfettamente accertati. L'esempio piil significarivo fu senza dubbio quello del dibattito pro o contro la iontraccezione, nel corso del quale pastori e teologi si affrontarono con ar_ gomenti pressoch6 ugualmente validi, prima che la Santa sede prendesse pir) chiaramente posizione. Ecco forse Ia prova per Ia guerra,

assurdo che una tale razionalizzazione della morale sfocia inevitabilmente in un vicolo cieco, anche sul piano dei principi. La giustificazione di quei diversi punti di vista era tanto piir f.acilitata in quanto tali dibattiti di principi, e in particorare i

famosi "casi di morale" che avevano il compito ii iflustrarli, facevano completame nte astrazione dalle p..ror. concrete che avrebbero potuto esserne i protagonisti reali. Nello scenario del

"caso", del resto, a quelle persone erano a{fibbiati nomi

pu_

ramente fittizi, e dunque perfettamente interscambiabili; Tizio e Tizia, Caio e Caia, quando si trattava di morale sessuale, te_ ma che ricorreva spesso. Il "caso di coscienza,, era diventato un caso puramente astratto, spogliato di ogni consistenza talora

,

persino di ogni verosimiglianza, e non si applicava da nessuna parte, salvo nel campo delle idee e dei principi. Eravamo lonta_ ni dall'attenzione interiore al desiderio dello Spirito sanro che si adatta pazientemente e progressivamente alle possibirit} concrete di ogni individuo. Il discernimenro si Iimitava a una visione chiara dei principi in gioco e sfociava in un verdetto che si basava su certe autoriti competenti e che da quel momento in poi doveva contare unicamente sulla buona volont) e la generosit) di quanti erano in causa per essere eseguito .on aoggior. o

minor successo. Un discernimento che non renga conro della complessit) dei desideri che travagliano ciascuno di noi, al giorno d,oggi ci sembra sospetto, e giustamente. Si d gih operatu ur, ,roiir, in par-


te

facTlitata dalle scoperte delle scienze umane,

in particolare

quelle della psicologia del profondo. Ma avremo l',occasione di ,ito.nu." su questo tema. Le intuizioni di Freud che, piir o meno bene assiLilate, fanno oggi parte del nostro bagaglio culturale, ci hanno resi particolarmente sensibili alla complessitb dei desideri e delle tendenze che animano il nostro mondo interiore, fino a gettare un sospetto alquanto irritante sui nostri compof tamenti apparentemente piil spirituali. Tirttavia b lecito p.nJrr. che, via ,ri, .h. si integra meglio, il loro apporto si rivelerh benefico per una migliore comprensione dell'espefleflza spirituale. Ma gb fin d'ora d diventato un elemento di cui non

pit fare a meno. si pud ^Qr.rto

confronto tra le scienze umane e le considetazioni ttadizicnali sulla vita spirituale ha dato origine a un accresciuto interesse per l,accompagnamento spirituale. Interesse condiviso .o1 ultr^i, ma sus.itatotiu..ru-"tte. Vari movimenti spirituali, designati con il nome generico di "rinnovamento", che hanno comfnciato a diffondersi nella chiesa, ci rinviano anch'essi all'ugenza di un discernimento spirituale pit rigoroso' Ma ecco il pioblema: quando l'individuo o il gruppo manifesta un colnp*rr*"nro cosiddetto "carismatico", come distinguervi cid che paorri.r. da un'innocente esuberaflza sefltirnentale da cib che iradisce uno slittamento psicotico con il rischio di una destrutturazione della personalit)? come percepire la dtff.erenza tra cib che b sana .rrfoiir, sintomo di pacificazione interiore, e cid che d messinscena isterica o delirio di gtandezza? E come determinare, al cuore di queste manifestazioni emotive codificate da ogni psicologia, che vi si trova coinvolta e piir o meno-messaalla piouu dull'i-patto dell'intervento dello Spirito, cib che sarebbe il frutto autentico di quest'ultimo? Sono domande che si pongono con sempre -rggiot freqtenza ai pastori, con tutta la seriet) e la gravit) che comPortano' Relega; un tempo sotio il moggio, il discernimento spirituale ha ritrovato ormai tutto il suo credito, e non B esagerato affer-

mare che appare oggi come particolarmente rispondente ai bisogni della chiesa e a questa nuova effusione dello Spirito santo che Giovanni XXIII, il papa buono, aveva implorato sulla scia del concilio Vaticano II. In tutti gli ambiti della chiesa si fa sentire un medesimo bisogno, sia nella formazione dei laici e dei futuri presbiteri, sia all'interno della vita monastica e religiosa. Ovunque abbiamo coscienza di essere passati dal regime della legge e delle osservanze al regime dei valori e dell'interioriti - una terminologia che dovrebbe essere attentamente precisata, e un passaggio che potrebbe essere dawero fruttuoso solo nella misura in cui il discernimento dei movimenti dello Spirito, nel cuore di ciascun fratello e di ciascuna sorella, fosse di nuovo uno degli elementi chiave dell'esperienza spirituale -.I"a qruali th di quest'ultima non potr) che guadagnarci. Infatti, se d esercitata correttamente, l'arte del discernimento spirituale si rivela infinitamente pir) esigente di qualsiasi legge o osservanza. Essa mira infatti a liberare e ad ascoltare in ciascuno l'esigenzainte' riore che E quella dello Spirito santo, maiTegata n6 esaurita da qualche legge o regolamento. Poich6, se d vero che "la grazia pud di pir)", noi avremo un bisogno viavia crescente di credenti che siano esperti nell'individuazione delle sue pitr sottili mo-

zioni. Si tratta di quelli che la l-rtteru agli Ebrei chiama "gli uomini f.atti" , cioE adulti nella fede, "quelli che hanno le facolt) esercitate a distinguere il buono dal cattivo" (Eb 5,r4).

Discernimento e parola di Dio

Si d detto pii sopra che il discernimento spirituale veniva esercitato alf incrocio di varie esperienze essenziali per ogni credente. Vogliamo precisare innanzitutto il senso del legame che si stabilisce tra

il

discernimento e l'ascolto della parola di Dio. 23


L'intelligenza di tale legame d tanto pii necessaria in quanto questo ascolto costituisce una vera chiave, forse addirittura la chiave essenziale, di ogni discernimento spirituale. Nella letteratura monastica pir) antica noi possediamo, dalla penna del celebre Evagrio Pontico (lq6-nil, un piccolo ffattato che espone in maniera dettagliatalalotta contro le passioni. Esso ha un nome greco: Antirrhetikos, cioB il "Contestatote" . Evagrio vi prende in esame le parole "contestatarie" con le quali il monaco deve combattere le tentazioni. Ora, si tratta sempre di versetti presi in prestito dalla parola di Dio. Questa si rivela carica di una forza e di un'energia spirituali capaci di contraddire e di "contestare" i desideri disordinati. Evagrio si ts addirittura premurato di stilare un duplice catalogo: da una parte quello dei desideri in questione, dall'altro una lista impressionante di citazioni scritturistiche, selezionate per essere messe a disposizione dei monaci nella lotta contro i cattivi pensieri. Dinanzi a ogni singola passione Evagrio stabilisce un arsenale sperimentato di parole tratte dalla Bibbia, cariche di una forza segteta, capace di riconoscere il peccato l) dove si nasconde e di combatterlo efficacemente. Una "tecnica" del genere ci pub apparire strana al giorno d'oggi, e anche un po' semplicistica. Il fatto in s6, tuttavia, d molto suggestivo e cela una veriti profonda che non ha nulla di illusorio: la parola di Dio stessa costituisce il primo strumento di un buon discernimento spirituale. Essa offre una chiave per comprcndere cid che avviene nel cuore dell'uomo. Ma cerchiamo di approfondire un po' questo dato. Che la parola di Dio sia una chiave che apre al discernimento spirituale significa innanzitatto che la sua semplice audizione, o lettura, costituisce gi) di per s6 un esercizio di discernimento. In effetti, per comprendere la parc7a biblica come parola di Dio rivolta a ciascuno di noi oggi, si impone gi) un primo discernimento. Sono possibili infatti pit letture della parola di Dio. In primo luogo essa appare necessatiamente come una parola umana, sittata in maniera concretissima in una storia, in una lingua 24

in un genere letterario particolari. Ora, in quanto parola umana, testimone di un'esperienza e di una storia umane, essa d relativamente facile da comprendere. Ogni esegeta di professione dispone degli strumenti necessari per farlo. Ma una lettura del genere non d sufficiente. Se ci fermiamo al rivestimento letterario della parola biblica, alla sua "lettera", per usare il linguaggio degli antichi, noi non abbiamo ancora inteso nulla di cid che Dio ci dice nell'oggi attraverso di essa. Per accogliere laparcla di Dio per cid che essa A veramente per noi, cioB come unaparcTa che Dio rivolge a noi oggi, b necessario un discernimento; d il segreto particolare di cid che i monaci di occidente chiamavano la lectio diuina, vale a dire: la lettura della Bibbia intesa come ascolto di Dio che ci parla attraverso di essa. Un tale discernimento presuppone una disponibilith continua all'evento della pada di Dio, evento che si rinnova incessantemente nel cuore del lettore credente, ma rimane sconosciuto per chi si limita a una semplice esegesi storica. Un esempio concreto pud illuminarci. Quando leggiamo nelI'Antico Testamento la storia del popolo ebraico, possiamo trovarla molto banale e quasi del tutto riconducibile agli incerti del destino passato di tutti i popoli d'oriente. Ma, attraverso questa storia, se ne discerne un'altra che noi chiamiamo santa e che d condotta da Dio: storia di Gesr) venuto a rinnovare l'alleanza nel suo sangue, che nel suo stesso movimento abbraccia gih la storia della chiesa dopo 1'ascensione e la storia di ciascun credente! Allo stesso modo, quando costui legge nell'evangelo la storia di quest'uomo chiamato Gesr), nato a Betlemme, vissuto tra Nazaret e Gerusalemme, gli d necessario discernere la presenza di Dio e della sua azione in mezzo al suo popolo, e questo non solo all'epoca di Gesr) ma anche in quella dei tempi nuovi, apefta dal Risorto. Al di h di ogni app^renza, tali letture non sono assolutamente il frutto di un'illusione ottica o di una fantasiatroppo fervida. E lu pr.r.nra ininterrotta dello Spirito nella lettera della Scrittura a suscitarle in noi, e la parola bie

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blica, da questi incessantemente ispirata, diventa la parola che Dio ci rivolge concretamente oggi. In questo senso, ogni lectio diaina, ogni lettura vera della Scrittura implica un continuo esercizio di discernimento. T:uttavia questo esercizio di lettura, a disposizione di ogni credente teologo, non si esaurisce nell'elaborazione di un senso teologico del testo biblico in cui d sufficiente l'intelligenza rischiarata dalla fede: al cuore della lectio diaina si rivela qualcosa di piil importante, una sorta di lettura di secondo grado che pub aver luogo a un livello p1il profondo dell'essere, e dall'aspetto strettamente personale. E a me, infatti, uomo ctedente di oggi, che si rivolge innanzitutto la parola di Dio; ecco perch6 il discernimento di quest'ultima tramitela mediazione di una parola umana d innanzitutto dato attraverso questo evento della parc7a che mi avviene come un appello personale. Percib d con una certa impropriet) che si qualifica come "secondo" il senso che il credente trae dalla sua lectio diuina. Nell'ordine dell'esperienza di fede questa lettura d in certo qual modo assolutamente primaria, anteriore a tutte le altre e come loro condizione. L'evento non lascia I'uomo indenne: la parola di Dio ascoltata raggiunge il cuore, lo fa muovere e sussultare, producendovi il frutto preciso di un'accresciuta sensibiliti alla mozione dello Spirito santo. In genere questa nuova sensibilit) non B data in anticipo, ma solamente al cuore stesso della lettura della Parola. ElaParola, infatti, che d) la capacitd di discernere. Nella tradizione patristica greca B detto che la Parcla rende il lettore dioratikds,letteralmente: "che sa guardare attraverso le cose, che ts in grado di discernere". L'autore della kttera agli Ebrei ci ha lasciato una descrizione espressiva, iconica, di questo potere straordinario della Parola: "Yiva, infatti, d la parola di Dio, efficace e pir) tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello Spirito, delle giunture e delle midolla, e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore. Non v'b creaz6

tura che possa nascondersi davanti alei, ma tutto d nudo e scoperto agli occhi di colui al quale noi dobbiamo rendere conto" (Eb 4;z-r3). Questo testo d capitale. Ela parola di Dio stessa, sovrana, che tocca il cuore, lo ferisce e, ferendolo, lo risveglia, lo rende sensibile e dioratico. La frequentazione quotidiana dellaparola di Dio sotto forma di lectio diuina costituisce il terreno per eccellenza del discernimento. Nell'ascolto assiduo della parola di Dio ogni credente pub imparare ad ascoltare il proprio cuore, a percepire un'eco della Parola che si ripercuote e risuona dentro di lui. Al tempo stesso il cuore d risvegliato dalla Parola, si dilata, si allarga alla dimensione piena della Parola e della storia santa. Incontrato nelf intimo del proprio cuore, il credente diventa un "ascoltante", un "vedente", e comincia o prosegue l'apprendistato del discernimento. Questa crescita interiore d) all'uomo abitato dallaParcla un cuore "profetico", nel senso pir) forte del termine. Questo cuore d un cuore capace di interpretare ogni avvenimento della storia alla luce della storia santa. La frequentazione assidua della Parola gli di una sensibilitlr nuova. hradiata dalla potenza che emana dalla parola di Dio, questa frequentazione affina incessantemente un senso spirituale che rende il credente sempre piil in grado di percepire l'evento di salvezza che si cela dietro ogni avvenimento della storia, quella dell'umanith e la propria. Nel lavorio di ascolto ricettivo delle mozioni dello Spirito santo nella vita dei fratelli e delle sorelle che vengono da lui, l'accompagnatore B guidato in questo suo compito da una sensibilit) interiore "accotdata" con lo Spirito santo. Ora, questa non d fondamentalmente differente dalla sensibilit) spirituale con cui ha gi) imparato ad ascoltare e assaporare la parola di Dio. Osiamo anzi dire che queste due sensibilit) - le due "unzioni" interiori, per riprendere il vocabolario della Prima lettera di Giovanni $Gv z,z7) - fanno tutt'uno, coincidono perfettamente. Il cuore che rasale, allorch6 d toccato da una parola di Dio nella Scrittura, d quello stesso cuore che palpita e trasale in 27


egual modo quando, attraverso le parole e i sentimenti condivisi di un fratello o di una sorella, si manifesta all'accompagnatore qualcosa del desiderio dello Spirito santo che d all'opera in loro.

Discernimento spirituale e conversione

In questo nostro rapido inventario delle realt) che hanno a il discernimento spirituale d necessario che ci fer-

che fare con

miamo un attimo sulla grazia della conversione. I1 Nuovo Testamento la designa con il termine greco mettinoia,letteralmente: "il capovolgimento del nofi.s" (a sua volta il termine noil.s pu6 es' sere tradotto oggi con "spirito", oppufe "cuore"). Per la verith, l'opera di discernimento spirituale non d concepibile se il soggetto non si lascia coinvolgere in un instancabile movimento di convetsione. Basta ricordare un celebre testo di Paolo: "Non conformatevi alla mentaliti di questo mondo - ci esorta I'Apostolo -, ma il rinnovamento del vostro noils vi trasformi e vi faccia discernere la volont) di Dio, cib che d buono, cid che a lui piace, cib che b perfetto" (Rm rz,z). Eccoci dinanzi a uno dei testi pir) espliciti del Nuovo Gstamento che fanno l'elogio del discernimento, che ne sottolineano l'assoluta necessit) e lo mettono nel contempo in stretto rapporto con la conversione. Non ts del resto l'unico passo in cui Paolo fa menzione del discernimento spirituale e insieme della necessit) per noi di conoscere con esattezza la volont)t di Dio. Sovente ne fa l'oggetto della sua preghiera in favore dei suoi destinatari: che sappiano conoscere pienamente la volont) di Dio a loro riguardo (cf . Ef 5,ry; Col r,9). Nel testo sopra citato Paolo ricorda che un tale discernimento dipende da una anakainosis tofr. no6s, da un rinnovamento del nofr.s. Quest'ultimo termine d da intendere come la sede dell'intuizione spirituale nell'uomo. i mutuato dal z8

vocabolario filosofico greco e nessuna raduzione nelle lingue moderne riesce a renderlo in maniera soddisfacente. Certuni lo traducono con "intelletto", ma questo vocabolo, dalla coloritura intellettuale, B fuori posto in un contesto del genere, dal momento che questa tonalit) d totalmente estranea al pensiero di Paolo e a quello del Nuovo Testamento. Come dicevo, si potrebbe tradure convenientemente con "spirito"; meglio ancora, forse, con "cuore". Infatti il "rinnovamento del noils" caldeggiato da Paolo implica il risveglio del cuore, di cui si B parlato nel paragrafo precedente. L'apostolo cerca di dire che la capacitd di discernere la volont) di Dio richiede una nuova sensibilit) spirituale, precisamente quella che ci d data attraverso l'evento della nostra conversione. Evento, peraltro, che non concerne unicamente il cuore. La sua portata b antropologica, nel senso pii forte del termine, poich6 concerne l'uomo nella sua totalit). Al cuore della conversione, questi d diventato un altro.

Ha "rivestito l'uomo nuovo" (Ef 4,24), per riprendere il linguaggio di Paolo, ciots ha ricevuto uno statuto nuovo attraverso

il fatto di essere ricreato nello Spirito santo. L'azione di quest'ultimo, d'altronde, non avr) mai fine, e la prima conversione non E che un inizio le cui conseguenze sono imprevedibili. La nuova condizione umana cosi accolta d destinata a crescere e a evolvetsi senza fine. Lo stesso vale per il discernimento spirituale, a sua volta chiamato a perfezionarsi sempre piil mediante un affinamento progressivo. Da qui f impressione di andare perpetuamente in avanti, in un continuo ricominciare, dal momento che Dio non cessa di donare e di accrescere instancabilmente

il

suo dono.

E ,rn dono forse molto piir diffuso di quanto abitualmente si creda. La sua narura d anzi tale che ts possibile condividerlo tra fratelli e sorelle e percepire di rimando i doni che ciascuno hrr ricevuto in questo campo. Pud capitare infatti che nel corso cli uno scambio si raggiunga un livello di profondith nella conclivisione che fatutt'aun tratto prendere coscienza di Lrn'a[[initi cli 29


esperienza nel discernimento ricevuto in modo analogo dail'uno e dall'almo, ed B proprio aparthe da esso che si era difatto messa in movimento tutta la dinamica dello scambio. In maniera meno folgorante ma non meno vera, questa sensibilit) spirituale ptopria di ciascuno si anima ancora a diversi gradi in certi cristiani che cercano di approfondire l'esperienza della loro fede. E lecito credere, percib, che ogni fratello e ogni sorella hanno gih ricevuto qualche premessa di questo dono, sotto forma di una certa sensibilitd interiore di cui non sono sempre coscienti e di cui diffidano talora inutilmente. Una tale sensibiliti per-

mette loro di intravedere cid che gli altri, per il momento, norl sospettano ancora, finch6 a Dio piaceri aprir anche a loro gli occhi del cuore, ma quando sardlaloro ora. Dio infatti desidera ardentemente risvegliare tutti i credenti a questa gtazia del discernimento, per dar loro una medesima capacit) di essere accordati con il dono dello Spirito nel loro cuore. Ora, esiste una segreta connivenza tra quelli e quelle che gi) percepiscono qualcosa. Si riconoscono a vicenda da una certa trasparenza di lin-

)o

dell'accompagnatore.

Discernimento spirituale e obbedienza

di sentimenti, dalla medesima

lrsnghezza d'onda su punto non va trascurato, cui ognuno si esprime. Quest'ultimo poich6 il luogo a partie dal quale si parla e si condivide sar) differenre per colui che comincia a intravedere rispetto a colui che non intravede ancora. Alla lunga, pud diventare relativamente semplice rendersi conto, nel corso di una conversazione, da quale luogo interiore o a partire da quale lunghezza d'onda, se preferite, l'interlocutore si sta esprirnendo. Pud prendere come punto di partenza il suo sapere, la sua intelligenza, una certa intuizione e finezza naturali, la stta generosit). Tutte cose eccellenti e che possono talora disporci al dono del discernimento. Pud anche esprimersi a patire dal suo cuore in stato di veglia, la cui vita profonda trabocca e irradia incessantemente. Ora, come vedremo in seguito, non sono tanto le parole o i messaggi razionali che importano in un dialogo spirituale, quanto piuttosto questa vita che trabocca dal cuore: "Laboccapatla guaggio e

dall'abbondanza del cuore" (Mt rz34), ci ricorda Gesrj. In occasione di uno scambio d possibile che si sia convinti e convincenti, e addirittura che si arrivi a far colpo sul piano del linguaggio, senza tuttavia trasmettere la vita al proprio intedocutore. AI contrario, una sola patola, molto sobria, scarna, all'apparenzabanale e insignificante, spoglia di qualsiasi clamore oratorio, ma pronunciata a partfue da un cuore realmente rinnovato nello Spirito santo, d capace di sconvolgere qualcuno in modo decisivo e di generarlo allavita di Dio. La condizione di tutto cib d semplice: che il rinnovamento interiore sia costante in colui che parla. In questo senso l'accompagnamento spirituale d conversione continua, non solo dell'accompagnato, ma in primo luogo

il discernimento spirituale esiste un legame evidente. Quella inf.atti suppone che si sia pronti a rinunciare ai propri desideri personali per accogliere il desiderio di Dio. Fra 1'obbedienza e

Ma bisogna poi essere in grado di percepire quest'ultimo in maniera corretta. L'esperienza ci insegna che il riconoscimento di questo desiderio non cade immediatamente sotto i sensi. L'ultirno capifolo di questo libro ne tntteia a lungo, ma d utile farne rnenzione gi) fin d'ora. Si era in genere d'accordo sul fatto che in materia di accompagnamento - o di "direzione spirituale", come si diceva un tcnlpo - l'obbedienza del "direffo" fosse cib che importava pii cli ogni altra disposizione e garanrisse iI pieno successo dell'opelazione. Bastava obbedire - cosi si sosteneva - e tutto sarebbe rrndato per il meglio. Una tale affermazione d lungi dall'essere {'alsa. Essa contiene una verit) profonda. A condizione perb di 3r


non interpretarla in maniera troppo semplicistica. Solo un vero discernimento permetter) un'obbed ienza cristiana, cioB un'obbedienza che riproduca quella di Cristo, accettando di andare fin dove Cristo stesso d andato, nel mistero della sua Pasqua: "E stato obbediente fino alla morte" (FiI z,B). Cid d possibile solo nel caso di un'obbedienza che coinvolga una certa profondit) dell'essere. Ora, non tutte le forme di obbedienza tocc^no il soggetto fino a quel punto. A titolo di esempio, il rispetto dovuto al codice della strada d un atto di prudenza elementare e di buonsenso che implica una certa coffettezza civica, un'obbedienza, insomma. Ma non si pub certo dire che si inscrive nel prolungamento della celebrazione della Pasqua di Cristo! In questo senso, molte forme di obbedienza forgiano certamente dei comportamenti, ma non c'B bisogno di invocare chissi quali motivi spirituali per seguirli. Invece, acconsentire a obbedire in nome dell'evangelo B qualcosa che non si pud f.are al di fuori della Pasqua di Cristo o senza che questa obbedienza divenga una reale partecipazione alla sua morte e alla sua resurrezione. Obbedendo cosi, si celebra la Pasqua di Cristo. Nel senso pii forte del termine, il credente d raggiunto da questa obbedienza negli strati pir) profondi del proprio essere, e non d possibile che non ne esca radicalmente trasformato. Tattaviala metamorfosi che pud operarsi nell'obbedienza esige che questa non sia caricaturale, bensi autenticamente spirituale, nel senso che l'opera di discernimento dipende tanto da colui che comanda quanto da colui che obbedisce. L'uno e 1'a1tro vi sono costantemente sottomessi. Questa implicazione di entrambi A esffemamente esigente. Se b sempre vero che l'obbedienza B alla base non solo della vita religiosa ma di ogni vita cristiana, d non meno vero che essa B stata talvolta esagetatamente semplificata, ridotta a una piccola "tattica" comoda che garuntiva all'obbediente la sicurezza di non sbagliarsi mai e di

rxrndimeno d tale solamente se riferito a quel livello profondissinro dell'esperienza interiore in cui si instaura il discernimento. Non potr) mai farsi garante per una maflcanza di impegno ;rrrtentico in questo senso. Non produrrebbe, del resto, che una caricatura di obbedienza;ben che vada, quella del fariseo delI'cvangelo, del "giusto" che cerca di giustificarsi da s6 attraverso il rigore quasi militare della propria sottomissione. L'obbedienza evangelica, invece, ci rimette profondamente in questione e impegna la nostra liberti. Essa partecipa di un vcro dramma - e Dio sa se pub far male talvoltal -, ma un dramnra salvifico: d la redenzione in atto. Lungi dall'accontentarsi di l)ermettere di essere "in regola", essa concede di essere salvati, irttraverso tante lacerazioni e alternanze di oscurit) e di luciditi. In una parola: permette di essere profondamente trasformati rrttraverso di essa e di diventare uomini nuovi, dotati di una sen-

sibilit) nuova e di uno sguardo nuovo. Al cuore dell'obbedienza per quanto crocifiggente, e talora "cieca", possa essere - ecco sgorgare uno sguardo nuovo che d) la capacitb, di veder chiaro. Irrdubbiamente d questa la parte di verit) contenuta nel consi-

glio che un tempo si dava sovente a chi aveva qualche difficolt) ,rcl allinearsi con la volonth di un superiore: "Comincia con l'oblrcdire; comprenderai pii tardi". Anche se nella prutica si d poItrto abusare di questa massima, essa esprime nondimeno molto piir di un semplice dato di buonsenso. A patto che si verifichi innanzitutto a livello del discernimento spirituale in cui ci sittriamo qui. In fondo essa significa: "Obbedisci, intanto, poich6 ts la rinuncia alla tua volonth propria che ti manifester) la volonth di Dio". t l'obb.di.n u,i. de il dir..r.rimento e renrlc tutto luminoso.

aver sempre "la coscienza a posto". Se l'adagio: "Colui che obbedisce d sicuro di non sbagliarsi mai" b perfettamente valido,

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t,


Discernimento spirituale e preghiera

Il discernimento spirituale incontra

due altri momenti imporpreghiera cristiana: la e l'azione. La pretanti dell'esperienza ghiera, su cui ora ci soffermeremo, ne costituisce addirittura il luogo per eccellenza: a un tempo il luogo in cui il discernimento si rivela pit necessario e il luogo in cui possiamo facilmente impararlo. Paolo ciha avvertiri che noi non siamo nemmeno capaci di dire: "Gesir b Signore" se non sotto I'azione dello Spirito santo (rCor rz,3). Cosi, quando qualcuno si mette prcgate, non solo lo Spirito d all'opera in lui, ma l'ha addi^ preceduto nella preghiera. l,o stesso Paolo dice espresrittura samente: "Noi non sappiamo pregare come si deve, ma d lui, 1o Spirito, che di persona intercede per noi con gemiti inesprimibili" (Rm 8,26). La preghiera d in tal modo come un discetnimento in atto, dal momento che consiste essenzialmente nell'abbandonarsi progressivamente alla preghiera dello Spirito in noi ogniqualvolta, a poco a poco, questa af.fioru alla nostra coscienza.

A dire il vero, si ha a che fare qui con una delle meraviglie pii esaltanti dell'esperienza cristiafla, {na anche con uno dei suoi misteri piil sconcertanti. Da un lato noi potremmo affermare che siamo letteralmente immersi nella luce deilo Spirito santo e nella sua preghiera che B all'opera in noi; d'altro lato dobbiamo ammettere che gli echi che ne percepiamo sono estremamente rari. Resta vero, nondimeno, che Dio ci ha destinati a percepirne qualche eco. E lui che, pazientemente, ci insegner) a cogliere e a interpretare il movimento interiore dello Spirito nel nostro cuore. Al pari della lectio dioina,la preghiera segreta diviene cosi un luogo particolarmente appropriato di discernimento spirituale: a un tempo, sorgente e norma del discernimento. La sensibilit) interiore che ci permetfer) di presentire qualcosa di cib che Dio sta operando in un altro d esat34

tlrnente la medesima sensibilit) che ci d) di percepire lo spirito sa,to che ci spinge alla preghiera e che merte nei nostri iuori le parole stesse della nostra preghiera; d infine la medesima sensibilit) che ci mette in sintonia con il senso profondo della parola di Dio. Giovanni della Croce, da guida sperimentata nelle vie dell,oha piir volte insistito sulla necessith del discernimen'rrzione, t. in colui che ts chiamato a guidare alre persone sulle vie dell'orazione. Cib che pud essere di qualche aiuto auna guida non i' cid che essa crede di sapere per averlo imparato sui libri. L,in(crvento di Dio infatti non d mai programmato gi) in anticipo, e la guida deve essere in grado di sentire Dio all,operr, urr.h. ,ytrando questi sembra uscire dai sentieri battuti e chiedere cosc inattese. Giovanni della croce si mostra addirittura duro nei t'onfronti di quegli accompagnatori che non avrebbero altri mezzi a disposizione se non qualche ricetta facile che ha dato buona prova in altre circostanze, oppure certi principi generali di teoIogia spirituale, o anche il semplice buonsenso. Tutto questo rron pud bastare. La grande sventura per i contemplativi - icrive rrcl suo commento alla terza strofa della Fiamma oiua d,arzore i' clr"rella di lasciarsi guidare da un altro cieco. L'anima che vuole veramente progredire deve guardare atten_ tamente in quali mani si mette, poich6 il discepolo sar) uguale al maesro, il figlio al padre. Per quesra via, almeno per il tratto pir) elevato, e anche per quello di mezzo, difficilmente si trover) una guida perfetta con tutte le doti di cui c,E bi_ sogno, poich6 d necessario che sia saggia, prudente e ricca

di esperienza. Se d vero che per guidare uno spirito sono fondamentali Ia scienza e la discrezione, se i direttori non hanno anchc l,espe_

rienza di quanto d pitr sublime, non riusciranno a incanrmi_ narvi le anime, allorch6 Dio ve le vorr) condurre. Potrebbero anche arrecar loro grave danno poich6, non c<lnoscendo la via dello Spirito, spesso fanno perdere alle anime quei deli-

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cati profumi per mezzo dei quali lo Spirito santo le dispone a s6. Insegnano loro alri metodi elementari letti qua eLd, adatti solo ai principianti, e sapendo solo quanto occorre per questi (e piaccia a Dio che almeno sia cosil), non vogliono permettere loro, anche se il Signore vuole condurvele, di andare oitre quei principi e quelle maniere discorsive e immaginati' ve, cosicch6 non trascendono e non escono fuori dalle capacit) naturali, con le quali possono fare ben poco1.

Giovanni della Croce si rivela qui perfettamente cosciente della distanza che esiste fra cib che egli chiama l"'attivith naturale" dell'anima, per la quale un consiglio dettato dal buonsenso pud bastare, e la spinta interiore dello Spirito santo che, a un dato momento dell'esperienza interiore, si sostituisce a quella. Essere sperimentato nelle vie dello Spirito non implica ttttavia che la guida preceda nell'esperienza il cammino spirituale su cui d impegnato colui che egli accompagna. Ogni via d unica, e non pub essere n6 anticipata n6 ripetuta. L'accompagnatore deve perd aver ricevuto la sensibiliti interiore che gli permetteri di riconoscere 7'azione di Dio in un altro. Ora, i segni dell'azione di Dio, o le sue tracce, attraverso 7'otazione, sono in genere estremamente tenui. Giovanni della Croce parlava di "delicati profumi", appena percettibili ma segretamente presenti in un cuore lavorato dalla grazia dello Spirito. Ora, avviene molto spesso che Dio spinga I'accompagnato su una via che non E quella in cui si trova l'accompagnatore. Che importa? Costui non d per nulla chiamato a seguire i fratelli sul cammino in cui 7a grazia attende loro, e non lui. Gli d semplicemente chiesto di saper riconoscere il loro cammino e la direzione in cui Dio dolcemente li orienta. Inoltre pub capitare che Dio appaia sconcertante tanto per l'accompagnatore quanto per l'accompagna-

1 Giovanni della Croce, Fianrma oiua d'arnore A, strofa 3,29, del Padre Ferdinando di S. Maria, Roma r975, p. ror r.

*

inId.,

Opere, versione

to, oppure che sembri attirarli in un,oscurit) in cui sono scom_ parsi tutti i punti di riferimento del sapere e in cui sia I'uno che l'altro si sentono completamente disorientati. Che .i6 nella.preghiera oppure nell,azione, la sola cosa ";r;;;;ii_ che l_portu lora B riconoscere la mano di Dio, anche se si ha l,impressio ne che tutto sia perduto e che si sia sul punto di perderi ur.h. se stessi. L'impressione, e persino la quasi cefie)za,.fr" ,o, ,i avanzi pir), che si ristagni disperatamente, non hu nessunissima importanza. Basta essere in giado di discernere il senso .h.-Dl; intende dare a cid che appare come uno scacco e al sentimento di frustrazione che n" ,ri... Ogni morte apparenfe d premessa

di vita nuova, e riconoscere i bairumi di questa vita nuova atttuv.erso la morte provvisoria d precisamente l,opera pri".ipri. a"f discernimento spirituale.

Discernimento spirituale nell,azione

L'altro asse della vita cdstiana, quello dell,azione, sembra a prima vista opposto a quello della pieghiera. Ma si trattadi una visione superficiale delle cose. L'azioie non d

meno i.po.tu.rt. della preghiera, e questo anche nel genere di vita.r.trriur*".te contemplativo, sia perchd il soritaiio si trova spesso morto impegnaro in ogni sorta di attivit) indispensabili illap.opri, ,", sistenza, sia per 7a natura stessa del discerniment; ,pirituui., che costituisce un "terreno comune,, tra la preghi ,1,^rion.'. In effetti.cib che importa veramente, nella prJ hi.ru "ru .o_. ,r.lt aztone, e essere realmente sotto la mozione dello Spirito. Ora, questa sensibilit) allo_^spirito ra si impara

tanto nelL pr.ghi"ro quanto nell'azione. cid che B stato appreso ar monrento'crefla preghiera faciliter) la scoperta del'agire di Dio ar -on d.r1'azione; simrnetricamenie, cib.h" r] a imparato ",rto dell,attivit) di 37


Dio al cuore dell'azione faciliterh l'ascolto dello Spirito al momento della preghiera. Nei due casi cid che importa B essere in stato di attesa e assumere un atteggiamento di ascolto, "auscultando", scrutando i segni dello Spirito santo. A questo livello di profondit), pir) che un'interazione fonB paradossalmente la loro Tirtt'e due sono assunte e si distinzione stessa a essere abolita. lasciano egualmente guidare da una medesima sensibilith interiore. A un dato momento, il discernimento spirituale significherh "attenzione interiore al movimento dello Spirito che spinge alla preghiera"; in un altro momento sath, "attenzione a cib che il medesimo Spirito spinge a operare concretamente". Tocchiamo qui un punto in cui, in ogni credente, il contemplativo e I'apostolo si congiungono. Forse B questo il senso della raccomandazione che Ignazio di Ioyola trasmise ai suoi compagni, in cui chiedeva a ognuno di essere "in actione contemplativus", contemplativo al cuore stesso dell'azione. Non si ttatta certamente di confondere azione e contemplazione, n6 di pretendere, come si sente dire talora, che l'azione possa sostituirsi alla contemplazione e addirittura fare a meno di essa. Si tratta invece di imparare ad agire in maniera pacificata, dimodoch6 l'orecchio interiore resti incessantemente all'ascolto dei movimenti dello Spirito santo e l'azione si lasci continuamente guidare da essi. L'esame di coscienza che lo stesso lgnazio propone ai discepoli non ha altro senso, del resto. Sebbene dopo la morte del fondatore abbia potuto essere assimilato a una sorta di contabilit) delle azioti compiute, omesse, perfettibili, nell'intenzione di lgnazio esso aveva tutt'altro significato. L'esame particolare d innanzitutto, per lui, un momento di intenso raccoglimento in cui ogni attivit) si ferma per un istante, nel mezzo e alla fine della giornata, o anche a piir riprese nel corso della giornata. L<> scopo di tutto cid d l'ascolto del proprio cuore per riconoscervi i segni della spinta interiore dello Spirito e per verificare se l'attivit) svolta all'e-

damentale tra Ia preghiera el'azione,

38

:it('r'tx) d sempre in accordo con essa. Si comprende allora l,im_ l)()rtlrnza di questi ritorni verso l"'interno" che permettono all':rr)ostolo pir) impegnato di riaccordare incessantemente ra pro-

yrlia

attivit) di uomo con la spinta dello Spirito che egfi E in di "auscultare" nel proprio cuore. Cosl, a un livello molto

1i'rrclo

1,r'olbndo dell'essere umano, la preghiera pii contemplativa e I'rrzione pii impegnata - impegnata innanzitutto nello Spirito

.

sgorgante da lui - sono praticamente identiche. Non ts di que:rl. mistero che tanti santi e sante hanno vissuto e hanno reso

tt'stimonianza? Il Nuovo Testamento usa diverse immagini per descrivere questrr attivit) segreta dello Spirito santo nel cuore di ogni credentt': i gemiti dello Spirito (Rm 8,z6), la spinta dello Spirito (Rm

li,(r-7), il desiderio dello Spirito (Rm 8,27), I'unzione dello Spi_ rito (rGv z,z7). Con un linguaggio pii moderno si potrebbe pa_ r',rgonarla a un sottofondo musicale ininterrotto, sul quale tutrrr la nostra esistenza, Ia nostra preghiera cosi comelu rrortm rrzione, si dispiega dolcemente, nella pace. euando Bernardo rli clairvaux vuol descrivere come il credente si lasci continuanrcnte guidare da questa dolcezzainteriore, usa un,espressione, t'cl d certamente lui il primo a farlo, che far) fortuna (Guglielmo .li Saint-Thierry, autore di una biografia del santo ubul", no., trrrder) ad applicargliela): il credente, dice, pouebbe agire in .rgni occasione e a ogni istante unctione magistra, cioB avendo

('ome maestro interiore quell'unzione di cui ci parla Giovanni rrclla Prima lettera (tGv z,z7)2. I contemporr.rii di Bernardo lranno del resto conservato di lui il ricordo di un uomo ecceziorrrrlmente dotato per questo ministero dell'accompagnamento, .n uomo che si distingueva per la penetrazione del suo giudizio

slrirituale a cui lo disponeva l'acttezza della sua sensibilit) inlcriore. Il suo segretario, Goffredo di Auxerre, di certo non B

'r

Cf. Bernardo di Clairvaux, Sennones in Cantica Canticorum r7,2.

39


molto lontano dalla verit) storica quando scrive in un sermone pronunciato per I'anniversario della sua morte: "Si fa fatica a credere ... a qual punto gli fosse facile percepire cid che tormentava gliuni, cid che turbava lo spirito degli altri; con quale amore disponesse e prevedesse tutto affinch6 l'eccesso di lavoro non

o l'eccesso di riposo non facesse intorpidire I'altro; come affettuosamente soppesasse, se cosi si pud dire, anche il sonno di ciascuno dei fratelli ... E per un istinto divino, io credo, che aveva imparato a conoscere le fotze,le disposizioni e persino lo stomaco di ciascuno. Si era fatto il vero servo di tutti, per Gesi Cristo"r. gravasse sull'uno

Lfaccompagnamento spirituale, un ministero nella chiesa

Abbiamo visto come l'accompagnamento e il discernimento spirituale concernano un certo numero di realt) cristiane fondamentali. A partire da questa constatazione, ecco sorgere spontanea una domanda; l'accompagnamento spirituale non farebbe parte di quei ministeri di cui il concilio Vaticano II ci ha ricordato l'impofiatza nella vita della chiesaa? A un certo momento della storia questo ministero si d trovato a essere, di fatto, riservato ai presbiteri, ma non b stato sempre cosi, n6 lo esige la sua natura. Si tratta piuttosto di un carisma che d disponibile per tutti, di un ministero che pud essere esercitato da ogni cristiano. In cib d un dono prezioso, necessario alla salute spirituale del popolo di Dio. r Goffredo di Auxerre, Senzo in annioerario obitus sancti Beru.atdi tr. a CI. Lumen gentium tt: "Inoltre, lo stesso Spirito santo ... distribuendo a ciascuno i propri doni come piace a lui (rCor rz,rr), dispensa tra i fedeli di ogni ordine grazie ip..iuli, con le quali li rende adatti e pronti ad assumersi varie opere o uffici, utili al rinnovamento della chiesa e allo sviluppo della sua costtuzione ..".

4o

In realti bisognerebbe considerare il ministero dell'accompagnamento spirituale come un complemento naturale del battesimo. Dapprima il catecumeno ha avuto bisogno della presenza cli un ministro perch6 gli fosse amministrato il battesimo. Giovrrne battezzato, poi, egli ha normalmente bisogno di un altro rrrinistro, educatore o pedagogo della fede, perch6 la grazia del lrattesimo possa portare tutti i suoi frutti in lui. In occasione ..lcl sacramento ricevuto sono stati posti dei segni rituali: un'imrrrersione e insieme una parola pronunciata da un fratello nella lede. Un gesto e una parola hanno cosi costruito insieme, nelIrr fede della chiesa, il sacramento che genera allavita nuova in (lristo. Non si tt^tta alcota che di un seme, perd, di un gerrrrc chiamato a crescere e a svilupparsi. L'uomo cosi inseminato ,leve ancora imparare a lasciare che questo germoglio invada, a l)oco a poco, tutte le dimensioni del suo essere, e saranno, ogni v,rlta, come altrettante nascite rinnovate. Tuttavia, perch6 laf.orzrr del sacramento possa dispiegare tutte Ie sue energie nella vitrr del credente, b necessario che questa vita nuova sia coltivata ton l'arte che le compete, un'arte che prevenga ogni deperirrrcnto ed estinzione del germe. E il compito che spetta all'acc()mpagnamento e che pud, in questo senso, essefe visto come rrn'estensione del sacramento del battesimo, dal momento che ( ()mporta a sua volta il duplice segno del gesto e della parola. Il lr,csto o il rito d questa relazione umana che si intesse tra I'accoml)lrgnatore e I'accompagnato. Quanto alla parcla, essa sopragliirrnge al momento opportuno, pronunciata da un ministro e ac,. olta come proveniente da Dio. Vedremo quanto sia delicato un trrlc ministero e quali condizioni umane e spirituali possano galrrrilirne, almeno fino a un certo punto, il frutto. ll proprio necessario ricordare che questo ministero E essenziirlmente laico? Inolffe, nulla in esso presuppone che sia ris('rvato unicamente agli uomini. E un ministero che affonda le rrrclici nel sacerdozio battesimale e non richiede, di per s6, il srrccrdozio ministeriale. Quest'ultimo appartiene a un ordine 4r


differente. L'accompagnamento spirituale prolunga a suo modo il ministero dei sacerdoti ordinati, che culmina nella celebrazione eucaristica. Nella maggior parte dei casi, peraltro, costoro non sarebbero neppure sufficienti. D'altra partela loro presenza non d affatto indispensabile, dato che 1'accompagnamento si esercita all'interno degli innumerevoli legami di amicizia e di fraternit) che si intrecciano continuamente tra i membri del corpo mistico di Gesri. Una migliore conoscenza della storia della vita religiosa ci mostrerebbe, se ce ne fosse ancora bisogno, quanto largamente sia stato esercitato questo ministero nel corso dei secoli, dalaici, sia uomini che donne. E durrrr.ro sorprendente che quanti si danno da farc al giorno d'oggi per promuovere il ruolo della donna nella chiesa non si siano quasi neppure accorti del ruolo eminente che tante donne hanno svolto alla testa o al cuore di comunit) religiose femminili, in particolare nelle comunit) contemplative. Si d sovente truttato di un autentico ministero pastorale e di una vera materniti spirituale, che non necessitavano di per s6 del sacerdozio sacramentale. Gli esempi abbondano nella storia. Ma si potrebbe risalire pitr indietro ancora, per cogliere questo ministero dell'accompagnamento nella sua sorgente stessa, li dove si esercita naturalmente: al cuore di ogni nucleo familiare cristiano. La maniera in cui i genitori cristiani adempiono il loro ministero parentale d indubbiamente in stretto legame con 1'accompagnamento spirituale, soprattutto quando si tratta della trasmissione delia fede. Non d forse al cuore della famiglia cristiana che un tale ministero si impara, innanzitutto? Molti formatori nella vita religiosa sono portati a constatarlo , a contrlrio, nelle lacune frequentemente riscontrate nelle loro reclute in relazione alla trasmissione della fede, quando questa non ha avuto luogo correttamente, per varie ragioni, nel nucleo d'origine. Sono lacune che concernono nel contempo la trasmissione del patrimonio religioso stesso e la struttura psicologica che 42

dovrebbe favorire una tale trasmissione. I formatori si trovano sovente dinanzi a certe pagine interamente vergini che non sono mai state riempite. E vero, in molti casi esse possono ancota esserlo, almeno in parte, cosi come d dimostrato che I'accompagnamento spirituale pud compensare con un certo successo cid che non ha avuto luogo al momento debito. Questa constatazione non fa, peraltro, che confermare l'importanza del ruolo dei genitori, e come una prima tappa importante dell'accompagnamento spirituale dovrebbe awenite all'interno della famiglia cristiana. Certo, la catechesi e i mezzi pedagogici appropriati da essa messi in opera sono uno strumento assolutamente necessario riguardo alla questione della trasmissione della fede. Tuttavia si ratterA sempre e soltanto di un riflesso dell'esperienza di fede, incapace di trasmettere l'espetienza stessa e di sopperire alle deficienze precedenti di un ambiente umano. E unicamente nella sua qualit) di testimone che il catechista, o in senso pir) ampio l'accompagnatore, sar) in grado di trasmettere questa esperienza e di completate, per quanto d possibile, le pagine rimaste vergini di cui si d detto. Cib tuttavia pttd realizzarsi solo nella misura in cui il testimone si presta in modo trasparente all'aziote di Dio attraverso di lui. Egli rende allora testimonianza delle meraviglie che sono state operate in lui da Dio, e che possono essere operate anche nei suoi fratelli. Una tale trasmissione, che si fonda sulla testimonianza di un'esperienza vissuta, ci rinvia aflcota una volta al discernimento spirituale e alla nuova sensibilit) dataci dallo Spirito per permetterci di percepire correttamente cib che Dio opera in noi. In questo senso una pratica rinnovata dell' accompagnamento spirituale cos t it u i sce una cbance per Ia chiesa di oggi. Essa pone in termini nturvi, ma particolarmente appropriati, il problema di un'autcnticir 1'rcdagogia della vita di fede e dell'esperienza spiritualc.

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DELL'AC

C

L'OGGETTO OMPAGNAMENTO SPIRITUALE

L'aver messo in evidenza le diverse implicazioni del discernimento spirituale in tanti aspetti della vita di fede ci ha dato un quadro generale della questione dell'accompagnamento spirituale. Ma c'B un ultimo punto che merita la nostra attenzione, in quanto preliminare obbligato di ogni approfondimento pir) dettagliato. Qual d, alla fin fine, 1'oggetto dell'accompagnamento spirituale? In altri termini: cos'd che ha bisogno di essere "accompagnato" nel soggetto che fa l'esperienza della fede cristiana?

La parola "esperienza" ne implica un'altra: quella di "vita". Il cid d vero piir che mai in questo ambito, in quanto la grazia clella fede cristiana d essenzialmente una "vita" , e nel suo senso piil forte: movimento, tensione, crescita, tendenza a rcalizzarci, rrd andare verso il termine compiuto della propria maturiti. Tuttavia cib che d vita non d senza minaccia di morte, di non compimento di tutto cib che era promessa.Una vita pub languire, cssere paralizzata, soffocare e, al limite, spegnersi. In un caso come nell'altro, nulla sar) rimasto immobile, poich6 cib che b vita non si ferma. Se tale d la comprensione pir) immediatamente percepibile clclla vita, bisogna tuttavia aficota chiarire che cosa si intenda per "vita cristiana". Per dirlo con le parole piii semplici possil>ile, sitratta di quel seme di vita divina, che chiamiamo ant'!rc grazia, ricevuta al momento del battesimo. Insistiamo su 45


questo termine "seme": riferito a quello di"vita", significa che quest'ultima si trova nell'uomo sotto una forma ancora embrionale. Tutto cid che sar) un giorno inpienezza, il suo futuro sviluppo, d gih misteriosamente presente nel seme, bench6 ancota invisibile. Il beneficiario, inoltre, anche se riceve il battesimo in eti adulta, non necessariamente ne percepisce gli effetti in modo sensibile. Se d vero che d santificato in radice, nondimeno gli strati pit periferici del suo essere non sono trasformati all'istante. Tutt'altro. La teologia tradizionale ha sempre riconosciuto nell'uomo battezzato la soprawivenza di cid che essa chiama "le conseguenze del peccato". In tal modo vuol dire che questo seme di vita d chiamato a f.atsi strada progressivamente nell'uomo, attraverso forze che gli sono contrarie e che, a prima vista, sembrano opporglisi. In questo stesso senso essa riconosce cosi che l'uomo d un essere ferito e che le tracce delle sue ferite, mai cancellate all'istante, sono a lungo presenti e operan-

ti in lui. Lo sviluppo del seme di vita non segue dunque un corso omogeneo e comporta inevitabilmente una parte di incefiezza e di contrariet), talora dolorosa. Sul suo cammino si ergeranno osta-

coli, talmente sottili, per certuni, da poter essere riconosciuti solo con grande cura, nel timore che vi si insinui dell'illusione, sempre possibile in queste occasioni. Questo d del resto uno degli aspetti essenziali e facili da capire della ferita delle origini di cui ogni uomo porta in s6 la tracciai d il fatto che costui provi una grande difficolt) a discernere, ttatanti movimenti contraddittori, il desiderio che sgorga veramente dal piir profondo del suo essere, ciod da quella sorgente che ts in lui e che noi chiamiamo "vita divina". L'uomo ferito non ode, non sente, non vede cid che c'd di Dio in lui. Come ci fu bisogno di un altro, di un fratello, perch6 il seme della vita divina, attraverso il sacramento del battesimo, fosse deposto nel suo cuore, cosi avr) normalmente bisogno di un alffo, di una nuova relazione ftatetna, perch6 il seme si sviluppi senza troppi imprevisti. 46

Vale la pena di insistere un po' su questo carattere "vitale" clell'esperienza spirituale, cioi sul fatto che essa B innanzitutto una "vita", chiamata a crescere, a raggiungere una pienezza, a l)ortare dei frutti. Questo dovrebbe apparire evidente, ma non i' impossibile che noi soffriamo ancora un po', anzi molto, talvolta, di concezioni alquanto anguste riguardo allavita cristiarrrr, concezioni che continuano a popolare la nostra cultura relilgiosa attuale. Certo, tutto sarebbe infinitamente pii semplice, se l'espe-

ricnza della fede si riducesse all'accettazione di un blocco di vcrit), semplici e chiare, e assolute, su Dio e sull'uomo. A un sirpere, insomma. In tal caso, un catechismo formulato con intclligenza e spiegato da un buon catechista che sappia usare una 1rt'clagogia sperimentata sarebbe pir) che sufficiente. Sarebbe strlamente richiesto al credente di imparare e memorizzare un ( ('rto numero di nozioni, per poter essere in grado di trarre da s(' le conclusioni che si imporebbero logicamente, nel caso che si presentassero dei problemi inediti, cosa che resta nell'ambit,r clel possibile in una societi in perpetuo mutamento. t di .r., lrrron teologo o di un catechista sperimentato che noi avremrrro allora bisogno, non di un pedagogo o di un accompagnatore

,li vita! Sarebbe altrettanto semplice se la fede cristiana si riduces:i(' ir una prkxis regolamentata da un codice di prescrizioni e di tlivieti, codice a cui sarebbe sufficiente conformarsi con cura.

l,'csperienza cristiana consisterebbe allora fondamentalmente rrt'll'applicazione di una morale fondata su un certo numero di 1,r'incipi sani e corretti. Ancora una volta, non d di un accompalin:rlore di vita che ci sarebbe bisogno, bensi di un moralista si( ul'(), capace di risolvere, con l'aiuto di principi provati, il cas<r

,li

coscienza che si presentasse.

difficile neppure se l'esperienza della fcdc cor-r',istt'sse principalmente in un solido progetto di azione pastor:rlt', irl servizio del quale ognuno sarebbe invitato acl arrrrolarsi N<rn sarebbe

47


con piil o meno generosita ed efficacia. Un buon sociologo del fenomeno religioso oppure un leader pit o meno carismatico sarebbero sufficienti. Sia chiaro, tuttavia: cib non significa che I'esperienza cristiana, questa vita di Dio in noi, debba restare al solo livello "esperien)i;," . Essa distiller) necessariamente un corpo dottrinale in cui si espliciter), che i teologi affineranno e che i concili sanzioneranno. Ma d precisamente e in primo luogo dall'esperien-

za che sgorga questo corpo dottrinale. Questa esperienza rimane ussolutamente primaria in tutti i sensi. l,e formule di fede la presuppongono, si chiariscono alla sua luce. Recise da questa .rp..i*ru e lasciate a se stesse, esse non potranno mai e poi mai trasmetteila realmente. Poich6 i principi di quest'esperienza cristiana si ripetono in ognuno, essa produce inevitabilmente certi atteggiamenti o complrtamenti esteriori, le cui costanti possono essere formulate e .o--"rrtut. nella cosiddetta dottrina morale. Recisa dall'espetienzapropria di ciascuno e, talvolta, ridotta a uno studio astfatto di comportamenti presi in se stessi, questa morale avr) a sua volta molta difficolt) a convincere e a promuovere una reale esperienza di vita. Peggio aflcota, avri un'incresciosa tendenza a indurirsi in un legalis mo motalizzatore e autosufficiente' Infine, 1'esperienza interiore della fede, essenzialmente contagiosa e sempre sospinta da un imperioso bisogno di espandersi, ffaboccherh necessariamente in un'attivit) di testimonianza che finird per toccare i fratelli e iI mondo. Ma anche questa testimonianro ho bitog.to a sua volta, per restare vera, di rimanere perpetuamente in contatto con l'esperienza stessa' E convincente solo nella misura in cui scaturisce da essa, quasi per straripamento, accordata in sovrappiil senza che la si sia cercata direttamente. Non d testimone chi 1o vorrebbe, ma solamente chi conosce per esperienza cib di cui parla. Tutto cib non deve perd far supporre chiss) quale complessit)

gratrita inerente allavita nella fede' Tutt'almo. Dal momento 48

vitad fatta essenzialmente per propagarsi, dovrebbe essere estremamente semplice trasmetterla. Non si ftatter) tanto di insegnate, di esortare o di vietare, di pianificare o di incoraggiare, ma piuttosto di lasciare che la vita segua semplicemente il suo corso. Per usare un'immagine: l'acqua del fiume, una volta che d scaturita dalla sorgente, si scava un letto, senza che intervenga per questo ar,'altra forza che non sia la sua. E sufficiente la sua stessa forza. Allo stesso modo il ruolo dell'accompagnatore si ridurr) dunque a qualcosa di estremamente semplice: lasciare che lavita di Dio faccia il suo corso in un altro. Sin dalla partenza egli pud cosi accogliere quest'altro con un ottimismo di fondo: questo fratello porta in s6 un dinamismo che possiede un che di iresistibile, talmente irresistibile che, a rigor di logica, non avr) neppure bisogno di qualcun altro per dispiegarsi. Certo, di tanto in tanto sar) necessario neutralizzarc qualche forza contraria, sopprimere qualche interfercnza che confonde le piste, un po' come se si levasse una pietra che ha ostruito una sorgente. Per lo pii, cid sari sufficiente.La vita si propaga da s6. Non v'd nulla di pin naturale, nulla di meno sofisticato per lavita che germogliare, propagarsi e portare frutto. Ma cerchiamo di fare un passo ulteriore nella comprensione di questa forua di vita che d all'opera in ciascuno di noi, situandola nel pir) profondo, nel pir) intimo di noi stessi, alle sorgenti del nostro essere, l) dove si con{onde con cid che la letteratuta recente chiama "interioriti". Di che si tratta? Si potrebbe definirla cosi: l'interiorith dell'uomo d quel luogo metafisico dentro di lui in cui, a ogni istante, Dio lo tocca con la sua mano creatrice. In quel luogo Dio non cessa di creare l'uomo e cli mantenerlo nell'esistenza. Questa attivit) di Dio alle sorgenti del suo essere - "8" Ia sorgente del suo essere! - B intensrr c continua. i anzi eterna, in un certo senso, poich6 b assicrrrirta di eterniti. Se Dio, per assurdo, decidesse di ritirarc lrr srrrr mano e di lasciarlo, l'essere umano ritornerebbe all'istantc stt'sso al nulla. Gli autori bizantini chiamavano qlresto lrrogo "il che la


q

(ho t6pos tuA Tbeofi'). E come un san"metafisico", ciot al di le di qualsiasi dominante tuario segreto, fisica o biologica, e al tempo stesso "metapsichico", al di li di ogni dominante psicologica, in cui l'uomo subisce a ogni istante il tocco di Dio, bench6 questo sfugga totalmente alla sua coscienza e alla sua sensibilit) superficiale, per lo meno in tempo

luogo di

Dio" nell'uomo

normale.

Ora, perch6 l'uomo possa accedere al pieno sviluppo della propria umaniti, sar) necessario che qualcosa di questo luogo di Dio ativi a manifestarsi aila coscienza, al fine di esservi progressivamente integrato. I1 dialogo dell'accompagnamento spirituale sari questo luogo privilegiato in cui un tale evento avr) qualche opportunit) di rcalizzarsi. Esso in effetti non dipende Jai nostri sJorzi, n6 da qualsivoglia tecnica di meditazione e di concentrazione. Noi possiamo apportarvi cosi poco, se non forse certi metodi estremamente semplici che favoriscono uno spogliamento interiore e fanno emergere dentro di noi 1o spazio attraverso il quale, a suo tempo, saremo attratti con grande naturalezzaverso la nostra interiorit). In realt) non si tratta tanto di un progresso da compiere o di un cammino da percorrere, quatto Ji u, patire, di subire, di lasciarsi fare, di lasciar Ie cose affiorare denmo di s6. Si ffatterd piuttosto di imparare a lasciar perdere un cefto numero di cose, a smettere un bel po' di movimenti, a decontrarsi, ad abbandonarsi, perfino a lasciarsi portar viapet sprofondare in quella realth profonda al cuore di noi stessi, 1)r dove Cristo e lo Spirito ci vengono inconffo. Non siamo noi che camminiamo incontro a loro, ma sono essi che, da tempo, si sono messi in cammino per venirci incontro. L'importante sarA non perdere il loro passare, essere appostati al punto giusto, nell'unico posto in cui l'incontro potr) aver luogo. Ecco, uno dei compiti piir importanti dell'accompagnamento spirituale sar) quello di insegnare al fratello a stare esattamente al posto giusto, disponibile e dedito a un'attesa instancabile e senza fine. Dio d sempre vicinissimo a noi; anzi, pii che vicino 5o

noi, d dentro di noi, al cuore di noi stessi, al cuore del nostro cuore. Siamo noi che siamo altrove, talota lontanissimi, e continuiamo a cercarlo l) dove sar) sempre pii difficile incontrarlo. Agostino se ne doleva, a11orch6, risalendo a ritroso la propria vita, diceva: "Thrdi tiamai... Si, perch6 tu eri dentro di me e io fuori. Li ti cercavo ... Tu eri pit dentro in me della mia parte ;r

pii interna" 1. Dentro di me, "intimior intimo meo".

E Giovan-

ni Ruusbroec faceva notare che l'amore del Padre e del Figlio "viene a noi dall'interno verso l'esterno"2. Perch6 scrutare con lanta assiduit) la linea dell'orizzonte, quando B nel paesaggio .lella vita interiore che Dio finir) per sorgete? In uno dei suoi ultimi contributi Thomas Merton presenta il rrristico - il monaco compiuto dovrebbe esserlo, secondo lui ('ome un essere finalmente pervenuto allo stato di fully born, ciod l'essere "integralmente nato". L'immagine riassume bene, come in uno scorcio, quanto d stato detto finora. Thomas Merton aggiunge inoltre che d questo l'obiettivo di cib che egli chiarna, con un'espressione audace che tuttavia si pub sottoscriverc solo fino a un certo punto, la "tenpia monastica", che noi lx)tremmo alffettanto bene qualificare, facendogli il verso, conre "terapia evangelica", ammesso che nulla si opponga alla sua :rzione e ai suoi frutti. Una tale terapia ha lo scopo di permettcre all'uomo di accedere alla piena nascita, alla piena integrit) tlclla sua umanith. "L'uomo che d fully born - scrive Thomas Merton - possiede un'esperienza interiore totale della propria vita. Egli la coglie pienamente e integralmente apartke dal proprio nucleo interiore"l. Il "nucleo interiore": ecco, B proprio di ( tcsto che sar) questione, innanzitutto, nell'accompagnamento lr ,ipirituale. Ma come discernerlo? Come raggiungerlo? Come inrI Agostino di Ippona,

It

confessioni, to,zT;3,6, a cura di C. Carcna,

l{111;1;1

1,;l{.rI,

1,1, 111e 67.

'(iiovanni Ruusbroec, De otnatu spiritalium nuptiarum 2,58. and the New Man in Christianity", irr Oislttirur.\lrrliu

''l'lr. Merton, "Rebirth I r,r

7ti), pp. 289-29o.

,1


da esso? Non appena qualcuno raggiunpararc a vivere ^partite ge in se stesso questo nucleo interiore, che ts il suo vero io, si distacca facilmente, e come naturalmente, senza sofferenza inutile, dal proprio io superficiale, poich6 avverte di aver raggiunto una pienezza un tempo sconosciuta, una pienez za che pub sconvolgere la sua vita. Questo vero "io" fa del resto parte di un "io" universale, condiviso da tutti i suoi fratelli e le sue sorelle. E per questa rugione che i mistici e i veri spirituali appaiono sempre come degli uomini universali. Nel raggiungere il fondo piir intimo del loro essere riscattato essi hanno toccato un elemento che li supera e li ricollega alf insieme del cosmo, anch'esso in attesa della redenzione, un elemento che sfocia da qualche parte in Dio' Sen-

tono di far intimamente parte del mondo nuovo, in quanto figli di Dio e fratelli di tutti gli altri uomini. In Cristo sono divenuti l'uomo totale e universale, e attraverso questa esperienza raggiungono la loro identit) piena, infinitamente pir) dilatante di tutto cib che E limitato dal loro io ristretto. Si sentono in comunione con tutti, sperimentando la gioia e la sofferenza ditrttti, e restando tuttavia interamente liberi da tutto. Uomini come questi hanno raggiunto quella sovrana libert) nella quale l'esperienza cristiana riconosce la liberth dello Spirito. Una tale scoperta dell'interiorit) si riverberer) necessariamente sul modo di essere e sul comportamento. E cosi, d'altronde, che si potr) discernere con qualche sicutezza se la scoperta delf interiorith ha veramente avuto luogo per qualcuno. In tutto cib che dice o intraprende, un tale uomo non b pii come gli altri: egli agisce a partite da un'attenzione rivolta verso f interno, da un ascolto della propria interiorit). E cib che si verifica in modo particolare nell'accompagnamento spirituale. Essendo personalmente innestato, se cosi si pud dire, nei movimenti della propria vita interiore, quest'uomo individua facilmente le tracce di questa medesima vita negli altri. D'istinto sente cid che b vero e autentico, perch6 sgorgante dall'interno, e cib che d 52

gesticolazione superficiale dei desideri pir) o meno narcisistici. Egli stesso non si lascia pii tanto guidare dalla propria generosith o da un volontarismo forzato, e neppure pir) dalla ragione o da certi buoni principi. Non che disprezzi tutto cid o che non ne voglia pii tener conto, sia chiaro, ma perch6 tutti questi strumenti ormai, per quanto validi, sono diventati superflui. I suoi atteggiamenti, le sue scelte, le sue iniziative scaturiscono dall'interno. Percid, tutto in lui d interamente spontaneo e libero, poich6 tutto promana dall'amore, secondo la sua realth pir) profonda. In francese esiste un'espressione che descrive efficacemente quest'attivit) che nasce dalla libert) profonda: si dice che coule de source. Alla lettera: "sgorga di sorgente". L'immagine dice bene cid che vuole dire. La sorgente B I'interiorit), nella profondit) di ogni essere umano, al cuore del suo cuore: lo Spirito santo. Dire di qualcuno che l'umilt) coule de soarce in lui, E indubbiamente il pir) bel complimento che gli si possa fare. Vi sono infatti due specie di umilt), come diceva gi) Bernardo. Una prima che E fredda, poich6 E frutto della ragione e di una costrizione esteriore, "virtuosa" in un senso dubbio. Quindi una seconda, quella che "sgorga di sorgente", che Bernardo chiama calorosa, poich6 scaturisce dal pii profondo del nostro essere, come frutto dello Spirito santo4. Questo passaggio da una condotta generosa e virtuosa, ma ancora costretta e artificiosa, artfla condotta libera e spontanea, frutto dello Spirito, d stato sovente descritto dagli autori spirituali come una tappa decisiva nella crescita spirituale. Per limitarci a un solo esempio, ormai classico, basted ricordare un celebre passo della regola di Benedetto che tutti i monaci e lc monache di occidente conoscono pressoch6 a memoria. Si trrrtta della conclusione del capitolo sull'umilti: "saliti dunque rrrrti questi gradini dell'umilt), il monaco giungeri subito a clrrt.llt

a

Cf. Bernardo di Clairvaux,

Serrnones

in Cantica Canticorum 4t,6.

5J


carita di Dio che, se perfetta, scaccia il timore. Per mezzo di essa tutte le cose che prima osservava non senza pa:uta, cominceri a custodirle senza alcuna fatica (sine laboret), come in modo naturale , in {orza della consuetudine; non pit per timore della geenn a, ma per amore di Cristo, per la stessa buona con,rr"rrrJirr. e per i[piacere delle virtil"5. Giunto al termine del ,rro p"..orro, il monaco ha trovato in se stesso il piacere delle ,rirtil, la "delectatio vittutum". Di questa "virtL" $Sli ha ormai realmente "voglia". Essa lo attita e lo affascina. E in grado di soppiantare e addirittura di colmare tutti gli altri suoi desideri. In-ersa egli si riposa, come nella sua gioia. Cosi come si riposa nell'amore di Cristo. t per questo che ogni attivit) spirituale gli diventa come naturale ("velut naturaliter"), "sgorga di sorgente" in lui. Una tale descrizione dell'intento dell'accompagnamento spirituale pud apparire idilliaca e ireale. Lo d, infatti, poich6 nessun uomo quaggiil d mai "arrivato" una volta per tutte' Il passaggio dalla prima alla seconda tappa b sempre in qualche modo piizi"le e prwvisorio. Per di pii, il percorso non b mai perfettamente rettilineo. ci sono av^fizate e arretfamenti, alti e bassi. Questo d il ritmo della vita quaggir), il ritmo anche di ogni vita spirituale. Al nostro passarc quaggit) rester) necessariamente attaccata una certa ambiguit). Noi saremo sempre "ancora" nella prima tappa, e d'altro canto proveremo "gii" qualcosa de1la tappa r,r..ittirrr. Abbiamo un piede da un lato e un piede dall'altro. In nessun momento, tuttavia, saremo interamente dall'altraparte, divenuti creature nuove inpienezza. Come fa notare Giovanni Cassiano nelle sue Confereru.ze, molti cristiani, e anche monaci, vivono aflcora in parte nell'Antico Testamento, sotto l'anticalegge, quella del timore e delle osservanze' Solo progressivamente passerebbero sotto il regime del Nuovo Testa1

RB 7,67-69, a cura di

p.72.

54

c.

Falchini, in Regole ruonastiche d'occidente' Bose 1989,

nrcnto, quello della legge nuova e della libert) nello Spirito6. (.)trcsto rilievo d prezioso per il nostro contesto. Spetteri prolrrio all'accompagnamento spirituale assistere e sovrintendere rrttcntamente a questo passaggio dalla legge della cosffizione e .lt'lla paura alla legge della libert) nello Spirito, e tutto cid al . rrore di un'esperienza cristiana che comporterd sempre un minimo di

riti, di prescrizioni

e anche

di "comandamenti"; dei

co-

rrrirndamenti che ormai non possono piir aver altro senso se non ,lrrello di condurre progressivamente il credente verso la piena lilrertd dell'amore. Non sempre, bisogna ammetterlo, B stato . osi, e non lo d sempre neppure oggi. Valeva la pena di soffermarci un po' su questa realt) profontlrr che costituisce in noi l'oggetto principale dell'accompagnanre nto spirituale. Ora che esso d stato sufficientemente precisat(), possiamo a questo punto affrontare la questione del ricorso ,ri metodi e agli strumenti nuovi che ci sono offerti oggi da quell,' che vengono comunemente chiamate le scienze umane. Una r,.,lta riconosciuto il primato assoluto della vita dello Spirito in

rroi, ci b piil facile servirci di esse con tutta l'oggettivit) pos:;i[rile e nella misura in cui possono esserci utili. Nessuno nelilrcri, spero, che possano esserlo, e grandemente. Certo, ci d r it'hiesta una grande saggezza, per non correre il rischio di im!)rurfanarci dentro, al punto da perderci. Era percib importante intravedere come solo la presa di coscienza della vita dello Spir ito in noi possa metterci sulla via del riconoscimento del nostro vt'r'o io e del nostro autentico destino. Un tale riconoscimento iru;rlica la disponibilith a obbedire allo sgorgare dello Spirito, , lr,.'L la legge pit intima del nostro essere, affinch6, resi perfett;uncnte liberi, possiamo cosl diventare quello o quella che siarrro chiamati a essere. Di questo processo di scoperta e di crescitrr Ic scienze cosiddette umane sono l'umile serva.

' (ll.

(]iovanni Cassiano, Conlationes

2r,lr

ss.

55


Prima di chiudere questo capitolo, ecco alcune precisazioni di vocabolario. In sosiituzione dell'espressione un tempo classica di "direzione spirituale", b l'espressione "accompagnamento spirituale" che da qualche decennio inconffa il favore degli autori spirituali. L'espressione parc sia nata negli ambienti di accompafrotestu.rti-per designare il servizio di ascolto e momento un di tratta Si terminale. gnamento dii malati in fase questi quando uomo, Isffemamente importante nella vita di un delprospettiva si trova ad affuoitare f ignoto della morte e la l,altravita. sittazione pit che mai disagevole per lui, ma altrettanto per coloro che hanno il compito di assisterlo in quell'ora. L'uno e gli altri si trovano di fronte al medesimo ignoto, un ignoto .1i., in un certo senso, lo b doppiamente per colui che arsiste dall'esterno e pub comprendere solamente "per sentito dire". E ,tuto scritto: 'Accompagnare indica qui un certo atteggiamento nei confronti dell'altro. Non significa imporgli un itinerario, e neppure conoscere Ia direzione che egli prender), bensi camminaie al suo fianco. In questo luogo-frontiera in cui l,uomo imparu a spossessarsi della vita non pub che trattarsi di un aiuto discr.to. Si truttu di decifrare certi appelli paradossali. Aprirsi cosi all,ignoto di cib che l'altro vive rende vulnerabili alie ferite inflitte dal rapporto con la morte e con il morente stesso"

7.

guire. La sua via personale sovente non E paragonabile a quella di colui che egli accompagna. Ogni via b strettamente unica. E evidente che al posto del termine "accompagnatore" si potrebbero benissimo usate anche altri termini: "guida", "mae-

stro", "direttore", "padfe", e i loro corrispettivi: "discepolo", "diretto", "figlio", anche se l'uno o I'altro di essi suonano un po' desueti agli orecchi di oggi. Ciascuno di questi termini comporta una sua parte di verit), ma nessuno esaurisce completamente il contenuto di quest'esperienza. l,o stesso autore citato poco fa prosegue: "Forse questa difficolt) ci rimanda all'essenziale. Cristo, f inviato del Padre, i 'la via, la veriti e la vita' (Gv r4,6). In maniera sorprendenteha accettato di diventare Maestro per fare dei discepoli, poi si d messo da pafie, per mostrare il cammino e scomparire, perch6 a loro volta i discepoli potessero divenire apostoli e fare anch'essi dei discepoli". Senza alcun dubbio d il "Cristo in noi, sperar.r,a della gloria" (Col r,z7) che d in definitiva l'oggetto essenziale dell'accompagnamento spirituale, lui che b nel contempo l'unico, vero accompagnatore. Gi) la comunit) cristiana primitiva ne era cosciente. Per questo ha voluto ritenere un celebre detto, che ha messo del resto sulla bocca di Gesi: "Non chiamate nessuno padre, poich6 avete un solo Padre. Non chiamate nessuno maestro, poich6 avete un solo Maestro: il Cristo" (cf. Mt 23,9-ro).

La morte richiama l'immagine della nascita. Essa fa nascere all,altravita. come I'accompagnamento dei malati terminali apre aquesta conoscenza che d la morte, cosi 1'accompagnamento spiriiuale aprc auna nuova nascita. Si tratta di aiutare qualcuno a nascere a se stesso, al suo autentico "io", al di qua delle sue ferite e delle sue tesistenze. L'accompagnatore accompagna, ciod cammina al suo fianco, su una medesima strada' Egli indica gli ostacoli e li evita. Non deve precedere, e neppure se7 L. Scherer, Si personne ne me guide... L'accompagnement spirhuel, supplemento Vie Chdtienne 128, P. 6.

56

a

57


LA RELAZIONE AC C O MPAGNATO RE -AC C

OMPAGNATO

Come si B detto, noi non siamo soli, non siamo lasciati a noi stessi allorch6 ci d dato di prendere coscienza della nostra interiorit). Questa olrepassa il soggetto che la sperimenta, a tal punto che costui scopre nel contempo cib che lo ricollega a tut-

ti gli altri uomini. In effetti, poich6l'interiorit) d la vita di Dio in noi, trascende infinitamente ognuno di noi, la sua et), le sue qualiti, l'epoca in cui vive, la sua cultura. Essa costituisce una rlult) truns-personale e al tempo stesso trans-storica. E lu nosffa parte di eternith, attraverso la quale siamo in contatto con l'umanit) intera e con l'universo. E qui noi ritroviamo la condizione di base di ogni accompagnamento spirituale: d dalla comunione attorno a una medesima interiorit) condivisa insieme, infatti, che esso b reso possibile e suscettibile di qualche efficacia. Nelle due persone coinvolte questo accompagnamento B in grado di aprire una via verso il loro essere profondo, verso il loro vero io in Dio. E questo, in primo luogo, non per cid che si fa o si dice, ma semplicemente per il fatto che si d se stessi. Come per un segrcto contagio o una sottilissima osmosi, la vera vita cerca sempre e irresistibilmente di debordare verso il partner.

59


Relazioni di vario tipo

Prima di fissare la nostra attenzione su cib che avviene al cuore della relazione di accompagnamento, pub essere importante fat notare che essa si realizza in vari modi, a seconda dei casi. l,o attestano le stesse vatianti del vocabolario utilizzato per designarla. Quando la relazione B particolarmente forte, gli antichi non esitavano a parlarc di vera e propria "paternith" spirituale. E il linguaggio tuttora in uso nelle chiese d'oriente. Vedremo in che senso e a quali condizioni un tale vocabolario pud risultare perfettamenle adeguato. E evidente, tuttavia, che non tutte le relazioni di accompagnamento si inoltrano nella via di una tale densit) relazionale; ma non per questo si trovano svuotate di valore, anzi. Percid sarh utile distinguere, se si vuole, diversi livelli di profondit) nella relazione di accompagnamento, ciascuno con una sua importanza. Cosi saranno successivamente distinti - ma senza esagerure la portata delle denominazioniutilizzate - il semplice "dialogo di accompagnamento", poi la "pedagogia spirituale", quindi la "paternit) spirituale" in un senso stretto. Una breve descrizione dovrebbe bastare a presentarli. Il dialogo di accompagnonzento rappresenta senz'altro il caso pii frequente. Si intesse progressivamente, talvolta senza una piena consapevolezza. Si stabilisce a poco a poco un'intimit) con una persona del proprio ambiente di cui si apptezzarv cette qualiti: 7a capacitd di accoglienza, il dono di simpatia, l'esperienza,la prudenza, 1o spirito di fede. Ci si sente a proprio agio con lei, si percepisce che si possono condividere quelle cose che non con tutti si condividono. La frequenza degli scambi varia a seconda delle eti e del bisogno. Aumenter) spontaneamente nei momenti di crisi o di gravi decisioni da prendere. La persona scelta potr) essere un presbitero del ptopio entourage, il confessore, un compagno di lavoro, un amico. tlora 6o

il scrvizio cosi prestato sarh reciproco. Una relazione di questo tilro d anzitutto fratetna e amichevole, si intesse e si vive su un pirrno di parit). Nella vita religiosa il superiore o Ia superiora ,(), sono esclusi da questo ruolo, ma non d certo che slano al lxrsto piil adatto per esercitare un tale ministero. La loro ,,pater_ rriti" si esercita in primo luogo nei confronti dell'insieme del iir'(rppo, senza per questo escludere, beninteso, delle relazioni pt'rsonali pir) forti. In ogni caso una relazione come questa deve r'('stare assolutamente libera e spontanea. Non potrebbe mai esst'rc imposta.

Questo legame, nonostante la sua apparente semplicid, meritrr_di essere preso sul serio, perch6., alla lunga, pud divenire 1,*rfondo. Ma non deve essere n6 duraturo n6 unico. varier) fae ilrr"rente a seconda delle circostanze. Quando queste cambiano, :;i potri trovare con una certa facilit) un confidente dela stessa ,lrralit) nel nuovo contesto. Possono anche coesistere pir) legami ,li iluesto tipo contemporaneamente, senza mettersi in concorr('nza e senza danneggiarsi a vicenda. Il semplice dialogo di ac_ ( ompagnamento ignora il carattere unico ed esclusivo _ .,una v.rlta per tutte" - che sar) determinante per la paternit) spiri_ trrrtle. E bene, anzi, che lo ignori. E evidente che per la maggioranza di coloro che cercano di ('ssere aiutati, anche fra i religiosi, sar) questo il solo legame di ir('compagnamento spirituale che conosceranno; un confidente piir o meno amico con il quale, di tanto in tanto, avere uno tt'ambio pir) intimo. Per quanto possa sembrare semplice, e fors(' poco profonda a primavista, una tale relazione non deve tuttrrvia essere trascurata. Tirtt'alffo. ogni volta che due credenti riuniti insieme, il Signore d presente in mezzo a loro, con 'r,rrro il stro Spirito, e qualcosa della grazia dell'accompagnamcnto i rf ilImente condiviso. ll caso dellapedagogia spirituale d piir specifico, ma molro men() comune. Come indica il termine stesso, suppone un ,,pe_ ,llrgogo", educatore o formatore, e insienre una situazione in

6t


{

cui un soggetto chiede di essere preparato o formato in vista di un obiettivo molto concreto. Pud essere uno scoglio da supetate, una crisi particolarmente inquietante da atffaversare, una nuova tappa nella ctescita da valutarc, o molto semplicemente la volonth di Dio da discernere al momento di una decisione importante.

Alcuni esempi concreti di questa pedagogia spirituale possono essere il noviziato, o il "mese ignaziaflo", o anche un ritiro vocazionale. In tutti questi casi la rclazione di accompagnamento sar) circoscritta a un periodo ben delimitato durante il quale sar) messa in opera in maniera pir) intensiva una "pedagogia" particolare, gi) sperimentata da tempo, per 1o piir in vista di un obiettivo preciso; un impegno da preparare, una scelta da fare, una prova da assumere, una svolta decisiva dell'esistenza da affrontarc.

Questa volta, almeno nella maggior parte dei casi, l'accompagnatore non d scelto dal soggetto stesso. E designato da altri. Se d permessa una scelta, sarh limitata e sard fatta a p^rtfte da una lista di candidati ritenuti competenti, poich6 il maestro qui non potr) essere chiunque. Sar) una persona esperta, preparata a questo compito particolare, e operer) secondo un metodo provato in cui ha acquisito esperienza e una certa abilit), poich6 il tempo a disposizione per portare il soggetto a fare un passo decisivo b limitato. Percib egli sar) in genere unico, e il suo intervento dovri avere la priorith su quello di altri confidenti o su

quello della comunith presente. Anche la rclazione che si instaura tra lui e l'accompagnato avr) tendenza a riflettere quella che esiste tra un maestro e il suo discepolo. C'd infine la paterniti spirituale in senso piD stretto del termine, il senso in cui la intendono in genere i nostri fratelli delle chiese d'oriente. Li E tenuta in grande onore, e giustamente. E u.rru, ma sotto una forma talora un po' idealizzata, che pensano anche i cristiani d'occidente, non senza nostalgia, quando riprendono oggi coscienza del loro bisogno di essere accom(rz

l):l,i[ilIi. I[ann. ragi.nc c tofto al tempo stesso. Ilanno ragione pr.rt lri'lir ;rirternit) spirituale i, in effetti, una realth che esiste ',('lnl)r'(' irl cuore della chiesa, ma avrebbero torto nel fare un uso ;rll*'l lrrt. e sconsiderato di un vocabolario che pud essere selir r:rlo clrr illusioni. (.)rrcsta relazione esiste una lunga _,

tradizione la attesta rrir (()lrlc un carisma piuttosto raro e propfiamente inimitabile. A I "pirdre" spirituale questo carisma non viene dalla sua abiliti ,, rlrrllrr sua esperienza. Gli viene da Dio come un dono imprer,,',lilrilc e come rivelazione della sua stessa paternit). (.)rrcsta

,i

paterniti spirituale si riveleri all'interno di relazio-

- come potrebbe fare altrimenti? -: due amici, maestro e novizio, superiore e fratello. Ma non viene da 1,;rrlrc (l.('st1r relazione. Nessuna relazione, nessuna autoriti giustifi, .rrro l)tzti una tale grazia. Non d, per esempio, perch6 si d ri_ 1r'.csistenti

('vrtrr l'obbedienza di maestro dei novizi che questa grazia sain qualche modo dovuta. Essa d di un altro ordine e seml,r,'ltratuita. E per questo che non bisogna mai presupporla n6 r'r,'srrnrerla. Non d un rischio da poco; la rclazione di paternit;r slrirituale, infatti, conduce a una tale tt^sp^renza de1 cuore, r , rrrf.cpi5qs una tale autorit) spirituale, ma accett^ta nella libert.r rL'll'amore, che ogni presunzione gratuita potrebbe portare a ,l.llt' catastrof.i. Talora, addirittura, la si esercita ,"rrru ,r.pprr. r'|'r(lrrsene conto. s! pub aver segnato qualcuno per la vita renza ,,r.ri lverlo saputo. E I'altro che sa - ammesso che lo sappia! _, 1r.rtl16 d la sua fede innanzitutto che a stata esaudita. I tr sua stessa natura, tJrra tale relazione sari unica ed esclusi_ r',r rispetto a ogni altta della medesima qualiti. Non si sard avu_ r,, t lrc un solo padre, per sempre. Sari quello, del resto, il frutto ,l,r .tri si riconoscer) che la relazione fu vera. Essa non d dunque lrirr^rata perpetuarsi n6 a n6 a riprodursi nella stessa muni.ra. ' l,.r^'bbe peraltro perfettamente inutile, se la relazione E stata r,':rlr,cnte l'occasione di una nascita spirituale, di un passaggio 'l, r'isivo verso la vita in Dio. Quando verri il giorno i" .ui il {

r, lrlrc

63


i

"padre" scomparir) dalT'ofizzonte, non ci sar) piir da cercarne un altro. Bisogner) imparare a farc lutto su di lui, cosi come ogni figlio, un giorno, deve farlo sul proprio padre, per ripartire di nuovo, vivendo ormai del suo ricordo, del suo amore segreto, ma soprattutto di quell'unzione dello Spirito che, per primo, gli avrb. fatto scoprire con il proprio aiuto, nel piL profondo del cuore; Spitito che ormai gli "insegna ogni cosa" (rGv z,z7) e basta a tutto. Sotto questa forma precisa, chiamata "paterniti spirituale" nel senso stretto del termine, l'accompagnamento non d necessario a tutti. La paternit) di Dio si verifica in mille modi in ogni esistenza di credente, ma non necessariamente sotto questa formatipica ed esemplare. Non bisogna del resto rammaricarsene n6 cercare disperatamente di trovare a ogni costo il "padre" mai ancora incontrato. Ancor meno bisognerebbe credersi personalmente investiti di un simile ruolo nei confronti di qualcuno, chiunque egli sia, e men che meno nei confronti dei propri migliori amici. Qui pin che mai B indispensabile essere lenfi a credervi e spontaneamente riluttanti a usare un vocabolario della paternit) o della filiazione spirituale che non corrisponderi mai se non in via eccezionale alla rcaltb. vissuta. Un vero accompagnamento pud d'altronde esercitarsi in tante altre forme, e nulla vieta di pensare che qualcosa di questo carisma eccezionale sia oscuramente presente in ogni relazione ra credenti. Tutti forse siamo chiamati a essere un po' padre o madre di una moltitudine di fratelli. Senza pretenderlo; anzi, sovente, a nostra insaputa, come si d detto. Alla luce di questa gtazia "patetna", come di un analogato principale, tantissimi aspetti delle nostre relazioni fraterne di tutti i giorni, pit umili e piir modesti, possono risplendere di una luce nuova. Tutte veicolano indubbiamente qualcosa di questa grazia che Dio ha deciso di accordarci attraverso i nostri fratelli e le nostre sorelle.

I

Al cuore di una relazione umana

lr

()erchiamo di guardare ora pii davicino il legame che si in_ It'sse fra queste due persone che stanno l,una di }ro.rt. all, altra: ,.,lrri che chiede di essere accompagnato e colui .h" ,;;;;; irrrr. Eccoci subito al cuore di una telazione umana .he ,tu i., ;rss.mere d'un tratto un'importan za tutta nuova. Intattits allin_ Icrno di questa relazione che sta per essete percorso un cammi_ rro. In un certo senso si potrebbe anche dire che l,u..omprg.rr_ ,rcnto spirituale si identifica con questa relazione, e addirit"tura .1rc quesra ne d l'oggetto piil immediato. Cii, che ,,u p., u..u_ tlt're, per l'uno come pet l,altro, all'interno di questa;;i;;;, lx'rmettera che qualcosa avvenga all,uno come all,altro. .llsistono vari tipi di relazioni umane. E lecito pensare che ra rclazione di accompagnamento costituisca non ,olo ,, .uro prr_ ticolarissimo tra Ie relazioni umane, ma anche u. .uro piirriIt'giato. Ecco due esseri che sono presenti l,uno ,ll,utrro,?iu_ rrrati a fare un tratto di strada insLme. Tba loro qrrt.o* J"rr" ,rccadefe, sta per aver luogo un evento. Un evento nel senso fortc del termine. Sar) molto di piil che lo scambio ai un,rp... o lrr concessione di un consiglio. Chi vuole solamente ,up.r. ."r_ c1 di appagare la propria curiosiri intellettuale. Chi uuole s.m_ plicemente far bene vorrebbe essere in armonia con la legge e .'rn la propria coscienza. euesro gli basta, non si attende ilent'altro. Ota,la domanda di colui che cerca un accompagnatore va ben oltte, anche se, in un primo momento, costui non d ca_ Prrce di esplicirare ulteriormente il passo che compie cib Je ..'gli sollecita d pit che un sapere, ts pir) che u.r, ,rpi"rr, i; rrna vita in profondit) che egli aspira. Una vita.h" no, b ^ quella tli colui a cui si rivolge, bensi la srra stessa vita, quella .h" p"r ii ,romento sonnecchia aflcora nel pit profondo del ,uo .uo... In ,rltre parole; egli cerca di nascere, o di rinascere, a un livello pir) ,f

irrtimo del proprio essere, ehavagamente presentito.h. llc_ 64 65


compagnatore a cui si rivolge lo pub aiutate a partorire questa

vita in lui. Quando si tratta di accompagnamento spirituale, 1'abbiamo gi) visto, \a vita profonda a cui si mira d quella dello Spirito santo in persona, che deve rivelarsi nell'altro. E quello l'evento a cui quest'ultimo aspira piir o meno confusamente. Frequentando qrrella data persona che si b scelto come guida, spera che una sciniillu di vita si sprigioni tra loro due, al cuore stesso della relazione che li lega l'uno all'altro. Ancora una volta, non si tratta di una vita qualsiasi, ma della luce e della forza dello Spirito' Dire che si trutta di un evento spirituale - un tempo si sarebbe detto "soprannatutale" - non implica assolutamente che un tale evento possa essere, per quanto poco, staccato dalla relazioneumana concreta che unisce questi due esseri. Tutt'altro! E qui affrontiamo per la prima volta una questione che ritor,r"r) ,p"rro, in una forma o in un'altra, nel prosieguo di queste pagine: qual d la relazione tru r.aturale e soprannaturale, al cuoie dell'accompagnamento detto spirituale? E possibile distinguervi con precisione certi elementi che sarebbero esclusiuu-"rrt. dell'ordine della natura e altri elementi che sarebbero unicamente spirituali, con la conseguenza che questi ultimi dovrebbero essere privilegiati rispetto ai primi? Per il momento accontentiamoci di sottolineare f impossibilith di sperare un tale "discernimento" o separazione. In qualsiasi relazione umana non si pud mai dire: "Fino a tal punto questa relazione B umana; a paftire da talaltro punto essa diventa spirituale"' Un padre che ama il figlio, un amico che ama l'amico, 1o ama sempre pii o meno allo stesso modo, con la stessa intensit) o qualit) af.fettiva. Il carattere "spirituale" della telazione non verrh ad aggiungersi a un certo punto dall'esterno al carattere natt:rale' Esso E ovunque presente al cuore stesso di quest'ultimo, sotto forma di un orientamento positivo nel senso della vita profonda. Tutto lo spirituale si trova cosi incarnato nel naturale' Lavita dello Spirito non si sovrappone mai alla nostra psicolo66

ilirr, ma fa interamente corpo con essa. Ricordiamo laparola di ( llrzrrles P6guy, un po' provocatoria per la sua epoca: 'Anche il ..,rrnale d spirituale". La rclazione tJmarra, con

le sue qualit) e le sue charuces, ma ilr)che con le sue resistenze e i suoi tranelli, con tutto cid che comporta di possibilit) in un senso o in un altro, viene cosi a rrrcttersi al servizio dell'evento spirituale atteso al cuore della rclazione di accompagnamento. Sar) quindi importante curare l,r clualit) di questa relazione, e per far questo sar) necessario ('onoscerne i irabocchetti, per poterli meglio eludere. E qrr.stione, per l'appunto, di "qualit)" di relazione, e non di quant itt\ che sarebbe legata ai frequenti contatti, al numero di lettere ,, alla loro lunghezza, alla durata dei colloqui, per non citare che rur caso tipico dei manelli pii grossolani in cui una relazione di :rccompagnamento rischia continuamente di lasciarsi inffappol:rre . E anzi cefto che, a furia di ripetersi, l'incontro potrebbe ,rrldirittura, in alcuni casi, essere un fattore di impedimento, in rt'lazione all'evento, e manterrebbe i due interlocutori in una situazione di stasi assolutamente inefficace. La terminologia usata dagli antichi per designare la rclaziorrc di accompagnamento spirituale mostra bene a qual punto la ,'.rnsiderassero una delle forme privilegiate delTarcTazione umarr:r. Della guida spirituale Kierkegaardha detto un giorno che ,'r'a "pii che un amico". Quando Dante delineeri iI ritratto itlcalizzato della guida spirituale sotto le sembianze di Virgilio, tli Beatrice e infine di Bernardo, dir) del primo che d "lo piil ,.'lre padre" 1. Nel vocabolario buddista il termine lama significa "madre incomparabile". Ed d risaputo che il nome dato dai morrrrci greci ai loro anziani, l<al6gheros, significa "bel vecchio", lcrnrine che suggerisce nel contempo una somma di saggezza e

tli tenerezza.

I I)ante Alighieri, In diuina commedia. Purgatorio XXIII,a.

67


"Pii

che un amico",

"piir che un padre", "madre incompara-

bile": questi termini, carichi di immagini affettivamente dense, purluno cla s6. Fanno allusione a cib che deve essere, in seno alla rclazio ne di acco mp agnamento, I a qualit) dell' accomp agfiato re a contatto con la quale la vita potrir sgorgare e trasmettersi. Avremo l'occasione di riparlare di essa pit concretamente nel corso di queste pagine, ma fin d'ora d possibile darle un nome pir) preciso. Questa qualit) delTa telazione si chiama "amore", ma lumore, beninteso, nel senso piir forte del termine - si sarebbe addirittura tentati di dire: "pir) che l'amore" -,7'agipe' L'accompagnatore sari interamente a immagine di Dio e del suo Figlio i.n mezzo a noi. Sul volto di un uomo o di una donna,

il

finir) per trasparire

qualcosa dell'amore di Dio. L'amore di Dio, nel caso nostro, designa grande tenerezza e dolcezza, e al tempo stesso gtande .fotza i f"i^.rru. E ,r, realth seria e importante in s6. Ma nel concreto della vita pud rivestire forme straordinariamente semplici. attraverso le sue parole e

suo agire,

Pud trattarsi dipoche cose, in fondo: un silenzio, uno sguardo, un gesto discreto, una semplice parola di condiscendenza, ma che sconrrolgono e trasformano . Tutt'a un tratto una profondit) finora insospettata si scava nella person a accornpagnata' E come se essa si riconoscesse, si identificasse finalmente, come se improvvisamente sapesse ormai chi d in realtd. Per usare un linguaggio biblico, b come se le fosse rivelato un nome nuovo, ma di .ri ,rrrr.tte immediatamente che b il suo vero nome, poich6 vi si riconosce; un nome che d conosciuto solamente da lei e da colui che l'ha pronunciato su di lei. Si tratt^ di una sorta di rigenerazione, di ,nu nascita alla sola vera vita. E probabile che ,iu u .urtu della violenza di un tale sconvolgimento, concretissimamente sperimentato, che le primissime generazioni cristiane, a partire da Paolo, e dopo di lui le comunith monastiche,

non hanno esitato a inrrodurre il vocabolario della paternit) e della materniti, e questo nonostante un'esplicita messa in guardia da parte dell'evangelo a tale iguatdo' In effetti, fino a un 68

ccrto punto, questo vocabolario dice il vero. La psicologia moclcrna, con tutte le sue esperienze concrete, d li a insegnarci che lrr paternith biologica non d sufficiente, se a essa non subentra trn esercizio concreto della paternit) durante tutti i primi anni cli vita, cosi come una paternit) psicologica pud ancora colmare in maniera efficace, pii tardi, certe lacune di ordine pedagogico risalenti all'infanzia. Cib d vero, perd, solo a condizione che rluesta pedagogia di sostituzione e questa paternit) di appoggio sappiano esercitarsi in modo coretto, ciod nel senso di una crescente autonomia della persona interessata.

L'amore che dovr) rivelarsi al cuore della relazione

di

ac-

compagnamento non E che un alffo nome di quella vita profoncla dello Spirito santo che sta alTa base della rcTazione e dello scambio ffa l'accompagnatorc e l'accompagnato. Parimenti questo amore si identifica con la salute spirituale e il pieno svilupl)o umano che sono lo scopo di ogni accompagnamento. L'esscnziale dell'equilibrio psicologico si ritrova, a sua volta, nella capacit) di amare in veritd. Se siamo sani, possiamo al limite clispensarci da qualsiasi accompagnamento nella misura in cui sappiamo amate veramente, ciod gratuitamente, come Dio ama. L'amore d la capacitd di uscire da se stessi verso l'altro, senza nessun ritorno su di s6; la capacitd di donarsi all'altro, sen't'a. nulla attendere in cambio. Attraverso l'amore noi confermiamo l'altro e siamo a nostra volta confermati, ma senza averlo cercato. Nell'amore si d) senza nulla perdere. Anzi, ci si trova perdendosi.

Come si diventa accompagnatori spirituali? Chi d chiamato si crea concretamente questo legame che ,rvvicina due persone in maniera cosi intima? Se si pone cosi lir questione, si fa asttazione da un certo condizionamento oggettivo che favorisce sovente una tale relazione. E il caso, per t:sempio, di chi ricevesse una missione esplicita o un incarico che andasse in questo senso. L'esempio pir) evidente d quello rlcl maestro dei novizi o della maestra delle novizie nominati a rr diventarlo? Come

6e


questo servizio dal superiore o dalla superiora' Ci si potrebbe inoltre preparare "professionalmente", per cosi dire' a esercitao delle sesre un tale .rolo. Eico allora degli studi specializzati perfettachiaro, sia sioni organizzate a tale scopo, tutte cose, infalmodo garantisce in -""," lJgittime. Tutto cid, perd,si non libile che un legame del gen.re creer) effettivamente' n6 che fecondo. Infatti nel concreto della vita entra in gioco un

cennavamo. In effetti, se B vero che costoro non hanno per nulla scelto i loro novizi, lo stesso vale per questi ultimi i quali, in genere, non avranno avuto la possibilit) di scegliere il loro paclre maestro. I novizi sono imposti al padre maestro, e viceversa. E allora? Come d gi) stato detto, nel quadro di un noviziato il ministero di accompagnamento esercitato dal padre maesffo

bi .rrorro, eccoci confrontati con la questione che

gior parte dei casi - certamente non subito - l'accompagnamento spirituale nel senso forte di cui stiamo parlando. Basta ricorrlare qui quanto d stato detto in precedenza sul carattere analogico dell'accompagnamento, sull' an alogato principale e sulle rrumerose forme che ne sono derivate, sovente pir) frequenti,

sarir

,iiro tur,ot. di condizionamento, che non b facile analizzarc' parecchi elementi' foi.ne vi si mescolano e vi si intrecciano si b gi) preuna risentata e che, diciamolo subito, resterh a lungo senza delle sposta pienamente soddisfacente: qual ts il peso rispettivo

,irii"ai"i

psicologiche e della qualit) spirituale

in colui che d

chiamato ad accomPagnare? precisiamo subito ..-h. ..rr.mo pub arrogarsi una tale funzio,r"-o pr.rr-ere delle proprie capacit) in questo campo' Sulla pud mettere: "chinesiterapista" forru o sul biglietto da visit, si "padre spirituale" o "1'-. metterA: o "psicanali sla" , manessuno di .o-prg.rurore spirituale". I due tipi assistenza non sono del *.d.ri"-o ordine. Qui non sitratta di un mestiere il cui esercizio sarebb e garuntito da un diploma' l'o ripetiamo: nessuno posi erge ad uccompagnatore spirituale di qualcuno' Nessuno treb6e temerariam..rt. u.rogutsene il titolo' Per 1o pit' b il corrtrario che avverr), ed d importante insistervi: non d il padre che t.#"il proprio figlio, b il figlio che-scopre il proprio padre' Noi a d"li,u..o-p ignuto* spirituale dire a qualcuno: "Tu sarai mio discepolo!". t il discepolo che discerner) il proprio maer"". ii trutt, qri di una r.gola assoluta che non sembra tollerare eccezioni. A questo punto potrebbe affacciarsi alla mente del lettore un'o-

biezione, il^proceiimento descritto non pud verificarsi llr dove b l'accompagnamento si esercita a partire da una missione che il t"o' stata ufficialmente affidatada un'autoritit superior"' E cui aca maestra madre della e per esempio, del padre maestro 7o

un ministero di tipo particolare, estremamente importante, ovvio, ma circoscritto entro limiti particolari e avente uno scopo ben preciso. Non implica necessariamente e nella magL'

i

cli cui ciascuna possiede un'efficacia propria. Ne consegue che

il dialogo padre maesro-novizio, lungi

dall'essere un criterio

cli obiezione, sar) assolutamente prossimo a quanto ora seguiri.

l)i pii, questa forma di dialogo e l'accompagnamento spiritualc coincidono, o quasi: stessa posta in gioco e stessi rischi; con il limite, tuttavia, in questo punto essenziale: non bisognerebbe rnai presumere che il fratello abbia gid interiormente acconsentito a che la rclazione si approfondisca al di h di quanto autorizzal'oggettivit) delle relazioni tra un padre maestro e i suoi novizi. Nei termini del diritto canonico si dir) che non bisogna confondere il foro esterno con il foro interno, e che il padre nraestro non b autorizzato a entrare nell'intimit) di una coscienpima di esservi stato espressamente invitato. Resta tuttavia evidente che il dialogo padre maestro-novizi<r costituisce il terreno ideale in cui una relazione di accompagnarnento pud abbozzarsi e intrecciarsi. D'altra parte e altrcttantrr importante che il fratello stesso abbia riconosciuto e acccttato il za

suo accompagnatorc come tale, tant'b vero che spetta al [iglio l'ar sbocciare la paternit) del proprio padre, cosi comc spctta al cliscepolo rivelare il maestro. 7r


Ne risulta che, alf interno della relazione di accompagnamento spirituale, l'atteggiamento dell'accompagnato B in qualche modo pir) importante di quello dell'accompagnatore. Questi pud Molte cose anche essere preso completamente -inrup.,tr, alla sprovvista. inqrasi. E l'atteggiamento o arrrr tilora capiteranno preponderante e decisivo. che sar) teriore dell'accompagnato

Al limite, d addirittura il solo richiesto: atteggiamento tutto di desiderio, di attesa, di clisponibilit). E esso che susciter) nel partner la guida e il macstro chc sonnecchiavano atcota in lui. Era importante sottolincarc (lttesta condizione essenziale dell'accompagnamento spirittrale dinanzi alla lamentela che si sen-

te spesso: "Non tfovo ttu paclrc spiritttale", oppure: "Non ci sono pii padri spirituali nclla chicsa oggi". Non che non ci sia qualcosa di oggettivo dictro a (ltlcsta lzrllrclltcla. Ci sono indubbiamente al giorno d'oggi un clima c ccrtc conclizioni che non facllitano affatto lo sbocciare di una tale rclaziot-tc. llesta vero perd che il preliminare essenziale di un accompagnamento sar) sempre dalla parte di colui che cerca sinceramcntc, c che non potr) non trovare se da parte sua E sufficientemente pronto. E quanto aff.erma un detto della sapienza indi: "Quando il discepolo B pronto, compare il maestro". Ritroviamo un'a[[e,rmazione anaToga in un celebre apoftegma: "Un abba del dcserto domanda a un altro abba: Perch6 i monaci di oggi non hanno pii parole da dare? lln altre parole: Perch6 non ci sono ;riit bravi padri spirituali oggi?1. Risposta: Perch6 i figli non sttnno pii ascoltare"2. La qualit) della ricerca e dell'ascolto finiscc pcr suscitare I'accompagnatore. Certi autori antichi direbllcro: la c1-ralit) della fede. E la risposta che Doroteo di Gaza dava a certi monaci che si lamentavano di non trovare il padre spirittrale cosi a lungo cercato, capace di rivelare loro la volont)t cli l)io: basta, rispose, cercare veramente e umilmente la volttnti di Dio.

2

72

Nella serie alfabetica l'apoftegma d attribuito ad al;ba Irtlicc lN..l 1'

1.

Dopo di che si potrebbe, a rigor di logica, rivolgersi a chiunque, anche a un bambino piccolo. Poich6 Dio metterebbe le proprie parole in bocca al bambino, per esaudire la fede di colui che cerca sinceramente. Invece, anche se ci si rivolgesse a un profeta, ma senza un fede sufficiente, Dio metterebbe piuttosto uno spirito di errore sulla bocca del profeta, per trarre in inganno chi non d realmente disposto ad ascoltare'. Ancora una volta, non B il sapere n6 l'esperienza n6la competenza dell'accompagnatore che conta, ma piuttosto la disponibilit) profonda di colui che chiede. C'd qualcosa, ttttavia, che d previamente dato ai due partner delTa relazione, un elemento che 1'accompagrlato, senza esserne cosciente, ha confusamente presentito. Tha lui e il suo futuro accompagnatore preesiste una segreta connivenz a, :una sottile reciprocit). Questa si situa al livello dell'essere profondo, del vero io, come si E detto pir) sopra. Indubbiamente,la chiave che ci dar) accesso alla nostra vita intima si trova dentro di noi, e non nell'altro, anche se non sappiamo subito liberare questa chiave, n6 sappiamo come servircene. Bisogner) tuttavia che qualcosa dall'esterno - una parola, un gesto, la densit) di una relazione venga a raggiungerci in modo decisivo per risvegliarvi un'armonia, un accordo profondo. Aconsiderare le cose in profonditi, d proprio questo che ci si attende dall'accompagfiatore, e nel contempo si intuisce oscuramente che solo lui, e non un altro, B capace di consegnarci quel gesto o quella parola. Si attende da lui che il suo mistero tocchi e sveli il nostro mistero, quello che ciascuno porta in s6, e ci si sente allora in armonia con colui che

ci inizia a esso. Il mistero profondo dell'accompagnatore e la relazione chc questi d riuscito a stabilire tra se stesso e il proprio mistero hanno un ruolo di primaria importanza in questa scelta, anche sc

r Cf . Doroteo di Gaza, Insegnamenti spiituali 5,68.

71


questi elementi restano spesso nel campo dell'imponderabile e sfuggono a ogni analisi precisa. Non si sa, ma si intuisce. Il che permette del resto di pensare che si d pit o meno destinati al tale accompagrratore piuttosto che al talaltto. Infatti cid che costui fard affiorare nel cuore dell'accompagnato sgorga innanzitutto dal sLlo stesso cuore. C'b una misteIiou urlJ"ia prestabili ta tra idue partner. P, aa resto la ragione per la quale gesti e parole dell'accompagn tore, per quanto importanti possano essere, non hanno valore se non in rapporto al suo essere profondo. In se stessi possono essere banali o puramente simbolici. Ma t importante che trasmettano una chiave interiore che dia accesso alla vita profonda. Bisogner) che aprano la strada verso il "maestro interiore ", come lo chiamava Agostino. Ora, nell'accompagnamento spirittrale questo maestro interiore non pud essere se non lo Spirito santo in persona, lo Spirito che ci ts infallibilmente accordato e ci resta presente interiormente e anteriormente a ogni desiderio o impegno spirituale daparte nostra. Al cuore dell'accompagnamento l'ideale sarebbe che il "maestro esteriore" arrivasse a far corpo, per cosi dire, con il Maestro interiore, fino a essere in grado di cedere totalmente il passo dinanzi alui. Ma questo ideale non d mai perfettamente raggiunto, a motivo di certe ambiguit) che frequentano il cammino del dialogo percorso insieme, e talora anche di certi uabocchetti di cui d quasi inevitabilmente disseminato.

C'b un'altra immagine che permette di precisare la qualit) di questa relazione: d quella usata da Socrate quando chiama maieutica il sro lavoro pedagogico, ciob il venire del discepolo alla veriti, sotto la guida del maestro. Maieutica, si sa, d il nome dato

all'abilit) della levatrice che assiste al parto di una nuova vita. Non ts lei che d) la vita: lei semplicemente la favorisce, ne facilita il giungere a termine. Come tale, ogni vita si propaga da s6, naturalmente. Per venire al mondo, il feto non ha in genere nessun bisogno di una spinta dall'esterno. Nella maggior parte 74

dei casi, tuttavia,l'intervento della levatrice, per quanto discreto possa restare, si rivela utile, anzi auspicabile. Essa sorveglia l'operazione, prevede e previene gli ostacoli, favorisce certe tappe. l,o stesso avviene, per analogia, per il ruolo dell'accompagnatore spirituale. Anche costui assiste a un parto: il venire alla luce di una nuova cte^ttJra nello Spirito santo. Si tratta di una vera e propria nascita o rinascita. Lavita dello Spirito emerge, affiora a partire dall'essere profondo, prima di impregnare uno dopo l'altro tutti gli strati dell'essere umano, dai pir) intimi fino ai pit esterni. Noi passiamo progressivamente "dall'uomo vecchio all'uomo nuovo". Questo dispiegarsi della vita avviene in modo naturalissimo, apartire dalla vita stessa. Lavita dello Spirito B d'altronde sufficientemente potente per aprirsi una strada attraverso la psicologia e le potenze dell'uomo. Strettamente parlando, essa non ha bisogno di un accompagnamento esterno. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, questo d non solo utile, ma anzi a,,xpicabile. L'accompagnatorc pud sorvegliare efficacemente il processo dell'anima in travaglio, indicare un orientamento, eludere i trabocchetti, evitare gli ostacoli. E forse d dire ancora troppo poco, poich6 l'accompagnamento B per cosi dire la via abituale, dal momento che, salvo eccezioni, B sempre attraverso una relazione fraterna che la vita dello Spirito riesce a propagarsi in noi. L'accompagnato non ne d del resto l'unico beneficiario: la qualit) della relazione di accompagnamento coinvolge cosi fortemente i due partner che i vantaggi dell'operazione si riversano su entrambi contemporaneamente. Nella maggior parte dei casi cid che, al cuore della relazione, awiene all'uno - dapprinrrr all'accompagnato, normalmente - interpella potentementc lrr libert) dell'altro, ciod quella dell'accompagn tore, a tal pttt-rto cltt' a sua volta d come chiamato a crescere nella presa di cosciqtrzrr della propri a realtd interiore. Accompagnato e accoruPlqlrr ilt()rc evolvono insieme, e la crescita dell'uno necessita c pr.lvtlc,t I,t crescita dell'altro. Uno dei piir celebri padri spiritttrtli clcl tuo75


nachesimo contemporaneo, il padre Matta el-Meskin del monastero copto di San Macario, nel deserto di \X/adi el-Natrun, la esprime cosi, testimoniando la propria esperienza: "Cib che Dio mi ha dato riguardo all'esperienza delle anime sorpassa talmente cib che ha dato a me personalmente, che io mi nutro delle briciole che cadono dalla tavola che Dio ha preparato per gli

altti, atttaverso di me" a. A pir) riprese abbiamo avuto l'occasione di paragonare 1'esperienza dell'accompagnamento spirituale a realtd affini, ^pp^ttenenti sia ad altre religior-ri, in particolare quelle dell'estremo oriente, sia alle tecniche e alle pratiche delle "scienze umane"' La somiglianza dei due pcrcorsi con l'accompagnamento spirituale d significativa. Ciascuno di cltresti casi presuppone un'ascesi interiore relativamente simile. Si tratta sempre di abbandonare il nostro essere superficiale, il nostro piccolo io o il nostro io relativo, per penetrare maggiormente nel nostro essere profondo, nel nostro vero Io, che si rivela per tappe successive' Ogrrrrro di noi porta in s6, allo stato inconscio, delle ricchezze che di tanto in tanto si lasciano furtivamente intravedere, sotto una forma simbolica, per esempio nei nostri sogni pii sereni e pacificanti. Lavita qui sulla tera ci d accordata proprio perch6 diutto a questo tesoro l'occasione di venire a poco a poco alla superficie del nostro essere, affinch6 possa cosi integrarsi nellu nostru vita cosciente. Ogni uomo b in tal modo chiamato ad arricchirsi del proprio tesoro interiore, in un progresso senza fine, perch6 il tesoro in questione ts infinitamente pii grande di og.r,rno di noi preso nei limiti della propria personalit) e della propria storia. Si tratta, infatti, di un tesoro universale e destin to atutti. Il cristiano non ha nessuna difficolt) a riconoscervi lavitastessa dello Spirito santo, che sa presente al cuore di ogni

Se, per ipotesi, avvenisse che un tale processo di crescita e di integrazione avesse accidentalmente fine nella vita di un uo-

mo, questa sarebbe allora come devitalizzata. Costui diventereb-

be sterile, sarebbe virtualmente morto. Al contrario, il segreto di certi vecchi, di cui si dice che hanno conservato un cuore straordinariamente giovane, sta per I'appunto in questa capacitd di trarre profitto da ogni occasione, anche da quelle che appaiono pir) contrarianti e pir) negative, per lasciar emergere nuove possibilit) di vita interiore. Questi "vecchi" appaiono eternamente giovani, perch6 non cessano di arricchirsi del loro tesoro interiore che sembra inesauribile. E lo d, in veriti. Quali che siano le circostanze nuove in cui vengono a trovarsi, essi sono sempre capaci di servirsene in bene e di trarne esperienza, ciod di liberare sempre meglio, a contatto con tali circostanze, il loro tesoro interiore, a proprio vantaggio e nel contempo avantaggio degli altri. E questa stupefacente capacitd di adeguarsi allavita il segreto della loro giovinezza. Sono come un albero che ogni anno mette nuovi fiori e produce nuovi frutti, fino a che non ver) la morte a porre fine a quel ciclo. Come avviene per l'albero ormai senza fratti, cosi E per la nostra psicologia quando il suo processo si b esaurito o si trova irrimediabilmente intralciato. C'd il declino. Il senso della nostra presenza quaggiil b al tempo stesso colmo delle nostre possibilit) dispiegate e vuoto in questa compiutezza. La nostta vita sulla terra, una volta recisa dal grande processo di vita, perde il suo senso. All'essere cosi segnato non resta piil che "passare all'altra riva", ciod attraversare la morte. E solamente dopo questo nuovo e ultimo passaggio, infatti, attraverso la morte, che la vita dello Spirito in noi potr) portare nuovi frutti per I'eternit), frutti oggi ancora assolutamente imprevedibili.

essefe umano.

a

76

Citato da L. Scherer,

Si peronne ne

ne guide, p. 3o.

77


Vita divina e scienze umane

A questo punto d necessario dire una pada sulla relazione tralavita di Dio in noi e la nostra psicologia concreta. Abbiamo gi) sottolineato l'impossibilit) di operare una distinzione tra ordine psicologico e ordine spirituale nella qualit) impegnata in una relazione di accompagnamento. Queste due dimensioni sono totalmente inercnti l'una all'altra, pur appartenendo a

ordini diversi. Incontriamo la medesima difficolt) quando si tratta di sorprenderc o di individttare le mozioni dello Spirito o i frutti dello Spirito nella nostra psicologia o in quella degli altri. E un dato che non dcvc stupirc. Nasce da cid che la filosofia classica chiamava l'ttnione sctstanzialc, e non accidentale, dell'anima e del corpo. In quanto spirito incarnato, tutto, nelI'uomo, appartiene nel contempo allo spirito e alla carne, e ogni separazione tra i due ambiti trascina con s6 la morte, ciod il passaggio a un altro statuto metafisico. Questo dato di fatto scaturisce anche, a un livello ancot^ pit profondo, dall'unione sostanziale tra il Verbo ela natrra umana, unione che si d verificata nell'inc arnazione. E l'rorno tutt'intero, nella totalit) della sua umanit) e quindi anche della sua psicologia, che d stato assunto dal Vetbo. Ne consegue, per quanto riguarda il nostro tema, che la vita divina, di cui siamo partecipi in forua della nostra incorporazione a Cristo nel momento del nostro battesimo, non pud essere isolata e stacc^t^dalla nostra psicologia. Certo, non si identifica in maniera pura e semplice con la nostra psicologia, ma, fino a un certo punto, difficile da precisare ulteriormente, non pud esserne distaccata interamente. Il chirurgo che pratica un intervento B perfettamente in grado di distinguere un organo da un altro, di discernere tra un nervo e una vena, per esempio. Ma il suo bisturi non isolerh mai l'anima del paziente, neppure se costui rendesse l'anima in quell'occasione. Parimenti non 78

esiste nessuna chirurgia spirituale che permetta di delimitare esattamente cid che sarebbe puramente psicologico e cib che sarebbe esclusivamente soprannaturale. II soprannaturale o 1o spirituale in quanto tali sfuggono completamente alla competenza non solo del chirurgo, ma anche a quella dello psichi affa e dello psicanalista. Un esperto di psicologia che, in forza della sr-ra qualifica, si credesse autorizzato a pronunciare un giudizio morale o spirituale sconfinerebbe molto semplicemente dall'ambito della propria competenza. Se d importante, dunque, che

ognuno resti nel proprio ambito e rispetti quello degli altri, nondimeno non ts pir) possibile al giorno d'oggi praticatel'accompagnamento spirituale come se la psicologia non esistesse, come se la ricerca in questo campo non avesse portato a certe acquisizioni che non possono piil essere ragionevolmente messe in discussione. Pochi, al giorno d'oggi, metteranno in dubbio che la scienza psicologica sia in grado di portare un aiuto sostanziale, a condizione che ognuno resti nell'ambito che gli ts proprio. Se non possiamo separare, nella tal persona concreta, vita dello Spirito e psicologia, d anche perch6 Tavitadello Spirito in lei poggia necessariamente sulla sua psicologia, cioB, molto concretamente, sugli aspetti sia positivi che negativi di questa psicologia. E da sottolineare, precisando: anche sugli aspetti "negativi" di questa psicologia. La cosa d importante, perch6 se ci d relativamente facile discernere l'azione di Dio negli aspetti positivi, e percid rassicuranti, di una psicologia, ci d in genere molto pir) difficile discernerla attraverso i suoi aspetti negativi, e dunque pir) minacciosi per noi e per tutti. Dio, 1ug1avi2, b all'opera tanto negli uni quanto negli altri, e un bilancio di disccrnimento spirituale deve sempre mettere in conto sia gli aspetti positivi che quelli negativi di una psicologia. Prendiamo un esempio molto concreto e dei pii comtrr-ri: il discernimento di una vocazione religiosa. Non c'| [lisogno cli essere stati padre maestro o psicologo per ammetterc scuzrt cli[79


ficolt) che il candidato ideale allavita religiosa, quello che presenti solamente qualit) positive, non esiste. Per fortuna! Ma si pub dire di pir): in materia di discernimento di una vocazione non sono innanzitutto le qualit) positive di una personaliti che sono importanti, bensi i suoi aspetti negativi, o piuttosto la maniera in cui questi aspetti negativi sono vissuti in rapporto a una possibile vocazione. Poich6

-

e questo e estremamente

se c'b effettivamente una vocazione da parte di Dio, questa vocazione pogger) tanto sugli aspetti negativi della psicologia del soggetto in questione quanto sugli aspetti posi-

importante

-

tivi. Cosi, d tenendo conto sia degli aspetti positivi

che degli giorno il personalit) forse un propria che negativi della aspetti acconun libero con rispondere candidato operer) la scelta di sentimento a questa vocazione. Ma possiamo anche andare oltre. Quando c'd vera vocazione, questa non implica necessariamente che l'evoluzione spirituale positiva del soggetto porti alla Tunga aun miglioramento o addirittura a una guarigione psicologica.Una tale evoluzione d possibile, certo, e taloraha effettivamente luogo, ma non d necessaria, e in nessun caso potrebbe valere come criterio decisivo in matetiadi vocazione (sottinteso: se non c'd stato miglioramento psicologico, significa che ci si ts sbagliati sulla propria vocazione). Grapia psicologica e guarigione spirituale a volte si incontrano, o possono talora avere parzialmente uno sviluppo parallelo, ma non coincidono mai interamente. In certi casi, fortunatamente abbastanza frequenti, un percorso spirituale positivo porta con s6 un ristabilimento di elementi psicologici pii o meno perturbati. Ed ts lecito pensare che si tratti allora di un frutto reale e di grande valore dell'azione dello Spirito santo. Ma quel frutto rimane un frutto gratuito. Non B mai garantito in pattenz , non d indispensabile, e mai, in ogni caso, deve essere visto come un criterio infallibile della presenza o della non presenza di un frutto spirituale. l,o Spirito santo, infatti, b perfettamente in grado di suscitare un tale frutto anche attraverso una 8o

situazione psicologica bloccata o gravemente perturbata. La cosa importante da discernere sar) sempre il modo in cui il soggctto accettala ptova ela attraversa. Il discernimento qui B teso rr cogliere in quale misura il soggetto sia accordato con ci6 che Io Spirito santo gli ivela al cuore di quella contraddizione, per (lrlanto gravosa essa sia. Lo Spirito santo, infatti, d ovunque all'opera e attende da noi una sola cosa: che noi prestiamo attent.ione a77a sua mozione e che accettiamo di soccombervi, di lasciarci farc da lui. "Quanti si lasciano guidare dallo Spirito di I)io, costoro sono veramente figli di Dio" (Rm 8,r4). "Tutto coopera al bene di coloro che amano Dio" (Rm 8,zB). A queste parole di Paolo un autore del xn secolo che passd sotto il nome rli Agostino ebbe l'audacia di aggiungere; etianz peccata, anche i pcccati'! A maggior ragione le malformazioni, le frustrazioni e i blocchi di una psicologia. Certo, quanto abbiamo appena detto non deve renderci ingerrtri allorch6 si tratta di esercitare un discernimento sulla realti rli una vocazione, qualunque essa sia. Vi sono infatti altri criteli importanti oltre a quello che ci permette di vedere un candirlato perfettamente accordato con la vita dello Spirito in lui, e (luesto malgrado il suo handicap. Il criterio ultimo sari sempre Ia chiamata di Dio, nella misura in cui questa pud essere identificata attraverso la libera scelta del s.oggetto che acconsente a tna gtazia chiaramente riconosciuta. E del resto su questo punto preciso che il discernimento si fa difficile. Sarebbe ben pitr lrrssicurante se Dio chiamasse alTavita cristiana unicamente persone dalla psicologia perfettamente equilibrata. Ma, evidenteruente, non B questo il suo beneplacito. E il fatto che gli piaccia trrlora chiamare a un autentico amofe e a unavera santiti ccrtc

'(lf. E. Dutoit, Tout saint Augustin,Fnbourg r988, pp. rl)-174. 'hrluviir lu stt.ssrr (l,Jllrina si trova gi) chiaramente formulata sotto 1a penna di Agostirr,r tli lp1xrn,r, I),, , onrplione et gratia 24.

llr


persone dalla psicologia alquanto dissestata non d che l'espressione di una delle linee di forza del suo disegno misericordioso che attraversa la storia e che la Scrittura continuamente ci ridice: egli sceglie i poveri, innalza gli umili.

UN PROBLEMA RELAZIONALE: ILTRANSFERT

Affronteremo ora pir) concretamente l'oggetto del dialogo spirituale. Ma prima si impongono alcuni preliminari. E necessario dire una parola, innanzitutto, su cid che costituisce inevitabilmente il supporto del dialogo spirituale, e ciod la relazione, e pii precisamente la situazione di tansfert, nella quale i due partner della relazione sono immancabilmente coinvolti, lo vogliano o no. Questo ci costringe a una piccola digressione attraverso certe acquisizioni della psicologia. Sono acquisizioni oggigiorno accettate in genere da tutti, e un minimo di familiarit) con esse ci pub risparmiare non poche disillusioni. E grazie al processo della terapia psicanalitica, e in particolare all'analisi attenta ai legami che si stabiliscono tral'analista e il suo paziente, che noi conosciamo molto meglio, oggi, quel fenomeno relazionale a cui Freud ha dato il nome di "transfert". Freud aveva infatti constatato, con piena ragione del resto, che i suoi pazienti erano soliti trasferire su di lui, loro analista, i sentimenti che avevano provato un tempo nei confronti dei loro genitori. Questo miscuglio di sentimenti positivi e negativi aveva dei prolungamenti nella loro vita di adulti e colorava in modo abituale il loro atteggiamento dinanzi a tutte le forme cli arrtorit), fino a estendersi poi come una macchia d'olio su tuttir la loro vita: alle relazioni di lavoro, di amicizia, alle rclrrzioni familiari, tanto nei confronti del coniuge quanto nei cotrl.rotrti dei figli; e noi possiamo aggiungere, quando si tratta cli crcclctr8z

tt1


il ti, fino ai loro legami con Dio. Ogni uomo, nelle sue relazio-

ni con gli altri, ha cosi \a tendenza, concludeva Freud, a ripetere insiancabilmente un certo scenario, di solito tenuto salda-

mente sotto chiave. Questo scenario d stato generalmente installato al tempo della primissima infanzia, per far fronte, con i mezziche erano quelli del momento, a certe sofferenze e a cefte frustrazioni che, a quell'epoca, sarebbero state psicologicamente insopportabili. Il genio di Freud fu di capire subito che quella constatazione clinica si poteva sfrrlttarc in campo terapeutico. Se 1o scenario originale si riprocltrccva infallibilmente, e addirittura in un modo particolarmentc actlto c come spinto al parossismo, nella relazione analista-pazicutc, pcrch6 non approfittarne per risalire alla storia di clucsto sccnarig, fino ad allora sotto chiave, e farla evolvere in ttu scuso positivo? Ma per far questo, pensava, era necessario non ri[itrtrtrc il transfert, n6 difendersi ma entrarvi, accettauclo cli svolgcrvi ttn ruolo; non in du "rro, un modo qualsiasi, tuttavia. Si offriva cosi ttna possibilit) - se b vero, come affermavaL,acan, che il trzrnsfert d 1"'attualizzazione della realth dell'inconscio" - di avcrc Llna certa presa su di esso, cercando innanzitutto di identificarlo, pcr tentare poi di dargli un senso nuovo e imprimergli un oricntamento meno traumatico. L'analista accoglier) dunque il ffansfert e accetter) cli entrare nello scenario e di "giocarvi" il ruolo che gli attribuisce il suo paziente. Tuttavia, come si d detto, in una manicra ben precisa' Non si tratta infatti di entrare passivamente nello scenario, o semplicemente di subirlo, cercando di riempire il paziente di gratlficaziofli che compensino le frustrazioni cli un tempo, quell. che sono all'origine dello scenario. Non si tratta neppure di lasciare che si ripetano alf infinito i vicoli ciechi incontrati un tempo nelle relazioni con i genitori. L'esperienza ha mostrato che uilizzare il transfert in quel modo non fa che confermare e rafforuare 1o scenario, senza speranza di evoluzione. 84

La situazione di transfert si complica per il fatto che non c'd solo il paziente a effettlr re il transfert e a proietrare i propri sentimenti. Anche l'analista vi d coinvolto e si trova a sua volta sollecitato a proposito del proprio scenario, all'interno stesso dello scenario del paziente, in cui si trovano da cluel momento implicate le frustrazioni proprie del terapeuta e la loro tendenza a soddisfarsi in compensazioni tardive. L'analisra, al pari del paziente, "soffre" in una certa misura di frustrazioni primitive e si d forgiato uno scenario inconscio nell'intento di sfuggire alIe sofferenze che esse gli causano. Cid significa che il transferr operato su di lui dalpaziente, in positivo o in negativo, lo rocca e Io segna nel proprio scenario pii o meno inconscio, creando in lui cid che Freud ha giustamente chiamato il "contro-transfert". Risulta subito evidente che il confronto tra questi due transfert, quello del paziente e quello dell'analista, sar) delicato da gestire, e che l'esito felice di un tale confronto dipender) da vari fattori, il pir) importante dei quali sari che l'analista abbia fatto lui per primo chiarezza nel proprio scenario e nelle proprie frustrazioni. Altrimenti la situazione potrebbe divenire rapidamente esplosiva o, ben che vada, non avere nessunissima utilit) terapeutica. Quale che sia la maniera in cui L'analista decide di coinvolgersi nel transfert, b importante che lo faccia sempre in modo sufficientemente neuro e distaccato . Infatti cid che importa, nel caso concreto, non d il proprio scenario, bensi quello del paziente. Cib non significa che l'analista debba vietarsi di provare qualsiasi sentimento. Vorrebbe dire non solo votarsi all'impossibile, ma soprattutto inrodume nella reTazione con il paziente un "divieto di desiderio" che finirebbe inevitabilmente per avere un influsso negativo sull'evoluzione di questi. L'analista accoglier) dr.rnque in pace i propri sentimenti, ma avendo cura di gestirli correttamente; nella circostanza: accettando di volcr "non desiderare per essere soddisfatto", il che d molto divcrso dal voler "non desiderare puramente e semplicementc". ll sct35


t

guito dell,esposizione cerchera di precisare che cosa si intenda fo., qo"rru formula. La nostra insistenza sull'atteggiamento dell'u.rriirt, che si trova confrontato con il proprio contro-transfert fa arguire che c'd un legame - il lettore l'avr) gii intuito - trala rclaione terapeutica in psicanalisi e la relazione di accompagnamento spirituale. circa il comportamento da tenere in situazione di transfert e di contro-transfert i intrtile dire di pir) per il momento' Ci ritorneremo, del resto, clttanclo dcscriveremo pii concretamente i rischi del dialogo spirittrrrlc. Pcraltro, ci sono diverse scuole di psicanalisi a dividcrsi I'inr(jrprerazione del processo di ffansf.it - .ron d un segreto pcr llcssl,lllo - e cluesto d) origine a tecniche terapeutiche talora c6utraclclittoric. Se tutti sono d'accofdo nel ric-onosc.re la fonclatczza clcll'intr.rizione fondamentale di Freud, le applicazioni concretc itr tcrapia, invece, variano ta' lora in modo notevole. E lecito pcnszre che ciascuna di esse, nella misura in cui si fonda su metodi vcrificati da risultati probanti, possieda una sua parte di veriti e sia in grado di apporta.. .rr io.plemento al punto di vista dellc altre. Nel cercare di tener cont; deila scoperta di Freud rclativa al modo di vivere la relazione di accompagnamento, l'autore di cluesta esposizione sar) probabilmente portato, senza volerlo e forse senza neppu," ,.-.org"rrene, a farne un'applicazione molto particolare che appariri senz'altto singolarmente "devtazionista" agli occhi di r.rLru ."rtu ortodossia freudiana attuale. Si d voluto segnalarlo, per onest), senza peraltro ritenere necessario inoltrarsi in questo dibattito. Dopo queste precisazioni, nel lettore potrebbe restare una certa impressione che si sia esagerato nell'accordare qui una part. .oii grande all'aspetto del transfert nella relazione di accompagnamento. Non sarebbe forse un considerare le cose in un tnodo taoppo "naturale" e non tener abbastanza corfio del primato assoluto dell'azione dello Spirito al cuore di questa relazione? Tirtta l'arte dell'accompagnamento spirituale non do86

vrebbe consistere per l'appunto nello sfuggire alla"tentazione" del transfert, con tutta la sua ambiguit) e le sue complicazioni? E non dovrebbe essere sufficiente rifiutare molto semplicemente questa situazione, cercando di neutralizzarne i sintonri pii irritanti, o addirittura combattendoli vigorosamente, per lasciare il campo libero all'azione dello Spirito? Non d un'obiezione da poco, ed B pure seducente. Meritava senz'altro di essere formulata. Come prima risposta si potrebbe far osservare che il transfert non d per nulla una "tentazione" a cui si possa sfuggire. E un dato di fatto, 1o si voglia o no, lo si dissimuli o no. Certo, d un fatto che sfugge in parte alla coscienza, rtrr fatto dunque in parte inconscio. Ma tutti sanno che le realtd psicologiche sono tanto piir temibili e hanno degli effetti tanto pir) perversi quanto piil restano inconsce e si evita di guardarle in faccia. Il ransfert, tuttavia, d inconscio solo molto parzialmente. Per un occhio esperto d relativamente facile individuarlo, da certi segni che non ingannano. Peralffo, per colui o per colei che abbia una qualche esperienza di una relazione di accompagnamento che non sia un semplice briefing moraleggiante, il transfert d un'evidenza, n6

pii n6 meno.

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transfert non d una tentazione bensi un fatto "inaggirabile", a nulla servirebbe volerlo occultare o combatterlo. Un atteggiamento del genere avrebbe del resto un effetto perfettamente opposto all'obiettivo che vorremmo raggiungere. Infatti occultare o combattere il transfert sarebbe ancora una maniera di tenerne conto, anzi una maniera di sposare 1o scenario dell'accompagnato, pur pretendendo il contrario, in un gioco relazionale reso allora pit complesso e che si radurrebbe in definitiva in un rinforzamento delle difese dello scenario. Nella maggior parte dei casi, infatti, combattere il transfert avrebbc conrc primo risultato quello di aggiungere una nuova frnstraziorrc rr quelle antiche, una nuova colpevolizzazione a quellc chc gii pt'sano sul partner. Esse porterebbero inevitabilmentc cyrrcst'rrlt iSe

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mo a rinforz^re 1I dispositivo inconscio di difesa che si B costruito contro tali contrariet). Il fastidio che proviamo nel sentir parlare di questa situazione di transfert B tuttavia cosa normale e perfettamente comprensibile. Essa sembra gettare un sospetto sulle nostre migliori intenzioni. In ogni caso, sembra complicare singolarmente e addirittura compromettere il ministero di accompagnamento. Non deve stupire, percid, sc proviamo una riluttanza quasi in' sormontabile a dover fare i conti con essa, e soprattutto a entrarvi e a esserne parte in catlsa. Possiamo addirittura sentirla come una specie di minaccia che rischia di destabilizzarci o di mettere a nudo in noi certc fcritc che un po' presentivamo, certo, ma che non avcvamo illlcoril avltto l'occasione di guardare bene in faccia. Ecco, ttttto ciir t da mettere in conto. Thnt'd vero che, in linea di principio pcr lo meno, un vero accompagnamento non pud essere esercitato se non da chi ha fatto prima il percorso in quanto "accompagnato". Almeno fino a un certo punto. Il fatto di accompagnare un altro pud peraltro rimediare, in parte, alle lacune dell'accompagnamento a suo tempo ricevuto ion piir o meno efficacia. Anche per l'accompagnatore, infatti, la situazione di transfert B innanzitutto una chance, e non un rischio. Se gestita correttamente, pud in definitiva costringer1o a una rinuncia positiva ai propri desideri, insegnargli a "desiderare senza voler essere esaudito", obbligandolo a diminuire incessantemente dinanzi alla libert) e all'autonomia cfescente dell'altro. In una parola: b un'occasione non da poco per impararc ad amare veramente. Si, nell'accompagnamento spirituale sono entrambi gli interlocutori a traffe beneficio' Tirttavia, per quanto importante possa essere, la situazione di transfert non esaurisce tutto il senso della relazione implicata nel dialogo di accompagnamento. Tutt'altro, e questo va detto. In ogni relazione, del resto, c'd sempre ben di piir del transfert e del contro-transfert: vi E offerta una reale possibilit) di un 88

contatto in profondit) in cui l'io autentico dell'uno enrra in comunione con I'io autentico dell'altro. Un analista inglese, Fred Blum, ha chiamato questa possibilit) la "tetza dimensione" di ogni relazione analitica. Questa terza dimensione, che non d senza rclazione con l'Amore o con la vita di Dio al cuore di ogni essefe, nasconde in s6 la potenza creatrice capace di trasformarclarclazione e di operare la guarigione. Le tecniche classiche della psicanalisi sembrano ignorare questa terza dimensione. Molti si fermano di solito al gioco del transfert e del contro-ffansfert, dove tutta l'arte dell'analista consiste nel riconoscere e nell'accogliere il transfert, per poi sottrarvisi. La neutralit) dell'analista - che ts per lui una forma di amore - lo installa in un luogo in cui il desiderio del paziente, travestito dal transfert, non pud piil raggiungerlo. L'analista resta ostinatamente fuori portata, e moltiplica le finte per sfuggire a1l.a presa del desiderio dell'altro. Egli rinvia cosi l'altro inesorabilmente a se stesso e all'accettazione progressiva delle pro-

prie frustrazioni, poich6, secondo l'ipotesi di Freud, diero a tutti i desideri esiste un desiderio per sempre proibito e che in ogni caso non poff) mai essere esaudito. La saggezza umana,la sola possibile ai suoi occhi, consiste allora nell'accettare questa falla che non sar) mai chiusa, nel riconciliarsi con una mancanza costitutiva che non pub essere colmata.

Ridotta a una pedagogia di questo tipo, la terapia analitica pub certamente sfociare in una forma di sapienza umana altamente rispettabile, in cui non mancano certe risonaflze evangeliche. Sembra tuttavia che tale pedagogia non sia sufficiente a render conto di tutti i valori impegnati effettivamente, o che potrebbero esserlo, nella relazione di accompagnamento, di cui la storia e Tatradizione monastica sono ricche. Se questa sapienza "psicanalitica" rimane cos\ a mezza via, non b propri<r perch6 non tiene abbastanzaconto della realt) profonda chc i: rrl cuore di ogni uomo, laterza dimensione vivificante e portatricc di guarigione? tl,)


Ecco come Fred Blum descrive le possibilit) di una terapia che tenga risolutamente conto di questa sorgente spirituale presente in ogni essere:

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Quando due persone si incontrano nella loro essenza, nel nucleo pitr intimo del loro essere, sono in contatto con una vita pii profonda che condividono in tutta verit). Esse enrano in una relazionc chc i nutrita dalla Sorgente della vita. Si vedono a viccnda itr tutta verit), e la percezione che in tal modo hanno i riscl.riarata da una luce transpersonale. Noi possiamo innantorarci di clualcuno, e finire poi per renderci conto chc non anrianro vcrante nte quella persona cosi com'd attualmentc nclla stra csscnza. La persona "arfiata" ha semplicemente suscitato in noi ccrtc proiezioni che si sono dileguate nel volgere di cltralchc tentPo. Ma quando amiamo ve-, ramente qualcuno, nascc tra troi dttc trna realt) pii profondal,l che santifica il nostro amorc. Irr ogni relazione umana coniieta devono issere ugurlnrerrtc all'opera questi due poli: la realti piir profonda che uascc tra l'altro e noi, e nel contempo il ruolo che noi proiettiamo sull'altro. Questo processo si verifica anche nella relazione cl.rc si stabilisce tra il terapeuta e la persona che chiede di essere gttarita ... Indubbiamente d necessaria una presa di coscicnza quanto piir lucida possibile ogni interfe di qu.si; #;;anismo di proiczione , p". "uitrt" la forua Tirttavia guarigione. processo di queslo e il :9rl4 !t? di guarigione che d all'opera in questo processo non ci viene-attraverso il cosiddetto "transfert e contro-transfert", bensi piuttosto attraverso una certa qualit) della relazione, nella quale agisce una realth vitale piir profonda, reald condivisa dai due partner e che li unisce al livello del loro nucleo piil intimo, nella loro essenza. La condizione preliminare perch6 un tale evento possa aver luogo d, indubbiamente, che il tet^petta possieda egli stesso un legame vivente con questa realt) dentro di lui1.

F. Blum, Depth Psychology and the HealingMinistry,Landon r99o,p.71.

Questa realt) intima, personalissima, al cuore di ognuno dei partner, e al tempo stesso "ttanspersonale", in quanto coinvolge i due protagonisti in una comunione che li supera, ricorda

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irresistibilmente al credente una parola di Gesr): "Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono ld in mezzo a loro" (Mt r8,zo). Egli finisce per intuire che d proprio la presenza misteriosa di Gesr), al cuore di ogni relazione umana, a costituire l'unico vero dinamismo di guarigione. E una presenza che d davvero in grado di eludere le insidie del transfert, per quanto sottili possano essere, e di farci beneficiare di tutti i vantaggi che ci possono venire dal transfert. Il Signore intatti d sempre "pii grande del cuore" (rGv l,zo) dell'uomo. Cid che per lo psicanalista, preoccupato di non oltepassare i confini del proprio campo, sarebbe un'estrapolazione indebita, il credente lo pud presagire e, a certe condizioni, discernere nelle meraviglie che l'accompagnamento gli permette di tanto in tanto di rasentare.


iL DIALOGO DI ACCOMPAGNAMENTO

Abbiamo visto come la qualit) di un accompagnamento spirituale dipenda in primo luogo dalla qualit) della relazione umana che lo sottende. Ora,la qualit) di una relazione umana si riflette in parte nella qualit) del dialogo che si instauratr^i due partner. Tirtta 7a tradizione b del resto unanime su questo punto: l'accompagnamento si fonda su un dialogo. Nel deserto egizia no i monaci si visitavano a vicenda per porsi l'eterna domanda: "Come essere salvato? Abba, dimmi lna parolat" . Sempre secondo la testimonianza deTlatradizione, questo dialogo aveva un oggetto ben preciso: i monaci, dicono le fonti, interrogavano i padri a proposito dei loghismoi termine greco che in genere traduciamo con "pensieri" . Da qui la pratica universale del monachesimo antico chiamata "apertura del cuore", o anche "manif.estazione dei pensieri". Benedetto ne ha conservato una traccia nella sua regola, nel quinto gradino dell'umilt)r; la ricorda come una cosa owia, che non poneva nessun proble.r. t probabile che la confessio di cui parluno ancora i testi monastici del xII secolo, in particolare in Bernardo, non abbia nulla a che vedere con il sacramento della riconciliazione cosi come lo conosciamo noi oggi. Si tratterebbe invece di un'alltrsione a quella medesima pratica, caduta a poco a poco in clisttsrr nel corso dei secoli successivi, per lo meno nel monachcsittto latino. Essa infatti d tuttora tenuta in grande onore in oricrtlt', nei grandi centri monastici come il Monte Athos, i nrottrtstt't i ortodossi romeni e i monasteri copti dell'Egitto.


In che consiste oggi questa manlfestazione dei pensieri presso i nostri fratelli orientali? Ecco come si pratica abitualmente al Monte Athos, per esempio, in un monastero che si poffebbe dire di stretta osservanza: una volta al giorno, di solito dopo l'ufficio che conclud e la giornata, il monaco va a trovate il proprio padre spirituale per fargli un resoconto dei propri "pensieri". Non si tratta di una confessione sacramentale, bensi di una rupida comunicazione di tutti i desideri che si sono manifestati durante 7a giornata, desideri buoni e meno buoni. Rendere loghisrn6s con "desiderio" sembra peraltro un'eccellente traduzione, non solo rispetto all'ctimologia antica del termine, ma soprattutto in rapporto alla pratica attuale della manifestazione dei pensieri. Ccrto, potrcl>bc trattarsi di tentazioni o di peccati realmente comnte ssi, m.r non I tlttesto I'oggetto primario di tale manifestazione. Si tratta pirtttosto clei desideri, talora sotto forma di progetti concreti, che si affacciano al cuore nel corso della giornatae che il fratello vicue scurplice mente a condividere con l'anziano. Non attende da lLri ui assolttzione n6 perdono, ma

qualcosa di pin fondamentale e anchc di molto

pii importante,

indubbiamente: alla fine della comrtnicazione il le si limita a "benedire" il figlio, poi 1o congeda'

padre spirituaPer 1o pitr que-

sto avviene senza altre parole.

Questo scambio non occupa generalmente che pochi minuti, appena due o tre. Altri fratelli d'altroncle attendono in fila (questo avviene talora in chiesa, davanti all'iconostasi). Se vi fossero dei rilievi o delle osservazioni da parte del padre spiri tuale, sarebbero brevi. Ma per lo pii llon ve ne sono. Non si ffatta peraltro di un vero "discernimento" nel senso stretto del termine. Mancherebbe il tempo per questo. Del resto il padre spirituale e il fratello in questione si conoscono a sufficienzaBasta dire, aprirsi. E la comunicazione che d importante: essa appare efficace di per se stessa, al pari della benedizione che segue, che conferma cib che b buono e guarisce cid che pud essere stato meno buono. Un tale rito, per chi ha potuto assistervi 94

discretamente, a distanza, emafia un clima di grande dolcezza e al tempo stesso di forza. Non ne risulta la minima impressione di colpevolezza inibittice, ma, al contrario, un sentimento di libert) e di gioiosa spontaneith finalmente ritrovate. Evidentemente d molto importante il clima adatto alla condivisione, ma la pratica di quest'ultima B feconda solo nella misura in cui vi sono rispettate certe condizioni.

Dire questo significa gD in parte rispondere alla domanda che forse si fa strada nella mente del lettore: ula prutica del genere ts trasponibile tale e quale in un ambiente occidentale? Ma non B ancora il momento di rispondere a questa domanda. Bisogner) prima che approfondiamo la struttura di tale pratica, e alla fine di questi sviluppi il lettore avr) trovato egli stesso la risposta. Qualunque essa sia, d da prevedere che sar) tutta a sfumature. Nella nostra cultura religiosa odierna in cui un rito come questo, praticato in maniera cosi sistematica, b diventato totalmente estraneo alle nostre usanze, sarh bene non essere precipitosi nel voledo reintrodurre. In ogni caso, non bisogner) assolutamente renderlo obbligatorio. Questo d ovvio. Perch6 una pratica del genere abbia qualche possibiliti di portare frutti, bisognerebbe innanzitutto che il fratello o la sorella l'abbiano desiderata liberamente. E ,.*pr. possibile parlarne,spiegare come aweniva un tempo e come awiene ancora oggiin oriente. Non d neppue opportuno prcporre loro una prova. E preferibile attendere che nasca questo desiderio nei loro cuori, ispirato.dallo Spirito santo, in una grande pace e con una grande libert). E solamente allora che potrh essere tentata una prova. Ma con pttdenza, e adattandosi alla psicologia di ognuno. La cosa, davvero, non d cosi semplicc come pud sembrare a prima vista a chi vi si vuol dedicare cor-r generosith. Nella maggior parte dei casi questo fratello o (lucsrir sorella vanno incontro a una prova che pud rivelarsi ruclc, rrlr che pud anche portare frutti straordinari di liberazione c cli prrt't.. E evidente, d'alffonde, che i nostri dialoghi di acconrpirgrrrr mento al giorno d'oggi non sempre avvengono a rrn tirlc livt.llo


di profondit), neppure quelli tra un padre maestro e un suo novizio. Ttxtavia, bench6 i nostri partner non arrivino a una manifestazione cosi sistematica dei loro desideri, avviene di frequente che vengano a trovarci per confidarci qualcosa che tocca da vicino o da lontano i loro desideri: una preoccupazione, una tensione, una tentazione, fotse anche cib che credono sia un peccato. Si tratta di confidenze che non sono mai facili da fare e che essi non farebbero al primo venuto. All'inizio, peraltro, c'd da aspettarsi che vengano a confidare un po' di tutto, bene o male, poich6 pochi sono subito capaci di operare una cernita in base alle realt)r della vita nello Spirito. Il senso dei valori b quello che hanno mutllato cla trna certa morale dell'ambiente in cui vivono, universalmente riconosciuta dalla cultura del loro tempo, una morale sicrrramente rispettabile ma il cui dinamismo non E necessariamente c<lnformc in tutto a quello dell'evangelo, anche l) dove questa uroralc circostante prescrive, vieta, colpevolizza o condanna. Thttavia, almeno in parte, l'accompagnatore occidentale si trova indubl>iamcntc a confrontarsi con una situazione che non d senza analogia con c1-rella del padre spirituale nella tradizione ortodos s a. Nei primi tempi in cui si instaura il dialogo, il clima sari di estrema importanza: sari fatto innanzitutto cli ascolto e di non giudizio. "Non giudizio" significa in questo caso assenza di qualsiasi giudizio, in un senso come nell'altro. Il fratello che viene a confidarsi non chiede n6 assoluzione n6 condanna. A rigor di termini, non viene neppurc a cercare un incoraggiamento. In questo primissimo momento in cui il fratcllo viene a confidare il proprio desiderio profondo, sono fuori lr"rogo sia il perdono, sia la condanna, sia lo stesso incoraggiamento. Reazioni di questo genere sarebbero dunque intempestive poich6, anche se fossero frutto della migliore intenzione, potrebbero intralciare la condivisione o addirittura renderla inefficace. Il lettore avri in seguito l'occasione di capire meglio il perch6. Basti ricordare qui qual d il desiderio pii profondo del fratello che e6

i propri "pensieri". Prima di ogni condanna e prima di ogni incoraggiamento d estremamente importante per questo fratello che gli sia permesso di esistere di fronte a un altro cosi come si d appena messo a nudo, cosi com'd e come si sente, fosse pure pieno di vergogna, fosse pure roso dai rimorsi. Il primo sollievo da offrirgli B il "permesso di esisrere" tale e quale egli d, la possibilit) di esistere dinanzi a noi cosi come si sente, anche se per noi d evidente che si coglie in modo non corretto o troppo negativo. Si sente spregevole e odioso ai propri occhi? Che importa? Qualcuno d lA, di fronre a lui, e 1o accoglie talis qualis, cosi com'd, senza escludere nulla, senza nessuna riserva, senza i7 minimo pensiero riposto. "L'a:rrtico - diceva Saint-Exup6ry - d innanzitutto colui che non giudica". Si potrebbe affermarc la stessa cosa del padre spirituale: "Il padre B innanzitutto colui che non giudica", a immagine del Padre che d nei cieli, il quale fa sorgere il suo sole sui giusti come sui peccatori. Per gli uni e per gli altri egli d Padre, e nulla pir). Padre del figlio prodigo come del figlio maggiore riviene a confidare

masto a casa. Avere il diritto di esistere di fronte a un altro, nell'amore; essere accettato da lui, tale e quale, senza il minimo disgusto, con tutti i desideri che brulicano nel cuore: ecco il desiderio di fon-

do di colui che viene a confidarsi. AII'accompagnatore, dunque, il compito di ascoltarlo e accoglierlo quale egli B, integralmenre, senza escludere dalla propria accoglienza nessun livello dell'essere dell'altro, dal pir) basso al pir) alto, dalla cantina al granaio. Accogliere senza riserve non significa approvare. E davvero possibile accogliere profondamente una persona pur mantenendo delle riserve nei confronti del suo comportamento. "Odiare i vizi, amare i fratelli", ricorda Benedettor. Si tratta proprio di questo. D'altronde, ancora una volta, a questa tappa del dialogo

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non si ff^tt^ ne di approvare n6 di condannare, ma solamente di accogliere, di dare il permesso di esistere nell'amore. In un certo senso questa tappa d pii importante di quelle che seguiranno, perch6 allaccia il legame che permetter) in seguito alla rclazione di evolvere portando frutto. Se la manchiamo, non ci saranno tappe successive, oppure le tappe successive saranno puramente ripetitive dello scenario, e dunque senza profitto per l'uno come per I'altro. Ricadremmo inevitabilmente nel discorso moraleggiante, ma d garantito che non servirebbe a nulla, nella quasi totalit) dei casi. Per 1'accompagnatore clLresta prima tappa d piil impegnativa di quanto non :rppaia a prima vista. Forse si penser) che basti rinchiudersi in un rigoroso silenzio, lasciar pailare l'altro senza fine, vietarsi scmpolosamcntc clrralsiasi intervento. Cib ts esatto solo in parte, poich6 una "tecnica" del genere costituisce unicamente la forma esterna dcll'attcggiamento di colui che ascolta. Thcere non basta. Pud avvcnirc ir-rfatti che, pur ascoltando 1'altro con attenzione e pur osservauckr uno stretto silenzio, ci sia un "parlare" a livello delle visccrc dcll'accompagnatore, senza che questi sia in grado di controllare il proprio discorso interiore che di solito, peraltro, B perfettamentc inconscio. Pud succedere, per esempio, che i desideri che l'altro gli confida, o la veemenza con cui li esprime, lo tocchino molto profondamente e lo turbino. Si sente a disagio, addirittura minacciato, d preso dalla pava, una pauta assolutamente incontrollabile. k ferite dell'altro hanno riaperto delle ferite segrete in lui; non gli resta che difendersi come pub, e quindi rifiuta violentemente i sentimenti e i desideri che l'altro esprime in sua presenza. Ecco un caso limite che pud servire di esempio. Si tratta di un fatto realmente accaduto. Un prete era venuto a confidare al proprio vescovo la decisione di lasciare il presbiterato per sposarsi, e quegli non trovd altra risposta che afferrare il portacenere che stava lb, davanti a lui, sul tavolo, e tirarglielo in testa. Il gesto d eloquente. La confidenza di quel prete aveva toccato a tal punto il 98

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vescovo nelle proprie inceftezze riguardo al celibato, che fu pre-

so da una vera e propria vertigine e non pot6 reagire che con quel gesto di panico. Ecco un celibato giustificato e difeso dalla sola"forzad'urto". Si ffatta evidentemente di un modo di fare, non sempre efficace peraltro, ma non B certamente la buona novella annun ciata dall' evangelo. Owiamente un accompagnatore un tantino accorto non reagirebbe come quel vescovo, neppurc se la confidenza dell'altro avesse scatenato un vero trr*rito denffo di lui. t troppo ed.rcato per affivare a tanto, troppo alla propria immagi^ttaccato ne di buon accompagnatore. Si sforzer) quindi di mantenere il silenzio e far) del suo meglio perch6 nessun ratto del suo volto tradisca la ripulsa ola paura che prova inreriormente. i gi) qualcosa. Ma non basta. Senza che lo sappia, infatti, e senza che l'altro sia in grado di esprimerlo chiaramente, quegli percepir) visceralmente il malessere del suo accompagnatore. E sen-

za che questi possa farci nulla. Anche se non proferisce nessunaparola, anche se non abbozza il minimo gesto, l'altro si sentirh respinto, messo in disparte, giudicato. Ogni conversazione, infatti, d per sua natura un luogo di interazione tra la comprensione viscerale e lo scambio discorsivo; ma la prima ts pii diretta nei suoi effetti che non lo stesso discorso. Questa forma di comunicazione cosi ricca permette un livello di condivisione che purtroppo A stato quasi completamente occultato e svalutato nella nostra cultura occidentale, mentre in altre culture essa d tuttora usata e compresa correntemente. L'uomo dell'estremo oriente, per esempio, d culturalmente avvezzo a questo duplice modo di comunicazione. Dice: "Si" con le labbra, ma lascia intendere un alto messaggio per la via non razionale dell'affettivit) profonda. Ogni altro interlocutore che non sia un occidentale non si lascia trarre in inganno e decodifica senza faticir e senza sorpresa il senso dell'informazione trasmessa. L'occi, dentale, invece, d convinto che si tratti di un discorso clopl'ri.r e traduce il proprio disagio in formule sfavorevoli pcr l'olicnrir-


le o I'africano, tacciandoli di menzogna o di ipocrisia. Niente di tutto questo: semplicemente, non padiamo e non ascoltiamo sulla medesima lunghezza d'onda! Il sottosviluppo potrebbe non essere l) dove lo si situa: I'orientale e I'africano padroneggiano un livello di comunicazione che noi siamo ben lontani dall'eguagliare. Questa constatazione d di grande portata per il dialogo di accompagnamento. Piir importanti ancota delle parole di accoglienza o di non gitrdizio saranno i sentimenti, pir) sinceri possibile, di accoglienza c cli non giudizio che noi "proviamo". E bene precisare: "piir sir-rccri possibile"; a nulla servirebbe, infatti, "fat finta", fosse prrre con le migliori intenzioni. Qui siamo per l'appunto in rrt-r canrpo in crri non possiamo forzare nulla, un campo che sfuggc al nostro potere diretto e in cui la nostra capacitd di provare clipcnclc prirrcipalmente dal contatto che siamo stati in grado cli stabilirc c chc "sentiamo" con la sorgente di vita nel pii profondo cli noi stcssi. Nella misura in cui siamo realmente capaci di accogliere l'altro a cluel livello, con tutto il peso di quelle che egli crede siano le stre miserie, una tale accoglienza avrh fin da subito un risultato cstremamente benefico. Tirtto il resto non sarebbe che parvenza di accoglienza e non farebbe che aggiungere una complicazione supplementare a una capacitd di rclazione gi) sufficicntcmente minata. Per descrivere questo atteggiamento di accoglienza incondizionata una scuola recente di psicologia usa il termine "empatia". Questa suppone un po' di piil che l'atteggiamento di "neutraliti. benevola" consigliato da altri teorici del dialogo terapeutico. Implica un'accoglienza della persona in profonditi, piil o meno come d stata descritta qui sopra. E proprio perch6 la persona d stata accolta in questo modo che potr) prendere I'avvio un'evoluzione positiva. L'empatia non d attiva e operante di per se stessa, ma nasconde in s6 una fotza capace di liberare nell'altro un dinamismo che lo f.a camminare verso la guarigione. La migliore descrizione dell'empatia la si ritrova probabilmente roo

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sotto Ia penna di Paolo, allorch6 descrive l'agipe nella Prima letteru ai Corinti: d paziente, buona, non d invidiosa, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male, tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta (cf. rCor r ),4-1). Thnt'd vero che solo I'amore pud guarire. Come gii si d detto, non basta astenersi dal giudicare e dal condannare - "dovresti vergognarti", "dovresti smetterla di comportarti cosi" -, bisogna anche astenersi dal rassicurarc, dall'incoraggiarc, dall'approvare, per 1o meno in questa prima tappa del dialogo. Una reazione di questo tipo, infatti, sarebbe nefasta quanto quella di giudicare e, in un certo qual modo, forse pir) nefasta ancora. Probabilmente questa osservazione sorprender) il lettore. Le ragioni di una tale affermazione diventeranno evidenti pir) avanti, ma d necess atio aLtirarvi l'attenzione gii fin d'ora. Tanto piil che, se al giorno d'oggi siamo meno rentati di colpanolizzare, siamo invece molto pir) esposti, per reazione in senso contratio, alla tentazione di scusare e di rassicurare. Molti accompagnatori o confessori danno talora I'impressione di passare la maggior parte del loro tempo a dispensare "buone parole", del tipo: 'Al giorno d'oggi (sottinteso: dopo il Vaticano II) questo non d pir) ritenuto peccato; del resto lei non avrebbe avuto il tempo di acconsentirvi; sicuramente lei non era pienamente libero, n6 perfettamente cosciente; eccetera". Parole che a prima vista possono apparire rassicuranti e pacificanti ma che in realt) non sono veramente liberanti, poich6 rimandano sempre f intedocutore alle categorie del permesso e del proibito, facendogli credere che, nonostante tutto, d in regola, e di conseguenza meritevole della nostra stima e del nostro amore. Rassicurandolo in tal modo, non si fa che ruftoruarc 1o schema inconscio di cui soffre da cosi lungo tempo, e ciod la supposizione che per essere degni di stima e di amore bisogna essere "in regola". Ogni parola che andasse in questo senso non sarebbe che un buco nell'acqua, anzi non farebbe che consolidare

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suo malessere e

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suo blocco.


D'altronde l'intedocutore non b per nulla venuto a chiedere un certificato di buona condotta, anche se talora pud dare questa impressione. Non appena l'accompagnatore si dh da fare per rilasciargliene uno, non b pir) in grado di aiutarlo veramente. Ancora una volta: cid che l'altro desidera profondamente, cib cui aspira inconsciamente, ma con tutte le forze, B di essere riconciliato con se stesso, e pii particolarmente con quella zona piir oscura e pit confusa di s6 in cui non discerne che ferite, torti e colpe. Ora, l'unica via che gli resta per aprirsi a questa riconciliazione d la relazione che sta per intessere con l'accompagnatore. E .o-. se, inconsciu-..rt., gli dicesse: "Oh, se almeno tu potessi accogliermi cosi come sono, e continuare ad amarmi nonostante tutto cid che ti confido!". Attraverso questa domanda muta 1'altro si rivolge, in fondo, a Dio in persona. Il compito pir) importante dell'accompagnatore sari in definitiva quello di accogliere l'altro cosi come Dio lo accoglie. Dio non ci dice mai: "Ti amo perch6 sei bello", ma: "Ti amo perch6 sei tu, chiunque tu sia e quali che siano i tuoi peccati e i tuoi torti". Ecco I'unico atteggiamento, al di la di ogni parola, che possa pacificare I'altro e riconciliarlo con le zone pir) oscure della sua personalit), che gli fanno vergogna o pauta: un'accoglienza incondizionata, sinonimo di amore. Un amore cosi, quando b vero, quando scaturisce dal pir) profondo del nostro essere, ts pit che sufficiente. Ogni parola che vi si aggiungesse sarebbe semplicemente di troppo. Trovare una tale misura nel proprio atteggiamento nei confronti della confidenza dell'alro d qualcosa che impegna profondamente colui che ascolta e pub diventare per l'accompagnatore I'occasione di una presa di coscienza dolorosa delle crepe della propria psicologia. Una presa di coscienza che pud divenire estremamente feconda a77a ltnga. Ma ritorniamo al caso limite del superiore ecclesiastico che tira un portacenere in testa al presbitero che viene ad annunciargli il proprio abbandono dello stato clericale: contrattaccando con una tale violenza egli

tradisce la propria angoscia di fronte allaferita che gli b appena stata tivelata nell'altro. Ma, attenzione! L'accompagnatore che, anzichl contrattaccare in tal modo, non cercasse altro che rassicurare, si troverebbe esattamente nella medesima situazione del primo. Cambia solo la tattica adottata. A sua volta, con questo suo bisogno di rassicurare, prova che non d in pace neppr"rre lui con i propri desideri. k buone parole che egli prodiga all'altro gli servono attanqulTlizzare se stesso, oltre che a rassicurare colui che intende accompagnare. Neppure lui d veramente in grado di ascoltare e di accogliere cid che l'alro viene a confidargli. In entrambi i casi l'obiettivo inconscio B lo stesso: fermarc a ogni costo la messa a nudo delle ferite del partner. Differiscono solo le tattiche adottate: in un caso si tira un portacenere in testa all'interlocutore, nell'altro si occulta la sua ferita profonda e se ne minimizzala gravitd, annegandola in un fiume di circostanze attenuanti. L'accompagnato uscir) dal dialogo in rivolta,

come nel primo caso, oppure momentaneamente tranquillizz^to, m senza che il problema di fondo sia stato minimamente affrontato. In un caso come nell'altro il dialogo si rivela fallimentare. L'ascolto e l'accoglienza incondizionata dell'altro nel dialogo, l'empatia, possono spingersi infinitamente pir) lontano. Proviamo a ritornare un attimo a quanto d stato detto nel capitolo precedente a proposito della situazione di transfert in cui accompagnatore e accompagr'ato si trovano implicati insieme. I-o si voglia o no, il transfert c'd, lo sappiamo. Ora, l'accompagn^to non pud non servirsene per ripetere, all'interno del transfert, lo scenario quale d stato descritto pir) sopra. l,o far) assegnando un ruolo ben preciso all'accompagnatore: quello di padre, di madre, di amico, di amante, ecc. Cosi facendo, egli di peraltro la prova che in un primo momento l'ascolto ha funzionato correttamente. E stato un ascolto che "ha lasciato dire", cosicch6 lo scenario, abitualmente dissimulato sotto le repressioni e i travestimenti pir) svariati, d potuto emergere. Come abbiamo vi-

ro)


sto, questa d un'occasione favorevole, ma iI ruolo dell'accompagnatore sifa a questo punto piir delicato da gestire. La sua posizione, infatti, appare paradossale: egli ts in pari tempo colui che ascolta a distanza e colui che fa parte dello scenario, colui che mosra neutralit) e colui che d implicato fino al collo in un ruolo. Egli deve tuttavia mantenere a ogni costo le distanze, fino a farsi quasi assente. Nel ruolo che I'accomp^gfia' to gli assegna all'interno del proprio scenario non c'd, per cosi

dire, strettamente nessuno. Ma questa assefiza deve al tempo stesso manifestare una presenza, poich6 il rifiuto dell'accompagnatore di entrare nel ruolo che lo scenario vuole assegnargli significa piil profondamerltc che c'b pur tuttavia qualcuno. Questo qualcuno, perd, I talmentc consistente e reale che rifiuta di lasciarsi ridurre al ntolo prograntmato in precedenza dallo scenario. E chi rifiuta, pcrch6 lo [a-/ Semplicemente perch6 ama. Ama non di quell'amore narcisistico che l'accompagnato vorrebbe ricevere a proprio vantaggio tramite lo scenario e il transfert, ma di un amore "altro", l'ltnico vefo, ancora ignorato dal1'accompagnato.

Il

ruolo che l'accompagnato attribr-risce all'accompagnatore all'interno del proprio scenario pr,rd esscre positivo o negativo. L'accompagn torc diventer) tutt'a un tratto o sommamente amabile o perfettamente odioso, e talvolta le due cose di seguito, a brevissima scadenza. Bisogna al tempo stesso accogliere questo ruolo e mai soccombervi. In ogni circostanza, colui che ascolta rester) imperturbabile. Se d oggetto di amore, non prenderi per s6 l'amore offerto. Se b oggetto di odio, sar) da parte sua senza odio e senza turbamento, costante e imperturbabile nel proprio atteggiamento. Un atteggiamento che sar), molto semplicemente, di prossimith nei confronti di colui che vive, con lui, un passaggio, una pasqua, molto faticosa. Essere imperturbabile non vuol dire essere indifferente . Anzi, E necessario piir che mai quell'amore particolarissimo che d immanente all'ascolto e al ruolo dell'accompagflatote, che ne costituisce ad]io4

dirittura il fondamento segreto, e senza il quale l'ascolto resterebbe senza frutto. E di tal. amore che l'ascoltato si nutre per passare all'altrariva, verso la quale lavita, finora bloccata in lui, chiama. Come si vede, l'ascolto-accoglienza cosi inteso supera 1'ascolto puro e semplice, I'ascolto che si suppone "neutro". Esso non

1o

d mai interamente

"neutro", come vorebbero certuni. Ma, an-

cora una volta, cib non significa che chi ascolta soccombe al ruolo che gli si vorrebbe far svolgere all'interno del transfert. Egli deve semplicemente accogliere e, una volta fatta questa accoglienza, quando b venuto il momento, prende la risoluzione di sottrarsi. Sviluppa cosi una forma particolarissima di presenza, che d in grado di spezzare la malia fatale dello scenario in cui I'accompagnato vorrebbe trascinarlo. Si, egli b presente, ma in quanto "altro", con tutta la consistenza del suo essefe autonomo, libero e pienamente responsabile. Scrive Maurice Beilet: "E certo che l'ascolto in questo caso supera l'ascolto banalmente inteso. Ascoltare significa essere nel dramma, forse estremo, vissuto da colui o colei che d l); esserci come se non ci si fosse. Ascoltare significa allora darc un altro posto"2.

E proprio l'incontro nell'ascolto, dunque, ma al di th dell'ascolto - bisognerebbe forse dire, meglio: "nel pii profondo dell'ascolto" -, d l'incontro tra una certa qualit) di essere dell'accompagnatore e 1o scenario dell'accompagr,ato che permette di aprire un'alffa storia a quest'ultimo, a condizione che accetti di "passare" all'altra riva. Ascoltiamo ancora la testimonianza di Maurice Bellet: "In tutto cid l'ascolto eccede l'ascolto e chi ascolta si trova imbarcato in un'avventura dove conta cid chc egli d... E questo che agisce, attraverso il suo silenzio accoglicnte e la sua parola ascoltante. Non B lui il protagonista, in ttttto cid che si d ora evocato. Anzi, non ne i neppure coscientc. (liir '?M. Bellet, L'dcoute, Paris r989, p. rr8.


avviene... E du q.r.rt, riva che pub far segno - proprlo attraverso il suo ascolto - per dire che passare d possibile" 3.

Ascoltare i desideri

Cerchiamo ora

di individuare pit in dettaglio alcuni effetti

di questo ascolto, soprattutto in relazione all'accompagnamento spirituale. Poich6 l'elemento primario e pir) abituale di quest'ultimo B l'apertura clel cuore o la manifestazione dei desideri, proviamo a vedere pcr priuta cosa cluali possano essere le conseguenze di un siniile ascolto sr.l (luesto mondo relativamente complesso che sono i nostri clcsiclcri. L'ambito dei nostri desideri o clclle tcndenze che ci abitano d particolarmente delicato da affrontirre . Ognuno presagisce vagamente che la realt) piir profoncla e piil importante sfugge al suo dominio cosciente: cid che conoscc di essa non B che la punta visibile di un iceberg la cui parte nascosta d ancor pit sornionamente minacciosa di quella chc cgli crede di scorgere e che osa affermarc. I trattati classici di n-rorale o di ascetica e mistica aff.rontavano il problema in manicra necessariamente asttatta. Desideri, tentazioni, tendenze erano descritti, classificati. Si cercava di regolarli all'interno di prescrizioni e divieti, e questi talvolta erano anche "tarif.fati" a seconda della gravi th, che talora eru chiamata anche "perversit)". Ma ci si guardava bene dal calarsi nel concreto, rimboccandosi le maniche, se ci si pub esprimere cosi. Come si b gi) ricordato sopra, si inventavano persino dei personaggi immaginari e li si caricava dei difetti o dei peccati in questione. Raramente si trattavano casi

)

ro6

lbid.,p. tzo.

reali, che sarebbero stati di ben altra complessith e scomodit). In una parola, non ci si sporcava Ie mani. Fino a un'epoca molto recente, le parti dei trattati di morale ritenute pir) delicate erano scritte unicamente in latino e insegnate in quella medesima lingua, talmente le parole di tutti i giorni parevano una minaccia o erano viste come assolutamente sconvenienti per descrivere certi fatti. Gli stessi corsi erano per prudenza titatdati al limite del ragionevole: attorno all' antivigilia dell'ordin azione. Nei seminari francesi questi corsi erano chiamati "diaconali", poich6 erano strettamente riservati ai diaconi. Era un ritardo che rispondeva a un oscuro bisogno di proteggersi? Forse. Indubbiamente ci si rendeva anche pit o meno conto che un enunciato di morale, pur restando necessario per molte ragioni, non possiede nessuna autentica presa sulla realt) dei desideri. La sua efficacia d in effetti limitata, e addirittura contestabile, dal momento che un tale enunciato rischia di produrre effetti perversi, non appena d sentito come repressivo, o colpevolizzante. Come spesso B accaduto, purtroppo. Il mondo dei desideri non d un mondo chiaro e semplice. I nostri desideri vi si aggrovigliano in un modo complesso e sottile che bisogna saper guardare con un certo umorismo. Essi sembrano sdoppiarsi, trascinarsi a vicenda, dissimularsi dietro altri desideri. Un desiderio pud nasconderne un altro, all'infinito. Per di pir) noi siamo vagamente coscienti di ignorare i nostri desideri pii segreti. La nostra cultura ha fatto sufficientemente proprie le principali acquisizioni della psicanalisi, cosicch6 noi siamo non poco irritati allorch6 un lapsus qualsiasi - parola o gesto "mancat7" - sembra tradire in noi dei desideri che non oseremmo a nessun costo ammettere, neppure a noi stessi. Il motivo di tutto questo d semplice: non solo questi desidcri sono difficili da identif icare, ma sovente sono tali proprio perch6 sono difficili da ammettere. Il mondo dei nostri desiclcri infatti suscita in noi una folla di altri sentimenti che faccittnr,r fatica a controllare. In testa a questi sentimenti vengono lrt vc,rr()7


I

gogna e il senso di colpa. Se c'd un ambito in cui il senso di colpa regna sovrano, d per l'appunto quello dei desideri. Perch6 l'apertura del cuore e 1o stesso sacramento della riconciliazione risultano cosi difficoltosi a parecchie persone? E perch6 vi si sentono particolarmente esposte alla tirannia di queste vergogne che pesano su di loro al punto da deformare gravemente il significato dei loro desideri e dei loro atti. Abbiamo a che fare qui con un ambito in cui colpa, peccato, senso di colpa, desideri, tentazioni, cattivi pensieri si ffovano particolarmente aggrovigliati. Poich6 costituiscono il terreno privilegiato dell'accompagnamento spirituale, vale la pena che ci si soffermi un poco. In realt) il discernimento tra il bene e il male non B sempre facile da operare. Non il male oggettivo, a proposito del quale, come si b detto, la teologia morale d in grado di dire cose valide, bensi il male soggettivo, il male di quella persona concreta, e la responsabilit) individuale che vi si trova coinvolta. In questo campo si impone una prudente presa di distanza prima di giudicare. Come dice il titolo di un libro che ha gi) i suoi anni ma d rimasto famoso, "le virtr) dei vizi e i vizi delle virtr)"a esistono, eccome. Il vero bene di una persona non ts infallibilmente quello che si presenta con questa etichetta, poich6 un desiderio deformato o ripiegato su se stesso pub benissimo travestirsi da bene e apparire come tale a un primo sguardo superficiale.

Cid vale tanto per il bene quanto per il male. Quest'ultimo b ancor pii difficile da smascherare, in ogni caso molto piir difficile di quanto certi censori dei costumi lascino intendere. "I1 male pud travestirsi da bene", si dice; e "un lupo pud travestirsi da agnello", ricordava Gesri (cf. Mt 7,r5). Ma bisogna andare oltre. Si pud dire che qui sulla terra, diero ogni apparenzadi male, si nasconde un bene. Intendiamoci, si tratta per l'appunto di un'appatenza di male, o di un male parziale. Sarebbe pena

P. Chauclrard, Vitcs dcs ucrtus cl ucrtus

ladies de la ueftu, Paris t96o.

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tlcs uices,

Paris

r96;

cf .

A.

Berge,

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ma-

sabile, del resto, incontrare il male assoluto tra uomini o in un uomo? Il male allo stato assoluto non esiste quaggiil. Se esiste da qualche parte, d all'inferno. Tra uomini, in un uomo, niente B cattivo in modo irrecuperabile. In ogni uomo, per quanto sfigurato possa apparire allo sguardo, sussiste un bene che d sempre importante liberare e valorizzare. l,o stesso si dica dei suoi desideri. Sotto i desideri e i bisogni piir strani, a volte piir "rocamboleschi", si nasconde sempre un bisogno vero, un desiderio talora profondo e assolutamente vitale. Questo desiderio, di solito, non B stato valorizzato e onorato quando sarebbe stato necessario. E stato invece represso, rimosso. Oggi attende ancora di essere liberato, e forse anche di essere esaudito. Il male, si diceva, sovente non B nient'altro che un bene o un desiderio travestito. Ora, se vi d male, almeno psicologicamente parlando, esso si situa precisamente in questo travestimento. Non d mai nel desiderio preso in s6, che d sempre fondamentalmente buono. Parlare di certi desideri che sarebbero essenzialmente "buoni" e di altri desideri che sarebbero essenzialmente "cattivi" significherebbe mutuare uno schema manicheo e sup-

porre che esistano, nell'uomo, un principio e delle forze che non verrebbero dall'unico Creatore. Ora, se il male provvisorio consiste quaggir) nel travestimento o nella distorsione del desiderio, sar) importante sbarazzare quest'ultimo dal suo travestimento, raddrizzare questa distorsione che 1o snatura. Se una tale operazione potesse riuscire - non lo d mai interamente -, cid che resta allora del desiderio si confonderebbe con il bene. Or dunque, il bene che si nasconde diero il desiderio apparenLc:mente "cattivo", questo bene merita sempre di essere preso irt considerazione e onorato nel suo giusto valore. Di pir): cid clrc vi b di bene in questo desiderio merita di essere esaudito, irr ttttala misura in cui B ancora possibile. Non ci sono desideri essenzialmente cattivi o chc s,trcblrt'n, unicamente il risultato di un'azione diabolica. Sc i clcsitleli si presentano a volte sotto forme un po' stfane o spit'tgtltrtl il ('()tlt


portamenti che con tutta evidenzahanno qualche legame con il cosiddetto peccato, d semplicemente perch6 non sono bene "a posto", d perch6 sono "male ordinati" (direbbe Bernardo). Ora, f insieme dei desideri non pud essere ordinato e messo a posto - potremmo dire anche: "strutturato" - se non dall'amore. Solo un amore vero ordina i desideri. E se la maggior parte delle persone, per non dire all'incirca tutte, soffrono di desideri che ritengono "disordinati", d perch6 noi siamo degli esseri pii o meno feriti, degli handicappati dell'amore. Ogni desiderio pud diventare pericoloso unicamente nella misura in cui non d stato orclinato da un grande amore o non d stato sufficientemente esar.rdito nel piii profondo dell'essere umano; nella misura, inoltre, in cui, per cosi dire, ha fatto "gruppo a parte" e ha potuto intraprenclere una corsa indipendente e un po' folle, alf interno dello psichismo; nella misura, soprattutto, in cui serve da travestimento a un clesiderio pit profondo, a un desiderio vitale che non d mai stato ancora preso sul serio e onorato come meritava. Invece, una volta che si b messo a nudo il desiderio fondamentale - che d sempre desiderio di un assoluto d'amore - con la sofferenza della frustrazione inerente al suo non esaudimento, una volta soprattutto che qLresto desiderio ts stato valorizzato ed esaudito, per quanto d ancora possibile, i mille piccoli desideri apparentemente cattivi che gli servivano da esca perdono il loro potere di fascinazione e non sono piil provati come una "vertigine" quasi irresistibile o come "pericolosi", contrariamente a quanto sembravano essere prima. Come pub il desiderio fondamentale essere ancora esaudito in tutta la misura del possibile, come si d suggerito? E qui che laforza di amore - questo "strano amore" di cui parlava Maurice Bellet' - che si manifesta all'interno della relazione di accompagnamento deve svolgere pienamente il suo ruolo, un ruo-

t M. Bellet, L'dcoute, p. tz7.

IIO

lo che si pud chiamare "di guarigione" o "terapeutico". Se, tra uomini, il male troppo spesso non B che un bene "sfasato", un desiderio buono ma travestito, b perch6 quest'ultimo non E ancora stato sufficientemente esposto al calore di questo sole chiamato amore vero. Solo il calore di un amore vero B capace di ruddrizzare a poco a poco la distorsione del desiderio e di permettere al vero bene di manifestarvisi. E infatti il bisogno di amore che ordina tutti gli altri desideri, poich6 tutti i desideri si riducono un giorno a quella che ts la loro fonte permanente: questo desiderio pir) profondo in ogni uomo, che ts il bisogno di essere pienamente e incondizionatamente accolti nell'amore. Solamente una certa pienezza di amore d in grado di sffutturare tutti gli altri desideri e di metterli al loro vero posto. E l'esperienzadiuntale amore, inoltre, ed essa sola, che render) possibile, un giorno, una rinuncia feconda e fruttuosa. E una conseguenza che ci interessa direttamente, perch6 il campo della rinuncia a certi desideri fa pate della zona di competenza del discernimento e dell'accompagnamento spirituale. Una persona indotta a rinunciare prematuramente a certi desideri ancora male ordinati, aggrovigliati tra loro e che servono ancora da travestimento o da esca ad altri desideri ben pitr vitali e importanti, rischia, con una rinuncia del genere, di rimuovere anche il bisogno vitale che si nasconde dietro a essi. Se questi desideri, peraltro, appaiono cosi affascinanti o cosi minacciosi, d perch6 in essi si cela qualcos'altro di ben pii importante; sovente qualcos'altro a cui nessuno pub, strettamente parlando, rinunciare senza correre gravi rischi. Nel caso di una tale rinuncia "prematura", la persona in causa non E aflcora in grado di ri nunciare in tutta verit). Anzi, con il pretesto della rinuncia, rischia di amputarsi. A sua insaputa e nonostante una reale generosith, essa "scotomizza" - per usafe il termine tecnico - Llnir parte fondamentale del suo essere. Il risultato di una simile operazione, malgrado le buone intenzioni di cui si fa sfoggio e il fervore che vi si dispiega, resta di fatto altamente aleatorio, pcr


non dire francamente dubbio. Il desiderio vitale cosi rimosso continueri a lavorare nell'inconscio e non tarder) a riapparfue sotto altri travestimenti, in forme semprc pir) sottili o ridicole. Fintanto che il desiderio vitale non avrh saputo distaccarsi dai suoi travestimenti accidentali, e tutti gli sforzi della persona si concentrano sui travestimenti anzichâ‚Ź sul fatto di ascoltare, riconoscere e accogliere il proprio desiderio vitale, quest'ultimo continuer) a esercitare la sua pressione e addirittuta aprovocare devastazioni tramite i travestimenti. Nel caso, invece, di una rinuncia veramente positiva, d il contrario che avviene. Questa presuppone che si sia innanzitutto lasciato affiorare il desiderio alla coscienza e che se ne sia presa conoscenza, pacificamente e oggettivamente. Quale che sia, questo desiderio non d mai "cattivo", ed d bene che lo si possa guardare infaccia, tranquillamente, senza pautama anche senza nessuna temerariet), che 1o si possa riconoscere come proprio, come facente parte di se stessi ed eventualmente della propria crescita, qualora la persona in questione scegliesse di esaudirlo. In un certo senso, la persona avrh bisogno innanzitutto di essere pienamente riconciliata con questo desiderio. Nella maggior parte dei casi cid non potr) effettuarsi se non sotto lo sguardo di un altro, purch6 sia uno sguardo di amore; di un altro che accolga, autotizzi, prenda in considerazione, confermi, senza condizioni. L'aver guardato questo desiderio insieme, con uno sguardo d'amore, permetter) di stanare tutto cid che nascondeva ancora in s6, a sua insaputa, tutte le storture e i ripiegamenti. L'amore che questa persona ha cosi sperimentato pud ruddrizzare a poco a poco le contorsioni del desiderio, sffappare la maschera, liberare un bisogno di amore molto pir) fondamentale, che nessun travestimento poteva esaurire o onorare, e che comunque d chiamato a essere esaudito, un giorno, al di lh di tutto cid che essa per il momento pub desiderare coscientemente; un bisogno di amore che, nella misura del possibile, merita, gld sin da oggi, di essere esaudito. Di colpo, il desiderio su-

il suo carattere affascinante, compulsivo, irresistibile. Se la vertigine del desiderio, infatti, d cosi forte, d perch6 questo si b identificato con un desiderio piir vitale che , dal canto suo, B propriamente irreprimibile. Non appcna clrrcst'ultimo B stato liberato e sufficientemente esarrclito, diventa possibile, anzi relativamente facile, rinunciarc in pacc al clcsiclcricr superficiale , sefiza farsi male. Si d ormai capaci di rinunciarc senza mutilarsi o distruggersi. Poich6 si rinuncia cosi per amore, o per un inizio di amore, lo si pud fare nella gioia, e nel contempo crescere in umanit). Sono sempre l'amore e la gioia che comandano la rinuncia. La forma di amore a cui una persona rinuncia Tatenta realmente - perch6 no? -, ma essa pud tuttavia rinunciarvi in piena libert), avantaggio di un amore provato come pir) urgente, poich6 il primo non la affascina pir) cosi tanto: ha perso il suo carattere compulsivo, poich6 il desiderio vitale che si celava dietro a esso d esaudito altrove, e in manierainfinitamente pir) gratificante. Fred Blum cosi commenta Ie parole di Gesr) in Mt 16,24-26 sulla necessit) per il discepolo di Gesi di perdere la propria vita per trovarla: perficiale perde

Queste parole sono paradossali: perdere per trovare, ricevere donando. Perch6 un consiglio del genere possa avere un senso, bisogna prima aver trovato cid che ci d chiesto di perdere. Impossibile perdere cid che non possediamo. Bisogna innanzittttto che sviluppiamo un "io" sufficientemente forte e che ci troviamo sulla srada di un'autentica crescita di noi stessi, prima di essere in grado di prendere la nosta croce per seguire Gesil. Fintanto che queste condizioni non sono rcalizzate, noi ... non potremo mai trovare nulla perdendo. E necessari<r che abbiamo raggiunto una tappa del nostro sviluppo in crri ... ci sia possibile ftovare il nostro vero "io" perdendo trrttc le tendenze e qualit) che sono incentrate sull"'ego" anziclr(. essere incentrate sull"'io" autentico. Il modo in cui l'irrvito a "perdersi" d stato compreso nell'epoca vittoriana, c s()ven


te ancora al giorno d'oggi, era tragico, e produceva

spesso

esistenze ruttrappite anzichl pienamente reaTizzate. E sattamente il contrario di cib a cui si credeva di mirare. k radici di questa tragedia affondano in una concezione dell'egoismo e dell'altruismo che non faceva distinzione traT'io autentico" e l"'io superficiale" ... Essa riteneva dunque che un interesse per la propria crescita personale fosse in opposizione a un interesse per gli almi. Si proponeva quindi una scelta esclusiva, autaut, e non l'esperienzadiun dare che B nel contempo un ricevere - paradosso che gid era stato espresso nella richiesta della Bibbia di amare il prossimo come se stessi (cf. Mt zz39) -. Bisogna che noi amiamo noi stessi rispondendo in verid all'appello di sviluppare tutte le possibilit) che Dio ha messo in noi, perch6 diveniamo il genere di persona che egli ha voluto che noi fossimo. Ecco, d questo il fondamento di un amore che si d), e attraverso il quale noi, anzich6 perdere donando, riceviamo piii di quanto diamo. Il dare agli altri"da77'abbondanza del nosffo cuore" ci aricchisce arricchendo gli altri. Un tale amore d il sigillo che autentica la verit) della nostra umanit), il test decisivo della salute6.

Gli unici criteri di una rinuncia feconda sono l'amore e la gioia. E prima di tutto la gioia, perch6 essa sgorga dall'amore e non pub pii distaccarsene. Questo B anche il criterio ultimo posto da Benedetto per permettere a un monaco di aggiungere qualcosa alla propria ascesi abituale durante la quaresima: che sia capace di farlo nella gioia dello Spirito santo, "cum gaudio sancti Spiritus offerat Deo" 7. Solamente la nostra gioia pir) profonda permette un vero discernimento dei nostri desideri. Solo essa pub autenticare la

6

rinuncia.

F. Blum, Dcpth Psychology, pp. z7-28. '1RB 49,6.

ar4

DUE ISTANZE INTERIOITI: IL CENSORE

Ci stiamo ormai inoltrando nella strategia concreta, per cosi dire, dell'accompagnamento spirituale. Dopo aver preso conoscenza della situazione di transfert, dei suoi rischi e delle sue possibilit), abbiamo analizzato le qualit) di accoglienza e di ascolto che devono presiedere a ogni apertura del cuore; ascolto attento, talmente denso, talmente cafico di presenza e di amore da diventare attivo, efficace. A questo punto dell'analisi saranno oggetto di una descrizione dettagliata due componenti dell'accompagnamento spirituale, due elementi che intervengono tanto nell' accompagnatore quanto nell' accomp agnato. Essi fanno intrinsecamente parte dello scenario dell'uno come dell'altro. Percib interferiscono immancabilmente con la situazione di transfert all'interno della quale ha luogo il dialogo di accompagnamento. Essi esercitano una certa "autorit)", uno strano "potere", quasi sempre inconscio, sullo psichismo di ognuno dei due. Questa particolarith fa di loro delle istanze reali. Per usare delle immagini, questi due elementi o istanze si presentano a noi come un "censore interiore" e uno "specchio interiore". Come si vedr) pir) avanti, queste due istanze sono vicine l'una all'altra, si comandano a vicenda, ma non si identificano interamente, dal momento che i rispettivi ruoli rimangono in genere ben distinti nell'evoluzione di una psicologia concreta. Al pari della situazione di transfert e dello scenario, clucstc due istanze non costituiscono per nulla delle "anomalie" cli cui


bisognerebbe sbarazzarsi. Al contrario, sono strutture normali, inerenti a ogni psichismo sanamente costruito, senza le quali nessuno potrebbe vivere o respirare psichicamente' Soio che il loro p.ro .rrentuale o il ruolo che finiscono per assumere.abusiurln.rrr. possono, in certi casi, diventare talmente esorbitanti d,a f.ar si ch. esse arrivino a perturbare I'evoluzione normale della persona. Pii che di una perturbazione, in certi casi estremi, ma non eccezionali, pub trattarsi di una vera e propria paralisi dello psichismo che, salvo un miracolo della grazia sempre possibile, ritarda o compromette gravemente la crescita spiiituale. E irrdirp.rrrabile non solo conoscere la loro esistenza,

ma anche avere di esse una certa esperienza concfeta, in se stessi come negli altri. A nulla serve riuscire a "sorprendere in flagrante delitto" il proprio censore o il proprio specchio interiore oppure quelli dell'interlocutore.

E questo tanto pir) che - bisogna ridirlo con insistenza -, ul puri del transfert e dello scenario, queste due istanze interf.rir.ono continuamente nel dialogo spirituale, e ugualmente nell'ascolto, anche se noi vorremmo che questi ultimi fossero obiettivi e distaccati. Inutile nascondercelo: quando pretendia' mo di accogliere le confidenze di un alro, noi compiamo una sorta di ,.uiro e penetriamo nel territorio che d abitualmente riservato a queste due istanze; d il loro luogo proprio, nel senso stretto del termine, e su di esso hanno la pretesa di esercitare un tranquillo dominio, per non dire un'autentica tirannia' Desideri, tentazioni, atti buoni o cattivi, onest) o disonesth, virttt o ,riri, q.,.rt" due istanze sanno perfettamente di c6e si tratta, e non possono che reagire pii o meno violentemente, pii o meno sottilmente, ma il pit delle volte molto efficacemente, contro l,indebita intrusione di un terzo interlocutore che si vorrebbe accogliente e si dice "neLttro" dinanzi a un ambito che esse hanno gi) da tempo classificato e giudicato. quanQueste due istanze possono svolgere un ruolo analogo do si tratta di Dio, o piuttosto dell'immagine che ognuno si b rl.6

costruito di Dio e che sovente non B altro che un "idolo" pir) o meno riuscito, alla cui elaborazione esse hanno collaborato attivamente. Si tratta dei nostri "falsi ddi", e bisogna sapere che, si, esistono realmente per noi, e non d facile farli sloggiare. Sono idoli fabbricati dal nostro inconscio "a iurmagine e somiglianza" di cid che noi siamo, ciod clell'rronro. Ttrtto questo prende corpo dunque in un fenomeno di proiezione che mima sotto forma di antitesi la creazione dell'uomo da parte di Dio. Siccome queste due istanze tengono molto al loro ruolo o, meglio, siccome noi ci teniamo molto senza saperlo, uno dei problemi fondamentali di ogni ascolto di accompagnamento sar) quello di identificarle e di neutralizzarle nel miglior modo possibile. Il vero Dio, infatti, si trova al di l) o al di qua di questi idoli, mai al posto che essi occupano abusivamente.

II censore interiore La prima istanza che incontriamo sul nostro cammino d stata chiamata il "censore interiore". Questi non e senza connivenza con i nostri idoli, perchd anch'egli si situa ed entra in azione proprio in quello spazio in cui noi siamo chiamati a restare in ascolto di colui che abbiamo chiamato il "Maestro interiore". Ma chi E, o che cos'b questo "censore interiore"? Nell'inconscio di ognuno di noi si b operata, sin dalla primissima infanzia, una sorta di cristallizzazione delle tracce e degli echi lasciati da ogni autorith che si d esercitata a nostro riguardo. La psicologia la chiama "super-ego" o "super-io" ,istanza interiore che svolgc

un ruolo importante non solo nella vita di ogni essere umAno, ma anche nell'elaborazione progressiva di una cultura conrrur(' e della morale che ne consegue.


I Questa cristallizzazione B il frutto di un processo complesso, poich6 vi si trovano come raggruppati ogni sorta di echi: l'eco degli ordini e dei divieti che ci sono stati rivolti; l'eco delle punizioni di cui siamo stati oggetto; l'eco delle colpe di cui siamo stati accusati. E evident. .hi questa istanzainteriore mantiene un legame particolare con i ricordi inconsci che ognuno ha conservato di suo padre, soprattutto se costui ha svolto il ruolo che un padre svolge normalmente nella vita del figlio, se ciod gli ha dettato di persona i primi divieti importanti e costitutivi della sua personalit). Si tratta di un fenomeno non solo normale, ma altamente auspicabile. Il padre qui si rivela pienamente padre, e latraccia del divieto, se questo d accolto e assimilato nell'amore, segner) per sempre la psicologia del figlio. Le tracce dell'autoriti patetna non sono le sole determinanti. Altre autoriti si sono succedute a quella e hanno continuato a plasmare f identit) particolare del censore interiore. E quurrto avviene innanzitutto per il ruolo della madre che, in una certa misura, ha potuto soppiantare nel suo ruolo un padre piil o meno scialbo. C'd inoltre tutto cid che un giorno ha preso forma di autorith nella vita del bambino e dell'adolescente: insegnanti, educatori, presbiteri e direttori spirituali, padre maestro, superiori religiosi, eccetera. Ormai tutto cib che nella vitaha a che fare con la virtr) o con il vizio, con la correzione esterna o con la buona cteanza, si trova praticamente sotto il controllo, inconscio, beninteso, del censore interiore. E lui che, ancora oggi, vieta certe cose, ne valuta altre ("questo B buono", "quesdo d cattivo"). tlora impedisce di agire, si adopera per far fallire, oppure minaccia, alimenta la paura. Arriva anche a punire, a rifilare qualche bello schiaffo morale. Soprattutto sapr) suscitare e alimentare certi sensi assai vivi di vergogna e di colpevolezza. Prima di essere attivo in ognuno di noi, il censore interiore 1o d anche nella cultuta dell'ambiente e nella morale che questa secerne. Inolme, prima di essere sotto il controllo del proprio censore interiore, ognuno di noi d gi) stato plasmato, per cosi di-

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re, dal censore, presente allo stato diffuso, nella cultura in seno alla quale d *esciuto. ogni cultura possiede il proprio modello

di perfezione, un modello che, r.ppur sempre ,iqrunro influen_ zato, almeno in occidente, da una lunga tridizione cristiana, rimane tuttavia, per l'essenziale, pagano, quale che sia ia vernice "evangelica" di cui pud essere ricoperto. eu.rti modelli sono al giorno d'oggi estremamente mobili ed evolvono molto pii rapi_ damente che per il passato. II fatto d, perd, che il nos*o ir.o.,_ scio rester:i per sernpre segnato dal modello di perfezione do_ minante al tempo della nos*a infanzia. D,altraparte, il nostro inconscio si svilupper) in stretta dipendenza da quelliche furono i modelli dei nostri genitori e dei nostri educatori. Divenire coscienti dei modelli di perfezione che sono propri della nosrra epoca, e ai quali noi necessariamente ci conformiamo, sorpren_ derne le tracce nei nostri stessi ideali, sentimenti o reazioni spontanee, pud essere,un elemento importante, propizio a ogni discernimento spirituale. E evidente inlatti .h", .ro.rortrrrr. .l.rte apparcnze, ci sar) sempre uno scarto percettibile tra quei mo_ delli di perfezione legati a un certo tipo di cultura. tn ,o.rtiia secondo l'evangelo. Che Io vogliamo o no, il nostro cuore na_ sconde qualche piccolo idolo davanti al quale non cessiamo di bruciare il nostro incenso, e che un ,..o*pugrrmento spiritua_ le deve progressivamente aiutare a smascherare. Di questo modello di perfezione, ereditato dala curtura in cui viviamo, Ia nostra psicologia si impossess a,lo ad,attae lo affina a proprio uso, costituendo in tal modo un proprio censore inre_ riore del tutto originale e particolare, totalmente a nostro serviziol Con un po' di esperienza b relativamente facile riconoscere la sua presenza e discernere i suoi interventi nei discorsi e com-

portamenti di chi ci sta di fronre, nel corso di un dialogo. La

relazione che si intrattiene con il proprio censore si tradisce in mille modi, e ininterrottamente. pensiamo allo scenario o al trans fert che, a detta di Lacan, d 7a " rivelazione dell'inconsci. " . A I 1o stesso modo

la relazione con il censore interiore si manifcstrr I l(.)


nella maniera di affrontare l'accornpagnatore, di salutarlo o di ignorarlo, di smingergli la mano o di tenerlo a distanza, di prendere la parola o di rinchiudersi in un mutismo , di piazzatsi sulla sedia o di restare in piedi; in una parcla, nel modo di situarsi concretamente nella rclazione con l' accom pagnatore. Ma il censore si madisce soprattutto nel vocabolario usato. Molte formule stereotipate, di uso corrente, servono sovente a introdurre una manifestazione per cosi dire "in diretta" del censore e delle sue esigenze: 'Avrei dovuto ...", "Non mi d permesso di ...", "E impensabile che ...", "Dovrei vergognarmi di ...", "Ho mancato a tutti i miei doveri irr...", "Vogliate scusarmi di ...", "Ho paura di ...", "fbmo di ...", eccetera. E si potrebbe allungare la lista. Nessuna di queste formule B neutra. Esse sono sempre implicate in una situazione di transfert inerente a ogni relazione umana: pretesto oggettivo per ogni esteriotizzazione del censore interiore. 11 luogo privilegiato dell'accompagnamento spirituale favorisce queste incursioni del censore nel linguaggio corrente e gli offre come un luogo-specchio in cui coficretizz^rsi. Il fatto di trovarsi di fronte al proprio accompagnatore non pud che risvegliare nell'accompagnato tutti i sentimenti che, in lui, sono connessi con il profilo del proprio censore interiore. E appen a apre la bocca, non pud non esprimerli, sia per difendersi da essi e dunque per rigettarli in blocco, sia, al contrario, per sposarli quanto pir) docilmente possibile. Si potrebbe illustrare Ia cosa con un esempio. La relazione con il censore interiore si tradisce in modo particolarmente evidente nella reazione spontanea che untt persona prova al volante della sua auto allorch6 un agente di polizia le fa segno di fermarsi per un controllo stradale. Queste reazioni possono essere molto diverse. Una vampat^ di colpevolezza, pet esempio: "Che sbaglio ho mai potuto commettere?". Oppure un bisogno incoercibile di conquistare la simpatia dell'agente: "Si, signore"; "Cefto, signore"; "Assolutamente d'accordo, signore". Pub prevalere, invece, un sentimento contrario: un rigetto violento, che

pub tradursi in un'imprecazione, e spingersi fino al tcntativo di fuggire o di forzare il blocco stradale. Sono reazioni normali. Possono in parte spiegarsi con il lavorio di confronto psicologico, inconscio, tra il censore interiore e l'autoriti che gli strr cli fronte, che pud arrivarc a un'assimil azione pura e semplice dcll'uno da parte dell'altro. In quest'ultimo caso, saranno la st<lria dell'autorith nella vita dell'individuo e i senrimenti che I'accompagnano a dettare tali reazioni impulsive. Questo esempio tratto dalla vita quotidiana non differisce, fondamentalmenre, dalle cristallizzazioni reazionali che si operano nel corso dell'accompagnamento spirituale. E all'opera un inevitabile lavorio di identificazione: l'accompagnatore assume a poco a poco i tratti del censore interiore. Questa identificazione b al tempo stesso favorita ma anche in parte complicata dal fatto che, all'interno della relazione, viene attivato un censore interiore non solo nell'accompagnato, ma

anche nell' accompagnatore. i i.po.turrte, evidenteri..rt", .h. l'accompagnatore se ne renda conto e che abbia un po' di familiarit) con i tratti del proprio censore interiore; i due censori, infatti, non possono non entrare in dialogo, e sovente in conflitto. Un dialogo e un conflitto perfettamente inconsci, certo, ma i cui effetti potrebbero essere negativi senza un certo discernimento. Cid suppone da parte dell'accompagnatore una presa di distanza nei confronti del proprio censore, per essere in grado di sventarne gli intervenri, o per lo meno di gestirli con conoscenza di causa. Questo richiede da parte sua l'esperie nza di

un contatto con il proprio essere profondo, e l'intelligenza, almeno per sentito dire, di cib che significa "lasciarsi guidare dallo Spirito". Nella misura in cui quest'ultima condizione non d sufficicntemente realizzata, i' accompagnatore finid inevitabilmcn tc lx. l. ascoltare tutto cid che gli viene confidato con gli orecclri rlt.l proprio censore interiore. Rischia dunque di essere tr.irst'inrrlo irresistibilmente a prendere iI posto di quest'ultimo: rr srrir v.rllrr


giudicher), minaccer), farh, paura, susciter) sentimenti di vergogna e di colpevolezza: "Dovresti vergognarti" . E questo, come abbiamo visto, anche se si sforza di mantenere il silenzio e riesce a non esprimere oralmente i propri sentimenti. Ma i sussulti o le convulsioni del suo censore interiore saranno largamente sufficienti a guastare il clima di accoglienzaincondizionata che dovrebbe presiedere allo scambio. L'accompagnatore forse non se ne accorgera, ma l'accompagnato accuseri un disagio, nella misura in cui percepir) confusamente che il proprio censore interiore d colpito in pieno dalle reazioni del suo omologo che trapelano dall' accompagnatore : prover) effettivamente vergogna, si sentir) in colpa, cercheri come espiare e riffovare i favori di quest'ultimo. In tal modo, se questo scambio poteva essere un'occasione ptopizia perch6 si realizzasse 1'evento interiore atteso, ecco, tale occasione d seriamente compromessa. E tutto questo perch6 l'accompagnatore d ancora vittima del proprio censore e si sforza di sostituirsi al censore di colui che viene a confidarsi. Il risultato sar) semplice ma desolante: ben difficilmente al cuore della rclazione potr) emergere il Maestro interiore, Io Spirito santo, per esercitarvi la sua azione chiarificatrice e salvifica sui desideri af.fidati all'ascolto. Si, avr) luogo un dialogo, ma atutt'altro livello; un dialogo che non farir che raf.forzate tutti i sentimenti negativi che hanno circondato la confessione. Bastava un silenzio pieno di amore che accogliesse la confessione del desiderio, perch6 potesse emergere un livello pir) profondo della persona, quello del vero amore che orclina ed esaudisce tutti i desideri. In tutti i casi l'accompagnatore si trova coinvolto in un confronto-scontro che ha luogo al tempo stesso all'interno dell'accompagnato e all'interno delTa rcTazione con lui. Di questo faccia a faccia, lo voglia o no, l'accompagnatore d ormai parte in causa, e proprio dal suo atteggiamento ne dipender) in gran parte l'esito. Egli stesso non ne uscirh indenne.

che consiste un tale intervento? E semplice. In termini tradizionali, poremmo dire che si tratter) di correggere una coscienza alterata e di sostituirla con una coscienza retta.In termini psicologici, peralro piir prossimi alla rcaltd spirituale, diremmo che si trutta di neutralizzare l'influenza nefasta del censore interiore, o del super-ego, e di permettere allo Spirito santo di agire su costui grazie all'amore. Ora, il censore interiore rischia sempre di soffocare Tavita profonda nell'uomo, mentre lo Spirito santo e la sua legge di amore sono l'unica sorgente della sua

In

vera vita. Perch6 1'operazione abbia esito positivo, la prima condizione B chiaramente che 1'accompagnatore non vada a "installarsi nel-

l'altro" al posto del suo censore interiore, favorendo cosi una deplorevole identificazione. E uno scoglio che non sempre viene evitato dall'accompagfi^tote, tutt'alffo; ma in tal caso il suo intervento B votato al fallimento gi) in partenza. Questa sostituzione neutralizzatutti gli effetti liberatori attesi; peggio ancota, accentua 7'azione paralizzante del censore interiore: senza saperlo, l'accompagnatore E venuto a raffotzatne l'egemonia. Diventa allora inutile darsi da f.are a un livello che non B quello della vita profonda. Cosi le si impedisce di scaturire.

A questo punto si d entrati in un circolo vizioso da cui sar) difficile uscire. L'accompagnatore si ffova annesso alla "sindrome", se cosi ci si pub esprimere. Ne fa ormai parte. Cetto, potr) sempre prodigarsi in discorsi, consigli, informazioni. Po-

tri vietare, attorizzare,

incoraggiare, fare appello al senso di responsabilit), tutte cose che in genere non fanno male, ma che in questo caso non faranno piil alcun bene. La sua parola infatti opera unicamente nella zona di influenza del censore interiore con cui ormai ha f.atto lega, quando invece il suo obiettivo primario avrebbe dovuto essere quello di neuffalizzarne l'infhrenza, affinchâ‚Ź potesse farsi sentire un'altra influenza, sgorgautc: da una profondit) con cui d ora provvisoriamente recisa ogrri possibilit) di contatto.


Bisogna inoltre rilevare che l'accompagnato, senza sapedo, collabora alla messa in opera di questa rappola di ordine psicologico sotto i piedi dell'accompagnarore. Egli far) di tutto per annettere 1'accompagnatore e renderlo complice del suo censore interiore. In fondo, quella E la situazione per lui pii comoda. Malgrado la sua richiesta esplicita, non d ancora veramente disposto a progredire. Prova istintivamente una vertigine, talora una reale angoscia, verco tutto cid che 1o costringerebbe a uscire dallo scenario, questa abitudine con cui se la cava cosi bene, ormai, sia nei confronti del proprio mondo interiore che nei confronti degli altri. Basta che qualcuno si metta a ripetergli, facendo eco al suo censore interiore, che gli d proibito fare certe cose sotto pena di essere colpevole e di meritare una punizione, ed eccolo di nuovo confermato nelle sue reazioni abituali; ma in

tal modo si misura unicamente con cid che per il momento lo disturba o lo minaccia di meno. Infatti, dietro la punizione virtuosamente reclamata o assunta, si profila la speranza di essere nuovamente "in regola", e dunque implicitamente degno di sti-

di amore. In genere, e senza ambiguit), il tranello che l'accompergnato

ma e

ha teso a17a propria guida finisce per rivelarsi nelle resistenze che non tarder) a opporre all'accompagnatore, il,quale cercher) da pate sua di somrarsi al potere di questa identificazione. Se costui tarda a sposare i rimproveri e gli avvertimenti del censore interiore del proprio interlocutore, quest'ultimo ne prover) irritazione e disagio crescenti, e non mancheri di manifestarli nelle parole e negli atti. Si dir), per esempio, incompreso e frustrato dalla propria guida. Gli avverr) inoltre di lasciarsi andare a certe manovre sottili di ricatto o di ritorsione. Se l'accompagnatore, nonostante tutto, non cede, finiri per abbandonarlo definitivamente per cercare altrove, presso una guida forse meno esperta, un censore piil compiacente nei confronti del proprio. Se l'accompagnatore, invece, ha fatto proprio il discorso del censore interiore dell'interessato, l'acquietamento di quest'ultir24

nro non sari generalmente che di breve durata. Un tale atteggia-

ruento da parte dell'accompagnatore, infatti, non pub che confcrmare il discorso nefasto del censore. Cosi valorizzato, costui riapparir) senza tardare, per ispirare un ideale di virtil sempre piir inaccessibile. tasciner) in tal modo il soggetto nella spirale irrdefinita dell'esigenza di perfettibiliti dell'io, accrescendo la clistanza tra questo e I'io profondo, e creando un ideale sempre lriir divergente dalla realt) dei suoi desideri profondi. Il processo che avrebbe dovuto aver luogo al cuore della relazione di accompagnamento d cosi stato molto semplicemente

"cortocircuitato". Abortisce prima di essere realmente cominciato, mentre si trattava di rompere la fascinazione esercitata rlal censore. L'accompagnamento doveva essere quel contrappeso grazie al quale sarebbe diventato possibile sfuggire al suo l)otere, schivare i suoi dardi passando in qualche modo dietro rr lui, anzich| affrontarlo frontalmente, ed essere cosi in gratlo di discendere pii profondamente in se stessi, per esservi confrontati con il brulicare dei propri desideri; un brulicare complesso, come abbiamo visto, ma che d cosi minaccioso soIrr in apparenza. Ora, d vitale per ognuno - psicologicamente 1',arlando, ma anche spiritualmente padando - essere in grado tli riconoscere i propri desideri, con la loro parte di distorsioni, certo, ma anche con tutta la loro verit) e la loto forza vitale. Guardarli in faccia e assumerli come veramente nostri l)c:rmetterebbe di presentarli, tali e quali, a7l'attivitd benefica tlcl nostro io profondo e della grazia. E l), infatti, che la grazia ci attende, nel pir) profondo del nostro cuore, brulicante di trrtti questi desideri, e al tempo stesso all'estremo della nostra ,lcbolezza. ()ra, tutta Tatattica del censore interiore consiste precisamentt' ncl risparmiarci questo momento di verit) e nell'occultarci lrr rlostfa debolezza, facendoci credere che a certe conclizi<lni ciod rispettando un insieme leggermente oneroso cli clivict i .lrc egli stesso si d forgiato a favore di chi vuole per I'apprrnto


ascoltarlo - d possibile essere "in regola" e giocare all'uomo o al cristiano virtuoso, soddisfatto e soddisfacente, rassicurato e rassicurante. Quando questa tattica riesce, le conseguenze possono solo. essere negative. Diventa impossibile, al7ora, far luce sui propri desideri, per poter essere in grado di assumerli in pace. Tutto lo sforzo consiste invece nel rimuoverli e nel difendersi da essi. Ancor piir gravi sono le conseguenze spirituali. Se d cosi possibile essere perfettamente "in regola" , allora non c'B bisogno della grazia. Un uomo del genere farebbe parte di quelle persone di cui Gest dice nell'evangelo che sono convinte di essere giuste e di non aver bisogno di misericordia (cf. Lc r8,9). I farisei dell'evangelo rappresentano assai bene questo tipo di "giusto", al tempo stesso psicologico e spirituale. Essi erano "in regola", eccome; ma proprio per questo erano esclusi dal messaggio e dall'interesse di Gesir, lui che era venuto, come amava sottolineare con forza, "flofl per i giusti, ma per i peccatori"

(Mt 9,r3;Mc z,r7;Lc 5,32). Forse ora siamo maggiormente coscienti dell'estrema importanza delle prime parole pronunciate dall'accompagnatore dopo una confidenza. Esse possono avere delle conseguenze incalcolabili. Sono esse che imprimono allarelazione una certa dhezione e decidono il seguito, se positivo o negativo. E i.portunt., quindi, soppesarle con cura e parlare a ragion veduta, evitando tutto cid che permetterebbe una collusione tra l'accompagnatore e il censore interiore dell'accompagnato. Si pud pensare che

in linea di massima abbia troppa frctta

-

saluo meliori iudicio

-

l'accompagnatore

di parlare. Ora, siccome ogni parola qui

d

particolarmente a rischio, d quasi sempre preferibile prendere un lungo momento di silenzio prima di parlare. Per riprendere quanto a stato detto, in una breve sintesi: non sono opportune n6 le riflessioni colpevolizzanti ("Dovresti vergognarti!"), n6le buone parole di incoraggiamento che mirano a decolpevoliz zare 1l soggetto, poich6 in tal modo viene sollecitato solamente il piano del permesso-vietato e si devia dal faccia rz6

,r laccia, che solo d liberante. Lo scenario resta cosi strutturalnrcllte il medesimo: il censore permette ora cid che prima era

victato, ma questa permutazione si inscrive sempre in un qua.lrrr moraleggiante, non nel movimento della vita profonda, lh rlovc i nosffi desideri attendono di essere confrontati con la lucc c il calore dello Spirito santo. llisogna ammettere che, nella prutic^, d sovente difficile non ('n[rare in collusione con il censore interiore dell'altro. A questo riguardo, conviene essere attenti a certi commenti da parte sua, strl tipo: "Sarebbe stato necessario che io facessi questo o quest'altro"; "Ormai bisogner) che stia attento a ...". Non sono n6 tlrr approvare n6 da confutare. Basta ascoltarli. Il fatto stesso t'lrc non provochino nessuna reazione, n6 positiva nd negativa, rrcll'accompagnatorc d gi) in s6 esffemamente importante. Non strscitando nessuna eco in lui, l) dove un'eco eta attesa, talifrasi, che pure sono importanti per I'accomp^gn to, si perdono nel vuoto. Non hanno nessun impatto, su nulla e su nessuno. La Iorza emotiva che le sottende si disgregher) quanto prima, e ,lrrasi da s6, senza il minimo intervento da parte dell'accompallnatore. Perseverando cosi instancabilmente nel non intervento (' non offrendo nessuna presa al censore interiore del proprio l)rrrtner, 1'accompagnatore moltiplica nel soggetto le possibilit) tli ascolto dell'io profondo e del suo desiderio. E il desiderio piir profondo di ciascun uomo non ts il desiderio che Dio ha di Irri, ciod lo Spirito santo, che il cristiano crede attivamente prescnte in ogni essere umano? Il silenzio sistematico di chi ascolta pud tuttavia diventare lrrticoso da sostenere, talora. In certi casi, anzich6 facilitare le .'t r nf idenze dell' accomp agflato, sembra piuttosto paralizzarle. (,ome comportarsi allora? Sono possibili vari atteggiamenti. A v.rlte pub essere opportuno accettare molto semplicemente talc lrlocco, ciod persisterc per un certo tempo in questo silenzio, a ..,rndizione di prendere poi il tempo di analizzare con l'intcrcssrrto cid che si esprime nel malessere cosi provocato. In rcrrlti t)J


per tutta la durata di un tale silenzio, gli atteggiamenti, i gesti, lo sguardo, le viscere "patlarro" infinitamente pii di quanto non facciano le parole effettivamente pronunciate. Pud essere spesso pit utile, soprattutto all'inizio della relazione, per permettere all'altro di continuare a esprimersi, interrompere il silenzio con frasi che cercano di riformulare, con altri termini, cib che si pensa di aver colto della confidenza appena fatta: - Se ho ben capito, lei havoluto dire... E cosi? ki si riconosce nelle mie parole? - Si, mi ha capito bene. - Allora possiamo proseguire. Un intervento di questo tipo b perfettamente neutro, poich6 si situa al livello dell'oggettiviti del messaggio inviato: B sraro correttamente compreso si o no? Se si, il fatto di essere stato compreso in modo corretto permette sovente alf interlocutore di scavalcare il blocco e di progredire nel dialogo. Nel caso in cui non si sentisse ben capito, coglierebbe questa occasione per ripetere la propria confidenza o per aggiungere delle precisazioni importanti ai suoi occhi. Quando il legame tra l'accompagnatore e l'accompagnato d stato sufficientemente stabilito nella fiducia reciproca, questa tattica delle "domande di ritorno" pub essere utllizzata anche per attirare l'attenzione, come lateralmente , senza avefne l'aria, su certi elementi singolari ma significativi del discorso di colui che si confida: incoerenza ma altrettanto ffasparente, ^pparcnte dimenticanze, lapsus, tono, modo di parlare, veemenza emotiva delle espressioni o delle immagini utllizzate. In tutti questi casi, l'importante d sempre partire dalle parole stesse dell'accompagnato , senza giudicarle e senza interpretarle intempestivamente, ma chiedendogli di commentarle egli stesso. Nulla di pir) rassicurante, per lui, delle sue stesse parole, che piil di ogni altra cosa gli danno l'impressione di essere stato perfettamente inteso e compreso.

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Significa che l'accompagnatore dovr) restare per sempre mulo, come se avesse il divieto di parola, ed d condannato a perscverare all'infinito in questa tattica di non intervento? I discepoli dei primi monaci nel deserto non andavano forse a interr'()gare il loro padre proprio per ricevere una parola ("Dimmi rrna parola, abba, perch6 io possa essere salvato!")? L'obiezione i' assolutamente pertinente. Infatti la differenza fondamentale tra un percorso psicologico, segnato dalla sola "empatia", e l'accompagnamento spirituale sta precisamente nel fatto che, quanclo sari il momento, 1'accompagnatore non rinuncerh a pronunciare una parola, nel senso pii forte del termine, una parola il cui impatto pedagogico e terapeutico por) essere incalcolabile. Ma solo quando sar) il momento e al tempo opportuno. Perch6 solamente "quando sarlL il momento"? Anzitutto perch6 d.importante che il terreno sia stato opportunamente ripulito. E il ruolo, questo, dell'ascolto rispettoso che rifiuta di farsi alleato del censore interiore di colui che parla, allo scopo di vedere pir) chiaro in quel nodo, a prima vista inestricabile, di desideri e di travestimenti di desideri di cui si d parlato. Questa condizione, come abbiamo visto, E indispensabile perch6 lavita profonda abbia qualche possibilit) di manifestarsi. Poi perch6, in un certo numero di casi, piil frequenti di quanto non si pensi abitualmente, il solo ascolto, attento e affettuoso, baster). Esso infatti d capace di liberare nell'altro una parola e una risposta che d, peraltro, il solo a possedere. In un certo senso, l'accompagnatore non possiede alcuna parola concernente l'alffo. Questa B innanzitutto nell'altro, e la parola che la guida potrebbe pronunciare a suo riguardo non pub che risvegliare in lui, come un'eco, la parcla che vi sonnecchiava gih e che E un preliminare assoluto a ogni parcla che potrebbe venirgli dall'esterno. Eppure, ana parola andr) pronunciata, un giorno. Non d clel resto cid che caratterizza ogni esperienza cristiana, in cui la nrcdiazione fraterna come la condizione normale? Ccrto, ^pp^re una tale parola potrh rivestire varie forme e non dovr) r-rcccrs


sariamente limitarsi a quella del messaggio orale. Uno sguardo, un gesto altamente simbolico, addirittura una rottura di parola possono avere lo stesso peso. Se vengono usate delle parole, c'd da credere che saranno brevi e di grande sobrieti. Si tratta infatti di una parola nel senso forte del termine: una parola fondante; si oserebbe quasi dire: creatrice, un po' come sono sempre creatrici le parole di Dio, o come lo d, a suo modo, la parola di un padre che riconosce il figlio e lo chiama per nome. Si, si tratta di una delle esperienze pii stupefacenti che ci d dato di vivere quaggiil. Percid sono rare, anzi uniche per ognuno di noi. Nell'accompagnatore questa parola sgorgher) dal pit profondo di se stesso, per raggiungere l'altro nel suo essere profondo. E giusto dire che "sgorgher)". Perch6 avverr) spontaneamente, quasi all'improvviso, talora persino all'insaputa di colui che la proferisce. Inutile premeditare una tale parola, o programmarla.

Impossibile soprattutto far finta. La paroTa sar) data al tempo opportuno, grazie alTa qualitd stessa della relazione. E questa a darle la sua vera ef.ficacia. Perch6 solo l'amore genera e d) la vita. Thle d la legge della vita che si propaga. Va da s6 che I'accompagnatore sar) tanto pir) in grado di-liberare una tale parola in quanto egli stesso un giorno l'ha ricevuta da un altro. Costui aveva preso il tempo necessario per ascoltarlo, al cuore dei suoi conflitti e dei suoi dubbi, e aveva finito per pronunciare la parola che doveva confermarlo una volta per tutte, che l'ha identificato con qualche forua straordinaria, presente in lui sin dall'inizio, ma nella quale, lasciato a se stesso, non avrebbe mai osato credere. Siccome quella parola, nel suo accompagnatore, sgorgava di sorgente, ciod dal suo io profondo, lo ha raggiunto, a sua volta, nel suo io profondo. Cib che era evidente nell'altro B divenuto, come di n^tura, un'evidenza anche in lui. Fu molto semplice. Fu qualcosa di unico. Ogni altra parola sarebbe stata di troppo.

l,a controprova: lo scrupoloso

l)er illustrare concretamente quanto B stato presentato qui s()pra, possiamo prendere come esempio il caso dello scrupoIoso. Si tratta di un caso relativamente frequente, purffoppo,

nt:t soprattutto estremamente trasparente e uno dei pit eleruentari che ci siano. Li, infatti, il censore interiore si rivela in tutta la sua brutalit) e perversit). Tuttavia la sempliciti di (luesto caso ha come controp^rtita il fatto di essere uno dei piil tlillicili da gestire nella pratica. Tirtti i direttori spirituali con()scono questo lato "disperante" dei fantasmi dello scrupolo:io. f,o scrupoloso d l'esempio tipico di chi d interamente conselirrrrto, legato mani e piedi, alla tirannia del censore interiore. (.)rresta istanza interiore d talmente ipertrofica in lui, che pralicamente gli E "interdetta" e si trova completamente paralizzrrta ogni attivitd. Egli non cessa di udire parole come: "Non ,lt'vi far questo; devi far quello, sotto pena di peccato; del resto, tu sei gi) colpevole, non fai che sbagliare!". Lo scrupoloso si presenta come un super-ego ambulante, un "censore inr('r'iore incarnato" (tanto per se stesso quanto per gli altri, del rcsto). Il censore domina sovrano nel suo inconscio; da dittatolt', anzi, da vero e proprio agtzzino. E non solamente nell'in( ()l.rscio, poich6 deborda largamente anche nel campo della cost'icnza del soggetto. E si accanisce inoltre a investire l'incondei vicini. 'r'io(loloro che hanno un po' di esperienza sanno che non E molto clivertente trovarsi alle prese con uno scrupoloso catatterizz:rto, poich6 costui non cessa di ricondurli alle sue vedute, con trrtta la perseveranza immaginabile e possibile. Il disagio chc l)t)vano non viene solo dail'aver a che fare con un vero "scccrltorc" che viene a scocciarli nei momenti pit inopportuni: i' ptrr vocilto, ancor pir) profondamente, da una duplice cattsa clrc i' irrrportante saper identificare e situare.

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La prima viene dal fatto che gli sforzi disperati del censore interiore dell'intedocutore hanno di mira direttamente il censore deIl'accompagnatore. Il primo vorrebbe appunto toccare, risvegliare, se fosse necessario, quest'ultimo, e in definitiva annetterlo al proprio scenario. Vuole associado al suo lavoro, chiedendogli di condannare a sua volta e, se d il caso, di punire il colpevole, oppure di proscioglierlo, di assolverlo, per alleviargli per un breve momento la tortura. E ovvio che, se l'esercizio di discernimento dell'accompagnatore sul proprio censore interiore non ha ancora dato tutti i frutti di ponderazione e di distanza pacif.icata che d lecito attendersi, I'attacco frontale a cui deve far fronte lo mette dinanzi alla propria debolezza. Egli avverte confusamente un tentativo di manipolazione su questo terreno ancora incontrollato della propria personalit), un tentativo di dettargli certi sentimenti e certi atteggiamenti che il semplice buonsenso vigile gi) riprova. Egli B cosi sottomesso a una tensione interiore che provoca una grande contrariet) psichica. Se non replica ad ltoc,l'accompagnatore B colto da una voglia quasi irresistibile di fuggire lq scrupoloso e di abbandonare il campo, all'occorrenza interrompendo la telefonata o barricandosi dietro la porta del proprio ufficio, se questo fosse l'unico mezzo che gli resta per non cadere a sua volta schiavo del censore scrupoloso. La seconda causa di malessere d legata all'atteggiamento del1o scrupoloso, che non mira solamente al censore interiore del proprio accompagnatore: tramite il censore interiore di costui, egli mira a un livello pit profondo del proprio accompagnatore. Il grido dello scrupoloso, infatti, nonostante le apparenze cosi spesso conttarie, b una richiesta di amore. E il caso qui di ricordare che il censore interiore presente in ognuno di noi cristallizza le tracce che il nostro inconscio ha conservato dei primi interventi di un'autorit) nella nostra vita. Oru, si trattava sempre di un'autorit) teneramente amata e assolutamente vitale, quella del padre o della madre. Il legame che ognuno coltiva inr)2

.,rrrsciamente con il proprio censore interiore comporta dunque s('r))pre una componente fortemente affettiva. Si pud anche dit', ir rigor di termini, che lo scrupoloso d in una certa misulrr "innamorato" del proprio censore interiore. La manipolaziorrt' clre egli cercher) di operare nei confronti dell'accompagnat()r'c non B dunque senza legame con l'amore. Per quanto possa :rl)l)arire strano, il messaggio inconscio lanciato dallo scrupoloso rtrrivz sovente fino a: "Puniscimi, poich6 mi ami". Per certi :;t'r'trpolosi il cui censore interiore ha assunto un'importanza

l)lrlticolarmente invadente non vi ts piil, per cosi dire, altta palrlrr d'amore possibile. E evidente che un messaggio del genere ,' londamentalmente ambiguo. Ogni accompagnatore cercherh ,li lispondervi con i mezzi di cui disporr) sul momento, quali ,lrc siano. Per qualcuno un tale messaggio eserciteri un certo l;rscino e potrh diventare un trabocchetto in cui rischier) di ca,lt'r'c; per qualche altro sar) semplicemente insostenibile, e dun,1rrt: da fuggire a ogni costo e subito. (lome venire in aiuto a uno scrupoloso? C'd un primo meto,1,, che va in ogni caso scartato. Si tratta della conoscenza che l',rccompagnatore avrebbe di questo fenomeno e che sarebbe r('ntato di esporre senza mezzi termini a colui che ne d vittima, rlirrrostrandogli, argomenti alla mano, che presenta un caso inr('r'cssante di ipertofia del super-io, tipica della psicologia dello '.('r'rrpoloso... Una simile esposizione del lavorio quotidiano del (

('nsore interiore non sarebbe assolutamente

di nessuna utilita

I't'r' I'interessato. Solo in via eccezionale l'accompagnamento ',pilituale consiste in un insegnamento da consegnare o in un t onsiglio da dare. Esso d innanzitutto un'esperienza vissuta e t .nclivisa insieme. (,crcar di spiegare a qualcuno il funzionamento perverso del ',uo ccnsore sarebbe una nuova maniera di "fargli la morale" c ,li c:rricare la sua coscienza: se d scrupoloso, significa dunclrrc , lrt' clualcosa in lui funziona male e che egli d ancora una volta " irr colpa". In genere, una tale interpretazione indisporr)r clrrrnt 13


to mai l'interessato e sarh quindi rigettata con violenza. Essa urta i suoi sentimenti, e ancor pir) la stima che ha o che gli resta di se stesso. Una volta che B avvenuto quest'urto, d raro che la dazione possa ancora evolversi in modo soddisfacente. Ormai l'accompagnato diffider) del proprio accompagnatore. Sarh anche tentato di rompere i ponti per mettere fine a cib che sente inevitabilmente come un doloroso malinteso di cui getta l'intera 1o ascolta. t cosi che le cose si svolgeranno, con tutta probabilit). No, il pir) delle volte non sar) un ragionamento, seppure oggettivamente corretto, che potr) portare un po' di aiuto. Solo una presa di coscienza progressiva da

responsabilit) su colui che

parte dell'altro, dei suoi desideri e insieme delle deviazioni e dei travestimenti che essi assumono pub portare la luce sperata. Ora, una tale presa di coscienza ben raramente d favorita dalla comunicazione di un sapere. Non si pub aiutare l'altro, in questa materia, se non in modo indiretto, facendo si che il lavoro di chiarificazione che egli deve effettuare su se stesso gli sia facilitato. Ma spetter) sempre a lui, in prima persona, "cogliersi in flagrante delitto" o, meglio arLcora, "cogliere i propri desideri inflagrante delitto di deviazione o di tavestimento". Un'altra maniera classica di venire in aiuto a uno scrupoloso consiste nel tranquillizzarlo con parole che si presume siano in grado di pacificarlo. Alcune sono gi) state riportate: "Questa non B materia di peccato", "Tu non eri pienamente libero di consentire", "Comunque non volevi veramente offendere Dio". Queste parole sono oggettivamente vere. Non faranno male, propriamente parlando. Tirttavia l'esperienza ha mostrato da tempo che quando si tratta di tranquillizzare uno scrupoloso esse hanno scarso effetto, o un effetto del tutto passeggero. Gi) si d parlato piil sopra di questo tipo di reazione che rifiuta di affrontare in profondit) il problema.Una delle ragioni della sua inefficacia d da cercare nel fatto che, in molti casi, lo scrupoloso non desidera fondamentalmente e sinceramente essere guarito dal suo handicap. Come si b ricordato, l'esposizione delle sue r34

angosce B sovente l'unica via d'uscita che gli resta per stabilirc delle relazioni per quanto poco affettive con una persona clcl suo ambiente. Perch6 dovrebbe privarsi di questa fortrrna inaspettata, che b la sua unica scialuppa di salvataggio? C'd ancora un'altra ragione che spiega l'inefficacia di un talc metodo. Vi si E gi) accennato, ma B bene verificarne la fonclatezza in un esempio concreto. Quando si cerca di tranquillizzare lo scrupoloso in questa maniera, ci si installa esattamentc al posto del censore interiore, per sostituirsi a lui nel suo ruolo e nei suoi atteggiamenti. E vero, si cerca in tal modo di orientare il suo discorso nella direzione che si pensa quella buona: quest'uomo non d cosi colpevole come afferma disperatamente. Anzich6 condannarlo, ci si propone dunque di proscioglierlo, e Io scrupoloso ne sar) effettivamente sollevato. Ma per un breve momento soltanto. Non appena l'accompagnatore avr) voltato le spalle e sari sparito dal suo otizzonte, il censore interiore - che merita davvero il nome di aguzzino interiore - riprender) tranquillamente la sua opera. E la scena di tortura ricomincer) come prima, senza fine e, se necessario, fino alla disperazione. Non d possibile nessuna vera apertura verso una soluzione, se si rimane al livello di questo censore, tanto piil che costui occupa esattamente quello spazio in cui dovrebbe sorgere, in questo fondo tormentato dagli scrupoli, quella dolcezza d'amore dello Spirito santo che la tradizione ha chiamato "pentimento". In veriti, cid che B realmente in causa qui d il passaggio qualitativo dal senso di colpa psicologico, che occupa piil o meno il campo di coscienza, alla grazia del pentimento. Ora, fintanto che il censore interiore pub liberamente infierire, o che il suo posto i maldestramente occupato dall'accompagnatore, fosse pure ispirato dai migliori sentimenti, il cammino del pentimenro si rrovir ostruito e, salvo un miracolo sempre possibile, non accadrh nrrlla di veramente salutare. Un'altra maniera, assai diffusa, di aiutare lo scrupoloso i.r1rrr.l la di suggerirgli un'obbedienza cieca al proprio paclrc spir.itrrrr


le. Questo metodo pud esser valido come soluzione d'urgenza, in quanto permette di tagliar corto con i comportamenti strani di certi scrupolosi, evitando loro, in tal modo, di cadere nel ridicolo agli occhi di quanti li circondano. Ma non pub fungere davera e propria terupia.Il motivo d semplice: trovarsi faccia a f.accia con un censore in carne e ossa che sia la copia conforme del proprio censore interiore non pub che appagare tutti i desideri inconsci dello scrupoloso. Quella presenza esterna sar) in grado di rincuorarlo e alleviarlo un istante allorch6 la tensione interna diventeri troppo forte, ma non 1o fard avanzarc di un solo passo sul cammino dellaliberazione. Ancoraunavolta, questo accompagnatore travestito da censore esterno non far) che confermare quello che prevale sempre all'interno. Si tratta di un calmante o di un palliativo, certamente utile in molti casi, ma puramente "sintomatico", come si dice nel linguaggio medico, ciod che tratta i sintomi del male, ma non ne affronta le cause profonde. Ma, allota, come venire in aiuto a uno scrupoloso? Un lungo e paziente ascolto dovr) pro$ressivamente ridurre l'azione del censore interiore e rendeda, per quanto ts possibile, evanescente, nulla, allo scopo di permetterc alla vita profonda dello Spirito, quando sar) il momento, di sgorgare dall'interno e di investire a poco a poco questo super-io, di evangelizzarlo, ditrasformarlo. Al termine del processo, questa istanza non avr) pir) il volto di un censore: sari divenuta "unzione interiore", unctio rnagistra; non sar) piil una legge: sar) la gtazia, sgorgante di sorgente, puramente e semplicemente. E pir) facile, purtroppo, descrivere in astratto 1o svolgimento di questo processo che non metterlo in opera. Eppure d qui che la qualiti del legame tra l'accompagnatorc e l'accompagnato acquista tutto il suo rilievo e poth rivelarsi di una particoIare efficacia. Nella misura in cui I'accompagnatore b realmente vivificato da questa unzione interiore e non assoggettato alle ingiunzioni imperiose del proprio censore, qualcosa di questa 1)6

1r,'r'r'r:zione e di questo contatto vitale si trasmettera a poco a l)()('(), come per una lenta osmosi, all'esperienza dell'accompa-

linirlo. Questo fino a quando la qualit) del legame tra i due, le1i:rnrc carico di amore e di fiducia, sar) cosi eminente da poter l:rlt' cventualmente da contrappeso e addirittura prevalere sui It'1i:rnri inconsci che asserviscono quest'ultimo al proprio censol' interiore. l',siste, si, un tipo di consiglio da dare allo scrupoloso, e lo si ',r'rrtc talora raccomandare: "Tu, sta' in pace, perch6 io sono clui (()n [e. Mi prendo io tutto il peso della tua colpa, se colpa c'd, ( ()n [utte le sue consegtJenze". Che qualcuno accetti, per amor(', non solo di camminare accanto a lui, ma addirittura di sostit rrirsi a lui per portare un peso che d suo, ecco, questo d davvero (lrirlcosa che d in grado di raggiungere l'alffo nel suo bisogno 1,iir ;rrofondo. Una tale parcla rappresenta ben pir) del piccoLr t':rlmante che rassicura provvisoriamente. E una parola che 1,n'nde sul serio l'altro nella sua pena, con tutto il peso della ',rrrr sofferenza, e accetta di portare questa sofferenza insieme t orr lui. Per amore, semplicemente. llna tale "condivisione delle ferite" rappresenta effettivamenl( un momento cruciale al cuore deTlarclazione di accompagfl^nr('nto. Essa non si applica, peraltro, solamente al caso dello ',( r'upoloso, bensi ogniqualvolta viene confidata urla ferita, una ,lclxtlezza, una sofferenza. IJna condivisione del genere olffe1,,rssa il quadro di cid che, in psicoterapia, viene descritto come "t'nrpaltia", ciod l'atteggiamento di neutraliti benevola, e an,lrt'cid che, al seguito di Maurice Bellet, d stato chiamato qui l,r "strario amore", che si manifesta nell'ascolto fino in fondo. (.)rrt'stzr condivisione va anche olffe il semplice transfert, i cui .lt'rrrcrti, lasciati a se stessi, non possiedono lu forza trasforrrr:rllice necessaria per piegare le resistenze dell'altro. Solamcntr rrc E capace il legame vivificante che l'accompagnatore avri ',:rl)uto stabilire con la propria sorgente, nel piil profonclo cli sc ',1('sso. Ora, condividere la sofferenza dell'altro in un anrorc vc-

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ro (e non per qualche oscura tendenza masochistica!) raggiunge l'alro nel suo centro pir) profondo ed b in grado di togliere in lui tutto cid che gli impedisce di stabilire il contatto con la propria sorgente interiore. Nel caso dello scrupoloso, d la condivisione della falsa colpevolezza dell'rno da parte dell'altro, condivisione operata pafihe dalla gioia spirituale (che ts l'unzione ^ l'altro vive, che permette talora di ridurre dello Spirito) di cui e di stemperare questa colpevolezza. Cosi si apre per il primo, al di l) del suo censore interiore, un accesso alla gioia profonda, dalla quale potr) scaturire, nello Spirito santo, un inizio di pentimento autentico. Solo il vero pentimento nello Spirito santo, infatti, pud guarire definitivamente lo scrupoloso. Certo, questa d la soluzione ideale. Ma d anche, purtroppo, un caso limite. In molti casi, infatti, quando certi dati gravano in maniera troppo pesante sulla situazione, d poco o per nulla prevedibile un miglioramento di rilievo, salvo intervento specialissimo della potenza divina. In certi casi, addirittura, non B neppure tarfio augurabile un miglioramento psicologico, dal momento che la persona in questione ha vitalmente bisogno del "baluardo" dei propri scrupoli per essere in grado di difendersi da certe prese di coscienza che, da un punto di vista umano, sarebbero troppo gravose da portare. Quand'anche cosi fosse, Ia capacitd di ascolto dell'accompagnatorc resta un elemento di sostegno reale e benefico, poich6 il legame di fiducia che si sminge pazientemente tra lui e lo scrupoloso pud compensare in una certa misura le devastazioni operate dal censore interiore. Questo gesto fraterno resta di rigore in ogni circostanza. Qui - ma cid vale per ogni altro handicap e per qualsiasi prova - c'd bisogno dell'aiuto spirituale per discernere, per interpretare la parola che Dio rivolge a quanti si ttovano implicati in una situazione che chiaramente bloccata. ^ppme Se la persona d ancora relativamente giovane, non si deve concludere troppo in fretta che il suo stato scrupoloso ha un carattere definitivo. Il tempo elapazienza, uniti all'esperienzadelr18

l',r,'r'onrpagnatore, possono effettivamente molto. Ma esistono ,rlt ri casi in cui l'et), la {ormazione ricevuta, la solidith delle diI.st' interne fanno si che si possa ragionevolmente ritenere che l:r lrrl persona morir) con i suoi scrupoli, o talora, addirittura, rrr,,r'irr\ "dei" suoi scrupoli. L'espressione non d per nulla esa1it'r'rrta. Si inconffano casi in cui lo scrupoloso, avendo alla lunga lrlrrciato tutte le energie per resistere come poteva al peso oplrlinrcnte dell'angoscia, finisce per soffocare psicologicamente ',()l lo questa cappa di piombo e per morirne anche fisicamente. Non d un male assoluto: d una morte come un'altra. L'import:urtc d che queste persone, consegnate a una tale prova, siano ,,lriritualmente aiutate a intravedere, attraverso la cappa del loro ',r'rrso di colpa e delle loro angosce, qualche barlume provenient.'rl:rllo Spirito santo che non cessa di essere all'opera insieme ( ()n csse. Malgrado le apparenze, non bisogna mai dubitare di (lu(^sto lavorio dello Spirito, ed d possibile scorgerne certi segni ,lrt' non ingannano. In quella tal persona apparentemente cosi :ilrltosciata, a tal punto incapace di giudicare correttamente que,;lo o euest'altro dettaglio del proprio comportamento, pud efIt'l I ivamente sussistere :una zofl di pace profonda. Certo, d una 1r:rcc che non appare a prima vista: sono i sintomi dell'angoscia ,r rl,rminare in modo sfacciato. Tuttavia, per chi ascolta con il ( il()r'c e con le viscete, questa zona di pace, in cui domina una li,lrrcia di fanciullo, non tarda ad apparire. Soprattutto quando (lu('sta persona d capace a sua volta di quel tipo di ascolto, in l):u'ticolare al momento della preghiera. Ecco, d a questo livello ,lrt'agisce lo Spirito santo, ed d a questo livello che la persona ,1,'vc cssere ruggianta, confermata e incoraggiata. llisogna essere estremamente attenti, allota, a non spegnere tlrrt'stzr fiducia di bambino con certi buoni consigli che non far,'lrbcro altro che risuscitare, per sostituirvisi, i rimproveri dcl ( ('lrsore interiore. Si cambierebbe istantaneamente il livello cli irrtt'rvento e si corerebbe il rischio di togliere a questa pcrsona I'rrrrica possibilid che le resta di respirare un po', nonostantc gli

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scrupoli che non cessa di rimuginare e nonostante il male che di commettere. Pit che mai bisogna respingere la tentazione di volerla aiutarc prendendo il posto del censore interiore. Ancora una volta, non d facile . E la tentazione sovente a prevalere. Ancor prima di rendersene conto, ecco I'accompagrlatore gih installato al posto del censore: in tal modo si impedisce ogni possibilitn di aiurare l'altro in profondit). Respingere osrinatamente questa tentazione, non cedere al censore altrui, appare talvolta come una lotta corpo a corpo. Non dobbiamo pensare che si tratti di una lotta in cui si possa trionfare conlaforza bruta, anche se pub accadere che il lavorio dell'immaginario, flofi awezzo alle esigenze del discernimento, compensi le frustrazioni nate dalla necessiti di ffattenersi nello sconffo, dando libero corso a scene di violerva, in cui, per esempio, uno prevale sull'altro e gli "torce il collo" (in tal caso l'alffo, molto verosimilmente, d un simbolo del censore; e non tanto quello del partner, quanto piuttosto il proprio censore)! Invece, cib che "agisce" allora nell'accompagnatore d piuttosto la dolcezza. Qtesta E la sua forza pir) interiore, sgorgante dal pii profondo del suo essere. Questa d davvero l'unzione dello Spirito santo che ognibattezzatoharicevuto nel proprio cuore. Grazie a questa qualit) di essere, tutto in lui e nella relazione sar) benefico per l'altro, i silenzi come le parole, la sua presenza come la sua assenza, poich6 tutto cid che scaturisce da un amore vero d capace di ristabilire e di guarire, di costruire un uomo nuovo. Un uomo che pud ormai rinascere, non a partire dalle distorsioni e dalle angosce della sua falsa colpevolezza, ma dalla dolcezza delle lacrime del pentimento. Ma prima di affrontare questo tema cruciale dell'accompagnamento spirituale che d il pentimento, d necessario che prendiamo in considerazione un'altra insidia del dialogo spirituale: lo "specchio", in cui l'uomo si compiace di contemplare un Dio che B a sua immagine e somiglianza,l'immagine di cib che egli si crede obblicrede

gato a essere.

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l)t'r' illustrare in un alffo modo i maneggi del censore interirlc, provizmo a rileggerci due.apoftegmi che appartengono :rll':rrrtica letteratura monastica. E una letteratura, E ovvio, che

rlin()rA il concetto di "super-io" o f immagine del "censore". Il ,list'crnimento che essa propone, tuttavia, mostra a piil ripre',('(lurrnto gli antichi monaci fossero coscienti delle devastazioni ( .rusirte da certi sensi di colpa che nulla hanno in comune con il vurr pentimento. lrcco il primo apoftegma:

Un fratello, che abitava nelle piccole celle in solitudine, per istigazione del demonio cadeva spesso nella fornicazione, ma non smetteva di farsi violenza per non abbandonare l'abito. Celebrava il suo ufficio e supplicava Dio con gemiti dicendo: "Signore, che io voglia o che io non voglia, salvami, perch6 io sono fango e bramo il sudiciume del peccato, ma tu, Dio onnipotente, puoi impedirmelo. Infatti se hai piet) del giusto non vi d niente di straordinario e se salvi chi B puro non compi nulla di mirabile, perch6 essi sono degni di ricevere Ia tua bont). Signore, magnifica in me la tua misericordia e mostra il tuo infinito amore, perch6 'a te si E abbandonato il povero' (Sal ro,r4), ciod chi B povero di virtir". Ogni giorno il fratel1o diceva tra le lacrime queste parole e altre simili a queste, sia quando gli accadeva di peccare che quando non cadeva in peccato. Una volta durante la notte, caduto come al solito in peccato, si alzd subito e comincid a recitare l'ufficio, ma il demonio, colpito dalla sua speranza e dalla sua fiducia in Dio, apparve davanti ai suoi occhi e gli disse: "Infelice, come puoi non arrossire di restare davanti a Dio o anche solo di pronunciare il suo nome? E, invece non ti vergogni e anzi hail'audacia di recitare i salmil". Il fratello rispose: "... Ecco, confidando nelf infinita bont) di Dio, io ti giuro, nel nome di colui che d venuto a chiamare i peccatori alla conve rsione e a salvarli, non smetter6 di pregare Dio contro cli tc finch6 tu non smetterai di farmi guerra. E vediamo chi vinceri, se tu o Dio". A queste parole il demonio gli dissc: "Si-

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curamente d'ora in poi non combatterd mai piil contro di te per non procurarti la corona mediante 7a tua pazienza" . Da a77oru7a

fece penitenz^ per in anno intero e tra le lacrime supplica_ va ardentemente con tutto il cuore. Digiunuva, v"glirrru, sot_ toponeva il suo corpo a ogni altra penitenza, il suo cuore era contrito e spezzato. Un giorno mentre era seduto pcr terra e come al solito piangeva e gemeva in preda a ,-rn rofondo f scoraggiamento, fu vinto dal sonno e si addormentd. Ed ecco gli apparve il Cristo che gli disse con voce gioiosa: ,,Uomo, che hai? Perch6 piangi in questa maniera?,,. Egli riconobhe

guerra si ritird da lui1.

Il fratello di cui si parlainquesto apoftegma

gi) un'esperienza prov^t^ del pentimento. La preghiera che egli rivolge al Signore dopo le sue cadute la esprime perfettamente. Eccola perd incalzata daun'altra voce dentro di lui: gli sussura che dovrebbe vergognarsi di pregare nello stato in cui si trova. Invano, peraltro. Il fratello non ceder), poich6 d troppo certo della misericordia di Dio. La cosa pir) significativa in questo testo d che l'apoftegma attribuisca al diavolo la voce che certuni potrebbero essere tentati di identificare con la "voce della coscieflza". L'attribuzione che f.a1'apoftegma d corretta. Si tratta con tutta evidenza della voce "colpevolizzante" del censore interiore, una voce di cui il diavolo sa perfettamente far proprio il timbro, per spingere il peccatore allo scoraggiamento. Risalta con forua qui il modo risoluto in cui questo monaco riesce e sembra avere

eludere il tranello. Ma ecco un altro apoftegma dello stesso filone. Leggiamolo

per intero, innanzitutto: Un altro fratello conduceva vita eremitica al monastero delle Solitudini

e

pregava sempre Dio con queste parole: "Signore,

io non ho timore di te, mandami dunque un fulmine o una malattia o un demonio perch6 7a mia anima indurita per 1o meno in questo modo giunga a provare timore". E poi di nuovo cosi 1o supplicava: "Signore. so di aver molto peccato conffo di te e che innumerevoli sono le mie colpe: per questo io non oso dirti di perdonarmi, ma se ts possibile, a motivo della tua misericordia, perdonami; e se ron B possibile, castigami qui sulla terra e non punirmi nell'aldil) ...". E cosi

1 N 582, inDetti inediti dei pad.ri del deseto, a cura di L. Cremaschi, Bose r986, pp. zz6-227.

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chi era e gli rispose remante: ,,perch6 ho p..coto, Signo_ re". GIi disse l'apparizione: "Rialzatil,'.,,Se tu non mi dai una mano, Signore, non riesco", rispose. I1 Signore allora te_ se la mano, Io prese e 1o fece ialzare. Ma quel monaco, una

volta rialzato, piangeva disperatamente. E la visione allora

con quello stesso tono mite e gioioso gli disse di nuovo: ,.Uo_ mo, perch6 piangi? Perch6 sei triste?,,. 11 fratello rispose: "Signore, non vuoi che io pianga e sia nel dolore perch6 ho molto rattrist ato te da cui ho ricevuto tanti beni?,, . Il Signo.. allora tese la mano, la posd sul capo del fratello e gli disse:

"D'ora in poi non essere pir) triste. Dal momento che ti sei ratftistato per me, io non mi rattristerd mai pit contro di te. Se ho dato il mio sangue per re, quanto pir) dard il mio per_ dono a te e a ogni anima che si pentir) sinceramente,'. eurn_ do il fratello dopo la visione rientrd in se stesso, trovd che il suo cuore era pieno di gioia e fu certo che Dio aveva miseri_ cordia di lui. Dimorb sempre in una grande umilt) rendendo grazie a Dio2.

II senso di questo apoftegma, un po' complicato al primo imlrrlto, d altrettanto trasparente. Non bisogna lasciarii indurre irr crrore dalle due formule di preghiera a primavista strane, 1,.'r':rltro - che aprono l'apoftegma. Esse norr rgorgurro dallo Spi_ r ilo santo, bensi dal censore interiore e dallo scoraggiame.rto .h" t r rs I ui non cessa di suggerire . La pima preghiera d una doman_

'N r8t,

ibid.,pp. zz8-229.

t4J


il

monaco fa aDio per ottenere di temerlo. Sotto il punil supplicante sarebbe in futuro pii virtuoso, cioB forte contro se stesso e, di consegtJeflza, in regola agli occhi di "Dio". La seconda richiesta B altrettanto male ispirata: dal momento che la giustizia di Dio d quella che E, d preferibile ricevere il salario delle proprie colpe attraverso un po' di mali da che

golo della pa:ura,

presenti piuttosto che nella vita futura. E perch6 I'uomo d ridotto all'impotenza che "Dio" si trova in regola con la propria giustizia. La misericordia non c'entra proprio, n6 qui n6 l). Cid che emerge con esrema chiarezza b l'identid di colui che calcola il grado della colpa e stabilisce 1l tafiffario della ri parazione. Quei "Fammipauta", "Fammi male", in ogni modo: "Mettimi in regola", sono altrettanti echi rinviati alla loro sorgente:

il

l'uomo riunificato nell'amore, e non soffocato nei suoi desideri centrifughi dalla giustizia (e quale giustizial). Al contrario del censore, il Maestro interiore - solo lui - non giudica, non condanna, non castiga. Anzi, ialzail peccatore, lo accarezza,lo consola: "Quanto pir) dard il mio perdono a te e a ogni anima che si pentiri sinceramente". E il vero pentimento che inonda di gioia il peccatore perdonaro. Mirabile esempio di discernimento spirituale, di una stupefacente giustezza, che ha gi) saputo identificare, pur senza poterla chiamare per nome, quell'istanza interiore che la psicologia, ben piil tardi, chiamer) "super-io" e di cui, da sempre, il maligno si sa servire cosi bene.

censore interiore.

Nella progressione del tema l'apoftegma cerca di mostrare il crollo della sua onnipotenza sotto l'effetto illuminante dello sguardo interiore. Il proposito colpevolizzante d minato nella sua stessa forza persuasiva: la r:atura cede; spossato, il fratello si addormenta. Scopre allora nella sanit) delle sue profondit) presefvate, attraverso un sogno, di essere una cfeaturavisitata, ciod riscattata, e non un essere posseduto dal demonio della propria quasi-insolvenza. Cid che era mortifero d divenuto pretesto della grazia. Nella sua stessa debolezza, la nattua oppressa cade per la pesantezza nel proprio centro. In questo senso, la misericordia precede e deborda le nostre ristrettezze teologiche, trascinandoci irresistibilmente nell'evento della rivoluzione interiore. E li che prende corpo quello slancio del cuore, nella passivit) del suo frangersi, che d al tempo stesso Ia forma estrema della sua attivite. Tirttavia il pozzo segreto delle lacrime del pentimento non d dissigillato se non sotto l'effetto della grazia, finalmente liberata nell'uomo da una parola o da un insegnamento che ne B come I'annuncio e il frutto. In quest'acqua si riflette l'immagine del144

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I

DUE ISTANZE INTERIORI: LO SPECCHIO

Ognuno di noi porta in s6 un'altraistanza, che comand a a sua volta, sovente a nostra insaputa, una parte notevole dei nostri comportamenti. La chiameremo: lo "specchio interiore". Qu.sto tema dello "specchio" ha un nobile precedente nella mitologia greca: Narciso si innamora del proprio riflesso, rinviatogli dall'acqua di una fonte, e annega nel vano tentativo di stringere la propria immagine. Pir) recentemente il tema dello "specchio" ha conosciuto un ritorno di interesse teorico nella psicanalisi, con la scuola di Jacques Lacan. Lo specchio interiore non d senza legami con l'esperi enza che ognuno fa quando scorge per la prima voltala propria immagine in uno specchio posto dinanzi a s6 (d lo "stadio dello specchio", come lo chiama Lacan). Egli si apprende in quanto "io" contemplando un'immagine da cui d separato dalladistanza che esiste ra lui e lo specchio: esperienza di identit) - sono proprio io! - ma in un'alterith e in una laceruzione - lo specchio d altro da me, d fuori di me -. Ormai, in ogni incontro interpersonale, quale che sia, ogni soggetto cercherh di ritrovare la propria immagine nello sguardo di quest'alto. Si vorr) amabile e amato nello sguardo dell'alffo. Per citare un esempio universalmente conosciuto, i l'esperienza a un tempo affascinante e crudelmente frustrante del fenomeno amoroso. Inf.atti, in quest'altro interamente riflesso nell'immagine primordiale e ridotto a tale immagine, ognuno non pud incontrare provvisoriamente che le


proprie emozioni e la propria soddisfazione, giustamente dette "narcisistiche". Il fenomeno amoroso non raggiunge aflcora l'altro in quanto tale. Il vero amore E ancora molto distante: l'altro non d per nulla raggiunto nella sua dlfferenza. Questa immagine-specchio di se stesso, il soggetto non tarderd a introdurla dentro di s6, ricostruendola all'interno di se stesso. Ben presto, inolte, avr) bisogno di abbellirla continuamente, per essere sempre pii amabile agli occhi di coloro che incontra e che tenta in tal modo di sedure. Questo abbellimento si far) in base ai criteri di approvazione o di conferma che il soggetto ha ueduto di leggere nello sguardo degli altri. Ovviamente d qui, nella progressiva messa a punto di questo specchio, che il censore interiore, con tutto cib che egli vieta o autorizza, svolge un ruolo non trascurabile. In tal modo ogni soggetto erige a poco a poco un io ideale o idealizzato, come uno specchio in cui si contempla e si sente approvato, da se stesso e dagli akri. Alla lunga, questo specchio, che all'inizio funziona unicamente al livello delle emozioni primarie, finiri per secernere un ideale di vita, uno schema di perfezione, perfino un'ideologia o una filosofia. Ogni "ideale", per quanto rispettabile, avr) qualche legame con lo specchio interiore, un legame che non E necessariamente negativo. Neppure l"'ideale" di vita cristiana o di vita religiosa sfugge u qrrirtu sottile connirrenza. E importante saperlo, per diminuire ogni rischio, sempre possibile, di ridurre unavocazione a questo specchio narcisistico compiacente, in cui ognuno ama cosi tanto mirarsi, con il rischio di annegarvi. La nostra stessa immagine di Dio pud risentire dello specchio interiore, nella misura in cui ci avviene di proiettare il nostro io idealizzato al posto di Dio e di scambiare innocentemente quest'ultimo con il nostro specchio elevato al massimo di perfezione. E evidente che il vero Dio non c'entra nulla con questa falsa immagine; essa non ne sarebbe che I'idolo, uno di pii! Si ricor-

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deri che anche il censore interiore poteva assumere il ruolo di un idolo, in quanto usurpava il posto del vero Dio. Ancora una volta, una delle finalit) dell'accompagnamento spirituale sar) per l'appunto di liberarci da questi falsi ,,Dio',. Ma prima di liberarci da questo idolo, l,accompagnamento mirer) a liberarci da noi stessi, rendendoci autonomi nei confronti dello specchio interiore. l,o specchio, infa*i, al pari del censore, ci allontana dalla nostra realt) profonda i nosffi veri desideri e al tempo stesso l'unzione delio Spirito in noi stornando la nostra attenzione verso qualcosu di illurorio. Nel caso del censore, cid che ci cattura d un'autorit) tirannica che finisce per ridurci in schiavitr); quanto allo specchio, il richiamo d costituito da un ideale prestigioso il cui scintiilio ci accieca su quella che ts la nostra condizione reale. In un caso come nell'altro, I'artificio tende a dissimulare certe ferite ritenute dall'inconscio troppo dolorose per poter essere guardate in faccia. Qualcuno potrebbe obiettare: rispetto al censore interiore, non s arebbe pos sibile, nell' accomp agnamento, utilizzare lo specchio in modo positivo? Il censore, infatti, esercitava un,influenza re_ ptessiva, per non dire deprezzativa e depressiva. l,o specchio, invece, sembrerebbe in grado, cosi a prima vista, di diiamizza_ re il soggetto in vista di un avvenire promettente. Larisposta a questa obiezione si pud riassumere in poche parole: a breve scadenza, si, forse. A lungo termine, invece, questa dinamica non avri alcun impatto, poich6 l'ideale che lo specchio riflette ai suoi occhi, e che egli protende allo sguardo del partner e per_ sino allo sguardo di Dio, non corrisponde per nulla a cid che egli d e a cib che pud in realti. Il ruolo dello specchio consiste precisamente nel dissimulare certe debolezze che gri sono insostenibili. In un certo senso si potrebbe anche dire che ogni "ideale" - quale che sia: laico, umanistico o religioso si"la_ scia facilmente stornare dal proprio fine dal soggetlo stesso, divenendogli un premio di consolazione e di compensazione delle sue debolezze. L'ideale

d) l'illusione di poter divenire cid

che 149


non si B realmente e permette di rifiutare cid che si E di fatto. In tutto cib che fa, il soggetto d incessantemente tentato di giudicarsi rispetto all'immagine che lo specchio gli rimanda. Questo "sguardo obliquo", gtazie al quale la persona si confronta continuamente con l'ideale riflesso dal proprio specchio, b tipico dell'atteggiamento narcisistico. Ma se fa riferimento a qualcosa di ingannevole, l'ideale mantiene il soggetto nell'illusione di poter fare a meno dell'unica cosa che d davvero importante ed A la presa di coscienza. Non che ogni ideale o ideologia svolgano necessariamente un ruolo cosi negativo. Anzi, la loro funzione regolaffice ha una certa importanza alf interno di una data cultura, e dunque anche della cultura religiosa. La loro influenza diventa perversa unicamente qualora, all'interno dell'accompagnamento, si pretendesse di chiedere loro un servizio che non sono in grado di

Il rischio che presentano, infatti, d quello di tagliar fuori il soggetto dai propri desideri profondi, quei desideri che

rendere.

essi si! - sono selvaggiamente reali e non accetteranno a lungo di esser cosi generosamente immolati avantaggio dello specchio narcisistico. Lo "sguardo obliquo" gettato nello specchio interiore d stato illustrato alla pefiezione da un apoftegma di Antonio. Per Antonio la preghiera non d perfetta fintanto che l'orante B ancora cosciente di pregare, ciod occupato a rimettersi in mente ogni tanto i contorni della preghiera ideale che lo specchio gli rinvia, per confrontadi con la propria preghiera. Ora, pregare veramente significa sempre "essere debordati" da qualche parte, nostro malgrado, dall'interno, e non essere arginati da un modello di preghiera al quale ci si conforma, bene o male. Se dunque l'immagine narcisistica pud avere questo ruolo perturbatore in un'esperienza spirituale, a quale ptudenza non ci si dovr) piegare nel corso dell'accompagnamento spirituale, dal momento che entrambi gli interlocutori sono, ognuno da pate sua, portatori di uno specchio interiore! Qualora il dialogo di

-

r50

accompagnamento sfociasse in un reciproco rufforuamento dei due specchi in causa, si condannerebbe evidentemente alla steriliti, dato che lo specchio non sarebbe aluo che uno schermo teso tra i soggetti e i loro desideri. Questo rischio sari ancora pir) grande nel caso che i due partner del dialogo apparrengano a una medesima famiglia spirituale di c.ui ts chiaramenre p.r..pita e fortemente affermata l'identit). E quanto avviene ,ou"nte in un monastero o in una famiglia religiosa. Uno dei primi bisogni che prova l'accompagnato quando accosta l'accompagnatore ts di tendergli il proprio specchio interiore, nell'intento a malapena dissimulato di farglielo approvare. Certo, 1o fa senza annunciarlo esplicitamente, anzi sovente senza neppure rendersene conto. Sin dal primo colloquio, tutta_

via, b relativamente facile individuare a grandi tratti l,immagine idealizzata inscritta nel suo specchio. L,interessato ne fa conoscere gli aspetti che giudica positivi, cosi come quelli che stima negativi, dalle paure a cui fa allusione, dalle colpe di cui si accusa o di cui accusa gli altri. Questo specchio teso all,accompagnatore rappresentaunavera trappola. Niente di pir) faci le, e di gratificante per l'uno come per l'altro, che cadeivi dentro innocentemenre. Se ts prodigo di felicitazioni allorch6l,ac_ compagnato sembra metter a segno dei punti rispetto al proprio ideale, o se moltiplica i rimproveri allorch6 quegli si riconosce inadempiente, l'accomp^gnatorc non fa che favorire lo specchio e insieme i suoi effetti perversi. L'unico contributo, a malapena positivo peraltro, che potrebbe portare in tal modo consisterebbe in un lavoro di aggiustamento e di affinamento dell,ideale, nell'intento, per esempio, di rendedo piil conforme a certe .,norme" evangeliche. Un lavoro del genere non sarebbe inutile, certamente, ma genererebbe solo un accrescimento di conoscen_ za, senzatuttavia raggiungere il livello profondo dei desideri, il solo davvero importante e fattore di evoluzione all'interno der dialogo. Il grande rischio B che, a loro insaputa, i due partner del dialogo siano portati a trovarsi molto rapidamente d'accordo


su cid che "dovrebbe essere" l'ideale perseguito. Nulla di pir) rassicurante, infatti, per l'accompagtato che riconoscere il proprio specchio nelle parole di approvazione della guida. Il tragico d, come ts gi) stato detto sopra, che uno specchio cosi rassicurante impedisce al soggetto di discendere pii profondamente in se stesso, fino al livello dei suoi veri desideri. E si pub aggiungere: fino al livello in cui lo Spirito santo, ciod il desiderio o I'amore di Dio a suo riguardo, d all'opera in lui e non cessa di "spingerlo", come diceva Paolo (zCor 5,r4; cf. Gal 5,r6-r8). La pedagogia dispiegata da Dio va, d'altronde, sempre ed esattamente in senso inverso rispetto a un taffotzamento o a un imbellimento dello specchio. Dio incessantemente cerca di infrangere quest'ultimo, per liberare il cammino interiore che porta al vero io. Un accompagnamento coretto, lungi dall'alimentare e promuovere lo specchio, dovrebbe dunque limitarsi ad aspettare al varco con pazienza il momento, assolutamente cruciale nell'esperienzaumaLla ma ancor pii nell'esperienza spirituale, in cui 1o specchio si infranger). In quel momento decisivo del percorso dell'accompagnato, la qualith della presenza dell'accompagnatore avr) in effetti una portata incalcolabile. Come si b detto, conviene piuttosto che egli attenda che lo specchio si infranga. In linea di massima, per lo meno. Certi accompagnatori forse saranno tentati di spezzarlo essi stessi. Qualche parola, qualche gesto o qualche atteggiamento porebbero precipitare le cose. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, un'iniziativa del genere avrebbe effetti altrettanto disastrosi quanto quelli provocati da una parola intempestiva, come abbiamo visto per l'istanza del censore interiore. E possibile, perd, che la situazione sia sufficientemente matura e che, da una parte come dall'altra, i due partner si sentano pronti ad affrontare un tale incidente e sopportarne le conseguenze. Ma non biso^ gna soprattutto presumere di nulla e agire unicamente con piena conoscen za di causa, perch6 nella maggior parte dei casi quer52

',1;r :lzione "violenta" non d opportuna. Basta attendere che lo ,,1,,'.'r'lric'r si infranga da s6. La vita E di per se stessa abbastanza

l,rlt'cla avere la meglio e far si che non ci si illuda all'infinito. E ,lrt'tlire della potenza divita che d quella dello Spirito santo? /\n(()r'rr una volta, tuttala pedagogia di Dio e le divine astuzie ,li r rri si serve hanno in vista questo infrangersi dello specchio e ,1,'llt' sue illusioni. Prima o poi avverrh. l,rr storia di salvezza contiene numerosi esempi di questa pe,l,r1i.rgia divina. Uno dei pir) suggestivi d indubbiamente quello ,li l'rrolo. Lo specchio interiore in cui si B a lungo compiaciuto r r:rsl)irre chiaramente dai titoli di nobilt) che egli ama ancora de,lirrirle in un momento che descrive peraltro come un momento ,li l,rl[ia, uno specchio in cui si contempla con discrezione per tr;llnc un po'di vanto: "cifconciso l'ottavo giorno, della stirpe ,li lsraele, della tribi di Beniamino, ebreo da ebrei, fariseo rlurrrto alla legge; quanto a zelo, persecutore della chiesa; irrel)r('nsibile quanto alla gittstizia che deriva dall'osservanza della l, 1i1it"' (Fil 3,5-6). tlrr evento decisivo, tattavia, d accaduto nella vita di Paolo: r rr r t'vcnto che gli ha aperto la strada verso il suo cuore profondo ,'lili ha permesso di reputare tutto cid una perdita trascurabile ,li I rrrnte alla conosce nza di Gesil Cristo. Questo evento illustra rn rrrodo eloquente e insieme pittoresco I'infrangersi di uno ',1'.'r'chio: quello della perfezione giudaica. Il suo peso era divenut() ir tal punto insopportabile al suo fervore, peraltro esemplar, , r'lrc Paolo non cessera pit tardi di ripetere che una tale perl,'ziorre B incapace di liberare l'uomo e di dargli Tavita.

l,'csempio

di

Paolo illustra quell'evento anteriore di cui gih di Cristo genera uno sconvolgi-

,rlrlrirrnro parlato: l'apparizione

nr('nto, tanto a livello fisico quanto a livello spirituale. Il clrracllo ,1.'llo smarrimento di Paolo, sulla via di Damasco, B particolarrrrcrrtc suggestivo: l'uomo B scagliato atetra, interpellato, riclott,, rrllir condizione di uno perso nelle tenebre. ()ucllo stirt() in-

,lrr..lc

il

mistero del tempo della conversione chc accorul'rirgtrir

t5)


l'irruzione di Dio. L'evento d il pretesto di un itinerario interiore attraverso l'insegnamento e il sacramento. Dopo aver recuperutolavista - grazie alla preghiera di uno di quelli che egli perseguitava artcota, prima del capovolgimento interiore -, Paolo riceve in capo a otto giorni il battesimo, cui fanno seguito tre lunghi anni di deserto; tempo in cui si fortifica nella nuova fede, mettendosi progressivamente in sintonia con la sua nuova situazione di convertito, mentre termina di "far lutto" su quel primo specchio di zelante della legge. Da quella pedagogia spi rituale ed ecclesiale sgorgher) la parola di libert) nello Spirito, testimonianza del rinnovamento di Paolo, parola che egli proclameri d'ora in poi in rottura con Ie proprie certezze e i maneggi del passato, e nella quale i suoi vecchi compagni di strada non riconosceranno mai piii f inflessibile fariseo di un tempo. Il movimento di rottura dello specchio giudaico corrisponde a quell'istante in cui Paolo, a terra, si sente interpellato in modo tale da non saper riconoscere il nome segreto dell'autore di quell'atto: Gesr). E il ribaltamento nella novit). Paolo viene a perdere gli appoggi psicologici inconsci, sotto il fuoco di una potenz^ iresistibile. Deve reimpararc 7l volto del suo essere profondo. Tirtto diventa possibile: egli non d piir nulla ai propri occhi, cosi come sono ridotti a nttlla i segni di riferimento di cui lo sguardo altrui era il rifugio. La conoscenza del suo essere profondo, Paolo la deve all'infrangersi del suo specchio. Egli pud prendere ormai il cammino della veriti su di s6, cammino di riconciliazione profonda che si stacca senza ambiguit) da ogni tensione verso l'ideale che si era costruito. Paolo si scopre in verit) nella sua vertiginosa debolezza. Confrontato con il proprio io autentico, in cui non c'B piir nessuna immagine lusinghiera, Paolo raggiunge le profondit) della sua condizione primordiale di creatura in una domanda rivolta al suo Signore. Pii tardi confesser) il mistero di questa debolezzavivificata dalla grazia, in quel mirabile inno della Seconda lettera ai Corinti: "Mi vanterd delle mie debolezze ... r54

'f

i lrrrslrr la mia grazia; la mia potefiza infatti si manifesta pien:un('n(c nella debolezza ... Quando sono debole, d allora che ,,rno lirrte" (zCot rz,5-ro). Un inno che b potuto sgorgare uni( ;un('ntc dai frantumi dello specchio infranto e nell'assicuraziorrc t' rrclla promessa che non avrebbe portato frutto se non nell;r t ostante compagnia del Signore e sotto il suo sguardo, nella lrrrtt'nzlr liberatrice del nome di Gesti. Senza la presenza e lo ',)tu:rr'(lo di Gesil, infatti, Paolo non avrebbe mai potuto attra\,('l silrc indenne una tale prova. l,'rrccecante vocazione di Paolo deve mettere in guardia l'acr.rrrpagnatofe per quanto concerne le conseguenze dell'infran1i.'rsi clello specchio. Per chi per anni e anni si d esercitato a conl, r1 111111s la propria vita ai tratti riflessi dallo specchio, a rassicur;rlsi attraverso episodici sguardi obliqui o attraverso il discorso , l,'l I 'accompagnatore invischiato nel potere di atttazione di que',lrr specchio, ebbene, per costui essere tutt'a un tratto ptivato ,1,'l lrroprio specchio equivale aunavera e propria scossa di terrcrrroto. Si ffatta di un profondo sconvolgimento che non pud rr,,n produrre un suo peso di angoscia: tutto diventa irriconoscil,ilc. Per usare un linguaggio figurato, il paesaggio e la configur:rzione del suolo si trovano modificati, Ie pianure si sollevano r lrrnclo origine a colline, mentre le montagne sono livellate, fino ;r r)()n essere pir) che un paese piatto. Ormai piir nulla sare come plima. In un primo tempo tutte le sicurezze di quella persona ,liventano inoperanti, il terreno le s{ugge di sotto i piedi: essa lr:r l'impressione di essere come sollevata, fatta uscire dai propri t :rt'dini, senza sapere neppure dove ricadr) e quale sar) il suo prrnto di ancoraggio. IJno sconvolgimento del genere non e senza rischi. Pud toc( :rrc cosi radicalmente le strutture del soggetto da condurlo sino ,rll'trltima frontiera del suo equilibrio psicologico, fino al limit.' rlclla sua possibile follia. Non bisogna stupirsi, n6 perderc la tcsta. In ogni maturazione spirituale pub artivare un monlcltr() come questo, prima o poi. La vita dello Spirito d in graclo di r

55


trasformare cosi profondamente le nostre strutture interiori, che queste, prima di cedere a un simile aggiornamento spirituale, rasentano

il crollo, in genere l)

dove l'ego del soggetto

ts

parti-

colarmente fragile. Il rischio non ne ts mai del tutto allontanato. Se il soggetto, nell'infuriare di una tale prova, riesce a salvaguardare la propria integrit) psicologica, lo dovri in definitiva alla rivelazione della misericordia di Dio che gli d. fatta al cuore di questa esperienza. Solo un amore infinito, infatti, che gli d testimoniato in un momento cosi cruciale, pud riconciliarlo con se stesso, con i cocci del proprio specchio, con le rovine del proprio ideale di perfezione. E evidente che il ruolo della guida spirituale, in simile circostanza, d della pir) grande importanza. Essa sar) il primo segno di Dio e della mano salvatrice della sua grazia, aiutatain questo dalla qualith della sua relazione con l'accompagnato, che va vissuta con tutto il tatto e la sensibilit) necessari, per eludere le insidie delle identificazioni del transferr. C'B un ahro atteggiamento possibile da parte sua: cercar di radunare insieme i cocci sparsi per ricostituire con pazienza lo specchio, o proporre il proprio specchio a mo' di sostituzione compensatrice. Ma consolare o rassicurare in tal modo, in realt), non pub che impedire che accada cib che potrebbe finalmente accadere! Una volta che 1o specchio d stato infranto, si apre un cammino verso il nucleo profondo dell'essere e verso la sua vera nobilti. Questa non d mai da leggere nello specchio, per quanto brillante esso possa essere, ma si trova nel pir) profondo del cuore, l) dove Dio attende di poter accogliere il soggetto in crisi. E dunque per la qualit) della propria vita spirituale, del contatto con il proprio nucleo profondo, che l'accompagnatore sar) operante in questa crisi, Iasciando trasparire con la sua sola presenza, cosi carica di amore, come lo specchio limpido dove si riflette efficacemente, I'immagine del Dio consolatore e redentore, attraverso la sua parola, il suo sguardo, la sua misericordia. Tale d la distanza che separa la psicologia e i giochi del suo specchio dal mistero r56

.lcll'icona che giace nascosta nelle profonditi dell'essere, mistetr cli carit). Nel profondo dello sguardo di un altro che si fa t';rlico di lui nell'amore, l'accompagnato pud riconoscere un riIlcsso di cid che 1o attende nel pir) profondo del suo stesso cuort': cgli d perdonato dalla misericordia infinita, e li trova la sor1ic'nte di un'infinita libert). Al cuore di una tale rclazione ogni parola pronunciata dall'ac( ()nrpagnatore dovr) esser soppesata acclJratamente, amorevolnlcnte. La sua fortuna e al tempo stesso il suo rischio, infatti, ,l' cli essere terribilmente efficace. Innanzitutto, questa parola tlovr) scaturire non dalla testa o da qualche buon sentimento, rnir realmente dal pir) profondo dell'essere, dal Signore presentt'in colui che parla. Una sola pada, peraltro, sar) allora larlgrrrnente sufficiente, la parola giusta, pronunciata al momento liitrsto, con l'accento giusto. E in casi come questo che si pud presentire quanto una sem1,lice parola d'uomo possa essere a sua volta creatrice, rinnovrrtrice, vivificante, come lo d sempre la parola di Dio. Sl, realnr('nte la parcla del padre spirituale B capace di generare nel fililio I'uomo nuovo in Gesii Cristo.

la

grazia del pentimento

l,'aggirare, quanto pir) abilmente possibile,le influenze nefa',tt' clel censore interiore o dello specchio interiore apre la via :rll'rrtrtentico pentimento e permette di distinguere quest'ultirrr,, clai falsi sensi di colpa o dai falsi ideali che devastano cosi ',1)('sso 1'esperienza spirituale. Percid d il vero pentimento nell<r Sl,ilito santo la pietra di paragone di ogni esperienza spiritr,ralc ,rul('rlticamente cristiana. Ed ts anche il primo criterio di clisccrrrirrrcuto. E n.cessario che ci si sofferml brevemenre. t57


Isacco il Siro, grande spirituale e monaco del descrive la grazia del pentimento cristiano:

vn secolo, cosi

Colui che conosce i propri peccati d pir) grande di colui che con la preghiera risuscita un morto ... Colui che per un'ora piange su se stesso ts piir grande di colui che ammaestra l'universo intero. Colui che conosce la propria debolezza ts pii grande di colui che vede gli angeli ... Colui che, solitario e contrito, segue Cristo i piir grande di colui che gode il favore delle folle nelle chiesel.

:E in questi termini,

che volutamente sfiorano il paradosso, che Isacco vuol mettere in luce il carattere specificamente cristiano del pentimento. Lo si inconra unicamente nella scia delI'evangelo, e da nessun'altra patte, in nessun'altra religione, in nessun altro umanesimo. Il pentimento cristiano non d riducibile n6 parugonabile a nessun'altra esperienza dell'uomo lasciato alle proprie forze. Non lo si pub contraffare senza correre il rischio di cadere nel ridicolo o di sprofondare nello squilibrio. E un frutto assolutamente certo dilto Spirito santo e uno dei segni meno contestabili della sua azione nell'anima. In realt), per ognuno, il pentimento non pub che scaturire dai cocci dello specchio interiore e una volta che si siano regolati i conti con il censore interiore. La psicologia ci aiuta cosi a situare meglio Ia sorgente e il senso del pentimento: sono ben distinti da certe reazioni psicologiche del tutto primarie che liberano sensi di rimorso e danno origine a rimproveri di coscienza che non sono per nulla il frutto di un intervento diretto dello

Spirito santo. In questo campo gli spirituali di tutte le epoche, malgrado la loro inevitabile ignoranza circa i dati psicologici a noi oggi familiari, non finiscono di stupirci. Provvisti di un discernimento I Isacco

r58

il Siro, Dlsconl ascetici 34.

.r,r lrt(.n(lL:lttemente sicuro, che era in loro il frutto dello Spirito ',,rrt(), sono stati quasi sempre capaci di distinguere un'umilr.r rlull csteriore, che non b altro che il risultato di una costri.'r')n(', (lir un'altra umilt) che sgorga di sorgente ed d il frutto rr,rtur() cli un amore autentico. Ugualmente, si guardavano bene ,l,rll'itlcrrtificare un pentimento che nasce dallapaura e non pub , l',' r,r.lcloppiarla, con un pentimento che fa sgorgare lacrime ,lr, rlr)n sono tanto lacrime di dolore, quanto piuttosto, o nel ' ' 'nt('nrpo, lacrime di gioia e di amore. li:r rltresti spirituali in cui il discernimento si accompagna\',r ;r unil notevole finezza psicologica, si pud citare - ma d solo ,rrr,,,1,.'i tanti - F6nelon, arcivescovo di Cambrai verso la fine , l, l r v rr secolo. Ecco un testo di sua mano che, pur senza essere r,, 1ir,r.l.r di chiamarli per nome, sa discernere gli artifici dello .;',,,lrio o gli imperativi del censore:

Solamente Gesil Cristo pub darci quella vera umilt) del cuorc che viene da lui; essa nasce dall'unzione della sua grazia. Non consiste affatto, come si immagina, nel fare atti esterni di umilt), bench6 cid sia buona cosa, ma nel rimanere al proprio posto. Chi si ritiene qualcosa non d veramente umile; chi vuole qualcosa per se stesso, neppure. Lo d invece chi si dimentica a tal punto da non pensare mai a se stesso, chi non Ira ripiegamenti su di s6, chi dentro non d che bassezza, da nulla d ferito e non ostenta lapazienza al di fuori, chi parla cli s6 come parlerebbe di un altro, chi non ostenta di dimenticare se stesso quando ne B pieno, chi si dedica alla caritd senzabadare se sia umilt) o orgoglio comportarsi in tal modo, chi E ben contento di passare per uno che d senza umilt) ... I\oi tendiamo sempre a essere qualcosa; facciamo sovente chiasso nella devozione, dopo averne fatto nelle cose che rrbbiamo lasciato. E perch6? Perch6 vogliamo distingucrci a ogni costo. Ma chi d umile non cerca nulla: per lui d la stessa cosa essere umile o essere disprezzato, perchl non prcndc nulla per se stesso e lascia che si faccia di lui ttrtto cir) che

rtg


si vuole. Ci sono tanti che praticano l'umiltl esteriofe e tuttavia sono ben lontani da quell'umilt) di cuore di cui ho appena parlato. Piil si d convinti di abbassarsi, pii si d persuasi iel proprio innalzamento. Chi si accorge di abbassarsi [ecco 1o "rg*u.do obliquo" nello specchio!l non d per nulla ancora al proprio posto, che d al di sotto di ogni abbassamento'

k

p..rot. che credono di abbassarsi si innalzano molto; percib' fondamentalmente, questo tipo di umilt) B sovente una sottile ricerca di innalzamento. Queste specie di umilt) poranno entfafe in cielo solo se sono ricondotte alla pura carit), fonte della vera umilta, che sola b degna di Dio, e che Dio si compiace di riempire di se stesso2'

Impossibile giocare all'umilth, ci ricorda F6nelon, o giocare al pentimento. Anche Bernardo distingue due specie di umilt). Ve n'E una prima che d il frutto di un ragionamento oggettivo: essa d di necessit) e senza calore, ci ricorda' Ve n'B poi una seconda che scaturisce dall'amore: E spontanea e calorosa, e non prova nessuna difficolth a lasciarsi trascinare in una situazione effetti,ramente umile e disprczzata. La prrma b semplicemente .,estofta,, da un ragionamento ("extorsit discussio veritatis"), la i,suggerita" da un tocco interiore del cuore seconda d invece ("cordis suasit affectio")'. A pin riprese Bernardo non esiteri, del resto, a descrivere le tuppe successive dell'esperienza spirituale o della preghiera co.. r., progresso che inieressa la qualit) dello sguardo che l'uo,no porlu sul proprio peccato, in una costante evoluzione e purificazione del senso di colpa che lo accompagna. I principianti provano unicamente timore e tremore di fronte a un Dio che non conoscono ancora se non come un giudice severo; finiscono quindi per irritarsi e andare in collera con i peccatori che essi , F6nelon, .,Instructions et avis sur divers poinrs de 1a morale et de la perfection in F. Varillon, Fine lon et le put amout, Paris r957, pp r65 ss' chr6tienne", -- i B"rnrtio di Clairvaux, Sennones in Cantica Canticotum 42,6-7 '

r6o

',, )n(

). ( loloro invece che progrediscono hanno

gi) gustato un po'

l;r rrriscricordia di Dio; essi non esitano pir) a implorarlo con fi,lrr, i:r c fervore. Vengono infine i perfetti Bernardo confessa

-

lrt'srlno rari oggi, anche tra i monaci -, coloro che traboccano ,li slririto profetico e che, "come David e Pietro, si rialzano [a, rlrrrt'nte anche dopo pesanti cadute"a, poich6 sono gi) stabiliti rr,'llrr semplicit) di Dio che d la loro gioia. 'Anche se ogni ranr, r t rrrkrno, non pensano che Dio ne sia adirato, ma ritengono al ,rrrlrrtrio che tutto stia cooperando al loro bene, in modo che l,()sslrno ialzarci pir) forti di prima",. La loro preghiera per otterr,'rt' il perdono dei peccati non ts piir che azione di grazie antir i1rr11lq, talmente sono certi della misericordia: "gratiarum actio , ',t tle peccatis et de percipiendis, laus in Deum et benedictio", "l':rzione di grazie riguarda il peccato e il perdono da ricevere, 1,,, lt' ir Dio e benedizione"6. La formula d ardita, ma Bernardo 1,.rr l,r indubbiamente per espefienza. Pet usare la nostra termin,,1,'11ia diremmo che nei santi il rigore del censore interiore ha l.r',t irrtc'r il posto alla dolcezza e all'unzione del Maestro interior,', lo Spirito santo, che ci insegna tutto e basta a tutto. r

' l,l, .\tntcntiae III;24

l,l

. .\tntentiae

lIIJor

Cf .

Id., Semo de diuenis z5

r6t


ESSERE PADRE E (O) MADRE

In Madagascar, chi b investito di un'alta responsabilit), sia il titolo di Rainrnandren,Tetteralmente: "padre e madre". E .r.u terminologia che testimonia una intuizione profonda circa l'esercizio dell'autoriti: questa si situa al tempo stesso nell'ambito della fermezza e della dolcezreligiosa che civile, riceve

za, della forza e della tenerezza. Anche Benedetto, nella sua regola, distingue nell'abate come una duplice personalith e attribuisce a ognuna di esse dei sentimenti diversi e complementari: l'abate b padre, e a questo titolo dev'essere dotato di un "pius affectus", di sentimenti di tenerezza; ma d anche maestro, e deve percib mostrare nel contempo un "dirus affectus", dei sentimenti di fermezza e persino di duezzal. Come si pud notare, Benedetto non usa il simbolismo materno, ma sostituisce il "padre" con il "maestfo" e la "madre" con il "padre". La sostituzione B indubbiamente suggestiva per quanto riguarda la psicologia personale di Benedetto, ma essa insinua anche quale "sentimento" sar) predominante, a torto o a ragione, nell'esercizio dell'autofitd abaziale. Per Benedetto dunque, curiosamente, il lato paterno dell'autorith d in primo luogo un lato materno: l'abate "farh sempre prevalere Ia misericordia sul giudizio"2, senza peraltro negare i due aspetti complementari I RB 2,24. 2

RB 64so.

r61


dell'esercizio dell'autorit) che egli conosceva: la fermezza e

(lon.re fa un padre con i figli, voi lo sapete, noi vi abbiamo csortati, ciascuno di voi, incoraggiati, scongiurati di condur_ re una vita degna di quel Dio che vi chiama al suo Regno e alla sua gloria (rTs z,r:--rz).

7a

dolcezza.

Tuttavia Benedetto non innova. Gi) molto tempo prima di aveva per nulla esitato ad applicare a se stesso nell'esercizio del proprio ministero di apostolo le immagini del padre e della madre, rispettivamente connesse con questo o quell'aspetto del suo ministero, e tutto cib con una sorprendente finezza psicologica. La Prima lettera ai Tessalonicesi, probabilmente il pii antico scritto di Paolo e dell'intero Nuovo Testamento, presenta gih una piccola sintesi abbastanza completa a questo riguardo. E noto il contesto di quella lettera. Ci sono stati dei malintesi ra Paolo e i suoi corrispondenti. Se ora prende in mano la penna, ts perch6 vuol far valere i diritti che ha acquisito nei loro confronti. La giovane comunith cristiana di Tessalonica d stata fondata da lui; Paolo pensa di aver ben qualche diritto, perci6, di intervenire con f.ermezza nella vita di quella comunit), anche di lontano. Per giustificarsi si mette a descrivere il modo in cui si d comportato un tempo con essa (cf. rTs z,t-rz)'. il suo atteggiamento E stato al tempo stesso dolce e fermo. Egli ha circondato i tessalonicesi di ogni affetto, al punto da essere tacciato di debolezza bonacciona, ma nel contempo la sua parola E stata ferma e chiara, dando orientamenti ben precisi. Ecco, del resto, come si presenta:

lui, Paolo non

Pur potendo, in quanto apostolo di Cristo, far sentire tutto il nostro peso, ci siamo fatti piccoli in mezzo a voi. Come una madre nute i suoi figli e si prende cura di loro, tale era la nostra tenerezza per voi che avremmo voluto darvi, insieme con l'evangelo di Dio, la nostra stessa vita, tanto ci eravate divenuti cari (rTs 2,6-8).

Egli desmive poi le sue fatiche, le lotte del suo apostolato, giorno e notte, al servizio dei suoi tessalonicesi. E continua: r64

I'rrolo comincia dunque con

il

paragonarsi a una madre. An_

,'i, il tcrmine greco che egli usa qui, troph6s, significa piutto_ ',r,) nutrice. Aquel tempo, soprattutto in certi ambienti, Ia ma_ ' '' v vcva sovente a una certa distanza crai figli e lasciava a una rrrrr'it'c la cura di allattadi. Se paolo ha preferito il termine "rrrrrl'icc", d perch6 vuole sottolineare il ruolo effettivamente ''rrrrt'itivo" della funzione apostolica. Non arriva, del resto, a Ir

i

r'i.r:rlr()rare la buona novella del Regno a del latte? Nella prima l'< rrt'r'rr ai corinti parler) infattidel latte dell'evangelo (cf. ,coi r , ,) ( l'd poi iI verbo thtilpein, che qui viene tradoito con ,,pren_ ,1,'rsi crrra". E di, po.o. it t.r-in. greco d pir) espressivo: indi_ , .r ".'ircondare di attenzioni,,,,,coccolare,,,,,risc^aldare,,,

,r.r'rr "covare". Stessa difficolt)

addi_

per il termine homeir6rnenoi, l,r rr.i tradotto con l'esptessione: 'ila nostra teflerczzaper ' voi,,. l''rrirl;r rata e di non facile resa. Indica un'incrinazion. fort., l.rrr;irricla, quasi morbosa. Paolo sembra confessare .h., .o*. rrr:r ,r^dre, d stato come abbagliato e accecato dall,affeito per r "rr'ri cari tessalonicesi. come una madre, non solo hu nutrito r lrlili con Ia propria sostanza, ma sarebbe anche pronto a d,arcla l rtit l)cr IOIO. (.)rrrrlche riga piil avanti, invece, paolo si vede piuttosto ,,co_ rr(' un padre". Ha lavorato duro per i figli, con Ie proprie mani, l" r l)()ter essere in grado di annunciare liberamente l,evangel, , Ir I)rrolo specifica meglio quesro aspetto della propri u furlirrrl li1'1111g1do a immagini tipicamente paterne: esortare, inco_ r,rllii:u'c, scongiurare di condurre una vita degna di Dio. Ec,,,,lturc1ue il padre che entra in scena e strappa per un attimcr rl l"rrrrbino dalle ginocchia e dal seno defla mudr. per immert.rhr rrclla vita concreta. In ogni caso, sin dagli inizi clelra sua r65


vita apostolica, Paolo b ben cosciente che una pedagogia della fede e dell'esperienza spirituale mobilita sia il padre che la madre in lui. Altri testi paolini preciseranno le due immagini. Quella della madre trova un complemento in Galati 4,r9.I cristiani della Galazia, al pari di quelli di Tessalonica, non hanno reso la vita f.acile a Paolo. Non appena egli ha girato le spalle, dopo un primo soggiorno, si sono lasciati trascinare da altri missionari il cui evangelo d differente dal suo. Egli soffre talmente nel suo cuore, daparagonare le proprie sofferenze a quelle di un nuovo parto: "Miei piccoli figli, che io di nuovo partorisco nel dolore finch6 non sia formato Cristo in voi". Grazie a Dio, le sofferenze dell'apostolo saranno feconde

-

questa la sua speratza

-, co-

me lo E ogni sofferenza rnateffr- attraverso la quale viene al mondo una nuova creatufa. Nella Prima lettera ai Corinti, invece, Paolo precisa in che cosa consistevalapaternit) che ha esercitato nei loro confronti. Egli ha avuto una controversia con i cristiani di Corinto, nel tentativo di paci{icare le rivaliti che si sono manifestate dopo la sua pmtenza. A un certo momento gli d scappata un po' di mano la penna, e si d mostrato duro. Per giustificare questa severiti egli si appella allapropria qualit) di padre. Gli altri missionari sono stati dei semplici pedagoghi per i corinti. Solo lui, Paolo, d il loro vero padre in Cristo: Non d per farvi vergognare che vi scrivo queste cose, ma ts per riprendervi quali miei figli amatissimi. Potreste infatti avere anche diecimila pedagoghi in Cristo, ma non certo molti padri, perch6 sono io che vi ho generati in Cristo Gesir, mediante l'evangelo. Vi esorto, dunque: fatevi miei imitatori (r Cor 4, r4-r6).

in pieno sfogo di sentimenti paterni: Paolo esorta e riprende. Di pit: incita i corinti a imitarlo, quali figli che proSiamo

r66

il bisogno di identificarsi con il loro padre e di fare come lrri. Iigli precisa anche come d divenuto loro padre' il seme della sul paternit) d quello della parola di Dio, quello dell'evangelo, , Ir. Paolo d srato il solo a deporre nel loro iuor.. i graziJ alla r):rrr)la dell'evangelo che Paolo pud dire in tutta verit) di avere li.rrcrato i corinti all,avita in Gesr) cristo. Lo ricorder) anche l'it'tro nella Prima lettera; "Siete stati rigenerati non da un serrrt' corruttibile, ma incorruttibile: la parola di Dio viva ed etervrrrr.

m" (rPt r,z3). (

lid che ci interessa in questi testi b l'assenza di qualsiasi esilrrzione allorch6 Paolo si situa in un ruolo al tempo rt.rro pater_ n() c matefno. In questo l'apostolo, e I'accompagnatore spiritua_

l,' rlopo di lui, parrecipa un po' di una funzione divina. Egli d irrlrrtti a immagine di Dio, e Dio d sempre padre e rrrrdr. Ir, r('r))po. Infinitamente padre e "pir) che padre,,, come diceva il P.t'[zri infinitamente madre e "pii che madre,,. percid paolo ,(), esita a passare dall'uno all'altta, quasi senza transizione. A lrochi versetti di distanza, egli coccola come una madre e mi_ nrrccia come ufl padre.

(luesta duplice immagine del padre e della madre ci dice rrrlcosa_di molto profondo su Dio e nel contempo sull,uomo. Il lrrtto che siamo portati a dire che Dio d padre e madre al tem_ l)() stesso, ci rivela a posteriori l'imbarazzo che Dio deve aver lrrrrvato, se d permesso esprimersi in termini cosi antropomor_ I it i, cluando creando l'uomo a propria immagine . ,o*,iigliurrru , h rvctte distinguere, per poi riunire, cid che in lui era .r.rito. I.r_ r;r'rrirndosi nell'umanit) e calandositra gli uomini, l,immagine ,li I)io d come stata costretta a sdoppiarsi. Solo l,uomo ,,J, la rhrnlla, simultaneamente e complementarmente, potevano tfa'lrrr'c in maniera un po' pir) adeguata l'inconcepibile ricchezza ,lt'l r,istero di comunione, di comunicaziorr., di scambio e di rri(),e in Dio. cid vale in particolare quando si tratta del sucr ,rn()r'c, con la sua duplice componente ditenerezza e di forza. Lr llibbia le distingue sempre con cura, pur unendole in una (l.r

r67


medesima formula. Dio ts insieme cbesed e eruet, rnisericordia et oeritas, tenerezza e fedelt). tadotto in umanit) e in linguaggio umano, l'amore di Dio doveva dare origine a due esseri e a due vocabolari complementari, ugualmente umani tuttavia, e al tempo stesso profondamente differenti: l'uomo e la donna, e

r, ( ()rlplica le cose per l,uomo, allorch6 B chiamato a prendere il l,,,,,trr tli Dio, sia come responsabile, sia come accompagnatore

la loro mutua ricchezza affettiva. L'uomo, testimone e segno delTa forua e della saldezza di Dio; la donna resrimone e segno della sua dolcezza, della sua infinita accoglienza. Un solo essere umano non sarebbe stato sufficiente. Bisognava che l'uomo fosse due. Due in uno. Ormai tuttalapedagogia divina e umana sar) basata sulla complementariti feconda di questi ,,due in uno", come suggeriva gi) il testo della Genesi: "Dio creb l,uomo a sua immagine; uomo e donna li cred" (Gen r,z7). L'essere umano "maschio" d a sua volta emet, fedelti; o piuttosto; saldezza, fermezza, a immagine della saldezza e della fermezza di Dio. Si pud poggiare su Dio come su una roccia che non verri meno. Si pud edificare su di lui come su un fondamento che non ceder). Nella donna, invece, l'essere umano d c b esed, ciod tenerez za infinita, sempre disponibile all' accoglienza e al perdono. Che Dio possa essere infallibilmente forte anche quando si mostra tenero e misericordioso, ecco, questo B uno degli aspetti pir) sorprendenti, e pir) inconcepibili dal nostro punto di vista, del suo mistero. Fintanto che non abbiamo incontrato Dio in verit), ma solamente le idee o le convinzioni che noi abbiamo elaborato a suo riguardo, fintanto che non ci siamo "scontrati",letteralmente, con lui, noi non possiamo immaginarci come una tale forua possa andare di pari passo con una tale teflerezza; si sarebbe quasi tentati di dire: con una tale debolezza. L'oruzione della ventiseiesima domenica del tempo

,

ordinario lo dice mirabilmente: "Deus, qui omnipotentiam tuam parcendo maxime et miserando manifestaS", "O Dio, che manifesti la tua onnipotefiza soprattutto quando perdoni e usi misericordia". E una meraviglia che appartiene propriamente a Dio ed B, in un certo senso, inimitabile. E questo indubbiamenr68

,rl r ur)r'e del dialogo spirituale.

l,t' r'ose sono un po'

piil

semplici nella vita di famiglia, in

,(,():t .l-l nucleo normalmente costituito,

li

ciots dove ilprdr. l,r r.,rclre sono sufficientemente presenti e svolgono pr.rro.fra

r'rrr.lt.,rente il loro ruolo. Come abbiamo visto;l,im;agine di l)r,, vi si trova riflessa attraverso l,azione complementire dei ,lrr,' ll padre pud mostrarsi rigoroso e anche irr".o, ;;;"d" l,r lrrrrrlr't della madre fa sufficientemente du .orrt.upp"; El; rrr,r,lrt' l)ud mostrarsi quasi eccessivamente buona, quurao oJ ' "'rr,(' sul padre per gli indispensabili richiami-uil'ordi.r.'. E , 'r'r,i. t'l)c si richiede una condizione supplementare: l,intes; ai lr,iv:r clei due genitori deve essere ta[e'da farli apparir. r.ui rr, rlr(' "uno" agli occhi dei loro figli, in un,unith senza incri_ ,.rrrr'(.. Non si otterr) dalla madre, per vie traverse, cid che il 1',r,lr. lrir appena negato solennemente in pubbli.o, . rri..u*ru. ( )rrr':rt:l intesa pedagogica dei genitori d evidentemente la con_ , l r,rr, rr rt' indispensabile per un,influenza feconda,"i figli. R;; l'r'(. '('.lrr al tempo stesso una mirabire immagine di Dio, che'B rr, l,,y1l1s11rpo tenero e forte. I lrr l'ro' meno semplici sono invece le cose nel rapporto tra I .rr t rrrrrplrgflrtot ,pir-itrale_e il suo partner o tra un superiore r' lr1ii.s. c i suoi fratelli. In linea di massima, primo il a^rrf. i,, r t iir stesso, molto piil demunito. euando ts ,r...rrrrio .h. ", ,i'|'rri l.crmo e forte, la suaforuarischia di indurirlo. di uf-,i l),u u1' colne oppressiva e ingiusta. euando, invece, ritiene di '1"1'1 11i r))ostrare buono e comprensivo, ra sua bonor rischia di "\'r;r:ili,'lo e di renderlo eccessivamente bonario. II superiore , ,r',tiyirr,atti" e il superiore .,bonaccione,, non sono figure pur,ur( nt(' immaginarie. E se queste qualifiche ,orro trloiu ingiur , , ;,.'r'ch6 non corrispondono neceisariamente a una realti'tgi.( ltr\/:r rrcl responsabiie in questione, n. nondimen. "rprimorro r''r r('irltir soggettivamente vissuta da coloro che se ,-r" ,"ruo.rc, ,


per proteggersi da un tipo di intervento che sentono, a torto o a come qualcosa che li frustra o li ferisce' iagione, "Armonizzare forua e tenerezzai ecco indubbiamente uno degli obiettivi pin difficili da raggiungere e pii delicati da salvat !,rurdu.. al cuore dell'accompagnamento spirituale' Siccome limmagine di Dio che b in gioco qui in ciascuno di noi, si capi,.. b.* che la soluzione umanamente pii perfetta possibile non ci d data se non nella santit). Ora, questa non d mai piena-

mente raggiunta quaggii. Solo la carit) del santo - che in lui si identifica con lo Spirito santo - B capace di avvicinarsi per quanto E possibile a questa armonia della duplice immagine reaiirrutu irrlui. Ed d sempre un'autentica meraviglia' Nondimeno, in rnancafiza di santit), e in umile attesa di qualcosa di m9; glio, una presa di coscienza delle esigenze complementari di [rr"rto alnore divino, e delle nostre possibiliti o impossibiliti personali pir) o meno grandi in questo campo, pub portarci un aiuto reale ed evitarci certi tranelli. Sono i tranelli inerenti alla sit'tazione di tansfert, che b propria di ogni dialogo, e allo scenario inconscio che ognuno dei i,r" puttt.t d solito mettere in campo in questa circostanza' Se ne E parlato a lungo in precedenza. Satddunque importante che l'accompagnatore si conosca a sufficienza, che abbia una certa cognizion. delle proprie possibilit), ma soprattutto dei propri timiti. Misurando meglio questi ultimi, accetter) piir facilmente di fare appello al ruolo complementare che potrh svolgere un'altra p.r*r, magariun fratello che lo assiste e ha il compito della iupervisione, o un altro responsabile della comunit), o un confidente dell'accompagnato, o la comunitA stessa' La prima domanda che si porr) concerne il ruolo in cui si sente maggiormente a proprio agio: b pii padre o pit madre? In una matetia come questa la risposta non pud essere lasciata alla spontaneiti, ma dev'essere matwata a lungo: c'b un discernimento delicato da operare. Non d per nulla certo, infatti, che il ruolo in cui ci si sente maggiormente a proprio agio sia necesr70

piil vantaggioso per il partner del dialogo. A volte d vero il contrario: cid che crediamo sia un nostro dono l,crsonale in questo campo, rischia di diventare invece un punto tlt'lrole particolarmente nevralgico. Alcuni forse penseranno che il ruolo che si svolge con magliirrr successo abbia stretta attinenza con il sesso a cui si apparlicne: se si ffatta di un uomo, sarebbe piil facilmente padre; se tli una donna, si sentirebbe a suo agio come madre. Niente d r))cno certo. E questo per varie ragioni. La prima B da cercare rrcll'inevitabile ambiguith, riflessa nella stessa fisiologia, che ac( ()urpagna l'essefe sessuato. Ogni essere umano, infatti, porta irr s6 entrambi i poli dell'immagine divina. Uno dei due ts ben visibile, ma egli conserva tracce anche dell'altro. Se questo d vt'ro gi) sul piano biologico, nel corpo dell'uomo e della donna, rrr.rlto piir evidente ancota, e pii gravido di conseguenze, lo d piano psicologico. Ogni essere umano possiede nella sua psi''ul , ol<rgia i due poli, maschile e femminile, tra i quali si d operalrr, nel corso dell'evoluzione, una certa selezione. Al termine di (lucsro processo, che pud durare anni e che talora si blocca per :rrlirda, uno dei due poli si impone saldamente e pacificamente rr,'lla sua psicologia e funge da"carta d'identit)". Abitualmenr('si tratteri del polo che corrisponde al sesso a cui appartierr,'lriologicamente. L'altro polo E stato interiorizzato, identiti lriir sotterranea che d sempre attivamente presente e continua .r t'scrcitare un'influenza importante e benefica. Un polo femrrrirrilc correttamente interiorizzato evita all'uomo di diventare un mostro di aggressivit) e gli permetter) anche, quando sari il nr()nrcnto, di riconoscere la donna al di fuori di se stesso e di .r it'ntare veirso di lei il proprio desiderio. La stessa cosa avviene 1,,'r' la donna che ha intetiorizzato correttamente il proprio polo rrrrrschile. Certo, i dosaggi di questo equilibrio variano all'infirrit,r. 'falora sono anche fragili. Possono peraltro essere messi in( ('ssiurtemente in questione e migliorati in occasione cli ntrovi r rt ontri. sirriamente quello

IJI


In questo campo si possono anche incontrare squilibri piil o meno marcati. Ma le loro conseguenze sul piano sociale sono raramente catastro{iche. Per owiare agli inconvenienti ts suffi ciente, in genere, che il soggetto conosca un pochino le proprie possibilit) e i propri limiti. Certi uomini, per esempio, si sentono a disagio verso il proprio polo femminile, cosi come certe donne lo sono con il proprio polo maschile. Nel primo caso si avranno degli uomini eccessivamente maschi - "machos", si di rebbe oggi -; nel secondo, delle donne tipo "donna {atale",la cui sola atma, o il solo mezzo di comunicazione, risieder) nel fascino sottilmente sfruttato. Peralffo certe donne nel corso della vita e in seguito a certe circostanze si sono tfovate nella necessit) di sviluppare quello che B stato chiamato un polo maschile d'appoggio, per essere in grado di disporre di una pir) grande forza interiore. Parimenti certi uomini, in seguito ad altre necessit), hanno sviluppato un polo femminile d'appoggio, per apparire pii seducenti e piil efficaci. Tutto cib non ha nulla di anormale. Ma non d necessario voler a tutti i costi modificare tali equilibri. Gli uomini e le donne in questione vi perderebbero una parte della loro seduzione naturale, e anche della loro identit) psicologica. E sufficiente che imparino a conoscersi cosi come sono, e che si accettino cosi come sono, sapendo che l'insieme delle qualit) che essi presentano li accredita nel contempo di punti forti e di punti pir) deboli. Nessuno d perfettamente armonioso in questo campo. Solo Dio lo d, lui che d cosi perfettamente padre e cosi perfettamente madre. In genere, questi limiti inevitabili non implicano alcun rischio, ma solamente delle possibiliti particolari, una chance che d importante conoscere bene per poterla gestire meglio. Poich6 non siamo mai soli in una relazione di accompagnamento, le nostre possibilith e i nostri limiti sono nel frattempo determinati dall'atteggiamento piil o meno cosciente di colui o di colei che viene a noi. Questo fratello o questa sorella a quale polo del suo accompaglatore si rivolge? Al suo polo maschile o r72

,rl srro polo femminile? A entrambi?

Al padre o alla madre? A un ';ottilc miscuglio dei due? La risposta a questa domanda non B ,;,'rrza importaflza. Cid non vuol dire che l'atteggiamento del_ l',r.compagnatore debba necessariamente inscriversi alla perfezi,rrrc all'interno dello scenario inconsciamente selezionaio dal l):r'tuer. Come si d gi) detto, talora sar) pii utile il contrario. Se (luirlcuno, per esempio, si appella fortemente a7Lato materno ,1,'l proprio padre spirituale (e non c'd nessuna contraddiziorrt' in questa ipotesi), cid pud venire dal fatto che non ha mai l)()tuto o osato affrontare da giovane adulto il proprio padre o (lurrlche altra figura paterna. Egli continua a fuggire il padre e ;r ('('rcare rifugio in una figura materna. La migliore risposta a (lu('sta attesa non B probabilmente quella di riprenderlo _ sim_ l,,rlicamente, d owio - sulle ginocchia di una nuova madre, 1,,'rrsi, senz'altro, quella di sottrarsi dolcemente alla prospettiva rli tlrresto ruolo che egli vorrebbe imporre alla sua guidal in tal rrr,,clo gli sarebbe permesso di misurarsi finalmente, e se neces',;rri. di scontrarsi, con un'immagine paterna normalmente fort r' , i mmagine questa volta meno conflittuale e pir) facilmente as',irrilabile, che potri in definitiva rendere senza oggetto il tent,rtiv. di rigiocare sempiternamente le frustrazioni del passato. ( .r'r'to, in un caso del genere, se I'accompagnatore accettasse di r i;ii.care il ruolo della madre, l'accompagnato potrebbe trarne , rrr lrcneficio immediato, e talora anche lo stesso accompagnatorr', sc questo ruolo, per fortuna o per disgrazia, corrispondesse .rllrr Propria inclinazione interiore. Ma il risultato pedagogico a lrrrrl-i. termine, soprattutto se questo gioco prolungandosisi ri, lrirrclesse su se stesso, sarebbe praticamente nullo. Non d sempre facile discernere chiaramente quale dei due rrr,,li venga sollecitato maggiormente dal partner, se quello del 1,.'.llt' o quello della madre. Non si tratta qui di una richiesta , ,lrlicita da parte sua, bensi di una domanda implicita, poich6 nr lil'iur parte inconscia. Essa si esprime a volte in un modo cosi rr;rst'lrcrato che d facile sbagliarsi sulla sua esatta portata. eue| -11


sto rischio b tanto pitr reale in quanto ognuno avri sempre tendenza a interpretare i segni della domanda attraverso il prisma del proprio scenario e dunque dei propri bisogni inconsci. Pud

su.cedire, per esempio, che l'accompagnatore abbia l'impressione che l'altro necessiti come prima cosa di :un'accoflienza ca' lorosa e comprensiva, quando in realth bisognerebbe usare nei suoi confronii ,t certa ferme zza pateff* L'errore di analisi si " pub spiegare facilmente se, ad esempio, senza saperlo, I'accompugnutot eru innanzitutto preoccupato di risparmiare agli altri le frustrazioni affettive di cui ha egli stesso sofferto in passato da parte della propria madre e le cui sofferenze, intollerabili a quell'epoca, sono state da tempo rimosse e sepolte nel suo inconscio. Sappiamo tutti, dopo Freud, che il peso del simbolismo paterno e materno ha a che fare con quello che egli ha chiamato "complesso di Edipo" e con la sua risoluzione piir o meno felice. La comunione fusionale con la madre, vissuta prima della nascita e nei primi anni dopo la nascita, si d sentita minacciata dall'apparire del padre, a sua volta legato alla madre da un vincolo affettivo sui generis, vincolo da cui il bambino si sente confusamente escluso per semprc. L'immagine della madre sari ormai quella dell'oggetto ardentemente desiderato e al fempo stesso irrimediabilmente perduto. Quella del padre, al contratio, evocher) il divieto originale che ha separato il bambino per sempre dall'oggetto dei suoi desideri. Se questo processo si svolge in un clima affettivo sufficientemente caloroso e rassicurante da parte della madre, e con tutta Ia fermezza richiesta da parte del padre, il bambino accetteri sefiza traumi inibitori di fare il passaggio dal suo mondo di sogni verso il mondo reale, per uscire infine definitivamente dalle acque materne e confrontarsi con la realt) esterna. Diventerd capace di interiorizzarel'oggetto del suo desiderio che, seppur assente, sari affettivamente presente nel suo mondo interiore, e si creer), per cib stesso, uno spazio in cui potrh un po' allavolta sviluppare la sua 174

;rutononria e la sua libert) e mettere alTa prova la sua capacit) di altri esseri, diversi da colei con la quale si d totalmente irlcntificato nella prima et) della sua vita. Questo processo, an,lrt' se a suo tempo si B sviluppato in un modo relativamente s,,rldisfacente, il che non sempre avviene, non sar) mai del tutt() compiuto. Ogni nuovo incontro, soprattutto quelli in cui enrrrr in gioco l'amore in tutte le sue forme, deve permettere di r iprenderne lo scenario, pir) o meno generatore di frusffazione, piir o meno portatorc di liberazione, e di affinarne sempre di :rruirre

piir la fragile riuscita. l'l evidente che tali ricordi, con tutto il loro peso esistenzial,' irrevitabile, investono a sua insaputailegami che l'accompaitrriltote crea con coloro che cercano in lui un padre o una ma,llt', o verso i quali si sente chiamato a esercitare uno di questi ,lrrc ruoli. Pud essere utile, in questo senso, rendersi ben conto ,li rluali siano i valori propriamente paterni, cioi l'impatto che il lxrmbino attende da parte di suo padre, e i valori propriamenl(' nlaterni, ossia f impatto che attende da sua madre, in un pro, r'sso di Edipo che si evolve in maniera per quanto possibile ',,,tlclisfacente (ciod mai pienamente). La madre eccelle nell'accogliere nell'amore: essa ascolta, coml,rtrrde prima aflcora che le cose siano dette, si astiene dall'inr('r'vcnire, d paziente, tollera, lascia essere e fare, consola, cir( ()nclzl di affetto. A un dato momento dell'evoluzione una tale l)n'scnza d assolutamente vitale e indispensabile. Ma non pud l);rsllrre a se stessa. Senza I'intervento paterno che inaugura una ',('llrtrazione tra il bambino e la madre, essa non farebbe che pro,lrrmc degli esseri invertebrati e incapaci di affrontare le dure r,',r

It

) dell'esistenza.

lrrtroducendosi tra la madre e il bambino, f immagine del pa,lrt' r'cster) per semprc segnata dalla dolorosa e incomprensibile lr us( razione del divieto. Ma aprendogli in tal modo uno sperzio rr ( ui il bambino potr) imparare a esercitare la propria autorr.;11i11 e libert), il padre d anche colui che lo chiama per nolne, r75


che gli rivela la sua identit), che gli apre una srada, che gli affida un compito, che conferma i suoi primi successi, che lo invita a identificarsi con lui e ad andare pir) lontano di lui. Il padre B fonte di forza e di saldezza, quelle che il bambino prove-

r)

confrontandosi con lui. Non ci si addormenta in braccio al padre; lo si segue invece passo passo, ci si misura con lui, ci si scontra e si lotta con lui, si cerca di imitarlo, di fare come lui, anzi molto meglio di lui. Nulla di pii esaltante o di affettivamente positivo, per il bambino tra i sei e i dieci anni, dell'ora in cui nei suoi giochi cerca di prevalere sul padre; un padre che, ogni tanto, gli lascia la sorpresa e la fierezza di vincerlo. Ma questo affrontarsi e questa rivalit) saranno veramente fecondi solo nella misura in cui si svolgono alf interno di un clima affettivo, calorosamente assicurato dalla madre, e se il bambino prova, da parte sua, il sentimento di una perfetta comunione tra suo padre e sua madre.

Quando si tratta dell'educazione di bambini in tenera etd,la presenza complementare del padre e della madre d indispensabile, perch6 nessuno pud, in simile circostanza, assumere da solo i due volti del ruolo parentale. Del resto, lavita stessa ha il segreto delle controfigure parentali: nonni, fratello maggiore, sorel-

la maggiore, zli, zie, insegnanti, eccetera, che sono altrettante paternit) e maternit) di ricambio. Nel quadro di una pedagogia spirituale di cui l'adulto, per lo meno in divenire, costituisce l'oggetto, le figure parentali possono essere incarnate dall'accompagnatore, senza peraltro eliminare il ricorso a un terzo, come abbiamo gii detto. Ancora una volta, lavita stessa sa determinare felicemente e a seconda delle circostanze 1l dosaggio che conviene a ogni singolo caso. Ottimismo che vale solamente alf interno di un dialogo di accompagnamento liberante, beninteso. Per una maggior precisione, dobbiamo aggiungere che se l'accompagnatore b in linea di massima unico, la semplice presenz^, come alle spalle della rclazione, di un terzo pub essere estrer76

mamente preziosa, senza che si debba peraltro parlarne come di una vera relazione a trc. La cosa B relativamente facile in una comunit) religiosa in cui, accanto al maestro dei novizi, si incontrano per forua di cose, in una piil o meno grandc prossimit), altre persone che svolgono un ruolo non trascrlrabile agli occhi dell' accompagnato : confessore, superiore, professore, cventualmente un confratello amico. IJna "presenza" del genere va

favorita, a condizione che esista una perfetta comunione tra l'accompagnatore e questa persona. Essa pud infatti esercitare un'influenza complementare assai benefica. Il caso pii classico lo si incontra nella collaborazione, a volte eccellente, altre volte difficile, sempre delicata, tra il maestro dei novizi e il superiore maggiore, abate o provinciale. Collaborazione tanto pit delicata nella famiglia benedettina, in quanto il padre maestro svolge il suo incarico, almeno in linea teorica, in dipendenza dal padre abate al quale la tradizione affida una specie di paternit) spirituale globale sull'insieme della vita del monastero, inclusi i novizi. Questa visione delle cose B indubbiamente conforme alla tradizione e merita tutto il rispetto. E tuttavia importante, dal punto di vista psicologico, che il ruolo del padre maestro sia pienamente vaTorizzato, senza che possano sorgere dubbi, agli occhi del novizio, sul ruolo preponderante che quegli esercita su di lui. Non d bene, n6 pensabile, che il novizio abbia due "padri". Il ruolo dell'abate non ne risulta peralffo occultato o eluso. Oltre alla comunione profonda con il padre maestro, che deve essere evidente agli occhi di tutti, con la sua sola presenzal'abate contribuir) positivamente alla crescita spirituale del novizio senza che sia necessario moltiplicare parole o interventi puntuali che sarebbero facilmente fonte di confusione in costui. Nella misura in cui l'accompagnato progredisce, la relazionc di accompagnamento d destinata a evolvere. Essa non deve irrigidirsi in certi riti, n6 essere tenuta a certi orari.che con il tempo avrebbero latendenza a divenire immutabili. E necessario clrrnt77


que essere particolarmente attenti ai segnali discreti che l'accompagnato lancer), il pit delle volte a sua insaputa, per far sapere che si presentano nuovi problemi e che egli prova ormai il bisogno di un alro tipo di relazione. All'inizio, e giustamente, hanno prevalso su tutto il resto il bisogno di essere lungamente ascoltato e la necessiti di potersi esprimere liberamente. Si sono cosi creati un legame, una fiducia reciproca, un'intimiti che non possono essere disgiunti da un certo calore affettivo. t il primo frutto dei colloqui che danno corpo al bisogno di ognuno di sentirsi compreso e accettato senza gi:udizi, di sentire, attraverso I'ascolto dell'accompagnatore, che c'd chi si fa carico di lui. Tuttavia questo legame affettivo, pur cosi vitale in questa tappa dell'accompagnamento, potr) portare frutto unicamente se, nello stadio successivo, si manifesta una disposizione nuova nel1'atteggiamento dell'accompagnatore: una certa fotza o fermezza, che ricorderanno ormai il ruolo del padre. Non solo l'accompagnatore deve saper ascoltare l'altro con rispetto e con estrema attenzione, con una qualith di amore che sia in grado di accettarlo cosi come si mostra, ma deve anche essere capace di creare o di far sorgere una certa "distanza" traT'altto e lui. Una distanza che d chiamata a diventare per quest'altro un luogo di libert). E il ,.gt to di ogni amore vero. La rclazione di iccompagnamento, infatti, non deve in nessun modo far regredire verso forme pii o meno fusionali, che ricorderebbero quelle di prima della nascita, n6 rinchiudere due esseri l'uno sull'altro. Il suo obiettivo sar) di creare allalunga una distanza, ma ula distanza che resti vitalmente impregnata di amore. Solo una distanza cosi, molto netta, in un amore altrettanto netto e pienamente certo, crea 1o spazio di cui due esseri hanno assolutamente bisogno per fare insieme, ma ciascuno per la sua parte, un passo importante nell'evoluzione personale, e per esercitare l'uno verso l'altro la loro libert), in totale autonomia. Inf.atti, a questo punto di profondit) della rc7azione, entrambi i partner trartafino beneficio dall'accompagnamento. r78

Non d sempre facile sentire qual d il momento piil adatto per lrrr evolvere la relazione. Un mutamento di vocabolario o di c ntimenti nell' accomp agnato, un' aggres sivit) sorda ma sempre trreno bene controllata, per esempio, possono esserne il segno.

s

Nrrovi bisogni si fanno strada nella psicologia dell'accompagnat(), e tutto cib d semplicemente la prova che l'ascolto e l,act oglienza, largamente dispensati nel corso della prima tappa, (()rrinciano apofiarc i loro frutti. Non sempre, perd, l'accoml)irgnatore d pronto a interpretare correttamente questi segnali. lrgli pub esitare a modificare una strategia che finora ha dato ..',rsi buoni risultati. Thnto pir) che, senza che egli si renda suffi-

t'ientemente conto del sottile gioco del transfert e del controllirrlsfeft, questa prima strategia ha finito pef essere in piena ;urnonia con il suo scenario e, di conseguenza, con i suoi bisorirri inconsci. Il coinvolgimento affettivo nella relazione, da una l)rrrte come dall'altra, acquista tutto il suo senso solo se implica rr..'ll'accompagnatore la disposizione a evolvere con l'altro e con i rrtrovi bisogni che via via emergono in lui. Nella maggior parte

.lt'i casi si tratter) di passare allora da un atteggiamento piutto'il() materno a un atteggiamento pit esplicitamente paterno. ()ueste spiegazioni e queste messe in guardia sono cosi chiarc solo sulla carta. In realt) non tutti sono ugualmente dotati lx'r'sostenere entrambi i ruoli. Soprattutto, non B evidente che rrn lale "passaggio" sia possibile per la maggior parte degli ac( ()r)rpagnatori, tenuto conto del capitale psicologico e affettivo t lrt'I stato investito sotto una certa forma, nel corso della prima l:rl)l)rr. La difficolt) non viene unicamente dall'accompagflator

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cntra anche la fr agilith, dell' accomp agnato. Un c ambiamendi strategia da parte del primo potrebbe diso-

) tr()ppo brutale

rit'rrtare completamente

il

secondo e farlo regredire verso tappe

1,t'ccdenti, il che potrebbe tradursi concretamente nella deprcs',i()rrc sotto tutte le sue forme. Tutto dipender) evidentementc ,l:ri cirsi e dalla profonditi di certe ferite subite un tempo, la cui ',,,llcrenza o angoscia permane ancora segretamente. Ilisogna t79


allora saper agire con molto tatto e prudenza, ritardare provvisoriamente la presa di distanza in attesa di un momento pii opportuno, saper a volte cedere un po', pur sapendo che un giorno o l'altro, con l'aiuto degli eventi o degli incontri, la distanza dovr) essere immancabilmente suscitata, per il semplice motivo che ts la condizione indispensabile della comune libert). Agire con prudenza significher) spesso essere attenti alle reazioni dell'altro. Nel momento in cui l'accompagnatore si sforzerd di creare 7a distanza, il soggetto gli lancer) di rimando ogni sorta di segnali che egli dovr) essere in grado di interpretare nel loro giusto valore. L'accompagnato cercher), per esempio, di mobilitare di nuovo la sua attenzione, quando in realti il suo vero interesse dovrebbe essere quello di accettare la distanza per cercar di camminare al proprio passo e al proprio ritmo. Come sempre, l'importante sar) coniugare insieme il distanziamento e la permanenza del legame di amore. La distanza creata non deve mai dare al soggetto l'impressione di essere ancora una volta la vittima di un nuovo rigetto. Ogni parvenza dirigetto, o cid che senza valido motivo d vissuto come tale dal soggetto, non potrebbe che avere delle conseguenze funeste e ritardare nuovamente il processo di maturazione. Bisogna che l'accompagnato senta concretamente che l'amore permane e il legame persiste sempre, anche se sta attraversando una fase di approfondimento. E grazie al legame che permane e nel contempo alla distanza che si crea che I'accompagnato ha qualche possibilit) di essere rimandato alla propria autonomia e responsabilith, e di maturare in tal modo verso un comportamento veramente adulto. Lavita vissuta in comune dalla maggior parte dei religiosi e delle religiose, con tutte le inevitabili limitazioni che essa comporta, d un elemento importante che pub svolgere un ruolo regolatore della giusta distanza tra accompagnatore e accompagnato. Piir il gruppo o la comunith sono numetosi, piir saranno importanti le limitazioni. Esse possono entrare in azione a tutti i lir8o

v.'lli, e innanzitutto dipendere dal tempo che d a disposizione 'li .gnuno' Se un padre maestro ha la fortuna di avere sei novizi, .gni novizio ha teoricamente diritto a un sesto del tempo di,,1,,,nibile del padre maestro. E assolutamente impensabile, per ,'s.'r,pio, che un solo fratello occupi abitualment" 1o m"t) di (lrr('sto tempo. Lalimitazione imposta dal quadro di vita d, cli ()rrscguenza, puramente esterna alla rclazione, e dunque tanto ;,iir preziosa. Se questo principio di realt) viene abitualmenre

(

rispcttato, potri rivelarsi molto fecondo. Se non lo d abitr-ral.r('rtc, il legame tra i due avri delle difficolti a porrare frutto

.rll'irrterno del gruppo. Tanto l'accompagnatore qr^rrto l,accoml):rg,ato fanno parte della dinamica del gruppo, e l,accesso alla rrrrlrrritd da pate del secondo implica necessariamente un mirrirn,r di rispetto nei confronti di questa dinamica. Ur'ultima parcla riguardo alle difficolt) che possono insorvi,'r t' rrllorch6 1'accompagnato presenta gravi lacune nell'integra,rr.rrc delf immagine del padre o della madre, lacune che.ondi_ ..i(),rrro il suo compoftamento presente, sia che non abbia con()sciuto uno dei due genitori, o nessuno dei due (bench6 nel , rrr.s. delf infanzia si siano potute installare delle sostituzioni .r,.. t'ttabili per compensare una tale assenza), sia che genitori, i ,) uno dei due, seppur fisicamente presenti, mostrassero gravi ,1,'licicnze nell'esercizio del ruolo parentale. I casi di questo til), ) lx)ssono variare all'infinito, e ciascuno di essi dovrebbe esse_ r(' l)r'eso in considerazione di per se stesso, tenendo conto della 'tr rr irr personale di ognuno. Non ts possibile stabilire una regola

r('r'llle. Nondimeno, alcuni esempi significativi potrurrno Irg_

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)t,

rilc con quale spirito gestire tali deficienze.

(.)uando la madre, per esempio, d stata notoriamente carente, , ,rtklirittuta totalmente assente, la conseguenza pud essere una ' ',,,r t:r cli impossibilith di "sentire" un amore o di iiconoscere rln .ilil()r'c testimoniato da un altro. Questa sorta di insensibilitr\ cli l"rrtlo si verifica innanzitutto nelle relazionicon le personc, nla l,r ri spesso anche nelle relazioni con Dio c ,ella stcssa 'itroveri

rtlr


vita di preghiera. I1 soggetto prova come una riluttanza assolutr, ,r.rri.ri e propria allergia, dtnanzi a tutto cid che permette Ji.rp.rir. Dil sensibilment. come calore , tenetezza, consola,ioni. Si tratta di una sorta di paralisi dei sentimenti, che predispone a un,aridith cronica nella vita di preghiera. La condivirione paziente e prolungata di questi sentimenti, o piuttosto di questi non sentimenti, con un accompagnatore esperto.pub , rro1r. far venire alla coscienzala fetita che d all'origine di un protale blocco, che porta con s6 un rifiuto quasi sistematico di ha vare amore, rifiuto inconscio, certo, e di cui il soggetto non nessuna responsabilitlr'

In altri casi, forse pii frequenti oggi, il ruolo materno ha potuto avere una netta predominanza, talvolta persino una certa esclusivith. Molti giovani sono stati sommersi di attenzione e di amore al punto du fu, impallidire o scomparire quasi del tutto l'immagine del padre. Costoro presentano in genere sintomi contraddittori: da un lato sono aff-ascinati da un amore che reclamano incessantemente a ogni nuovo inconffo che si offre, ma nel contempo sono come terrorizzati da questo medesimo amore. Nonostante il loro bisogno di amore, finiscono pet sentire ogni amore che viene manifestato loro come una forma di oppi.rriorr. e di vessazione che li soffoca psicologicamente' Que-

aspetto non d immediatamente evidente per chi li os,.rrru rrrp"rficialmente. Essi sembrano allaricerca di una figura

,,'rl,ilno

tnur..rru che dia loro sicurez z^ e tr^nqlJillith' Tuttavia, molto pir) in profondit), d a un padre che fanno appello senza saperlo, un padre che riesca a liberarli da un'immagine materna troppo urripurrunte e invadente. Ne consegue spesso che ogni gesto o sentimento espresso di amore ricorderh loro la madre divenuta prepotente o, peggio aflcora,la madre che, senza rendersene .otto, pretende di svolgere il ruolo del padre' In realt), non B tanto il ruolo materno che d stato deficiente, nella maggior parte dei casi oggi, quanto piuttosto il-ruolo-paterno. Alurtiie da un certo mese di maggio 1968, allorch6 fu

t8z

"victato vietare", la schiera dei padri - e cib riguarda anche taIt' rrttribuzione nella vita religiosa - sembra vergognarsi un po', (lualldo non si sente addirittura colpevole, di fronte al ruolo t lrc spetta loro normalmente. Certo, d esistito sempre un modo "oppressivo" di essere padre, e questo d inaccettabile al giorno ,l',rggi. Resta tuttavia la necessith assoluta di esprimere Llna rezllr'fcrmezza - cosa che non pub prescindere da un minimo di tlivieti - perch6 un giovane possa acquisire la piena autonomia. (,crti padri hanno voluto riscattarsi da una fermezza giudicata ()r'mai eccessiva cercando di giocare il ruolo della madre, con ( orlseguenze altrettanto nefaste, e con in pit il rischio di una t onfusione tra i due ruoli e il ricatto affettivo che pud derivarn(' a vantaggio o a detrimento dell'autorith e del potere. Ricatto r lrc talora si pub ritrovare nella comuniti religiosa, nei due sen,,i peraltro, sotto forme assai sottili, del tipo: "Se non obbedit, i, vuol dire che non mi ami", o: "Se non mi obbedisci, non ti ;rnrcrd pir)"; oppure, in senso inverso: "Se mi ami, mi devi quesltl peffilesso". Le ripercussioni di questa asseflza del padre, o della confusior,..' del suo ruolo con quello della madre, sono facili da indivitlrrrrre nei giovani. Si traducono in una catenzapit o meno acuta ,1,'l senso di identit). Molti giovani mancano di sicurezza, dubilrrrro di se stessi, non sanno bene chi sono e che cosa dovreb1,,'r'o fare. Mancano di fiducia nelle proprie possibilit) e hanno 1,,rtrra di impegnarsi. Appaiono volubili e capricciosi. Sembrano 'rt'rrza spina dorsale e la loro vita manca di stabilith e di una lirr,'rr direttrice. Nel linguaggio popolare francese, di un figlio del 1('ncre si dice che d stato gAM fuiziato, letteralmente: "guastatr"), proprio come si dice di un frutto che si e guastato per es';t'r'c stato esposto troppo a lungo al calore del sole. In questo , ,rsrr, al calore intimistico e fusionale dell'influenza matern^. Al contrario, nella vita del soggetto ha potuto essere prepon( l('r'lrnte il ruolo del padre, ipertrofico al punto da esscre scntito ( ()r)rc veramente oppressivo e paralizzant;. i normale all<tra che rUl


le ferite inferte nel passato abbiano tendenza a riaprirsi ogni volta che si profila all'orizzonte una forma di autorit). Thli soggetti possono essere gravemente allergici a ogni forma di autorit), eccessivamente critici e aggressivi. k loro relazioni con il responsabile tendono a deteriorarsi in brevissimo tempo, e finiscono per essere vissute unicamente come un braccio di ferro o come un conflitto permanente. Anche qui, solo la presa di coscienza della ferita che d all'origine di un tale irrigidimento, presa di coscienza che pud essere unicamente il frutto di un percorso prolungato di ascolto e di scambio, potrebbe alla lunga sciogliere il conflitto, di cui nessuno dei due partner b realmen-

;',, tlcgli sconvolgimenti straordinari che prendono 1'andamento ,li rrner vera e propria rinascita della personr. E .o-. un essere nu()vo, alTota, che nasce. Nasce dallarelazione di accompagnanr('l)to e da quell'amore che, al cuore delTa relazione e in mille rn,,tti, ogni guida spirituale cerca di irradiare nel nome del Si;intrt'e Gest) e nella forza del suo Spirito.

te responsabile. L'accompagnamento spirituale dovrh tener conto di queste situazioni, senza necessariamente voler pretendere di risolvede tutte. In molti casi, in realt), bisognerebbe poter contare su un investimento di tempo e su una competenza professionale che non sono alla portata di un semplice maestro dei novizi o di un confessore. Tuttavia, se cerca di essere n6 pir) n6 meno cid che d, se ascolta pazientemente la storia, ripetuta all'infinito, del fratello o della sorella in questione, I'accompagnatore pud migliorare notevolmen te la situazio ne, senza nemmeno tenders ene conto, senza altra pretesa, del resto, che non sia quella dell'amore. La semplice qualit) del legame intessuto tra lui e il fratello, nell'ascolto di costui e di cid che Dio vuol dire attraverso le sue confidenze, pud alla lunga portare frutti sorprendenti, anche nel campo della psicologsa. L'abbiamo gii visto: Dio non si trova a lato della psicologia del soggetto, ma d all'opera in essa e con essa. Ogni evoluzione psicologica possiede un senso e un orientamento che non sono estranei allo slancio creatore di Dio. Nella misura in cui, all'interno della relazione, I'accompagnatore pud restare all'ascolto di questo slancio creatore e liberatore - lo slancio dello Spirito di Dio che "si muove" da qualche parte in questa psicologia - senza rifugiarsi troppo presto in un discorso falsamente "soprannaturale", possono aver luor84

Itij


DISCERNERE LAVOLONTA DI DIO

Volonti di Dio e volonti proprie

Nel corso delle pagine precedenti si b sovente ripetuto che ogni accompagnamento spirituale dovrebbe portarci a ristabilire il legame con la nostra realth piir profonda, quella della nostra vita nella sua sorgente, nel pit intimo del nostro cuore. Non b una cosa faclle, poich6 noi viviamo abitualmente alla superficie del nostro essere e abbiamo in genere perso il contatto con questo nucleo pir) profondo. Per di pir), le vie di accesso a esso non sono quasi piil praticabili o sono alquanto ingombre. Come, dunque, con pazienza, nel corso della vita, sgombrare questa via per renderla di nuovo praticabile? Come, con pazienza, lasciar affiorarc alla nostra coscienza questa corrente che ci porta interiormente, purtroppo a nostra insaputa? L'intuizione di questa vita profonda, tradotta in termini di "inconscio" e di "poli di identith" dalla psicologia moderna, non E in senso stretto un'esclusiva di quest'ultima. Quando basa il proprio discorso su questa intuizione, quando sostiene certe sue teorie, la psicologia non fa che raggiungere in realt) un ordine di constatazione molto antico, gi) operante nel discorso e nei consigli degli autori spirituali agliinizi del monachesimo. Solo che il loro linguaggio differisce dal nostro. Si potrebbcro citare in particolare Origene o Evagrio, la cui esperienzt ci 6 stata trasmessa in occidente da Giovanni Cassiancl. Essi si tror

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v^no alpunto dipartenza di una riccattadizione spirituale, con un suo vocabolario particolare, gii molto preciso. Semplificando all'estremo le cose, ecco come si potrebbe riassumere quella che alcuni chiamerebbero volentieri la loro "psicologia spirituale". Nel pii profondo di ogni uomo si trova il noils. Esso non si limita all"'intelligenza" o alla "ragione", nella misura in cui queste rappresentano la facolt) di pensare e di ragionare. Si identifica piuttosto con il cuore profondo, con lo spirito (in latino: la mens). Per gli antichi il noils d il luogo di Dio in noi (ho tdpos toil Theofr), il luogo in cui Dio ci abita e a partire dal quale ci manda i suoi impulsi e ci dona di partecipare sempre di pin alla sua vita. E l) inoltre, nel nofrs di ogni essere umano, che si pud rinvenire il disegno assolutamente unico che Dio ha tracciato a suo riguardo. Si tratta, con ogni evidenza, di un disegno di amore e non pud che corrispondere alla dilatazione pir) ampia possibile di tutto cib che ogni uomo nasconde in s6 come capacit) di essere e di svilupparsi. Questo disegno d'amore di Dio coincide con il desiderio che egli ha di ognuno. Proprio perch6 Io ama, Dio lo desidera plasmato in un modo o in un altro, comunque in modo unico. Nessuna arbitrarieth in una tale disposizione, se non l'arbitrariet) dell'amore, ma di un amore che non pud che colmare al di l) di ogni attesa. Questo desiderio di Dio equivale alla sua "volont)", secondo il senso etimologico primo del termine greco thdlerna. La volont) di Dio nei confronti dell'uomo b cid che Dio desidera per lui ed d il frutto del suo amore. Anzi, d pmticamente sinonimo di amore. Davvero, nulla di pir) perfetto, di piil gradito, di pit profondamente gioioso potrebbe mai awenire all'uomo al di fuori di questo desiderio o di questa volont) di Dio su di lui. Raggiungere in se stesso questa volonti di Dio non gli d purtroppo facile. In conseguenza dellaprima caduta, tale desiderio di Dio, fonte dell'uniti interiore, a partire dalla quale ogni uomo si sarebbe potuto incamminare nella pace e senza contraddizioni verso il proprio compimento , setza neppure passare attrar88

verso la prova e la morte, d stato occultato in lui. La sua uniti interiore e stata ferita e votata al fallimento. E andata in pezzi e si ts dispersa in una moltitudine di piccoli desideri {rammentati e superficiali che occupano in lui il proscenio, che lo srrattonano in tutte le direzioni e gli impediscono di prenclere coscienza del vero desiderio di Dio in lui. Secondo uno schema un po' semplicistico ma eloquente, gli autori antichi si raffiguranola moltepliciti dei desideri, o delle volonti "propric", come qualcosa che si d cristallizzato, attorno al cuore profonclcr dell'uomo, in una specie di involucro opaco che oscura il desiderio di Dio e gli impedisce di investire l'essere e di irradiarlo a partire dal suo centro. Un'altra immagine potrebbe essere quella di un paravento innalzato ra l'io superficiale e l'io profondo. Le volont) proprie sono un impedimento all'ascolto del cuore profondo e allontanano l'uomo dalle vie delf interioriti. Il desiderio profondo B allora come un'acqua che si perde nella sabbia: non pud n6 sgorgare n6 essere raggiunto. In quella profondit) di ogni essere umano in cui si trova il luogo di Dio regna un'assoluta katuistasis, per usare la terminologia di Evagrio. Latraduzione pir) appropriatadi questo termine greco sembra essere quella di "riposo". Dio in persona d questo "riposo": d lui che crea nell'uomo questa tranquilla stabiliti, in contrasto con l'estrema mobilit) dei suoi desideri superficiali o volonti proprie. Negli scritti di Evagrio il termine kattistasis d praticamente sinonimo di preghiera. Pii esattamente, designa uno "stato di preghiera"; b qui infatti che, in ognibattezzato, la preghiera trovala sua dimora; qui B all'opera, instancabilmente, da quando egli ha ricevuto la grazia del battesimo. purtroppo, perd, ecco che ancora una volta i "desideri" o "volont),, o loghismoi avvolgono il cuore umano e gli impediscono di raggiungere questo riposo interiore nel pit profondo di se stesso, li dove la preghiera dello Spirito d senza tregua all'opera in lui, 1) dove si trova la volont) di Dio in lui, ciots il suo desiderio piir profondo e pir) autentico, come si d detto. r

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Ci sembra importante sottolineare questa maniera di concepire le cose, piuttosto comune nella letteratura antica. In epoca moderna, infatti, una certa letteratura spirituale ha molto insistito, parlando della volont) di Dio, sul suo aspetto di "croce". Non si dice forse che d necessario "rinunciare" allavolontd ptopria per aderire alla volonth di Dio? Da qui l'impressione che la volont) di Dio sia necessariamente qualcosa di doloroso, come sospeso sopra la nostra testa, una sorta di spada di Damocle di cui finiremmo prima o poi per sentire il taglio doloroso... La rcaltd, per fortuna, non d del tutto conforme a questa immagine. Se ts innegabile che la volonth di Dio su di noi comporti talora dei reali sacrifici per potersi rcalizzare, nondimeno nel pir) segrefo di se stessa non pud che coincidere con la nosffa crescita pii armonica e con la nostra felicit) perfetta. Cosi come la nostra crescita integrale non pud che coincidere con la volont) di Dio su di noi. Certo, anche l'antica letteratura monastica insiste molto sulla rinuncia alle volond proprie. Ma d alla luce della visione di cui si B or ora parlato che essa va compresa. In seguito, nel corso dei secoli, si d operato un notevole slittamento di senso nell'uso del termine "volont)". Nella tradizione tomista, per esempio, e nella filosofia moderna in genere, il termine "volont)" i.rigru lafacoltddell'amore, la sorgente della liberd. E evidente che non pub mai trattarsi di rinunciare a questo tipo di volont). Anzi, d proprio questa volonth profonda nell'uomo che occorre liberare, qualora si trovasse ancora provvisoriamente assoggettata a innumerevoli desideri superficiali, in cui il cuore B come diviso. Ebbene, uno dei mezzi pit efficaci per "liberare" questa volonti profonda sar) per l'appunto la "rinuncia alle volont) proprie". Si tratta qui dell'obbedienza, nel senso in cui la intendevano gli antichi. Quando costoro parlano di obbedienza, non hanno in mente in primo luogo l'obbedienza al responsabile, cosi come 7a si pratica nei vari gruppi o comuniti, siano essi por90

lirici o religiosi. Considerano invece l'obbedienza come una ver,r t' propria terupia spirituale, un evento che impegna l'uomo irrtt'r'<r, gtazie al quale questi viene profondamente trasformato ,' irr cui il suo essere profondo d liberato e gli permette di cono'.r t'r'c il proprio desiderio nascosto. Detto in parole povere: solo n.'ll'rromo che ha totalmente rinunciato alla dispersione dei pro1,r i desideri sussiste e diventa riconoscibile la volont) di Dio, , i,,i' il disegno di amore di Dio a suo riguardo. t )rr apoftegma, trai pit primitivi, iliustra bene questa "teral)i:r" attraverso l'obbedienza. I-n dobbiamo ad abba Poemen: La volont) dell'uomo t un muro di bronzo fra lui e Dio, e una pietra di inciampo. Se dunque l'uomo rinuncia alla propria

volonti,

pr-rd

dire: "Nel mio Dio scavalcherb

il

muro"

(Sal

r8,1o). Se invece cerca di giustificare e di mantenere la propria volont), corre un grave pericolo.

ll

limpido: poich6 la volonti propria ,r',s,rruiglia a un muro dtizzato tra Dio e l'uomo, tra il suo io l,roloudo e il suo io superficiale, d necessario dunque abbattere ,lu('sto muro che fa ostacolo, per poter riallacciarc il contatto ,,,rr l)io. In altri termini: baster) rinunciare alle volonth pro1'rit'. Piil profonda di tutte le volonth proprie, ecco apparire Ia r',rl.rrtir di Dio che ogni uomo possiede in s6, la sola in grado di scnso dell'apoftegma b

al suo pieno sviluppo. l)rr rlui deriva quella terminologia piuttosfo incisiva, per non , liri' crrrda, di cui si serve comunemente l'antica letteratura morr,r:.licrr per descrivere la "chirurgia" della volont) propria; si 1'.rr lrr r-li "rinunciare", di "reciderc" (kdptein), persino di "odiar, " l'l r-rn vocabolario che non manca certo di rudezza, ed d l,( n(' sclramntatizzarlo. C'd infatti un modo di "lottare" contro lr vokrnt) proprie che attribuisce loro ancora ffoppa importan.',r, ('on il rischio di produrre l'effetto contrario. Baster)r invc,, , il piil dellevolte, smettere dipreoccuparsene, n6 pir'r n6 urc, ,rr11l111ls

t9r


no; di non trattenervisi, e per cid stesso di imporre loro il silenzio; soprattutto occorrer) dare incessantemente il primato ai desideri piir profondi, non appena questi si fanno sentire nel segreto del nostro cuore, al di l) del silenzio dei nostri desideri superficiali.

Nel xvrr secolo, sulla scia della tradizione ignaziana, per designare una tale disposizione interiore si farh uso del termine "indifferenza". Ma d da intendere correttamente. Non si tratta mai e poi mai di diventare insensibili ai desideri - significherebbe cadere nell'illusione suprema, con tutti i rischi di squilibrio psicologico prevedibili in casi simili -; si tratta invece di mettere tra parentesi le proprie preferenze, per essere disponi bili a seguire il desiderio-volontir di Dio, non appena la preferenza divina si sar) fatta sentire in un modo o in un altro. Curiosamente, gi) nel xu secolo Bernardo, in un sermone consacrato al discernimento degli spiriti, aveva dato una descrizione perfetta di questa indifferenza, tanto che la si direbbe uscita dalla penna di Ignazio di Loyola in persona. Certi desideri, dice Bernardo, sono con ogni evidenza conformi alla volonth di Dio, e certi altri le sono altrettanto chiaramente contrari. Ma esistono dei casi realmente dubbi in cui non t consigliabile affrettare la decisione. In questi casi d importante saper attendere al varco un segno interiore della grazia. Cosi scrive l'abate di Clairvaux: Ci sono casi in cui non possiamo sapere nulla di certo e in cui

la nostra volont) non pub decidere nulla con certezza. Essa resti allora in sospeso tra le due soluzioni, senza determinarsi n6 per l'una n6 per l'altra, sempre pensando che forse d I'altr^ a piacete di pii a Dio. Restiamo dunque pronti a seguire la sua volont), da qualunque parte la vediamo propendere.

Questa "sospensione", questa "indifferenza" o disposizione a far tacere i propri desideri superficiali e a non attribuire loro r92

in attesa di un segno da parte di Dio, rivestid evidentemente un ruolo importante al momento del discernimento spirituale cosi come lo si pratica nell'accompagnamento. L'indifferenza faciTiter) 1'accesso al desiderio di Dio e al tempo stesso la scelta da fare in favore della volont) di Dio, apreferenza di ogni altro desiderio. Un esempio concreto, ancor meglio di una riflessione pii approfondita, ci darila possibiliti di cogliere nel vivo colne una tale rinuncia ai desideri permetta di liberare l'esistenza di un desiderio piii profondo che ts quello di Dio in ogni uomo. L'esempio d preso da un racconto in forma di parabola nel quaIe il compianto padre Jean-Claude Guy aveva radunato un certo numero di dati sparsi qua e li negli scritti di Ignazio e nelle testimonianze che 1o concernevano. La parubola eru destinata a illustrare il modo in cui il santo praticava il discernimento spirituale allorch6 assegnava delle obbedienze. La scena si svolge a Roma, verso la fine della vita di lgnazio. La Compagnia d gi) bene insediata nellapenisola rtaliana; in alcune citt) importanti ha aperto collegi molto apprezzati. Un giorno c'd da provvedere a due posti di insegnante, uno al collegio di Napoli, l'altro a quello di Venezia. Ebbene, per il momento, Ignazio dispone di un solo candidato. Gli toccherd dunque operare una scelta: dare la prefercnza a uno dei due collegi e sacrificare momentaneamente l'altro. Ora, la situazione della Compagnia nelle due citd d notevolmente diversa. A Venezia i padri sono venerati da tutto il popolo e godono della totale fiducia delle autorit). Quando attraversano la strada, la gente si precipita su di loro per chiedere la benedizione e baciare le loro orme. A Napoli E tutto il contrario. La Compagnia B disprezzatapressoch6 da tutti, e le autorit) civili la sospettano di numerose macchinazioni. E gih tanto se i padri osano uscire sulla stada, per paura di essere presi a sassate dai monelli. Come scegliere dunque tra i due collegi, tenendo conto dell'unico candidato disponibile? Come determinare dove si trova la volont) di Dio a suo riguardo? nessuna importanza decisiva,

r91


Ma prima di proseguire questo racconto, proviamo a immaginare: se un altro che non fosse Ignazio - diciamo: un superiore di oggi - si fosse trovato in quella situazione, secondo quali criteri avrebbe potuto agfue da superiore saggio? Forse avrebbe cercato di riflettere sulle qualit) umane e spirituali dell'unico candidato in lizza, per vedere quale delle due situazioni gli si adattasse meglio. Era saldo nella propriavocazione? Su{ficientemente generoso? Non troppo impressionabile e portato alla depressione? Piuttosto energico e combattivo? Se si, forse si sarebbe potuto correre il rischio di esporlo alla situazione napoletana. Se no, non sarebbe stato pir) prudente spedirlo a Venezia, in attesa di un candidato pii agguerrito cui affidare Napoli? Un ragionamento come questo B corretto e denota una reale prudenza. Ecco, non sarebbe stata certo :una cattiva maniera di procedere. Non ts cosi, perd, che Ignazio agisce. Egli d in qualche modo convinto che il candidato stesso porti nel cuore la risposta e che non spetti al superiore, neppure al generale, fare discernimento al posto suo. Lo convoca dunque presso di s6 e gli espone il problema, descrivendogli nel modo pit preciso possibile le due situazion| cosi differenti, di Venezia e di Napoli. Prima perd di continuare il racconto, ci si pud porre un'altra domanda: che cosa avrebbe potuto fare qualsiasi altro candidato messo al corrente dalgnazio del suo imbarazzo? Certuni,

forse la maggior patte, forse tutti addirittura, mossi da sincero slancio di generosit) avrebbero spontaneamente optato per Napoli, l) dove la Compagnia si trovava in cattive acque. Non conviene preferire sempre la situazione pii difficile e pii contrariante? Ebbene, Ignazio non lascia neppure il tempo al candidato di operare una scelta del genere, ciod di scegliere in base alla sua generosith spontanea, perch6, quand'anche si trattasse ai suoi occhi di una scelta generosa e meritevole, sarebbe nondimeno un cattivo discernimento spirituale. Non d per nulla certo, infatr94

che la cosa pit contrariante corrisponda sempre e dovunque al desiderio e alla volont) ben concreta di Dio su qualcuno. Un a priori come questo - "B preferibile scegliere cid che d piir contratiante" - non offre a prima vista nessuna garanzia di provenire dallo Spirito santo. Ha anzi molre probabilit) di esprimere una delle innumerevoli volont) proprie dell'uomo, una delle piir comuni. Non esiste infatti un cefto accanimento volontaristico, all'insegna del "pit perfetto sempre o dovunque", che forse d

ti,

pii

perfida delle volont) proprie? Ricordando qui cpranro d stato detto in precedenza a proposito di certe istanze interiori che caratterizzano I'uomo, d lecito pensare che un tale a prictri, dall'aspetto cosi "virtuoso", sia quasi di sicuro dettato da "quel qualcuno" oramai molto familiare al lettore, vale a dire il censore interiore, e da lui soltanto. Eccolo dunque colto in flagrante reato di "pii perfetto", senza nessun legame con lo Spirit*o santo e con il desiderio di Dio. Che fa allora lgnazio, pienamente cosciente dell'ambiguith di fondo di ogni risposta cosi generosa ma troppo immediata? Dopo aver esposto le rispettive situazioni di Venezia e di Napoli, manda il candidato a fare tre ore di preghiera in cappella, chiedendogli una sola cosa: di stare attento a rinunciare quanto pir) possibile alle proprie preferenze personali riguardo alle due soluzioni proposte, quali che siano le buone intenzioni o le obiezioni che le accompagnano. In altre parole, che sono poi quelle dilgnazio, il candidato deve stabilirsi in una "santa indifferenza" nei confronti delle due soluzioni, restando ugualmente disponibile per l'una come per l'altra. Poi, trascorse le re ore di preghiera, torni da lui. Il candidato obbedisce e, rre ore piil tardi, ritorna dalgnazio che gli chiede: "Pensi ora di aver rinunciato alla tua volont) propria a questo riguardo?". Risposta del giovane gesuita: "Per quanto mi d dato di saperlo, si, padre, penso di aver rinunciato alla mia volond propria". Al che lgnazio riprese: "Allora, in questo preciso momento, cli che cosa hai veramente desiderio?". E il segretario di Ignazio la


commenta cosi: "Ignazio infatti sapeva che, quando uno ha completamente rinunciato alle volonti proprie, il desiderio che gli resta allora nel cuore coincide esattamente con la volonti di

Dio su di lui". Non si potrebbe trovare migliore illustrazione di quello che d lecito chiamare il canttere "terapeutico" dell'obbedienza: questa infatti B una rinuncia allavolont) propria per permettere alla volont) di Dio di rivelarsi e di farsi sentire in qualcuno. Se ha realmente rinunciato a ogni desiderio superficiale che gli impedisce di raggiungere il proprio io profondo in cui Dio d all'opera, l'uomo pud sempre fidarsi del desiderio che sussiste dolcemente nel pir) profondo di s6. Questo desiderio, non v'd possibilit) di dubbio, ts il desiderio di Dio nei suoi riguardi, poich6 obbedire a Dio d sempre obbedire al desiderio piil profondo che ci abita, a cib che c'd di meglio e di pii vero in ogni uomo. Considerare in tal modo l'obbedienza e Ia rinuncia alla volont) propria non significa peraltro misconoscere il loro carattere sovente doloroso e gravoso. Quaggir) non ci sar) mai obbedienza senza fatica. Il piil delle volte, accedere cosi, attraverso l'obbedienza, al proprio io piir profondo sari vissuto come una vera e propria morte. Ma se si muore al proprio io superficiale, B per nascere all'io vero. Se si muore ai desideri superficiali, B per nascere al desiderio di Dio nei nostri riguardi. Ecco l'unica condizione di una piena dllatazione delle nostre vite.

Discernere Ia propria misura personale

La volont) di Dio sull'uomo si concretizza nella misura di grazia messa a disposizione di ognuno, perch6 la metta in pratica. Quando Dio chiede qualcosa, procura anche tutto cid di cui c'b bisogno per portare a buon fine il suo disegno: Ia salute, r96

il tempo, e anche quell'impulso da parte sua che nella teologia ha ricevuto il nome di "grazia", di cui l,uomo ha costantemente bisogno per agire in conformit) alla volont) di Dio. Non ci pud essere alcun dubbio al riguardo: Dio non pud contraddirsi. Questa semplice constatazione, chc sconfina nelI'evidenza, offre gih un certo numero di critcri cl-rc permctteranno di discernere correttamente la volont) di l)i.. In.tilc forzarc la propria salute, presumere delle propric [orze o clellc proprie capacith", trasformare la propria vita in una corsa corltro il tempo. Se mancano la salute, le capaciti o molto sempliccmente il tempo per lanciarsi in cid che si crede sia la volont) di Dio, d probabile che l'illusione sia li in prossimit). Cib che ts piil difficile da discernere - ma resra nondimeno la cosa pir) importante - d la grazia che Dio mette o non mette a disposizione, e che spinge qualcuno dall'interno, o non lo spinge, per fargli capire che proprio quella t la sua volonth, o che q,reilu non d la sua volont). Gli autori antichi, in oriente come in occidente, usavano un termine particolare per precisare questo impulso della grazia che implica un appello personale di Dio: lo chiamavaro ,,rrri\a capacitd,

sura" (in greco: rndtron, in latino: rnensura). Nei diversi ambiti

della vita cristiana, e pir) particolarmente l) dove una parte d Tasciata all'iniziativa personale, ogni credente ha ricevuto una sua "misura" particolare. Il termine d frequente nell'antica lettetat:ura monastica; Benedetto, per esempio, usa ancora correntemente questo vocabolario. Egli parla della "misura" nel bere e nel mangiare) :una misura che d propria di ogni individuo e che egli evita di precisare troppo, salvo quando lo fa per determinare una media adeguata che possa andar bene per l,insieme della comunit). Perch6 questa esitazione in Benedetto? Certuni potranno pensare che egli prenda in considerazione il diverso grado di salute o lo slancio di generosit) pii o meno accentuato in ognuno. Non d questa perb la ragione profonda invocata cla Benedetto. Alla luce della sua esposizione, il motivo d un alIro: t

t)j


ricevuto la medesima misura di grazia. Benedetto, infatti, chiama esplicitamente "dono" la misura dell'ascesi di ognuno, un dono che peraltro tutti hanno ricevuto da Dio; egli cita del resto Paolo: "Ciascuno ha il proprio dono da Dio, chi in un modo, chi in un altro". Per determinare la misura dell'ascesi propria di ognuno sar) dunque di primaria importanza discernere esattamente la "misura" del dono di grazia ricevuto . Ota, questa non coincide necessatiamente con la misura della salute, n6 con la misura della generositd, n6 con la misura della resistenza di ognuno di fronte alle privazioni. Essa b perfettamente gratuita. La misura dell'ascesi non pud essere che a "misura" della gtazia che uno riceve molto concretamente da parte di Dio nella data situazione particolare. Questo ci porta dunque a comprendere che tale grazia satd sempre strettamente individuale e dunque legittimamente differente a seconda delle persone. Essa potr) inoltre, per la medesima persona, evolvere nel corso della sua esperienza cristiana. Percid non dovr) mai essere fissata una volta per tutte. Sar) bene, piuttosto, diffidare della tendenza a codificare troppo rapidamente certe abitudini ascetiche che finiscono per divenire una sorta di riflesso condizionato, dal momento che hanno perduto il loro impatto spirituale. E molto pii importante, invece, restare all'ascolto di ogni novit) proveniente dal Signore che pub chiedere qualcosa di nuovo. Una tale misura, di grazia e di ascesi, sar) normalmente pir) leggera all'inizio, per poi aumentare in seguito. Ma pub anche succedere il contrario. Cib che importa, comunque, non B la quantit) della misura, ma che a ogni istante della nosra evoluzione si sia in grado di discernercla parte di gtazia effettivamente ricevuta, per corrispondervi senza discostarci, n6 in un senso n6 nell'alro. Andare al di l) della grazia che ci B data, infatti, sarebbe alrettanto dannoso quanto restarne al di qua. Per descrivere l'iniziativa che consiste nell'andare al di li della grazia, l'antica letteratura monastica aveva fotgiato i termini non

r98

tutti, a suo avviso, hanno

praesumere e praesumptio. Prae-sumere vuol dire, letteralmente: cogliere troppo presto, impadronirsi prima del tempo. Da questa stessa radice proviene il nostro termine "prcsunzione", che denota oggi un senso morale che un tempo non possedeva. Nel suo

primo senso il termine voleva semplicemente significirre : "volersi appropriare di una realt) a cui non si d ancora chiamati". Il significato b chiaro. Quando si tratta cli ascesi, il monaco presume allora non delle proprie forze, ma della grazia che non d aficota data. Infatti, quand'anche le forze fisichc si rivelassero sufficienti per compiere l'opera "presunta", il beneficio spirituale sarebbe nullo. Benedetto b assolutamente esplicito al riguardo: cib che d fatto senza la benedizione del padre spirituale "praesumptioni deputabitur ac vanae gloriae, non mercedi", "sar) imputato a pfesunzione e vanaglotia, non a ricompensa". I padri del deserto avevano un senso estremamente acuto del-

le illusioni che potevano nascondersi dietro una vita ascetica praticata al di fuori di ogni discernimento spirituale. Un magnifico apoftegma di Poemen riassume questa consapevolezza in una frase concisa e a effetto che, nell'originale greco, comporta appena sei parole: Ptinta ti. rimetra ek toil diab6lou, "Tutto cib che d senza misura (tirnetron) viene dal diavolo". Tirtto cib che fosse al di fuori della misura di grazia effettivamente accordata, o che andasse al di l), sarebbe illusione, di sicuro proveniente

dal maligno. Un altro apoftegma, attribuito atn'a?irt?iaa, ciod a una madre spirituale, di nome Sincletica, b ancora pii esplicito:

C'i un'ascesi che E fissata dal nemico, e sono i suoi discepoli che la praticano. Come distinguere l'ascesi che viene da Dio, ed d regale, da quella che viene dal demonio ed d tirannica? E chiaro: per la sua simmeffia, per il suo corisponderc alla misura (symmetria) . . . La mancan za di missra (arnetria) , in[ xti, B sempre fonte di corruzione.


La "simmetria" di cui si parla qui consiste precisamente nell'accordo tra la misura della grazia accordata e cid che l'asceta vorrebbe compiere. Quando questa misura viene olffepassata e si sconfina nell'arnetria - e l'apoftegma ne di un deplorevole esempio: digiunare quattro o cinque giorni di seguito per terminare con un pasto pantagruelico il giorno appresso - significa che 1'asceta d stato certamente vittima del demonio. Nell'accompagnamento spirituale questa "misura" individuale della grazia potri addirittura avere la priorit) su cerri grandi principi della spiritualit), per quanto eccellenti possano essere in se stessi. In s6 e per s6 sono a volte inapplicabili, per il semplice fatto che, nel caso concreto, la misura della grazia ricevuta d differente. Ecco un altro esempio, sempre tratto dal monachesimo antico. Tha il rv e il vI secolo, una delle questioni piii conffoverse tra i monaci era quella dell'opportunit) o meno del lavoro manuale: era conveniente si o no che un solitario vi si dedicasse? Certi monaci, detti messaliani o euchiti, erano dell'idea che la vita puramente contemplativa non solo autorizzasse ma addirittura esigesse un'astensione rigorosa da qualsiasi lavoro manuale, capace soltanto di distrarre dallapreghiera continua. Questa posizione estrema fu ben presto abbandonata dai pir), in favore di una posizione pit moderata: il monaco poteva Tavorare manualmente, ma in cella e senza uscire da essa; gli era vietato il lavoro dei campi, al di fuori della cella. Tale sar), per esempio, la posizione che difenderh Giovanni Cassiano, al contrario di Benedetto, il quale invece ammetter) il lavoro all'esterno, in caso di necessit). Le tracce di questa controversia sono ovunque presenti nell'antica letteratura monastica, in particolare sotto la forma di un tema che appare di tanto in tanto, quello dell"'orto": un monaco ha il diritto di coltivare il proprio orto? Atanasio nella sua Vita d.i Antonio risponder) af{ermativamente a questa domanda, ma numerosi apoftegmi ci fanno sentire anche 7'altra campana, quella della dottrina allora certamente piil dif-

fusa, di cui troviamo un riflesso in Cassiano: non E opportuno che un monaco si lasci indurre a coltivare un orto, perch6 sarebbe fonte di distrazioni. Questo dunque il principio, chc indubbiamente appadva sacrosanto agli occhi di molri. Oerti apoftegmi, tuttavia, pur consacrando il principio, amrncttollo cccezioni nella pratica. eccezioni che sono ogni volta il frrrtto cli rrn cliscetnimento molto perspicace. A titolo di esempio, ecco un apoftegma particolarnreltte gustoso, anche questo attribuito al grande Poemen: Un fratello venne a tovare abba Poemen e gli disse: ,,Senrino e del suo frutto faccio elemosina". "Fai benc, fratello", gli disse 7'anziano. E il fratello parti con ardore e intensificd la sua elemosina. Lo venne a sapere abba Anub, e disse ad abba Poemen: "Non temi Dio, da pailare cosi al fratelloT" [Anub era dunque uno che si opponeva all,,,orto,,, e credeva che Poemen condividesse gli stessi principil. poemen tacque. Due giorni dopo, abba Poemen mandd a chiamare il fratello e gli disse, in presenza di abba Anub: "Che cosa mi hai detto l'altro giorno? Avevo la mente altrove". E il fratello: "Ho detto che semino il mio campo e ne faccio elemosina,,. Abba Poemen gli rispose: "Credevo che parlassi di tuo fratello che vive nel mondo. Ma se sei tu che fai questo, non d lavoro da monaci". A tali parole il fratello si rattristd e disse:

il mio campo

"Non so fare nessun altro lavoro che questo, e non posso non seminare piil il mio campo". Quando questi se ne fu andato, abba Anub si prostrb dinanzi all'anziano e disse: "perdonami!". Abba Poemen gli rispose: "sapevo bene anch'io fin da principio che non

B lavoro da monaci, ma ho parlato a quel fratello adattandomi al suo desiderio e gli ho dato coraggio per accrescere la sua carit). Ora invece se ne B andato tutto triste e continuer) in ogni caso a seminare il suo campo',.

Ecco dunque un bell'esempio di discernimento. poenren appartiene alla scuola di coloro che ritengono il lavoro all'ariir


apefia non confacente ai monaci; d, diciamo, di "stretta osservanza". Nondimeno ha ascoltato attentamente il fratello che gli poneva la domanda, e ha rapidamente compreso che non era adatto per un lavoro all'interno e che l'aria apefta gli era senz'altro necessaria per il suo equilibrio. Ma, soprattutto, in quellafaccendaha saputo riconoscere il suo desiderio profondo, che era un desiderio di carit). Con cib che guadagnava con gli ortaggi del proprio campo, quel fratello era felice di fare l'elemosina. Concessione di Poemefl, ma aspre critiche di abba Anub che avrebbe preferito vedere il principio applicato alla lettera e in

il

suo rigore. Per dare un insegnamento a quest'ultimo, fa finta di ritornare sul proprio discernimento iniziale e ricorda al fratello il principio in questione. Ma ecco il fratello tutto triste, anzi scoraggiato e senz'altro colpevolizzato, cosciente di essere un pessimo monaco. E tutto cib senza alcun risultato, dal momento che, in ogni caso, egli sarh pur sempre portato a coltivare di nuovo ortaggi! Al contrario di Anub, Poemen aveva saputo discernere lavera grazia di quel monaco, che

tutto

Poemen

era

di fare la caitd grazie al proprio lavoro.

I segni della grazia In quest'ultimo apoftegma, il discernimento erroneo di abba Anub aveva precipitato il fratello nella tristezza e nello scoraggiamento. Ecco il segno a contrario che la direttiva data non assecondava il movimento dello Spirito santo. La tradizione in unanime nel riconoscere da certi segni se una data via che si vuole intraprendere corrisponde o no alla volontir di Dio o ufla spinta interiore dello Spirito santo. Certi autori spi^ hanno descritto e raggruppato tali segni in un sistema rituali coerente. La maggior parte di essi potrebbero essere ricondotti

realth

202

E

a quello che Benedetto discerne nel monaco che nel tempo di quaresima vorrebbe imporsi qualche penitenza supplementare. Questa potrebbe essere feconda solamente a due condizioni: che il fratello riesca a compierla "con la gioia dello Spirito santo" e che la intraprenda "con il consenso e la preghiera dell'abate". I due criteri sono peraltro complementari: senza la gioia inte-

riore, ogni ascesi in sovrappit non sarebbe che "costretta e forzata"; seflza il discernimento di un accompagnatore, ogni gioia interiore potrebbe diventare fonte di illusione. Uno dei testimoni pii antichi di un insegnamento a cluell'epoca gi) bene strutturato al riguardo b un vescovo bizantino del v secolo, Diadoco di Fotica. I suoi scritti, riscoperti in occidente nel xvr secolo, hanno influenzato fortemente l'insegnamento di lgnazio di l,oyola sul discernimento degli spiriti. Diadoco sviluppa una dottrina ben precisa della sensibilitd spi rituale, in grado di discernere cid che avviene nel nostro cuore e nel cuore degli altri. Per designare quest'organo del discernimento egli non teme di usare il termine greco aisthesls, che si pud tradurre con "sensibilit)", "sentimento". Oggi indubbiamente molti esiterebbero a usare un'espressione del genere, abituati come sono a diffidare dei propri sentimenti e a contrapporre sentimento e sguardo di fede. Esiste tuttavia una sensibilit) spirituale che non coincide interamente con la sensibiliti superficiale ma che non b priva di legami con essa, pur essendo gih parte integrante dell'esperienza dell.a fede. Nel xrr secolo, lo stesso Bernardo non temer) di servirsi abbondantemente di questo vocabolario "sentimentale" o "espetienziale" nel senso piil nobile del termine: sentire, consentire, praesentire, experiri, probare, frui, eccetera, si accavallano sotto la sua penna. Si tratta di un sentimento, al tempo stesso oscuro e luminoso, che permette di presentire certe cose pir) di quanto si possano sentire nel senso abituale del termine, e che nondimeno procura una cettezza interiore di non sbagliarsi. Ecco come lo presenta Diadoco: 2'J)


La sensibiliti dello spirito (noils) d un gusto esatto di cid che si discerne. Come infatti con il senso corporeo del gusto, quando godiamo buona salute, discerniamo senza errore le cose buone dalle cattive e ci in'dirizziamo verso quelle che ci fanno bene, cosi anche il nostro spirito, quando comincia a muoversi nella piena salute e in un grande distacco, pud sentire abbondantemente la consolazione divina senza mai farsi prendere da quella opposta. Come il corpo, infatti, per gustare le dolcezze delia tema possiede l'infallibile esperienza del senso, cosi anche 1o spirito, quando esulta al di sopra dei consigli della carne, pud gustare senza errore la consoTazione dello Spirito santo: "Gustate - dice infatti la Scrittura - e vedete quanto d buono il Signore" (Sal 14,9), e pud custodire, grazie a71'azione della cariti, una memoria senza oblio di quel gusto ... "E questo chiedo nella mia preghiera: che la vostra carit) pii e pir) ancora cresca in vera conoscenza e in ogni sensibiliti (aistbesis), perch6 possiate discernere il

meglio" (Fil r,9-ro). Possiamo isolare la penultima frase: "Custodire, grazie all'azione della carit), una memoria senza oblio di quel gusto". Allorch6 un bel giorno d stato concesso a qualcuno di sorprendere e di "sentire" dentro di s6 l'azione dello Spirito santo, gliene resta un ricordo indelebile, una sensibilit) particolare, inscritta nella memoria del cuore, che diventa un punto di riferimento grazie al quale egli d ormai in grado di riconoscere subito, e con un margine minimo di errore, l'azione dello Spirito santo dentro di s6 o negli altri. Affermare cid significa al tempo stesso sottolineare il legame che esiste tra 1'esperienza spirituale personale dell'accompagnatore e l'aiuto che b chiamato a procurare in occasione di un dialogo con alri. E in base al ricordo di cid che B accaduto a lui personalmente, infatti, nella sua relazione con il Signore, che pub riconoscerel'azione del Signore in un altro. Come B stato ricordato sin dall'inizio di questo libro, non v'B differenza es204

senziale tra il riconoscere il tocco dello Spirito attraverso la parola di Dio al momento della lectio diuina, peresempio, e il discernere questa medesima azione nei desideri o nei progetti che un altro ha appena confidato. Nei due casi d una medcsima sensibilit) spirituale, piil o meno affinata dal ricordo di esperienze precedenti, che riconosce e interpreta correttamente la presenza o l'assenza dello Spirito. Questo "essere sensibili" alla gioia spirituale, o alla "consoTazione" ricevuta da Dio, d stato mirabilmente descritto e per cosi dire "organizzato" in vista della pratica del discernimento da lgnazio di Loyola nelle otto regole di discernimento che ha lasciato nei suoi Esercizi spirituali.In esse Ignazio parte certamente dalla propria espetienza personale, matutata nel corso clella lunga convalescenza dopo l'assedio di Pamplona, durante la quale fu incuriosito dall'alternarsi di "consolazione" e di "desolazione" che gli sembrava di constatare in se stesso. Ma si rivela in pari tempo come l'erede di una Ttnga tradizione di discetnimento alf interno della chiesa, in particolare della tradizione monastica, alla quale non esita a far appello. Gid nella regola I egli distingue nettamente tra cib che B proprio dell'azione di Dio, o dei suoi angeli, e cib che tradisce l'intervento del cattivo spirito. Le altre regole non faranno che trarre tutte le conseguenze pratiche. Ci sembra interessante citare qui la prima nella sua integralit):

E proprio di Dio e dei suoi angeli dare con le loro mozioni veraletizia e godimento spirituale, togliendo qualsiasi tristezza e turbamento inoculati dal nemico; per costui d connaturale combattere contro taleletizia e consolazione spirituale, adducendo ragioni speciose, sofismi e continue falsit).

Tra queste consolazioni, un posto a parte lgnazio lo riserva ,rl[e consolazioni che vengono nell'anima "senza causa" e si prcscntano all'improvviso e inspiegabili. Esse vengono da Dio in2C)5


fallibilmente, a suo parere, "perch6 d proprio del Creatore entrare, uscire e fare mozione nell'anima, elevandola interamente all'amore della sua divina gr^ndezza" (regola II). Poich6 l'impatto del maligno sull'anima non pud spingersi cosi in profonditd, tali mozioni possono essere attribuite all'azione dello spirito buono, senza rischio di errore. l,o stesso, invece, non si pub dire delle mozioni che hanno una causa, seppur buona, per esempio un inconffo, uno scambio, una parola della Scrittura, un sentimento di gioia intima. Anche se in un primo momento quelle impressioni vengono da Dio, il cattivo spirito pud impadronirsene, strada facendo, per farle deviare dalla loro traiettoria (regola VIID. Anche il maligno, infatti, pub apparentemente consolare l'anima, nell'unico intento di trascinada dietro a s6. E proprio del maligno, del resto, presentarsi dapprima come angelo di luce: "Egli insinua ciod buoni e santi pensieri conformi all'anima giusta e poi, a poco a poco, cerca di avere la meglio trascinando l'animaverso i suoi inganni occulti e le sue peruerse intenzioni" (regola IV). Grazie a Dio, i segni di un tale sviamento sono sufficientemente chiari: Se

il corso dei pensieri che si hanno porta

zione dell'anima... perch6, quando d conraria a quella degli angeli, questi entrano con strepito e sensazioni percettibili; quando d simile alla loro, entrano in silenzio, come in casa

propria e a porte aperte. Queste poche citazioni di Ignazio sono largamenre sufficien-

ti. Ignazio peraltro non ha invenraro nulla. Non ha fatto

che

affinare la dottrina tradizionale dei criteri del discernimento spirituale, che sono la consolazione e la gioia, grazie alla sua percezione particolarmente acuta della psicologia dell'uomo in ricerca della volont) di Dio su di lui.

verso una cosa cat-

tiva o futile, oppure meno buona di quella che l'anima si era proposta di fare prima, o indebolisca, inquieti e conturbi l'anima, togliendole la pace,latranquillit) e la calma che prima aveva, d un segno chiaro che cid proviene dal cattivo spirito (regola V).

Ancor pir) particolareggiata d la descrizione che la regola VII di quello cattivo:

f.a dell'azione dell'angelo buono e

A quelli che procedono di bene in meglio l'angelo buono tocca7'anima dolcemente e soavemente, come una goccia d'acqua che entri in una spugna; mentre il cattivo 7a tocca actttamente, con strepito e inquietudine, come quando la goccia d'acqua cade sulla piera ... La carsa di questo d la disposizo6

2.J7


ALCUNI CASI PARTICOLARI

Prima di concludere queste pagine vortemmo accennare ad ,rlcune situazioni particolari in cui sovente d molto utile essere aiutati da un accompagnatore. Si tratta di tre casi in cui molti credenti, anche quelli che hanno abbandonato la pratica di un rrccompagnamento regolare, verranno spontaneamente a consultare qualcuno: la scelta di uno stato di vita; le difficolt) nella preghiera; I'apprendisrato dell'agire con Dio. Basterh applicare concretamente il processo che B stato descritto nei capitoli preccdenti.

La scelta di uno stato di vfia

Nell'esistenza di ognuno si presentano situazioni particolarin cui si vorrebbe essere sicuri di prendere una .lccisione che sia in pieno accordo con la volonth di Dio. Pud ('ssere il caso di una possibile vocazione, per esempio, o della scclta di una professione, o di quella di un compagno per la vitrr. In che modo l'accompagnatore accoglierh chi lo accosta diccndo: "Ho una decisione importante da prendere e vengo a rr)cnte cruciali

..'lriederle

un'consiglio"'?

La prima certezza che deve abitare zrr

in lui

ts

la consapevolez-

cli non possedere la risposta alla domanda che gli viene po209


sta. E una risposta che solamente

il richiedente porta dentro di

s6. Consigliarlo non significher) nient'altro che aiutarlo a prenderne coscienza. Certo,la domanda di fondo por) essere pir) o

meno dissimulata dietro una serie di domande secondarie, per piil puramente informative, alle quali chiunque potrebbe benissimo rispondere. Per esempio: a chi bisogna rivolgersi per entrare in seminario? Quali studi sono richiesti per poter entrare in un monastero? k risposte a domande di questo tipo si situano a un livello differente da quello dell'accompagnamento spirituale. Non appena sono state date, con tutti i dettagli auspicabili, e si fa strada, a poco a poco, laveru domanda - "Che devo fare?" -, ecco che il dialogo cambia di registro e cambia anche il ruolo dei due inrerlocutori. D'ora in poi ridiventa vero che l'accompagnatore non ha pii nessuna risposta precisa da 1o

consegnare. Si, cib che d davvero meraviglioso in una domanda del genere d che il richiedente stesso portalarisposta nel pii profondo del proprio cuore. La volonth di Dio che egli cerca e a cui vorrebbe sinceramente aderire non d altro che la sua realt) pir) profonda e

pii

feconda. Come gi) si d derro, la volont) di Dio non lo miin nulla. Non gli fari alcun male. Essa non B nient'altro che il desiderio di Dio, l'amore di Dio a suo riguardo. Nulla di pii dilatante per lui, in tutti i sensi e secondo tutte le virtualit) naccia

che Dio stesso ha deposto in lui. L'unica difficolt) consiste nel fatto che, finora, egli non d stato ancora in grado di discernere chiaramente tale volont). Viene dunque a chiedere aiuto a un fratello o a una sorella, ma nessuno potr) mai aiutarlo, a meno che non sia cosciente di saperne ancor meno di lui. Ti-rtto cib che potr) fare d ascoltarlo rispettosamente e, ascoltandolo cosi, insegnargli come ascoltare il proprio cuore e come discernervi, un po' allavolta, in mezzo auna

folla di desideri e di motivazioni superficiali, il proprio desiderio pit profondo, quello che lo ricollega a Dio. Tutte le sue piccole voglie superficiali, bisogner) che egli sia pronto, all'occor2to

renza, a lasciarle cadere, a rinunciarvi, perch6 sgorghi spontaneamente, nelle sue pit intime profondit), la libera volont) di Dio. Non si dimentichi qui la domanda di Ignazio al giovane gesuita, dopo tre ore di preghiera e di "santa indifferenza": "E ora, di che cosa hai veramente desiderio?". In fondo, non dovrebbe essere poi cosi difficile discernere la volonth di Dio su qualcuno: essa infatti gli d stata per cosi dire rivelata in anticipo, nelle profondit) del suo essere, nello Spirito santo che lo abita sin dal momento del battesimo. Cib non toglie che il credente non di rado si sbagli, a volte persino in occasione di scelte importanti. Latale opzione, che in un primo momento egli credeva sinceramente fosse la volonti di Dio, si d rivelata, col passare del tempo, un'illusione. Ed egli ha finito per trovarsi intrappolato nel mondo torbido e ambiguo dei suoi desideri piil o meno contorti, le cosiddette volonti proprie. Graz,ie aDio, sbagliarsi non d mai una catastrofe, apatto che se ne sappia trarre una lezione. Davvero, l'esperienza dei propri errori passati pud aiutare l'accompagnatore ad assistere correttamentc coloro che vengono a chiedergli aiuto. In tal modo egli eviter) loro pii facilmente di lasciarsi abbagliare a loro volta dal paluclamento delle voglie superficiali che nascondono ai loro stessi occhi il desiderio di Dio a loro riguardo. E il muro di bronzo di cui Poemen diceva, come abbiamo visto, che d il solo ostacolo o l,r sola separazione tra il cuore dell'uomo e il suo Dio. Ancora una volta, dunque, bisogner) ascoltare con attenziolrc> senza lasciarsi scoraggiare da tutte le velleit) che I'interlocutore espone e che possono facilmente apparire come capricci rrgli orecchi di chi ascolta. Proprio nella misura in cui vengono ,rccolte con calma da qualcuno, queste velleit) hanno una reale

possibilid di dissolversi da se stesse, come spontaneamente, nel di chi si apre in questo modo, per lasciarvi sussistere unit ruuente l'altra possibilit), quella che gli permetter) di percepit', r'rel pir) profondo di se stesso, il desiderio di Dio, costitutivcr ,k'l suo essefe. ..'trore


Cid pud richiedere un certo tempo. Di nuovo bisogner) evitare qualsiasi intervento intempestivo, che arresterebbe bruscamente il processo di chiarificazione e di maturazione che d stato messo in moto mediante I'ascolto. Indubbiamente pud darsi che sin dall'inizio della conversazione, grazie a una certa pratica, l'accompagnatore abbia ben presto percepito quale possa essere la volont) di Dio nel caso concreto. O piuttosto: cid che molto probabilmente non lo ts. Un elementare buonsenso o certi segni esteriori sufficientemente evidenti possono rapidamente cancellare ogni dubbio a riguardo nell'osservatore un po' sperimentato, mentre la portata di questi stessi segni sfugge per ora all'interessato. Non bisogna perd manifestare subito tali reazioni, n6.

soprattutto suggerirle, e men che meno dettarle alla coscienza dell'altro, sotto forma di: "Quanto a me, penso che ...", 'A purer mio, bisognerebbe che ...", "Senz'altro Dio ti chiede di ...". Bisogna invece ricondurre sempre 1'altro alla propria scelta. So1o lui pud determinarsi in un modo veramente fecondo, cioB in piena liberti. L'accompagnatore potr) tutt'al pit rischiarare questa scelta, ben che vada; ma cid va fatto con ogni precauzione, formulando prudentemente qualche domanda, suggerendo qualche riflessione complementare, per vedere come facciano presa sul cuore dell'uditore, ciod come lo Spirito gli doni di reagire a esse. Potr) anche, ma con tutto il tatto necessario, scartare certe motivazioni che, con ogni evidenza, nor. sono conformi all'evangelo, o neutralizzare cefii desideri di far bene che altro non sono se non l'eco, mascherata di virtil, di certe ingiunzioni del super-io o "censore interiore". Ma niente di pir). L'importante, allor4 non b assolutamente che quegli obbedisca alla sua guida, e neppure, come si suol dire, "che tenga conto dei suoi consigli". L'importante d che a suo tempo, cioB quando la mozione dello Spirito diventeri tranquillamente evidente in lui, essa lo porti all'acconsentimento, in modo altrettanto ffanquillo e delicato. La volont) di Dio, infatti, porta in s6 una propia forza di persuasione. Essa non ha bisogno di pareri o di commenti

csterni. E chi percepisce realmente e chiaramente la volont) di I)io o, meglio, colui al quale essa si manifesta con nettezza, d rrll'istante desideroso di obbedirle e capace di rinunciare gioiosamente a tutto cid che le d contrario. Questa rinuncia sar) adclirittura facile, e quasi per nulla dolorosa, poich6 sar) perfettamente libera e pofiata dall'interno da quella forua al tempo stesso dolce e irresistibile che scaturisce da lui.

Ma pud sopraggiungere una complicazione dovuta a un certo carico di angoscia che, talota, accompagna la preoccupazione di cssere in accordo con la volont) di Dio. Una tale angoscia pud scombinare le carte e persino penalizzare una scelta che dovreb[:lc essere spontanea. Essa d sempre il segno che, nelf itinerario cli colui che chiede consiglio, "c'd qualcos a d'altro" che interfelisce, emettendo un falso rumore che viene a complicare l"'auscultazione" e il discernimento. L'ideale sarebbe evidentemenlc poter discernere la fonte e il significato di questo falso rumorc, per poterlo trutt^rc di per se stesso. Nella maggior parte dei .'rrsi, perd, l'accompagnatore non avr) il tempo per questo, n6 la competenza professionale richiesta per farlo. In altri casi pud tlarsi che, nonostante un"'auscultazione" attefita, non predomini in maniera sufficientemente chiara nessun desiderio, e il sogir,ctto resti dilaniato ra pir) scelte che gli sembreranno ugualnrente desiderabili e valide. Pub essere il segno che Dio lascia rrrolto semplicemente la scelta all'interessato stesso. E perch6 no? L'importante a volte - soprattutto quando vi sono di mezzo cer-

ti "falsi rumori" -

non d che l'interessato scelga \a tal cosa a lrrcferenza ditalaltra, ma semplicemente che "scelga", in tutta li[rert). In questo caso, un discorso come quello che segue pub lrrlora sbloccarclaparalisi e condure a una scelta perfettamente vrrlida: "Ecco, dunque, tutti gli argomenti in favore di una scelt1r positiva; io credo che tu li abbia colti bene. Ed ecco, dall'alllir parte, tutti gli argomenti in favore di una scelta negativa; li lni colti ugualmente bene. Se scegli a sinistra, scegli bene. Se scegli a destra, scegli altrettanto bene. La volonth di Dio su cli

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te, in questo momento preciso, d che tu scelga realmente qualcosa. La tua scelta sardla volont) di Dio".

Difficolti nella preghiera E un altro caso in cui il ricorso all'accompagnatore spirituale In effetti, confidenze di questo genere: "Non so pit pregare", "La preghiera mi d diventata impossibile", sono piuttosto frequenti. E da notare che le formule generalmente usate da chi fa queste lamentele implicano sovente che ci fu un tempo in cui questi pensava di saper pregare. Ogni persona che prega affronta un giorno o l'altro questo momento in cui la preghiera, dapprincipio facile e come sgorgante di sorgente, tutt'a un tratto diviene arida e laboriosa. Molto spesso si tratta del momento in cui lo Spirito santo invita l'orante a passare da una preghiera pir) esteriore - razional,e o immaginativa a una preghiera piil interiore. E in genere anche il momento in cui, attraverso Ia prova di un'apparente aridita ,Dio invita a "fare il salto" nell'interioriti. Ebbene , si tratta qui di un passaggio cruciale, che non d sempre evidente e in cui l'assistenza di un accompagnatore pub essere molto preziosa. Ci sembra utile, al riguardo, spendere qualche parcla. Chi ha scoperto la propria interioriti ha imparato a vivere a partire dal proprio cuore. Ora, questo passaggio dall'esteriore verso l'interiore, in molti casi, ha luogo al momento della preghiera. Fa parte della sua storia, ne d una tappa decisiva. Viene progressivamente rivelato il luogo interiore in cui Dio B presente in ciascuno, e a partire dal quale lo istruisce e lo muove grazie a quella che Giovanni chiama "unzione" (rGv z,z). A volte questa scoperta avviene molto presto, gii all'inizio della vita di preghiera. In altri casi, invece, ha luogo solamente dod relativamente frequente.

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po lunghi anni; casi tanto pii frequenti in quanto la nostra epoca d ancora tributaria di una formazione che metteva in guardia dai sentimenti e aveva tendenza a esaltare la fede cosiddetta

"nuda" di un certo rigorismo volontaristico. Gii ai suoi tempi Giovanni della Croce sosteneva che i nemici pir) temibili del7'orazione contemplativa erano gli stessi direttori spirituali. In effetti in Spagna erano in auge allora certi metodi di orazione piuttosto attivi, che implicavano in modo particolare la ragione e f immaginazione.In base alla propia esperienza Giovanni della Croce si era reso conto che a un dato momento tutto quel "chiasso" di immagini e di concetti non solo diventava inutile al momento della preghier^, ma era anzi francamente nocivo. Solamente una sospensione di questa attivit) ancora tutta esterna all'anima permette di izzarc l'orecchio interiore per percepire qualcosa di rudicalmente differente, nel pit profondo del cuore. Uno dei compiti dell'accomp^gnatote sar) quello di attirarel'attenzione dell'orante su questo silenzio interiore in cui non cessa di accadere qualcosa di importante. Come gii si ts detto sopra, ogni accompagnatore rischia di essere interpellato sovente da persone che si lamentano di non saper pii pregare, semplicemente perch6 provano grandi difficold al momento della preghiera. Hanno l'impressione di perdere tempo e forse hanno addirittura abbandonato, del tutto o in parte, ogni pratica della preghiera. E lecito anche pensare che siano parecchi i cristiani - religiosi e religiose inclusi - che si trovano pir) o meno in questa situazione. Hanno generosamente esplorato un certo numero di cammini o metodi di preghiera, ciascuno dei quali ha funzionato per un po' di tempo. IIanno persino acquisito una piir o meno grande familiarit) con un certo trantran abituale di cui per il momento si accontentano: un piccolo brano di lettura, un pizzico di riflessione o di meditazione, qualche invocazione e, nei giorni migliori, l'abl>ozzo di un buon proposito. Perch6 non accontentarsi, anzicht voler fare i difficili con Dio? 2t5


Ma ecco che Dio non si accontenta piir. Ora, Dio possiede un solo mezzo per far sloggiare qualcuno dal solito traflttaflt si trat-

ta di una piccola prova che il suo amore non pub risparmiare all'orante. Per dirla con un'immagine: egli interrompe la corrente e chiude il rubinetto. Dio E sempre presente in colui che prega, ma altrove ormai. E l'unica tattica che Dio pub adottare per costringere qualcuno ad ascoltarlo l) dove parla realmente. Gli d molto piil prossimo, ormai; ma non l) dove lo cercava prima. Intelligenza, immaginazione, sentimenti, tutto si trova d'un tratto a secco, e l'orante ha la sgradevole impressione di trovarsi di fronte a un muro invalicabile. E risaputo: una prova simile pub portare lontano, pud scavare molto in profonditi. Quando qualcuno ha consacrato sinceramente tutta la propria vita alla ricerca della preghiera contemplativa, una sfida del genere pub essere vissuta come uno smacco cocente, come il crollo di tutto un ideale, un po' nel senso di quanto si d detto a proposito dello "specchio infranto". A un tale insuccesso rischia peraltro di far seguito alf istante una vocina insistente che dalI'interno dice (ma il lettore attento ne conosce ormai il proprietario): "Di sicuro i colpa tua; qualcosa non era in regola nella tua vita" . Per fortuna Dio, che non ha l'abitudine di riservare le sue grazie a coloro che sono "in regola", non si occupa di quella vocina. E l'accompagnatore si guarder) bene, a sua volta, dal farlo, fosse anche solo per contraddirla. Basta lasciarla perdere, senza discutere con essa: cid che pretende, infatti, d gi) in pattenza e sempre senza fondamento. Il messaggio che l'accompagnatore cercher) di trasmettere in tale occasione sarh innanzitutto questo: se la preghiera sembra essere diventata piil ardua, non B perch6 I'orante I'avrebbe meritato per colpa sua, ma unicamente perch6 Dio cosi desideta per noi. F,l'altrafaccia della sua grazia. Si tratta quindi, piuttosto, di un'occasione che bisogna saper cogliere al volo. Dio prende ora le cose in mano, affretta il passo, affinch6 anche l'orante possa accelerare il passo, dietro a lui. Resta vero, perb, che zr6

una prova del genere nella vita di preghiera pud causare un profondo smarrimento. Ecco, l'orante si trova sulla soglia di un mistero a cui bisognerebbe abbandonarsi, ma senza sapere in verid come muoversi, quale passo fare. Tutto d talmente strano, in

(luesto mondo dell'interiorit), totalmente nuovo per lui. Tirtto sembra talmente "alla rovescia" rispetto a cib che era abituato rr sentire e a sperimentare da parte di Dio. Una volta ancora, cgli ha bisogno di una guida, non che lo prenda per mano e 1o spinga in una certa direzione, ma che attiri la sua attenzione sui scgnali misteriosi che Dio non cessa di inviargli quale prova che si trova sulla srada buona e che in tutto cid che gli accade d all'opera lui, Dio. Affermare che a un dato momento l'orante non sa pii che passo fare d ancora un'espressione infelice, poich6 non c'd in realt) nessun passo da fare, ed d per l'appunto questo che B straordirrario e al tempo stesso difficilissimo. Forse laprova pir) stupefacente che Dio gli offre d proprio quando cerca di fargli capire che non pud piil fare null'altro se non abbandonarsi alla sua azione. ln quei momenti Dio b vicino piil che mai. Non c'd piil nessun ;rasso da fare. C'd solamente da lasciar perdere un certo numero di cose, tutto cid che ingombra le mani e il cuore. Bisogna lasciare Ia presa. Come compiere questo gesto? Nessuno pub inscgnarlo o comandarlo a un alffo. Lo si pub solamente suggerirc attraverso tutto cib che si d, poich6 d tutta un'arte quella di lasciarsi attrarrc interamente verso la propria interiorit), verso lc profondit) del proprio essere che sfociano misteriosamente in Dio. Ogni credente infatti porta nel cuore un abisso vertiginoso, che d Dio. Dio presente in lui come una vertigine alla rluale, a un certo momento, deve abbandonarsi, dalla quale deve lrrsciarsi affenarc, senza aggrapparsi a qualche appiglio che gli ,t[tra garunzie contro tale vertigine. In quei momenti la presenza di un accompagnatore d quasi scmpre indispensabile. Il suo ruolo sar) quello di favorire la presrr di coscienza di questa vertigine da parte del soggetto, senza

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che costui ceda alla paura di fronte all'assenza di punti di riferimento. Altrimenti l'orante rischierebbe di passare accanto al-

la vertigine per girare e rigirare eternamente attorno ai propri piccoli sforzi, finendo per annoiarsi sempre pit al momento della preghiera. Si tratta qui di un apprendistato che non si ottiene con la forza: a nulla serve precipitare il soggetto in questa vertigine con una spinta. Questa b davvero opera di Dio, che interpella la libert) del soggetto. E non vi B alro momento opportuno se non quello che nascer) dal dialogo trala grazia e la libert). Spingere qualcuno diforzal) dove non ha ancora n6 il desiderio nâ‚Ź i mezzi per andare rester) sempre un tentativo senza effetto. Eppure, per quanto ridotto, il ruolo dell'accompagnatore resta nondimeno determinante. La sua presenza pud aiutare ad acquietare certe tensioni perfettamente inutili, a correggere certi sforzi volontaristici che sono puro spreco di tempo e di energia. Pud suggerire instancabilmente che sar) sufficiente un giorno questo semplice abbandono per cedere alla vertigine di Dio. Beato l'uomo, se nel suo cuore un giorno la sorgente della preghiera d potuta sgorgare liberamente, forse a una semplice parola, a un sol gesto, a un solo sguardo di un fratello: un intervento cosi discreto, eppure cosi decisivo!

L'apprendistato dell'agire con Dio

Ed eccoci all'ultimo punto cruciale di ogni esperienza spirituale; l'apprendistato di un agire che sia continuamente in accordo con l'azione dello Spirito santo in noi. Abbiamo gi) accennato in queste pagine a un certo attivismo pir) o meno sfrenato in cui tanti credenti hanno la tendenza a rifugiarsi per risparmiarsi dei faccia a faccia ben pii esigenti. Cid talvolta non ts che il sintomo di un'insufficiente maturit) umana; ma d pit zt8

',()\i('nte ancora il segno che queste persone non hanno raggiunto rr :i(' stcsse la mozione dello Spirito santo, a partite dalla quaIt' trrltir la loro attivit) poffebbe essere diretta nella pir) grande

1,;rtt'. l)evono aflcora imparare non tanto alavorate al posto di l )io, o con Dio, quanto piuttosto a lasciare che sia Dio a lavorarr' <. rr pfefrdere tutta l'iniziativa in loro. " ll l)adre mio opera sempre" (Gv 5,r7): ecco una confidenza l;rttrr cla Gesir ai discepoli. E aggiungeva che ogni opera che egli ,r trrrr volta compiva qui sulla terra consisteva nel fare cid che r,,'.lt'vir fare dal Padre. Allo stesso modo Dio b incessantemente :rll'opcra in coloro che egli manda, e sarebbe sufficiente che lo l,rs.'irrsscro fare, cercando di raggiungere la sua azione in loro, l)('r'lx)ter collaborare con lui secondo le sue attese. Questa d ,l.l lcsto l'unica cosa da fare, e nulla pir). Ognuno pud sperare , lrc vcrr) il giorno in cui gli sarh dato di collaborare cosi con la ',t,r grl.zia, in una maniera oramai del tutto differente da quella ,r t rri cra abituato agli inizi dell'esperienza spirituale. Come la rrr;rligior parte dei cristiani sono sovente tentati di inventarsi r rrrnruini di preghiera a propria misura e che offrano garunzie

,li

ritrscita, cosi sono esposti allatentazione di voler tracciare

,l:r sc stessi, a proprio gradimento, alcune condizioni di militanz,r rr servizio del Regno. Ora, b Dio che incessantemente d all'()l)crzl, ed essi non sono che strumenti. Per essere buoni strurnt'rrti basterebbe che sapessero scoprire e discernere in se stessi (lu('sta attivith di Dio che incessantemente cerca di sostituirsi ,rllrr loro attivitd, per associarsi interamente alla sua. Irr gcnere ts difficile rendersi conto a qual punto cid supponga unrr trasformazione radicale del modo

di fare abituale. Si d tal-

nr('r)te abituati alavotarc per Dio con una buona intenzione, ,lricclcndogli il suo aiuto nella preghiera e contando sinceramenr('su (luesto aiuto nel corso del proprio lavoro... Ma I'accento, irrt'or.rsciamente, resta posto sull'attivit) di colui che, ai propri ,,, t lri, sembra essere all'opera; di colui che lavora secondo i prolrr i progetti, pur contando vagamente su Dio perch6 ne avalli

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bene o male i risultati, dato che trover) ben il modo di integrare la nostra prassi generosa nei suoi piani d'azione... Il che, peral-

tro, B certo: Dio lo f.a, e 17 febbrile attivismo di certuni pud solo infastidirlo un po' quando si ffatta di condurre a buon fine il suo disegno

di salvezza.

Esiste perd una maniera del tutto differente di lavorare insieme a Dio o, meglio, di lasciare che Dio operi in colui che lavora. In un certo senso questamaniera d molto pir) lieve e persino pir) riposante per l'uomo che vi d impegnato. Per di piil, non v'd dubbio, essa rende maggiormente gloria a Dio. Questa maniera privilegiata consiste semplicemente nel mettersi nella disposizione di captare 7a lunghezza d'onda - se si pub usare tale paragone - sulla quale d all'opera Dio, allo scopo di raggiungerlo su quella lunghezza d'onda e presrarsi tranquillamente alTa sua azione. Ecco cid che Dio vorrebbe tanto insegnare all'uomo. Dio B infatti continuamente all'operu nella chiesa e nel mondo, l'uno e l'altra opere scelte uscite dalle sue mani, d estremamente attivo. Per agire, non attende che l'uomo agisca per primo, anzi, Ta sua potenza, come un uragano, si scatena continuamente sull'universo: la sua attivith d presente ovunque, ma d l'uomo che ha difficolt) a captarla esattamente. Per riprendere il paragone di prima, l'attivitb, umana si sviluppa spesso su un'altralunghezza d'onda rispetto a quella di Dio. Non d neppure escluso che le emissioni degli uomini, le loro attiviti talora intempestive, disturbino di tanto in tanto le emissioni divine. Bisognerebbe che talvolta essi arrestassero il ritmo indiavolato delle loro attivitd, che riuscissero a fare una pausa, a deporre le armi e incrociare le braccia, per ascoltare a lungo il silenzio del loro cuore. E proprio in questi momenti che l'agire di

Dio avrh qualche possibilith di emergere e di prendercT'iniziativa dentro di loro. La cosa d facile solo in apparenza, soprattutto per l'uomo attivo, abituato a nuffirsi inconsciamente della propria attiviti, cosi come ci si assuef) a una droga: non se ne pud liberare senza pas220

',.uf irt traverso la crisi di astinenza. Si tratta in effetti di passare ,l;r rrn attivismo delle buone intenzioni, che non d senza risultati trrrrgibili, a una certa passivit) proprio alf interno dell'azione, ,li rrri perd non d sempre immediatamente percepibile l'effica, i:r Irr altre parole: al cuore stesso dell'azione,l'uomo attivo non , 1r 11,11'[)[)s mai perdersi in essa a tal punto da arcivare, a sua in',.r1)ulrr, atagliare il filo che Io ricollega alla propria interiorit); d ,l,r Ii, anzi, che dovrebbe scaturire tuttala sua attivit). A rrcrrra una volta, non si ttatta di una cosa facile. Avere inces',,url('rrrente l'orecchio del cuore attento all'azione di Dio, mett('r'si continuamente in sintonia con essa, restare accordati, comlr.rr'irrlc, per cosi dire, con essa, esige sovente una vera e propria ( r()cilissione, una pasqua, e i pir) cercano inconsciamente di all,rrrtruritrre il calice quanto pir) a lungo possibile. Non sono del r(',jr() - cosi sembra loro - strettamente indispensabili alle operc r lrt', in buona fede, credono di compiere per Dio? Fortunatanf('ntc a Dio non mancano i mezzi per far loro deporre le armi r' r'orrclurli, a poco a poco, a una resa senza condizioni. l',t'co, dunque, ancora un'altra situazione in cui il credente .rvr':r lrcr lo pii bisogno dell'aiuto di un accompagnatorc per comI'r,'rrtlcre il senso dell'azione di Dio nella propriavitaelaforma ,1,'l srro intervento nelle proprie attivite. La prima impressione ,lr,' rrc avr) f interessato d che Dio interviene come per ostacol.u(' (lrrcste sue attivit). Nell'incapacit) di capire, il credente ( r)r r('r'ir il rischio di reagire nel modo piil maldestro, pur con la rrrililiorc intenzione di questo mondo. Quanto piil sarebbe ne( (',i:i:u'i() rallentare il movimento, e fofse anche fermarsi un attinr( ), trrnto pir) si agiter) come un forsennato. Si, l'agire di Dio il ;,iir ..lclle volte sconcetta, appare strano. Prima di diventare la r, ,t t i'r *rrlla quale il credente potr) un giorno costruire in manier ,r lr,'rr piir salda, 7'azione divina in un primo momento d soven-

tl

pietra d'inciampo. trrrlo dell'accomp^gnatore ts qui di estrema importanza. La ',u:r l)rlrola, innanzitutto; ma pit) ancora il suo esempio. Egli st :rrrclalo,

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dovrebbe essere esperto nelle vie di Dio ma, correlativamente, altrettanto esperto nella propria debolezza. Un giorno, infatti, anch'egli ha come sorpreso Dio intento a scrivere diritto sulle righe storte della sua vita. E stato difficile ma importante anche per lui imparare a vedere come Dio sapesse trarre sovranamente il massimo profitto dai poveri cocci che egli poteva allora offrir-

INDICE

gli. Ormai l'accompagnatore B stato invitato a un altro sguardo sulla propria povert). Egli d stato in grado di riconciliarsi con quella insignificanza, alla luce delle meraviglie che Dio non ha cessato di operare atraverso di lui, e tutto cib talmente al di l) dei suoi limiti e dei suoi errori. E, perch6 no, anche a dispetto dei suoi limiti e di tutti gli espedienti a cui ognuno di noi fa spesso ricorso per cercar di superare Dio, di far meglio di lui proprio nel suo campo. Non d aunatale riconciliazione - nel contempo con se stessi e con Dio - che ogni accompagnamento dovrebbe aprire? E non d attraverso l'infinita pazienza del padre spirituale che l'accompagnato dovrebbe imparare concretamente che cosa possa significare collaborare con la grazia di Dio: essere attento a essa, ma mai presumere di essa; incalzarla da presso, ma mai precederla? E Dio, e Dio solo, che rinnova le

I'ITEEAZIONE I'ITEMESSA

COMPAGNAMENTO SPIRITUALE ELL'ESPERIENZA CRISTIANA OGGI 'lia la carne e 1o Spirito I,' AC

N

(

)ffuscamento e riscoperta I)iscernimento e parola di Dio I )iscernimento spirituale e conversione I )iscernimento spirituale e obbedienza I )iscernimento spirituale e preghiera I )iscernimento spirituale nell'azione L'accompagnamento spirituale, un ministero nella chiesa

I,'OGGETTO DELL'ACCOMPAGNAMENTO SPIRITUALE

sue meraviglie. Incessantemente.

I,A RELAZIONE ACCOMPAGNATORE-ACCOMPAGNATO lk:lazioni di vario tipo Al cuore di una relazione umana Vita divina e scienze umane I

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]N PROBLEMA RELAZIONALE: ILTRANSFERT

II,I)IALOGO DI ACCOMPAGNAMENTO Ast,'ltare i desideri

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DISCERNERE LAVOLONTA DI DIO Volont) di Dio e volont) proprie Discernere la propria misura petsonale I segni della grazia

ALCUNI CASI PARTICOLARI La scelta di uno stato di vita

Difficolt) nella preghiera L'apprendistato delI'agire con Dio


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