NAPOLI METRO ART GUIDE

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napoli metro art guide

barbara ciardiello


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napoli metro art guide Guida alle Stazioni metropolitane piÚ belle d’Europa

a cura di Barbara Ciardiello



Indice STAZIONI DELL’ARTE

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Introduzione La storia Urbanistica e mobilità L’arte alla portata di tutti

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Garibaldi Università Municipio Toledo Dante Museo Materdei Salvator Rosa Quattro Giornate Vanvitelli Rione Alto

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Mergellina Lala Augusto Mostra

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stazioni dell’arte


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Introduzione non-luogo /non-luò·go/ locuzione Ciascuno di quegli spazi anonimi del grande commercio e della comunicazione (aereoporti, ipermercati, catene alberghiere, multisale) che, in ogni città e in ogni paese, sono caratterizzati dalla stessa atmosfera e dallo stesso stile. Origine Comp. di non e luogo, dal titolo del libro dell’antropologo francese Marc Augé Nonluoghi: introduzione a una antropologia della surmodernità (1993).

Citati per la prima volta dal filosofo francese Marc Augé nel saggio “Non-lieux. Introduction à une anthropologie de la surmodernité”, i non-luoghi sono luoghi privi di identità, effimeri e di passaggio dove le individualità si incrociano senza entrare in relazione, in contrasto per definizione rispetto ai cosiddetti luoghi antropologici, identitari, relazionali e storici, ovvero caratterizzati dal legame sociale di una storia collettiva. I non-luoghi sono generalmente aeroporti, stazioni, metropolitane, supermercati, centri commerciali, fast-food, autostrade, e sono secondo Augé la chiara rappresentazione della nostra epoca e quindi di precarietà assoluta, provvisorietà, transito, individualismo e consumismo ossessivo. Il sistema ferroviario metropolitano di Napoli smentisce il pensiero del filosofo francese: le stazioni sotterranee partenopee


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costituiscono un complesso artistico-funzionale definito “Metro dell’arte” e sono il risultato di un progetto nato negli anni Novanta e sostenuto ancora oggi dal Comune di Napoli per rendere più accoglienti e piacevoli i luoghi della mobilità pubblica e che mostra a tutti capolavori di architettura e arte contemporanea. Le stazioni, distribuite lungo la Linea 1 e 6 della rete metropolitana, accolgono pendolari, cittadini e turisti tra forme architettoniche, installazioni, opere luminose, luce e colore. A fare la differenza è dunque l’arte, che eleva il trasporto pubblico a luogo di incontro e a museo diffuso sotterraneo, il cui biglietto d’ingresso è il costo di una corsa in metro. A realizzare questi progetti sono stati chiamati un centinaio di artisti, designer e architetti di fama mondiale, che hanno realizzato opere che, attraverso linguaggi diversi, parlano di arte contemporanea senza dimenticare la ricchezza storica e culturale di Napoli e la sua tradizione. Tale complesso urbanistico, tuttora in fase di espansione attraverso la costruzione di nuove stazioni, ha ricevuto numerosi riconoscimenti a livello internazionale: nel 2012 il quotidiano The Daily Telegraph ha premiato la stazione Toledo definendola come la più impressionante d’Europa, e ha posizionato quella di Materdei al tredicesimo posto; nel 2014 la stazione Toledo è stata proclamata come la più bella d’Europa anche dalla CNN. L’idea di utilizzare la metropolitana non solo come mezzo di trasporto ma anche come strumento di riqualificazione del territorio circostante si è rivelata strategica per il riscatto urbano e sociale della città; questa impresa così venne descritta dal presidente della società Metropolitana di Napoli, Giannegidio Silva, recentemente scomparso: «La realizzazione della metropolitana non si limita alla risoluzione dei problemi trasportistici ma diventava l’occasione per


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un importante intervento di ristrutturazione urbana di ampie zone della città limitrofe alle stazioni. In particolare evidenzia due grandi piazze centrali nel sistema viabilistico napoletano, piazza Municipio e Garibaldi, che sono state completamente riprogettate. La metropolitana è diventata anche una occasione culturale importante con il coinvolgimento a completamento dell’architettura di circa 160 opere d’arte contemporanea di affermati artisti italiani e stranieri. Attualmente sono state aperte al pubblico circa 20 km di linea con 20 stazioni: dalla periferia alla stazione Garibaldi, che connette la rete urbana della metropolitana alla linea ferroviaria nazionale. Abbiamo affidato la progettazione delle stazioni dell’Arte a 14 architetti internazionali di chiara fama, garantendo a ciascuna massima libertà d’espressione. Ciascun architetto ha portato nel progetto della metropolitana il proprio stile, la propria personalità e cultura realizzando così un insieme particolarmente vario e rappresentativo delle correnti culturali attuali.»


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La storia La storia della Linea 1, originariamente chiamata metropolitana collinare, comincia nel lontano 1963, quando si propose un collegamento su rotaia tra il Vomero e il centro città in aggiunta alle già esistenti funicolari, non più in grado da sole di soddisfare la domanda dei viaggiatori. La prima tratta, Vanvitelli-Colli Aminei, entrò in funzione trenta anni dopo, nel 1993, seguita nel 1995 dal prolungamento fino a Piscinola. La progettazione delle stazioni, la cui impostazione risaliva agli anni Settanta, era gestita dalla società Metropolitana Milanese e fu inizialmente di tipo ingegneristico. Infatti, a causa degli alti costi di costruzione di una linea metropolitana, il progetto delle stazioni era dedito soprattutto al contenimento dei costi; la tendenza al risparmio e all’efficienza ha caratterizzato fino alla fine degli anni Ottanta tutte le linee metropolitane, pensate come un’opera ingegneristica in grado di confrontarsi con i problemi geotecnici e trasportistici e di inserirsi nel contesto urbano in maniera minima senza incidere sulla situazione preesistente. Furono proprio l’estraneità e l’anonimità delle stazioni nei confronti di luoghi di gran carattere come piazza Cavour e piazza Dante che hanno indotto la committenza a decidere di rendere le stazioni dei luoghi antropologici, in cui tessuto urbano e stazione metropolitana fossero fortemente legate. Così nel 1995, durante la costruzione della tratta Vanvitelli-Museo, che unisce il quartiere alto del Vomero con la centrale piazza Cavour, l’amministrazione comunale chiese alla società Metropolitana Milanese di affidare la progettazione delle uscite e delle sistemazioni esterne delle stazioni, che attraversano il centro storico e alcune delle sue piazze più significative, ad architetti e artisti altamente qualificati, quali Alessandro Mendini


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e Gae Aulenti. Francesco Erbani, opinionista de la Repubblica, ha così spiegato i motivi che hanno portato alla realizzazione del progetto: «Una metropolitana vuol dire anche stazioni: perché limitarsi a soluzioni puramente ingegneristiche e non trasformare questi luoghi in oggetti architettonici di pregio, con sistemazioni urbane di qualità e che invoglino a usare sempre di più il mezzo pubblico su ferro eliminando il profilo dimesso, punitivo che spesso comunicano tunnel, scale mobili e piattaforme? Perché non arricchire di valori estetici un grande servizio pubblico, coniugando funzionalità e cordialità? Sono state queste le domande che, più si andava avanti con la pianificazione della rete di trasporti, ci si è posti negli uffici dell’amministrazione comunale.» I nuovi progetti di revisione, iniziati a stazioni quasi ultimate, non intervenivano sugli spazi fisici interni, già definiti nelle strutture e nella organizzazione funzionale, ma sulle finiture e le decorazioni di banchine, collegamenti e mezzanini. Si introdussero opere di artisti napoletani contemporanei nelle stazioni di Salvator Rosa e Materdei, si riempirono con sculture e calchi offerti dal Museo Archeologico i collegamenti e gli atri della stazione Museo e si esposero i ritrovamenti degli scavi effettuati in situ nella stazione Dante: molto differenti erano i contesti urbani circostanti le stazioni e quindi diverse erano le soluzioni progettuali per la loro riqualificazione. L’iniziativa era nata dall’allora sindaco Antonio Bassolino in collaborazione con il critico d’arte Achille Bonito Oliva, la cui idea era di creare un percorso espositivo sotterraneo, che unisse urbanistica e arte. Il piano faceva parte del progetto “Gli Annali dell’Arte” curato da Achille Bonito Oliva, e prevedeva la collocazione di opere negli spazi pubblici più frequentati di Napoli, con lo scopo di rendere l’arte contemporanea più fruibile


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a tutti i cittadini, che l’avrebbero incrociata sul loro cammino quotidiano. Negli anni il progetto si consolidò e crebbe, portando alla nascita delle cosiddette Stazioni dell’Arte: da quel momento, gli ambienti interni ed esterni delle stazioni delle linee 1 e 6 della metropolitana di Napoli sono diventati un vero e proprio complesso museale. Due le finalità principali: da un lato riqualificare vaste aree del tessuto urbano con costruzioni che diventassero luoghi focali nella città di Napoli, dall’altro combinare la fruizione del trasporto pubblico con l’esposizione d’arte contemporanea, allo scopo di favorirne la conoscenza e diffusione.


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Urbanistica e mobilità La grande novità introdotta nella pianificazione dei trasporti napoletani è che la mobilità, i trasporti e l’urbanistica hanno preso parte allo stesso ed unico processo. Questo connubio è sempre necessario qualora si voglia ottenere un progetto credibile, in linea con le esigenze della città sostenibile fortemente voluta dalla Comunità Europea: è infatti compito della pianificazione urbana far sì che le reti infrastrutturali si relazionino con il territorio e liberino la città dalla morsa del traffico automobilistico. Insieme, urbanistica e trasporti, hanno proposto di utilizzare le reti del trasporto pubblico come strumenti di organizzazione del territorio intorno alle stazioni e ai luoghi da esse intercettate. Il piano ha coinvolto tutto il territorio cittadino, unificando centro e periferia, da sempre separati più che avvicinati. L’elemento strategico di questa politica territoriale non è solo la mobilità fine a se stessa, ma piuttosto l’accessibilità ai luoghi e alle attività pubbliche e private della città, che si ottiene attraverso la qualità dei mezzi di trasporto e delle relazioni con il contesto territoriale in cui si collocano le stazioni. Estendere il numero dei punti di accesso, costituiti dalle stazioni e dai nodi d’interscambio in tutto il territorio, favorisce la creazione di nuove centralità e individua nuovi luoghi in cui periferia e centro ritrovano la stessa identità. Esempio chiave per comprendere la relazione tra urbanistica e trasporti è la proposta per il centro storico, dove le parti più complesse e visitate della città giovano della mobilità su ferro per facilitarne la percorrenza: solo dotando il centro cittadino di un serio e forte sistema di trasporto pubblico è possibile liberare dalla morsa automobilistica le piazze, le strade, gli slarghi e i giardini dell’impianto storico e restituire all’originario splendore


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i luoghi pubblici connettivi e gli edifici e i monumenti che su di essi si affacciano. La rete metropolitana si incarica inoltre di ricucire, e nel suo piccolo risanare, il tessuto della città , dal centro alle periferie, quelle dell’ abusivismo di Pianura e degli insediamenti di ScampÏa, allargandosi poi a tutto il territorio provinciale e quindi dilatandosi verso quello regionale.


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L’arte alla portata di tutti L’obiettivo delle stazioni dell’arte non è solo quello di rendere più attraenti i luoghi della mobilità, ma anche di offrire a tutti i cittadini un incontro con l’arte contemporanea, che si è impossessata di quei luoghi che sono solitamente di solo transito e ha trasformato le stazioni della metropolitana in spazi culturali accessibili a tutti. La cosiddetta Metro dell’Arte di Napoli è uno dei tentativi più riusciti di sistema museale diffuso: un trionfo di arte contemporanea, architettura internazionale e urbanistica, che combina le esigenze urbane e infrastrutturali con il piacere dell’arte e della cultura e che ha ricevuto anche moltissimi riconoscimenti internazionali. Gli ambienti sotterranei e gli spazi esterni d’accesso delle stazioni, definite “musei obbligatori” dal critico e coordinatore artistico della società della metropolitana, Achille Bonito Oliva, sono stati invasi da installazioni, sculture, materiali innovativi realizzati da celebri esponenti dell’arte contemporanea e illustri architetti. La progettazione delle Stazioni dell’arte è stata affidata ad architetti di fama internazionale come ad esempio Gae Aulenti, Dominique Perrault, Alessandro Mendini, Oscar Tousquet Blanca, Alvaro Siza, e al loro interno si contano ad oggi circa duecento opere d’arte contemporanea di noti artisti quali Jannis Kounellis, Joseph Kosuth, Mimmo Paladino, Sol Lewitt, Mario Merz e molti altri, che contribuiscono alla definizione di ogni singola stazione con caratteristiche proprie e distintive. La metropolitana partenopea è definita per tali ragioni un museo sotteraneo, e si aggiunge giustamente alle meraviglie del prezioso patrimonio archeologico, nascosto nel sottosuolo di Napoli, che continua ad emergere ad ogni lavoro per una nuova stazione.


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L’innovazione, partendo dagli spazi interni delle stazioni, arriva poi a coinvolgere il contesto urbano anche in superficie: le installazioni infatti sono spesso già presenti nei pressi degli ingressi alla metropolitana, rinnovando l’aspetto del quartiere che la ospita. Per quanto riguarda il concetto di arte, di fruibilità e quindi di cultura democratica il capoluogo campano ha tutte le possibilità per essere considerata una delle città ad oggi più all’avanguardia. I viaggiatori e i pendolari infatti, alienati dal viavai quotidiano, a Napoli usufruiscono non solo di un mezzo di trasporto, ma di un originale ed elegante connubio di arte e urbanistica: l’arte a portata di tutti, che non si chiude negli spazi elitari di un museo, ma a cui tutti possono accedere indistintamente. Queste le parole del coordinatore artistico Achille Bonito Oliva: «L’esperimento è senza precedenti in Italia ed uno dei pochissimi realizzato a livello internazionale. Ci troviamo di fronte alla concreta realizzazione di un gruppo consistente di opere classificabili sotto il segno positivo di arte pubblica. Per definizione, tale arte non è semplice arredo o commento all’involucro architettonico, quanto piuttosto struttura interagente con quella preesistente dell’invaso architettonico, inciampo felice per lo sguardo del corpo sociale che attraversa tali spazi con attenzione e talvolta disattenzione. Forte è la valenza etica di tale arte, oltre che estetica. [...] Qui ci troviamo per la prima volta di fronte ad un esempio di museo all’aperto, sotterraneo ed emergente, clandestino e pubblico nello stesso tempo, accogliente non più esempi di arte catacombale ma di forme che hanno acquistato la possibile dignità del confronto continuo col nostro quotidiano.»



linea uno


domenico orlacchio, 2001

alessandro mendini, 2001

alessandro mendini, 2003

gae aulenti, 2001

gae aulenti, 2002

oscar tusquets blanca, 2012

a. siza + e. souto de moura, 2015

karim rashid, 2011

massimiliano fuksas, 2019

dominique perrault, 2013

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Stazione dell’arte In costruzione Stazione ordinaria

renato miano, 1993-2002

michele capobianco, 1993-2005

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La Linea 1 della Metropolitana di Napoli ha ricevuto il premio Most Innovative Approach to Station Development a Londra nel 2009 tra più di 300 artisti e altri numerosi premi per le stazioni dell’arte. La tratta attualmente operativa corre dal quartiere di Piscinola fino alla centrale piazza Garibaldi, snodo delle ferrovie dello stato e dell’alta velocità. In futuro, alle fermate attuali saranno aggiunte Poggioreale e Tribunale (progettate da Mario Botta) e Centro Direzionale (Benedetta Tagliabue), che da Garibaldi raggiungeranno l’aeroporto di Capodichino (Richard Rogers). Il termine di questi lavori è previsto per il 2020. Il progetto prevederebbe inoltre di aggiungere dopo Piscinola le fermate Miano, Regina Margherita, Secondigliano e Di Vittorio, la quale dovrebbe essere collegata a Capodichino in modo tale da chiudere il percorso ad anello; i lavori sono però fermi per un contenzioso in atto.


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GARIBALDI dominique perrault + michelangelo pistoletto, cracking art group Per la fermata Garibaldi è stato scelto nel 2004 l’architetto e urbanista francese Dominique Perrault, già autore della Grande Biblioteca di Parigi: a lui il compito non solo di progettare la stazione della metropolitana della Linea 1, ma di trasformare anche l’area sovrastante, che rappresenta uno degli spazi cruciali nel cuore della città, piazza Garibaldi, dove è situata anche la stazione Napoli Centrale delle Ferrovie dello Stato. Questa piazza ha una superficie di circa sei ettari ed accoglie una grande eterogeneità di edifici risalenti a diverse epoche storiche; da sempre è stata però utilizzata solo come grande nodo intermodale che servisse il passaggio di automobili, autobus, tram, treni regionali e statali. Non ha mai giovato quindi alle altre attività cittadine e non ha mai dedicato ai residenti e ai visitatori veri e propri spazi per il passeggio o il relax. A lavori ultimati, piazza Garibaldi si articolerà in due grandi zone, a nord uno spazio aperto costituito da giardini, aree di gioco e di riposo, in fase di creazione; a sud uno spazio, già inaugurato nel 2013, protetto da una grande struttura di pilastri e coperture in acciaio e vetro che ripara la piazza ipogea costituente una galleria commerciale e l’ingresso alla stazione della metropolitana. Così facendo, Perrault è riuscito ad organizzare il paesaggio urbano spostando il traffico ai lati della piazza, preservandone i cuore. L’ingresso alla stazione è strutturata come un unico e luminoso ambiente attraversato da scale mobili incrociate, dove la luce naturale è favorita quasi fino al piano della banchina grazie alla


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Lumache, Cracking Art Group


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copertura trasparente. Il pattern triangolare della copertura, sostenuta da pilastri che si sviluppano in altezza diramandosi a V, riprende formalmente il triangolo della pensilina della stazione ferroviaria (il cui progetto risale al 1954 e porta la firma di Corrado Cameli, Pierluigi Nervi, Carlo Cocchia, Massimo Battaglini, Bruno Zevi, Giulio De Luca, Luigi Piccinato e Giuseppe Vaccaro). Gli interni della metropolitana sono fortemente caratterizzati da un unico materiale, l’acciaio, nella versione satinata o lucidissimo e riflettente, cui fa contrasto solo l’arancione di alcuni dettagli decorativi. Elemento cruciale del progetto è poi l’installazione dal titolo “Stazione”, opera dell’artista italiano contemporaneo Michelangelo Pistoletto, che in coerenza con il suo modus operandi crea per lo scalo metropolitano di Garibaldi due enormi pannelli di acciaio specchianti sul quale sono serigrafati, a grandezza naturale, immaginari passeggeri in cammino, nell’attesa, durante un incontro; il fondo specchiante permette agli utenti di entrare nell’immagine diventando parte dell’opera che, come ha spiegato l’autore, è una vera e propria «porta che mette in comunicazione arte e vita». Recentemente hanno fatto la loro comparsa in stazione anche tantissime lumache giganti di plastica colorata. Si tratta di un’opera artistica del gruppo Cracking Art Group, conosciuto per le riproduzioni di animali in plastica riciclabile, posizionate nelle strade più affollate di diverse città europee.


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Stazione, Michelangelo Pistoletto


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UNIVERSITÀ karim rashid La stazione Università, inaugurata nel 2011, situata in piazza Bovio - anche denominata piazza della Borsa - e nelle immediate vicinanze della sede centrale dell’Università Federico Secondo, è stata progettata da Karim Rashid ed è caratterizzata da vivaci cromie fluo, da materiali innovativi e morbidi volumi. Per i giovani universitari, i lavoratori e i viaggiatori in genere, l’architetto anglo-egiziano ha voluto creare degli spazi che rappresentassero l’era digitale e che trasmettessero l’idea di comunicazione simultanea e di innovazione tecnologica. Ciò si riscontra già sulle pareti delle scale d’accesso, dove sono stampate in rosa e in verde, sui rivestimenti in ceramica, neologismi coniati negli ultimi cinquant’anni, legati al mondo dell’informatica, della cibernetica e della tecnologia, come ad esempio “virtual”, “network”, “operativo”, “portatile”, “database”, “interfaccia”, “software”. Procedendo verso l’atrio, ci si ritrova in un’esplosione di colori vivaci e di immagini digitali, serviti nel loro intento di morbida accoglienza dall’utilizzo di materiali come il levigatissimo Corian delle pareti e l’acciaio specchiante delle volte. Due gli elementi fortementi caratterizzanti dell’atrio: da un lato i pilastri cilindrici, modellati in modo tale che da qualsiasi punto di vista siano visibili dei profili umani, metafora della tridimensionalità virtuale; dall’altro una sinuosa scultura in metallo satinato, denominata “Synapsis”, che rimanda all’intelligenza umana e al reticolo neuronale del cervello. Due colori fluo, il rosa e il lime, indicano rispettivamente la direzione verso la banchina per Piscinola o Garibaldi. Dalle sca-


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le mobili dell’atrio fino alla banchina del piano -2, i viaggiatori sono circondati dai giochi di luce dovuti ai pannelli di cristallo specchiante, e dalle immagini del reportorio di Rashid, i cui colori si esprimono in una grande eterogeneità di reticoli e decori. Al livello più basso si scopre poi, sull’altezza dei gradini delle scale fisse, due grandi immagini di Dante Alighieri e di Beatrice: un omaggio che l’architetto ha voluto fare al padre della letteratura italiana per sottolineare l’importanza del legame tra la cultura umanistica e i linguaggi contemporanei. Il piano dei binari si trova a trenta metri di profondità rispetto al livello stradale. Lungo le due banchine sono poste delle panche che riprendono il design curvilineo tipico di Rashid, e sono installati quattro grandi pannelli le cui figure tridimensionali riprodotte sembrano muoversi e ruotare nello spazio allo spostarsi dell’osservatore grazie agli effetti di uno speciale sistema lenticolare: simbolo del movimento, che prelude al viaggio in metropolitana.


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MUNICIPIO àlvaro siza & eduardo souto de moura + michal rovner Gli architetti portoghesi Àlvaro Siza ed Eduardo Souto de Moura sono gli ideatori del progetto per la stazione di piazza Municipio, che a lavori ultimati rappresenterà un nodo di interscambio tra le stazioni delle Linee 1 e 6 della metropolitana. La sistemazione della stazione sotterranea sarà funzionale al collegamento pedonale tra il porto e la parte monumentale della città, mentre dal punto di vista urbanistico, in superficie i lavori valorizzeranno l’asse prospettico che unisce la Stazione Marittima del Molo Beverello al Palazzo del Municipio fino alla collina di San Martino. I lavori in questa piazza sono forse da considerare come i più complessi avviati finora, a causa delle numerose ed eccezionali testimonianze archeologiche venute alla luce durante i lavori di scavo per la stazione, tra le più importanti ritrovate nell’ultimo decennio. La storia che viene fuori risale all’antico porto di Neapolis, impiantato nell’insenatura marina che occupava parte della piazza, con i fondali, le antiche barche e la banchina di età augustea, e ci racconta anche di resti dell’edilizia di età angioina, sorta alla fine del XIII secolo con l’imponente Castel Nuovo, meglio conosciuto come Maschio Angioino. I due architetti, Siza e Souto de Moura, hanno saggiamente deciso di far dialogare le preesistenze storiche recuperate durante i lavori con la loro struttura contemporanea, caratterizzata dalla purezza delle linee e dalla cura per le finiture in pietra lavica e intonaco bianco, le cui geometria ricordano i maestri


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del movimento moderno. L’unica grande installazione d’arte, chiamata “Paesaggi”, è posta nell’atrio ed è firmata dall’artista israeliano Michal Rovner: si tratta, a detta di Achille Bonito Oliva, di un video-affresco, composto da immagini inviate da cinque proiettori di alta precisione che si fondono con quelle disegnate a pastello e dipinte con colori ad acqua dall’artista direttamente sulla lunga parete bianca dell’atrio.


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“Paesaggi”, Michal Rovner


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TOLEDO oscar tusquets blanca + william kentridge, robert wilson, achille cevoli, oliviero toscani, lawrence weiner, shirin neshat & luciano romano, ilya & emilia kabakov, francesco clemente Vero e proprio gioiello, la stazione di via Toledo progettata dall’architetto catalano Oscar Tusquets Blanca e inaugurata nel 2012, vanta numerosi e prestigiosi riconoscimenti: è stata definita la stazione più bella d’Europa sia dal Daily Telegraph che dalla CNN, e nel 2013 ha vinto l’Emirates Leaf International Award come Public building of the year; ha recentemente conquistato anche il premio della International Tunnelling Association nella categoria Innovative use of underground spaces, una sorta di Oscar degli spazi sotterranei che ogni anno viene assegnato a Hagerbach, in Svizzera. Oltre al suo valore architettonico ed artistico, la stazione è rinomata per le tecnologie innovative utilizzate per realizzare lo scavo e per l’importante restyling del territorio sovrastante, zona storica dei Quartieri Spagnoli e centro nevralgico dello shopping napoletano, trasformata in zona pedonale e riqualificata esteticamente. Gli elementi che dalla strada anticipano la presenza della stazione metropolitana sono delle strutture esagonali che fungono da lucernari e permettono quindi alla luce solare di raggiungere gli ambienti sottostanti. Il primo piano interrato, integrato ai resti della cinta muraria aragonese, è caratterizzato dal colore nero, allusione dell’asfalto tipico delle città contemporanee, ed è servito da due grandi mosaici dell’artista William Kentridge: il primo, “Naples


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“By the sea... you and me”, Robert Wilson


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Procession”, rappresentante una lunga processione di sagome scure ispirate alla storia napoletana, guidate dal patrono della città, San Gennaro, sul cui sfondo è riproposto il primo progetto per la Stazione Centrale, risalente al 1906; e il secondo, “Bonifica dei quartieri bassi di Napoli”, in cui il disegno utilizzato per lo sfondo è il primo progetto per una metropolitana a Napoli, ideato da Lamont-Young. Scendendo di livello, mutano i colori e il nero lascia spazio prima ad un luminoso giallo che richiama i colori caldi del tufo partenopeo, e poi all’azzurro del mare che, con i suoi mosaici, si fa sempre più intenso man mano che si procede in profondità. Il punto di arrivo di questo percorso verso il basso è la monumentale bocca ovale del Crater de luz, un grande cono che attraversa in profondità tutti i livelli della stazione, collegando il piano della strada con la spettacolare hall costruita 40 metri sottoterra. Al suo interno un gioco luminoso che unisce la luce del sole ai LED governati dal software programmato da Robert Wilson. Le pareti di questa hall sono decorate dalle Olas, onde in rilievo progettate da Oscar Tusquets Blanca, mentre quelle della galleria di scavalco sono costituite dall’installazione di pannelli retroilluminati rappresentanti il mare e nominati “By the sea... you and me” dall’autore Robert Wilson; sulle pareti in prossimità delle scale fisse è invece posto “Men at work”, l’intervento fotografico di Achille Cevoli, dedicato al tema del lavoro operaio, in un omaggio a coloro che hanno realizzato lo scavo delle gallerie e la costruzione delle stazioni. Anche l’uscita della stazione Toledo in largo Montecalvario è ricca di opere d’arte di artisti di fama internazionale. “Razze umane”, due lunghi light-box lungo i tapis-roulant di collegamento tra le due uscite, ad opera di Oliviero Toscani; “Molten copper poured on the rim of the bay of Naples” di Lawrence Weiner, esponente dell’arte concettuale, sulle pareti della scalinata, costituita da pannelli neri con caratteri tipografici in


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“Il teatro è vita. La vita è teatro - Don’t ask where the love is gone”, Shirin Neshat & Luciano Romano


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argento specchiante, che ripropongono il titolo dell’opera in inglese e in italiano, accompagnati da una linea curva che ricorda il golfo di Napoli; “Il teatro è vita. La vita è teatro - Don’t ask where the love is gone”, grandi ritratti in bianco e nero, realizzati dall’artista visiva e regista iraniana Shirin Neshat in collaborazione con il fotografo napoletano Luciano Romano, di soggetti legati al teatro napoletano; “The Flying - Le tre finestre”, opera di Ilya ed Emilia Kabakov, in ceramica di Faenza, che raffigura esseri umani librarsi in volo nel cielo insieme a stormi di uccelli e ad aeroplani. E’ infine da menzionare l’opera di Francesco Clemente, esponente della Transavanguardia, intitolata “Engiadina”, opera in mosaico e ceramica lunga più di sedici metri, che raffigura un paesaggio alpino attraversato da una fascia in ceramica su cui sfila un corteo di figure femminili, ispirate ad antichissime immagini di danzatrici di età minoica. Come già detto, oltre ai lavori sotterranei, è stata progettata anche parte di via Diaz, che ospita l’ingresso principale alla metropolitana e si immette direttamente sull’affollata via Toledo: lì si trova, imponente, la statua equestre di William Kentridge.


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“Naples Procession”, William Kentridge


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“Universo senza bombe, regno dei fiori, 7 angeli rossi�, Nicola De Maria


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DANTE gae aulenti + carlo alfano, joseph kosuth, janis kounellis, michelangelo pistoletto, nicola de maria La stazione metropolitana Dante, inaugurata nel 2002, fa parte del progetto di riqualificazione urbanistica, a cura dell’architetto Gae Aulenti, che ha compreso anche il ridisegnamento e la pedonalizzazione della piazza omonima sovrastante. La stazione al suo interno ha delle pareti pareti rivestite da grandi pannelli in vetro bianco con borchie in acciaio e ospita opere di artisti contemporanei italiani e internazionali. Le prime che si incontrano nell’atrio principale sono due tele ad olio di Carlo Alfano, “Luce-Grigio” del 1982 e “Frammenti di un autoritratto anonimo” del 1985. Procedendo verso il piano inferiore, al di sopra delle scale, è posta l’installazione di tubolari al neon bianco di Joseph Kosuth, padre dell’arte concettuale, intitolata “Queste cose visibili”, che immortala un passo del Convivio di Dante Alighieri. La parete del primo piano interrato è occupata interamente dall’installazione “Senza titolo” di Janis Kounellis, costituita da una grande pannellatura di acciaio sulla quale sono fissate putrelle, simili a binari, che bloccano diverse paia di scarpe maschili e femminili, locomotive di trenini giocattolo, un soprabito e un cappello. Al di sopra delle scale mobili che portano alle banchine vi sono due versioni di “Intermediterraneo” di Michelangelo Pistoletto, un’opera specchiante in cui è tracciato il profilo del bacino mediterraneo. L’ultima opera che si trova al piano più basso è “Universo sen-


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“Queste cose visibili”, Joseph Kosuth


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za bombe, regno dei fiori, 7 angeli rossi�, di Nicola De Maria, grande mosaico che occupa tutte le pareti dal pavimento al soffitto, tripudio di colori, forme geometriche e ovoidi tridimensionali.


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“Senza titolo”, Janis Kounellis


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Calco dell’Ercole Farnese


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MUSEO gae aulenti + mimmo jodice, luciano d’alessandro, fabio donato, antonio biasucci, raffaela mariniello La stazione Museo rappresenta un importante nodo del sistema metropolitano, sia per gli intensi flussi turistici, sia perchè costituisce un nodo di interscambio con la stazione Cavour, appartenente alla Linea 2 della metropolitana di Napoli, e quindi con i treni della Metropolitana Regionale. Anche questa stazione, come quella di piazza Dante, è stata progettata da Gae Aulenti ed inaugurata nel 2001. L’intera piazza Cavour, a lavori ultimati, ne esce completamente rivoluzionata: all’articolato edificio di ingresso alla stazione, che grazie all’utilizzo di intonaco rosso e pietra vesuviana, richiama i materiali e i colori del vicino Museo Archeologico Nazionale, si aggiungono giardini, aiuole, chioschi e fontane. Dall’interno della stazione è possibile raggiungere sia la fermata Cavour della Linea 2 della metropolitana, attraverso tapis roulant che si snodano nei lunghi corridoi sotterranei, sia il museo, attraverso un percorso espositivo permanente. Nell’atrio della stazione si impone il calco in vetroresina dell’Ercole Farnese, realizzato dall’Accademia di Belle Arti di Napoli, e nel vano di ingresso secondario è collocato un calco in bronzo della monumentale Testa di cavallo detta “Carafa”. In direzione del museo, sono invece installate le fotografie in bianco e nero di Mimmo Jodice, rappresentanti le “Anamnesi” e le serie degli “Atleti” e delle “Danzatrici”, attraverso le quali il maestro napoletano può confrontarsi con le celebri sculture provenienti dalla Villa dei Papiri di Ercolano e conservate nel


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“Atleti”, Mimmo Jodice


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vicino museo. L’ingresso superiore è dominato dalla riproduzione in bronzo del Laocoonte, realizzato dalla Fonderia Storica Chiurazzi tramite l’antico calco in gesso conservato nella Gipsoteca dell’Accademia di Belle Arti. Alle sue spalle sono ancora i lavori di Jodice a fare da sfondo: il fotografo riprende alcuni particolari della statua, ingigantendoli e offrendone nuove suggestioni. Il corridoio che porta al museo ospita l’esposizione permanente, intitolata “Neapolis”, che raccoglie i reperti archeologici scoperti durante i lavori di scavo della della Linea 1, in particolare i ritrovamenti delle stazioni Municipio, Toledo, Università e Duomo, che risalgono all’insediamento di Partenope, fondata dai cumani nel VII secolo a.C., e di Neapolis tra il VI e il V secolo a.C. Il corridoio che invece collega la Linea 1 e la Linea 2, ospita una serie di opere realizzate da fotografi campani contemporanei, quali Luciano D’Alessandro, Fabio Donato, Antonio Biasucci e Raffaela Mariniello.


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MATERDEI alessandro mendini + luigi serafini, lucio del pezzo, sandro chia, luigi ontani, domenico bianchi, sol lewitt, mathelda balatresi, anna gili, stefano giovannoni, robert gliglorov, denis santachiara, innocente & george sowden La stazione di Materdei, situata nel rione omonimo caratterizzato da edifici in stile liberty e dalla chiesa rinascimentale di Santa Maria Mater Dei, è stata inaugurata nel 2003 e porta la firma di Alessandro Mendini. Anche a Materdei, la progettazione della stazione ha portato ad una riqualificazione dell’area urbana, in particolare della piazza sovrastante, piazza Scipione Ammirato, con la nascita di un’area pedonale, spazi verdi, nuovi elementi di arredo urbano, opere d’arte e una guglia di acciaio e vetri colorati che Mendini colloca anche a Salvator Rosa. Tra le opere presenti nella piazza si annoverano “Carpe Diem”, ironica scultura in bronzo colorato di Luigi Serafini e i rilievi in ceramica sulle pareti dell’ascensore esterno, realizzati da Lucio Del Pezzo. L’ingresso della stazione, completamente rivestito di mosaici, è dominato da una grande stella verde e gialla. Nell’atrio principale si possono osservare i solidi geometrici di Ettore Spalletti e la guglia di Mendini che, vista dall’interno, funge da lucernario ed è rivestita nella parte inferiore da un monumentale mosaico di Sandro Chia, con figurazioni marine; la rampa che conduce ai piani inferiori è invece sormontata dal mosaico con rilievi in ceramica di Luigi Ontani, che rappresenta una grande distesa marina in cui si riconoscono creature fantastiche, scugnizzi napoletani e un Pulcinella con il volto


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“Carpe diem”, Luigi Serafini


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dell’artista. L’ultimo piano in profondità, quello dei binari, ospita dei disegni su pannelli in legno di Domenico Bianchi, e i coloratissimi “Wall Drawings” di Sol LeWitt, esponente della minimal art, che ricoprono le pareti del corridoio che porta alle banchine, alla fine del quale vi è una scultura in vetroresina che porta ancora il nome di Sol LeWitt. Infine, lungo le pareti delle banchine sono installate una serie di serigrafie colorate di Mathelda Balatresi, Anna Gili, Stefano Giovannoni, Robert Gliglorov, Denis Santachiara, Innocente e George Sowden.


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SALVATOR ROSA alessandro mendini + mimmo rotella, ernesto tatafiore, salvatore & mimmo paladino, gianni pisani, renato barisani, augusto perez, lucio del pezzo, nino longobardi, riccardo dalisi, alex mocika, ugo marano, enzo cucchi, raffaella nappo, LuCa, natalino zullo, quintino scolavino, santolo de luca, perino&vele, anna sargenti, lello esposito Così come Materdei, anche la fermata Salvator Rosa, inaugurata nel 2001, è stata progettata da Alessandro Mendini. L’intervento è stato uno dei più importanti per la città dal punto di vista urbanistico, soprattutto per la riunificazione dello spazio esterno, costituito da frammenti di aree completamente diverse tra loro. La riqualificazione ha riportato allo splendore i resti di un ponte romano e una cappella neoclassica, ha valorizzato i palazzi circostanti trasformandoli in opere d’arte grazie all’intervento sulle facciate di artisti come Mimmo Rotella, Ernesto Tatafiore, Mimmo Paladino, Renato Barisani e Gianni Pisani ed ha donato al quartiere un’area per bambini, con giochi sul pavimento di pietra lavica e sculture ludiche, progettato da Salvatore e Mimmo Paladino. E’ stata inoltre inserita una scala mobile che permette il collegamento tra parte alta e la parte bassa del quartiere, che annette l’utenza della vicina piazza Leonardo e aumenta in tal modo il raggio di influenza della stazione. L’intero percorso esterno è ovviamente punteggiato dalle opere di alcuni tra i protagonisti dell’arte contemporanea quali Salvatore Paladino, Mimmo Paladino, Renato Barisani, Augusto Perez, Lucio Del Pezzo, Nino Longobardi, Riccardo Dalisi,


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Alex Mocika e Ugo Marano, ed è caratterizzato dalla guglia in vetro e acciaio, già presente nella piazza di Materdei e ad opera di Alessandro Mendini. Dall’atrio interno alla stazione fino alle banchine, è possibile ammirare le installazioni di Raffaella Nappo, Enzo Cucchi, LuCa, Santolo De Luca, Quintino Scolavino, Natalino Zullo, Perino&Vele, Anna Sargenti. Una seconda uscita, a valle di via Salvator Rosa ed aperta nel 2002, è segnalata da una statua di Pulcinella, di Lello Esposito, e dalla presenza di un’altra guglia, il cui basamento è ricoperto da rilievi in ceramica di Enzo Cucchi. Alle sue spalle, il palazzo che fu abitato da Giovanni Capurro, autore di “‘O sole mio”, è arricchito da una scenografica pioggia di raggi dorati, opera di Mimmo Paladino.


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“A subway è chiù sicura”, Perino&Vele


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“Senza titolo”, Nino Longobardi


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QUATTRO GIORNATE domenico orlacchio + nino longobardi, sergio fermariello, baldo diodati, anna sargenti, umberto manzo, maurizio canavacciuolo, betty bee, marisa albanese, renato barisani, lydia cottone La stazione Quattro Giornate, il cui progetto era a cura dell’architetto Domenico Orlacchio, è stata inaugurata nel 2001 ed ha completamente modificato l’aspetto della piazza omonima sovrastante. All’esterno come all’interno, sono disseminate numerose opere di arte contemporanea. Nella piazza sono da annoverare una scultura metallica di Renato Barisani e due bronzi di atleti di Lydia Cottone, mentre nel grande atrio della stazione sono collocati rilievi in bronzo e dipinti di Nino Longobardi che ricordano la resistenza partenopea durante le storiche Quattro Giornate di liberazione dall’occupazione nazista. Lungo la discesa verso le banchine vi sono scene di caccia e guerrieri di Sergio Fermariello, la scultura in lamiera di alluminio accartocciata di Baldo Diodato e l’opera “Sabe que la lucha es cruel”, di Anna Sargenti. Il percorso di risalita accoglie le teche di Umberto Manzo, un’immagine fotografica di Betty Bee, un olio di Maurizio Cannavacciuolo dal titolo “Amore contro natura”, e le sculture femminili “Combattenti” di Marisa Albanese, ancora omaggio alla resistenza napoletana.


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“Capo Miseno”, Isabella Ducrot


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VANVITELLI michele capobianco + giulio paolini, vettor pisani, gabriele basilico, mario merz, gilberto zorio, isabella ducrot Essendo la stazione Vanvitelli la prima della Linea 1 ad essere completata ed aperta al pubblico nel 1992, quando ancora non era avviato il progetto del Metro dell’arte, questa è stata oggetto di rimodernizzazione tra il 2004 e il 2005. I due progetti, quello originario e di restyling, sono entrambi ad opera dell’architetto Michele Capobianco. La nuova configurazione interna ospita, nell’atrio, un grande masso che sembra infrangere il recinto trasparente nel quale e posizionato, ad opera di Giulio Paolini; raffigurazioni di immaginari animali preistorici create da Vettor Pisani; fotografie di Gabriele Basilico e Olivo Barbieri su particolari architetture della città; due grandi stelle in acciaio di Gilberto Zorio, che, con il gioco dei pieni e dei vuoti, occupano e ridisegnano lo spazio della stazione; le bocche di luce di Gregorio Botta, collocate all’incrocio tra la direzione Garibaldi e quella Piscinola; e i due grandi mosaici di Isabella Ducrot al piano banchina. Ma l’opera che più scenografica e caratterizzante la stazione di piazza Vanvitelli è sicuramente la spettacolare spirale in neon azzurro di Mario Merz, rappresentante le geometrie legate alla sequenza numerica di Fibonacci, progettata dal’artista poco prima dlela suas comparsa.


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“Senza titolo”, Mario Merz


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“Guardando il sole a mezzogiorno�, Katharina Sieverding


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RIONE ALTO renato miano + achille cevoli, david tremlett, giuseppe zevola, katharina sieverding, bianco&valente, marco anelli, pennacchio argentato, donatella di cicco, danino donizelli, pina gigi, ivan malerba, marco zezza Anche Rione Alto, come Vanvitelli, è stata aperta al pubblico già nel 1993. E’ però annoverata tra le stazioni dell’arte grazie alle uscite pedonali che, dal 2002, hanno affiancato il sistema di ascensori che da solo permetteva l’ingresso alla stazione sotterranea, ed ospitano numerose installazioni d’arte contemporanea. In corrispondenza di ciascun accesso, all’esterno, è stato installato un mosaico di Achille Cevoli; l’atrio, è occupato dai wall drawings geometrici di David Tremlett; lungo i corridoi con i tapis roulant e lungo le scale mobili, si incontrano sette pannelli polimaterici del napoletano Giuseppe Zevola, le sequenze di volti ossessivamente reiterati di Katharina Sieverding e due light-box firmati dalla coppia Bianco-Valente. A conclusione della discesa, accompagnano il viaggiatore fino alle banchine i calciatori in azione di Marco Anelli e la mostra permanente di artisti emergenti selezionati da Paola Guadagnino: Pennacchio Argentato, Donatella Di Cicco, Danilo Donzelli, Pina Gigi, Ivan Malerba e Marco Zezza.


linea sei


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studio protec, 2007

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G U

A studio protec, 2007

LA studio protec, 2007

studio protec, 2007

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EL LI N LA A

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La linea 6 è una metropolitana leggera in funzione dal 2007. Attualmente comprende solo quattro fermate: parte dalla fermata della Mostra d’Oltremare nel quartiere Fuorigrotta e, attraversando viale Augusto e piazzale Lala raggiunge Mergellina. Una volta ultimati i lavori, Mergellina sarà collegata a Piazza Municipio con tre stazioni intermedie (Arco Mirelli, San Pasquale e Chiaia - Monte di Dio), e la Linea con 8 fermate totali permetterà l’interscambio con la Linea 1.


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MERGELLINA studio protec + gerhard merz, alan fletcher La stazione Mergellina è la stazione capolinea della Linea 6, che ad oggi conta solo 4 fermate alle quali, in futuro, se ne aggiungeranno altre 4 fino a piazza Municipio, dove nascerà un nodo di interscambio con la Linea 1. E’ stata realizzata su progetto dello Studio Protec ed inaugurata nel 2007. Nell’atrio di ingresso, progettato da Vittorio Magnago Lampugnani, sono subito riconoscibili, sulle pareti laterali, due grandi mosaici di Gerhard Merz; i cancelli di ingresso sono invece opera dell’artista e grafico inglese Alan Fletcher, che ha creato un pattern attraverso la ripetizione e l’incrocio delle parole “metropolitana” e “mergellina”, ritagliate sulla superficie metallica del cancello. Elemento maggiormente caratterizzante la stazione è l’ascensore inclinato, parallelo alle scale mobili, che porta al piano delle banchine.


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LALA studio protec + salvino campos, ousmane ndiaye dago, monica biancardi, luca campigotto, vincenzo castella, nanni balestrini La stazione Lala del quartiere Fuorigrotta, che porta la firma dello Studio Protec ed è stata aperta al pubblico nel 2007, accoglie le opere di cinque fotografi contemporanei e un’installazione. Il brasiliano Salvino Campos è presente con “Untitled 12/ La Habana 2002”, che raffigura un’automobile d’epoca, e “Capoeira, Salvador, Bahia, 2004”, che immortala il dinamismo di un giovane impegnato nell’antica danza sudamericana; il senegalese Ousmane Ndiaye Dago espone “Femme Terre, 1998 1999”, in cui sono rappresentati nudi femminili ricoperti da una patina argillosa che li fa sembrare sculture viventi; la fotografa napoletana Monica Biancardi si impone in fondo allo stretto corridoio di accesso alla banchina in direzione Mostra con “Aldilà”, ritratto di una donna velata e urlante; infine gli scatti della periferia industriale di Luca Campigotto e dello scenario urbano contemporaneo di Vincenzo Castella. L’unico artista presente con un’installazione è Nanni Balestrini, che presenta un’esplosione di schegge di specchi e frammenti di parole, dal titolo “Allucco”.


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AUGUSTO studio protec + luisa rabbia, franco scognamiglio, botto&bruno, cristina crespo, carmine rezzuti, matteo fraterno La stazione Augusto, progettata dallo Studio Protec, aperta al pubblico nel 2007. Procedendo in direzione Mostra, si trovano i rilievi in ceramica, “Sonno profondo” e “Cellule del pensiero”, di Luisa Rabbia e, rispettivamente nei due corridoi di accesso alla banchina, la serie di light box di Franco Scognamiglio, dedicati alla vita del fisico toscano Galileo Galilei e l’installazione ambientale di Botto&Bruno che intende esprimere il disagio giovanile, urbano e sociale che si vive nelle periferie. In direzione Mergellina invece, vi è il mosaico in materiale plastico e ceramica a rilievo, “La Via Lattea”, di Cristina Crespo, il mosaico “Il guardiano del fuoco” di Carmine Rezzuti che raffigura una pantera posta a guardia del Vesuvio, e il mosaico di Matteo Fraterno, “Toupie - or - not - to - be”, in cui un vortice rosso imprime un movimento rotatorio all’intera composizione.


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MOSTRA studio protec + gabriele basilico, costantino buccolieri, pino musi, gianni pisani, marisa merz, carla accardi Il progetto per la stazione Mostra in Piazzale Tecchio, opera dello Studio Protec, comprende anche la riqualificazione degli spazi pubblici lungo viale Augusto, interessati dalle uscite della Linea 6. La stazione, aperta al pubblico nel febbraio 2007, è totalmente interrata e consente, dal piano mezzanino, l’interscambio diretto con la linea della Cumana. Il viaggiatore è accolto dalle fotografie in bianco e nero di Gabriele Basilico, nelle quali l’eleganza delle inquadrature esalta il monumentale complesso della Mostra d’Oltremare. Nell’ampio atrio sono ospitati tre grandi mosaici realizzati da Costantino Buccolieri sulla scorta di altrettanti bozzetti di uno dei maggiori maestri del Novecento italiano, Mario Sironi (Sassari 1885 – Milano 1961), mentre il corridoio al piano mezzanino di collegamento con la ferrovia Cumana ospita alcune fotografie di Pino Musi. Lungo tre scalinate che collegano l’atrio con il piano banchina vi sono in ordine “Monumento a G. P.”, in cui il napoletano Gianni Pisani sviluppa il tema del suicidio, l’ampio volto femminile tracciato da Marisa Merz e la composizione astratta di Carla Accardi dal titolo “Si dividono invano”.


Realizzato da Barbara Ciardiello

Interni contemporanei di Fulvio Irace Corso di Laurea Magistrale in Interior Design Scuola del Design anno accademico 2015/16 Politecnico di Milano


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guida alle stazioni metropolitane piÚ belle d’europa

napoli metro art guide


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