Web 2.0
alberto baresi albrici machina institute marketing & business communication anno accademico 2008/2009
“Il nuovo web è qualcosa di molto diverso da quello degli anni ‘90. E’ uno strumento che permette di condividere i piccoli contributi di milioni di persone dando importanza ad ognuno di essi. I consulenti della Silicon Valley lo chiamano Web 2.0, come fosse la nuova versione di un vecchio software. Ma in realtà è una rivoluzione.”
Time’s 2006 Person of the Year: You
sommario 1 Internet La nascita del web, Il world wide web, I motori di ricerca 2 Il Web 2.0 Lo sviluppo di internet, Definire il Web 2.0, La gerarchia del Web 2.0, Web 1.0 vs Web 2.0, Le caratteristiche del Web 2.0, Modelli di business, User Generated Content, Enterprise 2.0
3 Strumenti del web 2.0 Blog, Feed RSS, Social Network, Tagging e Folksonomia, Podcast, Mash up, Wiki
4 Advertising 2.0 10 “must� 2.0, 14 esempi di marketing 2.0
*1 Internet La nascita del web La storia di internet ha inizio nel 1957. Prima di quell'anno i computer svolgevano solo una operazione alla volta (elaborazione sequenziale). Ciò era piuttosto inefficace ed i computer diventavano sempre più grossi e dovevano essere tenuti in particolari stanze climatizzate. Gli sviluppatori così non potevano lavorare direttamente sui computer e c'era bisogno di chiamare specialisti per collegarli. La programmazione al tempo significava un sacco di lavoro manuale e l'indiretto collegamento ai computer provocava un sacco di bug, perdita di tempo e il fracasso dei nervi dei programmatori. L'anno 1957 marcò un grosso cambiamento: una connessione remota dovette essere installata per far si che gli sviluppatori potessero lavorare direttamente sui computer e allo stesso tempo, facendo nascere l'idea di “condivisione del tempo” (time sharing). Il 4 Ottobre 1957, durante la guerra fredda, il primo satellite senza pilota, Sputnik 1, fu mandato in orbita dall’Unione Sovietica. La paura di un accumulo di missili emerse e per assicurare l’avanguardia delle tecnolgie all’America, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti fondò l’ARPA (Advanced Research Projecys Agency) che assunse il controllo di tutte le ricerche scientifiche a lungo termine in campo militare. Verso il 1965 l’ARPA iniziò ad avere dei seri problemi di gestione: aveva diversi computer sparsi in varie sedi (tutti molto costosi) che non potevano parlarsi: non avrebbero potuto farlo nemmeno se fossero stati nella stessa stanza. Scambiare file fra loro era quasi impossibile, per via dei formati di archiviazione completamente diversi che ognuno di essi usava, quindi era necessario molto tempo e molto lavoro per passare dati fra i vari computer, per non parlare dello sforzo necessario per portare e adattare i programmi da un computer all’altro.
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1.1 La nascita del web Per questo Bob Taylor, allora direttore della divisione informatica dell’ARPA, affrontò il problema in modo radicale ottenendo nel 1966 uno stanziamento di un milione di dollari per il progetto ARPANET. Furono tre concetti sviluppati in quegli anni ad essere fondamentali alla storia dell’Internet. L’ARPANET e il concetto di una rete militare da parte della RAND Corporation in America; la rete commerciale del Laboratorio Nazionale di Fisica in Inghilterra e la rete scientifica Cyclades in Francia. Gli approcci scientifici, militari e commerciali di questi concetti sono le fondamenta per il nostro Internet moderno. Iniziamo con l’Arpanet, la più conosciuta di queste reti. Il suo sviluppo ebbe inizio nel 1966. La paura di un conflitto atomico che avrebbe annientato i sitemi inforamtici basati su un’architettura di rete centralizzata portò alla necessità di decentralizzare la rete, in modo che nel caso di perdita di un nod, sarebbe potuta rimanere operativa. La comunicazione avveniva attraverso onde radio, che nel caso di una ttoacco atomico non sarebbe più state utilizzabili. Per questo fu adottata una soluzione basata sul modello di uuna rete distributiva, in modo che grandi distanze potessero essere coperte con il minimo di interferenza. Per le prime connessioni fra i computer il Network Working Group sviluppò il “Network Control Protocol”, che fu più tardi sostituito dal più efficiente “Transmission Control Protocol, standard indispensabile per la comunicazione tra reti di computer. Nel 1978 venne aggiunto un protocollo tra rete e rete (IP), mettendo a punto il definitivo protocollo su cui ancor oggi opera Internet, il TCP/IP. In Inghilterra, poiché la rete NPL fu progettata su una base commerciale molti utenti e treasferimenti di file furono previsti. Per evitare la congestione delle linee, i file mandati venivano divisi in pacchetti più piccoli che venivano rimessi insieme dal ricevente. Nacque cosi il “Packet Switching” (scambio di pacchetti). Un’altra pietra miliare seguì con lo sviluppo della rete francese “Cyclades”. Poiché Cyclades aveva un fondo inferiore a quello di Arpanet, e quindi meno nodi, si concentrò sopratutto sulla comunicazione con le altre reti. In questo modo nacque il termine “Internet”. Il concetto di Cyclades andò oltre a quelli dell’ARPA e del NPL in quanto durante la comunicazione fra mittente e ricev
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La nascita del web ente i computer non dovevano intervenire più ma servire unicamente come nodo di trasferimento. Alla fine del 1971 Internet era composta di 15 nodi, e alla fine del 1972 aveva 37 nodi. Fin da allora la sua crescita avveniva a velocità esponenziale. Nel 1972 venne inoltre creato un nuovo protocollo, il SMTP (Simple Mail Transfer protocol), che portò alla nascita dell’Email, servizio internet grazie al quale ogni utente può inviare e ricevere dei messaggi.
references: wikipedia.com youtube.com tags: internet, computer, arpanet
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Il World Wide Web La data di nascita del World Wide Web viene comunemente indicata nel 6 agosto 1991, giorno in cui l’informatico inglese Tim Berners-Lee pubblicò il primo sito web dando così vita al fenomeno della tripla W. L’idea del World Wide Web era nata due anni prima, nel 1989, presso il CERN (Conseil Européen pour la Recherche Nucléaire) di Ginevra, il più importante laboratorio di fisica europeo. Il 13 marzo 1989 Tim Berners-Lee presentò infatti al proprio supervisore il documento “Information Management: a Proposal“ che fu valutato «vago ma interessante». Alla sua base vi era il progetto dello stesso Berners-Lee e di un suo collega, Robert Cailliau, di elaborare un software per la condivisione di documentazione scientifica in formato elettronico indipendentemente dalla piattaforma informatica utilizzata, con il fine di migliorare la comunicazione, e quindi la cooperarazione, tra i ricercatori dell’istituto. A lato della creazione del software, iniziò anche la definizione di standard e protocolli per scambiare documenti su reti di calcolatori: il linguaggio HTML e il protocollo di rete HTTP. Questi standard e protocolli supportavano inizialmente la sola gestione di pagine HTML statiche, vale a dire file ipertestuali visualizzabili e, soprattutto, navigabili utilizzando opportune applicazioni (browser web). Dopo i primi anni in cui era stato usato solo dalla comunità scientifica, il 30 aprile 1993 il CERN decise di mettere il WWW a disposizione del pubblico rinunciando ad ogni diritto d’autore. La semplicità della tecnologia decretò un immediato successo: in pochi anni il WWW divenne la modalità più diffusa al mondo per inviare e ricevere dati su Internet, facendo nascere quella che oggi è nota come “era del web”. Dal web statico al web service: Per superare le limitazioni del progetto iniziale, furono subito definiti strumenti capaci di generare pagine HTML dinamiche (ad es. utilizzando dati estratti da un database). La prima soluzione di questo tipo furono le CGI (Common Gateway Interface). Attraverso una CGI è possibile richiedere ad un Web server di invocare
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Il World Wide Web un’applicazione esterna e presentare il risultato come una qualsiasi pagina HTML. Questa soluzione, sebbene molto semplice da realizzare, presenta numerose limitazioni di progetto (l’applicativo esterno viene eseguito ad ogni richiesta utente e non è prevista alcuna ottimizzazione, non vi è alcuna gestione dello stato della sessione, etc.). Per dare al web una maggiore interattività e dinamicità sono state perseguite due strade. Da un lato sono state aumentate le funzionalità dei browser attraverso un’evoluzione del linguaggio HTML e la possibilità d’interpretazione di linguaggi di scripting (JavaScript). Dall’altro, si è migliorata la qualità di elaborazione dei server attraverso una nuova generazione di linguaggi integrati con il Web Server (JSP, PHP, ASP, etc.), trasformando i Web Server in quelli che sono oggi più propriamente noti come Application Server. La diffusione di queste soluzioni ha consentito di avviare l’utilizzo del web come piattaforma applicativa che oggi trova la sua massima espressione nei Web Service, alla cui realizzazione e diffusione sta lavorando l’intera industria mondiale del software per la gestione d’azienda, dai grandi nomi commerciali (come SAP) fino alle comunità Open Source. Dal web statico al web semantico Nonostante tutte queste evoluzioni, il web rimane, ancora e soprattutto, una gigantesca biblioteca di pagine HTML statiche on-line. Però, lo standard HTML se da un lato con la sua semplicità ha contribuito all’affermazione del web, dall’altro ha la grossa limitazione di occuparsi solo ed esclusivamente della formattazione dei documenti, tralasciando del tutto la struttura ed il significato del contenuto. Questo pone notevoli difficoltà nel reperimento e riutilizzo delle informazioni. Per rendersi conto di questo è sufficiente eseguire una ricerca utilizzando uno dei molti motori disponibili in rete e ci si accorgerà che, delle migliaia di documenti risultanti dalla query, spesso solo una piccola percentuale è d’interesse per la ricerca che s’intendeva fare. Ad esempio, per un qualsiasi motore di ricerca, non esiste alcuna differenza fra il termine Rossi nel contesto Il Sig. Rossi ed il termine rossi nel contesto capelli rossi, rendendo la ricerca molto difficile. La risposta a questo problema è venuta, ancora una volta, dal fisico inglese Tim
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Il World Wide Web Berners-Lee, che, abbandonato il CERN, ha fondato il consorzio W3C che ha assunto il ruolo di governo nello sviluppo di standard e protocolli legati al web. Berners-Lee nel 1998 ha definito lo standard XML (eXtensible Markup Language), un metalinguaggio che consente la creazione di nuovi linguaggi di marcatura (ad es. lo stesso HTML è stato ridefinito in XML come XHTML). Sua caratteristica innovativa è la possibilità di aggiungere informazioni semantiche sui contenuti attraverso la definizione di opportuni tag. I principali obiettivi di XML, dichiarati nella prima specifica ufficiale (ottobre 1998), sono pochi ed espliciti: utilizzo del linguaggio su Internet, facilità di creazione dei documenti, supporto di più applicazioni, chiarezza e comprensibilità. Con queste semplici caratteristiche l’XML fornisce un modo comune di rappresentare i dati, cosicché i programmi software sono in grado di eseguire meglio ricerche, visualizzare e manipolare informazioni nascoste nell’oscurità contestuale.
references: wikipedia.com tags: www, web, internet, html, xml
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I motori di ricerca Il primo motore di ricerca, Altavista, nasce nel 1995 fornendo ai primi navigatori del Web, risultati frammentati e sconnessi con informazioni di nessuna coerenza con la ricerca oltre che di siti non più funzionanti mischiati a pubblicità inutile. La nascita di Google, il motore di ricerca più utilizzato, risale al 1998 quando venne fondato da due giovani studenti di Stanford, Larry Page e Sergey Brin. I primi mesi furono davvero duri, tanto da spingere gli autori a mettere in vendita Google. Proposero ad alcune società finanziarie e a gruppi concorrenti come Yahoo! e Altavista di acquistare Google per un milione di dollari. Nessuno volle investire nel progetto, apprezzato, ma forse troppo ambizioso dei venticinquenni di Stanford. Page e Brin si lanciarono in un’ impresa che nel lontano 1998 doveva risultare difficilissima da attuare se non addirittura impossibile. L’obiettivo principale degli autori di Google era quello infatti di garantire un servizio migliore di reperimento delle informazioni sul web. Migliore rispetto al servizio offerto, fino a quel momento dai motori concorrenti come Yahoo!, Altavista o Infoseek. Un innovazione determinante introdotta nei motori di ricerca è il concetto di link popularity (da cui deriva il Page Rank di Google), che stabilisce che chi riceve più link entranti ha un posizionamento migliore. Negli ultimi anni il concetto di link popularity è diventato estremamente importante per il posizionamento sui motori di ricerca. Se in principio un motore di ricerca attribuiva un grado di ranking più alto a quei siti in cui si ripeteva più volte la parola chiave ricercata dall’ utente, attualmente le cose sembrano notevolmente cambiate. Si è giunti infatti al concetto di link popularity: oggi un motore di ricerca attribuisce ad un sito un grado di ranking alto o basso in base all’ indice di popolarità che il sito mostra di avere in Rete. L‘ indice di popolarità di un sito è determinato dal numero di link che puntano in direzione del sito stesso.
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I motori di ricerca
I link che puntano in direzione di un sito possono essere sia interni che esterni. Questo significa che anche all’ interno di un sito si crea una sorta di gerarchia in base alla quale alcune pagine del sito hanno maggiore importanza rispetto alle altre. Google ha creato un sistema rapido e di semplice utilizzo per determinare l’ importanza, o se si desidera la “popolarità”, di ogni singola pagina web presente nel suo database. Questo sistema è stato definito PageRank. Il PageRank é quel valore numerico attribuito da Google a tutte le url che vengono indicizzate dall’ azione dei suoi spider. Il PageRank, che va da 0 a 10 e che si può vedere dalla barra degli strumenti di Google, non tiene conto solo della Link Popularity. Oltre al numero di link che puntano in direzione della pagina in questione, Google prende in considerazione anche il grado di PageRank attribuito alle pagine web da cui partono i link in direzione della pagina che si sta valutando. Oltre alla quantità, dunque, Google guarda alla qualità: una pagina web, per ottenere un PR alto, deve puntare sia alla popolarità che all’ autorevolezza.
references: seoguida.com modugno.it tags: ricerca, google, linkpopularity, pagerank, spider, link
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Review: Internet La storia di internet ha inizio nel 1957. 3 concetti sono stati fondamentali per lo sviluppo di internet: La rete militare ARPANET negli USA, la rete commerciale NPL in Inghilterra e la rete scientifica Cyclades in Francia. ARPANET adottò un nuovo protocollo per le connessioni tra computer, il “Transmission Control Protocol”. La rete NPL sviluppò il concetto di “packet switching”, per cui, nei trasferimenti, i file venivano divisi in pacchetti più piccoli. Cyclades fece si che i computer non intervenissero più durante le comunicazioni in una rete, ma che fossero solo nodi di trasferimento. Alla fine del 1971 Internet era composto da 15 nodi, e alla fine del 1972 aveva 37 nodi. Già allora la crescita avveniva a velocità esponenziale. Nel 1978 venne messo a punto un protocollo tra rete e rete su cui ancora oggi opera internet, Il TCP/IP. La nascita del World Wide Web risale al 1991, grazie all’informatico inglese Tim Berners Lee. Nel 1993 il WWW viene messo a disposizione del pubblico, ottenendo un successo immediato. Nel 1998 viene definito lo standard XML che permette di aggiungere informazioni semantiche ai contenuti attraverso l’uso di opportuni tag Nel 1998 nasce Google, che diventa il motore di ricerca più popolare e introduce il concetto di “page rank”, che permette l’indicizzazione dei siti secondo un criterio di popolarità.
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* 2 Il Web 2.0 Lo sviluppo di Internet Internet è sempre stato descritto come un mondo a sé stante, in perpetuo mutamento, un luogo dov’è possibile cercare e trovare quotidianamente elementi più o meno innovativi e utili, ma sempre interessanti. È un grande mare dove c’è spazio per tutti: per chi desidera lavorare, per chi svolge approfondimenti e ricerche, per chi punta a realizzare un business, per chi aspira instaurare relazioni sociali o divertirsi e anche per chi studia il comportamento degli utenti e visitatori. Il web, proprio per la sua natura, non ha mai smesso di crescere e di svilupparsi, di attirare a sé gente e di proporre novità. Da quando è stato ideato si trova in una perpetua fase di miglioramento ed innovazione, oltre che di espansione anche grazie al sempre maggiore numero di persone che utilizzano questo strumento. Il Web 2.0 fa parte di questa crescita e può essere visto come il prodotto non finale di anni di continuo avanzamento e sviluppo del web, la cui storia come abbiamo visto è iniziata oltre 15 anni fa. Per quanto riguarda l’accesso al web e la produzione di contenuti possiamo individuare tre fasi ben distinte nelle quali si possono suddividere gli ultimi anni della storia della rete: FASE I: inizialmente l’utilizzo di Internet era limitato, a causa della ridotta quantità di infrastrutture tecnologiche in grado di permettere l’accesso agli utenti. I contenuti venivano pubblicati da pochi soggetti come Università o aziende web nate proprio con la visione delle potenzialità che questo strumento poteva offrire. FASE II: aumentando la diffusione di Internet ed il numero di utenti collegati, è cresciuto anche il numero di aziende che si sono occupate della produzione di siti web e di contenuti online.
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Lo sviluppo di Internet Sono nate così società come Yahoo!, Ebay e Amazon che offrono ai propri utenti l’accesso a contenuti e servizi. Gli utenti che producono in prima persona contenuti e siti web sono cresciuti con il tempo anche se questa pratica è stata limitata dalla necessità di conoscere specifici linguaggi di programmazione o dall’utilizzo di sistemi di Content Management System (CMS) non facilmente accessibili agli utenti. FASE III: questa fase è caratterizzata dall’arrivo del Web 2.0. Internet è uno strumento sempre più diffuso e alla portata delle masse. Aumenta la quantità di persone raggiunte dalla banda larga. Nascono soluzioni web che permettono agli utenti un alto grado di libertà nella produzione dei contenuti sul web siano essi pagine dinamiche, filmati, fotografie, interventi audio. La gestione delle informazioni non è più un presupposto esclusivo di alcune realtà, ma diventa un’operazione di pubblico dominio. Cresce la voglia di comunicare e di condividere il proprio pensiero e la propria personalità sulla rete attraverso le community. Le aziende web-oriented forniscono, sempre più frequentemente, strumenti per l’accesso alle proprie banche dati condividendole con gli utenti e permettendo loro di interagire con le fonti di informazione. Quest’ultima fase è l’argomento che verrà approfondito nelle prossime pagine, nelle quali verrà analizzato il significato di Web 2.0, quali siano gli strumenti ed i servizi principali che lo caratterizzano e le sue applicazione nell’impresa e nell’advertising.
references: “Internet, una rete in perenne sviluppo” di Giuliano Prati tags: internet, web 2.0, web-oriented, community
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Definire il Web 2.0 Il termine Web 2.0 è stato coniato da Dale Dougherty nel 2004 durante una sessione di lavoro con Tim O’Reilly e successivamente ufficializzato nella prima Web 2.0 Conference, promossa nel 2004 dalla O’Reilly Media. Il Web 2.0 non rappresenta un software specifico né un marchio registrato, ma una metrica di valutazione e un insieme di approcci definiti come innovativi nell’utilizzo del web. Il Web 2.0 segna l’evoluzione del World Wide Web da una serie coollegata di siti statici ad un ambiente globale nel quale i software online, le connessioni a banda larga e le applicazioni multimediali offrono contenuti più ampi e un’interazione più stretta fra gli utenti. Il fenomeno è caratterizzato da un numero crescente di sviluppatori e di utenti che geneerano, condividono, distribuiscono e riutilizzano il contenuto del web. Dal 2004 il temine Web 2.0 ha decisamente preso piede, con oltre 9,5 milioni di citazioni in Google. C’è ancora però un grande disaccordo circa il significato di Web 2.0. Alcuni lo denigrano, considerandolo un termine di marketing, alla moda ma insignificante, mentre altri lo accettano come il nuovo standard convenzionale La prima definizione ufficiale del Web 2.0, di Tim O’Reilly, è la seguente: “Il Web 2.0 è la rete come piattaforma, attraverso tutti i dispositivi collegati; le applicazioni Web 2.0 sono quelle che permettono di ottenere la maggior parte dei vantaggi intrinsechi della piattaforma, fornendo il software come un servizio in continuo aggiornamento che migliora più le persone lo utilizzano, sfruttando e mescolando i dati da sorgenti multiple, tra cui gli utenti, i quali forniscono i propri contenuti e servizi in un modo che permette il riutilizzo da parte di altri utenti, creando una serie di effetti attraverso un “architettura della partecipazione” e andando oltre la metafora delle pagine del Web 1.0 per produrre così user esperience più significative” . Una seconda definizione, la troviamo contenuta all’interno del documento “Web 2.0 Principles and Best Practices”, pubblicato a Novembre 2006, dove O’Reilly sostiene che:
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Definire il Web 2.0 “Il Web 2.0 è un insieme di tendenze economiche, sociali e tecnologiche che formano insieme la base per la prossima generazione di Internet - un più maturo e distinto mezzo caratterizzato dalla partecipazione degli utenti, dall’apertura e dagli effetti della rete”. La terza e ultima definizione di O’Reilly, che propongo prima discendere in un’analisi più approfondita, è la più recente. Scritta a dicembre 2006 è nata come prodotto di una discussione online tra lo stesso O’Reilly e la comunità che si interroga sul significato del termine Web 2.0: “Il Web 2.0 è la rivoluzione del business nell’industria informatica, causata dallo spostamento verso internet come piattaforma, e da un tentativo di capire le regole per il successo su questa nuova piattaforma. Il punto principale tra tutto ciò è questo: costruire applicazioni che sfruttando gli effetti della rete che migliorano man mano più persone le utilizzano”
Questo è il pensiero di chi è maggiormente addentro alla tematica e sta cercando di teorizzarla, per quanto questo sia possibile. Indubbiamente il Web 2.0 è un insieme di molteplici fattori che concorrono insieme alla realizzazione di prodotti web differenti da quelli che siamo stati abituati ad usare fino a qualche anno fa. Il web 2.0 rappresenta più semplicemente una nuova visione di internet. Ma quali cambiamenti vengono introdotti nella vita degli utenti medi di Internet? Quali sono i reali aspetti di novità? Se definito in questo modo, il Web 2.0 rischia di apparire come un’entità alquanto complessa ed articolata che, però, non corrisponde ad un effettivo riscontro pratico nella realtà dei fatti. Punto cardine, e quindi elemento fondamentale di questo concetto, è senza dubbio l’acquisita centralità dell’utente nel processo di partecipazione alla crescita del Web. Attorno a ciò ruotano tutti gli elementi innovativi dalla logica del Web 2.0 come la collaborazione, la condivisione e l’unione delle informazioni. L’utente riveste un ruolo da protagonista in quanto insostituibile fonte di informazioni di qualsiasi tipo ad
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Definire il Web 2.0 alto valore tecnico e commerciale.
references:”Definizioni ufficiali” di Giuliano Prati “Definire il Web 2.0” di Vito Di Bari “What is Web 2.0” di Paul Anderson tags: web2.0, www, definizioni, o’reilly, internet
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La gerarchia del Web 2.0 È possibile comprendere se un determinato prodotto sia più o meno Web 2.0 oriented? Vi è un livello di qualità per un’applicazione perchè questa possa essere collocata nella famiglia 2.0 o, cadere nel calderone dei progetti 1.0? Ancora una volta è Tim O’Reilly a venire in nostro aiuto, fornendo una gerarchia a 4 livelli ben distinti del panorama Web 2.0 dentro i quali possiamo, secondo il suo pensiero, catalogare tutto ciò che abbiamo utilizzato fino ad ora sul web. Livello 3: comprende le applicazioni che possono esistere esclusivamente su Internet, che ottengono il loro potere essenziale dalla rete e dai collegamenti che sono resi possibili tra persone o applicazioni. Alcuni esempi forniti sono: eBay, Craigslist, Wikipedia, del.icio.us, Skype, Adsense i quali sono gestiti attraverso un’attività prettamente online. Livello 2: le applicazioni di questo livello possono esistere offline, ma sono avvantaggiate esclusivamente quando hanno una presenza sul web. Un esempio citato è Flickr che ha tra le sue caratteristiche la presenza di un database fotografico condiviso e da una comunità che crea autonomamente tag. Livello 1: sono tutte quelle applicazioni che funzionano senza alcun problema offline, ma che forniscono funzionalità aggiuntive ed ottenere benefici se utilizzate online. Un esempio classico può essere iTunes, strumento di Apple che funziona splendidamente come software su di un PC per l’organizzazione della raccolta personale di musica, ma che, collegato ad Internet, può offrire servizi ulteriori come la vendita legale di brani musicali, podcast o contenuti multimediali. Livello 0: il livello base è caratterizzato da quei servizi che funzionano bene sia operando offline avendo a disposizione tutti i dati in locale, che online, senza trarre alcun beneficio dalla loro presenza in Internet. MapQuest, Yahoo! Mappe, o Google Maps sono alcuni esempi validi. Se però si inseriscono elementi di interattività e partecipazione si colloca l’applicazione ad un livello superiore.
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La gerarchia del Web 2.0 Tutte le altre soluzioni che non girano sul web, ma sono state realizzate per un uso desktop come email clienti, instant-messaging (IM) e telefono, non rientrano in alcuna delle categorie precedenti fino a quando non coinvolgono il mondo Internet.
references: �Definizioni ufficiali� di Giuliano Prati tags: web 2.0, o’reilly, classificazione, gerarchia
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Web 1.0 vs Web 2.0 Dopo aver introdotto alcuni concetti che definiscono le caratteristiche del Web 2.0 possiamo incominciare ad analizzare le principali differenze tra il Web 1.0 e il Web 2.0. La seguente lista presenta queste differenze attraverso il confronto tra principali siti, applicazioni e concetti che caratterizzano i due periodo del web: Web 1.0 Web 2.0 DoubleClick Google AdSense Ofoto Flickr Akamai BitTorrent Britannica Online Wikipedia Siti personali blogging page views cost per click pubblicazione partecipazione sistemi di gestione dei contenuti wikis tassonomia tagging (“folksonomia”) aziende protagoniste community protagoniste Netscape google Protezione condivisione Completezza Semplicità DoubleClick vs Google AdWords DoubleClick (www.doubleclick.com) è la più grande e conosciuta azienda internazionale di advertising online. Il gruppo annovera tra i suoi clienti famose società come: Microsoft, Coca-Cola, General Motors, Motorola, Nike. Per loro gestisce la raccolta di campagne pubblicitarie mirate sui diversi target che poi applicano all’interno dei grandi portali web nazionali ed internazionali facenti parti del loro Network. Base del modus operandi di DoubleClick è l’utilizzo dei cookies e l’esposizione di banner pubblicitari di diversi formati (pop-up, pop-under, skycraper, overlayer, ecc) all’interno dei siti web che controlla. Utilizzando il cookie la società può conoscere quali siti web ha visitato un utente precedentemente e così mostrare un’inserzione
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Web 1.0 vs Web 2.0 pubblicitaria mirata sugli interessi specifici del pubblico, non appena si consulta un portale del network. AdWords (adwords.google.it) è invece il sistema di advertising online studiato da Google che sta riscuotendo sempre più successo per la semplicità d’uso e il ritorno dell’investimento (ROI) che le aziende possono ottenere. La sua logica è completamente differente da DoubleClick. Qui non vengono utilizzati i cookies per tracciare il comportamento degli utenti, ma i banner cambiano a seconda del contenuto delle pagine nei quali sono inseriti. Il sistema riesce ad andare oltre, mostrando i messaggi pubblicitari dei prodotti inerenti alle ricerche appena effettuate dagli utenti sul motore di ricerca di Google. La differenza tra questi due modi di vivere l’advertising online coinvolge anche diversi target di utenti: se per DoubleClick è necessario un maggiore investimento per ottenere una discreta visibilità, per AdWords bastano piccole quantità di denaro e parole chiave molto mirate. Ciò permette di ottenere risultati al primo posto nelle ricerche degli utenti o essere inseriti all’interno dei siti web i cui proprietari possono guadagnare dall’esposizione dei messaggi AdWords che si collocano automaticamente all’interno di quei portali dove la tematica è più in linea con lo spot. Altra differenza è il formato della pubblicità: se DoubleClick è nata proponendo ai propri clienti banner grafici e poi si è evoluta in altre varianti e formati, AdWords è nata proponendo semplici spot testuali di pochissime, parole, ma molto ben mirati sul proprio target di riferimento. Una forma, quindi, di pubblicità più amichevole e meno aggressiva che non costringe l’utente a vedere immagini o a chiudere finestre apertesi senza il suo permesso. Per ultimo, AdWords è interamente basato sul motore di ricerca di Google il quale non necessita di un eccessivo intervento umano per la sua manutenzione, potendo così dedicare maggiori risorse all’ottimizzazione e il miglioramento della piattaforma. Al contrario DoubleClick ha la necessità di tener sempre più ampliato il proprio network di portali web nei quali inserire l’advertising e deve continuare a tracciare il comportamento degli utenti per riuscire a fornire soluzioni competitive ai propri inserzionisti. Ecco quindi perchè DoubleClick è visto come un prodotto Web 1.0 mentre AdWords fa parte del mondo Web 2.0.
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Web 1.0 vs Web 2.0 Britannica Online vs Wikipedia L’enciclopedia Britannica (www.britannica.com) è stata pubblicata la prima volta nell’anno 1768 ad Amburgo, in Scozia e tutt’ora si continua ad aggiornare quest’opera colossale che conta, nella sua ultima edizione 32 volumi ed una partecipazione di ben 4000 collaboratori. Oltre alla prestigiosa versione cartacea è disponibile una versione in DVD contenente oltre 55 milioni di vocaboli, e più di 100.000 articoli. Nel 1994 è stata resa disponibile una versione online accessibile previo abbonamento annuale, con circa 120.000 articoli consultabili ed aggiornata quotidianamente da scienziati, professori o esperti di qualunque tema o argomento. Wikipedia (it.wikipedia.org) invece è un progetto molto giovane nel panorama web e non può indubbiamente vantare la lunga storia dell’enciclopedia Britannica, presenta comunque caratteristiche innovative per questo settore. Nata il 5 gennaio 2001, Wikipedia è un’enciclopedia libera che accetta il contributo degli utenti volontari per poter crescere. Chiunque può scrivere, modificare o aggiornare un articolo disponibile in archivio. Allo stesso modo, ogni articolo può essere tradotto in oltre 250 lingue aumentando così il bacino di utenza di questo servizio. Wikipedia, letteralmente “enciclopedia veloce”, conta al suo interno oltre 1.500.000 pagine di articoli in lingua inglese, 210.000 voci in lingua italiana, 390.000 in lingua francese. Le differenze si intuiscono con facilità. Wikipedia permette a chiunque di prendere parte alla realizzazione di articoli su qualunque tema, che saranno poi archiviati al suo interno. È una soluzione interattiva che da modo ad esperti, studiosi o semplici appassionati non solo di consultare liberamente i documenti e stamparli per la propria lettura, ma offre la possibilità di partecipare attivamente alla crescita dei documenti. Al contrario l’enciclopedia Britannica si avvale esclusivamente dei propri collaboratori e non fornisce il materiale in forma gratuita. C’è chi ritiene questo modo di lavorare più serio e proficuo, lasciando solo a chi effettivamente ha esperienza comprovata nei propri campi di lavoro, l’onere di stendere articoli di qualunque carattere mentre Wikipedia può contenere al suo interno anche informazioni completamente errate mancando l’autorevolezza dei propri autori o la selezione e verifica puntuale del materiale inserito. L’interattività e la partecipazione delle comunità sono elemento basilare del Web
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Web 1.0 vs Web 2.0 2.0 per questo i wiki sono una delle colonne portanti di questa rivoluzione mentre l’Enciclopedia Britannica resta relegata al passato e quindi al Web 1.0.
Geocities vs. MySpace Altro esempio lampante della differenza tra Web 1.0 e 2.0 si nota nel confronto fra Geocities e MySpace. MySpace mostra come sia mutato il modo di fare community da 10 anni a questa parte. Nato come servizio di archiviazione di file, MySpace ha successivamente cambiato scopo e target del progetto. L’attuale piattaforma permette la creazione agevole di pagine web e la gestione di un blog personale con la possibilità di integrare numerosi servizi. Tra questi, l’opzione di inserimento di file audio all’interno delle proprie pagine, per offrire un sottofondo musicale ai visitatori del blog, è stata quella che ha attirato un maggior numero di utenti, soprattutto tra i piccoli gruppi musicali che adottavano questo strumento per farsi un po’ di promozione. Il colosso indiscusso fino a qualche anno fa, per la gestione di un proprio sito web personale era invece Geocities. Ognuno di noi avrà visitato almeno un sito web su Geocities e molti, soprattutto coloro che navigano su Internet da almeno una decina d’anni, avranno utilizzato questo sito per realizzare i primi progetti sul web o la propria home personale. Geocities infatti metteva a disposizione un dominio web, una casella di posta, spazio sul server a sufficienza ed una serie di strumenti per effettuare il caricamento dei file via web senza servirsi di appositi software, strumenti per le proprie pagine, libri degli ospiti, statistiche e quant’altro. Conoscendo un po’ di programmazione html o sfruttando gli autoring tool forniti si potevano realizzare siti web personali. La comunity è riuscita a raccogliere attorno a se centinaia di migliaia di utenti rendendo Geocities il portale più utilizzato per questo genere di servizi. Se facciamo un salto indietro nel tempo utilizzando “The Internet Archive” (www.archive.org) scopriremo che nel dicembre 1996 Geocities.com dichiarava:”Abbiamo più di 200.000 utenti che condividono pensieri e passioni con il mondo, creando i più diversi ed unici contenuti sul Web”. Dopo 10 anni possiamo indubbiamente affermare che sia MySpace il leader in circolazione con un numero di utenti che su
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Web 1.0 vs Web 2.0 pera i 120 milioni soggetti! Quest’ultimo, con la sua semplicità d’uso, non richiede particolari conoscenze per essere utilizzato dagli utenti che, con pochi passi, hanno la possibilità di lanciare un nuovo e semplice progetto web personale.
Page view vs Cost per click Pageview, letteralmente “pagina vista”, è uno dei sistemi più utilizzati nel panorama dell’advertising online per vendere campagne banner attraverso inserzioni in siti web. L’utilizzo del pageview permette agli inserzionisti di quantificare il volume della propria campagna a seconda di quanta visibilità si desidera ottenere. In questo modo è possibile acquistare pacchetti di esposizioni, sempre nell’ordine di alcune migliaia, per ottenere la visualizzazione del proprio banner o elemento pubblicitario. Lo svantaggio di questa tecnica è che non vi può essere la garanzia del ritorno dell’investimento dato che gli utenti potrebbero semplicemente visualizzare la pagina con il banner, ma proseguire nella navigazione senza cliccarvi sopra e non entrando così nel sito che commercializza un prodotto o offre il servizio promozionato. L’investimento sarebbe comunque fatto senza ottenere in cambio alcun guadagno o solamente una minima parte di interesse da parte del pubblico che ha generato una bassa percentuale di click rispetto al numero di esposizioni (Click-Through Rate). Risultato: investimento più rischioso. Il Cost per click o “pay per click” non è una nuova forma di advertising online, è semplicemente un metodo più semplice e sicuro per massimizzare il proprio ROI decidendo solamente quanto siamo disposti ad investire su di un singolo click alla nostra inserzione pubblicitaria. Il nostro spot verrà visualizzato all’interno di un circuito di banner un numero indefinito di volte, per un tempo predeterminato, fino a quando non avrà ottenuto l’ammontare di click da noi fissato con il nostro investimento. Con questa tecnica possiamo ritenerci sufficientemente sicuri di riuscire ad attirare clienti verso i nostri prodotti e comunque, anche se la campagna di marketing fosse stata pianificata erroneamente, non ci sarebbe perdita dato che, in mancanza di click, non vi è necessità di pagamento o, viceversa, potremo pagare
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Web 1.0 vs Web 2.0 esclusivamente i click che andremo ad ottenere.
references: “Differrenze tra Web 1.0 e Web 2.0” di Giuliano Prati “What is Web 2.0” di Tim O’Reilly tags: web1.0, web2.0, differenze, advertising,
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Le caratterstiche del Web 2.0 1 Il web è una piattaforma: dai software installati sul pc degli utenti si arriva ai software-servizi accessibili online. Dati e software che li analizzano sono tutti online, non più scorporati. 2 Il web è funzionalità: i siti web non sono più silos di informazione ma fonti di contenuto e servizi. 3 Il web è semplice: l’accesso e l’utilizzo dei siti web è facilitato anche per gli “early adopter”, grazie ad interfacce leggere, interattive e facili da usare. 4 Il web è leggero: i modelli di sviluppo e di business sono diventati leggeri. La leggerezza è connotata dalla possibilità di condivisione di contenuti e servizi. 5 Il web è sociale: il web è fatto dalle persone, che socializzano e spostano sempre più componenti dalla vita fisica a quella online. 6 Il web è flusso: viene data fiducia agli utenti come co-svilupaptori e si accetta di vivere in una condizione di “beta perpetuo”. 7 Il web è flessibile: il software si colloca a un livello superiore rispettoal singolo dispositivo per fare leva sul potere collettivo dei piccoli siti che costituiscono la prevalenza di contenuto sul web. 8 Il web è mixabile: la diffusione di codici per modificare le applicazioni web permette a tanti individui di mixare un’applicazione con un’altra per ottenerne una terza. 9 Il web è partecipativo: ogni aspetto del Web 2.0 è guidato dalla partecipazione. Il passaggio al Web 2.0 è stato promosso dall’emergere di piattaforme come blog, social networks e siti in cui caricare liberamente foto e video che hanno permesso a tutti di creare in modo estremamente semplice contenuti da condividere con chiunque.
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Le caratteristiche del Web 2.0 10 Il web è nelle nostre mani: l’aumentata organizzazione e categorizzazione dei contenuti e fenomeni come la “classificazione sociale” permettono ai contenuti di essere sempre più facilmente raggiungibili.
references: “Il decalogo del Web 2.0” di Vito di Bari “Web 2.0 Definitions” da futureexploration.net tags: web, web 2.0, sociale, caratteristiche
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I modelli di business Free: questo modello di business consiste nel far pagare un altro attore rispetto a chi gode i benefici e accetta, in cambio, di essere esposto a messaggi e sollecitazioni. E’ un modello classico e si basa prevalentemente sull’advertising. Nothing free: in questo modello nulla è gratuito, ma c’è una grande varietà di pricing e molte forme di incentivazione all’acquisto. E’ ad esempio il modello di iTunes, eBay ee Google AdSense. Free to use, pay for service: modello tipico delle società nate da progetti basati su software open source in cui la versione base del software viene sviluppata da una community di sviluppatori e distribuita gratuitamente a chiunque, facendo pagare le eventuali attività correlate come supporto, customizzazioni, plugin.. Freedom to pay: ci sono due modi di intendere questo modello; l’approccio pay for value deriva dai free trial: si può provare il prodotto o servizio senza pagare, e se piace, lo si acquista; l’altro approccio è il fundraising, basato su donazioni libere: questo modeli è applicabile solo ad attività online a larga base di condivisione, come ad esempio Wikipedia. Freemium: business model innovvativo che sembra essere il più appropriato alle caratteristiche del Web 2.0. In questo approccio il livello basci del servizio è gratuito e consente di operare fino ad un certo limite. Se si vogliono però utilizzare funzionalità ulteriori si deve pagare un abbonamento a consumo. Il servizio basic rilasciato gratuitamente diviene in questo modo assimilabile a un costo di marketing. Questo modello di marketing è per esempio applicato da Flickr, LinkedIn e Second Life.
references: “I modelli di business del Web 2.0” di Vito Di Bari tags: modelli, business, web2.0, free, pay
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User Generated Content User Generated Content (UGC) si traduce letteralmente con “contenuto generato dagli utenti” e nella sua forma di “massa” è un fenomeno recente, reso possibile dalla diffusione di servizi che abilitano chiunque a produrre e caricare in rete i propri contributi. You Tube è il caso emblematico di questo fenomeno avendo per primo consentito l’upload di video creati da chiunque. La percentuale di video generati dagli utenti visionati in rete è già altissima e gli UGC sono considerati dal 9% delle aziende fra i contenuti a massimo potenziale secondo la ricerca Global Content Survey 2007 condotta da Accenture. I volumi di ricavi derivanti dalla pubblicità collegata agli UGC è in rapida crescita, dai 630 miliardi di dollari del 2006 ai 2796 del 2008.
references: wikipedia.com “Cosa sono gli UGC” di Vito Di Bari tags: UGC, utenti, youtube, advertising
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Enterprise 2.0 In parallelo con le nuove società, le imprese tradizionali di recente hanno anch’esse rivolto il loro interesse verso gli investimenti in quella che è stata chiamata l’Enterprise 2.0. Uno studio internazionale dell’inizio 2007, che prende in esame oltre 2800 responsabili d’impresa in tutto il mondo ha verficato alcuni fatti interessanti relativi alla diffusione degli strumenti carattersitici del Web 2.0 all’interno delle aziende: - Le tecnologie Web 2.0 sono già ben comprese da parte dei dirigenti ad eccezione dei mashup (35%); - Il 77% dei dirigenti che hanno familiarità con queste tecnologie afferma che la loro azienda ha già investito in questa seconda fase di internet. - Si può osservare un diverso grado di adozione per ogni strumento tecnologico. Il tasso di utilizzo più basso è quello del mashup (4%), così come stazionano nella parte bassa della classifica di utilizzo wiki (13%) e feed rss (14%) a differenza delle tecnologie di rete come i social network che conoscono un maggiore utilizzo. - Il processo di adozione è guidato da alcuni settori, in particolare dalla tecnologia, dai media e dalle telecomunicazioni. - Il 30% circa dei manager intervistati nella nostra indagine dichiara che l’investimento nelle tecnologie Web 2.0 viene effettutato con la dichiarata intenzione di conseguire un vantaggio competitivo. Tale vantaggio competitivo si concretizzerà in migliori sevizi per i clienti , in un impiego più flessibile e rapido della conoscenza oppure, ancora, attraverso strum enti che miglioreranno la produttività. L’enterprise 2.0 prova a superare i limiti del knownledge management tradizionale portando all’interno delle aziende tre tendenze nate in ambito consumer: - Piattaforme di pubblicazione semplici e gratuite: blog, wiki, sistemi di photo e video sarin e scoial bookmarking rappresentano la possibilità di far sentire la propria voce, condividere risorse ed esprimersi liberamente, in modo gratuito e senza alcuna conoscenza tecnica; - Strutture emergenti: queste piattaforme sono semplici anche perché nessuno impone dall’alto il modo in cui dovrebbero essere strutturate o costruite; - Semplicità e larga disponibilità degli strumenti provocano un’esplosione della quantità di contenuti.
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Enterprise 2.0 Partendo da questi spunti, McAfee definisce l’Enterprise 2.0 come “L’uso di piattaforme di social software in modo emergente all’interno delle società o tra le società e i loro partner e clienti” Da ogni azienda Web 2.0 di successo i comportamenti delle persone vengono modificati per far si che esse sottoscrivano il servizio, che creino dei contenuti e che invitino i loro amici a partecipare. Si tratta di atti di persuasione ed influenza che le aziende devono effettuare per avere successo. Le aziende adottano un modello di persuasione la cui principale peculiarità è la vicendevole influenza diretta fra le persone Non è la credibilità delle informazioni che si leggono sulla pagina a persuadere gli utenti (modello anni ‘90), ma il passaparola: è attraverso questo strumento che le persone si convincono a sottoscrivere un servizio o a fornire contenuti. Alcuni esempi di persuasione: quando si sottoscrive il servizio di LinkedIn, c’è un piccolo indicatore che vi segnala l’andamento del vostro utilizzo: vedere che si è solo al 20%, per esempio, stimola a darsi da fare per raggiungere il 100%. Quando si apre un profilo in Facebook al posto della fotografia c’è un riquadro vuoto con un punto di domanda che genera una sorta di ansia finche non un immagine non sia inserita.
references: “Fare leva sull’impresa 2.0” di James Manyika e Jacques Bughin “Il Web 2.0 entra nelle aziende” di Emanuele Quintarelli “La persuasione e il web” di BJ Fogg tags: enterprise2.0, tecnologia, persuasione, business
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Review: Il Web 2.0 E’ possibile individuare tre fasi della storia di internet: Fase 1: utilizzo di internet limitato a causa delle ridotte possibilità d’accesso degli utenti. Fase 2: aumento della diffusione di internet e di utenti collegati. Nascono aziende come Ebay, Yahoo e Amazon che offrono contenuti e servizi. Fase 3: Internet è uno strumento sempre più diffuso. Arriva il Web 2.0. Il termine Web 2.0 è coniato da Dale Dougherty nel 2004. Il Web 2.0 rappresenta una nuova visione di Internet e segna l’evoluzione del WWW da una serie di siti statici ad un ambiente globale interattivo. Il fenomeno è caratterizzato da un numero crescente di utenti che generano, condividono e distribuiscono il contenuto del web. E’ possibile distinguere le applicazioni del Web 2.0 in quattro livelli: Livello 3: comprende le applicazioni che possono esistere esclusivamente su internet Livello 2:comprende le applicazioni che possono esistere offline, ma sono avvantaggiate esclusivamente quando hanno presenza sul web Livello 1: comprende applicazioni che funzionano senza problemi offline, ma che forniscono funzionalità aggiuntive online Livello 0: caratterizzato da servizi che funzionano bene sia operando offline che online Le caratteristiche del Web 2.0: Il web è una piattaforma Il web è funzionalità Il web è semplice Il web è leggero Il web è sociale Il web è flusso Il web è flessibile Il web è mixabile
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Review: Il Web 2.0 Il web è partecipativo Il web è nelle nostre mani I modelli di business nel Web 2.0 sono 5: Free:questo modello consiste nel far pagare un altro attore rispetto a chi gode i benefici del servizio. Si basa sull’advertising. Nothing Free: in questo modello nulla è gratuito ma ci sono una grande varietà di pricing e molte forme di incentivazione all’acquisto. Free to use, pay for service: modello per cui la versione base di un software è gratuita mentre eventuali supporti e plug-in sono a pagamento. Freedom to pay: è possibile intendere questo modello in due modi: l’approccio “pay for value” e l’approccio “fundraising”: Il “pay for value” deriva dal free trial: si può provare il servizio senza pagare e se piace lo si acquista; Il “fundraising” è basato su donazioni libere ed è applicabile solo ad attività online a larga base di condivisione. Freemium: modello innovativo per cui il livello base del servizio è gratuito mentre funzionalità ulteriori sono offerte a pagamento.
L’ “enterprise 2.0” è definita come “l’uso di piattaforme di social software all’interno delle società o tra esse e i loro partner e clienti Le aziende Web 2.0 devono compiere atti di persuasione per avere successo Le aziende adottano un modello di persuasione la cui peculiarità è la vicendevole influenza diretta tra le persone L’investimento delle aziende nelle tecnologie Web 2.0 viene effettuato con l’intenzione di conseguire un vantaggio competitivo
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* 2 Strumenti del Web 2.0
Blog Questo strumento nasce con lo scopo principale di permettere la pubblicazione di contenuti sul web da parte del più vasto numero di utenti, indipendentemente dallo strumento con cui ci si collega alla rete, dal sistema operativo o dalle conoscenze informatiche di cui si dispone. La gestione dei dati e delle informazioni non è, quindi, più appannaggio esclusivo delle testate giornalistiche, degli editorialisti di contenuti, delle università o società in grado di mantenere un portale web ma, tramite i blog, viene offerta questa possibilità a tutti gli utenti che desiderino esprimersi. Un blog possiede solitamente alcune caratteristiche basilari: - Titolo del blog - È il nome del blog, solitamente corrisponde all’indirizzo del sito o al nome dell’utente nel caso di utilizzo di un servizio pubblico. - Sottotitolo - Opzionalmente adottabile, è uno slogan o una breve descrizione del blog. - Titolo dell’articolo - Titolo dei post realizzati. Solitamente i contenuti sono presentati all’interno della pagina principale in ordine cronologico inverso, mostrando in bell’evidenza l’ultimo intervento e relegando i più datati al fondo della pagina o in secondaria. - Data di pubblicazione - La data in cui l’articolo è stato pubblicato. Nel caso di blog con più aggiornamenti quotidiani è consigliabile inserire anche l’ora di pubblicazione. - Autore del post - Tutti gli articoli devono contenere il nome dell’autore che li ha scritti, così da poterlo identificare ed, in caso, contattare. - Testo dell’articolo - L’articolo vero e proprio. Può essere pubblicato solamente un estratto, magari privo d’immagini. Per approfondire l’argomento si viene rimandati alla pagina di dettagli.
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Blog I contenuti, sono solitamente di tipo testuale. Come vedremo in seguito si potranno gestire anche documenti con video e audio, ma la vera natura di un blog è la gestione di testi accompagnati da immagini. - Commenti - I contenuti devono sempre essere accessibili e commentabili dagli utenti. Lo scopo principale di un blog è l’interazione e quindi, vietare l’inserimento di messaggi, è snaturare questa tipologia di piattaforme. - Archivio/Calendario - In ogni blog è sempre presente un archivio contenente tutto lo storico degli argomenti trattati. I contenuti più datati possono essere raggiungibili tramite l’esposizione di un calendario avendo cura di mettere in evidenza i giorni nei quali si potranno trovare dei post, oppure tramite un archivio mensile navigabile. - Categorie/Tag – Ogni post viene inserito all’interno di una o più categorie per raggruppare così gli argomenti. Una tecnica alternativa prevede l’uso di più tag, etichette, che illustrano il tema contenuto in un articolo. Su questa base nascono i blog che possiamo trovare su Internet. Le funzionalità e i servizi aggiuntivi sono innumerevoli e in crescita continua, ma solo le caratteristiche sopra citate identificano chiaramente la struttura di un blog da quella di un normale sito web personale. Sono numerose le categorie di blog che possiamo trovare sulla grande rete A) blog personale: l’autore parla di sé, delle sue esperienze, dei propri interessi. Segnala articoli interessanti, notizie, avvenimenti. In questa categoria si illustrano le proprie idee, si recensiscono prodotti acquistati, si esprime un pensiero, una valutazione o un apprezzamento su qualcosa che è successo nella propria vita. È la forma di blog indubbiamente più diffusa, ma non sempre la migliore per riuscire a coinvolgere un elevato numero di utenti al dialogo se i contenuti proposti hanno un taglio eccessivamente personale. Spesso questo tipo di blog si utilizza per restare in contatto con amici o parenti che possono seguire la vita del blogger leggendo i suoi racconti o seguendo le sue segnalazioni. B) blog tematico: riguarda tutti quei blog che nascono per discutere di un argomen-
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Blog to specifico. Tali blog si distinguono perchè l’autore o gli autori parlano ad esempio del proprio hobby o delle passioni che li accomunano. Spesso i blog tematici diventano veri e propri centri d’aggregazione per appassionati di specifici temi che possono trovare in questo modo, un’area dove condividere con altri il proprio interesse e documentarsi attraverso la lettura dei post e dei commenti degli altri utenti. Gli argomenti proposti sono spesso oggetto d’interventi ed è facile far nascere scambi di idee ed opinioni con gli altri interessati. Le tematiche che si possono trattare sono innumerevoli. C) blog d’attualità: molti giornalisti stanno scoprendo il blog come strumento d’incontro con i propri lettori. Il grande difetto della carta stampata è proprio la difficoltà ad ottenere un riscontro ed uno scambio con i destinatari degli articoli. Nei blog gli autori si confrontano con i lettori, possono portare maggiori argomentazioni a sostegno delle proprie tesi, possono spiegare ulteriormente un concetto e hanno la possibilità di tornare nuovamente su di un tema trattato qualche giorno prima sulle colonne del quotidiano sul quale pubblicano. È, inoltre, un modo per i lettori di entrare in contatto con i redattori, e far sentir loro la propria voce. La comunicazione diventa bidirezionale e può portare il giornalista a raccogliere spunti e nuovo materiale per un successivo articolo. Cade in questa categoria il blog che presenta ai propri lettori stralci d’articoli tratti dai giornali, siano essi online o su carta stampata, sugli argomenti più vari o di maggior interesse per poter iniziare un dibattito. I temi possono essere diversi e i post possono contenere più parti di articoli o riferimenti esterni per incentivare la riflessione e il dialogo. D) photoblog: si tratta di blog dove lo scopo primo è di pubblicare le proprie foto personali. Il prodotto è sostanzialmente un album fotografico online dove i visitatori possono lasciare agli autori commenti o battute. L’immagine che diviene il contenuto principale e il tema d’incontro tra gli utenti. E) blog vetrina: si tratta di una forma di blog di tipo divulgativo / commerciale e può riguardare diversi soggetti. È una soluzione sempre più in voga per entrare anche
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Blog qui in contatto con il proprio pubblico, altrimenti difficilmente raggiungibile. F) blog politico: sempre più politici stanno scoprendo i benefici e la visibilità che un blog può portar loro. La facilità di aggiornamento degli articoli permette il suo uso come strumento di informazione e di comunicazione con i cittadini i quali possono partecipare attivamente instaurando dialoghi diretti con i politici di riferimento sensibilizzandolo su problemi e tematiche a loro più care. Può essere sia un valido strumento a livello locale per il contatto con la cittadinanza (blog per il sindaco, gli assessori, i consiglieri comunali), per dar spazio e visibilità alle iniziative personali, sia a livello nazionale (blog di ministri,sottosegretari, capi di partiti politici). G) vLog o videoBlog: si tratta di blog che utilizzano i video come forma di comunicazione con i propri visitatori
Crescita della blogosfera Il mondo dei blog non è un fenomeno temporaneo di limitate dimensioni, ma una tendenza che sta avendo un consolidamento ed interessanti risvolti per ciò che riguarda la comunicazione tra gli utenti. Da un’indagine svolta da PEW Internet & American Life Project e pubblicata nel giugno 2006 emergono dei dati veramente interessanti sull’uso di questo strumento e vale certamente la pena di esaminarli facendo alcune riflessioni. L’8% degli utenti Internet statunitensi dichiara di gestire un blog personale. Si tratta di oltre 12 milioni circa di blog attivati; oltre a ciò chi ne gestisce uno è a sua volta lettore per il 90% dei casi di altri blog. Il 39% degli intervistati (57 milioni circa) ha dichiarato di utilizzare regolarmente questo tipo di strumento per leggere articoli sui temi più disparati. La maggior parte degli autori si serve di questo strumento per parlare della propria vita, utilizzando il blog come sorta di diario personale aperto al pubblico. Dai dati risulta infatti che:
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Blog - il 37% parla della propria vita e delle esperienze che maggiormente lo coinvolgono, oltre a fornire opinioni ed idee personali sui avvenimenti nel mondo, - l’11% discute di politica, - il 7% parla di argomenti di intrattenimento, - il 6% di sport, - il 5% di avvenimenti recenti, ma questo dato varia molto a seconda di cosa accade nel mondo, - il 4% di tecnologia, - il 2% di religione o spiritualità. Il blogger medio ha un’età di 30 anni (54%) e aggiorna il proprio blog per hobby e divertimento almeno una volta al giorno (34%). La maggior parte dei bloggers (64%) asserisce di non trattare un unico argomento all’interno del proprio spazio, ma di variare i temi a seconda degli interessi. Il rimanente 35% invece vede il proprio blog come area monotematica dove condividere con appassionati dello stesso settore il proprio hobby o un argomento di nicchia, particolarmente tecnico. Sono solitamente i blogger più anziani (oltre i 30 anni) a seguire questa strada, mentre i giovani (18-29 anni) preferiscono trattare più di un tema all’interno del proprio spazio. Le tipologie di contenuti inseriti all’interno del proprio blog sono le più varie. Essenzialmente viene rispettata la filosofia di questo strumento basato sul testo. L’80% degli utenti, infatti, pubblica contenuti di testo. Il 70% è solita inserire anche immagini personali mentre un buon 30% si serve d’audio (podcast) per accompagnare i testi. Solo il 15% adotta i video come forma di comunicazione, ma il trend è in costante crescita grazie anche alla quantità sempre maggiore di fornitori di servizi di streaming e al continuo aumento della velocità a disposizione con le linee broadband che permettono un maggiore scambio. Secondo un’analisi, effettuata da Technorati.com, il più grande motore di ricerca dedicato ai blog, il numero di nuovi blog creati ogni giorno ammonta a circa 120.000 unità, ovvero 1.15 blog nuovi ogni secondo! Numeri veramente impressionanti, ma giustificati se si pensa che la blogosfera riesce a raddoppiare il suo volume ogni 7 mesi circa. I blog catalogati all’interno del motore di ricerca sono circa 70 milioni e le lingue più
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Blog diffuse sono Giapponese (37%), inglese (33%), Cinese (8%), Spagnolo (3%), con Italiano, Francese, Russo e Portoghese che si fermano invece al 2%. Tra i temi più trattati invece, la tecnologia la fa da padrone grazie a famosi blog che catalizzano l’attenzione di decine di migliaia d’utenti ogni giorno. Tra i temi maggiormente trattati ci sono anche la politica e il gossip. Anche i colori e i caratteri adottati possono essere oggetto d’analisi: il bianco è ilcolore più utilizzato, dal 47% dei blogger, seguito da grigio (19%) e blu (16%), mentre verdana è il carattere più utilizzato con il 43% seguito da arial e georgia.
references: wikipedia.com “Le diverse tipologie di blog” di Giuliano Prati “Elementi caratteerizzanti” di Giuliano Prati “Crescita della blogosfera” di Giuliano Prati “Blog, se il medium è il messaggio, le persone sono il contenuto” di Stefano Quintarelli tags:blog, caratteristiche, classificazione, blogosfera, blogger
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Feed RSS RSS o meglio Really Simple Syndacation è una sigla che indica uno dei più popolari formati utilizzato per distribuire i contenuti sul web Ciò significa che i contenuti pubblicati all’interno di un sito web o, nel nostro caso specifico in un blog, possono essereformattati con un linguaggio standard come l’XML e messi a disposi zione all’interno di un file per la ripubblicazione su altri siti web o gestione attraverso differenti media. Oltre a ciò, con questo strumento è semplice consultare i nuovi contenuti inseriti in un sito web senza necessariamente doverlo visitare con regolarità. Questo è possibile utilizzando i feed reader, piccoli programmi nei quali si possono aggregare una serie di feed forniti dai nostri portali preferiti. Una volta salvati i feed, l’aggregatore provvede a sincronizzarsi con i siti web di riferimento scaricando il nuovo materiale in locale per una consultazione più rapida ed agevole. In questo modo gli utenti possono consultare attraverso il proprio computer gli ultimi articoli pubblicati in un’ampia serie di siti web senza dover impiegare tempo nella visita dei singoli siti. I feed rss sono individuabili solitamente all’interno di un sito web attraverso una serie di icone: L’ultima in elenco è stata adottata da Mozilla per il suo browser Firefox prima e da Microsoft poi, come standard per la diffusione dei feed Rss all’interno dei propri prodotti e viene fortemente consigliata per il suo utilizzo nelle pagine web che offrono i propri contenuti come feed così da avere un’icona universalmente riconosciuta ed associabile al tipo di servizio. Vantaggi dell’uso di un feed - I feed RSS che contengono all’interno del file XML l’indirizzo del vostro sito web, riescono ad ottenere un aumento della “link popularity” legata ai motori di ricerca, grazie alla ripubblicazioni su altri siti web e blog dei nostri contenuti e soprattutto del
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Feed RSS nostro indirizzo http. - I feed RSS aggiornati con regolarità permettono un’indicizzazione delle pagine del blog all’interno dei motori di ricerca con una maggior frequenza rispetto a quei siti che non li adottano. - L’inclusione del nostro RSS all’interno di directory di feed, motori di ricerca o aggregatori RSS può aumentare ulteriormente la popolarità del nostro sito. - Viene semplificata la ripubblicazione dei nostri contenuti all’interno di altri siti web. La modifica apportata al testo sorgente sarà propagata in automatico a tutti i siti che fanno riferimento al nostro feed.
references: wikipedia.com “Feed RSS” di Giuliano Prati tags: feed, blog, web, aggregatori
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Social Network I social network rappresentano uno degli elementi fondamentali dell’attuale panorama del Web. Un social network non è una web community ma una tipologia particolare di comunità, profondamente diversa da quelle del Web 1.0, che abilita e facilita relazioni. Di fatto le comunità web di prima generazione mettono il focus sull’ambiente che esse delimitano e sugli individui che la compongono mentre un social network non è un insieme di individui ma un insieme di relazioni tra individui. Mentre il valore delle community è prevalentemente determinato dalla quantità di partecipanti, il focus dei social network è nella coesione delle relazioni (frequenza, continuità, ricchezza, intensità). E’ infatti molto diverso parlare da un lato di individui che si relazionano e, dall’altro, di relazioni tra individui. Al di fuori dal Web, nei social network fisici, esiste una disciplina che si interessa di questo aspetto. E’ la social network analysis, mirata ad analizzare le relazioni fra i componenti di un gruppo sociale. I social network rappresentano una nuova fase della socializzazione in rete perchè ribaltano la modalità di approccio al Web, cioè non mirano alla “presenza” bensì all’atto del connettersi (a un altro essere umano disperso per la rete). Di fatto, questo metodo permette di massimizzare le potenzialità del Weeb, che è appunto nato per collegare elementi tra loro. Il successo dei social network più conosciuti, come Facebook, nel corso degli ultimi mesi è stato straordinario in termini di utenti iscritti. Mentre i rappresentanti delle web community di prima generazione hanno accelerato il loro collasso. La ragione di questo successo è rintracciabile nel fatto che i social network concretizzano l’iniziale promessa di connettività del Web. E’ lo stesso web delle origini che mirava a connettere persone, mentre in realtà i primi strumenti web erano incentrati sulla singola persona e non sulla relazione tra le persone e sul contenuto e non sull’atto comunicativo che tale contenuto contiene. L’elemento cruciale non è quindi il singolo soggetto appartenente ad un gruppo, ma la qualità delle relazioni che questo crea con tutti gli altri membri.
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Social Network La teoria delle reti sociali è definita attraverso alcuni concetti matematici tra cui i grafi. Un grafo è un insieme di nodi (detti anche vertici), collegati tra loro da uno o più archi. In questo contesto è stato teorizzato che un grafo rappresentante un social network generico potrà possedere all’incirca 150 nodi, corrispondenti al numero massimo di membri con il quale un soggetto si può mettere in relazione all’intero della propria rete sociale. Questo valore, calcolato attraverso studi antropologici e sociologici è definito “numero di Dunbar”. Robin Dunbar, il suo teorizzatore, ha voluto così indicare “il limite cognitivo al numero di individui con i quali qualunque persona può mantenere una stabile relazione”. Per gli studi svolti da Dunbar nella psicologia evoluzionistica, infatti, la maggior parte delle persone non riuscirebbe a mantenere un contatto stabile con un numero superiore a 150 persone, restando aggiornati sugli avvenimenti principali che caratterizzano la loro vita. Il modello dei social network si basa anche su un’altra teoria, definita “teoria dei sei gradi di separazione”. Questa teoria, enunciata da Stanley Milgram nel 1967, asserisce che qualunque persona può essere collegata a qualunque altra persona attraverso una catena di conoscenze con non più di 5 intermediari. Nel 2001, il prof. Duncan Watts della Columbia University replicò l’esperimento di Milgram utilizzando Internet, con una quantità di persone coinvolte sensibilmente superiore e ottenendo lo stesso risultato: sei gradi di separazione. La teoria dei sei gradi di separazione è la chiave per interpretare la storia di successo dei social network. Nei quali è possibile creare catene infinite di amicizie che possono, secondo questa teoria, arrivare ad unire tutte le persone nel mondo. Tornando al tema dei social network, gli elementi principali che li caratterizzano sono tre: - la creazione di un profilo: sono richieste svariate informazioni sul soggetto che vanno a definire un profilo personale generalmente disponibile al pubblico di iscritti. - la realizzazione di una catena: i membri del social network possono legarsi tra loro realizzando una sorta di catena tra parenti, amici, colleghi di lavoro, ma anche scon
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Social Network osciuti che hanno trovato interessante il profilo di un utente. È possibile percorrere la catena e consultare così la scheda dagli altri amici, dei loro colleghi o dei parenti, e via su questa linea; - la gestione dei commenti: ad ogni profilo può essere abbinato uno o più commenti lasciati da visitatori che hanno consultato la nostra scheda utente. I commenti possono essere visualizzati per un periodo di tempo limitato e solitamente rimossi quando molesti.
Il fenomeno dei social network è nato nel 1995 con Classmates.com mentre il 1999 segna la nascita della biforcazione che accompagnerà poi il fenomeno fino ai giorni nostri, fra reti di relazioni professionali e reti d’amicizia. La definitiva affermazione dei socila network avviene nel 2003, grazie alla grande adesione a Friendster, Tribe.net e LinkedIn. Attualmente, i due social network services più rilevanti per accessi sono Facebook e Myspace, rispettivamente con oltre 200 e 130 milioni di utenti, con il sorpasso del primo sul secondo nell’aprile del 2008. Esistono diversi tipi di social network, al di là di quelli che possiamo definire generalisti (Facebook e MySpace), mirati alle più diverse attività e argomenti. Le categorie principali presenti oggi sono: - social browsing - reti d’interesse - reti d’azione - personal social network Social browsing: La possibilità di collezionare indirizzi web significativi rappresenta un elemento importante per ogni navigatore web. Se aggiungere segnalibri o bookmark, era prima un’attività individuale e legata all’uso del proprio software installato suul proprio pc, con del.icio.us (o altre reti di social browsing) questo si converte in un’azione collettiva, in cui ogni utente salva i propri bookmark non più sul proprio pc ma su un
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Social Network server web e rende pubblicamente visibile la propria lista di bookmark. Questa costruzione di conoscenza collettiva diventa presto un capitale notevole, perchè chi è interessato ad un argomento è probabilmente interessato a visitare i bookmark di altri utenti appasionati allo stesso argomento. Reti d’interesse: Il Web è da sempre un ambiente privilegiato per fertilizzare quelle dinamiche sociali basate sulla condivisione di interessi e passioni e per ciò esistono centinaia di social network tematici, che attraggono migliaia di utenti in giro per il mondo, per scambiarsi consigli e informazioni. Flickr è probabilmente il servizio web che ha raggiunto maggiore fama in questi anni, avendo raccoolto un numero impressionante di utenti che pubblicano e commentano fotografie. La potenza di network di questo tipo non sta solo nel servizio pratico, ma soprattutto nella componente socializzante. Reti d’azione: Il web sarà sempre più nel tempo, legato in modo indissolubile ad attività fisiche, che influiscono sul mondo fatto di oggetti, case e strade. Questo perchè noi sposteremo sempre più consistenti parti della nostra vita sul Web, che sarà sempre più “mobile”. Il tal senso, che il Web ci supporti nel fare attività concrete rappresenta una realtà che alcuni social network di oggi già correttamente interpretano. Meet Up, ad esempio, ha raccolto milioni di utenti che organizzano le proprie attività fisiche attraverso un sito web che fornisce loro strumenti di relazione e gestione degli eventi. Personal Social Network Una delle evoluzioni più interessanti dei social network è data da Ning, che non è un social network ma un abilitatore di scoial network, attraverso il quale è possibile creare un proprio social network. A mano a mano che acquisteremo familiarità con il concetto di social network, l’appartenenza ad uno solo di essi ci risulterà limitante. Ogni social network inoltre
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Social Network prevede l’inserimento di una marea di dati personali, senza possibilità semplice di esportare / importare dati. Ecco quindi che Ning ci permette di superare i limiti dei diversi social network permettendoci di crearne uno a nostra immagine e somiglianza.
references:”Social Network” di Giuliano Prati “Social Network” di Selene Kolman “Alle origini dei social network” di Vito Di Bari “La centralità dei social network” di Vito Di Bari tags: sociale, web2.0, relazioni, facebook, community, myspace
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Tagging e Folksonomia Il termine “tag” significa “etichetta” e, in ambito Web 2.0, è un concetto che viene utilizzato in associazione ai blog e al social bookmarking o, più in generale, a tutti quegli strumenti che permettono la condivisione delle informazioni. Si possono definire due tipi di tagging: - Inserito dagli editori / autori, che prevede un’attività finalizzata a descrivere quali sono i concetti chiave dei contenuti. Si tratta di una operazione eseguita al termine del processo redazionale, ma prima della sua pubblicazione. Viene definita “taxonomy”. La tassonomia è uno strumento di organizzazione della conoscenza costituito da classi e sottoclassi (con le relative etichette) disposte gerarchicamente in una struttura ad albero. Le tassonomie sono create a tavolino da esperti del settore e fanno in genere capo ad un ente che ne gestisce lo sviluppo e l’amministrazione. Si tratta dunque di strutture top-down, create cioè dall’alto. - Realizzato dagli utenti che fruiscono delle informazioni e si tratta di una forma di categorizzazione e classificazione non gerarchica dei contenuti e che viene realizzata dal basso. Viene definita “folksonomy”, neologismo coniato da Thomas Vander Wal derivante dalla combinazione di “folks” e “taxonomy” e significa appunto tassonomia creata dalla gente. Si parla in questo caso di strutture bottom-up, costruite cioè dal basso. La folksonomia è tipica del Web 2.0 e consente di utilizzare parole chiave differenti a seconda della sensibilità dei lettori, che adotteranno un termine piuttosto che un altro in base ai concetti che ritengono rivestire maggiore importanza o interesse. Il valore aggiunto delle folksonomie sta proprio nell’aggregazione e nella condivisione, cioè nella natura sociale del fenomeno. L’approccio “folk” rende possibile che più oggetti usino i medesimi tag per descrivere un contenuto: l’insieme degli oggetti così accomunati acquisterà una maggiore importanza rispetto ad altri. Con la folksonomia non si esegue una classificazione basata sull’ordinamento gerarchico dei contenuti, ma questi vengono tutti gestiti allo stesso livello. Poiché
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Tagging e Folksonomia l’utente descrive il contenuto con poche e semplici parole, maggiore sarà il numero di utenti che applicheranno tag ad un determinato contenuto e maggiore sarà la precisione nella categorizzazione di contenuti. Il processo di categorizzazione si evolve pertanto in modo democratico: alcuni termini acquisiranno più popolarità, altri invece saranno meno utilizzati, riflettendo così i temi maggiormente trattati da un determinato sito. L’utilizzzo della folksonomia come tecnica alternativa per la catalogazione delle informazioni rispetto ai motori di ricerca porta con sé alcuni vantaggi: - Consente una classificazione rapida; - Aiuta la serendipity, facendo scoprire qualcosa di non cercato e imprevisto mentre si sta cercando altro; - Semplifica l’accesso ai contenuti: utilizzando la visualizzazione di elementi visivi (come le tag cloud)o di insiemi di parole chiave invece che un indice analitico La folksonomia ha però un quoziente molto basso di “trovabilità”: per esempio, perché implica una mancanza di precisione della lingua nel controllo dei sinonimi o per quell’assenza di gerarchia che la rende invece buona per la serendipità e il browsing. Le tag clouds Il termine “tag cloud” indica una forma di visualizzazione dei tag che abbina ordine alfabetico e grado di rilevanza. Sono due le possibili tecniche utilizzo: la prima prevede di scrivere etichette con caratteri di dimensioni diverse. Ogni tag appare con una grandezza direttamente proporzionale alla frequenza di utilizzo all’interno dei contenuti. Ciò significa che più un tag è stato adottato, maggiore sarà la dimensione del suo testo all’interno della tag cloud. La seconda tecnica associa invece la grandezza del carattere al numero di consultazioni che un tag ha ricevuto nel tempo. E’ una forma di tag cloud più democratica, che varia la dimensione del carattere a seconda degli argomenti che hanno riscosso maggiore interesse da parte dei visitatori.
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Tagging e Folksonomia Alla base di entrambe le tecniche c’è il “colpo d’occhio” che aiuta ad individuare rapidamente i termini più evidenti e, di conseguenza, le categorie con una maggiore rilevanza.
references: “Tag” di Giuliano Prati “L’importanza dei tag” di Vito Di Bari “Pro e contro della folksonomia” di Vito Di Bari “La ricerca si fa scoiale: il tagging e la folksonomia” di Luca Rosati “La folksonomia e il web semantico” di Thomas Vander Wal tags: web2.0, tag, folksonomia, tassonomia, classificazione, clouds
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Podcast Il podcast è un contenuto audio oppure video scaricabile da internet, ma con caratterstiche che ne semplificano la fruizione sia sul personal computer connesso a internet sia sull’iPod (o su un altro lettore audio) disconnesso dal pc e da internet. Quello che contraddistingue il podcast rispettoa un qualunque altro analogo contenuto scaricabile da internet è il fatto che: - lo “scaricamento” è automatico utilizzando programmi chiamati “aggregatori”, con i quali l’utente può abbonarsi a un determinato podcast; - il contenuto audio è automaticamente “portabile”, tutti i podcast possono essere facilmente trasferiti da pc a lettori audio. Il podcast dà la possibilità all’utente si scegliere a quali “canali” abbonarsi, selezionabili dall’enorme catalogo di internet, e poi di ascoltarli sul pc o sul proprio lettore mp3. Questo permette di creare il proprio palinsesto “radiofonico” da ascoltare dove e quando si vuole. A far letteralmente esplodere il fenomeno del podcasting e a farlo uscire dall’ambito unicamente amatoriale in cui si è sviluppato per anni è stata la Apple, che ha pensato che qquesto fenomeno avrebbe potuto contribuire al successo del suo già popolare lettore multimediale. Il supporto di Apple e iTunes al podcasting ha incrementato di almeno dieci volte il pubblico degli ascoltatori, dando una notevole visibilità al fenomeno e stimolando il lancio di iniziative nel settore del podcasting. Secondo una rilevazione statistica del Marzo 2007, negli Stati Uniti sono il 13% le persone che hanno ascoltato almeno un podcast mentre il numero di coloro che ascoltano regolarmente i podcast è tuttavia molto più basso, così come in Italia, dove il fenomeno è assai più limitato. I maggiori punti di forza del podcast sono: - facilità di realizzazione e diffusione; - linee editoriali ben definite - ampia attrattiva dei molti argomenti affrontati
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Podcast - facilità di accesso e riascolto da parte di più utenti - libertà di diffusione - costo limitato all’utente finale Il podcasting può giocare un ruolo nella promozione e nella conoscenza dei contenuti dei media, come pure nella coesione, nella formazione e nell’informazione di aziende e di comunità. Sia aziende che privati hanno beneficiato dei costi estremamente bassi per produrre audio e video e attorno alla produzione di podcast sono nate molte imprese che hanno dato vita a tutta una nuova componente dell’economia digitale. Negli ultimi anni molte aziende hanno aggiunto il podcasting nelle pubbliche relazioni e nelle comunicazioni interaziendali.
references: “Il podcasting” di Dean Whitbread tags: web2.0, podcast, audio, download,
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Mash Up Un mash up è un applicazione online che combina o miscela dati e servizi provenienti da due o più fonti per creare qualcosa di nuovo. Il termine mashup viene utilizzato nel mondo della musica, dove descrive un remixaggio creativo di più canzoni provenienti da artisti o generi musicali molto diversi. Un’altra espressione attuale di mashup è costituita dai mashup di più video, anche questi costruiti attraverso una miscela innovativa di più fonti. Allo stesso modo sulla rete i mashup riguardano diverse serie di dati e servizi “mescolati” e riproposti insieme, spesso dedicati a velocizzare la distribuzione e il riutilizzo. Visti dalla prospettiva del modello di business che adottano, al pari di molti altri aspetti del Web 2.0, i mashup si basano su strategie quali la condivisione dei profitti e modelli di prezzi scalabili: spesso partono come servizi gratuiti ed evolvono secondo il loro utilizzo. Per le aziende, attreverso le innovazio ni introdotte dal mashup, esiste un potenziale per ridurre i costi, velocizzare lo sviluppo e incrementare la flessibilità. Applicazioni che altrimenti non sarebbe stato possibile realizzare, poiché avrebbero richiesto troppe risorse, adesso possono essere considerate realistiche.
references: “Web service e Mash up” di John Musser tags: web2.0, mashup, applicazioni
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Wiki Altro elemento chiave compreso nei cosiddetti social software e massimo rappresentante dell’intrinseco spirito collaborativo di questo mondo sono i wiki. Per darei una definizione precisa mi affido direttamente a Wikipedia, che tra i wiki è indubbiamente il più conosciuto e visitato, raccogliendo attorno a sé un nutrito gruppo di utenti e partecipanti attivi. “Un wiki è un sito web (o comunque una collezione di documenti ipertestuali) che permette a ciascuno dei suoi utilizzatori di aggiungere contenuti, come in un forum, ma anche di modificare i contenuti esistenti inseriti da altri utilizzatori.” Il termine di origine hawaiana significa rapido e non poteva essere adottato nome migliore per un applicativo web che fa della velocità e dell’immediatezza il suo punto di forza. Un sito web basato su wiki è un insieme di pagine statiche non organizzate in modo gerarchico e lineare, ma che possiedono sostanzialmente tutte lo stesso grado di importanza e medesimo livello. I contenuti sono redatti dagli stessi visitatori che, a parte casi particolari, dispongono dei permessi di creazione o modifica delle pagine senza l’obbligatorietà di registrarsi al servizio. I wiki sono aperti proprio per permettere una proficua collaborazione tra gli utenti, senza dover far passare i contenuti realizzati attraverso approvazioni prima della loro pubblicazione. Ciò che si scrive viene subito reso disponibile a tutti. La navigazione, all’interno di un wiki, avviene attraverso due tecniche. La prima prevede l’utilizzo del motore di ricerca interno il quale può funzionare sia per ricerche all’interno dei titoli (adottata dai wiki più semplici) sia nei documenti (full text). La seconda tipologia di navigazione, invece, implica il passaggio da un contenuto ad un altro sfruttando i collegamenti contenuti all’interno delle diverse pagine, o le categorie, ma non tramite l’uso di un menù di navigazione organizzato. Si concretizza, quindi, il concetto di “serendipity” ovvero la capacità di trovare o scoprire
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Wiki qualche cosa in modo fortuito, partendo dalla ricerca su qualcosa di completamente diverso. Wikipedia L’esempio più famoso e conosciuto di wiki è Wikipedia, l’enciclopedia libera. Wikipedia coinvolge milioni di persone in tutto il mondo dando loro piena libertà nella realizzazione e gestione degli articoli. La crescita dei contenuti risulta rapida e costante, giorno dopo giorno senza la necessità di avere una redazione dedicata alla produzione dei contenuti, ma servendosi solamente un gruppo di persone che si adopera per mantenere la piattaforma funzionante e per garantire il rispetto delle regole comuni. Chiunque può contribuire attivamente alla crescita di questa “enciclopedia libera” operando aggiunte e correzioni alle voci già presenti in archivio o realizzando nuovi contenuti offrendo le proprie conoscenze al servizio della comunità
references:”Wiki” di Giuliano Prati wikipedia.com tags: wiki, wikipedia, web2.0, collaborazione, sociale
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Review: Gli strumenti del Web 2.0 Il termine “blog” è la contrazione di web-log, ovvero traccia sulla rete. Sono numerose le categorie di blog che si possono trovare in rete: blog personali, tematici, d’attualità, photoblog, blog vetrina e politici. Il mondo dei blog non è un fenomeno temporaneo di dimensioni limitate e la blogosfera è in crescita costante. La blogosfera infatti raddoppia il suo volume ogni sette mesi circa. RSS è una sigla che indica un popolare formato utilizzato per distribuire contenuti sul web. Utilizzando un feed reader è possibile consultare contenuti inseriti in un sito web senza doverlo visitare. I feed RSS generano un aumento di “link popularity” e permettono un’indicizzazione più frequente all’interno di un motore di ricerca. Un Social Network non è una community 1.0 ma una tipologia particolare di comunità che abilita e facilita relazioni. Un Social Network non è un insieme di individui ma un insieme di relazioni tra individui, il cui focus è la coesione delle relazioni. I Social Network permettono di massimizzare le potenzialità del Web, che è appunto nato per collegare elementi tra loro. Il modello dei social network si basa sulla “teoria dei sei gradi di separazione”. Il fenomeno nasce nel 1995 con Classmates.com e la definitiva affermazione avviene nel 2003. Negli ultimi mesi il successo dei social network è stato straordinario. Attualmente i social network più rilevanti sono Facebook (200milioni di utenti) e Myspace (130). Le categorie principali di social network sono 4: scoial browsing, reti d’interesse, reti d’azione e personal social network. Il termine “tag” significa “etichetta”. Si possono definire due tipi di tagging: tassonomia e folksonomia. Tassonomia: i tag sono inseriti dagli autori del contenuto. Le tassonomie sono create a tavolino e disposte gerarchicamente. Folksonomia: classificazione non gerarchica realizzata dagli utenti. Il termine “folksonomia” significa tassonomia creata dalla gente.
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Review: Gli strumenti del Web 2.0 La folksonomia è tipica del Web 2.0. La folksonomia consente una classificazione rapida, favorisce la serendipity e semplifica l’accesso ai contenuti. Il termine “tag cloud” indica una forma di visualizzazione dei tag che abbina ordine alfabetico a grado di rilevanza. Il podcast è un contenuto audio o video scaricabile da internet, che può essere ascoltato su un computer o su un lettore audio. Negli ultimi anni molte aziende hanno aggiunto il podcasting nelle pubbliche relazioni e nelle comunicazioni interaziendali. Un mashup è un’applicazione online che combina o miscela dati e servizi provenienti da più fonti per creare qualcosa di nuovo. Per le aziende l’utilizzo di mashup permette di ridurre i costi, velocizzare lo sviluppo e incrementare la flessibilità. Un “wiki” è un sito web che permette a ciascun utilizzatore di aggiungere contenuti ma anche di modificare i contenuti già inseriti da altri. L’esempio più famoso di wiki è Wikipedia, dove chiunque può contribuire alla crescita dell’enciclopedia operando aggiunte e correzioni.
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* 4 Advertising 2.0 10 “must” 2.0 1 Servizi gratuiti e utili Grazie al Web 2.0 non è mai stato così facile creare e condividere contenuti, e le marche dovrebbero approfittarne spendendo più soldi in contenuti appetibili e meno in acquisto di spazi. 2 Nuovi formati online I nuovi formati online, come podcast e videocast, se apprezzati dai consumatori, li renderanno più favorevoli a scambiare le intrusioni della pubblicità con la gratuità. 3 Contenuti Premium Contenuti premium gratuiti danno grandi opportunità alle marche di creare esperienza per i consumatori e far scattare meccanismi di identificazione. 4 Interazione E’ possibile incoraggiare i consumatori ad interagire con la propria marca, in particolare nei luoghi che essi frequentano. 5 Viralizzazione In un mondo costruito intorno ai consumatori che creano contenuti non bisogna avere timore nel distribuire informazioni sulla propria marca in canali che non si possono controllare. 6 Local & Global Il Web 2.0 ha globalizzato il consumo dei media e le piattaforme dei media online funzionano ormai “across markets”, limitate solo dalla lingua. La convenzione di lavorare all’interno di un mercato perderà progressivamente
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10 “must” 2.0 rilievo e sarà sempre più necessaria una prospettiva globale. Ciò significa che le marche dovranno avere identità globali e posizionamenti universali, realizzati tramite strategie globali da agenzie che possano gestirle su base mondiale. I posizionamenti locali in conflitto creeranno confusione agli occhi dei consumatori. 7 Cross-Media In una chiave cross-mediale sarà sempre più importante un’accurata attività di progettazione di ogni componente della comunicazione, che non solo deve funzionare di per sé e non solo deve essere integrato con gli altri, ma deve anche saper dare il massimo del messaggio che sta dietro la campagna in relazione al suo specifico mediale. Usare un podcast, un blog e un social network non deve essere esclusivamente una moda ma piuttosto una scelta cosciente. 8 Rich Media Ormai la banda c’è e non è più necessario rinunciare alla ricchezza del video. Meglio inoltre proporre video interattivi, a puntate, mirati ad un interesse vero del proprio pubblico. 9 Fidelizzazione Il Web 2.0 permette un processo di fidelizzazione efficace del proprio pubblico. E’ necessario concentrarsi su un pprogetto di comunicazione durevole, che accompagni la vita dei clienti e dei prodotti. Gli strumenti ci sono, come feed RSS, podcast e social network. 10 Sorpresa Cosa desidera più di ogni altra cosa il consumatore? Essere sorpreso in ogni istante da qualcosa di inaspettato. Con un mix di sturmenti a disposizione notevolmente eterogeneo, il Web 2.0 permette di rispondere ad una istanza veramente radicata nel consumatore di oggi. Come misurare e quantificare il coinvolgimento del visitatore, e non solo la sua pre-
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10 “must” 2.0 senza e il suo passaggio? Il mondo dell’advertising e delle imprese dovrà presto attrezzarsi per operare con strumenti quantificabili ne Web 2.0. Si tratta di un territorio da esplorare perchè gli investimenti delle aziende si andranno sempre più concentrando su progetti Web 2.0.
references: “Il decalogo dell’advertising 2.0, versione beta” di Vito Di Bari tags: web2.0, advertising,
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14 esempi di marketing 2.0 Blog:
Blog realizzato dalla Johnson & Johnson “..tutti stanno parlando della nostra azienda..perchè non possimao farlo anche noi?” url: http://jnjbtw.com/
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14 esempi di marketing 2.0
Tagging:
Pagina realizzata da Adobe sul sito di social bookmarking delicious, in cui sono elencati una serie di “preferiti� riguardanti tutorial o illustrazioni relative ai prodotti di grafica Adobe url: http://delicious.com/adobe
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14 esempi di marketing 2.0
Aggregatori:
Pagina su “Friendfeed” della EMC Corporation. Friendfeed è un aggregatore che funziona attraverso i feed RSS. In questa pagina della EMC Corporation venne unite le novità dell’azienda pubblicate in altri siti come delicious, youtube, flickr e twitter. url: http://friendfeed.com/albertobaresialbrici
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14 esempi di marketing 2.0
Voting:
Sito di Starbucks in cui si chiede agli utenti registrati di proporre, condividere e votare delle nuove idee per il futuro del brand. url: http://mystarbucksidea.force.com/
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14 esempi di marketing 2.0
Forum:
Forum creato dalla IBM rivolto agli sviluppatori url: http://www.ibm.com/developerworks/forums/index.html
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14 esempi di marketing 2.0
Mash-up:
Sito creato dalla Nike nel quale agli utenti viene data la possibilitĂ di creare dei mash-up url: http://mystarbucksidea.force.com/
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14 esempi di marketing 2.0
Micro-blogging:
Pagina Red Bull su Twitter in cui, attraverso micromessaggi, i fans vengono aggiornati sulle iniziative sportive Red Bull url: http://twitter.com/redbull
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14 esempi di marketing 2.0
Video:
Canale dell’azienda americana Home Depot su YouTube nella quale sono presenti vari tutorial e approfondimenti sui prodotti in vendita url: http://www.youtube.com/homedepot
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14 esempi di marketing 2.0
Photosharing:
Pagina su Flickr del governo inglese. Sono pubblicate fotografie dei principali avvenimenti a Downing Street url: http://www.flickr.com/photos/downingstreet/
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14 esempi di marketing 2.0
Presentation sharing:
Pagina della Daimler su Slideshare, sito che permette di pubblicare e condividere le proprie presentazioni powerpoint o pdf url: http://www.slideshare.net/daimlerblog
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14 esempi di marketing 2.0
Social Network:
Social network creato dalla British Airways che permette di trovare i posti migliori da visitare nelle città gemelalte New York-London. Registrandosi è possibile votare e commentare posti di entrambe le metropoli ottenendo anche informazioni e consigli sui posti che vale la pena visitare. url: http://www.metrotwin.com/
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14 esempi di marketing 2.0
Pagina officiale dell’iTunes su Facebook. Le aziende, in questo caso Apple, che mettono i loro prodotti su facebook arrivano ad avere centinaia di miglia di fans. Per iTunes i fans sono addirittura oltre 1 milione. url: facebook.itunes.com
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14 esempi di marketing 2.0
Virtual World:
Mondo virtuale online creato dal National Geographic Channel url: http://channel.nationalgeographic.com/series/la-hard-hats/all/03#tab-virtual
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14 esempi di marketing 2.0
Widget:
Widget creato dalla catena di supermarket americana Target per Yahoo Widget. Questo widget permette di cercare prodotti nel database Target dal proprio desktop. url: http://widgets.yahoo.com/widgets/target-search-widget
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references “Web 2.0” di Vito Di Bari “Web 2.0” di Giuliano Prati “What is Web 2.0” di Paul Anderson “What is Web 2.0” di Tim O’Reilly “Web 2.0 Definitions” da futureexploration.net Wikipedia.com Youtube.com Seoguida.com modugno.it
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tag cloud advertising
aggregatori applicazioni arpanet audio blog blogger blogosfera business caratteristiche
classificazione
clouds collaborazione community
computer definizione differenze download enterprise2.0 facebook feed folksonomia gerarchia google html
internet
link mashup myspace o’reilly pagerank
sociale web web1.0
persuasione podcast relazioni ricerca spider tag tassonomia tecnologia ugc utenti
web2.0 weboriented www xml youtube wiki wikipedia
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