Lucus - città effimera

CARLOS HEVIA RIERA

LUCUS

CARLOS HEVIA RIERA

LUCUS

UN’OASI A SUD UN OASIS AL SUR

IL GRILLO EDITORE

Oscuridades. La sombra es sudario para la impostura, la vanidad y los oropeles; por eso hay tantos que la odian.

La oscuridad de la nube es la fertilidad de los campos; la oscuridad del rebelde es la libertad de los pueblos.

ANĂ“NIMO

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i. Sono venuto nel deserto

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i. He venido al desierto

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NON SARÀ L’ULTIMA

Questa storia è stata scritta direttamente da d.c.v. e raccontata all’interno del Museo dell’effimero e del sacro a corredo di una ricostruzione del murales fatta da Francisco Mondaca.

Sono arrivata in questo luogo in piena estate, durante i primi giorni di agosto.

La gente mi guardava con un volto intrigante e mi parlava in una lingua che a malapena riuscivo a riconoscere.

“Da dove vieni?” mi chiedevano.

“Dal Cile” rispondevo.

E con grandi occhi sporgenti ogni volta mi replicavano: “Lontaaano!!!”.

Alcuni curiosi cercavano di localizzare il Cile su una mappa immaginaria, altri non ne erano a conoscenza.

Qualcuno mi parlò di un gruppo di persone che arrivarono molti anni fa a Irsina; qualcun altro mi parlò di alcuni murales, altri invece mi parlarono di persone esiliate.

Con le loro parole tentavano di raccontarmi una storia che lentamente iniziavo a ricostruire.

Improvvisamente tutto divenne più chiaro. Mi mostrarono diverse fotografie di un passato sfocato che ha dato vita a tutti questi ricordi. Nel 1977 arrivò a Taccone la “Brigata Pablo Neruda”, composta da cinque esiliati politici che furono espulsi dalla dittatura perché appoggiavano il governo di Salvador Allende. Erano quattro uomini e una donna. Erano artisti.

Arrivarono a Irsina e incontrarono la gente del posto, con la quale condividevano gli stessi ideali. Alcuni furono accolti e ospitati dagli stessi abitanti.

Vollero lasciare un segno di questo incontro. Artisti e abitanti realizzarono al Taccone un grande murale. Figure e colori erano accompagnati da alcune frasi tratte dalle canzoni di Victor Jara, artista come loro, cileno come loro, che fu ammutinato, torturato e assassinato dalla dittatura.

“Perché di tutti gli elementi l’uomo è un creatore alzati e guardati le mani tu che hai seminato la terra col tuo sangue.”

Purtroppo qui, essendo all’aperto, gli anni non sono passati invano e il murale, che con i suoi colori vivaci accoglieva la gente all’ingresso del borgo, quasi non c’è più.

Nonostante l’usura, sarà difficile cancellare questa storia.

Con me si rinnova il ricordo dei cileni che al Taccone hanno trovato nuove radici.

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NO SERÁ LA ÚLTIMA

Esta historia fue escrita directamente por d.c.v. y contada al interior del Museo de lo efímero y del sacro acompañada de una reconstrucción de los murales hecha por Francisco Mondaca

Llegué a este lugar en verano, los primeros días de agosto. La gente me miraba e intrigados me hablaban en un idioma que apenas entendía.

“De dónde eres?” me preguntaban.

“De Chile” respondía.

Y con ojos grandes y saltones siempre me decían: “¡Lontaaano!”.

Algunos curiosos trataban de ubicar Chile en un mapa imaginario, otros estoy segura, no lo conocían.

Algunos me hablaron de un grupo de personas que llegaron a Irsina hace muchos años desde Chile; algunos me hablaron de murales, otros me hablaron de chilenos exiliados. Con sus palabras trataron de contarme una historia que poco a poco comenzaba a entender.

Finalmente todo se aclaró. Me mostraron varias fotografías de un pasado borroso que dio vida a todos estos recuerdos. En el 1977 llegó a Taccone la “Brigada Pablo Neruda”, compuesta por cinco exiliados políticos que fueron expulsados de Chile por la dictadura militar, porque apoyaban el gobierno de Salvador Allende. Eran cuatro hombres y una mujer. Eran artistas.

Llegaron a Irsina y se reuniron con la gente del lugar, con quienes compartieron los mismos ideales. Algunos fueron bien recibidos y hospedados en las casas del pueblo.

Como legado de este encuentro, juntos artistas y habitantes hicieron un gran mural en el borgo Taccone. Las figuras y colores estaban acompañados con algunas frases sacadas de las canciones de Víctor Jara, un artista como ellos, chileno como ellos, que fue tomado preso, torturado y asesinado por la dictadura militar.

“Porque de todo elemento el hombre es un creador alzen y miren sus manos tú que sembraste con tu sangre la tierra.”

Lamentablemente aquí y al descubierto el tiempo no pasa en vano y el mural, que con sus vivos colores acogía a la gente a la entrada del borgo, casi ha desaparecido.

A pesar del desgaste, será difícil borrar esta historia.

Conmigo se renueva el recuerdo de los chilenos que encontraron en Taccone nuevas raices.

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ii. per incontrare il sacro

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ii. al encuentro de lo sacro

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RITROVARLO SENZA CERCARE

Questa storia è stata trascritta partendo dalla viva voce di t.c. e raccontata all’interno del Museo dell’effimero e del sacro a corredo da due foto storiche di Taccone.

Non ho mai pensato alla mia vita come una storia ma ho sempre vissuto la fotografia come atto di testimonianza. La mia storia è la stessa testimonianza fotografica.

Da bambino facevo il sarto, facevo i vestiti. Da quando avevo 8 anni ho iniziato a imparere il mestiere. A 18 anni ero già maestro di sartoria, ma non si guadagnava quasi niente. Un vestito costava allora 3.000 lire.

A malincuore, andai a cercare fortuna altrove. Decisi di andare via e così feci.

Mi trasferii al nord per lavorare in fabbrica, dove facevo piastrelle. Il lavoro era massacrante. Iniziai a farmi i calli, ma era pur sempre un lavoro di fabbrica. Non era un lavoro mio, che mi faceva sentire me stesso.

Decisi allora di fare un corso di fotografia, per corrispondenza. Volevo scoprire cos’era la fotografia. Finii il corso, presi il diploma che ancora conservo, comprai l’attrezzatura e iniziai a lavorare come fotografo.

Feci il primo matrimonio e iniziai a sognare di avere un lavoro tutto mio, un mestiere nuovo. Allora decisi di tornare.

Prima di aprire lo studio avevo già sette matrimoni da fare. Iniziai da solo e siccome avevo bisogno di aiuto insegnai il mestiere a mia moglie.

Era finalmente il mio lavoro.

Ma la fotografia era anche la mia passione. Per questo andavo al Taccone durante la festa del Primo maggio. Scattavo foto per gli altri, perché qualcuno voleva sempre un ricordo. La messa, la processione, le persone. Guardare, scattare. Vedere, capire, divertirmi.

Ho cercato di conservare tutte le storie che ho trovato attraverso la fotografia, facendole diventare con il tempo testimonianza.

Poi è arrivato lui. Mio figlio. Quando è venuto la prima volta, l’ho subito riconosciuto. Lui si è presentato davanti a me. Non l’ho cercato io. Venne al negozio per la foto del documento.

E siccome mi immedesimo nelle persone, piano piano iniziai a ospitarlo.

Iniziammo a mangiare insieme. E quando iniziò a fare freddo venne a dormire a casa.

Lui era il prossimo per me. E fu così che iniziammo a riempire le nostre vite.

Posso morire ma sono felice perché gli ho donato quello che ho sempre desiderato: il mio mestiere. Perché adesso è lui il mio maestro.

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REENCONTRARLO SIN BUSCAR

Esta historia fue transcrita a partir de la viva voz de t.c. y contada al interior del Museo de lo efímero y del sacro acompañada de dos fotografías históricas de Taccone.

Nunca he pensado en mi vida como una historia, siempre he vivido la fotografía como un testimonio. Mi historia es el testimonio de mi fotografía.

De niño era sastre, hacía ropa. Desde cuando tenía 8 años empecé a aprender el oficio. A los 18 años ya era un maestro sastre, pero no se ganaba casi nada.

Un traje costaba entonces 3.000 liras.

A regañadientes, fui a buscar mi fortuna en otro lugar. Decidí irme y así lo hice.

Me mudé al norte para trabajar en una fábrica, haciendo azulejos. El trabajo fue agotador. Empecé a tener callos en mis manos, era un trabajo de fuerza. No era mi trabajo, no me sentía yo mismo.

Decidí tomar un curso de fotografía, por correo. Quería saber qué era la fotografía. Terminé el curso, obtuve el diploma, el que todavía tengo, compré el equipo y empecé a trabajar como fotógrafo.

Trabajé en mi primer matrimonio y empecé a soñar con tener un nuevo oficio.

Así es que decidí volver.

Antes de abrir el estudio, ya tenía siete matrimonios agendados. Empecé por mi cuenta y como necesitaba ayuda, le enseñé el trabajo a mi esposa.

Finalmente era yo en mi trabajo.

La fotografía era también mi pasión. Por eso solía ir a Taccone el primero de mayo. Tomaba fotos para los demás, porque siempre más de alguno quiere tener un recuerdo. La misa, la procesión, el pueblo. Mirando, tomando fotos. Observar, entender y divertirme.

He buscado conservar todas las historias que he encontrado a través de la fotografía y que al hacerlo se conviertan en mis testigos del tiempo.

Luego llegó él. Mi hijo. Cuando vino la primera vez, lo reconocí inmediatamente.

Apareció delante de mí. No lo busqué. Vino a la tienda por la foto de su nuevo pasaporte.

Yo me identifico con las personas. Lentamente, nos fuimos conociendo.

Empezamos a comer juntos. Con la llegada del frío, él vino a dormir a mi casa. Él era el prójimo para mí. Así es como llenamos nuestras vidas mutuamente.

Puedo morir pero estoy feliz porque a él le di lo que siempre he querido: mi trabajo. Porque ahora él es mi maestro.

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iii. ho cercato sotto la terra

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iii. he bĂşscado bajo la tierra

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LA PAGLIA È COSÌ

Questa storia è stata trascritta da un audio registrato di t.n. e raccontata all’interno del Museo dell’effimero e del sacro a corredo delle balle di paglia della struttura del museo.

La paglia è cosi: d’estate la raccogli e d’inverno la vendi. Ogni cosa che produce la terra è buona. Quando bruciamo la terra, diventa nera. E se la bruci, c’è solo lutto e carestia. Perché il nero porta lutto e carestia.

Sono riuscito a soddisfare la mia famiglia. Se non facessi la paglia e vendessi solo il grano credo che moriremmo di fame. Con la paglia riusciamo ad arrotondare, proprio come si fa con la balle.

La mia avventura iniziò nel 1973. Riuscii a comprare un motoretto piccolo.

All’epoca avevamo alcune mucche e coltivavo un po’ di foraggio.

Iniziammo a chiedere allora quanto ci sarebbe costato pressare alcune ballette: 300 lire. Una mattina andai a Matera con mio padre per capire quanto costava la pressa. Alle 5 del pomeriggio la pressa era già in funzione da noi. Quel giorno iniziò il giro della paglia. Riuscimmo a fare tutto il nostro foraggio e altre 500 ballette che vendemmo a 1.000 lire l’una. Facemmo subito soldi.

Nessuno sapeva che avevamo la pressa ma l’anno successivo iniziò a spargersi la voce. Tutti iniziavano a chiederci: “Vieni a farci 70 ballette”, “Vieni a farcene 100”.

In quegli anni abitavo a Irsina, nel paese vecchio, in una piazzetta più piccola del nostro soggiorno. Un giorno uscii dalla casa dove abitavo con mia moglie e c’erano 20 persone ad aspettarmi. All’epoca tutti avevano cavalli, muli, mucche. Volevano che gli pressassi la loro paglia.

Nel 1977 riuscii a fare 15.000 ballette di paglia. Dopo qualche anno i soldi non camminavano più come prima. Già vivevo al Taccone. Con mia moglie allora pensammo che ci voleva un altro lavoro. Senza farci troppe domande o troppi problemi comprai una rotoballa e mi rimisi nel giro.

Nel frattempo mio figlio era diventato più grande e iniziò ad aiutarmi.

Allora comprammo una quattroballe di seconda mano. Dopo 3 anni ne comprai un’altra e poi un’altra ancora. Quella che uso attualmente la comprai 6 anni fa.

La paglia è così: oggi racccogli, domani pressi e dopodomani trasporti.

La paglia è così: dopo tanti anni serve da concime.

La paglia è così: quando c’è il sole a 40 gradi, devi resistere.

La paglia è così: non puoi mai rimandare.

La paglia è così: non puoi bruciarla. Proprio come l’Amazzonia.

Perché il nero porta lutto e carestia.

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LA PAGLIA ES ASÍ

Esta historia fue transcrita a partir de un audio registrado de t.n. y contada al interior del Museo de lo efímero y del sacro acompañada de los fardos de paglia de la estructura del museo.

La paglia es así: en verano la recoges y en invierno la vendes. Cada cosa que produce la tierra es buena. Cuando quemamos la tierra, se vuelve negra.

Si la quemas, sólo habrá luto y carestía. Porque el negro porta luto y carestía.

Yo pude satisfacer a mi familia. Si no hubiera trabajado la paglia y sólo vendiera el grano que produce la cosecha, moriríamos de hambre. Con la paglia pudimos apretarnos y mantenernos juntos, tal como se hace con los fardos.

Mi aventura comenzó en el ‘73. Me las arreglé para comprar un pequeño tractor, un “motoretto”. En ese momento teníamos algunas vacas y yo cultivaba algo de forraje.

Empezamos a preguntarnos cuánto nos costaría prensar algunos fardos de paglia: 300 liras. Una mañana fui a Matera con mi padre para ver cuánto nos costaría la prensa. A las 5 de la tarde la máquina ya estaba trabajando en nuestra casa. Ese día, el dinero de la paglia comenzó a circular. Logramos prensar todo nuestro forraje y 500 fardos más que vendimos a 1.000 liras cada uno. Hicimos dinero enseguida.

Nadie sabía que teníamos la prensa, pero al año siguiente se empezó a correr la voz. Todo el mundo nos pedía: “Ven a hacernos 70 fardos”, “Ven y haznos 100”.

En aquellos años vivíamos en Irsina, en el casco antiguo del pueblo, en una pequeña plaza, más pequeña que la sala de nuestra casa. Un día salí de la casa y habían 20 personas esperando por mí. En ese tiempo todos tenían caballos, mulas y vacas. Querían que yo les trabajara su paglia.

En el ’77 logré hacer 15.000 fardos de paglia. Después de algunos años los números no andaban como antes. Ya vivíamos en Taccone. Con mi esposa pensamos que necesitábamos otro trabajo. Sin hacernos demasiadas preguntas o demasiados problemas, compré una nueva prensa, más grande, una “rotoballa”.

En ese tiempo mi hijo ya había crecido y comenzó a ayudarme. Así que compramos una prensa aún más grande, una “quattroballe” de segunda mano. Después de 3 años compré otra y luego otra. La que uso actualmente la compré hace 6 años.

La paglia es así: hoy la recoges, mañana la prensas y pasado mañana la transportas.

La paglia es así: después de tantos años sirve de abono.

La paglia es así: cuando hay 40 grados al sol, tienes que resistir.

La paglia es así: no te puede esperar.

La paglia es así: no puedes quemarla. Tal como el Amazonas.

Porque el negro porta luto y carestía.

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iv. ho conosciuto i colori dell’oasi

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iv. he conocido los colores del oasis

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UN’OASI A SUD

Questa storia è stata ricucita partendo da vari testi di c.h.r. e raccontata all’interno del Museo dell’effimero e del sacro a corredo di un video dove Dani e Maria Luigia ballavano.

Quando sono arrivato a Irsina non riuscivo a capire se mi trovassi in un lucus o in deserto. Fino a poco tempo prima ero un migrante, un nomade, come tanti altri.

Il tipico emigrante sudamericano che pulisce case nel nord Europa in cambio di uno stipendio che ti permette a malapena di stare in piedi, mangiare e muoverti.

Nel sud Italia sono arrivato come artista, forse senza sapere cosa significasse realmente. Prima sono stato tante cose. Molte altre.

Qui mi hanno accolto, hanno cambiato il mio nome, il visto sul mio passaporto ha smesso di essere importante. Mi sono integrato, iniziando a costruirmi una nuova identità. Con la gente che avevo appena conosciuto ho sentito le stesse vibrazioni.

Pur non parlando la stessa la lingua, ho provato le loro stesse emozioni.

Lentamente –– seguendo i cicli e i ritmi della terra –– sono entrato in contatto con questo luogo dell’anima, cercando di leggere e decifrarne i molti significati che questa terra poteva offrirmi. Sono entrato nelle vite degli altri, a partire da una famiglia con cui abbiamo condiviso molti momenti, per la maggiore seduti ad una stessa tavola con un po’ di vino e i prodotti di questa terra.

Qualche settimana dopo, nel punto più alto di Taccone, da una collina che domina l’intero borgo, mi sono ritrovato in un’oasi, nel bel mezzo del deserto, salvatasi dall’abbandono e dall’oblio. Un’oasi protetta dalla memoria, dagli affetti e dalle relazioni di una vecchia signora di 98 anni. Oltre al cibo e a un po’ di vino, abbiamo condiviso i nostri sguardi, i nostri sorrisi e le nostre lacrime. Ci siamo abbracciati e infine abbiamo ballato insieme.

A volte abbandoniamo le nostre memorie. A volte dimentichiamo i nostri luoghi.

Qui mi hanno mostrato una nuova forma di lotta contro l’abbandono e contro l’oblio.

Uscii da quell’oasi con la pancia piena e il cuore che mi esplodeva. Sapevo che non sarei stato più lo stesso. Da quel giorno iniziai a sentire una stranza sensazione, iniziai a sentirmi lucusescente.

Adesso so che questa forte emozione la condivido con altre persone, che abitano non solo in altre regioni del mondo, ma anche perché le loro memorie abitano in altre epoche. Una nuova approssimazione al mistero della vita che credo mi aiuterà a definire meglio il mio lavoro da adesso in poi. Come artista di molti sud.

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UN OASIS AL SUR

Esta historia fue ensamblada a partir de varios textos de c.h.r. e contada al interior del Museo de lo efímero y del sacro acompañada de un video donde Dani y Maria Luigia bailaban.

Cuando llegué a Irsina no podía distinguir si estaba en un lucus o en un desierto.

Hasta hace poco yo era sólo un migrante, un nómada, como muchos otros. El típico emigrante sudamericano que limpia casas en el norte de Europa a cambio de un sueldo que te permite estar en pie, comer y moverse.

Al sur de Italia llegué como artista, quizás sin saber lo que eso significaba. Antes ya había sido otras cosas. Muchas otras.

Aquí me recibieron, me cambiaron el nombre, la visa dejó de ser importante.

Me integré y comencé a crearme una nueva identidad. Con la gente que había recién conocido conectamos profundamente. A pesar de que no hablabamos el mismo idioma, sentimos juntos las mismas emociones.

Poco a poco –– siguiendo los ciclos y ritmos de la tierra –– entré en contacto con este lugar, tratando de leer y descifrar los muchos significados que esta región podría ofrecerme. Entré en la vida de los otros, empezando por una familia con la que compartimos muchos momentos. La gran mayoria de ellos sentados a la misma mesa, juntos a un poco de vino y a los productos que se producen aquí.

Unas semanas más tarde, en el punto más alto de Taccone y desde una colina que domina la vista de todo el borgo, me encontré en un oasis, al medio del desierto, a salvo del abandono y del olvido. Un oasis protegido por la memoria, el cariño y los cuidados de una mujer de 98 años. Junto a ella compartimos la mesa y nuestras miradas, compartimos nuestras sonrisas y nuestras lágrimas. Nos abrazamos fuertemente e incluso bailamos juntos.

A veces abandonamos nuestras memorias. A veces olvidamos nuestros lugares.

Aquí me mostraron una nueva forma de lucha contra el abandono y contra el olvido.

Salí de este oasis con el estómago lleno y el corazón a punto de estallar. Sabía que nunca volvería a ser el mismo. A partir de ese día empecé a sentir una extraña sensación, empecé a sentirme lucusescente.

Ahora sé que esta fuerte emoción la comparto con más gente, que no sólo habitan en otras regiones del mundo, si no que tambien su memoria, sus recuerdos habitan en otros tiempos. Una nueva aproximación al misterio de la vida que creo me ayudará a definir mi trabajo desde ahora. Como artista de muchos sur.

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v. abbiamo scoperto l’albero

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v. hemos descubierto el รกrbol

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UN NUOVO ALBERO

Questa storia è stata scritta direttamente da n.r. raccontata all’interno del Museo dell’effimero e del sacro a corredo di un braccialetto identificativo per neonati.

Io sono Antonio, cosiddetto “l’ultimo nato a taccone”. Anche i miei genitori erano ultimi, “gli ultimi sposati a Taccone”.

In questo piccolo villaggio semi abbandonato è cresciuta mia madre che conserva tanti bei ricordi legati a questo posto ma non nega che, per lei, vivere l’adolescenza lontano dal paese l’abbia messa di fronte a tante privazioni e che l’abbia fatta sentire isolata e resa più ingenua rispetto alle ragazze della sua età.

La bellezza di stare al Taccone l’ha apprezzata però da adulta perché la natura, la tranquillità, il paesaggio, il suono e gli odori che ha sempre respirato qui le sono rimasti impressi nel cuore e nella mente e sono diventati ormai irrinunciabili.

L’appellativo che mi è stato dato –– ultimo nato –– viene forse da una realtà un po’ chiusa e limitata perché definisce qualcosa che non ha più un sèguito e che descrive il destino del Taccone. E invece eccomi qua!

Io, a differenza degli altri abitanti del Taccone, non ho molto da raccontare perché sono venuto al mondo poco più di due mesi fa e ciò che ho da dire è rappresentato solo da due semplici braccialetti azzurri, conservati gelosamente a casa mia.

Non sono bracciali d’oro né incastonati di brillanti; sono fatti semplicemente di plastica ma il loro infinito valore sta nel codice stampato sulla superficie, in ospedale li mettono a tutti i bambini appena nati e quel codice li associa indissolubilmente alla mamma, che li custodirà come se fosse un gioiello prezioso.

Sono simbolo di una nuova vita ed è quello che io voglio essere per questo villaggio: non un “ultimo nato” ma un “neonato”. Non so se da grande resterò qui ma so che l’odore del fieno appena tagliato in primavera, il suono del gallo che inizia a cantare già alle tre di notte, l’immagine dalla scaltra volpe che fugge al rumore di una porta oltre i muri di paglia saranno, per me, ricordi indelebili.

Voglio che il cinguettìo insistente degli uccellini sia la colonna sonora della mia vita proprio come è accaduto alla mia mamma.

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UN ÁRBOL NUEVO

Esta historia fue escrita directamente por n.r. contada al interior del Museo de lo efímero y del sacro acompañada de una pulsera que identifica a los recién nacidos.

Soy Antonio, llamado “el último nacido en taccone”. Mis padres también fueron los últimos, “los últimos casados en Taccone”.

Mi madre creció en este pequeño borgo semi-abandonado y guarda muchos recuerdos hermosos de este lugar, pero no niega que, para ella, vivir su adolescencia lejos del pueblo la ha puesto frente a muchas dificultades y la ha hecho sentirse aislada y más ingenua que las chicas de su edad.

La belleza de estar en Taccone, sin embargo, la apreció de adulta porque la naturaleza, la tranquilidad, el paisaje, el sonido y los olores que siempre ha respirado aquí han quedado impregnados en su corazón y en su mente y ahora se han vuelto indispensables.

El apodo que me dieron –– el último nacido –– viene quizás de una realidad un poco cerrada y limitada porque define algo que ya no tiene sentido y que describe el destino de Taccone. ¡Y aquí estoy!

Yo, a diferencia de los demás habitantes de Taccone, no tengo mucho que contar porque vine al mundo hace poco más de dos meses y lo que tengo son dos simples pulseras azules, guardadas celosamente en mi casa.

No son brazaletes de oro ni están adornados con diamantes; son simplemente de plástico pero su infinito valor reside en el código impreso en la superficie.

En el hospital se los ponen a todos los recién nacidos y ese código los asocia inseparablemente a su madre, que los guardará como si fueran una joya preciosa.

Soy el símbolo de una nueva vida y eso es lo que quiero ser para este borgo: no un “último nacido” sino un “recién nacido”. No sé si me quedaré aquí cuando crezca, pero sé que el olor del cereal recién cortado en primavera, el sonido del gallo que empieza a cantar a las tres de la mañana, la imagen del astuto zorro que escapa al sonido de una puerta más allá de los muros de paja serán recuerdos imborrables para mí.

Quiero que el insistente canto de los pájaros sea la banda sonora de mi vida, tal como le ocurrió a mi madre.

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vi. con il quale daremo fuoco

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vi. con el que prenderemos en fuego

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UN BOSCO ARDENTE

Questa storia è stata trascritta da un audio registrato di d.m. raccontata all’interno del Museo dell’effimero e del sacro a corredo di un bastone di legno intagliato a mano.

Durante la consegna delle palazzine dopo la Riforma Agraria agli assegnatari veniva anche data una dote. Oltre alla terra e alla casa venivano consegnati un traino, un mulo e una mucca, che sarebbero stati poi ripagati nel tempo.

All’inizio noi non eravamo assegnatari di una casa. Ma l’estate passavo il tempo lì alla masseria, vicino il Taccone, a casa di un amico di mio padre. Loro erano in società, si aiutavano.

Al maschio della famiglia solitamente toccava la mucca. Mio fratello non era ancora nato. Oltre a mio padre, ero io l’unico uomo della famiglia.

Mi toccó pertanto la mucca.

Ho iniziato a pascolare la mucca all’età di 4 anni. Uscivo con lei tutti i giorni.

Ero così piccolo che mi attaccavo alla coda. C’era anche un cane con me, un pastore tedesco, un bestione. Era un cane poliziotto, ma siccome era vecchio non poteva più lavorare, pertanto lo regalarono all’amico di mio padre. Il cane veniva sempre con me.

Mi portava anche a cavalcioni.

Dopo qualche anno ci diedero finalmente la casa, che intanto avevano finito di costruire. Ero in terza elementare. Divenne primavera e ci trasferimmo in campagna.

Ritrovai il traino, il mulo e la mucca.

La mucca toccó nuovamente a me.

Mi svegliavo la mattina presto, aiutavo mio padre nella stalla. Mi lavavo e andavo a scuola. Tornavo a casa, mangiavo, riposavo e nel pomeriggio uscivo con la mia mucca.

Uscivo sempre con un mio amico a pascolare. Anche lui aveva una mucca.

Cosí le mucche divennero due. Poi si aggiunse un altro amico e poi ancora un altro, finché divennero 7 mucche. Qualcuno ne aveva più di una.

Durante l’estate, quando non andavo a scuola, pascolavo la mucca a tempo pieno, mattina e pomeriggio. Agli inizi aiutavo mia madre a mungere la mucca.

A 8 anni eri ancora bambino, a 10 anni eri già adulto, dovevi cavartela da solo.

Dovevi mungere la mucca.

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UN BOSQUE ARDIENTE

Esta historia fue transcrita desde un audio registrado de d.m. contada al interior del Museo de lo efímero y del sacro acompañada de un bastón de madera tallado a mano.

Durante la repartición de propiedades después de la Reforma Agraria, los beneficiados recibían una dote. Junto con la tierra y la casa, se les daba un carro, una mula y una vaca, que deberían ser pagadas en el tiempo.

Al principio nosotros no fuimos asignados a una casa. Pasé el verano en una masseria, cerca de Taccone, en la casa de un amigo de mi padre. Aquí todos vivián en sociedad, ayudándose mutuamente.

En la repartición, al hombre de la familia le toca recibir la vaca. Mi hermano aún no había nacido. Además de mi padre, yo era el único hombre de la familia.

Me tocaba a mi la vaca.

Empecé a pastorear la vaca cuando tenía 4 años. Salía con ella todos los días.

Era tan pequeño que me pegaba con la cola. En ese tiempo tenía también un perro, un pastor alemán, un gran animal. Era un perro policía, pero como era viejo no podía seguir trabajando, así que se lo dieron al amigo de mi padre. El perro siempre venía conmigo. Recuerdo que incluso me llevaba a caballo.

Después de algunos años nos dieron finalmente una casa, que entretanto ya habían terminado de construir. Yo estaba en segundo básico. Tiempo después, era ya primavera y nos mudamos nuevamente al campo. Me reencontré con el carro, la mula y la vaca.

Nuevamente la vaca me tocó a mi.

Me levantaba temprano en la mañana, ayudaba a mi padre en el establo. Me lavaba e iba a la escuela. Venía a casa, comía, descansaba y por la tarde salía con mi vaca.

Salía siempre con un amigo a pastorear. A él también le había tocado la vaca.

Así que las vacas se convirtieron en dos. Luego se sumó un amigo y luego otro, hasta que fueron 7 las vacas. Alguien tenía más de una.

Durante el verano, cuando yo no estaba en la escuela, solía pastorear la vaca a tiempo completo, mañana y tarde. Al principio solía ayudar a mi madre a ordeñar la vaca.

A los 8 años todavía eres un niño, a los 10 años ya eres un adulto, tenías que valerte por ti mismo.

Tenías que ordeñar la vaca.

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vii. al cammino del mio ritorno

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vii. el camino de mi regreso

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18-O CILE

Questo racconto è stato pubblicato sul profilo Instagram di c.h.r. il 20 ottobre 2020, pochi istanti prima dell’inizio del viaggio dall’Italia verso il Cile.

Ho paura della completa lucusescenza.

In Cile, il mal governo ha dichiarato guerra al popolo, al mio popolo, a me stesso. Nelle strade dove sono cresciuto ci stanno ammazzando.

Oggi devo ritornare, dalla Lucania a Santiago. Devo portare con me questo “sacco d’amore” e adesso che lo guardo da vicino è gigante, è leggero e che sabato 19 ottobre è esploso in un’estasi collettiva sotto il cielo del Taccone.

Negli stessi momenti in cui la mia gente in Cile è esplosa nelle strade per le ingiustizie a cui siamo sottomessi. Il 19 ottobre ero nudo e mi sentii sicuro, in Cile e in Italia.

Taccone è un’idea, un ricordo. Taccone è un luogo che si credeva fosse abbandonato, ma adesso ha la forma di un’oasi che resiste e deve resistere per la vita a venire. A Taccone, nel deserto della Lucania, ho incontrato la forza.

A Taccone ho conosciuto il fuoco che può guarirci. A Taccone mi sono sentito parte di qualcosa di molto più grande di me. Taccone, una riserva della vita che adesso voglio germogli in tutti i sud.

Cari amici del sud, mentre non sarò in Lucania, vi chiedo di avere cura della nostra oasi. Quando ritornerete a Taccone, calpestate la terra con attenzione, perché è piena di pezzi di una storia profonda, fusa con la stesa terra. Quando ricorderete la nostra oasi, pensate a noi.

Noi non abbandoniamo. Noi resistiamo.

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18-O CHILE

Este relato fue publicado en la cuenta Instagram de c.h.r. el día 20 de Octubre del 2020 momentos antes de iniciar el viaje desde Italia a Chile.

Tengo miedo a la lucusecencia completa.

En Chile, el mal gobierno le ha declarado la guerra al pueblo, al mío, a mi.

En mis calles, donde crecí, nos están matando.

Hoy debo regresar, desde la Lucania a Santiago. Debo portar este “saco de amor”, que ahora que lo miro de cerca es gigante, es ligero y que el sábado 19 de octubre explotó en un éxtasis colectivo, en jubilo bajo el cielo de Taccone.

Al mismo tiempo que mi gente en Chile explotó en las calles, por la injusticia a la que estamos sometidos. El 19 de Octubre estuve desnudo y me sentí seguro, en Chile y en Italia.

Taccone es una idea, es un recuerdo. Taccone es un lugar que se creía estaba abandonado, pero ahora tiene la forma de un oasis, que resiste y debe resistir para la vida que vendrá. En Taccone, en medio del desierto de la Lucania, encontré la fuerza. En Taccone conocí el fuego que puede sanarnos. En Taccone fui parte de algo mucho más grande que mi mismo. Taccone, una reserva para la vida que ahora quiero ver brotar en todos los sures.

Amigos del sur, mientras no esté en la Lucania les pido cuiden de nuestro oasis. Cuando vuelvan, pisen el suelo con cuidado, porque está lleno de trozos de una profunda bella, fundida con la misma tierra. Cuando recuerden nuestro oásis, piensen en Chile, en nosotros.

Nosotros no abandonamos. Nosotros resistimos.

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vii. Noi non abbandoniamo.

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vii. Nosotros no abandonamos.

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Ida Leone Project Manager del programma Residenze Artistiche Matera 2019

Il programma Residenze Matera 2019, realizzato nell’anno da Capitale Europea della Cultura, ha provato a conseguire sostanzialmente due obiettivi: fare tesoro di alcune esperienze già presenti in Basilicata, e al contempo provare a dare ai progetti finanziati un respiro internazionale. Vi era un terzo obiettivo, più sottotraccia, ma non meno importante: la diffusione del format “residenze artistiche” in Basilicata. Un format relativamente poco costoso, facile da realizzare, perfetto per le aree interne, solitamente difficili da raggiungere e soggette a spopolamento, della nostra regione.

Volutamente, in tal senso, non è stato ristretto il campo di azione della call pubblica alle sole residenze di pubblico spettacolo, invitando invece i curatori a spaziare in tutti i campi.

Sono arrivate ben 115 candidature, anche da luoghi piccoli, piccolissimi e semiabbandonati, a riprova della vivacità in qualche modo “accesa” in Basilicata dall’esperimento Matera. Le esperienze finanziate, molte meno di quante avremmo voluto, toccavano per noi temi importanti, valori che erano presenti nel dossier fin dal 2014; e soprattutto contenevano un elemento per noi imprescindibile: il coinvolgimento dei cittadini.

Una residenza artistica è un modo per far sentire le persone parte di una comunità, per raccon120

tare, ancora una volta, che un progetto culturale non è un Moloch lontano, misterioso e calato dall’alto, ma è qualcosa che tocca la vita di tutti, una esperienza a cui tutti possono partecipare, portandosi poi a casa (e nel cuore) un modo nuovo di vedere le cose.

“Esto También Pasará. Taccone città effimera”, il progetto di Basilicata Link, in particolare, ha toccato corde che la Basilicata rurale e profonda conosce bene: la nostalgia intesa proprio nella sua etimologia di “dolore del ritorno (a casa)”, i luoghi abbandonati, la (illusoria?) possibilità di una rivitalizzazione, il disseppellimento di un patrimonio di ricordi, facce, storie, giochi, profumi e paesaggi.

Valori universali, se è vero che Carlos Hevia Riera, l’artista, architetto e fotografo che è stato chiamato a realizzare il progetto, viene da un altro luogo “alla fine del mondo”, il Cile, eppure è riuscito a toccare corde vibranti all’unisono con gli abitanti di Borgo Taccone e di Irsina, il comune a cui amministrativamente il Borgo appartiene.

Un esperimento di contaminazione perfettamente riuscito, e che trova nelle pagine di questa pubblicazione il suo epilogo più vero e duraturo.

L’effimero, forse, può essere sconfitto.

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Ida Leone Project Manager del programa Residencias artisticas Matera 2019

El programa Residenze Matera 2019, llevado a cabo durante el año por la Capital Europea de la Cultura, trató de lograr dos objetivos principales: aprovechar algunas experiencias ya presentes en Basilicata, y al mismo tiempo tratar de dar a los proyectos financiados un alcance internacional. Había un tercer objetivo, más sustractivo pero no menos importante: la difusión del formato de “residencias artísticas” en Basilicata Un formato relativamente barato, relativamente fácil de implementar, perfecto para las zonas internas, de difícil acceso y sujetas a la despoblación, de nuestra región. En este sentido, el campo de acción de la convocatoria pública no se ha restringido deliberadamente sólo a las residencias de entretenimiento público, invitando en su lugar a los curadores a recorrer todos los campos.

Se recibieron hasta 115 solicitudes, incluso de lugares pequeños, muy pequeños y semi-abandonados, como prueba de la vivacidad de alguna manera “encendida” en Basilicata por el experimento de Matera. Las experiencias financiadas, mucho menos de lo que nos hubiera gustado, tocaron temas importantes para nosotros, valores que estaban presentes en el expediente desde 2014; y sobre todo contenían un elemento esencial para nosotros: la participación de los ciudadanos.

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Una residencia artística es una forma de hacer que la gente se sienta parte de una comunidad, de decir, una vez más, que un proyecto cultural no es un moloch lejano y misterioso, sino algo que toca la vida de todos, una experiencia en la que todos pueden participar, llevándose a casa (y al corazón) una nueva forma de ver las cosas.

“Esto También Pasará. Taccone città effimera”, el proyecto de Basilicata Link, en particular, ha tocado cuerdas que la rural y profunda Basilicata conoce bien: la nostalgia entendida precisamente en su etimología de “dolor de retorno (a casa)”, los lugares abandonados, la posibilidad (ilusoria?) de una revitalización, el desenterramiento de un patrimonio de recuerdos, rostros, historias, juegos, olores y paisajes.

Valores universales, si bien es cierto que Carlos Hevia Riera, el artista-arquitecto y fotógrafo llamado a realizar el proyecto, proviene de otro lugar “del fin del mundo”, Chile, y sin embargo logró tocar cuerdas vibrantes al unísono con los habitantes de Borgo Taccone e Irsina, municipio al que administrativamente pertenece el Borgo.

Un experimento de contaminación perfectamente exitoso, y que encuentra en las páginas de esta publicación su epílogo más verdadero y duradero. Lo efímero, quizás, puede ser derrotado.

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Mino Vicenti Associazone Basilicata Link Coordinatore del progetto

Secondo Adriano Olivetti, che di utopia se ne intendeva, “il termine utopia è la maniera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità, o coraggio di fare”.

Borgo Taccone, quindi, era e rimane tuttora un’utopia, la prova evidente di ciò che non si è avuto voglia, capacità, o coraggio di fare. Non possiamo far altro che assistere al lento sciuparsi di un sogno.

Forse.

Se l’arte, così come la cultura, è una forma di resistenza, Borgo Taccone è lo scenario in cui Carlos Hevia Riera ha allestito la sua personale battaglia contro l’oblio e la normalizzazione.

Contro l’oblio di un frammento di memoria collettiva, e contro la normalizzazione e l’ineluttabilità dell’abbandono, contro la perdita dell’innocenza della nostra infanzia rurale.

Continuando a citare Olivetti, “un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia da qualche parte, solo allora diventa un proposito, cioè qualcosa di infinitamente più grande”.

“Esto También Pasara, Taccone città effimera” è esattamente il punto da cui abbiamo cominciato.

Probabilmente l’utopia degli anni ‘50, la Riforma Fondiaria alla base della nascita di Borgo Taccone, si è già trasformata in distopia, ma tutto sommato abbiamo sentito ancora le cicale cantare.

Chiedo scusa alla favola antica se non mi piace l’avara formica io sto dalla parte dellaw cicala che il più bel canto non vende… regala! (gianni rodari) 130

Según Adriano Olivetti, que conocía la utopía, “el término utopía es la forma más cómoda de eliminar lo que no se tiene la voluntad, la capacidad o el valor de hacer”.

Borgo Taccone, por lo tanto, era y sigue siendo una utopía, la prueba clara de lo que uno no tenía la voluntad, la capacidad o el valor de hacer. No podemos hacer nada más que ver cómo un sueño se desvanece lentamente. Tal vez.

Si el arte, además de la cultura, es una forma de resistencia, Borgo Taccone es el escenario en el que Carlos Hevia Riera ha entablado su batalla personal contra el olvido y la normalización.

Contra el olvido de un fragmento de memoria colectiva, y contra la normalización e ineluctabilidad del abandono, contra la pérdida de la inocencia de nuestra infancia rural.

Continuando con la cita de Olivetti, “Un sueño parece un sueño hasta que empiezas en algún lugar, sólo entonces se convierte en un propósito, es decir, algo infinitamente más grande”.

“Esto También Pasará, Taccone città effimera” es exactamente donde empezamos. Probablemente la utopía de los años 50, la Reforma Agraria en la base del nacimiento de Borgo Taccone, ya se ha convertido en distopía, pero en general todavía oímos cantar a las cigarras.

Pido disculpas a la fábula antigua si no me gusta la avara hormiga.

Yo estoy de parte de la cigarra, quien su bello canto no vende, regala! (gianni rodari)

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ESTO TAMBIÉN PASARÁ. TACCONE CITTÀ EFFIMERA è stato realizzato grazie al contributo di Andrea, Anna A., Anna V., Birgit, Bottega del Gusto, Comune di Irsina, Dani, Daniel Andrei, Davide, Emar, Estzer, Eva, Pierfrancesco, la famiglia Mangieri, la famiglia Mavillonio, la famiglia Nuzzolese, Faustina, Francesca C., ferramenta AZ, Filomena, Giuseppe A., Giuseppe C., Giuseppe C., Ida, Ilay, Jose, Katia, Laura, Leon, le insegnanti e gli insegnanti dell’Istituto Comprensivo di Irsina, Maria Luigia, Marie, Mario, Marina, Mauro, Michele V., Milena, Mino, Nicola M., Nunzia, Övünç, Pablo, Pancho, Pasquale, Pierluigi, Paulo, Porzia, Sanda, Silvana, Steph, Raúl, Tonino C., Tonino C., Víctor e tutti quelli che abbiamo involontarimente omesso.

ESTO TAMBIÉN PASARÁ.

TACCONE CITTÀ EFFIMERA è un progetto di

sostenuto da

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CARLOS HEVIA RIERA

LUCUS

UN’OASI A SUD UN OASI AL SUR

© 2020 Cricket Productions ISBN: 978-88-6653-123-4 Finito di stampare nel mese di aprile 2020 presso Grafica & Stampa ad Altamura su carta Oikos prodotta dalle cartiere Fedrigoni.

Testi introduttivi ai capitoli di Donato Laborante.

Credits fotografici: pp. 10-11 [Pablo Hassmann] pp. 24-25, 38, 39 [Tonino Catena] pp. 27, 118-119 [Dani Contardo].

Un particolare ringraziamento a Birgit Atzl e Mino Vicenti e alla loro voglia di mettersi in gioco.

Un sentito ringraziamento a Mauro Bubbico, Catherine del Pino, Stephannie Fell, Raul Goycoolea, Pablo Izquiero, Sebastian Milla e Victor Perez per i loro preziosi e utili consigli.

Lucus. Un’oasi al sud è il frutto di un lavoro iniziato a Irsina e terminato fra Gravina in Puglia e Santiago del Chile durante la quarantena dovuta alla SARS-CoV-2.

www.carlosheviariera.com hola@carlosheviariera.com www.basilicatalink.org/citta-effimera/ 136