bimonthly newsletter
la CAMERA
CHIARA
1/2014
editoriale “una tantum”
Dandoci reciproco affidamento che non ci saranno più preamboli e che cercheremo sempre di andare “al sodo”, non ci possiamo però esimere dal ri-presentare la nostra Storica Testata che per grande comodità, anche se con meno soddisfazione tattile (ma non è una cosa isolata, noo?) viene redatta e diffusa in formato elettronico. Ecco, la diffusione, quella si che se ne avvantaggerà. Tolto dai labirinti affrancatura, spedizione, servizi postali spese ecc. il nostro Giornalino, che ora per far vedere che siamo internazionali (fighi?) è stato ribattezzato Newsletter, avrà tradizionalmente una duplice funzione: come pro-memoria per Incontri ed eventuali uscite della Bottega, e una maniera speriamo piacevole di trattare gli argomenti che ci accomunano. Per sintesi o stimolo per temi di altri incontri. Inutile dire che se nessuno collabora o chiede (o provoca) questo sforzo editoriale (ehhhmm) diventerà un antipatico messaggio discendente (uso TV) che si discosterebbe poco dallo stile in uso in molte discipline, prima quella politica. Anche se la gente da un po’ sembra averci fatto l’abitudine, se non preferire. Ma in questo settore non stiamo troppo in pensiero. Siamo abituatissimi alle discussioni accademiche. Allegre, vigorose e....non solo. E anche per dare cibo al confronto e valorizzare questa nostra fatica (ridài!) la Camera Chiara verrà inviata anche agli Amici della Bottega, che sono già in quella che noi chiamiamo scherzosamente la blacklist, per dare modo a tutti quelli che ci conoscono, e lo desiderano, di venire tranquillamente quando ci sarà qualcosa di interessante anche per i Non Soci. Che il nostro Circolo, da sempre ha la caratteristica, che tutti conoscono, di mettere l’ospitalità al primo posto tra le nostre (poche) virtù. E allora non c’è altro da aggiungere, mi sembra. Cominciamo.....
Q COME CULTURA
mccurry is leaving town
Hans Bellmer, dalla serie La Poupé, 1936-1938
di Alessandro Pagni 6 gennaio 2014 Oggi ho guardato per l’ultima volta l’imponente manifesto della mostra di Steve McCurry al Santa Maria della Scala; da domani non ci saranno altre proroghe, le immagini di chi ha plasmato la visione del globo in stile National Goeographic, abbandoneranno definitivamente Siena, per andare a spopolare altrove. Le intelligenze fotografiche della città si sentiranno un po’ smarrite, orfane della loro icona sacra, come un crocevia senza tabernacolo; poi tutto tornerà a girare, proprio come prima, intorno alle odiose categorie da fotoclub. In questi giorni, passando sotto lo sguardo afgano e guardingo della Gioconda (davvero poco gioconda) di McCurry, della sua icona più prepotente, sono tornato più volte ai motivi che mi hanno trascinato, alcuni anni fa, dentro al controverso sistema della scatola che ferma il tempo. E non posso fare a meno di constatare quanto tutto sia partito da un clamoroso errore di valutazione: la convinzione di voler tendere a quel mondo in cornice gialla, esotico e saturo di colori, a quelle
Erwin Blumenfeld
realtà così lontane da me, raccontate da occhi mai imparziali e sempre ebbri di una fascinazione urlante e maleducata, da far nascere il dubbio sul grado di “realtà” che si portano appresso. Gli anni a seguire sono stati un continuo tentativo di aggiustare il tiro prematuro delle mie ambizioni, capire che veleggiavano in acque notevolmente più basse, che passavano da cortili familiari, a interni di questioni private e qualche volta dissotterravano capsule del tempo logore, per scroprire di aver avuto ricordi così piccoli da doverli in qualche modo proteggere. Ho scoperto Luigi Ghirri, la nebbia la mattina presto lungo i fossi e strati di giorni che si sfogliano dalle pareti.
Ho capito che con la fotografia si può anche giocare e che, quasi mai, si tratta di un passatempo innocuo. Che non c’è fotografia senza un’onesta passione per i suoi natali e non ha senso imbracciare la fotocamera senza aver prima voglia di osservare e conoscere le implicazioni che hanno maturato il nostro sguardo, solo apparentemente inconsapevole, ma figlio nell’inconscio di una sedimentazione di tracce durata due secoli.
Luigi Ghirri
Mi hanno rapito le assurdità spregiudicate di un Erwin Blumenfeld, i cupi sollazzi di Hans Bellmer, le delicate sequenze interiori di Duane Michals.
Duane Michals
Ho imparato che certe volte amarla, la “signora” fotografia, significa scegliere di non scattare, anche per lunghi periodi, se questo implica non aggiungere niente alla questione. Ed è proprio questo che vorrei fare, nello spazio che mi è stato messo a disposizione: provare a intrecciare, in forma di suggerimenti o suggestioni, gli sguardi di protagonisti presenti e passati della storia del medium fotografico, che hanno dato un contributo essenziale alla sua evoluzione, descrivere quale convinzione ha portato avanti un determinato approccio, come ha fatto una visione a prendere piede andando a sostituirne una ormai incapace di significare, quale improbabile evento o concatenazione di eventi ha ispirato una determinata corrente piuttosto che un’altra. E già così il progetto è sufficientemente ambizioso. Figuriamoci riuscirci senza annoiarvi.
Gigi lusini
Avete una foto che vi piace particolarmente e volete vederla pubblicata? Oppure avete una immagine scattata dallo stesso punto da un autore diverso per un sano confronto? Inviatecela/e e la pubblicheremo per valutazione e socializzare i commenti eventuali. NONSOLOFACEBOOK. Luca Campigotto
p u n t i d i v i s t a
INDOVINA CHI VIENE?
luca lozzi a la bottega di Pico de Paperis Per venerdì 24 gennaio abbiamo invitato alla Bottega, Luca Lozzi. Noto fotoreporter cittadino e amico per parlarci un po’ di lui e del suo mondo fotografico. Specie ora che, da qualche tempo, si è dedicato, “in modo parallelo”, alla street photography, armato della sua amata Leica M9. Lo ha incontrato per noi PdP per una piccola anteprima. Arrivo al Bar Palio all’ora concordata, in Piazza ci sono i pompieri per la festa della Befana. Luca è già sul posto, armato della inseparabile Canon. Avrà da fare qualche scatto per lavoro? Appena seduto a un tavolino eccezionalmente soleggiato, che in pochi minuti mi arrostisce come un croissant dentro il goretex.Cominciamo. Luca Lozzi sempre avuta la passione della fotografia ...appena congedato nel ’91 dal corpo dei parà di Siena, per fortuna e sfortuna. Mi sono perso le missioni più importanti da quell’anno... Non ha dubbi: farà il fotografo. Inizia in un modo che, certamente, pre-destina la sua maniera di vedere e fare fotografia ...vo a aiutare Fabio Muzzi e Pietro Cinotti a fare servizi
per i giornali... Comincia così la sua carriera di fotogiornalista che continua fino ad oggi. Da principio aveva una Nikon F3...lavoravo in pellicola. Bianco nero. Ripresa sviluppo e stampa in tempi spesso proibitivi. E con l’assillo delle 36 pose. In questo il digitale è tutta un’altra comodità... Ma, mentre con tutta onestà, prima forse la Leica non la conosceva nemmeno.. appena vista mi sono subito innamorato del suo aspetto sensuale, te lo sai…. E ha fatto di tutto per averla. Fino a vendere una dream lens come il 300 f 2,8 Nikon per acquistarne una alla mitica Fotonova di Grosseto, specializzata in Leica e HBL. Alla prima seguirono altre sorelline, con i soliti obbiettivi 35, 50, 90….anche se il 90, lo sai non è troppo comodo …… con cui ha fatto anche dei servizi in punti caldi in varie parti del mondo (ci racconterà lui). Il resto è storia di oggi. Ma l’arrivo della versione digitale delle amate Leica (M7, il disastro M8 e l’attuale M9, con un pensierino, come tutti per
la Monochrome)*, ha riportato Luca ad una condizione ibrida per usare un termine molto in uso nel settore, di fotogiornalista che armato della infallibile Canon e zoom vari, gira il mondo per portare nelle sue redazioni i servizi richiesti. Ma anche di fotoamatore/autore, che con diverso assillo e finalità, vagabonda con le sue Leica per guardare la città, il mondo, le persone, in maniera soggettiva. Con tempi allungati, con il rischio di imperfezioni e mancanza di risposte fulminee del mezzo, ma con una dimensione diversa, più mediata e meditata. Più attenta….ci tengo a dirlo, quando fotografo per me il rapporto con i soggetti è più umano, meno meccanico. Più cuore che cervello. E tanta, tanta empatia con quello che fotografo. La luce. I contrasti. La scelta dei toni per un finale che dovrà essere in bianco e nero…. (e che in maniera molto vintage fa solo con Photoshop, garantisce). Come anteprima può bastare, decidiamo. Il resto ce lo racconterà lui con le sue immagini davanti. E sicuramente le sue spiegazioni saranno come lui. Precise. Puntuali. Senza voli pindarici o divagazioni mistiche. Un fotografo vero. Ma prima di salutarci, mi scappa una domanda: senti, ma…..il soprannome Brontolo…. Da dove viene? Lui sorride e fa… forse perché brontolo un po’. Insomma…. Brontolo e la mia bambina me lo dice sempre: certo babbo, brontoli, brontoli, brontoli….però ti adoro, sei il meglio babbo del mondo e ti voglio un bene grande così... E mentre parla gli occhi di Luca “Brontolo” Lozzi assomigliano stranamente di più a quelli di Cucciolo. A presto, allora Luca “Brontolo/Cucciolo”. E grazie
born into brothels di Costanza Maremmi Verso la fine degli anni ‘90, la fotografa Zana Briski decide di trasferirsi nel quartiere a luci rosse di Calcutta, per documentare la condizione femminile all’interno dei bordelli.
Ben presto però il progetto prende una deriva inattesa, il suo sguardo si sofferma sul mondo dell’infanzia che abita quei luoghi, perlopiù figli di prostitute, di padri tossicodipendenti
o spacciatori, dando vita, insieme a Ross Kauffman, al documentario Born into brothels. L’unica cosa che una fotografa come la Briski può offrire a questi bambini dall’infanzia negata e da un futuro tristemente segnato, è un corso di fotografia, che di per se può sembrare poca cosa, ma diviene immediatamente il cardine di un dialogo sorprendente che si instaura fra le parti. La Briski mette a loro disposizione degli apparecchi automatici usa e getta con cui raccontano spaccati della realtà di tutti i giorni, soffermandosi su stanze, strade e volti. Gli scatti sono istintivi, freschi, privi di sovrastrutture mentali, pur tenendo sempre conto dei consigli di “zia” Zana, volti ad affinare lo sguardo di ciascuno. Lunghe e necessarie sessioni di editing portano a riflettere
CINEMA & FOTOGRAFIA alla Bottega il 7 febbraio 2014
sulle immagini prodotte, facendo nascere discussioni e considerazioni su cruciali problematiche fotografiche, talmente argute e profonde, da sembrare frutto della riflessione di competenti “addetti ai lavori”. Il risultato finale è sorprendente: i documenti raccolti raccontano, con talento e creatività, un desiderio forte di evasione e redenzione, accompagnato da una consapevolezza propria degli adulti. Fotograficamente parlando, questo documentario, di cui non racconto altro per non guastare il piacere della
visione, mette sul piatto alcune questioni cruciali: l’inevitabile perdita di spontaneità in proporzione al bombardamento mediatico cui sono sottoposti ogni giorno gli adulti che praticano la fotografia, a differenza della visione limpida e pura che contraddistingue i protagonisti del documentario; il troppo frequente squilibrio fra istinto e tecnicismo a favore di quest’ultimo e, infine, la possibilità che la fotografia, troppo spesso usata come mezzo di autocompiacimento, abbia in realtà una valenza fortemente riflessiva, educativa e salvifica.
CERINI DI TECNICA
l’esposizione va a destra di Chenz II Una novità (caratteristica? stranezza?) tipica del digitale ma in realtà sempre esistita per chi conosceva la realta delle Curve Caratteristiche delle Pellicole e il Sistema Zonale di A.Adams (in pratica esporre per le ombre e sviluppare per le luci tipica del perfetto BiancoNero) è stata quella dell’ETTR, appunto ESPOSIZIONE A DESTRA (dell’istogramma). Per i file RAW, ovvio. Questo per una serie di motivi, tra cui il primo, empirico o quasi, che i programmi di post produzione riescono a recuperare almeno 2 diaframmi di sovraesposizione ma molto poco in sottoesposizione e al caro prezzo di un RUMORE/DISTURBO poco piacevole quando non accettabile (specie nel colore). Quando poi alcune riviste internazionali (tra cui Chasseur d’Images e altre) grazie al supporto scientifico di alcuni laboratori di ricerca e misura (primo fra tutti DxO france) hanno dimostrato che il sensore non ha una risposta simile alle pellicole ma, ANZI, grazie alle sue caratteristiche fisico/elettroniche il RUMORE DIMINUIVA ALL’AUMENTARE DELLA SENSIBILITA’ ISO DI
RIPRESA è scoppiata la notizia. E la fiducia dei fotografi...troppo frettolosi. Infatti, NELLA FORMULA DEL RUMORE R2 GENERATO DALL’AMPLIFICAZIONE DI CORRENTE DEGLI ISO PER IL LORO AUMENTO
R2=[U* (R1+R2/I)]2
dove R = rumore di lettura I = valore ISO R1= Rumore generato dal sensore prima che il segnale venga amplificato dagli ISO R2= Rumore generato dal sensore dopo che il segnale è stato amplificato dagli ISO U = “g”x I che deriva da “g”= U/I misura del rapporto fra la COSTANTE UNIVERSALE DEL GUADAGNO differente in ogni fotocamera e controllabile “anche a spanne” su www.dxo-mark.com. Senza farla tanto difficile, E’ EVIDENTE che il valore degli ISO “E’” al denominatore (!) Per cui, fino al, diciamo, BEP (break even point) tipico della nostra macchinetta, ... (www.dxomark.com...) CONVIENE SEMPRE SOVRAESPORRE in ripresa, TALVOLTA ANCHE PESANTEMENTE (ANCHE SE SEMPRE CON GIUDIZIO) EVENTUALMENTE ANCHE USANDO VALORI ISO MOLTO PIU’ ALTI DEGLI USUALI PUR DI EVITARE DI SOTTOESPORRE LE OMBRE, cosa usuale con misu-
razione degli esposimetri interni delle macchinette che pur sofisticatissimi tendono ad essere sempre portati a una leggera sottoesposizione sistematica a causa della “ARROGANZA” DELLE LUCI IN GIOCO NEI CONFRONTI DELLE OMBRE. In pratica fotografiamo quasi sempre in controluce anche se non ne siamo consapevoli PS. Ho trovato anche una spiegazione più... nazionalpopolare, per i Pigri. Non è offensiva, solo molto più pratica e abbordabile da chi ha l’orticaria per le formule. Ma come diceva un saggio: “..beati coloro che credono senza vedere, ma beato Tu, Tommaso, perchè hai creduto per aver veduto....”:
http://www.saggiamente.com/2012/02/04/ettr-una-tecnica-per-esporre-al-meglio/
...OH QUANTA BELLA GENTE
IL PROGRAMMA
instagram by Giulia Brogi
I più calorosi Auguri de La Bottega dell’Immagine ai Neo SOCI SILVER: Stefano CAIROLA Costanza MAREMMI Alessandro PAGNI
gennaio-febbraio 2014 10 GENNAIO Meeting con il Gruppo del pri-
mo Corso di Super Giulia Brogi. Cenino cinese e cortese scambio di immagini con proiezione,o visione, collettiva (vedi nota a lato)
24 GENNAIO Incontro con l’Autore: Luca
Lozzi. Fotogiornalista e street photographer. Non mancate
incontrando giulia & co di BdI Per fare un commento vero, e veritiero, dell’incontro tenuto con gli amici del 1°Corso di Giulia&Gigi ci vorrebbe uno spazio “immenso”. Tanti sono stati i valori fotografici e umani che sono venuti fuori da questa “confusione”. Preferiamo sintetizzare, alla luce dei meravigliosi messaggi WA che sono seguiti alla serata, che la soddisfazione più grande è stata di aver fatto capire che CON (non “per”) la Fotografia si può vivere meglio. E non solo per le fotografie. Appunto. Non un banale hobby quindi, ma una delle tante maniere di vedere la vita. Grande onore agli Amici intervenuti che l’hanno capito subito. Grazie a tutti....quelli che c’erano. E speriamo di tornare sull’argomento, grazie anche al loro aiuto.
7 FEBBRAIO
Con l’aiuto di un prezioso filmato vedremo una operazione culturale ammirevole: “salvare” i bambini nati nel quartiere dei bordelli di Calcutta con l’insegnamento e l’uso della Fotografia. Una chicca proposta da Costanza Maremmi
21 FEBBRAIO SSS (Serata Sociale Standard) Argomenti: organizzazione Corso di Fotografia di Base. Proposte per uscite. Varie ed eventuali
la CAMERA CHIARA - NewsLetter del Circolo Culturale La Bottega dell’Immagine di Siena. Redatto in proprio - Gennaio 2014