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IL PANINO, RE DELLO STREET FOOD

Genesi, storia ed usi della più grande invenzione gastronomica

A cura di Marco Chingari

Scartabellando come topo di biblioteca la storia della cucina umana di ogni tempo e nel mondo, è sicuramente impossibile scovare una ricetta più semplice, più maneggevole, più facilmente fruibile e più accattivante del panino in tutte le sue immense varianti.

Insomma il panino imbottito ci accompagna da secoli e secoli come fedele amico dei nostri rapidi pranzi durante la settimana lavorativa, durante i nostri aperitivi e, magari, anche a cena accompagnato da patatine fritte e da una robusta insalata. Ma quando e dove è nato il panino?

Allora le teorie sono molte e talvolta controverse.

Cominciamo subito col dire, o meglio col citare, l’affermazione di Claude LeviStrauss (non quello dei jeans ma il famoso antropologo) che la civiltà umana fece un gagliardissimo passo avanti passando dal crudo al cotto, ovvero smettendola di nutrirsi di sola frutta, verdura, semi o carne di carcasse crude trovate in giro per passare alla cottura tramite la scoperta del fuoco. Le prime testimonianze sul panino risalgono addirittura a 7000 anni fa, se vogliamo considerare la tortilla un antenato del panino stesso. Gli scavi nella Valle de Tehuacán, nello Stato di Puebla a est di Città del Messico lasciano intuire che fosse già diffusa nell’alimentazione delle civiltà precolombiane.

Il panino con diverse forme e farciture è quindi un alimento che fa parte della tradizione del mondo intero. La tortilla il burrito e il taco sono panini di origine maya e atzeca (come in parte su spiegato), la pita utilizzata in Turchia, Grecia, nei Balcani, in Israele e Palestina che racchiude solitamente carne come ad esempio il Doner Kebab o i souvlaki o i falafel, possono essere tutti considerati parenti dei panini o, in modo ancor più evidente, delle piadine romagnole.

Lo storico Massimo Montanari definisce però “il sapere del pane” cioè tutti quei passaggi (la coltivazione del grano, la raccolta delle spighe e la preparazione della farina) che solo l’abilità e l’intelligenza umana ha saputo acquisire nel corso dei millenni.

Pensate, tanto per fare un esempio, che l’importanza sociale nella Roma Antica era data dalla tipologia di pane consumata: la pagnotta “bianca”, rara e difficile da fare, faceva del cliente fruitore un cittadino nobile dell’Urbe, con tutti i diritti, chiaramente, ammessi.

D’altro canto il panino vero e proprio nasce in quei tempi antichi: “panino” trova le radici etimologiche nel sostantivo ariano “pà” (nutrire) o in quello in sanscrito che significherebbe “bere”.

Altri studiosi invece fanno provenire il significato etimologico nella radice verbale indoeuropea “pa” cioè “proteggere” nel senso di sostenere (le fette di pane sostengono, un qualche modo, il loro contenuto interno nel panino).

Si sa per certo dunque che già nel I secolo Avanti Cristo il Rabbino Hiller l’Anziano inaugurò la tradizione di mangiare un miscuglio di mele e nocciole trite, spezie e vino inserite all’interno di due fette di pane azzimo, da consumare insieme a delle erbe amare.

Questo proto panino, oltre ad essere assai saziante dati gli ingredienti, aveva anche dei simbolismi di natura storico-religiosa: la farcitura rammentava, per la natura intrinseca della sua ricetta, la sofferenza patita dagli Ebrei in Egitto (le erbe amare) mentre il mortaio usato per preparare il ripieno stigmatizzava lo stesso mortaio usato dagli schiavi ebrei stessi per la costruzione delle Piramidi. Vatti a fidare di un semplice panino e vedi cosa ci trovi dentro!

I Romani però crearono il vero e proprio pronipote del panino moderno: nell’antico quartiere della Suburra romana, e più precisamente in via Panisperna (da Panis ac perna cioè - pane e prosciutto in latino – quale meraviglioso accostamento!) che i romani potevano gustare le fette di pane al mosto con all’interno del prosciutto cotto nell’acqua dei fichi secchi, food street peraltro molto gradito specialmente da tutti quei lavoratori romani che non avevano, al pari dei loro moderni discendenti, il tempo per andare a desinare a casa.

Un’altra ricetta romana dei tempi antichi, ripresa ultimamente da Francesco De Martino, patron del ristorante Caupona di Pompei, consiste in un panino di piccola pezzatura e forma imbottito con prosciutto crudo fatto ben combaciare con le fette del pane più uova sode, epiterium di olive, scarola, libum di Catone (formaggio primo sale), straccetti di pollo aromatizzati, e salsa di Apicio alle spezie.

Durante il Medioevo invece era uso impilare pezzi di carne e altro cibo su basi di pane per agevolarne il consumo (a mo’ di tartine); i pezzi di pane assorbivano laidamente il grasso e le varie salse dei cibi e, a fine pasto potevano essere ghiottamente consumati dagli avventori o essere dati in pasto ai cani o ai mendicanti.

Prima del Rinascimento (e dell’invenzione della forchetta), il pane non era considerato un mero “accompagno” (companaticocumpanaticum ovvero “con il pane”) ma come vero e proprio utensile da tavola: fette di pane piuttosto spesse (trenchers in inglese, dal verbo francese trenchier o trancher, ovvero “tagliare”) venivano affettate durante ogni pasto da una pagnotta, fungendo da posate. Se si trattava di un pasto formale, però, il trencher non poteva essere cambiato più di una volta durante tutto l’arco di tempo impiegato per desinare. Con l’avvento della forchetta finì la pacchia: mangiare con le dita non fu più tollerato in società il che portò il Trencher ad essere poco a poco abbandonato. Ci si mette anche quel geniaccio assoluto di Leonardo da Vinci, secoli più tardi beninteso, ad inventare (e come ti sbagli?) una sorta di tramezzino però al contrario dato che immaginava una fetta di pane tra due fette di carne: lui nel suo incarico, tra i tanti e molteplici, conferitigli da Ludovico il Moro, di Chef di corte ne parla nel “Code

Romanoff”, altre ai soliti e molteplici bozzetti e studi su armi e macchinari vari, anche di arnesi e ricette da cucina tanto da ispirare Jonathan Rough a scriverle nel libro “Note di cucina di Leonardo da Vinci”. Comunque il panino di Leonardo, come peraltro scriveva lo stesso autore, non passò certo alla storia anche perché adespoto in quanto non si riuscì a trovargli un nome.

Dobbiamo però arrivare alla metà del 700 in Gran Bretagna per trovare, per la prima volta, il primo panino propriamente detto. La leggenda vuole che l’anglofono Quarto Conte di Sandwich (il nobile nonché Ammiraglio che finanziò l’impresa di Cook che scoprì le isole Sandwich chiamate così in onore del suo finanziatore) John Montagu, dedito completamente e ludopaticamente al gioco delle carte (si dice che passasse anche 24 ore di fila a giocare a poker ed a Euchre – un gioco molto in voga allora-) chiese al suo Maggiordomo, che lo aveva già pedissequamente invitato a lasciare il gioco per consumare il pranzo pronto, di imburrare due fette di pane e di porre in mezzo ad esse delle fettine di arrosto. Nacque così il famosissimo, ancora adesso, Sandwich (anch’esso in onore al nome del suo inventore) anche perché gli altri giocatori al tavolo di quella fatidica partita, visto il gusto col quale il blasonato John gustava il suo panino, cominciarono ad ordinare “the same as Sandwich” coniando definitivamente il nome del primo vero panino nella storia.

Pare che poi, per giunta, i Britannici presero davvero sul serio la preparazione del Sandwich e di tutte le sue varianti dando vita ad un vero e proprio culto del panino: Elizabeth David ebbe modo di riportarlo ampliamente nel suo libro “English Bread and Yeast Cookery” provando, senza nessun ragionevole dubbio, che gli inglesi, a differenza dei Francesi e degli Italiani legati alla tradizione e all’uso del pane comune, prediligevano l’uso del pane bianco per la preparazione dei panini preparato in apposite forme sia per assicurare la regolarità della forma della pagnotta ed anche per diminuire al massimo la presenza della crosta del pane così da aumentare il potere assorbente della mollica dello stesso.

Successivamente, nel 1840, il panino fu esportato in America da Elizabeth Leslie (autrice di un libro sui Sandwiches edito nel 1927) con una ricetta che prevedeva un pasto unico costituito da un panino ben infarcito da gagliarde fette di prosciutto. Stante il successo clamoroso di questo cibo sia da pasto che d’asporto quale era il panino, l’industria del pane subito invase il mercato con filoni di pane già affettati facilitando, e non di poco, la diffusione ed il successo dei Sandwiches.

Per arrivare poi alla ricetta di un altro celeberrimo panino il “Il Club Sandwich” bisogna invece arrivare al 1889 inventato presso lo Union Club di New York.

Il primo documento che menziona il sandwich è una ricetta pubblicata sul The Evening World datata 18 novembre 1889, dove viene descritto un sandwich che avrebbe "due pezzi di pane Graham tostati, con uno strato di tacchino o pollo e prosciutto tra di loro.

Per quanto riguarda invece la storia di un altro incredibile panino, l’Hot Dog, bisogna andare anche qui nel 1901 quando un famoso vignettista del New York Journal, Tad Dorgan, ascoltò i venditori di panini di origine tedesca gridare:” “Hot Dachshund!

Get your Dachshund while they’re hot!” (Dachshund caldi! Comprate il vostro dachshund finché è caldo!). Dorgan decise di immortalare la scena in una vignetta ma non sapeva come scrivere il nome “dachshund” (cane bassotto ed anche il nome di una salsiccia di forma allungata vendita in Germania già dal 1600 che ricordava la forma dell’animale). Sapeva però che era il nome con cui veniva chiamato anche quel buffo cane tedesco. Nel fumetto scrisse così semplicemente “Hot Dog!”.

Per quanto riguarda l’Hamburger, forse il panino più famoso al mondo, anche qui bisogna andare nel 1900 quando il cuoco e ristoratore Luis Lunch inventò per primo, senza volerlo come accade quasi sempre per le grandi invenzioni, il panino detto “Hamburger”: la leggenda vuole che un giorno del 1900 un cliente abituale del locale fosse in ritardo e fatto un salto veloce nel locale abbia chiesto a Lassen di raccogliere i ritagli delle bistecche che aveva sul bancone e di metterglieli tra due fette di pane in cassetta tostato per portarlo via e mangiarlo lungo la strada. A seguito dell’entusiasmo dimostrato dal suo cliente, Lassen decise di creare un vero e proprio piatto dedicato a quella improvvisata invenzione, tritando al coltello 5 tagli diversi di carne bovina e di compattarli prima di cuocerli nei suoi cassetti di ghisa e servirli tra due fette di pane. Ancora oggi il Louis Lunch, giunto alla quinta generazione di Lassen, propone così i suoi hamburger. Celebre la scritta sui muri del locale “Questo non è Burger King, non lo puoi avere “a modo tuo”. Qui lo avrai a modo mio oppure non lo avrai per nulla”. Qualcun altro afferma però che l’hamburger sia stato inventato molto prima dal cuoco tedesco Otto Kuasw, togliendo una salsiccia dal suo budello, appiattendola e friggendola nel burro, per poi servirla con un uovo all’occhio di bue.

La storia vuole che il piatto si prestasse molto bene per essere racchiuso tra due fette di pane, risultando ottimo per un pasto veloce, acquisendo una particolare popolarità tra i lavoratori del porto di Amburgo. Essendo Amburgo il principale sbocco portuale della Germania, la ricetta si diffuse molto velocemente negli Stati Uniti con l’appellativo di “Hamburger Steak” cioè la bistecca di “quelli di Amburgo”. Per amor di brevità non staremo qui a citare gli innumerevoli altri pseudo inventori o commerciali dell’Hamburger se non i fratelli Mac Donalds ed il loro “deus ex machina” Kroc un venditore al dettaglio che lanciò la loro idea di commercializzazione industriale su strada inventando per altro il Franchising più famoso al mondo e da tanti, successivamente, positivamente imitato. Per dovere di cronaca diciamo pure che i fratelli Mac Donald, molto improvvidamente, vendettero il marchio e gli allora 224 ristoranti intorno agli anni ‘50 per 2,7 milioni di dollari (cifra assai importante per quei tempi) a Kroc che in poco tempo però riuscì a ben moltiplicare i tornò nel Belpaese insieme al marito aprendo un locale tipo tea sandwich inglese apportando però una variazione ai sandwich in quanto farcirono l’interno del toast con ingredienti speciali, tolsero i bordi e lo servirono senza tostatura. Si legge sul sito dell’ormai storico locale:

“Avevano portato con sé dagli States una macchina che tostava il pane: così importarono, per primi a Torino, il toast. Non paghi di questa innovazione, pensarono di utilizzare quel pane morbidissimo, usato per i toast, senza tostatura e con una speciale e più intensa farcitura: fu così che il signor Onorino inventò il tramezzino”.

Fu però nientedimeno che il Sommo Vate d’Annunzio che coniò il nome “Tramezzino”: una volta, giungendo a Torino, invece di ordinare nel locale di Angela lo sfizioso locali dimostrando ampiamente che, forse, i Mac Donald non avevano poi fatto un grande affare.

Finiamo dunque questa simpaticissimo viaggio intorno al panino con, finalmente a parte gli antichi romani, una nostra invenzione italianissima: il tramezzino.

Si dice dunque che Angela Demichelis Nebiolo e suo marito, che lo idearono nel 1926, nelle cucine del loro locale, il Caffè Mulazzano di Piazza Castello a Torino.

Angela, nata e cresciuta nonché sposata a Detroit in America, fu una donna molto in gamba tanto, particolare esorbitante per allora, da prendere anche la patente di guida.

Colta da fortissima nostalgia per la sua Torino (da dove proveniva la sua famiglia) panino usando il nome inglese (erano tempi assai autarchici in materia di “nomenclatura”) ideò il nome “tramezzo” nel senso di qualcosa o cibo che sta nel mezzo tra la colazione ed il pranzo per spezzare la fame.

Passare da “tramezzo” a “tramezzino” poi fu l’affare di un istante.

Come un istante, o poco più, è il tempo che ci si mette a gustare, oggigiorno in questi tempi così caotici, una delle molteplici ricette arrivate fino a noi del panino, sicuramente un amico fidato delle nostre colazioni ed aperitivi e sicuramente socialmente utile per ristabilire quei rapporti umani così altamente devastati dai social…

Ergo: buon panino a tutti!

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