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La Luce per le Chiese

iGuzzini illuminazione srl 62019 Recanati, Italy SS 77, Km 102 PO Box 56.75.103 telefono 071.75881 telefax 071.7588295 iguzzini@iguzzini.it http: // www.iguzzini.it video: (+39) 071.7588453


Sommario

Prefazione

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Università Pontificia Lateranense S.E. Mons. Angelo Scola Vescovo Emerito di Grosseto, Rettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense

Uno spazio speciale per un linguaggio teologico

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Prof. Armando Ginesi Storico e Semiologo dell’Arte, Professore Emerito di Storia dell’Arte

Livelli di illuminamento dei poli liturgici Presbiterio Area destinata ai fedeli Battistero, coro, custodia eucaristica

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Livelli di illuminamento dello spazio architettonico L’ambiente Affreschi, tele e cappelle

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La collocazione dei centri luminosi Piano di calpestio Volte Quadri e affreschi

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Progetti di illuminazione

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Postfazione La bellezza della luce Padre Ferdinando Campana Docente di Liturgia all’Istituto Teologico Marchigiano Ministro Provinciale dei Frati Minori delle Marche

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La Pontificia Università Lateranense è l’Università del Sommo Pontefice, è collegata con la Santa Sede con singolare rapporto ed è luogo di studio delle scienze ecclesiastiche in Roma e conferisce i gradi accademici.


Prefazione

Università Pontificia Lateranense

C’è da compiacersi per il sapiente intervento illuminotecnico - frutto di studio attento e di approfondita analisi - che la “iGuzzini Illuminazione” ha posto in essere in alcuni ambiti della nostra “Pontificia Universitas Lateranensis”. Il dosaggio della luce artificiale ha tenuto conto della specificità funzionale degli spazi e ne ha esaltato la destinazione allo studio, alla riflessione, talora alla meditazione. Così come gli apparecchi erogatori della luce sono stati scelti in piena consonanza con le forme e le linee dell’architettura. Un esempio bello e intelligente di rispetto dell’ambiente: un felice connubio tra l’evoluzione tecnologica e il senso e lo spirito di ciò che le pre-esiste. Come dire: una modernità efficiente saldamente ancorata alla sapienza della tradizione.

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S.E. Mons. Angelo Scola Vescovo Emerito di Grosseto, Rettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense


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Uno spazio speciale per un linguaggio teologico

Prof. Armando Ginesi Storico e Semiologo dell’Arte Professore Emerito di Storia dell’Arte

La cupola al di sopra della Santa Casa nella Basilica di Loreto con gli affreschi di Cesare Maccari.

Secondo Mario Botta, lo spazio di una chiesa è uno “spazio forte”. Le chiese, inoltre, per usare le parole del Cardinale Virgilio Noè (Arciprete della Basilica Vaticana e Vicario Generale del Papa per la Città del Vaticano) pronunciate durante il Congresso Internazionale di Liturgia, Architettura e Arte del 1999, sono “luoghi che parlano un linguaggio teologico”. Due importanti Note Pastorali emanate dalla Commissione Episcopale Italiana, rispettivamente nel 1993 e nel 1996, nel parlare dell’edificio-chiesa, così lo definiscono: “il luogo nel quale si riunisce la comunità cristiana per ascoltare la parola di Dio, per innalzare a Lui le preghiere d’intercessione e di lode e soprattutto per celebrare i santi misteri ..., immagine speciale della Chiesa, tempio di Dio, edificato con pietre vive” (La progettazione di nuove chiese, 1993); “ i luoghi di culto sono i luoghi privilegiati per l’incontro sacramentale con Dio” (L’adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica, 1996). Quanto sopradetto chiarisce, io credo, il significato di quell’aggettivazione “forte” che Botta usa per qualificare lo spazio della chiesa. Per quel che mi riguarda, nel mio recente volume Per una teoria dell’illuminazione dei Beni Culturali, io sostengo che uno “spazio riconosciuto come sacro è uno spazio speciale”. Di ciò va tenuto conto ogniqualvolta si sia chiamati ad intervenirvi per qualsiasi ragione e ogni tipo di intervento deve ricondursi con rispetto a questa specialità di cui va riconosciuta la preminenza assoluta rispetto a qualsiasi altra ragione di tipo tecnico, funzionale e così via. L’intervento di tipo illuminotecnico, ovviamente, non sfugge alla sopradetta regola fondamentale, tanto più che trattasi di un’azione che introduce luce artificiale nella spazialità dell’edificio e perciò interagisce con la sua dimensione simbolica. Infatti non bisognerà mai dimenticare, prima dell’elaborazione di ogni ipotesi progettuale, che l’edificio-chiesa, nel racchiudere e definire lo spazio sacro, si presenta sotto tre aspetti strettamente correlati: simbolico, liturgico e architettonico. La terza dimensione – quella architettonica – non può prescindere dai significati profondi di natura extraempirica che sono insiti nelle altre due. Perché, come ho scritto nel volume già citato, nella chiesa l’architettura interpreta e rende praticabile la dimensione simbolica della religione, attraverso la creazione di condizioni pratiche atte allo svolgimento della liturgia. Quest’ultima, come atto rituale, si costruisce e si sviluppa attorno alla potenza espressiva del simbolo che ne costituisce il nucleo fondante. Di conseguenza nell’edificio-chiesa si troveranno a convivere la rappresentazione degli elementi simbolici nei quali si riassumono le verità teologiche e la possibilità attuativa delle azioni rituali (liturgiche) che da quei simboli derivano. L’intervento della luce – sia naturale che artificiale – gioca in tutto ciò un ruolo di radicale importanza, in particolar modo per quel che riguarda l’interno dell’edificio dove la comunità dei fedeli si raduna e vive la dimensione ecclesiale meditando, pregando e onorando Dio attraverso atti liturgici. Sicché il light-designer deve sentire tutto intero il carico della responsabilità che si assume allorché si risolve a dare senso ad uno spazio speciale, a plasmarlo anch’egli, come ha già fatto l’architetto, per consentirne l’uso ma soprattutto per sottolinearne l’alta qualità simbolica, la valenza liturgica, la capacità d’espressione della fede, in altri termini la sua specialità. La conclusione del discorso è che la progettazione illuminotecnica di una chiesa si palesa come opera di grande complessità e che quindi non può essere affrontata con superficialità o, ancor peggio, con improvvisazione. A questo proposito si rivela illuminante quanto raccomandato dalla già citata Nota Pastorale della CEI del 1996: “Considerata la delicatezza del problema, è necessario che il progetto dell’illuminazione artificiale venga studiato da specialisti del settore insieme a esperti di liturgia”.

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Livelli di illuminamento dei poli liturgici

Presbiterio

L’illuminamento del presbiterio deve assolvere alle seguenti finalità: a) consentire al celebrante la lettura del messale ed in generale a lui e ai suoi coadiutori lo svolgimento delle proprie funzioni: a tale scopo necessitano gli illuminamenti di almeno 300 lx (1) sui piani orizzontali dell’altare, dell’ambone (piano di lettura per i coadiutori del sacerdote) e delle posizioni in cui si somministra l’eucarestia e illuminamenti non inferiori a 150 lx nella restante area del presbiterio (fig.1); b) consentire al pubblico di seguire la funzione, con la dovuta attenzione e concentrazione: occorre a tale fine assegnare illuminamenti dell’ordine di 300-500 lx ai piani verticali rivolti verso il pubblico per tutte le posizioni in cui si vengono a trovare il celebrante e i suoi coadiutori (fig.2). Quando il presbiterio è visto da tre lati - dalla navata e dai due lati del transetto (fig.2) - i piani verticali da illuminare ad uso dei fedeli sono quelli rivolti verso le tre direzioni sopra citate. Durante le funzioni religiose, l’illuminazione dei piani verticali del presbiterio deve prevalere su ogni altra, allo scopo di favorire la concentrazione dei fedeli sullo svolgimento delle funzioni (fig.2).

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1

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Area destinata ai fedeli

L’illuminazione di questa area deve consentire l’agevole partecipazione dell’assemblea alle celebrazioni, la lettura e la preghiera. In condizioni medie di esercizio può considerarsi sufficiente un livello di illuminamento dell’ordine di 150 lx (fig.1-2).

Battistero, coro, custodia eucaristica

È richiesto un livello di illuminamento adeguato alle funzioni che vi si svolgono. Per il battistero e il coro è ritenuto necessario un livello di almeno 300 lx sul piano orizzontale della fonte battesimale o del piano di lettura. Per la custodia eucaristica, si può prevedere un livello compreso fra 300 e 500 lx.

Piani orizzontali dove si svolgono le varie fasi delle funzioni religiose e illuminamenti necessari ad uso del sacerdote e dei suoi coadiutori. 1. zona altare: 300 lx 2. zona ambone: 300 lx 3. altre zone del presbiterio: 150-300 lx 4. somministrazione della SS. Eucaristia: 300 lx 5. sede del Presidente 6. area destinata ai fedeli

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Piani verticali dove si svolgono le varie fasi delle funzioni religiose e illuminamenti necessari ad uso dei fedeli. 1. zona altare: 300-500 lx 2. zona ambone: 300 lx 3. altre zone del presbiterio: 300-500 lx 4. somministrazione della SS. Eucaristia: 300 lx 5. sede del Presidente 6. area destinata ai fedeli


Livelli di illuminamento dello spazio architettonico

L’illuminazione ambientale - l’illuminazione delle varie superfici che delimitano l’ambiente ecclesiale - è necessaria tanto per rendere confortevole e qualificante la comunione dell’assemblea, durante le funzioni religiose, quanto per consentire il pieno apprezzamento dell’architettura e degli arredi della Chiesa ai fedeli e ai visitatori (fig.1). Il livello necessario per la prima esigenza sopra accennata può essere individuato entro una gamma che va da 20 a 80 lx, in relazione alla chiarezza delle superfici, allo scopo di assicurare una luminanza delle stesse dell’ordine di 5 cd/m2 (3). Per il secondo dei due obiettivi - l’apprezzamento dell’aspetto monumentale - ove sia necessario un livello maggiore di quello sopra indicato, per la preziosità delle opere esposte, è raccomandabile un’illuminamento di 150 lx. I due livelli di illuminamento citati vanno forniti nei tempi appropriati.

Affreschi, tele e cappelle

Si possono prevedere, come per l’ambiente architettonico, almeno due livelli di illuminamento: (fig.2) uno minimo, per le funzioni religiose usuali, e uno più elevato, per le funzioni solenni e per le visite al di fuori delle celebrazioni liturgiche. I due livelli sono gli stessi citati per l’ambiente architettonico; per le tele e gli affreschi non collocati negli ambienti liturgici - ad esempio le tele e gli affreschi delle cappelle e del coro - può non essere necessaria l’illuminazione del primo livello e quindi può essere prevista soltanto l’illuminazione del secondo livello, quella di tipo monumentale.

piano lucido

L’ambiente

S'

1

I

S

2

3

Il livello di 5 cd/m2 è sufficiente alla percezione a grandi linee di elementi architettonici e decorativi, da distanze di qualche decina di metri, quali si riscontrano all’interno di una Chiesa. Il valore inferiore d’illuminamento - 20 lx - è adatto a superfici molto chiare (fattore di riflessione uguale o maggiore di 0,7) mentre quello più alto - 80 lx - si applica a superfici molto scure (fattore di riflessione inferiore a 0,2). I valori compresi tra questi estremi si applicano alle superfici con fattori di riflessione intermedi.

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La collocazione dei centri luminosi

La collocazione dei centri luminosi per l’illuminazione del piano di calpestio dipende essenzialmente dalle dimensioni trasversali della chiesa, dal tipo di plafone e dalla presenza sullo stesso di affreschi o decorazioni. Occorre innanzitutto tener presente che la buona illuminazione del presbiterio e dell’area destinata ai fedeli non può generalmente essere attuata che in modo diretto, cioè indirizzando il flusso luminoso emesso dalle sorgenti direttamente verso queste superfici. La soluzione alternativa, cosiddetta indiretta, consistente nell’indirizzare la luce sul plafone e sulle pareti, ottenendo l’illuminazione delle superfici inferiori per riflessione, presuppone che le prime superfici siano molto chiare - per ottenere una buona riflessione - e prive di affreschi e decorazioni. Tale soluzione richiede inoltre l’impiego di potenze consistenti, per ottenere le alte luminanze delle superfici destinate a fungere da sorgenti luminose secondarie.

h

Piano di calpestio

W/2

1

A1

A1

W'

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h

A1

Apparecchi incassati Negli schemi di fig.1-2, i centri luminosi sono incassati nel plafone (o controsoffitto) a volta o piano. Tali schemi si caratterizzano come segue: a) si addicono generalmente a plafoni non affrescati oppure dotati di decorazioni distribuite in modo tale da risultare compatibili con la formazione di forature per l’inclusione dei proiettori; b) presentano il vantaggio di una immediata accessibilità, nel caso in cui se ne preveda il sollevamento sul sovrastante vano di sottotetto, mediante la predisposizione di semplici cavalletti dotati di argani anche manuali, per le operazioni di manutenzione; c) danno luogo ad un impatto estetico minimo; d) hanno il vantaggio di consentire l’installazione delle condutture elettriche al di fuori della chiesa, lungo il sottotetto; e) è indispensabile richiedere un secondo posizionamento di centri luminosi per l’illuminazione del plafone, nel caso che questa illuminazione sia ritenuta necessaria (fig.1).

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W'/2

W'/2

W1

2

h

Apparecchi a plafone Nello schema di fig.3, i centri sono sospesi al di sotto del plafone e aderenti allo stesso. Questa soluzione è adatta ai casi in cui la presenza del gruppo di proiettori non risulti incompatibile con gli eventuali affreschi o decorazioni sul plafone. Con questa soluzione, l’accessibilità dei centri luminosi non è così immediata come nell’esempio precedente: è opportuno, in questo caso, prevedere la discesa a terra evitando la modifica dei puntamenti dei proiettori per effetto degli scuotimenti che la struttura subisce durante la sua movimentazione.

W/2

3

h

Apparecchi a parete Lo schema di fig.4 utilizza dei centri luminosi disposti a parete, in un unico posizionamento tanto per l’illuminazione del piano di calpestio quanto per quella del plafone. Questa soluzione è quella che rende massimo l’impatto dei centri luminosi sull’ambiente chiesa, per la loro ridotta altezza d’installazione - per la loro collocazione direttamente sulla parete.

W/2

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1-3-4

Collocazioni dei centri luminosi in chiese a sezione stretta (w/h<1).

2

Collocazioni dei centri luminosi per l’illuminazione del piano di calpestio in chiese a sezione larga (w1/h = da 1,5 a 2).


La collocazione dei centri luminosi

Apparecchi a sospensione Negli schemi 1 e 2, del tipo a sospensione, i centri luminosi sono raccolti in gruppi e sospesi ad una certa distanza dal plafone; nella fig.1, l’altezza dei centri coincide con quella del cornicione, in modo da lasciare libera la visuale al di sotto dello stesso elemento architettonico. Questa soluzione ha il notevole vantaggio di raccogliere in un’unica struttura sia i centri che illuminano il piano di calpestio, sia quelli rivolti verso il plafone: in tal modo si evita l’installazione dei centri luminosi e delle relative linee elettriche d’alimentazione sulle superfici interne della muratura, con evidente semplificazione dell’impianto. Tale schema è adatto per chiese in cui le volte o i plafoni sono estesamente affrescati o decorati e non vi è la possibilità di collocare sulle murature laterali i centri luminosi destinati ad illuminare il plafone. Data l’altezza non rilevante dei lampadari l’accesso ai centri luminosi può essere previsto a mezzo di piattaforma ad elevazione motorizzata.

h

C1

W/2

1

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C1

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9 W'/2

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2

3

Apparecchi a scomparsa Lo schema di fig.4-5 rappresenta un caso particolare in cui i centri che illuminano il piano di calpestio sono installati sull’intradosso degli archi o delle travi lungo i colonnati che dividono le tre navate; mentre i centri che illuminano la volta sono collocati sul cornicione, in posizione non visibile dal basso. Anche questa soluzione presuppone, come la precedente, che la decorazione sugli intradossi sia compatibile con detta collocazione e siano fra loro compatibili decorazione e disegno degli apparecchi. Una soluzione alternativa raccomandabile è quella di favorire un parziale occultamento dei corpi illuminanti, collocandoli, ove possibile, al riparo di modanature, sopra o sotto cornicioni, inseriti nei pertugi e così via (fig.5). Ma quando essi dovessero apparire visibili per forza di cose occorrerà che la loro presenza risulti il più possibile accettabile all’interno dello spazio storicamente e artisticamente connotato. In altre parole la loro collocazione dovrà avvenire in maniera soft, senza violenze - né grandi né piccole alla qualità di ciò che li ospita. Ciò lo riteniamo realizzabile mediante l’applicazione di tre criteri fondamentali, che definiamo le “regole dei raccordi”, e che sono: raccordo morfologico, raccordo dimensionale, raccordo cromatico.

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1-2

L’altezza dei centri luminosi può variare dai 4 metri circa delle chiese con sezione allargata ad un massimo generalmente di 10 metri di quelle di tipo tradizionale a sezione stretta.

3

Occorre controllare che il posizionamento e l’orientamento dei proiettori che illuminano il plafone siano tali da evitare la vista della loro superficie luminosa e possibilmente di qualsiasi loro parte da ogni punto del piano di calpestio.


La collocazione dei centri luminosi

Volte

Anche per le volte e per i plafoni, la collocazione degli apparecchi dipende dalle dimensioni trasversali della chiesa e dalla presenza sul plafone di affreschi o decorazioni. Le possibili collocazioni sono quelle delle figg.1-2-3, sulle cui caratteristiche e campi d’applicazione valgono le considerazioni espresse nel precedente paragrafo. Si può in genere affermare che l’illuminazione dei plafoni e delle volte non pone le difficoltà viste per l’illuminazione del piano di calpestio; essendo agevole, nella maggior parte dei casi, l’occultamento dei proiettori alla vista dei fedeli e dei visitatori.

h

h

h

C1

W/2

W/2

W/2

1

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10 Possono essere illuminati dagli stessi centri luminosi, o quanto meno, dalle stesse postazioni dei centri che illuminano il piano di calpestio se i quadri e gli affreschi si trovano lungo le pareti del vano in cui sono installati i gruppi di apparecchi (chiese a navata unica) e se la configurazione geometrica dell’insieme non dà luogo a riflessioni speculari, in particolare nel caso di quadri o affreschi con superficie lucida. In generale, possono dirsi idonee tutte le collocazioni nelle quali l’immagine delle sorgenti luminose riflessa sulla tela non viene vista da nessuna delle possibili posizioni d’osservazione. La distanza minima dell’osservatore dal quadro, per una confortevole visione d’assieme del dipinto, può essere ritenuta almeno pari all’altezza del bordo superiore del quadro rispetto ai suoi occhi. Per evitare che le immagini riflesse delle sorgenti appaiano sulle opere, rendendone difficoltosa l’osservazione, è necessario che il posizionamento dei centri luminosi che illuminano una tela o un affresco di tipo lucido sia tale da evitare che: la retta congiungente gli occhi dell’osservatore (ubicato nelle posizioni usuali di osservazione dell’opera) con l’immagine S’ di ciascun centro luminoso S, speculare rispetto il piano lucido, non intersechi la superficie dell’opera (fig.4-5-6).

piano lucido

piano lucido

piano lucido

Quadri e affreschi

S'

S

I S'

S

I

S'

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4-5-6

Posizionamento dei centri luminosi per l’illuminazione di quadri con superficie lucida: in A la posizione è scorretta: l’intersezione O-S’ interseca il quadro nel punto I; nelle fig.5-6 le posizioni sono corrette: l’intersezione I cade al di fuori del quadro. S: centro luminoso S’: immagine speculare (rispetto al piano lucido) del centro luminoso

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I

S


Progetti di illuminazione

I “Lampadari” della Basilica Basilica della Santa Casa - Loreto

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La forza della semplicità Cripta dei Santi Pellegrini - Loreto

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Tecnologia “nascosta” Basilica S. Maria degli Angeli - Assisi

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La luce “indiretta” del Duomo Duomo di Lucca

27

Un luogo della memoria, dell’impegno, della preghiera Oratorio S. Maria della Vita - Bologna

31

La chiesa: un’opera d’arte speciale S. Carlino alle Quattro Fontane - Roma

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Il “centro” della chiesa S. Croce in Gerusalemme - Roma

39

Il Presente nel Passato S. Luigi dei Francesi - Roma

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La chiesa come identità di una comunità S. Maria di Montserrat - Roma

47

Le chiese a pianta centrale: ineludibile punto d’incontro SS. Nome di Maria - Roma

51

Una chiesa e il suo territorio SS. Annunziata, Complesso di S. Maria della Scala - Siena

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La chiesa: un contenitore di opere d’arte S. Francesco, Chiesa Auditorium - Montefalco (Perugia)

59

La chiesa è un bene culturale Chiesa di S. Adalberto - Broumov (Rep. Ceca)

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Un messaggio luminoso nella città Duomo di Lecce

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L’”edificio-chiesa”: un bene architettonico e monumentale Cattedrale di S. Barbara - Kutna Hora (Rep. Ceca)

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Nel nuovo millennio: speciale S. Giovanni Rotondo Santuario di Padre Pio - S. Giovanni Rotondo (Foggia)

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La metodologia di intervento illuminotecnico privilegiata in tutti gli esempi riportati nella pubblicazione è stata quella di dare soluzione specifica e fortemente mirata ad ogni singola chiesa a seconda delle sue esigenze stilistiche, storiche e funzionali.

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Basilica della Santa Casa - Loreto Progetto illuminotecnico: Mario Bonomo per Enel Consulenza illuminotecnica: iGuzzini illuminazione

I “Lampadari” della Basilica

Progettare l’illuminazione degli interni della Basilica di Loreto ha significato conciliare la funzionalità visiva della luce, per le celebrazioni e la grande partecipazione dei pellegrini, e l’architettura sviluppata su tre navate con piccole cappelle laterali, una grande cupola al di sopra della Santa Casa magnificamente affrescata e le nove cappelle laterali sui tre absidi del transetto e del presbiterio.

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I numeri del progetto

Loreto è un luogo della fede per eccellenza perché da sempre esprime attraverso le sue forme architettoniche simboliche e la pia tradizione della Casa della Vergine Maria, il messaggio universale cristiano. La storia architettonica della Basilica iniziò nel 1469 in un’epoca che vede il passaggio tra il gotico e l’arte rinascimentale. Ancora oggi i segni architettonici di questo passaggio sono presenti, a testimonianza dei molti artisti che sono intervenuti nell’edificazione del monumento: architetti, pittori, scultori che contribuirono dall’inizio fino al ‘700 a dare forma alla Basilica.

Consistenza dell’impianto. L’impianto è costituito da 338 apparecchi d’illuminazione incorporati nei lampadari per una potenza effettiva di 41.790 W. La luce di emergenza è incorporata nei lampadari. Sorgenti Luminose. Le lampade impiegate sono 542: 147 lampade ad alogeni 171 lampade ad alogenuri metallici 14 lampade al sodio “a luce bianca” 210 lampade a incandescenza La temperatura di colore di tutte le lampade è di 3000°K.

Prestazioni illuminotecniche Sono stati previsti i seguenti livelli d’illuminamento, in condizioni medie di esercizio: - per l’illuminazione del piano di calpestio nelle aree destinate ai fedeli: 150 lux; - per le volte delle navate e dei vani di raccordo: 100 lux; - per i piani degli altari, i piani di lettura del coro e le aree contigue agli altari in cui si officiano le Messe: 300 lux (anche sui piani verticali dell’Officiante in direzione dei fedeli); - sul rivestimento marmoreo della Santa Casa: 100 lux; - su tutti gli affreschi e le tele delle Cappelle e della Cupola: da 100 a 150 lux.


La luce artificiale non può prescindere dagli oggetti che la producono, qualsiasi apparecchio di illuminazione è una soluzione diversa che concretizza l’effetto luminoso ideato dal progettista. Lo studio del nuovo sistema di illuminazione ha portato alla realizzazione di una struttura ovale sospesa che incorpora diversi apparecchi. La collocazione dei lampadari a vista ed al centro delle navate ha influito in modo fondamentale sulla morfologia degli apparecchi. Il loro design è in sintonia con la circolarità e l’andamento curvilineo della sommità architettonica nonché dei medaglioni dipinti nelle vele. Invece da un punto di vista strettamente illuminotecnico, queste strutture permettono di proiettare la luce direttamente sui piani di calpestio, e sulle volte, grazie a degli apparecchi incassati sul piatto ovale.

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Superficie luminosa del proiettore

Sospensione prodotto speciale

Angolo di schermatura 1

1

Gli apparecchi incassati possono ruotare in senso orizzontale e verticale, in questo modo consentono l’orientabilità della luce ed un perfetto puntamento. Ogni apparecchio è stato dotato di un fermo meccanico che blocca l’orientabilità desiderata, evitando nelle operazioni di manutenzione delle lampade di rimuovere accidentalmente il puntamento.


Questo sistema di illuminazione a luce diretta e indiretta è l’elemento centrale di tutta l’illuminazione della Basilica ed è appositamente collocato all’altezza dei capitelli dei colonnati (a circa 10 metri di quota) in modo da lasciare sgombra la visuale in tutto lo spazio delimitato superiormente dalla linea di demarcazione tra colonnati e volte. L’impianto di illuminazione è progettato in modo da poter usufruire separatamente della luce dei lampadari a seconda dei periodi liturgici dell’anno e delle funzioni che si svolgono nella Basilica. Anche le luci che valorizzano i capolavori artistici sono separate dall’impianto generale di illuminazione, per consentire ai numerosi turisti e pellegrini di visitare la Basilica ed ammirare, con la giusta luce, le opere d’arte che vi si conservano, a prescindere dall’illuminazione funzionale del resto del tempio.

10 m

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L’enorme importanza attribuita dalla Chiesa alla reliquia della Santa Casa, spinse Giulio II ed i suoi successori a progettare un’opera senza precedenti capace di magnificare la centralità del culto mariano. Il rivestimento marmoreo della Santa Casa è il risultato straordinario dell’ingegno dei grandi artisti che si sono succeduti nel tempo. Il Bramante che ebbe il primo incarico, Andrea Sansovino, Antonio da Sangallo, i fratelli Lombardi, fino ai Della Porta, hanno contribuito alla nascita del più grande e completo ciclo scultoreo del Rinascimento mondiale. Per valorizzare questa grande opera, sono stati impiegati alcuni incassi dei lampadari, orientati dall’alto verso il basso sul rivestimento. I lampadari circondano tutto il perimetro della Santa Casa, che si trova al centro del transetto e della navata centrale.

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All’interno delle absidi (la principale centrale e le altre laterali) sono collocate le Cappelle. Le pareti interamente affrescate sono illuminate con dei lampadari di dimensioni ridotte, per lasciare il più possibile sgombra la visuale in tutto lo spazio. La ricchezza degli affreschi, ma anche le immagini devozionali e le funzioni feriali che vi si svolgono, hanno determinato la qualità e la quantità di luce necessarie. La luce illumina a diverse altezze, le volte, il pavimento e le pareti, orientando i raggi a volte con una emissione indiretta, a volte con una emissione diretta; in entrambi i casi per esaltare l’architettura e facilitare le funzioni.

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1

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Sospensione prodotto speciale

1-2

Le luci dei proiettori sono orientate a diverse altezze: le parti alte a 12 metri dal pavimento, le basse ad 8 o in alcuni casi a 2 metri dal pavimento.



Cripta dei Santi Pellegrini - Loreto Progetto illuminotecnico: Renzo Mancini, Angelo Qualiani, Alessandro Del Bufalo (Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici) Consulenza illuminotecnica: iGuzzini Illuminazione

La forza della semplicità

L’ambiente interno è semplice, quasi spoglio, con una presenza iconografica ridotta all’essenziale; l’aula principale è rettilinea e termina con un presbiterio evidenziato con mattoni a vista. La luce è nel complesso sobria, sottolinea l’ambiente, in modo da costituire il contesto che dà risalto e favorisce l’assemblea celebrante, che è la protagonista delle azioni liturgiche. Inoltre il progetto illuminotecnico tiene conto della mancanza di luce naturale nell’ambiente, per questo l’illuminazione diffusa in tutto l’ambiente è di maggior apporto al luogo di celebrazione del rito eucaristico. Il progetto fa proprie le indicazioni della Nota Pastorale: “La progettazione di nuove chiese” che la Commissione Episcopale per la liturgia ha emanato il 18 febbraio del 1993.

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Pixy

Quasar

Base Lighting

I numeri del progetto Consistenza dell’impianto. 13 Plafoniere Base Lighting per illuminare la navata centrale 20 incassi Quasar per l’illuminazione delle navate laterali 14 incassi Pixy per l’illuminazione delle scale Realizzata in occasione del Giubileo, come ulteriore spazio per i numerosi pellegrini in visita a Loreto, la cripta è interrata al di sotto della Basilica.

Sorgenti Luminose. Le lampade impiegate sono: 26 fluorescenti compatte da 24W 20 alogene dicroiche da 50W 14 alogene da 5W La temperatura di colore di tutte le lampade è di 3000°K. Prestazioni illuminotecniche. Condizioni medie di esercizio: 60 lux sui piani di calpestio 40 lux sulle navate laterali 100 lux sul piano dell’altare



Basilica S. Maria degli Angeli - Assisi Progetto illuminotecnico: Sergio Aristei, Daria Ripa di Meana, Bruno Salvatici Consulenza illuminotecnica: iGuzzini Illuminazione

Tecnologia “nascosta”

Fra il 1997 ed il 1999 l’Ordine dei Frati Minori ha deciso di restaurare la Basilica a seguito degli eventi sismici ed in previsione dell’anno giubilare. Anche l’illuminazione ha subito un totale rinnovo e la luce è stata progettata, garantendone l’uso corretto ai fini liturgici secondo le indicazioni della Nota Pastorale della Conferenza Episcopale Italiana (1996). Le indicazioni principali per la stesura del progetto, riguardavano: un adeguata illuminazione degli ampi spazi della basilica, una corretta illuminazione a servizio dei momenti liturgici, centralizzare e semplificare i comandi, evidenziare la Porziuncola ed infine valorizzare le opere d’arte. Il tutto nel modo più discreto possibile, al fine di interpretare il messaggio francescano nella sua essenzialità.

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I numeri del progetto Consistenza dell’impianto. L’impianto è costituito da più di 1.000 punti luce diversificati per applicazione e tipologia.

S.Maria degli Angeli sorge dove S.Francesco fondò l’ordine, dimorò e morì. E’ uno dei maggiori Santuari d’Italia, costruito nelle sue forme rinascimentali dal 1569 al 1679 su progetto di Galeazzo Alessi La facciata baroccheggiante è del 1928. Sotto la cupola centrale all’interno è la Cappella della Porziuncola, semplice oratorio dei sec. X-XI, decorato all’esterno da affreschi del ‘300-‘400.

Sorgenti Luminose. Le lampade impiegate sono: ad alogeni con riflettore; ad alogenuri metallici La temperatura di colore di tutte le lampade è di 3000°K.

Prestazioni illuminotecniche. Sono stati previsti i seguenti livelli d’illuminamento, in condizioni medie di esercizio: - per l’illuminazione del piano di calpestio nelle aree destinate ai fedeli: 150-200 lux; - per le volte delle navate e dei vani di raccordo: 100-150 lux; - per i piani degli altari, e le aree contigue: 300-500 lux (anche sui piani verticali dell’Officiante in direzione dei fedeli); I valori di illuminamento possono variare per esigenze liturgiche, grazie ad un programma computerizzato che regola le accensioni e i livelli di quantità e qualità di luce.


Il risultato del progetto è una realizzazione complessa, che comprende oltre 1000 punti luce controllati e comandati secondo scenari predeterminati da una stazione centrale, costituita da un quadro sinottico affiancato da un personal computer. Grazie a questi sistemi articolati di controllo, la luce è modulata nella quantità e nella qualità dell’emissione.

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La navata centrale è l’area in cui si sono realizzati gli interventi illuminotecnici più significativi ed innovativi. L’illuminazione generale della volta è stata ottenuta con una luce indiretta, prodotta dalla riflessione della luce emessa dagli apparecchi sulla superficie di colore bianco e priva di affreschi.


Questo tipo di illuminazione si è ottenuto posizionando gli apparecchi Platea sulla cornice di imposta della volta, che ha una larghezza di circa un metro, consentendo il perfetto inserimento degli stessi e la facilità di manutenzione, in quanto si accede facilmente attraverso una scala a chiocciola interna. Sono stati utilizzati i proiettori con ottica asimmetrica per l’utilizzo con lampade ad alogenuri metallici da 250W. Si è pensato di integrare l’illuminazione indiretta, in occasione di eventi liturgici particolari, con una seconda modalità di illuminazione di tipo diretto. Un ulteriore serie di proiettori, sempre posizionati sulla cornice, ma rivolti verso il basso. Gli apparecchi sono dotati di un braccio retrattile, che consente di nascondere i proiettori alla vista, quando non sono necessari, e di farli sporgere solo in caso di funzionamento.

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Platea

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Sotto la volta della navata principale corre, a 16 metri di altezza dal suolo e per tutto il perimetro, un cornicione che ospita le canaline con i cavi e gli apparecchi di illuminazione.

Zoom

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Il movimento dei bracci, ottenuto con un motorino elettrico, è sincronizzato con l’andata a regime della lampada. In questo modo gli apparecchi vengono fatti sporgere, incrementando l’illuminamento senza creare disturbi durante lo svolgimento delle cerimonie.


Nel transetto è collocata la Porziuncola. I criteri e le soluzioni adottati per l’illuminazione sono analoghi a quelli previsti per la navata. L’area del transetto può essere illuminata indipendentemente dall’accensione dell’impianto della navata centrale e dell’abside per accentuare l’effetto scenico prodotto dal piccolo edificio che si frappone tra la navata e l’abside. La Porziuncola, la piccola chiesa da cui S.Francesco ha iniziato a predicare il suo messaggio, è posta all’interno di un’altra chiesa. La luce fa emergere questa architettura minuta e sobria nel grande spazio determinato dalla Basilica. Più che sulla differenza di illuminamento, la soluzione impiegata accentua il contrasto cromatico esistente tra le pareti bianche della Basilica, rese brillanti dalla luce diffusa dei Platea, e le pareti in mattoni il cui colore caldo è stato ulteriormente valorizzato dalle lampade alogene utilizzate nei proiettori Woody.

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Woody

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Sui quattro pilastri che sorreggono la cupola e che permettono di illuminare le quattro pareti esterne ed il tetto della chiesetta, sono posizionati 8 proiettori Woody con lampade alogene da 100W.


Le cappelle laterali conservano le pitture parietali e gli altari sormontati da una grande dipinto. Considerato che il punto di vista privilegiato è quello frontale per chi osserva, gli apparecchi di illuminazione sono stati totalmente occultati per non interferire visivamente con le decorazioni presenti sulle pareti e sono stati scelti e posizionati diversificando gli effetti luminosi. Le pareti laterali sono illuminate omogeneamente da 4 apparecchi Cestello con alogene da 100W posizionati dietro il pilastro della parete opposta. Per l’altare sono impiegati altri 4 apparecchi Cestello, posizionati due a destra e due a sinistra, dietro i pilastri che delimitano l’arco di ingresso. In questo modo le ombre sono attenuate per evitare effetti esageratamente drammatici sui volumi dell’altare. Le luci creano, così, complessivamente un’atmosfera più intima che favorisce il raccoglimento e la preghiera, raccordandosi con il resto dell’ambiente.

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Cestello

Gabbiano

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Per l’illuminazione della volta sono stati utilizzati dei proiettori Gabbiano con ottica asimmetrica, per lampade alogene a tensione di rete da 300W, posti sulla cornice di imposta della volta e dietro il timpano di coronamento.



Duomo di Lucca Progetto illuminotecnico: SOLE luce per l’Arte Consulenza illuminotecnica: iGuzzini illuminazione

La luce “indiretta” del Duomo

Il progetto di illuminazione del Duomo di Lucca, ha considerato la luce in funzione della preghiera e come elemento indispensabile alla restituzione dei valori architettonici ed artistici che caratterizzano l’ambiente. Per le funzioni religiose e per le visite, la luce potrà essere modulata e regolata grazie all’estrema flessibilità dell’impianto. L’idea progettuale è incentrata sulla composizione degli effetti, equilibrando i chiari e gli scuri tra le diverse zone, al fine di realizzare un rapporto tra le luminanze che costituisce il principale obbiettivo. Fondamentale nell’illuminazione delle navate l’utilizzo della luce indiretta. Questa tecnica che prevede l’esatto studio della riflessione delle superfici e l’accurato puntamento dei fasci luminosi verso l’alto, risulta indispensabile per la completezza di qualsiasi illuminazione di grandi spazi dove sia necessario valorizzare le soffittature e sfruttarne le riflessioni. Guardando le magnifiche volte del Duomo si ricava l’impressione di trovarsi di fronte ad una delle stupende stoffe intessute nei telai dell’epoca.

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I numeri del progetto La cattedrale di S.Martino fu eretta nei secoli XI-XIII, sostanziali modifiche avvennero nei secoli XIV-XV. L’asimmetrica facciata marmorea romanica (1204) è opera in gran parte di Guidetto da Como. I fianchi della cattedrale sono trecenteschi e l’imponente abside è di tarda derivazione pisana. L’interno in forme gotiche è a tre navate su pilastri, con transetto a due navate e alti matronei a trifore.

Consistenza dell’impianto. 262 apparecchi di illuminazione raggruppati in 29 accensioni separate, 53 circuiti (di cui 3 di emergenza) Sorgenti Luminose. Le lampade impiegate sono: alogenuri metallici per la luce diretta alogene con riflettore per la luce indiretta. La temperatura di colore di tutte le lampade è di 3000°K.

Prestazioni illuminotecniche. L’illuminamento medio in esercizio è di: 110 lux sui piani di calpestio 95 lux sulle volte della navata centrale 75 lux sulle volte delle navate laterali 300-500 lux l’altare (anche sui piani verticali).


La luce indiretta contribuisce fortemente all’illuminazione complessiva di una chiesa, sia in termini di quantità di luce (perché si aggiunge ai valori della diretta), sia in termini di qualità di luce perché con la sua riflessione ammorbidisce l’emissione luminosa, restituendo un’atmosfera austera scevra da effetti drammatici.

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Miniwoody

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Per le volte delle cappelle, vengono impiegati quattro apparecchi montati ognuno su un capitello delle colonne agli angoli delle cappelle.


Le volte delle navate laterali sono illuminate direttamente tramite proiettori, collocati sull’aggetto del primo ordine dei capitelli ad un’altezza di circa 11 metri da terra. I proiettori sono puntati in modo tale che il fascio luminoso sottolinei le volte. Una illuminazione d’accento è destinata alle pale e alle opere custodite sulle navate laterali. Anche questa luce durante le funzioni religiose e per le visite dei turisti potrà essere modulata e regolata grazie alla grande flessibilità dell’impianto.

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Miniwoody

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Le volte della navata centrale e del transetto utilizzano una illuminazione indiretta che fuoriesce dalle trifore dove sono posizionati i proiettori. Il livello di illuminamento medio in esercizio è di 110 lux.



Oratorio S. Maria della Vita - Bologna Progetto e Direzione dei lavori: Francisco Giordano Consulenza illuminotecnica: iGuzzini illuminazione

Un luogo della memoria, dell’impegno, della preghiera

Il complesso architettonico che racchiude l’oratorio è il Santuario di S.Maria della Vita nel centro storico di Bologna. E’ un luogo famoso nel mondo, non solo per l’imponente cupola alta 52 metri disegnata da Antonio Bibiena, ma soprattutto perché al suo interno si conservano diversi gruppi scultorei in terracotta eseguiti in epoche diverse da Nicolò Dell’Arca e Alfonso Lombardi. Alla fine del XIII secolo un frate minore (poi proclamato beato), Riniero Barcobini Fasani, di nobile famiglia, fondò la Confraternita dei Battusti Bianchi e un ospedale, che grazie alle frequenti guarigioni fu chiamato “della Vita”. Successivamente intorno alla chiesa e all’ospedale sorse un grande santuario intitolato a S.Maria della Vita. Espropriata la Confraternita dei suoi beni in seguito alle leggi napoleoniche, l’ospedale di Bologna fu unito ad altri e divenne l’attuale Ospedale Maggiore, oggi di proprietà dell’AUSL cittadina, che possiede dunque anche il Santuario. Per le celebrazioni religiose del 2000, l’azienda sanitaria, ha progettato il recupero dell’intero complesso con un investimento di circa sei miliardi. Obbiettivo principale il restauro dell’Oratorio e la creazione di un Museo della Sanità cittadina e dell’Istituto per la Storia della Chiesa di Bologna.

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I numeri del progetto

L’oratorio deve le sue forme attuali al progetto dell’architetto bolognese Floriano Ambrosini tra il 1604 ed 1617. La vasta aula rettangolare, provvista di cantoria e organo,venne completamente decorata con eleganti e fastosi stucchi dorati, opera di Giulio Cesare Conventi e Antonio Martini. Oggi l’Oratorio viene utilizzato non solo come luogo di culto, ma anche come sala da concerti di musica sacra.

Consistenza dell’impianto. 12 Cestelli per l’illuminazione generale 4 proiettori Woody per l’illuminazione della cupola 4 proiettori Woody per l’illuminazione del gruppo scultoreo 12 frangiluce a nido d’ape per i Cestello. 2 proiettori Sirio F per l’illuminazione indiretta sopra l’altare. Sorgenti Luminose. Le lampade impiegate sono: alogene dicroiche da 50W con coni di luce diversificati: 24° sulle pareti 38° orientate verso l’alto 38° con schermo frangiluce orientate sul piano di calpestio.

I proiettori Woody utilizzano alogene da 75W con ottica flood. I proiettori Sirio F utilizzano alogene lineari da 300W. La temperatura di colore di tutte le lampade è di 3000°K. Prestazioni illuminotecniche. L’illuminamento medio in esercizio è di: 46 lux sui piani di calpestio, 44 lux sui soffitti decorati 22 lux sulle pareti laterali 63 lux sulla zona dell’altare 62 lux sul gruppo scultoreo.


Il gruppo scultoreo “I Funerali della Vergine” è uno degli esempi più importanti dell’arte di Alfonso Lombardi, realizzato intorno al 1522. Notevoli sono i riferimenti linguistici e formali alle opere di Michelangelo e Raffaello, anche sé l’immaginario a cui Lombardi attingeva è più vasto e di certo non estraneo alle rappresentazioni pubbliche di eventi sacri praticati all’epoca. E’ noto che i funerali della Vergine non sono menzionati nei testi canonici, sono invece ampiamente descritti nei vangeli apocrifi. Le quattordici figure policrome evocano con forza drammatica, il momento in cui l’ebreo tenta di capovolgere il feretro su cui giace il corpo della Vergine. L’intensità con cui ciascun personaggio partecipa alla scena trova il suo apice nell’impetuoso gesto dell’apostolo che sta per scaraventare il testo sacro sull’ebreo disteso seminudo, a cui si contrappone il contegno, non meno vigoroso, di chi assiste pregando. La drammatica espressività dei volti è sottolineata con una luce d’accento direzionata dal basso verso l’alto.

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Woody

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I quattro proiettori Woody sono nascosti alla vista e collocati al di sopra del basamento del gruppo scultoreo, opportunamente distanti dalle sculture, per non creare eccessivi problemi di calore.


Il progetto di illuminazione segue alcuni criteri fondamentali: la minor visibilità possibile degli apparecchi quindi la loro integrazione alle architetture; la necessità di orientare le luci per rendere “flessibile” l’illuminazione per i diversi impieghi previsti; la valorizzazione dei gruppi scultorei, dei dipinti e delle decorazioni. I proiettori Cestello sono collocati a 3 metri di altezza, per permettere di orientare le luci sulle pareti opposte, incrociandole per far luce sui dipinti e le decorazioni. Le luci sono diversificate nei coni di luce in base all’utilizzo: i coni di luce da 24° sono rivolti verso le pareti e le 38° sono indirizzate verso l’alto ed il basso, su quest’ultime sono stati impiegati dei frangiluce per evitare abbagliamenti.

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Sirio F

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In alcune zone particolarmente significative come l’altare, la cupola (affrescata da Gaetano Gandolfi) i dipinti, sono stati collocati sul cornicione dell’imposta dei proiettori Sirio a luce indiretta.



S. Carlino alle Quattro Fontane - Roma Progetto illuminotecnico: Paola Degni (Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici) Consulenza illuminotecnica: iGuzzini illuminazione

La chiesa: un’opera d’arte speciale

La testimonianza del passato è un valore prezioso non solo per la storia dell’arte ma anche per la teologia liturgica: oltre certi limiti si rivela la fondamentale ispirazione liturgica nella ideazione architettonica di opere e forme. Francesco Borromini crea in San Carlino alle Quattro Fontane un complesso architettonico, che è non solo un modello importante nella storia del barocco italiano, ma rappresenta anche un segno nella storia dell’Ordine Trinitario e della sua missione particolare: l’esercizio della carità redentiva e speciale culto alla Santissima Trinità. La chiesa di San Carlino ha una singolare pianta ellittica, aperta in profonde nicchie ed è sormontata da una cupola, rivestita da cassettoni a bugno d’api. Gli elementi architettonici nascono uno dall’altro senza soluzione di continuità e tutti insieme si esaltano nella concavità della cupola, raccordata alle sottostanti strutture di cui accresce a sua volta l’effetto spaziale. E’ nella cupola che tutta la chiesa acquista il senso più forte dell’altezza, leggerezza e profondità. Ottagoni, esagoni e croci greche, disposte in prospettiva, danno una completa direzione verso il centro, verso la lanterna, divisa in superfici convesse, dove si aprono piccole finestre, e nel cui fondo prendono “speciale rilievo” i simboli allusivi della Santissima Trinità.

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I numeri del progetto

San Carlino rappresenta il capolavoro di Francesco Castelli, detto il Borromini. Vero gioiello del barocco romano del Seicento, che riassume dal principio alla fine la sua attività artistica. Infatti, il chiostro, il convento e la chiesa furono costruiti dal 1634-1641, mentre il progetto della facciata è del 1664.

Consistenza dell’impianto. 20 proiettori per l’illuminazione indiretta 2 proiettori Cestello per l’illuminazione dell’altare Sorgenti Luminose. Le lampade impiegate sono 26 alogene con riflettore. La temperatura di colore è di 3000 °K.

Prestazioni illuminotecniche. L’illuminamento medio in esercizio è di: 26 lux sui piani di calpestio 63 lux sulla zona dell’altare.


Il progetto di illuminazione è stato ideato con una particolare attenzione alla conformazione architettonica, in modo da valorizzare con effetti plastici lo spazio e nel contempo creare un ambiente raccolto e mistico. Al di sopra delle cornici mistilinee, sono collocati gli apparecchi di illuminazione che direzionano la luce verso l’alto, opportunamente distanziati per ottenere una ottimale uniformità di illuminazione. L’illuminazione investe tangenzialmente le superfici curve; a sua volta la “curvatura” della luce si diffonde sobriamente e concorre con il bianco dominante a creare morbidi effetti chiaroscurali.

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La cupola riflette anche nella struttura esterna la funzione coordinatrice di tutti gli elementi architettonici che ha all’interno. Il vano ellissoidale è mascherato da un tamburo dal quale dopo tre gradini si innalza il lanternino, composto da nicchie a cui si addossano colonnette, con una cornice mistilinea nella parte superiore.


Le decorazioni e le strutture assumono una leggerezza fantastica, si raccordano in un serrato andamento plastico che riporta lo sguardo dell’osservatore al centro della cupola al sommo del lanternino, dove su un fondo dorato si staglia la Divina Colomba. La luce concorre insieme alla forma architettonica alla significazione simbolica ed alle specifiche funzioni e collocazioni degli elementi rituali. La concezione centrale dello schema spaziale e strutturale di San Carlino, la sua deformazione ottica, passa alla organica forma ellittica grazie all’impiego di una illuminazione che si fa interprete della sua “storia speciale”.

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WZ21 Gabbiano prodotto speciale

Cestello

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La posizione prescelta per il posizionamento dei proiettori è il piano superiore delle cornici mistilinee ad un’altezza circa di 16 metri da terra. Opportunamente nascosti alla vista, si distanziano a gruppi di due seguendo il sinuoso percorso delle colonne.



S. Croce in Gerusalemme - Roma Consulenza illuminotecnica: iGuzzini illuminazione

Il “centro” della chiesa

Il punto di riferimento dell’assemblea durante le celebrazioni è l’altare. Questa centralità dell’altare è nello spazio che gli gravita attorno con i suoi simboli e i suoi elementi che lo compongono: l’ambone, la sede, la croce. Non è quindi solo un punto geometrico (quasi sempre nelle piante a croce latina l’incrocio tra la navata centrale e la trasversalità del transetto) ma è anche e soprattutto il punto d’incontro ineludibile e necessario d’ogni linea, d’ogni percorso, d’ogni sguardo, d’ogni azione. Un centro che tutto attrae e da cui tutto parte s’irradia, indissolubilmente legato alla misura dell’assemblea da accogliere.

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I numeri del progetto

S.Croce in Gerusalemme è uno dei primi luoghi di testimonianza del culto cristiano. La prima costruzione risale agli inizi del sec. IV, la chiesa fu riedificata in forma di basilica nel 1144-1145 e successivamente del tutto ricostruita nel 1743 su ordine di Benedetto XIV. Settecentesche sono la facciata, l’atrio ellittico e l’interno.

Consistenza dell’impianto. 8 proiettori Lingotto per l’illuminazione indiretta dell’abside 6 proiettori Cestello per l’illuminazione del presbiterio Sorgenti Luminose. Le lampade impiegate sono: 36 alogene da 100W con riflettore, 8 alogenuri metallici da 150W La temperatura di colore è di 3000 K°

Prestazioni illuminotecniche. Sono stati previsti i seguenti livelli di illuminamento in condizioni medie di esercizio: - per la volta della abside 100 lux; - per il piano degli altari, la sede del presidente e le aree contigue agli altari in cui si officiano le Messe: 300 lux (anche sui piani verticali).


Nell’ideazione del progetto di illuminazione di S.Croce in Gerusalemme si è tenuto in particolare attenzione questo aspetto. La luce nell’abside e sull’altare si differenzia per qualità e quantità dagli altri spazi della chiesa, in modo da evidenziare visivamente la centralità del luogo dove si svolgono le principali funzioni liturgiche.

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Cestello

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L’altare si trova al di sotto della struttura a baldacchino, che a sua volta è sostenuto dalle colonne dell’antico Ciborio con uno sviluppo di architravi marmorei reso pesante da un affollarsi di angeli in bronzo. Al centro l’urna di basalto che conserva i corpi dei S.S. Cesareo e Anastasio.

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L’ubicazione dei proiettori Cestello è nella parte posteriore delle colonne, completamente nascosti alla vista dei fedeli.


Sul cornicione che corre lungo tutto il perimetro dell’abside, sono occultati dei proiettori Lingotto che illuminano la volta con una emissione di luce dal basso verso l’alto. La luce diffusa ammorbidisce l’effetto chiaroscurale e le ombre eccessivamente marcate. Il risultato è di grande valorizzazione dell’affresco (Il ritrovamento della Croce attribuito ad Antoniazzo Romano -1492) e l’ulteriore diffusione della luce nell’area del presbiterio.

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Cestello

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Lingotto

Al sommo, entro una collana di cherubini, sul cielo di perfetto turchino, è raffigurato all’interno di una mandorla il Redentore assiso e benedicente, con un libro dalla scritta: EGO SUM VIA VERITAS ET VITA. Ai lati, due gruppi di angeli.



S. Luigi dei Francesi - Roma Progetto illuminotecnico: Mario Bonomo Consulenza illuminotecnica: iGuzzini illuminazione

Il Presente nel Passato

Adeguare le chiese del passato alle nuove esigenze liturgiche dell’oggi, è una delle problematiche più diffuse nella ristrutturazione dei luoghi di culto. S.Luigi dei Francesi come molte altre chiese ha una articolazione degli spazi che risale ad un’epoca in cui la partecipazione al rito era fortemente gerarchizzata, secondo canoni che obbligavano, anche con zone balaustrate, la divisione degli spazi tra celebrante e fedeli. L’intera architettura del luogo di culto è marcatamente coerente e importante da rendere impossibile qualsiasi intervento di modifica, senza rischiare di snaturare fortemente il significato storico e architettonico. Tuttavia è necessario in ogni caso adeguare queste chiese alle nuove esigenze del culto, la luce, se opportunamente progettata, può dare nuova funzionalità agli spazi. A S.Luigi dei Francesi la nuova definizione dei poli liturgici si è quindi attuata articolando l’illuminazione secondo le funzioni degli spazi. La luce sull’area dei fedeli nella navata centrale è stata realizzata con proiettori che indirizzano la luce verso i piani di calpestio in modo da facilitare la lettura e la partecipazione dei fedeli.

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I numeri del progetto Consistenza dell’impianto. 8 proiettori per l’illuminazione dei piani di calpestio 8 proiettori per l’illuminazione indiretta della navata centrale 4 proiettori per l’illuminazione del presbiterio 2 proiettori per l’illuminazione dell’altare 1 proiettore per l’illuminazione dell’ambone S.Luigi dei Francesi è una delle più importanti chiese della nazione francese. Iniziata nel 1518 ed ultimata da Domenico Fontana nel 1589. L’interno, interamente decorato nel ‘700 con marmi e stucchi, custodisce tre capolavori del Caravaggio.

Sorgenti Luminose. Le lampade impiegate sono: 14 alogenuri metallici da 150W 1 alogenuri metallici da 70W 8 alogene lineari da 200W 23 alogene con riflettore da 100W 21 alogene con riflettore da 75W La temperatura di colore di tutte le lampade è di 3000°K.

Prestazioni illuminotecniche. L’illuminamento medio in esercizio è di: 130 lux sui piani di calpestio, 40 lux sulla navata centrale 200 lux sulla zona del presbiterio 400 lux sulla zona dell’altare e dell’ambone 300 lux sui piani verticali del presbiterio 150 lux sui quadri delle Cappelle.


Non ultimo per importanza l’intervento di illuminazione delle cappelle, che conservano capolavori pittorici di grandi autori. Per ottenere una buona illuminazione uniforme priva di fastidiosi riflessi sui tre grandi quadri della cappella, i proiettori sono stati collocati nei due angoli a fianco dell’arco d’ingresso ad un’altezza da terra di circa un metro. I proiettori sono ad otto lampade con potenza e coni di luce differenziati, opportunamente orientati in un’ampia gamma di direzioni. In questo modo la luce risulta omogenea su tutta la superficie del quadro.

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Cestello

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L’illuminamento medio sul “S. Girolamo” del Caravaggio è di 150 lux, un valore previsto dalle normative europee ai fini della conservazione delle opere d’arte.


Sul secondo cornicione della navata centrale sono stati collocati dei proiettori che illuminano le decorazioni della volta valorizzandone il gioco di luce delle dorature. Una quantità maggiore di luce è stata utilizzata nell’area del presbiterio, in modo da ottenere una differenziazione visiva della sede del presidente e dell’altare, evidenziandone il fondamentale protagonismo durante le funzioni eucaristiche. L’illuminazione in questo modo ha permesso una dilatazione dello spazio che fa percepire gli elementi architettonici (come la balaustra) non come ostacoli ma come elementi compositivi dell’ambiente. Infine un proiettore di maggiore potenza accentua l’ambone durante la lettura ed il commento delle sacre scritture.

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WR09 - WR05

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La posizione prescelta per i proiettori che illuminano il piano di calpestio della Navata e del Presbiterio è sul cornicione ad una altezza di circa 10 m da terra.



S. Maria di Montserrat - Roma Progetto illuminotecnico: Luigi Rebecchini Consulenza illuminotecnica: iGuzzini illuminazione

La chiesa come identità di una comunità

Il termine “Comunità” evoca nei cristiani significati diversi: la Chiesa universale, la Chiesa diocesana, il gruppo dei cristiani di una parrocchia, il gruppo di religiosi o di religiose di un monastero o di una casa entro un quartiere, i cristiani di un certo movimento che si raccolgono attorno ai loro circoli di studio o di preparazione. E’ la stessa “Comunità” che definisce lo spazio celebrativo, l’”impronta” caratteristica dell’ambiente. Ogni “Comunità” richiede il proprio spazio e il suo luogo di celebrazione. E’ importante per qualsiasi sacerdote e soprattutto per qualsiasi progettista, partire nella ideazione di un progetto di architettura religiosa, da questa esigenza fondamentale della Comunità: la sua identificazione nel luogo delle celebrazioni. Questa disposizione iniziale è tanto necessaria quanto indispensabile, per comprendere che lo spazio sacro è uno spazio speciale. Trasmettere, cioè, la sensazione che stiamo entrando in qualcosa di diverso e tuttavia separato dalla nostra vita di ogni giorno: vivere “un altro spazio”.

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I numeri del progetto

Rimaneggiata da Giuseppe Camporese (1821) e restaurata nel 1929, S.Maria di Montserrat è oggi chiesa “nazionale” degli Spagnoli. Iniziata nel 1518 su progetto di Antonio da Sangallo il Giovane e condotta avanti per tutto il secolo, è strutturata ad unica navata con cappelle laterali ed un ampio abside. La copertura è a botte interamente decorata come le pareti suddivise da alte lesene.

Consistenza dell’impianto. 29 proiettori per l’illuminazione indiretta della volta e dell’abside 22 proiettori Cestello per l’illuminazione delle zone di calpestio e del presbiterio 2 proiettori Edge per l’illuminazione delle arcate del coro laterali Sorgenti Luminose. Le lampade impiegate sono: 29 alogenuri metalli da 70W 66 lampade alogene con riflettore da 100W 4 lampade alogene con riflettore da 75W La temperatura di colore è di 3000 °K

Prestazioni illuminotecniche. L’illuminamento medio in esercizio è di: 100 lux sul presbiterio 80 lux sui piani di calpestio 70 lux sulla volta.


L’illuminazione di una chiesa occupa un ruolo fondamentale nella costruzione di uno spazio che nelle sue forme liturgiche e architettoniche dia identità alla Comunità. S.Maria di Montserrat è oggi chiesa “nazionale” della Comunità spagnola a Roma. La sua forma ad unica navata con cappelle laterali, ricalca (anche se con modelli architettonici diversi) la disposizione a pianta basilicale. Un'unica sala accoglie l’assemblea, secondo una geometria classica, con il punto di vista principale verso l’officiante e lo spazio del presbiterio: polo liturgico per eccellenza.

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WR22


L’illuminazione progettata tende a sottolineare tutto questo. Utilizzando gruppi di proiettori collocati al di sopra del cornicione dove poggia la volta a botte che sovrasta lo spazio architettonico. I gruppi di proiettori sono separati da circuiti che permettono di accendere la luce sulla volta (illuminazione architettonica indiretta) dai piani di calpestio (illuminazione diretta per le funzioni, la preghiera e la lettura). Il presbiterio è accentuato con un altro gruppo di proiettori che illuminano l’antico altare, il dipinto del Crocifisso in fondo all’abside e il nuovo altare posto di fronte alla balaustra.

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WR22

Cestello

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Edge

Particolare cura è stata riservata anche all’illuminazione delle cappelle laterali. Proiettori nascosti sul cornicione indirizzano la luce verso l’alto e verso i dipinti e le numerose decorazioni.



SS. Nome di Maria - Roma Progetto illuminotecnico: Luciano Billi Consulenza illuminotecnica: iGuzzini illuminazione

Le chiese a pianta centrale: ineludibile punto d’incontro

I primi edifici costruiti ufficialmente per essere solo ed esclusivamente chiesa, come è noto, risalgono all’epoca costantiniana. Sono a pianta basilicale, come nella basilica Lateranense a Roma, ma anche a pianta centrale, come a Gerusalemme, Antiochia e Costantinopoli. Gli studi di Storia dell’Arte identificano almeno tre fattori che convergono nella definizione della chiesa a pianta centrale: l’edificio battisteriale, il martyrium, cioè l’edificio memoriale del sacrificio del martire, l’influsso del pensiero cosmologico sull’architettura. La chiesa del S.S.Nome di Maria è costruita (anche se in epoca settecentesca) con questa concezione di centralità dello spazio sacro, che la fa rientrare a pieno titolo nell’ambito della tradizione architettonica cristiana.

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I numeri del progetto Consistenza dell’impianto 8 proiettori Lingotto per l’illuminazione della volta 12 proiettori Virgola per l’illuminazione dei piani di calpestio Costruita nelle attuali forme nel 1741, la chiesa del S.S. Nome di Maria fu progettata dall’architetto francese Antoine Dérizet. La cappella maggiore è opera dell’architetto Mauro Fontana.

Sorgenti Luminose Le lampade impiegate sono: 20 alogene lineari da 300W La temperatura di colore di tutte le lampade è di 3000 °K.

Prestazioni illuminotecniche L’illuminamento medio in esercizio è di: 70 lux sui piani di calpestio 100 lux sulla volta


L’interno è di forma ellittica, sovrastato dalla grande cupola che si conclude nel lanternino, traforata da otto grandi finestroni, da cui penetra di giorno la luce naturale. Sopra il cornicione circolare che corre lungo tutta la circonferenza del tamburo dove poggia la cupola, sono collocati otto proiettori (tra un finestrone e l’altro) che illuminano con grande omogeneità la cupola. I costoloni che dividono la cupola in otto spazi sono occupati nella parte inferiore, da altrettanti medaglioni in stucco che rappresentano episodi della vita di Maria. La luce viene riflessa dalla policromia degli stucchi, dagli ori delle trabeazioni e dei capitelli, e contribuisce all’intera illuminazione della chiesa conferendo all’ambiente una simbiosi straordinaria tra l’architettura e la sacralità dello spazio.

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Lingotto


La cappella Maggiore che, funge da tempo come polo liturgico per le celebrazioni religiose, è simmetrica all’ingresso principale della chiesa. Fu costruita in epoca successiva su progetto di Mauro Fontana (1750) in forme tipicamente tardo barocche. Anche le decorazioni, i capitelli le corone d’oro sono valorizzate da una illuminazione indiretta. Le luci sono posizionate sopra i capitelli o sopra i cornicioni delle volte. In prossimità delle balaustre dei coretti, sono collocati dei proiettori equipaggiati con alogene. Gli apparecchi sono tre per ogni coretto: due sono rivolti verso il basso per l’illuminazione delle zone di calpestio, ed uno è rivolto verso l’alto e contribuisce ad illuminare il cornicione circolare al di sotto della cupola. Tutte le apparecchiature sono separate da circuiti indipendenti in modo da poter articolare l’illuminazione secondo le esigenze liturgiche e funzionali. Questa soluzione progettuale di variabilità della luce consente di utilizzare l’impianto sia per l’illuminazione architettonica della chiesa e soprattutto per l’illuminazione degli spazi interni ospitanti le differenti strutture liturgiche.

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Virgola



SS. Annunziata, Complesso di S.Maria della Scala - Siena Progetto illuminotecnico: Guido Canali Consulenza illuminotecnica: iGuzzini illuminazione

Una chiesa e il suo territorio

La città di Siena è da sempre una realtà urbana assolutamente originale. Sin dal suo nascere questa caratteristica peculiare si è espressa nel suo insieme architettonico e urbanistico, realizzando quello che oggi è considerato il più grande esempio di complesso medioevale superstite in Europa. Già nel XII secolo il ruolo politico, religioso, artistico e commerciale di Siena aveva un respiro internazionale, grazie alla “strada maestra” del Medioevo, la Via Francigena, grande arteria di comunicazione che permise la crescita e lo scambio culturale, mettendo in relazione tra loro culture, linguaggi, abitudini e consumi. La costruzione di questa via permise anche un grande movimento di pellegrini e viaggiatori e consentì a Siena di accrescere la propria importanza, facendone un vero e proprio crogiuolo economico e culturale. Naturalmente lungo una strada importante come la Francigena sorsero molti piccoli ospedali nei quali i pellegrini in transito potevano trovare ricovero e cura. Nel tratto senese se ne contavano circa cinquanta, di varie dimensioni, e quasi tutti istituiti grazie a lasciti o donazioni. Il più famoso era quello cittadino di Santa Maria della Scala. Grazie ai lasciti delle grandi famiglie senesi e dalle cospicue elemosine lo Spedale acquistò un peso sempre più rilevante nell’economia della repubblica, nel territorio della quale erano tra l’altro sparse numerosissime proprietà agricole delle quali ancora oggi sono visibili numerose originali testimonianze architettoniche: le grance.

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La costruzione della chiesa risale alla fine del Duecento, venne completamente trasformata nella seconda metà del Quattrocento e vide al lavoro il celebre artista senese Francesco di Giorgio. Al suo interno si conservano oltre a numerosi dipinti e sculture, un’opera in bronzo di eccezionale interesse artistico come il “Cristo risorto” di Lorenzo Vecchietta datato e firmato dall’artista nel 1476. Inoltre sopra l’ingresso principale si trova il grande organo degli inizi del Cinquecento, caratterizzato da un elegante intaglio e da una raffinata e complessa decorazione, opera del celebre Giovanni di maestro Antonio “piffaro”.

I numeri del progetto Consistenza dell’impianto. 20 proiettori Platea per l’illuminazione del soffitto Sorgenti Luminose. Le lampade impiegate sono: 20 alogenuri metallici con temperatura di colore di 3000 °K

Prestazioni illuminotecniche. L’illuminamento medio in esercizio è di: 100 lux sul soffitto 50 lux sui piani di calpestio.


Oggi la chiesa fa parte, come l’intero complesso del Santa Maria, di un progetto di recupero funzionale grazie al Comune di Siena, che nel 1986 ha deciso di riutilizzare gli ampi spazi come “nuovo polo museale” della città. Di primaria importanza anche la costituzione di un Centro Europeo per la Ricerca sul restauro che svilupperà linee di ricerca interdisciplinare su settori particolarissimi dei beni culturali. Uno dei nuclei più antichi del complesso è costituito dalla “cappella dello Spedale”, a testimonianza della storia della devozione della città. Imponente e straordinario il soffitto a cassettoni che ricopre la grande aula della chiesa ulteriormente arricchita da affreschi sul fondo absidale e dagli altari posti lateralmente sulle pareti.

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La notevole altezza (circa 18 metri) dal suolo e l’ampiezza dell’aula hanno condotto ad una soluzione di illuminazione che separa la luce d’accento che illumina gli altari e l’affresco, dalla luce indiretta che esalta la soffittatura il materiale ed il colore, contribuendo anche, in maniera determinante, all’illuminazione generale della chiesa.

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Platea

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I proiettori sono collocati sopra il cornicione che corre lungo le pareti laterali della chiesa, ad una altezza di 11 metri circa. Le ottiche sono adeguatamente costruite per diffondere la luce sulla soffittatura senza creare differenti saturazioni di luce, ma per ottenere una illuminazione omogenea su tutta la superficie.



S. Francesco, Chiesa Auditorium - Montefalco (Perugia) Progetto illuminotecnico: SOLE Luce per l’arte Consulenza illuminotecnica: iGuzzini illuminazione

La chiesa: un contenitore di opere d’arte

L’edificio-chiesa (soprattutto quando è antico, ma non solo) è anche portatore di altri significati, profani ma pur sempre alti, che sono quelli culturali. A partire da quello architettonico per arrivare alle altre opere d’arte, scultoree, pittoriche, decorative, che in genere racchiude e conserva. Anche a questi valori va fornita una sottolineatura luminosa saggia e degna, nel pieno rispetto della specialità dello spazio sacro. Nella chiesa di S.Francesco a Montefalco (oggi Museo-Auditorium) sono conservati numerosi affreschi, primo fra tutti il Ciclo sulla vita di S.Francesco di Benozzo Gozzoli nell’abside delimitato da un Pergula in legno intagliato. Sottoposti recentemente a restauri conservativi, sono illuminati con un apparecchio Cestello sospeso sull’incrocio della volta. Ogni centro luminoso è direzionato verso gli affreschi, la luce viene proiettata a diverse altezze sia sui piani verticali che su quelli orizzontali, in modo da illuminare omogeneamente tutte le pareti dell’abside.

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Cestello sospensione Costruita tra il 1335 e il 1338, S.Francesco di Montefalco, fu il primo insediamento francescano all’interno delle mura del paese. Notevoli restauri furono eseguiti nel 1432 e nel 1440, e successivamente nel 1485 fu innalzato il campanile. Nei secoli successivi ulteriori interventi di ampliamento contribuirono a cospicui cambiamenti soprattutto all’interno della Chiesa. Dopo il terremoto del 1997 si è provveduto al pieno consolidamento strutturale, al restauro di tutta la decorazione murale e al recupero della parte sottostante la chiesa e dell’intero (oggi) complesso museale.

Il Cestello sospeso è equipaggiato con 20 centri luminosi: - 8 diretti verso l’alto - 12 diretti verso le pareti dell’abside. Ogni centro utilizza una alogena con riflettore da 75W cono di luce da 45°,temperatura colore 3000°K. Gli illuminamenti medi in esercizio sono: sulle pareti 100 lux, sulla volta 151 lux.



Chiesa di S. Adalberto - Broumov (Rep. Ceca) Progetto illuminotecnico: Jirl Pavelka Consulenza illuminotecnica: ETNA s.r.o. per iGuzzini Illuminazione

La chiesa è un bene culturale

La Chiesa dispone di beni. Questi non vanno però intesi in senso di deposito di sicurezza materiale, poiché tutti i beni della Chiesa sono ordinati alla salvezza delle anime. Soprattutto i beni culturali, che costituiscono un patrimonio storico e artistico di primaria importanza per tutta l’umanità, sono finalizzati alla missione della Chiesa, ovvero al culto, alla catechesi, alla carità nelle molteplici forme culturali. Tra le nobilissime attività dell’ingegno umano, quali sono le arti, al vertice si trova l’arte liturgica. L’arte infonde bellezza nelle cose, arte e liturgia incarnano il sacro cristiano, preservando l’oggetto dalla sua riduzione a segno solo funzionale. La liturgia è l’habitat “normale” dell’arte cristiana, la maggior parte dei beni artistici hanno provenienza cultuale o sono intimamente connessi sia culturalmente sia storicamente alle vicende liturgiche.

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La chiesa di S.Adalberto a Broumov, assieme al monastero benedettino, fu fondata prima del 1322. A seguito di numerosi incendi, dell’originale chiesa gotica a tripla navata sono giunte sino a noi soltanto alcune parti delle pareti del presbiterio, della navata centrale e del portale della torre. L’attuale aspetto barocco risale al periodo tra il XVII e il XVIII secolo ad opera dell’architetto Kilian Ignac Dienzenhofer.

I numeri del progetto Consistenza dell’impianto. 80 apparecchi di illuminazione per una potenza totale di 9,5 kW Sorgenti Luminose. Le lampade impiegate sono: 30 alogene (3000°K) 32 alogenuri metallici (3000°K) 26 fluorescenti compatte (2700°K)

Prestazioni illuminotecniche. L’illuminamento medio in esercizio è di: 300 lux sull’altare 120 lux sulla volta 75 lux sulla navata.


Nella storia dell’architettura religiosa, questo “alto sentire” è tanto più forte se paragonato alla “sovrana armonia” delle basiliche antiche, all’architettura “orante” delle chiese gotiche, alla “gioia” che ci trasmettono le chiese barocche. Entrando nella chiesa di S.Adalberto a Broumov si è immediatamente investiti dai cromatismi e dalle figure accuratamente studiati in armonia con la sapiente distribuzione di colonne, paraste, vele e aperture, per consentire, col trionfo del barocco, di creare immagini che allargano gli spazi e realizzano giochi di luci e ombre di grande suggestione. Tutto contribuisce a disegnare una Chiesa trionfante in uno spazio maestoso. E’ naturale, quindi, che l’illuminazione artificiale sia fortemente condizionata da queste premesse, essa dovrà esaltare i valori simbolici, artistici e culturali con un uso sapiente nella quantità e qualità dell’emissione luminosa. L’idea di base del progetto illuminotecnico è quella di distinguere le diverse parti dello spazio per mezzo di diversi livelli di luminanza. L’illuminazione della volta centrale (alta 22 metri) tende a sottolineare l’altezza dello spazio con una forte saturazione di luce. La luce diffusa sulla volta si avvicina molto alla luce naturale, ed enfatizza la ricchezza delle decorazioni.

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La volta è illuminata da proiettori Platea posti sul cornicione a 15 metri dal pavimento, dotati di lampade a ioduri metallici da 150W. L’ottica asimmetrica dei proiettori garantisce che la volta venga illuminata in maniera uniforme.

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Le sei cappelle, che sono dislocate su entrambi i lati della navata principale, vengono illuminate per mezzo di due sistemi. Il primo con proiettori Woody equipaggiati con alogene da 100W, che illuminano direttamente ed il secondo che illumina il soffitto con altri proiettori Woody posti sui lati delle cappelle ad una altezza di 2,2 metri.


Ad una altezza di 15,5 metri sul livello del pavimento un cornicione largo circa 1 metro corre lungo tutto il perimetro della chiesa. E’ in questo spazio che si sono collocate le apparecchiature di illuminazione per evitare fastidiosi abbagliamenti e per fare in modo che non fossero direttamente visibili, poiché la luce deve dare forma alle cose ma le apparecchiature che la producono non dovrebbero essere viste. L’altare principale e il nuovo altare sono illuminati con dei proiettori Cestello dotati di lampade alogene da 100W. Gli apparecchi sono disposti su due diversi livelli di altezza: il primo sul cornicione ed il secondo sulla galleria superiore.

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Platea

Woody

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Radius

Un’illuminazione uniforme e diffusa all’interno della navata principale è ottenuta per mezzo del posizionamento degli apparecchi sul cornicione perimetrale. Il flusso luminoso dei proiettori è diretto verso le pareti della navata e sui piani di calpestio. I prioiettori Platea sono dotati di lampade a ioduri metallici da 250W.

Cestello


La piazza del Duomo di Lecce racchiude alcuni fra i più prestigiosi gioielli dell’architettura barocca leccese; su un’area che conserva ancora la struttura originaria di un cortile, si affacciano: il Duomo, sorto intorno alla metà del ‘600 ad opera di Giuseppe Zimbalo, il palazzo arcivescovile di Emanuele Manieri e il palazzo del Seminario, di Giuseppe Cino.

I numeri del progetto Consistenza dell’impianto. 43 Light Up Walk e 10 proiettori che illuminano gli edifici; 10 proiettori che illuminano le parti alte degli edifici. Sorgenti Luminose. Le lampade impiegate sono: ad alogenuri metallici 70W La temperatura di colore di tutte le lampade è di 3000°K. Il porticato internamente è illuminato con lampade ad incandescenza Xenon 8W. Temperatura di colore 2800°K.

Prestazioni illuminotecniche. L’illuminamento delle facciate è di 50 lux in condizioni medie di esercizio. La piazza è illuminata soltanto dalla luce riflessa dalle facciate.


Duomo di Lecce Progetto illuminotecnico: Mario Bonomo per l’Enel Consulenza illuminotecnica: iGuzzini Illuminazione

Un messaggio luminoso nella città

L’illuminazione degli esterni di una chiesa può essere giustificata non soltanto dal suo rilievo storico o architettonico, ma anche perché ne sia costantemente richiamata e messa in evidenza la presenza in ogni comunità. Per questo la luce gioca un ruolo fondamentale nella funzione di richiamo e di segno urbano. La tecnica utilizzata per illuminare gli spazi e i volumi della piazza, della facciata e del sagrato del Duomo di Lecce, è la proiezione della luce dal basso verso l'alto. Le statue e le decorazioni che caratterizzano l’architettura sono valorizzate in un gioco di chiaroscuri che si crea con questa illuminazione “radente” alle pareti. Le parti più alte delle facciate sono illuminate da proiettori posti sugli edifici che le fronteggiano, a completamento dell’illuminazione.

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Light Up Walk

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Il progetto di illuminazione, schematizzato nelle planimetria, ha cercato di valorizzare l’architettura limitando al massimo l’intrusività dell’impianto, evitando la scelta di impiegare prodotti su palo.

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I proiettori Light Up Walk indirizzano verso le murature una lama di luce che lambisce la superficie con un’apprezzabile diffusione.



Cattedrale di S. Barbara - Kutna Hora (Rep. Ceca) Progetto illuminotecnico: Ladislav Monzer Consulenza illuminotecnica: ETNA s.r.o. per iGuzzini Illuminazione

L’”edificio-chiesa”: un bene architettonico e monumentale

Gli “edifici-chiesa” sono, in particolar modo quelli con qualità storico-artistiche ben definite, inseriti in un contesto urbano e né segnano profondamente la storia. A seconda dell’epoca in cui sono stati costruiti, assumono una loro significazione che testimonia una particolare atmosfera a cui concorrono le masse e i volumi, il gioco dei piani e dei vuoti, i colori, e così via. Diventa importante che l’illuminazione consista semplicemente nel “dargli vita”, cioè nel mostrarli così come sono stati pensati e realizzati (gran parte in epoche dove la luce artificiale non era stata ancora inventata) esaltando le loro peculiarità e integrandole nell’ambiente urbano. L’obbiettivo fondamentale dell’illuminazione di questi “monumenti” è la corretta ricostruzione, dopo un attento studio dell’evoluzione delle ombre, del loro stile architettonico. L’illuminazione artificiale deve avvicinarsi il più possibile all’illuminazione diurna, perché gli edifici storici furono progettati per essere visti con la luce del giorno ed a questo scopo furono disegnate le facciate, disposti i volumi e scelti il colore, la struttura, le forme e i materiali.

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La Cattedrale di S.Barbara è un capolavoro unico dello stile tardo gotico, la cui costruzione iniziò prima della fine del XIV secolo. Entro il 1420 la parte centrale, con un anello di cappelle deambulatorie, era già stata costruita grazie ai capomastri reali di Praga, tra i quali figurava Johann Parler, figlio dell’architetto della Cattedrale di S.Vitus. Stupendamente ricca di opere d’arte conservate all’interno, la cattedrale appartiene al patrimonio culturale e religioso della nazione Ceca.

I numeri del progetto Consistenza dell’impianto. 84 apparecchi di illuminazione per una potenza totale di 19,2 kW Sorgenti Luminose. Le lampade impiegate sono: 41 alogenuri metallici 43 vapori di sodio

Prestazioni illuminotecniche. L’illuminamento medio in esercizio è di: 100 lux sull’edificio 250 lux sulla copertura della chiesa


L’idea di base nell’illuminazione della Cattedrale di S.Barbara scaturisce da queste premesse. Essa presenta tre obbiettivi progettuali fondamentali: l’unicità dei volumi della chiesa, il colore e la texture delle superfici e dei materiali, i punti di osservazione individuati a tre distanze diverse: più ravvicinata la prima, a media distanza la seconda, più lontana (quasi panoramica) la terza. L’illuminazione è articolata su livelli diversi di intervento. Le guglie che rapidamente salgono verso l’alto sono illuminate da 12 proiettori Lingotto posti sugli angoli dei tetti. Il cono di luce stretto accentua l’effetto ascensionale. Altri 4 proiettori illuminano, con un cono di luce più ampio, la copertura centrale e altri proiettori completano l’illuminazione dei tetti più piccoli. La temperatura di colore delle lampade è di 4200 °K. Il livello più alto delle facciate è illuminato con dei proiettori posizionati dietro ai sostegni laterali della cattedrale. I coni di luce sono aperti, pensati per osservare agevolmente l’edificio da diverse distanze, senza avere fastidiosi abbagliamenti.

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Lingotto


Il livello più basso si integra all’illuminazione della parte alta grazie all’utilizzo di proiettori incassati a terreno, lungo l’intero perimetro della cattedrale. Tutte le luci sono con una temperatura di colore di 2500 °K, che esalta il colore caldo del materiale della facciata. Completa il progetto la luce proiettata da strutture esterne all’edificio, che opportunamente orientata tende ad equilibrare le luminanze sulle facciate e sull’abside, rendendo particolarmente efficace la visione panoramica della Cattedrale.

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Light Up Walk



Santuario di Padre Pio - S. Giovanni Rotondo (Foggia) Progetto architettonico: Renzo Piano Progetto illuminotecnico: Piero Castiglioni Consulenza illuminotecnica: iGuzzini Illuminazione

Nel nuovo millennio: speciale S. Giovanni Rotondo

“Io tendo a dare all’ostinazione un valore positivo, perché non la identifico con la cocciutaggine di chi non accetta critiche, ma con la legittima convinzione di chi difende le proprie idee. Quand’è così, insistere diventa un imperativo morale, una sorta di missione”. In questo modo su “Giornale di Bordo”, testo dedicato ai maggiori progetti di architettura dal 1966 al 1996, Renzo Piano inizia il racconto del progetto dell’Aula Liturgica per Padre Pio a S.Giovanni Rotondo. La storia prosegue e racconta di come Padre Gerardo, economo della Provincia da cui dipendono i Cappuccini di San Giovanni Rotondo, si reca presso lo studio di Renzo Piano insieme all’Ing. Giuseppe Muciaccia (oggi Direttore dei lavori) a richiedere ufficialmente la progettazione della nuova chiesa, che ospiterà centinaia di migliaia di pellegrini ogni anno.

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La grande aula liturgica ha forma di conchiglia. Ospiterà 7200 persone in 6000 mq coperti; altre 30.000 troveranno posto sul sagrato. La struttura è costituita da 17 grandi archi in pietra con campate che arrivano a 45 m di luce. Gli archi risultano tra loro sfalsati di 10° e alternati tra primari interni, più grandi, ed esterni più piccoli. L’illuminazione sarà necessariamente diversificata per funzioni, e riguarderà anche gli ampi spazi esterni della chiesa come il sagrato, che sarà in grado di ospitare fino a 30.000 persone (altre 7200 sarà possibile ospitarle all’interno) che potranno seguire, grazie alla trasparenza della facciata, le celebrazioni religiose.


“La richiesta fu molto gentile: avrei dovuto progettare io il tempio. Esitai, poi dissi no: l’idea mi spaventava. Qui credevo finisse la storia, e invece era solo l’inizio. La mattina dopo dal fax del mio studio uscì un messaggio insolito. Era la benedizione personale di Padre Gerardo. Che si ripeté l’indomani, l’indomani ancora, e tutte le mattine delle tre settimane successive, fino al giorno in cui accettai. “Con la perseveranza guadagnerete le anime vostre (Luca 21,19)”. “Sono trascorsi un po’ più di nove anni dal giorno in cui l’Architetto Renzo Piano mi telefonò per chiedermi se accettavo di essere il suo consulente teologico per una grande chiesasantuario.” In questo modo inizia il racconto di Padre Giacomo Grasso e prosegue: “Le idee che stesi nelle settimane successive al primo incontro le raccolsi in qualche cartella dattiloscritta che consegnai a Piano, ai suoi collaboratori e ai Padri Cappuccini che parteciparono ad un ulteriore incontro. Dopo la pubblicazione su “La Voce di Padre Pio”, le inserii nel libro “Come costruire una chiesa”. Teologia, metodo, architettura (Roma, Borla, 1994). Erano idee che partivano dall’ecclesiologia di comunione come emerge dal documento sulla Chiesa del Vaticano II; idee che tenevano conto della figura schiva di Padre Pio, un autentico figlio di Francesco”.

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Queste due importanti testimonianze, ci confermano l’assoluta necessità di affrontare la progettazione dei luoghi di culto attraverso il contributo fondamentale di più specialisti del settore insieme ad esperti di liturgia, facendo ricorso a opportune simulazioni e a verifiche sperimentali adeguatamente controllate. La chiesa di Renzo Piano è dotata di una struttura innovativa, formata da ampi arconi in pietra locale che si accompagna al legno secondo l’antica tradizione delle chiese cappuccine. All’interno la pavimentazione curverà, diventerà concava, creando un effetto speculare con la cupola che sovrasta l’intera costruzione. Nella chiesa di Padre Pio, la pietra sarà selciato e copertura, ma anche materiale strutturale: la campata principale di oltre cinquanta metri rappresenterà forse il più lungo arco portante in pietra mai realizzato. Le arcate di sostegno in pietra saranno disposte in modo radiale. Anche la progettazione impiantistica (compresa quella illuminotecnica) sarà coerentemente coadiuvata da più figure specialistiche. La luce giocherà un ruolo fondamentale nella fruizione della chiesa, sia per le celebrazioni, che per le visite dei pellegrini. Infatti l’Aula Liturgica di Padre Pio prevede un utilizzo anche culturale, specialmente d’estate quando potrà accogliere concerti di musica sacra.

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Grande importanza avrà anche la presenza dell’arte: artisti da tutto il mondo sono stati chiamati a interpretare il programma iconografico studiato da Monsignor Crispino Valenziano, tra tutti spicca il nome di Arnaldo Pomodoro (fig.1-2). Nella sua “Lettera agli artisti” del 4 aprile 1999 Papa Giovanni Paolo II, citando il grande storico della teologia e teologo M. Dominique Chenu (1895-1990), afferma che le opere d’arte sono “luoghi teologici”, rimarcando così la fondamentale importanza che le opere d’arte hanno all’interno dei luoghi di culto. Naturalmente l’illuminazione di queste, sarà adeguatamente commisurata ed a servizio della necessaria contemplazione.

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Croce, 1999, particolare del modello in gesso, 240 x 250 x 35 cm


Postfazione

La bellezza della luce

La luce è la matrice generativa dello spazio e dei suoi luoghi ed è la chiave musicale dell’armonia” (C. VALENZIANO, Architetti di chiese, L’epos, Palermo 1995, 117). La testimonianza biblica - “Dio disse: "Sia la luce!". E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona” (Gen 1,3-4). All’origine della creazione del mondo la Bibbia pone la luce. È una scelta significativa, in qualche modo una partecipazione della creazione alla natura stessa di Dio, perché, come dice S. Giovanni: “Dio è luce” (1Gv 1,5) e “vita” (Gv 11,4). Il simbolismo della luce percorre tutti i testi sacri ed è stato sviluppato sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento. Nella tradizione ebraica esso è applicato alla presenza e manifestazione di Dio, sia nelle teofanie, sia nel possesso della sapienza, riflesso della luce perenne, specchio senza macchia dell’attività di Dio e un’immagine della sua bontà (Sap 7,26), sia nella partecipazione alla sua grazia e alla sua vita eterna. Gesù, il Figlio di Dio, il Verbo di Dio, viene presentato nel Prologo del Vangelo di Giovanni come la “luce vera che illumina ogni uomo” (Gv 1,9). L’evangelista Luca, nei cosiddetti Cantici evangelici, presenta Gesù come sole che sorge, il quale verrà a visitarci dall’alto per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte e dirigere i nostri passi sulla via della pace” (Lc 1,78-79) e come “luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele” (Lc 2,32). Gesù stesso userà il simbolismo della luce e l’applicherà a se stesso: “Io sono la luce del mondo, chi segue me non cammina nelle tenebre ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12; cfr. Gv 9,5; 12,46). Questi testi hanno costituito la base teologica per la riflessione e l’arte cristiana nei secoli. Tutto il capitolo 9 del Vangelo di Giovanni, la guarigione del cieco nato, ruota attorno al tema della luce e costituisce uno dei tre temi fondamentali, insieme all’acqua e alla vita, della catechesi battesimale. Il simbolismo della luce è applicato, poi, anche ai cristiani e discepoli di Gesù: “Voi siete la luce del mondo. ...Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre buone opere e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli” (Mt 5,14.16). In quanto “figli della luce” (Lc 16,8), i cristiani non devono rimanere nelle tenebre (Gv 12,46) come i “figli di questo mondo” (Lc 16,8), e cioè nel male e nel peccato. “Chi infatti, fa il male odia la luce e non viene alla luce, perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio” (Gv 3,20-21). Questa opposizione luce-tenebre avrà, poi, un grande sviluppo nella teologia morale cristiana, soprattutto in prospettiva della “venuta” del Signore, che può sorprendere i cristiani addormentati (senza le lampade accese: cfr. Mt 25,1-13) o peggio ancora intenti alle “opere delle tenebre”: “Voi, fratelli, non siete nelle tenebre, così che quel giorno possa sorprendervi come un ladro: voi tutti, infatti, siete figli della luce e figli del giorno; noi non siamo della notte né delle tenebre” (1Tess 5,4-5). La visione escatologica del regno di Dio, la città santa, la Gerusalemme celeste, viene infine presentata dall’evangelista Giovanni come inondata di luce, “risplendente della gloria di Dio, il cui splendore è simile a quello di una gemma preziosissima” (Ap 21,10-11), e, inoltre “non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello” (Ap 21,23). Così nella Bibbia troviamo profondamente radicato il simbolismo della luce sia applicato a Dio che all’uomo, a Cristo come alla Chiesa. Ma soprattutto vediamo che la luce non è soltanto un mezzo di espressione, un segno per il linguaggio teologico, ma la maniera attraverso cui Dio si manifesta e comunica se stesso. Gli sviluppi patristici - Questo patrimonio, “tesoro” teologico, diciamo così, presente nella Parola di Dio, viene ampiamente sviluppato nel corso della vicenda storica dei cristiani, innanzitutto nel loro linguaggio teologico, morale e liturgico. Nel venerando testo della Didaché o Insegnamento degli Apostoli, il più antico testo cristiano, diciamo, non canonico, si inizia il discorso con questo paragone: “Ci sono due vie, una della vita e una della morte; ma tra le due c’è una grande differenza “ (Didaché 1,1) e seguita poi la esplicitazione dell’una e dell’altra via. Questo Trattato delle due vie, come si suole chiamarlo, ebbe in antico una grande diffusione: in ambito giudaico, soprattutto nelle comunità di Qumran, che nella Regola della comunità (o Manuale di disciplina) parlano di due spiriti presenti nell’uomo, in contesa tra loro, lo spirito di verità e lo spirito di ingiustizia (menzogna); le origini della verità sono in una sorgente di luce, quelle della ingiustizia in una fonte di tenebre. Si parla, inoltre, di “principe della luce” e di “figli della luce” e “figli delle tenebre”. In ambito cristiano lo troviamo, oltre che nella Didaché nella Epistola di Barnaba, la Doctrina Apostolorum e le Costituzioni degli Apostoli. Nella lettera di Barnaba si dice espressamente: “Vi sono due vie dell’insegnamento e dell’autorità: quella della luce e quella delle tenebre. Grande è la differenza tra le due. A una infatti sono preposti gli angeli di Dio portatori di luce, all’altra, invece, gli angeli di satana” (Epistola di Barnaba 18,1). Sebbene di fatto l’opposizione fra le due vie viene evocata per indicare un modo di vivere e agire, è evidente che la contrapposizione ha radici teologiche e delle identità di fondo ben contraddistinte. E ciò si traduce poi inevitabilmente nella prassi battesimale. In quel momento, infatti, in cui si definisce l’identità del cristiano, la scelta della “luce” e il rinnegamento delle “tenebre” sono ben evidenziati. Innanzitutto il Battesimo, o meglio il processo di iniziazione cristiana con i tre sacramenti del Battesimo, Cresima ed Eucaristia, viene chiamato

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illuminazione (Giustino, I Apologia 61; Clemente Alessandrino, Pedagogo I, 6, 26; Cirillo di Gerusalemme, Catechesi 18, 32). Quando l’”illuminando” si immergeva nell’acqua, si volgeva verso Occidente e faceva la rinuncia: “Rinuncio a te, Satana! Voglio ora dirvi - commenta S. Cirillo - perché vi siete volti all’Occidente. Siccome l’Occidente è la regione materiale delle tenebre, e il demonio è l’oscurità che domina nelle tenebre, avete guardato a Occidente per rinunziare con gesto simbolico al principe delle tenebre e delle caligini” (Cirillo di Gerusalemme, Catechesi 19,4). E quando, al contrario, l’illuminando emergendo dall’acqua, faceva la professione di fede, si volgeva verso l’Oriente, verso la luce. Continua Cirillo: “Questo è il significato del gesto che fai di volgerti dall’Occidente all’Oriente, regione della luce, e della professione di fede che ti si richiede di fare nello stesso momento dicendo: Credo nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo” (Catechesi 19,9). Così sono le celebrazioni più significative dell’anno liturgico. La Veglia pasquale con il rito del fuoco nuovo, del cero e delle luci, il canto dell’Exultet, con la lode del cero e della nuova luce/Cristo. Bisognerebbe leggere i discorsi di S. Agostino, per rendersi conto della bellezza di questa notte. Al crepuscolo del sabato, quando cala la sera, ovunque si accendono le lampade, le case si illuminano, comincia la Pasqua. Sera di primavera, quando la terra si risveglia, con un odore caldo e umido. Ippona si trasforma in un mare di luci... Ormai la folla si è riversata nella grande Basilica dove crepitano le fiaccole” (A. HAMMAN, La vita quotidiana nell’Africa di S. Agostino, Jaca Book, Milano, 1989, 226-227). Sullo stesso modulo della luce è stata poi costituita la festa del Natale, che, anche in relazione alla festa romana del dies solis invicti, è diventata la festa della luce e del sole/Cristo, che è venuto ad illuminare ogni uomo con lo splendore della sua divino-umanità. Sull’onda del Natale giocano con la stessa tematica sia la festa dell’Epifania o Manifestazione del Signore sia quella del 2 febbraio, Presentazione del Signore o Ipapante (Incontro), come viene denominata in Oriente. A livello liturgico il tema di Cristo-luce ha poi quotidianamente un risalto particolare nella preghiera delle Lodi del mattino e dei Vespri della sera. Basti citare a proposito le considerazioni di S. Cipriano: “Quando poi il sole tramonta e viene meno il giorno, bisogna mettersi di nuovo a pregare. Infatti, poiché il Cristo è il vero sole e il vero giorno, nel momento in cui il sole e il giorno del mondo vengono meno, chiedendo attraverso la preghiera che sopra di noi ritorni la luce, invochiamo che Cristo ritorni a portarci la grazia della luce eterna. ... Se nella Scrittura Cristo è il vero sole e il vero giorno, non si esclude nessuna ora in cui i cristiani non possano adorare Dio con frequenza, anzi sempre. Noi che siamo in Cristo, cioè nel vero sole e nel vero giorno, perseveriamo tutto il giorno nella preghiera. E quando secondo le leggi dell’universo s’avvicina successivamente risospinta la notte, le tenebre notturne non possono recare nessun danno a coloro che pregano, perché ai figli della luce anche la notte è giorno. Chi possiede la luce nel cuore, quando mai ne sarà privo? Quando mai è senza sole o giorno, chi ha Cristo per sole e giorno? Noi che siamo in Cristo, cioè sempre nella sua luce, non dobbiamo cessare di pregare di notte” (S. Cipriano, La preghiera del Signore, 35-36). La tradizione liturgica ha sviluppato particolarmente questo simbolismo della luce nel rito del Lucernario dei Vespri, con l’accensione della lampada e l’inno al Cristo-luce e negli Inni delle Lodi mattutine e dei Vespri che fanno riferimento a questo tema teologico. Ecco la testimonianza della Tradizione Apostolica di Ippolito: “Quando il vescovo è presente, venuta la sera, il diacono porti la lucerna. Stando in piedi in mezzo ai presenti, il vescovo renderà grazie. Ti rendiamo grazie, Signore, per il tuo figlio Gesù Cristo, nostro Signore, per mezzo del quale ci hai illuminati rivelandoci la tua luce incorruttibile. Poiché, dunque, noi abbiamo vissuto un giorno intero e siamo giunti all’inizio della notte, appagati della luce del giorno, che tu hai creato per la nostra sazietà, e poiché ora, per tua grazia, non ci manca la luce della sera, noi ti lodiamo e ti glorifichiamo per il tuo figlio Gesù Cristo, nostro Signore, per il quale a te gloria e potenza e onore con lo Spirito Santo, oro e sempre e nei secoli dei secoli (Tradizione Apostolica 25). Non è inutile ricordare che il rito della lampada fa parte proprio dell’inizio della liturgia ebraica del sabato, quando la madre di famiglia, accende due candele e recita la preghiera di benedizione. La luce, che non va mai spenta, è l’espressione materiale della bellezza e del sens celati nel tempo quotidiano, il suo splendore e il suo calore evocano lo splendore e il calore del sabato da accogliere e assecondare” (C. DI SANTE, La preghiera d’Israele, Marietti, Casale Monferrato, 1985, 154). Così nella composizione degli inni per la Liturgia delle Ore sia in Oriente che in Occidente ha avuto un forte richiamo il tema della luce: “I nostri padri credettero che una grazia come la luce vespertina non possa essere accettata in silenzio, senza rendere grazie a Dio” (S. Basilio, Trattato sullo Spirito Santo 29, 73). Il famoso inno Phos ilaròn, gli inni di S. Gregorio Nazianzeno, S. Efrem il Siro e Romano il Melode in Oriente, di S. Ambrogio, Sedulio, Prudenzio, Paolino di Nola in Occidente sono una ulteriore poetica testimonianza della preghiera della Chiesa che si costituisce in modo particolare attorno al tema della Luce. Anche per questa tradizione giova ricordare che le preghiere di benedizione che precedono lo Shemà al mattino e alla sera hanno come tematica la luce (vedi C. DI SANTE, La preghiera di Israele, Marietti, Casale


Monferrato, 1985, 65-66; 74). Possiamo concludere, dunque, affermando che il tema della luce/illuminazione non è tanto elemento esterno, materiale, funzionale della celebrazione e della liturgia cristiana, ma un centro teologico, benché simbolico, portante di ogni rito e avvenimento liturgico. La testimonianza dell’arte - Rimane da accennare, per essere un po’ più completi, al ruolo che la luce/Cristo ha svolto nell’arte cristiana. Così fin dalle origini delle prime costruzioni o adattamenti di chiese, ossia i luoghi di preghiera e di incontro della comunità cristiana, queste sono state rivolte verso l’Oriente, verso Est, ovvero verso il punto cardinale da dove sorgeva il sole, in modo tale che la preghiera della comunità cristiana, fosse sempre rivolta a Cristo, sole e luce della vita. Tale uso era d’altronde già testimoniato dall’orientamento della preghiera stessa: i cristiani, a differenza degli ebrei che si volgevano verso il tempio di Gerusalemme, quando pregano si volgono verso Oriente, ossia verso Cristo, luce del mondo e sole di giustizia. “E poiché l’alba è un’immagine del giorno della nascita, è il luogo dove la luce avanza dall’oscurità, lì ha pure albeggiato su quelli avvolti dalle tenebre un giorno di conoscenza della verità; le preghiere vengono fatte verso l’alba a oriente, secondo il sistema del sole” (Clemente Alessandrino, Stromati VII, 7,43,6-7). Vennero, poi, le icone, in cui lo splendore della bellezza del volto di Cristo e dei santi si imprime in maniera singolare e si sprigiona in forma davvero insuperabile. Legati alla tradizione orientale bizantina sono i mosaici, in cui davvero la luce gioca un ruolo fondamentale. Come non ricordare l’iscrizione di Ravenna: “Hic lux aut orta aut capta libera gubernat (Qui la luce o vi è nata o, fatta prigioniera, libera governa)”? Nell’arte romanica e bizantina delle basiliche e dei monasteri la luce ha un ruolo fondamentale. Oltre che di servizio per le celebrazioni e la vita della comunità, essa ha lo scopo pedagogico di insegnare al cristiano a contemplare il mondo visibile e fugace, come metafora del vero mondo invisibile e eterno, la chiesa materiale come copia della Gerusalemme celeste; ed, infine, come specchio della comunità celebrante in prospettiva di quella escatologica definitiva ed eterna. I temi biblici e apocalittici della luce ritorneranno impressi nelle volte o nelle absidi, nelle cripte o nelle colonne, nelle finestre o nei portali, nell’interno e nell’esterno. Nell’arte gotica “si va alla ricerca di grandi spazi luminosi e cromatici” (J. PLAZAOLA, La chiesa e l’arte, Jaca Book, Milano, 1998, 45): le finestre si allungano e si innalzano; le vetrate istoriate, al riflesso della luce solare, proiettano vari fasci e gradazioni di luce a seconda delle ore del giorno: tutto porta alla ricerca di un incontro con l’Eterno che richiede lunga pazienza e profonda contemplazione. Con il rinascimento cambia la pietà, il rapporto dell’uomo con Dio e con il mondo e cambia anche lo stile delle chiese e di conseguenza il ruolo della luce: ora tutto sembra inquadrato in un razionale e geometrico disegno, con uno spazio centrale unico inondato di luce, dalle essenzialità e semplicità del cinquecento fino alla ridondanza e ricchezza di stucchi e decorazioni, statue e fregi del barocco settecentesco. La situazione attuale - Il Concilio Vaticano II con la Costituzione Sacrosanctum Concilium sulla S. liturgia ha costituito un “nuovo” orientamento teologico anche per ciò che riguarda l’arte liturgica in genere e il ruolo della luce in particolare. Il Capitolo VII di tale Costituzione si dedica in particolare all’arte sacra , attribuendo ad essa la finalità di orientare a Dio le menti degli uomini, incrementando la sua lode e la sua gloria, di consentire lo svolgimento dignitoso delle celebrazioni liturgiche e di favorire la partecipazione attiva dei fedeli. Dentro questa triplice finalità si lascia ampio spazio alla creatività nella attenzione a “quel mirabile concento di gloria che uomini eccelsi innalzarono nei secoli passati alla fede cattolica” (Sacrosanctum Concilium 123). Successivamente, a cura della Conferenza Episcopale Italiana, sono stati emanati due documenti, uno del 18 febbraio 1993: Progettazione di nuove chiese; l’altro del 31 maggio 1996 Adeguamento delle chiese alla riforma liturgica. Per le chiese di nuova costruzione si dice: “In un’attenta progettazione, la luce naturale concorre nell’architettura ad assicurare rilevanti effetti estetici, ma deve consentire anche i giusti livelli di luminosità funzionale, sia per l’assemblea sia per lo spazio presbiterale e altri spazi, in modo che nelle ore diurne non si debba fare che un limitato uso di altre fonti di luce. La luce artificiale dovrebbe rispecchiare il più possibile le funzioni della luce naturale. Fatta salva l’esigenza delle luci di servizio, delle luci di emergenza, delle spie luminose per le norme di sicurezza, il quadro elettrico sia ubicato in sacrestia e qui facciano capo i comandi di tutti i circuiti della chiesa. Assicurate le esigenze fondamentali di luminosità (come del resto anche quelle termiche e di aerazione), occorre che vengano precisate le possibilità di soddisfare richieste liturgiche più frequenti della comunità (liturgie eucaristiche feriali, festive, celebrazioni sacramentali non eucaristiche, momenti dell’anno liturgico ecc.), ma anche garantite le condizioni per affrontare eventi più rari e straordinari (ad es. veglie di preghiera, rappresentazioni sacre ecc.” (COMMISSIONE EPISCOPALE PER LA LITURGIA, Nota pastorale, La progettazione di nuove chiese, n. 30). Per le chiese antiche da adeguare alle nuove esigenze: a) Il progetto di adeguamento liturgico delle chiese deve comprendere i progetti

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dell’impianto elettrico e di illuminazione e, se del caso, dell’impianto di climatizzazione, di diffusione del suono, antifurto e antincendio. Bisogna tener conto del fatto che gli impianti si inseriscono come elementi di novità in un contesto che non li prevedeva, ed è quindi necessario studiare con attenzione il loro inserimento fisico, formale e funzionale nell’edificio in modo da soddisfare le esigenze delle celebrazioni che avvengono nella chiesa e delle opere in essa contenute. Ne consegue che tali progetti dovranno essere affidati a specialisti, esperti nel rispettivo campo, e predisposti sotto la supervisione del progettista, senza dimenticare una realistica valutazione dei costi della messa in opera, la gestione, la manutenzione. Una volta approvati, i progetti degli impianti saranno realizzati da imprese specializzate che opereranno sotto il diretto controllo e responsabilità del progettista. Le tavole di progetto degli impianti dovranno essere consegnate al committente che le conserverà nell’archivio della chiesa. Per la gestione e manutenzione degli impianti, che sarà particolarmente curata, si farà riferimento ad un apposito manuale di istruzioni per l’utente. b) Per quanto riguarda l’impianto di illuminazione, oltre a quanto già detto nella Nota pastorale La progettazione di nuove chiese, si raccomanda di curare al massimo il suo rapporto con la luce naturale la quale deve mantenere le proprie caratteristiche, che variano molto a seconda delle epoche e delle architetture. In particolare, si ricorda che la collocazione di nuove vetrate a colori modifica sensibilmente la luce naturale e la percezione dei valori cromatici nelle chiese: perciò vanno studiate con cura, caso per caso, sia l’opportunità che la modalità di realizzarle. L’impianto di illuminazione artificiale sia studiato in modo da tenere conto in primo luogo delle esigenze connesse con la celebrazione liturgica, in secondo luogo delle esigenze della conservazione delle opere e delle necessità dei visitatori e dei turisti, evitando tuttavia l’eccessiva luminosità. Considerata la delicatezza del problema, è necessario che il progetto di illuminazione artificiale venga studiato da specialisti del settore insieme ad esperti di liturgia, facendo riferimento a opportune simulazioni e verifiche sperimentali adeguatamente controllate. Gli antichi lampadari, i bracci e le torcere presenti nelle chiese, anche se non più in uso, vengano conservati con cura, non siano alienati, e, se del caso, vengano restaurati” (COMMISSIONE EPISCOPALE PER LA LITURGIA, Nota pastorale L’adeguamento delle chiese alla riforma liturgica, n. 59). Per i documenti citati e per le norme liturgiche si veda G. GRASSO, Chiesa e Arte. Documenti della Chiesa testi canonici e commenti, San Paolo, Cinisello Balsamo, 2001. Mi limito per lo più alla semplice citazione di tali testi, rilevando soltanto il fatto che per creare e rinnovare non ci si può accontentare di manovali dell’improvvisazione, ma, sulla scia dei maestri cosmacini e mosaicisti, dei grandi architetti e artisti, ciò che è espressione della bellezza per eccellenza, richiede evidentemente adeguata attenzione e sensibilità. Lo studio del Prof. Armando Ginesi, Per una teoria dell’illuminazione dei beni culturali, Domus 2000 e l’apporto tecnico di altissima qualità dell’industria iGuzzini Illuminazione, costituiscono un notevole contributo alla valorizzazione del progetto di illuminazione di ambienti e opere d’arte di vario genere destinati alle celebrazioni, all’incontro e alla comunione di fedeli e alla contemplazione. Il Prof. Ginesi ci aiuta a comprendere che la vera arte è sempre profondamente spirituale, manifestazione del mistero profondo che contraddistingue l’identità umana e strumento comunicativo dialogico di questa ricchezza che non ha mai cessato di stupire ed elevare gli animi. Se da questo laboratorio di cultura e di tecnologia, scaturisse ancora oggi una qualche “scaglia di luce” (A. FROSSARD), che dal mirabile tesoro della tradizione si libra per nuove esigenze ed espressioni, noi, oltre che goderne pienamente ne potremmo ancora imparare a gustare la bellezza e la verità.

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Padre Ferdinando Campana Docente di Liturgia all’Istituto Teologico Marchigiano Ministro Provinciale dei Frati Minori delle Marche


Collezione iGuzzini

Le informazioni relative agli apparecchi della gamma iGuzzini sono presentate nei cataloghi: Sistemi di illuminazione per Interni, Sistemi di illuminazione per Esterni, Sirrah iGuzzini.

Sistemi di illuminazione per Interni In questo catalogo sono riportati gli apparecchi per interni articolati nei seguenti sistemi: Sistemi di illuminazione a luce variabile, Apparecchi a sospensione, Sistemi fluorescenti, Binari e Proiettori Basso Voltaggio, Binari e Proiettori Tensione di rete, Sistemi ad incasso multilampada, Sistemi ad incasso Basso Voltaggio, Sistemi ad incasso Bassa Luminanza, Sistemi a luce indiretta, Illuminazione d’ambiente.

Sistemi di illuminazione per Esterni In questo catalogo sono riportati gli apparecchi per esterni articolati nei seguenti sistemi: Sistemi aree urbane, Sistemi aree residenziali, Proiettori, Light-Up.

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Sirrah iGuzzini In questo catalogo sono presentati i prodotti della “Dimensione Casa iGuzzini”.

La iGuzzini studia e realizza su richiesta dei progettisti o della committenza anche soluzioni ”speciali” finalizzate ai vari ambiti applicativi.


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Progetto grafico Studio Conti Fotografia Saverio Lombardi Vallauri UniversitĂ Pontificia Lateranense

Giuseppe Saluzzi Basilica della Santa Casa - Loreto Cripta dei Santi Pellegrini - Loreto Duomo di Lucca Oratorio S. Maria della Vita - Bologna S. Carlino alle Quattro Fontane - Roma S. Croce in Gerusalemme - Roma S. Luigi dei Francesi - Roma S. Maria di Montserrat - Roma SS. Nome di Maria - Roma SS. Annunziata, Complesso di S. Maria della Scala - Siena S. Francesco, Chiesa Auditorium Montefalco (Perugia) Duomo di Lecce

Enrico Lattanzi S. Maria degli Angeli - Assisi

Petr Janzura Chiesa di S. Adalberto - Broumov (Rep. Ceca) Cattedrale di S. Barbara - Kutna Hora (Rep. Ceca)

Gianni Berengo Gardin Santuario di Padre Pio - S. Giovanni Rotondo (Foggia) [pag. 70-73]

Vaclav Sedy Santuario di Padre Pio - S. Giovanni Rotondo (Foggia) [pag. 74]

Fotolito Cromolux Stampa Tecnostampa Recanati - Italy 07/2001


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