Anno II - Numero 8 - Settembre 2014
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Periodico di Musica, TV, Cinema, Teatro e Arte
t tacolo
il magazine che non t'aspetti (tutti i colori dell'intrattenimento)
«Ogni sera ceno a casa degli italiani, quasi fossi uno di famiglia, grazie a mezz'ora di tv: sono commosso dall'affetto incondizionato nei miei confronti» L'istrionico Flavio Insinna è tornato alla conduzione di «Affari tuoi» (Raiuno, tutti i giorni, ore 20.40) con successo, fra divertimento, sketch, ritmo e «un abbraccio unico» con i concorrenti, «sperando di rendere felice chi è oggi in difficoltà»
LE SIGNORE DELLA CONDUZIONE
Eleonora Daniele Monica Leofreddi I TALENTI DELLA TV
Hoara Borselli Michela Andreozzi
Anno II - Numero 8 - Settembre 2014 FONDATORE, DIRETTORE EDITORIALE E RESPONSABILE Gianluca Doronzo GRAFICA E IMPAGINAZIONE Benny Maffei - Emmebi - Bari HANNO COLLABORATO Antonio Stigliano, Sante Cossentino Stefano Telese, Paola Bosani, Lorenzo Briani, Barbara Pellegrino, Alessio Piccirillo, Michele Paola, Annamaria Bizzarro e Paolo Daniele. SI RINGRAZIANO Flavio Insinna, Maurizio Aiello, Danilo Brugia, Eleonora Daniele, Monica Leofreddi, Giorgio Borghetti, Michele D'Anca, Michela Andreozzi, Danila Stalteri, Hoara Borselli, Mietta, Mariella Nava, Paolo Vallesi, Maurizio Mattioli e Gianna Giachetti per le interviste concesse; gli uffici stampa Rai e Mediaset per i contatti e le foto; Assunta Servello per le immagini relative a Monica Leofreddi; l'Ansa per quelle in merito ad Eleonora Daniele; “Manzo&Piccirillo”; “Massmedia di Cossentino&Telese”; “Raiser Management Artisti Produzioni”; Hoara Borselli, Mariella Nava e Gianna Giachetti per gli scatti inviati. INDIRIZZO REDAZIONE Via Monfalcone, 24 – Bari gianlucadoronzo@libero.it tel. 347/4072524 FACEBOOK E la notte un sogno Autorizzazione del Tribunale di Bari n. 16 del 26/09/2013 © RIPRODUZIONE RISERVATA
La metafora dello specchio. Autentica, vera, profondamente pirandelliana. Come avrete notato, ormai da 11 edizioni a questa parte, spesso la utilizzo a chiusura degli incontri con i personaggi intervistati, invitandoli a “guardarsi interiormente”, cercando di capire come “riflettersi” ipoteticamente, arrivati ad un preciso momento del proprio percorso. E, finora, non c'è racconto che abbia “bluffato”, simulando o dichiarando “altro da sé” ad epilogo. Vi assicuro che puntualmente, negli oltre 150 illustri esponenti della scena nazionale conosciuti, sono sempre venuti fuori la luce, l'anima, il cuore. Il sentimento. Un dato inconfutabile: ciò non può far altro che arricchire l'interlocutore e, soprattutto, il lettore nel momento in cui si avvicina ad una storia. Ho deciso di fare questa dovuta premessa, per esprimere la gioia, l'entusiasmo e la passione che mi motivano ad andare avanti, di numero in numero, rendendo viva, sincera e “fuori dal coro” la linea editoriale del mio (e vostro) “Che spettacolo – il magazine che non t'aspetti (tutti i colori dell'intrattenimento)”. Un progetto che ormai si appresta a festeggiare il suo primo anno (in un panorama in cui tutti remano contro tutti e si fa una continua guerra fra poveri), fortemente voluto da me, senza alcuno sponsor, senza un euro di sovvenzione, portato avanti da solo con enormi sacrifici, con continue rinunce (non importa non sapere cosa significhi “fare le vacanze”, se l'affetto incondizionato di chi mi segue si alimenta di volta in volta), con l'umile voglia di “andare oltre il prevedibile”, contattando e ospitando le guest più popolari del nostro panorama, dalla tv, cinema e musica, fino al teatro e alla danza. Dando ribalta a giovani promesse e scoprendo, come ho costantemente fatto in 16 anni di giornalismo per la carta stampata, tanti artisti che, bontà loro, ancora oggi mi riconoscono di esserne stato “talent scout”. Come avrete notato per l'uscita di luglioagosto ho scardinato i principi dell'editoria (sono folle anche in questo), mettendo a punto una triplice copertina, elaborando un'idea gradita ai numerosi lettori (cartacei e online). Ho pensato, pertanto, di “regalarvi” nuovamente tre “assi nella manica”, a cui dare “il primo piano” nella rivista: e, onestamente, non sarebbe potuto essere altrimenti, visto l'alto livello dei nomi che troverete nel susseguirsi di ben 64 pagine, scritte con trasporto, cercando di non deludere le aspettative. Una triade tutta al maschile, dunque, dà lustro al mese di settembre: Flavio Insinna (con la ripresa di “Affari tuoi” su Raiuno, ogni giorno, ore 20.40), Maurizio Aiello (tornato a vestire i panni di “Alberto Palladini” in “Un posto al sole” su Raitre, dal lunedì al venerdì, ore 20.30, quasi 2milioni di spettatori e il 10% di share) e Danilo Brugia (giovane ed eclettico attore, popolare grazie a “Stefano Della Rocca” in “Centovetrine” su Canale 5, dal lunedì al venerdì, ore 14.20, oltre 3milioni di spettatori in media). Tre “numeri uno” dello spettacolo, dei quali vi invito a leggere le interviste con molta attenzione, perché ciascuno è riuscito, a suo modo, a meritare la copertina per profondità di riflessione, spessore di percorso e, dato non irrilevante, dichiarazioni. Perché, cari amici, non dimentichiamo che una copertina va meritata e “non pretesa”: le situazioni “di posa” non fanno per “Che spettacolo”, bensì per altri giornali che si basano su gossip, chiacchiericcio e voyeurismo, mercanteggiando nel peggiore dei modi. Da noi si respirano il merito, la descrizione del bello nella sua sfera introspettiva, la profondità e la voglia, soprattutto, di verità. Per questo torna con prepotenza la metafora dello specchio. Su questa scia, “viaggerete” con personalità ad hoc del piccolo e grande schermo (Eleonora Daniele, Monica Leofreddi, Hoara Borselli e Maurizio Mattioli), con una nutrita schiera di attori (Giorgio Borghetti, Michele D'Anca, Michela Andreozzi, Danila Stalteri e Gianna Giachetti) e tre nomi storici della musica italiana (Mietta, Mariella Nava e Paolo Vallesi). Non c'è “fuffa” (termine ripetuto da Ornella Vanoni, da me incontrata più volte “nel mio cammino”), non c'è “tradimento” (quanto è brutto quando i giornali titolano pezzi, i cui contenuti sono esattamente il contrario, ma fanno “sensazionalismo”), non c'è prevedibilità: vi prometto (assieme alla mia anima grafica, di nome Benny Maffei) un'edizione ricca, pienamente trasversale e in grado di rendervi “vicini” e “umani” personaggi che, spesso, vi appaiono distanti. Ma, in realtà, sono proprio come voi. Io non credo ancora, in tutta onestà, di essere riuscito in questi mesi a portare avanti “la mia creatura” da solo, con tutto l'amore del mondo. Ed è un bene, forse, che non me ne renda conto, perché la curiosità (come dice anche Flavio Insinna, ricordando il padre scomparso) è la molla per andare avanti, per esplorare, per scoprire orizzonti sempre nuovi. Questo è il bello della vita. Un abbraccio. Allo specchio. Gianluca Doronzo
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«Mi sento molto maturato sia professionalmente che come uomo: sono un padre e marito felice, convinto che la famiglia sia il bene più prezioso» Maurizio Aiello da qualche settimana è nuovamente fra i protagonisti della soap «Un posto al sole» (Raitre, dal lunedì al venerdì, ore 20.30, quasi 2milioni d'audience in media col 10% di share), vestendo i panni di «Alberto Palladini», un personaggio «rimasto nei cuori dei telespettatori»
I BELLI DELLA FICTION
Giorgio Borghetti Michele D’Anca VOLTI IN ASCESA E MUSICA
Danila Stalteri Paolo Vallesi
Sommario IL PERSONAGGIO IN COPERTINA Flavio Insinna Il Flavio nazionale con «affetto, passione e curiosità» si fa quotidianamente gli «Affari tuoi», donando al pubblico evasione dalla routine, relax e tanto divertimento 4 IL PERSONAGGIO IN COPERTINA Maurizio Aiello «Nella mia carriera ho fatto davvero tanto: oggi, se potessi scegliere, mi piacerebbe interpretare un personaggio in costume» IL PERSONAGGIO IN COPERTINA Danilo Brugia «Molti attori di soap hanno una formazione teatrale e sono preparati: non lo si dovrebbe mai dimenticare in Italia, a dispetto spesso dei pregiudizi»
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LA BELLA DELLA CONDUZIONE Eleonora Daniele La maturità di Eleonora Daniele in «Storie vere», fra intrattenimento emozionale e attenzione all'ascolto, arrivando al cuore della gente 16 LA SIGNORA DELLA TV Monica Leofreddi Il ritorno che non t'aspetti: Monica Leofreddi e la sua «conduzione familiare», animando con successo la fascia pomeridiana dell'ammiraglia Rai IL BELLO DELLA FICTION Giorgio Borghetti Giorgio, la metafora dell'azzurro e la sua fase di «totale sole», con la certezza che «essere artisti poliedrici sia un merito, un valore di cui fare tesoro» IL MAESTRO DELLA SCENA Michele D'Anca «Le soap hanno grandi attestazioni perché sono coerenti, sincere e ricche di sentimento, a dispetto della fiction che avrebbe bisogno di più coraggio» TV - IL PERSONAGGIO IN ASCESA Michela Andreozzi «Sto vivendo la mia stagione migliore fra numerosi progetti e obiettivi raggiunti, dopo sacrifici e una gavetta durata a lungo»
IL TALENTO CHE NON T'ASPETTI Danila Stalteri «Spero arrivi la grande popolarità dopo ben 15 anni di onesto lavoro, grazie ad una regista come Cinzia Th Torrini, capace di valorizzarti al meglio»
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LA PRIMADONNA DEL PICCOLO SCHERMO Hoara Borselli «Mi piacerebbe tornare in tv alla conduzione di un bel programma d'intrattenimento pomeridiano, nel quale dare tutta me stessa con l'anima e il cuore» 40 LA SIGNORA DEL CANTO Mietta «In ben 27 anni sono fiera di essermi spesa per la musica, ottenendo impagabili gratificazioni: oggi, se ci fossero le giuste condizioni, mi piacerebbe partecipare di nuovo al Festival di Sanremo»
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LA STORIA DELLA MUSICA ITALIANA Mariella Nava «Ogni brano che scrivo è come un piccolo figlio: non potrei mai vivere senza musica e metto a disposizione delle leve del futuro la mia esperienza»
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MUSICA - IL RITORNO Paolo Vallesi «Sono sempre stato coerente e non ho mai tradito chi mi segue: a 50 anni credo di potermi ritenere pienamente soddisfatto»
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24 TV E CINEMA - IL SIGNORE DELLA COMMEDIA Maurizio Mattioli «Il segreto della popolarità della nostra fiction? Un mix di interpreti corali e tematiche molto vicine alla gente» 56 28
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TEATRO - LA SIGNORA DEL PALCO Gianna Giachetti «La nostra è una professione dignitosa, fatta di trasporto, impegno e amore: purtroppo, col tempo e la scomparsa dei grandi, si sono affacciati molti abusivi»
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Periodico di Musica, TV, Cinema, Teatro e Arte
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il magazine che non t'aspetti (tutti i colori dell'intrattenimento)
Un autentico talento capace di cantare, ballare e recitare: Danilo Brugia e il suo «universo trasversale» fra soap, fiction, musical e cinema, alla scoperta «di nuove mete, giorno dopo giorno» Il popolare attore, diventato celebre grazie al suo «Stefano Della Rocca» in «Centovetrine» (Canale 5, dal lunedì al venerdì, ore 14.20, oltre 3milioni di spettatori in media), spazia a 360° nella descrizione del suo «viaggio artistico» fra simpatia, classe e professionalità, spendendo parole encomiabili verso «Raffaella Carrà e Carlo Conti»
LE DONNE DELLA CANZONE
Mietta Mariella Nava I MAESTRI DELLA SCENA
Maurizio Mattioli Gianna Giachetti
Flavio Insinna
IL PERSONAGGIO IN COPERTINA
Insinna, dopo il «Premio Regia Televisiva» vinto per la stagione 2013-'14, sta confermando il gradimento degli spettatori «alla guida» del celebre game-show di Raiuno (tutti i giorni, ore 20.40), in attesa di tornare a recitare per la regia di Fausto Brizzi («c'è un progetto che stiamo inseguendo con impegno») e di vestire nuovamente i panni dello scrittore («sto ultimando il mio secondo libro»)
Il Flavio nazionale con «affetto, passione e curiosità» si fa quotidianamente gli «Affari tuoi», donando al pubblico evasione dalla routine, relax e tanto divertimento
Flavio è nel cuore del pubblico. Tanto da essere diventato “uno di famiglia”, andando “a cena ogni sera a casa degli italiani, grazie a mezz'ora di tv”. E, alla luce della sua estrema umanità, non potrebbe essere altrimenti: ironico, divertente, capace di ascoltare, l'Insinna nazionale è davvero nella sua “migliore stagione” per maturità, spessore e desiderio continuo di “mettersi in discussione”. Con una “sana dose di follia” lo scorso anno ha deciso di tornare alla conduzione di “Affari tuoi”, dopo un periodo d'assenza: un “apparente rischio” è diventato il suo ennesimo successo, ottenendo anche il “Premio Regia Televisiva” come “trasmissione dell'anno” (e, fra l'altro, una candidatura per il personaggio maschile). Forte di un “affetto incondizionato” di milioni di spettatori (“non bisogna mai tradire chi ti segue: instaurare un rapporto di fiducia è il più bel dono della vita”), eccolo nuovamente alla guida del celebre game-show (Raiuno, tutti i giorni, ore 20.40) con tantissime novità e una profonda attenzione verso i concorrenti (“noi siamo una piccola opportunità per loro e cerchiamo di garantire un sorriso”). Non perdendo di vista la sua sfera attoriale (“presto potrebbe esserci un progetto con Fausto Brizzi”) e quella da scrittore (“sto ultimando il mio secondo libro: staremo a vedere quello che accadrà”). Il tutto, ricordando un suggerimento paterno, all'insegna della “curiosità”. Domanda – Flavio, la stagione 2013-'14 è stata ricca di impegni e successi: “Affari tuoi” ha ottenuto il “Premio Regia Televisiva”, rivelandosi trasmissione dell'anno e lei è stato candidato, fra l'altro, come personaggio maschile. I risultati d'ascolto sono stati puntualmente ottimi e l'affetto del pubblico si è moltiplicato attraverso tutti i social, le lettere e le vie più disparate di comunicazione. Con che spirito, a questo punto, si appresta a vivere i prossimi mesi e quali novità aspettarci dal programma? Risposta – Noi non abbiamo mai veramente staccato la spina dal lavoro, facendo in questo lasso di tempo tanti provini per l'edizione 2014-'15 in tutt'Italia. In sostanza non si è per nulla appeso il cartello con scritto “chiuso per ferie”, anche perché davvero l'affetto del pubblico è stato travolgente: su Facebook abbiamo puntualmente ricevuto attestazioni di stima, a vagonate, senza un attimo di sosta. Ciò non può che lusingarci. Di sicuro, con tutta la mia squadra, si sta cercando di rendere il programma ancora più affettuoso, garantendo al pubblico dal 7 settembre alle 20.40 un appuntamento sano, all'insegna di leggerezza, educazione, dolcezza e tanta, ma dico tanta allegria. Poi, caro Gianluca, diciamocela tutta: noi siamo l'unica trasmissione che unisce l'Italia. Ormai le province non ci sono più e il sentirsi dire per strada “Tu ceni a casa”, davvero è una conquista senza precedenti. Significa che “sei uno di famiglia” e sei legittimato, per volontà popolare, attraverso la tv a condividere una mezz'ora nelle abitazioni delle persone che ti seguono. Ed io me li immagino tutti, ma proprio tutti in studio con me, in un grande abbraccio unico. L'aver conquistato la fiducia della gente è sinonimo di pulizia: in una simile direzione tu non puoi tradire chi ti si è affezionato e non puoi far altro che renderlo felice, donandogli la tua compagnia. Se, in fin dei conti, accade tutto questo vuol dire che si è lavorato bene. S'immagini che disastro se fosse il contrario.
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IL PERSONAGGIO IN COPERTINA
D . – Giusto, Flavio: il seguito di “Affari tuoi” altro non testimonia quanto la gente abbia veramente bisogno di sana evasione, non pensando ai problemi quotidiani. In fondo la tv è intrattenimento e chi la anima davvero dovrebbe onorare un simile principio. R . – Ha ragione, Gianluca. E le dico: io sono andato in giro per tutta l'estate, facendo i provini per la nuova edizione del programma. In realtà, parlando con la gente, altro non c'è che una richiesta di una sana mezz'ora da passare davanti al piccolo schermo, dimenticando tutte le brutture della giornata. Non solo: personalmente posso fare proprio il confronto con le edizioni condotte precedentemente rispetto a quella dello scorso anno. In passato i concorrenti dicevano: “Se vinco, estinguo il mutuo e mi risolvo la vita”. Prima venivano a giocare per i sogni, oggi si presentano per i bisogni: il periodo storico è decisamente cambiato e davvero le persone hanno problemi di sopravvivenza nel quotidiano. C'è chi non ha lavoro, chi vorrebbe aiutare i familiari, chi è vittima di debiti. C'è tutta un'Italia che guarda e partecipa ad “Affari tuoi” con la speranza: noi siamo una piccola opportunità e cerchiamo di garantire un sorriso. Lei non ha idea cosa significhi quando a vincere sono persone davvero in difficoltà, delle quali conosciamo le storie attraverso quanto raccontato alla redazione. Torni a casa felice, sereno e gratificato: senti di aver fatto il possibile per qualcuno. Ed è stupendo. Non ultimo: riceviamo decine e decine di migliaia di lettere di spettatori che ci vogliono davvero bene, raccontando le proprie esperienze, allegando spesso disegni di bambini. Davvero commovente leggere quello che ci scrivono. D . – Nel momento in cui l'anno scorso ha accettato di condurre nuovamente “Affari tuoi”, dopo alcune stagioni di pausa, si sarebbe mai aspettato un seguito e un successo del genere? In fondo può essere rischioso ripresentarsi alla guida di un'esperienza già vissuta: no? R . – Lei ha colto pienamente quelli che potevano essere i rischi ed io sono qui a dirle tutta la verità. Io lo scorso anno ho accettato proprio in virtù della mia vena di pazzia che mi contraddistingue. Solo un folle avrebbe potuto rimettersi nuovamente in discussione, dopo i successi delle stagioni precedenti. Ci sono, tuttavia, due passaggi fondamentali nella mia carriera: gli anni di “Don Matteo” a Gubbio e quelli ad “Affari tuoi”. Sono esattamente i momenti in cui la mia vita privata si è fusa col lavoro e il tutto è diventato totalizzante. Io ero terrorizzato nella ripresa della mia conduzione lo scorso anno, perché non avevo alcuna certezza che le cose potessero andare bene: il programma è sempre stato seguito e Max Giusti l'ha fatto per cinque anni in maniera più che egregia. Potevano esserci, col cambio della guardia e il ritorno di un viso già rodato, tutti i requisiti per un disastro. Con molta umiltà, io e il mio gruppo di lavoro ci siamo messi a tavolino, rimboccandoci le maniche, straordinariamente all'unisono nel portare avanti ciascuno le proprie idee, fondendole per una resa corale. Sera dopo sera non abbiamo mai dato nulla per scontato. Ricordo che mio padre mi diceva spesso di mantenere viva la curiosità: beh, abbiamo seguito questa logica e la gente ci ha premiato. Poi, ben inteso, ci vuole una
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“carriola” di fortuna, senza la quale non si va da nessuna parte. Io penso che il rapporto fra me e “Affari tuoi” è un po' come quando incontri la donna della tua vita: vivi con la capacità di tirare fuori il meglio di te. Nel programma, in fin dei conti, c'è tutto: si scherza, si gioca e ironizzo anche su me stesso, interagisco con i concorrenti, so fin dove mi posso spingere, faccio un balletto, leggo due righe di una poesia, metto un po' di musica. Insomma: ogni sera è una festa, entrando nelle case degli italiani, “cenando” con loro. La vita è bella proprio perché è fatta di continui cambiamenti: a me piace sempre mettermi alla prova e non dare mai nulla per scontato. Finita una puntata, siamo già lì pronti a idearne una nuova e a tornare a casa più ricchi umanamente. D . – La Rai, tra l'altro, sta proprio potenziando nelle ultime stagioni una programmazione all'insegna del sano intrattenimento: “Affari tuoi”, “Tale e quale show” e “Ballando con le stelle” sono solo alcuni esempi. E il pubblico, in maniera sempre più esponenziale, dimostra di esserne entusiasta. R . – Secondo me le cose le devi fare senza tradimenti, altrimenti perdi tutto quello che hai costruito. Noi ci siamo sempre dati una linea di educazione, da non travalicare mai. Ci sono famiglie che ci scrivono, dicendo che “Affari tuoi” può essere seguito tranquillamente dai propri bambini, lasciandoli da soli davanti al video: a me non può che far piacere, perché si è instaurato un rapporto di fiducia con lo spettatore e non si può venire meno a questo patto, in nome dell'audience o di qualsiasi altro espediente. Il rispetto viene prima di tutto. Non sappiamo, ad esempio, dove mettere più i disegni che i bambini ci mandano: se tu accendi la fantasia, è logico che più persone hanno voglia di stare con te davanti al piccolo schermo, creando un appuntamento imperdibile. Diventa un piacere reciproco stare assieme. Guardi, le racconto un aneddoto: una notte tornavo a casa dal lavoro in taxi. Alla guida c'era un omone. Ad un tratto, si gira e mi fa: “Signor Insinna, io non so più come fare con mia figlia. Vi ha mandato nove volte un disegno e voi non l'avete fatto vedere neanche una”. Ci fu una grande risata fra di noi e poi feci un autografo per la bambina, cercando di far capire al padre che non tutto quello che ci arriva può essere mostrato in trasmissione. Ciò cosa significa? C'è un circolo di affetto e il pubblico ti fa tornare indietro quello che dai. Esattamente come accade con i concorrenti: siamo una famiglia ed io li considero delle persone, da non manipolare ad uso e consumo della trasmissione. Ad esempio, se prima dell'inizio del programma loro mi dicono che non vogliono far sapere alcune cose che hanno raccontato, io non mi permetto di farne cenno. Per me, prima di tutto, vengono la dignità e l'importanza dell'essere umano. D . – Non tutti, però, in tv si rendono conto dell'importanza della persona: quello che lei dice è esemplare e molti suoi colleghi dovrebbero farne tesoro. R . – Guardi, Gianluca: spesso utilizzo questa battuta, ma in fondo è la verità. Io a casa ho una madre che mi rincorrerebbe con la scopa se fossi maleducato e non rispettoso verso qualcuno. Si figuri in tv. Ora, scherzi a parte, è vero che il nostro più grande orgoglio è nell'essere misurati e mai
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eccessivi, rispettando chiunque. Faccio anche autoironia, mi muovo, mi diverto e diverto, ma mai mi permetterei di offendere qualcuno o di prenderlo in giro. Per la strada la gente mi ferma e, a volte, mi rendo conto che passo ore a sentire chi incontro, lasciando volare via il tempo. Ero a Pescara, qualche settimana fa, a ritirare il “Premio Flaiano” assieme a tanti illustri colleghi: sono stato due ore a firmare autografi e a parlare con il pubblico. A me che tutto ciò accada non può che rendermi felice. D . – Cambiamo argomento: da un punto di vista attoriale, cosa vorrebbe potesse succedere oggi? R . – Insieme a Fausto Brizzi, col quale ho girato il film “Ex”, stiamo rincorrendo un piccolo grande sogno: tramutare per la Rai in pellicola il suo romanzo, dal titolo “Cento giorni di felicità”. Sa, si tratta di uno di quegli auspici artistici, da condividere con una persona che apprezzi e stimi, con cui ti farebbe un enorme piacere tornare a lavorare. Speriamo si realizzi quanto prima. D . – E in merito alla scrittura, dopo il successo del suo libro d'esordio (intitolato “Neanche con un morso all'orecchio”), potrebbero esserci novità? R . – Sto finendo di limare il mio secondo libro: dal momento che le cose con la Mondadori sono andate molto bene in passato, essendo la mia precedente pubblicazione arrivata alla quarta ristampa, mi sono nuovamente messo all'opera. Dovevamo uscire mesi fa, ma non essendo io uno scrittore di professione mi sono preso un po' più di tempo e sto ultimando il lavoro. A breve ci sarà la consegna del manoscritto. D . – Flavio, è talmente piacevole chiacchierare con lei che vorrei non finisse mai questa intervista. Lei si sta concedendo con estrema disponibilità, cosa che non sempre accade in merito ai suoi colleghi, spesso anche infastiditi dal superare i “cinque minuti” al telefono, ma desiderosi di avere ben quattro pagine sul giornale. R . – Premesso, Gianluca, che il piacere è reciproco, io credo una cosa: nella vita è tutto un lavoro di squadra. Da soli non si va da nessuna parte. Io ho avuto la fortuna nella mia vita di fare quello che mi piace, sperando di dare puntualmente il meglio: ci vogliono l'assistente, il giornalista, il collaboratore, il tecnico e via dicendo. Tutti contribuiscono al tuo successo e non bisogna mai dimenticarlo. A me fa piacere andare sul suo giornale e quando Antonio (Stigliano, il suo referente, ndr) me l'ha proposto, ho accettato e sono qui a parlare apertamente con lei. D . – Bene, Flavio: s'immagini metaforicamente allo specchio. A questo punto del suo “viaggio”, come si rifletterebbe? R . – Se proprio mi dovessi guardare allo specchio, alla luce dei prossimi 50 anni a luglio (ma c'è ancora tempo), mi piacerebbe trovare un uomo che ha ancora tanta voglia di viaggiare con la testa, con la fantasia e con l'anima. Amo la progettualità: ad esempio, mi piacciono molto le biografie dei grandi, che leggo con enorme trasporto e passione. Chissà che non ne metta in scena qualcuna. Ora, al di là degli aspetti più legati al lavoro, vorrei non perdere mai la voglia di conoscere, imparare ed essere curioso, come le dicevo all'inizio della nostra piacevole intervista, ricordando mio padre. Mi piacerebbe, se ci fosse
ancora il laboratorio di Proietti, esserne un uditore. Vorrei tornare a scuola di musica, per diventare magicamente eclettico. Ho avuto tanti, ma dico tanti maestri: da ben 30 anni faccio questo lavoro e non era scritto da nessuna parte dovesse andare così. Ne sono fiero. Io mi voglio riflettere allo specchio sempre come un ragazzo, non per giovanilismo, ma per la voglia di entusiasmo che mi contraddistingue. Non vorrei mai sentirmi “seduto”. Spero, caro Gianluca, di poter chiacchierare con lei nuovamente fra qualche anno, non facendole mai percepire routine o stanchezza nella mia voce, ma propositività e voglia di fare. Nella vita mi piacerebbe, per così dire, animare un percorso anomalo, mettendomi in discussione nelle imprese più disparate. Ho, ad esempio, lasciato “Don Matteo” nel momento di massimo successo, facendo poi “Affari tuoi”, non perdendo di vista il teatro, la radio, la scrittura e il cinema. La scomparsa di mio padre mi ha scompaginato un po' l'esistenza e ho anche avuto la possibilità di fermarmi, non dovendo necessariamente “far continuare lo spettacolo”. Perché non è detto che debba essere sempre così: dove sta scritto? Vorrei un Flavio pronto a nuove sfide, con gentilezza e tanto rispetto per il pubblico. Davvero. Gianluca Doronzo
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Maurizio Aiello
IL PERSONAGGIO IN COPERTINA
L'intenso Maurizio Aiello «a cuore aperto» racconta la sua «stagione d'oro», facendo un bilancio della rentrée in «Un posto al sole» (Raitre, dal lunedì al venerdì, ore 20.30, quasi 2milioni di spettatori in media col 10% di share), ricordando anche i suoi esordi in teatro (nel '91 in «Sei personaggi in cerca d'autore») e le tournée con Vincenzo Salemme («mi ha insegnato molto»)
«Nella mia carriera ho fatto davvero tanto: oggi, se potessi scegliere, mi piacerebbe interpretare un personaggio in costume»
“Mi sento molto maturato sia professionalmente che come uomo. Sono appagato, anche se tendo a volere sempre di più e di meglio. Ma questo è positivo, perché rappresenta lo sprone per darmi da fare nel migliore dei modi. Sono un padre e marito felice: ciò vale più di ogni altra cosa ed è il perno attorno al quale poi ruota tutto. È la famiglia a dare l'equilibrio. È il bene più prezioso”. Con consapevolezza ed estrema sincerità, l'eclettico Maurizio Aiello fa un bilancio “allo specchio” del suo percorso, sia artistico che privato, mostrando davvero di essere in un “momento esponenziale”. A confermarlo la recente rentrée nella soap “Un posto al sole” (Raitre, dal lunedì al venerdì, ore 20.30, quasi 2milioni d'audience in media e il 10% di share), vestendo i panni di “Alberto Palladini”, un personaggio “rimasto nei cuori dei telespettatori”. Spaziando dalla fiction al cinema, ricordando gli esordi teatrali (nel '91 in “Sei personaggi in cerca d'autore”, per la regia di Franco Zeffirelli), dalla chiacchierata emerge “la forza di una persona” che si è fatta da sé, senza aiuto alcuno, capace di dare voce e sostanza ai valori più profondi della vita, proiettandosi verso un futuro ricco di “sfide e impegni”, auspicandosi una nuova tournée accanto a Vincenzo Salemme (“mi ha fatto scoprire un lato comico di me, che tenevo sopito, dopo tanti ruoli da cattivo”). Domanda – Il suo “Alberto Palladini” è uno dei personaggi storici di “Un posto al sole” (Raitre, dal lunedì al venerdì, ore 20.30, quasi 2milioni di spettatori in media col 10% di share), interpretato con passione e trasporto (con riconoscimenti come la “Telegrolla d'oro” nel 2001 quale migliore attore di soap): negli anni è tornato in scena, dopo alcune pause, più volte. Cosa ha motivato la sua recente rentrée nella serie e quale bilancio sentirebbe di fare? Risposta – “Alberto Palladini” è un personaggio che è rimasto nei cuori dei telespettatori, tanto che ancora per strada mi capita di essere chiamato “Alberto”, chiedendomi un ritorno sebbene siano ormai passati più di dieci anni. Devo dire che anche per me, nonostante le numerose esperienze lavorative dopo “Un posto al sole”, c'è stato un profondo legame con la soap, col cast e con tutta la Rai di Napoli. Per questo, appena è capitata l'occasione di rientrare, l'ho colta molto volentieri. D . – Da un punto di vista seriale, alla luce delle numerose fiction da lei animate nelle stagioni, in base a quali criteri oggi sceglie un personaggio? R . – Con la crisi che c'è è difficile scegliere i personaggi. Quello che mi viene proposto, lo accetto ben volentieri, senza prescindere dalla qualità della fiction ovviamente. Se potessi decidere, mi piacerebbe affrontare un personaggio in costume o una serie ambientata nella “Seconda Guerra Mondiale”. Il criterio principale di scelta, comunque, è quello della qualità della sceneggiatura. Non ho mai accettato e non accetterei mai lavori scadenti, nemmeno per soldi. D . – Qual è il suo punto di vista sulla fiction italiana, in generale? Ritiene sia migliorata rispetto al passato? R . – Abbastanza sconfortante il mio giudizio sulle fiction di oggi. Purtroppo la crisi ha inciso moltissimo ed essendoci
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IL PERSONAGGIO IN COPERTINA
pochi soldi è calata anche la qualità. Lavorano in pochi e, a parte qualche serie di successo come “Gomorra” per Sky, che ho apprezzato moltissimo, ci sono prodotti abbastanza mediocri. Per fortuna, invece, il cinema italiano continua a tenere alto il buon nome del nostro Paese. D . – A suo parere, qual è il segreto del successo di “Un posto al sole” da così tanti anni? R . – “Un posto al sole” nel suo piccolo è un prodotto di qualità. Il segreto del successo credo risieda nella sua semplicità. Rispecchia la quotidianità di tutti noi, fatta di leggerezza, commedia, ma anche difficoltà e problemi che ci riguardano indistintamente. Insomma, il telespettatore si rispecchia, ma si distende anche perché, come le ho già detto prima, c'è tanta commedia. D . – Come valuta il piccolo schermo odierno? R . – Gliel'ho anticipato in una risposta precedente:
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abbastanza in crisi di valori. Ma credo in una rinascita. D . – Ripeterebbe, ad esempio, un'esperienza come quella vissuta nel 2009 in “Ballando con le stelle”? R . – È stata un'esperienza bellissima, che ripeterei domani. Mi sono divertito moltissimo e credo che “Ballando” resti una delle poche trasmissioni di qualità nello scenario odierno. Milly è una gran signora. D . – Se le dico: 1991, “Sei personaggi in cerca d'autore”, Franco Zeffirelli ed Enrico Maria Salerno, cosa mi risponde? R . – Rispondo: “Bei ricordi”. Ero agli esordi e la lunga amicizia con Zeffirelli e il suo illustre entourage fu per me ragione di grande stimolo. È stato un immenso Maestro e quella esperienza fu formativa per me a 360°. D . – Oggi tornerebbe a fare teatro? Che genere preferirebbe? R . – Ho fatto due anni di tournée con Vincenzo Salemme che mi ha insegnato, in età matura, a fare teatro nel modo giusto,
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vero e completo. Mi ha dato moltissimo. Per uno che ha fatto tanta tv non è semplice stare sul palco, fare “arrivare” la voce alla platea, riempire la scena. Lui me lo ha insegnato e se potessi tornerei domani stesso con lui in teatro. Mi ha fatto scoprire anche un lato comico di me, che tenevo sopito, dopo tanti ruoli da “cattivo”. D . – Prima ha detto che “per fortuna il cinema italiano tiene alto il nome del nostro Paese”. R . – Lo confermo e ribadisco. Credo non sia entrato in crisi come tutto il resto. L' “Oscar” a Sorrentino lo dimostra. D . – Le è piaciuto il film “La grande bellezza”? R . – Ammetto che ho dovuto guardarlo due volte per apprezzarlo. Ma quando ne ho colto la simbologia, ho capito la genialità di Sorrentino, che è un talento napoletano non per tutti. È un film per menti di un certo livello: per questo o si ama o si odia. C'è chi è riuscito ad apprezzarne solo la fotografia di Roma e la colonna sonora; chi invece ha potuto coglierne il simbolismo che vi è in ogni scena. Un capolavoro giustamente premiato. D . – Alla luce di quanto emerso finora in questa chiacchierata, a che punto del suo percorso sente di essere attualmente? R . – Mi sento molto maturato sia professionalmente che come uomo. Sono appagato, anche se tendo a volere sempre di più e di meglio. Ma questo è positivo, perché rappresenta lo sprone per darmi da fare nel migliore dei modi. Sono un padre e marito felice: ciò vale più di ogni altra cosa ed è il perno attorno al quale poi ruota tutto. È la famiglia a dare l'equilibrio. È il bene più prezioso. Il lavoro è il mezzo importante per realizzare una vita materiale soddisfacente, ma senza famiglia non ci sarebbe scopo. D . – Ripercorrendo i sacrifici, gli esordi e la gavetta, cosa si sentirebbe di suggerire oggi ad un giovane che volesse fare della recitazione il suo motivo conduttore? R . – Suggerirei di seguire il sogno studiando molto e imparando le lingue, ma consiglierei di avere sempre e comunque un'alternativa, un “secondo” lavoro, perché questo mestiere oggi è diventato troppo precario. D . – Come vorrebbe potesse proseguire il suo percorso? R . – Facendo fiction e una nuova tournée con Vincenzo Salemme. D . – Metaforicamente allo specchio: in che modo si riflette oggi Maurizio Aiello? R . – Vedo allo specchio un uomo pieno di difetti di cui, in fin dei conti, sono orgoglioso. Ho sempre lavorato, non ho mai chiesto aiuto a nessuno, né alla mia famiglia, né agli addetti ai lavori. Ho puntato solo sulle mie capacità, senza avere un background forte: questo mi rende oggi una persona solida, a prescindere da quello che possiede. D . – Dulcis in fundo: Longanesi sosteneva che “un'intervista è un articolo rubato”. Cosa le è stato sottratto durante questa chiacchierata? R . – Nulla. Ho detto quello che sentivo e parlare con qualcuno di interessante per me è un arricchimento, non una perdita. Gianluca Doronzo
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Danilo Brugia
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Danilo Brugia presto sarà di nuovo in «Centovetrine» (Canale 5, dal lunedì al venerdì, ore 14.20, oltre 3milioni di spettatori in media) nei panni di «Stefano Della Rocca», animando prima un musical in tournée («su Papa Wojtyla») e un film da co-protagonista «su Franco Califano», a novembre nelle migliori sale
«Molti attori di soap hanno una formazione teatrale e sono preparati: non lo si dovrebbe mai dimenticare in Italia, a dispetto spesso dei pregiudizi»
Ha umiltà, passione e tanta voglia di “crescere, rendendo ogni esperienza professionale fonte di continuo arricchimento interiore”. Danilo Brugia è uno dei giovani più promettenti nel mondo dello spettacolo odierno: sa cantare, ballare e recitare con estrema versatilità. Il musical, pertanto, è “la dimensione a lui più congeniale”, ma la tv gli ha dato numerose chance di popolarità, vestendo i panni di personaggi come “Stefano Della Rocca” in “Centovetrine” (Canale 5, dal lunedì al venerdì, ore 14.20, oltre 3milioni di spettatori in media) o affiancando Gabriella Pession in “Rossella” (per la regia di Gianni Lepre). Consapevole di essere “a metà del suo cammino”, si appresta a vivere una stagione ricca di impegni, animando anche un film su Franco Califano nei panni del co-protagonista. Parlare con lui al telefono è come conoscersi da sempre, fra spontaneità e molteplici riflessioni, difendendo a spada tratta la preparazione di esponenti della soap, spesso ghettizzati in Italia (“una cattiva tendenza, che dovremmo un po' tutti avversare”). E, su proposta del giornalista, una nuova impresa potrebbe farsi strada nel 2015: perché non andare in gara al prossimo “Festival di Sanremo”, made in Carlo Conti, con un bel brano? Autori, dove siete? Domanda – Danilo, la versatilità è stata puntualmente la sua costante in questi anni: recitazione, canto e doppiaggio in primis. Come sentirebbe di sintetizzare il suo percorso fra piccolo, grande schermo e teatro? Risposta – Devo ammettere di essere stato fortunato finora, in quanto mi sono impegnato puntualmente in quello che ho fatto, dando tutto me stesso, con buone gratificazioni e attestazioni di pubblico. Sento, onestamente, di essere a metà “del mio cammino”, continuando sulla scia e sulla speranza di ottenere belle sorprese e vivere straordinarie esperienze lavorative, come quelle maturate fino a questo momento. C'è ancora tanto da faticare ed io sono qui, col massimo dell'energia, andando avanti al meglio, senza esitazione di sorta. D . – Proprio in virtù dell'energia di cui sta parlando, quali aspettative ha per la prossima stagione? R . – Innanzitutto a novembre uscirà nelle sale un film su Califano, nel quale ho vestito i panni del co-protagonista, presentato al “Festival del Cinema di Roma” fuori concorso, con buoni riscontri di critica. Ci tengo davvero tanto e vedremo quale sarà la risposta della gente: io ho cercato di metterci l'anima. Teatralmente parlando ci sarà la ripresa del musical su “Papa Wojtyla”, che continuerà la tournée in tutt'Italia, sulla scia del successo della passata stagione. Da aggiungere il mio ritorno a “Centovetrine”, da cui mi aspetto tanto e poi, se dovessi dirla tutta, mi piacerebbe una bella fiction, ambientata nei giorni nostri, dopo averne fatte diverse rivolte al passato, in costume, a cavallo fra '700 e '800. D . – Ecco: ha citato la sua presenza nuovamente a “Centovetrine” su Canale 5, nei panni di “Stefano Della Rocca”, personaggio che le ha dato la consacrazione popolare dal 2005 al 2008. Cosa ha motivato la sua rentrée? R . – L'amore del pubblico in primis: per stagioni e stagioni,
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dopo la mia uscita di scena, la gente per strada mi ha fermato più volte, auspicandosi il mio ritorno. La frase tipica era: “E quando torni? E quando torni? E quando torni?”. Eccomi, a furor di popolo, nuovamente nella soap: da parte mia l'accettazione di vestire ancora i panni di “Stefano Della Rocca” è stata spontanea. In più aggiungiamo la mia passione per la serie e il fatto che si tratti di lavoro: in tempi come questi credo sia il minimo cogliere subito occasioni offerte, soprattutto se sai di essere già nel cuore di chi ti segue. Credo, pertanto, che la mia rentrée sia avvenuta in maniera del tutto naturale. Doveva andare così. D . – In virtù di quanto ha appena detto, mi verrebbe voglia di fare una domanda di seguito: qual è, dal suo punto di vista, il segreto del successo di “Centovetrine” da così tanti anni? R . – Il segreto ritengo sia nell'affrontare tematiche legate alla quotidianità, con una cifra vera, realistica e non prefabbricata. Poi c'è da considerare l'orario della messa in onda, centrale e fondamentale per fare in modo che la stessa famiglia si trovi riunita, in occasione del pranzo, a seguire le vicende della soap, creando una sorta di effetto “identificazione” nelle trame di fondo. E, non ultimo, bisogna considerare la validità degli attori e la loro, conseguente, credibilità. Aspetti, a mio avviso, fondamentali per un ottimo seguito come quello che l'audience dimostra. D . – Tra l'altro, c'è un aspetto sul quale sarebbe opportuno riflettere, messo a punto anche in una mia recente intervista a Michele D'Anca (“Sebastian Castelli”, ndr): moltissimi attori di soap provengono dal teatro e hanno una formazione paritetica agli interpreti degli sceneggiati di una volta. Il che non è un dato da sottovalutare rispetto alla qualità.
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R . – (Con trasporto e soddisfazione al telefono, ndr) Guardi, la sua domanda non solo nobilita il mio e il lavoro di Michele D'Anca ma, in tutta onestà, mi consente finalmente di esprimere il mio parere su una questione che mi sta molto a cuore. Come dirle: con questa risposta sto per togliermi un sassolino dalla scarpa. E mi spiego: tante volte si punta il dito contro le soap, ritenendole di serie b rispetto alle serialità canoniche, sminuendo il lavoro di chi le anima con tanta passione, impegno e sentimento. È come se farne parte significhi essere inferiori a chi lavora per il cinema o per il teatro, ad esempio. Si tratta di un brutto pregiudizio tutto italiano. Noi, che sia ben chiaro a tutti, siamo indistintamente lavoratori dello spettacolo, senza etichette di sorta: nel cast di “Centovetrine”, come ben ha detto lei, ci sono tanti esponenti illustri della scena italiana del calibro di Roberto Alpi, Luca Biagini e Alessandro Mario, per citarne alcuni. Ho massima stima e affetto nei loro confronti: non posso che imparare da simili attori. Ricordo che quando venni fuori da “Centovetrine”, in tanti mi dissero che non avrei fatto molto altro: invece incontrai il regista Gianni Lepre, che mi chiamò subito per “Rossella”, a dispetto di quanti mi remavano contro con i loro pregiudizi. Si trattò non solo di una serie di successo ma, da allora, credo di aver fatto tanto. D . – Assolutamente, Danilo: siamo proprio qui a ripercorrere il suo cammino, ricco di imprese e gratificazioni negli anni, a dispetto di chi nutre stupidamente pregiudizi verso gli esponenti della soap. Anzi, rimanendo in tema di serialità: qual è il suo punto di vista sul “made in Italy” in generale? R . – In generale, caro Gianluca, credo ci sia una buona qualità. Forse al pubblico piacciono più le serialità storiche di
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quelle incentrate sul contemporaneo. Ora, al di là dei gusti, mi sembra che spesso gli attori siano superiori alle parti che interpretano, quasi ci fosse il bisogno di seguire un filone consolidato, rischiando poco. Ecco: io magari oserei di più, dando spazio anche a giovani autori, incrementando il racconto delle dinamiche quotidiane. D . – Cosa le piacerebbe fare oggi? R . – Mi piacerebbe interpretare una serie poliziesca, essendo un grande sportivo: credo di avere il fisico e il temperamento giusti per una fiction ricca d'azione e suspense. Sarebbe bello. D . – Lei, fra l'altro, ha partecipato ad un programma di successo come “Tale e quale show”, proprio nella prima edizione: un commento sulla trasmissione e su Carlo Conti. R . – In merito a Carlo le dico che è un professionista straordinario, pronto a seguirti passo dopo passo, dandoti grandi consigli. Ricordo che durante le prove, lui stava sempre in prossimità del palco con gli autori, a curare i minimi dettagli scenici: nello specifico, in occasione di una mia performance di “Elton John”, suggerì come rendere al meglio i movimenti e gli aspetti legati al pianoforte, davvero in maniera encomiabile. In quanto a “Tale e quale show” mi piacque subito l'idea di interpretare un ruolo, mostrando qualità canore che magari al pubblico non erano ancora propriamente note: io nasco come cantante, ma non tutti lo sanno. Quello è stato un contesto giusto nel quale esibirmi: mi è dispiaciuto solo che si sia trattato della prima edizione di 4 puntate. Sarei voluto essere in quelle successive da dodici settimane, visto l'enorme successo del programma. D . – Allora, Danilo, cogliamo la palla al balzo per lanciare una proposta: che ne direbbe di andare in gara al “Festival di Sanremo 2015”, proprio per la conduzione e direzione artistica di Carlo Conti, nella categoria “Campioni”? R . – (Dopo una risata, ndr) Lei sta lanciando la proposta ed io, allora, faccio un appello: se ci sono autori che hanno voglia di cucire su misura un pezzo ad un giovane interprete come me, da portare al “Festival di Sanremo”, io sono ben disposto ad accettare. Ci sto, Gianluca: per me va benissimo. D . – Danilo, le interviste sono fatte anche e soprattutto per “lanciare” idee: chissà che qualcuno non accolga il nostro appello. R . – Giusto, Gianluca: a me va benissimo quello che lei sta facendo. Ne sono pienamente d'accordo (e ride, ndr). D . – Rimanendo in tema di professionisti: se le dico Raffaella Carrà, cosa mi risponde? R . – Una donna e un'artista fantastica: ha creduto in me da subito e le aggiungo anche un particolare. Quando fece la telefonata in diretta a Gloria Guida, subito dopo la sua imitazione a “Tale e quale show” anni fa, disse a Carlo Conti di salutarmi e di farmi un grosso in bocca al lupo per il proseguimento del mio percorso. Ancora oggi ci sentiamo e per me rimane un grande, immenso punto di riferimento. D . – Alla luce della sua versatilità, potremmo ritenere il musical il genere a lei più congeniale? R . – Assolutamente, Gianluca. Ben detto. A me diverte
tantissimo e mi consente di utilizzare tutte e tre le discipline (canto, ballo e recitazione), con estremo agio. Sono davvero contento di averne fatti tanti e di riportare in scena quello su “Papa Wojtyla”. Davvero. D . – Bene, Danilo: siamo quasi alla fine del nostro viaggio, animato in una piacevole chiacchierata. S'immagini metaforicamente allo specchio: in che modo si rifletterebbe oggi, alla luce delle esperienze maturate? R . – Umanamente e personalmente mi sento appagato: ho una famiglia, due bambini straordinari, fatti in età giovane, ai quali do tutte le mie energie per seguirli nel proseguimento del loro cammino. Professionalmente sento di aver fatto tanto, ma di poter fare molto, ma molto altro in futuro. Ogni giorno è una nuova scoperta: vorrei continuare ad esserci, comunicando tutto il meglio di me, rendendo ogni esperienza unica e irripetibile. D . – Longanesi sosteneva che “un'intervista è un articolo rubato”: cosa le è stato sottratto durante la nostra chiacchierata? R . – (Dopo una fragorosa risata comune, ndr) Sottratto nulla. Credo, più che altro, di essermi finalmente liberato, togliendomi un piccolo sassolino dalla scarpa in merito al pregiudizio sugli attori di soap, ritenuti spesso ingiustamente di serie b. Lei mi ha dato la possibilità di sfogarmi e per questo la ringrazio. Del resto la nostra chiacchierata non ha potuto che arricchirmi: anzi, mi ha consentito di fare un po' il punto sul mio percorso, rendendomi consapevole dei numerosi traguardi raggiunti e di quelli a cui arrivare, dando il meglio di me. Non posso fare a meno di ringraziarla. Di cuore. Gianluca Doronzo
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Eleonora Daniele
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La conduttrice padovana, da 13 anni sul piccolo schermo, è protagonista del segmento di «Unomattina» (Raiuno, dal lunedì al venerdì, ore 10.00) dedicato al racconto di vicende intense e attuali, con ospiti in studio e tanta voglia «di cucirsi su misura un talk in prime time»
La maturità di Eleonora Daniele in «Storie vere», fra intrattenimento emozionale e attenzione all'ascolto, arrivando al cuore della gente
Eleonora Daniele è cresciuta in 13 anni di “video vita”. E non solo lo dimostra il suo percorso, essendo diventata una delle conduttrici più affermate e popolari del piccolo schermo. Oggi è una donna selettiva nelle scelte professionali, mai scontata, con la capacità di “cucirsi su misura” un programma come “Storie vere” (Raiuno, dal lunedì al venerdì, ore 10.00, nell'ambito di “Unomattina”), ottenendo ottimi ascolti e attestazioni di stima (non dimenticando il successo di “Estate in diretta”). Desiderosa di fare dell'“intrattenimento emozionale” il suo leitmotiv, fiduciosa in una ripresa della tv generalista (“ci vorrebbero nuove menti per rigenerare i palinsesti, evitando di vedere sempre le stesse cose”), si racconta con consapevolezza e maturità, non perdendo di vista l'aspetto più fanciullesco. Infatti, metaforicamente, allo specchio vede “ancora l'immagine di una bambina, a cui brillano gli occhi, guardando il cielo azzurro”. A conferma del suo poliedrico universo. Domanda – Eleonora, per il secondo anno consecutivo è alla conduzione di “Storie vere” (Raiuno, dal lunedì al venerdì, ore 10.00, nell'ambito di “Unomattina”): con quale spirito si appresta a vivere la nuova stagione e che bilancio si sentirebbe di fare finora?
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Risposta – In mezz'ora lo scorso anno “Storie vere” ha avuto un ottimo gradimento: il risultato è stato a dir poco sorprendente per tutti noi, al di là di ogni più entusiastica aspettativa. In questa edizione il programma durerà di più, per cui avremo maggior tempo per portare avanti gli approfondimenti sui racconti, con gli ospiti in studio. Come si suol dire: “Squadra che vince, non si cambia”. E così sarà. In fondo quello che a me interessa di una trasmissione simile è proprio la possibilità di dare un taglio emozionale alla narrazione, creando una vera e propria attenzione attorno alla persona e alla sua vicenda. D . – All'interno del suo percorso nella conduzione, a che punto è arrivato questo programma e cosa rappresenta? R . – Di sicuro si tratta di un ulteriore tassello d'arricchimento in merito alla mia conduzione: da un punto di vista umano sento di essere cresciuta e avverto il programma ancora più mio, cucito su misura per me. “Storie vere” è un po' come una creatura che mi appartiene: ci metto tutta me stessa, reinventandolo di edizione in edizione, rendendolo puntualmente nuovo. Ovviamente col supporto della mia squadra: di conseguenza la mia è la nostra vittoria. D . – Televisivamente che fase stiamo attraversando? R . – Sicuramente c'è bisogno di nuovi format: la tv generalista ha urgenza di menti innovative, che ridisegnino gli spazi, i contenuti e i palinsesti. Assistiamo da troppo tempo, come dire, un po' alle stesse idee, che invece avrebbero bisogno di una ventata di freschezza e di svecchiamento. Si avverte la necessità di rinnovarsi. Ora, il futuro io lo vedo proprio in direzione della tv generalista, ma sicuramente punterei più sugli aspetti informativi, d'approfondimento e di trasversalità delle tematiche. D . – Alla luce del percorso e delle esperienze maturate negli anni, a che punto sente di essere oggi? R . – Partiamo dal presupposto che penso si debba fare la tv di pari passo a quello che vuole il pubblico, anche con la razionalità del vivere giorno dopo giorno. È sì importante l'audience, ma non è tutto: ci vuole una sorta di equilibrio fra messaggio e richiesta. Noi siamo un po' tutti come un bambino che cresce, come il signor “Truman” che si “ingigantisce” dinanzi a milioni di spettatori. A mio avviso non si può fare a meno oggi di vedere il piccolo schermo step by step. Detto questo, la tv che vorrei fare è legata all'informazione, a livello emotivo, avversando il sensazionalismo. Mi piacerebbe vivere il contatto con la realtà attraverso il mio lavoro, esattamente come credo che le istituzioni dovrebbero fare in una società civile, rendendosi conto delle reali condizioni di sviluppo e delle problematiche che ci circondano. A me piace
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l'informazione declinata nel contingente: sento di poterla sviluppare e di essere all'epicentro del mio percorso in questa direzione, potenziando il taglio sociale e umano. La mia è una tv vicina alla gente. Se alla Popper si pensa che a volte la tv sia “cattiva maestra”, non vuol dire che non si possa correggere l'andazzo delle cose. Bisogna lanciare dei messaggi rispetto a quello che si vede, non fagocitando ogni cosa. C'è un estremo bisogno d'ascolto: chi fa l'autore sa quanto sia importante. Non si dovrebbero mai porre barriere e distanze col pubblico o con colui col quale si interagisce. L'empatia è fondamentale. D . – In un certo senso un contesto come “Storie vere” potrebbe essere anche adatto ad una prima serata: cosa che avviene raramente rispetto ai talk emozionali e al bisogno d'ascolto della gente. R . – Questo è un peccato. Magari non proprio per una prima, ma per una seconda. Ora, a mio avviso, ci sono contesti come quelli di Santoro e altri che fanno dell'informazione anche emotiva, ma ovviamente il tutto è legato ad un pubblico massimizzato. Lei ha ragione nel sostenere la sua tesi, perché evince quanto invece siano di nicchia i contesti dei quali stiamo parlando. Sebbene qualche passo in avanti mi sembra si stia facendo, non sarebbe male portare il modello della mattina alla sera, anche con approfondimenti legati ai tg, che si stanno proponendo con vesti sempre nuove e dilatate. Penso a Rainews 24, per farle un esempio. Ci sono, pertanto, ottimi prototipi di infotainment in giro: si dovrebbero solo potenziare, allargandoli a tutte le fasce orarie. Io ci sto e ho tutta la voglia di mettermi in discussione. D . – Pensando alla gavetta, ai sacrifici e ai successi ottenuti negli anni, cosa suggerirebbe ad un giovane che avvertisse il “sacro fuoco” dello spettacolo in sé? R . – Se si suggerisce qualcosa a qualcuno, vuol dire che si è raggiunta una certa età (e ride, ndr). Ora, scherzi a parte, credo che il fatto di insistere su un percorso sia sbagliato: le cose devono avvenire in maniera naturale, non forzando gli eventi. Oppure per talento. A qualche mia amica che mi chiede “come fare”, io rispondo solo di essere felici. Il resto non conta. Pertanto, vi dico: “Siate felici in qualunque maniera vogliate declinare il vostro talento. Senza troppi problemi e aspettative”. D . – Bene, Eleonora: s'immagini, metaforicamente, allo specchio. Come si rifletterebbe oggi, in maniera del tutto sincera? R . – Oggi verrebbe fuori l'immagine di un'eterna bambina che guarda sempre al futuro con ottimismo, alzando gli occhi al cielo e gioendo per tutto l'azzurro che c'è. E gli occhi brillano d'emozione. Gianluca Doronzo
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Monica Leofreddi
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Dopo quattro anni d'assenza, è nuovamente in tv uno dei volti più popolari, protagonista del programma «Torto o ragione? Il verdetto finale» (Raiuno, dal lunedì al venerdì, ore 14.40), con ottime percentuali di share, in continuità a quanto fatto da Veronica Maya
Il ritorno che non t'aspetti: Monica Leofreddi e la sua «conduzione familiare», animando con successo la fascia pomeridiana dell'ammiraglia Rai
Il ritorno che non t'aspetti. Dopo “anni familiari”, dedicati alla nascita dei suoi due bambini, Monica Leofreddi sta vivendo proprio in questi giorni l'inizio della sua nuova avventura televisiva, animando “Torto o ragione? Il verdetto finale” (Raiuno, dal lunedì al venerdì, ore 14.40), con un buon riscontro di pubblico, in continuità a quanto fatto precedentemente da Veronica Maya (prossima concorrente in “Tale e quale show” di Carlo Conti). Una conduzione misurata, con uno stile “empatico e garbato” e decenni (ben 32) di carriera all'attivo (“non avrei mai potuto immaginare una vita diversa: in fondo questo è quello che ho sempre saputo fare”). Schietta e disponibile al telefono, descrive i suoi stati d'animo, le attese e gli auspici per la stagione 2014-'15, convinta che il “talento” delle nuove leve possa essere declinato in tutte le sue forme (“in concomitanza a percorsi duraturi e personalità”), senza esitazione di sorta e, soprattutto, avversando qualsiasi tipo di pregiudizio mediatico. Domanda – Monica, finalmente dopo diversi anni d'assenza è tornata su Raiuno dall'8 settembre: per tutta la stagione sarà alla guida del programma “Torto o ragione? Il verdetto finale”, dal lunedì al venerdì (ore 14.40). Se l'aspettava? Risposta – No, sinceramente non me l'aspettavo. A fine luglio ho fatto un provino e non avrei mai immaginato di diventare la conduttrice del programma: in fondo il tutto è stato messo a punto nelle ultime settimane, davvero in tempi record. In realtà l'impostazione non si discosta molto dal precedente “Verdetto finale”, con tanto di giuria popolare e casi da discutere: noi ci stiamo impegnando e speriamo che piaccia al pubblico. D . – Cosa ha voluto dire essere stata assente dalla Rai per tanti anni, avendo lavorato con continuità nel passato in moltissimi programmi? R . – Non posso fare a meno di nasconderle quanto, in fondo, mi sia mancata la Rai: ufficialmente, però, ero già rientrata lo scorso anno, avendo condotto per “Rai Premium” il rotocalco “Fiction magazine”. In questo lasso di tempo d'assenza ho avuto anni familiari, con la nascita dei miei due figli. Ora sono pronta per una rentrée che mi faccia tornare a fare il mio lavoro, quello che ho sempre portato avanti da giovanissima. D . – Ha citato il rotocalco “Fiction magazine”, nel quale ha avuto una cifra familiare nel rapportarsi con l'attore ospitato di puntata in puntata. In fondo, questa è stata la sua costante nel percorso delineato nel tempo. R . – Assolutamente, Gianluca. La mia cifra è sempre stata legata a svariati contenitori pomeridiani, d'approfondimento, familiari e sinceri. Ho sempre avuto un approccio naturale e spontaneo nei confronti dell'intervistato: credo che fingere sia deleterio e, soprattutto, non mi appartiene. Sono puntualmente stata così e, forse, anche per questo mi hanno voluta in “Torto o ragione?”, facendomi sentire vicina al pubblico, in una fascia molto importante per la Rai. D . – Qual è, Monica, il suo punto di vista sulla tv italiana in generale? R . – Guardi, c'è talmente tanta offerta oggi: a qualunque ora del giorno trovi il programma che fa per te, soprattutto con l'avvento del digitale e di tutte le altre forme di comunicazione.
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Anzi, forse c'è talmente tanto che la critica eventualmente da fare è nella scelta, nella selezione. Io porto avanti la mia linea di conduzione, senza mai bluffare. D . – Siamo in tempi di “talent show”: che ne pensa? Non trova che il termine “talento” sia ormai inflazionato? R . – Io sono una fan dei “talent show” e non faccio per niente la snob come certe mie colleghe: li ho sempre seguiti e li trovo interessanti. Per me sono delle vetrine amplificate sulle potenzialità di ragazzi, che desiderano fare del meglio nella propria vita rispetto a precise linee guida. Il vero “talento” oggi credo sia nel restare, nel creare un percorso duraturo nel tempo, legandolo alla personalità. D . – Che ne pensa di Carlo Conti alla conduzione e direzione artistica del prossimo “Festival di Sanremo”? R . – Non posso che pensarne tutto il bene possibile: è un grande professionista e saprà, a mio avviso, fare alla perfezione il suo lavoro nel duplice ruolo che gli hanno affidato. I suoi sono puntualmente programmi di successo e sarà così anche per la kermesse dell' “Ariston” a febbraio. D . – A che punto del suo percorso sente di essere oggi, Monica? R . – Sento che questo è il mio lavoro: sono ormai 32 anni che porto avanti il mio percorso e cerco di farlo al meglio delle mie
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potenzialità. Non avrei saputo e potuto fare altro nella mia vita. Il nostro, per alcuni versi, è un mestiere da molti ritenuto privilegiato, ma non tutti sanno quanti sacrifici si debbano fare, quante rinunce e ciò che si deve sopportare per arrivare alla popolarità, rimanendo se stessi. Io sento di essere al punto giusto, con una consapevolezza e una maturità opportune per la mie età. D . – Cosa si aspetta da “Torto o ragione? Il verdetto finale”? R . – Intanto spero di continuare sempre il successo che Veronica Maya ha confezionato in quella fascia oraria: mi piacerebbe essere sulla stessa lunghezza d'onda. Sono contenta di tornare a vivere il rapporto col mio pubblico, ritrovandolo in un appuntamento piacevole e semplice, come ho fatto in passato. D . – Monica, siamo alla conclusione del nostro incontro: s'immagini metaforicamente allo specchio. Come si rifletterebbe oggi? R . – Come una serena 50enne, una serena mamma di due splendidi bimbi, con una variegata gamma di punti di vista sulla vita. Credo di essere arrivata ad un buon livello, come le dicevo già prima. E, onestamente, non potrei chiedere di più al momento. Gianluca Doronzo
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Giorgio Borghetti
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L'affascinante Borghetti veste i panni del neurochirurgo «Giorgio Bandini» nella soap «Centovetrine» (Canale 5, dal lunedì al venerdì, ore 14.20, oltre 3milioni di spettatori in media), sognando una «fiction d'azione e un nuovo spettacolo teatrale»
Giorgio, la metafora dell'azzurro e la sua fase di «totale sole», con la certezza che «essere artisti poliedrici sia un merito, un valore di cui fare tesoro»
La sua è una “fase di totale sole, di crescita, di decollo dopo tanti sacrifici”. Allo specchio si riflette, metaforicamente, con un colore: l'azzurro. E se questa intervista gli ha sottratto qualcosa, allora ha la risposta pronta: “Un sorriso”. L'universo di Giorgio Borghetti è davvero caleidoscopico e scoprirlo attraverso una piacevole chiacchierata non può che essere un valore aggiunto per l'interlocutore. Disponibile, empatico, vivace, ripercorre i tratti salienti delle stagioni vissute e fa un “bilancio parziale” del suo “Giorgio Bandini” in “Centovetrine” (Canale 5, dal lunedì al venerdì, ore 14.20, oltre 3milioni di spettatori in media), non anticipando nulla sulla nuova stagione. Spazia dal cinema al teatro, dal piccolo al grande schermo fino al doppiaggio con estremo agio, convinto che “essere artisti poliedrici sia un merito e non un limite, come spesso avviene in Italia”. E se, in fondo, potesse esserci un desiderio da realizzare a livello seriale? Una fiction “d'azione” sarebbe, per così dire, la quadratura del cerchio. Produttori, che aspettate? Domanda – Quest'anno ha fatto il suo ingresso nella soap “Centovetrine”, vestendo i panni del neurochirurgo “Giorgio Bandini”: che bilancio si sentirebbe di fare e quali novità aspettarci nella nuova stagione? Risposta – Il bilancio è ancora parziale: nel senso che il mio personaggio dovrà svilupparsi pienamente nei prossimi mesi. Di sicuro c'è stata la storia con Carol (Marianna De Micheli, ndr) e una precisa volontà di guardare in me stesso, cogliendo tutte le dinamiche delle vicende narrate. Di novità ce ne saranno tantissime, sia negative che positive, esattamente come avviene nella vita: ogni giorno siamo protagonisti di tante
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emozioni e di molteplici colori, cercando di dare il meglio e di difenderci come possiamo. D . – Qual è, dal suo punto di vista, il segreto del successo della soap da così tante stagioni a questa parte? R . – Il segreto del successo è in una ragione ben precisa, secondo me: parecchie persone si riconoscono in quello che andiamo a raccontare, nella semplicità di fondo, negli intrighi di potere, nelle connivenze di famiglia e nei sentimenti. Non facciamo altro che portare in video quello che succede, in fondo, a ciascuno, con declinazioni diverse a seconda della storia che si ha. D . – Molti attori di soap provengono dal mondo del teatro, esattamente come accadeva una volta con gli sceneggiati d'autore, interpretati da nomi illustri della scena. Un elemento che spesso non viene fuori, ma dovrebbe essere messo ben in evidenza. R . – Assolutamente, giusto: gli sceneggiati d'autore hanno fatto la storia della nostra tv e sono stati animati davvero dai nomi più illustri (Paola Pitagora, Giuseppe Pambieri e Nino Castelnuovo, per citarne solo alcuni). Noi abbiamo tanto da raccontare del nostro passato, ma soprattutto ci dobbiamo proiettare verso il futuro. In fondo, quello che va in scena è il nostro mestiere, il mestiere dell'attore: l'arte è una torta con tante fette, incluse soap e lunga serialità. Non importa quale si mangi, l'importante è che sia buona e di grande qualità. Ritengo, a tal proposito, sia un po' troppo italiana la tendenza a considerare per forza l'attore cinematografico, teatrale o televisivo, come se uno non potesse essere tutto questo. Essere artisti vuol dire poter fare tutto: che problema c'è? D . – Assolutamente, nessun problema: la versatilità è da ritenersi un valore aggiunto. Esattamente come avviene all'estero. Continuando in tema di piccolo schermo: cosa pensa della fiction, in generale? R . – Secondo me la fiction italiana sta attraversando una fase complessa: sono stati sperperati troppi soldi in produzioni inutili, non avendo sempre la qualità come parametro di valutazione. Diciamo che, in generale, si va troppo sul sicuro: bisognerebbe rischiare di più e avere maggior coraggio. D . – Che ruolo le piacerebbe interpretare oggi? O in quale genere vorrebbe misurarsi? R . – Di ruoli ne ho fatti davvero tanti nel mio percorso e posso esserne soddisfatto. Diciamo che mi piacerebbe una fiction d'azione, molto movimentata, con ritmo, suspense e passione. D . – Se dovesse pensare un attimo alla sua longeva carriera da doppiatore, quale istantanea si sentirebbe di scattare immediatamente? R . – Diciamo che ho vissuto bellissime esperienze. Due ne citerei su tutte: quella di “E.T.” e “L'attimo fuggente”. Sono pienamente soddisfatto ed ora passerei anche alla direzione del doppiaggio, come fanno illustri esponenti americani, pronti ad animare qualsiasi impresa gli si presenti. Una grande come Jessica Lange fa di tutto: teatro, cinema e tv. Da noi è come se si dovesse essere limitati e sembra che quanto tu sia più versatile, tanto tu debba essere costretto a fare determinate
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cose, senza poter spaziare. Un peccato. D . – Musical e teatro: ci sono dei progetti? R . – Teatralmente parlando ci sono degli sviluppi rispetto ad una serata, fatta qualche tempo fa a Milano, nella quale ho messo a punto un progetto. Assieme a due colleghi, inoltre, ho acquistato i diritti di una pièce estera (in italiano “Il cornicione”), per la quale stiamo cercando di mettere su uno spettacolo. In quanto al musical sono sempre pronto: appena mi sarà proposta una nuova impresa, la vaglierò con piacere. D . – Alla luce della sua versatilità, accetterebbe la partecipazione ad un programma come “Tale e quale show” su Raiuno? R . – Perché no? In un programma del genere si può davvero far valere la propria attorialità, trasformandosi in altri personaggi fra canto, ballo e interpretazione. Sarebbe bello. Un po' come “Ballando con le stelle”, che trovo ben fatto, con una signora della tv come Milly Carlucci. D . – Si tratta di esempi di sano intrattenimento tv. R . – Nella maniera più assoluta. Il pubblico non è stupido e apprezza i contesti nei quali c'è intrattenimento allo stato puro, senza eccessi, solo con una grande voglia di divertimento. D . – E il cinema? Come lo valuta? R . – Al cinema ho appena fatto un cammeo in un film sperimentale, dal taglio molto particolare. In generale credo
che il grande schermo italiano viva una buona stagione: lo dimostrano i vari “Tutta colpa di Freud” e “La grande bellezza”, meritatamente vincitore del “Premio Oscar”. D . – Le è piaciuto, dunque, il film di Sorrentino? R . – È un film che decisamente andava visto: di sicuro fa un po' della ridondanza la sua cifra. Ma, a mio avviso, ha vinto il “Premio Oscar” con grande merito. E non posso che esserne contento da italiano. D . – A che punto, Giorgio, sente di essere nel suo percorso e come vorrebbe potesse proseguire? R . – Io sono in una fase di totale sole, di totale crescita, di decollo dopo tanti sacrifici, gavetta e impegni su più versanti. Vorrei potesse continuare sempre così, cercando di dare il massimo impegno in ogni impresa che si rispetti. D . – S'immagini, metaforicamente, allo specchio: come si rifletterebbe oggi? R . – Oggi di me verrebbe fuori un'immagine azzurra, come il cielo. Ne sono convinto. D . – Benissimo, Giorgio, mi ha offerto già un suggerimento per il titolo della nostra intervista. A proposito, Longanesi la riteneva, giornalisticamente, “un articolo rubato”. Cosa le è stato sottratto, dunque, durante la nostra chiacchierata? R . – Mi è stato sottratto un sorriso (e si conclude ridendo, ndr). Gianluca Doronzo
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Michele D'Anca
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Michele D'Anca, noto per il suo «Sebastian Castelli» in «Centovetrine» (Canale 5, dal lunedì al venerdì, ore 14.20, oltre 3milioni di spettatori in media), traccia una lucida «panoramica» sulla sua lunga carriera fra palco (con una menzione a Ronconi), cinema («lavorano, purtroppo, sempre gli stessi») e ruoli da interpretare («vorrei mettermi in discussione nella commedia»)
«Le soap hanno grandi attestazioni perché sono coerenti, sincere e ricche di sentimento, a dispetto della fiction che avrebbe bisogno di più coraggio»
Dal suo punto di vista “le soap hanno successo perché sono coerenti, ricche di passione e sincerità”. La fiction, invece, dovrebbe “avere più coraggio, non adagiandosi sempre sulle stesse trame”. Michele D'Anca ha le idee ben chiare: è uno degli attori più illustri del panorama italiano, con una carriera degna di menzione. Ben 14 anni ininterrotti di tournée teatrali (“ricordo la genialità di Ronconi, capace di leggerti dentro e valorizzarti artisticamente”), svariati ruoli in lunghe serialità e una presenza costante in “Centovetrine” (Canale 5, dal lunedì al venerdì, ore 14.20, oltre 3milioni di spettatori in media) nei panni del celebre “Sebastian Castelli”. Unici tasselli mancanti per la quadratura del cerchio? Un ruolo “importante al cinema” e una scrittura “da protagonista in un movie in prima serata”. E che si sappia: vorrebbe anche cambiare registro, magari animando una commedia. Fra humour e tante risate. Chissà. Domanda – Signor Michele, dal 15 settembre è tornato a vestire i panni di “Sebastian Castelli” in “Centovetrine” (Canale 5, dal lunedì al venerdì, ore 14.20, quasi 3milioni di spettatori in media): che bilancio sentirebbe di fare del suo personaggio e quali novità aspettarci per la prossima stagione? Risposta – Il bilancio è per me più che positivo: sono entrato ormai un po' di stagioni fa nella soap e, man mano, il mio “Sebastian” ha ottenuto attestazioni esponenziali grazie ad una concomitanza di situazioni a me favorevoli. Ho ricevuto premi, riconoscimenti e si è puntualmente avvertito il bisogno della mia performance nella definizione delle trame. Sono contento di essere riuscito a dare il mio apporto creativo alla soap, contribuendo ad un successo ormai consolidato negli anni. Ovviamente il futuro si prospetta molto interessante: il mio personaggio avrà un ruolo centrale negli episodi e nella manifestazione di quello che accade in merito alle varie vicissitudini legate al potere. Ci sono poi aspetti fondamentali in relazione alla sfera sentimentale, sia con i figli che con tutto ciò che riguarda l'amore. Si apriranno spiragli e scenari inattesi. Ma non svelo altro. D . – Giusto: staremo a vedere. Dal suo punto di vista, qual è il segreto del successo di “Centovetrine”? R . – Il successo è legato fondamentalmente ad una macchina produttiva, che va avanti in maniera corale e coesa da tanti anni. Non solo: c'è anche la scrittura, c'è il cast e la capacità di mettersi l'uno al servizio dell'altro incondizionatamente, sapendo emozionare, creando un mix di suspense, competenza e passione. Il pubblico credo abbia percepito la sincerità di tutti noi. D . – Che fase, a suo parere, sta attraversando la fiction italiana in generale? R . – Credo che la fiction italiana sia in un momento di flessione, a causa della crisi. Nonostante tutto sia “Centovetrine” che “Un posto al sole” durano nel tempo proprio per coerenza, passione e sincerità dei prodotti. In generale ritengo si dovrebbe avere più coraggio nel mettere a punto le produzioni seriali, non proponendo sempre le solite trame o i volti triti e ritriti. D . – In quale genere seriale oggi le piacerebbe misurarsi? R . – A me piacciono due tipi di serialità: molto quelle d'azione come “La Narcotici”, nei panni di un ispettore di polizia e quelle
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in costume, ambientate nel Settecento o Ottocento. I miei desideri avrebbero queste linee guida, in tutta onestà. D . – Sinceramente, si sarebbe mai aspettato un percorso come quello messo a punto in questi anni? R . – No, a dire il vero non mi sarei mai aspettato quanto accaduto, perché i sogni di gloria uno pensa rimangano sempre e soltanto tali. All'inizio pensavo di fare del cinema, ma quello che accade in Italia onestamente non riesco a comprenderlo; poi credevo che sarei stato per sempre un attore teatrale, ma non immaginavo minimamente che avrei potuto fare il doppiaggio e la tv. Sono soddisfatto di quanto messo a punto nel tempo: l'importante credo sia essere determinati nella vita. Non avrei neanche lontanamente ritenuto possibile il fatto di entrare a far parte di “Centovetrine” ed oggi, invece, siamo qui a parlare della ripresa di un'ennesima stagione di successi. Nella vita bisogna davvero vivere ogni momento al meglio, senza mai fasciarsi la testa o avere delle grandi aspettative. Spesso tutto va oltre. D . – Se pensa alla sua formazione teatrale, alle numerose tournée messe a punto e a tutto quello che il palco le ha dato, le verrebbe voglia oggi di tornare in una pièce? Le chiedo, inoltre, un ricordo del suo Maestro, Luca Ronconi. R . – Il teatro, caro Gianluca, mi manca tantissimo. Il palcoscenico è davvero il banco di prova per un attore, capace di formarne potenzialità e metterlo alla prova. Io l'ho fatto per 14 anni di seguito in tournée e, come le dicevo prima, ero convinto dovesse essere la mia vita per sempre. Provo nostalgia per il rapporto col pubblico e vorrei tornare a viverne le emozioni: chissà che non accada, compatibilmente con i sei mesi di riprese di “Centovetrine”. In merito a Ronconi ho tantissimi ricordi: ho cominciato proprio con lui. Ritengo sia un Maestro vero, un regista geniale, capace di leggerti dentro e valorizzarti artisticamente al meglio. A mio avviso, è davvero un illustre esponente dell'eccellenza italiana. Davvero con affetto lo ricordo. D . – La presenza di tanti attori provenienti dal mondo teatrale nelle soap, ci consente di fare un parallelo con gli sceneggiati d'autore di un tempo, interpretati da illustri esponenti della scena. R . – Bravissimo. Nella storia della tv ci sono numerosi sceneggiati messi a punto da nomi illustri della scena, capaci di aver onorato tutto il meglio della scrittura autoriale. C'è inoltre da dire che l'impostazione allora degli sceneggiati era molto teatrale e si facevano rappresentazioni dal vivo, in presa diretta. Era un aspetto fondamentale e imprescindibile. Oggi una scena la si può ripetere 40 volte, allora no. L'impegno che richiede una soap, a dispetto di quello che si possa pensare, è pazzesco: per questo i più allenati sono proprio gli attori che vengono dal teatro, differenziandosi per qualità e spessore. “Centovetrine” e “Un posto al sole” sono scenari ricchi di esponenti talentuosi e preparati, come coloro che davano vita agli sceneggiati di una volta. D . – Prima ha detto che “avrebbe pensato ad una carriera cinematografica” all'inizio del suo percorso: qual è il suo punto di vista sul grande schermo odierno? R . – Il cinema italiano è un settore un po' a compartimenti
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stagni, fatto di lobby: lavorano sempre gli stessi e non si riesce a creare un'inversione di tendenza rispetto ad un simile andazzo. È completamente diverso dal teatro. Ci sono spesso registi di talento, ma storie non proporzionali: o si opta per il volto che assicura l'incasso e fa botteghino, oppure si vira verso gli attori presi per strada, di cui il nostro Neorealismo è stato pienissimo. Ora: io faccio l'attore da più di 30 anni e a malapena sarò riuscito a fare un film e mezzo nella mia carriera. Una grande ingiustizia. D . – Le è piaciuto “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino? R . – A me è piaciuto molto, soprattutto nel racconto della decadenza del genere umano. Ho apprezzato la maniera nella quale è stata raccontata Roma, fra fotografia e regia. Mi ha ricordato tante cose del passato, con un bel pizzico di poesia. Devo, però, ammettere di essere più amante di esponenti alla Mastroianni nel delineare certi sviluppi di trame rispetto ad un Sorrentino. D . – Alla luce di quanto emerso in questa chiacchierata, a che punto del suo percorso sente di essere e come vorrebbe potesse proseguire? R . – Diciamo che il mio percorso è messo bene: lo step successivo ora dovrebbe essere quello di fare il protagonista di una serie in prima serata, in concomitanza ad un ruolo importante per il cinema. Senza, ovviamente, dimenticare il teatro. Per il momento sono qui, a parlare con lei in questa piacevole e illuminante chiacchierata, facendo il punto della situazione. È anche vero che l'impegno in una soap, come le dicevo prima, è totalizzante: ma sono pronto a qualsiasi sfida. D . – S'immagini, metaforicamente, allo specchio: in che modo si rifletterebbe oggi Michele D'Anca? R . – Da un punto di vista lavorativo potenzialmente soddisfatto, con la consapevolezza di poter fare molto di più, lavorando con grandi registi, mettendo a punto delle sane sfide attoriali che a me piacciono tanto. Adoro essere in cast con bravi esponenti della scena. Sono sempre alla ricerca di nuove mete da raggiungere. Dopo “Sebastian Castelli” mi piacerebbe affrontare non il ruolo di un cattivo, ma di un buono, di un santo, oppure vorrei mettermi alla prova in una commedia ironica, con tanto humor, che non t'aspetti. Gianluca Doronzo
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Michela Andreozzi
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Creativa, artisticamente completa e ricca di spirito: l'escalation di Michela Andreozzi, dal palco al cinema (prossimamente in «Fratelli unici» con Raoul Bova e nel film di Natale dei Vanzina), apprezzata protagonista della nuova edizione di «Tale e quale show» (Raiuno, ogni venerdì, ore 21.10) di Carlo Conti
«Sto vivendo la mia stagione migliore fra numerosi progetti e obiettivi raggiunti, dopo sacrifici e una gavetta durata a lungo»
Ha humour, è creativa e, finalmente, dopo tanta gavetta sta ottenendo la popolarità meritata. Il suo nome? Michela Andreozzi, esponente ad hoc del teatro italiano “ridens” (di recente è stata al “Festival di Todi” con la pièce “Ring”, assieme a Massimiliano Vado, suo compagno), nota per diverse partecipazioni in fiction (da “Don Matteo” a “La squadra”, fra l'altro), prossimamente al cinema (in autunno sarà nel cast di “Fratelli unici” con Raoul Bova e Luca Argentero; a Natale figurerà fra gli interpreti del nuovo film dei Vanzina, nei panni della moglie di Max Tortora). Ma non tutti conoscono pienamente le sue qualità canore (ha esordito lavorando per Boncompagni ai tempi di “Domenica In” e “Non è la Rai”) e, allora, ecco l'occasione giusta: dal 12 settembre sarà uno dei 12 concorrenti della nuova edizione di “Tale e quale show” di Carlo Conti (Raiuno, ogni venerdì, ore 21.10), mostrando la sua estrema versatilità interpretativa. In primo piano una vivacità artistica che, settimana dopo settimana, potrebbe condurla dritta dritta sul podio. Scommettiamo? Domanda – Michela, nelle stagioni ha portato avanti una carriera trasversale fra teatro, tv, cinema e scrittura, manifestando personalità, passione e coraggio in ogni impresa: con che spirito si appresta a vivere la sua partecipazione a “Tale e quale show”, dal 12 settembre alle 21.10 su Raiuno? Risposta – Io vivo il programma da fan: l'ho sempre seguito dalla prima edizione e l'ho puntualmente trovato sano, ben fatto e coinvolgente. Guardandolo col mio compagno (Massimiliano Vado, con lei in scena nella pièce “Ring”, ndr), mi sono detta in passato: “Sarebbe proprio un sogno essere fra i protagonisti”. Ecco che, con mio grande stupore, quest'anno sono nel cast e, onestamente, non ci credo ancora. Anche perché non solo i miei colleghi sono molto forti, ma ci sono un paio di nomi davvero incredibili, da temere. Ora, al di là di tutto, credo sia bello vedere artisti esibirsi nelle imitazioni di cantanti affermati, spaziando nelle discipline, con trucco e parrucco, coreografie e coach pazzeschi. “Tale e quale show” ricorda i vecchi varietà, la voglia di fare del sano intrattenimento ed io non posso che esserne onorata: avermi scelto per me è una grande responsabilità. D . – A proposito di responsabilità: il grande pubblico la conosce soprattutto come attrice e umorista, non per le sue qualità canore. Di sicuro, come ha spesso dimostrato a teatro, saprà stupire gli spettatori per la sua voce: cosa le piacerebbe, a trasmissione conclusa, potesse essere finalmente compreso di lei? R . – Devo dire che ho tanti amici e un nutrito pubblico a livello teatrale ma, come dice lei, di sicuro non tutti conoscono anche le mie, spero, qualità canore. Di recente c'è stato un passaggio su Rai5 di un mio spettacolo e, con mio enorme stupore, ho ricevuto delle attestazioni di stima e affetto, anche sui social, da vera e propria commozione. Io vorrei che, in fondo in fondo, venisse fuori la mia personalità, quello che sono veramente: potrebbe, in un certo senso, sembrare paradossale visto che dovrò interpretare altri artisti. Ma, se ci pensa, non è così:
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attraverso il mio filtro metterò a punto le diverse performance, per cui l'aspetto dell'attorialità avrà la meglio. Nel programma sarò me stessa, facendo quello che faccio da sempre, con una giusta dose di divertimento e gioco. D . – Se dovesse definire Carlo Conti, cosa si sentirebbe di rispondere? R . – Abbronzato e sorridente (e scoppia una risata comune al telefono, ndr). È un professionista trasversale, evergreen, capace di fare davvero un ottimo lavoro in ogni impresa che si rispetti. D . – Che ne pensa della sua prossima conduzione del “Festival di Sanremo”? R . – Credo che si sia guadagnato quel palco con tanta gavetta, anno dopo anno, lavorando sodo da ormai moltissime stagioni a questa parte. S'è meritato l' “Ariston” e sarà di sicuro una bellissima edizione. Tra l'altro, sono contenta di partecipare a “Tale e quale show” proprio nell'anno in cui Carlo fa il “Festival”. D . – Tv, teatro e cinema: tre generi da lei frequentati moltissimo. In quale vorrebbe essere più “in pianta stabile”? R . – Non lo so. Per esempio, di recente io e il mio compagno, Massimiliano Vado, siamo stati al “Festival di Todi” per il debutto del nostro spettacolo, dal titolo “Ring”, con un bel successo di pubblico e critica. A me il teatro piace tanto e lo vivo pienamente: credo che la vita mi porterà ovunque vorrà, senza alcun condizionamento nelle mie scelte. In tempi come questi l'importante è lavorare e farlo al meglio. D . – A che punto del suo percorso sente di essere oggi, Michela? R . – Mi sento in un periodo fortunato, di grande raccolta dopo tanti sacrifici, tanto studio, gavetta e riconoscimenti conseguiti sul campo. È bello e gratificante tutto quello che mi sta accadendo: vorrei essere sempre in movimento, con propositività. D . – Oltre ad essersi laureata in “Lettere”, si è diplomata in “Sceneggiatura tv” alla “Holden” di Torino: cosa le piacerebbe scrivere per il piccolo schermo in futuro? R . – In realtà per la tv continuo ad essere sempre presente nell'ambito della scrittura: ho un gruppo di lavoro con cui sto pensando un progetto veramente stimolante. Ma non posso parlarne: stiamo, in sostanza, gettando piccoli semini in attesa che germoglino. Presto ne sarete informati. Un po' di pazienza. D . – E sul versante cinema e teatro, sta scrivendo qualcosa? R . – Per il cinema abbiamo concluso io e il mio compagno il corto “Dietro un grande uomo”, con me anche interprete assieme a Luca Argentero, che porteremo ben presto in giro per “Festival” e rassegne. Come lei ben sa, noi umoristi spesso ci occupiamo di dialoghi per il grande schermo e sto lavorando anche in questa direzione. Teatralmente, dopo “Ring”, ci sono alcuni progetti e vedremo cosa ne verrà fuori. Insomma, non so stare mai ferma. D . – Bene, Michela: finora abbiamo parlato di futuro e progetti. Se facessimo un salto nel suo passato, arrivando fino agli esordi, verrebbe fuori il nome di Gianni Boncompagni. Che ricordi ha?
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R . – Quella di Boncompagni è stata la mia vera scuola televisiva: devo a lui tutto quello che ho imparato e sto facendo sul e per il piccolo schermo. Lui diceva di aver creato “la tv del nulla” e il suo era un “paradiso incantato” rispetto agli altri programmi. È stato geniale, ha dato grande importanza all'intrattenimento, facendo evadere il pubblico dalla solita routine. Lì ho fatto redazione, sono stata in video, ho cantato. Davvero il mio essere trasversale è iniziato fra “Domenica In” e “Non è la Rai”. D . – Ha appena parlato di “importanza dell'intrattenimento”: un po' come sta facendo “Tale e quale show”, dinanzi a ben 7milioni di spettatori ogni settimana, consentendo una sana evasione dalla solita quotidianità. R . – Assolutamente: è ovvio che un contesto come “Tale e quale show” coniughi qualità e divertimento alla grande. I protagonisti che lo animano si divertono. A me, ad esempio, lo scorso anno è piaciuto tanto Frizzi: lui non è un cantante, ma è stato straordinario. Ha affrontato l'esperienza con lo spirito giusto, mettendosi in gioco e divertendosi. Esattamente come dovrebbe fare un artista a tutto tondo. D . – Per lei ci sono in cantiere fiction quest'anno? R . – In merito alla fiction per questa stagione sono ferma, visto soprattutto l'impegno con “Tale e quale show”. Ho, però, fatto due film, prossimamente in uscita: in autunno sarà la volta di “Fratelli unici” con Raoul Bova e Luca Argentero; a Natale ci sarà la commedia dei Vanzina, con un cast stellare, dove interpreterò la moglie di Max Tortora. Ci sarà da divertirsi davvero. D . – Stiamo, pian piano, arrivando alla conclusione della nostra chiacchierata: come vorrebbe, Michela, potesse proseguire il suo percorso? R . – A me piace molto la maniera in cui sta andando avanti il mio percorso: lo dico con molta umiltà, senza essere un po' “sboriona”, come si dice a Roma (e ride, ndr). Quando penso alla mia carriera, mi vengono in mente quegli artisti internazionali che fanno teatro, cinema e tv, senza esitazione di sorta e, soprattutto, dandosi al meglio al pubblico. Io vorrei continuare a progredire in questo senso: va da sé che ogni cosa possa arrivare a suo tempo. Io sto dicendo di sì al lavoro, in tutte le sue declinazioni, buttandomi a capo fitto. Ed è una fortuna, considerando i momenti nei quali ci troviamo a vivere. Forse, però, vorrei avere un pochino di tempo in più per poter evitare la contemporaneità di tante cose da mettere a punto. Se mi fosse consentito, esprimerei proprio questo desiderio. Per il resto sono sempre in itinere. D . – S'immagini, ad epilogo della nostra chiacchierata, metaforicamente, allo specchio: oggi in che modo si rifletterebbe? R . – Più alta di prima (e la risata diventa comune, ndr). D . – Perfetto: ha colto pienamente il senso della mia richiesta metaforica. R . – Sa, noi artisti viaggiamo sempre con un bagaglio al seguito, puntualmente più pesante di volta in volta, a seconda delle esperienze che abbiamo maturato. Io credo di essere
diventata più forte e strutturata negli anni, aggiungendo un capo alla volta, facendo fronte anche agli imprevisti del caso: per esempio, in una recente replica di un mio spettacolo in Sicilia ero completamente afona e sapevo benissimo cosa fare per fronteggiare l'inconveniente. Un tempo sarebbe stato panico puro per me. Oggi ci si riesce a mantenere in forma, con tutti i mezzi che si hanno a disposizione: se, però, certi negozi d'abbigliamento illuminassero di meno gli specchi, ti verrebbe voglia di comprare più capi, soprattutto quando non ti vedi perfettamente in linea. Mannaggia agli specchi, mannaggia (e ride, ndr). Gianluca Doronzo
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Danila Stalteri
IL TALENTO CHE NON T'ASPETTI
Danila Stalteri (laureata in «Filmologia») è nel cast («in un ruolo molto ben scritto») della serie «Un'altra vita» (Raiuno, ogni giovedì, ore 21.10), al fianco di Vanessa Incontrada, Loretta Goggi, Cesare Bocci e Daniele Liotti
«Spero arrivi la grande popolarità dopo ben 15 anni di onesto lavoro, grazie ad una regista come Cinzia Th Torrini, capace di valorizzarti al meglio»
“Dopo ben 15 anni di lavoro, spero sia arrivato il momento della grande popolarità. Io ce la metto tutta: fare l'attrice è quello che voglio nella vita. Mi rende felice”. Danila Stalteri è una giovane talentuosa e preparata (ha una laurea in “Filmologia”), da stagioni ormai presente sul piccolo schermo: con la regista Cinzia Th Torrini c'è stata “una bella affinità” già ai tempi di “Terra ribelle”. Oggi l'accoppiata si replica con “Un'altra vita” (Raiuno, ogni giovedì, ore 21.10), accanto a Vanessa Incontrada, Loretta Goggi, Cesare Bocci e Daniele Liotti, per la scrittura di Ivan Cotroneo. Tante attese ruotano attorno ad “un ruolo che sorprenderà”, all'insegna di una coralità “tutta al femminile”. E il pubblico non potrà che applaudire. Domanda – Danila, a che punto del suo percorso arriva il personaggio interpretato nella fiction “Un'altra vita” (Raiuno, ogni giovedì, ore 21.10), per la regia di Cinzia Th Torrini? Risposta – Direi che il mio personaggio arriva ad un punto cruciale del mio percorso: in ben 15 anni ho portato avanti una carriera con tanta gavetta e credo, finalmente, sia giunto il momento della grande popolarità. Spero che proprio “Un'altra vita” mi dia questa chance: a me essere parte integrante del cast è piaciuto tantissimo e non posso che ringraziare Cinzia Th Torrini. D . – A proposito: non è la prima volta che ha modo di lavorare con Cinzia Th Torrini, visto che in passato avete collaborato in “Terra ribelle”. Quale, secondo lei, la peculiarità della sua cifra registica? R . – La sua cifra registica è quella del perfezionismo: non demanda ad alcuno sul set e vuole sempre intervenire in prima persona, mettendo a punto tutto ciò che favorisce il meglio di un lavoro. In “Un'altra vita” l'ho trovata eccezionale, ma anche in “Terra ribelle” siamo state assieme per sette mesi, all'estero, con la possibilità di conoscerci approfonditamente. Lei utilizza sempre la metafora dei cavalli che danno il meglio di loro proprio alla fine della corsa. La adoro e poi abitiamo anche a pochi isolati di distanza. Davvero è una donna straordinaria. D . – Qual è il suo punto di vista sulla fiction italiana? R . – Secondo me andrebbe un attimo svecchiata: la trovo un po' troppo “a conduzione familiare” in Italia e gli attori sono sempre gli stessi. Forse negli ultimi tempi c'è stata più possibilità d'emergere per gli autori: ad esempio, “Un'altra vita” è stata scritta da Ivan Cotroneo, che adoro anche in merito a quello che mette a punto per il cinema. Lui ha portato una ventata di freschezza in tv e la combinazione con Cinzia Th Torrini è stata una magica alchimia. D . – Lei ha formulato una considerazione sul fatto che “nella fiction italiana a lavorare siano sempre gli stessi attori”. Un po' come accade nel cinema italiano. R . – A volte gli attori che ci ritroviamo al cinema non solo non sono meritevoli ma, peggio ancora, non sono neanche adatti. Nel cinema italiano ci sono piccoli gruppi di amici che lavorano fra loro e loro. Ad esempio, è da anni che a me sembra di vedere sempre la stessa commedia “made in Italy”, con gli identici interpreti, senza alcun tipo di riciclo. E basta! C'è bisogno viscerale di una ventata di aria fresca. Per fortuna la
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fiction riesce a inserire anche personaggi secondari, dando loro spazio: ne è esempio “Un'altra vita”. Concludendo le mie considerazioni sul grande schermo, per quel che mi riguarda l'ultima cosa che ho fatto è stato un film indipendente. Ma dopo, niente. Eppure vorrei tanto mettermi in discussione e lavorare. D . – Veniamo a noi, Danila: in questi mesi non c'è attore al quale non abbia sottoposto la domanda che sto per farle. Mi risponda, mi raccomando, con estrema sincerità: cosa pensa de “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino? R . – Sarò sincera, ma ho bisogno di fare una piccola premessa: io ritengo Sorrentino un grandissimo regista e il suo “L'uomo in più”, a mio parere, credo sia un'opera prima straordinaria e di grande spessore, in grado di rendere onore al suo talento. Ora, a me “La grande bellezza” ha un po' deluso, annoiato e ho trovato un racconto troppo autoreferenziale e autocelebrativo. Forse ci si aspettava di più e ne parlo anche
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da esperta, visto che mi sono laureata in “Filmologia”. Avrei preferito ben altre pellicole per l' “Oscar”, ma alla fine questa ha avuto la meglio. D . – Alla luce della sua esperienza, della gavetta messa a punto e dei 15 anni finora nell'ambito della recitazione, cosa sentirebbe di suggerire ad un giovane che volesse intraprendere la sua stessa strada? R . – Io suggerirei innanzitutto di avere un piano b: purtroppo in Italia se non sei figlio di qualcuno, conoscente o altro, devi assolutamente avere un'alternativa nel nostro ambito. In secondo luogo direi di sviluppare altre competenze e doti: essere trasversali è un punto a proprio vantaggio. Consiglierei di studiare, di essere preparati: il nostro lavoro necessita di una fortissima personalità, anche ricevendo porte sbattute in faccia e diversi no. Per quello che io possa pensare, il vero talento è andare sul set determinati, dando il meglio di sé, senza esitazione di sorta. Poi ci sta che nella vita qualcuno
IL TALENTO CHE NON T'ASPETTI
abbia un giudizio sbagliato su di te e te lo manifesti. Se sei veramente motivato, devi andare avanti e far valere quello che sei. Prima o poi qualcosa accadrà. D . – In che genere potremmo collocare “Un'altra vita”? R . – C'è veramente di tutto e non lo dico per una captatio nei confronti della Th Torrini: c'è la storia d'amore, il dramma, la commedia, il folclore. Io me ne sono innamorata subito. Si tratta di un progetto che parla di donne e Ivan Cotroneo, lo ribadisco, è stato bravissimo a scriverlo in maniera intensa e struggente. D . – Teatralmente che fase stiamo vivendo e cosa le piacerebbe fare oggi? R . – Io frequento il teatro molto da attrice e ci tengo tanto a farlo: starei molto male senza. Mi consente di esprimere il mio essere eclettica pienamente. Dico, però, una cosa: da spettatrice e addetta ai lavori sono un po' preoccupata, in quanto le tournée si sono fortemente ridotte a causa della crisi e facendo meno repliche il lavoro diminuisce. Se si continua così il pubblico avrà meno chance di intrattenimento. Rimango
un po' male quando grandi scenari del teatro hanno in cartellone i cabarettisti alla “Zelig” e “Colorado”, contro i quali non ho proprio nulla, per carità, ma così facendo si offrono meno occasioni a chi come me vive di stagioni, pièce e spettacoli da mettere a punto, essendo la sua professione principale. Bisognerebbe un attimo delineare i programmi di prosa con criteri diversi, più meritocratici e meno televisivi. D . – A questo punto, Danila, s'immagini metaforicamente allo specchio: oggi come si riflette? R . – Mi rifletto come una donna di 34 anni serena, che ha delle aspettative ma non fantasmagoriche. Sono concreta e dal mio punto di vista fondamentale è continuare a lavorare, la vera e unica cosa che mi dà davvero gioia. Nel frattempo nella vita mi sono laureata e ho anche cercato di fare altro legato ai miei studi: ma la reale felicità, nella mia prospettiva esistenziale, è nell'essere attrice. Vorrei continuare su questa strada, in attesa della giusta consacrazione dopo tanto sano e onesto lavoro. Gianluca Doronzo
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Hoara Borselli
LA PRIMADONNA DEL PICCOLO SCHERMO
Hoara Borselli, dopo aver avuto i suoi due bambini, si sta nuovamente mettendo in discussione, con molta umiltà, nel mondo dello spettacolo fra desideri («vorrei un talk in Rai in cui farmi le ossa»), conquiste («ho lavorato per molte stagioni di seguito, con enorme soddisfazione») e ricordi (da Bonolis a Salemme), auspicando un «sano ritorno alla qualità e contenuti sul piccolo schermo»
«Mi piacerebbe tornare in tv alla conduzione di un bel programma d'intrattenimento pomeridiano, nel quale dare tutta me stessa con l'anima e il cuore»
Hoara ha le idee ben chiare: dopo essere stata protagonista di intense stagioni di successi e aver dato, con la nascita dei suoi due figli, priorità alla famiglia, ora è pronta a tornare sul piccolo schermo. La sua collocazione ideale? Un “bel programma d'intrattenimento pomeridiano”, nel quale offrire il meglio di sé con la conduzione e “farsi le ossa”, vivendo il “contatto diretto col pubblico e con gli ospiti”. Così, da un desiderio che le auguriamo possa presto diventare realtà, la Borselli chiacchiera piacevolmente al telefono, ricordando i tratti salienti del suo percorso e i professionisti con cui ha lavorato (Bonolis, Carlucci e Salemme, fra gli altri), chiosando con una riflessione sullo stato attuale della tv (“solo la qualità e i contenuti possono fare la differenza”). Pronta a vedersi, metaforicamente allo specchio, “più matura e consapevole”, senza mai perdere di vista l'emozionalità e il suo essere caratterialmente “un Gemelli ad hoc”. Domanda – Hoara, cosa sta accadendo nel suo percorso in questi ultimi tempi? Risposta – Il mio è stato un percorso fatto di grandissimo lavoro, con estrema continuità per tante stagioni e buoni successi. Ad un certo punto, però, ho dato priorità alla famiglia, avendo avuto una bambina di 5 anni e un bimbo di 2. Oggi che i miei figli sono più grandi e indipendenti, mi sono rimessa in discussione nel lavoro e sono pronta a nuove sfide da mettere a punto. Ho ripreso in mano la mia carriera con grande entusiasmo e voglia di fare. D . – Televisivamente, cosa vorrebbe potesse accadere? R . – Vorrei che potesse esserci un impegno di conduzione, alla guida di un programma di intrattenimento quotidiano, magari nella fascia pomeridiana, in maniera tale da continuare
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quello che fa parte del mio bagaglio, facendomi ulteriormente le ossa. Mi piacerebbe mettermi alla prova ogni giorno, vivendo il contatto diretto col pubblico e con gli ospiti in studio. D . – Qual è, in generale, il suo punto di vista sul piccolo schermo odierno? R . – Oggi di sicuro in tv c'è una scelta molto varia: tanti canali, il digitale e le forme di comunicazione più disparate. Forse il rischio è proprio nella dispersione, trovando un po' “la qualunque” in maniera indistinta. A mio avviso, ciò che attualmente fa la differenza sono i contenuti e la qualità. Non ho dubbi. D . – Alla luce dei successi conseguiti e delle esperienze maturate, si sarebbe mai aspettata un percorso come quello messo a punto negli anni? R . – No, non me lo sarei mai immaginato. In fondo io ero una ragazza che studiava e portava avanti i soliti percorsi esistenziali degli adolescenti. Nella mia vita non avrei mai sognato di lavorare nel mondo dello spettacolo: anche quando ho esordito facendo la modella, non avrei potuto pensare che, in realtà, si trattasse solo dell'inizio. Aggiungo, tuttavia, una cosa: non ho mai avuto la smania di apparire e di esserci. Nel senso che nel mio lavoro ho trovato puntualmente dei canali alternativi, nei quali esprimermi, proprio per non soffrire poi di
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“depressione da silenzio”, come accade a molti miei colleghi, nei momenti di pausa. Il nostro è un bellissimo lavoro, ma non deve essere totalizzante. Per cui tutto quello che mi è accaduto è stato ben accetto. D . – Se le dico Paolo Bonolis, Milly Carlucci e Vincenzo Salemme, quale aggettivo sceglierebbe per ciascuno? R . – Salemme è eclettico e assolutamente trascinante. Milly Carlucci è una stacanovista: ricordo ai tempi di “Ballando con le stelle” come fosse la prima ad arrivare e l'ultima ad andare via. Davvero un esempio per tutti noi. Paolo Bonolis è carismatico. D . – Nelle ultime stagioni sembra esserci stato un sano ritorno all'intrattenimento, alla luce di successi come “Tale e quale show” e “Ballando con le stelle”. Il pubblico, dopo tanti reality, ha dimostrato di avere voglia di qualità e relax. R . – Se ci pensa un attimo, ogni anno generalmente c'è un po' il programma d'intrattenimento che va bene, che costituisce lo zoccolo duro di un palinsesto. Ci sono dei contesti evergreen, come quelli che ha citato, a cui il pubblico consegna tutto se stesso con fiducia, con ascolti considerevoli. L'importante è non tradire chi ti segue. Mai. D . – Ad un programma come “Tale e quale show” parteciperebbe?
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R . – Se sapessi cantare sì (e ride, ndr). In verità, me l'hanno proposto lo scorso anno e, in un certo qual modo, anche in questa edizione se n'era parlato, ma lì devi saper cantare bene e non puoi bluffare. Di conseguenza sono stata io a fare un passo indietro, non ritenendomi all'altezza del contesto. È più giusto che vadano artisti come quelli che abbiamo visto in tutte le edizioni, capaci di dare il meglio con la voce. D . – Potrebbe esserci il teatro nel suo futuro? R . – Sicuramente potrebbe essere una possibilità da prendere in considerazione. Dopo “La febbre del sabato sera” tanti anni fa, mi piacerebbe tornare sul palco. Ma, come le anticipavo già prima, al momento il mio obiettivo è televisivo, in merito all'intrattenimento pomeridiano. Sarebbe la mia più giusta collocazione. D . – Ha accantonato, dunque, anche la fiction? R . – Dico la verità: nel momento in cui ho ripreso a lavorare, sembrava ci fossero delle possibilità nell'ambito della fiction. Ma io sto dando priorità alla tv e alla conduzione. D . – Hoara, arrivata a questo punto, s'immagini
metaforicamente allo specchio: come si rifletterebbe oggi? R . – Partiamo dal presupposto che i miei tratti peculiari ci sono sempre, quelli proprio custoditi nel dna, ovvero l'andare di pancia e di testa. Di sicuro oggi ho una consapevolezza e una maturità potenziate. Mi vedo più proiettata a fare esperienze nazionali e popolari, come quelle pomeridiane in tv. E, in fin dei conti, trovo un'Hoara che si rispecchia nel segno dei gemelli: l'andare avanti a tutta forza e l'essere poi un po' frenata. D . – Longanesi sosteneva che “un'intervista è un articolo rubato”: cosa le è stato sottratto, sinceramente, durante questa chiacchierata? R . – Io, onestamente, non sono d'accordo con questa massima di Longanesi. Anzi, ritengo che se fedeli a quello che si è dichiarato, le interviste siano fra gli articoli più belli che si possano scrivere e, di conseguenza, leggere. È un po' come, tornando alla metafora di prima, vedersi allo specchio. E proprio in quel caso non ti viene rubato nulla: anzi ne vieni fuori arricchito. Gianluca Doronzo
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Mietta
LA SIGNORA DEL CANTO
La cantante originaria di Taranto, forte di una carriera ricca di dischi d'oro, successi all'estero e trasversalità (anche nell'ambito della recitazione e scrittura), è alle prese con le ultime date del suo «tour pop», preparando il prossimo disco («firme prestigiosa stanno scrivendo per me: vorrei fosse il più bello della mia vita»)
«In ben 27 anni sono fiera di essermi spesa per la musica, ottenendo impagabili gratificazioni: oggi, se ci fossero le giuste condizioni, mi piacerebbe partecipare di nuovo al Festival di Sanremo»
Si sente in una fase di cambiamenti, di profonda trasformazione. E vorrebbe che il prossimo disco (“tanti autori stanno scrivendo per me canzoni davvero intense”) fosse “il più importante” della sua vita artistica. Mietta, da ben 27 anni in primo piano nel panorama canoro italiano, sta affrontando con estremo entusiasmo la preparazione della “sua nuova creatura”, non negando una probabile partecipazione al “Festival di Sanremo”, che tanta popolarità le ha dato nelle stagioni (“se ci fossero le condizioni giuste e un bel brano, perché no?”). Attualmente sta concludendo il suo “tour pop” estivo, facendo un bilancio più che positivo degli ultimi mesi (“in inverno ho portato avanti date con un bel trio jazz, mettendomi in gioco”). Attrice e anche romanziera (“in Italia sembra che non ti perdonino il fatto che tu possa saper fare di tutto: in questo sono molto esterofila”), è fiduciosa nei confronti delle leve che vengono fuori dai “talent”, esprimendo giudizi positivi su “Noemi, Marco Mengoni ed Emma Marrone”. A voi il “suono” della sua voce. Domanda – Daniela, cosa è accaduto nel suo percorso nell'ultima stagione? Risposta – Innanzitutto in inverno ho portato avanti una tournée con un bel trio jazz, mettendomi in gioco in una sana esperienza musicale come piace a me. Devo dire che ne sono stata pienamente soddisfatta. In estate invece ho fatto qualche data pop, visto che sto preparando il nuovo disco, davvero sorprendente. Tanti autori stanno scrivendo per me e vorrei fosse il lavoro più importante della mia vita artistica. Ho lo spirito giusto. D . – L'uscita quando è prevista?
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LA SIGNORA DEL CANTO
R . – Per quel che mi riguarda adesso sto vivendo la fase di preparazione e stesura dei pezzi: non so ancora quando potrà vedere la luce la mia nuova creatura. So solo che grandi firme stanno mettendo a punto per me pezzi intensi, importanti e di notevole impatto. D . – Potrebbe, pertanto, esserci una sua partecipazione a “Sanremo 2015”? R . – Non le nego che se dovessi trovarmi nelle condizioni giuste, proporrei un bel pezzo per il prossimo “Festival”. Il progetto discografico che sto preparando è molto interessante e magari potrebbe anche venire fuori un autore, al momento non previsto, pronto a scrivermi una canzone da presentare all' “Ariston”. Mai dire mai (e ride, ndr). D . – Tra l'altro, lei ha già avuto modo di lavorare con Carlo Conti in passato: che ne pensa? R . – Il fatto che io abbia già avuto modo di lavorare con lui in un programma non credo significhi nulla: Carlo Conti non ha bisogno del mio commento sulla sua professionalità indiscussa. È sotto gli occhi di tutti gli italiani quanto abbia successo e sappia fare bene il suo mestiere. D . – Proprio ricordando “I migliori anni” e “Tale e quale show”, cosa sentirebbe di dire? R . – Sono sinceramente contenta che mi abbia convinta a partecipare a “Tale e quale show”, visto il successo del programma: ho avuto modo di esprimermi al meglio ed è stato in grado di seguirci passo dopo passo, mettendoci davvero a nostro agio. Ho il ricordo di una bellissima esperienza, che porterò nel mio cuore. D . – Lei è stata in passato tutor in “Star Academy”, “talent” di Raidue non proprio fortunato: è cambiato, dopo quell'esperienza, il suo punto di vista su simili programmi? R . – Ma no, per niente. Io credo nei “talent” e ritengo ci sia una selezione naturale rispetto a chi vi partecipa, dando delle reali possibilità a giovani promettenti. Non ho alcun tipo di pregiudizio e aspetto solo che i percorsi si valutino alla lunga, senza fermarsi al successo del momento. In fondo anche in chi fa musica come me da tantissimi anni c'è una selezione: spesso tanti esponenti talentuosi non hanno le giuste opportunità per venire alla ribalta. Io sono solo contraria all'uso improprio del mezzo televisivo, sfruttando immagine e non basandosi sui contenuti. Alla fine, per fortuna, il pubblico è sovrano e sa scegliere benissimo chi vale e chi no. D . – E dal suo punto di vista quali sono i giovani promettenti, venuti fuori dai “talent” negli ultimi anni? R . – Sicuramente Noemi e Marco Mengoni. Mi piace molto la determinazione di Emma Marrone: ha grande forza e un bel temperamento. D . – Se dovesse, in qualche modo, fare il punto della situazione del suo percorso ad oggi, cosa risponderebbe? R . – Sono sempre in fermento e in fase di cambiamenti. Ho ormai un'età anagrafica e musicale ben consolidata: sono 27 anni che porto avanti la mia carriera e ne ho fatte davvero tante, vivendo successi e molte soddisfazioni. Sono pronta a portare avanti tutto quello che verrà e, ripeto, vorrei che il
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prossimo disco fosse il più bello della mia vita. D . – E non possiamo che augurarglielo. Al di là della musica, però, nel suo percorso è stata anche attrice e romanziera: continuerà su questa scia? R . – In questo, a dire il vero, sono un po' arrabbiata con l'Italia: sembra che non ti perdonino di fare altro, se sei una cantante. O fai i dischi o i musical, altrimenti niente. Se intraprendi strade diverse, ti guardano un po' in cagnesco. Sono in una simile direzione esterofila, amando gli interpreti hollywoodiani che cantano, ballano e recitano, senza che alcuno li ghettizzi. Dovremmo imparare a considerare l'artista non a compartimenti stagni, ma nella sua completezza e possibilità di spaziare rispetto al suo potenziale. D . – È vero: è una tendenza piuttosto italiana quella di catalogare gli artisti. R . – E non va bene, caro Gianluca. Il pubblico ti può apprezzare nelle tue varie sfumature. Che male c'è? D . – Nessun male. Cosa si aspetta, Daniela, dal suo prossimo
album? R . – Mi aspetto di fare sicuramente un altro bel salto di qualità, lasciando un'ulteriore traccia di me nel cuore di chi mi ama ormai da quasi tre decenni. D . – Bene, bene. Siamo arrivati alla conclusione del nostro viaggio: s'immagini metaforicamente allo specchio. Come si riflette oggi, alla luce delle esperienze maturate? R . – Mi rifletto come una donna che ha iniziato molto, ma molto giovane: ero una bambina di quasi 18-19 anni. Sento di poter fare un bilancio positivo, guardando al presente in maniera costante, senza lasciarmi condizionare dal passato. Ho fatto delle cose molto belle, altre meno, alcuni errori, ma ho vissuto pienamente la mia esistenza. In tutta onestà so di poter ancora dare tanto al mio pubblico: ne ho pienamente voglia e lo farò con tutto l'entusiasmo possibile. Come se fossi agli esordi, quando iniziai con gli sceneggiati radiofonici con tanto trasporto. Gianluca Doronzo
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Mariella Nava
LA STORIA DELLA MUSICA ITALIANA
Mariella Nava, esponente ad hoc da più di 20 anni della nostra sfera cantautoriale, parla delle attese dell'uscita del suo nuovo disco («sono in una fase creativa»), facendo il punto sul successo della riedizione di «Sanremo sì, Sanremo no» (dove è incluso il pezzo «Per amore», hit mondiale con la voce di Andrea Bocelli)
«Ogni brano che scrivo è come un piccolo figlio: non potrei mai vivere senza musica e metto a disposizione delle leve del futuro la mia esperienza»
“Ogni canzone è un po' un piccolo figlio e credo che nessuna bella scrittura possa essere apprezzata senza un degno attore che la interpreti. Da oltre 20 anni vivo pienamente di quello che faccio: aver donato delle mie ispirazioni a tanti artisti è davvero un grande riconoscimento per me”. Mariella Nava ha indubbiamente creato uno spartiacque nella musica italiana, dando ribalta e dignità alla figura della “cantautrice” da più di due decenni a questa parte, mettendo in discussione “un dominio maschile” (con i vari De Gregori, Fossati, De Andrè e Guccini, per citarne alcuni). Ha scritto per i più illustri interpreti del nostro panorama canoro (Morandi, Vanoni, Tosca, Bertè, Mietta e Zero, fra gli altri), vivendo anche successi internazionali come “Per amore” (per la voce di Andrea Bocelli). Attualmente impegnata nella stesura del nuovo disco (dopo la riedizione di “Sanremo sì, Sanremo no”), fra un “live” e l'altro in tutt'Italia, dichiara apertamente “il suo vivere per la musica”, avendo anche il coraggio di puntare sui giovani “con una piccola etichetta discografica”. Un chiaro esempio di “imprenditoria”, a dispetto dei tempi nei quali viviamo, avversando la crisi. Domanda – Mariella, chiacchierare con lei vuol dire incontrare un pezzo della storia della sfera cantautoriale italiana degli ultimi 30 anni: non può che essere un onore per ogni giornalista che si rispetti. Cosa sta accadendo nel suo percorso in questi mesi? Risposta – Innanzitutto è un momento in cui sto scrivendo le canzoni per il nuovo album, per cui sono in una fase creativa sia a livello di scrittura che nella sfera compositiva. Ovviamente non perdo di vista l'importanza della dimensione “live” e sto facendo una serie di concerti in tutt'Italia, amando profondamente il rapporto col pubblico. C'è da aggiungere che ho anche messo sul mercato la riedizione di “Sanremo sì, Sanremo no”: sebbene ne fosse già uscita una prima versione lo scorso anno, ora ve n'è una doppia con pezzi come “Per amore” (al successo grazie ad Andrea Bocelli), interpretata sul palco dell' “Ariston” tante stagioni fa da Flavia Astolfi, “Terra mia” che nel '94 mi consentì di vincere il “Premio Modugno” alla kermesse ligure e molto, ma molto altro. Ad esempio, ci sono foto e, in un certo qual modo, racconto tutto quello che per me la celebre manifestazione ha rappresentato, non solo vedendomi protagonista, ma con tutte le canzoni che hanno preso parte alla gara anche con la voce di illustri interpreti. E, dulcis in fundo, ci sono inediti che non hanno mai partecipato al “Festival” del calibro di “Dimmi che mi vuoi bene”, “Fisionomia” e “In nome di ogni donna”. Questa raccolta è davvero la fotografia del momento nel quale mi trovo: non potrei essere rappresentata meglio. D . – Premesso ciò, andrebbe in gara al prossimo “Festival di Sanremo”, made in Carlo Conti? R . – Le dico la verità: non lo so. Nel senso che ogni anno valuto se presentare o meno un pezzo: ne deve valere la pena. A me, stando alle valutazioni delle ultime edizioni, sembra che “Sanremo” sia diventato un po' patrimonio dei nuovi arrivati, delle leve venute fuori dai “talent”. Ogni tanto farciscono il cast
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R . – Io quando ho iniziato a scrivere, ho fatto una scelta ben precisa: in un certo senso, a mio modo, ho dato vita ad una figura precedentemente inesistente nel panorama musicale italiano. Ovvero quella della cantautrice: il che ha creato una sorta di spartiacque fra “il prima e il dopo”. Ammetto di aver avuto un ottimo riscontro, con attestazioni per me e per coloro ai quali ho scritto brani. E ne sono fiera. Ci sono poi state Elisa e la Nannini, per farle un esempio, che hanno anche dedicato attenzione al sociale nei propri pezzi, cosa che era prerogativa maschile alla Guccini, De Andrè, Fossati e De Gregori. Nel nostro Paese forse non si era pronti ad una firma “a tinte rosa”: io ho sviscerato nelle mie canzoni il femminicidio, la vecchiaia, il rapporto genitori-figli e tante altre tematiche a me molto care. L'ho fatto, ripeto, con estremo sentimento e passione. Ho motivato la ricerca del significato dei testi e tutto quello che mi è arrivato è stato sempre di più, al di là delle mie aspettative. Non posso che esserne gratificata. D . – Fare musica oggi cosa vuol dire? R . – Oggi è, a mio avviso, ancora più importante del passato. I ragazzi, ad esempio, per venire fuori devono modellare su di loro i testi e gli aspetti compositivi, altrimenti mancano di personalità. Tutto ha preso un ritmo ben preciso: si usano, entrando nello specifico, più parole a livello musicale. Ad esempio, non è detto che il rap sia un genere adatto ad un
con qualche nome storico della musica italiana: io mi trovo fra coloro che sono nella via di mezzo. Se sarà il caso, proporrò alla commissione artistica un bel brano. D . – Anche perché quest'anno sembra che la scelta sarà proprio incentrata sulle canzoni, a detta di Carlo Conti. R . – Sinceramente in ogni edizione sento la stessa cosa: si parla tanto di scelta delle canzoni, ma non mi sembra che a dominare sia puntualmente la qualità. Ci sono poi delle competenze delle commissioni artistiche talvolta discutibili, per cui non so fino a che punto i brani siano prioritari nella selezione del cast. Una volta venivano chiamati a raccolta gli autori, gli interpreti e i cantautori di un certo successo, invitandoli a scrivere bei pezzi. Oggi tutto sembra essere cambiato: anche sul mercato si crea un'inflazione di motivi tutti uguali, spesso senza grandi ispirazioni, con esponenti che molte volte provengono dalla tv. La musica è sentimento, passione e contenuti. D . – Con molta sincerità: alla luce dei suoi successi, dei riconoscimenti, dei pezzi scritti per sé ed altri, avrebbe mai pensato ad un percorso come quello messo a punto nelle stagioni?
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cantautore: si potrebbe ricercare un modo nuovo di creazione compositiva, dando più spazio alla metrica. Molti non sanno oggi cosa significhi voler portare avanti il territorio di una ricercatezza armonica. La questione è più complessa e articolata di quanto sembri. D . – Il suo punto di vista sui “talent”? E su quali giovani oggi punterebbe nel panorama discografico? R . – La questione relativa ai “talent” è un po' complessa. Bisognerebbe fare una sorta di recupero della canzone, prima che dell'interprete. Il vizio di forma dei “talent” è nel diventare famosi prima che qualcosa piaccia. Una volta il vero talento andava scoperto, bisognava farlo crescere e maturare. Spesso i contesti televisivi che ci circondano sono dei veri e propri karaoke, ai quali trovare un senso. Qua e là, tuttavia, qualcosa di buono l'ho individuato: mi piacciono, ad esempio, Noemi e Marco Mengoni. A quest'ultimo, però, farei fare molta attenzione sulle cose da cantare. Non disprezzo Arisa, che ha una sua personalità e credo stia diventando sempre più credibile nel percorso messo a punto. In fondo, ci sono tante meteore passate da “X Factor”, “The Voice” o “Amici”: io punterei più su percorsi “alla lunga”, che diano frutti maturi con l'esperienza, la competenza e l'amore per quello che si fa. D . – Che effetto le fa aver scritto per i più illustri esponenti della canzone italiana? Da Renato Zero, Mango, Gianni Morandi a Mietta, Loredana Bertè, Ornella Vanoni e Tosca, fra gli altri. R . – Ovviamente io ritengo tutto ciò un premio che la vita mi ha dato: ogni canzone è un po' un piccolo figlio e credo che nessuna bella scrittura possa essere apprezzata senza un degno attore che la interpreti. Da oltre 20 anni vivo pienamente di quello che faccio: aver donato delle mie ispirazioni a tanti artisti è davvero un grande riconoscimento per me. D . – Un riconoscimento che non ha prezzo, vero? R . – Assolutamente. Si tratta di una magia grande, grandissima, infinita. D . – Che ricordo ha dell'esperienza vissuta nel 2005 in “Music Farm”? La ripeterebbe? R . – Quella è stata un'esperienza che, sinceramente, non mi aspettavo proprio. A me non piace molto apparire, andare sui giornali e altro, però mi incuriosiva questa sorta di “Grande Fratello” sui cantanti che il meccanismo prevedeva. Appena mi fu proposta la partecipazione, pensai non fosse adatta a me: il mio team mi incitò a non rifiutare, dicendo che sarei venuta fuori nei miei aspetti simpatici, inediti al pubblico. Alla fine mi ci buttai e arrivai, quasi quasi, sul podio. C'è stato di tutto: musica, una storiella d'amore, il rapporto con tanti colleghi illustri, la definizione di una gara molto simpatica, una giuria severa. Io mi sono divertita e ho studiato un po' il fenomeno dall'interno, essendone parte integrante nel protagonismo. Tra le altre cose, io sono una per niente competitiva e non vissi alcun tipo di rivalità con alcuno. Volevo solo portare avanti la mia esperienza musicale, all'interno di un contesto che trattava “sotto le telecamere” le nostre vite da artisti. D . – Come vorrebbe potesse proseguire il suo percorso? R . – Un po' come sto facendo ora. Ho, fra l'altro, messo su una
piccola etichetta discografica e sto diventando promotrice del talento altrui, mettendo a disposizione i miei mezzi. Ci sono ben quattro progetti, attualmente sul mercato, che appartengono alla mia scuderia: uno riguarda Mimmo Cavallo, per me un grande della musica italiana. Gli altri tre sono legati a giovani promesse: Marco Martinelli e Lidia Schillaci, con due canzoni molto forti. E, dulcis in fundo, Alice Mondia con “Condivido”, un brano di stretta attualità sulla tendenza che abbiamo a condividere qualsiasi cosa sui social, senza rendercene pienamente conto. D . – Bene, Mariella: siamo alla conclusione della nostra chiacchierata. S'immagini metaforicamente allo specchio: come si riflette oggi? R . – Una donna consapevole, abbastanza matura dal punto di vista artistico, in grado di dosare entusiasmo, necessità, competenza e interesse. Mettendo tutta la propria esperienza a disposizione delle nuove leve del futuro musicale, con un certo gusto e, soprattutto, nel rispetto del pubblico. Ecco: guardandomi allo specchio, vorrei essere utile alla musica, nella speranza che ci sia una rinascita dell'Italia. Oggi mi sento una piccola imprenditrice, coraggiosa, capace di investire su se stessa e sugli altri. Da oltre 20 anni scrivo canzoni e non potrei immaginarmi in un'altra maniera. Gianluca Doronzo
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Paolo Vallesi
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Paolo Vallesi sta portando avanti in tutt'Italia i suoi concerti, celebrando il «ventennale» di un «viaggio artistico straordinario», in attesa che «in autunno inoltrato» esca l'album «Il viaggio di un uomo», dopo un lungo periodo d'assenza «in merito ad una produzione in studio»
«Sono sempre stato coerente e non ho mai tradito chi mi segue: a 50 anni credo di potermi ritenere pienamente soddisfatto»
La coerenza è “la forza della sua vita”, avendo fatto “delle scelte oculate” in una carriera “più che ventennale”. Nelle stagioni non ha mai tradito il pubblico e l'affetto non “è lontanamente venuto meno durante i live”. Oggi Paolo Vallesi, a 50 anni, può ritenersi più che soddisfatto di quanto messo a punto nel suo percorso, fra hit tradotte anche all'estero, dischi d'oro (“da adolescente sognavo di vincerne uno: la vita me ne ha donati molti di più”), partecipazioni a “Sanremo” negli Anni '90 (“quest'anno presenterò una bella canzone: speriamo piaccia alla commissione artistica”) e voglia di investire sulle nuove leve. Ma la vera attesa è tutta per l'autunno inoltrato, quando dovrebbe vedere la luce il suo nuovo album in studio, dal titolo “Il viaggio di un uomo”, con tanti pezzi d'autore. Per la serie: comunque vada, sarà un successo. Domanda – Signor Vallesi, dallo scorso aprile è protagonista di un tour nel quale sta celebrando, con tappe in tutt'Italia, i successi dei suoi oltre 20 anni di carriera, scanditi da riconoscimenti, attestazioni di pubblico e hit tradotte all'estero. Che bilancio, con molta sincerità, sentirebbe di fare? Risposta – Quest'anno per me è stato davvero importante: ho, come ha detto lei, avuto modo attraverso il mio tour di festeggiare il ventennale della mia carriera, inteso non dalla prima esibizione a “Sanremo” nel '91, ma dalla tournée
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d'esordio, grazie alla quale ebbi un grande successo. Dalla scorsa primavera fino all'autunno inoltrato, per due ore di concerto in ogni tappa, sono alle prese con le cose che mi appartengono di più, i pezzi che mi hanno reso famoso anche all'estero, raccontando aneddoti e il mio vissuto attraverso la musica. Finora ho davvero fatto un enorme numero di date, con grande seguito di pubblico, proponendo mie hit con arrangiamenti diversi e, cosa non da poco, dando qualche anteprima del nuovo album, in uscita nei prossimi mesi. D . – Ha parlato di “grande seguito di pubblico”: un dato inconfutabile, non solo nei suoi oltre 20 anni di carriera ma, soprattutto, in ogni “live” che si rispetti. R . – Assolutamente. L'aspetto più bello dei miei concerti, a dire la verità, non è solo legato alla presenza delle persone che mi seguono da sempre, ma anche al fatto che si avvicinano al mio mondo nuovi fan. Ciò dà ai “live” una doppia funzione, consentendo alla propria musica di arrivare a tutti, ma davvero a tutti. Noi cantanti e cantautori amiamo il rapporto con la gente: senza saremmo nulla e non avrebbe senso quello che facciamo. Diamo così il meglio di noi stessi. D . – Si sarebbe mai aspettato una carriera come quella che ha vissuto, ricca di riconoscimenti ed esperienze? R . – No, non avrei mai potuto immaginare quello che è
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successo nel mio percorso: tutto è andato al di là di qualsiasi aspettativa. Per chi fa il mio “mestiere” l'imprevedibile è puntualmente dietro l'angolo. Ad onor del vero, però, se mi guardo indietro nel passato, intorno ai 12/14 anni, ricordo che ripromisi a me stesso di voler diventare cantautore e di ricevere il “disco d'oro”. Quel sogno, se vogliamo, è diventato realtà e tutto è andato ben oltre le aspettative, avendone vinti molti di più, con attestazioni anche all'estero. D . – Il palco di “Sanremo” le ha dato la popolarità negli Anni '90: tornerebbe in gara e che pensa delle ultime edizioni? R . – Tornerei a “Sanremo” e di sicuro è un palco che mi rappresenta, al quale devo molto. Ritengo che nelle ultime edizioni il direttore artistico di turno abbia modellato attorno ai propri gusti la kermesse, facendo spesso delle scelte discutibili e altre volte trovando delle buone soluzioni. Ad esempio, l'idea di Fazio aveva una sua logica: portare un doppio brano, in maniera tale da evitare l'eliminazione dell'artista, tenendo buone le case discografiche. Ma, a mio avviso, ha rischiato da un punto di vista spettacolare di rasentare la noia: venti minuti dedicati ad un solo cantante, spesso non proprio famosissimo, si sono rivelati un po' troppi e prolissi. Spero che quest'anno con Carlo Conti cambi la formula. D . – Stando alle prime indiscrezioni, si tornerebbe ad un solo
MUSICA - IL RITORNO
brano per artista, con 16 cantanti in gara e le eliminazioni. R . – Io chiaramente ho una canzone che presenterò, a mio avviso bellissima: mi auguro possa piacere alla commissione selezionatrice. Sarebbe davvero bello tornare in gara sul palco dell' “Ariston” dopo tanti anni. D . – Il suo punto di vista sui “talent show”? R . – Trovo che ci siano anche in quel caso alcune cose condivisibili ed altre meno. In merito alla sfera spettacolare forse sono show completi, ma i ragazzi rischiano di finire in un tritacarne televisivo, che ne inflaziona l'immagine, facendoli vedere dappertutto e saturandone ogni tipo di aspettativa. Come dire: in ogni edizione ci sono fenomeni da promuovere, ma subito dopo te ne stanchi. Ci sono alcuni che hanno successo al primo colpo: subito dopo, però, non se ne sente più parlare e passano nel dimenticatoio, in quanto non hanno più storia personale da raccontare. A mio avviso è difficile che nei “talent” si creino delle personalità. Le faccio l'esempio di Biagio Antonacci: prima di arrivare davvero al successo, ha pubblicato ben tre album di scarso seguito. Solo in un secondo momento ha trovato un discografico che ha creduto in lui, facendolo diventare quello che tutti oggi conosciamo. I “talent”, giusto per concludere le mie osservazioni, dovrebbero iniziare a credere di più nel “talento” appunto. Sarà banale, ma non sempre è così. D . – A che punto del suo percorso sente di essere oggi? R . – Io mi sento assolutamente a metà: si guarda sempre avanti e ciò ti permette di fare sempre meglio. Il nuovo album
ha avuto una gestazione complicata, visto che da anni non ne facevo uno in studio. Ma ritengo che il risultato possa rappresentarmi al meglio: il titolo sarà “Il viaggio di un uomo”. La copertina, invece, l'ho già cambiata sette volte: chissà che non accada ancora (e ride, ndr). Nel frattempo, però, ho fatto la colonna sonora di un film con Giancarlo Giannini e sto producendo una ragazza di Viareggio, che ha 22 anni. Insomma c'è tanto movimento per quello che mi riguarda. D . – Paolo, a proposito di viaggio, siamo alla conclusione della nostra chiacchierata: s'immagini, metaforicamente, allo specchio. Come si rifletterebbe a questo punto della sua vita? R . – Come una persona abbastanza soddisfatta di sé: il successo e la popolarità danno tante gratificazioni, ma spesso si rivelano un'arma a doppio taglio. Ritengo di essere una persona pulita, pronta a fare in maniera onesta e sincera quello che ha messo a punto. Sono contento anche, per così dire, di non essermi “sputtanato”, rimanendo puntualmente me stesso, senza scendere a compromessi o perseguendo ruffianerie. D . – È semplicemente rimasto coerente e il pubblico l'ha amata proprio per questo. R . – Ben detto: la coerenza è sempre stata una delle mie peculiarità. Ho avuto puntualmente rispetto per il pubblico, senza mai prenderlo in giro nelle scelte fatte. Non ho mai tradito e sono rimasto fedele a me stesso: a 50 anni credo di essere soddisfatto di tutto ciò. Gianluca Doronzo
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Maurizio Mattioli
TV E CINEMA - IL SIGNORE DELLA COMMEDIA
Maurizio Mattioli, attualmente sul set del nuovo film di Silvio Muccino («Le leggi del desiderio»), affronta con simpatia il ruolo di «Augusto» nella sesta edizione de «I Cesaroni» (Canale 5, ogni mercoledì, ore 21.10), accanto a Claudio Amendola e Christiane Filangieri, rivelando il «sogno di dare vita ad un prete sul piccolo o grande schermo»
«Il segreto della popolarità della nostra fiction? Un mix di interpreti corali e tematiche molto vicine alla gente»
Non ha dubbi. Il segreto del successo de “I Cesaroni” (Canale 5, ogni mercoledì, ore 21.10, sesta edizione) è dettato dalla “coralità degli interpreti e dalle tematiche affrontate, molto vicine alla gente”. Al telefono Maurizio Mattioli risponde con estrema disponibilità, mentre è in viaggio per andare sul set del nuovo film di Silvio Muccino (“Le leggi del desiderio”), in uscita nelle sale a febbraio 2015. Convinto di essere “in un periodo di tranquillità professionale”, avendo fatto davvero tanto nella sua carriera, esprime il sogno di “interpretare un prete, non importa se sul piccolo o grande schermo”. Con un epilogo, in un bilancio con se stesso, dai toni commoventi: “Sono un uomo che lavora per andare avanti e soffre quotidianamente, in quanto deve pensare ad una moglie che sta molto male. Si procede, con tanta dignità, combattendo sempre a testa alta”. Domanda – Signor Maurizio, dal 3 settembre è tornato a vestire i panni di “Augusto” nella sesta edizione de “I Cesaroni” (Canale 5, ogni mercoledì, ore 21.10). Cosa si aspetta da questa nuova stagione, anche in merito al seguito del suo personaggio? Risposta – Innanzitutto uno share buono e ottimi ascolti, alla luce dei risultati che abbiamo ottenuto in passato: dal mio punto di vista ci sono tutti i presupposti perché ciò accada. La produzione è di qualità, gli interpreti sono eccelsi e le storie molto, ma molto coinvolgenti. Come lei ben saprà, io ho preso
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TV E CINEMA - IL SIGNORE DELLA COMMEDIA
parte alla prima, quinta e sesta serie de “I Cesaroni”: il mio, pertanto, è un ritorno. “Augusto” riceverà delle notizie inaspettate, incluso l'arrivo di un “fratello segreto” e non aggiungo altro, in quanto non voglio togliere il gusto della sorpresa agli spettatori. Ci sarà veramente da divertirsi. D . – Quale, a suo avviso, il segreto del successo de “I Cesaroni”? R . – Indubbiamente il segreto è nella estrema vicinanza al pubblico: la gente si riconosce nelle storie, nei personaggi e nelle dinamiche di fondo, che andiamo a raccontare in maniera molto corale e sincera. È una serie ben fatta, che crea un
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profondo senso di vicinanza e non di distacco. D . – E poi c'è la tematica della “famiglia allargata”, di stretta attualità. R . – Appunto: è una grande tematica, che ancor di più avvicina gli spettatori ad ogni singolo episodio. Oggi ormai le famiglie sono più che allargate: oserei dire “dilatate” (e ride al telefono, ndr). D . – Fare commedia attualmente è più facile al cinema o in tv? R . – Non lo so, sinceramente non lo so. A me, onestamente, non sembra che si facciano così tanti film all'anno: forse sono solo tre quelli che contano, il resto sono co-produzioni,
TV E CINEMA - IL SIGNORE DELLA COMMEDIA
indipendenti, con sponsor vari e via dicendo. Ricordo che quando ho iniziato io, molti anni fa, c'era l'imbarazzo della scelta rispetto alle pellicole da interpretare e, di conseguenza, da vedere al cinema. Ora, detto questo, a mio avviso la commedia è eterna, a prescindere dal fatto che sia programmata per il piccolo o grande schermo. Si contraddistingue per la sua cifra quotidiana, con molti particolari e interpreti che danno il meglio di sé. D . – A proposito di cinema: ha appena iniziato le riprese del film di Silvio Muccino, dal titolo “Le leggi del desiderio”, nelle sale a febbraio 2015. Di che si tratta? R . – Le riprese sono iniziate da pochi giorni: si tratta di una commedia con risvolti un po' particolari e introspettivi, con un'ottima regia di Silvio Muccino per la “Lotus Film”, prodotta da Marco Belardi, distribuita da “Medusa”. Io sono un uomo “Medusa” (e scappa un'altra risata, ndr). D . – Alla luce di tutto quello che ha fatto nel suo percorso, a che punto sente di essere? R . – Ammetto di aver fatto tanto nella mia carriera, in maniera molto trasversale. Diciamo che sono, professionalmente parlando, in un momento di relativa tranquillità. Oggi ho 60 anni e posso dire di aver avuto le mie soddisfazioni, di aver vissuto i miei sani successi, senza nulla chiedere ad alcuno. Mi rendo, tuttavia, conto che non è facile per un giovane che oggi voglia iniziare una carriera come la mia: c'è molta concorrenza e, onestamente, si respirano poche occasioni di lavoro. Se si ha, però, passione ci si deve rimboccare le maniche e darsi da fare. Prima o poi, se lo si desidera, qualcosa accade nella vita. D . – Si sarebbe, in tutta onestà, mai aspettato una carriera come quella che è riuscito a mettere a punto? R . – No, no, no. Io volevo semplicemente fare questo mestiere, cercando di vivere tranquillamente e in maniera dignitosa. Ammetto che il mio percorso è stato più illuminante e illuminato di quanto pensassi. Gli eventi, gli incontri e le occasioni sono andati ben oltre quello che potessi aspettarmi. D . – Un desiderio professionale che è rimasto ancora inespresso? R . – Mi piacerebbe fare un prete, non importa se al cinema o in tv, ma vorrei animarne uno moderno e credibile. Chissà che non avvenga prima o poi. D . – Bene, signor Maurizio. Siamo ad epilogo della nostra breve chiacchierata: s'immagini, a questo punto, metaforicamente allo specchio. In che modo si rifletterebbe oggi? R . – (Il tono si fa improvvisamente serio e commovente, ndr) Guardi, l'immagine che verrebbe fuori è quella di un uomo che lavora per andare avanti e che soffre quotidianamente, in quanto deve pensare ad una moglie che sta molto, ma molto male. Io non ho figli e ho accanto una donna straordinaria, alla quale devo tutte le mie cure possibili, cercando di farla stare meglio. La mia vita privata è in sua funzione. E andiamo avanti, con molta dignità, combattendo sempre a testa alta. Gianluca Doronzo
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Gianna Giachetti
TEATRO - LA SIGNORA DEL PALCO
Ha lavorato con i nomi più illustri del teatro, tv e cinema italiani: Gianna Giachetti e i suoi 60 anni di carriera, in attesa di riprendere nel 2015 la tournée della pièce «Il vero amico» di Goldoni, per la regia di Lorenzo Lavia, con le musiche di Paolo Daniele («straordinarie e d'atmosfera»)
«La nostra è una professione dignitosa, fatta di trasporto, impegno e amore: purtroppo, col tempo e la scomparsa dei grandi, si sono affacciati molti abusivi»
“Quella dell'attore è una professione seria e fino agli Anni '80 lo è sempre stata: poi, con la scomparsa dei grandi, si sono affacciati gli abusivi e da un trentennio viviamo una sorta di buco”. Gianna Giachetti è schietta, autentica e vera al telefono, chiacchierando amabilmente a ruota libera in un pomeriggio domenicale col giornalista (definendolo “l'ultimo dei Mohicani”), passando in rassegna i suoi 60 anni di carriera fra teatro, cinema e sceneggiati d'autore. Vivace più che mai sul palco, ha debuttato in estate nella pièce “Il vero amico” di Goldoni, per la regia di Lorenzo Lavia, con le musiche di Paolo Daniele (“davvero straordinarie: hanno dato atmosfera all'allestimento”), al “Festival di Borgio Verezzi”. E per l'autunno l'aspetta una nuova sfida, nell'ambito del progetto “Mitipretese”, sulle “Troiane” al “Piccolo” di Milano, con la Mandracchia, Toffolatti e Torres, in un'avventura “tutta al femminile”, partendo da testi di Euripide, Seneca e Pasolini, fra gli altri. In primo piano uno spirito combattivo e semplice, da fare invidia a tanti (pseudo) giovani attori. Domanda – Signora Giachetti, come ha vissuto il recente debutto al “Festival di Borgio Verezzi” della pièce “Il vero amico” di Goldoni? Che dire della regia di Lorenzo Lavia? Risposta – C'è una piccola premessa da fare, caro mio. Siamo in tempo di guerra e, come dire, mi sono sentita di venire fuori dalle barricate per scendere in campo con tutta la mia forza e determinazione, nonostante abbia compiuto i miei 79 anni lo scorso 24 luglio e i quasi 60 di carriera. Ben inteso: ad alimentare il mio spirito è stato anche un guizzo di goliardia, che non guasta mai. Qualcuno diceva che “finchè siamo vivi, siamo tutti coetanei”. Per cui è anche con una sorta di dimensione fanciullesca che ho accettato di prendere parte a “Il vero amico”. Tra l'altro, come lei ben saprà da Lorenzo Lavia, che ha avuto modo di intervistare tempo fa, la gestazione è stata molto complessa, con continui alti e bassi. Tutto è stato messo a punto con grande sacrificio. In quanto alla regia, l'ho vista nella dimensione del gioco. Non dimentichiamo poi che nel cast c'è un grande come Massimo De Francovich. Detto questo, aggiungo che nel mio percorso di Goldoni ne ho fatti tanti: questo l'ho vissuto come un capolavoro, strutturato scenicamente in maniera impeccabile e articolata. Il mio essere fiorentina mi ha aiutata di sicuro. Ognuno ha portato del suo in scena e le musiche di Paolo Daniele, tra l'altro, hanno davvero decretato un'atmosfera magica. Credo che, nel complesso, sia venuto fuori un lavoro gioioso: ora si starà a vedere cosa potrà assorbire il mercato italiano in tutto questo, visto che prima del 2015 non andremo in scena, in quanto Massimo De Francovich ha una tournée al “Piccolo” di Milano in questi mesi e non potrà essere sostituito. Lo spettacolo è stato pensato con la sua fondamentale presenza. D . – Tra l'altro, De Francovich è stato nel cast del film “La grande bellezza”, vincitore del “Premio Oscar”. R . – Ben detto. Il cinema, mio giovane amico, è una cosa ben diversa dal teatro: lì l'attore se ha uno sguardo intenso va bene, altrimenti c'è il trionfo dell'idiozia. Spesso se ne vedono di ogni
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TEATRO - LA SIGNORA DEL PALCO
colore. Purtroppo si è perso un po' di vista il senso dell'attorialità, buttando via diverse competenze in nome dell'apparire in tv, con fiction e prodotti inguardabili. Io vorrei poter mantenere vivo il professionismo e il bisogno di qualità nella mia sfera. D . – “Il vero amico” è un testo poco rappresentato in Italia: Lorenzo Lavia, proprio in occasione di una nostra intervista, aveva ribadito il fatto che il padre (Gabriele, ndr) sia stato l'unico decine di anni fa a portarlo in scena. R . – Ben detto. È una commedia poco rappresentata in Italia: il padre l'ha messa in scena decine e decine di anni fa. Diciamocela poi tutta: Goldoni non fu mica così capito in Italia. Tanto che quando decise di andare via, a Parigi, fu compreso e divenne di moda. La sua teatralità ti fa vivere uno sguardo di vita pazzesca: si parla di storie di famiglia e la sua modernità preannuncia il crepuscolo messo a punto poi da Cechov, ad esempio. Io sono del parere che il pubblico, in generale, vada accontentato e il tuo scopo è quello di dare. Non meravigliamoci se poi certi teatri sono vuoti o, peggio ancora, chiudono. Io credo ci sia una mancanza di un sano artigianato, dal quale io vengo. Mi ricordo che quando facemmo al “Piccolo” di Milano “La locandiera – Omaggio a Visconti”,
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dovemmo fare repliche nel parco, dal momento che le richieste del pubblico erano enormi. Purtroppo, col passare del tempo, muoiono i grandi e arrivano i raccomandati. Stiamo, mio caro, morendo. Invece proprio per essere in controtendenza, sa che faccio? Le do una primizia: ad ottobre sarò in una cosa molto bella, promossa da “Mitipretese”, al “Piccolo” di Milano. Si tratta di un progetto sulle “Troiane”, messo a punto con la Mandracchia, la Toffolatti e la Torres, partendo dai testi di Euripide, Seneca e Pasolini, fra gli altri. Affronteremo tematiche molto attuali, legate anche alla socialità. Saremo in un secondo momento a Genova e Torino. Poi vedremo quello che accadrà in altre piazze. D . – Tornando a “Il vero amico”: che dire delle musiche di Paolo Daniele, di cui stava accennando prima? R . – Le sue musiche ci hanno dato una grande cornice, un'enorme atmosfera fra gli snodi narrativi. Io mi sono mossa molto in scena e guardi che non è stato mica facile. È stata messa in atto una rivisitazione del '700, vestendoci del nostro sentire, ciascuno a proprio modo. Gran bella esperienza. Io spero, sinceramente, di fare ancora tante repliche: il testo ha molto da dare e noi siamo ben carichi, veterani e giovani. D . – Signora Giachetti, alla luce dei successi, degli incontri e
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dei riconoscimenti messi a punto nel suo percorso, avrebbe mai immaginato una carriera simile per un 60ennio? R . – Ci sono due momenti da considerare. Uno è fino al 1980, dove c'erano professione, amore per quello che si faceva e passione. Ricordo quando Francesco Rosi da Fabio Fazio disse che “il nostro non è un mestiere da tutti, bensì è per pochi, aristocratico”. Gli attori negli anni della mia formazione e dei successi, come ha giustamente detto lei, avevano una disciplina. Dopo, con la scomparsa dei grandi fino a Strehler, sono iniziati gli equivoci e si è voluto imparare di meno per superficialità, sciatteria e ignoranza. Sono arrivati gli improbabili e la nostra non è più stata una dignitosa professione. Con gli “abusivi” della scena si è assistito ad una degenerazione della qualità e questo “buco” lo stiamo vivendo da ben 30 anni. Hanno fatto nascere scuole dappertutto di recitazione: ma quanti illusi e falliti ci sono in giro? Tanti, davvero tanti. A Roma vorrei farle vedere quanti corrono da un provino all'altro, in cerca di una piccola particina che non è neanche un'ombra in una serie o in un film. Ci siamo dati in
pasto al pattume. Di conseguenza, ripeto, si chiudono i teatri: allora, sa che le dico? Chiudiamoli tutti per dieci anni e vediamo cosa succede. Il talento è un'altra cosa. D . – Cos'è? R . – Non di certo quello che ci fanno vedere alcuni attori oggi. Io ho avuto la fortuna di incontrare e conoscere i grandi, di fare delle co-produzioni in Francia e in Germania, di affiancare e imparare dai nomi più illustri. Guardi che non si stecca solo quando si canta, ma anche nello stare su un palco. Siamo in un casino totale: ci sono televisivi che fanno cartellone, la cui voce non riesci a sentire dalla settima fila in poi in teatro. Io sono contenta di portare avanti, a testa alta, il mio percorso buttandomi a capo fitto in questa mia nuova impresa ad ottobre, dedicata alla donna, tutta al femminile. Sono diventata nonna da poco e avrò un coinvolgimento anche più emotivo in scena, senza però lasciarmi fagocitare dal tutto, altrimenti è la fine per un attore. Cercherò di continuare a fare al meglio il mio lavoro, con estrema dignità e onorando i miei maestri. Gianluca Doronzo
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