Che Spettacolo 2015 - Numero 4 - Settembre Ottobre

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Anno III - Numero 4 - Settembre Ottobre 2015

Euro 4,50

Periodico di Musica, TV, Cinema, Teatro e Arte

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il magazine che non t'aspetti (tutti i colori dell'intrattenimento)

«Ripercorro i 25 anni della mia carriera in un tour teatrale, dando vita ad emozioni condivise intimamente col pubblico» Col sanremese «Che giorno è» Marco Masini è tornato in vetta alle classifiche, proponendo un triplo album antologico («Cronologia»), fra hit vecchie e nuove, da cui verrà tratto un «live» (il 10 ottobre a Cesena, il 7 novembre a Bari e il 12 dicembre a Torino, fra l'altro), con una scenografia suggestiva ad una band ad hoc (Massimiliano Agati alla batteria, Cesare Chiodo al basso, Antonio Iammarino alle tastiere, Alessandro Magnalasche e Stefano Cerisoli alle chitarre elettriche e acustiche)

I BELLI DELLA FICTION

Paolo Conticini Enzo Decaro

I CONDUTTORI IN ASCESA

Massimiliano Ossini Savino Zaba Settembre Ottobre 2015 - © RIPRODUZIONE RISERVATA


Anno III - Numero 4 - Set Ott 2015 FONDATORE, DIRETTORE EDITORIALE E RESPONSABILE Gianluca Doronzo GRAFICA E IMPAGINAZIONE Benny Maffei - Emmebi - Bari HANNO COLLABORATO Marta Falcon, Manuela Merlo, Valentina Calabrese, Roberta Spinelli, Serena Foddis, Nathanael Poupin, Cataldo Calabretta, Giovanna Palombini, Raffaella Tenaglia e Anna Bonavista. SI RINGRAZIANO Marco Masini, Giusy Versace, Alessia Fabiani, Massimiliano Ossini, Matilde Brandi, Patrizia Pellegrino, Andrea Delogu, Paolo Conticini, Elisabetta Pellini, Enzo Decaro, Savino Zaba, Dado, Maria Rosaria Omaggio, Minnie Minoprio, Mita Medici ed Erica Mou per le interviste concesse; “Parole & Dintorni”; “Gmi Comunicazione”; “Way to blue”; “RScom Agency”; “Woolcan di Claudia Ranieri & Alice Sozzi”; “Project manager”; “Pixie promotion”; Daniele Barraco per la copertina e gli interni di Marco Masini; Valentina Zambarbieri, Jennifer Lorenzini e Giancarlo Colombo per gli scatti di Giusy Versace; Gabriele Gelsi per le immagini di Alessia Fabiani; Alberto Buzzanca per i primi piani di Andrea Delogu; Marina Alessi per i posati di Dado; Mariagrazia Giove e Flavio & Frank per le foto di Erica Mou; Aldo Amati per il racconto visivo del "Pomarico Celebra Vivaldi” 2015. INDIRIZZO REDAZIONE Via Monfalcone, 24 – Bari gianlucadoronzo@libero.it tel. 347/4072524 FACEBOOK E la notte un sogno Autorizzazione del Tribunale di Bari n. 16 del 26/09/2013 © RIPRODUZIONE RISERVATA

Il traguardo “che non t'aspetti”. Ebbene sì, cari lettori, l'11 ottobre “Che spettacolo” festeggia il suo secondo anno di vita, pubblicando la 18esima edizione, con ben 72 pagine a colori. Non riesco ancora a credere sia tutto vero, da fondatore, editore e direttore responsabile, senza un euro di sponsor, ma solo con la forza della passione, con la perseveranza e, soprattutto, con la determinazione che, da buon ariete, mi distingue da sempre, in qualsiasi cosa io faccia. Ho avuto il coraggio di rischiare ed investire su me stesso, contro tutto e tutti, senza che alcuno mi abbia supportato: oggi posso dire di aver superato momenti difficili e, soprattutto, di aver onorato ogni spesa e costo a testa alta. Grazie, grazie e ancora grazie a chi ha creduto in me, acquistando un cartaceo, in tempi nei quali si parla pedissequamente di “crisi”, affossandoci nel pessimo umore. Proprio nel momento più complicato, ho deciso di andare controcorrente e, come spesso è accaduto nella mia vita, mi sono reinventato, rimboccandomi le maniche, quasi fossi l'Araba Fenice che “rinasce” dalle sue ceneri. In questi mesi ho ospitato oltre 250 personaggi di primo piano nel mondo dell'intrattenimento, tutti entusiasti dei risultati, una volta pubblicata la rivista, ottenendo consensi a livello nazionale. Ho alimentato con l'Amore ogni edizione, mi avete seguito anche negli aggiornamenti sulle pagine Facebook in maniera esponenziale, vi siete appassionati alle storie raccontate ed io, con commozione, ho puntualmente parlato dritto al cuore di ciascuno, dimostrandovi che può esserci una stampa diversa, fuori dal coro, pulita, priva di gossip e, particolare non irrilevante, autentica e non manipolata. Semplicemente libera. Mentre vi scrivo, mi passano davanti agli occhi le bellissime copertine che avete collezionato, gli scatti dei più illustri fotografi a corredo di ogni intervista (a titolo amichevole), i sorrisi di chi ho incontrato, le lunghe e-mail, le telefonate di “corteggiamento” e l'attesa. Sì, quella trepida attesa di vedere un nuovo numero nascere, credendoci profondamente, con coerenza, senza scendere a compromessi commerciali o, peggio ancora, perseguendo ruffianerie modaiole. Non potevo, pertanto, deludervi in questa edizione “speciale” e, di conseguenza, mi sono impegnato al massimo per dare voce a 16 protagonisti illustri, puliti, sensibili e fiduciosi nei miei confronti. Perché il marchio “Che spettacolo” è diventato sinonimo della mia credibilità, della mia firma ed io, con una responsabilità sempre crescente, ce la metto tutta, in buona fede e con l'entusiasmo del primo giorno. In copertina, dunque, trovate un esponente ad hoc della musica italiana del calibro di Marco Masini, alle prese con il suo “Cronologia tour – Teatri” (dal 10 ottobre a Cesena, passando il 7 novembre per Bari, fino al 12 dicembre a Torino), ripercorrendo i suoi 25 anni di carriera, fra storici successi e nuovi brani (dal sanremese “Che giorno è” a “Non è vero che l'amore cambia il mondo”). Mantenendo fede alla mia linea della triplice “cover”, in seconda è la volta della volitiva Giusy Versace, un bell'esempio di vita, dalla vittoria di “Ballando con le stelle” nel 2014 a “La domenica sportiva” su Raidue, con oltre 1milione di spettatori in media e ottime percentuali di share. A seguire la fascinosa Alessia Fabiani, in tournée con la pièce “Un coperto in più” di Maurizio Costanzo, per la regia di Gianfelice Imparato, davvero maturata rispetto al suo percorso televisivo: leggetene attentamente le dichiarazioni e scoprirete un universo ricco di grande personalità. Lo ammetto: ho avuto solo l'imbarazzo della scelta per i “personaggi in copertina”, in quanto l'avrebbero meritata tutti coloro che sono presenti all'interno. Si tratta di nomi importanti, che mi fanno sentire davvero “piccolo piccolo”. Si parte da Massimiliano Ossini, conduttore di “Cronache animali” su Raidue (dal lunedì al venerdì, ore 10.30), continuando con Matilde Brandi, Patrizia Pellegrino, Andrea Delogu (alle prese con “Il processo del lunedì” su Raitre e “Troppo Giusti” il venerdì su Raidue alle 23.50), Paolo Conticini, Enzo Decaro ed Elisabetta Pellini in “Provaci ancora prof! 6” su Raiuno ogni giovedì alle 21.20 (con oltre 5milioni di spettatori e il 24% di share). E ancora: volti freschi come Savino Zaba in “Tale e quale show” su Raiuno ogni venerdì in prime time (con punte di 5milioni d'audience), Dado ed Erica Mou, una delle cantautrici più innovative del “made in Italy”, tornata alla ribalta con l'album “Tienimi il posto”. Dulcis in fundo: tre autentiche signore della scena italiana, dinanzi alle quali non ci si può che inchinare. Sto parlando di Maria Rosaria Omaggio (da metà ottobre alle prese con un recital su Oriana Fallaci), Minnie Minoprio e Mita Medici (fra uno spettacolo teatrale sulle canzoni di Franco Califano ed un altro sul femminicidio). Non avrei, onestamente, potuto celebrare in maniera migliore questo importante anniversario, condiviso con la mia “anima grafica” (Benny Maffei). Concludo con una postilla personale: in estate sono accadute tante cose nel mio percorso, come la straordinaria partecipazione al “Pomarico Celebra Vivaldi” 2015 (avrete un'idea con le foto allegate alla fine della rivista), in memoria di Antonio Bonavista (organizzato dalla sorella Anna) e la perdita della mia cara nonna materna, alla quale ero molto legato. Senza affetti non siamo nulla, non abbiamo storia e, a mio avviso, non andiamo da nessuna parte. Consentitemi di dedicare questo numero proprio a lei, invitandovi ad amare gli anziani, a non abbandonarli e a rispettarli, perché sono una risorsa fondamentale per ciascuno e la consapevolezza che continueranno a vivere nei nostri ricordi ci rende uomini migliori. Ciao, nonna! Buona lettura a tutti, amici. Siete il mio mondo. Se la mia avventura procede a gonfie vele è grazie a voi. Senza il pubblico ogni artista sarebbe “niente e nessuno”. Un grande abbraccio. Fra cielo e terra. Con orgoglio e commozione. Così è, se vi pare. Gianluca Doronzo

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Anno III - Numero 4 - Settembre Ottobre 2015

Periodico di Musica, TV, Cinema, Teatro e Arte

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il magazine che non t'aspetti (tutti i colori dell'intrattenimento)

«Mi piacerebbe che la gente apprezzasse di più le cose che ha: la vita, nella sua brevità, è un dono meraviglioso e spesso ce ne dimentichiamo» Dalla vittoria di «Ballando con le stelle» nel 2014 ad «Alive» su Rete4, arrivando alla co-conduzione con Alessandro Antinelli de «La domenica sportiva» su Raidue: il momento d'oro di Giusy Versace, ad ottobre alle prese in Qatar con i mondiali di atletica paralimpica, presto in teatro con Raimondo Todaro «in una sorta di musical», tratto dalla sua storia narrata in un libro

LE PRIMEDONNE DELLA TV

Matilde Brandi Patrizia Pellegrino

I TALENTI DEL FUTURO

Elisabetta Pellini Andrea Delogu Settembre Ottobre 2015 - © RIPRODUZIONE RISERVATA


Sommario IL PERSONAGGIO IN COPERTINA MARCO MASINI «Ho sempre cercato di fare musica, lavorando all'insegna della verità: posso ritenermi soddisfatto del mio percorso e vorrei continuasse così»

IL PERSONAGGIO IN COPERTINA GIUSY VERSACE La grande forza di Giusy Versace, donna e atleta che «ama la vita più di quanto le parole possano descrivere»

IL PERSONAGGIO IN COPERTINA ALESSIA FABIANI «Oggi sono più consapevole e meno ingenua rispetto al passato, pronta ad affrontare ogni avventura al meglio, con impegno e passione»

L'ESCALATION DI UN CONDUTTORE MASSIMILIANO OSSINI Un volto pulito, familiare e sincero: Massimiliano Ossini e la sua escalation sul piccolo schermo, sperando di diventare «il punto di riferimento nei programmi legati all'ambiente»

LA PRIMADONNA DEL PICCOLO SCHERMO MATILDE BRANDI «Ho spaziato nelle discipline, ottenendo lusinghiere gratificazioni nel mondo dello spettacolo: oggi sento di avere tanta energia, per dare il meglio nel mio lavoro»

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LA CONFERMA DI UN TALENTO FRA TV E CINEMA ELISABETTA PELLINI «Allo specchio? Mi sento come una farfalla che vola su note di musica classica, con tanta voglia di crescere e sperimentare»

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IL SIGNORE DELLA RECITAZIONE ENZO DECARO «Il pubblico ci premia in quanto si fida del nostro lavoro: non dobbiamo mai deludere le aspettative, rimanendo impressi nel cuore, fra tradizione e innovazione»

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DALLA RADIO A «TALE E QUALE SHOW» IL VOLTO DELL'INTRATTENIMENTO SAVINO ZABA «Mi piacerebbe misurarmi in tv sulle corde dell'intrattenimento, nel senso più puro e autentico del termine»

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IL CORAGGIO DELLA SATIRA IN UN MIX DI RIFLESSIONE E ATTUALITÀ DADO «La satira? Deve essere al servizio dell'ascoltatore, senza diventare un alibi per poter dire qualsiasi cosa»

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L'INCONTRO 30 ANNI DI EMOZIONI SUL PALCO MARIA ROSARIA OMAGGIO Maria Rosaria Omaggio e i suoi «30 anni di carriera», spaziando da «Medea» ai testi di Marquez, fino a Magni e Corsini, perseguendo puntualmente classe, eleganza e pathos

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LA STORIA DELLO SPETTACOLO ITALIANO MINNIE MINOPRIO «Tutti hanno un talento nella vita, ma non bisogna confonderlo col successo e la facile popolarità: è necessario dimostrare altro rispetto alle apparenze»

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UN'ARTISTA ECLETTICA IN 35 ANNI DI CARRIERA PATRIZIA PELLEGRINO «Sembra ieri: ho 35 anni di carriera e sono ancora un personaggio molto amato dal pubblico, desideroso di vedermi nuovamente in tv»

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LA RIVELAZIONE DELLA STAGIONE TV 2015 ANDREA DELOGU «Sono una persona molto curiosa e vorrei costruire il mio percorso, mattoncino su mattoncino, senza commettere alcun errore»

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A TEATRO FRA LE CANZONI DI CALIFANO E IL FEMMINICIDIO MITA MEDICI «Il teatro è la mia forma espressiva più congeniale, quasi terapeutica: noi attori abbiamo il compito di tirare fuori la verità delle cose, anche rischiando»

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LA PIÙ INNOVATIVA FRA LE CANTAUTRICI «MADE IN ITALY» ERICA MOU Erica Mou e la sua creatività «senza filtri e condizionamenti», alla ricerca degli stati d'animo più trasversali in musica

IL SUCCESSO DI UN ATTORE A TUTTO TONDO PAOLO CONTICINI «Tv, teatro e cinema: le mie molteplici anime sorridenti, grazie alle quali mi metto in discussione come attore»

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il magazine che non t'aspetti (tutti i colori dell'intrattenimento)

«Il teatro mi fa sentire viva e gratifica moltissimo, dopo anni in cui non riuscivo più ad avere emozioni in tv» Da 6 stagioni il palco è diventato il suo habitat naturale: Alessia Fabiani e il gradimento riscontrato nella pièce «Un coperto in più» (di recente al «Sala Umberto» di Roma) di Maurizio Costanzo, per la regia di Gianfelice Imparato, a 43 anni di distanza dalla versione portata in auge dai fratelli Giuffrè («per me davvero una bella responsabilità»)

LE SIGNORE DELLA SCENA

Maria Rosaria Omaggio Minnie Minoprio Mita Medici

SATIRA E CANTAUTORATO

Dado Erica Mou Settembre Ottobre 2015 - © RIPRODUZIONE RISERVATA


Marco Masini

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IL PERSONAGGIO IN COPERTINA

In rotazione radiofonica col singolo «Non è vero che l'amore cambia il mondo», Marco Masini si prepara ad animare un viaggio a ritroso nel tempo nel «Cronologia tour - Teatri» (il 22 ottobre a Bergamo, il 17 e 26 novembre rispettivamente a Lugano e Roma), dimostrando la sua coerenza, l'autenticità e l'essere stato «avulso alla commercializzazione delle mode», senza aver mai tradito i fan

«Ho sempre cercato di fare musica, lavorando all'insegna della verità: posso ritenermi soddisfatto del mio percorso e vorrei continuasse così»

La coerenza ha puntualmente scandito i suoi “25 anni di carriera”. Non ha mai tradito le aspettative del pubblico e, oggi più che mai, Marco Masini sta raccogliendo i frutti del suo percorso, condividendo emozioni con chi l'ha seguito, animando il “Cronologia tour- Teatri” (il 10 ottobre a Cesena, il 22 a Bergamo, il 7 novembre a Bari, il 17 a Lugano, il 26 a Roma e il 12 dicembre a Torino, fra l'altro), con una scenografia suggestiva ed una band ad hoc (Massimiliano Agati alla batteria, Cesare Chiodo al basso, Antonio Iammarino alle tastiere, Alessandro Magnalasche e Stefano Cerisoli alle chitarre elettriche e acustiche). Tornato in auge al “Festival di Sanremo” con “Che giorno è”, in rotazione radiofonica con “Non è vero che l'amore cambia il mondo”, si racconta con estrema semplicità, rivelando “la naturale evoluzione di un uomo, che ha maturato le sue esperienze di vita, fra alti e bassi, senza mai cadere nella commercializzazione delle mode musicali”. Nella speranza che “in futuro le cose continuino ad andare avanti, esattamente come in questo momento”. Domanda – Signor Masini, dal 10 ottobre a Cesena (passando per il 7 novembre a Bari e il 12 dicembre a Torino, fra l'altro) avrà inizio il “Cronologia tour – Teatri”, ripercorrendo i 25 anni della sua carriera, con una scenografia suggestiva e tanti ricordi. Cosa aspettarci? Risposta – Il mio sarà un viaggio a ritroso nel tempo, in un vero e proprio riassunto di emozioni, vecchie e nuove, all'insegna di un grande vissuto. Io sono uno che vive le storie che canta, nelle quali il pubblico ha saputo identificarsi negli anni. Oggi, di sicuro, ho un'altra visione della mia esistenza, più matura, ma la visione che racconto nel mio tour è talmente intima e condivisa, da non poter essere definita in altro modo. C'è da dire che questa mia nuova avventura nei teatri trae

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IL PERSONAGGIO IN COPERTINA

spunto dal mio ultimo disco, nel quale ho ripercorso i miei maggiori successi: quella stessa atmosfera cercherò di renderla dal vivo, fra intimismo, luci, aspetti tecnici e la mia band. Non vedo l'ora. D . – Se, in qualche modo, dovesse fotografare il percorso vissuto nel tempo, quale immagine verrebbe fuori in maniera immediata? R . – L'immagine è quella di un grande vissuto: la mia carriera musicale non è stata per niente facile, ci sono stati degli alti e bassi, dei periodi di successo ed altri di silenzio. Devo, tuttavia, ammettere che ho sempre condiviso con i miei estimatori quello che mi è accaduto. E anche quando si dicevano cose non vere su di me, il pubblico mi ha sempre aiutato e supportato. Non sarei arrivato al traguardo dei 25 anni, se non fosse stato così. D . – Il pubblico ha puntualmente premiato la sua onestà, la lealtà e il suo essere autentico. R . – Io ho sempre cercato di lavorare, dando emozioni. Non so se merito quello che lei dice, di sicuro posso aggiungerle di essere stato vero, senza mai cadere nella commercializzazione delle mode musicali. Ho perseguito una mia cifra, un mio stile e so di essere arrivato a tanta gente, proprio per questo. D . – Quest'anno è stato fra i protagonisti del “Festival di Sanremo”: tornerebbe in gara nel 2016? R . – No, non ci sto proprio pensando, visto che sono molto preso dalla preparazione del tour. È già difficile a 51 anni mettere a punto un'impresa simile, figuriamoci pensare al “Festival”. Va bene così. D . – Un ricordo dell'edizione festivaliera vissuta? R . – Sono stato molto soddisfatto, quindi il mio non può essere che un ricordo positivo. Ci sono state tantissime risposte: in fondo io sono tornato a “Sanremo” senza un album di inediti, ma con una raccolta che sintetizzava i 25 anni del mio percorso. I risultati sono stati di gran lunga superiori alle aspettative. D . – Secondo lei, al di là del “Festival di Sanremo”, è ancora possibile il binomio musica-tv? R . – Mah, onestamente questo non lo so. Nel senso che bisognerebbe domandarlo a chi fa la tv. La musica, dal mio punto di vista, è la colonna sonora della vita di

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IL PERSONAGGIO IN COPERTINA

ciascuno e non importa in che maniera la si fruisca. L'importante è condividerla: se questo accade in tv, in Internet o dal vivo, non fa distinzione. Tutto va bene. D . – A proposito di “canali di condivisione”, oggi i “talent” ne sono un esempio, anche per quel che riguarda la musica, sebbene il termine “talento” sia un po' abusato e inflazionato. Che vuol dire, secondo lei, averne realmente? R . – Avere una forza interpretativa e di comunicazione. A mio avviso il “talento” non viene mai riconosciuto, se non arriva agli altri. Io credo che le potenzialità dei meritevoli, prima o poi, vengano fuori. L'importante è avere qualcosa da dire di vero. D . – E ad un giovane che volesse fare della musica il suo motivo conduttore, cosa sentirebbe di suggerire? R . – Di amarla più di ogni altra cosa, più della propria vita stessa. D . – Come vorrebbe potesse proseguire il suo percorso, arrivato a questo punto? R . – Ammetto di essere contento di come stiano andando le cose: vorrei continuare a condividere con la gente quello che faccio, dando emozioni pure con la mia musica. Ci credo profondamente. D . – Cosa le piacerebbe potesse essere recepito dal pubblico, a conclusione del suo tour? R . – Un cambiamento, che c'è stato ed è stato inevitabile. Dopo 25 anni non si è più gli stessi ed è bello che, chi ti segue, lo viva con te. D . – Se, metaforicamente, dovesse specchiarsi oggi, quale immagine verrebbe fuori di Marco Masini? R . – Un'immagine molto semplice, la naturale evoluzione del Marco Masini di 25 anni fa. Niente di più. D . – Infine, Longanesi sosteneva che un'intervista fosse “un articolo rubato”: cosa le è stato sottratto durante la nostra chiacchierata? R . – (Dopo una risata, ndr) Niente, assolutamente. Uno le cose che non si vuole far rubare, le tiene ben nascoste a chiave in un cassetto segreto. Per cui, le ho detto quello che ho sentito di rispondere, nella maniera più naturale e semplice. E la ringrazio per il garbo. Gianluca Doronzo

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Giusy Versace

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IL PERSONAGGIO IN COPERTINA

Oltre 1milione di spettatori (con ottime percentuali di share) per la nuova edizione de «La domenica sportiva» su Raidue, condotta dalla vincitrice di «Ballando con le stelle» 2014, consapevole che la tv «è utile, ma al tempo stesso, se usata male, può diventare un'arma a doppio taglio», convinta che si debba dare «spazio e visibilità alle tante storie di coraggio che abbiamo in Italia»

La grande forza di Giusy Versace, donna e atleta che «ama la vita più di quanto le parole possano descrivere»

La “video” escalation di Giusy Versace. Dalla vittoria di “Ballando con le stelle” nel 2014 alla conduzione di “Alive – La forza della vita” su Rete4, virando registro verso “La domenica sportiva” su Raidue, accanto ad Alessandro Antinelli, con oltre 1milione di spettatori ogni settimana ed ottime percentuali di share: mesi di intenso lavoro per “una donna e atleta, che ama la sua esistenza più di quanto le parole possano descrivere”. Un continuo fiume in piena, un esempio di “forza e coraggio” per tutti, costantemente propositiva e sorridente, si sta preparando ai mondiali di atletica paralimpica in Qatar, non perdendo di vista le prove con Raimondo Todaro per uno spettacolo teatrale “a mo' di musical, tratto dalla sua storia raccontata in un libro”. Ed è solo l'inizio: nel cassetto una nuova avventura letteraria, progetti legati a “Disabili no limits onlus” e la convinzione di “fare tv non per la smania di apparire, bensì per portare avanti solo cose che abbiano senso e coerenza con quello che fa e rappresenta”. Invitando a “vivere i propri giorni al massimo, senza perdere tempo a rincorrere cose che non si hanno e si vorrebbero avere”. Vi pare poco? Domanda – Signora Versace, soddisfatta dei risultati della sua conduzione assieme ad Alessandro Antinelli de “La domenica sportiva”? Risposta – Considerato il poco tempo per prepararmi, direi di sì. Non ho mai nascosto di non essere aggiornata sul calcio, ma Alessandro, che è un professionista, mi sta dando una grossa mano. Sono certa che, puntata dopo puntata, andrà sempre meglio.

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D . – Nel suo percorso professionale, cosa rappresenta un simile programma? R . – Sicuramente un'esperienza unica e importante, non solo a livello professionale, ma soprattutto personale. D . – Già con “Alive – La forza della vita” in onda su Rete4 (assieme a Vincenzo Venuto), la conduzione si è affacciata nel suo percorso artistico: cosa le piace della tv? R . – Io non faccio tv per la smania di apparire: porto avanti solo cose che abbiano senso e coerenza con quello che faccio e rappresento. “Alive” è stata, senza dubbio, una bellissima avventura, che mi ha dato la possibilità di raccontare, attraverso altre voci, storie di persone che, come me, si sono trovate in difficoltà o davanti alla morte. E, non per questo, hanno smesso di sorridere alla vita. D . – Se le dovessero dare carta bianca rispetto ad una trasmissione, quale le piacerebbe ideare o condurre? R . – Sinceramente ci penserei bene. La tv è utile, ma al tempo stesso, se usata male, può diventare un'arma a doppio taglio. Certamente cercherei di dare spazio e visibilità alle tante storie belle di vita e di coraggio, che abbiamo in Italia. Vorrei dar voce a chi ha qualcosa di interessante da dire, ma non ha i mezzi per farlo. La gente, in questo momento difficile per l'Italia, ha bisogno di buoni esempi e di spunti per trovare il coraggio giusto, affrontando le difficoltà a cui spesso siamo sottoposti. D . – La vittoria di “Ballando con le stelle” nel 2014 cosa ha rappresentato per lei? R . – Una grande sfida affrontata pensando agli altri, senza mettere in conto che avrebbe arricchito così tanto me. Volevo portare la disabilità a casa della gente con normalità: io avevo già vinto solo per quello. Non avrei mai creduto possibile che ad alzare la coppa potessi essere proprio io. È stata una gioia immensa, che ho voluto dedicare non solo a Raimondo (Todaro, partner e maestro eccellente), ma anche a tutta la gente che, con enorme affetto, ci ha sostenuti. D . – La sua prossima sfida atletica qual è? R . – A parte le gare previste a settembre, l'appuntamento più importante è ad ottobre in Qatar per i mondiali di atletica paralimpica. D . – Cosa le piacerebbe potesse essere d'esempio della sua storia, come insegnamento di vita per il prossimo? R . – Mi piacerebbe che la gente apprezzasse di più le cose che ha, senza perdere tempo prezioso nel rincorrere ciò che non si ha e si vorrebbe avere. La vita è breve ed è un dono meraviglioso. Spesso, ahimè, ce ne dimentichiamo. D . – Potrebbe tornare alla scrittura, dopo l'autobiografia “Con la testa e con il cuore”? R . – Sto già lavorando da qualche mese ad un progetto che avevo in mente, ma non posso anticipare nulla. Sorpresa in autunno. D . – C'è uno spettacolo di danza al quale si sta preparando, vero? R . – Con Raimondo Todaro abbiamo fatto un esperimento, subito dopo “Ballando”, portando a teatro la mia storia tratta dal mio libro, abbinando momenti di ballo ai miei racconti. L'esperimento ha funzionato e abbiamo deciso di lavorarci meglio. Lo abbiamo migliorato ed è venuto fuori una specie di musical, che coinvolge emotivamente il pubblico. Con la scusa continuo a ballare: ormai c'ho preso gusto (e ride, ndr). D . – Nel 2011 ha fondato “Disabili no limits onlus”: quali i

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prossimi obiettivi? R . – Con la Onlus organizziamo eventi per promuovere lo sport e, al tempo stesso, raccogliamo fondi per donare ausili evoluti a chi non può permetterseli. Certo è che la Onlus è fatta di soli volontari e il motore sono io. Difficile dividermi. Sto pensando a due eventi, ma se ne riparlerà l'anno prossimo. D . – A che punto del suo percorso sente di essere oggi? R . – Non ho idea. Io vivo alla giornata. La mia testa è in costante movimento e trovo sempre il modo di non annoiarmi. Come dice spesso il mio ragazzo, io sono una sorpresa continua e da me ci si può aspettare tutto. D . – Se, metaforicamente, dovesse specchiarsi, quale

immagine verrebbe fuori di Giusy Versace attualmente? R . – Un'atleta e una donna che ama la vita più di quanto le parole possano descrivere. D . – Infine, Longanesi sosteneva che un'intervista fosse “un articolo rubato”: dal suo punto di vista, cosa le è stato sottratto durante la nostra chiacchierata? R . – Al momento nulla…vediamo cosa scriverà (e ride, ndr). D . – Bene, allora buona lettura e grazie di cuore. In bocca al lupo per il proseguimento del suo percorso. R . – Grazie a lei! Crepi. Viva. E tutto ciò che si può dire di positivo. Gianluca Doronzo

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Alessia Fabiani

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Tanta popolarità televisiva, ha affiancato i grandi del calibro di Bonolis, Scotti e Vianello, protagonista di rotocalchi per anni: la nuova vita di Alessia Fabiani, ex «Letterina», attualmente attrice di successo, in grado di spaziare nei registri e generi, alle prese (di recente al «Sala Umberto» di Roma) con la commedia «Un coperto in più» di Maurizio Costanzo, per la regia di Gianfelice Imparato («un grandissimo del teatro, da cui ascolterei per ore la sua storia»)

«Oggi sono più consapevole e meno ingenua rispetto al passato, pronta ad affrontare ogni avventura al meglio, con impegno e passione»

Alessia oggi è una “donna più consapevole, meno ingenua rispetto al passato”. E il teatro, da sei anni a questa parte, le sta dando “le giuste gratificazioni”, rendendola protagonista di avventure ricche di passione, spaziando nei registri e nei personaggi. Parole intense e vere quelle della Fabiani, pronta a raccontarsi con estrema empatia in un'intervista ricca di spunti di riflessione, tracciando i tratti salienti di una carriera molto popolare sul piccolo schermo (“ho affiancato Castagna, Scotti, Bonolis e Vianello”), per stagioni sulle prime pagine dei rotocalchi. Avulsa da “gossip e chiacchiericcio” (diventata mamma di due splendidi gemelli nel 2012), attualmente è alle prese con la commedia “Un coperto in più” di Maurizio Costanzo, per la regia di Gianfelice Imparato (produzione “La pirandelliana”), a quasi mezzo secolo di distanza dalla versione, portata al successo dai fratelli Giuffrè (“una bella responsabilità”). Con lei sul palco, fra gli altri: Maurizio Micheli e Vito. Allo specchio? Tante gratificazioni, un autentico riscatto rispetto a chi ha avuto “pregiudizio” nei suoi confronti ed una smodata voglia di “crescere e diventare sempre più brava”. Domanda – Alessia, attualmente è in tournée con la commedia “Un coperto in più”, per la regia di Gianfelice Imparato, scritta da Maurizio Costanzo, con cui ha debuttato da bambina nella sit-com “Orazio” (assieme a Simona Izzo). La pièce risale al '72 e fu portata al successo dai fratelli Aldo e Carlo Giuffrè: una bella responsabilità la sua. Risposta – Verissimo. La mia è una grande responsabilità, portata avanti con enorme devozione. La mia passione per il teatro nasce da fruitrice fin da piccola, assieme a mia mamma e mia nonna, due donne colte, rispettivamente laureate in “Lingue” e “Lettere Moderne”. Ricordo che il sabato sera andavamo a Roma appositamente per vedere i grandi spettacoli in scena. Solo per farle qualche titolo, ho assistito a “Le memorie di Adriano” con Albertazzi, a Proietti e ai più illustri esponenti del palco. Per me una grande magia. Poi, nell'86, in occasione del “Premio Flaiano”, essendo io originaria de “L'Aquila”, incrociai Maurizio Costanzo e nacque l'idea di farmi partecipare alla sit-com “Orazio”, se vogliamo non molto distante nelle dinamiche e nel leitmotiv rispetto a “Un coperto in più”. Da allora ho portato avanti il mio percorso con grande orgoglio: sono pienamente soddisfatta di quello che il teatro mi sta dando negli ultimi sei anni. Mi dispiace solo che mia nonna oggi non ci sia più e non possa venire a vedermi. D . – Essendo la pièce datata 1972, dal suo punto di vista in quali elementi è il segreto del suo successo? R . – Credo che la chiave di volta sia nel giocare con la lingua italiana: è una pièce scritta molto bene, ha tante assonanze. Oserei dire che è una commedia onomatopeica, quasi fosse una musica. In fondo, non dimentichiamo che a scriverla è un uomo, al cui attivo sono pezzi celebri come “Se telefonando”. Detto questo, prima le stavo raccontando le mie modalità di approdo al teatro, avvenute sei anni fa: conducevo “Pressing Champions League” con Raimondo Vianello, purtroppo scomparso di lì a poco. Decisi, subito dopo la fine del programma, di trasferirmi da Milano a Roma: nel frattempo, però, stavo studiando recitazione con Nicoletta Ramorino, un'attrice molto brava che ho visto in molti cortometraggi negli anni. Nella capitale iniziarono ad arrivarmi le prime proposte come la commedia “Se mi ammazzi… ti uccido”, tanti

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IL PERSONAGGIO IN COPERTINA

altri titoli che mi fecero da palestra rispetto alla mia crescita, laboratori nei quali mi misi alla prova con testi come “Se questo è un uomo”. Ricominciai a sentirmi viva, dopo anni di tv nei quali ero stata, per così dire, congelata. Il tutto fino alla scorsa primavera, nella quale mi fu fatta la proposta di “Un coperto in più”, incontrando il grande Gianfelice Imparato, dal quale non si può che stare ad ascoltare tutto quello che ha da raccontare della sua vita. D . – Potremmo, dunque, sostenere che il teatro è oggi la dimensione a lei più congeniale: vero? R . – Assolutamente. Lo potrei dichiarare con entrambe le mani sul fuoco, senza alcun problema. Mi piace, mi gratifica, mi nutro delle emozioni che solo il palco sa dare, assieme al calore del pubblico.

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D . – Se potesse scegliere, in quale genere le piacerebbe misurarsi? R . – Mi piacciono i toni drammatici, anche se dicono che riesco molto bene nella commedia. Adoro la biomeccanica sul palco, il fluire delle emozioni, l'importanza del testo. E poi Monica Vitti è il mio mito da sempre: non c'è giorno in cui io non guardi uno stralcio di un suo film o non mi documenti su di lei. Un grande esempio d'attrice. D . – Essendo stato il suo un percorso più televisivo, ha riscontrato pregiudizi nel mondo del teatro? R . – Pregiudizi a priori, senza vedermi, sì. E anche tanti. Ma, dopo che si è assistito ad un mio spettacolo, in camerino ho ricevuto le visite più inaspettate, da persone che vivono di teatro, complimentandosi con me. Per me è stata un'ulteriore


IL PERSONAGGIO IN COPERTINA

scoperta ed ho imparato a scoprirmi, conoscendomi meglio, attraverso il lavoro sulla drammaturgia. Per me tutto molto terapeutico. D . – Maurizio Costanzo e Gianfelice Imparato: un loro insegnamento interiorizzato nel tempo? R . – Di Costanzo ho sempre apprezzato la grande cultura: lo ascolto spesso in radio e condivido i suoi pensieri. Ha una vasta preparazione. Di Gianfelice Imparato, come ho già detto prima, non si può fare a meno di stare ad ascoltare il vissuto. Poi ho la fortuna di essere accompagnata in scena da un altro nome illustre come Maurizio Micheli. Per cui non potrei desiderare di più in questo momento. D . – Grandi nomi in teatro, altrettanti in tv: ha lavorato con Castagna, Bonolis, Scotti e Vianello, per citarne alcuni. R . – Giusto. La mia è stata una vita costellata da grandi uomini e come si dice? Dietro un grande uomo… D . – C'è sempre una grande donna. R . – Ed io spero di esserlo stata (e scappa una risata, ndr). D . – Se, in qualche modo, dovesse definire quanto fatto finora attraverso un'immagine, cosa sentirebbe di rispondere? R . – Mi vedo con tante rose sul palcoscenico e immagino mia nonna, in prima fila, ad applaudirmi. D . – Tornerebbe sul piccolo schermo? Magari in un programma come “Tale e quale show”, nel quale cantare, ballare e recitare? R . – Non lo so, onestamente non lo so. Tornerei a condizione che non ci siano gossip e chiacchiere. Sono un po' intossicata dalla tv ed ho voglia di fare il bello, dando vita ad esperienze importanti, nelle quali mettermi in discussione, crescendo e spaziando. D . – Se ci fossero le condizioni giuste per una fiction? R . – Perché no? In fondo recitare è quello che mi piace e sto facendo tanto in queste stagioni. D . – Com'è cambiata la sua vita, anche artisticamente, dalla nascita dei suoi gemelli nel 2012? R . – Direi che è stata inondata dall'amore ed io, di conseguenza, ne sono stata travolta. È tutto molto bello, sono cambiata molto rispetto al passato. D . – Se, metaforicamente, dovesse specchiarsi, quale immagine verrebbe fuori oggi, in maniera sincera, di Alessia Fabiani? R . – Sicuramente credo di essere diventata più intelligente, più attenta e meno ingenua: prima non vedevo alcune cose che non andavano per il verso giusto. Sinceramente quella di oggi è un'Alessia più consapevole e cresciuta. D . – Infine, Longanesi sosteneva che un'intervista fosse “un articolo rubato”: cosa le è stato sottratto durante la nostra chiacchierata? R . – Io credo che in ogni chiacchierata, dalla più piccola alla più importante, ci sia un valore aggiunto. Di conseguenza sono io a ringraziarla per quello che mi ha dato e mi ha consentito di dire in questa intervista. Nulla di rubato. Gianluca Doronzo

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Massimiliano Ossini

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L'ESCALATION DI UN CONDUTTORE

Conduce dal lunedì al venerdì alle 10.30 su Raidue (con un «meglio di» domenicale alle 10.15) «Cronache animali», portando al 3% una fascia prima destinata all'1: stati d'animo, auspici e sogni («mi piacerebbe fare un quiz nel preserale, per famiglie, tipo la Settimana enigmistica») di un giovane protagonista di numerose trasmissioni della tv di Stato (anche dedicate all'agroalimentare), in attesa di riprendere «Linea bianca» su Raiuno, con «tanta energia positiva»

Un volto pulito, familiare e sincero: Massimiliano Ossini e la sua escalation sul piccolo schermo, sperando di diventare «il punto di riferimento nei programmi legati all'ambiente»

Al telefono non nasconde l'entusiasmo per quello che sta facendo. E, di settimana in settimana, gli ascolti stanno crescendo in maniera esponenziale, a dimostrazione di un impegno serio in ciò che fa. Massimiliano Ossini è uno dei volti più puliti, freschi e promettenti della tv italiana, alle prese dal lunedì al venerdì alle 10.30 su Raidue col programma “Cronache animali” (con un “meglio di” domenicale alle 10.15), dimostrando pathos, sensibilità e ricerca del dettaglio. All'attivo numerose trasmissioni nell'agroalimentare e, andando a ritroso, un esordio diversi anni fa nella “tv dei ragazzi” (a “Disney Channel”), una fascia oggi scomparsa nelle reti generaliste (“un grande peccato, perché non tutti si sintonizzano sulle altre emittenti del digitale”). Convinto dell'importanza della manifestazione di “energie positive” (in merito a quanto si fa e si dice), vorrebbe diventare un punto di riferimento per il piccolo schermo nazionale, in relazione ai contesti relativi “all'ambiente”, virando registro anche in un preserale con un ipotetico quiz (“tipo la Settimana enigmistica, coinvolgendo le famiglie”). Curioso e leale, conclude la chiacchierata con una profonda “postilla” tutta da leggere. A voi le sue parole. Domanda – Massimiliano, è tornato in tv dal 7 settembre alla conduzione di “Cronache animali” (Raidue, dal lunedì al venerdì, ore 10.30), con un “meglio di” domenicale alle 10.15: nel suo percorso come si colloca un programma simile? Risposta – Innanzitutto, caro Gianluca, devo dire che lei già sa molto sul mio programma e le faccio i complimenti. Proprio vero: “il meglio di” è domenicale e noi andiamo in onda, dal lunedì al venerdì, facendo il mercoledì una puntata in diretta, in una sorta di “chi l'ha visto?” degli animali. Le assicuro che le telefonate da casa sono numerose e stiamo facendo davvero un bel lavoro. Il programma è una bella sfida per me: negli anni ho abituato il pubblico alla conduzione di contesti relativi all'agroalimentare e alla natura. Con gli animali non faccio alcuna fatica a rapportarmi, in quanto li amo da sempre. Quindi sto vivendo la mia dimensione ideale in una trasmissione del genere. Il valore aggiunto sta nel fatto che io dico sempre una, a mio avviso, sacrosanta verità: gli animali hanno una sensibilità maggiore rispetto a tutto e tutti, avvertendo quando c'è un vero feeling con l'uomo. Sanno riconoscere subito le persone buone da quelle con cattive intenzioni. Partendo da questo presupposto, stiamo riscontrando buone attestazioni anche in termini d'audience, visto che abbiamo portato al 3% una fascia che prima era appena dell'1, triplicando i risultati in pochissimi giorni. Credo che “Cronache animali” sia un contesto molto positivo, c'è una grande voglia di approfondimento e in Rai ci danno la possibilità di farlo. Anzi, le dirò di più: tante persone si sono lamentate del fatto che duri poco, perché se togliamo la pubblicità il tutto arriva a 25 minuti scarsi. Io, tuttavia, vado avanti per la mia strada, entusiasta, con un preciso obiettivo: riuscire a portare in prima serata alcuni servizi del programma, dando ovviamente un taglio diverso dal daytime, creando grande interazione con gli spettatori, facendoli sentire protagonisti. I centralini, quando siamo in diretta il mercoledì, sono intasati: ciò non può che farci un gran piacere. Davvero. D . – Se vogliamo, è proprio questo il compito della Rai: rendere un servizio pubblico ai cittadini, trattando tematiche

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L'ESCALATION DI UN CONDUTTORE

vicine alla propria quotidianità. R . – Giustissimo. Ne sono convinto anch'io. Ormai gli animali fanno parte della quotidianità di ciascuno: se ne hanno in casa e c'è bisogno di tanta informazione su come curarli e farli vivere al meglio. Io sono convinto che “Cronache animali” non potrà che crescere nel tempo: in qualche settimana diventerà un programma sempre più protagonista nelle case degli italiani. D . – Noi glielo auguriamo. Massimiliano, non le mancava un programma quotidiano, avendone condotti molti in passato, dopo la recente esperienza di “Linea bianca” su Raiuno il sabato? R . – Verissimo: un po' mi mancava. Quest'anno, tra l'altro, ritengo di essere molto fortunato, perché porterò avanti sia “Cronache animali” che “Linea bianca”, due programmi molto diversi ma estremamente belli. Nello specifico “Linea bianca” mi dà la possibilità di viaggiare e di arrivare in posti meravigliosi, facendomi idealmente accompagnare dal pubblico, dando la parola a persone di posti anche poco conosciuti, che non avrebbero modo di essere alla ribalta altrimenti. Di sicuro il fatto di essere tornato in studio con “Cronache animali” è stato molto piacevole, con un impegno quotidiano: a me piace creare armonia fra gli animi, rappacificando tutti. Credo molto nelle energie positive. D . – Se dovessimo un attimo guardarci attorno in tv, troveremmo pochissimi conduttori giovani in crescita esponenziale: penso a lei, Alessandro Cattelan, Alvin e Federico Russo. Per il resto sono tutti “over 50” al maschile. Il piccolo schermo italiano, in sostanza, sembra essere poco generoso nei confronti dei giovani da formare, non dando loro delle chance per misurarsi in nuovi contesti. È d'accordo? R . – Io dico sempre che quando qualcosa funziona in tv, vale la pena portarla avanti finché possibile. Per questo tanti contesti importanti sono fissa dimora per conduttori ormai affermati, perché garanzia di sicuro successo. Ora: i direttori di rete cambiano e non tutti vogliono sperimentare. Si dovrebbe, tuttavia, osare di più nei nostri confronti, facendoci mettere alla prova in nuove avventure, anche per il preserale, per farle un esempio. Io mi reputo fra i giovani conduttori più fortunati, in quanto ho sempre lavorato, avendo una continuità. Si potrebbe, tuttavia, testare un quiz, vedendo se funziona o no, creando dei veri e propri test, per dare seguito poi a contesti a lungo termine. In fondo anche a “Disney Channel” io iniziai affiancando chi ne sapeva più di me, imparando, per poi diventare solista e optare, ad un certo punto, per la Rai. Sono dell'idea che si dovrebbe essere un po' più generosi con le nuove leve, sperimentando con coraggio. D . – A proposito di “Disney Channel”, dove ha esordito diversi anni fa: lei è stato uno degli ultimi referenti della tv dei ragazzi, oggi completamente scomparsa dai palinsesti del piccolo schermo generalista. Un grande peccato, no? R . – Assolutamente sì. Diciamo che negli ultimi due anni è cresciuto il digitale terrestre e con Rai Gulp e Rai Yoyo si è creata una fascia dedicata ai più piccoli. Ma il problema è che non tutti vanno a sintonizzarsi su quei canali e, come ha giustamente rilevato lei, sulle tv generaliste è completamente scomparsa la fascia dedicata ai ragazzi e ai bimbi. Il piccolo schermo dovrebbe colmare una simile lacuna: quando ho iniziato io in simili trasmissioni mi facevano fare il regista,

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L'ESCALATION DI UN CONDUTTORE

l'autore, il fonico, l'operatore, consentendomi di capire quale fosse l'altro punto di vista di un lavoratore nel mondo dello spettacolo. Tutte cose che i Baudo, Conti e Frizzi sanno. Oggi tutto questo non si fa per niente. A me quel tipo di formazione ha dato veramente tanto: ho imparato ogni dettaglio in quegli anni. D . – Nel suo percorso ci sono state anche partecipazioni come concorrente a programmi del calibro di “Notti sul ghiaccio” e “Si può fare”, per la conduzione di Milly Carlucci e Carlo Conti su Raiuno. Di che tipo di esperienze si è trattato? R . – Io ritengo di essere stato estremamente fortunato a prendervi parte: si è trattato di due momenti di tv fatti veramente bene, puliti, dove si è potuto animare del sano intrattenimento. La prima è stata una sfida che si avvaleva della consulenza di Piparo sul ghiaccio; l'altra, con Carlo Conti, ha avuto una bella atmosfera e una dimensione di gruppo, per cui con molti concorrenti siamo ancora in contatto, avendo creato un gruppo su whatsapp. Eravamo come una famiglia. Io mi sono messo in gioco, portando avanti situazioni simpatiche e i telespettatori hanno dimostrato di gradire. Ecco, Gianluca: quelle sono trasmissioni alle quali vado molto volentieri e determinante è il conduttore, una garanzia per chi vi prende parte. D . – Bene, Massimiliano. A questo punto, cosa le piacerebbe fare in tv? R . – Il quiz, come avevo già fatto su Sky Vivo. Mi piacerebbe

portare in Rai un bel progetto, un quiz dove poter avere come spettatore la famiglia, i genitori assieme ai figli. Qualcosa tipo la “Settimana enigmistica”, adattata sul piccolo schermo. Sarebbe bello. D . – E chissà che non accada dopo questa nostra chiacchierata. Ora, se metaforicamente dovesse specchiarsi, quale immagine verrebbe fuori di Massimiliano Ossini? R . – Un bel rapace, una bella poiana che vola sui cieli, con una bella visione della meta, di dove vuole andare. Io vorrei essere il punto di riferimento nel settore animali e ambiente in Italia, per quel che riguarda la tv. Mi sento molto sereno e pulito oggi, dando positività a chi mi circonda. D . – Infine, Longanesi sosteneva che “un'intervista è un articolo rubato”: cosa le è stato sottratto, dunque, durante la nostra chiacchierata? R . – No, Gianluca, non mi è stato rubato niente. Lei mi ha dato molto durante la nostra chiacchierata e se le mie parole possono essere di incentivo ad andare avanti, lavorando su se stessi, seguendo le proprie passioni, allora non posso che esserne entusiasta. Dare qualcosa a qualcuno è bellissimo, se fatto con la giusta energia. Se anche solo una persona, dopo aver letto la sua intervista, mi rivolgerà un pensiero positivo, tutta questa bella energia mi tornerà indietro ed io non potrò che essere felice. Per cui, grazie per la possibilità che mi ha dato. Gianluca Doronzo

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Matilde Brandi

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LA PRIMADONNA DEL PICCOLO SCHERMO

Nella sua carriera ha lavorato con i più illustri esponenti della tv, da Conti a Proietti e Panariello, conquistando milioni di spettatori: Matilde Brandi racconta il suo percorso, tracciandone le tappe fondamentali (anche in merito alla recente esperienza in quel di «Si può fare» su Raiuno, dove ha rischiato di vincere), convinta che si possa tornare a fare «un sano varietà» (non disprezzando l'ipotesi di far parte della giuria di un «talent» in futuro)

«Ho spaziato nelle discipline, ottenendo lusinghiere gratificazioni nel mondo dello spettacolo: oggi sento di avere tanta energia, per dare il meglio nel mio lavoro»

Matilde è carica. Ha tanta energia per affrontare nuove avventure nel mondo dello spettacolo. E vorrebbe potesse tornare “quel sano varietà d'una volta, nel quale spaziare nelle discipline”. Con un gran bel sorriso, la Brandi traccia le tappe fondamentali del suo percorso, ricordando di aver affiancato negli anni i più popolari esponenti della scena (da Proietti a Conti fino a Panariello), conquistando milioni di spettatori per le sue capacità poliedriche. Nella scorsa stagione è stata fra i concorrenti di “Si può fare” su Raiuno, avendo rischiato quasi la vittoria (“sento di fare davvero un ottimo bilancio”). Oggi vorrebbe tornare sul piccolo schermo in un bel programma d'intrattenimento o, se capitasse, anche nei panni di “giurata”. Con la consapevolezza che “la danza non sia ancora trattata come si deve”, considerando l'impegno e i sacrifici che comporta in uno show. E, se nel frattempo, ci fosse la proposta di salire sul palco dell' “Ariston” nel 2016? Sarebbe già lì, pronta a “scendere le scale” della kermesse di punta del Belpaese. Carlo, sei all'ascolto? Domanda – Matilde, l'ultima sua apparizione in tv risale allo show di Carlo Conti “Si può fare” su Raiuno (nella scorsa stagione), dove ha rischiato anche di vincere: che tipo di esperienza è stata? Risposta – Sento di fare un ottimo bilancio: si è trattato di un bellissimo lavoro e ho avuto modo di ritrovare Carlo Conti, un grande professionista della tv italiana, che avevo già affiancato in passato. “Si può fare” è uno di quei sani contesti televisivi, dove si anima intrattenimento puro: io mi sono cimentata in tante discipline e ho messo alla prova il mio fisico, sebbene fossi allenata e avessi una preparazione da ballerina. Sono partita quasi in fondo alla classifica e, come ha giustamente detto lei, ho rischiato anche di vincere. Ho portato a casa un ricordo stupendo, che ha arricchito il mio percorso. D . – Lei, come ha giustamente ribadito, ha avuto modo di lavorare con Carlo Conti in passato: si sarebbe aspettata la sua escalation, fino alla conduzione del “Festival di Sanremo” per due stagioni? R . – Assolutamente sì. Ho un ottimo ricordo del nostro lavoro assieme. Ma devo ammettere che lui già dieci anni fa faceva quello che fa oggi, nel senso che è sempre stato credibile e professionale. Forse l'essere diventato papà oggi ha costituito un valore aggiunto. Sulla sua professionalità non si discute e la bravura paga sempre alla fine. In quanto a “Sanremo”, io credo che sia una delle persone più adatte ad esserci: oltre ad essere un conduttore, è un grande conoscitore di musica. Nell'edizione 2015 ha fatto un bel lavoro. Pensi che quest'estate, dopo non ricordo più quanti anni, ho comprato la compilation del “Festival”, che ho trovato di una bellezza strepitosa. Ha fatto centro. E saprà essere all'altezza delle aspettative anche per l'edizione 2016. D . – E se candidassimo Matilde Brandi ad affiancarlo sul palco dell' “Ariston” il prossimo anno? R . – No, per carità, a Carlo tutto devi dire tranne quello che deve fare e scegliere. Di sicuro avrà già delle idee in mente, da mettere in atto. Lui so che mi ha sempre apprezzata. Poi, se dovesse chiamare, sarei già lì, anche solo a mettere gli abiti nei camerini o a pulire le scale (e ride, ndr). D . – No, no, Matilde: lei meriterebbe quel palco, dopo tanti anni di percorso televisivo. A proposito: com'è cambiato il piccolo schermo nel tempo?

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R . – Oggi la tv è cambiata: come tutte le cose è in continua evoluzione. Quello che manca, forse, è il varietà, che la gente vorrebbe: dico quello classico. Attualmente i palinsesti hanno altre forme di intrattenimento e, in fondo, Carlo Conti è l'unico a dare vita nei suoi programmi a ballo, canto e recitazione, rivisitando il tutto in altre formule. I fasti di un tempo non sono più possibili, a causa dei costi esagerati. A me, tuttavia, piacerebbe tanto tornasse “Fantastico” o Panariello, con cui abbiamo fatto il pieno d'ascolti per tante stagioni. Sarebbe bello. D . – E la danza in tv? R . – E che le devo dire? Quella non c'è più. Carlo Conti, alla fine della fiera, è l'unico a dare spazio ai balletti nei suoi programmi, creando varietà. Forse dobbiamo dare alla De Filippi con “Amici” il primato nell'aver riportato la danza in un programma, ma a vincere è sempre un cantante, che diventa strafamoso, a dispetto del ballerino che arriva in finale. D . – Se vogliamo, Matilde, c'è un po' una mancanza di cultura in questo senso. R . – Probabilmente. Direi nì. A me dispiace stia accadendo tutto questo: si dà tanto spazio ai cantanti, ma per i ballerini sembrano non esserci paritetiche chance. Ci sono tanti giovani

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promettenti: io, ad esempio, ho una scuola di danza e vedo davvero molte leve del futuro. Ballare è vita, una grande emozione per chi riesce a viverla. D . – Rimanendo in tema di danza, lei ha affiancato Lorenza Mario in tv, altra grande primadonna dello spettacolo italiano: che pensa del suo percorso? R . – Con Lorenza siamo ancora oggi in contatto, essendo amiche, anche se viviamo in città diverse. Lei ha seguito un percorso diverso dal mio, puntando sul canto: il teatro è diventato la sua dimensione naturale e davvero è uno dei numeri uno in Italia. Io ho fatto tanta tv, ma credo che se si deve lavorare in teatro, non si può fare a meno di essere artisti a 360°. Lorenza è molto brava e sono pienamente soddisfatta di quello che ha raccolto nelle stagioni. D . – E se le dico Gigi Proietti, suo “Pigmalione” in tv, cosa mi risponde? R . – Con Gigi ho fatto il mio primo lavoro in assoluto in tv. Lui è un grande professionista, un uomo veramente umile, attento al prossimo, generoso. Ha una bravura immensa e, tra l'altro, grazie al suo laboratorio sono venuti fuori tantissimi attori, oggi protagonisti della tv, teatro e cinema. Ti insegna tanto e a livello umano è fantastico.


LA PRIMADONNA DEL PICCOLO SCHERMO

D . – Prima parlavamo del programma della De Filippi, uno dei “talent show” oggi sul piccolo schermo: il termine “talento”, però, sembra essere alquanto inflazionato nella lingua italiana. Dal suo punto di vista, cosa vuol dire averne realmente? R . – Il “talento” è una cosa innata: non c'entrano tecnica e virtuosismi. Averlo significa saper riempire da solo il palco. Magari possono esserci altri più bravi di te nel dettaglio, ma possono sembrare freddi e non all'altezza. Battisti, ad esempio, non aveva una grande voce, eppure è stato un numero uno della canzone, grazie al suo modo di interpretare, ai testi proposti e alla sua persona. Una come Beyoncé, ad esempio, ha tutto: quello è un dono di natura e nessuno può farci niente. Siamo tutti piccoli dinanzi ad una donna del genere. Diciamo che ci diamo da fare come possiamo (e scappa una risata, ndr). D . – Lei, cara Matilde, non è proprio da meno: ha non solo fatto tanto in tv, ma davvero ha lavorato con i più grandi dello spettacolo. Oggi cosa le piacerebbe fare? R . – Il mio sogno nel cassetto è e rimane il varietà. Poi lei ha citato “Sanremo”: se Carlo Conti mi dovesse chiamare, io sarei già vestita e pronta (e ride ancora, ndr). Negli anni sento di essere cresciuta: non sono più la ballerina e basta. Bisogna

saper fare un po' di tutto e ho spaziato nelle discipline. Diciamo che mi piacerebbe far parte della giuria di un programma: ci sono tanti “talent” che funzionano. Se mi chiamassero, non declinerei l'invito, perché avrei da portare un po' della mia esperienza ai giovani. D . – Se dovesse, metaforicamente, specchiarsi che immagine verrebbe fuori di Matilde oggi? R . – Verrebbe fuori l'immagine di una donna felice e orgogliosa del suo lavoro. Ho, come ha ribadito lei prima, lavorato davvero con tutti, con i più grandi dello spettacolo e, puntualmente, mi sono messa in discussione nelle stagioni. Posso ritenermi soddisfatta. A volte credo che, con umiltà, faccia bene un po' di autostima e sento di poter dare ancora tanto, in svariati ruoli. Ci sono molti sogni da realizzare. Ho tutte le energie. D . – Bene, bene. Siamo alla conclusione della nostra chiacchierata. Longanesi sosteneva che un'intervista fosse “un articolo rubato”: cosa le è stato sottratto durante il nostro incontro? R . – Assolutamente niente. Ho detto tutto quello che penso e lo sottoscrivo. Come se fosse un contratto (e una risata arriva a chiosa, ndr). Gianluca Doronzo

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Patrizia Pellegrino

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UN'ARTISTA ECLETTICA IN 35 ANNI DI CARRIERA

Intervista «illuminata» con Patrizia Pellegrino, primadonna del piccolo schermo per intere stagioni, spaziando dai ricordi con Corrado a quelli con Luca De Filippo e Garinei, a breve in tournée con la commedia «Alcazar» di Gianni Clementi, accanto a Gianfranco D'Angelo

«Sembra ieri: ho 35 anni di carriera e sono ancora un personaggio molto amato dal pubblico, desideroso di vedermi nuovamente in tv»

Il suo è stato “un percorso ad ostacoli”, nel quale ha “sempre cercato di rialzarsi”. Ma, indubbiamente, dopo ben 35 anni di carriera Patrizia Pellegrino è un personaggio ancora molto amato dal pubblico, avendo spaziato nelle discipline (“quasi fosse un limite oggi nel mondo dello spettacolo, dove vogliono persone più settoriali”). Tv, teatro, cinema e musica: nelle stagioni ha affiancato grandi del calibro di Luca De Filippo, Corrado (“è stato il mio maestro”) e Garinei (“un padre”), crescendo e mettendosi puntualmente in discussione. Oggi le piacerebbe alternare “il piccolo schermo al palco”, evitando di “fare l'ospite”, ciò che le è accaduto dopo la partecipazione alla seconda edizione de “L'isola dei famosi” su Raidue (“facemmo il 40% di share e mi aspettavo molto: non le nascondo la mia delusione”). Nei prossimi mesi affiancherà Gianfranco D'Angelo in “Alcazar”, una commedia di Gianni Clementi, nella quale ci sarà da “divertirsi e riflettere”. Un appuntamento da non perdere. Domanda – Patrizia, quasi 35 anni di carriera fra tv, teatro e cinema: come definirebbe il suo percorso finora? Risposta – Un percorso ad ostacoli, nel quale ho sempre cercato di rialzarmi. Nonostante tutto, sono ancora oggi un personaggio molto amato dal pubblico, in quanto ho una personalità eclettica nel mondo dello spettacolo. Ballo, canto e recito: in Italia sembra essere diventato un limite tutto questo, perché non vogliono artisti completi, ma quasi settoriali. Un peccato, perché io ho sempre creduto nella versatilità. D . – Avendo, dunque, spaziato nelle discipline, oggi cosa le piacerebbe fare? R . – Sono due i miei sogni nel cassetto: recitare in una fiction, magari vestendo i panni della cattiva e condurre un programma tutto mio. Mi piacerebbe proprio alternare la mia sfera d'attrice con quella vissuta sul piccolo schermo, anche

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facendo teatro. D . – E il canto? R . – Quello è un gioco per me. All'inizio della mia carriera me lo chiesero ed ebbi anche successo: a me piace divertirmi e in estate ho fatto anche una versione nuova di una mia vecchia hit. Una bella esperienza. D . – Le piacerebbe partecipare ad un programma come “Tale e quale show” su Raiuno? R . – Ho fatto il provino per questa edizione, ma sul versante femminile cercavano delle donne con una voce più potente della mia. Io ho un timbro molto particolare, caldo e sarebbe stato bello esserci. Ma, chissà, ci proverò un'altra volta. D . – Le piace Carlo Conti? R . – Trovo che Carlo Conti e Paolo Bonolis siano i nostri numeri uno della tv, al maschile. Sul versante femminile apprezzo Barbara d'Urso, la Palombelli, Cristina Parodi e Caterina Balivo. Sono donne di classe e brave allo stesso tempo. D . – Com'è cambiata la tv nel tempo? R . – Io ho debuttato con i grandi del calibro di Corrado, Proietti e Montesano. La tv oggi è cambiata molto. Ho fatto “L'isola dei famosi” perché ormai il reality è il genere che va per la maggiore, come il “talent”. Pensi che la Carlucci non mi ha voluta a “Ballando con le stelle”, perché non prende quelli che

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vengono dal reality. Nella mia edizione, vinta da Sergio Muniz, facemmo il 40% di share: l'esperienza in sé mi ha dato tanta popolarità, ma non mi ha portato poi, come pensavo, dei programmi da condurre. Ho fatto tante, tantissime ospitate, ma non è fare l'ospite il mio obiettivo. Non le nascondo che c'ho sofferto molto. Per fortuna il teatro mi ha dato e mi sta dando tanto: ne sono contenta. D . – Quale sarà, dunque, il suo prossimo spettacolo in tournée? R . – Sarò in scena con un testo di Gianni Clementi, assieme a Gianfranco D'Angelo, dal titolo “Alcazar”: si tratta di una commedia non scritta per noi, ma di grande successo in passato. Inizieremo a dicembre, poi a gennaio saremo un mese a Roma e proseguiremo per il resto dell'Italia. D . – A proposito di teatro: Luca De Filippo, all'inizio della sua carriera, la scelse per “Petrosinella”. Che ricordi ha? R . – Sono passati, a dire il vero, troppi anni. Ero molto giovane. Ho il ricordo di quest'uomo molto affascinante, di grande carisma: il fatto di aver debuttato con un De Filippo era davvero un sogno. Così come è rimasto nel cassetto il sogno di lavorare in teatro oggi con Luca De Filippo, a distanza di tanti anni. Chissà che non si realizzi, prima o poi. D . – E di Corrado che ricordi ha? R . – Corrado mi ha insegnato tutto. Ero una ragazzina, un po'


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discola, quando iniziai a fare tv. Un po' snob. Ricordo che un giorno entrai al “Delle Vittorie” e feci le prove di un programma, pronta per la sigla “Beng”: non salutai alcuno. Lui mi chiamò in disparte e mi fece una “cazziatona”, in quanto non avevo salutato alcuno. Mi riprese e in quel momento imparai tante cose: il rispetto del lavoro altrui, la professionalità. Corrado mi ha fatto crescere tanto, anche facendomi imparare dai miei errori. Lo ricordo con grande sentimento. D . – Parla davvero con affetto di Corrado. R . – A lui devo la mia carriera. Ricordo che, in occasione di un mio compleanno, mi diede un prezioso che, purtroppo, poi mi è stato rubato. Altro maestro della mia carriera è stato Garinei, con cui ho lavorato due volte: mi ha fatto da padre. Eravamo al “Sistina” ed io conducevo in tv un programma su Raidue tipo “La vita in diretta”. Posso dire di essere entrata dalla porta principale nel mondo dello spettacolo. D . – È bello, Patrizia, recepire i suoi ricordi e sentirla parlare in questo modo: da questa chiacchierata stanno emergendo tanti particolari inediti della sua carriera. Torniamo, tuttavia, ai giorni nostri, inflazionati dai “talent” in tv: dal suo punto di vista, cosa vuol dire avere realmente “talento”? R . – Avere “talento” significa avere una grandissima e armoniosa voce, approfondire la recitazione ed esprimersi in moltissime discipline, ballo incluso. A mio avviso, vuol dire manifestare emozioni col ballo, canto e recitazione. Oggi si fanno tanti “talent”, ma noi speriamo sempre che tornino i varietà, nonostante la crisi, in concomitanza ai bei programmi d'intrattenimento. Purtroppo questa maledetta crisi economica nel nostro Paese ha coinvolto anche l'arte. E dovrebbe esserci un'inversione di rotta, quanto prima. D . – Se dovesse, metaforicamente, specchiarsi che immagine verrebbe fuori oggi di Patrizia Pellegrino? R . – Quello che mi scrivono su Facebook e nei vari network è che sono una donna estremamente solare e tanto bella. Io mi sento interiormente bella: mi sento una ragazzina, giovane e bella dentro, nonostante il passare del tempo. La vita non è stata generosa con me, mettendomi a dura prova con la perdita di un figlio e due matrimoni falliti, ma sento di essere viva, grande e piena di progetti per il futuro. Sempre. D . – Infine, Longanesi sosteneva che un'intervista fosse “un articolo rubato”: cosa le è stato sottratto durante la nostra chiacchierata? R . – In questa intervista mi sento illuminata: trovo che la sua chiacchierata sia stata una delle più intelligenti della mia carriera. Per questo mi ha dato tanto e la ringrazio. Si percepisce che lei ama il suo lavoro e lo fa bene. Gianluca Doronzo

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Andrea Delogu

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LA RIVELAZIONE DELLA STAGIONE TV 2015

Andrea Delogu, in ascesa nella stagione tv 2015, è alla conduzione de «Il processo del lunedì» su Raitre con Enrico Varriale e «Troppo Giusti» su Raidue (ogni venerdì, ore 23.50), coniugando la sua passione per il piccolo schermo col cinema (non dimenticando i suoi impegni radiofonici ne «I sociopatici»)

«Sono una persona molto curiosa e vorrei costruire il mio percorso, mattoncino su mattoncino, senza commettere alcun errore»

Versatile, curiosa e fresca. Andrea Delogu, con la vivacità del suo temperamento, sta portando una ventata di novità sul piccolo schermo, fino a diventare autentico sinonimo di gradimento nei palinsesti. Da “Il processo del lunedì” con Enrico Varriale su Raitre a “Troppo Giusti” su Raidue (ogni venerdì, ore 23.50, quasi 1milione di spettatori in media), mostra padronanza della scena e simpatia, non dimenticando i suoi impegni radiofonici ne “I sociopatici”. Una promessa in costante ascesa, desiderosa di costruire la sua carriera (iniziata nell'ambito musicale) “mattoncino su mattoncino”, senza commettere errori. Domanda – Andrea, come sta vivendo la sua co-conduzione nella nuova annata de “Il processo del lunedì”, accanto ad Enrico Varriale? Risposta – Credevo peggio, sinceramente. Nel senso che pensavo, essendo la mia prima volta in un contesto sportivo, di abituarmi molto più lentamente. È un pensiero sacrosanto quando all'inizio sei “a digiuno” di qualcosa, no? Invece devo dire che sta andando molto meglio del previsto. Accanto a me poi ho un professionista come Enrico, preparatissimo e pronto ad aiutarmi. Sto imparando, pian piano, in modo da poter dire, di puntata in puntata, sempre più cose con cognizione di causa, al di là del mio essere “l'esperta del web”. Direi che il nostro è proprio un bel gruppo ed io mi ci sento sempre più nella parte, umilmente sensata e motivata assieme a così tanti esperti.

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D . – Si sarebbe mai aspettata un contesto televisivo di stampo sportivo nel suo percorso? R . – Mai nella vita. L'unico sport che ho praticato è stato il karate, quando avevo 11 anni. Alla fine, però, le dico che mi ci trovo bene e sono contenta di aver intrapreso un'avventura come “Il processo del lunedì”. Questa è la mia vera sfida di quest'anno, in quanto “Troppo Giusti” è un programma nel quale mi trovo pienamente a mio agio e “I sociopatici”, che conduco su Rai Radio2, mi piace da morire. D . – A proposito di “Troppo Giusti”: il 18 settembre è iniziata la nuova edizione, andando in onda ogni venerdì alle 23.50, con ottimi ascolti su Raidue. R . – In un programma del genere provo una felicità immensa. L'ho visto nascere, in fase embrionale, quando abbiamo fatto le prime riunioni. È andato bene lo scorso anno e il direttore di rete ci ha proposto di ripeterlo, affidandoci ben 31 puntate. Una bellissima impresa, della quale vado fiera. D . – A livello di conduzione, cosa le piacerebbe fare a questo punto? R . – Ammetto che già “Troppo Giusti” è cucito su misura per me e lo amo da morire. Due sono le mie passioni: la tv e il cinema. In un contesto del genere le coniugo entrambe: non potrei chiedere di più. D . – E la musica cosa rappresenta per lei? R . – Il mio percorso è nato con la musica, a circa 20 anni. Ho

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avuto la fortuna di fare tutta la gavetta, conducendo un programma nel quale avevo a che fare con i cantanti, cosa che lei sa benissimo non è per niente facile, in quanto ognuno ha il proprio mondo. Ora, al di là dell'aspetto più televisivo, già da piccola io ho amato la musica e il rock, essendo una grande fan di Bruce Springsteen, di cui di recente è stato proprio il compleanno. Non solo, ma mi piacciono anche i Negramaro che, già all'indomani dell'eliminazione dal “Festival di Sanremo” 2005, cercai in tutti i modi di avere nella trasmissione che conducevo in quel momento, in quanto ero convinta che quella contaminazione sonora sarebbe piaciuta nel tempo. E così è stato: oggi sono dei numeri uno. Sono contenta di aver avuto l'occhio lungo, in un momento in cui nessuno li avrebbe voluti come ospiti, in quanto eliminati dal “Festival”. D . – E della radio con i suoi “Sociopatici” che dire? R . – Fare radio è bellissimo, perché francamente vuol dire che posso andare in studio anche struccata, a differenza della tv dove devi essere impeccabile. Se sbagli in radio non importa: è una scuola straordinaria e spero di poterla coltivare, come tutte le mie passioni, in maniera molto sana. D . – Nel 2014 ha scritto il libro “La collina”, raccontando i suoi primi anni di vita a San Patrignano: potrebbe esserci un nuovo lavoro letterario? R . – (E il tono diventa più serio, quasi intimo, dopo una prima


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fase di chiacchierata molto sorridente, ndr) Quella della scrittura, nel mio caso, è stata una vera necessità. Una necessità, condivisa col bravissimo Andrea Cedrola, riuscendo a far conoscere la mia storia, con la mia famiglia. Come dirle: si è trattato di un'avventura che doveva andare così, giusta nella mia vita in quella maniera, quasi come il farsi una famiglia. D . – Come vorrebbe, dunque, potesse proseguire il suo percorso? R . – Nella maniera in cui sta andando. Spero di non combinare nessuna cazzata. Sono molto fortunata e ritengo quello che mi sta accadendo un vero regalo del destino. Ne sono entusiasta e vorrei tutto proseguisse in questa direzione. Nella direzione giusta. Anzi, parafrasando un programma che conduco, “troppo giusta” (e ride, ndr). D . – Allo specchio, metaforicamente, in che modo si riflette

Andrea Delogu oggi? R . – In crescita. Spero di non smettere mai d'imparare. Voglio andare avanti, costruendo un mattoncino alla volta, passo dopo passo. Con curiosità. D . – Infine, Longanesi sosteneva che un'intervista fosse “un articolo rubato”: cosa le è stato sottratto durante la nostra chiacchierata? R . – Smentire Longanesi è impossibile (e scoppia un'altra risata, ndr) e non sarò di certo io a farlo. Mi sembra che durante la sua chiacchierata sia stato molto condiviso, per cui a lei la grande responsabilità di riportare fedelmente le mie parole e i miei stati d'animo, rispecchiandoli in toto. Non vorrei essere nei suoi panni (e la chiacchierata si conclude con una sonora risata per entrambi, ndr). Gianluca Doronzo

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Paolo Conticini

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IL SUCCESSO DI UN ATTORE A TUTTO TONDO

Il suo «Gaetano Berardi» ha conquistato oltre 5milioni di spettatori in media il giovedì (Raiuno, ore 21.10, col 24% di share), nella sesta stagione di «Provaci ancora prof!», accanto a Veronica Pivetti ed Enzo Decaro: Paolo Conticini e le ragioni del gradimento di una serie «capace di far immedesimare il pubblico, trattando con la commedia temi attuali»

«Tv, teatro e cinema: le mie molteplici anime sorridenti, grazie alle quali mi metto in discussione come attore»

Tv, teatro e cinema: le molteplici anime di Paolo Conticini. Protagonista di un periodo di “grande fermento”, è in queste settimane fra gli interpreti della sesta stagione di “Provaci ancora prof!” (Raiuno, ogni giovedì, ore 21.20, oltre 5milioni di spettatori in media col 24% di share), accanto ad Enzo Decaro e Veronica Pivetti, dimostrando estrema verve col suo “Gaetano Berardi”. Convinto che il successo della serie sia dettato dall' “alchimia del cast e immedesimazione del pubblico in quello che vede, anche trattando tematiche di scottante attualità”, il 20 ottobre debutterà in tournée con Serena Autieri nel musical “Vacanze romane”, mentre nei prossimi mesi uscirà nelle sale il nuovo film di Massimo Boldi, assieme ad altre pellicole “made in Italy”. Se dovesse, però, capitare una conduzione televisiva non la rifiuterebbe, consapevole di essere oggi un “ragazzo” di 46 anni fortunato, circondato dall'affetto dei suoi cari, in una sorta di quadratura del cerchio (“non potrei chiedere di più”). Domanda – Signor Conticini, da qualche settimana è iniziata la sesta serie di “Provaci ancora prof!” (Raiuno, ogni giovedì, ore 21.20, oltre 5milioni di spettatori in media col 24% di share), accanto a Veronica Pivetti ed Enzo Decaro, fra gli altri. Quali novità aspettarci dal suo “Gaetano Berardi”? Risposta – Io ritengo che nella fiction ci sia stato un cambiamento radicale nella impostazione delle vicende: a lungo andare, rimanendo identici a se stessi, si correva il rischio di essere poco credibili. Così, in questa stagione, il pubblico assisterà ad una vera e propria “rivoluzione” degli

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eventi e, finalmente, “Gaetano” e “Camilla” (Veronica Pivetti, ndr) combineranno qualcosa (e ride al telefono, ndr). D . – Fatto sta che il pubblico sta dimostrando, di settimana in settimana, un affetto incondizionato, superando i 5milioni d'audience in media: quale, dal suo punto di vista, il segreto del successo? R . – Onestamente non saprei. Nel senso che non dovrei essere io a dirlo, bensì il pubblico. A mio avviso, tuttavia, quando c'è una serie di così tanto successo, il segreto è nascosto nell'alchimia fra i personaggi e le storie raccontate. In fondo in fondo, in quello che andiamo ad interpretare la gente si può riconoscere e rivedere, quasi in una sorta di effetto “immedesimazione”. Poi c'è da aggiungere che affrontiamo con molta leggerezza argomenti anche scottanti, d'attualità: ciò ci rende verosimili e vicini alla quotidianità. E, non ultimo, sebbene ci sia un'indagine su un omicidio in ogni episodio, siamo nell'ambito della commedia, da sempre amata da casa. Credo ci sia una giusta atmosfera fra gli attori sul set: ad esempio, anche se non ci frequentiamo molto al di fuori (ad eccezione di Pino Ammendola), quando ci ritroviamo per magia ci intendiamo e tutto va a gonfie vele. Io e Veronica Pivetti abbiamo un feeling molto particolare: è bellissimo recitare con una persona, con la quale si ha una grande complicità. Una fortuna. D . – In generale, alla luce della sua esperienza nella fiction

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italiana, che fase stiamo attraversando? R . – A dire il vero, pur sembrando paradossale, non seguo molto la tv e di fiction ne vedo veramente poche. Io credo che, alla fine della fiera, la serialità rispecchi un po' l'andamento del Paese, nei suoi chiaroscuri e nelle dinamiche di fondo. D . – Da qualche settimana ha avuto inizio la nuova edizione di “Tale e quale show” su Raiuno, con ottimi ascolti: lei ha partecipato alla seconda stagione. Che ricordo ha? R . – “Tale e quale show” non volevo farlo: poi mi hanno, pian piano, convinto e si è rivelata una delle esperienze più elettrizzanti della mia vita. Una vera e propria prova d'attore a tutto tondo, fra le più belle che potessi auspicarmi. Trovo che il programma sia un varietà autentico, nel quale mettersi alla prova, spaziando nelle discipline dello spettacolo. Una fortuna per chi c'è. D . – A proposito di prova d'attore, presto ce ne sarà una proprio a teatro: sarà accanto a Serena Autieri in “Vacanze romane”, in tournée in tutt'Italia. R . – A teatro mi erano stati offerti degli spettacoli negli ultimi tempi, ma non mi facevano impazzire. Quando si è paventata la possibilità di animare “Vacanze romane”, non ho potuto fare a meno di accettare. Debutteremo il 20 ottobre con Serena Autieri e Fabrizio Giannini. In questi giorni stiamo facendo le prove, mettendo a punto gli ultimi dettagli. Sarà una grande emozione, da condividere col pubblico.


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D . – Nel suo percorso c'è stata anche la conduzione, se pensiamo a diverse stagioni de “Lo zecchino d'oro” e “Superbrain” con Paola Perego/Antonella Elia su Raiuno: le piacerebbe misurarsi in un nuovo programma? R . – Sì, decisamente sì. È una cosa che mi piace fare molto. Aggiungerei anche la conduzione dei “David”, fatta qualche tempo fa. Se ci fosse un programma giusto, vorrei proprio tornare a fare tv. D . – E il cinema? R . – Ci sono due film in uscita: “Di tutti i colori” e “Attese e cambiamenti”. Poi sono sul set del nuovo film di Massimo Boldi, prossimamente nelle sale. Per cui: non potrei chiedere di meglio in questo periodo. D . – Bene, bene. Alla luce di quanto animato nel suo percorso finora, cosa vorrebbe potesse accadere in futuro? R . – Vorrei, onestamente, potesse andare così come è andata finora. Magari proseguisse tutto in questa direzione: ne sarei fortunato! D . – Di recente è stato fra gli ospiti del programma di Raidue “Stasera tutto è possibile”, per la conduzione di Amadeus, con quasi 2milioni di spettatori: si è trattato solo di una puntata o tornerà? R . – No, è stata solo una puntata. Tra l'altro, ho accettato perché i produttori sono gli stessi di “Provaci ancora prof!”. Un'esperienza divertente, condivisa con molti colleghi simpatici. D . – Se, metaforicamente, dovesse specchiarsi, quale immagine verrebbe fuori oggi di Paolo Conticini? R . – Di un “ragazzo” di 46 anni, che è stato fortunato e si è divertito tanto finora, spaziando in molte avventure. Ho accanto persone che amo profondamente, i miei genitori e tutto va a gonfie vele. Mi sento proprio bene. D . – Infine, Longanesi sosteneva che un'intervista fosse “un articolo rubato”: cosa le è stato sottratto durante questa chiacchierata? R . – Di solito nelle interviste uno deve tenere conto anche dell'immagine. Io, in tutti questi anni, ho dato importanza ai contenuti e non a quello che “si deve”, per cui nelle chiacchierate con la stampa ho sempre detto la verità e, in tutta onestà, non me ne sono mai pentito. Per cui, va bene così. Lei non mi ha sottratto niente e la ringrazio. Ormai sa tutto di me (e ride, ndr). Gianluca Doronzo

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Elisabetta Pellini

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LA CONFERMA DI UN TALENTO FRA TV E CINEMA

Veste i panni di «Anna Ronco» nella sesta serie di «Provaci ancora prof!» su Raiuno (ogni giovedì, ore 21.20, oltre 5milioni di spettatori in media col 24% di share), accanto a Veronica Pivetti, Paolo Conticini ed Enzo Decaro: dopo tanti ruoli corali, oggi l'affascinante Elisabetta Pellini attende «un copione da protagonista», soddisfatta dei numerosi impegni cinematografici, che la vedranno spaziare nei generi nei prossimi mesi

«Allo specchio? Mi sento come una farfalla che vola su note di musica classica, con tanta voglia di crescere e sperimentare»

Si sente sempre “all'inizio del percorso artistico”, con la convinzione che un attore debba essere “una spugna, non smettendo mai di imparare”. Elisabetta Pellini sta crescendo e, metaforicamente allo specchio, si immagina a mo' di una “farfalla che vola su note di musica classica”, pronta per un ruolo “da protagonista, dopo tanti lavori corali”. Una lunga gavetta all'attivo e un ventennio trascorso nel mondo dello spettacolo, animando svariati ruoli in fiction di punta del “made in Italy”, trasversalmente fra tv di Stato e Mediaset. Attualmente sta vestendo i panni di “Anna Ronco” in “Provaci ancora prof! 6” (Raiuno, ogni giovedì, ore 21.20, oltre 5milioni di spettatori in media col 24% di share), accanto a Veronica Pivetti, Enzo Decaro e Paolo Conticini, animando un intreccio “sempre più intrigante, di episodio in episodio”. E, fra un impegno cinematografico e l'altro (“sto vivendo un bel momento”), non smette mai di sognare, quasi fosse “Alice che insegue Bianconiglio nel Paese delle meraviglie”. Eccovi, signori, il suo universo. Domanda – Elisabetta, quali emozioni sta vivendo per la sesta stagione di “Provaci ancora prof!” (Raiuno, ogni giovedì, ore 21.20, oltre 5milioni di spettatori in media col 24% di share), accanto a Veronica Pivetti, Enzo Decaro e Paolo Conticini? Risposta – Ho aspettato tutto il periodo che ha preceduto la messa in onda della prima puntata con grande emozione: non vedevo l'ora che il pubblico apprezzasse la sesta serie di “Provaci ancora prof!”, a mio avviso molto ben fatta, da un punto di vista registico e narrativo. Io interpreto “Anna Ronco”, un'insegnante d'inglese, che abbiamo lasciato nella

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quinta stagione con l'auspicio della realizzazione del sogno di un figlio. Vive un bellissimo rapporto d'amicizia con “Camilla” (Veronica Pivetti, ndr), una vera e propria confidente per lei. E, in queste settimane, assisterete a tante novità, fra le quali un'attrazione nei confronti di un collega. Ci sarà da divertirsi. D . – Dal suo punto di vista, qual è il segreto del successo della serie? R . – Secondo me sono tanti. Innanzitutto c'è Veronica Pivetti, un'attrice che piace molto al pubblico, ma soprattutto una persona stupenda: è una grande professionista. Poi c'è la scrittura: ogni episodio ha un bell'incastro narrativo. Non dimentichiamo che siamo nell'ambito della commedia e i tempi, in concomitanza ai ritmi, sono proprio quelli giusti per il genere. Abbiamo una regia molto valida e, nel complesso, credo che ci siano tutti gli ingredienti per creare una giusta occasione di evasione per gli spettatori: la gente vuole sorridere e “Provaci ancora prof!” è ad hoc. D . – In generale, che fase sta attraversando la fiction italiana? R . – Direi che sta attraversando un'ottima fase: se ne fanno sempre di più e l'offerta si è decisamente moltiplicata, grazie ai numerosi canali. Anche Sky è diventata competitiva in tal senso: ritengo, in generale, ci sia una giusta dose di serie e intrattenimento nei palinsesti, in una sorta di equilibrio ideale per il pubblico. D . – Alla luce del percorso maturato finora, Elisabetta a che

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punto sente di essere? R . – Io, onestamente, ritengo di essere sempre all'inizio: non mi piacciono le persone che si sentono arrivate. La vita è un crescendo ed ogni tappa va conquistata e sudata pienamente, con grandi impegni e sacrifici. Un attore deve essere un po' una spugna e, soprattutto, non si deve mai fermare. D . – Se dovesse, metaforicamente, definire il momento nel quale si trova, cosa sentirebbe di rispondere immediatamente? R . – Guardi: proprio mentre lei parlava, mi è venuta in mente l'immagine di una farfalla, che vola su note di musica classica. Sono partita dall'essere un piccolo bruco, ho imparato a volare, sperimentando, e onestamente mi sento pronta per tanti progetti. Finora ho fatto partecipazioni molto corali nella fiction italiana, interpretando ruoli distanti da me, che spesso non mi appartenevano e non riguardavano il mio modo di essere. Oggi mi sento pronta per una bella parte da protagonista, spiccando il volo. D . – In quale genere, allora, le piacerebbe cimentarsi? R . – Posso, per mia fortuna, dire di aver fatto un po' di tutto: il thriller, la commedia, il drammatico e il mélo. Paradossalmente sono più difficili i personaggi piccoli di quelli importanti, in quanto vanno studiati, modellati e resi molto credibili. Spero che arrivi la proposta giusta per mettermi alla prova in qualcosa ancora non animato da me, consentendomi


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di dare il meglio, facendomi spaziare nei registri. D . – E il cinema? R . – Devo ammettere che si stanno muovendo un bel po' di cose in questo periodo: sto girando un film, in uscita il prossimo anno, incentrato sul bullismo in Internet. Poi sarò alle prese con “La mia famiglia a soqquadro” con Marco Bocci e Bianca Nappi. E ancora: “In attesa di cambiamenti” e “Una piccola sorpresa” di Stefano Chiodini, non dimenticando che ho prodotto, scritto e interpretato un corto, di cui molto presto si parlerà. C'è davvero tanto fermento. Speriamo bene. D . – Vedrà che tutto andrà per il verso giusto. Elisabetta, se dovessimo fare un bilancio del suo percorso finora, potremmo parlare di circa un ventennio nel mondo dello spettacolo, dai tempi dell'elezione di “Miss Buona Domenica” su Canale 5. Nelle stagioni ha maturato tante esperienze, facendo una sana gavetta: oggi, forse in maniera un po' inflazionata, si declina il termine “talento” in tutte le salse, dal mediatico al virale. Dal suo punto di vista, cosa significa averne realmente? R . – Il “talento” si dimostra ed è qualcosa che il pubblico recepisce in maniera naturale, non costruita. Un po' come il carisma: o lo si ha, o niente. Io credo che talentuosa sia qualcosa che possa darti un'emozione, da vivere in maniera autentica e fondamentale. Ci sono “talent” pieni di “talento” e che ben vengano. Ma non sempre è così. Fatto sta che se hai “il sacro fuoco”, quello resta ed emerge, prima o poi. Anche se, a volte, ci sono alchimie superiori, come l'incontro giusto, al momento giusto e una buona dose di fortuna. In Italia ci sono tantissimi giovani con grandi potenzialità, ma privi di occasioni. Un peccato, perché potrebbero dare veramente tanto al pubblico. D . – Come vorrebbe potesse proseguire il suo percorso? R . – Sperando di non incontrare molte tempeste, trovando serenità e progettualità. Alla resa dei conti, ho imparato che bisogna accettare le cose così come vengono, senza fasciarsi la testa. Tutto va come deve. Io spero sempre nel meglio. D . – Se si dovesse specchiare, oggi che immagine verrebbe fuori di Elisabetta Pellini? R . – Guardi, io sono sempre un po' “Alice nel paese delle meraviglie”, che insegue “Bianconiglio”. Non perdo mai le speranze e inseguo puntualmente i miei sogni, dando il massimo. D . – Infine, Longanesi sosteneva che un'intervista fosse “un articolo rubato”: cosa le è stato sottratto durante la nostra chiacchierata? R . – Bisogna vedere in che modo si fa un'intervista: la realtà è oggettiva e, a volte, basta solo spostare una virgola, per cambiare il senso delle intenzioni dell'interlocutore. Spesso ci sono titoli nei quali non ti riconosci, perché magari è stato travisato il concetto che hai espresso. E non è per niente una bella cosa. Lei non mi ha sottratto nulla: adesso vedremo, quando pubblicherà il pezzo, se avrà mantenuto fede alle mie parole (e ride, ndr). D . – Elisabetta, non si preoccupi. Poi mi dirà. R . – La ringrazio: sono fiduciosa (e una risata conclude il piacevole incontro, ndr). Gianluca Doronzo

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Enzo Decaro

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IL SIGNORE DELLA RECITAZIONE

Enzo Decaro e le molteplici sfumature del suo personaggio nella sesta serie di «Provaci ancora prof!» (Raiuno, ogni giovedì, ore 21.20, oltre 5milioni di spettatori in media col 24% di share), accanto a Veronica Pivetti e Paolo Conticini, a ritroso nelle tappe fondamentali della sua carriera, non omettendo il ricordo di Troisi («antesignano della contemporaneità»)

«Il pubblico ci premia in quanto si fida del nostro lavoro: non dobbiamo mai deludere le aspettative, rimanendo impressi nel cuore, fra tradizione e innovazione»

“Mai tradire le aspettative del pubblico: bisogna puntualmente proseguire verso la qualità, in un connubio di tradizione e innovazione”. Enzo Decaro ha un grande rispetto nei confronti dei telespettatori, motivando il gradimento esponenziale di una serie longeva come “Provaci ancora prof! 6” (Raiuno, ogni giovedì, ore 21.20, oltre 5milioni d'audience in media col 24% di share), accanto a Veronica Pivetti e Paolo Conticini. Una “spiccata affinità sul set”, vera chiave di volta per “costruire fiction credibili e d'impatto”. E, fra un bisogno di “puntare sui progetti” e il ricordo di Massimo Troisi (“un puro antesignano dei tempi odierni”), a conclusione della chiacchierata, metaforicamente, s'immagina come “in uno specchio di superficie, di lago, sempre in movimento”, in concomitanza alla condizione dell'attore, di volta in volta “motivato a crescere ed imparare”. Domanda – Signor Decaro, è iniziata la sesta stagione di “Provaci ancora prof!” (Raiuno, ogni giovedì, ore 21.20, oltre 5milioni di spettatori in media col 24% di share), accanto a Veronica Pivetti e Paolo Conticini. Un appuntamento a lungo atteso, dal quale aspettarci numerose sorprese nelle prossime settimane: vero? Risposta – Come ha ben detto lei, il nostro è un appuntamento a lungo atteso dal pubblico e non vogliamo certamente deludere le aspettative. Prima di iniziare una nuova serie, ovviamente attendiamo i risultati di quella precedente e devo dire che finora gli spettatori ci hanno puntualmente premiato: abbiamo fatto cinque edizioni della “Prof” in dieci anni. Un vero e proprio record. Ammetto che per un'alchimia di elementi giusti, la sesta stagione è, a mio avviso, talmente fatta bene da sembrare la prima: la trovo fresca, attuale ed estremamente dinamica, con continui colpi di scena. Non dimentichiamo, infine, che l'accoppiata registica ha un taglio cinematografico: dal mio punto di vista tutto ciò è un valore aggiunto.

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IL SIGNORE DELLA RECITAZIONE

D . – Quale, secondo lei, il segreto del successo di una serie così longeva? R . – Un successo è sempre una combinazione di elementi: io e Veronica, prima che interpreti, ci consideriamo ancora oggi “pubblico della serie”. Di conseguenza non facciamo e non diciamo quello che non vorremmo sentirci dire o fare. Gli spettatori negli anni si sono fidati di noi, affrontando le tematiche più svariate: di certo non abbiamo alcuna intenzione di rifilare una fregatura proprio ora. Facciamo il nostro lavoro con grande intesa e passione, migliorandoci continuamente e cambiando, di stagione in stagione. Diciamo che il segreto, per così dire, del nostro successo è in un sano connubio fra tradizione e innovazione. D . – Che periodo sta attraversando la fiction italiana, in generale? R . – A mio avviso, per funzionare una serie non deve tradire, come le dicevo prima, le aspettative del pubblico. Se si

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promette qualcosa, bisogna avere coerenza nel dare, avendo un occhio puntualmente vigile sulla capacità di cambiare e sperimentare. Noi, nel nostro piccolo, cerchiamo di fare del nostro meglio. Da una parte ci si dovrebbe far portare dal pubblico verso il meglio, dall'altra bisognerebbe metterci del proprio, all'insegna della novità. Se la fiction italiana vuole continuare a dare emozioni, deve agire sul versante della qualità, non tradendo mai chi la segue. Altrimenti è la fine. D . – Se le dico Veronica Pivetti e Paolo Conticini, cosa mi risponde? R . – Questi due nomi mi dicono qualcosa (e ride, ndr). Con Veronica abbiamo messo a punto un matrimonio decennale sul set: quando c'è affetto e affinità fra colleghi, il pubblico non può che giovarne. Noi giochiamo e non perdiamo mai quella sana voglia di sorprenderci, senza essere mai prevedibili. Paolo Conticini è un bravo attore, oltre che essere una bella persona e sono anch'io fra i firmatari del suo blog, in merito


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alle vicende che riguardano la nostra fiction. D . – Cosa le piacerebbe potesse essere recepito dal pubblico, alla conclusione di questa sesta edizione della serie? R . – Che come gli eventi della vita, anche le fiction sanno ascoltare le dinamiche dei cambiamenti all'interno degli ambiti familiari, della coppia. Credo sia impossibile non identificarsi in quello che interpretiamo. Sempre nell'ambito della leggerezza, senza pedanteria. La nostra è una società cambiata e i fallimenti matrimoniali sono all'ordine del giorno, così come le metamorfosi nei rapporti genitori-figli. Dal mio punto di vista è giustissimo parlare di tutto questo in una serie televisiva, aggiornandosi e non rimanendo relegati solo nel microcosmo o nel solito cliché della tv. La contemporaneità di quello che accade è fondamentale per la comprensione del futuro. D . – In che modo, signor Decaro, vorrebbe potesse proseguire il suo percorso? R . – Devo dire che mi piacciono sempre i progetti: a me piace seguire, passo dopo passo, la crescita di un'avventura che mi vede protagonista. E non parlo solo della tv, ma anche del cinema o del teatro. L'importante è poter avere voce in capitolo e non perdere di vista la sperimentazione. D . – Esattamente come voleva il suo amico Massimo Troisi, con cui ha debuttato tanti anni fa. R . – Massimo era un antesignano dei tempi moderni: nella sua lungimiranza, aveva presagito quello che sarebbe accaduto. Lui puntava sempre sulla qualità del progetto, avversando qualsiasi dubbio o incertezza. D . – Siamo, purtroppo, arrivati quasi alla conclusione della nostra piacevole chiacchierata: se, metaforicamente, si dovesse specchiare, quale immagine verrebbe fuori oggi di Enzo Decaro? R . – Non mi vedrei in uno specchio fisso, bensì in uno di superficie, di acqua, di lago o fondo marino. Una metafora del genere testimonia come non si sia mai calmi, ma mossi, sempre in movimento. Il nostro lavoro, il mestiere dell'attore, ci impone di continuare ad andare avanti, non fermandoci mai, alla scoperta inesorabile di nuove mete da perseguire. Gianluca Doronzo

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Savino Zaba

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DALLA RADIO A «TALE E QUALE SHOW» - IL VOLTO DELL'INTRATTENIMENTO

È una delle rivelazioni di «Tale e quale show» di Carlo Conti (Raiuno, ogni venerdì, ore 21.20, quasi 5milioni di spettatori in media col 25% di share): dalla radio al piccolo schermo, la verve e la simpatia di Savino Zaba, il conduttore del futuro, prossimamente in tournée con lo spettacolo «Canto...anche se sono stonato», ricordando la musica e la storia del nostro Paese, dagli Anni '20 ai '60

«Mi piacerebbe misurarmi in tv sulle corde dell'intrattenimento, nel senso più puro e autentico del termine»

“Il mio conduttore preferito deve saper presentare, intervistare, fare da spalla ad un comico, suonare, cantare e, se possibile, ballare”. Ha le idee chiare Savino Zaba, autentica rivelazione della nuova annata di “Tale e quale show” su Raiuno (ogni venerdì, ore 21.20, quasi 5milioni di spettatori in media col 25% di share), da sempre affascinato dalle “figure poliedriche nel mondo dello spettacolo”. Entusiasta del gradimento che sta ottenendo, fra un impegno radiofonico e la prossima ripresa della tournée di “Canto…anche se sono stonato”, oggi vorrebbe misurarsi “sulle corde dell'intrattenimento, quello più puro”, dopo aver animato trasmissioni musicali o talk alla “Unomattina- Storie vere”. I suoi principi? “Osservare, incuriosirsi, studiare e lavorare”: prerogative di un grande professionista, che si sente “un eterno studente universitario, con esami da affrontare quotidianamente”. Domanda – Savino, alla luce del suo percorso cosa rappresenta la partecipazione a “Tale e quale show”? Risposta – Il passaggio ideale per chi ama la musica: cantare, imitare e…divertirsi. “Tale e quale” è un programma che guardavo da spettatore e mi piaceva tantissimo: è il format più seguito della tv italiana, rappresenta una grande vetrina. D . – Da una simile esperienza, quale aspetto le piacerebbe potesse emergere della sua personalità? R . – Chi mi segue in radio, a “Radio 2”, sa che mi piace cantare, ironizzare e, talvolta, imitare personaggi. Stessa cosa per chi viene a vedermi a teatro. Ecco, mi piacerebbe che il grande pubblico scoprisse un conduttore 3.0, capace di

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muoversi in più ambiti. Almeno ci provo. D . – Qual è, dal suo punto di vista, il segreto del successo di “Tale e quale show”? R . – Si tratta di una trasmissione leggera, divertente, di un gran bel varietà. “Tale e quale” è una macchina collaudatissima, che Carlo Conti è riuscito con maestria a mettere in pista. E ora va da sola. La scelta dei protagonisti è fondamentale, così come il lavoro dei truccatori e parrucchieri. D . – Fare un sano intrattenimento televisivo è ancora possibile: vero? R . – Certo. E “Tale e quale” ne è la prova: un bel varietà, come quelli di una volta. D . – Se le dico Carlo Conti, cosa mi risponderebbe in maniera immediata? R . – Il conduttore. Un grande professionista. D . – All'indomani della partecipazione al programma, cosa le piacerebbe potesse accadere nel suo percorso televisivo? R . – Continuare a fare quello che faccio: la Radio, il Teatro e la

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Tv. Ecco, forse un programma tutto mio sul piccolo schermo. D . – Il binomio musica-tv è ancora applicabile, al di là di manifestazioni come “Sanremo”? R . – Assolutamente sì. Non è vero che la musica in tv non funziona: dipende da come la “servi” al pubblico a casa. D'altronde tutte le trasmissioni di successo hanno come filo conduttore la musica, da “X Factor” a “I migliori anni”, da “The Voice” a “Tale e quale show”. D . – Al suo attivo anche programmi come “Unomattina – Storie vere”: le piacerebbe continuare sulla strada del talk? R . – È stata una delle esperienze più belle e intense della mia vita, un daytime così importante per due anni, per di più sulla rete ammiraglia. Confesso, però, che oggi mi piacerebbe misurarmi sulle corde dell'intrattenimento, quello più puro. D . – Tv e radio hanno, rispettivamente, oltre 60 e 90 anni: due generi senza tempo, vero? R . – La radio sicuramente è un mezzo destinato a rimanere nel tempo, con tutta la sua magia. La tv sente molto la


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pressione della convergenza mediatica, ma se saprà rinnovarsi, e stare al passo dei nuovi media, resisterà ancora a lungo. D . – Il teatro-canzone le appartiene, avendo fatto diversi spettacoli di successo, portati in tournée nelle ultime stagioni: nel suo futuro “on stage” cosa c'è? R . – Dopo l'esperienza a “Tale e quale show” riprenderò la tournée dello spettacolo “Canto…anche se sono stonato”, in giro per l'Italia, raccontando la musica e la storia del nostro Paese, dagli Anni '20 ai '60. Si tratta di un viaggio mozzafiato fatto di musica, di parole e di immagini. D . – Se dovessimo scorgere la sua carriera, emergerebbero costanti come gavetta, impegno e sacrificio: cosa sentirebbe di suggerire ad un giovane che volesse seguire le sue orme? R . – Sono sempre stato attratto dalle figure poliedriche, capaci di muoversi trasversalmente in più ambiti, intendo artisticamente. Il mio conduttore preferito deve saper presentare, intervistare, fare da spalla ad un comico, suonare, cantare e, se possibile, ballare. Il consiglio? Osservare, incuriosirsi, studiare e lavorare. Tanto. Sempre, tutti i giorni. D . – Avere “talento” che vuol dire realmente? R . – Sentire dentro il fuoco sacro dell'arte e saperlo alimentare. D . – Metaforicamente, allo specchio, come si riflette oggi Savino Zaba? R . – Un “giovane” con tanta gavetta alle spalle, ma con tanta voglia di imparare. Un eterno studente universitario, con esami da affrontare quotidianamente. Con gioia. D . – Infine, Longanesi sosteneva che un'intervista fosse “un articolo rubato”: cosa le è stato sottratto durante la nostra chiacchierata? R . – In questo preciso istante mi è stata sottratta una lettura. Sto leggendo un libro che racconta la storia del cinema e della televisione, dalla loro nascita ad oggi. Ma riprendo subito. D . – Bene, grazie di cuore per la chiacchierata e “in bocca al lupo” per la sua avventura a “Tale e quale show”. R . – Viva il lupo! Voglio divertirmi, tanto. Gianluca Doronzo

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Dado

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IL CORAGGIO DELLA SATIRA IN UN MIX DI RIFLESSIONE E ATTUALITÀ

Ha appena ricevuto un prestigioso riconoscimento a Forte dei Marmi, in un momento in cui è stato minacciato di morte per la parodia di una canzone, sul funerale show di un esponente del clan Casamonica: Dado (vero nome Gabriele Pellegrini) e la convinzione che «la libertà non ha prezzo», nell'auspicio di poter portare in tv il suo format «Canta la notizia», incentrato su quello che non va nel quotidiano, da denunciare con coraggio

«La satira? Deve essere al servizio dell'ascoltatore, senza diventare un alibi per poter dire qualsiasi cosa»

Dal suo punto di vista “la libertà non ha prezzo”. E, onestamente, con molto coraggio l'ha puntualmente dimostrato nel suo percorso, spaziando dalla tv al teatro, fino a raggiungere un'enorme popolarità “senza alcun condizionamento”. Oggi Dado (vero nome Gabriele Pellegrini) ha ricevuto il 43esimo “Premio per la satira politica per l'attualità” a Forte dei Marmi, in un momento molto particolare: di recente è stato minacciato di morte, dopo aver messo a punto una parodia con una canzone sul funerale show di un esponente del clan Casamonica. Nella nostra chiacchierata in primo piano il racconto di un uomo profondo (al di là dell'artista), vero, in grado di smascherare le ipocrisie di una società “molto in avanti su battaglie sociali in apparenza, ma estremamente retrograda per diversi aspetti”. E, nel cassetto, un sogno alimentato da tempo: l'auspicio della messa in onda di un suo format, dal titolo “Canta la notizia”, animando una sorta di tg musicale incentrato sulla quotidianità, con l'obiettivo di “parlare alla gente e denunciare quello che non va”. Dirigenti di rete, dove siete? Domanda – Gabriele, ha appena ricevuto il 43esimo “Premio per la satira politica per l'attualità” a Forte dei Marmi: una bella gratificazione, vero? Risposta – Si tratta di un premio molto importante che, in qualche modo, serve a riconoscere quello che è un mistero per molti: la satira. In fondo, nessuno ha mai ufficializzato una simile parola. Pensi che in questa manifestazione a Forte dei Marmi era anche presente un professore, che ha fatto delle ricerche sulla satira, dal Medioevo agli ultimi rapper americani. Diciamo che metterla a punto, se vogliamo, vuol dire sbattere in faccia la verità, con tutte le conseguenze e il coraggio di fondo: in passato, soprattutto durante le tirannie, si correva il rischio venisse tagliata la lingua e si diventasse un bersaglio, se si faceva della satira. Se, quindi, ragioniamo con questi presupposti, aver ricevuto un premio del genere è stato molto per me, soprattutto perché, nel mio piccolo, cerco di dare un senso ad una parola che spesso non si sa cosa sia. Tra le altre cose, a me hanno dato il riconoscimento in un periodo, nel quale ho fatto una canzone sul funerale show di un Casamonica. Ben intesi, però: fare satira non deve essere un alibi per poter dire qualsiasi cosa, bensì significa cercare di essere al servizio dell'ascoltatore. D . – E oggi che fase sta attraversando la satira? R . – Io credo che siamo in un periodo molto ipocrita, per quanto abbiamo sdoganato diversi tabù, aspetti civili legati alle barriere architettoniche e dicotomie fra uomo/donna. Dentro, in fondo, siamo sempre esseri dell'800 e alcuni continuano a non accettare il modo in cui oggi si esprime la satira, non essendo una materia nei protocolli scolastici. Borsellino diceva che per sconfiggere la mafia ci vuole un'antimafia. Abbiamo in Italia la sede del Papato, ma c'è ancora tanto da fare su molteplici versanti, essendo retrogradi sotto svariati punti di vista. D . – Ma è vero che è stato minacciato di morte dal clan mafioso dei Casamonica, dopo aver fatto la parodia dei funerali di un suo esponente? R . – Sì, le minacce sono pubbliche su Facebook ed ora vedremo un po' come andranno a finire le cose. Mi sono affidato agli stessi che hanno indagato sulle baby squillo a Roma: stanno facendo i dovuti controlli ed attendo notizie dal

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pm di riferimento. Sono estremamente curioso, perché avrò un grande insegnamento da quelli che saranno gli sviluppi sulla mia vicenda: se si riusciranno ad ottenere dei buoni risultati, che ben vengano, altrimenti se dovesse concludersi con un “nulla di fatto” sarà necessario mettere a punto una canzone. D . – Cambiamo discorso e parliamo, un attimo, di quelle che sono state le sue partecipazioni in programmi televisivi: al suo attivo molti con Carlo Conti. Come lo valuta? R . – Carlo Conti si occupa della tv generalista e sono stato un suo grande complice in diversi programmi, solo che talvolta lui ha dovuto moderare le cose che io volevo proporre, essendo nella tv di Stato. Io ho una formazione alla Pasolini e Gaber,

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per intenderci, poco accomodante, per cui i miei sono criteri un po' provocatori nel fare intrattenimento. A prescindere, Carlo è un grande professionista, mi stima e tante volte è venuto a vedere i miei spettacoli a teatro, cercando di creare nuove collaborazioni. La sua è una tv di intrattenimento, per famiglie e, giustamente, non vuole toni a cui il suo pubblico non sia abituato. D . – Come vorrebbe, Gabriele, potesse proseguire il suo percorso? R . – Facendo un programma, di cui sono detentore del format, dal titolo “Canta la notizia”, una striscia che funzioni come una sorta di tg musicale. E, se vogliamo, è quello che sto facendo, autoproducendomi, ottenendo sul web delle


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visualizzazioni da risultati da seconda serata televisiva e, talvolta, addirittura da prima. Speriamo possa realizzarsi presto in un palinsesto questa idea. D . – Nel 2015 c'è stata anche la sua partecipazione a “Servizio pubblico” di Santoro su La7. R . – E diciamo che da lì è iniziato tutto: Michele mi ha spronato, dicendo di dover realizzare un'idea tutta mia e condividerla col pubblico. Così, con i miei autori, Emiliano Luccisano e Marco Terenzi, abbiamo scoperto che siamo in grado di mettere in musica qualsiasi argomento, dalla cronaca rosa alla nera, divertendo e facendo riflettere. D . – Il teatro-canzone è la forma espressiva che le piace maggiormente portare sul palco: no? R . – Sì, però dobbiamo un attimo tranquillizzare il pubblico, dicendo che non è nulla di trascendente: è una formula un po' strana di intrattenimento, come la satira, nella quale si ha modo di arrivare dritti dritti al cuore della gente. D . – Bene, Gabriele: siamo, purtroppo, arrivati quasi alla conclusione della nostra chiacchierata. Se, metaforicamente, si dovesse specchiare, in quale modo oggi si rifletterebbe Gabriele/Dado? R . – Diciamo che io lo faccio un po' tutte le volte in cui scrivo una canzone: non proprio davanti allo specchio, ma quasi alla maniera leggendaria zen. Come quando si racconta qualcuno volesse sapere cosa fosse il mare e fu invitato ad avvicinarsi allo stesso, con la risposta che l'avrebbe scoperto, soltanto arrivandone in contatto. Il mio è un vero e proprio sciogliersi verso il prossimo, in quanto bisogna essere disposti a capirsi. D . – E, se vogliamo, è ciò che di più difficile dimora nell'animo umano: la comprensione. R . – Infatti, nelle mie canzoni io parlo proprio dei limiti dell'uomo: quando vediamo il male ci riconosciamo in qualcuno che lo denuncia, ma non lo facciamo quasi mai per primi. Io ho avuto un successo straordinario nella mia carriera, partendo subito, dopo la gavetta, dalle stelle con “Zelig” e avevo 30 anni, mentre Claudio Bisio, alla conduzione, ne aveva 50. Col massimo della mia libertà oggi vorrei proprio realizzare un programma come “Canta la notizia”, per dimostrare quanto sia importante parlare alla gente, denunciando, senza mai farsi condizionare da alcuno. La libertà, amico mio, non ha prezzo. Gianluca Doronzo

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Maria Rosaria Omaggio

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L'INCONTRO - 30 ANNI DI EMOZIONI SUL PALCO

Incontro con un'autentica signora della scena italiana, fra ricordi di un percorso scandito da illustri registi, emozioni condivise con colleghi (dalla Borboni a Scaccia e Foà) e un recital dedicato ad Oriana Fallaci (attraverso i suoi scritti), in scena dal 16 ottobre con Cristiana Pegoraro al pianoforte

Maria Rosaria Omaggio e i suoi «30 anni di carriera», spaziando da «Medea» ai testi di Marquez, fino a Magni e Corsini, perseguendo puntualmente classe, eleganza e pathos

Un'autentica signora della scena. Classe, eleganza e pathos hanno scandito i suoi “30 anni sul palco”, spaziando nei registri, nei ruoli (“sono rimasta sorpresa di me stessa, constatando l'estrema varietà di personaggi interpretati”) e nelle emozioni (“condivise col pubblico, puntualmente affettuoso”). Maria Rosaria Omaggio è, prima che un'illustre attrice, una bella persona, estremamente disponibile nel raccontarsi in una chiacchierata trasversale, ricordando gli incontri più importanti della sua vita (da Paola Borboni, a Mario Scaccia e Arnoldo Foà, fino al regista Wajda), il “poker di regine messe a punto in teatro” e la continua propositività verso il futuro (“magari ci fosse un ritorno alla fiction o un bel film per me”). Reduce da un recital al “Teatro dei Conciatori” a Roma, proprio in merito alla sua carriera, dal 16 ottobre sarà protagonista dello spettacolo “Le parole di Oriana”, raccontando la Fallaci attraverso i suoi scritti, accanto alla pianista Cristiana Pegoraro, illuminando l'interiorità “di una donna volitiva ed esemplare”. Chapeau. Domanda – Signora Omaggio, 30 anni di teatro e una carriera scandita da grandi successi, incontri importanti con artisti anche di stampo internazionale e numerosi riconoscimenti: come definire il suo percorso? Risposta – Le dico la verità: ho scoperto, proponendo proprio il mio recital sui “30 anni di carriera” al “Teatro dei Conciatori” a Roma di recente, quanta varietà di esperienza io abbia avuto. E, non le nascondo, di essere rimasta sorpresa di me stessa. Mi sono, negli anni, ritrovata dinanzi ad un poker di regine, da “Didone” a “Fedra” alla “Medea” con Maurizio Donadoni fino ai testi di Marquez, prima con la regia di D'Alatri e poi di Emanuela Giordano. Non solo: ci sono state tante commedia come “La santa sulla scopa” di Luigi Magni, “Spirito allegro” di Attilio Corsini, “Sotto banco” di Domenico Starnone, ma anche molto altro. Nel mio excursus una varietà incredibile di personaggi. Sono andata, fra le altre cose, a cercare le prime critiche di Magda Poli, nelle quali si parlava di un mio “felice debutto in palcoscenico”: a 30 anni di distanza, mi viene ancora ribadita la sorpresa nel constatare quanto io sia brava e, onestamente, mi sono anche domandata da cosa dipenda, ancora oggi, una simile sorpresa. Io ho sempre fatto con amore il mio lavoro, nel rispetto del pubblico: ammetto di essere stata anche molto amata da chi mi ha seguito nel tempo. Una volta, in occasione di un premio, ricordo che un grande come Proietti mi disse che, per esserci, bisognava farsi vedere sul palco “almeno una volta l'anno”. Noi abbiamo creato le nostre carriere in questa maniera, senza esitazione di sorta. D . – Bene, signora Omaggio: fatte queste premesse, entriamo nel merito della nostra chiacchierata. Teatralmente che fase stiamo vivendo? R . – Io, da quando ho iniziato, ho sentito puntualmente parlare di crisi del teatro, cinema ed altre forme espressive artistiche. Nonostante ciò, mi passano davanti agli occhi immagini come il mio “Shakespeare horror show”, dove eravamo ben 50 in scena, cosa attualmente quasi inimmaginabile. Oggi, purtroppo, si trova tutto su Internet e si investe sempre meno in produzioni: si cerca di incentivare anche ad andare al cinema, con sconti e riduzioni. E si fa quel che si può. Non ci sono sovvenzioni opportune, ma a mio avviso il teatro è e rimane fondamentale: in questo senso si misura la salute di un Paese.

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D . – Lei ha lavorato con i più illustri registi teatrali e cinematografici: di quale ha interiorizzato il più bel ricordo negli anni? R . – Ognuno di loro è una parte della mia ricchezza. E non parlo solo di registi, ma anche di colleghi alla Mario Scaccia, Arnoldo Foà. Oppure ricordo quando, da ragazzina, con Paola Borboni eravamo sul set di un film francese: io piccola e lei con una memoria pazzesca, ad 80 anni già compiuti. Oppure il Wajda di “Walesa-Man of Hope”, in cui ho vestito i panni della Fallaci, con vere e proprie prove teatrali da applicare sul grande schermo, badando alla sostanza. Con risultati accolti in maniera entusiastica in tutto il mondo. A me è sempre piaciuto creare una relazione, un rapporto forte con le persone con cui ho lavorato, interagendo nel rispetto delle singole potenzialità, dando il massimo. D . – Al suo attivo anche numerosi sceneggiati d'autore, soap e fiction: le piacerebbe tornare sul piccolo schermo in una nuova serialità? R . – Mi piacerebbe moltissimo, ma non dipende da me: spesso l'impostazione della fiction italiana impone ruoli di 30/40enni, oppure bisogna aver superato i 70. Io sono nella fase di mezzo e, talvolta, si dimentica che le signore di mezza età sono quelle di maggior utenza di simili prodotti. Probabilmente in Italia, per le condizioni in cui vanno determinate dinamiche, Meryl Streep non avrebbe mai potuto

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interpretare un film come “Mamma mia!”, oppure nessuno avrebbe mai pensato di far interpretare la “Thatcher” ad una 30enne. Spesso i colleghi uomini 60enni tendono a mettersi vicino una 30enne, ma non si rendono conto dei risultati nei quali incorrono e della poca credibilità del tutto. A meno che non si riscoprano una Giulia Lazzarini o una Piera Degli Esposti, per intenderci. Io stessa avevo 30 anni quando ho fatto “Edera” ed ero la mamma di Nicola Farron, che aveva appena due anni in meno di me. A 17 anni ho vestito i panni di un magistrato, ad esempio. Diciamo che da noi ci sono delle logiche molto diverse dagli altri Paesi del mondo, dove una donna di aspetto piacevole è utilizzata in molteplici sfumature. D . – A questo punto, quale sarà il suo prossimo impegno in scena? R . – Io sarò dal 16 ottobre in scena con “Le parole di Oriana”, raccontando la vita dell'illustre giornalista attraverso i suoi scritti. Con me la pianista Cristiana Pegoraro. Ammetto che questo è uno spettacolo che mi ha chiamata, non l'ho scelto io. Vi riporto in scena Oriana, con tutta me stessa, in quanto sembra funzioni molto bene il mio connubio con la sua interpretazione. A noi attori, come lei ben sa, piace non legarci molto ad un unico personaggio: io sono onorata di interpretare la Fallaci, ma non sono la Fallaci. Lo spettacolo è molto emozionante e si ha la possibilità davvero di entrare nel mondo di una grande giornalista.


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D . –Alla luce di quanto fatto artisticamente negli anni, se oggi dovesse specchiarsi, metaforicamente che immagine verrebbe fuori di Maria Rosaria Omaggio? R . – Sicuramente diciamo che, dopo un lungo e meticoloso lavoro, sono riuscita a far stupire un po' meno del fatto che una donna, col mio aspetto, possa essere anche pensante, pronta ad emozionare, arrivando dritta al cuore della gente. Però resta il fatto che quasi uno da me non si aspetti che io sappia

fare quello che faccio, creando quello stupore che io sia brava, di cui le ho parlato all'inizio della nostra chiacchierata. Fatto sta, caro Gianluca, che il pubblico mi vuole veramente bene ed è un onore ricambiarlo. Cocteau diceva, a tutti coloro che lo criticavano per la molteplicità dei suoi ruoli, che “non si tratta di ispirazione, ma di espirazione”. Credo di aver detto tutto. Grazie di cuore. Gianluca Doronzo

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Minnie Minoprio

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LA STORIA DELLO SPETTACOLO ITALIANO

Minnie Minoprio (nota signora del jazz) e i suoi quasi 70 anni di carriera in teatro, fra Walter Chiari, Lelio Luttazzi, Giuffrè, Buzzanca e Mastroianni, considerandosi «una lavoratrice dello spettacolo, con grande disciplina e serietà»

«Tutti hanno un talento nella vita, ma non bisogna confonderlo col successo e la facile popolarità: è necessario dimostrare altro rispetto alle apparenze»

Il suo viaggio nel mondo dello spettacolo è stato “una corsa ad ostacoli, quasi con una falsa partenza”. Poi, grazie a Walter Chiari e Lelio Luttazzi, ha avuto successo in Italia, diventando una delle primedonne della tv, dando lustro alla rivista. Quasi “70 anni di teatro all'attivo” e la fortuna di aver affiancato nomi del calibro di Mastroianni, Giuffrè, Buzzanca, Lionello, Beruschi, Sandra Mondaini e Raimondo Vianello. Chiacchierare con Minnie Minoprio è una fortuna, perché si ha la consapevolezza di “carpire” un altro grande pezzo di storia artistica del Belpaese, in grado di insegnare ancora molto alle nuove leve (“tutti hanno un talento, ma non bisogna confonderlo col business e la popolarità facile”). Dall'86 indiscussa “lady in jazz”, ha fatto tournée dappertutto, fondando anche il “Cotton Club” a Roma. Non solo: diventata scrittrice, è alle prese col suo quinto romanzo (“La villa dei miei sogni”), invitando ad approfondire la sua vita con il precedente “Minnie sette spiriti”, fra aneddoti inediti e confidenze segrete. Leggere, per scoprire. Domanda – Signora Minoprio, è un onore poter chiacchierare con un pezzo della storia del nostro spettacolo del suo calibro. Oltre 60 anni di carriera, spaziando nei generi, affiancando i più illustri esponenti della scena. Per un giornalista che ama il suo lavoro, non può che essere un valore aggiunto incontrarla. Se, in qualche modo, dovesse definire il suo percorso, quale immagine verrebbe fuori in maniera immediata? Risposta – La mia è stata una corsa ad ostacoli, anche con una falsa partenza, oserei dire, in quanto ho debuttato a 15 anni in Inghilterra e solo dopo fui notata da Walter Chiari e Lelio Luttazzi, arrivando in Italia. Diciamo che non mi sono fatta mancare niente nel tempo: ho spaziato nelle discipline fino quasi a portare a casa 70 anni di carriera. D . – Ha citato Walter Chiari e Lelio Luttazzi: che ricordi ha? R . – Loro mi videro a Londra e mi vollero per gli spettacoli in Italia. Di Walter ricordo l'immensa popolarità, il suo modo di trattare col pubblico, standogli molto vicino e capendolo. Di Luttazzi ricordo la classe e l'eleganza. Davvero due grandi signori. D . – Questi sono solo due grandi nomi con cui ha avuto modo di lavorare, ma ce ne sono tanti altri come Sandra Mondaini e Raimondo Vianello, Giuffrè, Buzzanca, Lionello, Beruschi e Fumero. R . – Mastroianni e molti, molti altri. D . – Quali ricorda con maggior trasporto? R . – Tutti. Diciamo che nel mondo dello spettacolo ci può essere amicizia, ma non c'è mai un vero approfondimento. Tante conoscenze, ma i rapporti veri sono altri. Quando io ho cominciato a lavorare in teatro, ero già sposata, avevo famiglia e figli. Io sono stata, per mia forma mentis, instradata a vedere lo spettacolo con un impegno serissimo, con grande disciplina. D . – Lei è stata una lavoratrice dello spettacolo. R . – Esatto, bravo. Proprio una lavoratrice dello spettacolo. D . – Ciò che oggi sembra mancare, essendo un po' tutti inflazionati nella declinazione del “talento”, in maniera spesso spropositata. R . – Per me ogni essere umano è talentuoso. Tutti hanno un dono, anche chi ha meno cultura e meno mezzi a disposizione. Il vero problema è che le persone portate al successo sono proiettate verso un istinto d'arricchimento, in quanto non

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modo che tutto ciò che non sia attoriale e non fantasioso, non esista e non debba essere visto. A me disturba questo mettersi a “tu per tu” con l'artista, non creando il giusto distacco che si dovrebbe mitizzare. Ci si snatura così. Poi non mi piacciono quei programmi che guardano dal buco della serratura o creano interazione col pubblico, indagandone tutti i problemi. Ci dovrebbe essere la passerella della rivista per dare il giusto valore alle situazioni: per fortuna c'era un tempo. D . – La passerella crea magia. R . – Esatto: meraviglia, attesa. Era così bello vedere un personaggio sfilare, quasi fosse inarrivabile. Oggi sembra essere tutto alla portata di tutti. Non va bene. D . – Sarebbe bello tornare a sognare col varietà. R . – È proprio per questo che un programma come “Techetechete” ha un grandissimo successo: noi vediamo il monologo di un attore, il balletto delle Kessler, i costumi, le luci, gli ospiti, il comico. Davvero bello. D . – Se le dico jazz, cosa mi risponde? R . – Io sono stata la prima in Italia in questa direzione, assieme a Luttazzi, Carlo Loffredo e Romano Mussolini. Ho cominciato a cantare con una band negli Anni '60, rendendo la musica jazz protagonista. Poi sono diventata bionda e la tv mi ha rapita, creando il mio personaggio. Nell'86, tuttavia, c'è stato un ritorno di fiamma e sono ormai 29 anni che faccio concerti, ho aperto il “Cotton Club” a Roma, ho una mia band e abbiamo anche ospitato i più illustri esponenti internazionali

amano seriamente quello che fanno, ma solo i soldi che ne conseguono. È solo business e non va bene. D . – Dal suo punto di vista, tuttavia, cosa vuol dire realmente avere “talento”? R . – Ce l'abbiamo tutti, caro mio, ma è necessario che sia supportato dallo studio. Anch'io ho avuto successo in tv in maniera molto semplice, facendo la sigla di un programma con Fred Bongusto, anche in modo leggero. Dopo ho dovuto dimostrare di non essere una “svampita”, ma di avere un percorso teatrale solido e di saper fare molte cose. D . – È vero che ci fu addirittura un'interrogazione parlamentare per la sigla con Fred Bongusto? R . – Eravamo ritenuti scandalosi, solo perché io ero un po' soft nella sigla. Oggi si riderebbe di tutto questo. Allora c'era un altro clima e ne scoppiò un caso. D . – Lei ha fatto la rivista: oggi non esiste più il varietà, se non nell'accezione di “Tale e quale show”, ad esempio, di Carlo Conti su Raiuno. Che ne pensa? R . – Lo show di Carlo Conti può essere una sorta di varietà moderno: di sicuro è uno spettacolo molto valido ma, a mio avviso, è solo un piccolo pezzo di quello che dovrebbe essere la concezione dell'intrattenimento. Secondo me dovrebbero purgare i mezzi di divulgazione dello spettacolo, facendo in

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della musica jazz. A volte faccio anche concerti più seri, altre più divertenti. Insomma: questa è la mia vita oggi. D . – E il teatro? R . – No, il teatro no. A me piace bruciarmi in una serata, non riesco più a sopportare le attese, le tournée, il cinema e i tempi lunghi. D . – Sarebbe bella, in senso jazz, una sua partecipazione al prossimo “Festival di Sanremo”: no? R . – In passato hanno portato come ospiti presenze alla Diana Krall, Dee Dee Bridgewater. Sarebbe bello se succedesse. D . – Sarebbe una maniera per rendere omaggio alla sua carriera, visto che non sono tanti coloro i quali hanno un percorso così longevo nel mondo dello spettacolo. Lanciamo un appello a Carlo Conti in questa intervista. R . – La ringrazio per l'appello e, se accadesse, non mi dispiacerebbe. È vero che non molti hanno un percorso così duraturo nel mondo dello spettacolo, ma è anche vero che spesso tanti vengono carpiti da progetti fatti da altri, senza esserne convinti. Mentre io sono stata carpita solo da me stessa, nel bene o nel male. Mi sono presa le mie soddisfazioni

e se ho commesso degli errori, l'ho fatto da me. D . – Bene, bene, signora Minoprio. Se, metaforicamente, dovesse specchiarsi, quale immagine verrebbe fuori oggi? R . – Non lo so. Sarei come un dado con tante facce. A me piace assaggiare un po' tutto: un pezzo di cinema, uno di teatro, un concerto, un balletto. Diciamo che sarei come un grosso dado, che non si è fatto mancare proprio niente. Poi c'è anche da dire che ho scritto 5 romanzi e, a breve, vedrà la luce il nuovo, dal titolo “La villa dei miei sogni”. Essendo di madre lingua inglese, io li scrivo in italiano, ma poi c'è sempre bisogno che qualcuno li corregga, alla luce della grammatica. Per cui sto aspettando che si ultimino i lavori, per andare in stampa. Sarà un'impresa emozionante. D . – Infine, Longanesi sosteneva che un'intervista fosse “un articolo rubato”: dal suo punto di vista cosa le è stato sottratto durante la nostra chiacchierata? R . – Nulla, non mi ha sottratto nulla. Anzi, avrei avuto da raccontarle tantissime altre cose, ma il tempo a disposizione è sempre poco. Se volete saperne di più su di me, anche con eventi inediti e pettegolezzi, leggete “Minnie sette spiriti”, il mio libro uscito lo scorso anno, nel quale sono raccontate tante confidenze. Buona lettura a tutti, cari amici. Gianluca Doronzo

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Mita Medici

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A TEATRO FRA LE CANZONI DI CALIFANO E IL FEMMINICIDIO

Mita Medici, reduce dal «Festival di Todi» con uno spettacolo su Franco Califano (ideato e diretto da Silvano Spada), fa il punto della situazione sulla scena italiana, sulla tv («vorrei un bel programma d'intrattenimento o una fiction») e sui prossimi progetti, legati ad una pièce sul femminicidio («Pistone Marisa, operaia» al «dei Conciatori» a Roma in autunno)

«Il teatro è la mia forma espressiva più congeniale, quasi terapeutica: noi attori abbiamo il compito di tirare fuori la verità delle cose, anche rischiando»

Il teatro è diventato la sua forma espressiva “più congeniale”, in grado di “raccontare la verità delle cose, anche rischiando”. A dispetto, a suo parere, della tv, “esponenzialmente ripetitiva e poco coraggiosa”. Mita Medici è molto schietta e, traendo spunto dalla sua recente performance al “Festival di Todi” dedicata con poesia (e ricordi personali) a Franco Califano (diretta e ideata da Silvano Spada), spazia a 360° in un'intervista, in piena libertà, facendo anche un po' il punto della situazione sulla sua carriera, sui suoi auspici (“vorrei tornare in una fiction o in un bel programma d'intrattenimento, ma non mi chiamano”) e sui prossimi impegni (in autunno al “Teatro dei Conciatori” di Roma in “Pistone Marisa, operaia”, trattando la tematica del femminicidio). Domanda – Signora Medici, di recente ha debuttato al “Festival di Todi” il suo nuovo spettacolo, dedicato a Franco Califano (ideato e diretto da Silvano Spada): in primo piano un omaggio canoro, attraverso le sue interpretazioni, ad un uomo e ad un artista che ha fatto parte della sua vita, ritenuto in maniera trasversale un poeta della canzone italiana. Risposta – Verissimo quello che lei sostiene. L'idea dello spettacolo è nata, onestamente, in una sfera d'attrazione, come se fosse stata una calamita. L'occasione, come lei ha giustamente ribadito, è stata data dal “Festival di Todi” e dal suo direttore artistico, Silvano Spada, autore e regista della pièce. Io ero, per dirgliela tutta, andata per proporgli un monologo, ma la sezione dedicata alla prosa era stata già chiusa. Dal suo canto mi illustrò ed espose questo progetto, comprendente per me una sfera non solo attoriale, ma anche canora. A convincermi ancor di più è stato il fatto di andare a toccare un tasto personale, un pezzo della mia vita: assieme abbiamo tirato fuori la nobiltà dell'essere poeta di Franco, attraverso la mia interpretazione, arrivando al cuore della gente. Stando agli umori recepiti, abbiamo centrato l'obiettivo e non posso che esserne stata entusiasta. D . – Se vogliamo, il vostro omaggio ha ridato centralità ad un poeta, non troppo considerato nel panorama italiano negli ultimi tempi. R . – Esatto. Abbiamo proprio voluto riportare in primo piano la sua dimensione sensibile ed intima, attraverso la scrittura delle sue canzoni. Gli abbiamo reso onore. In Italia, non si sa mai per quale strano motivo, siamo bravissimi a cancellare la memoria di chi c'è stato: in antitesi, bisognerebbe mantenere forte il valore di chi ha fatto tanto, facendone rimanere viva la luce nel cuore della gente. Attraverso questo spettacolo ho dato testimonianza del nostro amore interposto, dichiarando quanto Franco fosse una persona vera e generosa, nonostante la vita non sempre sia stata felice nei suoi confronti. Ne ha passate tante ed è persino riuscito a farsi la galera, entrando subito dopo nell'animo più variegato della gente. Un grande uomo. D . – Potremmo, a questo punto del suo percorso, dire che il teatro è la forma espressiva a lei più congeniale? R . – Io direi di sì. Sicuramente è una forma terapeutica per chi lo fa e lo riceve. A seguire, dal mio punto di vista, viene il cinema e poi la tv che, onestamente, vive un momento un po' difficile. Il nostro compito è quello di tirare fuori la verità: bisogna rischiare. Se fai un qualcosa e partecipi ad un progetto, devi mettere tutto a punto, perché lo senti e devi

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avvertirne l'esigenza di farlo. Sul piccolo schermo, ad esempio, non va bene la ripetitività: è come se già ogni cosa fosse scritta. Manca, a mio parere, un senso di ribellione nel mondo dello spettacolo. Tutto molto scontato. Mi perdoni lo sfogo, ma è quello che penso. D . – Tranquilla, io sono qui a registrare il suo punto di vista, in piena libertà. Certo che è un peccato non rischiare più in tv, ad esempio. R . – Le potenzialità, caro mio, sono molte ma, a lungo andare, anche quelle si stanno affievolendo. Purtroppo i migliori vanno via dal nostro Paese, in quanto non vedono più prospettive. Prima c'era la caratterizzazione dell'essere umano: oggi ci si crogiola, senza evitare che tutto si ripeta, pur avendolo visto. Si accetta ormai tutto come le pecore, anche in politica. Uno del calibro di Franco Califano ha vissuto tanto la sua vita, pur avendo commesso degli errori e non si sarebbe

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mai fermato, come vedo oggi fanno molte persone. D . – Verissimo: Califano ha vissuto intensamente. R . – In tanti hanno fatto spettacoli su di lui prima di me, ma io credo, attraverso la mia interpretazione delle sue canzoni, di aver raccontato il suo essere umano. In tanti oggi si buttano via con le cavolate, vivendo vite vissute da altre persone, senza averne una propria. D . – Sacrosante verità, signora Medici. Se, in qualche modo, dovesse tornare oggi in tv, cosa le piacerebbe fare, avendone animata tanto in passato? R . – Mi piacerebbe recitare, ma la fiction, a parte qualche raro e sporadico esempio, oggi è improponibile. E non mi ci vedrei tanto. In passato ho fatto “Un posto al sole”, sono uscita di scena e poi sono rientrata, in quanto il pubblico si affeziona a determinati personaggi e li vuole rivedere, a distanza di tempo. Ma non altro. Mi vedrei, forse, in un programma di


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intrattenimento, ma fatto bene, non di certo a fare i “talent”, le isole e le talpe. Nulla di tutto questo. Vorrei avere accanto degli autori seri che sapessero scrivere, delle persone in gamba, dei professionisti. Altrimenti non sarebbe male un talk, nel quale si parli di vita, senza alcuna perdita di tempo, anche con un approfondimento sociale o politico. Ma non mi fanno fare tutto questo. Niente di niente. D . – Sta di fatto che, in tempi di “cotto e mangiato”, oggi tanti professionisti stanno a casa. R . – Un grande peccato. In questo marasma oggi si assorbe tutto, senza più avere un sano senso critico. Vogliono la gente passiva e muta: viviamo un tempo in cui in molti sono sbattuti fuori dal proprio Paese, senza più alcuna presa di coscienza e tutti ne siamo vittime, risentendo della caduta del livello complessivo. A me, tornando allo spettacolo su Franco Califano, è piaciuto molto farlo, perché ho raccontato un pezzo della nostra storia, condivisa con grande cuore, all'insegna di una ribellione che era propria della nostra generazione. Oggi si è più mosci, avulsi dalla creatività e dallo spirito d'iniziativa. D . – Prima ha citato il “talent”, un genere oggi inflazionato, come la declinazione del termine “talento”: averne, dal suo punto di vista, cosa vuol dire? R . – Il “talento” è una cosa astratta, ma deriva da tante altre

peculiarità. Una bella voce, ad esempio, da sola non basta. Così come non è sufficiente una bella presenza o, peggio ancora, dei bellissimi gorgheggi. Avere “talento” significa molto di più. Una volta il corrispettivo del “talent” era “La Corrida”, dove succedeva di tutto e il suo contrario. In fondo, alla fine, si è un po' tutti dilettanti allo sbaraglio, in un sistema ciclico, chiuso e asfittico, che ripete sempre le stesse cose. Un meccanismo perverso. D . – E un programma come “Tale e quale show” su Raiuno, per la conduzione di Carlo Conti, le piace? R . – Io guardo poco la tv. Seguo più le notizie. Mi sembra, per quel poco che ho visto, fatto bene, con molta cura. È chiaro che, imitando qualcuno, vai sempre un po' a sfrucugliare qualcosa di già fatto e non innovativo, quasi fosse un ripescaggio di un vissuto un po' triste. Se uno ha “talento”, non vedo perché ogni settimana debba imitare qualcun altro: lo puoi fare una tantum, ma niente di più, come un divertissement. Non mi sento di aggiungere altro: di sicuro ci vuole ironia nel mondo dell'intrattenimento e a Carlo Conti riconosco la cura del dettaglio nel metterlo a punto. D . – Se Franco Califano oggi fosse ancora in vita, cosa gli direbbe? R . – Intanto credo che questo spettacolo gli sarebbe piaciuto molto: mi ha portato tanto amore la sua figura e so di essere stata fonte d'ispirazione per molte cose nella sua vita, anche se poi ci siamo lasciati. Di sicuro c'è da dire che eravamo sempre felici di incontrarci negli anni, quando è capitato. Nulla è passato invano. Ho capito molto di più della sua poetica, un aspetto importante del suo essere artista. Se di sicuro fosse stato ancora in vita, avrebbe fatto lui il suo spettacolo e non ci sarebbe stato bisogno del mio omaggio. Io ho cercato di interpretare le sue canzoni da attrice. D . – Se, metaforicamente, dovesse specchiarsi, oggi in che modo si rifletterebbe Mita Medici? R . – Sicuramente io mi vedo una che sta ancora crescendo, continuamente in viaggio, alla ricerca, fra ritorni e fughe. Questa è proprio una metafora per me. D . – Quali saranno, infine, i suoi prossimi spettacoli? R . – Presto debutterà a Roma al “Teatro dei Conciatori” il mio “Pistone Marisa, operaia”, un monologo sulla condizione femminile, con un musicista in scena, spaziando dagli Anni '50 fino all'odierno femminicidio, oggi in fase parossistica, ma esistito da sempre. Purtroppo la donna è puntualmente stata vittima di soprusi e non sarà mai abbastanza raccontarlo in teatro. Vi emozionerete. Venite a vedermi. Gianluca Doronzo

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Erica Mou

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LA PIÙ INNOVATIVA FRA LE CANTAUTRICI «MADE IN ITALY»

Nuovo album («Tienimi il posto») per la cantautrice originaria di Bisceglie, fra le più innovative del panorama contemporaneo (premiata dalla critica a «Sanremo» nel 2012 grazie al brano «Nella vasca da bagno del tempo»), in un mix di «luce, dopo un periodo di buio»

Erica Mou e la sua creatività «senza filtri e condizionamenti», alla ricerca degli stati d'animo più trasversali in musica

Il suo disco rappresenta “un universo di luce e individualità allo stesso tempo”. Scrive per “comunicare e arrivare direttamente al cuore dell'ascoltatore”, all'insegna di una costante “libertà creativa”. E la scelta di “autoprodursi” ne è la dimostrazione. Un periodo di fermento per Erica Mou (originaria di Bisceglie), fra le cantautrice più originali e innovative del panorama contemporaneo, alle prese con “Tienimi il posto”, preceduto dal singolo in rotazione radiofonica “Ho scelto te”. Un lavoro che la rappresenta completamente, avendo fatto tesoro di esperienze passate con Caterina Caselli (“un pezzo importante della mia vita artistica”), non dimenticando il “Festival di Sanremo” nel 2012 (dove fu premiata dalla critica fra i “Giovani”). Al telefono manifesta semplicità, motivazione in quello che fa e un costante sorriso, convinta che “avere talento” significhi “identificare immediatamente la persona con la cosa che fa”. E lei, indubbiamente, ne ha. Domanda – Erica, di recente ha pubblicato il suo nuovo album, dal titolo “Tienimi il posto”, preceduto dal singolo “Ho scelto te”: a che punto del suo percorso è arrivato un simile progetto? Risposta – Questo disco è arrivato in un momento di luce, dopo un periodo di buio. Nelle canzoni si raccontano vari stati d'animo, anche quelli più dolorosi relativi alle separazioni, ma con una libertà creativa che non ha precedenti. Sono

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completamente me stessa. D . – Tra le altre cose, lo ha prodotto lei. R . – Esatto. Mi sono sentita di produrlo personalmente, grazie anche al fatto che, nella sfera compositiva, credo ci sia una maggiore individualità rispetto al passato. All'inizio di ogni percorso, come è giusto che sia, ci sono dei modelli ai quali ispirarsi: oggi sono libera da vincoli e sovrastrutture. E non posso che esserne entusiasta. D . – Se dovesse, dunque, sintetizzare i pezzi e l'universo messo a punto in “Tienimi il posto”, cosa sentirebbe di rispondere? R . – Il disco rappresenta un universo di luce e individualità allo stesso tempo. D . – Bene, bene. Fatte le dovute premesse, entriamo nel merito della nostra chiacchierata: lei è una delle più apprezzate cantautrici fra le nuove leve “made in Italy”. Cosa significa vivere la sua dimensione oggi? R . – Io suono perché scrivo e scrivo perché suono. È così e basta, senza tanti giri mentali o problemi. A me piace quello che faccio e credo che l'importante sia comunicare, arrivando al cuore di chi ascolta. Cosa significhi essere cantautori oggi

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non lo so: io vivo la mia dimensione e proseguo lungo la mia libertà creativa. D . – Converrà con me, tuttavia, che non è per nulla facile emergere per un giovane nel mondo della musica. R . – Nonostante si siano moltiplicati gli scenari e le modalità, credo sia parecchio difficile emergere oggi. La curiosità, a mio avviso, deve essere una molla grazie alla quale farsi strada e conoscere. Credo sia più difficile ricercare. Le parlo anche da ascoltatrice. D . – A fare la differenza è, senza dubbio, la personalità: no? R . – Quella sempre. In qualsiasi ambito artistico fa la differenza. E meno male! D . – Prima parlavamo del moltiplicarsi delle “modalità” per farsi notare nel mondo della musica: il “talent” è diventato un esempio, anche se il termine “talento” è un po' troppo inflazionato nella lingua italiana. Non crede? R . – Io quando riconosco un “talento”, guardo una persona e ammetto che è nato/a per quello che sta facendo, senza esitazione di sorta. L'identificazione fra la cosa che fai e te stesso è una condizione per riconoscere il vero “talento”. D . – Nel 2012 ha partecipato al “Festival di Sanremo” nella


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ad un'altra di piena libertà, senza vincoli. D . – Infine, Longanesi sosteneva che un'intervista fosse “un articolo rubato”: dal suo punto di vista, cosa le è stato sottratto durante la nostra chiacchierata? R . – Niente. Se qualcosa si è mosso nella nostra conversazione, è perché io ho voluto offrire il mio punto di vista e un po' di me al lettore. Quindi va benissimo così. Gianluca Doronzo

sezione “Giovani” con la canzone “Nella vasca da bagno del tempo”, ricevendo numerose attestazioni di critica: tornerebbe sul palco dell' “Ariston”? R . – Sì, certo. Ho un ottimo ricordo della mia esperienza sanremese e ci tornerei molto volentieri. D . – Se le dico Caterina Caselli, cosa mi risponde? R . – Un fetta importante del mio percorso, un rapporto che adesso si è concluso, ma le ho fatto anche un ringraziamento nel mio disco: in fondo, è anche grazie a quello che mi ha dato lei, che oggi sono riuscita a produrmi il mio album. D . – Con quale artista le piacerebbe collaborare? R . – Ce ne sono tanti, ma non le faccio alcun nome (e ride, ndr). Mi sento particolarmente fortunata per tutto quello che mi sta accadendo e confido nel futuro. D . – Come vorrebbe potesse proseguire il suo percorso? R . – Adesso voglio suonare questo disco: vado a portarlo in giro, come già sto facendo. In fondo è proprio questo l'obiettivo, quando una tua nuova creatura vede la luce. Mi auguro, infine, di fare tutto ciò nella vita: lavorare, facendo musica. D . – E noi non possiamo che augurarglielo. Se, metaforicamente, si dovesse specchiare, quale immagine verrebbe fuori oggi di Erica Mou? R . – Verrebbe fuori l'immagine di una donna. Prima non le avrei risposto in questa maniera, oggi sì. Questo è un disco di passaggio, da una fase in cui mi sentivo ingabbiata in un ruolo,

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