Anno II - Numero 3 - Marzo 2014
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Periodico di Musica, TV, Cinema, Teatro e Arte
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il magazine che non t'aspetti (tutti i colori dell'intrattenimento)
Lorella «vola» fra continui impegni, tanti sorrisi e un percorso «decisamente sereno» La celebre conduttrice si racconta con energia e passione, spaziando da «Citofonare Cuccarini» (su Rai Radio 1, dal lunedì al venerdì, dalle 17.40 alle 19.00) al ventennale di «Trenta ore per la vita» (con una crociera solidale «MSC» dal 30 marzo al 6 aprile, assieme a Marco Columbro)
IN TOURNÉE
Fabrizio Moro I Rio
TV E TEATRO
LE GIOVANI PROMESSE
Filippa Lagerback Tosca D'Aquino
Diodato Pasqualino Maione
MUSICAL
Roberta Lanfranchi Flavio Montrucchio
MUSICA E DANZA
Giorgio Vanni Rossella Brescia
Anno II - Numero 3 - Marzo 2014 FONDATORE, DIRETTORE EDITORIALE E RESPONSABILE Gianluca Doronzo GRAFICA E IMPAGINAZIONE Benny Maffei - Emmebi - Bari HANNO COLLABORATO Daniela Piu, Iolanda Guerrieri, Federica Fresa, Sara Del Sal, Daniela Turchetti, Alessandro Ricci, Maryon Pessina, Sabrina Taddei, Alessandra Placidi, Marco Masciopinto e Camilla Pusateri. SI RINGRAZIANO Lorella Cuccarini, Filippa Lagerback, Roberta Lanfranchi, Flavio Montrucchio, Tosca D'Aquino, Diodato, Fabrizio Moro, Giorgio Vanni, I Rio (nello specifico il leader Fabio Mora), Pasqualino Maione e Rossella Brescia per le interviste concesse; Claudio Porcarelli per la copertina e le foto di Lorella Cuccarini; Antonio Agostini e Roberto Guberti per gli scatti di scena di Roberta Lanfranchi e Flavio Montrucchio in merito al musical “Sette spose per sette fratelli”; “Notoria”; “Eventi made in Italy”; “La Contrada - Teatro Stabile di Trieste” e “Daniele Mignardi Promopressagency”.
INDIRIZZO REDAZIONE Via Monfalcone, 24 – Bari gianlucadoronzo@libero.it tel. 347/4072524 FACEBOOK E la notte un sogno Autorizzazione del Tribunale di Bari n. 16 del 26/09/2013
Lorella “vola” da ben 28 anni “nei cuori degli italiani”. Spazia nelle discipline (dal canto al ballo, fino alla recitazione) con estremo agio e, soprattutto, fa della professionalità il suo tratto distintivo. Non si arrende mai e anche nei momenti di “silenzio” trae ispirazione da ciò che la circonda, tornando con energia ad animare nuove imprese come sta facendo in questo periodo, lontana dal piccolo schermo, nel talk “Citofonare Cuccarini” (Rai Radio 1, dal lunedì al venerdì, dalle 17.40 alle 19.00), rendendo protagonista “la parola”, aggiungendo “un ulteriore tassello ad un percorso estremamente eterogeneo”. L'ho “corteggiata” per mesi e, finalmente, ha dato volto alla mia copertina (con foto di Claudio Porcarelli), avviando la stagione primaverile di “Che spettacolo – il magazine che non t'aspetti (tutti i colori dell'intrattenimento)”. Non c'è donna del piccolo schermo che possa tenerle testa: dopo Debora Villa, Cristina Chiabotto, Tessa Gelisio, Luisa Corna e Antonio Cupo, un altro “bel colpo messo a segno”, nel mio piccolo, garantendo alla “rivista” (termine con cui il pubblico la sta definendo, sia in cartaceo che online) linfa vitale, respiro sempre fresco, prestigio e “glamour”, come piace a me. E, proprio per non deludere le vostre aspettative (siete puntualmente affettuosi: grazie per la continuità con cui state alimentando il “mio sogno”), eccovi un numero (siamo alla sesta uscita consecutiva da ottobre) davvero trasversale, con ben 11 interviste e 8 rubriche dalle tematiche più disparate (da “La tv che vedremo” a “Sanremo 2014 – vincitori e vinti”, fino a due pezzi molto particolari dedicati a Federico Salvatore, cantautore “di denuncia sociale” da diversi anni, e a Noemi, “la campionessa nelle vendite” a kermesse festivaliera conclusa). Tanta voglia di approfondire nelle chiacchierate che andrete a leggere, delineando dei ritratti ricchi di “umanità, spessore e desiderio di lasciare un'umile traccia nell'anima del lettore” (i principi che non posso e, soprattutto, non devo disattendere). E così Filippa Lagerback racconta i suoi “9 anni accanto a Fabio Fazio” in “Che tempo che fa” su Raitre (ogni sabato e domenica, ore 20.10). Roberta Lanfranchi (con la quale metto a punto un simpatico sketch telefonico “sugli anni bisestili”) e Flavio Montrucchio vivono le emozioni del musical “Sette spose per sette fratelli”, in tournée in tutt'Italia fino al 18 maggio, a 60 anni dall'uscita dell'omonimo film. Tosca D'Aquino (presto in video con la fiction Rai “La narcotici”) manifesta entusiasmo con Maurizio Casagrande per la commedia “Il prigioniero della seconda strada” di Neil Simon, mentre Rossella Brescia torna alla danza (pur essendo fra gli speaker di “Tutti pazzi per Rds”, dal lunedì al venerdì, dalle 5.00 alle 9.00) con il balletto in due atti “Amarcord” di Luciano Cannito, ad aprile all' “Olimpico” di Roma. Attenzione: questo è solo l'inizio. Per il pubblico più giovane ci sono “degli assi nella manica”, pronti a soddisfare i gusti musicali disparati: la rivelazione Diodato, secondo classificato fra le “Nuove Proposte” sul palco dell' “Ariston” col brano “Babilonia”, dimostra una maturità non comune per un ragazzo della sua età; Fabrizio Moro, a tre anni di distanza dall'ultimo album, sta dando il massimo nel suo “L'inizio tour”, con tappa il 21 marzo al “Water rats” di Londra; “I Rio” (con voce di Fabio Mora) si preparano “ad un grande evento”, ad epilogo del “Fiori tour 2014” fra qualche settimana; Pasqualino Maione, diventato popolare grazie ad “Amici di Maria De Filippi” nel 2007 su Canale 5, sta facendo la sua rentrée sulle scene con un album “di prossima pubblicazione” e un singolo (“Queste mie parole”), che sta spopolando su iTunes e su tutte le piattaforme digitali. E, dulcis in fundo, Giorgio Vanni: storica voce delle sigle dei cartoni animati Mediaset, il 20 marzo sarà con “i figli di Goku” nella capitale, paventando un altro, l'ennesimo “sold out” per i suoi concerti, ritenuti delle vere e proprie “colonne sonore” per intere generazioni. Di ciascuno, vi assicuro, evincerete aspetti “inediti”, con toni a volte talmente amichevoli da lasciare davvero spazio ad una nuova (e sana) formula di giornalismo d'intrattenimento, come ho sempre desiderato in questi anni (anche, e soprattutto, in quelli di “stop forzato”). Non mi resta, cari lettori, che lasciarvi con la speranza possiate “gustare” il lavoro (onesto e leale) di ben 64 pagine a colori, messe a punto con enorme dedizione, con la complicità della mia anima “grafica”, di nome Benny Maffei. Segno di un'alchimia magica, ricca di fiducia e sincerità, a dimostrazione di quanto in Italia si abbia tanta voglia di lavorare, pur essendo – come il sottoscritto – dichiaratamente “senza padroni e senza padrini”. Ma con tanto cuore. Come la “mia” (e vostra) Lorella. Gianluca Doronzo
Sommario IL PERSONAGGIO IN COPERTINA Lorella Cuccarini Tv, teatro, solidarietà, fiction e radio: le mille anime di Lorella, protagonista indiscussa dello spettacolo «made in talento» da ben 28 anni LA BELLA DELLA CONDUZIONE Filippa Lagerback Filippa e il suo essere una donna «trasparente, sincera e profondamente perbene» LA TV CHE VEDREMO Volti freschi in ascesa, grandi ritorni nel preserale di Canale 5, attrici promettenti nella fiction italiana: per la primavera in tv ce n'è davvero per tutti MUSICAL - L'INCONTRO Roberta Lanfranchi «Sto animando il musical giusto al momento giusto: non potrei desiderare di meglio in questo periodo» MUSICAL - L'INCONTRO Flavio Montrucchio «Cuore, passione e tanto divertimento: i principi con cui cresco a teatro, cercando di stupire sempre il pubblico» TEATRO - LA SIGNORA DELLA SCENA Tosca D'Aquino «Sono soddisfatta di quello che la vita mi ha dato finora: se ci fosse un bel ruolo al cinema sarebbe la quadratura del cerchio» SANREMO 2014 - VINCITORI E VINTI Un «Festival» contemporaneo (ma non nella conduzione) con tante giovani promesse della musica e «vecchie glorie» (per i 60 anni della tv) un po' in affanno SANREMO 2014 LA CAMPIONESSA NELLE VENDITE Noemi Lo strano caso di Noemi: venuta fuori da un «talent», è uno dei pochi esempi di «talento» canoro in Italia, con una cifra «made in London» SANREMO 2014 - LA GIOVANE PROMESSA Diodato Un cantautore emozionale e introspettivo, dal «sapore» rock: Diodato e la sua stagione migliore, dopo tanta gavetta
MUSICA - LA TOURNÉE Fabrizio Moro «Con libertà e indipendenza sto crescendo, cercando di diventare una persona più saggia, sempre con un pizzico di incompiuto»
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MUSICA - LA VOCE DELLE SIGLE DEI CARTONI ANIMATI MEDIASET Giorgio Vanni «Mi commuove essere ritenuto la colonna sonora dei miei fan: oggi, purtroppo, manca la tv dei ragazzi» 38
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MUSICA - IL RITORNO Federico Salvatore Satira, denuncia sociale e sagacia in un lavoro discografico «coraggioso e apocalittico»
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MUSICA - IL GRUPPO IN ASCESA I Rio Un decennio di sonorità pop-rock, con influenze elettroniche: 5 cd e oltre 600 concerti per i «Rio», con l'obiettivo di «vivere per la musica» 44
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MUSICA - IL TALENTO IN ASCESA Pasqualino Maione «In questi anni ho avuto modo di fare tanti concerti, respirando l'amore del pubblico, fondamentale per la crescita di un artista»
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DANZA Rossella Brescia «Oggi più che mai bisogna essere versatili: per questo spazio dalla danza alla radio, sperando di tornare presto sul piccolo schermo»
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CAMERATA MUSICALE BARESE Dall'eleganza pianistica di Grigory Sokolov al duo Dessì-Velluti: quando l'arte della classica diventa anche operistica
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VISTI PER VOI La poesia di Ozpetek, la commedia di Amendola e il thriller di Croudins: tre firme cinematografiche in vetta alle classifiche
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ASCOLTATI PER VOI Nomi illustri della discografia, giovani solisti (ex componenti di gruppi) e una star delle serie adolescenziali: signori, è tempo di «restare in ascolto»
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LETTI PER VOI Lavoro o famiglia? Passione o mistero? Lealtà o sospetto? I «quesiti» da sfogliare fra romanzi e thriller, in un mix di firme prestigiose
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Lorella Cuccarini
IL PERSONAGGIO IN COPERTINA
Versatile, propositiva, ricca di energia, «luminosa e serena»: la conduttrice storicamente più amata dagli italiani alterna il talk «Citofonare Cuccarini» (Rai Radio 1, dal lunedì al venerdì, dalle 17.40 alle 19.00) al ventennale di «Trenta ore per la vita», preparando un progetto ad hoc con «MSC» in compagnia di Marco Columbro, Beppe Vessicchio e Mario Biondi
Tv, teatro, solidarietà, fiction e radio: le mille anime di Lorella, protagonista indiscussa dello spettacolo «made in talento» da ben 28 anni
Le mille anime di Lorella. Eclettica, ricca di energia, costantemente propositiva, la conduttrice storicamente “più amata dagli italiani” non si ferma un attimo, proiettandosi con determinazione verso nuove mete da raggiungere. Da ben due stagioni è protagonista del talk “Citofonare Cuccarini” su Rai Radio 1 (dal lunedì al venerdì, dalle 17.40 alle 19.00), spaziando negli argomenti (“essendo sempre sulla notizia”), con “ritmo, approfondimento e doverosa attenzione alla parola”. Un'esperienza che aggiunge un ulteriore tassello ad un percorso che “vola” da ben 28 anni a questa parte nel mondo dello spettacolo, dimostrandosi con purezza e autenticità “made in talento”. E, in attesa che arrivino “le giuste proposte televisive e teatrali” per motivarne una rentrée, eccola a celebrare i 20 anni di “Trenta ore per la vita”, dal 30 marzo al 6 aprile, in una crociera solidale “MSC” (per l'occasione sarà attivo anche il numero 45508, per fare donazioni fino al 20 aprile), accanto a Marco Columbro (con Beppe Vessicchio, Mario Biondi e Giovanni Muciaccia, fra gli altri), raccogliendo fondi per la ricerca e per le malattie legate all'infanzia. Con estrema disponibilità al telefono, a voi il racconto di una “persona luminosa e serena”, affrontando argomenti e riflessioni a 360° (non perdendo di vista un 2014 scandito dai 60 anni della tv e dai 90 della radio). Domanda – Lorella, ci ritroviamo con piacere per una chiacchierata, a distanza di qualche anno dall'ultima volta in cui era in tournée con un musical. Risposta – Ah, benissimo. Ci siamo sentiti un po' di tempo fa per “Il pianeta proibito”? D . – A dire il vero si trattava ancor prima di “Sweet Charity”, al Teatro della Luna di Milano. R . – Giusto: adesso ricordo. È un piacere per me ritrovarla a distanza di un po' di anni. Sono pronta. D . – La nostra sarà un'intervista a tutto tondo, dal momento che da mesi “la stavo corteggiando”: faremo un po' il punto della situazione sul suo percorso e su quello che sta attualmente facendo. R . – Ah, che bello! Spazieremo. Proprio come piace a me. Eccomi al suo servizio, Gianluca. D . – Dallo scorso anno sta conducendo il programma “Citofonare Cuccarini” su Rai Radio 1, dal lunedì al venerdì (dalle 17.40 alle 19.00), con un ottimo riscontro di pubblico: che bilancio si sentirebbe di fare? R . – Devo dire che si tratta di un'esperienza assolutamente entusiasmante anche, e soprattutto, da un punto di vista formativo. Sono arrivata “a fare la radio” dopo ben 28 anni di carriera e ne sono felicissima: si trattava di un tassello che mancava nel mio percorso. Si ha la possibilità, così come dite voi giornalisti, di “essere sempre sul pezzo”, arrivando a chiunque, in tempo reale, con la parola. Ora, non che la tv non ti consenta di essere diretta in relazione agli spettatori, ma in “Citofonare Cuccarini” non ci sono filtri: è tutto “live”, catturando ciascun tipo di attenzione. Ogni concetto espresso ha il suo valore, ascoltandosi profondamente, non bruciando quello che accade. E poi, dato non irrilevante, si ha anche la
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IL PERSONAGGIO IN COPERTINA
possibilità di giocare con l'interlocutore, sorridendo. Ammetto che già nella mia “Domenica In” avevo avuto modo di dare alla parola uno spazio ben centrale, raccontando storie di persone comuni e creandone un dibattito con gli ospiti in studio. La radio, con toni molto misurati e giusti, mi sta aiutando a crescere, rendendomi protagonista davvero di situazioni importanti, sulle quali confrontarsi. D . – Siamo, tra l'altro, in un momento storico in cui sarebbe proprio il caso di tornare a dare importanza alla “parola”, ascoltando e confrontandosi: no? R . – Esatto ciò che dice, Gianluca: tra l'altro, la radio ti dà anche i tempi giusti per approfondire e conoscere le tematiche da affrontare, snocciolandone le mille declinazioni di fondo. Per me è anche una scuola di vita. Di puntata in puntata mi sento sempre più pronta. D . – Non da meno, quest'anno si celebra il 90esimo anniversario della nascita della radio. R . – Proprio così: ad ottobre la radio spegnerà ben 90 candeline e, ovviamente, anche noi in “Citofonare Cuccarini” abbiamo iniziato le celebrazioni, dando avvio alla rubrica “La radio fa 90”, ospitando tutti i personaggi più famosi che l'hanno resa grande. Come dire: una festa nella festa. D . – Le piacerebbe, alla luce di quanto detto finora, portare in tv un programma dallo stile “radiofonico”? R . – Direi proprio di sì. Come le anticipavo prima, anche nella mia “Domenica In” c'era un po' il gusto per l'ascolto delle storie, con ritmo, intensità emozionale e approfondimento. Di certo, ben intesi, non ho mai avuto velleità giornalistiche, ma ho sempre fatto il mio lavoro, che è quello della conduttrice. Però le confesso che non mi dispiacerebbe se in tv si potesse anche “far parlare la radio”, approfondendo svariate tematiche, da ogni punto di vista, col confronto dialettico. D . – Il 2014 è un anno importante anche per la tv: si celebra il 60esimo anniversario della sua nascita. R . – Bravo. Una data fondamentale per tutti noi che l'abbiamo vissuta, rendendola parte integrante del nostro percorso. Le confesso, però, che mi sembra non si stiano festeggiando questi 60 anni così come si dovrebbe, magari realizzando un evento, qualcosa di grande ed importante. Un peccato, no? D . – Magari si potrebbe mettere su un bel varietà, visto che “non è morto” come genere, alla luce dei risultati entusiasmanti anche di Massimo Ranieri a gennaio su Raiuno. Che ne pensa? R . – Sarebbe bello se si creasse un programma evento, non nostalgico, ma vivo, con i protagonisti che l'hanno resa grande (e che, ben inteso, la tv ha reso grande vicendevolmente). Sono, tra l'altro, perfettamente d'accordo con lei, quando afferma che il varietà “non è morto”: si può fare con gusto, eleganza, passione e attenzione al dettaglio. In fondo la Rai ne ha di esempi positivi: penso a “Tale e quale show” di Carlo Conti, con oltre sette milioni di spettatori il venerdì sera. Quello è intrattenimento allo stato puro. D . – Domanda topica: tornerebbe al “Festival di Sanremo”, alla conduzione o in gara, avendo vissuto entrambe le esperienze
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IL PERSONAGGIO IN COPERTINA
nel '93 e '95? R . – Non metto alcun limite alla possibilità di tornarci: sicuramente oggi, a distanza di ben 20 anni, avrei una consapevolezza maggiore. Ricordo che in entrambi i casi ho calcato il mitico palco dell' “Ariston” da giovanissima, con ansia, preoccupazione e, me lo faccia pur dire, con un pizzico di sana incoscienza. Sarebbe bello di sicuro esserci nuovamente: chissà non accada in una delle prossime edizioni. D . – Musica e tv: un binomio possibile dal suo punto di vista? R . – A dire il vero, credo che la musica in tv non sia trattata sempre come meriti: per carità ci sono programmi bellissimi tipo “X Factor”, ma spesso tendono ad essere troppo spettacolari, facendo un po' perdere di vista quella che è la materia principale trattata. A me piacciono molto le contaminazioni e credo che la tv potrebbe osare di più,
puntando sull'originalità e sui contenuti. Il “Festival di Sanremo”, per tornare a noi, rimane uno degli appuntamenti più attesi dell'anno: se la canzone italiana ne diventasse realmente il motivo conduttore, sarebbe davvero la quadratura del cerchio. D . – Del cast di quest'anno cosa pensa? R . – Ho trovato, in tutta onestà, un cast molto curioso, anche con figure meno popolari del solito. Di sicuro le scelte di Fazio sono state rivolte più alle canzoni, incentrate sui sentimenti e sull'amore, con minore attenzione all'attualità. D . – All'inizio dell'intervista abbiamo ricordato il nostro precedente incontro telefonico a proposito del musical “Sweet Charity”: quando torna a teatro, Lorella? R . – (Dopo una risata, ndr) Spero presto. Mi manca. Io sono una molto esigente, attenta al personaggio da interpretare, curando il dettaglio e le mille sfumature di fondo di uno
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IL PERSONAGGIO IN COPERTINA
spettacolo. Mi piacerebbe essere nuovamente protagonista di un musical: chissà che presto non arrivi l'occasione giusta. D . – Altra costante del suo percorso è stata la maratona “Trenta ore per la vita”, quest'anno giunta al suo ventennale: lei e Marco Columbro sarete protagonisti di una crociera solidale a fine mese, con numerosi artisti in primo piano, proprio per mettervi nuovamente al servizio di una causa che, ad oggi, ha realizzato ben 740 progetti di assistenza, ricerca e prevenzione per le malattie legate all'infanzia. R . – Giusto, caro Gianluca. Vent'anni non sono pochi e costituiscono già un bel traguardo. Siamo, a dire il vero, partiti con un pizzico d'incoscienza. Abbiamo raccolto pian piano fondi per i più piccoli ed ora ci ritroviamo vivi più che mai. Quest'anno c'è stato un gemellaggio con “MSC Crociere”, mettendo a punto un programma di tutto rispetto, con una serie di iniziative speciali. Saremo a bordo di una splendida nave sulla quale viaggeremo per una settimana, facendo spettacoli in un teatro di ben 700 posti, bellissimo, col maestro Beppe Vessicchio che accompagnerà i momenti musicali assieme a Mario Biondi, fra gli altri. Avremo anche Giovanni Muciaccia che intratterrà i più piccoli e li motiverà alla creativa curiosità. Stiamo allestendo un bel cast, sostenendo i progetti che andremo a delineare. Saremo “in mare” dal 30 marzo al 6 aprile, percorrendo tutto il Mediterraneo, partendo da Genova e raggiungendo poi Napoli, fino ad altre stupende città. D . – Cambiamo argomento: è circolata una voce in Internet, secondo la quale lei sarebbe stata nel cast della nuova edizione di “Un medico in famiglia”, in onda in queste settimane su Raiuno. Dopo la sua smentita, se n'è parlato nuovamente: com'è possibile? R . – Infatti non è vero. Diciamo che già dallo scorso luglio in Internet è circolata una voce del genere e, debitamente Daniela, il mio ufficio stampa, mi aveva contattato perché tanti giornalisti la stavano cercando per chiederle conferme. Dopo la nostra smentita, di recente in Internet deve essere stata ripresa la notizia, diffondendone una falsa sulla mia presenza. Gianluca, la rete è una bellissima maniera per comunicare, ma spesso è anche deleteria e non riesci a gestirla quando si mettono in circolazione voci non vere. Poi c'è anche da dire che ci sono tanti suoi colleghi che non approfondiscono e scrivono senza arrivare alla fonte. Per fortuna, tanti altri come lei fanno il suo mestiere egregiamente e nobilitano la categoria. Giusto per concludere con una battuta, diciamo che se fossi entrata a far parte del cast come minimo me ne sarei accorta. A meno che non abbiano abusato di me (e ride, ndr). D . – (Dopo la risata comune, ndr) Siamo, purtroppo, quasi ad epilogo della nostra chiacchierata, Lorella. A che punto del suo percorso sente di essere? R . – Sono nel “mezzo del cammin di nostra vita” (e ride, ndr). Diciamo in un “mezzo” un po' avviato. Scherzi a parte, sicuramente c'è tanta strada ancora da fare. Ho in mano un mestiere che mi consente di essere longeva, spaziando nelle discipline: ecco, siccome parlavamo di fiction prima, me ne piacerebbe una nella quale interpretare un bel personaggio
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IL PERSONAGGIO IN COPERTINA
femminile. C'è tutta una gamma di colori da mettere in campo nello spettacolo: ho fatto teatro, tv, radio e molto altro. Credo di poter dare ancora tanto. Vediamo un po' quello che potrà succedere. D . – Infine, metaforicamente allo specchio: come si riflette
oggi Lorella Cuccarini? R . – Come una persona luminosa e serena. Mi sento una donna realizzata, in pace con se stessa. Ho dato tanto alla vita e mi è stato dato tanto. Vorrei tutto continuasse così. Ne sarei lusingata. Gianluca Doronzo
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Filippa Lagerback
LA BELLA DELLA CONDUZIONE
La Lagerback da 9 anni accanto a Fabio Fazio in «Che tempo che fa» (Raitre, ogni sabato e domenica, ore 20.10, con oltre 3milioni di spettatori in media), in attesa di condurre un programma tutto suo «magari sulla moda o sui viaggi»
Filippa e il suo essere una donna «trasparente, sincera e profondamente perbene»
“Una persona trasparente, sincera e perbene”. Filippa Lagerback si descrive così, metaforicamente allo specchio, ad epilogo di un'intervista nella quale fa il punto sul suo percorso artistico, considerando soprattutto i “9 anni di insegnamento di un maestro come Fabio Fazio”. Sembrano lontani gli esordi legati alla moda e alla pubblicità: oggi l'Italia è diventata la sua nazione (“mi ha dato tutto: amore, lavoro, famiglia e calore della gente”), consentendole di esprimersi sul piccolo schermo e nella letteratura (nel 2013 ha pubblicato il libro “Io pedalo e tu?”). Ogni sabato e domenica alle 20.10 è fra i protagonisti di “Che tempo che fa” su Raitre (con oltre 3milioni di spettatori in media), introducendo gli ospiti di ogni puntata. Pronta ormai per un programma tutto suo (“non perdendo di vista le battaglie nel sociale, al fianco dei più deboli”), ne sogna uno “a mo' di magazine sulla moda o sui viaggi”. Che il 2014 sia l'anno giusto? Domanda – Dalla primavera del 2005 assiste Fabio Fazio nella conduzione di “Che tempo che fa” su Raitre (ogni sabato e domenica, ore 20.10, oltre 3milioni di spettatori in media). Filippa, in che maniera vorrebbe sintetizzare i suoi 9 anni di collaborazione? Risposta – Si tratta di nove anni che, in tutta onestà, non sembrano proprio così numerosi. Ogni cosa bella vissuta, purtroppo, passa in fretta. Il tempo è volato ed io ho cercato di imparare il più possibile da un maestro come Fabio Fazio, emblema di stile e garbo in tv. Mi reputo sinceramente fortunata nell'essere parte di un programma così seguito e ricco di ospiti di settimana in settimana. D . – Televisivamente cosa le piacerebbe fare oggi e per cosa si sentirebbe portata, alla luce delle esperienze maturate nella sua carriera? R . – Guardi, lo scorso anno ho condotto con Pino Strabioli la trasmissione “That's Italia” su La7d e mi è piaciuta molto: si viaggiava e ci si divertiva tanto, con gusto per l'approfondimento. Era un magazine pulito, bello, leggero e divertente. Ecco: se ci fosse la possibilità di riproporlo, ne sarei entusiasta. D . – Il suo punto di vista sull'accoppiata Fazio-Littizzetto a “Sanremo 2014”? R . – Grandissima qualità, come nella precedente edizione. Tanta, ma tanta preparazione e molto “pop”: sono stati bravissimi a portare momenti di estrema cultura alternandoli ad una resa immediata, popolare e semplice. D . – Lei, tra l'altro, è stata fra i “presenters” del 2013, proclamando la canzone vincitrice degli Almamegretta. Che ricordo ha dell' “Ariston”? R . – Si è trattato di un bellissimo regalo che Fabio mi ha fatto: un'avventura surreale, divertente, fuori dall'ordinario. Mi ricordo i minuti che hanno preceduto il mio ingresso sul palco: emozione allo stato puro, sebbene dovessi fare molto poco. Quest'anno a vivere la frenesia dei giorni festivalieri è stato Daniele (Bossari, suo compagno di vita, ndr) con la radio. Un anno ciascuno non fa male a nessuno (e ride con simpatia, ndr).
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LA BELLA DELLA CONDUZIONE
D . – A proposito di “Sanremo”: condurrebbe un programma musicale? R . – Di musica si occupa già Daniele in famiglia e lo fa molto bene, secondo me. Magari per quello che mi riguarda si potrebbe pensare ad un magazine sulla moda e su tutto ciò che fa tendenza. Perché no? D . – Giusto. Filippa, eccoci al momento clou della nostra intervista: a che punto del suo percorso sente di essere oggi? R . – Mi rendo conto di non essere giovanissima: di conseguenza oggi mi sento più donna, maggiormente consapevole di quello che faccio e, in tutta onestà, mi sembra di essere pronta per fare qualcosa da sola. Assistere Fabio finora è stata una vera palestra: sono piena di energie per nuovi obiettivi da raggiungere, anche se oggettivamente sul piccolo schermo non si ha l'impressione ci siano così tante opportunità al momento. Io so solo una cosa: ho chiara la mia linea di condotta, non scenderò mai a compromessi e troverò la mia strada, porterò avanti metaforicamente “il mio viaggio”, anche operando nel sociale, affiancando i più deboli e battendomi per loro. Ne sono convinta.
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LA BELLA DELLA CONDUZIONE
Filippa Lagerback? R . – Trasparente. Direi che è l'aggettivo più appropriato per il mio attuale stato d'animo. Come persona mi ritengo pura nel pensiero, con la coscienza a posto, riuscendo a dormire sonni tranquilli. Mi piace poter guardare gli altri con sincerità, pulizia e coerenza. Principi dai quali non potrei mai prescindere. Gianluca Doronzo
D . – Se le dovessi dire Italia, cosa risponderebbe subito? R . – L'Italia per me è tutto: la gioia, la vita, l'amore, il lavoro. Sono stata accolta dalla vostra nazione immediatamente in maniera ottimale e avverto un legame fortissimo con la gente, con le tradizioni, con le usanze dei posti più disparati. Oggi più che mai mi sento cittadina italiana, pur non dimenticando le mie origini svedesi. D . – Nel '96 ha partecipato al film di Veronesi “Silenzio si nasce”: ripeterebbe un'esperienza simile? R . – Credo che il treno sia già partito dalla stazione ed io abbia scelto altre strade. È andata bene così: il mio percorso si è indirizzato verso la tv e altro. D . – Il 10 aprile 2013 ha pubblicato il suo primo libro, dal titolo “Io pedalo e tu?”: com'è andata? R . – Direi che è stato come un parto. Di sicuro un'esperienza bellissima, che non avrei mai potuto prevedere in passato. Un'emozione fortissima presentare il proprio libro in giro per l'Italia, davanti a tante persone per mesi. Nella vita può accadere di tutto, anche che io replichi con una seconda opera. Ma, per il momento, sento che è andata bene così e non ho alcuna fretta o smania di continuare nell'ambito della letteratura. D . – Cosa si auspica per il proseguimento del suo percorso? R . – Che proceda così come sta andando, soprattutto considerando quanto sia difficile il momento nel quale ci troviamo. Vado avanti, facendo piccoli passi e conquistando le mie mete nel tempo, avendo sempre un sano rispetto per il prossimo. Un principio che non può prescindere da me. D . – Metaforicamente allo specchio: come si riflette oggi
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La tv che vedremo
LA TV CHE VEDREMO
Belen nel pomeriggio di Italia Uno, Gerry Scotti al posto di Bonolis in «Avanti un altro» e Alessandro Cattelan in uno show tutto suo su Sky Uno: le «video» novità di marzo
Volti freschi in ascesa, grandi ritorni nel preserale di Canale 5, attrici promettenti nella fiction italiana: per la primavera in tv ce n'è davvero per tutti
Volti freschi per il nuovo pomeriggio di Italia Uno (da Belen Rodriguez a Paolo Ruffini). Storico cambio della guardia fra Bonolis e Scotti nel preserale “Avanti un altro” su Canale 5. Alessandro Cattelan (conduttore di “X Factor”) in uno show tutto suo su Sky Uno e due attrici straniere (Antonia Liskova e Rocio Munoz Morales) in ascesa nella fiction. Le “video” novità per la primavera 2014. Belen Rodriguez, Paolo Ruffini, Fiammetta Cicogna e Moreno – Per il pomeriggio di Italia Uno è tempo di grandi cambiamenti: nelle prossime settimane, infatti, dovrebbero iniziare ben tre programmi affidati a volti freschi, popolari e, soprattutto, giovani. Si dovrebbe (il condizionale è d'obbligo) iniziare con Belen Rodriguez, a cui sarebbe affidata una trasmissione dedicata alla bellezza, dal titolo “Come mi vorrei”, in una sorta di rivisitazione dello show “Il brutto anatroccolo”. A Paolo Ruffini, reduce dal successo di “Colorado”, spetterebbe “Vecchi bastardi”, strizzando l'occhio al celeberrimo film “Amici miei” di Mario Monicelli, mentre a Fiammetta Cicogna (o, addirittura, al rapper Moreno) il compito di introdurre i filmati di “Urban wild”, in un'escalation di video amatoriali “spettacolari e adrenalinici”. Gerry Scotti – Dal 31 marzo cambio della guardia per il preserale di Canale 5, attualmente condotto da Paolo Bonolis. Sì, stiamo proprio parlando di “Avanti un altro”, il game che ha ottenuto oltre 5milioni di spettatori in media in questa stagione. Stando alle ultime indiscrezioni, potrebbe essere proprio Gerry Scotti a ricevere “il passaggio del testimone”: lo si vedrà, dunque, alle prese con il “minimondo”? Alessandro Cattelan – Il promettente conduttore di “X Factor” sta crescendo ed ora si mette in discussione in un talk tutto suo: dal 27 marzo alle 23 sarà alla guida di “E poi c'è Cattelan” su Sky Uno. Sette puntate con interviste a personaggi famosi, sulla scia del “David Letterman Show”. Antonia Liskova – Attualmente è nelle sale cinematografiche nel film “Una donna per amica”, per la regia di Giovanni Veronesi. Per Antonia Liskova, però, non mancano gli impegni sul piccolo schermo: sarà fra i protagonisti, per dieci puntate su Canale 5, della fiction “Solo per amore”, accanto a Pietro Genuardi (l' “Ivan Bettini” di “Centovetrine”), Valentina Cervi e Simon Grechi, per la regia di Raffaele Mertes. Nel cast anche Massimo Poggio e Kaspar Capparoni. Rocio Munoz Morales – Si è tanto, ma tanto parlato di lei nei mesi scorsi, soprattutto per una ragione: è stata la donna che ha fatto “girare la testa” a Raoul Bova, mettendone in crisi il matrimonio. La spagnola Rocio Munoz Morales, nota per il film “Immaturi 2”, entrerà a fare parte del cast della terza stagione della serie “Un passo dal cielo”, accanto a Terence Hill. Vestirà i panni di una manager iberica finita nei guai, condannata a trascorrere sei mesi di affidamento ai servizi sociali in Trentino. Gianluca Doronzo
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Roberta Lanfranchi
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Roberta Lanfranchi e la sua stagione in ascesa nei panni di Milly in «Sette spose per sette fratelli» (al «Sistina» di Roma fino al 16, proseguendo al «Team» di Bari il 22 e 23 marzo, rispettivamente alle 21 e 18.30), per la regia di Massimo Romeo Piparo
«Sto animando il musical giusto al momento giusto: non potrei desiderare di meglio in questo periodo»
Un piccolo (e scherzoso) “incidente diplomatico” fa da preambolo all'istrionica intervista con Roberta Lanfranchi: l'appuntamento telefonico col giornalista avviene, stando a quanto accaduto in passato, in occasione degli anni bisestili. Non essendolo il 2014, bisognerebbe aspettare il 2016? Con ironia, humour e tante risate inizia il racconto di una delle donne più preparate nel mondo dello spettacolo odierno: sempre più convincente nell'ambito del canto (ha ottenuto un ottimo riscontro nell'ultima edizione di “Tale e quale show” di Carlo Conti su Raiuno), ballo e recitazione, sta facendo del musical “la forma espressiva” a lei congeniale, non dimenticando quanto costruito in un quasi ventennio televisivo (“magari ci tornerei con un talk legato all'attualità, spaziando negli argomenti, con estrema curiosità”). Attualmente in tournée nei panni di Milly in “Sette spose per sette fratelli” (dall'omonimo film di ben 60 anni fa), per la regia di Massimo Romeo Piparo, è affiancata da Flavio Montrucchio, fra gli altri. In primo piano “divertimento, trasversalità e passione”: al “Sistina” di Roma fino al 16 marzo, passando per il “Team” di Bari il 22 e 23, rispettivamente alle 21 e 18.30, proseguendo in Sicilia, a Torino e a Genova, con epilogo il 18 maggio. Il tutto con uno spirito “sorridente”. Domanda – Roberta, c'è una questione che dobbiamo risolvere prima di iniziare la nostra chiacchierata. Risposta – Davvero? Quale? D . – Solitamente ci siamo sentiti in passato per interviste telefoniche negli anni bisestili: il 2014 non lo è. Come facciamo? Rimandiamo al 2016 (e scoppia una risata da parte di entrambi, ndr)? R . – (Conclusa la risata, ndr) Verissimo: è stato realmente carino a ricordarselo. Come ho potuto dimenticarlo proprio non so. Facciamo così: anticipiamo i tempi e chiacchieriamo lo stesso. Infrangiamo le “nostre regole” (e si ride nuovamente, ndr). D . – Bene, Roberta: dopo questo sketch iniziale, veniamo a noi. A 60 anni dall'uscita dell'omonimo film, state portando in tournée la versione “musical” di “Sette spose per sette fratelli”, dal Sistina in tutt'Italia (il 22 e 23 marzo al “Team” di Bari), fino al 18 maggio. Emozioni, stati d'animo, riscontri? R . – Caro mio, ogni volta in cui mi si fa una domanda del genere, non posso che rispondere in questa maniera: “Sette spose per sette fratelli” è il musical giusto al momento giusto. E lo dico davvero per una variegata gamma di ragioni: innanzitutto perché torno a teatro con un grande nome come quello di Massimo Romeo Piparo, dal quale non si può che imparare costantemente. È un onore essergli accanto. In secondo luogo ritengo il cast sia strepitoso e di sera in sera se ne dà prova, con estrema vivacità e convinzione. C'è poi l'orchestra dal vivo e per me rappresenta un'emozione unica. E, dulcis in fundo, siamo nel sessantesimo anniversario dell'omonimo film, in virtù di quanto giustamente ha detto lei, per cui è davvero tutto come in una sorta di “quadratura del cerchio”. Penso non si possa volere di più. D . – Perfetto. Desidero, però, farle una domanda: quali
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differenze sta riscontrando rispetto alle sue performance precedenti in “Cenerentola” e “Se il tempo fosse un gambero”, ad esempio? R . – Innanzitutto sono diventata più grande: nel nostro mestiere non si finisce mai di imparare e di sicuro 5 anni fa non mi sarei sentita pronta per un ruolo come quello di Milly. Oggi ho maturato una serie di esperienze, grazie alle quali poter spaziare nelle discipline con maggior agio e convinzione. Ogni cosa a suo tempo, no? D . – Di conseguenza, proprio alla luce della versatilità delle discipline messe a punto, potremmo sostenere che il musical è la sua forma espressiva prediletta? R . – Diciamo proprio di sì. Io ho sempre studiato danza, canto e recitazione. Non mi sono mai fermata e ho cercato puntualmente di migliorarmi nel tempo, qualsiasi esperienza facessi. Il musical, proprio per la capacità di rendere trasversali, è certamente una delle forme artistiche che prediligo oggi. D . – Fra i suoi compagni di scena figura Flavio Montrucchio: come definirlo? R . – Flavio ogni sera mi regala sul palco delle sorprese. È ironico, divertente: siamo come fratelli ed io mi sento “l'ottavo fratello” dello spettacolo. Improvvisa e, ogni tanto, mi spiazza con risate mentre stiamo facendo le repliche: una volta aggiunge delle movenze al suo personaggio da boscaiolo, non previste in copione; un'altra infila una battuta inedita, con conseguente risata mia e del pubblico. Siamo davvero una coppia affiatata. Non mi poteva andare meglio. Mi creda. D . – Ci credo, ci credo. Tra l'altro, lei e Flavio avete in comune anche la partecipazione a “Tale e quale show” su Raiuno, per la conduzione di Carlo Conti, in due annate diverse. Per lei che
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tipo di esperienza è stata? R . – Sono stati tre mesi di scuola vera e propria: guardi che studiavamo sul serio! Tanta preparazione, fatica e sudore: per uno che non è mai stato imitatore, mica è uno scherzo affrontare un programma del genere. Approfondivamo i video dei personaggi che dovevamo portare di settimana in settimana nei minimi dettagli, con l'aiuto di coach straordinari del calibro di Emanuela Aureli. Per me, lo ripeto: è stato come tornare sui banchi di scuola. D . – Fatto sta che gli oltre sette milioni di spettatori davanti alla tv per “Tale e quale show” hanno dimostrato come si possa fare un intrattenimento sano e pulito, senza eccessi o volgarità. R . – Un intrattenimento sano, pulito e serio. Non dimentichiamo che si sono messi in gioco personaggi come Frizzi e Amadeus, rivelando non solo ironia ma anche grande professionalità. Ovviamente, alla fine di tutto, il ringraziamento più grande va a Carlo Conti: senza di lui “Tale e quale show” non avrebbe ragione d'esistere. D . – In tv oggi cosa le piacerebbe fare? R . – D'istinto risponderei un programma tipo “L'Italia sul due”: l'ho portato avanti per due edizioni, con ben due ore di diretta. Un grande allenamento per il cervello, spaziando negli argomenti, passando da quelli più leggeri ad altri legati all'attualità. Mica facile! Ne ho un ottimo ricordo e mi manca. Per cui, alla resa dei conti, direi che oggi mi piacerebbe tornare in un talk, in un contesto che parli d'attualità. Certo, vorrei risponderle che desidererei tanto “il varietà”, ma purtroppo non ci sono in giro contesti che lo ricordino e si fatica davvero a metterlo a punto.
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D . – A proposito di tv: che ne direbbe, avendo un'ottima vocalità, di andare in gara al “Festival di Sanremo”? R . – Oh mamma, per carità! Per andare a “Sanremo” ci vuole un coraggio da leoni. Ogni anno ascolto le interviste dei cantanti in gara e ribadiscono sempre di avere l'ansia, il terrore, la preoccupazione del palco dell' “Ariston”. E loro lo fanno di professione da anni. Si figuri io che sono nessuno nel canto! D . – Consideri, però, che anche altre donne di spettacolo sono andate in gara: penso a Loretta Goggi e Lorella Cuccarini. R . – Ma quelle sono due donne con le palle. Professioniste allo stato puro, con tanto di cappello. D . – E lei potrebbe essere la terza, no? R . – (Dopo una risata, ndr) Mah, dovrei fare un bel corso accelerato di training autogeno. Solo allora, forse, potrei pensarci. D . – Siamo nel 60esimo anniversario della tv e 90esimo della radio: due campi che ha egualmente affrontato. Che dire? R . – Esatto. Di tv abbiamo già un po' parlato nella nostra chiacchierata, di radio mi piacerebbe farne ancora, dopo l'esperienza di “Last minute” l'anno scorso. Vorrei si
ripresentasse la prossima estate l'occasione, soprattutto avendo la chance di parlare col pubblico di argomenti svariati, di luoghi di vacanze, di bellezze paesaggistiche della nostra Italia e di tradizioni popolari. Chissà che i prossimi giugno, luglio e agosto non mi facciano un bel regalo “radiofonico”. D . – Cara la mia Lanfranchi, siamo quasi in dirittura d'arrivo nella nostra chiacchierata: come vorrebbe potesse proseguire il suo percorso? R . – In realtà vorrei che tutto vada come sta esattamente andando: non potrei desiderare altro. Di conseguenza è bene io mi stia zitta, così non può che andare esponenzialmente meglio. Sono contenta di quello che sto realizzando professionalmente e sento di crescere di volta in volta, sempre di più. D . – Metaforicamente allo specchio: come si riflette oggi Roberta Lanfranchi? R . – Allo specchio? Diciamo che mi rifletto con un paio di rughe in più, visto che la Lanfranchi quest'anno ne compie 40, ma sempre con una gran voglia di sorridere. Sì: direi che oggi mi sento sorridente. Gianluca Doronzo
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Flavio Montrucchio
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Sono trascorsi ben 13 anni dalla sua vittoria al «Grande fratello»: l'escalation di Flavio Montrucchio, performer teatrale credibile e ironico nel musical «Sette spose per sette fratelli» (in tournée fino al 18 maggio, con «incursione» al «Team» di Bari il 22 e 23 marzo), per la regia di Massimo Romeo Piparo, accanto a Roberta Lanfranchi
«Cuore, passione e tanto divertimento: i principi con cui cresco a teatro, cercando di stupire sempre il pubblico»
“Cuore, passione e tanto divertimento”. Caratteristiche che motivano la credibilità di Flavio Montrucchio nel mondo dello spettacolo, cercando di “stupire” impegno dopo impegno, nel rispetto del pubblico. Diventato popolare ben tredici anni fa grazie alla vittoria del “Grande fratello 2”, ha costruito nel tempo un serio (e sano) percorso nella recitazione (all'attivo fiction come “Donna detective” e “Provaci ancora prof”), mettendosi anche in discussione in teatro, fino ad essere sempre più un performer acclamato nel musical. A confermarne l'ascesa i panni del boscaiolo Adamo Pontipee in “Sette spose per sette fratelli”, per la regia di Massimo Romeo Piparo, a 60 anni di distanza dal debutto dell'omonimo film, con Roberta Lanfranchi (in tournée fino al 18 maggio, dal “Sistina” al “Team” di Bari il 22-23 marzo, proseguendo per la Sicilia, Torino e Genova, con ripresa nella prossima stagione, fino ad arrivare a Milano per le feste natalizie). E, giusto per non farsi mancare niente, in queste settimane è nelle sale cinematografiche con “Una donna per amica” (accanto a Fabio De Luigi e Laetitia Casta), in attesa di affiancare Federica Panicucci su Canale 5 in “Tutti dicono i love you”. Per la serie: un artista in continuo movimento. Domanda – Flavio, attualmente è in tournée col musical “Sette spose per sette fratelli” (nei panni del boscaiolo Adamo Pontipee), per la regia di Massimo Romeo Piparo, accanto a Roberta Lanfranchi. All'interno del suo percorso cosa rappresenta? Risposta – Sicuramente un'opportunità importante, soprattutto perché ho l'occasione di tornare a fare teatro, a distanza di un po' dalla mia ultima esperienza in tournée. Vorrei, soprattutto, mettere in evidenza quanto “Sette spose per sette fratelli” mi consenta di essere al servizio di un nome prestigioso come quello di Massimo Romeo Piparo, di cui vado veramente fiero. Io sono del parere che il teatro sia un connubio di “esibirsi e apprendere”: in questo musical ci sono tutti gli “ingredienti” per poter essere espressivi al meglio, spaziando nelle discipline dello spettacolo, proprio come piace fare a me. Stiamo, per così dire, già “operando” da un po' e ammetto che i risultati sono davvero gratificanti. Ci divertiamo tantissimo. D . – Rispetto ai musical precedentemente interpretati da lei, quale valore aggiunto rappresenta “Sette spose per sette fratelli”? R . – I musical sono sempre piuttosto simili per impegno: non credo ci siano alcuni più eclatanti ed altri meno. Nessuno è inferiore all'altro. Di sicuro “Sette spose per sette fratelli” rappresenta la storia, la tradizione e un titolo di prestigio. Ci diamo davvero tutti quanti da fare, mettendo in campo il massimo delle nostre peculiarità, sera dopo sera. Forse, in un momento come questo, avere la possibilità di fare teatro in maniera così lodevole, con riconoscimenti da parte del pubblico e della critica, è un bel traguardo. D . – A che punto della sua carriera sente di essere oggi? R . – Partiamo dal presupposto che potrei affermarle di essere ad un 30%. Se così fosse, però, vorrebbe dire che vedo la fine
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col restante 70% e non è così, perché c'è ancora tanto da fare. È difficile, onestamente, valutare a che punto si sia: dico solo che, in generale, mi ritengo soddisfatto di quanto fatto finora, soprattutto perché c'ho messo puntualmente cuore, passione e tanto divertimento. Poi quel che accadrà, accadrà. Senza fasciarsi troppo la testa e avere tante pretese. D . – Potremmo, alla luce di quanto evinto finora, dire che il musical è la forma espressiva in grado di rappresentarla maggiormente? R . – Per quanto mi riguarda direi proprio di sì: senza nulla togliere alla fiction o alla tv, grazie alle quali ho raggiunto la popolarità e con cui mi diverto, soprattutto quando mi capitano programmi come “Tale e quale show”. Al di là di tutto, il teatro dà emozioni uniche e irripetibili, offrendoti il calore e l'affetto del pubblico. È vivo, diretto, senza filtri. Come piace a me. D . – Cosa vorrebbe potesse emergere dalla sua performance in “Sette spose per sette fratelli”? O, meglio, cosa si augurerebbe di leggere in un articolo? R . – Sinceramente sarei grato se il pubblico, un giornalista o un critico, venissero a vedermi rimanendo stupiti. Credo che, alla resa dei conti, il complimento migliore per un artista non possa che essere la credibilità sul palco, dando spessore ad un ruolo. Il fatto che gli altri possano riconoscerti talento e capacità è bellissimo. D . – Lei e Roberta Lanfranchi avete in comune la partecipazione a “Tale e quale show” su Raiuno: come valuta
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la sua compagna di scena? R . – Premesso che è vero che entrambi abbiamo partecipato a “Tale e quale show” su Raiuno, credo che Roberta sia una grandissima professionista: sa cantare, danzare e recitare con enorme competenza, con passione e davvero con talento. Ora, al di là degli aspetti legati all'artista, credo abbia una grandissima umiltà e una spiccata ironia. Qualità rare. D . – Prima ha detto che non le dispiacerebbe prendere parte ad una fiction: c'è qualche progetto prossimamente? R . – Caro mio, le chiacchiere stanno sempre nell'aria (e ride al telefono, ndr). Scherzi a parte, quando ci saranno dei progetti ne parleremo: per il momento ho una parte nel film “Una donna per amica”, con Fabio De Luigi e Laetitia Casta. Diciamo che mi do da fare. D . – A breve, però, sarà protagonista con Federica Panicucci di un nuovo programma su Canale 5, dal titolo “Tutti dicono i love you”. R . – Esatto: si tratta di una trasmissione nella quale sarò il coconduttore, affrontando sentimenti e storie di persone comuni. Stiamo registrando le ultime puntate e poi si andrà in onda. Grande professionista anche Federica. D . – A 13 anni dalla sua partecipazione al “Grande fratello”, nuovamente in onda su Canale 5 (ogni lunedì, ore 21.10) per la tredicesima edizione, avrebbe mai immaginato un percorso come quello fatto finora? R . – La verità è che molti non si aspettavano il “Grande fratello”
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e il mio percorso potessero essere così longevi: il tempo ha dato e darà le dovute risposte. Intanto siamo qui a parlarne e mi sembra che, negli anni, qualcosa sia stata fatta da me. Forse in futuro parteciperò al “Grande nonno”, visto che il tempo passerà anche per me (e ride, ndr). D . – (Dopo una risata comune, ndr) Magari ci ritroveremo per una chiacchierata a parlarne. Chissà! Ironia a parte, Flavio, come vorrebbe potesse proseguire il suo viaggio professionale? R . – Io sono abbastanza contento di quello che sono riuscito a fare finora: non ho vissuto questi anni con smanie di ansia e obiettivi da raggiungere. Sono sempre stato molto concreto, con i piedi per terra, andando avanti nella maniera più giusta e sentita per me. Mi è, onestamente, puntualmente andata bene e ho vissuto esperienze decisamente costruttive. Va bene così, glielo assicuro. D . – Dulcis in fundo, s'immagini metaforicamente allo specchio: come si riflette oggi? R . – Con qualche ruga in più, con maggiore esperienza e, soprattutto, con una maturata consapevolezza. Onestamente questo non so se sia un pregio o meno. D . – Di qualsiasi cosa si tratti, è un dato di fatto. E ne prendiamo coscienza, no? R . – Esatto. È un dato di fatto. Gianluca Doronzo
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Tosca D'Aquino
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Tosca D'Aquino nel ruolo di «Edna» nella pièce «Il prigioniero della seconda strada» di Neil Simon, per la regia di Giovanni Anfuso, accanto a Maurizio Casagrande (in tournée fino ad aprile, con tappa al «Duse» di Bologna dal 21 al 23 marzo)
«Sono soddisfatta di quello che la vita mi ha dato finora: se ci fosse un bel ruolo al cinema sarebbe la quadratura del cerchio»
Ritrovarla per una chiacchierata telefonica è sempre un piacere. Innanzitutto per una ragione: è puntualmente disponibile, sorridente e cordiale. Qualità non così comuni e scontate. E poi, fra una domanda e una risposta, la gente la ferma per strada per chiederle autografi, mentre è in scena a Napoli con la commedia “Il prigioniero della seconda strada” di Neil Simon, per la regia di Giovanni Anfuso, assieme a Maurizio Casagrande. L'affetto arriva persino al giornalista, che non può fare a meno di costatare quanto Tosca D'Aquino sia una delle attrici più popolari e stimate del teatro e cinema italiani, in grado di essere credibile in qualsiasi ruolo (nei prossimi mesi sarà in tv nella fiction “La narcotici”, dando anima e volto ad una madre). Nella pièce con cui è attualmente in tournée (in scena fino ad aprile in tutt'Italia, sarà al “Duse” di Bologna dal 21 al 23 marzo) veste i panni di “Edna”, una donna capace di affrontare le difficoltà finanziarie del marito, facendo prevalere i sentimenti e il cuore. Dimostrando quanto un testo scritto ben 40 anni fa sia di straordinaria attualità. Domanda – Signora D'Aquino, la ritrovo a distanza di qualche anno proprio per una chiacchierata a proposito di una commedia teatrale: in questi mesi sta, infatti, vestendo i panni di “Edna” nel capolavoro di Neil Simon, intitolato “Il prigioniero della seconda strada”. Ad affiancarla, fra gli altri, Maurizio Casagrande. La vostra è una pièce di estrema attualità, pur essendo stata scritta 40 anni fa, considerando il fatto che in primo piano è una piccola famiglia, vittima della crisi economica. Risposta – Ben detto: Neil Simon mette a punto una storia con personaggi davvero sfaccettati, toccando proprio le corde della nostra quotidianità, pur essendo stata scritta molti decenni fa in un altro contesto geografico. Si parla di crisi economica, di inquinamento atmosferico e di problematiche legate alla vita di tutti i giorni, davvero con grande trasporto e con un tocco di profonda umanità. D . – Non solo ma, se vogliamo, c'è alla resa dei conti una morale della favola vera e propria: “l'amore è più forte della mancanza di soldi, lavoro e acqua”. R . – Questo è davvero un bel messaggio: Neil Simon ritengo sia un grande, puntando alla fine sui sentimenti, immortali e senza confini. D . – Che fase stiamo vivendo, teatralmente parlando? R . – Io sono, a dire il vero, molto ottimista: c'è un bel fermento drammaturgico e si respira un lodevole ritorno al teatro, facendo evadere il pubblico rispetto alla routine quotidiana. Noi dovremmo cibarci di arte e cultura, senza mai consentire che possano essere minimamente maltrattate. Credo che, alla resa dei conti, gli spettacoli attualmente in tournée siano di buona qualità, con gusto, spessore e tanta passione. D . – In base a quali criteri oggi sceglie un testo e un personaggio da interpretare?
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R . – Devo dirle che non parto mai da un preconcetto: ogni volta in cui mi si sottopongono un testo e un personaggio, devo leggere, capire, comprendere cosa io possa fare realmente per rendere ciò che l'autore desidera al massimo, basandomi spesso e volentieri su un criterio di emozione. Credo siano istanze imprescindibili, senza le quali non si possa dare un apporto realmente costruttivo a quello che si fa. D . – “Edna”, dunque, è entrata nelle corde delle sue emozioni: no? R . – “Edna” è un personaggio stupendo, che qualsiasi attrice al mondo vorrebbe interpretare. È materna, amorevole, si dà da fare: va a lavorare per essere indipendente e contribuire alla situazione economica familiare. Ha poi un crollo, ma si riprende e affronta le difficoltà col marito, quasi fossero due esempi “sanamente folli”. Si tratta di una donna da sogno, combattiva, tenace e completa: credo non si possa fare a meno di desiderare di interpretarla. D . – Da un po', ad onor del vero, non la vediamo in tv in una fiction: cosa le piacerebbe interpretare oggi? R . – Ho appena finito di girare una serie per la Rai, intitolata “La narcotici”, che andrà in onda prossimamente. Interpreto il ruolo di una madre alle prese con le difficoltà esistenziali di figli adolescenti, per i quali combattere con le unghie e con i denti.
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Sarò in tournée col testo di Neil Simon fino ad aprile e poi sto vagliando altri progetti, dei quali ancora non parlo, perché come lei ben sa “finché non si firma, tutto può accadere”. D . – Il suo punto di vista sul film “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino, vincitore del “Premio Oscar”? R . – Bello, bellissimo. Mi piace tantissimo come film, lo trovo straordinario. Adoro questi progetti che hanno un sano e ampio respiro internazionale, consentendo all'italianità di andare oltre i confini, con conseguente lustro anche per gli attori coinvolti nei cast. Questa è la vera “grande bellezza” del nostro cinema. D . – Ritiene ci sia ancora in Italia il pregiudizio nei confronti di un attore di cinema rispetto ad un altro della fiction, oppure no? R . – Sinceramente penso che il pregiudizio sia stato un po' superato: io ho fatto anche la pubblicità e credo ci siano talmente tante cose da fare, che non ci si possa fermare alla ghettizzazione di “cinema” o “teatro”. L'artista è tale perché poliedrico, a tutto tondo. Non posso che essere d'accordo con chi va oltre gli steccati. D . – Tornerebbe a fare un varietà del sabato sera, come quello di diversi anni fa con Panariello? R . – Lo farei subito: io ci sguazzo in imprese del genere, perfettamente nelle mie corde. In un varietà puoi davvero dare
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tutto il meglio di te, spaziando nelle discipline, facendo divertire il pubblico. Con Panariello abbiamo fatto numerosi record d'ascolto per Raiuno, ancora oggi memorabili. Eravamo una bella squadra e abbiamo animato un sano intrattenimento, puntando persino sul balletto con Matilde Brandi. D . – Anche Massimo Ranieri di recente ha ottenuto un buon successo con “Sogno e son desto” su Raiuno. R . – Massimo è un grande, capace di intrattenere il pubblico in maniera magistrale. Il suo programma ha dimostrato quanto si possa ancora fare un sano varietà in tv. D . – A che punto del suo percorso sente di essere Tosca D'Aquino? R . – Premesso che ritengo di essere molto fortunata rispetto a quello che la vita mi ha dato e mi dà, non ho mai pensato di fare qualcosa in funzione di una precisa situazione o di un preciso momento. Io sono riuscita sempre a mantenermi facendo questo lavoro, che ho sognato da bambina. Di conseguenza sento di essere ad un buon punto del mio percorso, con la consapevolezza di essere anche una madre e un riferimento per i miei figli, che crescono a vista d'occhio. Sono una donna, una madre e un'artista: tre anime che convivono benissimo in me, senza sovrastrutture. D . – Cosa si auspica, infine, per il proseguimento del suo “viaggio” professionale? R . – Sicuramente di fare delle belle cose: sono contenta di quello che ho messo a punto finora. Mi ritengo soddisfatta e, se capitasse anche una bella parte al cinema, ne sarei davvero lusingata. Come dire: sarebbe una sorta di quadratura del cerchio. Gianluca Doronzo
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SANREMO 2014 - VINCITORI E VINTI
Quasi 9milioni di spettatori hanno seguito in media le cinque serate della kermesse canora su Raiuno (con finale al 43,51% di share), vinta da Arisa (»Controvento») per i «Campioni» e Rocco Hunt («Nu juorno buono») per le «Nuove Proposte»
Un «Festival» contemporaneo (ma non nella conduzione) con tante giovani promesse della musica e «vecchie glorie» (per i 60 anni della tv) un po' in affanno
Perché “Sanremo è Sanremo”. Nelle ultime settimane ne abbiamo sentito discutere in tutte le declinazioni (qualcuno direbbe, parafrasando una celebre canzone: “In tutti i luoghi, in tutti i laghi”). Non c'è stato salotto televisivo che non abbia tratto pretesto per alimentare polemiche su polemiche festivaliere, “in un fiume di parole”. Gli abiti, lo stile rétro della scenografia, l'ingiusta eliminazione di alcune canzoni (sembra che nella maggior parte dei casi abbiamo passato il turno proprio quelle più brutte: vox populi!), l'andamento lento della scaletta (con picchi di noia, spesso e volentieri), la formula fondamentalmente “déjà vu” e, soprattutto, una Luciana Littizzetto meno “in tiro” del 2013 (ad eccezione del monologo del giovedì, dedicato alle donne). Cosa rimane, pertanto, dell'ondata di chiacchiericcio e, in particolar modo, di un'edizione (siamo a quota 64: e si sente!) vinta per i “Campioni” da Arisa (con “Controvento”) e nella sezione “Nuove Proposte” dal rapper Rocco Hunt (con “Nu juorno buono”)? Innanzitutto l'audience: quasi 9milioni di spettatori hanno seguito in media le cinque serate, con uno share nella finale del 43,51%, delineando un calo generale di circa 3milioni500mila, con 3 punti percentuali in meno: segno di una certa stanchezza rispetto ad uno schema non più nuovo (sebbene, per certi versi, il cast sia da ritenere “contemporaneo” per il coraggio di azzardare, con scelte del tipo Perturbazione in “L'unica”, Frankie Hi NRG in “Pedala” e Riccardo Sinigallia in “Prima di andare via”), “appesantito” (ammesso che lo consentiate) dal desiderio autoriale di celebrare i 60 anni della tv con presenze non proprio fresche nel mondo dello spettacolo (siamo alle solite: si continua ad alimentare la tendenza secondo la quale festeggiare un anniversario significhi “essere antichi”. Un errore madornale). Ma, al di là di questo, il vero limite del “Festival 2014” è sembrato dimorare nella volontà di assecondare lo stesso canovaccio di “Che tempo che fa”, trito e ritrito nella precedente edizione canora, ritenuta di successo perché “il tutto avveniva per la prima volta”. Possibile che nessuno, in tanti mesi di lavoro, se ne sia accorto? Per fortuna, però, musicalmente c'è stata qualche novità della quale stiamo sentendo parlare in queste settimane, classifiche alla mano: Raphael Gualazzi & The Bloody Beetroots con “Liberi o no”, Noemi con “Bagnati dal sole” (il suo “Made in London” è fra i più venduti), Giusy Ferreri tornata con uno stile più intimo grazie a “Ti porto a cena con me” e Cristiano De Andrè (“Premio della Critica Mia Martini” per “Invisibili”) con una struggente e intensa “Il cielo è vuoto”. Meno incisivi: Francesco Sarcina (“Nel tuo sorriso”), Ron (più poetica l'eliminata “Un abbraccio unico” al posto di “Sing in the rain”), Antonella Ruggiero (“Da lontano”), Giuliano Palma (“Così lontano”) e Francesco Renga (“Vivendo adesso”). Fra le “Nuove Proposte” bene per Diodato (“Babilonia”) e Zibba (“Senza di te”). Un po' deludenti Veronica De Simone (“Nuvole che passano”) e Bianca (“Saprai”). Peccato per Filippo Graziani (“Le cose belle”): avrebbe meritato un bel riconoscimento, grazie ad una hit vivace, accattivante e, soprattutto, sincera. Ma, si sa, sul palco dell' “Ariston” non sono i piazzamenti quelli che contano, bensì le vendite e i percorsi “a lungo andare”. Per il momento concludiamo con un auspico: che per la 65esima edizione si cambino formula, conduttori e direzioni artistiche. C'è bisogno di novità nel Paese. Gianluca Doronzo
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Noemi
SANREMO 2014 - LA CAMPIONESSA NELLE VENDITE
Terzo album ricco di sound e contemporaneità per la cantautrice, quinta classificata al 64esimo «Festival di Sanremo» col brano «Bagnati dal sole», attualmente fra i giudici di «The Voice» su Raidue (ogni mercoledì, ore 21.10)
Lo strano caso di Noemi: venuta fuori da un «talent», è uno dei pochi esempi di «talento» canoro in Italia, con una cifra «made in London»
“Questo nuovo lavoro mi ha fatto crescere sotto molti punti di vista. Prendere coraggio e decidere di fare le cose a proprio modo, al cento per cento, non è una scelta facile: a volte è molto più semplice scaricare la propria coscienza, lasciando le decisioni cruciali e gli eventuali errori sulle spalle degli altri. Non so se questo disco mi renderà un'artista di successo: lo spero. Ma, sicuramente, mi ha reso una persona e una professionista migliore”. Una Noemi più consapevole, matura e proiettata alla “ricerca e sperimentazione” sta scalando le classifiche, a pochissime settimane dalla sua partecipazione alla 64esima edizione del “Festival di Sanremo” (dove si è piazzata al quinto posto), col terzo cd in carriera, dal titolo “Made in London”, prodotto in Inghilterra (“ho avuto la possibilità di collaborare con autori del calibro di Paul Statham, Poul O'duffy e Shelly Poole, fra gli altri”) con un occhio allo stile di “Adele”. Undici pezzi con richiami “soul e world”, dominati dalla hit radiofonica “Bagnati dal sole”. Ritenuto “un album vario, che prende spunto da diversi generi musicali”, per la cantautrice nuovamente fra i giudici di “The Voice of Italy” (Raidue, ogni mercoledì, ore 21.10) non può che essere “il conseguimento di un obiettivo importante”, esprimendo tutto l'entusiasmo per la completa autonomia nelle decisioni testuali, d'arrangiamento e produttive. Dal suo punto di vista dichiara: “Scrivere i miei testi e le mie musiche, la scelta delle collaborazioni autoriali e avere l'ultima parola sulle decisioni di produzione, ha sicuramente pesato sulle mie spalle, ma è un peso che ho portato volentieri, proprio in virtù del fatto che ho sempre voluto giocare con le mie carte, sin dal primo cd”. Ad un ascolto complessivo, si fanno strada motivi come “Acciaio”, “Se tu fossi qui”, “Un uomo è un albero” (non ha passato il turno sul palco dell' “Ariston”) e “Un fiore in una scatola”. Sul versante inglese non mancano due canzoni emozionali: “Passenger” e “Don't get me wrong”. E proprio sulla necessità di trasferirsi a Londra, non si risparmia in riflessioni: “Per me è stato importantissimo il contatto con nuove persone, suoni e realtà che mi hanno anche un po' liberato da alcune idee, a volte restrittive sulla musica. Ho respirato l'amore per le cose innovative, diverse”. E continua: “Qualcuno potrebbe storcere il naso, perché alcune sonorità sono molto moderne e lontane dalla Noemi cantautoriale dei dischi scorsi. Non è assolutamente mia intenzione rinnegare un passato che amo, soprattutto perché mi ha dato tantissimo”. Concludendo: “Ho voluto semplicemente allargare i confini sonori, dove spesso capita di rinchiudersi per paura o, peggio ancora, per pigrizia. Sicuramente una tessera molto importante di questo puzzle è il mitico Charlie Rapino, che mi ha permesso di conoscere e lavorare con gente veramente talentuosa, inserita nel sound made in UK”. Ad affiancare, infine, la nostra 32enne Veronica (suo vero nome) con un tocco di “italianità” nella stesura di alcuni brani: Diego Mancino, Luca Chiaravalli e Daniele Magro (“ha scritto un testo coraggioso e sconvolgente per una persona della sua età”), altra firma venuta fuori da “X Factor”. Con Noemi siamo, alla resa dei conti, dinanzi ad uno strano caso di sinergia semantica: è venuta fuori da un “talent” e, a dispetto di molti suoi colleghi che non ne onorano la provenienza, ha “talento”. Se vi pare. Gianluca Doronzo
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Diodato
SANREMO 2014 - LA GIOVANE PROMESSA
Si racconta il secondo classificato (originario di Taranto) fra le «Nuove Proposte» al 64esimo «Festival di Sanremo» con la canzone «Babilonia» (nella quale «la gente si è immedesimata»), contenuta nella riedizione del cd «E forse sono pazzo»
Un cantautore emozionale e introspettivo, dal «sapore» rock: Diodato e la sua stagione migliore, dopo tanta gavetta
Una rivelazione. Non solo canora, ma anche umana. Diodato ha freschezza e intimismo allo stesso tempo: peculiarità che, se alimentate con costanza e umiltà, lo porteranno molto, ma molto lontano nella sfera cantautoriale (con un tocco rock). Secondo classificato fra le “Nuove Proposte” al 64esimo “Festival di Sanremo” con “Babilonia” (una canzone “nella quale la gente si è immedesimata, vivendo le mie stesse emozioni”), contenuta nel cd “E forse sono pazzo”, mostra estrema sincerità nell'intervista, quasi fosse al telefono con un “amico di sempre”. Dall'immensa soddisfazione per i risultati conseguiti sul palco dell' “Ariston”, alle tappe principali del suo percorso (con un 2013 “da exploit” fra vittoria del “Medimex” e partecipazione al concerto del 1° maggio a Taranto, sua città d'origine, con Fiorella Mannoia, fra l'altro), dichiara quanto “la musica sia totalizzante” nella sua vita, suggerendo ai giovani di “non mollare mai”. E, metaforicamente allo specchio, “inizia a vedere il lato migliore di sé”, condividendo le proprie sensazioni con gli altri. Domanda – Soddisfatto della sua performance a “Sanremo”? Cosa si aspettava? Risposta – Sono, onestamente, molto felice di come siano andate le cose: ero piuttosto consapevole del seguito di Rocco Hunt e sapevo benissimo quanto fosse quasi impossibile, se non proprio impossibile, superarlo. Ho ottenuto un bel secondo posto, che rimarrà per sempre nel mio cuore. Ma, al di là dei risultati legati alle classifiche e alle posizioni, quello che più mi ha gratificato è l'essere arrivato al pubblico: ho ricevuto e continuo a ricevere tante attestazioni di stima da parte di chi mi ha ascoltato. Le mie esibizioni sono piaciute molto e la gente si è ritrovata nelle stesse sensazioni che avvertivo io sul palco. Il fatto che mi scrivano in molti è davvero un dato bellissimo per me. D . – In parte mi ha già risposto, ma avrei voluto chiederle più approfonditamente quanto fosse arrivata la sua canzone, “Babilonia”, fondamentalmente intimista, al pubblico. In quanti si sono riconosciuti nei suoi stati d'animo? R . – La canzone, come le dicevo già prima, è arrivata tantissimo. L'elemento più particolare è che, come giustamente diceva lei, io ho scritto un brano intimista, un po' autobiografico: in tanti mi hanno comunicato le proprie emozioni, condivise con le mie sul palco. È come se si fosse creata una sinergia d'anime fra il pubblico da casa e l' “Ariston”: una strana e magica combinazione, della quale sono pienamente entusiasta. D . – Del vincitore Rocco Hunt cosa pensa? R . – Rocco è un grandissimo talento e, soprattutto, un bravissimo ragazzo. Lo conoscevo solo di nome, prima di incontrarlo a “Sanremo”: sapevo che aveva già un enorme seguito. Lui è un tipo molto tranquillo, a dispetto del luogo comune secondo il quale i rapper hanno attitudini diverse di vita, essendo polemici e caotici. Quelli sono solo luoghi comuni. Dal mio punto di vista ci sono state troppe polemiche sul fatto che lui abbia vinto utilizzando il sociale nei suoi testi. Basta, non se ne può più di sentire dire tutto e il contrario di
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tutto. Rocco è fortissimo e il suo pezzo va alla grande. Io sono strafelice di come siano andate le cose per quel che mi riguarda: il mio secondo posto me lo godo pienamente. D . – Il “Festival di Sanremo” è sempre stato nei suoi sogni, nei suoi desideri, oppure no? R . – Sinceramente non sono mai stato uno che ha snobbato “Sanremo”: ammetto, però, che le edizioni precedenti a quelle di Fazio non mi hanno convinto tanto e, per questo, non ci sono andato. Con Fabio abbiamo cambiato idea, visto che ha puntato l'attenzione sulla qualità delle canzoni e assieme al mio team si è deciso di partecipare. Credo sia indubbiamente, da un punto di vista mediatico, il palco più importante che esista in Italia per un musicista e cantautore: è un'esperienza che va presa col giusto peso, non ritenendola un punto d'arrivo, ma di partenza. Da ora inizia tutto il viaggio da fare, per costruire un sano e serio percorso. E, sinceramente, non vedo l'ora. D . – Sembra, però, che il “Festival di Sanremo” sia arrivato nel suo percorso a coronamento di un 2013 davvero da “exploit”: l'uscita del cd d'esordio “E forse sono pazzo”; la colonna sonora del film di Daniele Luchetti “Anni felici”; il concerto del 1° maggio a Taranto, sua città d'origine, con Fiorella Mannoia (fra gli altri); la vittoria del “Medimex” come artista dell'anno e, dulcis in fundo, l'apertura della performance estiva di Daniele Silvestri a Roma. R . – Di sicuro “Sanremo” è stato un momento incredibile, arrivando al punto giusto, quasi a coronamento di tutte le belle esperienze che lei ha elencato, fatte nel 2013. Nel suo essere un evento spiazzante, mi ha dato una bella carica e mi ha fatto iniziare bene il 2014. Ora l'obiettivo è portare in giro il disco, fare i live, i concerti. E perché no? Potrebbe anche esserci una partecipazione al 1° maggio, se me lo chiedessero, visto che le cose sono un po' cambiate. D . – “Babilonia” è contenuta nella riedizione del cd “E forse sono pazzo”, vero? R . – Certamente: in concomitanza con la mia partecipazione a “Sanremo” fra le “Nuove Proposte” è stato ristampato il cd. Non sono uno a cui piace fare le cose in fretta, di conseguenza abbiamo deciso con la mia casa discografica di far apprezzare a tanta gente che non lo conosceva ancora il mio “E forse sono pazzo”. E devo dire che le attestazioni non mancano. D . – A “Sanremo”, però, i giovani sono costretti ad esibirsi a tarda ora, non incentivandone la popolarità: anche quest'anno, a dire il vero, si è riproposto un limite di cui ci si lamenta da tanto a questa parte. R . – Diciamo che quella della esibizione dei giovani a tarda ora rimane un po' l'unica nota stonata a “Sanremo”. Devo, però, ammettere che la commissione artistica quest'anno ha dato molta attenzione a tutti noi. Il “Festival” è un contesto televisivo e ci sono dei meccanismi di scaletta che non si possono sovvertire. Forse si potrebbe pensare ad una gara unica fra “Campioni” e “Nuove Proposte”. In passato hanno anche cercato di alternare i due gironi in gara, ma poi andava a finire che i “Big” si lamentavano se si esibivano troppo tardi. Noi, al di
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là di tutto, siamo stati trattati bene, anche da un punto di vista umano: in questa edizione Fazio ha garantito la finale delle “Nuove Proposte” alle 22.30, nel momento di massimo ascolto. Ci ha ospitato per un minuto nella serata finale e ha puntualmente avuto una parola buona per ciascuno di noi. Quindi non mi sentirei di aggiungere altro. Ha, infine, scelto ospiti internazionali di grande qualità, magari non famosissimi come nomi, ma di uno spessore indiscutibile. Tanto di cappello a Fabio e alla sua squadra autoriale, nonché a tutta la commissione artistica. D . – Quale pezzo le è piaciuto di più fra “Campioni” e “Nuove Proposte”? R . – Mi piacciono molto i Perturbazione e Riccardo Sinigallia: sono vicino al loro mondo e li conosco bene. Anche i due brani di Cristiano De Andrè mi hanno convinto e sono contento del fatto che abbia ricevuto il “Premio della Critica Mia Martini”. Dei miei colleghi credo che il livello fosse altissimo: grandi arrangiamenti e testi ben strutturati. The Niro e Filippo Graziani li ho trovati particolarmente convincenti, per non parlare di Zibba. Davvero sono capitato in una bella annata di “Sanremo”. D . – Lei è laureato al “Dams” in Cinema: che pensa della vittoria del “Premio Oscar” del film “La grande bellezza” di
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Paolo Sorrentino? R . – A me è piaciuto molto, fin dalla prima volta in cui l'ho visto. Chiaramente è un film che mette in evidenza “la grande bruttezza” del genere umano, l'essere decadente nei nostri giorni e tutto quello che non va. Proprio per questo è lodevole. Poi io sono di parte, perché da sempre adoro Paolo Sorrentino. D . – Magari dopo la colonna sonora del film di Daniele Luchetti, potrebbe esserci anche quella del prossimo di Paolo Sorrentino, no? Glielo proponiamo? R . – (Dopo una risata, ndr) Magari! Tra l'altro, a “Sanremo” avevamo come presidente della giuria di qualità Paolo Virzì, un altro grande regista, che mi ha fatto un sacco di complimenti. Bontà sua. Adesso mi manca solo Garrone e potrei fare la quadratura del cerchio. Scherzi a parte, pur essendo laureato in Cinema al “Dams” io continuo a vedere i film con una certa innocenza, non con occhio critico. A me “La grande bellezza” ha convinto subito: non capisco tutte le polemiche annesse. Non possiamo far altro che essere felici per il cinema italiano. D . – Cosa suggerirebbe ad un giovane che volesse fare della musica la sua ragione di vita? R . – Il mio disco s'intitola “E forse sono pazzo” anche per questo. Io credo si arrivi ad un punto della vita in cui non si può
fare a meno di mettere in atto delle scelte, con conseguenti rinunce. Io mi sono accorto che, dopo svariate esperienze maturate, ad un tratto non potevo più privarmi della musica: ho sentito che quello era il mio mondo e ne ero felice. Non posso che suggerire ai ragazzi una cosa: se avvertite che la musica è la vostra strada, totalizzante, andate avanti. Prima o poi i risultati arrivano. Non è certamente un percorso facile, ma non ci si deve arrendere. L'importante è fare delle cose, creare, avere l'ispirazione: ciò ci aiuta a liberarci interiormente di quello che non va. Bisogna evitare di essere prigionieri di gabbie autoimposte. Quando ci si apre agli altri, attraverso la propria arte, si migliora: la musica è possibilità di condivisione con la gente. D . – S'immagini metaforicamente allo specchio: come si riflette oggi? R . – Che domanda stupenda! Comincio, sinceramente, a intravedere qualcosa di bello, capendo alcune cose. Mi guardo pian piano con occhi diversi. Spero non sia un'illusione, ma ho la sensazione di aver iniziato a vedere il lato migliore di me. Magari fra due anni avrò portato a compimento questo percorso introspettivo. Chissà! Gianluca Doronzo
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Fabrizio Moro
MUSICA - LA TOURNÉE
Fabrizio Moro, tornato sulle scene a distanza di tre anni dall'ultimo lavoro discografico, concluderà la prima parte del suo «L'inizio tour» il 21 marzo al «Water rats» di Londra con Marco Marini e Danilo Molinari alle chitarre
«Con libertà e indipendenza sto crescendo, cercando di diventare una persona più saggia, sempre con un pizzico di incompiuto»
Libertà, indipendenza, ricerca, nuove dimensioni musicali. Fabrizio Moro è un universo decisamente “fuori dal coro” nel panorama discografico contemporaneo, capace di andare controcorrente, con coraggio e determinazione, senza sottoporsi alle leggi del “mercato”. Tornato sulle scene a tre anni di distanza dal suo ultimo cd (dopo aver scritto brani per Noemi, Emma e Gaetano Curreri, fra gli altri), è attualmente in giro per il Belpaese con “L'inizio tour”, organizzato dalla “Big Fish Entertainment”, con epilogo il 21 marzo a Londra (nel celebre “Water rats”). In primo piano una dimensione più intima, “indoor”, nei migliori club, con compagni di viaggio ad hoc: Marco Marini e Danilo Molinari (chitarre), Alessio Renzopaoli (batteria), Claudio Junior Bielli (tastiere) e Fabrizio Termignone (basso). Al suo attivo successi sold out all' “Auditorium Conciliazione” (1800 persone) e “Villa Ada” (4000 spettatori) a Roma, a dimostrazione di un percorso in crescendo (“sto diventando più saggio, non commettendo gli errori del passato, sebbene abbia ancora un po' un senso di incompiuto, parte costante del mio modo di essere e vivere”). Guai, però, a proporgli una rentrée al “Festival di Sanremo”: solo come autore potrebbe accadere in futuro. Per la serie: staremo a vedere. Domanda – A gennaio è partito il suo nuovo tour “indoor” nei club, dal titolo “L'inizio”, traendo spunto dal suo ultimo album: la conclusione della prima parte arriverà il 21 marzo a Londra (nel celebre club “Water rats”). Che dire dei riscontri ottenuti finora? Risposta – Assolutamente positivi: il mio non può che essere un bilancio lusinghiero. Si tratta del mio primo tour “indoor” e ne sono davvero entusiasta: è un rischio che prima o poi un artista deve correre. Non si è nei teatri o negli stadi, dove in maniera incondizionata ti vengono ad applaudire. Nel mio caso si è dinanzi ad un pubblico selezionato, nei migliori club musicali d'Italia (e non solo, visto che poi andremo anche a Londra, come lei ha già anticipato), con un riscontro vivo e immediato del pubblico, senza filtri e sovrastrutture. È un'esperienza che mi mancava dopo tanti anni e finalmente la sto portando avanti con enorme soddisfazione. D . – Il suo tour oltre a prendere il titolo dall'omonimo album, uscito lo scorso 30 aprile (prodotto da lei e Pier Cortese), è anche per quel che la riguarda “l'inizio di una nuova epoca, uno start”, così come ha dichiarato. Con questo lavoro ha, in sostanza, ritrovato se stesso, la sua dimensione, conquistando una libertà d'espressione desiderata da troppo. R . – Quello che lei dice succede di album in album: c'è stata sempre in me una ricerca della libertà d'espressione, sia letteraria che musicale. Con le multinazionali si lavora in una certa direzione e bisogna seguirne le indicazioni. Il mio ultimo album è stato interamente autoprodotto e, per fortuna, non ha dovuto seguire vincoli o paletti di discografici. Quando entri in un vortice mediatico, difficilmente riesci a tirartene fuori: per troppo ne sono stato, per così dire, fagocitato. Nel tempo ho capito che la mia “libertà d'espressione” era vincolata alle leggi del “music business”. Oggi, con “L'inizio tour”, io sto suonando
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dal vivo, con i musicisti che accompagnano il mio percorso e non mi faccio minimamente il problema di rendere i pezzi radiofonici nel sound. Avverto purezza nelle mie performance e il pubblico davvero mi segue con entusiasmo. Credo non si possa chiedere di più, quando si raggiunge una simile direzione sonora. D . – Tra le altre cose, il suo ultimo album ha segnato il ritorno sulle scene musicali a tre anni di distanza dal lavoro precedente e, soprattutto, dopo una lunga e consolidata carriera autoriale, avendo scritto pezzi per Noemi e Gaetano Curreri, fra gli altri. R . – Dico la verità: i pezzi che ho scritto in questi anni per Noemi, Emma e Gaetano Curreri, ad esempio, dovevano far parte del mio album ma, ovviamente, essendo costretto a fare una scelta non li ho sentiti più miei, col passare del tempo, ritenendoli molto affini alle corde degli artisti che le ho citato. Si scrive tanto, mettendo molto nel cassetto: poi è come se se ne prendessero le distanze e, quando decidi di pubblicare un disco, preferisci altre canzoni rispetto a quelle che hai composto all'inizio, in maniera copiosa. Ben inteso: si tratta sempre di tue creature, anche se le doni ad altri. D . – Abbiamo, ad esempio, citato Noemi: come si è sentito nel momento in cui ha cantato a “Sanremo” nel 2012 il suo “Sono solo parole”, classificandosi terza? R . – Era come se la mia anima fosse lì, sul palco dell' “Ariston”,
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mentre il mio corpo era comodamente a casa, davanti alla tv, a godersela a più non posso, non essendo io in gara a “Sanremo”. Anche perché, io che ci sono stato diverse volte, so quanta ansia si viva prima di esibirsi. La tensione, le prove, la gara. Mamma mia! D . – Ciò cosa significa? Che non rivedremo più a “Sanremo” Fabrizio Moro? R . – Fabrizio Moro in persona non credo. Come autore non escludo possano presentarsi in futuro altri artisti con i miei pezzi. D . – Il cast di quest'anno le è piaciuto? R . – Devo ammettere che non ne sapevo molto prima che iniziasse il “Festival”. Ero al corrente, ovviamente, di Noemi e, al di là di tutto, sono stato molto contento per la partecipazione di Riccardo Sinigallia, che apprezzo e stimo veramente da tanto. D . – Come vorrebbe potesse proseguire la sua tournée, Fabrizio? R . – Intanto sono contento di come sto suonando: mi sento libero in quello che faccio e davvero abbiamo raggiunto un numero ragguardevole di date finora. Sono felice così e vorrei proseguire sulla scia delle corde emozionali del “live”, creando atmosfere uniche e irripetibili ogni sera. D . – Si parla tanto di “talent show” oggi: che ne pensa? R . – So che attualmente si tratta di uno dei pochissimi modi per
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arrivare al successo, visto che non esistono più lo “scouting” e qualcuno che creda in te. Troppo spesso, però, i ragazzi che vi partecipano scambiano la popolarità per il successo e non va bene. La popolarità si conquista nel tempo, facendo esperienza, gavetta, mettendosi in discussione con tutte le proprie potenzialità. Il “talent” può essere un riflettore acceso per un momento, per un periodo della tua vita, ma non una condizione necessaria e sufficiente a renderti famoso. Bisognerebbe ribadirlo più frequentemente. Il pubblico si conquista nei concerti, dal vivo, mettendo a punto un repertorio. D . – La sua collaborazione con Gaetano Curreri continuerà? R . – Nella maniera più assoluta: certo. Ci sentiamo spesso al telefono per confrontarci. Pensi che quando abbiamo delle idee ce le canticchiamo e, vicendevolmente, ci diciamo cosa ne pensiamo, se funzionano o meno. Abbiamo scritto tanto assieme e continueremo a farlo. Gaetano è un pezzo della storia della nostra musica. Per me affiancarlo non può che essere un onore. D . – In che modo vorrebbe potesse continuare il suo percorso? R . – Mi piacerebbe, sinceramente, suonare il più possibile anche all'estero: abbiamo in programma date a Berlino e Mosca. E sono sicuro si tratterà di esperienze memorabili. Poi vorrei che le cose andassero nella maniera in cui devono, pubblicando magari un nuovo album, in cerca di ispirazioni e tante collaborazioni illustri. D . – Fabrizio, metaforicamente allo specchio: come si riflette a questo punto della sua vita? R . – Eh, bella domanda! Innanzitutto una persona più saggia rispetto a qualche anno fa, sempre in movimento e in mutamento. Con quel pizzico di incompiuto, che fa parte costante del mio modo di essere e vivere. D . – Un po' alla “I giganti della montagna” di Pirandello, no? R . – (Dopo una risata al telefono, ndr) Esatto, bravo. Gianluca Doronzo
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Giorgio Vanni
MUSICA - LA VOCE DELLE SIGLE DEI CARTONI ANIMATI MEDIASET
Giorgio Vanni, celebre voce delle sigle dei cartoni animati Mediaset, sarà con «i figli di Goku» il 20 marzo nella capitale, in continuità ad un tour iniziato lo scorso 5 gennaio a Reggio Emilia con un autentico «sold out»
«Mi commuove essere ritenuto la colonna sonora dei miei fan: oggi, purtroppo, manca la tv dei ragazzi»
“Mi commuove essere ritenuto la colonna sonora dei miei fan: oggi, purtroppo, manca la tv dei ragazzi ed è come se venisse meno quell'amico in più su cui poter contare”. Giorgio Vanni è un fiume in piena al telefono, entusiasta più che mai, alla luce di due appuntamenti importanti nel suo percorso: l'8 e il 20 marzo sarà, rispettivamente, con “i figli di Goku” al “Cusplay Pisa” e sul palco di “Stazione Birra” a Roma, ripercorrendo un ventennio di sigle dei più celebri cartoni animati Mediaset, a cui ha prestato storicamente la voce (da “L'uomo tigre”, “I Pokemon” a “I cavalieri dello zodiaco” e “What's my destiny – Dragon Ball”, per citarne alcuni). Musicista ad hoc, affiancato dagli Anni '90 dal produttore Max Longhi, vanta nel suo curriculum collaborazioni con Finardi, De Andrè, Vecchioni, Mango e Tazenda, fino ad aver scritto pezzi per Laura Pausini (“Buone verità” nell'album “La mia risposta”, ad esempio). Se, però, gli si chiede di citare un artista a cui deve tanto, non ci sono dubbi: il Maestro Roberto Colombo (marito di Antonella Ruggiero), fra i primi ad averlo notato ai tempi dei Tomato, gruppo con cui nel '92 ha calcato anche il palco del “Festival di Sanremo” col brano “Sai cosa sento per te” fra le “Nuove Proposte”. Bando ai preamboli e “fiato” alla forza di un sano professionista nel mondo dello spettacolo, capace di fare della credibilità il suo tratto distintivo per decenni. Domanda – Giorgio, un bel momento per il suo ventennio trascorso nell'ambito dell'interpretazione delle sigle televisive dei cartoni animati più famosi di Italia Uno: con “i figli di Goku” sarà l'8 marzo al “Cusplay Pisa” e il 20 sul palco di “Stazione Birra” a Roma, in continuità ad una tournée iniziata lo scorso 5 gennaio a “Il Corallo” di Reggio Emilia , registrando un vero e proprio “sold out”. Risposta – Io e “i figli di Goku” non potremmo chiedere di più in questo momento: il “Cusplay Pisa” è uno dei festival più importanti in Italia nell'ambito dei fumetti, animazione e videogiochi. Si tratta di una rassegna che sta crescendo (quasi eguagliando in Toscana il “Lucca comix”) e, pian piano, sta chiamando ospiti sempre più illustri: con noi, senza alcun tipo di presunzione, davvero si segna un punto di cesura rispetto al passato, convocando la voce originale delle sigle dei cartoni animati di Italia Uno. Tra l'altro, il giorno dopo la nostra performance, sarà la volta di Cristina D'Avena. Il 20 poi saremo nella capitale, a dimostrazione davvero di un periodo felice, ad epilogo di tanto lavoro. Col mio socio, Max Longhi, siamo in un 2014 realmente ricco di emozioni e, soprattutto, gratificazioni. Chioso soltanto dicendo che “Giorgio Vanni e i figli di Goku” sono felicissimi di tornare in Toscana, dove c'è puntualmente stato un grosso seguito, essendoci esibiti in passato al “Lucca comix” dinanzi a ben 6/7mila persone. D . – Sia al “Cusplay Pisa” che nella capitale ripercorrerete ben due decenni di carriera, interpretando le più note sigle televisive dei cartoni animati Mediaset: vero? R . – Verissimo: ripercorreremo ben un ventennio di carriera, con le maggiori sigle dei cartoni animati Mediaset, ma porteremo anche il nostro ultimo cd, dal titolo “Time machine”, confezionando uno spettacolo davvero unico. Per dirle: da “I
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cavalieri dello zodiaco”, renderemo un omaggio ai pezzi di Cristina D'Avena e alla nostra “anima” paroliera, di nome Alessandra Valeri Manera. E ancora sarà la volta di “Ken, il guerriero”, “Lupin, l'incorreggibile Lupin”, “What's my destiny – Dragon Ball”, “L'uomo tigre”, “He man and the masters of the universe” e molto, ma molto altro. E, alla resa dei conti, sa qual è il bello? Che a seguirci sono anche i genitori dei piccoli, divertendosi in una maniera che non può neanche immaginare. Ciò ci riempie di gioia. D . – Giorgio, se dovesse sintetizzare quanto fatto finora nel suo percorso, cosa risponderebbe? R . – Le dico la verità: ho sempre e puntualmente messo una grande passione nel mio lavoro, facendolo in maniera onesta e sincera. Credo che questo sia emerso senza filtri. Io e Max Longhi ci siamo anche divertiti molto nel mettere a punto il nostro percorso: alla fine il premio reale è nei ricordi e nell'affetto che il pubblico ci dimostra, seguendoci con un interesse incondizionato. La mia natura mi porta ad esibirmi nei “live”, dando il massimo ogni volta: per i nostri fan non siamo stati altro che la “colonna sonora” della loro crescita. Il nostro cuore è pieno di gioia e riconoscenza. Quando abbiamo deciso tanto tempo fa fondamentalmente di sostanziare quello che facciamo, non ci saremmo mai aspettati un seguito simile. Spesso ti fa commuovere l'energia e la voglia di divertirsi di chi ti segue: per me è come una terapia per la gioia, per la serenità, per l'arricchimento interiore. I nostri spettacoli sono rivolti alle famiglie: le mamme e i papà vediamo che partecipano da matti, anche quando facciamo i pezzi tratti dal nostro album “Time machine”. Tutto è così bello, pieno di colore e ricco di passione. D . – Alla luce di quanto detto finora dobbiamo, però, rilevare una mancanza sul piccolo schermo: non esiste, purtroppo, più la tv dei ragazzi. E, in fondo, alle nuove generazioni manca un po' la “colonna sonora” della loro formazione, come avvenuto
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in passato per tutti noi. R . – Giusto, Gianluca. Oggi non esiste più la tv dei ragazzi e manca, per così dire, l'accompagnamento di “un amico in più”, come avvenuto in passato da parte nostra quando abbiamo interpretato le sigle dei cartoni animati più celebri di Mediaset. Noi abbiamo la consapevolezza, proprio attraverso i “live”, di essere un po' come dei parenti per diverse generazioni, di aver occupato un posticino nel loro cuore, con calore e riscontro umano. La mancanza, tra l'altro, della tv dei ragazzi io oggi la evinco anche attraverso l'esperienza di mio figlio: ha 9 anni e poche, pochissime volte riesce ad identificare la musica col cartone animato che vede. Manca l'identificazione dell'animazione con una sonorità sincera, descrittiva e funzionale. D . – Cambiamo argomento: nel 1992 lei ha cantato con i Tomato al “Festival di Sanremo”. Il pezzo s'intitolava “Sai cosa sento per te”. Tornerebbe a distanza di oltre 20 anni? R . – Immediatamente risponderei in questa maniera: si potrebbe anche pensare di tornare in gara al “Festival”, ma vorrei che in Italia non esistesse solo “Sanremo” in merito alla musica in tv. Bisognerebbe aiutare i ragazzi, ampliando i discorsi e i campi d'esistenza dei programmi che potrebbero ospitarne potenzialità e, soprattutto, talentuosità. Il mio dito pollice, in merito alla kermesse dell' “Ariston”, è fondamentalmente a metà strada: per musicisti come me e Max Longhi sarebbe bello andare in gara, ma vorrei ci fosse un po' più di qualità. Le proposte non devono essere solo radiofoniche o dettate dai diktat delle case discografiche: mi piacerebbe ci fosse maggiore sincerità d'espressione. Detto questo, ben vengano tutte le soluzioni finalizzate a migliorare le proposte musicali in Italia: i giovani dovrebbero essere messi più in primo piano a “Sanremo” e i “Campioni” dovrebbero essere realmente tali. Poi, dato non irrilevante, c'è da fare i conti con un principio: oggi esistono la rete, Internet, il
MUSICA - LA VOCE DELLE SIGLE DEI CARTONI ANIMATI MEDIASET
web, i social. Non è un caso che il “DopoFestival” abbiano deciso quest'anno di trasmetterlo in streaming. Bisogna, pertanto, fare i conti con una molteplicità di realtà che ci circondano. D . – Il suo punto di vista sui cosiddetti “talent show”? R . – Anche in questo caso bisogna fare attenzione ad esprimere giudizi: spesso e volentieri ci sono ragazzi molto meritevoli; altre volte si assiste a performance dettate da discografici “non proprio illuminati”, incuranti di quanto il mercato si sia ridotto nelle vendite. Alla resa dei conti, però, vorrei che le nuove leve canore tirassero fuori il carattere, fossero più strutturate nell'occuparsi di musica, dando un senso alle proposte artistiche da mettere a punto. Non vorrei che tutto passasse inosservato, come fossimo in un ipermercato. Il vero problema di fondo, caro Gianluca, è uno: ogni volta in cui si ragiona di musica in funzione dei “talent”, ci si deve rendere conto che quelli veramente importanti in Italia sono soltanto due. Eppure ci sono tantissime realtà non conosciute e, soprattutto, moltissimi ragazzi meritevoli, di vero “talento”, che non riescono ad arrivare al grande pubblico, pur avendo una smodata voglia di esprimersi. Questo è un peccato.
D . – Al suo attivo collaborazioni con Mango, Eugenio Finardi, De Andrè, Roberto Vecchioni e Laura Pausini, fra gli altri. A quale artista sente di essere più legato? R . – Se posso, vorrei rispondere suggerendo il nome di un produttore a cui devo molto: sto parlando di Roberto Colombo. Gli voglio veramente bene ed è stato il primo a credere nelle mie potenzialità. Quest'anno, tra l'altro, è stato al “Festival di Sanremo” con la straordinaria Antonella Ruggiero. Ovviamente, poi, la mia vita artistica sarà sempre legata ai Tomato, gruppo col quale sono cresciuto e mi sono fatto le ossa. E poi non posso fare a meno di citare Max Longhi. D . – Cosa si auspica, infine, per il proseguimento del suo percorso? R . – Spero di poter fare sempre più spettacoli: io amo e adoro stare sul palco. Mi piacerebbe mettere a punto imprese puntualmente in crescendo, pian piano più importanti nella mia vita, anche utilizzando le infinite potenzialità che il web dona a noi artisti, arrivando in ogni parte del mondo. Concludo augurandomi che il mio sodalizio artistico con Max Longhi possa essere il più duraturo possibile, dando il meglio per ogni nostra “creatura”. Gianluca Doronzo
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Federico Salvatore
MUSICA - IL RITORNO
Per Federico Salvatore nuovo singolo in rotazione radiofonica («Vico strafuttenza»), estratto dal 14esimo album in carriera («Pulcin'hell»), prodotto da Luigi Zaccheo e Paolo Ciarlo per «Arancia Records»
Satira, denuncia sociale e sagacia in un lavoro discografico «coraggioso e apocalittico»
Ha all'attivo ben 14 album e un percorso discografico decisamente “coraggioso, sagace e distante dai suoi colleghi”. Federico Salvatore è uno di quegli artisti puri, sinceri e autentici, in grado di fare delle scelte “anticonvenzionali”, proprio all'apice della popolarità: diventato, infatti, molto noto in tv (dopo numerose performance teatrali, nelle quali riadattava testi divertenti su musica di canzoni famose) nel '94 grazie alla partecipazione al “Maurizio Costanzo Show” su Canale 5, proponendo pezzi comico-satirici fino a vendere oltre 500mila copie, ottenendo ben due dischi di platino nel '95 (“Azz…” e “Il mago di Azz”), ha pian piano (anche presentando nel '96 un motivo molto delicato a “Sanremo”, dal titolo “Sulla porta”, affrontando il difficile rapporto fra un ragazzo omosessuale e la madre, classificandosi al tredicesimo posto) fatto una virata nel suo excursus, abbandonando definitivamente la carriera da “cabarettista” per lasciare spazio all'istrione di “denuncia cantautoriale”. Tanto che il suo “dedicarsi alle sonorità impegnate” lo ha portato anche un po' ad essere “ai margini del mondo dello spettacolo” (ha fatto una rentrée sul piccolo schermo solo nel 2007 in “Apocalypse show” di Gianfranco Funari su Raiuno). Eppure, incurante del chiacchiericcio, è andato avanti e ha animato lavori (da “L'osceno del villaggio” nel 2002 a “Dov'è l'individuo?” nel 2004, raggiungendo l'apoteosi nel 2011 con “Se io fossi San Gennaro – Live”) nei quali sono emersi: il contrasto fra il bene e il male nella mente dell'uomo; il progressivo allontanamento dalla fede dovuto al passaggio dell'individuo dall'infanzia all'età adulta; il rimpianto nei confronti della sfera dell'innocenza e la crisi della cultura musicale nel mondo contemporaneo. Solo attraverso queste coordinate si possono cogliere pienamente le sfumature di “Pulcin'hell”, ultimo lavoro uscito ad ottobre, contenente per stessa ammissione dell'autore ben “14 canzoni apocalittiche”. Prodotto da Luigi Zaccheo e Paolo Ciarlo (disponibile anche su iTunes), per “Arancia Records/distribuito da Lucky Planets”, è tornato nuovamente alla ribalta in questi giorni grazie all'uscita del singolo “Vico strafuttenza” (in rotazione radiofonica), a dimostrazione di un successo che va avanti da cinque mesi, con un tour teatrale in tutt'Italia puntualmente “sold out”. Gente comune e critica hanno accolto in maniera entusiastica l'opera, mettendo a punto quanto proprio la canzone attualmente “in ascolto” abbia una precisa genesi: si tratta del luogo immaginario in cui la proverbiale “Filosofia napoletana” del “lassamme fa” (sulla quale il partenopeo ha eretto il monumento dell' “Immobile attesa”) manifesta la miracolosità del sopravvivere, nonostante le difficoltà della Storia, volutamente con la maiuscola. L'ispirazione delle parole si pone inconsciamente come la “riscrittura” in vernacolo di “Via della povertà” di De Andrè, esprimendo il disagio ma anche l'amore sconfinato verso la propria terra d'origine, da considerare “l'unico posto nel mondo, nonostante la strafuttenza”. Coerenza, onestà intellettuale e avversione a qualsiasi tipo di compromesso: principi che rendono Federico davvero un Salvatore dei buoni sentimenti, a dispetto dell'omologazione dilagante. Vi sentireste di sostenere il contrario? Gianluca Doronzo
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I Rio
MUSICA - IL GRUPPO IN ASCESA
Fabio Mora, voce della band che ha suonato in tutto il mondo (dall'Inghilterra al Brasile, fra l'altro), con passione, lucidità e coraggio descrive le emozioni del «Fiori tour 2014» (in giro per l'Italia fino ad aprile), in attesa di «un grande evento, ancora top secret»
Un decennio di sonorità pop-rock, con influenze elettroniche: 5 cd e oltre 600 concerti per i «Rio», con l'obiettivo di «vivere per la musica»
Vivono di musica. Si sentono “gitani e ladri di passioni”. In un decennio hanno pubblicato ben 5 cd, animando ben più di 600 concerti, esibendosi in tutto il mondo (dall'Inghilterra al Brasile e Messico, fra l'altro). Fanno del “pop-rock” il loro motivo conduttore, con influenze elettroniche: sono “entrati” nelle radio con oltre 20 singoli, “toccando anche i primi posti in classifica”. E, se mai dovesse capitare il “Festival di Sanremo”, ne dovrebbe davvero “valere la pena, onde evitare si riveli un'arma a doppio taglio”. I “Rio” sono schietti, autentici, “privi di sovrastrutture”: la voce storica, Fabio Mora, descrive con “impeto e temperamento” quanto fatto finora (“abbiamo suonato davanti a 180mila persone e a 15: in entrambi i casi, vi assicuro, può essere una botta”), affiancato da “compagni di viaggio fidati” come Fabio “Bronski” Ferraboschi (bassista), co-autore del pezzo “Invisibili”, portato sul palco dell' “Ariston” da Cristiano De Andrè (col “Premio della Critica Mia Martini”). Attualmente in tournée nel “Fiori tour 2014” (il 29 marzo al “Vida Club” di Cesena; il 5 aprile al “Live 23” di Alessandria e il 12 al “Fuori Orario” di Taneto di Gattatico, fra l'altro), stanno preparando “un grande evento” ma, per il momento, è ancora tutto top secret. Di sicuro per loro: “Il Sole Splende Sempre”. Domanda – Fabio, sonorità pop-rock e influenze elettroniche: come sintetizzare un decennio di escalation del vostro gruppo? Risposta – Proprio a maggio i “Rio” festeggeranno i loro 10 anni di musica. Il nostro primo cd, dal titolo “Mariachi Hotel”, uscì nel maggio del 2004: da allora ad oggi abbiamo registrato 5 lavori, l'ultimo dei quali è stato pubblicato a maggio del 2013 e si intitola “Fiori”. Siamo entrati nelle radio con più di 20 singoli, “toccando” anche i primi posti in classifica: tengo a precisare che si è trattato di singoli seguiti sempre da altrettanti videoclip. Abbiamo fatto concerti in tutto il mondo, suonando in Messico, Romania, Polonia, Francia, Inghilterra, Brasile e, naturalmente, in Italia. Sommandoli, credo superino i 600 “live”. Ci stiamo preparando per un grande evento, ma ne parleremo meglio alla fine di questo “Fiori tour 2014”, che si concluderà ad aprile. In sintesi? Tanto asfalto e terra polverosa, pioggia, vento e sole, sudore, amici e compagni di viaggio persi lungo la strada ed altri sempre pronti per una bevuta, raccontandoti il loro universo intimo. Sangue, calore, tanto cuore, sogni, incoscienza e cervello (beh, cervello!), forse non così spesso come dovrebbe, ma diciamo il giusto. Ecco: questi sono i “Rio”. D . – Nel panorama contemporaneo, alla luce anche degli album pubblicati fino ad oggi, in che maniera sentite di essere collocati e, soprattutto, considerati dalla stampa? R . – La stampa ci coccola e ci strapazza. Com'è giusto che sia, a seconda del gusto e del pensiero che sta dietro ad ogni singolo giornalista, pronto a recensire il nostro lavoro. Noi non scriviamo di musica: noi la facciamo. D . – La dimensione del “live” è da sempre quella a voi più congeniale: oltre 600 concerti, come diceva prima, in quasi dieci anni. Emozioni irripetibili, no? R . – Ebbene sì, più di 600 in quasi 10 anni. Viviamo di questo
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motto: “E non pensate ai budget, perché avremmo fatto meglio a trovare altri lavori”. Ci nutriamo delle emozioni nelle quali ci imbattiamo ogni giorno e delle persone che ci insegnano quanto non hai mai finito di imparare, che si parli di musica o di altro. Viviamo sulla strada: siamo gitani, ladri di passioni. Abbiamo suonato dappertutto, davanti a 180mila spettatori come a 15: e vi assicuro che in entrambi i casi può essere una botta. Abbiamo vissuto situazioni impossibili, pronti a riviverle un attimo dopo, consci che solo così possiamo continuare a respirare. Alla fine, poi, lo dice la parola stessa: “LIVE” – “VIVO”. D . – Il “Festival di Sanremo” potrebbe essere una vetrina per la consacrazione popolare, come accaduto per i Perturbazione quest'anno? R . – “Potrebbe” è il verbo giusto. “Sanremo” è un'arma a doppio taglio: se funziona, se funzioni, se è il tuo momento per qualche mese sei alle stelle e, sicuramente, di botto porteremmo a casa popolarità e tutti i nostri vecchi cd verrebbero rivalutati. Entreremmo nelle case della gente in una sola volta e, forse, qualcuno ascoltando qualche nostra vecchia canzone, ad un certo punto potrebbe dire: “Ah, ma questi sono i Rio”? Con conseguente: “Che brutte facce”! In
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caso contrario, se non funzionasse, se non funzionassimo, sarebbe un colpo al cuore e si correrebbe il rischio di tornare nel limbo, dal quale eri uscito solo un attimo prima. La cosa positiva è che nel limbo dei “Rio” c'è molta gente, pronta a fare festa, sempre e comunque. Poi, alla fine, un pezzetto di noi quest'anno era sul palco dell' “Ariston”: Fabio “Bronski” Ferraboschi, mio grande compagno di viaggio e bassista della band, ha scritto “Invisibili” assieme a Cristiano De Andrè. Di conseguenza l'edizione 2014 del “Festival di Sanremo” è stata anche un po' nostra. D . – Del cast di quest'anno della kermesse festivaliera cosa pensate? R . – Un buon cast. Si tratta sempre di un buon cast. Ci sono stati artisti con un peso importante come Antonella Ruggiero, Frankie Hi NRG, Cristiano De Andrè e tanti altri. In concomitanza ad esponenti che non conosco, ma sono sicuro impareremo ad apprezzare attraverso le radio. D . – Che significa fare musica nel panorama odierno? R . – Significa che se una volta potevi essere considerato un “artista” in senso “naif”, adesso – per la cronaca – sei un vero incosciente. In tutta onestà non penso sia mai stato semplice. Ma ora è quasi impossibile. I locali chiudono. La tv parla
MUSICA - IL GRUPPO IN ASCESA
sempre di meno di musica. Le testate musicali per rimanere in piedi fanno i salti mortali. Dei quotidiani non ne parliamo. Le radio fanno “cartello”, ma gli spazi per le canzoni si riducono. Le case discografiche si accorpano, si fondono. E i dischi non si vendono. Tuttavia credo che, come in ogni periodo di recessione, un vento nuovo stia per arrivare. E questo alla creatività non può fare che bene. A chi è già in giro dico che: “Se fare musica è il tuo mestiere, è il momento di tirare fuori le palle e farle rotolare”. D . – Nel vostro ultimo album, intitolato “Fiori” (uscito lo scorso anno), cosa (e se) è cambiato in voi? R . – Siamo cresciuti come persone e come musicisti. Abbiamo registrato “Fiori” da febbraio a giugno del 2012, proprio nel periodo in cui l'Emilia, la nostra terra, ha deciso di tremare. Nonostante tutto, ne è venuto fuori “forse” il disco più sereno che i “Rio” abbiano mai inciso. Probabilmente cercare di dare il massimo, facendo venire allo scoperto quella solarità che ci contraddistingue da sempre, in quel momento per noi è stato vitale. Non solo, ma anche per i nostri amici, per i parenti, per la nostra gente. Ci siamo chiusi nel nostro studio, nel nostro mondo, cercando il modo migliore, il suono più giusto per trasmettere tranquillità, pace, serenità e amore verso la nostra terra, guardando dentro di noi, trovando quell'emozione utile, da trasmettere al di là delle nostre canzoni. E per quello che so, stando a quanto ci ha riferito chi ha ascoltato il cd, ci siamo riusciti. D . – Il vostro punto di vista sui “talent show”? R . – Si parla di musica e ciò va bene. Si dà una cattiva percezione della musica e non è un bene. All'appello mancano anni di mal di stomaco, discussioni, batoste, palchi, confronti, dolci avventure e amori feroci. Mancano decine e decine di canzoni scritte di tuo pugno. Versi gettati nel water di casa ed altri rimasti per poter continuare a sognare. Anni. Poi, per carità, puoi essere un bravo interprete. Ma conosco idraulici e muratori, fornai e postini, che vocalmente potrebbero salire sul palco al mio posto, facendomi fare una bruttissima figura. D . – Musica e tv: un binomio, dunque, possibile o no? R . – Assolutamente sì. Anche se penso che la tv non abbia più quel fascino, quell'appeal sulle nuove generazioni. Youtube e il web, in generale, ora la fanno da padroni: puoi trovare di tutto e di più, gruppi e musica che sul piccolo schermo non ascolteresti mai. Quando vuoi, con chi vuoi e, soprattutto, dove vuoi. Il modo di comunicare è cambiato e i canali classici forse non se ne sono ancora accorti. Anche se penso (e credo) che la musica stia tornando nelle strade, come è giusto che sia. La musica è una forma di comunicazione tribale: non c'è nulla di più forte di uno scambio di energia, di quel contatto che accade pelle a pelle, occhi negli occhi, attraverso un concerto. D . – Come vorreste potesse proseguire il vostro percorso? R . – Esattamente come lo stiamo facendo ora: “morsicando” i traguardi, imparando e condividendo vita e esperienze con chiunque incontriamo lungo la via. Perché ogni cosa che ti capita è un motivo di confronto e crescita. Abbiamo avuto sicuramente momenti più fortunati, dei quali però è rimasta
solo la cenere. Le cose ottenute velocemente non ti insegnano niente: vogliamo essere scottati e, possibilmente, non ripetere gli stessi errori. Solo così puoi imparare a camminare con le tue gambe. E a noi piace correre. D . – Se doveste utilizzare una metafora o un aggettivo per definire quanto fatto finora, cosa rispondereste? R . – Che nel bene o nel male, lassù “Il Sole Splende Sempre”. D . – Che pensate dei gruppi in Italia? Un po' bistrattati dalla discografia? R . – La “conoscenza” musicale nel nostro Paese è cresciuta parecchio. La cultura un po' meno. Influenzati dalla musica proveniente dai più disparati angoli del globo, stiamo cercando di recuperare la nostra italianità. I gruppi ci sono e anche molto validi. Credo manchi un po' di originalità, ma ho fiducia sotto questo aspetto. Il tempo sistemerà le cose, anche discograficamente parlando. Quante case discografiche sono rimaste? D . – Non molte e bisogna fare i conti con quelle che ci sono. Dulcis in fundo: ad un giovane che volesse fare della musica il suo motivo conduttore, cosa consigliereste? R . – Ci sono molti modi di fare musica: alcuni molto tranquilli, altri che implicano qualche sacrificio. Se ne potrebbero riformulare le maniere. Se sei su un aereo o un furgone, o su qualsiasi altro mezzo, sballottato a destra e a manca senza vederne la fine, una volta arrivato ti trovi nella più terribile delle topaie esistenti, pensando di essere giunto in Paradiso. Se la notte ha ancora qualcosa da raccontarti. Se quando trovi due accordi e tre parole in croce, pensi di aver scritto “Imagine”. Se quando sei su un palco credi di aver potuto dividere le acque. Beh, se hai una e più di queste sensazioni, l'unico consiglio che potrei dare è: “Ragazzo, credi in te stesso”. Perché in molti e in molti modi cercheranno di spezzarti il cuore e gli arti. Fallo sempre con onestà e passione. Mordi quando c'è da mordere e bacia al momento giusto. D'altronde, quando la musica chiama dentro allo stomaco, tutto il resto viene di conseguenza. Non puoi farne a meno. Gianluca Doronzo
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Pasqualino Maione
MUSICA - IL TALENTO IN ASCESA
Scoperto da Red Ronnie, diventato popolare nel 2007 grazie alla De Filippi, Pasqualino Maione è tornato sulle scene musicali col singolo «Queste mie parole» (disponibile su iTunes e su tutte le piattaforme digitali), in attesa di un nuovo album
«In questi anni ho avuto modo di fare tanti concerti, respirando l'amore del pubblico, fondamentale per la crescita di un artista»
Red Ronnie è stato il suo “talent scout” nel 2001, facendolo approdare con la sua band al “Tim Tour”, fino a conquistare la vittoria con l'inedito rap-napoletano “Bella guagliona”. Immediatamente firma da solista il primo contratto discografico con la Sony, grazie al produttore Libero Venuti (ex impresario di artisti del calibro di Claudio Baglioni, Antonello Venditti e Ivan Graziani, per citarne alcuni). Dopo numerosi riconoscimenti in kermesse canore arriva la popolarità nel 2007, quando partecipa ad “Amici di Maria De Filippi”, classificandosi al terzo posto. Da allora per Pasqualino (Paky) Maione si aprono le porte del successo: oltre 120 date per un tour in tutt'Italia e la pubblicazione nel 2008 dell'album d'esordio, dal titolo “Io sarò lì con te”, avvalendosi della collaborazione di Stefano Cenci, Paolo Paltrinieri e Roberto Zappi, fra gli altri. Conclusa l'esperienza del musical “Portamitanterose.it”, scritto da Maurizio Costanzo, dal 2011 si susseguono singoli ben accolti da pubblico e critica come “Con te io volo”, “Ti ricordi” e “Ti voglio ora”. Il resto è storia recente, con l'uscita del nuovo pezzo “Queste mie parole”, dal sapore “rock e coinvolgente” (disponibile su iTunes e su tutte le piattaforme digitali), in attesa di un cd “in un mix di emozioni”. Per l'occasione è stato girato anche un videoclip con l'attrice partenopea Antonietta Delle Cave. Così fra “il sogno sanremese” e il profondo desiderio “di fare musica”, il giovane
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cantautore campano (a cui piacciono Pierdavide Carone, Annalisa e Karima, ad esempio) ripercorre in una chiacchierata le tappe fondamentali del suo percorso, sperando di “far conoscere sempre più i suoi pezzi, cantandoli insieme alla gente”. Domanda – Pasqualino, ha appena pubblicato il nuovo singolo, dal titolo “Queste mie parole” (disponibile su iTunes e su tutte le piattaforme digitali), segnando il ritorno sulle scene musicali. Qual è stata l'ispirazione? Risposta – Questa canzone è stata scritta circa cinque anni fa: si tratta di una storia autobiografica, ispirata a qualcosa di realmente accaduto ed intimo. D . – Il brano anticipa il nuovo album, previsto per quest'anno: che cosa ci si dovrà aspettare? R . – Un mix di emozioni. Ci saranno numerosi pezzi che parleranno d'amore, di vita vissuta e molto, ma molto altro. D . – In che modo si è evoluto il suo percorso musicale in questo lasso di tempo? R . – Durante questi anni ho avuto modo di fare tanti “live”, moltissimi concerti che hanno sicuramente maturato la mia esperienza musicale. Credo che il contatto col pubblico sia fondamentale per la crescita e la formazione di un artista. Mi
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sono anche dedicato alla radio: conduco da un po' di tempo una trasmissione radiofonica su un network regionale, “RADIO PUNTO ZERO”, assieme ad altri speaker. Un'esperienza molto divertente. D . – Nel 2007 ha partecipato ad “Amici”, classificandosi al terzo posto: che ricordo ha? R . – Un grande ricordo. Un'esperienza indimenticabile, che segna il tuo percorso ma, soprattutto, la tua anima. D . – Dei ragazzi venuti fuori dai “talent” in questi anni, chi stima maggiormente? R . – Apprezzo molto Pierdavide Carone, Annalisa e Karima. Decisamente brave anche Emma e Alessandra Amoroso. D . – Sogna il “Festival di Sanremo”? R . – Quale artista non sognerebbe di essere su quel palco? Ci provo sempre, ma non vengo mai ammesso. Mannaggia (e ride, ndr). D . – Che ne pensa del cast dell'edizione 2014? R . – Un bel cast. Mi piace molto Arisa e apprezzo tanto Francesco Renga. D . – Cosa suggerirebbe ad un giovane che volesse fare della musica la propria ragione di vita oggi? R . – Oggi è tutto più difficile e anche fare musica ha le sue
MUSICA - IL TALENTO IN ASCESA
complessità. Troppa concorrenza e troppa offerta discografica. Ma se si è davvero determinati, non ci si ferma davanti a niente e nessuno. D . – Nel 2009 è stato fra i protagonisti del musical “Portamitanterose.it”, scritto da Maurizio Costanzo: che tipo di impresa è stata? R . – Quella teatrale è stata un'esperienza bellissima, diversa dalla tv e dalle piazze. Fare teatro è sicuramente più difficile, ma l'intimità che ti regala il pubblico è una sensazione appagante. D . – Essere cantautori cosa significa nel panorama odierno? R . – Essere cantautori vuol dire identificarsi con il mondo d'oggi, raccontando le proprie esperienze, fino a condividerle col pubblico. Criticando o elogiando tutto ciò che ci succede attorno, nel bene e nel male. D . – Come vorrebbe potesse proseguire il suo percorso? R . – Vorrei poter continuare a fare musica: questo sarebbe già tanto per me. Poi ben inteso: mai dire mai alle grandi svolte. D . – Un sogno nel cassetto? R . – Far conoscere sempre più i miei pezzi e cantarli insieme al pubblico, alla gente. Gianluca Doronzo
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Rossella Brescia
DANZA
Rossella Brescia in tournée col balletto in due atti «Amarcord» (dall'omonimo film di Fellini di 40 anni fa) di Luciano Cannito, al «Teatro Olimpico» di Roma dal 17 al 19 aprile, vestendo i panni di «Gradisca» (storico personaggio degli Anni '30)
«Oggi più che mai bisogna essere versatili: per questo spazio dalla danza alla radio, sperando di tornare presto sul piccolo schermo»
“Oggi più che mai bisogna essere versatili, pronti a declinare le proprie capacità in qualsiasi disciplina, non precludendosi alcuna strada”. Rossella Brescia sta dimostrando davvero di portare avanti nel mondo dello spettacolo un percorso di tutto rispetto: dalla danza (è diplomata all' “Accademia nazionale” di Roma) alla recitazione, dalla conduzione (storiche le sue stagioni di “Colorado” su Italia Uno, ad esempio) alla radio (“Tutti pazzi per Rds”, dal lunedì al venerdì, dalle 5.00 alle 9.00), sta spaziando sempre di più, non perdendo mai di vista “la voglia di imparare”. In queste settimane (dal 17 al 19 aprile all' “Olimpico” di Roma, fra l'altro) è in tournée col balletto in due atti “Amarcord” (dall'omonimo film di Fellini di 40 anni fa), con le coreografie di Luciano Cannito, prodotto da Daniele Cipriani Entertainment (con musiche originali di Nino Rota). Particolarmente fascinoso il suo personaggio: una “Gradisca” degli Anni '30, fra dettaglio tecnico, espressività coreutica e un profondo desiderio di “dare il massimo al pubblico, rendendolo protagonista di una pièce da ricordare”. Domanda – Rossella, in queste settimane è in tournée (dal 17 al 19 aprile al “Teatro Olimpico” di Roma, fra l'altro) col balletto “Amarcord” di Luciano Cannito, vestendo i panni di “Gradisca”, personaggio degli Anni '30: quali emozioni sta vivendo, soprattutto alla luce di due anniversari importanti (il ventennale della morte di Fellini e i 40 anni trascorsi dall'uscita dell'omonimo film)? Risposta – Innanzitutto questo spettacolo rappresenta per me una bella e grande responsabilità, in quanto si affronta il ricordo di un mostro sacro della cinematografia come Federico Fellini, da cui ha avuto genesi il balletto in due atti di Luciano Cannito. Trovo, onestamente, entusiasmante e molto affascinante l'interpretazione di un personaggio come
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DANZA
“Gradisca”, lavorandoci anche da un punto di vista emozionale. Per essere, tra l'altro, fedeli al film abbiamo fatto attenzione ai minimi dettagli, ai particolari e, in tutta sincerità, credo il risultato sia davvero lusinghiero. D . – Le coreografie non vogliono raccontare, ma “rievocare” le atmosfere dell'omonimo film: vero? R . – Il nostro è un lavoro ispirato all'omonimo film: fedelmente ne ritrae le atmosfere, attraverso coreografie davvero messe ben a punto. Speriamo che i ragazzi che non conoscono la pellicola, per ovvie ragioni d'età, arrivino ad incuriosirsi decidendo di approfondirne i contenuti, avvicinandosi proprio all'universo geniale di Federico Fellini. Senza parole, solo con l'interpretazione e il movimento del corpo, raccontiamo una storia decisamente ritenuta un capolavoro della cinematografia non solo in Italia. D . – Dal suo punto di vista, quali sono le intuizioni coreografiche di Luciano Cannito in “Amarcord”? R . – Sicuramente c'è un bel lato di follia in tutto quello che
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stiamo mettendo a punto: Luciano è un professionista, rispettoso delle fonti, pronto a dare spessore al minimo aspetto coreografico di ogni balletto. D . – Quanto ritiene la danza sia valorizzata oggi in teatro? R . – Penso che in teatro si vedano tante cose belle: fondamentale è andarci, applaudendo gli artisti che ogni sera decidono di donare un po' di sé al pubblico, cercando di farlo tornare a casa umanamente un po' più ricco. Noto che la gente ha voglia di bellezza e di spettacoli ben fatti. Cerchiamo di dare il massimo. D . – Anche in tv la danza sembra stia tornando in primo piano: penso al recente varietà di Massimo Ranieri, dal titolo “Sogno e son desto” su Raiuno, seguito da quasi 5milioni di spettatori in media il sabato sera. R . – Massimo Ranieri è uno di quegli artisti che mi piace moltissimo: ritengo sia un po' il modello del saper fare tutto e l'essere riuscito nell'impresa di far tornare il varietà in tv credo sia un dato lodevole. Con le sue immense capacità ha
DANZA
dimostrato quanto si possa fare dell'arte vera, con ascolti molto buoni, dando anche attenzione alla danza. Oggi più che mai bisogna essere versatili, pronti a declinare le proprie capacità in qualsiasi disciplina, non precludendosi alcuna strada. La Rai è un servizio pubblico e credo debba accontentare un po' tutti i gusti. D . – A che punto, Rossella, sente di essere nel suo percorso? R . – Avverto che c'è ancora da imparare tanto: da parte mia c'è puntualmente la voglia di mettermi in discussione, dando il meglio di me stessa. Mi cimento in qualsiasi cosa. Io sono fatta per il mondo dello spettacolo: era quello che volevo fin da bambina. Per me è da sempre una vocazione. E non posso che essere entusiasta di aver reso l'arte la mia strada, parte integrante del mio percorso esistenziale, spaziando nelle discipline. D . – Siamo in un anno di grandi anniversari: 60esimo della tv e 90esimo della radio che, tra l'altro, lei frequenta da un po' di tempo a questa parte con grande assiduità e successo. R . – Porto la radio nel cuore e ormai non posso più farne a meno. Si tratta di una costante del mio percorso. Mi consente di commentare tutto quello che è legato all'attualità in una maniera molto spontanea, dando vita a qualcosa di speciale ed unico. Davvero una bella scuola, non solo a livello professionale. D . – Dal suo punto di vista, quale fase sta attraversando il
piccolo schermo, essendone stata a lungo una protagonista? R . – A me piace molto la tv e credo di averlo dimostrato, essendomi messa tanto in discussione in questi anni, affrontando i ruoli più disparati. Io credo la si possa fare ancora con passione, criterio e tanta voglia di lasciare una piccola traccia di sé. A me non piace accettare cose “tanto per”. Porto avanti i miei progetti con convinzione e ho detto anche una serie di no, proprio di recente, perché è bello tornare con qualcosa di innovativo, diverso dal solito. Io sono una che va avanti, credendo fortemente nei progetti da animare. Mi rivedrete di sicuro appena sarà il momento giusto. D . – Accetterebbe la conduzione del “Festival di Sanremo”? R . – Quella di “Sanremo” è una questione a parte, un'altra cosa: si tratta di una festa che accomuna tutti gli italiani, una vetrina attorno alla quale ruotano tante polemiche, ma poi sono tutti lì, incollati davanti alla tv, ad esserne spettatori. In un periodo di crisi come il nostro, tra l'altro, “Sanremo” ci permette di vivere un momento di serenità, facendoci distrarre, consentendoci di evadere dalla routine. Fa parte della nostra tradizione e non se ne può fare a meno. D . – Auspici, Rossella, per il proseguimento del suo percorso? R . – Mi piacerebbe molto che continuasse così come sta andando. Ad esempio, vorrei potenziare la recitazione, non solo per quello che concerne fiction e cinema, ma anche in teatro, proprio nella sfera della prosa. Vedremo in futuro. Gianluca Doronzo
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Camerata Musicale Barese
CAMERATA MUSICALE BARESE - LA 72
ESIMA
Prosegue al Petruzzelli di Bari la 72esima stagione della Camerata, sostenuta da UBI-Banca Carime, per la direzione artistica del talentuoso Francesco Antonioni
Dall'eleganza pianistica di Grigory Sokolov al duo Dessì-Velluti: quando l'arte della classica diventa anche operistica
STAGIONE
Due performance d'autore nell'ambito della 72esima stagione della “Camerata”, sostenuta da UBI-Banca Carime, per la direzione artistica del talentuoso Francesco Antonioni. Un Petruzzelli recentemente gremito (in ogni ordine) a Bari per il pianista Grigory Sokolov e per il duo Daniela Dessì-Giovanni Velluti. Dalla letteratura classica di Frederich Chopin agli stralci più celebri dell'operistica, con uno dei soprani più illustri a livello internazionale, doverosamente “made in Italy”. “Grigory Sokolov” – Ritenuto uno dei massimi pianisti viventi, Grigory Sokolov è puntualmente stato protagonista nella sua carriera di recital “trionfali” (senza alcuna esagerazione), manifestando profondità nel pensiero musicale, originalità interpretativa e padronanza tecnica. Nato a Leningrado, ha raggiunto la fama mondiale a sedici anni, vincendo il “Concorso Tchaikovsky” di Mosca: ha suonato con eccellenze mondiali come la “Philharmonia” di Londra, condividendo il palco con illustri direttori (da Neeme Jarvi, Herbert Blomstedt e Valery Gergiev a Myung-Whung Chung e Moshe Atzom). In occasione del recente concerto al Petruzzelli di Bari, ad onor del vero, non ha disatteso le aspettative, portando un articolato programma di repertorio di Frederich Chopin (Zelazowa Wola, 1810 – Parigi, 1849): dalla “Sonata n. 3 in si minore op.58” (Allegro maestoso, Scherzo: molto vivace, Largo, Finale – Presto non tanto – Agitato) alle “10 Mazurche” (da quella in “si minore op. 30 n. 2” a quella in “do diesis minore op. 50 n. 3”). Pubblico entusiasta (con numerosi giovani) e richieste di bis. Protagoniste: classe, passione ed eleganza. “Daniela Dessì” (soprano) e “Giovanni Velluti” (pianista) – Un recital in crescendo, sempre più convincente, con epilogo da “apoteosi” per gli spettatori, pronti a continue richieste di brani e a numerosi ingressi in scena degli interpreti, nonostante la conclusione della performance. Daniela Dessì (soprano) e Giovanni Velluti (pianista) hanno dimostrato una buona sinergia, donando al rinato politeama nel capoluogo pugliese una “serata memorabile”. Due professionalità all'unisono, con qualità tecniche notevoli e dignità espressiva. Ad animare la prima parte del “live”, stralci di brani famosissimi: “Ave Maria” di Pietro Mascagni; “La vucchella – Sogno – L'alba separa dalla luce l'ombra” di Francesco Paolo Tosti; “Serenata op. 15 n. 1 per pianoforte” di Moritz Moszkowski; “Aprile” di Ruggero Leoncavallo; “Automne, concert etude op. 35 n. 2 per pianoforte” di Cécile Chaminade e “Terra e Mare – Canto d'anime” di Giacomo Puccini. Rentrée, dopo una doverosa pausa, con “Notturno in do diesis minore op. postuma per pianoforte” e “Studio in la bem. maggiore op. 25 n. 2 per pianoforte” di Frederich Chopin; “Pace mio Dio” da “La Forza del Destino” di Giuseppe Verdi; “Vissi d'Arte” da “Tosca” di Giacomo Puccini; “Voi lo sapete o mamma” da “Cavalleria Rusticana” di Pietro Mascagni e “Ebben ne andrò lontana” da “La Wally” di Alfredo Catalani. Eterogenei i bis, a conferma di un gradimento, soprattutto dettato da un target molto giovane. Segno della vitalità di una stagione giunta al “tremillesimo” concerto. Dato non irrilevante. No? Gianluca Doronzo
Marzo 2014
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VISTI PER VOI
VISTI PER VOI
«Allacciate le cinture», «La mossa del pinguino» e «Un ragionevole dubbio»: i titoli d'impatto sul grande schermo
La poesia di Ferzan Ozpetek, la vena comica di Claudio Amendola, la suspense di Peter P. Croudins e la storia ellenica raccontata da Noam Murro. Le firme cinematografiche più trasversali della stagione.
La poesia di Ozpetek, la commedia di Amendola e il thriller di Croudins: tre firme cinematografiche in vetta alle classifiche
“Allacciate le cinture” di Ferzan Ozpetek, con Kasia Smutniak, Francesco Arca e Filippo Scicchitano, drammatico (durata 110'). Ci sono momenti della vita in cui è necessario rimettersi in discussione, guardandosi profondamente, con cuore, passione e sentimento. Ferzan Ozpetek è uno di quei registi che ha fatto puntualmente della poesia il motivo conduttore dei suoi film: stavolta sembra superare se stesso, grazie anche ad attori molto intensi e, a tratti, davvero sorprendenti. Elena (Kasia Smutniak) scopre di dover fare i conti con la malattia: riflette sui rapporti di sempre e sulle passioni che le hanno sconvolto la vita. Una lodevole prova d'attrice, supportata da un credibile Francesco Arca (attualmente protagonista della serie “Rex” su Raidue, ogni lunedì alle 21.10), assieme a Carolina Crescentini, Elena Sofia Ricci e Filippo Scicchitano, fra gli altri. “La mossa del pinguino” di Claudio Amendola, con Edoardo Leo, Ricky Memphis, Ennio Fantastichini, Antonello Fassari e Francesca Inaudi, commedia (durata 95'). L'esordio da regista di Claudio Amendola, in questi giorni impegnato sul set per le riprese della sesta stagione de “I Cesaroni” su Canale 5, con una commedia all'italiana. Siamo a Roma nel 2005: Bruno (Edoardo Leo) è in crisi sia nel lavoro che con la moglie. Per risollevare la situazione decide di mettere su una squadra di curling, per qualificarsi alle Olimpiadi invernali. Fra gli altri, recluta: l'amico Salvatore (Ricky Memphis), un pensionato (Ennio Fantastichini) e uno spaccone col parrucchino (Antonello Fassari). Le cose, però, non vanno come previsto e gli allenamenti sono molto faticosi. Fra “I soliti ignoti” e “Full monty”, con la partecipazione straordinaria di Barbara d'Urso. “Un ragionevole dubbio” di Peter P. Croudins, con Samuel L. Jackson e Dominic Cooper, thriller (durata 115'). La domanda è triplice: si può uccidere, fuggire e cercare di fare giustizia lo stesso? Se la pone il procuratore Brockden (Dominic Cooper), colpevole di aver travolto una persona con l'auto ed essere scappato. Fatto sta, però, che ad essere accusato sarà un criminale abituale (Samuel L. Jackson): si farà di tutto per liberarlo. Ma le intenzioni non saranno proprio sane. “300 – L'alba di un impero” di Noam Murro, con Sullivan Stapleton, Eva Green e Rodrigo Santoro, storico (durata 102'). Sette anni dopo arriva il secondo capitolo di un film, che sembrava un fumetto disegnato in salsa “fantasy e horror”, rivoluzionando il cosiddetto genere “peplum” (che narra di eroi, battaglie e antichità). In primo piano la guerra tra i Greci e i Persiani, con gli eventi accaduti durante la battaglia di “Capo Artemisio”, svoltasi negli stessi giorni delle Termopili. Colori cupi, utilizzo sconfinato di effetti computerizzati ed eroismo violento. Gianluca Doronzo
Marzo 2014
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ASCOLTATI PER VOI
ASCOLTATI PER VOI
Dagli artisti di «Sanremo 2014» (Antonella Ruggiero, Francesco Sarcina e Ron) al ritorno di Gary Barlow (ex «Take That»): ecco la musica che domina le classifiche in queste settimane
Nomi illustri della discografia, giovani solisti (ex componenti di gruppi) e una star delle serie adolescenziali: signori, è tempo di «restare in ascolto»
Nelle classifiche dominano gli album degli artisti, che hanno partecipato alla 64esima edizione del “Festival di Sanremo”: Antonella Ruggiero, Francesco Sarcina, Riccardo Sinigallia e Ron, fra gli altri. Ma non solo: il ritorno di Gary Barlow (ex “Take That”) sulle scene e Lea Michele, star del telefilm “Glee”. Tutta la musica da ascoltare per originalità e spessore. “L'impossibile è certo” di Antonella Ruggiero – pop – Arrangiamenti complessi, grande utilizzo dell'elettronica e una voce straordinariamente inconfondibile. Antonella Ruggiero torna a “regalare” ai suoi fan un disco di inediti, dopo ben un decennio: 14 canzoni (fra le quali “Quando balliamo” e “Da lontano”, presentate di recente sul palco dell' “Ariston”) con firme del calibro di Erri De Luca e Michela Murgia. “Io” di Francesco Sarcina – pop – L'ex leader del gruppo “Le Vibrazioni” ha avviato una carriera da solista di tutto rispetto: un album onesto e sincero, scritto e arrangiato da sé. Fra i pezzi non mancano quelli sanremesi (“Nel tuo sorriso” e “In questa città”), in concomitanza a due hit di successo della scorsa estate (“Odio le stelle” e “Tutta la notte”). “Per tutti” di Riccardo Sinigallia – pop/rock – Terzo disco per l'ex componente dei “Tiromancino” (prodotto con Filippo Gatti e Laura Arzilli), con maturità e consapevolezza maggiori in relazione al passato: peccato per l'incidente festivaliero di “Prima di andare via” (già eseguita in pubblico), ma si tratta di sicuro di uno dei motivi più forti nel suo cd. “Un abbraccio unico” di Ron – pop – L'omonima canzone che dà il titolo al ritorno di Ron nell'ambito della discografia è un piccolo gioiello (sebbene in gara fra i “Campioni” abbia passato il turno “Sing in the rain”): grande melodia, respiro testuale e incisività emotiva risultano le costanti del disco, con un sorprendente duetto assieme al rapper Dargen D'Amico in “Sabato animale”. Da non perdere “America”, scritta dal compianto Lucio Dalla. “Old boy” di Giuliano Palma – soul/r&b – L'impronta di Nina Zilli è stata ben messa in evidenza in “Così lontano” nella 64esima edizione della kermesse festivaliera: altri 12 pezzi dal sapore rétro si susseguono per l'ex leader dei Bluebeaters, con un duetto con Marracash (“Come ieri”) e una cover di Burt Bacharach. “Since i saw you last” di Gary Barlow – pop – Sono trascorsi ben 14 anni dall'ultimo album da solista: per l'ex leader dei “Take That” una rentrée in grande stile, distante dal flop precedente. In Gran Bretagna ha già venduto 700mila copie, grazie a inediti molto ricchi di ritmo come “Let me go” e “Face to face”, in duetto con Elton John. “Louder” di Lea Michele – pop – In cinque anni di fila è stata l'anima di decine di canzoni nel telefilm “Glee”: l'interprete di Rachel Berry dà il meglio di sé in “If you say so”. Gianluca Doronzo
Marzo 2014
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LETTI PER VOI
LETTI PER VOI
Danielle Steel, Michael Connelly, Federico Moccia e l'esordiente Ippolita Avalli: gli autori del momento, da non perdere in libreria
Lavoro o famiglia? Passione o mistero? Lealtà o sospetto? I «quesiti» da sfogliare fra romanzi e thriller, in un mix di firme prestigiose
Danielle Steel, Michael Connelly, Federico Moccia e l'esordiente Ippolita Avalli: gli autori del momento, da non perdere in libreria. “I peccati di una madre” di Danielle Steel, Sperling & Kupfer, euro 19,90. Una donna allo specchio, fra rancori e segreti familiari, in cerca di un “riscatto” nei confronti dei figli, trascurati a lungo a causa del lavoro. Olivia Grayson ha 70 anni: ha fatto l'impossibile nel tempo per trasformare un piccolo negozio in un impero commerciale, riuscendo ad aprire numerose filiali in tutto il mondo. Purtroppo, però, ha dovuto trascurare i quattro figli: decide, pertanto, di “riunirli” per una crociera nel Mediterraneo. Ma non tutto andrà secondo le previsioni, con conseguenti recriminazioni e trame nascoste. Un tema attuale (lavoro o famiglia?) affrontato dalla scrittrice più a “tinte rosa” in circolazione, al cui attivo sono ben 80 bestseller, con oltre 590 milioni di copie vendute nel mondo. “Il quinto testimone” di Michael Connelly, Piemme, euro 19,90. La crisi diventa il tema di un thriller “ad ampio respiro”: l'avvocato penalista Mickey Haller per sbarcare il lunario è costretto a seguire casi di pignoramento di abitazioni, in costante aumento in America. Incontra Lisa Trammel, donna combattiva, raggiunta da una diffida dall'avvicinarsi alla banca che sta per portarle via la casa. Viene, però, inaspettatamente accusata di aver ucciso il dirigente che segue la sua pratica. Haller deciderà di difenderla, ma non sarà di sicuro una passeggiata. Tensioni emozionali, intrighi, tanto giallo e un ritmo incalzante in primo piano. Per i seguaci di Connelly un'escalation di “piacere” nella lettura, con l'arrivo anche di Harry Bosch, detective già apparso in altri romanzi dello scrittore americano. Non si esclude possa essere tratto un telefilm dall'opera. “Il nascondiglio della farfalla” di Ippolita Avalli, Mondadori, euro 16,00. Un thriller d'esordio per una scrittrice “tutta da scoprire”. Protagonista Sandra Kapsa, psicanalista alle prese con una serie di indagini sulla scomparsa di una sua paziente. Inaspettatamente si imbatte in un serial killer. E il resto sarà sconcertante. “Sei tu” di Federico Moccia, Mondadori, euro 16,50. Per chi ama le storie adolescenziali. Nicco e Ciccio si trasferiscono in America, sulle tracce di un amore in fuga, aguzzando l'ingegno. Si tratta del seguito di “Quell'attimo di felicità”. “Premiata ditta sorelle ficcadenti” di Andrea Vitali, Rizzoli, euro 18,50. Un tranquillo paesino, sul lago di Como (Bellano), è sconvolto dall'arrivo di due sorelle, alle prese con passioni e pettegolezzi. Siamo nel 1915. Dal sapore rétro. “Aspettando domani” di Guillaume Musso, Sperling & Kupfer, euro 18,90. Un vedovo e una single sfortunata s'incontrano: giallo e mistero saranno il motivo conduttore. Apparentemente una storia d'amore. Solo apparentemente. Gianluca Doronzo
Marzo 2014
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in tutte le librerie d'Italia