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to al lavoro di supervisione. Il mio sapere, la mia conoscenza potevasovrapporsi, saturandola, a quella che gli educatori andavano scoprendo di prima mano. Parlare apertamente di questi elementi con loro è stato produttivo oltre che benefico.
PROSPETTIVE FUTURE In questi tre anni credo che sia io che gli educatori abbiamo attraversato un mare tempestoso. Abbiamo corso tanti rischi: a volte ci siamo sentiti trascinare e sballottare tra le onde, ma non ci siamo persi alla deriva. Ho cercato, insieme grazie agli educatori e ai coordinatori, di mantenere salda la direzione. Quella cioè di sollecitare, attraverso l'uso della com-prensione, un clima di ricerca, partendo dagli aspetti concreti della persona e dei suoi famigliari, passando attraverso gli aspetti emotivi degli operatori e dell'équipe nel suo insieme, per arrivare a dare un senso articolato e organizzato a ciò che era caotico e confuso. Per rilanciare una progettualità educativa pensata e calata nei bisogni reali delle singole persone. L'approdo è rappresentato oggi dall'appena conquistato clima di ricerca nella fiducia reciproca. Bisogna tenere presente che tale clima non si dà una volta per tutte, ma sarà sempre minacciato dalle ambiguità che animano ogni gruppo di lavoro. Svelare tali ambiguità significa non rimanere imprigionati nelle loro trame per poter procedere nel progetto educativo. In tutti e tre i centri, mio obiettivo principale è stato quello di ri-costituire o costituire un gruppo con una funzione pensante. Perciò, sin dall'inizio, ho rifiutato la delega al pensiero, ma a partire dall'esperienza vissuta ho incoraggiato soprattutto le nuove generazioni ad intervenire, a porre domande, ad aprire possibilità e mantenerle aperte, a stimolare la funzione interrogante che ogni relazione educativa deve avere per essere tale. La difficoltà del lavoro educativo è accettare
questa professione impossibile (diceva Freud) perché aperta al divenire incessante. Educare non significa ripetere un sapere saputo, ma ricercare attivamente e attentamente cosa l'altro può divenire con l'aiuto degli strumenti relazionali ed educativi. L'educatore che lavora collimite, con la mancanza ha bisogno più che mai di operare per l'integrazione a differenti livelli. La mancanza nell'incontro col mondo non deve essere negata, occultata, elusa, ma può essere assunta responsabilmente come un limite che può impedire, ma allo stesso tempo se assunta in modo responsabile e consapevole, può aprire ad altre e nuove visioni di mondo rispettose dell'individualità e della specificità di ognuno. Mi piace concludere con le parole di Canevaro: "Una struttura educativa che permetta la pluralità nella ricerca dell'unità è ciò che consente di stare nella realtà, di sentire le diversità (geografiche, culturali) non come pericolo ma traendone il giusto apporto per la vita sociale". Compito non facile, quindi quello dell'educatore, perché si tratta di attivare quello sguardo binoculare che comprende la pluralità delle voci nell'unità della ricerca. Compito sociale azzarderei definire. Ancora più difficile quello del supervisore! Non sempre impossibile se ci lasciamo guidare dalla comprensione dell'Altro, affrontando di volta in volta l'incertezza del divenire che, trascinando con sé un cambiamento, può aprire le porte ad un futuro condiviso dagli attori coinvolti nella relazione educativa. L.,
Bibliografia Bion W. R., Apprendere dall'esperienza, Armando, Roma, ~972 Bion W. R.,Esperienze nei gruppi, Armando, Roma, ~983 Camarlinghi R., "Intervista ad Andrea Canevaro",Animazione Sociale, 4,~999 Morin E., I sette saperi necessari all'educazione del futuro, Raffaello Cortina, Milano, 2001. Napolitani D., Individualità e gruppalità, IPOC, Milano, 2006
LIBRI P. Natalicchio Il regno di Op La Meridiana, Molfetta (BA), 2012 Ogni anno,in Italia, 1500 famiglie ricevono la stessa,ingiusta notizia"vostro figlio ha un tumore infantile': APaola Natalicchio, gior~ nalista di 33 anni, la diagnosi della malattia del suo primo figlio èarrivata una mattina di fine maggio, due mesi. dopo la sua nascita. Un tumore maligno all'addome, da aggredire subito con un percorso di cure pesante e dagli esiti imprevisti. Cosi senza scelta, ha lasciato i progetti e la vita che aveva e insieme alla sua famiglia si è trasferita nel reparto di Oncologia pediatrica di un grande Ospedale romano. li Regno di Op, appunto: una realtà parallela esegreta. Che hacambiato persempre isuoi occhi. Da dicembre Paola ha aperto un blog (www.ilregnodlop.blogspot.it) e ha iniziato a raccontare gli incontri, le storie, le fatiche e le speranze accumulate in tanti giorni di ospedale. Un blog che in 5 mesi,tra pagine di Blogspot e il mirrorsulsito dell'Unità, ha raccolto 90.000 accessL Questo libro raccoglie i post del blog, ma è anche un progetto editoriale che prova ad andare oltre, tenendo insieme lo sguardo di genitori,medici e pazienti sulla complessa e dolorosa realtà dei tumori infantili. Insieme a tutti ipost del blog ea due scritti inediti dell'autrice, infatti, il libro contiene un'ampia appendice su cosa sono edove si curano itumori infantili in Italia, a cura del prof. Riccardo Riccardi edella dott.sa Daniela Riuo. Achiudere il libro, poi, sono i disegni di Esther Cristofori, artista sedicenne specializzata in fumetti a cartoni, giovane paziente di Op. t:introduzione è affida(a a Concita De Gregorio. Quello di Paola Natalicchio è un libro the racconta imille volti della malattia pediatrica oncologica, che invita alla resistenza ealla speranza di farcela.
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Professioni sociali
Mara Bossi
ALCOLISMO ECOMUNITÀ TERAPEUTICH E
Responsabile CT Cascina Mazzucchelli Maria Raffaella Rossin Psicologa, psicoterapeuta, presidente SIA Lombardia
Sono passati 10 anni dalla 1.125, "Legge quadro in materia di alcol e di problemi alcolcorrelati", in cui era prevista la possibilità, anche pergli alcoldipendenti, di avvalersi delle strutture residenziali e semi-residenziali accreditate per i programmi di cura, riabilitazione e reinserimento territoriale. In questi anni di sperimentazione, nella Regione Lombardia, la maggior parte delle 138 Comunità terapeutiche per tossicodipendenti ha accolto anche utenti con dipendenza da alcol ma solo poche hanno avviato un modulo specialistico e una formazione specifica per lavorare con progetti alcologici di qualità. Nel frattempo le esigenze dell'utenza con problemi alcolcorrelati è cambiata e ci si sta accorgendo che anche i tempi dei vecchi modelli trattamentali non pagano più.' L'intervento dei moduli specialistici per alcoldipendenti nelle Comunità terapeutiche residenziali (CT) della Lombardia sta uscendo dalla fase sperimentale con un bagaglio di esperienze e di modelli che consentono una riflessione a tutto campo sulle strategie operative e sulle esigenze che l'attuale utenza presenta. L'attività svolta in questi anni dalle équipe multiprofessionali delle CT residenziali e semiresidenziali ha messo in luce differenti target di utenza che, proprio per le loro specificità, abbisognano di percorsi trattamentali alcologici differenziati, per evitare spreco di tempo e di risorse e per sottrarre gli alcolisti con problemi sociali gravi a continue ricadute alcoliche e al peggioramento delle proprie condizioni fisiche e psichiche. Quali sono questi utenti e in che cosa si differenziano i loro bisogni di cura? Partiamo dalla tipologia più storicamente trattata: l'alcoldipendente femmina o maschio (che può avere anche una polidipendenza in cui l'alcol è la sostanza primaria) con una rete parentale e, spesso, con un lavoro, inviato in CT dai servizi NOA o SERT, 2 perché territo,rialmente non riesce a raggiungere obiettivi trattamentali efficaci (per esempio, astinenza alcolica continuativa; costruzione di strumenti interiori per fronteggiare il craving o le ricadute alcoliche; messa in discussione di nodi critici della propria vita relazionale). Per queste persone l'allontanamento dal proprio contesto familiare e sociale per 12 o 18 mesi (termine massimo previsto per il trattamento in CTresidenziale) rappresenta una tappa faticosa ma spesso efficace per sperimentare un'astinenza alcolica continuativa e provare a c~struire con se stessi ma anche con i familiari (partner, genitori, figli) una relazione più sana perché fondata sulla messa in discussione, da sobri, di ferite e traumi interiori trascurati per anni. Il lavoro dell'equipe comunitaria si rivela efficace se viene svolto in collaborazione con il NOA o l'équipe alcologica del SERT inviante da cui
il paziente ritornerà in carico una volta dimesso dalla CT. Questa tipologia di utenza può aver bisogno anche di essere accompagnata, dopo i 12 o 18 mesi, in un percorso di reinserimento abitativo se in comunità è emersa. la necessità che il paziente sperimenti la propriaautonomia,lavorativo se, avendo perso l'attività magari da tempo, deve essere aiutato a riaffacciarsi nel mondo del lavoro, soprattutto in questo periodo di crisi occupazionale. Anche queste tappe terapeutiche necessitano di un monitoraggio da parte dei NOA o SERT che, negli anni a venire, fungeranno da punto diriferimentoper l'utente ormai dimesso dallaCT. Il secondo target è relativo ad alcoldipendenti o poliabusatori che, pur essendo inseriti in un programma alcologico territoriale, hanno bisogno di brevi programmi comunitari (4-6 mesi) per staccarsi dal contesto familiare e tentare di fare una tappa resa difficile a causa dei continui stimoli ambientali, (ad esempio, luoghi dove trovare le bevande alcoliche, sollecitazioni negative dei familiari, stress quotidiano e lavorativo). La terza tipologia è la più recente e sta diventando, di anno in anno, semprepiùnumrrosa: gli utenti alcolisti cronici con età compresa tra i so e i 6o anni. Questi pazienti sono quasi sempre senza famiglia, senza lavoro perché l'hanno perso o perché già pensionati; senza casa o con l'impossibilità di vivere in modo autonomo nella propria abitazione; con gravi difficoltà ad avviare un'astinenza alcolica continuativa e a condurre, da soli, un'esistenza quotidiana decorosa. Spesso, oltre alla dipendenza cronica dall'alcol, hanno anche disturbi psichici che aggravano la loro situazione psico-socio-sanitaria. La maggior parte di questi utenti si adatta bene alla vita comunitaria, si integra nell'organizzazione quotidiana; smette di bere, migliora fisicamente e psichicamente e può impiegarsi in attività lavorative part-time. Tutto questo se rimane all'interno della CT. Se,
Dipendenze
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n contributo è tratto
dalla relazione delle autrici, "La riabilitazione alcologica nelle strutture residenziali lombarde, tra vecchi schemi e nuove esigenze", tenuta al Convegno Alcolismo CT, organizzato da Provincia di Milano e SIA Lombardia, 23 novembre 2011.. 2 NOA (Nuclei operativi alcologia), servizi specifici per il trattamento dei problemi e delle patologie alcolcorrelati, istituiti in Regione Lombardia dalla LR 62/90; SERT (Servizi per le tossicodipendenze da sostanze illegali), si occupano anche di alcoldipendenza.
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anche dopo un percorso di 18 mesi queste persone vengono dimesse, in breve tempo ritornano a bere, a vivere per strada, ad ammalarsi. Non a causa di scarsa motivazione al fare ma per assenza di capacità ad organizzarsi da sole, senza una struttura tutelante che le aiuti a sopravvivere decorosamente. La quarta ed ultima tipologia (la più recente) è rappresentata dagli immigrati che, spesso, arrivano da percorsi di detenzione.
LA RETE DELL'INTERVENTO ALCOLOGICO: LA COMUNITÀ TERAPEUTICA RESIDENZIALE COME NODO FLESSIBILE
tutti i servizi del sistema pubblico, accreditato e del volontariato che possono offrire interventi di cura e sostegno a chi beve troppo ed ai suoi familiari (dal contesto ospedaliero, ai servizi territoriali di alcologia, alle strutture residenziali e semiresidenziali, ai gruppi di auto-aiuto), deve ormai sentire come prioritaria la necessità di costruire strumenti adeguati per aiutare l'alcolista e i familiari ad assumersi le proprie responsabilità nella cura della dipendenza dali'alcol. Il tempo trascorso in CT dovrebbe avere anche un significato "economico" per il paziente. Lo smettere di bere; il riprendere consapevolezza delle proprie abilità e competenze potrebbe significare, per l'alcolista, soprattutto nei percorsi mediolunghi, svolgere attività che consentissero una partecipazione alla spesa sanitaria per la propria cura o un guadagno da reinvestire nel proprio reinserimento sociale.
Le realtà comunitarie che, in questi anni, hanno sperimentato differenti modalità operative in ambito sia strettamente clinico siariabilitativo, sostengono il bisogno di differenziare i moduli alcol da quelli per le dipendenze da sostanze illegali. Inoltre, l'esperienza operativa ha messo in evidenza che i percorsi medio-lunghi (1.2-18 CRONICITÀ EIMMIGRAZIONE: mesi) non sempre rispondono alle esigenze UNA SFIDA APERTA PER CT ESERVIZI dell'alcoldipendente o del poliabusatore del primo e secondotarget. I loro bisogni vedono, infatLa Regione Lombardia ha individuato e accrediti, l'utilizzo della CTperilsuperamento di tappe tato tre tipi di comunità specialistiche: esistenziali difficili tornando, poi, sul territorio • per la comorbilità psichiatrica; per continuare il trattamento nei servizi SERT e • per le coppie; NOA di riferimento. • per alcol e polidipendenti. In questo senso emerge In merito alla dipendenza la necessità di un ventaglio alcolica, bisogna sottoliLe realtà che hanno di proposte residenziali che neare che, spesso, sono contemplino anche l'accoassociati l'uso, l'abuso o la sperimentato differenti dipendenza da farmaci, da glienza breve (2-4 mesi) e percorsi terapeutici che si gioco e da altre sostanze modalità operative, articolino in specifiche tapillegali, così come i disturbi pe da raggiungere in 6-8-12 psichiatrici. L'uso di alcol e in ambito sia clinico mesi attraverso una forte la relazione con patologie rete di sostegno territoriapsichiatriche spesso non sia riabilitativo, le e una sintonia operativa è di facile inquadramento, tra CT residenziale, Centri in quahto molti disturbi sostengono bisogno Diurni e strutture di reinsementali possono essere rimento abitativo e lavorasia preesistenti sia consedi differenziare i tivo. I dati dell'osservatorio guenti all'alcoldipendenRegionale sulle Dipendenze concatenandosi in una "moduli alcol" da quelli za, hanno evidenziato che i perrelazione di tipo circolare corsi residenziali risultano in cui i due fenomeni si per le dipendenze da efficacisevengonointegrati influenzano e si aggravano da risorse del territorio che reciprocamente. sostanze illegali rendano possibile, quanImpostare un percorso do serve, il reinserimento terapeutico sull'alcolista abitativo o lavorativo dell'alcolista. Diversache appartiene al terzo target (cronici) non può mente, soprattutto per i pazienti gravemente prescindere, quindi, dalla necessità di operare svantaggiati, la comunità terapeutica diventa un lavoro sociale e culturale mirato in primo luoun "parcheggio" costoso che sposta nel tempo go al riconoscimento e alla restituzione di pieil problema della ricaduta alcolica e dell'incapa- na dignità alla persona stessa, per sostenere e cità di autogestione. Le èquipe multiprofessiofavorire la crescita di autonomia di pazienti che, nali delle CT lombarde stanno sperimentando, quando approdano in comunità, sono estremaormai da tempo, che la richiesta di inserimento mente vulnerabili. in una struttura residenziale senza un preciso G)i aspetti sociali più evidenti nella casistica progetto terapeutico che evidenzi anche elemen- che è stata inserita nelle comunità residenziali ti di prognosi riguardo la capacità di" tenuta" a lombarde in questi ultimi 15 anni sono riassunti conclusione del percorso comunitario, rischia di di seguito. risolversi in periodi di parcheggio e di semplice • Mondo dellavoro: assenteismo, improduttiaccudimento che non impediscono al paziente, vità, perdita del lavoro (95%) e conseguente una volta dimesso, di rientrare velocemente perdita totale o parziale di reddito. nelle dinamiche patologiche e in errati stili di • Famiglia: conflitti, separazioni, violenze, vita. Il sistema curante della dipendenza da alcol maltrattamento dei minori (32% rispetto alla o del bere in eccesso che si esprime attraverso famiglia acquisita; 41% rispetto alla famiglia
il
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Dipendenze
d'origine). • Rapporti sociali: isolamento, aggressività, criminalità (43%). • Invalidità: malattie croniche (57%). Le persone che vengono accolte in comunità hanno un'età media tra i 40 e i 45 anni, spesso con punte superiori ai cinquant'anni (27%) e intorno ai sessanta. Questi ultimi, per una serie di fattori sociali e di compromissione sanitaria, esclusi definitivamente da qualunque circuito lavorativo, familiare, produttivo o relazionale. Aumentano, inoltre, le tipologie di senza fissa dimora, di immigrati, di detenuti e di pazienti portatori di patologie psichiatriche. Si tratta di persone che non trovano collocazione in nessun ambito istituzionale e che, con l'innalzamento delle aspettative di vita e con l'impoverimento del sistema di welfare, non hanno la possibilità di inserirsi in percorsi trattamentali definiti che li aiutino a trovare un nuovo assetto nelle aree di salute vitale. La fascia di utenza superiore ai cinquant'anni ha sviluppato l'alcoldipendenza da oltre venti, con gravi problemi organici e psichici e con unascarsissima autosufficienza, troppo avanti con l'età, troppo deteriorata e troppo sola per progettare un pieno reinserimento nel tessuto sociale ma troppo giovane per accedere aunaRSA. Il fenomeno delle persone senza dimora è un dato drammatico: attualmente, in Lombardia, rappresentano il37% degli accessi in comunità. Si tratta di persone che, spesso, come conseguenza della perditadellavoro, di reddito o della polverizzazione del nucleo familiare, vivono ai margini, in macchina, in alloggi di fOrtuna senza punti di riferimento. Per loro la comunità terapeuticaassume per prima cosa la valenza di socidisfacimento dei bisogni primari con il miraggio di recuperare una vita dignitosa, miraggio che spesso non fai conti con l'età (quasi sempre avanzata) e lo stato di salute, irrimediabilmente deteriorato. La dipendenza dall'alcol è solo uno dei tanti problemi che questi pazienti devono affrontare per accettare di cambiare stile di vita ma la CT non può intervenire sulla programmazione a lungo termine rischiando, così, di non trovare, sul territorio, le condizioni e la rete di supporti e di interventi che possono aiutarle a mantenere i cambiamenti raggiunti nel percorso residenziale. 3 Gli immigrati che hanno usufruito di un percorso in comunità corrispondono circa alg% del totale (stima di 350 utenti nel2o11) dei pazienti inseriti. Sono ricompresi anche nel numero del disagio sociale, dei senza fissa dimora e arrivano per lo più da percorsi di detenzione. Le richieste relative a questo sotto gruppo sono in aumento esponenziale. Molti gli elementi che possono aver prodotto l'instaurarsi della dipendenza alcolica: sradicamento dal contesto di provenienza, impatto con la nuova realtà socioculturale, solitudine, mancanza della famiglia e difficili condizioni di alloggio/lavoro. Il percorso terapeutico con queste persone risulta particolarmente difficile sia per la scarsa conoscenza delle culture di provenienza, sia per tutte le difficoltà burocratiche: mancanza o perdita del permesso di soggiorno, difficoltà di accesso alle
Il costante aumento degli utenti alcolisti cronici con età compresa tra i so e i 6o anni, spesso affetti da problemi psichici che hanno anticipato la dipendenza dall'alcol, sta facendo emergere l'inadeguatezza dei programmi di trattamento comunitario che, oggi, è possibile proporre. Questi pazienti presentano costanti difficoltà a svolgere una vita autonoma puntando solo sulle proprie capacità. Spesso non hanno più una casa e, da tempo, sono usciti dal circuito lavorativo; mancano di una rete di supporto esterno (parenti; figli con cui hanno legami affettivi; amici) e, pur avendo sperimentato progetti di recupero in CTancheperperiodilunghi, quando vengono dimessi perdurano gli aspetti di criticità relativi alla propria autosufficienza. Per questi utenti l'obiettivo del recupero e del reinserimento va ripensato perché non si può puntar~ sul raggiungimento dell'autonomia personale-~ se non all'interno di una struttura che supplisca alle carenze del singolo (organizzazione dei pasti e della cura della persona; gestione della giornata; accompagnamento nella realizzazione di semplici attività lavorative). Anche sperimentando l'astinenza alcolica per un lungo periodo all'interno della CT, una volta dimesso, l'alcolista cronico che non riesce ad avere risorse emotive sufficienti ad intraprendere una vita quotidiana equilibrata ricade nell'abuso di alcol per trovare aiuto e fuga dalla propria disperazione; ritorna ad ammalarsi aumentando lepatologie alcol-correlate (PAC) e, in questo modo, va o viene portato a chiedere nuovamente aiuto ai servizi che si vivono "impotenti" di fronte ai continui fallimenti dei progetti terapeutid proposti. I percorsi comunitari residenziali di 18 mesi risultano, quindi, inefficaci perché rivolti, a livello metodologico e clinico, a pazienti che possono ritornare sul territorio in una realtà familiare o individuale con risorse personali o della rete parent~e, per ricostruire la propria vita attraverso percorsi più sani grazie a nuove motivazioni. L'utenzacronica, invece, può costruirsi motivazioni solo se riesce ad entrare in un circuito di sostegno permanente in cui poter esprimere le capacità individuali senza paura di dover ripiombare nell'angoscian-l.e percorso del vivere quotidiano, rispetto al quale non ha le necessarie difese e abilità. La normativa regionale che governa questa materia non ha ancora considerato le gravi, complesse ed urgenti problemati che di questi soggetti che, nel migliore dei casi, si trovano a dover peregrinare da una CT all'altra senza poter costruire un nuovo progetto di vita. I servizi territoriali NOA e SERT, difronte a queste emergenze, non possiedono strumenti efficaci da proporre. Infatti, quando il paziente raggiunge l'astinenza alcolica in un contesto protetto come la CT residenziale, il servizio territoriale dovrebbe poter aiutarlo a reinserirsi socialmente el o lavorativamente utilizzando le risorse che il paziente possiede (famiglia; lavoro;
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cure sanitarie, ritorno alla clandestinità altermine del percorso, impossibilità di trovare un lavoro e ancor più un alloggio, provvedimenti di espulsione attuativi al termine della pena.
CONCLUSIONI
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Note 3 Una riflessione particolare va dedicata alla cronica scarsità di strutture comunitarie, di risorse e di interventi rivolti alle donne, che, in Lombardia, possono contare su poche strutture che adottano programmi specifici per la riabilitazione femminile.
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l anche dopo un percorso di 18 mesi queste persone vengono dimesse, in breve tempo ritornano a bere, a vivere per strada, ad ammalarsi. Non a causa di scarsa motivazione al fare ma per assenza di capacità ad organizzarsi da sole, senza una struttura tutelante che le aiuti a sopravvivere decorosamente. La quarta ed ultima tipologia (la più recente) è rappresentata dagli immigrati che, spesso, arrivano da percorsi di detenzione.
LA RETE DELL'INTERVENTO ALCOLOGICO: LA COMUNITÀ TERAPEUTICA RESIDENZIALE COME NODO FLESSIBILE
tutti i servizi del sistema pubblico, accreditato e del volontariato che possono offrire interventi di cura e sostegno a chi beve troppo ed ai suoi familiari (dal contesto ospedaliero, ai servizi territoriali di alcologia, alle strutture residenziali e semiresidenziali, ai gruppi di auto-aiuto), deve ormai sentire come prioritaria la necessità di costruire strumenti adeguati per aiutare l'alcolista e i familiari ad assumersi le proprie responsabilità nella cura della dipendenza dall'alcol. Il tempo trascorso in CT dovrebbe avere anche un significato "economico" per il paziente. Lo smettere di bere; il riprendere consapevolezza delle proprie abilità e competenze potrebbe significare, per l'alcolista, soprattutto nei percorsi mediolunghi, svolgere attività che consentissero una partecipazione alla spesa sanitaria per la propria cura o un guadagno da reinvestire nel proprio reinserimento sociale.
Le realtà comunitarie che, in questi anni, hanno sperimentato differenti modalità operative in ambito sia strettamente clinico sia riabilitativo, sostengono il bisogno di differenziare i moduli alcol da quelli per le dipendenze da sostanze illegali. Inoltre, l'esperienza operativa ha messo in evidenza che i percorsi medio-lunghi (12-18 CRONICITÀ EIMMIGRAZIONE: mesi) non sempre rispondono alle esigenze UNA SFIDA APERTA PER CT ESERVIZI dell'alcoldipendente o del poliabusatore del primo e secondo target. I loro bisogni vedono, infatLa Regione Lombardia ha individuato e accrediti, l'utilizzo della CT perii superamento di tappe tato Ùe tipi di comunità specialistiche: esistenziali difficili tornando, poi, sul territorio • per la comorbilità psichiatrica; per continuare il trattamento nei servizi SERT e • per le coppie; NOA di riferimento. • per alcol e polidipendenti. In questo senso emerge In merito alla dipendenza la necessità di un ventaglio alcolica, bisogna sottoliLe realtà che hanno di proposte residenziali che neare che, spesso, sono contemplino anche l'accoassociati l'uso, l'abuso o la sperimentato differenti dipendenza glienza breve (2-4 mesi) e da farmaci, da percorsi terapeutici che si gioco e da altre sostanze modalità operative, articolino in specifiche tapillegali, così come i disturbi pe da raggiungere in 6-8-12 psichiatrici. I: uso di alcol e in ambito sia clinico mesi attraverso una forte la relazione con patologie rete di sostegno territoriapsichiatriche spesso non sia riahilitativo, le e una sintonia operativa è di facile inquadramento, tra CT residenziale, Centri in quahto molti disturbi sostengono bisogno Diurni e strutture direinsementali possono essere rimento abitativo e lavorasia preesistenti sia consedi differenziare i tivo. I dati dell'osservatorio guenti all'alcoldipendenRegionale sulle Dipendenze za, concatenandosi in una "moduli alcol" da quelli relazione hanno evidenziato che i perdi tipo circolare corsi residenziali risultano in cui i due fenomeni si per le dipendenze da efficacisevengonointegrati influenzano e si aggravano da risorse del territorio che reciprocamente. sostanze illegali rendano possibile, quanImpostare un percorso do serve, il reinserimento terapeutico sull'alcolista abitativo o lavorativo dell'alcolista. Diversache appartiene al terzo target (cronici) non può mente, soprattutto per i pazienti gravemente presdndere, quindi, dalla necessità di operare svantaggiati, la comunità terapeutica diventa un lavoro sociale e culturale mirato in primo luoun "parcheggio" costoso che sposta nel tempo go al riconoscimento e alla restituzione di pieil problema della ricaduta alcolica e dell'incapana dignità alla persona stessa, per sostenere e cità di autogestione. Le èquipe multiprofessiofavorire la crescita di autonomia di pazienti che, nali delle CT 1ombarde stanno sperimentando, quando approdano in comunità, sono estremaormai da tempo, che la richiesta di inserimento mente vulnerabili. in una struttura residenziale senza un preciso Gli aspetti sociali più evidenti nella casistica progetto terapeutico che evidenzi anche elemen- che è stata inserita nelle comunità residenziali ti di pro gnosi riguardo la capacità di "tenuta" a 1ombarde in questi ultimi 15 anni sono riassunti di seguito. conclusione del percorso comunitario, rischia di risolversi in periodi di parcheggio e di semplice • Mondo del lavoro: assenteismo, improduttiaccudimento che non impediscono al paziente, vità, perdita del lavoro (95%) e conseguente una volta dimesso, di rientrare velocemente perdita totale o parziale di reddito. nelle dinamiche patologiche e in errati stili di • Famiglia: conflitti, separazioni, violenze, vita. Il sistema curante della dipendenza da alcol maltrattamento dei minori (32% rispetto alla o del bere in eccesso che si esprime attraverso famiglia acquisita; 41% rispetto alla famiglia
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l doti e abilità personali) per evitare che gli strumenti acquisiti in CT anche, ma non solo, nei confronti del bere in eccesso, vadano perduti. Nel caso di un paziente che appartiene al terzo target, ci si trova di fronte all'assenza totale di risorse e a persone che hanno poche abilità da utilizzare (anche per l'età e per lepatologie alcolcorrelate) per modificare completamente la propria esistenza senza l'alcol. I percorsi abitativi e lavorativi da utilizzare in ambito riabilitativo, quando ci sono, risultano più adatti ad utenti giovani che hanno. la possibilità di modificare il proprio comportamento avviando nuovi stili di vita e affrontando con energia difficoltà relazionali familiari che, senza la dipendenza alcolica, devono essere modificate. L'alcolista cronico con più di cinquant'anni, spesso affetto da problemi psichici, solo o con una realtà familiare gravemente compromessa (genitori anziani che non possono occuparsi di lui/lei; figli che vivono autonomamente o con il genitore da cui l'alcolistahadivorziato; assenza di una dimora; assenza di parenti che possano dare un aiuto), non ha le capacità interiori per poter vivere al di fuori della realtà comunitaria. Quando questo accade, le strutture di prima accoglienza che lo accolgono per brevi periodi (dormitorio pubblico; centri di prima accoglienza che accolgono senza l'invio di servizi), cercano di avviarlo nuovamente ai NOA o ai SERT o ai servizi di psichiatria territoriale (CPS) per"aiutarlo/aasmettere di bere". Ma questo paziente aveva già smesso di bere, magari per un lungo periodo (12-18 mesi) ma all'interno di una struttura residenziale in cui qualcuno si occupava di liri/lei. Se viene rimandato in una nuova CT deve riprovare a raggiungere l'astinenzaalcolicasapendo che, dopo un tempo definito, si ritroverà per la strada e, chiedendo l'elemosina, ritornerà a bere per evitare una decisione più drastica. Quando si sa che non esiste altra soluzione per la sopravvivenza del soggetto si può tentare di allungare la permanenza in CT anche oltre il termine dei 18 mesi. In questo modo, però, i posti a disposizione dei pazienti (target uno e due e quattro) che possono usufruire proficuamente dei percorsi trattamentali
alcologico-residenziali vanno a diminuire con conseguenze pesanti per i giovani alcolisti che potrebbero trarre giovamento dal percorso di aiuto residenziale. In molti casi può succedere che la CT si trovi a dover gestire gratuitamente pazienti cronici senza futuro a cui i servizi NOA e SERT non avvallano la continuazione del programma terapeutico dopo aver sperimentato che all'uscita dalla CT il paziente ritorna a far uso di alcol. In questi casi l'equipe della struttura residenziale deve affrontare anche un problema morale qualora decida di abbandonare a un futuro incerto e pericoloso alcolisti astinenti e ben compensati che, una volta dimessi dalla CT, ritornano ad essere dei disperati senza dimora. In questa terra di nessuno la comunità diventa un approdo al quale aggrapparsi, ma si tratta di uno strumento non adeguato e utilizzato impropriamente. DéÌI 2001, quindi, le comunità specialistiche da un lato hanno messo in campo interventi sempre più efficaci non solo approfondendo lo studio e la conoscenza di modelli già operativi e sperimentali, ma anche andando a costruire percorsi innovativi confrontando e integro\).ndo differenti approcc-i e professionalità, dall'altro vengono loro proposte dai servizi e dalle Istituzioni richieste di interventi impropri soprattutto da quando la crisi del Welfare ha visto ridursi sempre di più la spesa investita dal Governo Italiano per il contrasto della povertà e dell'esclusione sociale. 4 Per superare questa ambivalenza ed evitare che i pazienti con problematiche complesse fisiche e psico-sociali non trovino adeguate risposte, diventa urgente immaginare situazioni protette o semi-protette a carattere assistenziale e di supporto, dove sia possibile seguire il paziente in maniera costante per periodi più o meno protratti di permanenza. Questi obiettivi dovrebbero essere perseguiti da azioni sinergiche tra gli enti, i servizi specialistici e le associazioni coinvolti direttamente al raggiungimento di un miglior stile di vita dell'alcolista cronico. L.,
Note 4 Revelli M., Poveri, noi, Einaudi, Torino, 2010.
LIBRI Alberto Pollai Le parole non dette. Come insegnanti e genitori possono aiutare i bambini a prevenire l'abuso sessuale con DVD, Franco Angeli, Milano, 2011 ~abuso sessuale sui minori è una realtà che spaventa. Paure ed emozioni che suscita in genitori ed educatori, lo hanno trasformato in un problema rispetto al quale è meglio non parlare, non agire, non fare nulla. Si spera semplicemente che un evento tanto terribile non capiti mai nella propria famiglia onella propria scuola e questa è l'unica prevenzione che viene messa in atto. Da anni, invece, in molte nazioni, la prevenzione dell'abuso sessuale viene proposta ai bambini di tutte le età sia ascuola che in famiglia, affinché sappiano difendersi nelle situazioni di. rischio e soprattutto comprendano che il loro corpo e la loro persona hanno valore edignità. la conoscenza aiuta sempre a risolvere i problemi e in questo volume genitori e insegnanti potranno capire cos'è l'abuso sessualee cosa provoca sul bambino che ne è vittima. lgenitori troveranno una guida per fare prevenzione con ipropri figli, gli insegnanti le indicazioni per condurre ascuola un percorso educativo con i propri alunni. Questo libro vuole pertanto aiutare a promuovere la prevenzione ascuola e in famiglia.
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