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Farmacie

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Malattie rare

Malattie rare

L’evoluzione della farmacia dagli “spezieri” a oggi, passando attraverso la pandemia

∞ A CURA DI MARIA CASTELLANO

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Storicamente il farmacista era una figura centrale e fondamentale della vita quotidiana insieme al medico e al prete del paese. Chiamato lo “speziere”, all’inizio dell’Ottocento, per poter ricoprire questa figura, doveva aver compiuto studi umanistici e non solo scientifici per esempio di chimica farmaceutica e botanica, come intuitivamente si potrebbe pensare. Alle conoscenze strettamente di settore, poi, dovevano affiancarsi anche doti morali, confluite poi nel Codice Deontologico oggi in vigore. Da allora il ruolo del farmacista è molto cambiato (e continua a cambiare come vedremo nel prossimo numero), pur rimanendo sempre - e sempre di più - un punto di riferimento, in molti casi il primo e più accessibile, per la salute e il benessere di grandi e piccoli.

DALLA “MAGIA” ALLA SCIENZA «Fu soprattutto grazie alla figura del farmacista che, nell’Ottocento, vennero scoperte e isolate molecole come manganese, cloro, la chinina, l’acido lattico, l’acido fosforico. Sempre grazie al farmacista si passò dalle “teorie degli umori” ippocratico-galeniche alle conoscenze chimiche e alle diverse tecniche di preparazione ed estrazione, come per esempio la distillazione» raccontano le dottoresse Maria Silvia Calvino Ramaccio ed Elena Bottazzi, farmaciste del gruppo Agifar Bergamo (Associazione Giovani Farmacisti). «Essendo il responsabile della preparazione dei medicamenti, il farmacista era chiamato in alcuni casi a confrontare le soluzioni terapeutiche con il medico, aumentando così la considerazione e il rispetto della figura già a quei tempi».

LA SITUAZIONE PRE PANDEMIA Con il passare degli anni il farmacista è diventato man mano sempre più da un lato commerciale, dall’altro inserito nel contesto del Sistema Sanitario Nazionale, passando dal laboratorio e dalla gestione delle sostanze, alla gestione e dispensazione delle ricette, inserendo con il tempo quel confine sottile ma netto tra la sua figura e il cliente, che è il banco della farmacia. «Dal Novecento fino ai giorni nostri si sono susseguiti numerosi e rapidi cambiamenti che hanno riguardato soprattutto il ruolo del farmacista dietro il banco del punto vendita. I medicinali sono diventati per la maggior parte industriali, acquistabili con ricetta a carico del Sistema Sanitario secondo protocolli di cura e terapia per lo più standardizzati in base alle evidenze e agli studi in continua evoluzione, relegando quindi man mano l’attività di preparazione in farmacia a situazioni di emergenza, a preparati magistrali su richiesta del medico e meno a preparati officinali personalizzati in base alla farmacia». È stata affian-

DOTT.SSA MARIA SILVIA CALVINO RAMACCIO

Farmacia San Faustino di Nembro

DOTT.SSA ELENA BOTTAZZI

Comunicazione scientifica

Farmaciste del gruppo Agifar Bergamo (Associazione Giovani Farmacisti)

cata, sempre secondo una regia centrale, l’attività di distribuzione di

presidi e prodotti per alimentazione speciale, oltre alla possibilità di prenotare visite e di vedere attuata la dematerializzazione delle ricette e del fascicolo sanitario elettronico con le dovute differenze regionali. «In tutti questi cambiamenti la risposta del farmacista, laddove interpellato, si è sempre dimostrata positiva e propositiva, venendo incontro alle modifiche che potevano in qualche modo snaturare anche l’unicità del proprio punto vendita, considerando che l’Italia è uno dei Paesi dove la personalizzazione e l’indipendenza delle varie farmacie sono ancora ritenuti punti di forza. Parallelamente però, aldilà di campagne e slogan riguardo la Farmacia dei Servizi e la Pharmaceutical Care, non si è vissuto nel tempo il fisiologico passaggio del farmacista da dispensatore a consulente-counselor riguardo l’informazione sanitaria sull’aderenza alla terapia, la somministrazione ed eventuali effetti collaterali, come già avviene all’estero. E questo vale sia per quanto riguarda la farmacia territoriale sia quella ospedaliera».

LA PANDEMIA DA COVID 19: IL “GIRO DI BOA” «La virulenza della pandemia ha intaccato pian piano le fondamenta di un sistema che in apparenza mostrava l’intenzione e la visione di cambiare ed evolversi, ma che era in concreto ancorato a una concezione superata di salute e di operatori sanitari» continuano le farmaciste. «La farmacia che stava cambiando quasi un punto vendita alla volta si è trovata catapultata “al fronte”, in prima linea. Chiarimenti, rassicurazioni, a disposizione giorno e notte, confronto con gli altri operatori sanitari e con tutti coloro che si sono dati da fare, collaborazione, rete, dedizione, atto di coraggio e di amore verso i pazienti. Tutto ciò che stava contribuendo a cambiare e a portare verso il futuro la nuova farmacia, ma che adesso avrà un ruolo ancora più di primo piano, è stato sospeso, messo da parte. A un certo punto non è stato più chiesto ai farmacisti se fossero pronti o no a ricoprire un ruolo centrale nel Sistema Sanitario. Ci si sono trovati, l’hanno dimostrato con i fatti, con i sorrisi, con l’attenzione, tenendo per sé la preoccupazione e l’incertezza delle notizie che arrivavano, con la speranza di rivedere tutti in salute e con la certezza, forse l’unica, che la cura migliore è tutto ciò che non si può vendere e quantificare, ma che ha un valore intrinseco, ovvero il “prendersi cura”. I servizi che già erano stati introdotti e che forse non hanno mai avuto il giusto riconoscimento, hanno iniziato ad acquisire maggior valore. Dalla stessa misurazione della pressione agli esami di prima istanza su sangue capillare: sono stati anche il mezzo grazie al quale i farmacisti si sono potuti proporre per eseguire gli screening per il Covid-19. E anche oggi la farmacia rimane un punto di riferimento per coloro che necessitano di tamponi e sierologici. Alla base, quell’ingrediente che nel campo della salute non è facile “comprare”, né con fast-screening nè con una tessera personalizzata: la fiducia, la fidelizzazione. Un valore che non s’improvvisa, si costruisce, con il tempo, l’esperienza e i rapporti umani, e che nessun numero, nessun computer o altro mezzo elettronico può dare. Alla fine, senza proclami, spettacolarizzazioni, sono rimasti i fatti, il coraggio, il silenzioso rumore che deriva dal fare del proprio lavoro una missione, senza eroi, ma con professionisti che si distinguono perché sono e fanno. Proprio per questo voce che continua a essere ascoltata».

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