ITINERARI DI BELLEZZA
Il canale digitale rallenta e l’esperienza assume sempre più valore
Il lusso si trasforma: l’importanza di costruire un viaggio su misura del cliente
Le imprese si adattano al cambiamento attraverso competenze e nuove tecnologie ESCLUSIVO
Genio, qualità, efficienza Le risposte alle difficoltà
Chi viene in Italia lo fa perché attratto dalla moda, dalla bellezza e dall’eleganza, ma il flusso di turisti sta cambiando e le piccole imprese devono adattarsi
Gli europei difficilmente hanno fatto la differenza. Gli americani non bastano. Ci aiutano un po’ i mediorientali. Ma ci mancano cinesi e russi, non c’è niente da fare. Ci mancano, insomma, quei ricchi turisti (allora aristocratici europei) che tra il 1700 e il 1800 intraprendevano il Grand Tour in Europa. In quei tempi lo scopo era soprattutto di conoscenza, culturale, esperienziale. Oggi chi viene in Europa lo fa per fare un’esperienza, certo, ma anche per comprare affascinata dalla moda, dalla bellezza e dall’eleganza italiana. È chiaro che a trarne vantaggio per anni sono state l’industria del turismo, quella alimentare e quella della moda. Il meccanismo, però, si è inceppato. Infatti, anche se il drammatico periodo del Covid è ormai alle spalle, guerre e inquietudini geopolitiche stanno provocando un’assenza di turisti che alimentavano in maniera consistente questo mercato. Come ci ha raccontato Stefania Saviolo, docente di strategy and entrepreneurship dell’Università Bocconi, “abbiamo perso i clienti cinesi e russi, che rappresentano un’importante fetta di acquirenti, ora venuta meno. Il problema è che non sappiamo se e quando riprenderà questo flusso. Un’alternativa, in parte, c’è: sono stati sostituiti da turisti americani e del Medio Oriente, ma senza i cinesi che non fanno più i loro Grand Tour all’interno delle capitali europee, la situazione è e resta molto particolare”. Nei giovani è sempre più diffuso il lusso di seconda mano: forse per esigenze di sostenibilità (un tema molto caro ai ragazzi) o semplicemente per moda, stanno fiorendo molte opportunità in questo mercato. Non mancano, però, settori che stanno subendo un netto ridimensionamento. “I retailer multimarca non stanno andando bene, è un canale da tempo in crisi”, spiega Saviolo. “Un altro segmento di mercato che non se la vede bene è quello delle piattaforme online”. Una situazione che, seppur indirettamente, è inesorabilmente destinata a influenzare (negativamente) parte dell’industria italiana: “Le piccole imprese fornitrici sono destinate a subire questo rallentamento”, dice ancora la docente della Bocconi: “Se si dimezzano gli ordini, alla fine chi paga sono le piccole imprese dell’indotto” E allora, se il canale digitale rallenta, ritorna il concetto dell’acquisto in negozio a una condizione: quella di saper porre il proprio brand all’interno di un’esperienza unica e
personalizzata. Non solo, ma se gli acquisti di beni frenano c’è un altro modo per affrontare il problema: la soluzione vincente è quella dei servizi ad alta specializzazione. Chi arriva in Italia vuole muoversi, essere accolto, accudito con sempre maggiore professionalità, qualità ed efficienza. Per questo abbiamo deciso di dedicare la copertina di questo numero di Forbes Small Giants a Upper Sky, una società specializzata nel noleggio a breve termine di jet, charter ed elicotteri, ma che sta lavorando per includere anche
La soluzione vincente oggi è quella dei servizi ad alta specializzazione, dove il cliente viene accudito e accolto
con professionalità, prodotti customizzati e attraverso un’esperienza personalizzata
altre attività per assistere il cliente a 360 gradi, dall’organizzazione del viaggio alla pianificazione della giornata una volta atterrato, fino allo shopping personale. Un esempio di come il genio e la prontezza italiani riescono a trovare sempre un’opportunità..
Sommario
INSIDER
12 Le note che curano la vigna
Mirko Crocoli
LEADERSHIP
21 Sulla scia del successo
Massimiliano Carrà
FOTO
24 Il cioccolato che non fa male
COVER STORY
26 Volare sempre più in alto
Fulvio di Giuseppe
ITINERARI DI BELLEZZA
35 La pasta formato 3D
Maurizio Abbati
38 Sull’onda del cambiamento
Raffaella Galamini
40 L’arte è questione di lusso
Giulia Piscina
RICERCA
42 Ciò che conta è l’esperienza
Fulvio di Giuseppe
SERVIZI
49 L’intelligenza della logistica
Andrea Salvadori
52 Il risparmio che fa bene a tutti
Maurizio Abbati
54 Il cambiamento inizia dalle persone
Maurizio Abbati
56 Abbracciare il digitale
Matteo Marchetti
58 Futuro al sicuro
Maurizio Abbati
INCHIESTA CASERTA
60 Oltre alla reggia
c’è di più
Piera Anna Franini
68 Rivoluzionare il retail
Maurizio Abbati
INCHIESTA VIBO VALENTIA
72 L’antico sapore di una terra viva
Piera Anna Franini
82 Un approdo a cinque stelle
Raffaella Galamini
84 Brindare alle origini
Matteo Calzaretta
Sommario
86 Lo spirito di Calabria
Andrea Salvadori
88 Eccellenze da conservare
Raffaella Galamini
IMPRESA IN NUMERI
90 Attacchi cyber: anche le Pmi nel mirino
Andrea Celesti
STORIE D’IMPRESA
94 La forza della tradizione
Raffaella Galamini
98 La cultura del vino tra presente e futuro
Mirko Crocoli
FOLLOW UP
100 Sentieri di crescita
Agostino Desideri
STARTUP
106 Restare per costruire
Andrea Salvadori
110 Ogni scarto al posto giusto
Lavinia Desi
112 La stampa che tiene a galla
Andrea Salvadori
DALL’ITALIA E DAL MONDO
114 Anni d’oro
117 Lo sapevi che
RUBRICHE
120 Passare il testimone
121 Il tesoro nascosto
122 Opportunità space economy
UFFICIO
125 La bella stagione della flessibilità
Valentina Lonati
Le imprese dei distretti industriali CRESCONO DI PIÙ
MAGGIO 2024 - NUMERO 15
Supplemento al volume 79, maggio 2024, di FORBES ITALIA registrazione presso il Tribunale di Milano al n°260 del 7 settembre 2017
Copia non vendibile separatamente
Editore
BFC Media spa - Via Melchiorre Gioia, 55 - 20144 Milano
Presidente Maurizio Milan
Direttore responsabile
Alessandro Mauro Rossi
Executive editor
Edoardo Prallini
Contributor
Maurizio Abbati, Matteo Calzaretta, Massimiliano Carrà, Mirko Crocoli, Lavinia Desi, Fulvio di Giuseppe, Piera Anna Franini, Raffaella Galamini, Valentina Lonati, Matteo Marchetti, Giulia Piscina, Andrea Salvadori.
Progetto grafico
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Impaginazione
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Direttore commerciale
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Il fatturato delle imprese nei distretti industriali è cresciuto dello 0,08% nel 2023, in aumento di oltre il 20% rispetto al 2019. Si prevede che nel 2024 crescerà dell’1,1% e del 2% nel 2025. Questo quanto è emerso dalla sedicesima edizione del rapporto annuale realizzato dalla direzione studi e ricerca di Intesa Sanpaolo, che ha analizzato i bilanci di circa 20.800 imprese dei distretti industriali. Queste hanno registrato performance positive superiori a quelle delle imprese non distrettuali. Spiccano i distretti specializzati nella meccanica e nell’agroalimentare, con una crescita dell’export del 7,9% e del 4,5%. Crescono anche gli investimenti delle imprese distrettuali per potenziare i processi produttivi, per l’autoproduzione di energia. Secondo le stime di Intesa, il 15% delle imprese distrettuali è esposto al rischio alluvione. Le strategie da mettere in campo andranno dall’autoproduzione di energia all’efficientamento energetico, dalla riduzione dell’uso di materie prime all’utilizzo di materie prime seconde, dal risparmio idrico al riciclo-riutilizzo di acqua, dalla riduzione di emissioni atmosferiche al minor utilizzo di trasporti, dal design for recycling al life cycle assessment. .
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Le NOTE che curano la vigna
La musica può cambiare la qualità del vino: Peppe Vessicchio, direttore d’orchestra, da anni conduce esperimenti
in questo campo con Musiké, la cantina di sua proprietà
di Mirko Crocoli
Èinsolito il percorso che ha portato Beppe Vessicchio dall’orchestra del Festival di Sanremo al mondo del vino. E passa da Fre&Man, gruppo di ricerca sulle frequenze e sulla musica armonico-naturale, costituito da Vessicchio e da Michele Carone, un medico barese che ha studiato l’effetto positivo delle frequenze sugli ortaggi. La tecnica è stata applicata anche al vino, prima con la cantina Musikè, poi con una Barbera prodotta nelle Cantine Post Dal Vin di Rocchetta Tanaro e ora con la distilleria Berta. In questo modo sono stati realizzati il Sesto Armonico Montepulciano d’Abruzzo Doc e il Sesto Armonico Trebbiano d’Abruzzo Doc, due vini trattati con le frequenze della musica armonico-naturale nel momento in cui ancora stazionano nelle vasche d’acciaio. Inoltre, il progetto Musikè è impegnato nel sostegno dei giovani musicisti che si distinguono per dedizione e capacità nel proprio percorso di formazione. Ne abbiamo parlato con Peppe Vessicchio,
LA TECNICA FRE&MAN, CHE CONSISTE
NEL TRATTARE
IL PRODOTTO CON ONDE
SPECIFICHE,
TESTATA ANCHE
DELLA STORICA
DISTILLERIA BERTA
che in questa circostanza indossa le vesti di imprenditore.
Quando nasce l’amore per il vino e la simbiosi con la musica? Durante un periodo di crisi personale. Gli obiettivi perseguiti, una volta raggiunti, cominciavano a rivelarsi addirittura poveri, a dispetto del loro controvalore materiale. Dischi venduti, classifiche, notorietà e risonanti progettualità commer-
ciali non bastavano più a farmi sentire innamorato della musica. Avevo smarrito il legame come in un matrimonio che stancamente andava verso la fine. Mi dissi: se il piacere dell’accostare le note tra loro alla fine si traduce solo in questo c’è qualcosa che non va. Non che io sognassi la gloria mondiale, ma l’idea di quella perenne scalata non risuonava né nel mio cuore né nella mia mente. Poi un giorno mi capitò di leggere che alcuni scienziati, diversi anni prima, avevano rilevato che le vacche del Wisconsin facevano più latte se nelle stalle veniva diffusa la musica di Mozart piuttosto che con altri brani utilizzati per il test. Questo mi fece capire che oltre a quello che la nostra cultura, in termini di linguaggio, determina come ‘piacere’, c’è altro che viene inteso da sconosciuti sensori che rende la musica davvero universale, perchè non è plausibile che le vacche manifestino quel benessere che permette loro di produrre l’8% in più di latte, attivando un processo cognitivo connesso a legami esperienziali o sentimentali come noi umani facciamo nel relazionarci alla
musica. Un latte, tra l’altro, più ricco di calcio, a testimonianza dell’azione che ha svolto la serotonina, chiamata, appunto, ormone del benessere. Da qui gli studi su Mozart, l’individuazione del codice armonico-naturale e la sua applicazione sui vegetali e sul vino, dal Piemonte alla Puglia.
Musikè, l’incontro con Riccardo Iacobone, l’idea e poi la messa in opera di una cantina che produce vini molto apprezzati nel mondo. Una promessa mantenuta con se stesso?
Diciamo un piccolo sogno e anche una proposta affettuosa avanzata da Riccardo, tra i primi a riconoscere, insieme al suo enologo Camillo Zulli, gli effetti straordinari di questo metodo sul vino. Vedendomi correre affannosamente con Andrea su e giù per l’Italia vitivinicola per realizzare prodotti con varie aziende, un giorno mi ha detto: “Ma perchè non fai una tua cantina? Se vuoi ti do io una mano”. Accettammo e così nacque Musikè.
Il vino d’Abruzzo, in provincia di Teramo: cosa lo differenzia dalle altre regioni?
L’Abruzzo ha sempre prodotto uve di qualità e in gran quantità. Uve che, soprattutto in passato, venivano vendute ad aziende di altre regioni già affermate nel settore commerciale del vino. Uve con elevato valore organolettico e caratteristiche ideali per la vinificazione che derivano sia dai terreni ghiaiosi e argillosi delle varie colline che da una, direi, concentrata e ricca situazione pedoclimatica. Del resto, tra le aspre vette e il mare corrono solo 50 km di distanza e chi è esperto di vinificazione sa che questo genera nel prodotto ricchezze provenienti da più poli, come ad esempio la salinità ricevuta dalla brezza marina.
Ci parli nel dettaglio di questo sistema denominato ‘Fre&Man’. Il vino non chiede molto: in primis un ambiente equilibrato nel quale evolvere al meglio. Niente luce, ridottissime
escursioni di altri parametri quali quelli termici ed elettromagnetici. Tutti sappiamo che questa materia, una volta terminata la fermentazione, dal punto di vista chimico, cioè dal punto di vista quali-quantitativo, non cambierà. Allora cos’è che cambia? Cambiano i legami tra
le molecole, legami che sono di natura elettrica. Le onde sonore, misurabili in frequenza, hanno la capacità di interloquire con questi legami. Se l’insieme di queste onde possiede uno specifico equilibrio, il vino riconosce nelle sue vibrazioni quella pace ambientale che permetterà ai suoi legami di trovare la sua migliore condizione per andare avanti, in maniera più coesa, più forte, più longeva. È un’azione che utilizza la scienza matematica e l’arte strutturate nella natura.
Fino ad arrivare al progetto Rebarba. Di cosa si tratta? Ce lo vuole raccontare?
L’amico chef Beppe Sardi, stupito dall’azione benefica di questa particolare tecnica di affinamento, chiese a me e ad Andrea Rizzoli se ci andasse di ‘armonizzare’ una Barbera prodotta nelle Cantine Post Dal Vin di Rocchetta Tanaro. Accettammo la proposta e nacque Rebarba, oggi disponibile anche in versione bio e riserva. L’affinamento indotto dalla musica armonico-naturale smussa i tannini e le durezze tipiche di questa varietà di uve rendendolo docile e affabile, senza attendere anni di prigione in bottiglia.
Dal vino ai distillati Berta: entriamo nel dettaglio.
Chicco Berta, storico produttore di grappe, durante un Vinitaly assaggiò con stupore le migliorie generate in un suo distillato dal nostro metodo, del quale Innova Veris (società che ha insieme ad Andrea Rizzoli) è proprietaria. Ci invitò subito a Monbaruzzo, cittadina dove risiede la distilleria, e sentendo affinità con le nostre progettualità collaterali ci parlò della fondazione che insieme ai familiari avevano istituito nel nome di suo fratello Gian, prematuramente scomparso. Riscontrammo intenti comuni. Nasce così Ditirambo, una grappa super selezionata e armonizzata prodotta in collaborazione con Innova Veris. Poche botti, presente in bottiglie già al Vinitaly 2024.
L’Accademia Musikè: quali sono gli obiettivi di questa ambiziosa visione? Per ora, come dice lei, è solo una visione. I giovani che vogliono occuparsi di musica
PROGETTI
sono tanti. La musica è un linguaggio di pace potente. Lo sa che i fenomeni di bullismo nelle scuole di musica sono molto ridotti se non addirittura assenti? Chissà, magari un giorno l’accademia vedrà docenti e discenti interagire in aree dove, nel tempo libero, si coopera in campi agricoli di coltivazione per una rinnovata visione sociale.
Progetti futuri?
L’apertura di una cantina in Campania, approfondire la tecnica sull’olio extravergine d’oliva, portare avanti la sperimentazione sulle cellule staminali, ma anche trovare tempo sufficiente per riuscire a comporre la musica che mi ronza in testa.
Sogni nel cassetto?
Vedere più orchestre, tante orchestre, possibilmente giovanili. Chissà, magari finanziate dai proventi generati dai prodotti che usufruiscono della musica armonico-naturale. Sarebbe il segno di una circolarità legata al concetto di benessere..
RICOMINCIARE
A INVESTIRE
Da Intesa Sanpaolo 120 miliardi per le Pmi
Intesa Sanpaolo ha stanziato 120 miliardi fino al 2026 per imprese di medie e piccole dimensioni. Il programma si chiama ‘Il tuo futuro è la nostra impresa’ e si inserisce tra le azioni del gruppo per supportare gli obiettivi del Pnrr, per cui sono stati stanziati oltre 410 miliardi di euro. La banca così vuole “accelerare i processi di trasformazione necessari per rinnovamento industriale, transizione energetica e digitale delle imprese, facilitando loro l’accesso alle nuove misure del Pnrr”. Il programma coinvolgerà tutti i settori, ma in particolare agribusiness, turismo e terzo settore. Stefano Barrese, responsabile divi-
sione Banca dei territori di Intesa Sanpaolo, ha commentato: “Il nostro ruolo è attivare risorse finanziarie e strumenti dedicati ad accompagnare le scelte di investimento e far cogliere le opportunità del Pnrr e della transizione 5.0. Ci rivolgiamo ad oltre 1,2 milioni di clienti tra mi e imprese più piccole, per tutti vogliamo stimolare un approccio di rilancio verso la crescita con nuovi mezzi e nuovi obiettivi condivisi. Il mondo delle imprese deve affrontare un riposizionamento tecnologico, digitale, geografico e generazionale in una logica di medio-lungo periodo e Intesa Sanpaolo è pronta a sostenerlo con un piano da 120 miliardi di euro
da qui al 2026. Anna Roscio, responsabile sales&marketing imprese di Intesa Sanpaolo ha aggiunto: “L’esigenza alla base dell’iniziativa è la volontà di aiutare le imprese a ricominciare a investire. I dati dimostrano come negli anni passati gli investimenti hanno contribuito a far crescere il nostro sistema paese e la competitività. C’è anche un tema di urgenza: oggi il pnrr mette a disposizione delle risorse ma implica anche dei tempi di investimento abbastanza ravvicinati. Le parole d’ordine sono investimenti per la competitività, estero, digitalizzazione e sicurezza e focus su alcuni settori strategici”.
A caccia di startup
VITTORIA HUB è il primo incubatore insurtech in Italia basato sull’open innovation e ha avviato una nuova call for ideas per startup italiane con idee innovative e tecnologicamente evolute per lo sviluppo degli ecosistemi casa e motor e per il miglioramento delle soluzioni a disposizione della rete agenziale.
Le startup hanno tempo fino al 15 giugno per candidarsi. In questo modo si vogliono intercettare aziende nate da poco che si occupano di servizi smart home di nuova generazione, sistemi, coperture e servizi avanzati in ambito motor, soluzioni basate su specifiche tecnologie come predictive analytics, machine
learning, Iot, oracoli e strumenti di Intelligenza artificiale. L’obiettivo è quello di sostenere le imprese nelle attività di innovazione tecnologica e industriale, nella digitalizzazione e nella transizione energetica e ambientale, promuovendo al contempo lo sviluppo delle competenze necessarie.
LE GRANDI OPPORTUNITÀ
DELL’INFLUENCER MARKETING
Sei aziende su dieci sono pronte a investire sui social media, soprattutto in Campania e Lombardia. Questo quanto emerge da una ricerca condotta da I-aer (Institute of applied economic research) con Aida Partners su un campione di 873 imprese. “Gli influencer, attraverso la loro presenza sui social media, hanno la capacità di creare narrazioni coinvolgenti e personalizzate che possono trasmettere i valori e gli obiettivi di una Pmi ad un vasto pubblico”, spiega Fabio Papa, docente di economia e direttore di I-aer. Secondo la ricerca, questo tipo di marketing oggi è particolarmente efficace, poiché soprattutto i clienti più giovani cercano connessioni reali e significative con le marche che scelgono di supportare.
Favorire gli investimenti e l’accesso al credito: due cardini di sviluppo per le aziende campane
“È opportuno rendere strutturale la riforma del Fondo di garanzia per le Pmi”, ha detto Pasquale Lampugnale, vicepresidente nazionale di Confindustria. “Bisogna aumentare il sistema delle coperture”
Èstato presentato il Rapporto Pmi Campania 2023, realizzato dal centro studi e da Piccola Industria di Confindustria Campania in collaborazione con l’Università della Campania Luigi Vanvitelli e con il contributo di Abi. Le proposte per favorire la crescita delle Pmi campane sono state: facilitare l’accesso al credito e sostenere gli investimenti, rendere strutturali il credito di imposta nella Zes unica, riducendo la soglia minima di 200mila euro e la riforma del Fondo di garanzia per le Pmi, innalzando la soglia a 5 o 10 milioni. E ancora: cumulabilità degli incentivi Transizione 5.0 con
il credito d’imposta della Zes unica, credito d’imposta sulle spese relative ai basket bond, incentivi alla patrimonializzazione, agevolazioni incrementali e sgravi fiscali per le Pmi delle aree interne: “Le Pmi campane hanno bisogno di strumenti di sostegno agli investimenti, in particolare per affrontare sfide epocali come la transizione digitale e la sostenibilità. Le attuali condizioni di accesso al credito e alla finanza non favoriscono però gli investimenti, e senza questi ultimi si mette a rischio la competitività del Paese”, ha commentato Pasquale Lampugnale, presidente regionale e vicepresidente nazionale di Confindustria. “In attesa
del possibile allentamento della stretta monetaria della Bce, che ha finora spiazzato la domanda di credito delle imprese e penalizzato soprattutto le Pmi, alle quali sono applicati in media tassi di interesse più elevati, occorre intervenire tempestivamente rafforzando le misure di accesso al credito e alla finanza alternativa da parte delle Pmi, affiancandole agli altri incentivi essenziali ma da soli non sufficienti. È opportuno ad esempio rendere strutturale la già positiva riforma del Fondo di garanzia per le Pmi aumentando il sistema delle coperture e mantenendo ai massimi il sostegno agli investimenti”.
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SULLA SCIA DEL SUCCESSO
Dal ciclismo all’impresa, Ignazio Moser racconta i suoi investimenti tra comunicazione, spumantistica e mondo fashion
“La bici è l’oggetto con cui sono letteralmente cresciuto. È il fil rouge che unisce tutti i miei ricordi, anche quelli più lontani e più difficili da ricordare”. È da qui che bisogna partire per raccontare il viaggio di Ignazio Moser. Un viaggio lungo che collega due mondi ormai sempre più vicini tra loro: quello dello sport e dell’imprenditoria. Nato con le due ruote nel sangue da una famiglia di ciclisti (da suo padre Francesco fino ad arrivare ai suoi zii Diego, Aldo ed Enzo), quindi con una passione entrata nella sua vita ‘per osmosi’, il 31enne trentino è riuscito, nel corso degli anni, a reinventarsi e a riscrivere una nuova pagina della sua storia personale, rispondendo con forza e personalità a uno dei più grandi incubi per un ciclista: l’incidente e l’infortunio.
“Se il momento più bello della mia carriera è stata la vittoria ai campionati italiani juniores a Mori nel 2010, davanti a tutto il pubblico di casa, quello più triste e più duro è stato l’incidente del 2014 prima della Parigi Roubaix. Un momento davvero difficile che ha acceso dentro di me un pensiero sempre più insistente: lasciare il ciclismo”, svela Moser. D’altronde, la bicicletta non è l’unico gene nel dna della famiglia Moser. C’è anche l’imprenditoria. “Fa parte della mia famiglia e della mia educazione, almeno tanto quanto il ciclismo. E
I MOSER HANNO
L’IMPRENDITORIA NEL
SANGUE: “MIO PADRE
FRANCESCO PRODUCEVA LE STESSE BICI
CHE UTILIZZAVA
PER COSÌCORRERE, DA DARE UN
SEGUITO AL SUO NOME NEL CICLISMO, ANCHE DOPO LA FINE DELLA CARRIERA”
lo dimostra il fatto che mio padre produceva le stesse bici che utilizzava per correre, così che avrebbe dato un seguito al suo nome anche dopo la fine della carriera. Un esempio vincente di diversificazione per uno sportivo che, a poco a poco, ha portato anche a me a tuffarmi nell’impresa”. Un’idea che trova fondamento nella forza sempre più preponderante dei social e della cura dell’immagine online, oltre che offline. Aspetto che ormai rappresenta un punto focale della vita e del business delle celebrità e che Moser ha deciso di inseguire già durante gli inizi del 2020, in uno dei periodi più complessi e difficili, quello dello scoppio della pandemia. Una sfida che il campione italiano vince investendo in Golden Sabre Agency, agenzia di sport e celebrity management che vede tra i suoi soci anche la sua stessa manager, Cristina Lodi, (che cura la sua immagine dal 2017), e due suoi amici, oltre che campioni dello sport: lo schermidore Aldo Montano e il calciatore Nicola Ventola.
“Oltre a essere una strada per restare agganciato al mondo dello spettacolo anche quando non avrò più voglia di viverlo in prima persona, Golden Sabre rappresenta una scelta importante nel panorama della comunicazione. Sia perché, rifacendomi al mondo dello sport, è formata da un team di professionisti che puntano a migliorare le ‘performance’ e a portare nuove idee e valore aggiunto ai progetti in cui crediamo; sia perché, avendo già sviluppato
diversi canali di collaborazione con personaggi e aziende, sta prendendo sempre più campo nel mondo dell’influencer marketing”, assicura Moser, che pone l’accento anche sull’importanza dei social per i talent: “Ci hanno dato la possibilità di aprire una finestra sulla nostra vita privata e professionale e ci hanno permesso di raccontare tutte le nostre passioni e attività. Raggiungendo un grande pubblico, abbiamo però anche l’enorme responsabilità dei messaggi che lanciamo e di come li lanciamo. Quindi, oltre ad adottare una strategia di comunicazione, dob-
biamo per prima cosa avere una chiara strategia di vita con obiettivi positivi ben precisi e un processo ben definito per raggiungerli”.
La Golden Sabre però non è l’unico progetto imprenditoriale di Moser, che tira le fila di altri due suoi progetti e di quello che è stato il 2023. “Sicuramente è stato un anno molto positivo per me. Dal punto di vista professionale, sono felice sia per quello che stiamo facendo con la Moser Trento (i cui territori si trovano nella Valle di Cembra, terra di origine della famiglia Moser, e sulle colline della Valle dell’Adige,
comprese fra Trento e San Michele all’Adige), che ormai si è consolidata come una delle piccole aziende spumantistiche più virtuose del panorama nazionale, sia per il lancio di Qlhype, una startup nel mondo fashion che mi sta dando soddisfazioni e che punta a diventare un riferimento nel mondo del luxury fashion di seconda mano. Dal punto di vista personale, invece, l’anno di svolta sarà proprio questo, perché, dopo sette anni di fidanzamento, io e Cecilia Rodriguez ci sposeremo. Sarà un momento bellissimo, che non vediamo l’ora di vivere”, conclude Moser. .
IL CIOCCOLATO
CHE NON FA MALE
È uno dei prodotti più famosi al mondo, ma pochi sanno cosa si nasconde dietro la sua produzione. Il cioccolato ha un forte impatto ambientale. L’industria del cacao, secondo Trase, iniziativa che riporta l’impatto delle filiere sulla deforestazione, sarebbe responsabile del 45% della perdita di alberi in Costa d’Avorio e Ghana. Per ogni chilogrammo di cacao prodotto, sarebbero necessari 24mila litri d’acqua. Per questo nel 2022 Giuseppe D’Alessandro e Massimo Sabatini hanno creato una startup per produrre un cioccolato di qualità, senza usare il cacao. Si tratta di Foreverland, azienda che produce Freecao, un cioccolato realizzato con la carruba, di cui l’Italia è il secondo produttore mondiale, e grassi naturali.
VOL ARE SEMPRE PIÙ IN ALTO
NOLEGGIO DI JET, CHARTER ED ELICOTTERI,
MA NON SOLO: UPPER SKY OFFRE
SERVIZI DI LUSSO A 360 GRADI PER RENDERE
IL VIAGGIO UN’ESPERIENZA UNICA
Leave your stress behind. Lo scrivono, a chiare lettere, come primo messaggio sul sito ufficiale. Perché nella filosofia di Upper Sky non c’è spazio per lo stress e l’invito – anzi il comandamento - è quello di ‘prendere il volo con calma’. E non potrebbe essere altrimenti per una società specializzata in noleggio a breve termine di jet, charter ed elicotteri per professionisti e viaggiatori privati, il cui modello di business abbraccia molti servizi propri dei viaggi di lusso. Un’esperienza, non un semplice trasporto. È questo il valore aggiunto del brand creato da Giancarlo Insinna dopo aver rilevato Aliparma, nel 2021, dal gruppo Pizzarotti & C., avviando un’operazione di restyling tutt’ora in atto, tra ambiziosi progetti e nuove partnership.
Arriva da una famiglia di imprenditori e, dopo un’esperienza nel mondo commerciale, ha deciso di tornare a fare impresa. La sua scelta, dopo aver analizzato e valutato diversi settori, si è focalizzata sull’aviazione privata, sicuramente un ambito complesso. Una sfida ambiziosa, perché al campo tradizionale - in cui rischiare di “essere uno dei tanti” - ha preferito un settore di nicchia. Qui il rischio è maggiore, ma “se lavori nella direzione giusta, i risultati arrivano”. L’esperienza nei paesi del Medio Oriente, “dove ho potuto osservare che cos’è il vero lusso, è stata fondamentale e su quel modello ho costruito l’offerta di Upper Sky, personalizzando l’esperienza di chi si affida alla società per viaggi business e leisure, oltre a organizzare il proprio tempo tra attività sportive, eventi aziendali e trasferte all’insegna del comfort”.
La vision per il futuro di Upper Sky si basa, infatti, su un impegno costante verso l’in-
28 SmallGiants | maggio 2024 Giancarlo Insinna ha rilevato Aliparma nel 2021 dal gruppo Pizzarotti, rivoluzionandolo con partnership e nuovi progetti.Innovare per principio
Costante l’impegno verso la ricerca di nuove tecnologie che consentanto di migliorare gli aerei e di offrire
un’esperienza unica ed esclusiva.
L’obiettivo? Rimanere all’avanguardia nel settore dei viaggi di lusso
novazione e la collaborazione, alla costante ricerca di nuove tecnologie che consentano di migliorare e personalizzare i propri aerei, il tutto con l’obiettivo di offrire un’esperienza di viaggio unica ed esclusiva. “La nostra dedizione all’innovazione va di pari passo con il nostro obiettivo di rimanere all’avanguardia nel settore dei viaggi di lusso”, continua Insinna. “Non a caso, uno dei prossimi obiettivi è quello di avere carrozze sui treni firmate Upper Sky, con tutti i nostri servizi collegati”. Tecnologia all’avanguardia unita a partnership strategiche, come quella con un partner svizzero, leader nel settore del trasporto vip, che vanta un’ampia flotta di elicotteri e jet privati, per garantire ai clienti un servizio costantemente di eccellenza. A fare da collante un team capace di mettere sempre il cliente in prima linea, offrendo servizi personalizzati per soddisfare le diverse esigenze di viaggio. Il team di Upper Sky
Esperienza a cinque stelle
Il travel designer può personalizzare il viaggio sulla base delle esigenze del cliente, aggiungendo servizi come noleggio di auto, shopping personale e pianificazione di eventi sul posto
è composto da professionisti con anni di esperienza nel settore aeronautico, la cui competenza e dedizione ci consentono di fornire servizi di alta qualità ai clienti, offrendo un supporto completo per un’ampia gamma di attività, dall’organizzazione del viaggio alla pianificazione di eventi, fino allo shopping personale.
“Abbiamo scelto di assumere personale con
pregressa esperienza militare per garantire un’assistenza completa e sicura ai nostri clienti, in modo da poter gestire anche quelle rare situazioni problematiche che possono registrarsi durante i trasporti”, sottolinea Insinna. “Noi sappiamo sempre dove il nostro cliente si è addentrato e grazie all’assistenza 24 ore su 24, sette giorni su sette, il servizio concierge dedicato
garantisce che le richieste siano soddisfatte con la massima efficienza e attenzione ai dettagli”. Un’ulteriore garanzia di sicurezza anche il fatto che la società si appoggia a compagnie aeree di fiducia, per offrire servizi di qualità anche ai partner: piloti e personale di terra, avendo esperienza nell’aviazione militare, possono operare profonde verifiche sui mezzi.
Una cura maniacale che fa rima anche con sostenibilità. E per alimentare questo spirito, il gruppo Aliparma intende aprirsi alle tratte su velivoli elettrici: “Stiamo investendo molto sulla viabilità elettrica. Siamo stati avvicinati da fondi che vogliono investire in eliporti”. L’obiettivo è infatti quello di aprire strutture in grado di accogliere gli aerei elettrici, ricaricarli
e garantire servizi di lusso a terra per i viaggiatori. “Intendiamo anche trovare location vicine a ferrovie o aeroporti per agevolare gli spostamenti intermedi perché il nostro approccio è differente: mentre le major adottano la logica dei numeri, noi seguiamo l’esigenza del cliente. Ad esempio, recentemente ci hanno detto: perché non predisponete la tratta Milano-Nizza? E ci
stiamo impegnando a soddisfarli”. L’impegno ad assecondare le richieste del cliente, dall’imprenditore alle aziende, passando per il piccolo gruppo che vuole avvalersi dei comfort targati Upper Sky, si sposa con la consapevolezza di una strategia aziendale vincente: “Oltre a essere una compagnia aerea siamo un’agenzia viaggio ed eventi e noi, mettendoci a tavolino, chiediamo ai
nostri clienti quali siano i loro obiettivi”, rimarca Insinna. “Solitamente non c’è dialogo con le major, noi invece ci sediamo e ragioniamo. Ritagliamo così viaggi ed eventi con situazioni più accattivanti, in modo tale da rendere il viaggio una vera e propria experience”. Il modello di business di Upper Sky, infatti, abbraccia molti servizi propri dei viaggi di lusso, come la disponibilità di affittare auto lussuose e imbarcazioni di fascia alta (superyacht, catamarani e velieri), con cui i travel designer dell’azienda possono personalizzare itinerari e rotte, occupandosi dell’accoglienza con hostess e steward. Con tre parole chiave: “Ottimizzare, agevolare e stimolare”. Non a caso, “sempre di più le aziende si stanno affidando a noi, perché facciamo una dettagliata analisi dei costi e delle modalità di spesa. E così possiamo modificare il loro piano: ad esempio, se un cliente va solitamente in business class, ne miglioriamo l’esperienza di viaggio attraverso il volo con jet privato. Comunque cerchiamo le migliori situazioni integrate e intermodali”. E i risultati premiano questo impegno: nella nuova edizione di aprile dello studio Plimsoll sulle 49 imprese più grandi del settore delle compagnie aeree di linea in Italia, Aliparma ha ricevuto il riconoscimento di ‘Società solida’. Si tratta di uno tra i più alti riconoscimenti attribuiti alle società e che riflette le eccellenti performance dell’impresa negli ultimi 12 mesi. Quello che è ancora più significativo è che Aliparma ha raggiunto tali risultati in un mercato caratterizzato dalla presenza di 11 imprese che registrano forti perdite d’esercizio e di dieci realtà a rischio che lottano per sopravvivere.
Tra gli obiettivi futuri c’è l’apertura di una sede in Kuwait, dove “andremo a intercettare delle esigenze kuwaitiane per spostarsi
Una nuova vision
Importante
lavorare sulla
riduzione delle
emissioni e aprire il business ai
mezzi
di trasporto del futuro: l’obiettivo è realizzare eliporti in grado di accogliere e ricaricare i velivoli elettrici
in Europa, in particolare in Svizzera, anche per bisogni legati all’assistenza medica”, sottolinea Insinna. “Stiamo esplorando e dialogando con cliniche di screening per offrire questa soluzione innovativa ai kuwaitiani che hanno serie problematiche fisiche”. Il progetto, pertanto, prevede screening in Kuwait e nel Golfo e poi, attraverso Upper Sky, spostarsi in cliniche in Europa per cure e prevenzione. Un altro tassello per partecipare attivamente e concretamente a un cambio di paradigma: “Ci troviamo dinanzi a un momento di svolta. È una fase in cui la tecnologia fa enormi passi in avanti, che portano a eclatanti trasformazione, come avvenne per i trasporti passando dal cavallo alle auto. Ora noi siamo nell’era degli aerei elettrici, della intermobilità e, come Upper Sky, è per noi un orgoglio quello di contribuire alla fase di cambiamento, partecipando da attori protagonisti”..
Itinerari di bellezza
Gli sviluppi della stampa tridimensionale al servizio di un’icona del made in Italy: così BluRhapsody combina innovazione, tradizione e meraviglia
L A PASTA FORMATO 3D
L’Italia è il primo produttore di pasta al mondo con quasi quattro milioni di tonnellate, 22,3% del totale, ed è il primo esportatore a livello internazionale. Ma c’è pasta e pasta, e c’è anche chi ha deciso di reinventare il modo di produrla, sfruttando le possibilità offerte dalle nuove tecnologie.
BluRhapsody è una realtà giovane, brand di 3D food, startup del gruppo Barilla, che impiega la tecnologia della stampa 3D per realizzare formati di pasta dal design unico, architetture originali create su misura da un team di designer chiamati a realizzare forme e colorazioni. Tutto questo senza rinunciare ad un tipo di lavorazione artigianale e ad un’attenta selezione delle semole più pregiate.
Ne abbiamo parlato con Valentina Parravicini, marketing & business development manager di BluRhapsody.
Come nasce l’idea di utilizzare la tecnologia 3D e di abbinarla a un prodotto tradizionale come la pasta?
L’idea nasce dalla volontà di guardare al futuro e interpretare nuove esigenze. Barilla è l’azienda alimentare più grande al mondo e una buona parte delle risorse disponibili viene destinata a progetti di ricerca e sviluppo guardando all’innovazione di prodotto e all’evoluzione dei processi. La scelta del ricorso al 3D viene dal desiderio di offrire un prodotto altamente personalizzabile a fronte di un panorama standard. La pasta è un simbolo della nostra tradizione e abbiamo pensato all’impiego della tecnologia per creare forme esteticamente piacevoli ma anche funzionali, per dare un’esperienza unica al consumatore. Ad oggi, siamo i soli al mondo a farlo.
Quali sono le caratteristiche della vostra produzione?
La nostra produzione resta del tutto artigianale ed è un prodotto realizzato interamente a mano, se si esclude il passaggio della stampa in 3D. La produzione è fatta
IL SERVIZIO ON DEMAND PERMETTE DI PERSONALIZZARE
LE FORME, PER SODDISFARE
LA RICHIESTA DI RISTORANTI E CATERING CHE VOGLIANO STUPIRE
I LORO CLIENTI
in piccoli lotti ed è estremamente limitata, proprio per la volontà di offrire qualcosa di ricercato e unico a suo modo. La pasta 3D viene progettata dal team di designer con un apposito software di progettazione e trasferita digitalmente alla stampante. Poi, con l’impasto inserito a mano nella stampante, viene creata ogni singola forma, con attenzione al dettaglio. Tanto che ci piace parlare di ‘artigianato digitale’. La cosa bella è proprio questa: creare qualcosa di speciale parlando di un prodotto così amato e diffuso qui in Italia.
Itinerari di bellezza
Un vostro punto di forza è l’on demand, la personalizzazione. Qual è il mercato di riferimento?
Il nostro mercato è composto da ristoranti e servizi di catering che sono alla ricerca di qualcosa di particolare da presentare ai loro clienti, ma anche da consumatori finali e i cosiddetti foodies che vogliono provare questa esperienza gastronomica unica. Il servizio on demand consente di richiedere forme particolari di pasta con un livello di personalizzazione molto elevato, rispondendo a precise esigenze. Ogni nuova forma necessita di almeno 15 giorni di progettazione, dal momento che viene testata più volte affinché il prodotto finale sia perfetto dal punto di vista estetico e organolettico.
Tra i vostri tipi di pasta ce ne sono anche alcuni di colori particolari. Alcuni prodotti utilizzano, insieme a semola di grano duro 100% italiano e acqua, coloranti completamente naturali e insapori, come il nero di seppia e la spirulina, per rendere più realistiche alcune forme che
produciamo, come ad esempio il guscio della cozza che tendiamo a riprodurre con un colore nero.
Cosa c’è nel futuro di BluRhapsody?
Sarà sicuramente contrassegnato da una
continua innovazione di prodotto che passa da ingredienti e forme. A questo dovrà aggiungersi necessariamente un’ottimizzazione dei processi produttivi per rispondere a quello che auspichiamo sarà l’aumento della domanda. Terzo aspetto è la ricerca di collaborazioni che ci consentano di esprimere al meglio le possibilità che offre la nostra pasta.
Guardate anche a un pubblico giovane?
Dalla nostra comunicazione emerge la realtà di un pubblico di età compresa tra i 25 e i 44 anni. Un’attenzione prevedibile da parte di questo tipo di target, considerando che guardiamo anche a un concetto di aperitivo glamour che possa consistere in un piatto di due o tre pezzi di pasta. Pasta che per altro può essere mangiata anche con le mani, come un vero finger food made in Italy. Resta chiaro che noi non pensiamo a fare quantità e a far concorrenza agli altri momenti di consumo, ma ci posizioniamo su un livello qualitativo diverso caratterizzato proprio dall’unicità..
Sull’onda DEL CAMBIAMENTO
Largo ai giovani e alle propulsioni green: il Salone Nautico di Venezia conferma gli espositori del 2023 e annuncia nuovi prestigiosi cantieri
Sdi Raffaella Galaminiono 300 le imbarcazioni e 270 le aziende protagoniste alla quinta edizione del Salone Nautico di Venezia, in programma dal 29 maggio al 2 giugno presso lo storico Arsenale. Una manifestazione che offre un’opportunità di promozione unica nel suo genere al mondo dell’industria nautica italiana e internazionale. Il meglio del design, pronto a solcare i mari in tutte le sue forme, trova un palcoscenico ricco di storia e arte. In che modo, nel corso degli anni,
i cantieri italiani e stranieri hanno accolto questo appuntamento? Cosa lo rende un punto di riferimento per la nautica a livello internazionale? Ne abbiamo parlato con Fabrizio D’Oria, direttore organizzativo, e Alberto Bozzo, direttore commerciale del Salone Nautico di Venezia.
Qual è stata la risposta degli espositori quest’anno?
La risposta è stata crescente di anno in anno. Gli espositori presenti nel 2023 hanno riconfermato la loro presenza con un tasso del 98% all’edizione 2024 e a questi si sono aggiunti molti nuovi prestigiosi cantieri nazionali e internazionali. Il Salone Nautico di Venezia apre la stagione a fine maggio, in concomitanza con l’importante Biennale d’arte 2024. L’attenzione che poniamo noi organizzatori nell’offrire agli espositori e ai loro clienti un’esperienza di assoluta qualità che passa per l’accoglienza, la ristorazione e la qualità del palinsesto convegnistico ha proiettato questo evento ai vertici delle fiere di settore.
Un grande spazio del Salone è dedicato alla progettualità, con il contributo di giovani architetti e ingegneri. Volete essere protagonisti nel disegnare il futuro della nautica?
Sin dalla prima edizione si è voluto dare spazio alle nuove leve, con iniziative quali il bando internazionale per i giovani progettisti di scafi innovativi e di design di yacht, promosso in collaborazione con la Fondazione musei civici di Venezia e la direzione
scientifica del progettista navale Carlo Nuvolari. Anche il futuro della nautica è in rapida evoluzione sia per le propulsioni green che per le tecnologie legate all’elettronica e all’intelligenza artificiale di bordo. Per noi è importante investire sui giovani dando loro una vetrina dove confrontarsi con grandi aziende e sviluppare idee e concetti nuovi.
Il Salone Nautico dedica da sempre uno spazio alle imbarcazioni a vela. Qual è il significato di questa scelta? La vela rappresenta il segmento green della nautica per antonomasia, un segmento che vede continue espansioni e tecnologie sempre più avanzate, con l’uso di elettronica ma anche di materiali e design d’avanguardia. Lo sviluppo e la crescita del segmento vela è da sempre uno dei nostri obiettivi, che si concretizza durante il Salone e prosegue per tutto l’anno, con l’organizzazione e il supporto di importanti manifestazioni velistiche quali, ad esempio, la Venice hospitality challenge e la Veleziana.
Il tema della portualità turistica in tutta la filiera del Mediterraneo è sempre più al centro del dibattito. Qual è il contributo che il Salone può assicurare? Quale ruolo giocare per una crescita sempre maggiore? Nel rilanciare un salone nautico a Venezia, il sindaco della città, Luigi Brugnaro, ha voluto promuovere le tematiche legate allo sviluppo sostenibile, anche attraverso la presenza sempre maggiore di porti turistici che sono espositori e promotori dei loro servizi. Importante è anche il contributo di Assomarinas e di Assonautica che, in questo contesto, organizzano convegni e momenti di approfondimento su queste tematiche.
Il Salone è attento ai temi della sostenibilità a partire dalle imbarcazioni a propulsione elettrica. Quali sono le nuove frontiere per il mondo della nautica?
Da sempre il Salone Nautico di Venezia ha avuto un focus molto importante sulle propulsioni elettriche e ibride. Nel 2024 saranno presenti più di 50 imbarcazioni con propulsioni green: le grandi novità vengono
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da un lato dai segmenti che stanno adottando queste propulsioni, con scafi sempre più grandi e autonomie sempre maggiori, dall’altro con l’introduzione delle propulsioni a idrogeno fuel cell, di cui daremo ampio spazio espositivo. È inoltre confermata la quarta edizione della E-Regatta, organizzata in collaborazione con Assonautica Venezia, che vedrà prove in acqua e anche una parata di tutte le imbarcazioni green lungo il Canal Grande. Inoltre il Salone stesso, fin dalla sua prima edizione, è stato organizzato secondo un sistema di gestione sostenibile dell’evento, ricevendo la certificazione Iso.
Quest’anno ricorrono i 700 anni della morte di Marco Polo. Come intendete ricordarlo?
Il Salone si inserisce nelle celebrazioni per i 700 anni dalla morte di Marco Polo volendo richiamarne lo spirito e l’apertura mentale. Quello di un giovane mercante del Medioevo che affronta un viaggio straordinario ai confini del mondo conosciuto, spinto dalla curiosità, dal desiderio di conoscenza e dalla seduzione dell’ignoto, ma anche dalla volontà di dare un senso imprenditoriale alle sue avventure. Un atteggiamento veramente senza tempo. .
L’arte è questione DI LUSSO
Golf club, wine house e beach resort: la 6499 vuole portare
mostre e sculture in alcuni dei luoghi più esclusivi d’Italia
Cdi Giulia Piscinahi l’ha definito ‘manager dell’arte’, chi ‘art luxury man’. In parole semplici, è l’uomo che ha insediato l’arte nel mondo del lusso. Wine house, golf club, scuderie, rifugi di montagna, beach resort e ristoranti sono oggi le sedi espositive che Amedeo Demitry ha ‘colonizzato’ con la 6499. Basta avvicinarsi all’ingresso della Club House del Franciacorta Golf Club per restare colpiti da una giraffa in bronzo e ferro alta sei metri.
A Verona, invece, durante una degustazione di vino si può godere di visite guidate alle numerose mostre che si avvicendano durante l’anno, con tanto di performance nei giorni dell’opening. E che dire del ristorante raggiungibile solo via mare, meta abituale per i possessori di yacht che affollano ogni estate la Costa Smeralda? Anche lì puoi godere dell’arte (e acquistarla) mentre bevi pregiati vini e mangi aragoste. Esperto d’arte da circa 30 anni, Demitry ha anche all’attivo curatele per mostre ed eventi internazionali, tra cui la direzione di alcune edizioni della Biennale di Roma. Oggi è cofondatore della 6499 Milano insieme a suo figlio Andrea (ceo) e a Gabriele Masserini (direttore commerciale). Il suo motto, già dal 2018 - anno in cui ha diretto il Canova Prize di New York - è sempre stato “art is a wonderful place”. Quando l’ha coniato intendeva forse tutto questo? Lo abbiamo incontrato per chiederglielo.
Manager dell’arte: cosa significa? Differenze con il curatore? Chi mi ha definito così l’ha fatto per dare al mio
TRA I PROGETTI LA PRIMA EDIZIONE
DI UN TORNEO DI GOLF DOVE ALLO START DI OGNI
SINGOLA BUCA VERRÀ AFFIANCATA UN’OPERA:
DALLA BELLEZZA DELL’ARTE”
ruolo un aspetto più completo. Normalmente un curatore, ruolo che svolgo costantemente, si interessa della parte artistico-culturale della mostra o dell’evento. Io invece, specialmente in occasione di grandi eventi, mi occupo di tutti gli aspetti che vanno oltre il mero aspetto curatoriale. Progetto e gestisco la parte economica e logistica, definisco le spese di funzionamento e, quando stendo il progetto, lo accompagno da un’analisi di fattibilità. Ecco perché vengo definito manager dell’arte. Probabilmente conta molto la mia vena imprenditoriale.
Sono quasi 30 anni che è nel mondo dell’arte: come ci è entrato? Come ho detto spesso, diversamente dalle mie sorelle, io non sono approdato subito al mondo dell’arte, ma solo dopo tempo e per motivi di
lavoro. Nel ‘96 iniziai come consulente d’arte per l’allora Sanzanobi di Bologna, dove già dalla fine del corso di formazione mi attestati come team leader. I risultati erano ottimi e fui subito reclutato da altre diverse società leader del settore. Da lì tante esperienze e altri studi per poi diventare curatore e tecnico perito esperto d’arte iscritto all’albo. Credo che tutto sia avvenuto per una passione che inevitabilmente si è sviluppata in modo repentino. Da lì a diventare imprenditore nell’arte il passo è stato breve.
Pare che suo figlio stia seguendo le sue orme. Da padre come la vive?
Con immensa soddisfazione e orgoglio, è evidente. Non l’ho mai forzato in nulla e credo sia stato questo il segreto. Se non obblighi un bimbo a fare delle cose, probabilmente gli verrà voglia di provarci. Andrea ha poi conseguito la laurea allo Ied a Milano come Manager nel design della comunicazione e subito mi ha mostrato il progetto 6499, attualmente diretto da entrambi. È un ragazzo serio e si applica. Questo mi fa vivere bene.
Arte e lusso. A cosa è finalizzato il suo insediamento in contesti esclusivi?
Il mio progetto prevedeva di entrare con l’arte in contesti a target, come soglia culturale ed economica (inutile negarlo). Essere presenti in altre realtà imprenditoriali non è però mai stata legata alla caccia dell’uomo ricco, bensì al creare un effetto sorpresa. La gente non si aspetterebbe mai di trovare una scultura monumentale di fianco ad una buca da golf, piuttosto che una mostra di dipinti nella barri-
que di una casa vinicola. Imprenditorialmente la trovo una bella idea perché inevitabilmente avviene uno scambio di clientela. E questo aiuta qualunque impresa. Da sempre si sono fatte mostre in hotel o ristoranti che il più delle volte si sono dimostrati soltanto sforzi inutili. Io ho cercato di scegliere bene e in ogni luogo selezionato abbiamo lavorato con tutta la squadra per rappresentare l’arte al meglio, con un’organizzazione ineccepibile. Abbiamo ‘contaminato’ case vinicole, luxury beach restaurant e golf club. L’ultimo, in ordine cronologico, è il Franciacorta Golf Club. Credo molto in questo progetto perché mi sembra soprattutto nobile nell’idea.
L’idea dei campi da golf con un’opera posizionata vicino a ogni buca sembra concettualmente nuova e accattivante. Quando avverrà il primo lancio?
Il prossimo 8 giugno si terrà la prima edizione della 6499 Cup, un torneo a 18 buche, caratterizzato appunto dalla presenza di una scultura monumentale alla posizione di start di ogni singola buca. Giocheremo e gareggeremo accompagnati dalla bellezza dell’arte. Qualcuno ha detto che la bellezza salverà il mondo e noi facciamo la nostra parte.
È possibile scalare questo modello all’estero? Se sì, dove?
Ci vado cauto. All’estero ci lavoriamo già da tempo, dalla vicina Svizzera fino a New York. Come ho detto prima, per far bene, i progetti vanno seguiti anche quando sono diventati realtà e farlo all’estero non è semplice. I luoghi espositivi vanno presidiati e gestiti, ma mai dire mai.
Design week appena conclusa e a breve Londra, con un artista di cui è manager. Prossime tappe?
La Design Week con Salvioni Design Solutions, importante partner, è il nostro fiore all’occhiello, oltre che la principale vetrina. Gestiamo l’arte nei sei piani espositivi a due passi dal Duomo di Milano. Un tandem che credo continuerà a funzionare perché c’è il rispetto dei ruoli. Il 24 maggio inauguriamo un’importante mostra di Vitaliano Marchetto a Londra, con opere affiancate ai capolavori degli Old Masters. C’è un bel feeling con Vitaliano..
Itinerari di bellezza
HAND,
STEFANIA SAVIOLO, DOCENTE ALLA SDA BOCCONI
CIÒ CHE CONTA
L’ESPERIENZA
di Fulvio di Giuseppe
“Il mercato del lusso è in evoluzione. E la strategia vincente, in prospettiva, sarà quella di un commercio che passa da un’economia dell’esperienza”. In sostanza, tornare a ‘vivere’ il lusso. L’analisi di Stefania Saviolo è puntuale e diretta, senza troppi giri di parole: “È un momento abbastanza turbolento per il lusso, sia come mercato che come industria”. E se lo dice lei, c’è da esserne sicuri. Docente presso il dipartimento di Management dell’Università Bocconi, dove insegna dal 1993, Saviolo è anche docente di Strategy and Entrepreneurship della Sda Bocconi School of Management, dove insegna in programmi Master ed Executive. Presso Sda Bocconi ha fondato il Master internazionale in Fashion, Experience and Design Management e nel 2021 presso Sda Bocconi ha lanciato il corso executive online di Sustainable Fashion Branding con la piattaforma Getsmarter. Una corposa esperienza che le permette di avere uno sguardo d’insieme sull’industria del lusso, individuandone punti deboli e potenzialità. “I beni di lusso personale risentono molto degli acquisti dei turisti e,
RALLENTA IL CANALE
chiaramente, in questi ultimi tempi abbiamo vissuto momenti particolari”, spiega. “Innanzitutto la pandemia, che ha provocato un blocco momentaneo di viaggi e spostamenti, portando poi a un successivo periodo di crescita molto forte, che ora si sta normalizzando”. Ma se il drammatico periodo del Covid è ormai alle spalle, guerre e inquietudini geopolitiche stanno provocando un’assenza di turisti che alimentavano in maniera consistente questo mercato: “Abbiamo perso i clienti cinesi e russi, che rappresentano un’importante fetta di acquirenti, ora venuta meno. Il problema è che non sappiamo se e quando riprenderà il flusso di questi turisti. Un’alternativa, in parte, c’è: sono stati sostituiti da turisti americani e del Medio Oriente, ma senza i cinesi che non fanno più i loro ‘grand tour’ all’interno delle capitali europee, la situazione è e resta molto particolare”.
I consumi diventano pertanto molto più domestici e comportano un ridimensionamento della crescita: “L’incremento non è più a doppia cifra, non si cresce più come in passato. Si tratta di una normalizzazione dopo l’exploit post pandemia, ma ora purtroppo si sono inserite una serie di preoccupazioni che incidono sulla disponibilità e le prospettive”. Anche per chi può spendere, sia giovane che già consolidato acquirente, è cambiato l’approccio. “Preferiscono l’esperienza del lusso e non più solo un oggetto”, evidenzia Saviolo. “Già il viaggio è l’emblema di questa nuova modalità: non è più importante la destinazione, ma ha assunto sempre più valore l’esperienza in viaggio. Un aspetto che è ora più marcato dopo la pandemia, in quanto con le restrizioni per i viaggi e gli spostamenti, si dà più valore al lato esperienziale e nella volontà di spesa del cliente questo approccio è diventato determinante”.
Nei giovani è sempre più diffuso il lusso di seconda mano: “Forse per esigenze di sostenibilità o semplicemente per moda, stanno fiorendo molte opportunità in questo mercato”. Non mancano, però, settori che stanno subendo un netto ridimensionamento.
“I retailer multimarca non stanno andando bene, è un canale da tempo in crisi. Un altro segmento di mercato che non se la vede bene è quello delle piattaforme online”. Una situazione che, seppur indirettamente, è inesorabilmente destinata a influenzare (negativamente) parte dell’industria italiana: “Le piccole imprese fornitrici sono destinate a subire questo rallentamento: se si dimezzano gli ordini, alla fine chi paga sono le piccole imprese dell’indotto; anche questo è un tema di sostenibilità a cui spesso non si pensa”.
Nell’analisi di questo nuovo periodo dell’industria del lusso non può mancare poi
un focus dedicato ai brand: “Per ciò che riguarda i marchi, da un lato molta della crescita è stata a valore più che a quantità. I brand hanno aumentato i prezzi di molto, anche a parità di quantità, ma ora ci si interroga su quanto potrà durare questa sorta di speculazione”. Resta, però, un lusso senza tempo che procede mostrando le proprie eccellenze in campo. “Sostanzialmente vediamo una crescita dei marchi del lusso francesi, come Hermes, Chanel e Louis Vuitton, mentre nell’industria italiana va ancora bene e si consolida il quiet
luxury, ovvero i capi di alta qualità con design senza tempo. Aziende come Cucinelli, Zegna, Loro Piana mostrano un segno positivo, insieme, appunto, al lusso degli accessori tipicamente francesi”. E se “nel complesso i brand fashion hanno avuto momento più difficile, il beauty continua ad andare bene”.
Nel nuovo approccio al lusso, il trend prevede anche un rallentamento del canale digitale. “Al cliente fa piacere tornare in negozio. Ritorna il concetto del vivere un’esperienza: si considera, certo, l’e-commerce
specializzato nella vendita di prodotti di moda di lusso, ma si torna all’idea di essere seguiti, coccolati, accompagnati nella scelta in un negozio fisico”. E così “il cliente si riscopre sempre più sofisticato. È un lusso sempre più esclusivo anche per l’aumento dei prezzi, diventa meno accessibile ma più esperienziale e personalizzato”. Dopo questa dettagliata analisi, il quadro appare delineato: “C’è oggettivamente preoccupazione, è innegabile. Il cliente è spaventato e consuma quando può”. Come in ogni periodo turbolento, però, c’è l’occasione di (ri)
calibrare il mercato: “In questo momento possiamo dire che c’è la normalizzazione di un mercato resiliente. Sono cambiate varie cose in questo periodo: innanzitutto la geografia del cliente, che come detto varia anche in base alle catastrofi e ai drammi che stiamo vivendo tuttora. Ma cambiano e continuano a farlo anche e soprattutto le motivazioni di acquisto”. Il trend è questo ma fare ulteriori previsioni sarebbe un esercizio azzardato. “Bisogna costantemente monitorare il mercato e non affidarsi troppo a quelle che vengono
CRESCE IL LUSSO DI SECONDA MANO MA RALLENTANO I RETAILER MULTIMARCA:
A FARNE LE SPESE LE PICCOLE E MEDIE IMPRESE FORNITRICI
date come previsioni certe del futuro”. Due esempi sono lampanti di una superficialità di fondo che rischia di essere dannosa per le analisi di mercato: “Si diceva che gli acquirenti cinesi sarebbero tornati sul nostro mercato e invece non è stato assolutamente così, almeno per il momento. Altro aspetto è legato all’online: l’e-commerce si considerava la panacea del mercato e invece non è accaduto, anzi”. Quanto ai brand, “bisogna essere consapevoli che ormai il cliente è sempre più smart e informato, quindi bisogna essere in grado di servirlo, dandogli la giusta attenzione. Il futuro del mercato del lusso è infatti nella capacità di tornare a quello che il lusso realmente rappresenta e che ha rischiato, in questi anni, di essere in parte ridimensionato”. In conclusione, per Saviolo, “devi porre il tuo brand all’interno di una esperienza unica e personalizzata, perché non c’è più lo shopping compulsivo nelle capitali del lusso come eravamo abituati in passato; non c’è più il turista che compra decine di borse. Oggi il concetto del lusso è cambiato e con questo anche il mercato e l’idea di acquisto. Bisogna tornare a quello che il lusso è: altissima qualità, cura e innovazione”..
Attivo in 60 paesi, Knapp offre soluzioni di automazione per l’intera catena di creazione del valore, dalla produzione al punto vendita
L’INTELLIGENZA DELLA LOGISTICA
Terzo gruppo a livello globale nel mercato delle soluzioni di automazione nell’intralogistica, la multinazionale austriaca Knapp sta attraversando una fase di rapida crescita in tutto il mondo. Non è esclusa l’Italia, dove ha visto più che triplicare i suoi dipendenti nel giro di tre anni, passati dai 20 del 2021 agli attuali 70, a riprova di un volume di affari in deciso ampliamento. “Vari fattori, tra cui anche la pandemia, hanno accelerato la rivoluzione digitale nelle aziende e nel nostro Paese dando un forte impulso a nuovi modelli di business”, spiega Stefano Novaresi, ceo di Knapp Italia e professore a contratto presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano del Master Megsi. “Anche il mercato dell’e-commerce ha ricevuto una spinta significativa: il cambio delle abitudini di acquisto, determinato dall’online e dall’omnicanalità, ha spinto le aziende, anche quelle di medie dimensioni, a dotarsi di quelle soluzioni di automazione e digitali indispensabili per gestire la distribuzione in modo più rapido ed efficiente. Di conseguenza è aumentata anche la ricerca di partner qualificati per supportare questa transizione in ambito logistico, area nella quale Knapp ha sviluppato un know-how multisettoriale, in tutto il mondo”. Attivo in 60 paesi, con otto siti produttivi e oltre 7.300 dipendenti, il gruppo Knapp, ancora oggi controllato dall’omonima famiglia, nasce al principio degli Anni Cin-
LE COMPETENZE
DEL GRUPPO SPAZIANO DALLA MECCATRONICA
ALLA ROBOTICA, DAI SISTEMI
DI STOCCAGGIO
AI
SOFTWARE PER LA DATA INTELLIGENCE, ALIMENTATA E POTENZIATA SEMPRE
quanta del secolo scorso e si impone presto come uno degli attori principali del settore dell’automazione nell’intralogistica a livello internazionale. Alla fine degli Anni Ottanta è tra le prime aziende ad introdurre quei sistemi di automazione che sono il perno del modello di business ‘Just In Time’. “Siamo partiti con soluzioni per il mercato dei prodotti da fumo e la farmaceutica, e presto gli stessi principi sono stati fatti propri dagli altri settori merceologici. Siamo stati antesignani e così, quando l’e-commerce si è affermato, ci siamo ritrovati pronti a gestire con il nostro know-how la riconversione della logistica distributiva verso modelli di veloce e capillare distribuzione tipica dell’omnicanalità”.
Knapp fornisce soluzioni di automazione intelligenti, compresi i vari software, per l’intera catena di creazione del valore, dalla produzione alla distribuzione, sino al punto vendita. “Il nostro gruppo può contare, d’altronde, su più di 3mila installazioni in tutto il mondo presso i più importanti player dei loro settori di riferimento. Tutto questo ci ha permesso di maturare negli anni un’esperienza consolidata e ci dà l’opportunità di essere sempre al passo coi tempi grazie alla conoscenza diretta dei trend di sviluppo in corso nelle varie industry”.
Le competenze di Knapp spaziano dalla meccatronica all’automazione intelligente per la logistica (si occupa di sistemi di magazzino automatizzati, di sistemi intralogistici complessi, robotica, sistemi di stoccaggio e soluzioni per il packaging), passando per lo sviluppo di soluzioni software per la data intelligence, alimentata e potenziata sempre di più dall’intelligenza artificiale. “La robotica è in continua evoluzione e oggi è in grado di svolgere mansioni che fino a pochi anni fa era impensabile solo immaginare. Un robot non compie più solo azioni ripetitive e precodificate, ma grazie alla combinazione di tecnologia di visone avanzata e AI è in grado, ad esempio, di prelevare all’interno di un contenitore un oggetto specifico. La meccatronica dunque si fa via via più sofisticata e va incontro inoltre alle aziende che sono alle prese con un problema ormai cronico di mancanza di manodopera per le attività più ripetitive,
divenute ormai poco attrattive. L’innovazione tecnologica, inoltre, impatta anche sulla gestione della manutenzione degli impianti, poiché, grazie agli algoritmi del machine learning, è possibile un approccio predittivo, consentendo livelli di affidabilità sempre maggiori”. La profonda conoscenza delle logiche di tutte le supply chain del mercato, dall’healthcare al fashion, dal luxury al retail e al food retail, dal farmaceutico al wholesale, “ci permette di proporre soluzioni idonee alle esigenze di ogni settore in cui vengono utilizzate con tecnologie innovative e software sofisticati. In questo modo, i nostri clienti possono aumentare la competitività della loro catena del valore. Ecco perché ci definiamo ‘value chain tech partner’”.
Le soluzioni di Knapp, sottolinea Novaresi, “non sono solo efficienti ma anche efficaci, in grado di abilitare nuovi modelli di business. Per questo motivo il nostro approccio nella relazione con il cliente è di natura
consulenziale: vogliamo capire innanzitutto quali sono le sue esigenze, dopo un’attenta e approfondita analisi dello status quo, e mettere a punto, di conseguenza, un progetto che sia in sintonia con il business plan dell’azienda e avviare un percorso di
automazione flessibile e scalabile. Viviamo e respiriamo la logistica e ci consideriamo un partner a tutto tondo delle aziende, alle quali forniamo soluzioni di automazione personalizzate e in sintonia con i loro obiettivi strategici di crescita”..
Il risparmio CHE FA BENE A TUTTI
Ottimizzare i costi energetici è anche questione di rispetto ambientale:
Fedabo da 25 anni aiuta le imprese a raggiungere questo obiettivo
Rdi Maurizio Abbatiisparmiare energia non è una missione impossibile per il nostro sistema delle imprese, ma una necessità per restare competitivi su scala globale e ridurre i costi improduttivi, oltre a un aspetto imprescindibile dal punto di vista della sostenibilità ambientale. Come dimostrano le tante realtà che hanno avviato una riconversione dei propri impianti e delle proprie attività affidandosi a Fedabo, società benefit che da 25 anni aiuta le imprese ad ottimizzare costi e consumi energetici, con particolare attenzione agli aspetti ambientali e sociali. Tanto che nel 2021 ha ottenuto la certificazione B Corp, promossa dall’ente no profit B Lab. Negli ultimi anni si è avvertita una crescente attenzione da parte delle imprese al tema energetico, che non viene più visto solo come fattore di risparmio bensì come una vera e propria mission a vantaggio anche dell’ecosistema, come ci racconta l’amministratore delegato Katia Abondio.
Come è iniziata la vostra avventura?
Siamo partiti con il sogno di rendere il mondo più sostenibile ambientalmente e sotto il profilo energetico, dando una mano ai nostri clienti a ottimizzare i costi e i consumi, mirando anche a ridurre l’impatto che le aziende hanno a livello sociale. Il primo passaggio è avvenuto a livello di costi: 25 anni fa c’è stata la liberalizzazione dell’energia elettri-
ca e ci siamo trovati di fronte a un mercato diverso, passando da quello predeterminato a uno con più offerte da analizzare sul fronte delle commodities. Dopo di che siamo passati a incentivare l’investimento del risparmio generato con l’ottimizzazione dei consumi attraverso la realizzazione di diagnosi specifiche e stimolando un investimento soprattutto a livello gestionale finalizzato al risparmio di energia. Negli ultimi dieci anni c’è poi stata una grande accelerata sul fronte delle certificazioni riguardo all’impatto che la riduzione dei consumi genera sull’ambiente.
Quanto ha pesato la necessità di risparmiare e quanto invece l’aspetto della sostenibilità come mission?
Oggi potremmo dire entrambi allo stesso modo, anche se il secondo aspetto è cresciuto molto negli ultimi anni. Ma a volte serve uno stimolo per cambiare. Prendiamo l’esempio delle misurazioni: se io ho un riferimento sono spinto a migliorarlo. Questo è il leitmotiv dei nostri audit, che sono impostati al fine di trovare di parametri precisi
su cui lavorare per migliorarsi attraverso una serie di azioni coordinate. Negli anni delle prime diagnosi, le aziende miravano soprattutto a ottenere il bollino poiché era obbligatorio, e anche se personalmente non mi piacciono le cose obbligatorie va ammesso che questo ha fatto diffondere nelle aziende la volontà di accrescere le proprie prestazioni, portando a una consapevolezza anche sulla sostenibilità. Stesso discorso per le certificazioni.
A proposito di questa consapevolezza, l’Italia come è messa?
In ambito energetico l’Italia ha avuto sempre costi energetici più alti rispetto ad altri paesi e forse anche per questo oggi la vedo molto più avanti. Anche all’estero nel nostro lavoro non abbiamo trovato aziende più virtuose.
Un altro aspetto con cui le imprese sono chiamate a misurarsi à la sostenibilità sociale, che non è solo la parità di genere. È una battaglia che stiamo portando avanti da tempo. Investire sulle persone, ma anche sulla comunità e sul territorio porta risultati tangibili. Gli imprenditori non possono non rendersi conto del loro ruolo sociale. Noi
chiediamo sempre di valutare quello che è il contributo che l’azienda dà al territorio e quello che il territorio dà all’azienda. È fondamentale che le persone trovino un valore all’interno dell’azienda e per questo bisogna intraprendere azioni di collaborazione con scuole, terzo settore e altre realtà. Bisogna saper diventare attrattivi, perché con il calo demografico saranno le persone a scegliere le aziende in cui lavorare. Ecco perché investire in settori che al momento non sembrano redditizi ma possono diventarlo. Qui in Val Camonica, dove si trova la sede di Fedabo, abbiamo avuto un’alluvione che ha provocato grandi ferite, che forse non ci sarebbero state se l’ambiente fosse stata oggetto di una migliore manutenzione. Così nel 2021 abbiamo avviato il progetto Ecosistema Fedabo con l’intento di tutelare l’ambiente, promuovere attività legate alla sostenibilità e sviluppare progetti di valorizzazione ecologico-paesaggistica e gestione forestale che coinvolgano anche i nostri clienti. Per ogni nuovo cliente o servizio, infatti, Fedabo si impegna a piantare un albero autoctono locale o riqualificare un’area verde lungo l’argine del fiume Oglio. Nel 2023 il progetto si è arricchito andando
a valorizzare non solo l’ecosistema fluviale ma anche l’ecosistema boschivo attraverso il supporto a una gestione attiva e sostenibile delle foreste e delle risorse naturali e intervenendo nella riqualifica dei sentieri montani.
La vostra è stata una crescita costante, cosa avete in mente per il futuro?
Vogliamo continuare a crescere, perché siamo convinti che più siamo, più possiamo riuscire a dare una mano per rendere il mondo sostenibile e dare ai giovani la possibilità di lavorare per il bene comune, sensibilizzando un numero sempre maggiore di aziende ad agire secondo nuove prospettive. Per altro la nostra attenzione ai giovani è sempre alta, come conferma l’età media delle oltre 70 persone che sono qui al lavoro con noi. La Val Camonica è sempre stata terra di emigrazione e negli ultimi decenni è stata soprattutto una fuga di ragazzi che, prima per studio e poi per lavoro, li ha portati lontano o magari li costringe a lunghi spostamenti quotidiani a discapito della qualità di vita. Ci piace pensare che Fedabo possa contenere in parte questo trend dando un contributo concreto al proprio territorio e la comunità che lo vive..
Il cambiamento inizia DALLE PERSONE
Leanbet accompagna le aziende con un’attività di consulenza che
analizza e migliora l’efficienza operativa attraverso le risorse umane
Udi Maurizio Abbatin passo dopo l’altro, verso l’eccellenza sostenibile nel tempo. Leanbet nasce, secondo l’intento del suo fondatore Andrea Bet, per affiancare e supportare le imprese in un percorso di crescita che le metta nelle condizioni di affrontare le sfide del contesto socioeconomico in cui si trovano ad operare, coinvolgendo in primo luogo le persone e incrementando le competenze attraverso un’attività di consulenza e formazione. Si può dire dunque che il fattore umano resti determinante, anche di fronte a un crescente sviluppo tecnologico, come conferma lo stesso Andrea Bet: “È una delle conditio di Leanbet, che ha due anime: una più tecnica che affronta le problematiche tipiche dei processi aziendali manifatturieri o che erogano servizi, e un’altra legata al miglioramento delle relazioni all’interno dell’azienda. Entrambe partono comunque dal presupposto che in una corsa verso la tecnologia risulta determinante avere a bordo persone che abbiano le competenze per operare attraverso un’intelligenza collettiva, caposaldo del kaizen”.
Leanbet ha sviluppato un percorso formativo come ‘Fabri’, finalizzato a condividere e alimentare una cultura dell’eccellenza operazionale. Di cosa si tratta?
Si tratta di un approccio all’apprendimento non teorico ma esperienziale, teso a promuovere nuove prassi dalle ricadute tangibili nel breve periodo. Per il 2024 abbiamo previsto
FORMATIVI
13 sessioni, l’ultima a luglio. Si caratterizza nel presentarsi come un percorso formativo dove la narrazione viene fatta direttamente dai protagonisti dell’eccellenza industriale italiana. Sono manager che si rivolgono direttamente ad altri manager rispondendo all’esigenza di affiancare ad una base teorica necessaria la capacità di trasmettere operatività vissuta su base quotidiana. È questa
l’intuizione che abbiamo seguito ed è frutto di un’esperienza professionale acquisita grazie agli anni trascorsi in diversi paesi, dove ho incontrato molti manager internazionali. I protagonisti delle sessioni sono figure ancora al lavoro o si sono ritirati da poco e possono raccontare i loro anni di esperienza, alimentando un contesto finalizzato al miglioramento costante.
Un secondo strumento formativo che Leanbet ha generato è ‘Industrial Makers’, che rappresenta un equivalente di ‘Fabri’, su scala internazionale.
È uno strumento adottato da Leanbet per guardare all’internazionalizzazione e ampliare il proprio bacino puntando verso nuovi mercati. Lo abbiamo finalizzato alla formazione dei partecipanti in area operations e si fonda sempre sul rapporto diretto con figure manageriali. Un altro elemento chiave di Industrial makers, così come già accade per Fabri, è la possibilità di fare networking. Ad esempio, la prima sessione che stiamo realizzando a Belgrado, in Serbia, il primo Paese dove abbiamo deciso di portare il nostro format, offre la possibilità di scambiare contatti con aziende internazionali e creare occasioni di business, attraverso anche il supporto di realtà locali come la Camera di commercio e Confindustria Serbia. Terzo elemento chiave è la capacità di creare all’interno di situazioni professionali delle relazioni in grado di stimolare e rendere l’apprendimento più efficace, con piccoli gruppi di lavoro che favoriscano la condivisione. Perché lo scopo è che le persone siano in grado di mettere in pratica l’esperienza acquisita. Ogni sessione è specifica e ha un tema diverso molto verticale. Capita quindi che ci siano aziende che acquistano l’intero percorso, delegando la presenza alle varie sessioni a più referenti in base al tema, dalla qualità alle risorse umane o alle tematiche di supply chain. Mentre in altri casi è l’imprenditore a seguire tutte le sessioni.
Come mai avete avviato il vostro percorso di internazionalizzazione dalla Serbia e quali sono le prossime tappe di questo sviluppo?
Dal nostro sito, che si presenta in cinque lingue, si evince quali siano i Paesi a cui guardiamo in particolare, poiché oltre alle versioni in italiano e in inglese ci sono quelle in serbo, thailandese e spagnolo, con attenzione soprattutto all’area del Messico. Paesi in cui abbiamo già lavorato e di cui conosciamo la cultura. Siamo partiti dalla Serbia in quanto paese dove abbiamo già avuto esperienze professionali, a cui ci siamo
accostati a seguito di una puntuale analisi del mercato e un lavoro finalizzato ad entrare in contatto con le istituzioni che potessero supportare non solo il nostro business, ma anche quello dei nostri clienti. Abbiamo già creato infatti possibilità di sviluppo commerciale per loro nei paesi dell’ex Jugoslavia. C’è stata un’impostazione kaizen che ci ha permesso di creare una rete adeguata di contatti, ciò che chiamiamo lean networking, lean marketing e lean sales. Adesso puntiamo ad effettuare un lavoro accurato qui e poi estendere la nostra rete in un’area geograficamente contestuale, guardando a realtà come Slovenia, Svizzera, Germania. E poi la Francia, a cui guardiamo con grande interesse, mossi dal fatto che quasi il 60% dei manager che partecipano a Industrial makers sono francesi. Valuteremo poi il livello di risposta di ogni mercato, ma siamo fiduciosi, considerando che in azienda disponiamo di figure con esperienze internazionali e con un background in grado di migliorare la nostra offerta.
Avete un cliente tipo?
I nostri clienti sono diversi tra loro. Non vengono solo dal manifatturiero, ma anche da altri settori, come i servizi, accomunati dal desiderio di aumentare la competitività e migliorarsi concretamente. Ciò dimostra che kaizen può abbinarsi a ogni attività, poiché incide su ogni tipo di processo, dall’accoglienza in reception alla stesura di un’email commerciale, fino al miglioramento delle postazioni di lavoro o della gestione fornitori.
Torniamo dunque al rapporto tra tecnologia e fattore umano.
L’evoluzione tecnologica è essenziale e l’intelligenza artificiale è in grado di migliorare processi che possono rivelarsi ripetitivi attraverso nuovi approcci. Resta l’aspetto delle risorse umane che va affrontato ed è su questo che Leanbet sta lavorando, fin dall’inserimento dei giovani, anche organizzando visite degli studenti in azienda in modo che inizino a capire come è possibile applicare ciò che stanno imparando..
Abbracciare IL DIGITALE
di Matteo MarchettiHewlett Packard Enterprise (Hpe) è un’azienda globale attiva nelle soluzioni di cloud ibrido, supercomputing e artificial intelligence, networking e cybersicurezza con sede principale a Houston, in Texas, e con un organico di circa 60mila dipendenti nel mondo. In Italia, Hpe è presente da oltre 50 anni con circa 1.000 dipendenti, distribuiti tra quattro sedi principali – Milano, Roma, Torino e Vicenza - e collabora con oltre 3.600 partner sul territorio per mettere a punto soluzioni tecnologiche per pubbliche amministrazioni e soggetti privati, sostenendoli nello sviluppo di nuovi modelli e servizi digitali, sicuri e sostenibili. Ne abbiamo parlato con Paolo Delgrosso, channel sales director.
In cosa Hpe si distingue rispetto ai competitor del settore?
Le aziende di tutto il mondo stanno passando da un approccio public cloud first a un approccio ibrido. Hpe è specializzato nel cloud ibrido con Hpe GreenLake. Il motivo per cui abbiamo avuto successo e siamo riusciti a differenziarci dal cloud pubblico è che quando andiamo dai nostri clienti la nostra missione è quella di risolvere tre delle loro sfide più importanti: trasformare l’azienda, modernizzare l’infrastruttura It e semplificare le operazioni degli asset It. In Italia ci distinguiamo inoltre per la capacità di
creare una filiera ed ecosistema di canale locale con i nostri partner.
A chi vi rivolgete nello specifico?
Sia alle aziende private sia alla pubblica amministrazione. La modularità e la scalabilità delle nostre soluzioni ci permette di rispondere alle esigenze di realtà di diverse dimensioni, dalle Pmi alle grandi multinazionali, garantendo sempre un livello di servizio premium.
Qual è il mercato su cui siete più attivi e dove puntate a fare breccia nel prossimo periodo?
Siamo presenti da diversi anni in aziende di medie e grandi dimensioni, con le quali ci rapportiamo spesso in modo diretto, mentre per le realtà più piccole facciamo leva sul nostro ecosistema di partner, che per la diffusione sul territorio e per la conoscenza delle realtà locali rappresentano un importante valore aggiunto. Grazie a questo approccio, siamo in grado di rendere accessibili anche alle piccole e medie imprese tecnologie come Hpc e Ai, fino a qualche anno fa appannaggio esclusivo delle aziende di grandi dimensioni.
Come vi ponete rispetto alla sfida legata all’intelligenza artificiale?
L’Ai, e l’Ai generativa in particolare, sono le grandi protagoniste di questo periodo storico, dal momento che possono trasformare i dati provenienti da dispositivi connessi, data center e
cloud, in informazioni che possono favorire innovazioni in tutti i settori, dalla digitalizzazione delle piccole e medie imprese fino alla lotta al cambiamento climatico, dall’efficienza della pubblica amministrazione all’impulso a progressi rivoluzionari nel campo della medicina. Chi saprà sfruttare i dati per diventare un’azienda Ai-driven godrà dunque di un grande vantaggio competitivo.
Quali sono i progetti su cui state puntando maggiormente in questi ultimi anni?
Oggi circa il 73% delle imprese non ha un piano di ripristino del dato. Considerando questo aspetto, riteniamo che sia sempre più importante investire in business continuity e disaster recovery. Soltanto in questo modo riusciremmo a costruire l’infrastruttura adeguata a garantire la continuità operativa di qualsiasi azienda.
Infrastrutture in Italia: come siamo messi?
Ci sono luci e ombre: si stima che il mercato digitale nel 2026 possa superare i 90 miliardi di euro, con l’Ai che farà registrare un tasso medio di crescita annua tra il 2023 e il 2026 del +28,2%. Nonostante questo, molti degli imprenditori intervistati ritiene che la qualità delle infrastrutture di telecomunicazioni in Italia non sia ancora allineata agli standard europei, principalmente a causa dei ritardi negli investimenti nella fibra e nel miglioramento della qualità dei dati center. Anche la Commissione europea ritiene ci sia un notevole gap di investimenti rispetto al raggiungimento dei target 2030 di connettività digitale ultraveloce, prevedendo un fabbisogno pari a 173 miliardi di euro a livello continentale. Somme imponenti ma giustificate dai numeri che stimano, per la sola Italia, un contributo del 5G al Pil
entro il 2025 per 96 miliardi di euro e un impatto sulla creazione e trasformazione di 2,3 milioni di posti di lavoro.
Qual è la vostra posizione quando si parla di green economy e di sviluppo sostenibile?
Hpe è stata la prima azienda It a stabilire obiettivi climatici basati su criteri scientifici. L’azienda è da tempo impegnata, nell’ambito della circolarità, in programmi mirati a estendere il ciclo di vita delle risorse tecnologiche. Arriviamo così a tassi di riutilizzo fino al 99,5%. Ma un importante contributo alla salvaguardia del pianeta arriva anche dalle nostre tecnologie, è il caso, ad esempio, di Lumi, uno dei supercomputer più veloci ed ecologici al mondo che sta costruendo un ‘gemello digitale’ della terra per comprendere meglio l’impatto dell’attività umana sui cambiamenti climatici..
Futuro A L SICURO
Dal passaggio generazionale a rapporti familiari e dei patrimoni:
Studio Cecatiello si occupa di consulenza legale in un’ottica moderna
Tdi Maurizio Abbati
utela della famiglia, dei rapporti familiari e dei patrimoni, attraverso servizi di consulenza legale in un’ottica moderna, anche nei casi di passaggi generazionali oppure in vista di nuovi rapporti matrimoniali o di convivenza. È il modello a cui si ispira lo Studio Cecatiello, guardando al modello statunitense, che apporta nuovi elementi al tradizionale diritto di famiglia. Armando Cecatiello, il fondatore dello studio con sedi a Milano e Lugano, fornisce una guida legale caratterizzata dal supporto empatico, essenziale in momenti di vita critici come la pianificazione dei passaggi generazionali o l’inizio di nuovi rapporti matrimoniali.
“Attraverso l’utilizzo di tecniche di negoziazione collaborativa, puntiamo a trasformare il modo in cui i conflitti familiari, di qualsiasi natura, vengono risolti, privilegiando il mantenimento delle relazioni interpersonali e l’instaurazione di un dialogo costruttivo. La nostra missione”, afferma Cecatiello, “è quella di andare oltre la semplice risoluzione dei conflitti, mirando a preservare l’integrità delle relazioni familiari, con un’attenzione particolare alla protezione dei minori e a quella del patrimonio, che non è detto che debba diminuire di fronte a dei momenti di crisi in cui può trovarsi una famiglia”.
L’approccio innovativo dello Studio Ce-
LA MISSIONE È ANDARE OLTRE
RELAZIONI
catiello pone un’enfasi particolare sulla comunicazione come strumento fondamentale per superare le sfide legali e personali. Questa filosofia si estende alla tutela e alla gestione dei patrimoni familiari, settore in cui lo studio lavora per assicurare che le risorse siano non solo salvaguardate ma anche ottimizzate per il futuro, attraverso strategie di trasferimento generazionale intelligenti e proattive.
Cecatiello, conosciuto anche per il suo contributo editoriale nell’ambito legale attraverso pubblicazioni come Patrimoni, Famiglie e Matrimoni , offre una visione preventiva e meno conflittuale del diritto di famiglia, sottolineando l’importanza di una pianificazione anticipata e di una gestione consapevole delle potenziali aree di disaccordo. “Elementi destinati a rivelarsi strategici per gli imprenditori e i professionisti che cercano di bilanciare successo aziendale e armonia familiare. L’investimento in una consulenza legale avanzata e personalizzata non è solo una difesa contro i rischi futuri, ma anche un passo verso la realizzazione di una visione a lungo termine per la propria famiglia e il proprio patrimonio. In un mondo in rapida evoluzione, una guida esperta come quella del nostro studio mira ad offrire non solo soluzioni legali, ma anche un cammino verso una pace duratura e nuove prospettive di vita per chi cerca di navigare con successo le complessità del diritto di famiglia nell’era moderna”. .
LA RESIDENZA REALE È UNA RISORSA ECONOMICA
IMPORTANTE, MA IL CASERTANO PRESENTA ANCHE
DISTRETTI COME IL TESSILE, IL CALZATURIERO
E QUELLO LEGATO ALLA MOZZARELLA DI BUFALA
OLTRE ALLA C’ÈREGGIA DI PIÙ
Caserta, e hai negli occhi la sua Reggia: opulenta all’ennesima potenza, riflesso delle ambizioni di una dinastia, i Borbone, e in particolare di Carlo III re di Spagna, che nel 1752 affidava il progetto di costruzione di nuova città della corte e dei ministeri al Renzo Piano di allora, Luigi Vanvitelli, emulando Versailles e l’Escorial. Per completare il progetto ci volle però un secolo: venne infatti consegnato nel 1845, quando il Regno di Napoli e il Regno di Sicilia erano già stati unificati nel Regno delle Due Sicilie e a un soffio dal fatidico 1848, quando i moti incendiarono tutte le piazze d’Europa rivendicando carte costituzionali e la liberazione dallo straniero, oltre che da una serie di corone. E così, nel 1861, l’anno zero d’Italia, via i Borboni e avanti i Savoia, con patto solenne siglato a Teano: per la pena del contrappasso siglato proprio a 40 chilometri dalla Reggia. A Teano il re Vittorio Emanuele II riceveva da Giuseppe Garibaldi i territori del Mezzogiorno appena affrancati dai Borbone. Che non sempre e non tutti si atteggiarono come gli Spagnoli dominanti e usurpanti nella Milano dei Promessi Sposi, impegnati ad alleggerire “ai contadini il lavoro della vendemmia”. In sintesi: ladri. Intorno alla Reggia si mossero anche teste coronate illuminate, come nel caso di Ferdinando IV.
ARBITER
Il calzaturificio Arbiter nasce nel 1954 su spinta di Alfonso Marciano. Di generazione in generazione l’azienda è esplosa internazionalmente con picco in Sudafrica, dove Arbiter è leader di mercato. Marciano per la verità proveniva dalle terre di Pier Paolo Pasolini, il Friuli. Cimentatosi nella realizzazione a mano di alcuni modelli da uomo nel piccolo laboratorio-bottega, va a Napoli, poi allarga l’interesse al Lazio e alla Puglia, fino alla conquista della città più brillante e dinamica di casa nostra, Milano: il trampolino per i mercati internazionali di un prodotto che è la quintessenza del lusso.
una delle nove regioni europee con il maggior numero di dipendenti nella realizzazione di scarpe e prodotti in pelle 50% 15%
È
DELLA PRODUZIONE
LA SPINTA DELL’ABBIGLIAMENTO
Più della metà (4.895) delle imprese attive in Campania operano nella confezione di articoli di abbigliamento, seguono le imprese di fabbricazione di articoli in pelle e simili (2.057 imprese, pari al 23%) e, in misura minore, altre imprese manifatturiere come gioielleria e occhialeria. Le aziende del Tac (tessile-abbigliamento-calzature) corrispondono al 9% delle imprese di settore collocate sul territorio nazionale. E se Napoli ospita il 67% delle aziende campane di settore,
segue il Casertano con una quota del 14%, infine Salerno (11%), Avellino (5%) e Benevento (3%).
La Reggia continua ad essere il principale attrattore del territorio, con ricadute sul pil locale per via del flusso turistico che nel 2023 ha toccato un milione di visitatori. Risultato lusinghiero però lungi dai 15milioni totalizzati da Versailles, che è di bellezza superiore e vicina alla capitale (bel vantaggio).
Il sito borbonico che nel Casertano ha creato i presupposti di un distretto im-
prenditoriale è il Belvedere di San Leucio, complesso nato dal sogno di re Ferdinando IV, despota illuminato, di dar vita ad una comunità di operai fondata sull’uguaglianza e la meritocrazia, e in primis sull’arte della seta. La colonia industriale dei setaioli, retta da uno statuto speciale e dipendente direttamente dal re, produceva anche calze, tappeti e cotonerie. E ancora oggi il borgo rientra nel distretto tessile di Sant’Agata dei Goti-Casapulla, comprendente 20 comuni, sei della provincia di Benevento e 14 di quella di Caserta. Il distretto è specializzato nel confezionamento di abbigliamento per conto di imprese terze, attraverso il sistema del façon (produzione legata a importanti marchi della moda italiana), ma c’è anche chi produce con marchio proprio. Le imprese del distretto concentrano la propria attività dunque nel settore tessile-abbigliamento, in prevalenza capispalla e pantaloni, seguiti da maglieria, camiceria e confezioni in pelle a completamento della filiera tessile di specializzazione, e nell’offerta dei relativi servizi produttivi (taglio, cucito, confezioni, stiro) ma anche, pur in misura più contenuta, nella fabbricazione di macchine tessili. All’interno del Belvede-
re di San Leucio è stata creata l’Officina Vanvitelli, uno spazio di sperimentazione e di innovazione, un ecosistema creativo e di ricerca per il made in Italy, luogo di incontro di menti, di culture e diverse competenze per la moda e il design in Campania.
AVERSA E LA CALZATURA
Il Casertano anima anche il distretto della calzatura, ed è una sua cittadina, Aversa, ad esserne il cuore. Il distretto conta otto comuni napoletani e 16 casertani: Aversa,
Cesa, Frignano, Lusciano, Orta di Atella, Parete, San Marcellino, San Tammaro, Sant’Arpino, Succivo, Teverola, Trentola, Ducenta, Villa di Briano, dal 2007 anche Carinaro e Gricignano. La Campania copre il 50% della produzione calzaturiera del Mezzogiorno e il 15% di quella nazionale e costituisce una delle nove regioni europee con il maggior numero di dipendenti nella realizzazione di scarpe e prodotti in pelle. La regione, con 390 calzaturifici e produttori di calzature a mano e su misura, è la quarta su terri-
LA FILIERA DELLA BUFALA
11.000
750
ALLEVAMENTI
MILIONI DI EURO
FATTURATO AL CONSUMO NEL 2022
Inchiesta
QUASI TRE MOZZARELLE
DI BUFALA
CAMPANA
DOP SU DIECI FINISCONO
ALL’ESTERO: FRANCIA, GERMANIA, SPAGNA
E GRAN BRETAGNA
DA SOLE
RAPPRESENTANO PIÙ
DEL 60% DELL’EXPORT
torio italiano per numero di aziende e quinta per numero di addetti (secondo i dati 2018 di InfoCamere-Movimprese, elaborati dal Centro Studi Confindustria Moda).
La tradizione calzaturiera campana prendeva corpo nella prima metà del 900, con impennata tra gli anni Sessanta e Ottanta, epoca in cui l’artigianato puro si convertiva in artigianato industriale o vera e propria industria. Risalgono all’immediato secondo dopoguerra botteghe e poi aziende, come la Stabile Calzature, oggi alla terza generazione, specializzata in calzature personalizzate e su misura, oppure il Calzaturificio Gravino, fondato nel 1950 e specializzato nella produzione di scarpe classiche da uomo. Anche qui, tre generazioni di esperti artigiani prima ed imprenditori poi.
Con i due distretti per il settore conciario (Solofra e Grumo Nevano-Aversa) e i tre per il tessile abbigliamento (Sant’Agata dei Goti- Casapulla, San Giuseppe Vesuviano e San Marco dei Cavoti), la Campania entra nella rosa delle regioni con il più alto tasso di impiego nel sistema moda.
LA BUFALA CHE PIACE
Le leggendarie mozzarelle di bufala campana sono prodotte anzitutto tra le province di Caserta e di Salerno. Proprio qui, tra la Piana del Volturno e del Sele, sull’onda delle invasioni saracene, venivano introdotti i bufali. I primi documenti che testimoniano la produzione di mozzarella di bufala campana risalgono
IL CASOLARE
Alla terza generazione, Il Casolare è sinonimo di mozzarella di bufala dell’Alto Casertano. Era Benito La Vecchia ad avviare l’attività acquisendo le quote del caseificio S. Stefano di Vitulazio, dove era dipendente, trasferendola nel 1984 ad Alvignano. Fu tra i primi della zona, questa l’intuizione, a produrre la mozzarella di bufala mentre i colleghi
al XII secolo, ma il termine ‘mozzarella’ compare per la prima volta in uno scritto nel 1570. Secondo alcune testimonianze, i monaci del monastero di San Lorenzo in Capua erano soliti offrire un formaggio denominato ‘mozza’ o ‘provatura’, con un tozzo di pane, ai pellegrini in processione alla chiesa del convento. È nel XIV secolo che la commercializzazione del formaggio di bufala prende davvero piede sui mercati di Napoli e Salerno. Era poi la volta delle prime bufalare e della separazione del processo di produzione da quello di trasformazione del latte di bufala fresco. Processo accelerato dai Borbone, che nella Reggia di Carditello realizzavano
operavano quasi esclusivamente con latte vaccino. I prodotti del Casolare derivano da latte di bufala di area Dop e da latte vaccino, entrambi prodotti entro 15 chilometri dal caseificio. Tra i prodotti la mozzarella di bufala campana Dop e Dop affumicata, ricotta di bufala campana Dop e fabula (che è l’anagramma di bufala).
un importante allevamento di bufale e un annesso caseificio sperimentale per la trasformazione del latte di bufala fresco. La Mozzarella di Bufala Campana è il terzo tra i formaggi Dop.
E quasi tre Mozzarelle di Bufala Campana Dop su dieci finiscono all’estero, in primis in Francia, Germania, Spagna e Gran Bretagna, che da soli rappresentano più del 60% dell’export. 750 è il numero, in milioni di euro, del fatturato al consumo della mozzarella di bufala Dop nel 2022, filiera che occupa 11mila addetti, a partire dai 1.300 allevamenti impegnati nell’esclusivo ciclo produttivo di questa tipologia di mozzarella..
Rivoluzionare IL RETAIL
Un’unica interfaccia e un modello di business
consolidato: Astra Corporate offre opportunità commerciali e servizi agli imprenditori a 360 gradi
di Maurizio Abbati
Gemar Express è frutto dell’evoluzione di Gemar Detersivi, che ha affermato la propria presenza nel settore dei prodotti per la casa e la persona nella Campania degli anni ’90, ad opera di una società di franchising, Astra Corporate, che offre opportunità commerciali e servizi: dalla gestione del marketing alla comunicazione e alle strategie di business, passando dalla consulenza contabile, amministrativa e legale. Astra è una realtà creata nel 2019 da un gruppo di giovani che hanno scommesso sulla possibilità di rivoluzionare in qualche modo il sistema della distribuzione, puntando sulla prossimità con lo sviluppo dei punti vendita, ma affiancando anche la consegna a domicilio e una piattaforma per l’e-commerce con una app mobile.
“L’idea di Astra Corporate nasce dalla volontà di proporre qualcosa di diverso in un mercato che a nostro avviso si stava saturando e offriva marginalità sempre più basse”, racconta Marco Russo. “Mio padre con Gemar aveva sviluppato una strategia commerciale innovativa. Io rappresento la seconda generazione e insieme a dei nuovi soci che condividono la mia visione abbiamo cercato di capire come rilanciare il marchio dando vita a una nuova formula commerciale, Gemar Express, che senza tralasciare il negozio classico punta a trasformarlo, con un modello di franchising, lavorando sulla
comunicazione e l’offerta di servizi tecnici. Intendiamo affiancare gli imprenditori nella loro attività, occupandoci di tutto il marketing, con costi già compresi in quelli di consulenza, per arrivare agli aspetti legali, mettendo a disposizione uno studio convenzionato. Uno dei grandi vantaggi di Astra è quello di avere un solo fornitore che consente di dialogare con un’unica interfaccia a costi competitivi.
Tutto è partito dall’idea di innovare il retail del settore in cui già era presente Gemar… Nel 2019 abbiamo rilevato il marchio, trasformandolo attraverso un’operazione di rebranding nell’ambito di un progetto di più ampio respiro e introducendo la formula del franchising. Inoltre abbiamo voluto allargare il concetto di risparmio e di competitività che era già alla base del prodotto Gemar guardando al risparmio di tempo, per andare incontro alle nuove esigenze dei consumatori, attraverso il commercio online, dotandoci di un’apposita piattaforma. Un’operazione che rappresenta una grande innovazione per il nostro settore, poiché nel campo dei prodotti che commercializziamo bisognava superare la difficoltà di collegare il rapporto tra peso e valore del prodotto da consegnare, che rischiava di compromettere la competitività. Difficoltà a cui abbiamo ovviato attivando un sistema di prossimità nostro. Abbiamo all’attivo una decina di punti vendita, più due di prossi-
ma apertura, e abbiamo fatto una sorta di ‘zonizzazione’. Cioè ogni punto vendita fa le consegne a domicilio nel raggio di 15 chilometri con propri furgoncini e costi di consegna sotto al 10%, mantenendo gli stessi prezzi del negozio ed entro un massimo di 36 ore. Per i clienti al di fuori delle nostre zone di consegna abbiamo inoltre sviluppato il servizio ‘Salta la fila e ritiro in negozio’, che offre la possibilità di evitare la coda e ritirare l’ordine direttamente presso il punto vendita prescelto. L’ordine viene preparato dagli addetti
CHI ACQUISTA PUÒ
FARLO PRESSO I PUNTI
VENDITA OPPURE SU APP,
ANCHE IL SERVIZIO
‘SALTA LA FILA E RITIRO IN NEGOZIO’
all’interno della struttura e il cliente ha la possibilità di ritirare la propria spesa in qualsiasi momento, risparmiando così ulteriore tempo e semplificando il processo di acquisto.
E quale ruolo ha avuto la vostra piattaforma?
Fondamentale direi. Abbiamo investito molto in questo senso, nell’intento di evitare di collegarci ad altri marketplace, appoggiandoci invece a una webfarm con la quale abbiamo attivato una joint venture, da cui è nato il sistema che si interfaccia con tutti i punti vendita e consente anche la gestione delle scorte e delle rimanenze. Oggi chi acquista può farlo in tutta semplicità, nelle diverse modalità che offriamo: presso i punti vendita, sul web o con consegna a domicilio. Una possibilità di acquistare direttamente da casa che ci ha fatto acquisire molti clienti in particolare durante il periodo del Covid, quando gli spostamenti delle persone erano ridotti a zero, e di cui oggi molti continuano ad usufruire poiché molto vantaggiosa.
Cosa c’è nel futuro prossimo di Astra Corporate?
Intendiamo innanzitutto rinnovare l’area marketing ed estendere la rete dei punti vendita in tutta la Campania, con l’apertura in tempi contenuti di almeno altri cinque punti. Non è un’operazione semplice, considerando che ciascuno dei nostri negozi deve avere una superficie di almeno di 500 metri quadri. Vogliamo poi internalizzare completamente i processi di programmazione, assimilando la webfarm per aprirci a dei nuovi progetti, con un occhio particolare all’ambito tecnologico e delle app. Il nostro team è in costante espansione, sia in termini di dimensioni che di competenze, e investiamo considerevolmente nella formazione e nell’evoluzione dei nostri dipendenti, poiché crediamo che il loro sviluppo professionale sia essenziale per il successo dell’azienda. Potremo così guardare ai nuovi trend e all’innovazione per dare risposte sempre più efficienti alle richieste del mercato..
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Valentia
LA CIPOLLA
DI TROPEA È UNO
DEI PRODOTTI
DI PUNTA
DELLA PROVINCIA
DI VIBO VALENTIA, TERRITORIO DALLA
FORTE VOCAZIONE ALIMENTARE, TURISTICA,
E ARTIGIANALE
L’ANTICO SAPORE DI UNA TERRA VIVA
Il Santuario di Santa Maria dell’Isola di Tropea compare nella rosa delle 20 chiese più belle d’Italia, in compagnia di complessi iconici come il Duomo di Milano, San Pietro in Vaticano e San Marco a Venezia. Solitario su uno scoglio, con affaccio sul mare, è stato immortalato in una foto che da marzo circola sul canale social del ministero del Turismo, poiché meraviglia di casa nostra. Borgo dei borghi, fra i borghi più belli d’Italia, bandiera blu, 5 vele di Legambiente, Tropea è di fatto la perla del Tirreno, beata sulla Costa degli dei. Sempre più visitata, tanto da aver registrato nel 2023 ben 500mila presenze, il comune medita infatti di generare un ticket d’ingresso sul modello della Serenissima. Turismo prospero, dunque, e per questo entrato nel mirino della ’ndrangheta. È questa la croce che pesa su Vibo Valentia, la più minuta provincia della Calabria, estesa dalla costa tirrenica alla catena appenninica delle Serre e il vasto comprensorio agricolo dell’altopiano del Poro. Tra le più importanti colonie della Magna Grecia, assunse l’attuale nome nel 192 a.C., dopo essere diventata municipio romano con il nome di Valentia.
TROPEA ATTIRA SEMPRE PIÙ VISITATORI, ALIMENTANDO IL
SETTORE TURISTICO DELLA PROVINCIA: DOPO AVER REGISTRATO NEL 2023 500MILA PRESENZE, IL COMUNE
AD UN TICKET
D’INGRESSO, SUL
MODELLO DI VENEZIA
Vibo Valentia
LA VIBO VALENTIA MENO NOTA Turismo, la leggendaria cipolla rossa: ma Tropea e dintorni non è solo questo. Vibo Valentia conta 13.862 imprese di cui 9.241 sono individuali, 959 società di persone e 1.915 di capitale. Tre su dieci operano nel commercio, due su dieci nel settore agricolo, il 12,8% nelle costruzioni, l’8% nei servizi di alloggio e ristorazione e solo il 6,8% nel manifatturiero, per il quale dominano le imprese dell’alimentare e bevande. L’artigianato nelle province di Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia conta 11.115 imprese, costituendo un terzo del totale delle imprese artigiane della regione Calabria. Il tessuto produttivo di questa terna di province ha toccato nel 2022 un valore dell’export di poco superiore ai 247 milioni di euro, corrispondente al 34,3% del totale del valore delle esportazioni della regione Calabria. Il 26,9% sono prodotti delle industrie alimentari, delle bevande e del tabacco, il 20% sono prodotti tessili, il 15,9 del comparto elettronica e computer e il 13% del metallo.
VIMINI, TERRACOTTE E PIPE
Gli artigiani del vibonese sono noti per i manufatti in terracotta, angeli custodi di un’arte millenaria che si tramanda di generazione in generazione. A Caria si fanno i vasi preitalici, impiegando le tecniche delle popolazioni che abitavano il vibonese addirittura prima della colonizzazione greca. Ma il cuore del settore pulsa a Gerocarne, quartier generale di maestri vasai dediti anzitutto alla realizzazione delle cosiddette ‘pignate’, perlopiù utilizzate per cucinare i legumi. La realtà artigianale di Gerocarne conquistò la ribalta grazie all’archeologo François Lenormant che nel 1880 esaltava la locale fabbricazione “dei vasi usuali in maiolica, rivestiti di una patina stagnifera bianca, sulla quale si disegnano degli ornamenti a fuoco di diversi colori, rosso, turchino, verde, giallo”. A conferma che questo borgo del Vibonese è tra i più longevi centri di produzione. Breve retrospezione. La sera dell’11 luglio 1982 l’Italia sconfiggeva la Germania con un 3 a 1 e diventava campione del mon-
LA FORZA DEL TERZIARIO
do. Il Presidente della Repubblica Sandro Pertini e il ct della Nazionale Enzo Bearzot si scambiarono la pipa. Ebbene quella pipa era stata fatta a Brognaturo, centro montano nel cuore delle Serre vibonesi. Qui si forgiano pezzi unici, esportati in
tutto il mondo, realizzati con il ciocco di radica dell’Erica arborea: del resto la radica calabrese è tra le più pregiate, dato il basso contenuto di tannini. Tra le botteghe del borgo si segnala quella della famiglia Grenci, avviata negli anni Sessanta da Domenico, assurto subito al rango di “Re della pipa”.
Il borgo di Soriano, ai piedi delle Serre, è invece noto per le composizioni di vimini, di cui i sorianesi sono veri maestri. Ceste, sedie, divani, mobili, e tanti altri oggetti, alcuni molto curiosi, vengono fatti a mano con tecniche secolari. Sono famose le ceste in vimini, in dialetto “panari”, intrecciate con rami di salice, di castagno e di canne. In un contesto di botteghe artigiane ha preso corpo l’impresa “Vari vimini” di Bruno Varì, produttrice di arredi da giardino e per strutture alberghiere e stabilimenti balneari, divani, sedie e altri arredi per abitazioni. Varì ha ridato vigore alla lavorazione di giunco e del rattan ma anche del legno.
LE PUNTE DELL’ALIMENTARE
Ed eccoci all’Oro Rosso di Calabria, come viene denominata la cipolla di Tropea: dolcissima, croccante e - appunto - rossa. Prodotto che può contare su una filiera da 20mila tonnellate di produzione certificata, il 20% della quale destinata alla trasformazione, con 170 operatori e un fatturato al consumo di 60 milioni di euro. Il Consorzio di tutela della Cipolla Rossa di Tropea dal 2008 valorizza questa produzione con l’obiettivo di accompagnare la crescita della filiera.
Conosciuto almeno a partire dal 1500, il formaggio pecorino del Monte Poro è prodotto esclusivamente con latte ovino crudo e intero e caglio di agnello o capretto alimentati esclusivamente con latte. Il latte è ottenuto da due mungiture, quella della mattina e quella della sera precedente, e proviene da capi allevati con sistema semi-brado e che, solo nel corso della notte, vengono fatti stabulare negli ovili. La zona di produzione e di pascolo del pecorino del Monte Poro è circoscritta ai comuni di Joppolo e Spilinga.
L’area tra Pizzo e Tropea è secolarmente legata alla pesca e alla lavorazione del tonno. Dieci tonnare fisse si contavano già tra il XVI e il XVIII secolo e ancor prima, in epoca romana, c’erano due insediamenti per la lavorazione del tonno, con tanto di vasche per l’itticoltura. Si narra che nella seconda metà dell’800 si toccava una media di 2mila quintali di pescato all’anno. L’anno chiave è però il 1913, quando Giacinto Callipo avviava a Pizzo un’azienda per le tonnare: era la nascita dell’omonima azienda, prima in Calabria e tra le prime in Italia ad inscatolare il pregiato tonno del Mediterraneo. Il settore subiva un tracollo quando la pesca del tonno si spostava dalla costa al mare aperto con il sistema di tonnare volanti al posto delle fisse. Nel 1963, chiudevano l’attività una serie di imprese salvo, fra le poche altre, proprio la Callipo, che iniziò a importare il tonno oceanico Yellowfish per coprire
FRANTOIO VENTRE
Nel 1849 Francesco Farfaglia, proprietario già all’epoca di alcuni terreni olivicoli, decide di dar vita ad un frantoio oleario. Situato a Vena Superiore, piccola frazione della provincia di Vibo Valentia, è una delle prime realtà nel settore oleario della zona. Oggi continu a rappresentare una famiglia di olivicoltori e frantoiani che mandano avanti circa 100 ettari di uliveti con grande passione. Frantoio Ventre nel tempo ha saputo unire la forza della sua secolare tradizione con l’innovazione e la tecnologia, sempre con il fine di ricercare la massima qualità.
Vibo Valentia
SARDANELLI
L’azienda della famiglia Sardanelli è attiva dal 1817, anno in cui Francesco, il capostipite, lanciava una società per la lavorazione e commercializzazione del tonno pescato nelle tonnare di Pizzo e Bivona. Da sempre Sardanelli produce e commercializza tonno e altri prodotti ittici, in scatola e in vetro, seguendo l’antica tradizione e arte dei maestri tonnieri. Lo stabilimento è nella zona industriale di Maierato, un piccolo centro della provincia di Vibo Valentia, dove sono attivi circa 70 dipendenti ai quali si aggiungono, in base alle esigenze, fino a 40 dipendenti interinali. Il fatturato sfiora i 50 milioni.
la maggior parte della produzione. Tra le aziende sopravvissute c’è anche la più piccola Sardanelli, a Maierato, dove anche Callipo ha spostato la sua produzione. Aziende grazie alle quali la Calabria continua ad essere grande terra di produzione di conserve di mare. Una società come Callipo ad esempio oggi produce 7mila tonnellate all’anno, per un fatturato che supera i 70 milioni. Alla quinta generazione dà lavoro a 400 addetti distribuiti in sette aziende..
Un approdo A CINQUE STELLE
Circa 600 posti barca, uno yacht club e tanti motivi per fermarsi:
il porto di Tropea guarda al futuro con la voglia di innovare
Il porto di Tropea nel 2023 ha registrato 3.800 transiti.
di Raffaella Galamini
Racconta la leggenda che lungo la Costa degli dei perfino Ercole, nel suo estenuante viaggio alla ricerca del vello d’oro, trovò un approdo sicuro. Nella sua storia millenaria, a rifugiarsi in questo porto non ci sono state solo divinità e personaggi leggendari, ma anche eroi, conquistatori, marinai e mercanti. Nell’antichità le navi commerciali di passaggio in questo tratto di mare trovavano un naturale riparo nello scoglio di Leonardo. Oggi il Porto di Tropea
accoglie le imbarcazioni di diportisti e turisti: nel 2023 sono stati 3.800 i transiti registrati, a dimostrazione di un sempre maggiore appeal. Il Porto di Tropea dispone di circa 600 posti barca: qualsiasi tipo di imbarcazione nel Mediterraneo, in special modo quelle di altura, possono trovare un approdo sicuro in ogni istante della giornata e con qualsiasi condizione meteo. Qui possono ormeggiare perfino i superyacht da 55 metri. L’assistenza, disponibile 24 ore al giorno e 365 giorni all’anno, offre il massimo del comfort tra colonnine per acqua ed energia elettrica, servizi igienici,
lavanderia e wi-fi gratuito. Nel cantiere nautico presente all’interno del porto si è in grado di affrontare anche le esigenze di tipo tecnico, nel caso fossero necessarie riparazioni urgenti.
La reception si occupa invece dell’accoglienza sia per chi è di passaggio, sia per chi vuole trascorrere un periodo di vacanza. In porto, ai piedi della Rocca di Tropea, svetta un Marina Resort di ultima generazione a garantire la migliore accoglienza possibile. Una naturale evoluzione avvenuta a partire dal 2018. Per assicurare un salto di qualità, la società Porto di Tro-
pea ha investito tre milioni. Oggi è una realtà che dà lavoro a 20 persone in pianta stabile, oltre a circa 250 unità nell’indotto. “C’è stato un radicale cambio di concept, passando dall’idea del porto al Marina Village”, sottolinea Vincenzo Aristide Di Salvo, amministratore delegato del Porto di Tropea. “Oggi il Marina offre servizi qualificati, di eccellenza. Un Blue carpet che ci consente di fare la differenza, all’entrata di una meravigliosa regione quale è la Calabria”.
Chi sceglie di trascorrere alcuni giorni di vacanza al Marina Village trova tutto ciò di cui ha bisogno. Alla Torre, il punto più panoramico e caratteristico del Porto, sorge il Marina Yacht Club: luogo d’incontro e motore di tutte le iniziative sportive e socio-culturali. Un vero e proprio club sportivo dove condividere con altri turisti la passione della barca a vela e partecipare con gli altri club velici della zona a eventi e regate. Ma a disposizione degli ospiti c’è anche un clubhouse esclusivo con ristorante di crudité di mare e lounge bar. “Il Marina Yacht Club è dotato di una fitness&pool zone per la cura della persona, con aree di relax, e beauty center. La gym club è in collaborazione con Tecnogym, mentre la piscina è proprio allo sbarco, per regalare un colpo d’occhio d’eccezione”, aggiunge Di Salvo. Si è inoltre aggiunto l’anno scorso un centro congressi da 50 posti per accogliere eventi, incontri e appuntamenti di livello.
Il Port Village ha avuto un significativo sviluppo sotto il profilo commerciale e si è arricchito nel tempo di varie attività che offrono servizi di charter a vela e luxury motor boats, accessori per la nautica, pizzeria gourmet, ristoranti, diving center, vela club. Inoltre c’è uno shopping center fornito dei prodotti d’eccellenza non solo della Calabria ma di tutto il Sud Italia. Referenze enogastronomiche in grado di soddisfare anche i turisti più esigenti con il vantaggio di poter attraccare davanti al market per andare a fare la spesa. A completare l’offerta di servizi la presenza di una fornita parafarmacia, di una lavanderia h24 ma soprattutto di un anfiteatro da 500 posti a sedere per ospitare qualsiasi
UNA REALTÀ IN GRADO
DI OSPITARE ANCHE
SUPERYACHT E DI GARANTIRE IL LAVORO, CON IL SUO INDOTTO, A 250 PERSONE. INOLTRE
OFFRE ACCOGLIENZA E SERVIZI DI QUALITÀ A 360 GRADI
tipo di evento. Oltre al festival Blue Carpet, che si è svolto l’anno scorso, al Porto di Tropea fanno scalo i grandi eventi: “Abbiamo avuto presentazioni commerciali di grandi marchi, soprattutto dell’automotive, come l’esposizione delle nuove vetture di Porsche e Mercedes, per fare un esempio”, puntualizza Di Salvo. Tra le novità in vista dell’estate 2024 un progetto che rende omaggio all’eccellenza italiana nello sport. “Vorremmo destinare una piccola parte del nostro Marina al tennis. Questo sport sta vivendo un momento particolare con i successi di Jannick Sinner e vorremmo aprire un piccolo campo da tennis per i nostri clienti. Un concept di qualità che riteniamo sarà apprezzato dalla nostra clientela”. Il Marina Village offre ogni tipo di comfort per assicurare una vacanza indimenticabile. Il concierge service, presente nell’Info Point, offre il giusto supporto per chi vuole visitare Tropea e i suoi dintorni. Vengono assicurate ogni tipo di facilities durante il soggiorno, a cominciare da un servizio di shuttle bus per accompagnare gli ospiti dal Porto al centro storico di Tropea, adagiato su una ripida rupe a strapiombo sul mare, oggi tra i borghi più belli d’Italia. Per Di Salvo, bresciano ormai trapiantato in Calabria, l’augurio è che le infrastrutture territoriali siano “sempre più in linea con lo sviluppo del Marina Village e con il suo concept, che viene portato avanti per soddisfare una clientela alla ricerca di lusso e comodità”..
Brindare ALLE ORIGINI
Vocazione vitivinicola, tradizione e supporto alla propria terra:
di Matteo CalzarettaLa Calabria si trova tra due mari e nei suoi paesaggi ritroviamo tracce della sua storia. I greci la chiamarono Enotria: terra del vino. Qui è nata la Cantina Librandi. La sua storia va avanti da tre generazioni. È stata fondata da Raffaele Librandi nel 1953 e guidata fino al 2012 dai fratelli Antonio e Nicodemo Librandi. Oggi guidano l’azienda Raffaele, Paolo, Francesco e Teresa Librandi, impegnati in tutte le attività: dalla gestione dei vigneti alla commercializzazione. A
loro si aggiungono Walter, che si occupa dell’imbottigliamento, e Daniela, che fa parte della compagine sociale. In più di settant’anni i cambiamenti sono stati tantissimi, ma la vocazione vitivinicola e il rapporto con il territorio sono sempre stati il centro dei progetti dell’azienda. Da tre generazioni i Librandi sostengono e promuovono la loro terra e la sua ricchezza. Hanno iniziato dal vitigno Gaglioppo, dal Greco e dalle varietà autoctone presenti sui pendii della regione. La realtà iniziò a farsi strada e distinguersi nel settore nel 1953, quando prese il via l’attività di
Vibo Valentia
imbottigliamento nella piccola cantina a Cirò Marina, una località costiera affacciata sullo Ionio. Nel 1975 venne poi inaugurato il nuovo stabilimento a Contrada San Gennaro, dove si trova tutt’oggi. Altra tappa da ricordare è il 1998, quando Concetta ed Enza, mogli di Antonio e Nicodemo Librandi, ebbero l’idea di creare uno spazio per i talenti. Così è stato ristrutturato un casolare della metà dell’Ottocento, che ha ospitato mostre, corsi, presentazioni ed è divenuto un polo culturale del territorio chiamato “A Casedda”. Molti i riconoscimenti ufficiali conferiti all’azienda. Nel 2014, la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato l’iscrizione dei primi cloni registrati di varietà calabresi sul registro nazionale delle varietà di vite, frutto dell’attività di ricerca della famiglia. Le produzioni Librandi si trovano tra i Vini d’Italia del Gambero Rosso 2015 e nella recentissima Guida Essenziale ai Vini d’Italia 2024. La cantina produce molte varietà: si va dai bianchi ai rosati freschi e fruttati, fino ai rossi giovani; dalle riserve ai vini più strutturati e complessi, dagli spumanti al passito. L’azienda è aperta tutto l’anno alle visite. È possibile fare un tour della cantina: i visitatori vengono guidati in tutte le fasi più importanti della produzione del vino (vinificazione, barricaia, imbottigliamento e logistica). A questo segue una degustazione dei cinque vini di punta e una passeggiata nelle vigne. Complemento alle produzioni vinicole dell’azienda, è l’olio Evo. L’ulivo è per tradizione simbiotico alla vite, con cui condivide i pendii sul mare calabro. Il frantoio si trova in una nuovissima palazzina adiacente alla cantina. È equipaggiato con i più moderni accorgimenti tecnologici ed è dotato di un impianto Alfa Laval a ciclo continuo per la spremitura a freddo. Le cantine Librandi hanno scelto uno standard studiato per il settore vitivinicolo, per fornire una garanzia della correttezza e della verificabilità dei requisiti definiti secondo i tre pilastri: sociale, ambientale ed economico. .
Lo spirito DI CALABRIA
Gruppo Caffo è leader di mercato con prodotti propri, tra i quali
Amaro del Capo, Limoncino dell’Isola e Birra del Monaco Calabrese
Fdi Andrea Salvadori
orte dei risultati raggiunti in Italia, dove Vecchio Amaro del Capo è leader di mercato negli amari con una quota di circa il 40% a volumi nella grande distribuzione, più del doppio rispetto al primo concorrente, e con una distribuzione ponderata arrivata al 98%, Gruppo Caffo 1915 guarda soprattutto all’estero per continuare a crescere, anche grazie a nuove operazioni di mercato e all’allargamento, dunque, del portafoglio di marchi di proprietà.
L’azienda calabrese fondata e gestita da più di 100 anni dalla famiglia Caffo, oggi nelle mani dell’amministratore delegato Sebastiano Caffo e del padre Giuseppe Giovanni, presidente del gruppo, è sul mercato con un portafoglio di liquori e distillati di cui fanno parte i “nati in casa” Vecchio Amaro del Capo, Liquorice Caffo, Limoncino dell’Isola e Birra del Monaco Calabrese, e diversi marchi acquisiti nel corso degli anni, da Borsci San Marzano a Ferro China Bisleri, da Petrus Boonekamp alle grappe friulane Mangilli e Durbino. Gruppo Caffo 1915, spiega Sebastiano Caffo, “ha chiuso il 2023 con un giro d’affari di circa 100 milioni di euro, in leggera crescita rispetto al 2022 grazie un primo semestre molto positivo e a una seconda parte dell’anno in cui ha risentito della perdita del potere d’acquisto dei consumatori alla luce degli alti tassi di inflazione. Stabile la marginalità, con un Ebitda pari al 20% del fatturato”.
A spingere i conti del gruppo è, in particolare in Italia, Vecchio Amaro del Capo, “le cui performance sono migliorate anche nella
grande distribuzione in Germania, mercato dove è stato l’unico amaro italiano a crescere. In questo paese ci attendiamo ancora uno sviluppo robusto delle vendite, anche grazie a Limoncino dell’Isola, già oggi il secondo brand tra i limoncelli, in forte ascesa e sempre più vicino, così, al vertice della classifica, e a Clementino della Piana, il liquore naturale a base di clementine di Calabria Igp che abbiamo lanciato nel 2023”.
Limoncino dell’Isola può inoltre sfruttare il successo che nell’ambito della mixology sta ottenendo nel mondo Limoncello Spritz, il cocktail a base di Prosecco e Limoncello. La Germania è uno dei quattro mercati dove Gruppo Caffo 1915 è operativo attraverso una filiale diretta. Gli altri tre sono gli Stati Uniti, dove vengono coordinate le attività di importazione e distribuzione anche per Canada e Sud America, l’Olanda, dove la società è entrata attraverso l’acquisizione nel 2020 di Petrus Boonekamp (acquisita da Diageo) e infine dal 2023 la Spagna, “dove siamo ancora in fase di startup con grandi aspettative per lo sviluppo del business sul mercato locale”.
Le performance estere garantiscono a Gruppo Caffo 1915 circa il 15% del suo fatturato, “una quota in deciso aumento solo rispetto a un paio di anni fa, quando era al 10%, ma ancora lontana dagli obiettivi che ci siamo prefissati considerando le potenzialità del nostro portafoglio. L’obiettivo, dunque, è crescere tanto oltre confine sia a livello organico sia grazie a nuove acquisizioni in un mercato però molto competitivo dove non è semplice trovare buone opportunità. Le aree
che guardiamo con maggiore attenzione sono sempre l’Olanda e, più in generale, tutta la regione Benelux, così come i paesi dell’Europa dell’Est, dove i volumi del mercato degli alcolici sono particolarmente elevati”. La società distribuisce i suoi prodotti in più di 70 paesi e negli ultimi anni è entrata in nuovi mercati come Colombia, Ecuador e Panama in Sud America, in India e Ucraina, “dove la distribuzione è partita nel 2022, nonostante alcune difficoltà iniziali legate alla guerra, mentre non presidiamo più la Russia”. Gruppo Caffo 1915 da alcuni anni ha deciso anche di diversificare la produzione al di fuori del settore degli spirits. “Il tutto ha preso il via con l’acquisizione nel 2020, sempre da Diageo, di Ferro China Bisleri, lo storico marchio italiano del liquore a base di citrato di ferro e corteccia di china utilizzato un tempo per la cura di malattie come l’anemia e la malaria. L’operazione ci ha permesso di produrre, utilizzando parte degli ingredienti di Ferro China Bisleri, nuove linee di bevande analcoliche, dalla linea di integratori Robur registrata al Ministero della Salute alle tisane Bisleri 1881 e alle acque toniche Bisleri. A inizio anno, abbiamo quindi presentato alla fiera Sigep di Rimini la nuova linea per professionisti Mastro Borsci dedicata al mondo della pasticceria e gelateria: il primo lancio riguarda quattro creme dai profumi e dai sapori ispirati ai liquori S.Marzano Borsci,
Vecchio Amaro del Capo, Clementino della Piana e CafCaffè Borsci”.
Tanti gli investimenti stanziati dal gruppo sia nell’ambito dell’automazione logistica e produttiva (che sono valsi all’azienda il premio “Innovazione Smau 2022”), sia per le attività di ricerca e sviluppo, ambito in cui il gruppo è operativo con il suo Caffo Research, il laboratorio deputato al controllo qualitativo di materie prime, intermedi e prodotto finito, così come allo studio per il lancio di nuovi prodotti. Senza dimenticare la sostenibilità: Gruppo Caffo 1915 ha avviato un piano di installazione di impianti fotovoltaici nei suoi stabilimenti che dovrebbe concludersi nel 2025, oltre ad aver stretto accordi con operatori locali per la produzione di biogas ed energia elettrica grazie al recupero degli scarti di produzione..
Eccellenze DA CONSERVARE
Da
110 anni
i prodotti
di
Giacinto
Callipo sono ambasciatori del bello e del buono di una regione da scopriredi Raffaella Galamini
Sono passati 110 anni da quando Giacinto Callipo fondò a Pizzo Calabro un’azienda di conserve alimentari. La prima realtà in Calabria a inscatolare il pregiato tonno del mediterraneo pescato con le tonnare fisse. Una realtà imprenditoriale da subito conosciuta e apprezzata per la qualità delle conserve ittiche. Basta pensare ai riconoscimenti conquistati nel corso di oltre un secolo di vita: nel 1926 il brevetto di fornitore ufficiale della Real Casa, nel 2014 un francobollo dedicato all’azienda, nel 2019 l’inserimento
nel Registro delle Imprese storiche italiane di Unioncamere e nel 2021 l’iscrizione del marchio aziendale nel Registro Speciale dei Marchi Storici di Interesse Nazionale.
L’azienda oggi è guidata da Filippo Callipo, amministratore unico, affiancato dai figli Giacinto e Filippo Maria, quinta generazione. È proprio Giacinto Callipo a ripercorrere le tappe della crescita del gruppo.
In 110 anni di attività l’azienda ha toccato importanti traguardi. Qual è stato il vostro segreto?
La nostra storia aziendale da sempre è legata all’amore per il territorio, al mare,
alla pesca, alla “qualità innanzitutto” che è la filosofia a cui si ispirava il fondatore, Giacinto Callipo, e che è stata tramandata per generazioni diventando il caposaldo di ogni attività e progetto che portiamo avanti, oggi come oltre un secolo fa. Molte cose naturalmente sono cambiate ed evolute nel tempo ma i principi e i valori del nostro lavoro e della nostra qualità sono rimasti invariati, come ad esempio la lavorazione artigianale in alcune fasi della produzione per garantire l’elevata qualità dei nostri prodotti. Inoltre, l’intero ciclo produttivo avviene all’interno del nostro stabilimento di Maierato dove oggi lavoriamo, a partire dal tonno intero, la specie yellowfin. Per essere sempre competitivi sul mercato bisogna capitalizzare l’esperienza del passato e riuscire al tempo stesso a guardare al futuro, per questo puntiamo da sempre su continui investimenti in ricerca e sviluppo per proporre prodotti e progetti innovativi.
Cosa caratterizza le vostre attività?
Il territorio è il filo conduttore che lega le nostre attività, tutto nasce dalla volontà di creare valore in Calabria, di far conoscere il bello e il buono che questa terra offre. Essere ambasciatori del territorio è un onore ed una responsabilità che portiamo avanti con determinazione. Nel 2016 abbiamo lanciato il brand Callipo Dalla Nostra Terra per far conoscere e valorizzare alcune specialità della nostra regione. Con lo stesso spirito imprenditoriale abbiamo avviato, nel 2017 il progetto dei flagship store Callipo1013, per farci promotori dell’enogastronomia
calabrese di eccellenza sul territorio nazionale. Ad oggi siamo presenti a Milano, Roma, Cosenza, Reggio Calabria.
Callipo è una delle poche aziende, a livello nazionale, a effettuare la lavorazione, in tutte le sue fasi, esclusivamente in Italia… Crediamo fortemente nella Calabria. Da sempre, il nostro obiettivo è contribuire allo sviluppo economico, sociale e culturale della comunità in cui operiamo. La scelta di non delocalizzare è, infatti, una precisa strategia aziendale. Non possiamo immaginare Callipo senza la Calabria; nonostante i limiti e le innumerevoli difficoltà nel fare impresa in questa terra, le nostre radici sono ben salde qui. Bisogna fare i conti con diverse problematiche, soprusi e intimidazioni, ma non potremmo mai abbandonare questa terra. È una sfida che portiamo avanti con tutti i nostri collaboratori e la nostra storia dimostra che si può fare impresa anche qui. Ma vi è anche un altro motivo: nonostante
L’EXPORT RAPPRESENTA
I PRINCIPALI MERCATI SONO CINA, MIDDLE EAST, USA, GERMANIA, CANADA, AUSTRALIA E LIBIA
i costi di manodopera in Italia siano molto più alti rispetto all’estero, solo rimanendo nella nostra terra riusciamo a garantire il rispetto della tradizione che tramandiamo da 110 anni, manodopera specializzata e, soprattutto, il controllo dell’intera filiera produttiva.
Con queste stesse finalità è nato il progetto Callipo Gelateria?
La Callipo Gelateria nasce dal sogno nel cassetto di mio padre che voleva far cono-
scere in Italia e nel mondo la tradizione gelatiera artigianale di Pizzo, conosciuta come la città del gelato. Un sogno che è diventato realtà nel 2008. Abbiamo investito in innovazione per mantenere la qualità artigianale in un gelato prodotto a livello industriale e puntando su materie prime di grande qualità per mantenere alto lo standard che il marchio Callipo impone. Molta attenzione è dedicata inoltre al tema del benessere, ad esempio con gelati certificati senza glutine e con il gelato vegano Dairy Free per i consumatori vegani o intolleranti al lattosio.
Uno sguardo sull’export: quanto pesa e a quali mercati puntate?
Per l’azienda storica di conserve ittiche l’export rappresenta il 16% del fatturato, i principali mercati sono Cina, Middle East, Usa, Germania, Canada, Australia, Libia. Per la Callipo Gelateria è del 26%, il nostro gelato arriva in Europa, Nord America ed Asia..
AT TACCHI CYBER ANCHE LE PMI NEL MIRINO
Aumentano le minacce per le piccole e medie imprese, secondo una ricerca di Soc e Threat Intelligence Team di Swascan
di Andrea Celesti
Il secondo semestre del 2023 ha visto un aumento di attacchi informatici che hanno colpito non solo grandi imprese, ma anche Pmi. È quanto emerge dall’ultima ricerca condotta da Soc e Threat Intelligence Team di Swascan, secondo cui le aziende più coinvolte nel periodo di riferimento sono state quelle con un numero di dipendenti compreso tra 1 e 50 (58%) e un fatturato fino a 250 milioni di dollari (77%).
La diversità delle vittime, dal punto di vista economico, ha messo in luce la necessità di soluzioni di sicurezza per tutte le dimensioni aziendali. Dalle strategie più efficaci agli scenari futuri, abbiamo approfondito il tema degli attacchi informatici insieme a Pierguido Iezzi, ceo di Swascan e tra i maggiori esperti di cybersicurezza in Italia.
Quali sono secondo lei le misure di sicurezza migliori per le aziende?
Nel secondo semestre del 2023 si è verificato un periodo estremamente critico, soprattutto con l’insorgere di nuove e devastanti campagne di ransomware, caratterizzate dalla diffusione di software malevoli che criptano i dati delle vittime e richiedono poi un riscatto per il ripristino. La questione della tutela è molto
TRATTA
della sicurezza: predittiva, preventiva e proattiva. La sicurezza predittiva gioca un ruolo cruciale nell’identificare le minacce cibernetiche al di fuori del perimetro aziendale, operando a livello di web, dark web e deep web. Attraverso attività di ricerca e di early warning, fornisce evidenze preziose alla sicurezza preventiva e indica le aree che richiedono un’attenzione proattiva. La sicurezza preventiva si concentra sulla valutazione e misurazione del rischio cyber, definendo piani di rimedio e indicando i rischi esposti al livello di sicurezza proattiva. Quest’ultima è volta a identificare e contrastare le minacce che operano all’interno del perimetro aziendale, gestendo gli incidenti e fornendo ulteriori evidenze per migliorare la sicurezza preventiva e guidare le indagini predittive.
Qual è la strategia più efficace da seguire per le vittime di un attacco? Affrontare un attacco ransomware richiede una risposta immediata e ben coordinata. Esistono standard e best practice di settore ben collaudate che permettono un efficace ripristino. In particolare, gli step definiti dal Nist. Si inizia dalla fase di rilevamento e analisi, con l’obiettivo principale di individuare e valutare con precisione cosa sia successo. Questa fase può essere particolarmente impegnativa poiché richiede NON SI
complessa, specialmente quando si parla di Pmi. A volte manca una metodologia strutturata di gestione del rischio cyber e la complessità degli obblighi legislativi crea scarsa consapevolezza del panorama della sicurezza cibernetica. Per questo è fondamentale garantire una comprensione approfondita delle minacce a cui le Pmi sono esposte e affrontare la sfida della cybersecurity con un cambiamento culturale, ma non solo. È fondamentale adottare una strategia di difesa informatica basata forte che ruota intorno ai tre pilastri
La cultura del vino
TRA PRESENTE E FUTURO
Comunicazione, internazionalizzazione e la Vinoway Academy:
Davide Gangi racconta un mondo che in Italia vale 65 miliardi di euro TUTOR, LEZIONI
di Mirko Crocoli
Con oltre dieci anni di esperienza alla guida di Vinoway Italia, Davide Gangi si è distinto come uno dei principali esperti italiani nella promozione e valorizzazione del patrimonio enoico nazionale e nella critica enogastronomica. Lo abbiamo incontrato per parlare di comunicazione, agrivoltaico e tanto altro.
Comunicazione e conoscenza enoica: cosa vi prefiggete a medio e lungo termine?
Innanzitutto l’apertura della nuova sede di Vinoway Italia è per me un traguardo straordinario, frutto di anni di impegno e sacrifici. Guardando al futuro, miriamo a trasformare l’app Vinoway Selection in una piattaforma globale di riferimento per buyer ed importatori, aggiungendo ristoranti e strutture ricettive selezionate. A medio termine, ci concentriamo sulla pianificazione della Vinoway Selection 2025, programmata per il 30 novembre 2024 a Castello Monaci Resort - Salice Salentino. L’obiettivo a lungo raggio è quello di consolidare il brand all’estero attraverso Vinoway International.
Quanto conta oggi in Italia il mondo del vino? Di che giro d’affari stiamo parlando?
Nel periodo gennaio-settembre 2023 le vendite di vino in Italia sono cresciute notevolmente, raggiungendo i 65 miliardi
PARTE DEL PROGETTO DI RENDERE VINOWAY UNO DEI PIÙ GRANDI NETWORK DEDICATI A QUESTO SETTORE
di euro. Il 2024 promette una crescita per le aziende vinicole italiane di rilievo. Tuttavia, è essenziale investire in comunicazione e vendita per rimanere competitivi. Le piccole aziende potrebbero avere difficoltà a posizionare i loro prodotti sul mercato.
Vini dealcolati e agrivoltaico, cosa ne pensa a riguardo?
I vini dealcolati rappresentano una sfida tecnologica, che possono influenzare profondamente le caratteristiche organolettiche del vino. L’aroma, il gusto e la struttura possono subire variazioni, rendendo l’esperienza di degustazione molto lontana e diversa dai vini ‘originali’. L’agrivoltaico (ovvero l’uso di un terreno sia per produrre energia fotovoltaica, grazie all’installazione di pannelli solari, sia per realizzare attività agricole e di allevamento) e la sperimentazione in viticoltura, con esempi di successo soprattutto in Puglia, potrebbe dare negli anni ottimi risultati, se solo si trovasse la giusta combinazione nel processo di vinificazione per i vini bianchi e rossi. Secondo una mia personale analisi li trovo ancora di poca struttura e con acidità molto importante. Ma su questo, a differenza dei vini dealcolati, sono molto più favorevole.
Da poco è nata anche la Vinoway Academy: di cosa si tratta? Vinoway Academy è nata dalla necessità di una piattaforma completa per lo sviluppo enoico. Sarà un progetto in continua evoluzione, che si arricchirà costantemente con nuovi tutor e lezioni. Registrandosi si accede ai corsi di enologia, viticoltura, marketing, comunicazione, neuroscienze, legislazione vinicola ed editoria enogastronomica. È possibile ottenere l’attestato di Vinoway Academy e fare un’esperienza formativa presso una prestigiosa azienda vinicola italiana..
Impresa in numeri
I paesi più colpiti
Allarme al nord
Nel periodo considerato, l’Italia è stata vittima di un totale di 88 attacchi ransomware. I settori maggiormente colpiti sono i servizi (21%) e la manifattura (20%)
una capacità sofisticata di individuare segnali di potenziali problemi e analizzarli per determinare se costituiscono una minaccia effettiva. Una volta individuato un incidente, si attiva la fase di contenimento, eradicazione e ripristino. Qui l’attenzione si concentra sul limitare l’impatto dell’incidente e ripristinare i servizi interrotti il più rapidamente possibile. Ciò richiede una risposta tempestiva e una gestione efficace delle risorse. Successivamente, arriva la fase di attività post-evento. Coinvolge un’analisi dettagliata dell’incidente e delle azioni di risposta adottate. L’obiettivo è imparare dalle esperienze passate per migliorare la preparazione e la risposta agli incidenti futuri, identificando eventuali lacune nel processo e implementando modifiche per ridurre il rischio di incidenti simili in futuro.
È PREVISTO UN AUMENTO DEGLI
In che misura questi attacchi impattano sull’economia del nostro Paese?
Difficile avere numeri precisi, ma basti pensare che il cyber crime a livello glo-
bale costa cifre nell’ordine di triliardi di dollari ogni anno. Ma guardando oltre, dobbiamo considerare che un’azienda colpita da ransomware non solo subisce un danno ingente che si manifesta con il blocco dell’attività e la perdita di reputazione, ma è anche vittima di sottrazione di know-how, come i brevetti e i progetti, asset che influiscono direttamente sul nostro patrimonio. Quando il nostro knowhow viene rubato, non solo perdiamo un vantaggio competitivo, ma vengono erosi anche i pilastri del nostro valore aggiunto. Questa sottrazione ha un impatto diretto sulla nostra posizione nel panorama economico globale. Non si tratta solo di informazioni personali o finanziarie a essere rubati, ma spesso di dati vitali per l’azienda: progetti, brevetti, strategie di mercato e altro ancora. Questo know-how, che rappresenta spesso anni di ricerca, innovazione e investimenti, se finisse nelle mani sbagliate potrebbe essere utilizzato in modo improprio o venduto a concorrenti, causando danni incalcolabili all’impresa colpita. Di particolare preoccupazione è l’effetto di questi attacchi sulle Pmi e sui distretti industriali di eccellenza italiani. Queste entità sono spesso la spina dorsale del nostro sistema economico e rappresentano una parte fondamentale dell’identità e del successo del made in Italy. Proteggerle non è solo una questione economica, ma anche culturale e identitaria.
Quali sono gli attori da coinvolgere per affrontare questa sfida? A che punto è l’Italia?
La protezione della cybersecurity è essenziale per salvaguardare il nostro patrimonio, sostenere l’economia e garantire la routine quotidiana dei cittadini. Per raggiungere questo obiettivo, è cruciale fornire sostegno alle organizzazioni, in particolare alle Pmi, attraverso partnership pubblico-privato, incentivi finanziari e agevolazioni fiscali sugli investimenti. L’Italia ha già compiuto passi significativi nel rafforzare la sua resilienza cibernetica con l’istituzione di varie agenzie e centri cyber di difesa dedicati alla protezione
Impresa in numeri
Dipendenti delle imprese attaccate
del Paese e delle sue realtà. Tuttavia, l’impegno delle imprese richiede una collaborazione sinergica tra il settore privato, le istituzioni accademiche e il governo, oltre al ruolo centrale ricoperto dalle associazioni di settore.
Che scenari prevede per il futuro? Sicuramente è previsto un aumento degli attacchi facilitati dall’AI. L’evoluzione della tecnologia rende possibile la creazione di malware più intelligenti e adattabili, inoltre facilita ancora di più l’accessibilità agli strumenti di attacco al pubblico di criminal hacker non “skillati”, aumentando di conseguenza il numero di possibili avversari. Ma non dobbiamo neppure tralasciare il ruolo politico di
È CRUCIALE FORNIRE
questo campo: la cybersecurity diventerà sempre più centrale anche a livello militare e di conseguenza geopolitico. Con il crescente coinvolgimento delle nazioni nel cyberspazio, si prevede che i conflitti e le tensioni internazionali includeranno sempre più attività cyber, come attacchi informatici mirati, disinformazione, operazioni di cyber spionaggio digitale e sabotaggio di infrastrutture critiche. Ciò implicherà una maggiore attenzione da parte delle nazioni sul fronte della cybersecurity, sia in termini di difesa che di diplomazia digitale, con conseguenze significative sulle relazioni internazionali e sulla sicurezza globale. Le nuove superpotenze si definiranno anche per il loro arsenale cyber. .
LA FORZA DELLA TRADIZIONE
La famiglia Zonin ha 200 anni di storia ed è un’eccellenza nel mondo vinicolo. L’avventura è cominciata a Gambellara, in Veneto, nel 1821: una tradizione tramandata da sette generazioni fino ai giorni nostri. Se il Prosecco Zonin continua ad esprimere l’essenza della dolce vita a livello internazionale, il gruppo Zonin1821, grazie ai vini delle sue tenute, ha dato un fondamentale contributo nell’esportare il made in Italy e la cultura vitivinicola nel mondo.
Il gruppo è infatti presente in oltre 140 Paesi grazie al supporto di oltre 500 collaboratori che operano in Italia e in quattro filiali: Stati Uniti, Regno Unito, Cina e Svezia. Nel fatturato 2023 che si aggira sui 195 milioni di euro, l’export pesa per l’80%.
Zonin1821, con oltre 1.600 ettari vitati di proprietà, produce e distribuisce oltre a vini fermi e spumanti a marchio Zonin, i vini delle tenute italiane di famiglia: Ca’ Bolani in Friuli, Poggio Le Coste in Piemonte, Oltrenero in Lombardia, Castello di Albola e Rocca di Montemassi in Toscana, Masseria Altemura in Puglia e Principi di Butera in Sicilia. Due le tenute estere: Barboursville Vineyards, in Virginia negli Stati Uniti e Dos Almas in Cile.
“Il tema della generazionalità è la chiave per comprendere la nostra visione imprenditoriale: le aziende non hanno solo responsabilità ‘qui ed ora’, ma in quanto
“L’IMPEGNO A PROMUOVERE IL GRANDE PATRIMONIO DEI NOSTRI VINI SI CONCRETIZZA ANCHE NEI PROGETTI
CON VARIE UNIVERSITÀ
ITALIANE ED ESTERE”, AFFERMA IL PRESIDENTE DOMENICO ZONIN
famiglie e istituzioni devono contribuire, tramite il loro operato, a esprimere valori di apertura e alterità, tra i quali preservare le risorse, rispettare l’ambiente, garantire il benessere delle persone, favorire la parità di genere e valorizzare la diversità”, sottolinea Domenico Zonin, presidente del gruppo Zonin1821. Centrale quindi il tema dell’educazione al vino. “Non basta vendere bottiglie di vino massimizzandone la visibilità; è fondamentale far scoprire, raccontare, portare alla luce l’invisibile del visibile, ovvero la cultura, le tradizioni e le storie che esprimono questo straordinario prodotto della terra, così che si riesca sempre più a concepire il vino come un prodotto buono, che assunto moderatamente fa bene, ma soprattutto come un custode di saperi e tradizioni che si tramandano da generazioni e devono essere arricchite oggi per le generazioni future”, assicura il presidente. È nata così l’idea di una serie di progetti e lezioni, interattivi e partecipativi, organizzati nelle maggiori università d’Italia per promuovere e valorizzare la cultura vitivinicola, il made in Italy e la sostenibilità: temi affrontati con gli studenti di Bocconi, Bologna Business School, Università Cattolica del Sacro Cuore, Iulm, Università del Salento, Scuola Superiore Sant’Anna e Università di Palermo, ma anche presso scuole straniere come la Hbla Pitzelstätten, in Austria. Non solo in aula. Quando possibile l’azienda invita gli studenti a scoprire e vivere le tenute del
gruppo: Castello di Albola nel Chianti Classico, Ca’ Bolani ad Aquileia, Masseria Altemura nel cuore del Salento e Principi di Butera, in Sicilia tra due siti Unesco, e logicamente Gambellara, cuore del brand Zonin, dove c’è un percorso museale di oltre 500mq dedicato alla cultura vitivinicola italiana. Durante tutte queste occasioni d’incontro è stata promossa una cultura del ‘bere responsabile’. “Come settore dobbiamo prendere atto degli attacchi al mondo del vino che in questo momento non hanno trovato alcuna base scientifica e, anzi, sono stati smentiti da differenti studi, tra i quali Moderate Wine Consumption and Health: A Narrative Review, pubblicato sulla rivista Nutrients, come parte del numero speciale Effects of Wine and Soft Drinks on Human Health. È importante valorizzare questi studi e promuovere un consumo responsabile”, aggiunge ancora il presidente. Il progetto, partito nel 2023, nei prossimi
mesi coinvolgerà nuove realtà accademiche tra le quali la Ca’ Foscari e l’Università di Trieste, ma sarà esportato anche al King’s College di Londra, alla Stockholm School of Economics e all’Università di Nova Gorica. Il dialogo con la Generazione Z sta già dando i suoi frutti anche in termini di nuovi prodotti che tengono conto di diversi gusti e sensibilità. “Questo dialogo a più voci con gli studenti ci permette di comprendere sempre meglio l’evoluzione del sistema del quale facciamo parte e queste analisi critiche ci permettono di migliorare “come facciamo, quello che facciamo”. Tra le nuove proposte di prodotto che da poco arricchiscono la gamma del brand Zonin c’è la Cuvée Zero: grazie ad un’aromaticità simile a quella del vitigno Glera e zero alcol, questo prodotto mira a raggiungere una fascia sempre crescente di consumatori in mercati strategici, tra i quali Germania, Regno Unito, Francia, Australia, Belgio e Svezia. Sempre
per cogliere nuove opportunità offerte dal mercato, Zonin propone il proprio Limoneto Spritz: uno spritz al sapore di limone. “Grazie a queste innovazioni di prodotto, che sono complementari all’offerta tradizionale, interpretiamo la cultura vitivinicola ereditata in 200 anni di storia con uno sguardo ai prossimi 200”, assicura Zonin.
Oltre alle lezioni con i millennial, di pari passo procede il progetto della Zonin1821 Academy, scuola interna al gruppo. Un’iniziativa innovativa nata per dare ancora più forza al progetto di formazione e valorizzazione culturale che l’azienda ha deciso di portare avanti. “La Zonin1821 Academy ci porterà a erogare nel 2024 oltre 4mila ore di formazione a collaboratori e partner commerciali, così da favorire la promozione della sostenibilità, della cultura vitivinicola e del made In Italy, ma anche il consolidamento di un senso di appartenenza tra i colleghi che operano in azienda..
Forbes stila una nuova classifica sulle persone più influenti
NEL MONDO GASTRONOMICO ITALIANO: 25 TRA I MIGLIORI CHEF scelti da una giuria qualificata per la loro reputazione mediatica, le connessioni sociali, i risultati ottenuti nella creazione di valore
A giugno si terrà un evento di premiazione durante un’esclusiva cena di gala per celebrare i vincitori dei nostri premi culinari e offrire un’esperienza
| 24 GIUGNO 2024
FORBES SMALL GIANTS CONTINUA IL SUO VIAGGIO
ALLA SCOPERTA DELLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE: IL RACCONTO DELLE PRIME TRE TAPPE
SENTIERI DI CRESCITA
Dopo un 2023 ricco di soddisfazioni, Forbes Small Giants è ripartito dal Nord Italia. La tappa inaugurale del 22 febbraio si è svolta al Bluenergy di Udine, diventato uno degli impianti più sostenibili in Europa grazie alle opere di efficientamento energetico e alle forniture green. È stata l’occasione per raccontare le storie delle Pmi del Friuli e delle grandi aziende che le sostengono. Dopo i saluti del direttore di Forbes Italia , Alessandro Mauro Rossi, è salito sul palco Massimiliano Zamò, vicepresidente e delegato Piccola Industria, Confindustria Udine, che ha voluto sottolineare l’importanza del territorio e della cultura del lavoro che ha permesso di raggiungere risultati straordinari. L’evento è stato moderato da Edoardo Prallini, giornalista di Forbes ed executive editor del progetto Forbes Small Giants , che ha chiamato sul palco il fondatore di Leanbet, Andrea Bet, il ceo di Hpg, Indira Fabbro, la presidente di Friuli Coram, Alessia Rampino e la cmo e membro del board di The Adecco Group, Virginia Stagni, per un primo confronto sull’imprenditoria femminile in Italia.
Il secondo panel, incentrato sull’innovazione, ha visto salire sul palco diversi protagonisti del mondo imprenditoriale: da Alessandro Englaro, cofondatore e ceo di Akuis, al sales manager data, Ai & automation for banking, insurance & utilities customers di Ibm Tomasz Slowinski, dal fondatore di Bayamo Alex Lessio a Marco Agosto, chief marketing & business strategy officier Banca Ifis. Il consueto momento di networking, è stato preceduto dall’ultimo panel dedicato all’impresa familiare, che ha visto protagonisti imprenditori come Andrea Costantini, presidente Smart Capital, Giacomo Pittini, ceo Midolini F.lli, Damir Eskerica, ceo Moroso e Fabrizio Molinari, ceo di Achillea.
Dopo l’evento di Udine, il roadshow è arrivato a Viareggio il 14 marzo, per
tagliare il traguardo delle venti tappe di Small Giants. L’evento, organizzato in collaborazione con gruppo giovani imprenditori Confindustria Toscana Nord, si è svolto al Grand Hotel Principe di Piemonte di Viareggio, storico
albergo in Versilia. L’incontro è stato aperto dalle parole di Max Venturelli, general manager del Grand Hotel Principe di Piemonte, seguito sul palco da Stefano Luccisano, presidente Giovani Imprenditori Confindustria Toscana, e
Francesco Biagiotti, consigliere Confagricoltura Lucca, per raccontare le sfide e gli ostacoli che i piccoli giganti stanno affrontando. Innovazione e territorio sono stati i temi al centro del dibattito, che ha visto susseguirsi diversi
UDINE, VIAREGGIO E PADOVA SONO
STATI I PRIMI TRE
APPUNTAMENTI DEL 2024
nomi sul palco: nel primo panel sono intervenuti Nicola Di Giusto, sales & marketing manager di Vianova, David Landini, amministratore di Villa Saletta, Giorgio Mattei, vicepresidente di Next Yacht Group ed Elisabetta Piazza, mar-
keting manager Gruppo Informatico; nel secondo Nedo Vitali, responsabile commercial banking customer relationship management centro tirreno Banca Ifis, Matteo Niccolai, responsabile R&D di Fass, Lorenzo Romani, responsabile marketing Dife e Tiziano Lera, architetto, progettista e urbanista.
L’11 aprile, il roadshow è risalito al nord per raggiungere la città di Padova. All’interno del Net Center, i partecipanti si sono confrontati su temi legati al digitale, ma non solo. Il primo panel, dedicato all’innovazione, ha coinvolto Tomasz Slowinski, sales manager data, Ai & automation for banking, insurance & utilities customers di Ibm, Alice Pretto, presidente di Essay Group, Alberto Piva, head of business development di Pegaso Industries, Alberto Friso, direttore servizi finanziari e assicurativi del noleggio di Trivellato. Dall’innovazione
IL ROADSHOW CONTINUA
CON GLI EVENTI DI CASERTA IL 15 MAGGIO, TROPEA IL 20 GIUGNO, MODENA IL 10 LUGLIO. PER CHIUDERE MILANO
L’11 SETTEMBRE, GENOVA IL 23 OTTOBRE, ROMA IL 6 NOVEMBRE E PESCARA L’11 DICEMBRE
si è passato a parlare di strategie fiscali, al centro del secondo panel che havisto protagonisti Andrea Bet, fondatore di Lean Bet, Paolo Buosi, ceo di Allianz 311, Giuditta Rege, avvocato di Lca Studio Legale, Benedetta Andreozzi, ceo e fondatrice di Realz, e Stefano Pavan, amministratore delegato e presidente del consiglio di amministrazione di Mafin. La tappa si è chiusa con il tema della digitalizzazione, con il coinvolgimento di Andrea Berna, responsabile commercial banking di Banca Ifis, Andrea Manega, sales account welfare di Edenred Italia, Federico Benetton, sales manager Vianova, e Dario Talpo, sales account manager di Gasweb. Concluse le prime tre tappe, il roadshow proseguirà con gli eventi di Caserta il 15 maggio, Tropea il 20 giugno, Modena il 10 luglio, Milano l’11 settembre, Genova il 23 ottobre, Roma il 6 novembre e Pescara l’11 dicembre. .
RESTARE PER COSTRUIRE
Un incubatore accademico istituito per offrire a team di persone, spin-off e start-up innovative l’accesso a programmi di incubazione, pre-incubazione e incubazione virtuale in una delle regioni d’Italia che più necessita di investimenti per sostenere il tessuto imprenditoriale locale, la Calabria. Venti locali attrezzati, un’area di coworking, sei uffici amministrativi, una sala seminari multimediale e spazi comuni, il tutto distribuito su una superficie di 2mila mq. È qui che dal 2010 è attiva TechNest, l’iniziativa dell’Università della Calabria che sino ad oggi ha incubato più di 50 startup innovative. L’ateneo cosentino da diversi anni è in prima fila nei progetti per lo sviluppo di nuove economie nel territorio regionale con un focus sull’innovazione, per creare le condizioni affinché i giovani possano sviluppare e far crescere le loro idee, ed evitare che continuino a cercare fortuna altrove.
PIÙ DI 50 LE STARTUP
COINVOLTE FINO AD OGGI. TRA I PROGETTI
ANCHE IL PALAZZO
DELL’INNOVAZIONE, UN LUOGO DI SERVIZI E OCCASIONI DI CONFRONTO
CON LE ALTRE IMPRESE DELLA REGIONE
Solo poche tra le 50 società incubate da TechNest sono poi fallite, tanto che, per il ruolo acquisito nell’ecosistema dell’innovazione regionale e nazionale, è stato nominato dalla Regione ‘eccellenza calabrese’. Alle startup l’incubatore offre svariati servizi, quali la logistica, le relazioni con i fondi di investimento, il supporto alla gestio -
ne della proprietà intellettuale e alla partecipazione a bandi competitivi. TechNest agevola anche le attività di networking e di assistenza e formazione per le aziende ospitate, oltre ad essere il primo punto di riferimento per le iniziative nate dai programmi di supporto alla creazione d’impresa dell’ateneo e dell’intera regione. I settori delle aziende che hanno potuto beneficiare del supporto di TechNest sono state inizialmente realtà che hanno investito in nuovi progetti nell’ambito dell’Ict; poi, via via negli anni, anche startup attive nei mercati dell’energia, della meccanica, della salute e dell’agroalimentare. Il piano di investimenti dell’Università della Calabria nell’innovazione non si è fermato a TechNest e, dal 2022, può contare anche sul nuovo progetto del Palazzo dell’Innovazione, la naturale prosecuzione proprio dell’esperienza dell’incubatore. L’idea è quella di mettere a disposizione delle aziende cresciute
in TechNest un luogo che assicuri spazi e soprattutto servizi e occasioni di scambio e confronto con le imprese attive in settori differenti. Il Palazzo avrà sede a Rende, a pochi chilometri da Cosenza, e l’obiettivo è fare in modo che diventi il più importante centro di riferimento per l’ecosistema dell’innovazione nella regione. Sempre di recente l’ateneo ha avviato le attività di Cosenza Open Incubator, uno degli interventi previsti nell’ambito del contratto istituzionale di sviluppo per la riqualificazione del centro storico di Cosenza finanziato dall’ex ministero per i Beni e la attività culturali e per il Turismo. L’incubatore è rivolto a potenziali imprese culturali e turistiche innovative. La sua prima iniziativa è stata la call for cultural & tourist ideas , per la selezione appunto delle idee d’impresa negli ambiti turi -
stico, industria culturale e creativa, artigianato e made in Italy. Nel 2022 sono state selezionate le dieci idee di impresa che, durante il periodo di incubazione, riceveranno gratuitamente supporto per formazione, creazione e gestione d’impresa, nonché per l’accelerazione, anche grazie a percorsi che potranno effettuare presso altri incubatori. Le dieci startup, che spaziano dall’artigianato innovativo alla diffusione delle tradizioni, dai servizi culturali e turistici all’ospitalità diffusa, dalla divulgazione della scienza all’intrattenimento culturale, dall’innovazione delle antiche lavorazioni alla valorizzazione del patrimonio storico e artistico, possono contare anche su servizi più operativi di natura amministrativa, legale, di gestione risorse umane, comunicazione, attività di coaching e contatti con inve-
stitori esterni, oltre ad avere ricevuto un voucher di ingresso di 20mila euro. L’Università della Calabria ha quindi promosso, in qualità di capofila, il programma di ricerca Tech4You, che ha ottenuto un finanziamento complessivo di circa 120 milioni di euro nell’ambito degli ecosistemi dell’innovazione sostenuti dal Pnrr: il progetto prevede la messa a terra di oltre 50 progetti pilota e l’opportunità di far nascere oltre 30 nuove startup. Così l’Università della Calabria conferma il suo ruolo nello sviluppo delle politiche di sostegno all’innovazione d’impresa di una Regione che, secondo l’ultimo rapporto del Mise (relativo al quarto trimestre 2023), con le sue 252 startup, è al dodicesimo posto per numero di imprese innovative sul territorio nazionale. .
Ogni scarto al POSTO GIUSTO
Giunko da 10 anni fornisce Junker, l’app che offre agli italiani
le informazioni necessarie per una corretta raccolta differenziata
Sdi Lavinia Desi
i dice che la Silicon Valley sia nata in un garage. E che le grandi aziende tech della zona abbiano mosso i primi passi tra pneumatici e attrezzi da lavoro. Ma siamo in Italia. E qui anche le startup nascono a tavola. È il caso di Giunko, nata in una cucina bolognese, nel 2014, da un’idea di tre amici: Giacomo Farneti, Benedetta De Santis e Todor Sergueev Petkov. Tutti e tre esperti di informatica e sensibili al tema ambientale.
L’idea è stata di Giacomo che, guardando un succo di frutta, si è chiesto come mai fosse
così difficile trovare le giuste indicazioni per differenziarlo. I tre ragazzi hanno iniziato a lavorare a una soluzione per semplificare la raccolta differenziata. Poche settimane dopo hanno presentato un progetto al contest promosso da Innovami, l’ente accreditato dalla Regione Emilia-Romagna per il trasferimento tecnologico. Vinsero il terzo premio e una proposta di incubazione.
Così è nata Junker, l’app che oggi comuni e gestori di rifiuti urbani usano per dare ai cittadini informazioni geolocalizzate, aggiornate, complete e immediatamente accessibili sulla raccolta differenziata e sulle iniziative di economia circolare nel comune di riferimento.
Oggi la piccola startup è diventata una pmi innovativa, ha superato il primo milione di fatturato ed è entrata a far parte del gruppo Terranova, società attiva nello sviluppo di soluzioni software per la trasformazione digitale del settore ambientale.
L’idea era di sviluppare un’app in grado di riconoscere al volo prodotti di consumo attraverso un codice a barre. E indicare agli utenti i materiali di cui sono composte le singole parti dell’imballaggio e come differenziarle, anche in base alle regole del comune in cui si trova l’utente. L’app viene chiamata Junker, che unisce il termine inglese junk (scarto) e le iniziali della regione Emilia-Romagna. Creare l’app è stato un lavoro lungo: non esisteva nessun database da cui potessero attingere per riconoscere i prodotti. I tre fondatori, di notte, in un supermercato Despar gestito da amici, hanno scansionato tutti i codici a barre, a mano, per classificare i prodotti, circa 20mila. È nata così la prima base dati dell’app. Oggi quel database è diventato grande, arrivando a conte-
nere circa 2 milioni di prodotti, di cui 520mila segnalati direttamente dagli utenti. Junker è stata adottata come partner tecnologico da un comune su quattro, da città metropolitane come Torino, Bari e Firenze a piccoli borghi, senza distinzioni territoriali. Da Bolzano a Nuoro, da Trento a Salerno, l’app è stata scaricata da oltre tre milioni di famiglie, che, grazie alle ricerche effettuate, sono state indirizzate per 70 milioni di volte verso comportamenti più corretti per l’ambiente e l’economia. L’app non è utile solo quando gettiamo i rifiuti, ma anche al supermercato quando acquistiamo i prodotti. È infatti in grado di dare informazioni per fare la scelta più sostenibile, con una scheda dettagliata con tutte le parti dell’imballaggio, la loro composizione e il bidone di riferimento per ciascun materiale. A tal proposito, Noemi De Santis, responsabile comunicazione di Junker, ha commentato in una nota stampa: “Differenziare correttamente è uno step fondamentale per limitare la quantità di rifiuti indifferenziati, quelli più
impattanti sull’ambiente, e aumentare il riciclo. Tuttavia, come sottolinea la Ue, la priorità è ridurre i rifiuti. Con Junker, i cittadini hanno a disposizione uno strumento tecnologicamente avanzato per lavorare anche sulla prevenzione, che, a 15 anni dalla direttiva quadro sui rifiuti, resta ancora un tasto dolente in Europa.”. Per questo è stata creata una gerarchia dei packaging. Al primo gradino c’è la scelta preferibile: qui si trovano prodotti sfusi, più sostenibili in quanto privi di packaging. Subito dopo ci sono i prodotti con imballaggi ridotti e monomateriale, quindi più semplici da differenziare. Poi troviamo gli imballaggi multimateriale, ma composti da parti separabili manualmente. All’ultimo gradino troviamo i packaging che non possono essere recuperati, che sono sempre di meno. “È sbagliato credere che le scelte dei singoli non possano fare la differenza: i segnali che arrivano dal mercato possono stimolare un cambiamento della produzione in senso più sostenibile”, conclude De Santis..
La stampa CHE TIENE A GALLA
Maralbi sta sviluppando un dispositivo di recupero per apneisti.
Intanto si propone come service di processi 3D industriali
di Andrea Salvadori
Un giubbotto salvagente che si attiva automaticamente nel caso di perdita dei sensi nel corso di un’immersione, in grado così di riportare a galla il subacqueo e di salvargli la vita. Un dispositivo che è stato prodotto, in alcune delle sue parti, con la tecnologia della stampa 3D. È questa l’idea imprenditoriale alla base di Maralbi, la startup innovativa fondata a Trieste all’inizio del 2021 dall’ingegnere meccanico Marco Macchi e dal commercialista e consulente aziendale Riccardo Sattler. “L’idea è maturata nel corso dei miei studi universitari e grazie anche alla fiducia che Luigi Bregant, professore del dipartimento di Ingegneria meccanica dell’Università di Trieste, ha riposto in me e nel progetto”, spiega Marco Macchi. E così nel 2020 Breath Again - questo il nome del giubbotto salvagente di Maralbi - ha ottenuto il brevetto per la produzione industriale: “A quel punto, insieme a Riccardo, ho deciso di dare vita alla startup”.
Ad oggi Breath Again è ancora nella fase di sviluppo, tanto che l’azienda sta lavorando al primo prototipo industriale. Grazie al know-how acquisito con la messa a punto del progetto, la società triestina è riuscita nel frattempo a posizionarsi sul mercato come service di stampa 3D industriale per la produzione e prototipazione di componenti estetici e funzionali in materie plastiche. Ha così raccolto l’interesse di diversi investitori, ha vinto un bando di finanzia-
mento di Invitalia e può già contare su un portafoglio di clienti in costante crescita. “La svolta è avvenuta con la scelta di puntare sulla tecnologia Multi Jet Fusion, con cui Hp ha permesso per la prima volta alla stampa 3D di realizzare produzioni industriali e di rivoluzionare così il mercato. Nel 2022 abbiamo acquisito una di queste stampanti e abbiamo iniziato a occuparci di produzione per conto terzi seguendo un modello di business che si fonda su una relazione diretta con i nostri clienti”, continua Macchi. “Per ciascuno di loro realizziamo componenti fortemente customizzati partendo da modelli matematici tridimensionali, studiati ad hoc da noi o dal cliente stesso. La necessità di soddisfare determinate specifiche funzionali si traduce in alcuni casi nell’affrontare veri e propri progetti di ricerca e sviluppo”.
Maralbi lavora oggi per aziende di svariati settori merceologici, dall’abbigliamento alle calzature, dall’automotive alla nautica e al biomedicale. “Realizziamo componenti e prodotti finiti di materiale sia rigido sia flessibile in piccoli lotti, ma la tecnologia Hp ci consente di lavorare anche a produzioni massive: in funzione della geometria dei componenti possiamo arrivare a produrre migliaia di pezzi nel giro di qualche giorno. La nostra capacità produttiva può dunque affrontare volumi di produzione medio-alti in tempi brevi. Il che consente ai nostri clienti, ad esempio, di valutare l’appetibilità sul mercato di un nuovo prodotto senza investimenti eccessivi o di commercializzarlo nell’attesa della fabbricazione dello stampo definitivo”. Il ricorso alla stampa 3D industriale è poi conveniente nel caso della fabbricazione di componenti con geometria molto complessa. “Nelle tecnologie tradizionali la complessità geometrica può incidere pesantemente sulla fattibilità tecnico-economica, mentre con i nostri sistemi di produzione 3D questo non avviene”. E non è tutto, perché in termini di flessibilità, “producendo su richiesta, possiamo fabbricare ciò che serve al nostro cliente in tempi brevi e senza stoccaggi in magazzino”. Inoltre l’assenza degli stampi e dei processi di set up dei macchinari “garantiscono alle aziende un forte contenimento degli investimenti iniziali”. Come nel caso delle tecnologie tradizionali poi, sottolinea Macchi, “anche per la stampa 3D, aumentando il numero di componenti da produrre, diminuiscono
i costi. In quest’ultimo caso però non è necessario che i componenti siano per forza tutti uguali: stampare 1.000 pezzi di un componente può avere complessivamente lo stesso costo che stampare un pezzo ciascuno di 1.000 componenti diversi tra loro”. L’impianto dedicato alla stampa 3D è situato all’interno di un locale a temperatura e umidità controllata, “in modo da produrre componenti con un elevato standard qualitativo. Il processo di stampa della tecnologia Multi Jet Fusion di Hp si basa sulla fusione selettiva delle particelle di polvere depositate strato dopo
strato all’interno del volume di stampa. Di conseguenza, massimizzando il numero di componenti, anche diversi tra loro, all’interno del volume di stampa si riescono a minimizzare i costi di produzione”. Nel 2023 Maralbi ha registrato un aumento del fatturato del 50%. “Nel primo trimestre del 2024 i numeri sono ancora in crescita e le prospettive, guardando avanti, sono positive: le potenzialità della stampa 3D sono ancora in parte inesplorate, anche grazie ad una tecnologia che continua a progredire”. Maralbi è ancora nella fase di startup e nel corso degli anni ha aperto
il suo capitale ad altri investitori del territorio, mentre di recente ha ottenuto un incentivo da parte di Invitalia nell’ambito del bando Nuove imprese a tasso zero. L’azienda è ora in procinto di acquistare una seconda stampante proprio grazie ai fondi ricevuti da Invitalia, mentre sul fronte industriale ha stretto una partnership con il gruppo Quaser/Cubik Service, “che ci permette di ampliare i servizi offerti con lo stampaggio ad iniezione, la verniciatura e la cubicatura, in modo da poter offrire ai nostri clienti un pacchetto di servizi ancora più completo”..
LA LIGURIA DA BERE DAL 1924 PASSIONE E ARTIGIANALITÀ: UN SECOLO
DI AMARO CAMATTI CON EVENTI E UN’EDIZIONE LIMITATA
L’Amaro Camatti nasce a Genova nel 1924 da un’intuizione del farmacista Umberto Briganti, che dedicò la bevanda alla moglie Teresa Camatti. Avviata la produzione insieme al fratello Cesare, Briganti spostò lo stabilimento a Levante, nell’entroterra di Recco, trasformando subito l’amaro in un prodotto di grande successo. Oggi il Camatti, diventato un’icona della tradizione ligure, festeggia 100 anni di vita con l’orgoglio della Distilleria Cinque Terre, produttrice del liquore da più di trent’anni.
L’azienda ha deciso per il 2024 di avviare un programma di eventi e collaborazioni sul territorio ligure, che verranno svelati di mese in mese. Un’occasione per rinnovare ulteriormente il brand Amaro Camatti. Inoltre sta per nascere un e-commerce che permetterà agli amanti del Camatti di acquistare l’amaro online, ma anche di fare
proprio il nuovo merchandise. Verranno poi avviate molte collaborazioni con scuole alberghiere, in cui i Camatti Ambassador e gli studenti saranno protagonisti. A simboleggiare questo anno speciale, Camatti ha stretto anche una
collaborazione creativa con l’artista Francesco Poroli. La sua illustrazione, tributo al legame indissolubile tra l’Amaro Camatti e la città di Genova, sarà presente su una selezione di bottiglie in edizione limitata dedicate al centenario.
Anni d’oro
BEVANDE, DERIVATI DEL POMODORO E ORTAGGI SURGELATI: FRUTTAGEL, UNA TRENTENNE IN GRANDE FORMA
DALLA BRIANZA ALL’ESTREMO ORIENTE
Trent’anni di “lavoro, rispetto e cooperazione”, come recita il payoff celebrativo nel logo. Fruttagel, nata ad Alfonsine nel 1994 e attiva nella produzione di bevande a base di frutta e di legumi, derivati del pomodoro e ortaggi surgelati, compie 30 anni di attività. Per celebrare questo momento storico l’azienda ha organizzato un open day, un aperitivo nella piazza centrale della sua cittadina di origine, in provincia di Ravenna, e infine un convegno dedicato agli stakeholder sul tema dello spreco alimentare.
Fruttagel nasce nel 1994 con l’acquisizione dello stabilimento di Alfonsine e raccoglie l’eredità di due importanti realtà della cooperazione del territorio: Ala Frutta, cooperativa nata nei primi anni 60, specializzata nella lavorazione di frutta fresca per la produzione di cremogenati e succhi di frutta in vetro, e Parmasole, leader nella lavorazione del pomodoro e pioniera della produzione di succhi in brik. Due anni dopo la nascita, nella compagine sociale di Fruttagel entra la cooperativa industriale Co.ind e nel 1998 l’azienda si espande con la costituzione del Consorzio Fruttagel Molise, per la gestione dello stabilimento di Larino (Cb), incorporato in Fruttagel nel 2009 a seguito dell’acquisizione dello stabilimento dalla Regione Molise. Oggi Fruttagel impiega circa 700 lavoratori nella sede principale di Alfonsine e ha un altro stabilimento produttivo a Larino, in provincia di Campobasso, con un organico di circa 150 persone.
TANTI AUGURI A MOLTENI, DA 90 ANNI ICONA
DEL DESIGN E DELL’ARTIGIANATO MADE IN ITALY
Molteni festeggia 90 anni di storia con un libro, edito da Rizzoli New York, che ripercorre l’identità e il rapporto proficuo tra architetti e designer che ha reso l’azienda grande negli anni. Una storia che ha inizio nel 1934 quando Angelo Molteni avvia la sua attività imprenditoriale a Giussano, oggi provincia di Monza e Brianza, nel distretto del mobile. La sua bottega artigianale diventa in poco tempo sinonimo di prodotto di alta qualità. Oggi Giulia Molteni, direttore marketing e comunicazione nonché parte della terza generazione della famiglia, celebra questo importante traguardo con il rafforzamento di mercati strategici come l’Europa, gli Usa e l’Estremo Oriente: “Continuiamo un’espansione geografica anche attraverso la riqualificazione della distribuzione, a oggi di 700 punti vendita”, afferma la Molteni. Per l’occasione anche un’installazione al Salone del Mobile.
CAMPIONI DI SOSTENIBILITÀ
La pittura ecologica compie 40 anni: Oikos, il business nel rispetto dell’ambiente
Dai progetti con Giulio Cappellini e Daniel Libeskind alle collaborazioni con il premio Nobel Dario Fo per le scenografie di alcuni dei suoi spettacoli teatrali. Oikos Group, una delle principali aziende internazionali nella produzione di pitture ecologiche per interni ed esterni, festeggia 40 anni di attività. Al compleanno, festeggiato presso la comunità di San Patrignano, sono state presenti delegazioni provenienti da Germania, Olanda, Serbia, Repubblica Ceca, Turchia, Armenia, Finlandia e Ucraina, con altrettanti ospiti collegati in video conferenza dagli Usa, Corea, Cina, Vietnam, India,
Il compleanno è stato celebrato nella comunità di San Patrignano, che l’azienda sostiene costantemente attraverso iniziative e collaborazioni
Singapore ed Emirati Arabi Uniti.
“È stato il compleanno non solo di un’azienda, ma anche di una grande famiglia”, ha dichiarato il presidente Claudio Balestri durante il pranzo insieme ai circa mille ospiti di San Patrignano. “Abbiamo scelto di festeggiare qui perché è una grande comunità di persone che lottano per uscire da un tunnel. Con San Patrignano abbiamo un legame consolidato e indissolubile, un dialogo coltivato negli anni,
con iniziative e collaborazioni a sostegno di questa grande realtà nata come noi negli anni Ottanta e che ha aiutato tanti ragazzi a uscire da un momento buio della loro vita”.
Con un fatturato di 29 milioni di euro, un quarto dei quali derivanti dall’export nei cinque continenti, oltre 100 i dipendenti diretti e altrettante le collaborazioni esterne, Oikos produce ogni anno più di otto milioni di chili di pitture a base naturale, senza alcuna emissione nociva e dove ogni
residuo e scarto da produzione viene reimmesso nel ciclo produttivo.
Tra le varie collaborazioni anche quelle con celebri strutture ricettive come il Bulgari Hotel di Roma, l’Hilton o l’Hotel Gallia Excelsior a Milano e i flagship store e le sedi aziendali: Ferrari Store by IosaGhini, Fendi stores, Trussardi Mosca, Peuterey, Amarelli headquarters e concept store, Excelsior Milano, Moleskine Headquarters, Bulgari Store.
“Siamo la dimostrazione che si può fare business nel rispetto dell’ambiente”, racconta il presidente Claudio Balestri. “Fino a qualche anno fa venivo considerato un pazzo, poi una sorta di visionario. Oggi il tema della sostenibilità è al centro delle agende dei governi di tutto il mondo. Il nostro successo è legato indissolubilmente all’innovazione, alla divulgazione di una cultura basata sul rispetto dell’ambiente, della salute e al benessere nei luoghi interni. Respirare aria sana negli interni significa meno rischi di malattie respiratorie e allergie nel tempo”.
SPERIMENTAZIONE AL DETTAGLIO
Nata per caso, oggi ridisegna i processi tra imprese: Tesisquare ha inaugurato l’innovativo RETAIL HUB
“Avevo una formazione meccanica e l’informatica era solo un hobby. Poi mi sono ritrovato in cassa integrzione e allora ho trasformato l’hobby in una professione”. Così, quasi per caso, nasce nel 1995 Tesi (acronimo di Tecnologia e sistemi di informatica), ora diventata il colosso Tesisquare. Un percorso “dal basso, una di quelle storie bottom up”, rivendica
Giuseppe Pacotto, cofondatore e ceo che continua a guidare una realtà diventata un punto di riferimento nell’information technology. Un’azienda che continua a crescere e a realizzare soluzioni software complete in 40 paesi in tutto il mondo. L’ultima novità? Tesisquare ha inaugurato, presso ComoNext, il Retail Lab, un centro in cui i clienti del settore retail potranno esplorare tutte le nuove soluzioni per rendere più agili i loro
processi di vendita, usufruendo delle più moderne tecnologie sviluppate dalla società di Cuneo. L’hub potrà inoltre supportare i brand in tutte le fasi: dalla gestione delle operazioni nel punto vendita agli ordini, passando per la movimentazione delle merci e per la cassa cloud in grado di simulare gli effetti di nuove promozioni, al fine di snellire le operazioni all’interno dei negozi.
LA PERLA GREEN DELLE LANGHE
ENERGIA SOLARE, FORNITORI LOCALI E IMPATTO MINIMO: LA MADERNASSA È UNA REGINA DELLA BIODIVERSITÀ
Nel comune di Guarene, in provincia di Cuneo, si trova una perla di bellezza e armonia premiata tra le eccellenze non solo italiane, ma del mondo. Si chiama La Madernassa, un ristorante e resort premiato con una Stella Michelin e classificato nella lista dei 100 migliori ristoranti del pianeta secondo We are smart green guide Il nome si ispira alla Madernassa, un tipo di qualità di pera del luogo che, come molte specie autoctone, è rimasta a lungo sconosciuta ai più. Il suo utilizzo era limitato ai contadini locali e il nome, dunque, richiama l’ancestrale legame e amore della gente del luogo verso la loro terra, madre di vita, nutrimento e cultura enogastronomica. Un patrimonio che qui è custodito nel rispetto per l’ambiente. Dalla piscina alle camere, dal giardino delle erbe aromatiche al frutteto, in ogni area della Madernassa un occhio di riguardo sarà riservato all’ambiente, come testimonia Ivan Delpiano, ceo e cofondatore del brand Madernassa.
“Chi ci conosce sa bene quanto la nostra famiglia sia sensibile e vicina alle tematiche ambientali. Il termine green è noto da pochi anni ma mi interessavo a questi temi già agli inizi della mia carriera lavorativa”. L’impatto ambientale è minimizzato grazie all’utilizzo di impianti che convertono l’energia solare ed eolica in elettrica, mentre il riscaldamento è reso efficiente da serramenti a taglio termico e due moderne caldaie. I fornitori sono locali e si impegnano anch’essi nella produzione di prodotti
confezionati in alluminio o in vetro, come l’acqua Eva. La riduzione nell’uso di plastiche prosegue nelle vigne in cui i sostegni sono in canna di bambù. ”L’obiettivo che ora ci siamo posti, dopo esserci focalizzati su come ottimizzare alcuni aspetti del ristorante, è quello di apportare alcune ulteriori accortezze e interventi strutturali per ridurre l’impatto ambientale dell’intero resort, sviluppando progetti di biodiversità, con benefici positivi per noi e per l’intera collettività”.
NEL 2011 TRE GIOVANI UNIVERSITARI DI TARANTO
DECIDONO DI ENTRARE NEL MONDO DELLE ENERGIE
RINNOVABILI E DEI SISTEMI DI ILLUMINAZIONE. Giuseppe Vendramin, Emiliano Petrachi e Alessandro Deodati incontrano due soci finanziatori e con 100mila euro di capitale sociale iniziale fondano Niteko. È uno spin off universitario nato a Montemesola, un paese di poco più di 4mila abitanti della provincia di Taranto, in Puglia.
Oggi Niteko è un’azienda milionaria, nonché un modello di eccellenza nel settore i cui progetti hanno varcato i confini nazionali. Punti di forza: tecnologia avanzata e, appunto, internazionalizzazione: “Facciamo ricerca, sviluppo e commercializzazione di lampade Led ad alto wattaggio”, spiega Giuseppe Vendramin. “Curiamo dal design, rigorosamente italiano, fino alle parti elettroniche. I nostri prodotti vengono usati per l’illuminazione stradale, dei grandi parcheggi, degli stadi e vendiamo quasi solo all’estero, tra Austria, Repubblica Ceca e Polonia”. Nel 2016 sono riusciti ad affermarsi anche in Italia, superando la diffidenza del mercato nostrano e installando oltre 100 lampade sull’asse nord-sud di Bari per illuminare il ponte e la strada sottostante.
Lo sapevi che
La cartiera di periferia diventa leader nella telefonia:
Nokia, una storia in cerca di presente
Nel passato recente un gigante delle telecomunicazioni mobili, nel presente la ricerca di un rilancio. Ma ad inizio 900, che cosa era la Nokia? Tutt’altro rispetto alla leader mondiale nella produzione di cellulari che è stata fino al 2022. Nokia nasce in Finlandia nel 1865 come segheria e cartiera. A fondarla fu Knut Fredrik Idestam, ingegnere minerario che decise di dare alla sua azienda lo stesso nome del fiume che scorreva di fianco allo stabilimento produttivo. A inizio ‘900 Nokia è un conglomerato industriale dalla vastissima produzione, ma dalle gambe piuttosto fragili. Nel periodo tra le due guerre rischia di fallire più di una volta e queste ripetute crisi portano alla creazione di una holding sotto cui operano le tre aziende che fino ad allora hanno portato il nome Nokia (la cartiera, lo scarpificio e la prodizione di cavi).
La svolta arriva negli anni ‘60 del secolo scorso, quando in riva al fiume Nokia le cose iniziano a girare per il verso giusto. Nel 1962 il comparto che si occupa della produzione di cavi elettrici fa il suo ingresso nel mondo dell’elettronica, realizzando un analizzatore di impulsi per la sua centrale nucleare. Nel 1963 l’azienda finlandese inizia a realizzare telefoni radio per i servizi militari e
di emergenza. L’incontro con il mondo della telecomunicazione non fu affatto casuale e non si trasformò in un amore fugace e passeggero. Nel 1967 la fusione tra le tre branche della società diviene
finalmente effettiva e nacque la Nokia Corporation, una delle più grandi aziende europee del tempo. Al momento della fusione, Nokia realizzava prodotti di carta, scarpe, stivali e galosce di gomma, pneumatici, cavi per la comunicazione, dispositivi elettronici come TV e radio (nel 1987 Nokia era il terzo più grande produttore di televisori in Europa), personal computer, generatori elettrici, equipaggiamenti per l’esercito finlandese (come la machera antigas M61), prodotti chimici e in alluminio.
Professore
PASSARE IL TESTIMONE
Il passaggio generazionale: dall’analisi introspettiva alla co-progettazione per adattare l’azienda ai cambiamenti
A cura di Luca Brambilla, direttore Accademia Comunicazione Strategica
Il passaggio generazionale spesso si incaglia per dinamiche emotive e comportamentali, piuttosto che per l’assenza di un supporto giuridico. Il motivo è la difficoltà di negoziare con se stessi. Saper gestire questa criticità rappresenta il fondamento sul quale ergere l’intero processo, il primo dei tre step che compongono il passaggio generazionale. Negoziare con se stessi vuol dire raggiungere la piena consapevolezza da entrambe le parti. Voglio realmente delegare? Credo di essere la persona giusta? È superato l’egoismo silenzioso e latente che porta a voler rimanere alla guida dell’azienda fin quando ormai è troppo tardi? Come nella staffetta, il testimone deve passare di mano di comune accordo: il passaggio inizia quando entrambe le parti concordano. A questo punto è possibile affrontare il secondo passo, ovvero la co-progettazione. È il momento in cui il passaggio generazionale si manifesta come processo strutturato in fasi e sottofasi, che devono essere identificate con precisione in modo da delineare gli step essenziali del percorso di crescita del subentrante definendone accuratamente i kpi. Sono questi ultimi a favorire il passaggio da una valutazione troppo personale da parte del delegante a una oggettiva. L’obiettivo è il superamento della considerazione secondo la quale “quando sarai pronta o pronto lo saprò”. La terza e ultima tappa del processo affonda le proprie radici nella frase dell’abate di Cluny: “Tenere vivo il carisma è mantenere acceso il fuoco e non adorare le ceneri”. La piena consapevolezza che il volto dell’azienda successivo al passaggio generazionale sarà qualcosa di diverso rispetto a quanto precedentemente in essere. Non già una prosecuzione nel solco del passato quanto un mix virtuoso di innovazione ed
elementi propri della cultura e della tradizione aziendale. Mantenere viva l’azienda e i suoi valori significa co-crearne il futuro adattandola ai tempi che cambiano e coinvolgendo tutti i soggetti del contesto aziendale. l’imprenditore diventa coach, l’erede deve iniziare il cursus honorum con umiltà e determinazione. Lo staff potrà fare da cuscinetto in eventuali momenti
di tensione. Al termine del processo in questa nuova dimensione aziendale si genera una sinergia generazionale nella quale i senior offrono un contributo strategico in termini di memoria storica, mentre la nuova generazione introduce temi di innovazione e sostenibilità in una nuova declinazione operativa dei valori del passato.
WELFARE PUBBLICO: UN TESORO NASCOSTO
Come si riduce il fenomeno dei bonus non riscossi dai cittadini? Qual è il ruolo delle aziende per facilitare l’accesso dei beneficiari alle risorse messe a loro disposizione?
Risponde Gianluca Spolverato, managing partner WI LEGALSecondo le nostre stime, una famiglia media potrebbe recuperare fino a 1.000 euro l’anno semplicemente beneficiando delle misure di welfare pubblico a cui ha diritto. Eppure il 40% dei potenziali beneficiari non fa nemmeno richiesta, perdendo l’opportunità di mettersi in tasca dei finanziamenti che lo Stato ha messo a disposizione per loro. Perché? Il problema, a monte, è soprattutto un problema di conoscenza. Secondo le nostre ricerche, il 55% dei lavoratori ritiene di non essere abbastanza informato e il 38% pensa di non avere i requisiti necessari. Una percezione distorta, perché le condizioni di accesso, nella maggior parte
dei casi, sono raggiungibili. Tra gli ostacoli rilevati dalla nostra indagine ci sono anche la complessità degli adempimenti burocratici e le barriere sociali. Alcuni, infatti, avvertono la necessità di chiedere un sussidio statale come uno stigma e, pur avendone diritto, evitano di farlo per non sentirsi ‘etichettati’. Tutto questo genera un fenomeno che in letteratura si chiama non take up, non riscosso. Lo spreco è enorme: parliamo di circa 10 miliardi di euro che ogni anno rimangono inutilizzati. Questo ha un risvolto negativo non solo per le famiglie, che per vari motivi non riescono a beneficiare di risorse che erano state stanziate appositamente per loro, ma anche per lo Stato in termini di fiducia, di benessere collettivo e quindi anche di denaro che potrebbe rientrare in circolo, facendo girare l’economia.
Gianluca SpolveratoCosa possiamo fare per arginare questo fenomeno? Le aziende giocano un ruolo cruciale. Oltre ad essere i principali datori di lavoro, possono agire da catalizzatori per l’accesso al welfare pubblico, offrendo informazioni e supporto ai propri dipendenti. Con laborability - la prima piattaforma digitale in Italia di informazione sul mondo del lavoro - abbiamo recentemente lanciato il nostro configuratore, con cui mappiamo gli incentivi di interesse per quella particolare platea aziendale e poi aiutiamo le imprese a comunicarli alle proprie persone e a facilitarle nell’accesso alle risorse. In altre parole, si tratta di uno strumento che permette di arricchire l’offerta del welfare privato, integrandolo con il welfare pubblico, ovvero di un primo passo per quelle aziende che non hanno ancora piani di welfare privato. Tutto questo ha un grande impatto sociale, perché diviene un asset da evidenziare nel bilancio di sostenibilità dell’azienda e, allo stesso tempo, è un servizio a favore della collettività che consente di non sprecare giacimenti di risorse pubbliche, pagate, ma non utilizzate. Ci sono poi tutta una serie di benefici collaterali. Le aziende che investono nel welfare dei propri dipendenti non solo migliorano il clima lavorativo e la produttività, ma dimostrano anche un impegno tangibile nel migliorare la qualità della vita delle persone. L’adozione di politiche di welfare attive, infatti, aiuta a migliorare la reputazione e l’attrattività, contribuisce a ridurre l’assenteismo, migliora la retention del personale e aumenta l’engagement dei dipendenti. In tempi di quiet quitting e di gravi difficoltà nel reperire talenti, anche questi aspetti hanno un peso tutt’altro che trascurabile.
L’OPPORTUNITÀ DELLA SPACE ECONOMY
A che punto è l’Italia per quanto riguarda gli investimenti nello spazio?
Quali sono le implicazioni legali da tenere in considerazione?
Risponde Chiara D’Antò, avvocato partner presso Studio Legale Cdfr
La space economy è l’insieme delle attività e delle risorse spaziali che creano valore e benefici per l’umanità ed include tutti i soggetti, pubblici e privati, impegnati a sviluppare, fornire e utilizzare prodotti e servizi legati allo spazio. Un settore in rapida crescita, con ricavi globali generati nel 2020 per circa 371 miliardi di dollari e un valore di mercato stimato a un trilione di dollari nel 2040.
L’Italia è uno dei pochi paesi al mondo che può vantare un budget per lo spazio di oltre 1 miliardo di dollari ed è tra i maggiori contribuenti dell’European Space Agency. È anche uno dei pochissimi paesi ad avere una filiera completa su tutto il ciclo, dall’accesso allo spazio e alla manifattura, dai servizi per i consumatori ai poli universitari e di ricerca.
Nel 2016 l’Italia si è dotata di un Piano strategico Space Economy e oggi, con il Pnrr, il settore spaziale si candida a rappresentare uno dei volani di maggiore potenziale e impatto per la ripresa e crescita del nostro Paese.
Nel Pnrr sono previsti 1,29 miliardi di euro per tecnologie satellitari ed economia spaziale, nell’ambito della missione “Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura”.
Allo spazio è ormai ampiamente riconosciuto il ruolo di attività strategica per lo sviluppo economico, sia per il potenziale impulso che può dare al progresso tecnologico e ai grandi temi di ‘transizione’ dei sistemi economici (come l’anticipazione delle implicazioni del cambio climatico tramite l’osservazione satellitare), sia per la naturale scala continentale/ europea che ne contraddistingue l’ambito di
Chiara D’Antòazione e di coordinamento degli investimenti. Analizzando il contesto di mercato globale e le caratteristiche dell’industria spaziale italiana è stato prodotto un Piano Nazionale volto a potenziare i sistemi di osservazione della terra per il monitoraggio dei territori e dello spazio extra atmosferico, oltre che a rafforzare le competenze nazionali nella space economy. Il Piano Nazionale include diverse linee d’azione, tra le quali troviamo il SatCom, l’Osservazione della Terra, Space Factory, Accesso allo Spazio, In-Orbit Economy e il Downstream. Le risorse stanziate dal Pnrr copriranno una quota degli investimenti definiti per queste linee di intervento. Il Ministro delle imprese e del made in Italy Adolfo Urso ha di recente dichiarato che il Governo sta lavorando ad un disegno di legge quadro sulla Space Economy,
in sintonia con quello che sarà lo Space Act europeo, realizzato nei prossimi mesi con il supporto di un fondo per la sostenibilità che avrà una dotazione iniziale di 330 milioni. L’uso in termini economici dello spazio è quindi un tema di grande attualità e rilevanza, che presenta diverse sfide e opportunità sia a livello nazionale che internazionale. Anche le implicazioni legali saranno molteplici e riguarderanno aspetti come la regolamentazione delle attività spaziali che dovranno rispettare i principi e i trattati internazionali, nonché le normative nazionali dei vari stati coinvolti; la responsabilità degli operatori spaziali che devono garantire la sicurezza, la sostenibilità e la compatibilità delle loro attività con quelle degli altri utenti dello spazio; la tutela dei diritti e degli interessi degli stati, delle organizzazioni e dei privati che svolgono o beneficiano delle attività nello spazio.
Si pensi ad esempio alla proprietà intellettuale, al telerilevamento, alla navigazione, alle telecomunicazioni, alla sicurezza e alla difesa, nonché alla ricerca scientifica ed in generale alla space economy.
In conclusione, la space economy rappresenta un ambito di grande potenziale per lo sviluppo economico, sociale e ambientale del nostro pianeta, ma richiede anche una governance adeguata e una cooperazione tra gli attori spaziali. L’Italia ha dimostrato di avere le competenze e le capacità per essere un protagonista di questo settore, ma deve anche affrontare le sfide che esso comporta, come la concorrenza globale, la sostenibilità delle attività spaziali e la tutela dei propri interessi nazionali. Per questo è necessario un impegno congiunto tra il settore pubblico e settore privato che generi sinergie.
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La bella stagione della f lessibilità
L’home
office si sposta nei luoghi di vacanza, ma non solo: anche in
treno o in aereo i nostri tablet devono essere operativi
di Valentina Lonati
Leggerezza, intuitività e prestazioni affidabili, ovunque ci si trovi: sono le caratteristiche alle quali si presta attenzione nella scelta di un tablet o di un notebook, soprattutto quando si avvicina l’estate. Lavorare viaggiando, del resto, ha il profumo della libertà. Tra weekend lunghi e ponti, dall’ambiente domestico l’home office si sposta nei luoghi di vacanza ma non solo: anche in treno, in aereo e in ogni luogo
sia possibile. Il concetto di flessibilità si espande: l’importante, in questo periodo dell’anno, è poter abbandonare le quattro mura di casa (o dell’ufficio) e godersi la bella stagione. Utilissimi e necessari sono quindi i dispositivi che offrono le stesse performance del pc racchiudendole in pochi millimetri di spessore. Tablet e notebook ipersottili e versatili, da infilare nello zaino e portare con sé. Ne abbiamo selezionati alcuni per voi.
OPERATIVITÀ ULTRA SOTTILE
Samsung Galaxy Tab S9
È UN TABLET, MA SEMBRA DI LAVORARE AL PC. Sviluppato per migliorare la produttività e stimolare la creatività anche in viaggio o quando si lavora fuori casa, il nuovo Galaxy Tab S9 dispone di una Book Cover Keyboard e della modalità Samsung DeX. Quest’ultima offre un cursore facile da usare e la possibilità di ridimensionare e posizionare le finestre in modo flessibile, nonché la funzione Secondo Schermo per eseguire il mirroring o estendere lo schermo del pc sul tablet. Infine, per aumentare ulteriormente la produttività, Galaxy Tab S9 è dotato della Galaxy S Pen.
TANTE MODALITÀ IN DUE SCHERMI Asus Zenbook Duo
DESIGN, LEGGEREZZA E PERFORMANCE IN UN SOLO DISPOSITIVO:
Asus Zenbook Duo è il primo laptop dual-screen al mondo dotato di due schermi touchscreen Oled da 14 pollici con risoluzione 3K e frequenza di aggiornamento di 120 Hz. Utilizzabile in più modalità (dual screen, laptop, desktop e condivisione), grazie ai suoi due schermi, alla tastiera Bluetooth Asus ErgoSense - ultra silenziosa e con touchpad e supporto integrati - e al design compatto, è il notebook ideale per chi desidera, anche mentre viaggia, prestazioni ed esperienza di utilizzo impeccabili.
COMFORT PER LA VISTA
Honor Pad 9
UN DISPOSITIVO CHE OFFRE UN’ESPERIENZA DI UTILIZZO GENTILE E RISPETTOSA DEGLI
OCCHI: il nuovo tablet Honor Pad 9 incorpora funzionalità di comfort visivo come il Dynamic Dimming, che simula l’attività dei muscoli ciliari e riduce l’affaticamento degli occhi, oltre alla tecnologia Circadian Night Display, che regola automaticamente il display su colori più caldi per ridurre la quantità di luce blu e promuovere la secrezione di melatonina. Con il suo display FullView da 12,1 pollici con risoluzione 2.5K e un sistema audio a otto altoparlanti che incorpora la tecnologia di ottimizzazione del suono Histen, Honor Pad 9 è dotato anche di una batteria ad alta capacità da 8300mAh.
STRUMENTI INTELLIGENTI
Acer TravelMate P6 14
È IL NOTEBOOK PROFESSIONALE
DAL DESIGN SOTTILE E LEGGERO dedicato ai professionisti sempre in movimento: TravelMate P6 14 di Acer è stato sviluppato proprio per migliorare l’esperienza di lavoro ibrida. Grazie alla webcam Ir Fhd con otturatore per la privacy, questo notebook semplifica le videochiamate grazie a un’acquisizione vocale ottimizzata con riduzione del rumore basata sull’intelligenza artificiale di Acer PurifiedVoice e gli altoparlanti rivolti verso l’alto con audio Dts. Inoltre, la connettività 2x2 Wi-Fi 6E rende TravelMate P6 14 il compagno ideale per lavorare ovunque ci si trovi.
Otturatore per la privacy, riduzione del rumore e altre tecnologie basate sull’Ia rendono sempre più efficienti le sessioni di smart working
CONNETTIVITÀ SENZA INTERRUZIONE
Huawei MatePad Pro 13.2”
DEDICATO AI CREATIVI E AI VIAGGIATORI, Huawei MatePad Pro 13.2” è l’ultimo arrivato della serie MatePad. Caratterizzato da un design ultrapiatto e dal display Oled flessibile, pensato per un’esperienza visiva coinvolgente, è compatibile con la tastiera Huawei Smart Magnetic Keyboard, che lo trasforma in una postazione da lavoro a tutti gli effetti. Ma non solo: supportando la terza generazione della Huawei M-Pencil dotata di tecnologia NearLink, Huawei MatePad Pro 13.2” è il primo dispositivo al mondo dotato della tecnologia NearLink, che garantisce una connettività e interattività senza interruzioni supportando oltre 10mila livelli di sensibilità alla pressione.
Il
design ultrasottile contribuisce a rendere i dispositivi leggeri e facili da trasportare
La signora dei baci LEONARDO DEL VECCHIO
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La storia di Luisa Spagnoli dall’industria
dolciaria alla casa di moda.
La donna che ha inventato il Bacio Perugina, il cioccolatino famoso in tutto il mondo, le caramelle Rossana, la nuova lavorazione della lana d’angora, la fondatrice del primo asilo aziendale.
La biografia racconta una storia di imprenditoria femminile moderna: la Spagnoli madre, moglie, amante e pioniera dei diritti delle lavoratrici.
La biografia narrativa restituisce il genio e il sentimento della donna, ma anche uno spaccato di storia italiana di coraggio, impegno e passione.
L’arte dei prodotti eccellenti
Riccardo Illy
Pagine 272, € 19,00
In un’ottica contemporanea, in cui le aziende mirano al raggiungimento di obiettivi di guadagno in tempi rapidi e perdono di vista il senso della pazienza e della cura, i marchi italiani spiccano per la loro capacità di creare prodotti di qualità superiore, in grado di rsistere sia alla concorrenza del mercato che all’usura del tempo. Perchè? Lo spiega, in queste pagine Riccardo Illy, presidente del Polo del Gusto. Attraverso il suo esempio emblematico, e raccogliendo le testimonianze dirette di altre aziende a conduzione, Riccardo Illy ci conduce all’interno della sua attività, mostrando al lettore le sue carte vincenti e descrivendo, con amore e passione, cosa significa fare impresa e farla bene secondo gli standard aziendali italiani che hanno portato il sogno di suo nonno a diventare una realtà apprezzata in tutto il mondo.
ENNIO DORIS
Sara Doris
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CHIMERE: SOGNI E FALLIMENTI
DELL’ECONOMIA
Carlo Cottarelli
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Tommaso Ebhardt
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Come ha fatto un bambino nato nelle “case minime” della periferia di Milano e cresciuto in orfanotrofio a creare l’impero Luxottica? È partito da questa domanda Tommaso Ebhardt nella biografia di Leonardo Del Vecchio. Dalla casa in cui è nato l’imprenditore, all’orfanotrofio Martinitt, dopo aver esaminato fonti e documenti, parlato con i collaboratori e con i concorrenti e, infine, incontrato l’imprenditore, Ebhardt ha raccontato la storia del patron di Luxottica.
L’IMPRONTA
DELLE DONNE
Adriano Moraglio
Pagine: 146
€ 14,00