ESCLUSIVO UN VIAGGIO NEL MONDO DI MINA
DA PROBLEMA A RISORSA
Non esiste in natura, ma è ovunque. È inquinante, ma ha anche dei vantaggi
L’industria della plastica è chiamata a definire nuovi percorsi di sviluppo Tutti, da chi la modella a chi la ricicla, possono partecipare alla rivoluzione
Il lato buono della plastica
Usata per la prima volta nel 1862 per polsini e colletti delle camicie, negli anni è diventata indispensabile. La sfida di oggi è limitarne l’impatto ambientale
Tutto cominciò da una camicia. Nella seconda metà dell’800 la moda maschile imponeva colletti e polsini inamidati. Un lavoraccio per le colf dell’epoca stabilmente sgridate dai loro padroni sempre più esigenti. Le cose, per quelle povere signore, migliorarono di colpo nel 1862 quando l’inglese Alexander Parkes, sviluppando gli studi sul nitrato di cellulosa, isolò e brevettò il primo materiale plastico semisintetico, che battezzò Parkesine. Si trattò di un primo tipo di celluloide, utilizzato per manufatti flessibili come appunti i polsini e i colletti delle camicie. Da allora, sempre di più, la plastica è diventata fondamentale nella nostra vita. Ora però, nella vita della plastica, è diventato fondamentale limitare l’impatto ambientale, soprattutto oggi che la parola d’ordine per ogni azienda è: sostenibilità. La sostenibilità ambientale è diventata una priorità per qualunque tipo di industria, ma quelle che producono e utilizzano plastica sembrano essere particolarmente impegnate nella riduzione del loro impatto ambientale. Le imprese di questo settore utilizzano diverse strategie per essere sempre più green, alcune applicabili ad ogni tipo di attività produttiva e altre molto specifiche, tenute sotto pressione anche dall’Unione europea che si sta impegnando in una gestione più virtuosa di questo materiale, cercando di associare allo sviluppo delle aziende un impatto ambientale sempre più basso. Oggi le imprese che producono, commerciano, utilizzano plastica sono molto più attente di qualche anno fa a ogni aspetto che può incidere sul futuro delle persone e della natura.
Questo numero di Forbes Small Giants dedica un focus proprio all’industria della plastica analizzandola attraverso il racconto di Pmi che lavorano per trasformarla da problema a risorsa. Come nel caso di Pet Solution, la storia di copertina del mese: un’azienda del gruppo Pet Industries che progetta e costruisce macchine per il trattamento delle materie plastiche. Da sempre attenta alla transizione ecologica, accompagna i propri clienti verso risparmio energetico, riduzione degli sprechi
produttivi e maggiore efficienza industriale. A seguire Rubberjet, una società innovativa leader nel settore del riciclo di pneumatici attraverso l’uso di una tecnologia proprietaria, 100% environmental friendly, denominata ‘High Pressure Water Jet’. Il suo obiettivo? Creare una reale economia circolare. E poi Fimic, un’azienda italiana che si occupa di progettazione e produzione di ghigliottine e cambiafiltri automatici e autopulenti per il riciclaggio di
L’industria del riciclo diventa sempre più importante nella lotta all’inquinamento. L’Italia, che in questo settore occupa un posto privilegiato a livello europeo, ha l’impegno di guidare la transizione ecologica del continente
materiali plastici.
Per chiudere il cerchio, nelle pagine dedicate alla ricerca abbiamo analizzato l’industria del riciclo, dove l’Italia occupa un posto privilegiato a livello europeo: un onore, ma anche un impegno a guidare la transizione ecologica del continente.
«Vogliamo continuare ad agire in ottica sostenibile:
nel nostro programma di investimento ci sono espansione e consolidamento nei mercati emergenti»
INSIDER
12 Sfida allo streaming
Mirko Crocoli e Giulia Piscina
LEADERSHIP
21 Per un mondo più green
Mirko Crocoli
FOTO
24 L’Italia in pista a Parigi 2024
COVER STORY
26 Dalla resina alla bottiglia
Fulvio di Giuseppe
DA PROBLEMA A RISORSA
35 L’economia circolare della gomma
Andrea Salvadori
38 Nel nome del riciclo
Raffaella Galamini
RICERCA
40 Da crisi a opportunità
Fulvio di Giuseppe
SERVIZI
47 Guidare il cambiamento
Lucio Torri
PROTAGONISTI
50 Sostenibilità a portata di mano
Raffaella Galamini
INCHIESTA
52 Un distretto da scolpire
Piera Anna Franini
62 L’ospitalità solca il mare
Penelope Vaglini
64 Maestri del marmo
Maurizio Abbati
66 I signori della carta
Andrea Salvadori
70 Il sapere del Nordest
Piera Anna Franini
80 Un successo tira l’altro
Matteo Marchetti
82 Anticipare il cambiamento
Maurizio Abbati
84 Scarpe d’autore
Andrea Salvadori
IMPRESA IN NUMERI
86 L’AI vicino di scrivania? Manager e dipendenti ancora sospettosi
Matteo Calzaretta
STORIE D’IMPRESA
88 Campioni di sicurezza
Matteo Calzaretta
92 Spirito di investimento
Edoardo Prallini
94 L’artista che abita in me
Mirko Crocoli
96 Rubinetti d’avanguardia
Danilo D’Aleo
98 Il biscotto dell’inclusione
Maurizio Abbati
100 L’emozione in un calice
Maurizio Abbati
STARTUP
102 Orientare la trasformazione
Andrea Salvadori
106 Le nuove muse della sostenibilità
Matteo Calzaretta
108 Il fintech che incontra
il real estate
Lucio Torri
110 Un ponte tra industria e ricerca
Maurizio Abbati
112 L’influencer marketing senza influencer
Maurizio Abbati
DALL’ITALIA E DAL MONDO
114 Anni d’oro
117 Lo sapevi che
RUBRICHE
120 Gli ingredienti del successo
122 Riduzione del cuneo fiscale
UFFICIO
124 Il silenzio è d’oro
Valentina Lonati
LIBRI
130 Letture d’impresa
La notizia
Lentamente ma cresce l’occupazione femminile
In Italia è cresciuto sia il numero di donne in posizioni di leadership sia il tasso di occupazione femminile. Secondo il report di Rome Business School “Gender Gap e lavoro in Italia”, nel 2023 le donne ai vertici aziendali, con il ruolo di ceo, sono salite al 24%, rispetto al 20% dell’anno precedente. Anche nel mondo si è registrato un aumento del numero di donne in posizione di senior leadership. In Italia, nel periodo 2009-2023, il tasso di occupazione femminile è cresciuto dal 46,2% al 52,2%, con un aumento di
6,1 punti percentuali, questo incremento è inferiore rispetto alla media europea. Nello stesso periodo infatti l’Ue ha aumentato la sua quota di occupazione femminile di ben 9 punti percentuali, dal 56,7% del 2009 al 65,7% del 2023. Secondo dati World Economic Forum del 2023, l’inclusione delle donne nelle aziende può aumentare il pil mondiale fino al 35%. Boston Consulting Group evidenzia che nel 2022 le aziende con almeno il 30% di dirigenti donne hanno registrato un aumento del 15% della redditività. .
MARZO 2024 - NUMERO 14
Supplemento al volume 77, marzo 2024, di FORBES ITALIA registrazione presso il Tribunale di Milano al n°260 del 7 settembre 2017 Copia non vendibile separatamente
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S f ida allo ST R E A MING
Ritorno al vinile: così la Pdu, casa discografica fondata da Mina e suo padre, avvicina i giovani alla musica di qualità. Il racconto di Massimiliano Pani, figlio della cantante
di Mirko Crocoli e Giulia Piscina
Massimiliano Pani, figlio della cantante Mina e del suo primo compagno, l’attore Corrado Pani, ha aperto le porte degli studi di registrazione della Pdu Music&Production con base a Lugano, storica realtà imprenditoriale nel settore discografico sin dagli anni Sessanta. È nata il 21 ottobre 2022 sotto l’insegna della qualità e della continuità con il marchio fondato dal padre di Mina, Giacomo Mazzini, nel 1967, quando la cantante ha sentito l’esigenza di avere una sua etichetta e uno studio di registrazione per poter difendere la propria autonomia artistica. Ma la vera sfida di Mina e della Pdu sono le tradizioni. Il vinile che sfida il digitale? Una piccola rivoluzione che prende forma grazie all’amore per i vinili. La Pdu oggi vuole produrre e commercializzare musica anche su supporto fisico, cioè dischi in vinile, cd e nastri magnetici di alta qualità. Il progetto di creazione dei nuovi dischi di Mina così come quello di ripubblicazione del suo catalogo, vedrà l’utilizzo di appa-
L’OBIETTIVO È FAR APPASSIONARE I NATIVI DIGITALI AI GENERI DI OGNI EPOCA. LE PIATTAFORME PERMETTONO LA FRUIZIONE IN QUALUNQUE MOMENTO, MA LA COMODITÀ SI PAGA CON UNA SCARSA QUALITÀ AUDIO
recchiature tecniche analogiche vintage, che lo studio ha sempre conservato e mantenuto in perfetto stato.
Le piattaforme digitali permettono di ascoltare musica ovunque e in qualunque momento. Ma la comodità si paga con una scarsa qualità audio. Un file audio di una canzone in alta qualità appena uscito dallo studio di registrazione a 96 Khz 24
Bit pesa 40 mb, trasformandolo in mp3 diventa di circa 4 mb. Quello che si perde sono le frequenze, sia le alte che le basse. Pdu ha deciso di dare un’alternativa a chi ascolta musica in digitale, trovando anche la versione in alta qualità, producendo dischi in vinile curatissimi sotto tutti gli aspetti. L’intera filiera di produzione audio è in analogico, il cutting viene affidato ai migliori in Europa: Gli Abbey Road Studios di Londra, segue la galvanica a Sheffield sempre in Inghilterra, poi la matrice torna in Italia dove La Pozzoli stampa sia il disco che la parte grafica.
La Pdu, dal 2022, rende disponibili i dischi di Mina attraverso il suo l’e-commerce, dove si possono conoscere le ultime novità, come gli album del suo catalogo che proprio dal 2024 sono in corso di ripubblicazione in vinile e cd. Tutto ciò per permettere pure alle nuove generazioni di trovare la musica di Mina su supporto fisico e al collezionista di completare la ricerca del catalogo. L’azienda sta inoltre creando un catalogo di dischi jazz con la collaborazione di grandi artisti italiani. Ne abbiamo parlato con Massimiliano Pani.
Qual è la vostra sfida più grande oggi?
Questa azienda nasce dall’idea di una giovane Mina che, per difendere la sua integrità artistica, capì che doveva fondare una sua etichetta indipendente. La Pdu l’ha resa libera di fare tutto ciò che voleva da un punto di vista creativo. La Pdu, dal 1967 a oggi, ha creato un prestigioso catalogo fatto da dischi di jazz, di avanguardia, di rock progressive, di classica e altro ancora. La sfida è avvicinare i nativi digitali ai generi musicali di ogni epoca. Purtroppo l’audio in mp3 ha una qualità povera. Vogliamo far capire alle nuove generazioni che un disco dei Pink Floyd di 40 anni fa o uno dei Tears for Fears di 30 anni fa spesso suona decisamente meglio di una nuova produzione fatta nel 2024. Soprattutto facendo il confronto tra il vinile in analogico e il digitale in mp3. Ma senza forzare: ognuno ascolta quello che vuole e deve avere l’opportunità di scegliere. Purché ci sia una scelta possibile.
Qual è stata la forza di Mina?
È stata il volto femminile della televisione italiana per antonomasia negli anni ’60 e ’70. Ha intuito che la televisione stava prendendo una direzione artistica diversa e così decise di fare altro, lavorando sulla sua discografia fatta di dischi di canzoni inedite e progetti cover dedicati a un artista o a un determinato genere musicale. Per prima ha giocato con la sua immagine mettendosi la barba, diventando una culturista, un’aliena, una paperina e molto altro ancora sulle copertine dei
suoi dischi. E questo 20 anni prima di Madonna e ben 30 prima di Lady Gaga. Ha avuto delle straordinarie intuizioni. Non esiste un cantante che non fa promozione, televisione, concerti: solo Mina. Nonostante questa scelta, lei è ancora presente nell’immaginario collettivo e in cima alle classifiche di vendite dei dischi. La sua forza è stata quella di rimanere al vertice, non facendo quello che fanno gli altri. A venti anni appena compiuti era al primo posto in classifica con Il cielo in una stanza e 60 anni dopo lo è ancora con Un briciolo di allegria, cantata in duetto con Blanco.
Questa sua filosofia l’ha trasmessa anche qui, nello studio?
Naturalmente. Per Mina la professionalità è una qualità imprescindibile. La sua grande cultura musicale le permette di creare dei progetti che poi vengono realizzati con l’aiuto dei migliori musicisti possibili. Una ricerca della qualità messa con entusiasmo da tutti, per arrivare al risultato di eccellenza che Mina si aspetta e cerca con entusiasmo e serietà.
Giovani e futuro dell’industria musicale. Cosa, invece, si può ricavare dalla vostra tradizione?
Tutti i lavori artistici sono legati da un percorso infinito e da una linea temporale. Come in ogni settore, dalla moda all’arte, le mode passano e poi tornano. È il grande fascino. La musica non fa eccezione. Il modo di riproporlo ai ragazzi è il segreto.
I supporti fisici sono principalmente rivolti ai collezionisti?
Se ci riferiamo ai vinili per adesso parliamo di appassionati, perché il grosso della fruizione musicale è in digitale. Ci rivolgiamo a un pubblico che cresce, ma è pur sempre di nicchia. Audiofili e collezionisti appunto.
Quale direzione prenderanno nel futuro la produzione e la fruizione musicale?
Se devi registrare un’orchestra o un trio jazz o quartetto rock devi ancora andare in studio di registrazione, se vuoi che
suoni veramente bene. Quindi bisogna conservare e trasferire alle nuove generazioni una cultura musicale artistica e produttiva. Dobbiamo andare avanti, ma ben saldi su quanto di meraviglioso è stato fatto in musica dagli artisti prima di noi.
La vostra promessa alla musica?
Lasciare aperta la porta. Non dire mai “si fa così”. Si può fare in molti modi diversi, ma sempre salvaguardando la qualità artistica. Ma è anche vero che non si può standardizzare tutto, andare sempre e solo sulla cosa che ha più ascoltatori. Nella storia dell’arte, della musica e della letteratura ci sono artisti enormi che nel momento in cui lavoravano non erano compresi. Eppure dopo sono stati fondamentali. Per cui bisogna credere nella creatività e nel talento di chi sembra un pazzo. Il lato del consumismo estremo è arrivato anche all’omologazione della musica, ma noi ci vogliamo sforzarci di lasciare aperta la porta.
IL DIGITALE È STATO UNA VERA RIVOLUZIONE, UN CAMBIAMENTO EPOCALE: “LA MUSICA NON PUÒ E NON DEVE ESSERE GRATIS, DIETRO C’È UNA FILIERA DI IMPRENDITORI E MUSICISTI CHE CI LAVORANO”
Da imprenditori, vi sentite sufficientemente tutelati o c’è qualcosa da cambiare?
Il digitale è una rivoluzione vera, un cambiamento enorme di come si concepisce, si produce e si vende la musica. Le multinazionali hanno fatto inizialmente la guerra a chi stava facendo il passaggio dall’analogico al digitale come Napster. La conseguenza è stata la pirateria.
La musica non può e non deve essere gratis, perché dietro c’è una filiera di imprenditori e professionisti musicisti che ci lavorano. Oggi c’è da recuperare tanto, a partire dal concetto che un progetto musicale è frutto del lavoro intellettuale e materiale di tante persone, per cui non può non avere un prezzo. Ma non dimentichiamoci che nel 1804 il codice civile napoleonico definiva la proprietà intellettuale come “la più nobile delle proprietà”. Allora si trattava di libri, quadri, scultura. Oggi la proprietà intellettuale e il diritto d’autore nonostante le leggi in vigore non sono tutelati come dovrebbero. Musica e immagini sono usate massicciamente on line spesso senza la corretta protezione degli aventi diritto. Il lavoro di chi opera nell’industria editoriale e discografica oggi, è anche quello di cercare di dare il giusto risalto e tutelare gli artisti come tutti gli addetti che ruotano attorno al comparto musica..
UN VIAGGIO VERSO L’ECCELLENZA
Un Tour di undici tappe che attraversa il Paese da Nord a Sud per raccontare, condividere e promuovere le eccellenze italiane attraverso le storie di personaggi del mondo dell’imprenditoria, dell’innovazione, dell’enogastronomia e della cultura.
Ogni tappa una città diversa, 2 giorni di eventi, dal venerdì pomeriggio al sabato sera.
Storie, progetti e visioni di donne e uomini di successo che stanno cambiando il mondo.
Un’occasione di incontro e di dialogo con chi ha il coraggio di percorrere nuove strade, chi investe in futuro e innovazione e chi è riuscito ad affermarsi come opinion leader.
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FOCUS
SU MICRO IMPRESE, PMI E TERZO SETTORE
Da Unicredit 10 miliardi di euro per la crescita delle aziende
Il 40% delle risorse è destinato al Mezzogiorno
Unicredit lancia la terza edizione del piano
Unicredit per l’Italia, con un valore complessivo di 10 miliardi di euro. L’operazione si concentra sui settori produttivi e dei servizi, per sostenere la crescita economica del Paese. Il focus è su micro imprese, Pmi e terzo settore
Attraverso un plafond di 1 miliardo di euro sono previste forme specifiche di microcredito e microfinanziamento, supportate dalla garanzia dell’80% dell’importo offerta dal Fondo di Garanzia per le Pmi. Il 40% delle risorse è destinato all’attività imprenditoriale nel Mezzogiorno, con particolare attenzione agli investimenti e alla creazione di nuove attività. Attraverso il programma ‘Resto al Sud’, le imprese possono accedere a contributi pubblici.
Per l’agribusiness è previsto un plafond di 1 miliardo di euro per sostenere gli investimenti agricoli e agroalimentari, l’adeguamento tecnologico e la transizione verso pratiche sostenibili.
40 MILIONI PER FORMAZIONE E COMPETENZE
Debutto dei MiniPia in Puglia: nuova scommessa per innovazione e sviluppo
CON UNA DOTAZIONE
INIZIALE di 40 milioni di euro è stato lanciato il programma dei MiniPia. Il programma si focalizza sull’innovazione, sulla tutela ambientale e sulla formazione per lo sviluppo di competenze,
soprattutto nel campo della trasformazione digitale e della riconversione green. L’assessore allo sviluppo economico della Regione Puglia, Alessandro Delli Noci, sottolinea l’importanza di questa
iniziativa, che vuole consentire un “salto di qualità” verso un sistema produttivo basato sull’investimento in digitalizzazione e innovazione, fattori chiave di sviluppo e redditività. L’obiettivo è
sostenere le imprese nelle attività di innovazione tecnologica e industriale, digitalizzazione e transizione energetica e ambientale, promuovendo al contempo lo sviluppo delle competenze necessarie.
MADE IN LAZIO IN VETRINA SU AMAZON
È STATO SIGLATO UN ACCORDO tra la Regione Lazio e Amazon, per sostenere le piccole e medie imprese del territorio attraverso iniziative di promozione e formazione digitale mirate. L’accordo prevede il supporto alla digitalizzazione e all’internazionalizzazione delle Pmi laziali, la promozione dei prodotti Made in Italy attraverso una nuova sezione regionale su Amazon dedicata alle eccellenze del territorio e l’organizzazione di attività formative. Oltre 7mila prodotti d’eccellenza del Lazio saranno esposti in una sezione appositamente dedicata all’interno della vetrina Made in Italy di Amazon. Tra i prodotti presenti nella sezione dedicata, il 40% riguarda la categoria “Home” e oltre il 20% la sezione “Fashion”.
AL PRINCIPE DI SAVOIA DI MILANO LE 100 ECCELLENZE ITALIANE DI FORBES
La selezione delle 100 eccellenze italiane di Forbes è tornata anche per l’edizione 2024, in collaborazione con So Wine So Food. Il progetto annuale è giunto alla quinta edizione ed è volto a celebrare i 100 protagonisti della qualità italiana, suddivisi nelle categorie drink, food, restaurant, socialize e wine. L’evento di premiazione, moderato dal direttore di Forbes Alessandro Rossi, si è tenuto al Principe di Savoia di Milano.
Il progetto annuale è giunto alla quinta edizione e vuole celebrare i protagonisti della qualità italiana, suddivisi nelle categorie drink, food, restaurant, socialize e wine
Il Nonino premia i valori di pace
IL PREMIO NONINO è stato istituito nel 1975 dalla famiglia Nonino per salvare gli antichi vitigni autoctoni friulani in via di estinzione e per la valorizzazione della civiltà contadina. La cerimonia di premiazione dei Premi Nonino 2024 si è tenuta sabato 27 gennaio alle Distillerie Nonino a Ronchi di Percoto ed è stata
l’occasione per celebrare anche i Cinquant’anni della creazione del Monovitigno Nonino, la Rivoluzione della Grappa 1973_2023.
Il “Premio Internazionale Nonino” è stato assegnato allo scrittore argentino naturalizzato canadese Alberto Manguel, il “Premio Nonino” al medico francese Rony
Brauman per “Medici Senza Frontiere”, il “Premio Nonino - Maestro del nostro tempo” alla storica della scienza americana Naomi Oreskes, e il “Premio Nonino Risit d’AurBarbatella d’Oro 2024” allo storico italiano Angelo Floramo e alla Cooperativa delle donne pacifiste di Bosnia Insieme “Frutti di Pace”.
PER UN MONDO PIÙ GREEN
Fondatrice della Sustainable Fashion Innovation Society, Valeria Mangani guida il cambiamento verso un pianeta migliore e più sostenibile
Già presente in consigli di amministrazione, direzioni e board di imprese di enorme prestigio, da aprile 2023 Valeria Mangani è ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. La sua Sustainable Fashion Innovation Society dà vita ogni anno anche al Phygital Sustainability Expo, il primo evento esclusivamente dedicato alla transizione ecologica del made in Italy attraverso l’innovazione tecnologica. Il format è stato eletto da Harper’s Bazaar come il primo evento italiano di rilevanza mondiale per il settore di riferimento.
Valeria, nuovo anno. Ci fa un bilancio su cosa la nostra nazione ha fatto e cosa avrebbe potuto fare ancora per la sostenibilità?
Innanzitutto sono orgogliosa di essere stata pioniera in questo settore fin da tempi in cui non era affatto di moda. Già adesso che tutti ne parlano, per me è archiviata. Sono sempre proiettata sul futuro, non per un fatto ansiogeno ma per un fatto di vision e intuito. La vera sfida in realtà sarà l’intelligenza artificiale. La sostenibilità è solo qualcosa che ineluttabilmente doveva succedere perché come abbiamo consumato e prodotto fino ad oggi non era più sostenibile per il pianeta e per tutti gli esseri che lo abitano. Siamo in un cambio epocale e francamente l’Italia non ha mai lavorato tanto sulla sostenibilità come nel 2023.
Ci parli della Sustainable Fashion Innovation Society.
La Sustainable Fashion Innovation Society è stata la prima organizzazione no profit dedicata alla transizione ecosostenibile del made in Italy. Ad oggi la più grande community europea di brand e manifatturieri sostenibili, con più di 2.000 aziende nazionali ed internazionali iscritte.
La Sfis mette a disposizione dei propri iscritti il più imponete archivio dei materiali in Italia per produrre sostenibilmente e un innovativo laboratorio dei materiali, dove i brand possono sperimentare le
loro innovazioni e fare ricerca applicata e trasferimento tecnologico, avvalersi di stampanti 3D che usano polimeri bio-based e un immenso database di materiali sempre sostenibili. È un concreto e valido supporto per tutte quelle Pmi, startup e artigiani che non hanno il dipartimento di ricerca&sviluppo all’interno delle loro aziende. L’associazione ha prestigiose partnership con enti e istituzioni nazionali ed internazionali. Con la Fao ad esempio siamo stati nominati World Food Hero 2023, per i nostri progetti sulle microplastiche e il reshoring dell’agricoltura tessile rigenerativa per la biodiversità del terreno.
Cos’è nel dettaglio il Phygital Sustainability Expo?
È l’evento olistico internazionale che fonde la cultura della sostenibilità a 360 gradi coniugandola con l’arte, la tecnologia e il sociale quali paradigmi per il nuovo umanesimo - pronto alle sfide geopolitiche globali che ci attendono. Il Phygital sustainability expo prende vita annualmente in location archeologiche iconiche. L’evento è quest’anno alla quinta edizione ed è sottotitolato Stati generali europei sulla sostenibilità. Con i nostri main partner, il Parlamento Europeo e la Commissione Europea abbiamo voluto porre l’enfasi sul fatto che sarà proprio il vecchio continente
L’ORGANIZZAZIONE NO PROFIT CHE HA FONDATO È AD OGGI LA PIÙ GRANDE COMMUNITY EUROPEA DI BRAND E MANIFATTURIERI SOSTENIBILI, CON PIÙ DI 2.000 AZIENDE NAZIONALI ED INTERNAZIONALI PARTECIPANTI
ad attuare per primo le policy di sostenibilità. E gli altri dovranno seguire.
Cambiare il modo di vivere a partire dall’inquinamento. Siamo indietro? Le istituzioni si muovono?
Tenga presente che il mondo produttivo in generale, ma specialmente quello della moda, sta subendo un cambio epocale. Le aziende che non avevano ancora preso del tutto in considerazione le nuove policy europee della Epr (Responsabilità estesa del produttore) e i parametri Esg, hanno dovuto fare le loro messe a terra e nel futuro spetterà alle aziende di dimensioni più piccole. Gli enti e i ministeri coinvolti in primis, come il Ministero delle Imprese e del made in Italy che ha lavorato indefessamente per rendere fattibile la transizione ecologica delle filiere produttive.
Cosa avete in programma nel prossimo evento?
Durante il Phygital Sustainability Expo tutto è studiato per far sì che nell’esposizione museale il consumatore sia coinvolto in esperienze educational in realtà aumentata, affinché tocchi con mano le anteprime mondiali che le aziende vengono a presentare, come le tinture a base di microbi, fibre che sono 100% riciclabili, abiti circolar by design. E ancora, possono sedersi ad ascoltare i 100 relatori internazionali che nelle due giornate si susseguono sulle tematiche più scottanti della sostenibilità. Sono cinque gli atenei nazionali che danno crediti formativi ai loro studenti che ascoltano i panel tradotti in simultanea italiano/inglese. Sono attesi cinque ministri, ognuno dei quali ha un panel dedicato alla tematica più scottante dell’anno. Il 5 giugno tra l’altro è la Giornata mondiale dell’ambiente ed è atteso il Capo dicastero in materia con un panel molto importante. Come molti di voi sapranno, lo slogan del World environment day è Only one planet
Valeria, la vena anche da scrittrice. Come nascono i suoi lavori letterari? Tutto parte dal concetto di qualità della vita. Che a mio parere è alla base della
sostenibilità. Dal 2008 al 2010 ho insegnato alla scuola di specializzazione di Medicina del lavoro dell’Università Sapienza di Roma, nell’ambito di un master proprio sulla qualità della vita dei lavoratori. Il mio insegnamento nello specifico riguardava come il fashion tech potesse essere sussidiario in ambito lavorativo per la tutela della salute, l’incremento delle performance e il benessere psicofisico con l’ausilio delle wearable technologies. All’epoca era molto d’avanguardia, ma a me è sempre piaciuto far pensare gli studenti out of the box. Dar loro la possibilità di collegare nuove sinapsi neuronali e far fibrillare i loro neuroni a specchio. Quello è il paradigma che mi ha fatto scrivere dieci libri nel corso di venti anni, diventano di conseguenza l’autrice più venduta della collana Natura&Salute della casa editrice Tecniche Nuove di Milano. Nei miei libri l’aspetto ecologico è preponderante ed è strettamente legato a far riflettere il lettore su ciò che mangiamo, indossiamo e pensiamo. Lo sa che un pensiero può essere più tossico di qualsiasi alimento?
Si può definire una pioniera del settore?
Vede, io misi il primo paio di scarpe all’età di tre anni. Da bambina mi trovai catapultata dal paradiso terrestre della flora e della fauna, il Sudafrica appunto, nella Milano degli anni 70, gli anni di piombo. Non solo attentati, ma anche catastrofi naturali: la nube di Seveso, il terremoto del Friuli, la nebbia milanese che all’epoca si tagliava col coltello. Crescendo, nella mia mente era ricorrente il pensiero di cercare di fare qualcosa per rendere l’Italia più verde, ecologica, meno grigia insomma.
Valeria Mangani oggi dice grazie a chi?
Alla vita, che ci insegna ogni giorno ad apprendere la nostra missione su questa terra. Per me ha a che fare con la consapevolezza di voler lasciare un mondo migliore alle future generazioni. Ognuno di noi è parte del cambiamento che vogliamo. Basta volerlo ardentemente. .
L’ITALIA IN PISTA
APARIGI2024
La foto
Da Montreal 1976 a Tokyo 2020, fino a Parigi 2024, c’è stata una protagonista italiana che ha sempre partecipato alle Olimpiadi. Si tratta della Mondo, azienda fondata nel 1948 da Edmondo Stroppiana, dal cui soprannome “Mondo” deriva anche il nome del marchio. Nasce come produttore di palloni per uno sport praticato nel Basso Piemonte (il pallone-elastico) e nel tempo estende il suo know-how in altri settori. Nel tempo rivoluziona il concetto di pista di atletica e la trasforma in un prodotto all’avanguardia grazie a studi e ricerche sulla biomeccanica. “Siamo lieti che Mondo si unisca al team come sostenitore ufficiale dei Giochi Olimpici e Paralimpici di Parigi 2024”, dichiara Tony Estanguet, presidente di Parigi 2024. Anche la pista di atletica delle prossime olimpiadi, dunque, sarà made in Italy. .
Cover Story
RINALDO PIVA PRESIDENTE DI PEGASO INDUSTRIESDALLA RESINA ALLA BOT TIGLIA
LEADER NEL SETTORE
DELLE MACCHINE PER IL TRATTAMENTO DELLE MATERIE PLASTICHE, PET SOLUTIONS COMPIE 30 ANNI
ALL’INSEGNA DELLA SOSTENIBILITÀ
di Fulvio di Giuseppe
Quando la tecnologia incontra l’esperienza. Può sembrare una frase fatta ma il claim presente sul sito della Pet Solutions non è un semplice slogan per accattivarsi clienti. È il concetto alla base di un’azienda che in meno di 25 anni è riuscita ad affermarsi nel mercato grazie alla progettazione di macchinari a ridotto impatto ambientale e a ridotto consumo energetico. Un brand ormai storico che insieme ad altre quattro società - Plastic Systems, Blauwer, Ergomec e Steel Systemsforma il colosso Pegaso Industries, nato nel 2019 come holding e capace di conquistare in pochi anni il mercato degli impianti per il trattamento delle materie plastiche. In questo quadro, le soluzioni che Pet Solutions offre sul mercato riguardano la realizzazione di impianti sia standard che custom made , comprendenti una serie di prodotti per lo stoccaggio delle resine, il loro smistamento e trasporto, il dosaggio e il trattamento di essicazione pre e post produzione.
In particolare, si pone come azienda leader internazionale nel settore delle macchine per il trattamento delle materie plastiche e delle resine Pet e Rpet, specializzandosi soprattutto in impianti per il settore beverage. Tutto questo, affidandosi a due parole chiave: brevetti e sostenibilità. “Come gruppo, complessivamente, abbiamo più di cento brevetti”, spiega Alberto Piva, head of business development di Pet Solutions. “Tanti di questi sono sul mondo del riciclato Rpet. È uno dei nostri punti di forza perché spingiamo
Green da sempre Da qualche anno è cresciuta l’attenzione verso la transizione ecologica: Pet Solutions tuttavia ha da sempre accompagnato i propri clienti nell’utilizzo di Pet riciclata al 100%, promuovendo risparmio energetico, riduzione degli sprechi produttivi ed
efficienza industriale
molto su ricerca&sviluppo e, a livello di gruppo, abbiamo una settantina di ingegneri impegnati quotidianamente in un lavoro di progettazione e innovazione”. Sempre con una impronta green: “Il nostro prodotto contribuisce a trattare, produrre e raccogliere plastica riciclata. Da qualche anno è cresciuta a livello mondiale l’attenzione su plastiche e granuli non vergini ma noi eravamo già ampiamente preparati, perché abbiamo voluto da sempre contribuire alla transizione ecologica, accompagnando i nostri clienti ad utilizzare fino al 100% di Pet riciclata”. Un passo avanti, anzi molti di più. “A livello mondiale”, ribadisce Piva, “abbiamo la maggior coverage del mercato per gli impianti Pet, risultato ottenuto grazie alla nostra particolare attenzione per questa nicchia di mercato”. Il valore aggiunto della società consiste
nella progettazione, nello sviluppo, nella realizzazione e nella vendita di prodotti e impianti ad hoc sulle esigenze del cliente, offrendo un servizio chiavi in mano che comprende anche l’assistenza post vendita. “Tra i nostri clienti figurano i più grandi brand del settore beverage: da Coca Cola e PepsiCo al Gruppo Nestlé e Danone, fino alla
San Benedetto, nel settore beverage siamo leader del mercato”. Un primato assicurato dalla metodologia utilizzata dall’azienda: ogni serie, infatti, presenta una grande varietà di modelli che si differenziano per taglia, potenza e dimensioni. Questo, unito alla versatilità e la flessibilità produttiva che da sempre contraddistinguono l’azienda, le
permettono di adattarsi alle diverse esigenze, tipologie e applicazioni richieste dal cliente. E la capacità di consolidarsi, in questo quarto di secolo, si deve proprio alla volontà di innovazione, ricerca e alla capacità di adattarsi in un mercato in continua evoluzione. “La richiesta è variata in questi anni e il cambiamento principale riguarda
Precursore di innovazione
Pet Solutions è titolare di più di 20 brevetti, sviluppati negli anni grazie agli investimenti in r&d e alla crescita del team di ingegneri che compongono l’ufficio tecnico
l’attenzione riservata, anche dai nostri clienti, alla plastica riciclata. Ma questa idea di sostenibilità deve essere anche retta dall’approccio complessivo: ad esempio, nella nostra società si è notevolmente innalzato il grado tecnologico nell’interconnessione con le macchine dei clienti, accrescendo anche la possibilità di controllo da remoto”. Ricerca
e innovazione ma – è questa la parola più diffusa nell’azienda di Borgoricco, in provincia di Padova – sostenibilità, attenendosi in particolare al principio cosiddetto ‘delle 4R’, sia nelle pratiche interne sia tramite i prodotti forniti ai clienti: riduzione, razionalizzazione, riciclaggio e recupero.
Riguardo la riduzione, dal punto di
vista interno, l’azienda si impegna a progettare sistemi e soluzioni a basso impatto ambientale e a limitare gli sprechi riducendo la produzione di rifiuti e scarti. Una condizione che per i clienti si articola in un’offerta di prodotti che garantiscono un risparmio energetico effettivo, la riduzione degli sprechi produttivi e una maggiore efficienza industriale. Inoltre, tramite un costante investimento in personale e in ricerca&sviluppo, Pet ha adottato nel tempo nuovi processi produttivi, nuovi metodi, materiali e tecnologie. Questo ha un effetto diretto anche sui clienti, nonché sulla longevità e affidabilità delle nostre macchine. Internamente vi è poi una costante attenzione al tema del riciclo, in maniera da garantire una seconda vita al materiale raccolto in maniera differenziata. Dal lato dei clienti si garantiscono macchine in grado di trattare il materiale plastico riciclato. Infine, il recupero: consiste nella rottamazione del materiale non utilizzato in modo da ridurre sensibilmente gli sprechi e trasformare il rifiuto in risorsa per ricavare nuova materia o energia. Lo stesso principio vale per i clienti, che tramite le macchine loro fornite possono ricavare nuova materia prima attraverso il recupero di scarti produttivi o materiale plastico riutilizzato.
Una struttura forte e organizzata, che ha varcato da tempo i confini italiani. E così Pet Solutions può vantare sedi in Usa, India, Brasile, Russia e, soprattutto, in Cina: “Dal 2008 abbiamo costituito la nostra seconda sede più grande che fornisce solo il mercato sud-asiatico”, evidenzia Piva. “Produciamo macchine identiche a quelle italiane, ma le
realizziamo direttamente in Cina, con fornitori locali per il mercato locale”. Anche in quelle sedi continuerà a svilupparsi la fase progettuale nei prossimi anni, durante i quali Pet Solutions intende ulteriormente consolidare la sua leadership mondiale: “Vogliamo continuare ad agire in ottica sostenibile: nel nostro programma di investimento abbiamo l’idea di espansione delle varie sedi e il consolidamento nella nostra presenza nei mercati emergenti”. Gli ingegneri, e non solo, sono al lavoro per mettere a disposizione il know how al servizio del cliente. Come già evidenziato, infatti, la sola Pet Solutions, da sempre precursore di innovazione, è titolare di più di 50 brevetti sviluppati negli anni grazie al costante investimento e alla costante crescita del team di ingegneri che compongono l’ufficio tecnico e di ricerca&sviluppo. Perché di strada ne è stata fatta tanta da quel 1994, anno che segnò l’inizio dell’avventura imprenditoriale dell’intero gruppo, in un piccolo laboratorio nel centro a Borgoricco. Va rimarcato, infatti, che oltre a Pet Solutions, Pegaso Industries vanta altre quattro aziende: Plastic Systems, una società che si pone come leader internazionale in progettazione, produzione e commercializzazione di macchine ausiliarie per la trasformazione delle materie plastiche; Blauwer, che progetta, produce e installa macchine termodinamiche ad altissima efficienza, in grado di trattare fluidi adottati nei processi industriali per il raffreddamento, il riscaldamento e la deumidificazione dell’aria; Ergomec, che progetta e realizza impianti chiavi in mano per lo stoccaggio, la movimentazione, il dosaggio e la miscelazione
Primi nel beverage Tra i clienti figurano Coca Cola, PepsiCo, Gruppo Nestlé, Danone, San Benedetto e molti altri player importanti in questo settore di riferimento. Il segreto? Versatilità e flessibilità, che permettono all’azienda di adattarsi a qualunque esigenza
di materie prime sfuse, in polvere o granulari; Steel Systems, che ha saputo coniugare al meglio l’esperienza nel settore delle lavorazioni dei metalli con il continuo sviluppo tecnologico, tramite l’utilizzo di attrezzature automatizzate. Nell’anno in cui celebra i suoi 30 anni, la Pegaso Industries può festeggiare e celebrare i suoi successi per essere fra i leader a livello mondiale nel settore delle macchine ausiliarie per il trattamento e la trasformazione delle materie plastiche. Pronta alle nuove sfide del prossimo decennio, nonostante un mercato che si evolverà rapidamente e che diventerà sempre più competitivo. “Siamo convinti di poter centrare gli obiettivi che ci siamo posti”, afferma il presidente di Pegaso, Rinaldo Piva. “Conosciamo le nostre capacità e la nostra determinazione, ed è proprio grazie ad esse che possiamo guardare con fiducia al futuro”. .
SELEZIONANDO
Da problema a risorsa
L’ECONOMIA CIRCOLARE DELLA GOMMA
RubberJet ha sviluppato una tecnica per la disgregazione degli pneumatici che permette di creare materia riciclata di alta qualità
RubberJet debutta nel mercato nel 2016 con l’obiettivo di diventare il primo gruppo industriale al mondo per il riciclo degli pneumatici fuori uso di medie e grandi dimensioni, ritagliandosi un ruolo di primo piano nei processi di economia circolare della gomma.
Alla base del progetto un’intuizione dell’ingegnere Tommaso Verri, cofondatore e ceo, cresciuto in una famiglia dove fin da piccolo ha respirato la cultura ingegneristica tramandata da tre generazioni, in particolare quella legata al settore dell’impiantistica chimica-farmaceutica. Gli pneumatici di medie e grandi dimensioni non possono essere trattati in maniera efficiente con le tecnologie di triturazione meccanica tradizionali e, a differenza degli pneumatici di autovettura, sono costituti da una materia prima di alta qualità, ovvero da gomma naturale. Grazie al supporto di due investitori, un italiano e un americano, “entrambi partner di grande visione che hanno per-
ATTRAVERSO LA TECNOLOGIA HIGH PRESSURE WATER JET È POSSIBILE RICAVARE
UN
POLVERINO CHE PUÒ
ESSERE
INSERITO
DI NUOVO
ALL’INTERNO DEL CIRCUITO MANIFATTURIERO DELLE MESCOLE
messo che il progetto si concretizzasse a livello industriale e diventasse oggi una realtà di riferimento e di eccellenza visitata da aziende e multinazionali da tutto il mondo”, spiega Tommaso Verri, “RubberJet ha sviluppato una tecnologia innovativa 100% environmental friendly denominata ‘High pressure water jet’ che utilizza esclusivamente getti d’acqua ad alta pressione per la disgregazione degli pneumatici. Una soluzione che non solo risolve un problema ambientale globale
come la disgregazione degli pneumatici di grandi dimensioni, ma che permette anche di produrre una materia prima seconda di altissima qualità, ovvero un polverino di gomma che, per la prima volta, può essere inserito nuovamente e direttamente all’interno del circuito manifatturiero delle mescole”.
Oltre al sostegno degli investitori privati che hanno creduto nel progetto, RubberJet ha ottenuto diversi finanziamenti grazie anche a bandi nazionali ed europei. “Dall’inizio dell’attività abbiamo investito complessivamente circa 12 milioni di euro, risorse che ci hanno permesso di sviluppare un know how unico e installare il primo impianto al mondo in grado di riciclare gli pneumatici di grandi dimensioni in uno stabilimento di 7mila metri quadri, che viene oggi visitato da esperti del settore e da multinazionali interessate a creare partnership con noi in diverse aree geografiche nel mondo”.
“Con la produzione siamo cresciuti costantemente, sia in Italia sia all’estero, e abbiamo già nella roadmap nuovi pro-
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getti, con cui permetteremo alle società con cui collaboriamo di usare il nostro know how a beneficio della loro vision e dei loro obiettivi di sostenibilità”.
Il gruppo RubberJet ha anche annunciato nel luglio del 2023 un contratto con la multinazionale Brenntag, il colosso mondiale nella distribuzione di prodotti chimici, così come sono attivi diversi accordi commerciali con importanti produttori di pneumatici, per la fornitura dei propri servizi e del suo polverino. “Il nostro polverino è un prodotto sostitutivo della gomma naturale, un materiale molto richiesto dal mercato, con una domanda prevista in forte crescita anche per i prossimi anni con un Cagr pari al 7%”. Anche per questo il piano di sviluppo di RubberJet ora guarda all’estero, “anche grazie al recente ingresso nel gruppo di un club di manager di alto profilo, che hanno deciso di affiancarci e di investire nel progetto. L’obiettivo ora è entrare in nuovi mercati e paesi, con un modello di business che privilegia la finalizzazione di joint venture con
aziende locali per l’apertura di nuovi siti che produrranno utilizzando la nostra tecnologia. I primi investimenti sono stati già avviati, ad esempio in Canada, dove il nuovo stabilimento con il proprio impianto produttivo inizierà ad operare
durante il 2025. A breve annunceremo inoltre una nuova intesa con una delle più importanti aziende chimiche al mondo per lo sviluppo di elastomeri sostenibili derivanti dal nostro polverino”. RubberJet ha il suo headquarter presso il PoliHub, il Distretto tecnologico e di innovazione del Politecnico di Milano. Ha ottenuto nu merosi riconoscimenti nazionali e internazionali: è stata la prima azienda italiana a ottenere l’Edison Awards 2020, il premio americano riconosciuto per essere ‘l’Oscar dell’Innovazione’, nella categoria Sustainability solutions. È stata selezionata dal Mit per un programma che ha scelto 20 società di eccellenza nel mondo per supportarle nella crescita. Tommaso Verri è stato inserito tra i ‘100 Innovators Mit Under 35 Eu’ dalla Mit Business Review. “L’obiettivo del gruppo è continuare a portare nel mondo l’innovazione e l’eccellenza industriale italiana con un continuo confronto a livello internazionale e con la volontà di ricoprire un ruolo da player industriale innovativo e di riferimento”..
Nel nome DEL RICICLO
Dalla provincia di Padova è arrivata in cinque continenti:
Fimic è specializzata nella filtrazione dei materiali plastici
di Raffaella Galamini
Da Carmignano di Brenta, paese di poco più di 7mila abitanti in provincia di Padova, ai mercati mondiali. Fimic è un’azienda a conduzione familiare partita dalla costruzione di ghigliottine per il taglio di balle e bobine di carta e plastica di scarto industriale, che oggi si è specializzata nella filtrazione dei materiali plastici. È l’unica azienda sul mercato globale in grado di offrire cinque diversi modelli di cambiafiltri per il riciclo. La svolta aziendale è arrivata negli ultimi dieci anni con l’ingresso in Fimic della terza generazione, rappresentata da Erica Canaia, responsabile delle strategie di vendita e di sviluppo dell’azienda di famiglia e dal 2021 ceo. “Avevo 26 anni, ero una ragazza in scarpe da ginnastica, per giunta non ero laureata in ingegneria, ho studi in giurisprudenza”, spiega Canaia. “I nostri competitor tedeschi erano tutti uomini, forse c’era un preconcetto nei miei confronti. Però hanno visto la grande passione e soprattutto il prodotto funzionava”. Canaia ha intuito per prima il potenziale inespresso dell’azienda. “Sono stata io che ho creduto in una crescita imprenditoriale. Ho cominciato a girare per il mondo, valigetta in spalla, studiando il riciclo della plastica. Ho analizzato i nostri competitor, ho partecipato a tante fiere all’estero. Ho costruito una rete di agenti e di clienti. Io lo dico sempre: c’era un grandissimo prodotto ma mio papà, non girando, non
‘ARE YOU R’ È IL PROGETTO NATO PER SENSIBILIZZARE L’OPINIONE PUBBLICA SULL’IMPORTANZA DEL RIUSO E CONTRIBUIRE A CAMBIARE LE NOSTRE ABITUDINI
lo vedeva”. Ancora oggi, ricordando il momento in cui Erica ha deciso che Fimic non si doveva accontentare del mercato italiano ma doveva puntare sulla presenza all’estero, il padre le ripete: “A me bastava, a te no”. “Quando ho iniziato nel 2011 in azienda vendevamo 6 macchine all’anno, ora sono 80. Eravamo in 4, ora siamo in 55. Il fatturato era di 600mila euro, nel 2022 abbiamo raggiunto i 21 milioni” è il bilancio che traccia degli anni alla guida dell’azienda di famiglia. Fimic nel giro di dieci anni ha aumentato di quindici volte il fatturato. “Lavoriamo moltissimo in Europa, circa il 70% della nostra attività si concentra nel vecchio continente, la restante percentuale è fuori dai confini Ue: dal Cile alla Nuova Zelanda. Siamo presenti negli Stati Uniti, in Asia e anche in Africa dove c’è sempre più attenzione al tema del riciclo” ricorda.
Forte di questi risultati, l’azienda sta lavorando sul fronte della ricerca e dello sviluppo “per ampliare prodotti, sinergie e collaborazioni con altre aziende e diventare così consulenti sul riciclo alla luce di oltre 30 anni di esperienza nel campo”. Un’opera di supporto preziosa in un mondo dove “non ci sono libri ma conta solo l’esperienza” sottolinea l’imprenditrice. Ma non bastano le ottime performance finanziarie e i nuovi ambiziosi obiettivi di sviluppo. Per Erica Canaia, Fimic deve operare in maniera sostenibile nel tempo e rispondere alle crescenti necessità della società. Ecco così l’impegno a tutelare l’ambiente attraverso il riciclo e il riu-
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so della plastica valorizzando i principi dell’economia circolare. Un percorso che accompagna l’innovazione tecnologica alla trasformazione culturale nel nome di un futuro sempre più sostenibile. Con queste premesse Fimic è tra le aziende fondatrici del progetto Are you R, nato per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza del riciclo della plastica. Un’iniziativa che si propone di far conoscere i tanti benefici legati al riciclo dei materiali plastici e contribuire così al cambiamento delle abitudini di ognuno di noi.
“I rifiuti plastici rappresentano un’importante risorsa. La chiave per un mondo più sostenibile è la loro gestione e valorizza-
zione. Riciclare la plastica è un beneficio per tutti: si realizzano grandi quantità di prodotti aiutando l’ambiente, limitando l’utilizzo di risorse primarie e di energia, allo stesso tempo incentivando l’economia circolare. Purtroppo noto che spesso c’è una mancanza di cultura e di comprensione e si diffondono fake news. Da qui l’importanza di veicolare il giusto messaggio e diffondere le informazioni corrette”. Un modo per aprire gli occhi dei consumatori spingendoli a fare acquisti consapevoli. Una mission, per Canaia, che sui social offre “pillole di riciclo” dove, forte della sua esperienza imprenditoriale, offre spunti di riflessione su cosa si può fare concreta-
mente per sostenere l’ambiente e propone un punto di vista senza pregiudizi sul materiale plastico troppo spesso demonizzato. “Credo sia necessaria più informazione sui vantaggi del riciclo e sull’uso responsabile della plastica. Per me il riciclaggio è l’unico modo per evitare qualsiasi inquinamento da plastica. È un’idea maturata nel corso dei miei viaggi fuori dall’Europa, nei paesi dov’è presente un inquinamento massiccio dovuto proprio alla mancanza di consapevolezza del valore della plastica. Credo che la giusta mentalità sia vedere cosa si può realizzare con il prodotto riciclato e come tutti noi possiamo dare un contributo a questo obiettivo”..
DA CRISI A OPPORTUNITÀ
OGNI ANNO NEL MONDO SI PRODUCONO
400 MILIONI DI TONNELLATE DI PLASTICA.
L’IMPEGNO GREEN VUOLE RIBALTARE LA TENDENZA. L’ITALIA?
UN PLAYER DI PRIMO PIANO
di Fulvio di Giuseppe
Il ciclo della plastica può rivelarsi virtuoso. Anzi, deve esserlo. Un’economia green per invertire e contrastare una tendenza riassunta da un’immagine che va oltre i numeri: ogni anno vengono prodotti oltre 400 milioni di tonnellate di plastica nel mondo, un terzo dei quali utilizzati una sola volta. In pratica l’equivalente di oltre 2.000 camion dell’immondizia - pieni di plastica - viene scaricato in fiumi, laghi e mari, con conseguenze catastrofiche. A spiegarlo visivamente, qualche tempo fa, è stato il segretario dell’Onu António Guterres.
È un impegno internazionale quello che deve essere assunto per ribaltare questi dati. Qualcosa, in realtà, si sta muovendo. Secondo lo studio commissionato dall’Istituto per la Promozione delle Plastiche da Riciclo (Ippr) a Plastic Consult, terminata la fase pandemica, nel 2022 i volumi di plastiche riciclate trasformate in Italia sono cresciuti di circa 50mila tonnellate, raggiungendo 1,327 milioni di ton, per il 71% post-consumo e il restante 29% da sfrido industriale (pre-consumo). E seppure non marcato, l’aumento del 4% della trasformazione di riciclato fa da contraltare a una contrazione intorno al -4,5% dei consumi di plastiche vergini, nello stesso periodo.
Piccoli passi, ma nella direzione giusta. Esattamente come avviene in Europa: nel 2022 la capacità industriale di riciclo della plastica installata è cresciuta del 10%, toccando i 12,5 milioni di tonnellate. Letto così, un dato estremamente positivo ma che si ridimensiona nel raffronto con l’anno precedente, quando l’aumento della capacità produttiva, trainato dall’effetto ripartenza post pandemia, aveva segnato un record del +17%. Anche in questo caso, avanti sì, ma non velocissimi.
Italia leader
L’Italia, insieme a Spagna, Regno Unito, Germania e Francia, è tra le più virtuose. Tra queste nazioni si concentra il 60% della capacità di riciclo complessiva. Tra le regioni europee a maggior concentrazione impiantistica spiccano Lombardia e Veneto
L’aspetto senz’altro positivo è, comunque, che il comparto stia continuando a crescere. L’obiettivo dell’Unione Europea, com’è noto, è quello di centrare il target dei 10 milioni di polimeri riciclati sostituiti al materiale vergine entro il 2025. Difficile, ma non impossibile. E anche l’Italia può dare un contributo importante alla crescita, come in effetti sta già avvenendo. Dal punto di vista geografico, insieme a Germania, Spagna, Regno Unito e Francia, l’Italia si conferma ai vertici, concentrando con queste nazioni il 60% della capacità di riciclo complessiva. In particolare, tra le regioni europee a maggior concentrazione impiantistica, spiccano la Lombardia e il Veneto. Nel dettaglio, in Spagna, Italia, Polonia e Belgio le poliolefine flessibili (PE e PP) detengono la quota maggiore di capacità di riciclo installata rispetto agli altri polimeri, mentre in Francia quasi un terzo della capacità è dedicata al PET. Nel nostro Paese, per quanto riguarda i settori applicativi, fibre, imballaggi e co-
struzioni hanno chiuso nel 2022 tutti in positivo, con incrementi compresi tra il +6 e il +10%. Solo casalinghi, mobile e arredamento mostrano, aggregati, un segno negativo (-6,8%). In termini assoluti, il settore del packaging è il mercato prevalente dei riciclati, con il 35% del totale, seguito
da edilizia con il 26%, quindi igiene e arredo urbano (13%) e casalinghi, mobile e arredamento (10%). Agricoltura, tessile e articoli tecnici valgono, ognuno, tra il 3 e il 4%. Nel complesso, poco più del 20% di riciclato entra nei prodotti rispetto al materiale vergine, con un potenziale - considerando restrizioni
normative e limiti tecnici - pari a un ulteriore 10%. La situazione non è però omogenea: si va dal 28% del PET (grazie soprattutto a bottiglie e imballaggi) al 12% del PVC, con quote intorno al 20% per le poliolefine. Sulle strategie ideali per incrementare il mercato e raggiungere gli obiettivi, nel suo
Un futuro migliore Gli obiettivi dell’Unione Europea? Potenziare la capacità di riciclaggio, cessare l’esportazione dei rifiuti di plastica, consolidare il mercato della plastica riciclata creando mercati sostenibili e sviluppare materiali e materie prime alternative
ultimo ‘policy manifesto’ Plastics Recyclers Europe ha rimarcato la necessità di migliorare la capacità di raccolta e selezione dei rifiuti in plastica nei vari Stati membri, anche estendendo il regime di responsabilità estesa del produttore ai settori attualmente non coperti. Cosa che, tra l’altro, potrebbe
anche fornire gli investimenti di fronte alle incertezze del mercato. E per rilanciare concretamente la domanda di riciclati sono necessarie soprattutto nuove misure traino, sulla scorta degli obblighi di contenuto minimo per le bottiglie in PET introdotti dalla direttiva SUP.
Un ulteriore segnale positivo nella strategia dell’Unione Europea è l’inserimento di nuovi obblighi di contenuto riciclato per il packaging in plastica (del 35% al 2030 e del 65% al 2040), ma la stessa Plastics Recycler Europe chiede l’adozione di misure che permettano di garantire che i nuovi target di contenuto riciclato siano raggiunti esclusivamente con polimeri prodotti in Ue. Azioni che si inquadrano nella serie di azioni che l’Unione Europea ha chiesto di adottare nell’economia della plastica, a partire dal miglioramento della progettazione e sostegno all’innovazione per rendere più semplice ed economico il riciclaggio della plastica e dei prodotti di plastica. Un altro aspetto è quello riguardante la sostituzione o graduale eliminazione delle sostanze che ostacolano i processi di riciclaggio, con l’ampliamento della raccolta differenziata dei rifiuti di plastica per garantire all’industria del riciclaggio fattori produttivi di qualità. Inoltre, è necessario potenziare e modernizzare la capacità di selezione dei rifiuti e riciclaggio dell’Unione Europea, cessare l’esportazione dei rifiuti di plastica, consolidare il mercato della plastica riciclata e innovativa creando mercati circolari e sostenibili e, infine, sviluppare e utilizzare maggiormente materiali innovativi e materie prime alternative più sostenibili per la produzione della plastica. L’auspicio è quello di dare un’ulteriore spinta dagli obiettivi di recupero e riciclo europei, così come dai Cam (Criteri ambientali minimi) nazionali e dagli impegni volontari dei grandi marchi. E in questo contesto, dovrebbero giocare a favore di un maggior uso di riciclati anche le nuove frazioni della raccolta differenziata, come vaschette PET o imballaggi in polistirene compatto. Perché riciclare la plastica, come per gli altri materiali, significa creare benefici di natura economica e ambientale..
GUIDARE IL CAMBIAMENTO
Accelerare la transizione dei clienti e diventare una Esg excellence company: così Sace costruisce il futuro
di Lucio Torri
Lo scorso dicembre in occasione di Cop28, a un anno dal lancio del piano industriale Insieme2025, Sace ha annunciato la strategia Esg pensata per rivoluzionare il suo business model, in linea con i Sustainable development goals delle Nazioni Unite. E per contribuire così al benessere e alla prosperità delle comunità, che rappresentano il purpose abbracciato dal gruppo assicurativo-finanziario proprio con il nuovo piano. A Dubai, di fronte a una platea di oltre 100 business leader di una delle regioni a maggior impatto per la transizione sostenibile, il Golfo Persico, Sace ha presentato la nuova strategia che prevede una profonda evoluzione del modello operativo e di business grazie all’integrazione dei criteri ambientali sociali e di governance in tutti i processi decisionali. Un programma che
si fonda tra l’altro su un sistema di misurazione d’impatto basato su metriche scientifiche.
Accelerare la transizione green delle imprese è infatti il primo pilastro di questa strategia, con un focus specifico sui settori del futuro (tra cui energie rinnovabili, economia circolare, veicoli elettrici e mobilità condivisa) e un’attenzione particolare alle Pmi grazie allo sviluppo di un ecosistema dedicato. Il secondo pilastro vede Sace evolvere verso una “Esg excellence company”. In che modo? Garantendo la coerenza delle attività quotidiane interne con iniziative volte alla riduzione dell’impatto ambientale dell’organizzazione, la creazione di una catena di fornitura sostenibile e lo sviluppo delle persone di Sace verso un modello di leadership e valori sostenibili. La strategia Esg sarà accompagnata da una roadmap, messa a punto per guidare il gruppo nel suo percorso di evoluzione
fornendo una direzione chiara e tangibile per raggiungere gli obiettivi non solo durante l’arco di piano industriale (20242025), ma con ambizioni fino al 2030 e oltre. “È una roadmap condivisa con tutte le persone del gruppo e che vede protagonisti tutti i nostri stakeholder, perché solo insieme possiamo realizzare e moltiplicare gli impatti di questa ri-evoluzione”, commenta Alessandra Ricci, amministratore delegato di Sace.
Con la nuova strategia Esg, il gruppo ha dunque accettato le sfide dello sviluppo sostenibile in un mondo sempre più interconnesso, con la consapevolezza che le decisioni finanziarie producono impatti sociali e ambientali, e viceversa. “Il nostro impegno sarà rivolto a gestire, monitorare e influenzare tutte queste interrelazioni, non soltanto a tutela degli azionisti, ma anche di una platea di stakeholder sempre più estesa che abbraccia le comunità in cui operiamo”, sottolinea Michele De Capitani, chief financial & sustainability officer di Sace.
Sempre in occasione della conferenza delle Nazioni Unite sul clima di Dubai, Sace ha inoltre organizzato un tavolo di confronto con aziende, finanza e istituzioni per analizzare esigenze e soluzioni proprio per supportare l’evoluzione del sistema economico in chiave Esg. L’impegno del gruppo sul fronte delle politiche ambientali, sociali e di governance si è concretizzato a inizio 2024 anche con due eventi. “C’è un proverbio africano che recita, ‘se vuoi andare veloce vai da solo, se vuoi andare lontano vai con altre persone’. Per questo la strategia di sostenibilità di Sace non può prescindere dalla più ampia e costante collaborazione e partnership con associazioni di categoria, istituzioni, rappresentanti di gruppi bancari, accademici e esponenti del mondo universitario, rappresentanti di grandi, piccole e medie imprese”, spiega sempre Michele De Capitani. “Il Forum Multistakeholder, che abbiamo organizzato il 18 gennaio aprendo le porte della nostra sede di Roma, è stato un esempio importante di ascolto allargato, che ci ha permesso di raccogliere i diversi punti di vista di tutti gli attori con cui vogliamo
portare avanti un dialogo sui temi ritenuti essenziali per massimizzare il supporto che possiamo offrire alle aziende, anche sui processi di decarbonizzazione”.
Inoltre, di recente, prosegue Di Capitani, “dopo l’esperienza di successo dello scorso anno, abbiamo organizzato anche la seconda edizione dell’annuale workshop Sace dedicato ai temi della sostenibilità e delle strategie di impresa in questa direzione. Protagonisti un numero selezionato di stakeholder di primario standing del mondo imprenditoriale e bancario che, durante l’incontro a porte chiuse, hanno
LA SFIDA SARÀ INTEGRARE I CRITERI AMBIENTALI, SOCIALI E DI GOVERNANCE IN TUTTI I PROCESSI DECISIONALI, CON UNA MISURAZIONE SCIENTIFICA DEL PROPRIO IMPATTO
dialogato con noi raccontando le loro riflessioni ed esperienze e identificando spazi e occasioni di collaborazione per un impatto sistemico”. L’evento è stato moderato dalla professoressa Victoria Hurth, membro dell’Institute for sustainability leadership dell’Università di Cambridge, e questo anno ha visto la partecipazione, come keynote speaker, di Tony Juniper, presidente Natural England e membro dell’Institute for sustainability leadership, che ha introdotto il tema della biodiversità, i rischi, le opportunità e il ruolo delle aziende in questo contesto..
Sostenibilità A PORTATA DI MANO
Belle, made in Italy e durabili: le borse di Studio Tondini
uniscono praticità ed eleganza, nel pieno rispetto dell’ambiente
Sdi Raffaella Galamini
tudio Tondini nasce da un desiderio profondo, quello del successo, che la fondatrice Roberta Tondini vorrebbe che ogni donna raggiungesse: “Un successo che vuol dire qualcosa di diverso per ognuna di noi”. Ma, racconta l’imprenditrice, “lo studio nasce anche dal desiderio di ritornare al made in Italy venduto nei negozi dei miei nonni e di mia zia a Cagliari. Un lusso che era prima di tutto alta qualità e durabilità, praticità ed eleganza. Oggi le borse di Studio Tondini sono sinonimo di preziosità e sostenibilità, di ricerca e design, ma anche di valori profondi, che attraggono un’ampia cerchia di donne e uomini attenti alle proprie scelte. Dei conoscitori del lusso alla ricerca di eccellenza.
Savoir faire, savoir vivre, savoir choisir. Roberta Tondini, letteralmente immersa nel mondo del design fin da quando era bambina, ricorda ancora le infinite ore trascorse nelle boutique con le donne della sua famiglia. Grazie a questo imprinting si è fatta strada in lei l’idea di un lusso fatto non solo della ricercatezza di alta gamma, ma anche e al tempo stesso di uno studio della forma, votata al massimo alle esigenze di funzionalità e fatta di tante icone, ognuna con una sua identità.
L’attività con Studio Tondini nasce dopo un’altra carriera, quella di avvocato:
RAGGIUNTI I 30 ANNI, ROBERTA TONDINI HA MESSO DA PARTE LA CARRIERA DI AVVOCATO PER DEDICARSI AL MONDO DELLA MODA. TRA LE SUE CREAZIONI LA CRISTIANA, AD OGGI L’UNICA BAG DI LUSSO VEGANA AL MONDO
a 30 anni, ormai stabilita nella sua professione, è arrivata la “chiamata alla creatività”, con un’ondata rilevante di modelli creati in un solo mese. Successivamente, nel giro di qualche anno, Roberta Tondini si è concentrata sugli studi approfonditi, sulla ricerca dei materiali di pregio e infine sul vero e proprio inizio dell’avventura imprenditoriale. “Da adulta, oltre che da professionista, nessuna borsa riusciva a soddisfare in un solo colpo tutti i canoni di comfort, bellezza ed eleganza con cui sono cresciuta negli anni ’90. Tutte le borse risultavano inadatte alla vita professionale femminile. Presto mi accorsi che tante altre professioniste nel mondo si trovavano di fronte alla mia stessa insoddisfazione, ognuna a modo suo”, ricorda tornando con la mente alle origini della sua azienda. “In Studio Tondini creiamo dei manufatti altamente - il gioco di parole è voluto - studiati, per la loro preziosità e per la loro realizzazione interamente made in Italy. Articoli di alto pregio che pongono al centro la qualità e la raffinatezza italiana, nonché il comfort e la funzionalità, questi ultimi sono parte anche del nostro heritage svizzero”, sottolinea Roberta Tondini.
Oggi, con due collezioni continuative che includono una gamma di modelli, materiali e colori significativa, Studio Tondini si affaccia ai mercati internazionali con la consapevolezza dei valori profondi che esprime. Niente è lasciato
al caso: tanto nel design quanto nella produzione delle borse. La scelta di produrre interamente in Italia, affidando la lavorazione ai migliori artigiani del lusso, è legata al concetto di sostenibilità, per il pianeta e per tutti coloro che partecipano alla creazione dei prodotti del marchio.
“Anche ognuno dei componenti dei nostri manufatti è prodotto in Italia, con materiali di pregio e straordinaria cura – una scelta molto rara oggigiorno e capace di garantire una qualità estrema. La sola eccezione a questa “ricetta” interamente made in Italy è il materiale vegano che utilizziamo, scelto per le sue caratteristiche di alta naturalezza, bellezza e impatto positivo uniche”, fa notare l’imprenditrice. Un materiale che si ritrova ne La Cristiana, ad oggi l’unica borsa di lusso vegana al mondo “insignita dell’importante vegan trademark, che certifica l’assenza di qualsiasi componente di origine animale in questa rivoluzionaria perla della nostra collezione”, sottolinea.
Forte è l’impegno di Studio Tondini anche nel rispetto dei princìpi etici e sostenibili della produzione. “Dopo tanti anni di lavoro in qualità di protettrice dei diritti altrui, è per me importante assicurare che i lavoratori dietro le quinte siano, allo stesso modo dei nostri clienti, i primi beneficiari del benessere creato dai nostri prodotti. Al tempo stesso anche la prosperità del pianeta e delle creature che lo abitano è per noi in primo piano, attraverso la scelta di ricercare e utilizzare, con una supply chain corta e snella, materiali altamente naturali e sottoprodotti dell’industria alimentare, per quanto riguarda la pelle e i materiali vegani alternativi alla stessa”, aggiunge. In questo contesto si inserisce l’ingresso di Studio Tondini in Positive Luxury, organizzazione attiva a livello mondiale che riunisce i changemaker dell’industria del lusso. Un riconoscimento che colloca l’azienda in un Olimpo di pochissimi marchi di moda di altro profilo, al fianco di Dior Cou -
ture ed Etro. Un primo importante passo di un “cammino estremamente impegnativo, che sarà incentrato sull’analisi e sul miglioramento continuo dei nostri processi al fine di superare progressivamente l’asticella dei nostri già elevati standard di sostenibilità
ambientale e umana. Solo a seguito di questo processo potremo essere insigniti del prestigioso Butterfly Mark, che sarà a sua volta l’inizio di ulteriori cammini verso una sostenibilità sempre maggiore, anno dopo anno”, conclude Roberta Tondini. .
UN DISTRET TO DA SCOLPIRE
SOSPESA TRA IL MARE E LE CAVE, LA PROVINCIA DI LUCCA CONTINUA A CRESCERE GRAZIE ALLE SUE ECCELLENZE, TRA LAPIDEO, NAUTICA E CARTARIO
“V
issi d’arte, vissi d’amore”. Così inizia una delle arie più celebri al mondo. La canta Tosca, eroina dell’omonima opera di Giacomo Puccini. Il lucchese più internazionale che vi sia, uomo cheappunto - visse di musica, così come vivono d’arte gli scultori che da sempre convergono a Pietrasanta, da Michelangelo in giù. La cittadina sospesa tra il Tirreno e le vette Apuane detiene infatti il primato del centro con la più alta concentrazione di gallerie d’arte in Italia, una ogni 40 metri, che si sommano con i 50 laboratori artistici per la lavorazione del marmo e del bronzo. E di fatto uno dei pilastri dell’economia di Lucca è proprio il lapideo, con 308 imprese e 391 unità produttive, seppure non sia il segmento artistico a incidere in modo significativo sul giro d’affari di un settore che va dall’estrazione alla lavorazione di pietre e marmi. In ogni caso, sicuramente ne favorisce la visibilità. Il comparto che più di tutti contribuisce al Pil di Lucca è la nautica. Fra cantieristica, riparazione e manutenzione conta 534 imprese e 648 localizzazioni, e il più elevato numero di unità produttive rappresentando il 12,7% dell’intero comparto manifatturiero. Segue la carta e cartotecnica, con 152 imprese e 286 localizzazioni. Imprese con una dimensione occupazionale elevata (42,4 addetti per impresa contro gli 8,2 medi del comparto manifatturiero lucchese) poiché i processi produttivi industriali di settore chiedono dimensioni importanti - ragion per cui le imprese artigiane nel cartario sono pari al 22,4% del totale, percentuale che sale nella nautica (46,6%) e ancor di più nel lapideo (65,6%). Secondo le analisi della Camera di Commercio Toscana Nord-Ovest, nei primi sei mesi del 2023 l’export dalla provincia di Lucca
IL COMPARTO CHE PIÙ DI TUTTI
AL PIL DI QUESTA AREA È LA NAUTICA : FRA CANTIERISTICA, RIPARAZIONE E MANUTENZIONE CONTA 534 IMPRESE E RAPPRESENTA IL 12,7% DELL’INTERO COMPARTO MANIFATTURIERO
ha superato i 2,6 miliardi di euro, il secondo miglior risultato storico. Al picco nella cantieristica di Viareggio, che ha registrato
un aumento del 16%, fa da contraltare la frenata per il cartario (-5,9%) a causa del calo delle vendite verso la Spagna (-32,8%) non
del tutto compensato dal +27,1% di export verso la Polonia.
Il colosso della provincia è il Gruppo Azimut-Benett: con 1,2 miliardi di euro di fatturato è il gigante della nautica italiana per valore di vendite e primo produttore mondiale di megayacht, dunque oltre i 24 metri.
LA NAUTICA DI VIAREGGIO
L’exploit di Viareggio e della sua cantieristica rispecchia i dati nazionali di un settore
che nel 2022 ha totalizzato, e festeggiato, un fatturato da 7 miliardi, 3,3 dei quali indirizzati all’export, segmento determinante dell’economia del mare che nel suo complesso in Italia genera 52,4 miliardi di valore aggiunto. Numeri senza pari e precedenti e ai quali contribuisce massicciamente Viareggio, con un distretto che occupa circa 7.000 addetti, ha il suo apice nel gruppo Azimut Benetti, quindi aziende come Next Yacht Group, Overmarine,
Codecasa, Rossinavi. Anche Sanlorenzo ha sede ad Ameglia, però mantiene in Darsena un’ampia produzione. Attorno a queste realtà dai pesi massimi gravitano strutture produttive e di servizio funzionali al diporto. Si va dal settore tessile agli arredi, dalla produzione e installazione di macchine e apparecchiature ai prodotti in metallo, dalla meccanica alla strumentazione, passano per innovazione, design e ingegnerizzazione dei prodotti.
Inchiesta
La piazza dell’anfiteatro è tra le più belle d’Italia, ma Lucca è anche al centro di un importante distretto industriale.
LAPIDEO ECCELLENZA ITALIANA
L’Italia brilla tra i leader mondiali nell’estrazione e nella lavorazione della pietra naturale, alle spalle della Cina che, con Turchia e India, esprime più del 50% della produzione globale. Va però sottolineato che con oltre i tre quinti del valore totale esportato dai Paesi dell’Unione Europea, l’Italia conferma la propria leadership in ambito tecnologico, con riferimento sia all’estrazione che alla lavorazione dei materiali lapidei. Curiosità: in testa ai più grandi consumatori di marmo spicca la piccola Svizzera, seguita da Arabia Saudita, Corea del Sud, Belgio e Portogallo. La filiera italiana del lapideo conta più di 11.000 aziende, delle quali 317 nel Lucchese (quasi la metà del Distretto Apuo-Versiliese), con più di 55mila addetti (dei quali 1.744 nella provincia di Lucca, 325 nell’estrattivo e 1.419 nella trasformazione). Comparto tra le eccellenze della Toscana, ha cuore nel comprensorio Apuo-Versiliese, tra le province di Massa Carrara, Lucca e La Spezia, mentre capolavori assoluti come la Pietà di Michelangelo ne costituiscono la vetrina. I Comuni del lucchese interessati più di tutti al lapideo sono, in ordine, quelli di Vagli Sotto, dove un lavoratore su due si occupa di lapideo, Minucciano (28,4% della popolazione impiegata nel lapideo), Stazzema (18% della popolazione impiegata nel lapideo), Seravezza (15% della popolazione impiegata nel lapideo), Campogriano e Pietrasanta (rispettivamente 10% e 8% della popolazione impiegata nel lapideo). Si tratta per lo più di piccole imprese con meno di dieci dipendenti che assieme, così le stime della locale Confindustria, nell’ultimo anno pre-crisi (2019) hanno generato 540 milioni di fatturato e oltre 150 milioni di valore aggiunto. Riesce a toccare i 16 milioni di fatturato la Gbc Marmi di Minucciano: si scende invece a
SECONDO LA CAMERA DI COMMERCIO TOSCANA NORD-OVEST, NEI PRIMI SEI MESI DEL 2023
L’EXPORT DELLA PROVINCIA DI LUCCA HA SUPERATO I 2,6 MILIARDI DI EURO, IL SECONDO MIGLIOR RISULTATO STORICO
6,5 milioni con la Marmi Minucciano, a 3,5 con la Trambisera di Seravezza, fino alla terna di Pietrasanta Tirrenia Marmi, Bacci Marmi e Tarabella Marmi.
LUCCA CAPITALE DELLA CARTA
Lucca è poi la culla del più importante distretto cartario d’Europa sebbene, a fronte dei brillanti risultati del 2022, abbia subito un rallentamento con un valore delle esportazioni sceso a 1,1 miliardi di euro (-5,9%). A cascata anche il segmento delle macchine per l’industria cartaria ha conosciuto un calo dell’export, attestatosi a 415,6 milioni di euro. La presenza copiosa di acqua ha fatto sì che qui l’arte di fabbricar carta si sviluppasse anzitempo. Proprio negli anni in cui Dante, il gran Toscano, lavorava alla sua Divina Commedia errando di corte in corte, a Lucca nel 1307 veniva creata la Corporazione dei Cartolai, impegnati a produrre carta pergamena con il vello degli animali. Bisogna però aspettare la metà del Cinquecento per assistere alla nascita della prima vera cartiera di Lucca. Il nome chiave è quello dello stampatore Vincenzo Busdraghi che dovette includere nella società Alessandro Buonvisi,
Il cartonificio Sandreschi produce diversi tipi di cartone, utilizzando carta riciclata.
esponente della più importante famiglia locale e soprattutto disposto a finanziare l’impresa. Per circa un secolo questa rimane l’unica cartiera nel territorio lucchese, se ne contano invece otto sul finire dei Seicento e tutte con la stessa struttura a tripartita: il pianterreno per la vasca, dove lavare gli stracci, e i magli di legno, per triturarli; al primo piano vengono preparati gli stracci, poi fatti asciugare all’ultimo. Nel 1834 il farmacista Stefano Franchi inventa la carta-paglia per imballaggio: alla base un composto di paglia, calcina e acqua. All’alba del Novecento le 106 cartiere di Lucca, artigianali e a conduzione familiare, producono anzitutto carta paglia: ben 65.000 quintali l’anno. Dal 1970 questo genere viene sostituito dal tissue e dal cartone ondulato. Ad archiviare una lunga epoca ci pensa la legge acqua-friendly del 1976. Oggi il distretto cartario si estende su un’area di circa 750 chilometri quadrati fra le province di Lucca e Pistoia, e comprende una dozzina di comuni (Capannori, Porcari, Altopascio, Pescia, Villa Basilica, Borgo a Mozzano, Fabbriche di Vallico, Gallicano, Castelnuovo Garfagnana, Barga, Coreglia Antelminelli, Bagni di Lucca). Il Distretto ha il controllo di circa l’80% della produzione nazionale di carta tissue e un valore prossimo al 40% della produzione di cartone ondulato nazionale. Si conferma la capitale mondiale del tissue ed europea per la carta ad uso industriale. Proprio il cartario vede un’alta concentrazione di aziende di grandi dimensioni. C’è comunque un mondo di Pmi, realtà fra i 40 e i 50 milioni di fatturato (come Centralcarta, Cartirera di Pratolungo e Cartiera della Basilica) ma anche fra i 20 e i 30 milioni (come Industria Cartaria Fenili, Cartiera Ponte d’Oro, Cartiera San Rocco e Cartonificio Sandreschi)..
Inchiesta
L’arte di Bacci
Marmi Bacci è stata fondata a Pietrasanta nel 1960, e da oltre 40 anni spicca tra i leader nel settore dei marmi pregiati, bianchi e colorati, onici, graniti azzurri e blu. Materiali di pregio per pavimenti e rivestimenti per abitazioni, ville e alberghi. L’arte, appresa in laboratorio e nella lunga pratica delle cave, a contatto con esperte maestranze, accompagna l’azienda nello sviluppo di tecniche di lavorazione del emarmo che ne esaltano i colori e le superfici, valorizzando quelle capacità della pietra di creare un forte legame con la tradizione e di evocare essenziali relazioni con la natura.
Un successo che viene da lontano
Cantieri Navali Codecasa, nata a Viareggio nel 1825, continua ad essere gestita dai discendenti del fondatore, il maestro d’ascia Giovanni Battista Codecasa. È una realtà di rilievo nell’industria nautica di lusso e in particolare dei motoryachts in acciaio e lega leggera dai 30 ai 70 metri di lunghezza. I manufatti sono di fattura sartoriale, riconoscibili ovunque. Per questo la produzione non può che essere dai lunghi tempi: vengono varati non più di due Codecasa l’anno.
L’ospitalità SOLCA IL MARE
Il lusso della nautica da diporto: Gb Invest ha dato vita a Next Yacht
Group, valorizzando 50 anni di attività dei marchi Maiora e Ab Yachts
di Penelope VagliniMezzo secolo a solcare le onde e lo sguardo proiettato al futuro: quella di Next Yacht Group è una storia di eccellenza toscana. Nella Darsena di Viareggio, affacciata sulle spiagge che disegnano il profilo della città e la proiettano verso il Mar Tirreno, l’insegna “Next” appare di fronte agli yacht ormeggiati sulle banchine. La meta di villeggiatura in provincia di Lucca è diventata il polo nautico più importante d’Italia ed è proprio qui che il Gruppo Gb Invest Holding Ag, leader mondiale nel settore dell’information technology e
del luxury lifestyle, ha investito nell’ospitalità “su misura” con Next Yacht Group, valorizzando 50 anni di attività dei marchi Maiora e Ab Yachts. Questi brand possiedono due anime ben distinte, ma allo stesso tempo sono accomunati dalla cura dei dettagli e dalla spinta verso l’innovazione. Il cantiere viareggino propone infatti quattro declinazioni di prodotti che spiccano sul mercato per la qualità delle tecniche costruttive, l’estrema personalizzazione e l’integrazione delle tecnologie più avanzate. Forte di un’esperienza consolidata nella nautica da diporto, Next Yacht Group ha un approccio imprenditoriale che guarda al domani, mantenendo le linee delle imbarcazioni sempre contempo-
ranee e intervenendo sulle volumetrie e sullo stile, per vivere il mare all’insegna del lusso discreto, sempre più ricercato dagli armatori contemporanei. La visione di viaggio in totale comfort del gruppo, punta sull’emozione e si concretizza in una progettazione sartoriale dei suoi yacht, in cui ogni dettaglio viene immaginato insieme a chi vivrà l’imbarcazione a seguito del varo. Alla base c’è la gamma di flybridge di Maiora, imbarcazioni dai 30 ai 50 metri celebri per i loro ampi spazi e la luminosità, dove interno ed esterno si compenetrano consentendo di abbandonare lo sguardo sulla linea liquida dell’orizzonte. Vivere il mare a bordo di queste imbarcazioni, significa godere di ambienti connessi
tra di loro, con un concetto di vivibilità che incontra ottime prestazioni di navigazione, a cui si possono aggiungere livelli di sportività intervenendo su scelte di propulsione personalizzate come per la linea Maiora Exuma, dove l’eleganza viaggia a più di 30 nodi senza rinunciare a sicurezza e comfort. Ab Yachts rappresenta invece il brivido della velocità con un tocco sportivo e al contempo glamour: le sue imbarcazioni a idrogetto da 80 a 150 piedi hanno prestazioni inimitabili in termini di manovrabilità e sono ideali per chi vuole spostarsi con stile in poche ore da Saint Tropez a Portofino, oppure raggiungere Cat Cays o Bahamas in un batter d’occhio da Miami. L’assenza di vibrazioni e il pescaggio minimo completano i plus di Ab Yachts, leader di mercato nel segmento degli yacht veloci ed efficienti, sia in termini di consumi sia di emissioni di Co2. Entrambi
IL CANTIERE VIAREGGINO PROPONE QUATTRO PRODOTTI CHE SPICCANO PER LA QUALITÀ DELLE TECNICHE COSTRUTTIVE E PER L’INTEGRAZIONE DELLE TECNOLOGIE PIÙ AVANZATE
i marchi di Next Yacht Group hanno il tema del “bespoke” nel proprio dna e conquistano ogni armatore grazie alla cura dei dettagli in fase progettuale e realizzativa. Un approccio che fa parte della visione imprenditoriale del gruppo, forte di una rinnovata solidità finanziaria, grazie al potenziamento delle
capacità manageriali che puntano a proiettare Maiora e Ab Yachts verso il futuro nel segno dell’eccellenza ed esclusività. Un percorso segnato da una costante crescita in termini di volumi, passata dalle cinque unità prodotte nel 2022 alle 11 del 2023, che si prevede diventeranno 13 entro il 2025. L’apertura di due nuovi siti produttivi e l’ampliamento degli spazi a terra e in mare all’inizio dello scorso anno ha portato a 16 le postazioni operative del gruppo collocate tra Viareggio, Massa e Massarosa (entro la fine del prossimo anno saranno 21). Non solo, si prevedono espansioni anche in termini di personale, che toccherà quota 100 dipendenti e circa 600 appaltatori entro il 2025. Un piano strategico che punta allo sviluppo di progetti sempre più personalizzati, capaci di coniugare sportività e comfort allo stile distintivo di Next Yacht Group..
Maestri del MARMO
Approvvigionamento, lavorazione e spedizione: il gruppo Landi è un punto di riferimento nel settore lapideo in Italia e all’estero
Tdi Maurizio Abbati
radizione e modernità. Il marmo italiano continua a essere considerato un prodotto di nicchia, nonostante la concorrenza internazionale. Il suo principale centro di produzione è sulle Apuane, dove è nata Landi Group nel 1947. La famiglia Landi, dopo quattro generazioni da cavatori, ha costruito una realtà moderna e funzionale, specializzata nella produzione e nell’esportazione di marmi locali, come Calacatta, Statuario, Cremo Delicato, Bianco Carrara, Arabescato e Bardiglio. Il business è riuscito a superare la
I MERCATI DI RIFERIMENTO SONO CINA, ESTREMO E MEDIO ORIENTE, STATI UNITI, CANADA E SUD AMERICA. CON IL MATERIALE SONO STATI COSTRUITI GRANDI PROGETTI ARCHITETTONICI COME AIG TOWER DI HONG KONG
concorrenza di altri materiali d’arredo e design, anche grazie al prestigio del prodotto made in Italy. Così nel 1983 è nata Tre Emme Import a integrazione del gruppo, per importare ed esportare marmi non solo di provenienza locale, ma anche spagnoli e nord-africani e pietre provenienti da diversi luoghi del mondo. Il gruppo Landi è diventato un punto di riferimento nel settore lapideo e svolge un lavoro che va dall’approvvigionamento del materiale direttamente dalle cave, alla fase di lavorazione e selezione, per arrivare alla spedizione verso la destinazione finale. I principali mercati sono Cina, Estremo e Medio Oriente, Stati Uniti, Canada e Sud America. I marmi sono destinati
in particolare alla realizzazione di progetti architettonici importanti e di ampie dimensioni, quali Aig Tower di Hong Kong, il Ritz Carlton di Mosca, il Granit Center di Baku, il Nordstrom di Chicago, il casinò di Macao.
“L’interesse per il marmo, la dedizione e l’esperienza, ha fatto sì che il nostro lavoro diventasse non solo la nostra priorità ma anche la nostra passione”, spiega l’azienda. C’è molta attenzione verso la sicurezza sul lavoro, come si legge anche nel codice etico. Tra le varie iniziative intraprese di recente ci sono quelle relative alla formazione di personale specializzato. Per andare incontro alla costante richiesta delle aziende del settore, che stentano a trovare giovani e garantire un adeguato ricambio del personale. A questo scopo, nell’ambito del consorzio Cosmave di cui Landi fa parte, è stata fatta una donazione per sostenere l’istituto superiore Marconi di Seravezza, che ha avviato un percorso formativo attraverso la sezione marmo made in Italy, con due specifici corsi, di cui uno dedicato alla coltivazione e lavorazione
dei materiali lapidei.
Gli allievi dell’istituto hanno in questo modo la possibilità di utilizzare attrezzature specifiche, come frullini, trapani elettrici, dischi abrasivi, mole, raspe, smerigliatrici, levigatrici, martelli pneumatici, gradini e scalpelli, per acquisire le necessarie competenze professionali. Considerando che quello del lapideo si configura come un settore importante per l’occupazione in Italia, composto da oltre 3mila aziende con
circa 34mila addetti e una produzione nel 2019 di quasi 3,9 miliardi di euro per il 75% destinata al mercato estero. Solo nella provincia di Massa Carrara, per restare nell’area di produzione Landi, si parla di più di 1.200 aziende per 5mila addetti diretti e indiretti e circa 3mila addetti dell’indotto, con un milione di tonnellate di materiale ornamentale estratto e dove il settore rappresenta circa il 20% dell’intera economia..
I signori DELL A CA RTA
Centralcarta dal 1990 è attiva nella trasformazione di prodotti professionali in tissue e ha puntato sull’integrazione di processo
di Andrea SalvadoriTrent’anni di storia, 10 marchi di proprietà, 150 prodotti, più di 60 dipendenti e 3 stabilimenti di produzione. Sono questi i numeri di Centralcarta: il gruppo che fa capo alla famiglia Del Ministro, operativo dal 1990 nella trasformazione di prodotti professionali in carta tissue. La società è attiva nel distretto cartario lucchese, un’area di circa 750 chilometri quadrati fra le province di Lucca e Pistoia, dove si concentra l’80% della produzione nazionale di carta tissue e un valore prossimo al 40% della produzione di cartone ondulato nazionale.
Il segreto del successo è stata la scelta di orientare la propria visione verso l’integrazione di processo. Un percorso accelerato dall’acquisizione nel 2015 di Icf Industria Cartaria, storica realtà produttiva operativa nel distretto. “In questi lunghi anni di lavoro abbiamo affinato la nostra filiera di produzione e la nostra organizzazione per reagire
OGGI PUÒ
in tempi brevissimi a qualsiasi richiesta del mercato”, spiega la società. “Con l’acquisizione della cartiera, integrando la produzione delle materie prime, abbiamo potuto soddisfare le richieste anche con un controllo maggiore sulla qualità e la costanza degli approvvigionamenti”.
Nel 2004 Centralcarta, oggi guidata dalla seconda generazione della famiglia Del Ministro, lancia una propria linea di prodotti professionali, ClassEur, un’importante tappa del piano di sviluppo commerciale supportato
da importanti e costanti investimenti, tanto che la superficie industriale raggiunge i 12.500 metri quadrati. Nel 2021 Il gruppo continua la politica di investimenti con l’acquisto di una nuova linea di produzione industriale che adotta soluzioni tecnologiche 4.0. Oggi l’azienda può contare su siti di produzione e infrastrutture industriali dislocate su una superficie totale di 60mila metri quadrati di cui 30mila coperti. Le linee di produzione converting sono dedicate a diverse tipologie di prodotto finito e spesso intercambiabili fra loro.
Il settore dove ha iniziato a operare il gruppo, l’“away-from-home”, si compone di famiglie di prodotti con caratteristiche molto diverse fra loro che abbracciano mondi diversi: medicale, bagno, food e industria. La società è poi entrata anche nel segmento consumer e nel canale della grande distribuzione moderna. Forte delle competenze maturate nella realizzazione di prodotti molto tecnici, Centralcarta ha dunque deciso di trasferire questo know-how
Lucca
nel canale domestico, presidiato oggi co n le linee Kitchenette, Hygienette, Jobby e Giga.
Centralcarta ha numerose certificazioni che testimoniano l’attenzione alla tutela della qualità, delle persone e dell’ambiente. Il 2007 è l’anno del riconoscimento della certificazione Iso 9001:2000 per l’adozione di uno specifico sistema di gestione dei processi per garantire la qualità. Nel 2009 Centralcarta pone l’attenzione ai materiali sussidiari e di ausilio alla produzione volti al risparmio energetico e a un minor impatto ambientale. Nel
2018 il gruppo ottiene la certificazione Sa8000:2014 presso Tüv Nord, lo standard internazionale che elenca i requisiti per un comportamento eticamente corretto delle imprese e della filiera di produzione verso i lavoratori. Nell’ambito delle sue politiche orientate alla sostenibilità ambientale, l’azienda ha lanciato la linea professionale ProfiPro certificata Ecolabel (la produzione parte dal recupero di cellulosa non sbiancata), i prodotti Hytiss3, che garantiscono un drastico abbattimento delle emissioni di Co2 legate alla logistica, e la gamma Nouvellevie realizzata al
100% con materiali riciclati e sempre certificata Ecolabel.
Essere parte del distretto cartario di Lucca e Pistoia permette a Centralcarta di poter contare su un network di relazioni con tante imprese caratterizzate da un’elevata specializzazione, aziende legate a tutta la filiera produttiva e appartenenti per lo più ai settori meccanico, elettrico, elettronico, caratterizzate da una forte integrazione verticale del ciclo produttivo. Un distretto dinamico con un valore della produzione di oltre 4,5 miliardi di euro, di cui circa 2,3 miliardi destinati all’export.
IL SAPERE DEL NORDEST
PADOVA È AL CENTRO DI UN IMPORTANTE DISTRETTO INDUSTRIALE: DAL FARMACEUTICO A QUELLO DELLA VENTILAZIONE, PASSANDO PER IL CALZATURIERO. FONDAMENTALE IL RUOLO DELL’UNIVERSITÀ
APadova trascorse ‘li diciotto anni migliori di tutta la mia età’. È la confessione di Galileo Galilei, che nell’Università cittadina insegnò, scrisse, condusse ‘sensate esperienze’ e produsse strumenti per le ‘necessarie dimostrazioni’. La Repubblica Veneziana, che accorpava il Padovano, assicurava agli scienziati le libertà altrove negate dall’oscurantismo della Controriforma. Che poi Galileo sperimentò con il trasferimento, fatale, nella Firenze dei Medici, dunque dei Papi, ergo del Sant’Uffizio. E ancora oggi l’Università di Padova spicca nelle discipline scientifiche, dall’anatomia e fisiologia alla veterinaria, passando per medicina, fisica e astronomia, geofisica, statistica, farmacia. È la prima università in Italia nel pilastro ‘Scienza Eccellente’ del programma quadro 2021-2027 Horizon Europe, sia per budget ottenuto, sia per numero di progetti finanziati nelle borse post-dottorato Curie Actions, sia nei finanziamenti dell’Erc, che nell’ultimo triennio hanno raggiunta un valore pari a 40 milioni. Per inciso, l’acronimo Erc (European research council) rimanda ai riconoscimenti scientifici più prestigiosi d’Europa, e gli italiani sono tra i talenti che più se ne aggiudicano, alle spalle della Germania che però investe in R&s tre volte tanto il nostro Paese. E se la metà di questi cervelloni porta il proprio sapere e dote economica all’estero - si parla di premi fra 1,5 e 3 milioni pro-capite - in testa alle preferenze di chi non se ne va c’è proprio Padova. La presenza di un siffatto ateneo, fra l’altro tra i più antichi del mondo, ha certo contribuito a creare un humus speciale. Del resto, non si spiegherebbe il fiorire della Silicon Valley senza l’esistenza dell’Università di Stanford, così come uno degli ingredienti del dinamismo imprenditoriale del triangolo Milano-Bergamo-Brescia risiede nella qualità delle università del territorio: ormai una necessità in questa nostra
NEL REPARTO MANIFATTURIERO, FRA GIGANTI E PICCOLI GIGANTI, SI CONTANO 1.394 AZIENDE SU UN TOTALE
DI 4MILA
epoca contrassegnata dall’economia della conoscenza, che dunque ha il suo motore nei centri dove si creano a getto continuo, appunto, conoscenza e informazioni. Di fatto, l’innovazione del Nord-Est ha uno dei suoi fari proprio a Padova, tanto che delle 1.082 startup innovative del Veneto, ben 332 sono in questa provincia, che inoltre si colloca fra le prime dieci italiane per numero di brevetti depositati.
Secondo analisi condotte da Pwc (Top500), risulta che nel 2022 il fatturato delle prime 500 aziende della provincia di Padova abbia raggiunto i 48,4 miliardi di euro, in aumento del 19% rispetto all’anno precedente, con un Ebitda a +28%. Più di 9 imprese su 10 sono in utile, così come l’aggregato dei patrimoni netti è aumentato del 17,6% rispetto al 2021, raggiungendo i 21,3 miliardi di euro. A guidare la classifica delle Top 500 sono le Acciaierie Venete con un valore di produzione di 1,9 miliardi, in seconda posizione c’è Sofida, la holding di controllo del Gruppo Gabrielli, con 1,7 miliardi di fatturato. Non c’è solo l’acciaio nelle prime dieci aziende del territorio: brillano anche l’occhialeria con il miliardo abbondante di Safilo, i sistemi di refrigerazione a marchio Arneg a un soffio dal miliardo e la Gottardo (prodotti per la cura della casa e della persona) con 1.3 miliardi.
Il 47% del valore di produzione scaturisce dal reparto manifatturiero dove,
DALLE CALDAIE A LEGNA
AL RICICLAGGIO: LA STORIA DI BANO RECYCLING
Tutto iniziò negli anni del miracolo economico con la produzione di caldaie a legna. Poi la virata verso la ricerca di soluzioni per il riciclaggio e dunque la produzione di impianti di riciclaggio di rifiuti e rottami metallici. Bano Recycling (23 milioni il fatturato) offre un’ampia gamma di soluzioni innovative per il trattamento di numerosi tipi di materiali di scarto, in testa metalli ferrosi, metalli non ferrosi, rifiuti industriali e plastica.
fra giganti e piccoli giganti, si contano 1.394 aziende su un totale di 4mila. In testa, per numero di aziende, c’è il comparto della metallurgia e meccanica generale (376 aziende, 5.1 miliardi di fatturato), ma è quello dei macchinari (323 aziende) a generare più fatturato, pari a 5.7 miliardi. Sono significativi il comparto del tessile (143 aziende, 1.3 miliardi), dell’elettronica (123 aziende, 1.7 miliardo ) e della plastica (95 aziende, 1.7 miliardi). Quindi farmaceutica e affini, che totalizza 1.3 miliardi di fatturato e ha le sue vette in Fidia e Lundbeck, ma
ancor prima nel Gruppo Stevanato (983milioni il fatturato), il più grande produttore al mondo di flaconi in vetro e di cartucce per penne da insulina, tra i leader nell’imballaggio farmaceutico e medicale. Una multinazionale quotata alla Borsa di New York nata fra le macerie del post Seconda Guerra Mondiale, nel garage che Giovanni Stevanato convertì in soffieria del vetro. Altro gigante della farmaceutica è Fidia, leader in ricerca, sviluppo, produzione e commercializzazione di prodotti a base di acido ialuronico e sue derivazioni. Forte di questo ecosistema hanno preso
DELLE 1.082
STARTUP INNOVATIVE DEL VENETO BEN 332
PROVENGONO DAL PADOVANO, CHE INOLTRE SI COLLOCA FRA LE PRIME DIECI ITALIANE PER NUMERO DI BREVETTI DEPOSITATI
forma piccoli giganti – come nel caso di Alifax (55 milioni il fatturato), attiva nel mercato della diagnostica di laboratorio e in particolare in ematologia, microbiologia, sierologia e autoimmunità. Del resto, nell’università si conducono ricerche di frontiera a 360 gradi: anche nel campo veterinario, con ricadute sulla pet economy, mercato dalla crescita vertiginosa.
“La punta assoluta del manifatturiero”, spiega Paolo Masotti, ad di Adacta Advisory, “è rappresentata dal settore dei macchinari, con in testa quelli del comparto refrigerazione e ventilazione, che da solo vale il 17% del fatturato di settore. Vi sono poi i macchinari per la metallurgia, l’imballaggio e confezionamento, l’industria alimentare, per impieghi speciali, quindi pompe, sollevamento, caldaie e bruciatori, per depurazione e filtri, per l’industria della plastica”. Nell’immaginario comune spiccano le macchine per l’agricoltura, con zenit in Maschio Gaspardo e Antonio Carraro, quindi nei sistemi di trasmissione per trattori, macchine agricole e movimento terra con il marchio Gruppo Carraro. A gettare il primo seme fu Giovanni Carraro, che all’inizio degli anni Trenta, con il duce impegnato a bonificare e seminare grano in omaggio alle velleità autarchiche, metteva in campo i primi
erpici rotanti. Poi i figl i Oscar e Mario passavano ai trattori. “La Carraro”, spiega Paolo Gubitta, ordinario di Organizzazione aziendale dell’Università di Padova e Cuoa, “è stata un’autentica nave scuola per giovani brillanti diventati poi imprenditori, come ad esempio Egidio Maschio, che nel 1964 fondava con i fratelli quella che oggi è Maschio Gaspardo”. E sempre il professor Gubitta narra prima il crescendo aziendale, quindi i dissidi di famiglia che sfociarono in una separazione consensuale e virtuosa
con un ramo che continua in ‘Carraro’, mentre l’altro fonda la ‘Antonio Carraro’, entrambe leader nei loro settori. È passata alla storia la scelta coraggiosa di Antonio Carraro che, appurato di non poter competere con il colosso a stelle e strisce John Deere, decise di concentrarsi su una porzione specifica del trattore: gli assali. Ne avrebbe prodotti di speciali così da consentire ai trattori degli ormai ex-concorrenti di percorrere vie erte e strette. Attorno ai Carraro e Maschio sono fiorite aziende afferenti le industrie
madri anzitutto nel settore dei cuscinetti, ingranaggi e organi di trasmissione con aziende, per citarne alcune, come Toffac, HGears, Pcm, Antal, Spiral.
Refrigerazione e ventilazione sono altri comparti chiave del territorio. con specializzazioni distribuite salomonicamente fra basso e alto padovano. In quest’ultima area, spiegano Gubitta e Masotti, “si è puntato sul freddo per i banchi frigo, mentre nella Bassa su riscaldamento, climatizzazione e pompe di calore. Due aree che non solo non
sono in concorrenza fra loro, semmai complementari, espressioni di vocazioni territoriali diverse”.
Un po’ schiacciato da tanto metallo e macchinari tra i più arditi, ha preso forma infine il distretto della calzatura della Riviera del Brenta, tra la provincia di Venezia e quella di Padova. Ci piace ricordare una realtà come Nice Footwear, sbocciata nel 2004 e sviluppatasi come aggregatore di imprese manifatturiere come Favaro Manifattura Calzaturiera e Emmegi. .
TECNOLASER, PIONIERI DEL TAGLIO
Tecnolaser (38 milioni il fatturato) è nata nel 1986 come una delle prime realtà nel nord-est a credere nella tecnologia del taglio laser. Con il tempo si è evoluta, offrendo più fasi nella filiera di trasformazione della lamiera (taglio, piegatura, lavorazioni meccaniche, saldatura, verniciatura, assemblaggio) e diverse tipologie di servizio, in particolare in ambito progettazione, pianificazione della produzione, logistica, qualità e commerciali in genere.
Un successo TIRA L’ALTRO
Alifax, presente in 130 paesi, si è affermata nel settore della diagnostica clinica.
La sua infrastruttura integra medicina di laboratorio, ingegneria e informatica
Idi Matteo Marchetti
numeri non dicono tutto ma, soprattutto quando parliamo di aziende, aiutano a disegnare un quadro reale. Quelli di Alifax parlano di un successo che in 35 anni ha portato il gruppo di Padova a essere presente in 130 Paesi. Oggi l’azienda può contare su oltre 250 pubblicazioni scientifiche, oltre 150 dipendenti a cui aggiungere 40 agenti, ben 27 brevetti attivi, oltre 12mila strumenti a disposizione e filiali commerciali in Brasile, Spagna, Cina, Russia e Germania. Nata dall’intuizione di Paolo Galiano in una località strategica del Veneto, a un passo da una delle più importanti università italiane di Medicina e Chirurgia, la realtà patavina è diventata da subito un punto di riferimento nella diagnostica di laboratorio, in particolare per i settori di ematologia, microbiologia, sierologia e autoimmunità. Dopo l’acquisizione di Sire Analytics Systems nel 1998, l’azienda veneta si afferma sul mercato italiano nella produzione di diagnostica clinica per l’analisi della velocità di eritrosedimentazione e della coltura batterica rapida. Un successo tira l’altro e in Alifax non ci si accontenta mai dei risultati raggiunti. Così è iniziato un rapido sviluppo anche nel mercato estero: da Padova l’azienda ha oltrepassato i confini nazionali grazie anche a importanti contratti di distribuzione. Oggi si conferma come una delle più importanti
OGNI ANNO INVESTE CIRCA IL 30% DEL PROPRIO FATTURATO IN RICERCA E SVILUPPO. PER MANTENERE VIVO IL RAPPORTO TRA AZIENDA E FRUITORI VENGONO ORGANIZZATI CORSI DI FORMAZIONE E AGGIORNAMENTO, SEMINARI E CONVEGNI
realtà specializzate in sviluppo, produzione e distribuzione di strumentazione diagnostica clinica per l’automazione di laboratorio. Il segreto del successo e di una rapidissima espansione? La capacità di interpretare e in molti casi anche anticipare le richieste di mercato grazie a un’infrastruttura tecnico-scientifica consolidata che integra conoscenze di medicina di laboratorio, ingegneria e informatica. Ovvio che per raggiungere simili risultati sia fondamentale puntare sulla ricerca scientifica e sull’innovazione tecnologica. Alifax investe ogni anno circa il 30% del proprio fatturato in ricerca e sviluppo. L’azienda veneta
Padova
realizza prodotti per coprire le esigenze diagnostiche dei laboratori nella ricerca del virus Sars-Cov-2. Ci sono anche strumenti per la linea Ves, analizzatori in grado di fornire risultati in soli 20 secondi. Un macchinario progettato a Padova e che ha rivoluzionato il mondo delle analisi, se si considera che ha ridotto le tempistiche della risposta da un’ora a pochi secondi.
E poi ci sono ancora piastratori automatici per la linea batteriologica. Gli
altri campi interessati sono sierologia, virologia, trasporto campioni, autoimmunità, patologie fungine, coagulazione, dispositivi per la raccolta dei campioni, tamponi, biologia molecolare e immunometria. Insomma, tutto quanto serve per la diagnostica da laboratorio, con strumenti all’avanguardia. Ai clienti viene offerta assistenza tecnico scientifica altamente specializzata. Per mantenere sempre vivo il rapporto fra azienda e fruitori, vengono infatti periodicamente
organizzati nelle sedi di Udine e di Padova non solamente corsi di formazione e aggiornamento, ma anche seminari e convegni che hanno lo scopo di informare e di mantenere vivo il rapporto fra Alifax e il cliente. Secondo una ricerca, il 90% dei clienti consiglierebbe i prodotti dell’azienda veneta, con ottime votazioni relative alla serietà e affidabilità del gruppo, a cui aggiungere una grande facilità di contatto e un’ottima qualità dei prodotti..
Anticipare IL CAMBIAMENTO
Nata come startup, HiRef propone prodotti per riscaldamento e condizionamento di precisione con un approccio creativo
Cdi Maurizio Abbati
reatività e approccio analitico, idee innovative e tanta ricerca. Così si presenta HiRef, azienda padovana nata come startup nel 2021. È stata fondata da Mauro Mantovan, con il supporto della famiglia Galletti. Propone una gamma completa di prodotti per riscaldamento, raffreddamento e condizionamento di precisione e spazia dalla progettazione alla produzione e all’installazione.
Gli impianti di condizionamento sono destinati al funzionamento delle infrastrutture per l’information technology: processi di carattere industriale pensati anche per il terziario, caratterizzati da tecnologie all’avanguardia. Si applicano a tutti i contesti in cui è richiesto il massimo grado di controllo della temperatura e dell’umidità a regime costante come musei, pubblica amministrazione e uffici.
Il raggio d’azione di HiRef ha superato i confini del mercato italiano per rivolgersi anche e soprattutto a quello internazionale, guardando così all’Europa, ma anche all’America e all’Africa, grazie all’ausilio di oltre 300 dipendenti.
Una realtà produttiva in ascesa, come dimostrano i dati del fatturato che ha raggiunto i 75 milioni a fine 2020, registrando un incremento del 30% rispetto all’anno precedente. Di questi, 4,5 milioni derivano direttamente dall’attività di HiRef, a cui si sono aggiunti quelli provenienti da sette
HA OLTREPASSATO I CONFINI DEL MERCATO ITALIANO, GUARDANDO NON SOLO ALL’EUROPA MA ANCHE ALL’AMERICA E ALL’AFRICA. OGGI HA OLTRE 300 DIPENDENTI E UN FATTURATO IN CONTINUA CRESCITA
spin-off fondate nel corso degli anni allo scopo di diversificare e rendere al meglio le diverse linee innovative: da Eneren a HiDew, passando per Tecno Refrigeration, It.Met, Jonix, HiRef Engineering ed Ecat. Il fatturato della capogruppo è arrivato a 49,7 milioni nei primi nove mesi del 2023, in aumento del 48,3% rispetto allo stesso periodo del 2022, per superare complessivamente la soglia dei cento milioni di euro a fine 2023.
“HiRef è un gruppo capace di anticipare il cambiamento, senza aspettarlo: solo in
questo modo, riuscendo a pensare al di fuori degli schemi comuni, si può continuare a crescere”, ha detto il fondatore del gruppo Mauro Mantovan.
La forza di HiRef è dovuta a una strategia che ha portato alla creazione di un moltiplicatore d’impresa e quindi alla formazione del network di imprese attuale. Eneren offre servizi e prodotti per la climatizzazione a energia rinnovabile attraverso pompe di calore e impianti geotermici. Ecat è specializzata nella produzione di quadri elettrici di potenza e di distribuzione per l’automazione industriale e per il settore del freddo. HiDew è specializzata nella deumidificazione, in particolare nella produzione di deumidificatori abbinabili a sistemi radianti per residenze, piscine e impianti industriali. HiRef Engineering è una società di ingegneria che supporta la rete commerciale con consulenze in
ambito progettazione, studi di fattibilità, business plan di progetto e, se richiesto, chiavi in mano dell’impianto di condizionamento. It.Met si occupa della lavorazione di carpenteria leggera, acciaio, alluminio, cassette di quadri elettrici su misura e containment box per data center.
Infine Tecno Refrigeration, azienda specializzata nella refrigerazione commerciale e nella climatizzazione comfort per il settore navale e ferroviario, che è anche competence center per gli impianti con co2, il refrigerante naturale scelto da HiRef per sviluppare un futuro sostenibile. Frutto di questo sviluppo è la decisione di aprire una nuova sede produttiva adiacente a quella originaria, a Tribano, realizzata con tecnologie avanzate: 8.000 metri quadrati, di cui 1.800 destinati ad uffici, con grandi spazi verdi e un’academy voluta per la formazione, che conferma
l’attenzione di HiRef alla valorizzazione del capitale umano e allo sviluppo dei talenti e delle competenze. Dal 2003 a oggi sono più di quaranta le tesi di laurea svolte in collaborazione con grandi atenei italiani e internazionali (Padova, Bologna, Trieste, Roma, Genova e, fra le altre all’estero, Leeds, Valencia, Stoccolma, Leuven). Sei laureati su dieci rimangono poi in azienda, originando così un gruppo giovane e dinamico, con un’età media di 38 anni. Anche l’attuale amministratore delegato è giovane: Alberto Salmistraro, che già faceva parte del consiglio di amministrazione, ha 40 anni e ha preso il posto di Mauro Mantovan.
HiRef opera sul fronte dell’innovazione tecnologica e ha l’obiettivo, tra gli altri, di attuare il recupero del calore e il riutilizzo dell’energia prodotta, a vantaggio dell’ecosistema..
Scarpe D’AUTORE
Nice Footwear è il progetto industriale che vuole dare vita a un polo di eccellenza nel mercato del lusso e degli accessori
Ldi Andrea Salvadori
a nascita di un polo degli artigiani del lusso situato nel cuore del distretto delle calzature del Brenta, in Veneto. È questo il progetto industriale di Nice Footwear, l’azienda fondata nel 2004 da Bruno Conterno e Francesco Torresan, nel cui capitale è entrato lo scorso anno con una quota di maggioranza il fondo Palladio Holding. Il gruppo è attivo nella produzione di scarpe per il tempo libero e lo sport, calzature di lusso e borse di pregiata pelletteria, con un modello di business che abbraccia a 360 gradi il mondo delle calzature e degli accessori gestendo tutte le fasi della filiera, dallo studio dei trend allo sviluppo di campionari e prototipi, dalla realizzazione della collezione fino alla sua distribuzione. Negli anni Nice Footwear ha diversificato e ampliato le categorie merceologiche e i segmenti presidiati, ed è cresciuta puntando anche sul mercato, dall’emissione del primo Minibond quotato su ExtraMotPro3 sino alla successiva quotazione nel 2021 sul listino Euronext Growth Milan.
Il 2023 è stato l’anno del delisting da Borsa Italiana, dopo l’investimento nel gruppo da parte di Palladio Holding, oggi titolare del 51% del capitale tramite Holding Stilosa. Un’operazione sposata dai due fondatori, che nell’ambito dell’operazione hanno mantenuto il 49% delle quote, per poter disporre di quelle competenze, della vision e delle risorse finanziarie necessarie per
accelerare il piano industriale. L’ambizione di Nice Footwear, ha spiegato in più occasioni il ceo Bruno Conterno, è dare vita a un polo di eccellenza composto da aziende venete della calzatura, che possano migliorare la propria operatività grazie alle tecnologie di produzione del gruppo, come il software nativo e brevettato 3D e l’utilizzo della realtà virtuale. Per raggiungere questo obiettivo, la strategia guarda alla crescita sia per via organica, sia attraverso acquisizioni, con un focus sul mercato del lusso e degli accessori. Negli scorsi anni Nice Footwear ha acquisito e incorporato Favaro Manifattura Calzaturiera di Padova (specializzata in scarpe da donna di alta gamma) ed Em-
megi di Maserà (borse in pelle e altri materiali pregiati), mentre altre tre o quattro operazioni sono programmate nel medio periodo. Inoltre, a inizio 2023 la società ha lasciato Vicenza e ha trasferito la propria sede operativa a Padova in un nuovo stabilimento di 1.600 metri quadrati, al fine di potenziare l’attività produttiva nel settore del lusso.
Il gruppo ha chiuso l’ultimo esercizio finanziario, al 30 aprile 2023, con un giro d’affari a quota 46,9 milioni di euro, in crescita del 43,1% rispetto ai 32,8 milioni dell’esercizio precedente, un Ebitda di gruppo a 5,9 milioni, pari al 12,68% del fatturato rispetto al 10,37% del 30 aprile 2022, in crescita del 75%, e un utile netto
di 2,8 milioni, in incremento del 122,7%. In salita anche il patrimonio netto, passato dai 10,8 milioni a 13,46 milioni di euro. Nel corso dell’esercizio l’attività di ricerca e sviluppo è proseguita coerentemente con gli obiettivi strategici aziendali che vedono nell’innovazione di prodotto e di processo il driver principale della crescita. In ambito di design e innovazione tecnologica, la società ha sviluppato tre iniziative investendo oltre 1 milione di euro. La prima è il progetto “Design”, per la creazione di collezioni con particolare attenzione alle tendenze di mercato e a soluzioni tecniche in grado di garantire il massimo confort. Poi c’è il progetto “Green” finalizzato allo sviluppo di calzature ecosostenibili attraverso la ricerca e la progettazione, volte all’innovazione tecnologica. E infine il progetto “4.0” per la digitalizzazione dell’intero processo produttivo attraverso la modellizzazione virtuale e lo sviluppo di un ambiente dimostrativo nel metaverso. La società esporta i suoi prodotti anche all’estero, tra Europa ed Asia, dove opera con una controllata che serve Cina, Corea ed Indonesia.
Nice Footwear è attiva in un distretto, quello calzaturiero della Rivera del Brenta, in ripresa dopo la pandemia. Situato tra Venezia e Padova, è un’eccellenza nel panorama italiano e internazionale con 6mila
LA SOCIETÀ ESPORTA ANCHE ALL’ESTERO, TRA EUROPA E ASIA, DOVE OPERA CON UNA CONTROLLATA CHE SERVE CINA, COREA E INDONESIA
risorse umane impiegate, 504 aziende, una produzione annuale di 20 milioni di paia di scarpe e un fatturato generato del valore di 1,8 miliardi di euro, come mette in luce la prima edizione dell’Osservatorio sullo stato di salute del Distretto Calzaturiero della Rivera del Brenta di Cherry Bank. Nel corso degli anni il distretto ha subito una trasformazione passando da un orientamento esportativo per diventare un punto di riferimento per i brand del lusso..
L’AI VICINO DI SCRIVANIA? MANAGER E DIPENDENTI ANCORA SOSPET TOSI
Secondo un’indagine di Workday, solo il 62% dei leader aziendali ne accoglie con favore l’utilizzo nel proprio team
di Matteo Calzaretta
Leader e dipendenti mostrano generalmente una certa reticenza allo sviluppo e all’utilizzo dell’intelligenza artificiale in azienda. È questo ciò che emerge dall’ultima indagine globale Closing the AI Trust Gap realizzata da Workday, fornitore leader di applicazioni cloud aziendali per la gestione finanziaria e delle risorse umane.
I servizi offerti da Workday sono progettati con l’IA e il machine learning e hanno come obiettivo quello di aiutare le organizzazioni ad accogliere le innovazioni del futuro nel mondo del lavoro.
I leader aziendali e i dipendenti concordano sul fatto che l’intelligenza artificiale offra grandi opportunità per la trasformazione aziendale. Tuttavia, emerge una certa avversione nella sua implementazione responsabile, con i dipendenti che manifestano un grado di scetticismo ancora più marcato rispetto ai propri dirigenti. Lo studio ha coinvolto 1.375 leader aziendali e 4.000 dipendenti in 15 paesi in tre regioni principali: Nord America, Asia-Pacifico e Giappone (Apj), Europa, Medio Oriente e Africa (Emea). Questa ripartizione rivela una visione completa della gerarchia organizzativa,
“PER RIDURRE QUESTO SCETTICISMO LE IMPRESE DEVONO APPROCCIARE LA NOVITÀ CON POLITICHE CHE DIANO EQUILIBRIO TRA INNOVAZIONE E FIDUCIA”, AFFERMA JIM STRATTON, CTO DI WORKDAY
evidenziando le prospettive della leadership e della popolazione dipendente più ampia.
Dai risultati si evince che c’è una mancanza di fiducia a tutti i livelli della forza lavoro, in particolar modo tra i dipendenti. Solo il 62% dei leader accoglie con favore l’adozione dell’intelligenza artificiale nella propria azienda e la stessa percentuale di leader è fiduciosa che verrà garantita un’attuazione responsabile e affidabile. Prendendo ora in considerazione i dipendenti, questi numeri scendono ulteriormente, rispettivamente al 52% e al 55%.
Vi è anche incertezza, tra dipendenti e leader, sul fatto che la loro impresa atti-
verà l’intelligenza artificiale nel modo più opportuno: il 23% dei dipendenti teme che gli interessi dell’azienda vengano messi al di sopra dei propri quando attiverà l’AI. I leader non la pensano diversamente per il 21%.
“Non si può negare che l’AI offra immense opportunità per la trasformazione aziendale”, afferma Jim Stratton, chief technology officer di Workday. “Tuttavia la nostra ricerca evidenzia che leader e dipendenti mancano di fiducia e di comprensione delle intenzioni delle loro organizzazioni riguardo all’implementazione dell’AI sul posto di lavoro. Per ridurre questa mancanza di fiducia, le aziende devono adottare un approccio globale alla responsabilità e alla governance dell’AI, ponendo particolare attenzione al sostegno di politiche che possano aiutare a trovare il giusto equilibrio tra innovazione e fiducia”. I dipendenti che hanno partecipato al sondaggio desiderano il coinvolgimento umano nei processi di intelligenza artificiale, ma non hanno ben chiaro il modo migliore per farlo. Il 70% dei leader aziendali concorda sul fatto che l’AI dovrebbe essere sviluppata in modo da consentire facilmente la revisione e l’intervento umano. Tuttavia il 42% dei dipendenti ritiene che la propria azienda non abbia una chiara comprensione di quali sistemi dovrebbero
Quanta fiducia c’è verso l’AI?
LEADER
62% FAVOREVOLE ALLA SUA ADOZIONE
62% FIDUCIOSA VERSO UN UTILIZZO RESPONSABILE
DIPENDENTI
52% FAVOREVOLE ALLA SUA ADOZIONE
55% FIDUCIOSA VERSO UN UTILIZZO RESPONSABILE
essere completamente automatizzati e quali richiedono l’intervento umano. Una precedente ricerca sull’AI commissionata da Workday conferma ulteriormente le preoccupazioni sulle capacità delle aziende d’implementare questa novità in modo responsabile ed efficace: quasi tre leader su quattro (72%) hanno affermato che la propria organizzazione non ha le competenze per gestire pienamente l’intelligenza artificiale e il machine learning, e una percentuale leggermente più alta (76%) ha affermato che la propria conoscenza delle applicazioni AI e ML necessita di miglioramenti. Alla richiesta di immaginare
Regolamentazione AI: a che punto siamo?
TRE LEADER SU QUATTRO
LE AZIENDE NON SI STANNO IMPEGNANDO ABBASTANZA
un futuro in cui l’intelligenza artificiale faccia parte della vita quotidiana, il 42% dei leader e il 36% dei dipendenti citano i quadri organizzativi e la regolamentazione come elementi più importanti.
Tuttavia, manca una visione chiara, a livello aziendale, sulla regolamentazione e le linee guida. Tre dipendenti su quattro affermano che la loro organizzazione attuale non sta collaborando alla regolamentazione dell’AI e quattro dipendenti su cinque affermano che la loro azienda non ha ancora condiviso le linee guida sull’uso responsabile dell’intelligenza artificiale. “Gli standard etici nell’uso dell’AI e del
QUATT RO DIPENDENTI SU CINQUE
L’AZIENDA NON HA CONDIVISO LE LINEE GUIDA PER LA REGOLAMENTAZIONE
machine learning sono vitali per il successo a lungo termine. Man mano che introduciamo sempre più tecnologie basate sull’AI, ci concentriamo sulla creazione di rapporti di estrema fiducia con clienti e dipendenti”, afferma Dan Cohen, chief information officer e direttore delle operazioni presso The Amenity Collective. “Il nostro obiettivo è quello di creare una cultura, come pilastro fondante del nostro brand, che adotti l’intelligenza artificiale e che consenta ad ogni persona che fa parte della nostra azienda di utilizzarla con il fine di fare sempre la cosa giusta per i nostri clienti”..
CAMPIONI DI SICUREZZA
IMPRESA
di Matteo Calzaretta
Cortem Group, costituito dai marchi Cortem, Elfit e Fondisonzo, è tra i player più importanti nel settore Oil&gas. L’azienda, dal 1968, progetta e realizza apparecchiature elettriche antideflagranti destinate a impianti in zone a rischio di esplosione e incendio, sia on-shore che off-shore.
Cortem Spa, la principale realtà del gruppo, è stata fondata il 24 febbraio 1968 a Villesse da Marco Rossi e Renato Gratton, con l’ambizione di diventare leader italiano e poi internazionale. Cortem oggi è un gruppo che vanta ben quattro sister companies localizzate a Singapore, Dubai e Buenos Aires, dieci hub di distribuzione, 250 impiegati, un’ampia rete di vendita e rappresenta uno dei principali player del mercato dell’antideflagrante con un fatturato di circa 50 milioni di euro.
Quella di Cortem è la storia di un’azienda italiana in cui il modello d’impresa familiare e l’approccio manageriale si sono amalgamati in modo vincente. Perché per ottenere il giusto equilibrio fra tradizione, crescita e innovazione, c’è bisogno di diversificazione e flessibilità, nei prodotti, nei mercati, nelle strutture produttive, nelle risposte ai bisogni dei clienti. Oltre ad una continua ricerca per lo sviluppo di prodotti innovativi di qualità, grande attenzione è da sempre rivolta alle soluzioni personalizzate e di ingegnerizzate. Abbiamo intervistato Marianna Saragaglia, cco di Cortem Group e managing director di Cortem Gulf a Dubai, dove risiede dal 2018. Da Roma agli Emirati Arabi. Qual è il sogno che insegue?
Il filo conduttore che mi unisce al Medio Oriente ha radici nei primi anni ’90, quando per un importantissimo gruppo petrolchimico italiano lascio la sede di
Roma per gli Emirati Arabi e l’Arabia Saudita. All’inizio non ho inseguito un sogno ma un’opportunità di crescita professionale e una sfida lavorativa entusiasmante, in paesi e in un settore allora proibitivi per una donna. Da lì in poi tutta la mia lunga esperienza lavorativa in quei territori è di fatto diventata un sogno che si rinnova costantemente da oltre trenta anni.
Le piacerebbe un giorno tornare a lavorare in Italia?
È una domanda complessa, alla quale ad oggi non saprei rispondere in modo preciso. Mi sento italiana, lavoro per un gruppo al 100% italiano e la mia famiglia vive in Italia, mio marito compreso. Il mio legame con il paese di origine è forte, ma oggi se mi doveste chiedere quale considero “casa”, senza alcun dubbio risponderei Dubai. Non so immaginare un mio rientro
definitivo in Italia, la verità è che tra me e il Medio Oriente c’è ancora tanta storia da scrivere insieme.
Passiamo a Cortem Group: come è cambiata l’azienda dal suo ingresso ad oggi?
Cortem è un’azienda italiana familiare fondata nel 1968, io arrivo in Cortem nel 2016 con l’incarico di sviluppare la divisione Epc dei grandi progetti e di proseguire il piano di internazionalizzazione del gruppo. Il mix tra la grande capacità produttiva, il know how, il brand di Cortem e la mia ventennale esperienza nel settore Oil&Gas ci ha portato oggi ad essere tra i leader di mercato del nostro settore, che pur non tradendo l’anima familiare, è di fatto una multinazionale gestita managerialmente, riconosciuta da tutto il panorama internazionale. Credo che io e Cortem, in fondo, siamo cresciuti insieme.
Immagino che portare il made in Italy nel mondo sia un grande obiettivo anche per la vostra azienda. Assolutamente. Puntiamo a portare il made in Italy ovunque senza snaturare le nostre origini e gli elevati standard di qualità. Ad oggi il nostro polo produttivo di riferimento rimane quello in Italia, in provincia di Gorizia, le nostre fabbriche all’estero sono nate principalmente come centri di assemblaggio e non di produzione, ma in forte evoluzione per incontrare i requisiti ormai inderogabili di local contents
Sicurezza sul lavoro: la vostra azienda si assume un’importante responsabilità. Una grossa responsabilità che sentiamo quotidianamente e che ci assumiamo investendo non solo nell’ingegneria dei nostri prodotti, ma anche nella costante formazione dei nostri
MARIANNA SARAGAGLIA, ARRIVATA NEL 2016 PER SVILUPPARE LA DIVISIONE EPC E PROSEGUIRE IL PIANO DI INTERNAZIONALIZZAZIONE, HA CONTRIBUITO
A RENDERE IL GRUPPO LEADER DI MERCATO NEL SETTORE OIL&GAS
dipendenti, partners e clienti sulla Normativa Atex/IECEx. Normativa in continua evoluzione e che regola in modo stringente il nostro campo di applicazione.
Come riuscite a rimanere costantemente al passo con i tempi?
Investendo costantemente su ricerca e sviluppo di nuove tecnologie e prodotti ingegnerizzati soprattutto nell’illuminazione a led. Inoltre la sfida è quella di non fornire solo prodotti ma guardare a “soluzioni e sistemi” che in qualche modo ci posizionino nel mercato non solo come costruttori di materiali, ma anche come integrators.
Come vi ponete sul fronte investimenti nel campo del green idrogeno?
Pur consci che il nostro dna sia radicato nel settore petrolchimico, stiamo investendo in prodotti e sistemi che possano supportare l’applicazione in impianti di idrogeno, fotovoltaici, solari e nei processi di decarbonizzazione. Mossi non soltanto dall’ovvio obiettivo di business, ma anche dal senso di responsabilità e di consapevolezza del contributo che una realtà industriale come la nostra possa dare alla salvaguardia dell’ambiente. Inoltre non dimentichiamo il ruolo della digitalizzazione, che a nostro avviso rappresenta uno strumento ormai indispensabile per chi guardi in modo serio al mondo green..
Spirito DI INVESTIMENTO
Ricerca di qualità e curiosità: Davide Fregonese racconta la sua avventura dalla finanza al vino, fino alla Compagnia Italiana del Whisky
Idi Edoardo Prallini
n Italia, dal 2010 a oggi, il mercato del whisky è cresciuto costantemente.
Secondo la Scotch Whisky Association il nostro Paese, sebbene sia lontano dalla top 10 dei maggiori Paesi esportatori, ha importato 8 milioni di litri nel 2023, confermando il ritorno degli spirits di qualità. Certo, niente a che vedere con i volumi degli anni ’70, quando quello italiano era uno dei mercati più importanti per il single malt scotch, ma il fatto che questo segmento stia diventando sempre più strategico e di tendenza ha sicuramente attirato nuovi investitori. Tra questi Davide Fregonese, fondatore della neonata Compagnia Italiana del Whisky: “Ho sempre avuto una grande passione per il whisky, che ho iniziato a collezionare in bottiglie e, negli ultimi anni, in cask”, afferma, rimarcando come, a guidare i suoi investimenti, ci siano innanzitutto l’amore per il distillato e un’innata curiosità. “L’intento è quello di rendere meno ‘cerebrale’ l’approccio a grandi prodotti, affinché siano apprezzabili anche da un pubblico di semplici appassionati, ma senza mai transigere sulla qualità”, continua Fregonese. “Nasce così Ruadh Mhor, il primo private bottling di, auspico, una lunga serie”. Disponibile in 250 bottiglie numerate, distillato da Glenturret (la più antica distilleria di Scozia) e invecchiato 13 anni, il Ruadh Mhor vuole imprimere un’attitudine contemporanea a un prodotto tradizionale. Vuole portare quella qualità e quella moder-
nità con le quali Davide Fregonese marchia qualunque cosa si ritrovi tra le mani. Per capire le origini della sua missione bisogna risalire a quando, professionista di successo nel mondo della finanza, dopo 25 anni di esperienze in giro per il mondo, sente il richiamo delle sue origini e delle sue passioni più profonde. “Mi capitava di fare colazione a Milano, pranzare a Parigi e cenare a Londra. Bello a dirsi, ma mi sentivo come un criceto in una gabbia dorata. Avevo paura di rimanerci intrappolato. Dunque decisi di rientrare in Italia e acquistare due vigne nei cru più importanti di Serralunga D’Alba e una vigna sull’Etna”.
Culle di vini estremamente moderni, armonici e puliti, dove Davide Fregonese può coronare uno dei più grandi sogni per un piemontese: produrre un proprio vino nella terra del Barolo. Per raggiungere questo obiettivo si è fatto affiancare da Davide Rosso, importante vigneron di Serralunga d’Alba. “Gli piacque l’idea e iniziammo insieme. Lui mi fa consulenza a 360 gradi, dalla vigna alla bottiglia”, afferma Fregonese, che nel 2014 realizza la prima annata. Due anni dopo, Sicilia: “Anche lì abbiamo avuto lo stesso tipo di collaborazione: io ci ho messo real estate e terre, lui il suo knowhow, quella competenza tecnica che serve
per portare avanti la vigna e garantire la massima qualità al prodotto”.
L’amicizia e la profonda fiducia che Davide Fregonese ha nelle competenze di Davide Rosso lo porta ad affidargli la vinificazione dei suoi vini. Nella sua cantina la modernità viene messa al servizio della tradizione con uno stile produttivo che punta verso l’armonia, l’eleganza e la pulizia. Le tecnologie di ultima generazione affiancano le vasche di cemento utilizzate per le fermentazioni, mentre per gli affinamenti si usano solo grandi botti di rovere francese. I progetti per il futuro si discutono ma senza fare troppo rumore, perché al momento l’obiettivo è quello di consolidare quella qualità tanto ricercata: “Vivo un passo alla volta, e in questo momento sto imparando la complessità del mondo del vino e del whisky”, continua Fregonese. “Tuttavia, nelle condizioni giuste, in futuro valuterei qualcosa in Toscana. Mi piace Bolgheri come tipologia di vino, come terroir. Al momento però voglio stabilizzarmi, trovare il giusto equilibrio nella vita e lasciare ai miei figli qualcosa di ben fatto”.
Una ricerca di stabilità che tuttavia corri-
IL SUO VIAGGIO IMPRENDITORIALE INIZIA CON L’ACQUISTO DI DUE VIGNE NEI CRU PIÙ IMPORTANTI DI SERRALUNGA D’ALBA E UNA VIGNA SULL’ETNA. A GENNAIO 2024 INVECE IL PRIMO IMBOTTIGLIAMENTO NEL MONDO DEGLI SPIRITS
sponde a tutt’altro che all’ozio. Due parcelle a Serralunga D’Alba, una tenuta sull’Etna e un brand di whisky appena fondato sono impegni che in un modo o nell’altro ti costringono a rimboccare le maniche. Soprattutto se i nomi che compaiono sull’etichetta sono della caratura di ‘Barolo’, ‘Nebbiolo’ o se l’operazione con il single malt riporta alla mente la storia italiana di questo prodotto. Il primo marchio di whisky non in-
glese o scozzese è stato italiano. Samaroli, per l’esattezza, un imbottigliatore con sede a Bologna. Molte delle sue bottiglie sono diventati oggetti di culto e sono ricercati per la loro rarità. Con le dovute proporzioni, anche Davide Fregonese vuole cavalcare l’onda del ritorno degli spirits portando un distillato di grande pregio, elegante e contemporaneo nei migliori locali italiani. “L’ho chiamata ‘Compagnia’ per darle un respiro internazionale, mi ricorda un po’ la Compagnia delle Indie. ‘Italiana’ perché siamo sinonimo di qualità: nel nostro Paese abbiamo un patrimonio culturale ed enogastronomico immenso, non possiamo permetterci di sottovalutarlo”. Ad affiancarlo in questa avventura Alessandro Rossi, national category manager wine di Partesa, la società che già distribuisce i suoi vini e che porterà Ruadh Mhor nelle liste dei migliori locali italiani, Adam Harding, direttore di Taylored Spirits e consulente della Compagnia Italiana del Whisky, e Gianni Rossi, il designer che ha realizzato il packaging. Ad unire i puntini la ricerca costante, appassionata e meticolosa di quella tanto agognata qualità..
L’ARTISTA che abita in me
Massimo Donnari nel 2017 cede alla passione per l’arte: i suoi lavori hanno varcato i confini nazionali
di Mirko CrocoliMassimiliano Donnari nasce imprenditore in una storica famiglia dedita all’importazione di impianti per la lavorazione del legno, settore arredo design. Da anni ne è al timone in qualità di amministratore delegato. Tuttavia, dal 2017 il manager si arrende a MaMo, ed è così che l’arte diviene in lui paritetica. Ultima personale, in ordine di tempo, ampiamente descrittiva dell’ormai celebre art player, è quella presente a Londra che, dalla House of Lord, passando per gli Spring Studios e arrivando al 50esimo del One Canada Square, si dipana in una corale che descrive le sue evoluzioni materiche. Attestati di stima giungono anche da un sempre più fidelizzato star system internazionale.
Massimiliano, lei nasce imprenditore nell’azienda di famiglia. Ci racconta la sua vita prima della ‘chiamata all’arte’?
Ho sempre respirato aria d’impresa sin da bambino. Poi crescendo, appena finita la mia preparazione in ambito di studi, è stato naturale l’ingresso imprenditoriale in famiglia, ma senza sconti alcuni. Dalla classica gavetta, in qualità di mero assistente presso i nostri uffici ebbi, dopo anni di crescita e duro lavoro, l’intuizione di giocare al rialzo. Decidemmo quindi, di comune accordo con la proprietà e con i nostri più validi collaboratori, di avanzare ai nostri stakeholder spagnoli la richiesta e volontà di ottenere la concessione in esclusiva
per tutto il territorio nazionale del loro core business: import e commercializzazione di avanzati impianti per la lavorazione ed il rivestimento di pannelli e profili, con materiali in continua evoluzione, sempre alla costante ricerca dei più elevati standard qualitativi di produzione. Decisione questa fortemente voluta, ma anche sofferta e rischiosa.
Settore di riferimento? Produzione? Il nostro focus è sempre stato ben preciso e saldo sin dagli esordi di mio padre, profilandosi subito come azienda in continua crescita nel settore commerciale: import, vendita, post vendita di impianti ad alta resa per rivestimento profili e pannelli. Factory che ha comunque sempre mantenuto la stessa filosofia aziendale, partendo dal nostro ben saldo headquarter umbro, ma con ramificazioni commerciali e canali anche in ambito estero.
Il suo attuale incarico? E quali i vostri clienti di riferimento?
Attualmente amministratore delegato, vivo l’impresa con una visione molto nitida in un contesto come il nostro, seppur complesso. I nostri clienti, ai quali assicuriamo commercializzazione e assistenza continua, sono a loro volta portabandiera del più elevato made in Italy, in qualità di produttori nel settore arredo design ed infissi, al vertice del medesimo.
Un mercato in evoluzione?
Forse tra i più complessi e camaleontici, con l’avvento soprattutto dell’economia cinese nella prima decade del 2000 e delle grandi catene d’arredo low cost che hanno saturato il mercato, ma che nel contempo hanno allargato il divario tra la qualità ed il fast design.
Sette anni fa arriva la metamorfosi. MaMo che fa capolino dentro Massimiliano. Cosa è successo?
Forse una sopita consapevolezza artistica che, latente e soffocata dai miei sempre più crescenti impegni aziendali, circa sette anni fa, ormai esacerbata da un demone non più contenibile, esplose. E, collateralmente alla mia consapevolezza, chi ebbe la ‘fortuita fortuna’ di vedermi aborigeno artista all’opera, mi convinse ancor di più che dietro quel neonato artista ci sarebbe poi stata una fervida escalation materica e mediatica.
L’imprenditore che coabita con l’artista Non ho consapevolezza di quando realmente ciò sia maturato in me, se sin dalla nascita
come uomo o dalla mia ‘seconda vita’ d’art player; di certo però vi è una coabitazione in questo ‘attico umorale’ di due persone distinte e conniventi: l’imprenditore Massimiliano, lanciato e consapevole, e l’artista MaMo, che permise e permette, di notte come di giorno, la creazione e l’evoluzione del proprio mondo, in continua sperimentazione, anche materica. Credo infatti che la mia prima personale racconti tanto di ciò.
Vanzina, Mogol, Vanoni, Carolina Cucinelli, ma anche personaggi del mondo della cultura. Tutti allineati.
Dicono che “MaMo piace alla gente che piace”. Forse la mia autoironia, il senso del bello, iconico quanto attuale, la mia vena comunicativa, paritetica a quella artistica, è riuscita a catturare gli sguardi di persone influenti nei più svariati ambiti, che a loro volta si sono rivelati amici, collezionisti e forse amanti di un comune e gaudente bello. Questi rapporti, in alcuni casi sfociati in autentiche amicizie e collaborazioni, si possono ritrovare anche nei pubblici endorsement che nei miei cataloghi sovente appaiono. Ultimo in ordine di tempo è infatti il mio nuovo book Waiting for London, con testimonianze di penne del settore fashion, cinema, design ed arte.
E poi arriva Londra
Tutto nasce anni orsono, quando con Paolo Taticchi, cattedratico della Imperial College e Ucl of London, creai la mia Fashion Queen. Un’opera di rottura e riflessione che catturò l’attenzione del docente italiano, il quale si adoperò per crearne il primo Nft al mondo, completamente sostenibile su blockchain, divenuto poi virale nel metaverso. Da ciò la volontà di sbarcare lungo il Tamigi, per una personale di 12 mesi nei luoghi più influenti della città: dalla House of Lord arrivando
NOME D’ARTE: MAMO. LE SUE OPERE SONO APPREZZATE DA PERSONAGGI COME VANZINA, MOGOL, VANONI E CAROLINA CUCINELLI. LA PERSONALE A LONDRA
fino al 50esimo del One Canada Square, per un evento apicale che convoglierà in febbraio importanti volti dell’economia e cultura britannica. In ultimo, vi spoilero in anteprima un secondo evento in realizzazione che mi vedrà presente nei fastosi saloni dell’Istituto Italiano di Cultura, dove le mie opere faranno capolino accanto ai grandi classici.
Le sue Queen Elizabeth e suoi Dom Perignart come Marilyn e i barattoli di Campbell’s?
Casuale sillogismo sin da quella not-
te in cui nacque la mia prima opera. La factory di Warhol quale padre fondatore del mio hangar, nato in epoca pandemica. Il barattolo di Campbell’s quale edonistica riflessione (anche se casuale) al mio Dom Perignart. Ed è in questa mia ottica comunicativa molto cosmopolita che nacque quest’ultima. Laddove chiunque, relegato a casa, intento unicamente ad accaparrarsi quel fatidico ed introvabile gel lavamani, fece scaturire in me quell’onirico feticcio che, schizzando un immaginifico champagne, regala a chiunque la mia joie de vivre. Non ultimo la ‘mia’ Queen, la regina più iconica del passato come dell’attuale, forse immortale. Di fortuita nascita, divenuta nel tempo un mio lato artistico quasi imprescindibile, figlia di continue sperimentazioni spaziali quanto materiche, fino alle più recenti, composite, che con dissacrante ma garbata irriverenza, sfondano il muro della mera cornice.
Mission e obiettivi 2024 sia dell’imprenditore che dell’artista?
Il Massimiliano imprenditore avrà il suo spazio, ma sempre più paritetico all’arte, con obiettivi di crescita nel comparto dove da decenni operiamo, attento alle nuove esigenze del settore, in costante contatto con i nostri stakeholder, con i quali cammineremo insieme anche in questo 2024. Poi l’art player e quindi #MaMoalMoMa: seguendomi, noterete che di sovente sovviene questo mio hashtag, figlio di una umorale propensione verso obiettivi sempre più alti, prodotto umano d’una naturale volontà di concretezza riconducibile “al Massimiliano”. Londra diviene quindi un grande approdo internazionale, ma nel contempo, un punto di partenza verso altri orizzonti. .
Rubinetti D’AVANGUARDIA
Water Tech Solutions con i suoi prodotti d’eccellenza è diventato un punto di riferimento in Italia e all’estero, con i brand Teorema, Ottone Meloda e Zipponi
Pdi Danilo D’Aleo
raticità, design all’avanguardia, attenzione all’ambiente e affidabilità. Sono queste le parole chiave che contraddistinguono la mission e i valori di Wts (Water Tech Solutions), azienda bresciana che nel corso degli anni è riuscita a imporsi, in Italia e all’estero, come un’eccellenza nel campo della rubinetteria. Portavoce dei migliori marchi del settore, ognuno proiettato nel mercato internazionale, come Teorema, Ottone Meloda e
L’INSTALLAZIONE DI DUE IMPIANTI FOTOVOLTAICI DA 700MILA KWH ANNUI PERMETTE ALL’AZIENDA DI COPRIRE IL 40% DEL PROPRIO FABBISOGNO ENERGETICO
Zipponi, tanto per citarne alcuni, Wts oggi produce e assembla i propri prodotti finiti, che comprendono rubinetteria domestica, accessori bagno e prodotti per il wellness. Settore che negli ultimi anni, ha acquisito nuove quote di mercato e interesse da parte dei clienti, ormai sempre più attenti alla cura del proprio benessere fisico e mentale. Fondata nei primi anni ’90 come produttore di componentistica conto terzi per rubinetteria, sfruttando la decennale competenza nel settore dei suoi fondatori, Luigi Pedrali e Renato Chittò, Wts negli anni 2000 è entrata da protagonista nel mercato del prodotto finito grazie all’acquisizione di Teorema e Ottone Meloda che sono, ancora oggi, i marchi principali dell’azienda. “Operiamo sul mercato italiano, che rappresenta il 40% del nostro fatturato globale, esclusivamente attraverso il brand Teorema – che ha acquisito quote significative in tutti i mercati -, proponendo i nostri prodotti sia sul canale Gds che Gdo. Il mercato estero è invece sviluppato dai vari marchi del gruppo”, ci racconta Aldo Verri, ceo di Wts, che al suo interno vanta anche una divisione di vendita orientata al B2B e al Private Label, con la produzione di rubinetteria finita e componentistica per produttori sia italiani che europei.
Peraltro, proprio la produzione integrata all’interno dello stabilimento di San Maurizio d’Opaglio, piccolo comune della provincia di Novara, è uno degli aspetti fondamentali che contraddistingue Wts dai competitor presenti nel settore. Perché “si articola lungo tutto il ciclo produttivo: dalla
fonderia, con la lavorazione meccanica e la pulitura, fino alla cromatura che permette la realizzazione di finiture di design. Proprio quest’ultimo impianto è un fattore che consente all’azienda un completo controllo qualitativo di ogni prodotto”. Anche la vastità e completezza della gamma sono un elemento di forza dell’offerta di Wts. “Sono poche le aziende che riescono a coprire tutta la gamma di prodotti: dai prodotti di design a quelli più competitivi. Questo permette ai nostri distributori di poter fare affidamento su un solo fornitore di rubinetteria con significativi risparmi logistici e organizzativi; e a noi di avere una rete di distributori affidabili e strutturati sui singoli mercati che ci garantiscono un alto livello di servizio. Aspetto che, a cascata, ci permette di crescere all’estero (dove esportiamo il 60% della nostra produzione), di aumentare le entrate e di ridurre il rischio di impresa. Proprio la crescita sui mercati esteri è una priorità per Wts perché consente, oltre che di generare fatturato, di ridurre il rischio d’impresa: ciò è fattibile attraverso l’implementazione, appunto, di una rete di distributori affidabili in grado di poter garantire un alto livello di servizio”, aggiunge Verri.
Con un fatturato in crescita a 34 milioni di euro e un ebitda oltre il 10%, Wts, nonostante le evidenti problematiche geopolitiche, è riuscita a continuare il suo percorso di crescita e a incrementare il suo giro d’affari. Dimostrazione evidente che gli investimenti effettuati, in particolar modo in tecnologie per rendere l’azienda sempre più competitiva anche in termini di ecologia e risparmio energetico e idrico (riducendo
per esempio i costi dell’energia e dei trasporti che nel 2021 sono aumentati in modo considerevole), hanno portato i suoi frutti. Basti pensare che solamente negli ultimi quattro anni la società ha investito
oltre 10 milioni di euro per rinnovare gli impianti produttivi, consentendo un risparmio energetico di oltre il 30% a parità di produzione. Inoltre, l’installazione di due impianti fotovoltaici da 700mila Kwh annui consente all’azienda di autoprodursi circa il 40% del proprio fabbisogno energetico. Obiettivo che lo stesso Verri conferma: “Il 2023 è stato un anno positivo per l’azienda. Partendo dal presupposto che per il 2024 il nostro obiettivo è quello di continuare il nostro piano di espansione, specialmente concentrandoci sullo sviluppo di nuovi mercati e sul consolidare quello italiano, contestualmente continueremo a investire in nuove e giovani risorse che possano far fronte a un cambio generazionale e fornire nuovo entusiasmo e innovazione in azienda”.
Il biscotto DELL’INCLUSIONE
Frolla è un microbiscottificio nato in provincia di Ancona con un obiettivo speciale: inserire nel mondo del lavoro ragazzi e ragazze con disabilità
Udi Maurizio Abbati
n prodotto in apparenza semplice come un biscotto si trasforma in strumento per l’inclusione sociale. L’idea di Frolla, il microbiscottificio nato a Osimo, in provincia di Ancona, più di cinque anni fa, è subito diventata un modello, permettendo l’inserimento lavorativo di ragazzi e ragazze con disabilità che diventano parte attiva di questo progetto.
Una storia di solidarietà, ma anche di cre-
L’INTEGRAZIONE PROCEDE DI PARI PASSO CON LA QUALITÀ: LA SCELTA DELLE MATERIE PRIME PARTE DALLE MARCHE E SI RIVOLGE A TUTTA ITALIA PER PRODUZIONI DIVERSE, COME QUELLA DEL CIOCCOLATO
azione di un modello d’impresa, che oggi offre lavoro a 21 ragazzi e ragazze e fa leva su una forte rete solidale. “Abbiamo cominciato a testare l’idea sviluppando profili Facebook e Instagram dove pubblicavamo solamente foto di biscotti gourmet”, ci racconta Jacopo Corona, cofondatore di Frolla. “Le persone iniziavano ad apprezzare, poi siamo usciti allo scoperto con un video dove abbiamo ripreso i nostri ragazzi al lavoro e la notizia è stata accolta con grande interesse. Abbiamo iniziato a ricevere centinaia di messaggi da persone interessate al progetto, siamo riusciti a essere inseriti presso l’incubatore d’impresa, abbiamo fatto una campagna di crowdfunding, che si è conclusa raccogliendo quasi il triplo di quello che chiedevamo”.
Un progetto in cui qualità e integrazione procedono di pari passo, che nel 2021 ha ottenuto il riconoscimento dal Parlamento Europeo per la sua capacità di generare inclusione sociale e lavorativa. “Siamo una cooperativa sociale che si occupa di inserimento lavorativo dei giovani con disabilità. La particolarità è quella di aver creato un modello di impresa completamente partecipata dai ragazzi, che qui da noi, oltre a lavorare alla parte produttiva, gestiscono la somministrazione presso il nostro bar e i rapporti con i clienti, fanno le consegne con il furgone”, prosegue Corona, che spiega come questa clientela sia molto varia e spazi dalle famiglie che arrivano per le colazioni a un pubblico giovane che fa acquisti attraverso un e-commerce, gestito attraverso pagine social molto curate.
“Una clientela non dissimile da quella di tante altre aziende, anche se forse con un po’ più di attenzione al sociale. Ma questo non significa che manchi dall’altra parte attenzione alla qualità, garantita dalla scelta accurata delle materie prime, che per noi deve rimanere sempre molto alta. Effettuiamo una attenta selezione dei prodotti”, sottolinea Corona, “partendo dal nostro territorio, le Marche, che offre materia prima ottima, per rivolgerci al resto d’Italia per produzioni diverse come ad esempio il cioccolato”.
Dal 2023 infatti Frolla si è aperta al mondo della cioccolateria con il progetto CioccoFrolla, che grazie al sostegno di Unicredit e a una nuova operazione di crowdfunding ha reso possibile acquistare un macchinario per la realizzazione di biscotti al cioccolato e ha comportato nuove assunzioni. Nel frattempo è cresciuto anche il fatturato: 437mila euro nel 2022 e 585mila nell’ultimo esercizio a fronte di circa 70mila sacchetti di biscotti confezionati. Frolla ha anche una squadra di calcio
composta, tra gli altri, da alcuni dei ragazzi diversamente abili che operano nello stabilimento. La squadra è affiliata alla Sa Castelfidardo, che partecipa al primo torneo nazionale di calcio a 7, quarta categoria, riservato a calciatori e calciatrici con disabilità intellettivo-relazionale e patologie psichiatriche, promosso dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio, che li porta a svolgere un allenamento alla settimana e poi la partita ufficiale.
E poi c’è il futuro. “Questo 2024 dovrebbe vedere per noi un salto in avanti importante. Stiamo investendo su una nuova sede e un nuovo stabilimento produttivo dove fare anche lezioni di pasticceria ai ragazzi più giovani. Abbiamo lanciato a gennaio un crowfunding che sta andando oltre le nostre aspettative”. A questo si aggiunge per tutti la possibilità di donare il proprio 5x1000 e contribuire alla crescita dell’iniziativa.
Tra le varie proposte Frolla ci sono poi dei particolari vasetti che contengono alcuni biscottini e possono tradursi in un’idea sim-
patica per una bomboniera in vista di una cerimonia. Un lavoro che viene realizzato totalmente su misura: c’è un responsabile che insieme al cliente sceglie il vasetto, il tipo di biscotti e il colore dei nastri. C’è inoltre la possibilità di usufruire dei servizi di Frolla per aperitivi o colazioni nel caso di eventi aziendali, o di farsi confezionare particolari regali di Natale per dipendenti e collaboratori.
A dare l’idea dell’attenzione al sociale è anche il “Frollabus”, progetto nato per rispondere alle esigenze e ai cambiamenti dettati dalla pandemia da Covid-19 e incrementare il servizio di bar e pasticceria. Un piccolo bus con cui portare i prodotti Frolla in giro per piazze, città, spiagge, strade, mercati e fiere. Insomma, quando la colazione da Frolla non è possibile, è Frolla che la serve in strada. “La cosa per noi più bella”, conclude Corona, “è che ragazzi abituati a stare perlopiù in casa si trovano a confronto diretto con la gente, portando avanti un processo di inserimento attivo che esalta le loro capacità”..
L’emozione in un CALICE
Cantina Caleffi ridefinisce i codici della wine hospitality con percorsi esperienziali che fondono arte, cultura, storia, enologia e gastronomia
di Maurizio Abbati
Ridefinire i codici della wine hospitality: è questa la visione che sta portando Cantina Caleffi ad affermarsi come nuova maison d’eccellenza nel panorama enologico italiano, raccogliendo prestigiosi riconoscimenti dagli esperti di settore. “Il tratto distintivo di un’esperienza affascinante e aspirazionale risiede nell’armonia tra i più alti standard di qualità, eleganza e innovazione”, esordisce Mattia Caleffi, interprete e guida di questo percorso. Una visione che affonda le radici nelle sue esperienze maturate in società di stampo internazionale e permea il mondo del vino applicandone i princìpi propri del mondo del luxury. ‘’Far vivere un momento unico ed esclusivo, che scaturisca dal sorso di uno dei nostri calici assaporando la storia, la passione e le nostre intuizioni, costituisce la chiave di volta per far breccia nel cuore dei nostri affezionati clienti, facendoli sentire accolti come in una boutique immersa tra gli antichi vitigni, nella quale esperire un percorso elegante, vibrante e coinvolgente’’. Incastonata in una lingua di terra tra le province di Mantova e Cremona, tra i nuclei architettonici rinascimentali patrimonio dell’Unesco delle terre dei Gonzaga, Cantina Caleffi eleva con stile, purezza espressiva e una filosofia produttiva biodinamica un terroir che dà vita alle uve di Malvasia di Candia, Lambrusco e Cabernet Sauvignon. Una tiratura limitata di vini dal carattere autentico - circa 36mila bottiglie - che coniuga i saperi tramandati da generazioni con le idee e visioni di un nuovo modello di business sostenibile. “È un onore essere custodi delle nostre radici, in quanto costituiscono i differenziali competitivi per
LA SFIDA STA NEL CONIUGARE I SAPERI TRAMANDATI DA GENERAZIONI CON LE IDEE E I PROGETTI DI UN NUOVO MODELLO DI BUSINESS SOSTENIBILE
creare valore sostenibile e duraturo con e per i nostri stakeholders’’, dice Mattia Caleffi, ponendo l’accento sull’importanza dell’identità distintiva di ciascuna realtà e sulla rilevanza nell’operare in concerto con tutti gli attori dell’ecosistema nella quale è inserita.
“Il fascino di una wine experience che fonda in sé le sfere dell’arte, della cultura, dell’alta ristorazione, dell’enologia e al contempo
rispetti i più importanti princìpi etici della sostenibilità sociale e ambientale, costituisce la sintesi della visione della nostra azienda. Un ricercato e innovativo connubio di iniziative che spaziano dalla partnership con prestigiosi chef stellati ad arricchire il lancio di nuove collezioni nel campo della moda e del design. Calici che ispirano l’estetica dell’arte e creano un’unione affascinante che inviti le persone ad immergersi in esperienze multisensoriali”.
Iniziative, inoltre, che abbracciano progetti in ambito educativo, culturale e sostengono, laddove è possibile, missioni umanitarie e nel campo della ricerca medica. Infine, conclude Mattia, “diventare una wine destination ricercata, che coniughi la sussurrata eleganza della natura, l’intima accoglienza riservata a un pubblico internazionale e l’arte enologica costituisce per noi la direzione presente e futura’’..
ORIENTARE LA TRASFORMAZIONE
IL POLO TECNOLOGICO
LUCCHESE
HA INCUBATO
CIRCA 60
STARTUP IN POCO
PIÙ DI DIECI ANNI: NON SOLO DELLA
PROVINCIA, MA DI TUTTA
LA REGIONE
In poco più di dieci anni di vita ha già incubato e accelerato una sessantina di startup. Tutte realtà attive principalmente nei settori dell’Information technology e delle tecnologie energetiche. Il Polo Tecnologico Lucchese rappresenta d’altronde uno dei più importanti investimenti in termini di capitale umano e finanziario della Camera di Commercio di Lucca. Un progetto pensato per sostenere l’innovazione industriale non solo nella provincia ma in tutta la Regione Toscana, dove è infatti oggi il secondo polo per dimensione degli ambienti destinati ad ospitare startup, per il numero di imprese insediate e per l’occupazione qualificata che vi opera. La società, partecipata al 100% dalla Camera di Commercio Toscana Nord Ovest e gestita da Lucca In-tec, sorge nell’area occupata, in passato, dagli stabilimenti industriali dell’Oleificio Bertolli. L’area industriale è stata negli anni e con più interventi interamente riconvertita attraverso un processo di riqualificazione urbanistica e ambientale che ha valorizzato il complesso edilizio presente nella zona. Tanto da diventare un modello di riferimento per l’applicazione di principi di edilizia sostenibile, essendo costruita con materiali e tecnologie che permettono un consistente ricorso a fonti energetiche rinnovabili. La missione del Polo Tecnologico Lucchese è quella di facilitare il trasferimento tecnologico e lo sviluppo di attività innovative in settori strategici, al fine di aumentarne l’attrattività e la competitività. E in questo modo contribuire allo sviluppo del territorio, sostenendo sia la creazione e l’incubazione di nuove imprese innovative ad alto potenziale di crescita, sia le attività legate alla società dell’informazione e della conoscenza. Il Polo Tecnologico Lucchese si propone dunque alle startup nelle vesti di incubatore accreditato dalla Regione Toscana a disposizione di chi intende sviluppare la propria attività imprenditoriale sulla base di un progetto tecnologicamente valido ed economicamente sostenibile, oltre che
come spazio di coworking. I suoi servizi spaziano dall’orientamento all’avvio dell’attività innovativa, dalla formazione digitale, con finanziamenti su misura, sino al supporto per i piani di innovazione di prodotto o di processo, organizzativa e gestionale. Il progetto è stato pensato anche per favorire opportunità di networking commerciale e industriale fra startup innovative e imprese tradizionali di ogni settore, agevolare
l’incontro e il networking finanziario con potenziali investitori privati, dai business angel ai fondi di investimento. Nonché per sostenere il trasferimento del know how tecnologico, mettendo in relazione il sistema imprenditoriale con il sistema universitario e della ricerca, favorire l’accesso a progetti di sistema e bandi di agevolazione a valere su programmi regionali, nazionali ed europei. Ad oggi sono 27 le aziende operative
negli spazi del Polo Tecnologico Lucchese, con circa 250 persone impiegate, che generano un fatturato complessivo di oltre 15 milioni di euro. Tra i settori più presidiati figurano innanzitutto le aziende specializzate nell’Information technology, ovvero Argologica, Centro Sistemi, Clip Comunicare, Demcode, ElleFree, Eureka, Fuzzy Marketing, Genau, Indiana, IZi Smart Solutions, Logic Way, Multiverso, Noi Tv, Pizero Design, Quivi, Synoptica,
QZR, Synoptica, Techedge, Tree Tower e Voith Paper. Il comparto delle tecnologie energetiche è invece rappresentato da Sol Agency, Sol Lucet Trading e I-Novv. Nel polo sono quindi attive Areajob Agenzia per il Lavoro, Direzione Lavoro Group e Fidi Toscana, che possono così erogare i loro servizi nell’ambito delle risorse umane e delle opportunità di investimento finanziario a sostegno delle imprese. Gli spazi del Polo Tecnologico Lucchese
I
SERVIZI SPAZIANO
DALL’ORIENTAMENTO ALL’AVVIO DELL’ATTIVITÀ INNOVATIVA, DALLA FORMAZIONE DIGITALE, CON FINANZIAMENTI SU MISURA, SINO AL SUPPORTO PER I PIANI DI INNOVAZIONE DI PRODOTTO O DI PROCESSO, ORGANIZZATIVA E GESTIONALE
ospitano anche Lucense, l’organismo che svolge attività di ricerca industriale, sviluppo sperimentale, trasferimento tecnologico e divulgazione, un’entità costituita nel 1984 che nel corso degli anni ha allargato il suo ambito operativo fino ad assumere una dimensione nazionale e, per alcune attività, internazionale. Nel tempo Lucense ha concentrato la propria attività in due ambiti tematici trasversali: le tecnologie dell’informazione e della comunicazione e la sostenibilità ambientale (mobilità, building, applicazione nuovi materiali eco-sostenibili, valorizzazione dei rifiuti, economia circolare). Mentre in ambito produttivo ha investito in un comparto di forte specializzazione del territorio in cui opera, il cartario. Le competenze tecniche e i relativi servizi attivati negli ambiti del settore cartario e dell’Ict hanno tra l’altro portato Lucense ad avviare l’operatività di due unità, il Centro qualità carta (un laboratorio indipendente di prove accreditato a livello internazionale, punto di riferimento nel settore dei materiali e prodotti a base di cellulosa e delle loro applicazioni) e Lunet (da trent’anni specializzata nella consulenza su reti e servizi informatici, sviluppo di prodotti software personalizzati per Industria 4.0, data analysis e servizi Isp per l’accesso e la presenza su internet)..
Le nuove muse DELLA SOSTENIBILITÀ
Il programma di accelerazione Encubator ha premiato le nove startup con i migliori progetti tecnologici che tutelano l’ambiente
Edi Matteo Calzaretta
ncubator ha premiato le nove startup dall’animo carbon free. Il programma di accelerazione, giunto alla seconda edizione, è stato promosso da Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi, PoliHub - Innovation Park & Startup Accelerator e Politecnico di Milano.
Il programma di accelerazione ha selezionato i migliori progetti tecnologici in ambito sostenibilità, per valorizzare al massimo il
SONO STATE OLTRE 150 LE CANDIDATURE DA TUTTO IL MONDO. LE NOVE IMPRESE INNOVATIVE VINCITRICI HANNO A DISPOSIZIONE UN GRANT IN DENARO EQUITY FREE DI 40 MILA EURO
loro potenziale. Il focus del programma è rivolto a spinoff universitari (o provenienti da centri di ricerca), ma anche a startup early stage italiane, europee e internazionali, capaci di offrire soluzioni alle principali sfide: accelerare la transizione energetica verso un paradigma “carbon free” e rendere più sostenibili città e trasporti riducendo gli sprechi secondo modelli di economia circolare. Sono state oltre 150 le candidature da tutto il mondo. Le nove startup vincitrici del progetto sono state selezionate da una giuria, composta da Camera di commercio, PoliHub, Politecnico di Milano e dai partner della ricerca, oltre che da diversi esperti del mondo dell’industria, del venture capital e della tutela della proprietà intellettuale. “Il programma di accelerazione Encubator, promosso insieme a Politecnico e sostenuto da un’ampia e qualificata rete di partner pubblici e privati, interpreta i valori che, come Camera di commercio, intendiamo far crescere: innovazione, capitale umano e sostenibilità. Siamo quindi molto soddisfatti di premiare in questa edizione le startup che, con visione, talento e tecnologia, si sono dimostrate pronte a rispondere alle sfide della transizione ecologica, diventando al contempo anche ispiratrici di nuovi modelli di business”, ha dichiarato Elena Vasco, segretario generale della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi. Dal settore energetico a quello agricolo, hanno vinto il grant di Camera di commercio BeadRoots, BioFashiontech, Lift Energy, Preinvel, RarEarth, Iamgreen, RarEarth SIEve, SiZable Energy e Bavertis. BeadRoots
è una startup che aiuta gli agricoltori durante i periodi di siccità con un’innovativa soluzione di ritenzione idrica delle radici che utilizza polimeri naturali superassorbenti e che contribuisce ad aumentare la resa e a migliorare la qualità. BioFashiontech offre invece una soluzione trasformativa per l’inefficiente gestione dei rifiuti tessili, con un approccio innovativo di tipo green-tech, riducendo la dipendenza da pigmenti e biomateriali prodotti chimicamente. Lift Energy è lo spinoff del Politecnico di Milano che raddoppia la densità di energia nelle batterie con tecnologia ricaricabile e sicura a base di litio metallico. Preinvel garantisce una soluzione che affronta i problemi legati alla filtrazione delle emissioni inquinanti industriali eliminando i costi di manutenzione, riducendo il consumo di elettricità dell’80% e raggiungendo un’efficienza superiore rispetto alle tecnologie attuali. RarEarth è un progetto che rivoluziona l’indipendenza dell’Europa e la salute del Pianeta con un processo di riciclaggio innovativo ed economico delle terre rare nei veicoli elettrici a due ruote. Mentre RarEarth SIEve è un filtro
rigenerabile all-in-one per il trattamento avanzato delle acque reflue che aiuta le aziende a trattare le acque reflue secondo le normative, attraverso un impianto modulare e circolare. Iamgreen è una startup cleantech che intende rivoluzionare il settore del riciclo di materiali plastici, con innovative macchine in grado di completare l’intero flusso sul luogo di smaltimento.
SiZable Energy propone una tecnologia idroelettrica a pompaggio che ha il potenziale per rivoluzionare e salvaguardare il mercato dell’accumulo di energia, facilitando l’integrazione delle energie rinnovabili nelle reti. Bavertis risolve invece il problema della durata limitata delle batterie dei veicoli elettrici, fornendo una soluzione che combina soft e hardware, per estendere il ciclo di vita delle batterie dei veicoli elettrici fino all’80% e facilitando notevolmente il loro riutilizzo in altre configurazioni. “L’edizione di quest’anno ci evidenzia alcuni trend”, spiega il ceo di PoliHub, Enrico Deluchi. “Un numero molto più alto di progetti internazionali, un più elevato livello di maturità delle startup e un crescente coinvolgimento
dei partner che ci ha consentito di portare i premiati a nove”. Ognuna delle nove realtà vincitrici ha a disposizione un grant in denaro equity free del valore di 40 mila euro di cui, più della metà (25 mila), da investire per lo sviluppo del progetto e i restanti 15 mila per il programma di accelerazione: un programma di quattro mesi, organizzato, coordinato e co-finanziato da PoliHub, a sostegno della crescita tecnologica e alla validazione della struttura di business. “Ambiente, transizione energetica, economia circolare sono solo alcuni dei temi al centro delle dinamiche di crescita del nostro ateneo che alla sostenibilità ha dedicato un intero piano strategico. In questa fase di transizione verso nuovi modelli di sviluppo economico e sociale, la tecnologia ha un impatto decisivo” queste le parole di Donatella Sciuto, rettrice del Politecnico di Milano. “Il nostro ruolo, come Politecnico di Milano, è quello di fare in modo che ciò che cresce nei laboratori e nelle aule si traduca in progetti di innovazione ad alto potenziale. Sono convinta, più che mai, che la strada intrapresa sia quella giusta”..
Il fintech che incontra IL REAL ESTATE
Rent2Cash, fondata dai romani Yilang Chen e Gianluca Fioranelli, permette di convertire le proprietà immobiliari in liquidità finanziaria
di Lucio TorriIl progetto Rent2Cash entra nel vivo e si appresta a debuttare sul mercato immobiliare italiano. La startup italiana fondata da Yilang Chen e Gianluca Fioranelli, imprenditori romani con alle spalle una lunga esperienza nel settore della consulenza, si propone come fornitore di un servizio di rental advance che permette di convertire le proprietà immobiliari in liquidità finanziaria immediatamente disponibile per i proprietari. La società coniuga le peculiarità del cosiddetto prop-
tech, ovvero l’innovazione dei processi, dei prodotti e dei servizi nel real estate, con le competenze tipiche del fintech. Il modello di business di Rent2Cash si basa infatti su un rapporto inedito con i proprietari degli immobili, a cui è riconosciuto tramite cartolarizzazione un anticipo fino a tre anni del canone di affitto fornendo così loro liquidità immediata. La startup, gestendo completamente il rapporto con gli affittuari per conto dei proprietari, tutela questi ultimi nel caso di insolvenze e disdette anticipate, evitando loro seccature, perdite di tempo e di risorse finanziarie. L’azienda rappresenta dunque, come spiega
il gruppo, “una nuova frontiera dell’intersezione fra finanza e settore immobiliare”. Il modello Rent2Cash può essere applicato a tutti gli immobili, anche a quelli già affittati, e sgrava il proprietario da tutte le incombenze che riguardano l’incasso delle mensilità, l’eventuale ricerca di un nuovo inquilino in caso di disdetta o l’avvio delle procedure per la liberazione dell’immobile quando queste si rendono necessarie. Sul fronte finanziario, la società ha raggiunto una valutazione pre-money di 4 milioni di euro e una raccolta equity di circa 700mila euro. Rent2Cash sta ora pianificando un nuovo round pre-seed
(previsto a partire dal mese di aprile), con una raccolta mista equity-debito e l’obiettivo di dotare la società di ulteriori risorse per l’acquisizione dei primi contratti. Il lancio del progetto Rent2Cash è programmato a partire dal secondo trimestre del 2024. “Siamo pronti a partire, l’obiettivo è chiudere 20mila contratti entro la fine del 2028”, spiegano i fondatori Yilang Chen e Gianluca Fioranelli. “I prossimi passi di Rent2Cash, resi possibili dal recente finanziamento, sono la realizzazione della piattaforma tecnologica proprietaria e il perfezionamento dell’algoritmo per rendere le operazioni sempre più fluide, accessibili e integrate, il consolidamento della struttura finanziaria per garantire transazioni sempre più sicure e efficaci, nuove assunzioni per incrementare le competenze del team e potenziamento delle attività di partnership di business e tecnologiche con aziende con le quali si possano sviluppare sinergie a beneficio degli utenti”.
Un algoritmo proprietario è al centro dell’offerta di Rent2Cash. Denominato Vault, prende in considerazione fino a 50 criteri per esaminare in modo completo la situazione dell’immobile, del contratto di locazione, del proprietario e dell’affittuario. Posizione e condizione della casa in
L’OBIETTIVO È CHIUDERE 20MILA CONTRATTI ENTRO LA FINE DEL 2028. I PROSSIMI PASSI? REALIZZARE UNA PIATTAFORMA TECNOLOGICA
PERFEZIONARE L’ALGORITMO PER RENDERE LE OPERAZIONI PIÙ ACCESSIBILI
affitto, storia e solidità finanziaria dell’inquilino, specificità del contratto di locazione sono le variabili che incidono sulla valutazione che permette a Rent2Cash di fornire un prezzo dinamico e personalizzato per ogni richiesta di cessione degli affitti futuri.
Rent2Cash, inoltre, grazie all’algoritmo e alla digitalizzazione di tutte le procedure, ha la possibilità di compiere valutazioni accurate e personalizzate dell’immobile, anche in questo alleggerendo le incombenze per il proprietario. Il cliente potrà
registrarsi sul portale Rent2Cash, compilare online il form di richiesta e caricare direttamente i documenti strettamente necessari per l’avvio della procedura: da quel momento, tutte le incombenze finanziarie relative all’immobile saranno a carico di Rent2Cash che gestirà l’intero rapporto con l’inquilino.
Tra le società che hanno investito in Rent2Cash figurano Finanza.tech, nonché diversi azionisti di primarie società internazionali legali e consulenziali, oltre ad alcuni business angel. “Siamo lieti di supportare l’iniziativa di Rent2Cash, condividendone appieno lo spirito e l’ambizione. Sin dalla sua fondazione, Finanza. tech ha basato il proprio business model sul binomio finanza-tecnologia, nonché sul ruolo centrale delle informazioni a beneficio della trasparenza sul mercato dei capitali. Rent2Cash è un chiaro esempio di questo modello di business e siamo certi che la nostra partecipazione nel progetto possa non solo consentire la condivisione di esperienze di sviluppo ma anche la generazione di effetti sinergici nelle rispettive attività”, ha commentato Nicola Occhinegro, ceo e founder di Finanza.tech, in occasione della partecipazione della società al round.
UN PONTE tra industria e ricerca
Cube Labs individua le richieste del mercato per acquisire i capitali e sostenere lo sviluppo dei progetti legati al settore life science
di Maurizio AbbatiScienza e tecnologia sanitaria come fattori di crescita sociale ed economica su cui investire, selezionando i progetti che possono migliorare l’efficacia delle terapie e dei sistemi sanitario assistenziali. È questo il ruolo di Cube Labs, che si propone di gettare un ponte tra la ricerca scientifica e l’industria, creando partnership e individuando le richieste del mercato per acquisire i capitali necessari a sostenere lo sviluppo dei progetti.
“Cube Labs è un venture builder che nasce per favorire la ricerca traslazionale, che mira a creare nuovi prodotti nell’ambito delle scienze della vita”, spiega Renato Del Grosso, cofondatore e chief strategic officer. “Per fare ciò ha stabilito da diversi anni una partnership strategica con l’Istituto Nazionale Biostrutture e Biosistemi per valorizzare progetti accademici. La creazione d’impresa è il passo successivo: una volta selezionate le proposte parte anche la strategia di investimento di tipo pre-seed e seed. L’industria di prodotti farmaceutici, medicali e del mondo consumer health ha molto incentivato negli ultimi anni rapporti di collaborazione con player esterni, tramite iniziative in house, per fare innovazione. Il settore salute, anche per dinamiche globali del trend demografico, è tra quelli di interesse per investitori e aziende tecnologiche. Una necessità che parte da bisogni clinici insoddisfatti e che si è allargata a un concetto di allungamento del lifespan, inteso come durata della vita, possibilmente con healthspan o buona qualità”.
IL PUNTO DI SVOLTA È STATO IL PERCORSO VERSO LA QUOTAZIONE: HA COMPORTATO L’ABBANDONO DELLE LOGICHE TIPICHE DELLE PMI. MA IN REALTÀ MOLTI PASSAGGI, VISTI COME LIMITAZIONI, SONO STRUMENTI PER LA CRESCITA
Il vero punto di svolta per Cube Labs, ci racconta Massimo Fiocchi, cofondatore e cfo, è stato il percorso per arrivare a una raccolta di capitali tramite quotazione in Borsa. “Il percorso verso la quotazione ha rappresentato un momento di evoluzione e trasformazione radicale per Cube Labs. L’apertura al mercato comporta l’abbandono, almeno in parte, delle logiche tipiche delle Pmi. La condivisione dei processi decisionali, la trasparenza e la capacità di interloquire costantemente con gli investitori attuali e potenziali, la formalizzazione delle strategie, l’adozione di procedure e processi maggiormente articolati, l’introduzione di momenti di verifica della bontà delle strategie ipotizzate e di raggiungimento degli obbiettivi prefissati, la presa d’atto che la compliance è un valore e non un limite per l’impresa, sono solo alcuni dei temi con cui una Pmi deve confrontarsi quando avvia il processo di quotazione. È un percorso di evoluzione culturale che porta a comprendere che molti passaggi, spesso vissuti come vincoli e limitazioni, in realtà sono strumenti e valori necessari per una crescita globale. Nel nostro caso il percorso è stato particolarmente lungo e articolato. Abbiamo avviato il progetto a fine 2021 con i primi incontri con i nostri advisors e abbiamo avuto il nostro kickoff meeting a fine gennaio 2022. Poi sono iniziati una serie di stop and go. La guerra in Ucraina a febbraio, le conseguenti tensioni geopolitiche con innalzamento dei prezzi di energia e materie prime nella primavera del 2022, la successiva crisi di governo nel corso dell’estate, la progressiva stretta monetaria e le tensioni inflazionistiche sono elementi che hanno causato forte
tensione e instabilità sui mercati e ci hanno consentito solo nei primi mesi del 2023 di individuare la finestra utile per chiudere l’operazione. Il percorso è stato complesso ma la soddisfazione per il risultato raggiunto è stata immensa, quasi il coronamento di un sogno e la dimostrazione che anche in Italia si può fare impresa in settori altamente innovativi, spesso considerati appannaggio solo dei mercati esteri. Un sogno iniziato molti anni prima, quando un piccolo gruppo di persone, ognuna con le proprie competenze, si è riunito intorno a un imprenditore visionario e con un lavoro costante e determinato ha raggiunto un obbiettivo, purtroppo spesso considerato quasi irrealizzabile dalle Pmi Italiane, che per Cube Labs ha costituito un momento di svolta nel proprio percorso di crescita, gettando solide basi per il rafforzamento del business, per l’apertura a mercati internazionali e regalandoci opportunità prima inimmaginabili”. Il metodo di selezione dei progetti da sostenere, secondo Renato Del Grosso, è un elemento distintivo: “Passa dalla fase di lancio di call for new ventures alla fase di selezione dei progetti da parte di un team con differenti expertise, per poi passare a un comitato di venture building e infine l’approvazione da parte del
board. Trovare progetti ad alto potenziale è un lavoro certosino che richiede molta analisi e forecasts. Nella storia della medicina troviamo anche i cosiddetti progetti loonshots, secondo la definizione di Safi Bahcall, cioè idee ritenute folli o scartate, poi riprese e trasformate in prodotti di grande successo.
Avere metodo aiuta ma bisogna andare oltre aspetti prettamente scientifici e valutare bene anche altre potenzialità”.
Altro elemento strategico, sottolinea Massimo Fiocchi, sono le logiche di investitore early stage adottate. “Investiamo in progetti di ricerca accademici sui quali è stata effettuata l’attività di ricerca di base, che abbiano dimostrato elevato potenziale di sviluppo nel trasferimento tecnologico e superato quanto meno il proof of concept. Selezionato il progetto di interesse, si procede alla costituzione del veicolo societario in cui farlo confluire. Cube Labs segue poi tutto il processo di sviluppo del progetto al fine di raggiungere un livello di maturità scientifica e manageriale tale da poter essere commercializzato. La strategia di investimento sottostante a questo processo prevede, all’esito della costituzione dello spin-off, un investimento iniziale, anche congiuntamente ad altri soggetti, di circa 150mila euro in pre-seed-round e un investimento di ulteriori 500mila euro in seed-round. A questo, segue il cosiddetto A-round di raccolta, in cui Cube Labs può potenzialmente co-investire tra 1 e 3 milioni di euro, preferibilmente insieme a investitori istituzionali, mantenendo sempre il controllo delle società partecipate”..
L’influencer marketing SENZA INFLUENCER
Fare campagne social attraverso persone comuni: così PopulaRise
vuole cambiare il paradigma grazie all’intelligenza artificiale
di Maurizio Abbati
Ripensare il concetto di influencer marketing attraverso il Popular people marketing: un canale pubblicitario innovativo e inclusivo che tende a caratterizzarsi per il proposito di mettere al centro delle campagne promozionali le persone comuni e non farle più essere soli spettatori-utenti, ma nel loro piccolo anche testimonial nei confronti dei loro amici di click. Una sorta di rivoluzione democratica nel campo dei social quella promossa da PopulaRise, una startup nata nel 2021 a Varese grazie all’idea del founder Andrea Croce, che guarda a un mercato articolato e di portata globale quale quello delle piattaforme social, con l’obiettivo di aprirlo e renderlo veramente partecipativo. Grazie alla piattaforma proprietaria Ai-based, basata cioè sull’intelligenza artificiale, PopulaRise è in grado di coinvolgere nelle campagne marketing di un brand o di un’azienda migliaia di persone, che per la prima volta potranno essere ricompensate in modo meritocratico sulla base delle impression generate tramite i propri canali social. Dal 2021 ad oggi PopulaRise ha collaborato con numerose aziende in Italia, tra cui Alfasigma, Liv, Ferrari Formaggi e 24Ore Business School. Nei suoi primi due anni di attività la startup milanese, che oggi conta su 12 professionisti specializzati in diversi settori, ha acquisito più di 50 clienti tra multinazionali e piccole attività locali,
L’IDEA DEL FONDATORE ANDREA CROCE È STATA SELEZIONATA PER UN PERCORSO PRESSO PLUG AND PLAY, QUARTO ACCELERATORE AL MONDO, IN SILICON VALLEY
commercializzando principalmente un servizio basato sulla condivisione di contenuti. PopulaRise è stata anche selezionata nel 2023 per il programma di accelerazione Italian Lifestyle promosso da Banca Intesa e Nana Bianca ed è proprio nel corso di questo programma, in collaborazione con Alpitour, che nasce il nuovo servizio di customer activation, con l’obiettivo di coinvolgere direttamente i clienti delle aziende nelle campagne di marketing. Peraltro PopulaRise è stata selezionata per prendere parte a un programma di accelerazione esclusivo promosso da Ice nella Silicon Valley, presso il Plug and Play Tech Center, che offre l’opportunità di conoscere meglio il mercato americano e portare in Italia importanti stimoli su cui lavorare nel segno dell’innovazione costante. Il Popular People Marketing della startup milanese punta peraltro a prendere dichiaratamente le distanze dal mondo degli influencer. Questi sono ritenuti parte di un sistema di marketing tradizionale, che andrebbe incontro a un declino dovuto alla crescente sfiducia del pubblico verso personaggi che fungono ormai da vetrina pubblicitaria per i brand più disparati. Pubblico che invece sarebbe orientato verso una ricerca dell’autenticità, dimostrando quindi di non gradire più qualcuno che cerca di vendere un prodotto, ma chi è intenzionato a condividere la propria esperienza con esso, in modo amicale. Da qui l’idea di coinvolgere i clienti stessi del brand, persone comuni che si impegnano a suggerire un prodotto o un servizio acqui-
stato alla propria cerchia di contatti social, cioè la propria community, postando contenuti già strutturati, e ricevono in cambio dei crediti da spendere poi nel marketplace sotto forma di buoni sconto o agevolazioni. Una collaborazione aperta a tutti: basta avere un profilo pubblico con almeno 500 followers, scaricare l’app per diventare brand ambassador, scegliere il brand con cui si ha intenzione di collaborare e portare a termine la cosiddetta ‘missione’.
Un compito che gli utilizzatori dei social possono trovare stimolante e allo stesso tempo remunerativo, almeno se si riesce a indirizzare un numero sufficiente dei propri contatti verso i prodotti o i servizi commercializzati dal brand scelto, con l’aiuto prezioso dell’intelligenza artificiale che suggerisce, dà le indicazioni operative e monitora ogni momento della campagna. Un marketing che si adatta bene a diverse tipologie d’impresa, quelle che più pos-
sono trovare vantaggio da una formula di marketing che ricorda il passaparola, riprodotto tuttavia in una sua versione digitale. In qualche modo forse un’umanizzazione di quello che nel marketing si è già cominciato a fare con il virtual influencer, che sembra una persona fisica ma viene disegnato, realizzato e gestito interamente attraverso l’intelligenza artificiale. Molto più facilmente di quanto si possa fare con un essere umano..
I PIONIERI DEI FORUM RICHMOND ITALIA FESTEGGIA I 30 ANNI DAL 1994 AD OGGI OLTRE 700 EVENTI
Inizia un anno speciale per Richmond Italia, azienda specializzata nell’organizzazione di eventi e forum B2B con uffici a Milano, Londra, Basilea e New York. Proprio nel 2024, infatti, compie 30 anni di attività. Era il 1994 quando è stato importato in Italia il format dei forum professioonali in cui esperti, manager di aziende e fornitori possono incontrarsi e fare network grazie a un sistema avanzato di gestione delle agende. In 30 anni sono stati oltre 700 i forum organizzati in Italia. “Gli inizi sono stati un momento epico”, racconta Claudio Honegger, amministratore unico di Richmond Italia e partner della società insieme al socion fondatore inglese Mark Rayner. “Eravamo i pionieri in Italia dei forum misti di aggiornamento e business matching, ossia strutturati per far incontrare domanda e offerta. Ricordo ancora l’emozione di imbarcarsi, che era per me anche imbarcarsi a bordo dell’avventura imprenditoriale della mia vita. Per il futuro prossimo abbiamo in programma una nuova apertura in Spagna e puntiamo ad
allargarci anche verso altri paesi europei”.
Il 2024 di Richmond Italia vede in calendario 25 eventi tra cui spicca la grande novità del Richmond AI business forum che si terrà dal 3 al 5 luglio a Gubbio in provincia di Perugia.
La celebrazione del trentennale coprirà l’intera stagione di eventi, per l’occasione è stato presentato il nuovo logo ed è stata avviata la partnership con Giulia Caruso, artista internazionale che ha esposto a Parigi, Miami, Milano, Firenze e Ibiza. Nata nel Sahara da famiglia italiana, è cresciuta fino ai 7 anni in Sud Africa prima di rientrare in Italia. Di indole ribelle e dai poliedrici interessi, ha lavorato nel mondo del cinema di ricerca a Parigi e si è laureata in Media and Cultural studies al London College of Communication. Poi si è trasferita a Ibiza con figli e marito, vivendo nei primi tempi mesi in un vecchio camper. Ed è qui che, stimolata dalla grande energia dell’isola, ha intrapreso la propria ricerca artistica, dando vita a personaggi femminili di grande potenza e incanto. L’eco dell’Isola si coglie nei ricchi pattern cromatici e nel rapporto con una natura magica popolata di piante, alberi e insetti.
La grande novità del 2024 sarà il Richmond business forum a Gubbio, in provincia di Perugia
DA UNA BOTTEGA ALL’IMPERO DELLA BICI ERNESTO COLNAGO COMPIE 92 ANNI
ERNESTO COLNAGO HA COMPIUTO 92 ANNI. La sua vita è stata dedicata alla progettazione di biciclette che hanno fatto la storia insieme ai campioni che le hanno guidate, da Tadej Pogacar a Paolo Bettini, da Fiorenzo Magni a Gianni Bugno. È dall’intuizione e dal genio di Ernesto Colnago che sono nati i telai in carbonio e i freni a disco. Una rivoluzione in sella che è iniziata nel 1954, nella piccola bottega di Cambiago. Ma ancora prima dalla passione del fondatore del marchio. C’è un aneddoto sull’inizio della carriera del progettista di bici: ha iniziato a mettere le mani su un telaio quando aveva 13 anni e proprio perché non aveva ancora l’età per lavorare avrebbe cambiato la data di nascita sui suoi documenti. Così ha iniziato la sua carriera presso la fabbrica di biciclette Gloria di Milano.
Nel 1956 la Colnago ha avuto l’intuizione di piegare a freddo gli steli della forcella per mantenerli più elastici. Poi l’ascesa del telaio in carbonio con cui nel 1995 la Parigi Roubaix. “Colnago è sempre stata vicina ai corridori, ascoltando i loro problemi, prendendosi cura delle loro esigenze e, infine, apportando le innovazioni più rivoluzionarie al gruppo”, spiegano dall’azienda. “Per il record dell’ora di Eddy Merckx, abbiamo realizzato una bici in acciaio che pesava solo 5.750 kg. Nel 1983 abbiamo introdotto la Colnago Master. È stata una vera innovazione. I tubi avevano una sezione a forma di stella. Questa forma non si era mai vista prima: l’effetto è stato quello di una struttura più rigida e di una straordinaria bellezza del prodotto. Nel 1987 Colnago collaborò con Ferrari. Molte idee sono nate da quella partnership. Un’intuizione, in particolare, rimase: utilizzare il carbonio al posto dell’acciaio per produrre i telai delle biciclette. Nel 1995 una bici in carbonio Colnago vinse la Parigi Roubaix. Da quel momento in poi tutte le bici del gruppo hanno adottato questo materiale. Nel 2012 abbiamo lanciato sul mercato una bicicletta da corsa con freni a disco. Nessuno lo aveva mai fatto”.
L’APRIPISTA DEI SOCIAL MEDIA
HA CAMBIATO IL MONDO FACEBOOK HA COMPIUTO 20 ANNI A FEBBRAIO
IL 4 FEBBRAIO 2004 MARK ZUCKERBERG, INSIEME AD UN GRUPPO DI AMICI DI HARVARD, HA LANCIATO UNA RETE SOCIALE DEDICATA AL MONDO UNIVERSITARIO. Il suo nome era The Facebook e da lì a poco si allargherà ad altre università americane, per poi diffondersi in tutto il mondo. L’apripista dei social media compie 20 anni di attività ed è oggi la piattaforma più longeva e più grande, dal punto di vista degli iscritti, al mondo. Una rivoluzione che ha cambiato radicalmente il concetto di privacy, di amicizia, di informazione e di lavoro, attraverso la nascita di nuove professioni. Secondo i dati dell’ultima trimestrale sulla piattaforma ogni giorno nel mondo sono attive 2.11 miliardi di persone, 3,07 miliardi ogni mese. Nel dettaglio Meta, la social media company che controlla Facebook, Instagram e WhatsApp, ha chiuso il quarto trimestre con fatturato e utili superiori alle attese degli analisti grazie a una forte crescita dei ricavi pubblicitari e al taglio dei costi.
La piattaforma ospita ogni giorno oltre due miliardi di utenti
TRADIZIONE È FUTURO
Carbon free e produzione rigenerativa: così illy caffè festeggia i 90 anni di attività
IL’evento di celebrazione è stato l’occasione per ripercorrere la storia dell’azienda, che è diventata un “love brand” italiano e internazionale.
llycaffè ha celebrato oggi il 90esimo anniversario dalla fondazione. Andrea Illy, alla presenza della mamma Anna Illy, ha lancio la sfida per i prossimi dieci anni che saranno all’insegna della continuità, del carbon free e di una produzione rigenerativa. L’amministratrice delegata Cristina Scocchia ha tracciato le linee del futuro che passano per un rafforzamento in tutti i mercati. Oggi illy è sinonimo di eccellenza e di gusto italiano nel mondo. La qualità del caffè illy è un risultato diretto del rapporto di collaborazione tra l’azienda e i migliori produttori di caffè al mondo secondo illy. La filiera sostenibile di illycaffe si basa su un sistema di relazioni dirette con i propri fornitori che si regge su quattro pilastri fondamentali: selezionare e lavorare direttamente con i migliori produttori di Arabica; trasferire loro la conoscenza, formandoli a una produzione di qualità sostenibile nel rispetto dell’ambiente attraverso l’Università del Caffè e il lavoro quotidiano sul campo con agronomi specializzati; ricompensarli per la qualità prodotta, pagando loro prezzi superiori a quelli di mercato, stimolando il miglioramento continuo e rendendo sostenibile la produzione; creare una comunità di produttori illy che si incontrano virtualmente nella piattaforma a loro dedicata, Circolo illy. L’evento di celebrazione del 90esimo compleanno è stato l’occasione per ripercorrere la storia di un’azienda simbolo per l’imprenditoria italiana, diventato un “love brand” italiano e internazionale, per riconfermare il forte legame con la città di Trieste e per ribadire i valori dell’etica e della passione per l’eccellenza di cui illycaffè è portatrice.
TUTTI I PARTNER DI U-POWER
Fondata a Paruzzaro (Novara) nel 2006 da Franco Uzzeni, attuale presidente e ceo, con l’obiettivo di “costituire il più autentico e sicuro punto di riferimento per migliorare la qualità della vita delle persone che lavorano”, oggi U-Power è leader europeo nelle calzature e nell’abbigliamento da lavoro di fascia premium. L’azienda piemontese tuttavia si è imposta all’attenzione in seguito ad una polemica nata durante Sanremo, in occasione della performance di John Travolta. Le sneakers dell’attore, più volte inquadrate dalla regia, erano firmate proprio U-Power ed è
cominciata a serpeggiare l’ipotesi di pubblicità occulta. U-Power ha risposto precisando che l’attore, come noto, è testimonial dell’azienda dall’estate del 2023 e che la partecipazione al Festival di Sanremo è frutto di un accordo tra la Rai e l’attore del quale U-Power non è in nessun modo parte in causa. La scelta di John Travolta come testimonial tra l’altro è solo uno degli ultimi grandi investimenti di U-Power in pubblicità, settore in cui la società, come raccontato in un’intervista al Post, Giovanni Falco, direttore generale di U-Power, “destina oltre il 7% del suo bilancio, circa 20 milioni di euro l’anno”. Non è quindi un caso
se lo st esso Travolta è affiancato dalla figura di un altro noto attore americano Gerard Butler, e se la società ha anche attivato importanti partnership nel mondo dello sport. Infatti, oltre a essere stata sponsor della squadra di calcio dell’Atalanta in occasione della storica prima qualificazione alla Champions League, U-Power è attualmente official back jersey partner dell’Inter, ma anche naming sponsor del Monza Calcio e del suo stadio (rinominato appunto U-Power Stadium). Investimento, quest’ultimo, che in totale (tra sponsor di maglia e stadio), si attesta a circa 1,5 milioni di euro.
NON SOLO IMPRESA LA GRANDE PASSIONE DI ALESSANDRO BENETTON
È STATO
PRESIDENTE DI 21
INVEST, di Benetton Group, dal 2022 ricopre la carica di presidente onorario della combined entity nata in seguito all’accordo di integrazione fra Autogrill e Dufry, è stato membro della giunta di Confindustria e nel gennaio 20234 è stato nominato vice presidente di Atlantia, diventata Mundys a marzo dello stesso anno. Non tutti sanno però che Alessandro Benetton, oltre a essere uno degli imprenditori più influenti d’Italia, è anche un grande appassionato di sport. “La passione ha radici lontane”, ha dichiarato qualche anno fa alla Gazzetta dello Sport. “All’inizio ero appassionato di barca
ALESSANDRO ROSANO , IL MILIARDARIO
ITALIANO
DELLE SCARPE BRUTTE
a vela. Quando avevo 35 anni poi, grazie anche al rapporto con i miei figli e alla voglia di condividere con loro la passione per lo sport, ho deciso di dedicarmi al kitesurf e di finalizzare il corso per diventare istruttore”. Poi, grazie ad un suo
amico di nome Roberto Ricci (uno dei più importanti designer di abbigliamento tecnico e tavole da surf), a 50 anni ha imparato il surf. E poi c’è lo sci, disciplina che lo ha accompagnato in amore – è stato sposato per 13 anni con l’ex campionessa
olimpica e mondile di sci alpino, Deborah Compagnoni – e che ha praticato ad alti livelli. È stato anche presidente della fondazione Cortina 2021, che ha organizzato i campionati mondiali di sci alpino a Cortina d’Ampezzo, in provincia di Belluno.
AMY FELDMAN, DI FORBES.COM, HA DEFINITO LE SUE SCARPE DEI “COMODI MOCASSINI CON UN LOOK COSÌ BRUTTO DA RISULTARE CARINO”. Eppure quei mocassini hanno permesso ad Alessandro Rosano di mettere assieme un patrimonio di 1,4 miliardi di dollari quando, nel dicembre 2021, ha venduto la sua azienda, la HeyDude, per 2,5 miliardi a Crocs, per la quale ora lavora come consulente strategico. Di lui si sa poco: ha circa 55 anni, ha studiato commercio estero a Pistoia e ha gestito per qualche anno un distributore di scarpe chiamato Fratelli Diversi. Assieme al socio Daniele Guidi ha creato anche un’azienda di orologi in legno, WeWood. La fortuna di HeyDude, così battezzata per l’affinità allo stile rilassato californiano, è dovuta al mercato americano. Nel 2018 i ricavi erano di 20 milioni di dollari, due anni dopo erano diventati di 191 milioni, senza attività di marketing rilevanti. Nel 2021 sono saliti a 581 milioni. Sotto Crocs hanno superato il miliardo. “Se delineassimo la strategia di HeyDude e la presentassimo a un gruppo di dirigenti d’azienda, direbbero che non c’è alcuna possibilità di successo”, ha affermato Andrew Rees, amministratore delegato di Crocs.
Ha fondato la HeyDude e poi l’ha venduta a Crocs per 2,5 miliardi di dollari
Enzo Ferrari, imprenditore illuminato creatore del brand più forte al mondo
“VOLEVO ESSERE UN GRANDE PILOTA, E NON LO SONO STATO”, ricordava Enzo Ferrari, creatore della Scuderia Ferrari e direttore sportivo che ha cambiato la storia dell’automobilismo. Durante gli
anni Venti, infatti, aveva gareggiato con fortuna alterna con l’Alfa Romeo. Quando, nel 1933, la casa automobilistica torinese si ritirò, Ferrari creò l’Auto Avio Costruzioni, con sede a Modena. A causa della guerra, per paura dei bombardamenti, nel 1943 trasferì l’Aac nel suo nuovo stabilimento di Maranello e dopo la guerra creò la Scuderia Ferrari, sezione sportiva della casa automobilistica Ferrari.
La Ferrari negli anni sarà soggetta ad alti e bassi e a crisi finanziarie dettate dalla storia e dai mercati, dalle quali tuttavia Enzo Ferrari riuscirà sempre a trovare la forza per ripartire. Tra le rinascite è stata esemplare quella del 1975
grazie al mito Niki Lauda, che riuscirà a vincere per il Cavallino ben due titoli mondiali in tre anni. Pilota, imprenditore illuminato, direttore sportivo: sono tanti i titoli che vengono usati per descrivere Enzo Ferrari, ma quello con cui lui stesso amava definirsi era semplicemente “ingegnere meccanico”, titolo conferitogli ad honorem dall’Università di Bologna. Oggi la sua eredità è raccolta da una squadra unica, sempre proiettata verso il futuro, capace di confrontarsi e lavorare in sinergia per affrontare i mercati internazionali, con l’obiettivo di portare l’eccellenza italiana in ogni parte del mondo per farlo sognare.
Professore
GLI INGREDIENTI DEL SUCCESSO
Esperienza diretta, confronto e amore per l’azienda: Giovanni e Giacomo Fanin, seconda generazione di Cereal Docks, raccontano i segreti della crescita del loro gruppo industriale
A cura di Luca Brambilla, direttore Accademia Comunicazione Strategica
Cereal Docks è stata fondata nel 1983, da Mauro Fanin e il cugino Paolo, a Camisano Vicentino come piccola azienda operante nella raccolta ed essiccazione del mais. Grazie ad una crescita continua basata su valori saldi, oggi Cereal Docks è un gruppo industriale da un miliardo e mezzo di fatturato attivo nel settore della prima trasformazione agro-alimentare per la produzione di ingredienti destinati all’industria alimentare, farmaceutica, cosmetica, nutrizionale animale, tecnica ed energetica. A parlare sono Giacomo e Giovanni Fanin, rappresentanti della seconda generazione della famiglia a capo di Cereal Docks.
Come siete diventati protagonisti della storia aziendale?
Giovanni. Mio padre è ceo di Cereal Docks, mentre noi dal 2019 siamo nel board dell’azienda. A dicembre 2023 sono diventato chief corporate officer e Giacomo chief business officer, plasmando così il nostro cursus honorum per avere sempre più responsabilità con l’obiettivo di far crescere l’organizzazione.
Giacomo. Fin da ragazzi nostro padre ci raccontava aneddoti sull’azienda. Questo ha fatto sì che ci sentissimo partecipi delle vicende aziendali e familiari e, al tempo stesso, ha favorito il nostro naturale ingresso in azienda. Un ricordo a cui sono affezionato risale al 2016: gestendo un centro di raccolta ho avuto l’opportunità di toccare con mano il processo produttivo.
Come avete preso coscienza che entrare nell’azienda di famiglia fosse la vostra strada?
Giovanni. Probabilmente l’abbiamo sempre saputo. Tuttavia, prima di arrivare a questa consapevolezza ho lavorato per un periodo altrove, così da formarmi su alcuni aspetti finanziari e strategici, che in azienda non erano presenti, e introdurli in Cereal Docks. Giacomo. Un passaggio essenziale per me è stata la nascita di Cereal Docks International, attiva nel trading di materie prime agricole, che ha richiesto il mio trasferimento per gestire l’ufficio di Milano. Ho avviato poi un progetto di open innovation e costruito un team di ricerca e sviluppo formato oggi da sette persone.
Come gestite possibili conflitti?
Giacomo. Il confronto è fondamentale per capire qual è il bene dell’azienda, che viene
prima di ogni altra cosa, in modo tale da produrre valore per tutti. Lo abbiamo imparato da nostro padre, persona seria e umile al punto da aprire, nel 2016, il CdA a tre membri esterni rimanendo in minoranza.
Giovanni. Aggiungo che ogni 15 giorni facciamo una riunione dedicata in cui ci confrontiamo, insieme a nostro padre, su temi strategici e operativi che potrebbero essere rimasti in sospeso così da sciogliere eventuali nodi e prevenire incomprensioni.
Quali sono i vostri futuri obiettivi?
Giacomo e Giovanni. L’obiettivo è far crescere Cereal Docks e farla diventare sempre più leader nel settore. Su questo siamo perfettamente allineati e daremo il nostro meglio. Vogliamo partire da noi stessi per fare la differenza. Vogliamo essere gli ingredienti del cambiamento.
IL
Consulente del lavoro
RIDUZIONE DEL CUNEO FISCALE
Quale sarà l’impatto sulle buste paga da gennaio 2024? A chi spetteranno gli aumenti?
A cura di Alessandro Necchio, consulente del lavoro e titolare di Studio Necchio
Diverse le novità inserite, in ambito lavoro, dalla Legge di Bilancio 2024 (Legge 213 del 30.12.23).
Si parte dall’esonero contribu tivo del 6% o del 7% che si tramuterà in un netto più alto in busta paga. Per la platea di quei lavoratori subordinati interessati, tale impatto avrà rilevanza per tutto il 2024, infatti la misura prevede la sua durata sino al 31.12.24.
La volontà del legislatore è quella di ridurre il contributo ivs INPS a carico del lavoratore di prassi pari al 9,19%.
Anche i fringe benefit, ovvero quelle retribuzioni in natura relative a prestazioni di servizi o beni ceduti ai propri dipendenti, subiscono per il periodo d’imposta 2024 una deroga.
Il limite imposto per la non imponibilità dei fringe viene elevato a 1.000 euro per tutti i lavoratori subordinati e a 2.000 per quei lavoratori che hanno un figlio a carico. Fra le novità inserite dal comma 16 della legge di bilancio, vi è altresì la possibilità di far rientrare nei fringe benefit, oltre al rimborso relativo al pagamento delle bollette delle utenze domestiche (misura già prevista per l’anno antecedente), anche le spese per l’affitto della prima casa ovvero gli interessi passivi di mutuo per l’acquisto della prima casa (novità del 2024).
Alessandro Necchioreddituale di un figlio a carico potrebbe essere variata e, per sua natura, diventare pertanto totalmente imponibili le somme erogate come fringe.
Novità anche per quanto attiene i congedi parentali: infatti a condizione che il congedo di maternità o paternità termini successivamente al 31/12/2023, l’indennità dovuta per i periodi di congedo parentale è elevata in alternativa tra i genitori:
- 80% per una mensilità, fino al compimento del sesto anno di vita del bambino;
- 60% per una mensilità, fino al compimento del sesto anno di vita del bambino, elevata all’80% per il solo anno 2024.
I successivi periodi di congedo parentale, da fruire entro i 12 anni di vita del bambino, rimangono indennizzati al 30%. È previsto un esonero del versamento del 100% dei contributi ivs a carico azienda, per quelle assunzioni di donne disoccupate che siano state vittime di violenza. Tali assunzioni dovranno essere effettuato tra 1.1.24 e il 31.12.26 e il limite massimo di esonero è pari a 8.000 euro rapportato a base mensile.
La durata dell’esonero è di 12 mesi in caso di contratto a termine (anche in somministrazione), 12 mesi + 6 mesi (18 mesi complessivi) in caso di trasformazione a tempo indeterminato, 24 mesi in caso di contratto a tempo indeterminato
I commi 180 e 181 della Legge di Bilancio, prevedono altresì una decontribuzione a favore delle lavoratrici madri.
Su questo punto il consiglio del nostro Studio è comunque quello di prestare attenzione alla situazione effettiva al 31.12.2024. Potremmo dire in modo più semplicistico che “i conti si fanno a fine anno”, in quanto una situazione
Per quanto attiene invece i premi e le somme erogate nell’anno 2024, quali premi di produttività, è prevista un imposta sostitutiva del 5% (in luogo del 10%). Tale misura è fondamentalmente una conferma di quanto già previsto per gli anni antecedenti.
Infatti è previsto un esonero pari al 100% dei contributi ivs a carico del lavoratore (alternativo all’esonero del 6%-7%), nel limite massimo di 300€uro annui, rapportati a mese, per il periodo intercorrente dal 1 Gennaio 2024 al 31 Dicembre 2024, titolari di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con almeno 3 figli.
Il silenzio è d’oro
Per trasformare uno spazio in ambiente di lavoro servono i giusti strumenti, ma anche un corretto isolamento acustico. I pannelli fonoassorbenti diventano utili pezzi di design di Valentina Lonati
“Og ni luogo può diventare un ufficio”. È il grande insegnamento che ci ha lasciato la pandemia, ed è anche la filosofia che ha contribuito a trasformare in modo profondo gli ambienti di lavoro. Non più spazi statici e legati ad elementi circoscritti – la scrivania personale, la sala per il break - ma liberi, mutevoli, adattabili a ogni necessità. Se però il concetto di ufficio si
allarga, espandendosi in tutti gli ambienti possibili – basta una buona connessione e l’ufficio è fatto – in molti casi il bisogno di concentrarsi pone la necessità di creare angoli protetti, dove ritirarsi dalla confusione esterna e pensare in felice solitudine. A rappresentare una soluzione utile sono pannelli fonoassorbenti –freestanding, oppure integrati a sedute, addirittura a lampade – che tratteggiano nicchie di quiete. Eccone alcuni.
ADRENALINA – PASSEPARTOUT
Ridisegnare gli spazi
VINCITRICE DEL PREMIO
ARCHIPRODUCTS
DESIGN AWARD
2023 e disegnata dallo studio Debonademeo per Adrenalina, la collezione
Passepartout ridisegna il rapporto tra gli spazi e il benessere dell’individuo nell’ambiente di lavoro. Concepita come un’architettura abitativa in grado di suddividere gli ambienti e creare aree per usi diversi, si compone di poltrone, divani, pannelli divisori, aree relax e micro sale riunioni facilmente collegabili tra loro grazie all’impiego di tubolari metallici.
IGUZZINI – LIGHT SHED
Molto più di una lampada
E
IL
assorbendo però i rumori: Light Shed di iGuzzini è molto più di una lampada. Adatta ad ambienti sia domestici che lavorativi, offre una luce potente ma confortevole, variabile in intensità e temperature di colore, in grado di adattarsi alle diverse esigenze visive e percettive. La versione fonoassorbente permette di comporre angoli di silenzio e luce. Una soluzione luminosa che costruisce il benessere dello spazio.
I pannelli Parentesit si ispirano alle geometrie degli interni giapponesi
ARPER
–
PARENTESIT
FREESTANDING Design modulare per ogni evenienza
STRUTTURE LIBERE E DALLA FORTE PERSONALITÀ che permettono di ricavare spazi per la concentrazione individuale o la collaborazione in team. Progettati dai designer Lievore Altherr Molina, i pannelli Parentesit di Arper si ispirano all’arte minimalista e alle geometrie degli interni giapponesi. Caratterizzati da un design modulare, consentono l’accostamento di varie forme. I moduli sono infatti disponibili in quattro versioni: due pannelli tondi di diverse dimensioni, un pannello quadrato e una combinazione composta da pannello quadrato e rotondo.
Nei nuovi ambienti di lavoro è necessario ricavare spazi a seconda della necessità
PEDRALI – BUDDYHUB DESK
Isolarsi in ufficio
UNA POSTAZIONE DI LAVORO FUNZIONALE ED
EFFICIENTE in cui potersi concentrare e isolare: disegnata dallo studio Busetti Garuti Redaelli, Buddyhub desk è contraddistinta da un pannello fonoassorbente perimetrale che abbraccia un piano di lavoro stratificato, creando una nicchia di privacy riservata e acusticamente protetta. Può essere configurata sia come una postazione operativa dotata di canalina per l’elettrificazione, sia come postazione temporanea.
Il pannello fonoassorbente di Buddyhub Desk crea una nicchia di privacy
USM – PRIVACY PANELS
Una risposta flessibile
SVILUPPATI IN COLLABORAZIONE CON L’ESPERTO DI ACUSTICA
CHRISTIAN NOCKE, i pannelli fonoassorbenti dell’azienda svizzera Usm sono elementi verticali integrabili ai sistemi modulari Usm Haller Concepiti come degli assorbitori porosi, possono essere utilizzati in diverse configurazioni, come elementi schermanti ai tavoli oppure per installazioni autoportanti, per schermare una parte della stanza o creare zone separate. Una risposta flessibile al mutare delle esigenze sul luogo di lavoro.
Concepiti come assorbitori porosi, i Privacy Panels possono essere utilizzati in diverse configurazioni
Libri
L’impronta delle donne
Sette racconti: quando in azienda
il contributo femminile diventa fondamentale
Adriano Moraglio
Pagine 146, € 14,00
Sette donne impegnate nelle rispettive aziende si raccontano in questo libro che vuole rendere omaggio all’apporto femminile nelle imprese del nostro Paese. Storie di persone che per convenzioni sociali o circostanze particolari non riescono inizialmente a dare corso ai propri sogni giovanili, ma che proprio per la loro speciale capacità di adattarsi alle situazioni imboccano strade impreviste verso la realizzazione nel mondo del lavoro. Sette donne che descrivono in altrettanti racconti autobiografici la loro vocazione alla maternità come un bene da preservare nella società e nelle imprese stesse. Sette storie di donne che emergono con la loro nettezza nel riconoscere i problemi e nel volerli risolvere. Un messaggio positivo, un caleidoscopio dell’universo femminile nel mondo dell’impresa.
L’arte dei prodotti eccellenti Riccardo Illy
Pagine 272, € 19,00
In un’ottica contemporanea, in cui le aziende mirano al raggiungimento di obiettivi di guadagno in tempi rapidi e perdono di vista il senso della pazienza e della cura, i marchi italiani spiccano per la loro capacità di creare prodotti di qualità superiore, in grado di rsistere sia alla concorrenza del mercato che all’usura del tempo. Perchè? Lo spiega, in queste pagine Riccardo Illy, presidente del Polo del Gusto. Attraverso il suo esempio emblematico, e raccogliendo le testimonianze dirette di altre aziende a conduzione, Riccardo Illy ci conduce all’interno della sua attività, mostrando al lettore le sue carte vincenti e descrivendo, con amore e passione, cosa significa fare impresa e farla bene secondo gli standard aziendali italiani che hanno portato il sogno di suo nonno a diventare una realtà apprezzata in tutto il mondo.
Capitali per Crescere.
La Finanza complementare al servizio delle Pmi
Mario Basilico
Pagine: 192 € 24,90
Cloud Marketing
Creators. L'evoluzione del marketing oltre le nuvole
Simone Ranucci
Brandimarte e Sergio Spaccavento
Pagine: 208 € 20
Raffaella Dallarda Pagine 352, € 45
Capire la Spa per vivere appieno l’esperienza del benessere: ecco la guida alle migliori 50 Spa d’Italia, edita da BFC Media e Robb Report. E-SPAnsiva racconta in modo unico e sincero l’Italia del benessere, con i suoi valori, le sue eccellenze, le unicità e le tendenze. Come orientarsi allora in questo ecosistema di wellness , tra comfort, rigenerazione e incontri informali “in accappatoio”, di gourmet e Spa lover devoti alla cultura del well-being? Lo spiega E-SPAnsiva, il manuale che risolve il problema di orientarsi e capire le Spa, la prima guida di destinazioni di wellness, comunicativa e social, che coinvolge, stupisce e appassiona, espandendo informazioni, utilità, curiosità e trend sulle migliori spa d’Italia. Anche in modalità digitale e interattiva, attraverso virtual tour, musiche e QRcode, per entrare nell’universo delle mete di benessere.
Patrimoni, Famiglie e Matrimoni
Armando Cecatiello
Pagine: 192 € 21,90
22.02.24
Udine
14.03.24
Viareggio
11.04.24
Padova
16.05.24
Caserta
21.06.24
Tropea
11.07.24
Modena
12.09.24
Milano
17.10.24
Genova
07.11.24
Roma
12.12.24
Pescara
IL VIAGGIO ALLA SCOPERTA DELLE ECCELLENZE ITALIANE
Dopo il grande successo ottenuto nelle 10 tappe del 2023, continua anche nel 2024 il viaggio di Forbes dedicato alla scoperta delle PMI, spina dorsale dell’Italia che cresce. Un’occasione per confrontarsi su temi quali sostenibilità, innovazione, digitalizzazione, internazionalizzazione, welfare, accesso al credito e per creare relazioni professionali.
Il progetto è rivolto a imprenditori e manager che gestiscono PMI del territorio e alle grandi aziende che vogliono mettersi in contatto con loro.
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