LA NUOVA ERA DELL’IA
I 50 atleti più pagati del mondo
VIVERE UN’ESTATE SPENSIERATA UNDER 30, INNOVAZIONI IN SALUTE NEL DISTRETTO VENETO DEL MARMO EURO 2024, LE ROSE PIÙ RICCHE GIUGNO, 2024 INVESTIGATION IL CREPUSCOLO DELL’EUROPA COVER STORY
STEFANO REBATTONI, PRESIDENTE EAD DI IBM ITALIA Italia 4,90 euroCH CT 11,90 ChfCôte d’Azur 13,90 euroAnno 8N° 80giugno 2024Periodicità: mensilePrima immissione: 11/06/2024 MensilePoste Italiane SpaSpedizione in abbonamento postale D. L. 353/2003 (conv in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 LO/MI Classifiche
40 | L’intelligenza del fare
Ibm è in Italia da quasi un secolo, durante il quale ha supportato le trasformazioni tecnologiche e digitali delle imprese che costituiscono le principali dorsali del nostro Paese. Oggi alla guida c’è il presidente e ad Stefano Rebattoni, alle prese con la rivoluzione epocale dell’IA. Ecco le sue mosse. di Alessandro Mauro Rossi
FORBES.IT GIUGNO, 2024
giugno, 2024 Volume 80 3
INSIDE
9 | Chi sarà il pilota del futuro, l’Uomo o l’Intelligenza artificiale?
Alessandro Mauro Rossi
10 | La banca nel dna
Andrea Giacobino
12 | Connessioni pericolose
Giovanni Iozzia
14 | Questione di coscienza
Ugo Mattei
FRONTRUNNER
17 | Giocatori preziosi
24 | Euro-business
Matteo Sportelli
26 | Davide contro Golia
Massimiliano Carrà
28 | I valori in campo
30 | A peso d’oro
Massimiliano Carrà
31 | Rimanere ai vertici
Roberta Maddalena
32 | Creatività al potere
34 | Puntare al top
NEWS
36 | Social responsibility
Enzo Argante
37 | Innovation people
Giovanni Iozzia
38 | Space news
Emilio Cozzi
COVER STORY
40 | L’intelligenza del fare
Alessandro Mauro Rossi
THE INVESTIGATION
48 | Crepuscolo d’Europa
Tommaso Carboni
52 | L’Iran al bivio
Cosimo Maria Palleschi
54 | Il decollo della space economy
Emilio Cozzi
CONTRARIAN
57 | Le facce della conoscenza
Enzo Argante
60 | Le persone prima di tutto Danilo D’Aleo
BEST IN CLASS
63 | Serve una scossa
Serena Cappelletti
66 | Affari di ghiaccio
Marco Gemelli
68 | Il rilancio mette il turbo Attilio Nucetti
70 | Il meglio di tre mondi Elisa Serafini
72 | La passione si (video)gioca
Giovanni Calgaro
UNDER 30
74 | Progresso in salute a cura di Roberta Maddalena
GIUGNO, 2024 FORBES.IT 4
24
CAPITALE UMANO
85 | Lasciare un’impronta
Danilo D’Aleo
88 | La forza della diversità
Edoardo Prallini
90 | A sostegno del lavoro
Matteo Borgogno
92 | Stare bene è una missione
Penelope Vaglini
94 | La formazione al centro
Roberta Maddalena
96 | Giusti consiglieri
Lavinia Desi
98 | Tirare fuori il potenziale
Lavinia Desi
99 | Costruttori di futuro
Matteo Borgogno
100 | Le chiavi per la prosperità
Massimiliano Carrà
102 | Nuove opportunità
Primo Marzoratti
TRANSIZIONE ENERGETICA
105 | Il motore del cambiamento
Serena Cappelletti
109 | La transizione va in rete
Elisa Serafini
110 | Linea verde Rolando Lima
112 | Il coraggio di rinnovare Maurizio Abbati
114 | Il vento green del Nord Maurizio Abbati
BRANDVOICE con InfoCert 116 | Fase 2
GOOD STORIES
119 | Professionisti
della tecnologia
Andrea Celesti
122 | La salute in tasca
Lavinia Desi
124 | Gestire patrimoni è un’impresa
Andrea Telara
126 | Oltre l’e-commerce
Federico Silvio Bellanca
128 | Fragranze rock
Agostino Desideri
130 | Come si cambia
Marzia Gallo
131 | Rivoluzione scientifica
Paolo Bozzacchi e Gaia De Scalzi
132 | Il Golfo delle occasioni
Antonio Monreale
133 | Le regole dell’azzardo
Daniele Tortoriello
SMALL GIANTS
A cura di Piera Anna Franini
135 | Una terra da scolpire
DESIGN
A cura di Valentina Lonati
139 | La materia si fa poesia
BRANDVOICE con Crocco
142 | Il packaging diventa responsabile
FORBES LIFE
145 | È qui la festa
Alessia Bellan
148 | Ospitalità a cinque stelle
Andrea Celesti
150 | Le frontiere del benessere
Maurizio Abbati
152 | Parata di stelle
Rachele Di Stefano
153 | Un sorso di eccellenza
Penelope Vaglini
154 | Forbes trends
Marco Gemelli
155 | Forbes design
Valentina Lonati
156 | Forbes cars
Serena Cappelletti
157 | Forbes tech
Gabriele Di Matteo
158 | Donne vulcaniche
Cristina Mercuri
LIVING
159 | Milano Alessia Bellan
160 | Roma Mara Cella
161 | New York Aka Sarabeth
162 | Pensieri e parole Ingegnosità
6
FORBES.IT
GIUGNO, 2024
GIUGNO, 2024 | VOLUME 80
Mensile registrato presso il Tribunale di Milano al n°260 del 7 settembre 2017
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Strategy editor: Andrea Giacobino
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WRITERS
Massimiliano Carrà, Andrea Celesti, Matteo Chiamenti, Carola Desimio, Roberta Maddalena, Matteo Novarini, Edoardo Prallini, Matteo Rigamonti, Matteo Sportelli
SPECIAL CONTRIBUTORS
Smart mobility: Giovanni Iozzia
Lifestyle: Susanna Tanzi
Technology: Gabriele Di Matteo
Space economy: Emilio Cozzi
Responsibility: Enzo Argante
Contributors: Maurizio Abbati, Alessia Bellan, Federico Silvio Bellanca, Matteo Borgogno, Paolo Bozzacchi, Giovanni Calgaro, Serena Cappelletti, Tommaso Carboni, Mara Cella, Danilo D’Aleo, Gaia De Scalzi, Lavinia Desi, Agostino Desideri, Rachele Di Stefano, Piera Anna Franini, Marzia Gallo, Marco Gemelli, Rolando Lima, Valentina Lonati, Primo Marzoratti, Ugo Mattei, Cristina Mercuri, Antonio Monreale, Attilio Nucetti, Cosimo Maria Palleschi, Aka Sarabeth, Elisa Serafini, Andrea Telara, Daniele Tortoriello, Penelope Vaglini
Grafica: Filippo Scaglia, Patrizia Terragni
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Top selection
PEOPLE IN FOCUS
Quattro personaggi sotto i riflettori, scelti dal direttore di Forbes Italia
GIUSEPPE MAROTTA
Giuseppe (Beppe) Marotta ha vinto sette trofei durante gli otto anni con Suning proprietaria dell’Inter, tra cui lo scudetto della seconda stella. Nel passaggio di proprietà al fondo americano Oaktree sta fungendo da garante dell’operazione. Molto più di un manager sportivo.
ANGELA CAPUTI
Le sue creazioni con il marchio Giuggiù, partite da Firenze, hanno conquistato i mercati dell’eleganza di mezzo mondo. La conferma del successo di Caputi è arrivata da New York in maggio, quando è stata invitata a esporre all’Istituto italiano di cultura.
SEBASTIANO CAPPONI
Erede della dinastia dei Capponi, quella famosa per l’avo Pier, che rispose per le rime alle minacce di Carlo VIII, Sebastiano oggi non fa suonare le campane, ma produce vino nella tenuta di Calcinaia nel Chianti classico che quest’anno ha compiuto 500 anni. Non capita a tutti.
DANILA DE STEFANO
La psicologa Danila De Stefano ha fondato Unobravo, la piattaforma che vuole abbattere lo stigma sui temi di salute mentale e normalizzare l’accesso alla terapia. Oggi dà lavoro a circa 2.100 persone, di cui il 93% donne.
8 FORBES.IT GIUGNO, 2024
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di Alessandro Mauro Rossi
Chi sarà il pilota del futuro l’Uomo o l’Intelligenza artificiale?
In molti pensano che l’intelligenza artificiale (il tema di cui ci occupiamo nella copertina di questo numero 80 di Forbes) sia nata solo qualche anno fa, nel 2022, con ChatGpt. In effetti il concetto è molto più antico. Il dibattito risale addirittura i tempi di Platone, circa 400 anni prima di Cristo, quando si cominciò a discutere se, per tramandare il sapere, era meglio la traduzione orale o scritta. Ovviamente quella scritta consentiva di utilizzare a più persone e per più tempo le conoscenze dell’uomo. In sostanza, già allora si anticipava il pensiero di Giulio Andreotti, il quale sosteneva che l’esperienza è l’elaborazione delle fregature che si sono prese nella vita. L’intelligenza artificiale è l’elaborazione delle conoscenze accumulate in più vite. Con l’esperienza si affrontano, si valutano e si superano tante situazioni anche nuove, con l’intelligenza artificiale generativa si creano nuovi contenuti che ci aiutano a valutare o superare tante situazioni anche nuove. Nell’epoca moderna, il termine intelligenza artificiale è stato coniato nel 1955 da John McCarthy, un informatico americano che nel 1956, insieme ad altri scienziati, organizzò una conferenza che nel titolo parlava proprio di intelligenza artificiale. Prima di lui Alan Turing, altro informatico, ma inglese, aveva sviluppato il concetto di intelligenza artificiale con la sua Macchina di Turing, il calcolatore che consentì agli inglesi, e quindi agli Alleati, di decrittare il codice Enigma con cui venivano dati tutti gli ordini dell’esercito tedesco. In sostanza fu la mossa che fece vincere la guerra agli Alleati, che potevano così prevenire gli attacchi dei tedeschi. Oggi l’Osservatorio del Politecnico di Milano ci informa che il 93% degli italiani dichiara di conoscere l’IA, l’intelligenza artificiale, il 55% afferma di utilizzarla quotidianamente, il 37% anche al lavoro. Se il 73% manifesta “paura” per i suoi impatti c’è da
scommettere che, paura o non paura, si scatenerà presto la corsa all’intelligenza artificiale personale: sono già in commercio infatti i primi smartphone con IA generativa incorporata. ‘Automagically’ li definiscono, cioè automagici, tanto sorprendenti sono le loro prestazioni, destinate a conquistare rapidamente un popolo come il nostro, che vanta il possesso di oltre uno smartphone a testa (78 milioni e 220 mila telefonini su 60 milioni e 320 mila abitanti). Lo smartphone è ormai una sorta di dépendance della nostra scatola cranica, è stato detto, e la combinazione smartphone + IA + social network si annuncia davvero come esplosiva.
Il professor Giulio Maira, presentando una sua relazione al Dis (il Dipartimento per le informazioni per la sicurezza), alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, si è posto questa raffica di domande che condividiamo totalmente. Discutere criticamente del digitale e dell’IA si impone quindi come impegno imprescindibile: che rapporto c’è tra contesto democratico e questi nuovi strumenti di innovazione? Che forma di potere e di ordine determinano i dispositivi di IA nel contesto sociale? Quali sono le conseguenze delle capacità predittive dell’IA? Quale la sua capacità di produrre certi comportamenti umani e i loro cambiamenti? Quali i poteri e le forme di manipolazione e di controllo sociale? Sappiamo che un gruppo di ‘draghi del web’ che si contano sulle dita delle mani detiene tutta la potenza computazionale estratta grazie allo sfruttamento dei big data che abbiamo loro gentilmente concessi? Siamo consapevoli che la produzione di IA avviene in laboratori totalmente privi di trasparenza, che noi stessi siamo ad un tempo fruitori e ‘materiale umano’ da sfruttare? Come difenderci dalla profilazione e dalla raccolta a fini commerciali e politici dei dati delle persone connesse o dalle falsificazioni dei deepfake che “avvelenano i pozzi” dell’informazione alterando immagini e testi, sfruttando ed esaltando i nostri pregiudizi cognitivi? Insomma, chi sarà il pilota del futuro: l’IA o l’uomo stesso? F
FORBES.IT GIUGNO, 2024 9
IN
di Andrea Giacobino
La banca nel dna
Quando era ragazzo, suo padre era vicedirettore generale dell’Abi. Da qui Francesco Minotti ha preso la passione che lo ha portato in giro per il nostro Paese e all’estero, tra Comit, Credito Italiano e Bpm. Fino alla nomina, un anno fa, ad amministratore delegato e dg di Mediocredito Centrale
“Da Roma, la città in cui sono nato e cresciuto, ho imparato a guardare il futuro con positività, non dimenticando la storia da cui veniamo, che ci definisce e ci dice chi siamo”. Classe 1969, Francesco Minotti, da maggio 2023 amministratore delegato e direttore generale di Mediocredito Centrale, è cresciuto in un contesto caratterizzato da forte fermento culturale e passaggi storici epocali che hanno profondamente trasformato il sistema bancario e finanziario. Lo sguardo al di qua e al di là dei confini nazionali, le prospettive di un mondo, quello della finanza, in profondo cambiamento. “Quando ero ragazzo, mio padre era vicedirettore generale dell’Abi. Credo si possa dire che sono cresciuto a pane e banca”. Da qui la forte passione per il settore, che lo ha portato a laurearsi in economia e commercio alla Sapienza di Roma con il massimo dei voti.
Minotti vive sempre nella Capitale, tra il quartiere Pinciano e il quartiere Salario, con la famiglia e due carlini, Martino e Camillo, che ama portare a passeggio a villa Borghese. Roma è la città che ama e in cui ha deciso di tornare dopo diverse esperienze in giro per l’Italia e all’estero, per poi approdare alla guida di un’importante banca a controllo pubblico, con un’altrettanto importante mission: supportare le imprese e le famiglie del Mezzogiorno.
“Una volta un amico mi disse che per essere un buon banchiere bisogna saper ascoltare il territorio. Credo che questo sia il modo giusto per interpretare al meglio il ruolo”
per il progetto che ha portato alla costituzione di Pioneer Investments. “Sono stati anni entusiasmanti e ‘pioneristici’, per rimanere in tema, in cui contribuimmo in maniera importante allo sviluppo dell’asset management in Italia. Era un’industria giovane e in forte crescita. In quegli anni gli italiani, tradizionalmente risparmiatori, si confrontarono con un nuovo modo di gestire i risparmi. Fu una rivoluzione culturale”. Poi, nel 2004, l’arrivo in Banco Bpm, “che all’epoca era la Banca Popolare di Verona e Novara, poi Banco Popolare”. Qui Minotti ha assunto diversi ruoli: da vicedirettore generale della capogruppo a direttore generale di diverse banche partecipate. “Un periodo intenso, ricco di stimoli e opportunità, che, dopo anni nella finanza, mi ha permesso di confrontarmi con i territori e le loro realtà produttive. Un amico banchiere di grande esperienza una volta mi disse che per essere un buon banchiere bisogna saper ascoltare il territorio. Credo che questo sia il modo giusto per interpretare al meglio il ruolo”.
La carriera di Minotti è iniziata presto, con un’esperienza all’estero, in Lussemburgo, in quello che all’epoca era il gruppo Comit, oggi Intesa Sanpaolo. Lì ha toccato con mano i temi a cui si era appassionato durante gli studi. Il salto è avvenuto quando, a metà degli anni ’90, è stato chiamato dal Credito Italiano
Prima della recente nomina in Mcc, nel 2012 ha assunto la guida della direzione commerciale per la clientela istituzionale, la pubblica amministrazione e il terzo settore, sempre in Banco Bpm. “Anche questo è stato un passaggio importante. I risultati generati in quegli anni testimoniano il successo del modello che abbiamo sviluppato”. In particolare, aggiunge Minotti, “lavorare con il settore pubblico mi ha fatto scoprire la qualità della nostra amministrazione e quanto sia importante mettere al servizio del Paese le proprie competenze”.
Nel suo percorso, da un lato ci sono le imprese, le
10 FINANCIAL PICTURE FORBES.IT GIUGNO, 2024
famiglie e le comunità, dall’altro il settore pubblico, i grandi investitori istituzionali e la finanza internazionale. Un insieme di esperienze preziose per chi è chiamato a guidare un gruppo bancario a capitale pubblico con una forte vocazione territoriale. “È una sfida importante, che passa dalla sintesi tra la nostra dotazione di capitale pubblico, la missione affidataci dalla norma istitutiva e la modalità di mercato con cui operiamo”. Mcc ha cambiato pelle grazie alla svolta impressa da Bernardo Mattarella, ora alla guida di Invitalia (la controllante di Mediocredito Centrale, ndr), che oggi continua con Minotti. “In questi anni Mcc ha svolto un ruolo fondamentale di supporto all’economia attraverso la gestione del Fondo Centrale di Garanzia, con oltre 200 miliardi di finanziamenti garantiti al 31
dicembre scorso. Da banca specializzata di secondo livello si è trasformata in un gruppo bancario universale al servizio del Mezzogiorno, grazie all’acquisto di Popolare di Bari, oggi BdM Banca. Ci attende un intenso lavoro, nella consapevolezza che quanto più riusciamo a sviluppare l’economia dei territori in cui operiamo, tanto più contribuiamo a rafforzare il nostro Paese”. E i risultati già si vedono. Il bilancio 2023 di Mcc ha registrato un utile netto consolidato di 46,8 milioni, contro i 37,8 milioni dell’anno prima (+24%), grazie alla performance positiva di tutte le banche del gruppo. In crescita il margine di interesse (+17%), pari a 285 milioni di euro, il margine di intermediazione (+3,9%), pari a 457 milioni, e il coefficiente di solidità patrimoniale Cet1/Tier1, al 13,03% dall’11,28% del 2022. F
FORBES.IT GIUGNO, 2024
IMAGOECONOMICA
Francesco Minotti
Connessioni pericolose
La neurotecnologia ha permesso di creare una comunicazione diretta tra neuroni e dispositivi esterni. Per le persone con disabilità si avvicinano nuove possibilità di interazione. Per tutti si prospetta un cambiamento della relazione con le macchine. Con minacce per la privacy e la libertà di pensiero
Zhao torna a casa infuriato: al lavoro gli hanno tolto un’ora di paga perché, pur restando attento davanti allo schermo, il caschetto obbligatorio ha rivelato che per qualche minuto ha avuto pensieri tremendi contro un collega antipatico e lavativo. Ma deve subito calmarsi, perché trova il piccolo Shaoran in lacrime: a scuola la maestra lo ha punito perché si è distratto durante la lezione di storia della rivoluzione, nonostante lui fosse rimasto immobile. Ma i sensori lo hanno tradito. Non è la scena di un film di fantascienza distopico, di quelli che raccontano un futuro oscuro, dove la tecnologia porta a situazioni sociali negative. Succede già in Cina (abbiamo solo sceneggiato la situazione) e potrebbe accadere presto in altre parti del mondo per effetto dell’inarrestabile corsa delle neurotecnologie che lavorano sul cervello, per comprenderlo, monitorarlo e controllarlo, nel bene e nel male. Stiamo andando verso un cervello digitale capace di dialogare con le macchine senza la mediazione delle mani, ad esempio, e soprattutto di produrre e trasmettere enormi quantità di dati sui nostri pensieri e sui nostri comportamenti per effetto combinato di discipline come neuroscienze, ingegneria biomedica, informatica ed etica (non è un caso se resta per ultima) potenziate dall’intelligenza artificiale. Hangzhou è una città di 11 milioni di abitanti della Cina orientale, famosa per il lago e le piantagioni di tè che la circondano. Ma è anche un centro economico ad alta tecnologia: qui è nata Alibaba e ha sede la casa automobilistica Geely. Ed è qui che, alla Zhongheng Electric, azienda hi-tech (produce, ad esempio, sistemi di ricarica per le auto elettriche), i lavoratori indossano un caschetto con sensori wireless che monitora le loro onde cerebrali, li trasforma in dati e li comunica a computer che, con l’in-
telligenza artificiale, individuano picchi emotivi legati ad ansia, depressione o rabbia.
In alcune scuole della Cina, poi, dispositivi simili vengono già usati per tenere sotto controllo il livello di attenzione e concentrazione degli studenti.
Secondo Mark Zuckerberg, “un giorno le persone saranno in grado di condividere esperienze sensoriali ed emotive complete online, non solo foto e video”
Le neurotecnologie hanno fatto passi da gigante negli ultimi anni. Sono state create interfacce cervello-computer (in gergo bci) che permettono una comunicazione diretta tra i nostri neuroni e un dispositivo esterno; tecnologie di imaging cerebrale avanzato, che offrono una migliore comprensione del cervello: la stimolazione cerebrale profonda (dbs), che prevede l’impianto di elettrodi nel cervello per modulare l’attività elettrica. Quasi sempre si comincia per aiutare persone con disturbi cerebrali o con disabilità, ma una volta che le soluzioni vengono perfezionate, le applicazioni extrasanitarie diventano inquietanti. Del resto che cosa ha detto Elon Musk? “Immagina se Stephen Hawking potesse comunicare più velocemente di un dattilografo o di un banditore. Questo è l’obiettivo”. La sua Neuralink in gennaio ha impiantato il primo Telepathy (il chip si chiama così) su Noland Arbaugh, un 30enne rimasto paralizzato dalle spalle in giù dopo un incidente subacqueo, per permettergli di muovere un cursore solo con il pensiero. Non tutto è andato come previsto, ma il caso ha riportato l’attenzione su sperimentazioni che non arrivano da lontano e su un mercato destinato a esplodere. Nel 2023 l’industria globale delle neuroscienze è stata valutata circa 33 miliardi di dollari e si prevede che quest’anno supererà i 35 miliardi, per avvicinarsi ai 50 nel 2028. Perché non c’è solo la Neuralink di Elon Musk. Vanno tenute d’occhio Kernel, Blackrock Neurotech, Neu-
12 FORBES.IT GIUGNO, 2024
di Giovanni Iozzia
DIGITAL BREAK
rabl, Synchron. E poi ci sono decine di startup che stanno lavorando sul nostro cervello. Tra queste Ctrl-labs, acquisita da Meta/Facebook a fine 2019. “Un giorno le persone saranno in grado di condividere esperienze sensoriali ed emotive complete online, non solo foto e video”, ha detto nel 2015 Mark Zuckerberg. E quel giorno è sempre più vicino, fra speranze e paure.
I disturbi neurologici sono la principale causa di malattia e disabilità a livello globale, con un impatto enorme nelle aree più povere del mondo. Il potenziale della neurotecnologia per aiutare a curare queste malattie è fonte di grande speranza, ma non c’è solo questa dimensione medica. In positivo, per le persone con disabilità si avvicina la possibilità di interagire con le macchine e comunicare con maggiore semplicità. Per tutti si prospetta un cambiamento della relazione uomo-macchina, con potenziali pericoli per la privacy, ma anche per la libertà di pensiero. In commercio sono già disponibili fasce per la testa e auricolari che aiutano gli utenti a tenere traccia di parametri come i modelli di sonno. Questi dispositivi raccolgono anche dati neurali, che potrebbero consentire alle aziende o ai governi di costruire profili dettagliati degli individui, per controllarci politicamente o per condizionarci negli acquisti.
Il valore in dollari dell’industria globale delle neuroscienze nel 2023
33 mld 24
Gli esperti nominati dall’Unesco per sviluppare un quadro normativo globale sull’etica delle neurotecnologie
Come evitare l’uso improprio delle informazioni e la manipolazione degli individui possibili grazie alle tecnologie neurali? Senza tenere conto dei rischi di hacking del cervello, di alterazione del suo funzionamento per condizionare le scelte e i comportamenti, sia quando andiamo a votare, sia quando facciamo la spesa. Scenari agghiaccianti, secondo i più pessimisti, difficilmente affrontabili da un singolo governo. Infatti hanno cominciato a muoversi grandi organizzazioni internazionali come l’Ocse, che ha raccomandato a governi e innovatori di non dimenticare la dimensione etica, senza frenare l’innovazione. Il direttore generale dell’Unesco, Audrey Azoulay, ha nominato 24 esperti di tutto il mondo per sviluppare un primo quadro normativo globale sull’etica delle neurotecnologie. Si sono incontrati per la prima volta a Parigi a fine aprile e l’Unesco conta di avviare entro il 2025 un confronto sull’adozione dei principi fra i 194 stati membri. Intanto la ricerca e il business procedono, molto più velocemente. Prevarrà l’esperienza di Zhao e Shaoran (due nomi di fantasia) o quella di Noland (una persona reale)? Conoscere e capire meglio il funzionamento del cervello, renderlo sempre più potente e digitale servirà a farci vivere meglio o a condizionare le nostre vite? F
13 FORBES.IT GIUGNO, 2024
Noland Arbaugh, il 30enne paralizzato dalle spalle in giù in cui Neuralink ha impiantato il primo chip Telepathy.
ECONOMIC SCENARIOS
di Ugo Mattei
Questione di coscienza
Per alcuni le aziende devono porsi quale unico scopo il profitto. Per altri le grandi imprese hanno un impatto pubblico, e dunque sono autorizzate a privilegiare fini diversi. Ma il punto chiave non è se un amministratore delegato possa comportarsi decentemente, ma come assicurarsi che sia tenuto a farlo
Da più parti si osserva la crisi dello stato sovrano, conclamatasi con la caduta del muro di Berlino. Si parlava allora di fine della storia, previsione che fa sorridere oggi, mentre osserviamo l’emersione di un nuovo bipolarsmo fra blocco occidentale e blocco dei Brics.
Quale che sia la valutazione storica di questi processi geopolitici, sta di fatto che la corporation globale ne appare come la principale beneficiaria. Queste strutture, formalmente private, sono nate insieme alla prima borsa valori, per raccogliere investimenti rischiosi e tramutarli in un mercato di capitali, dando vita alla forma sociale nota come capitalismo.
Approfittando della personalità giuridica concessa loro dai sovrani, questi aggregati di capitale di rischio sono autonomi rispetto al patrimonio di chi vi investe, e, avendo un’aspettativa di vita infinita (finché i conti tornano, la spa vive), sono progressivamente cresciuti come meccanismi di accumulo di ricchezze. La loro stella polare è il profitto. I loro amministratori devono perseguirlo nell’interesse dei proprietari-azionisti. Progressivamente, gli amministratori/manager hanno assunto sempre più potere rispetto ai proprietari. Gli azionisti/proprietari (shareholder) sono sparpagliati e assenteisti, per lo più interessati solo alla rendita del capitale investito in azioni. I manager vanno dunque controllati: il diritto commerciale crea norme imperative (ossia non derogabili dai privati) per proteggere da un lato gli shareholder dai possibili abusi dei manager, dall’altra i terzi che facciano affidamento sull’onestà o la solidità della corporation. Costoro sono gli stakeholder, cioè coloro che subiscono l’impatto dell’azione sociale. I creditori, i lavoratori, gli ecosistemi, etc.
Il cybercapitalismo sembra avere spostato l’attenzione dal profitto alla rendita (si pensi ai loghi, alla finanza, alle piattaforme), tanto da far pensare, a un economista come Gianis Varoufakis, che l’attuale fase possa descriversi come tecnofeudalesimo
La ricerca del profitto (senza il quale il management viene licenziato) può spingere ad affari efferati ma remunerativi, incluse azioni brutali ai danni degli stakehonder. In Shareholderism versus Stakeholderism. La società per azioni contemporanea di fronte al ‘profitto’, Eugenio Barcellona riapre il tema dei motivi degli amministratori diversi dal profitto. Possono gli ad, di fronte a un’occasione di profitto legale ma moralmente discutibile, far prevalere motivazioni ecologiche o sociali? Potrebbero decidere di offrire l’asilo nido alle lavoratrici, o una paga superiore al minimo sindacale ai lavoratori, o acquistare un sistema di depurazione costosissimo? Tali spese senza profitto (e non giustificate da un valore reputazionale, come una campagna pubblicitaria) vanno a scapito economico degli azionisti e a favore degli stakeholder. Su questi temi si danno due orientamenti. Secondo quello ‘contrattualista’, il più tradizionale, rilanciato in era neoliberale negli Stati Uniti (la cosiddetta nexus of contracts theory), la corporation è un mezzo per soddisfare fini di lucro dei suoi proprietari. La massimizzazione degli utili deve guidare le scelte, a pena di responsabilità e licenziamento del ceo. Un orientamento successivo, sviluppatosi in Italia negli anni ‘30 e grosso modo coevo, negli Stati Uniti, del New Deal, è quello istituzionalista. La corporation, soprattutto a causa delle dimensioni, è un’istituzione che, seppur privata, ha un impatto pubblico. Per questo i ceo devono poter decidere se perseguire solo gli utili o anche altri interessi. Possono far prevalere interessi sociali ed ecologici sull’avidità degli azionisti. In epoca di neoliberismo, il modello istituzionalista, dominante su entrambi i lati dell’Atlantico, è stato spazzato via
14 FORBES.IT GIUGNO, 2024
dalle teorie di Milton Friedman: nessun interesse diverso dal profitto è lecito in una corporation. Se il ceo vuole fare beneficenza, che lo faccia con i propri soldi, non con quelli degli altri, è il succo del ragionamento.
Dopo la crisi del 2008, la teoria istituzionalista ha ripreso quota. Negli Stati Uniti e in Europa si è istituita la benefit corporation, i cui statuti societari consentono espressamente di perseguire altri fini oltre al profitto. Nello stesso periodo si è discusso di corporate social responsibility, standard etici che alcune imprese hanno dichiarato di voler seguire. Più di recente si è inaugurata la stagione della finanza esg (environment, social, governance), con oneri di rendicontazione e bilanci sociali. Tanti hanno già denunciato il greenwashing, essenza di queste pratiche. Proprio Barcellona ne smaschera l’ipocrisia. Bisogna però riflettere su due punti. Intanto il cybercapitalismo, descritto nelle sue implicazioni da Emanuela Fornari, sembra avere spostato talmente l’attenzione dal profitto alla rendita (si pensi ai loghi, alla finanza, alle piattaforme) da far pensare, a un economista come Gianis Varoufakis, che l’attuale fase meglio possa descriversi come ‘tecnofeudalesimo’. In secondo luogo, chi considera la sola ricerca del profitto come prassi fisiologica dei ceo dimentica che storicamente la personalità giuridica non è una condizione di natura, ma un privilegio concesso ai privati per favorire certe attività di impresa socialmente desiderabili. Nessuna impresa può essere desiderabile se esternalizza i propri costi sociali, come la Fiat con la cassa integrazione, assor-
bendo i profitti e socializzando le perdite. Questa è oggi la cifra dei modelli di business di Amazon, Uber, Deliveroo, etc. Il giovane schiavo che pedala al buio sotto la pioggia, senza casco né luci, è un’esternalizzazione dei costi sociali di questo barbaro sfruttamento. Avrà un incidente, finirà in ospedale, si ammalerà, senza che ciò costi un soldo all’impresa. Negli Stati Uniti, la maggior parte dei lavoratori di Walmart è sostenuta dal pubblico con i foodstamp. Il suo ceo massimizza gli utili e il diritto gli consente di farlo. La domanda corretta, allora, non è se un ceo possa essere decente nei comportamenti, ma che cosa fare perché debba esserlo senza averne, come Adriano Olivetti, la vocazione. Non è questione da poco, perché la corporation corrompe oggi di continuo il sistema giuridico. Infatti, tramite le lobby controlla, almeno in Occidente, i sistemi politici che fanno le leggi. A ben vedere, i poteri del ceo aumentano se gli si consente di invocare standard esg per svolgere un ruolo sempre più politico, irrogando di soldi i legislatori per garantire un ambiente politico amico. Così si tramutano i profitti in rendite. Consegnare ulteriori poteri a certi squali non è desiderabile. Tuttavia, è venuto il momento di fare i conti con il fatto che la sovranità non appartiene più agli stati e che dunque il governo democratico dell’economia, che negli anni ‘70 invocava l’ingresso della Costituzione nei cancelli di Mirafiori, si gioca all’interno delle corporation. Bisogna lavorare di immaginazione e inventare innovazioni statutarie capaci di democratizzare le decisioni societarie. Dietro troppo realismo si nasconde spesso il cinismo. F
15 FORBES.IT GIUGNO, 2024
GETTYIMAGES
WHAT’S NEW WHO’S NEXT
GIOCATORI PREZIOSI
Forbes ha stilato la classifica dei 50 atleti più pagati del mondo. In totale, hanno incassato 3,88 miliardi di dollari, al lordo delle tasse e delle commissioni per gli agenti, con un incremento del 13% rispetto allo scorso anno. Per la quarta volta in carriera CR7 è al comando
FORBES.IT GIUGNO, 2024 17
NNegli otto anni trascorsi da quando è diventato per la prima volta l’atleta più pagato del mondo, per Cristiano Ronaldo sono cambiate tante cose. Il 39enne calciatore portoghese è passato dal Real Madrid alla Juventus, poi al Manchester United, fino ad accasarsi all’Al Nassr, squadra della Saudi Pro League. Una cosa, però, non è mai cambiata: Ronaldo continua a incassare stipendi clamorosi.
Negli ultimi 12 mesi ha guadagnato una cifra stimata in 260 milioni di dollari, che lo rende l’atleta più pagato al mondo per la quarta volta in carriera. Forbes calcola che il contratto con l’Al Nassr gli abbia portato 200 milioni per questa stagione. E poiché Ronaldo resta uno dei testimonial sportivi più ambiti al mondo, ha guadagnato altri 60 milioni fuori dal campo, grazie a un portafoglio di sponsorizzazioni che comprende, tra gli altri, Nike, Binance e Herbalife. In totale, i 50 atleti più pagati del mondo hanno incassato 3,88 miliardi di dollari, al lordo delle tasse e delle commissioni per gli agenti, con un incremento del 13% rispetto al record di 3,44 miliardi stabilito lo scorso anno. Circa il 76% (2,94 miliardi) viene dai guadagni sul campo (stipendi, bonus e premi in denaro), in parte perché il denaro mediorientale continua a riversarsi nel mondo dello sport. Il restante 24% (936 milioni) è da attribuire a sponsorizzazioni, apparizioni a eventi, introiti da licenze e cimeli e altre attività commerciali. L’ultima cifra è in calo del 13% rispetto agli 1,08 miliardi dello scorso anno. La soglia per entrare nella top 50, come nel 2023, è di 45,2 milioni. Ciò nonostante, dieci nomi nuovi sono riusciti a entrare in classifica, mentre altri otto sono tornati in lista dopo un’assenza di uno o più anni. La Nba è la lega con più giocatori in classifica, con 19, davanti alla Nfl, con 11. Il calcio ha in tutto otto giocatori. È forte anche la presenza di Liv Golf, il circuito finanziato dal fondo Pif dell’Arabia Saudita, con due dei cinque golfisti più pagati. In particolare Jon Rahm è al secondo posto della graduatoria, dopo essere entrato nel circuito a dicembre.
Il golfista spagnolo è uno dei 22 sportivi in classifica con meno di 30 anni, possibile segno di un cambio della guardia. Atleti che sono stati sulla lista per moltissimi anni, come Serena Williams, Roger Federer e Tom Brady, si sono già ritirati. Altri, come Ronaldo, LeBron James, Tiger Woods e altri tre con 39 anni o più, potrebbero esserci vicini. F
Nba Nfl Calcio Golf Boxe Mlb F1
I 50 ATLETI PIÙ PAGATI AL MONDO IN BASE ALLO SPORT Fonte: Forbes.com
LA CLASSIFICA DEGLI ATLETI PIÙ PAGATI AL MONDO
DI SEGUITO LA CLASSIFICA COMPLETA DEI 50 ATLETI PIÙ PAGATI AL MONDO. TUTTE LE CIFRE SONO ESPRESSE IN DOLLARI
1 | CRISTIANO RONALDO
Sport: Calcio
Guadagni totali: 260 milioni
Guadagni sul campo: 200 milioni
Guadagni fuori
dal campo: 60 milioni
2 | JON RAHM
Sport: Golf
Guadagni totali: 218 milioni
Guadagni sul campo: 198 milioni
Guadagni fuori
dal campo: 20 milioni
3 | LIONEL MESSI
Sport: Calcio
Guadagni totali: 135 milioni
Guadagni sul campo: 65 milioni
Guadagni fuori
dal campo: 70 milioni
4 | LEBRON JAMES
Sport: Basket
Guadagni totali: 128,2 milioni
Guadagni sul campo: 48,2 milioni
Guadagni fuori
dal campo: 80 milioni
18 GIUGNO, 2024 FORBES.IT
5 | GIANNIS
ANTETOKOUNMPO
Sport: Basket
Guadagni totali: 111 milioni
Guadagni sul campo: 46 milioni
Guadagni fuori dal campo: 65 milioni
6 | KYLIAN MBAPPÉ
Sport: Calcio
Guadagni totali: 110 milioni
Guadagni sul campo: 90 milioni
Guadagni fuori dal campo: 20 milioni
7 | NEYMAR Sport: Calcio
Guadagni totali: 108 milioni
Guadagni sul campo: 80 milioni
Guadagni fuori dal campo: 28 milioni
8 | KARIM BENZEMA
Sport: Calcio
Guadagni totali: 106 milioni
Guadagni sul campo: 100 milioni
Guadagni fuori dal campo: 6 milioni
9 | STEPHEN CURRY
Sport: Basket
Guadagni totali: 102 milioni
Guadagni sul campo: 52 milioni
Guadagni fuori dal campo: 50 milioni
10 | LAMAR JACKSON
Sport: Football americano
Guadagni totali: 100,5 milioni
Guadagni sul campo: 98,5 milioni
Guadagni fuori dal campo: 2 milioni
11 | JOE BURROW
Sport: Football americano
Guadagni totali: 100 milioni
Guadagni sul campo: 96 milioni
Guadagni fuori dal campo: 4 milioni
12 | KEVIN DURANT
Sport: Basket
Guadagni totali: 93,3 milioni
Guadagni sul campo: 47,8 milioni
Guadagni fuori dal campo: 45,5 milioni
13 | SHOHEI OHTANI
Sport: Baseball
Guadagni totali: 85,3 milioni
Guadagni sul campo: 25,3 milioni
Guadagni fuori dal campo: 60 milioni
14 | CANELO ALVAREZ
Sport: Pugilato
Guadagni totali: 85 milioni
Guadagni sul campo: 75 milioni
Guadagni fuori dal campo: 10 milioni
15 | PATRICK MAHOMES
Sport: Football americano
Guadagni totali: 84,4 milioni
Guadagni sul campo: 59,4 milioni
Guadagni fuori dal campo: 25 milioni
16 | ANTHONY JOSHUA
Sport: Pugilato
Guadagni totali: 83 milioni
Guadagni sul campo: 75 milioni
Guadagni fuori dal campo: 8 milioni
17 | MAX VERSTAPPEN
Sport: Formula 1
Guadagni totali: 81 milioni
Guadagni sul campo: 76 milioni
Guadagni fuori dal campo: 5 milioni
18 | AARON RODGERS
Sport: Football americano
Guadagni totali: 80,8 milioni
Guadagni sul campo: 71,8 milioni
Guadagni fuori dal campo: 9 milioni
19 | RORY MCILROY
Sport: Golf
Guadagni totali: 80,1 milioni
Guadagni sul campo: 35,1 milioni
Guadagni fuori dal campo: 45 milioni
20 | JUSTIN HERBERT
Sport: Football americano
Guadagni totali: 78,7 milioni
Guadagni sul campo: 67,7milioni
Guadagni fuori dal campo: 11 milioni
21 | LEWIS HAMILTON
Sport: Formula 1
Guadagni totali: 69 milioni
IL CAMMINO DELLO SPORT FEMMINILE
Clark ha iniziato la sua carriera da professionista abbattendo un altro record. L’ex stella dell’Università dell’Iowa, miglior marcatrice nella storia del basket universitario, ha firmato con Nike per quello che si ritiene sia il contratto di sponsorizzazione più ricco del basket femminile: fino a 28 milioni di dollari per otto anni. Eppure, nonostante questo contratto e altre partnership redditizie con Gatorade, State Farm e Gainbridge, Clark non ha guadagnato abbastanza per rientrare tra i 50 atleti più pagati al mondo quest’anno. In realtà, nessuna donna lo ha fatto. La donna più pagata nel 2023, la tennista polacca Iga Świątek, ha incassato circa 23,9 milioni di dollari, poco più della metà dei 45,2 milioni necessari per entrare nella lista. Serena Williams era l’unica donna tra i 50 at-
leti più pagati al mondo l’anno scorso - la sua sesta volta in classifica nell’ultimo decennio -, ma ora si è ritirata. Solo altre tre donne sono entrate nella top 50 dal 2012, le tenniste Maria Sharapova, Li Na e Naomi Osaka. Gran parte del problema deriva dal fatto che i guadagni sul campo, cioè stipendi e premi, sono legati al fatturato dei tornei di riferimento. Ma qualcosa sta cambiando. Deloitte stima che il totale combinato dei ricavi degli sport professionistici femminili raggiungerà 1,28 miliardi di dollari quest’anno, almeno il 300% in più rispetto alla previsione di tre anni fa. Il divario è ancora ampio, ma le atlete che guadagnano di più stanno facendo progressi reali. La media delle prime 20 dell’anno scorso è salita a 8,5 milioni di dollari dai 7,3 milioni di dollari del 2022.
FORBES.IT GIUGNO, 2024
19
Caitlin
Guadagni sul campo:
57 milioni
Guadagni fuori dal campo: 12 milioni
22 | NICK BOSA
Sport: Football americano
Guadagni totali: 68 milioni
Guadagni sul campo:
66,5 milioni
Guadagni fuori
dal campo: 1,5 milioni
23 | TIGER WOODS
Sport: Golf
Guadagni totali:
67,2 milioni
Guadagni sul campo: 12,2 milioni
Guadagni fuori dal campo: 55 milioni
24 | KIRK COUSINS
Sport: Football americano
Guadagni totali:
62,5 milioni
Guadagni sul campo: 60 milioni
Guadagni fuori dal campo: 2,5 milioni
25 | KLAY THOMPSON
Sport: Basket
Guadagni totali: 62,3 milioni
Guadagni sul campo:
43,3 milioni
Guadagni fuori dal campo: 19 milioni
26 | DAMIAN LILLARD
Sport: Basket
Guadagni totali: 61,9 milioni
Guadagni sul campo: 45,9 milioni
Guadagni fuori
dal campo: 16 milioni
27 | ERLING HAALAND
Sport: Calcio
Guadagni totali: 61 milioni
Guadagni sul campo: 46 milioni
Guadagni fuori dal campo: 15 milioni
28 | MAX SCHERZER
Sport: Baseball
Guadagni totali: 59,9 milioni
Guadagni sul campo: 58,9 milioni
Guadagni fuori dal campo: 1 milione
29 | SCOTTIE SCHEFFLER
Sport: Golf
Guadagni totali: 59,2 milioni
Guadagni sul campo:
39,2 milioni
Guadagni fuori dal campo: 20 milioni
30 | JOEL EMBIID
Sport: Basket
Guadagni totali: 57,7 milioni
Guadagni sul campo: 47,7 milioni
Guadagni fuori dal campo: 10 milioni
31 | JIMMY BUTLER
Sport: Basket
Guadagni totali: 57,5 milioni
Guadagni sul campo: 45,5 milioni
Guadagni fuori dal campo: 12 milioni
32 | NIKOLA JOKIC
Sport: Basket
Guadagni totali: 56,1 milioni
Guadagni sul campo: 48,1 milioni
Guadagni fuori dal campo: 8 milioni
33 | JAMES HARDEN
Sport: Basket
Guadagni totali: 55,8 milioni
Guadagni sul campo: 35,8 milioni
Guadagni fuori dal campo: 20 milioni
34 | LUKA DONCIC
Sport: Basket
Guadagni totali: 55,1 milioni
Guadagni sul campo: 40,1 milioni
Guadagni fuori dal campo: 15 milioni
35 | BRADLEY BEAL
Sport: Basket
Guadagni totali: 54,3 milioni
Guadagni sul campo: 46,8 milioni
Guadagni fuori dal campo: 7,5 milioni
36 | CHRIS JONES
Sport: Football americano
Guadagni totali: 54,1 milioni
Guadagni sul campo: 53,1 milioni
Guadagni fuori dal campo: 1 milione
37 | KAWHI LEONARD
Sport: Basket
Guadagni totali: 53,7 milioni
20
totali $1.000M $500M Guadagni
campo Guadagni
campo Fonte: Forbes.com
GLI ULTIMI DIECI ANNI DEGLI ATLETI PIÙ PAGATI AL MONDO
Guadagni
fuori dal
sul
È UN AFFARE PER GIOVANI
Kylian Mbappé al Real Madrid potrebbe essere il grande trasferimento dell’estate 2024. Il passaggio sembrava già certo nel 2022, prima che il giocatore annunciasse poi di rimanere al Psg. La decisione è stata presa soprattutto in seguito all’appello personale del presidente francese Emmanuel Macron e al ricco contratto propostogli dal club parigino, che secondo Forbes gli ha finora garantito almeno 90 milioni di dollari l’anno. La cifra, aggiunta a quanto previsto negli accordi sponsorizzazione con Nike, Oakley e Hublot, ha permesso a Mbappé di incassare 110 milioni di dollari negli ultimi 12 mesi, guadagnando così il titolo di sesto atleta più pagato
Guadagni sul campo:
45,7 milioni
Guadagni fuori dal campo: 8 milioni
38 | MOHAMED SALAH
Sport: Calcio
Guadagni totali: 53 milioni
Guadagni sul campo: 35 milioni
Guadagni fuori dal campo: 18 milioni
39 | PAUL GEORGE
Sport: Basket
Guadagni totali: 52,7 milioni
Guadagni sul campo: 45,7 milioni
Guadagni fuori dal campo: 7 milioni
al mondo. Nessuno della sua età (o più giovane) ha guadagnato così tanto l’anno scorso. Basti pensare che sono solo 5 gli atleti di massimo 25 anni nella top 50. Negli ultimi 12 mesi, questi sportivi hanno guadagnato in totale 319,5 milioni di dollari. Di questi, 250,5 milioni derivano dai loro stipendi e dai bonus sportivi, gli altri 69 provengono da sponsorizzazioni, apparizioni, licenze, gadget e qualsiasi altri attività connessa. Quest’anno, l’età media dei primi 50 atleti è di circa 31 anni (in ribasso rispetto ai 33 dell’anno scorso), con 22 atleti under 30 nella lista (17 l’anno scorso). Oltre a Mbappé, sul podio ci sono Erling Haaland del Manchester City e Luka Doncic dei Dallas Mavericks.
40 | SADIO MANÉ
Sport: Calcio
Guadagni totali: 52 milioni
Guadagni sul campo: 48 milioni
Guadagni fuori dal campo: 4 milioni
41 | BRIAN BURNS
Sport: Football americano
Guadagni totali: 51,7 milioni
Guadagni sul campo: 51,5 milioni
Guadagni fuori dal campo: 0,2 milioni
42 | TYSON FURY
Sport: Pugilato
Guadagni totali: 50 milioni
Guadagni sul campo: 42 milioni
Guadagni fuori dal campo: 8 milioni
43 | CAMERON SMITH Sport: Golf
Guadagni totali: 48 milioni
Guadagni sul campo: 44 milioni
Guadagni fuori dal campo: 4 milioni
44 | TRAE YOUNG
Sport: Basket
Guadagni totali: 47,3 milioni
Guadagni sul campo: 40,3 milioni
Guadagni fuori dal campo: 7 milioni
45 | DESHAUN WATSON
Sport: Football americano
Guadagni totali: 47 milioni
Guadagni sul campo: 46 milioni
Guadagni fuori dal campo: 1 milione
46 | RASHAN GARY Sport: Football americano
Guadagni totali: 46,8 milioni
Guadagni sul campo: 46,5 milioni
Guadagni fuori dal campo: 0,3 milioni
47 | ANTHONY DAVIS Sport: Basket
Guadagni totali: 46,2 milioni
Guadagni sul campo: 41,2 milioni
Guadagni fuori dal campo: 5 milioni
48 | ZION WILLIAMSON
Sport: Basket
Guadagni totali: 46,1 milioni
Guadagni sul campo: 34,1 milioni
Guadagni fuori dal campo: 12 milioni
49 | JAYSON TATUM Sport: Basket
Guadagni totali: 45,9 milioni
Guadagni sul campo: 32,9 milioni
Guadagni fuori dal campo: 13 milioni
50 | DEVIN BOOKER Sport: Basket
Guadagni totali: 45,2 milioni
Guadagni sul campo: 36,2 milioni
Guadagni fuori dal campo: 9 milioni
22
GIUGNO, 2024 FORBES.IT
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LANCIA.IT
di Matteo Sportelli
EURO-BUSINESS
Dagli sponsor tecnici al montepremi in base al rendimento, fino alle vendite di biglietti e alle magliette delle nazionali. Intorno alla 17esima edizione del campionato europeo di calcio che si terrà in Germania ruota un giro d’affari milionario
CCinquantuno partite, 24 nazioni e un paese ospitan te. Dal 14 giugno al 14 luglio si terrà Euro 2024, la diciaset tesima edizione campionato europeo di calcio. Tutte le gare si svolgeranno in Germania, paese che torna a ospitare una delle mas sime competizioni calcistiche dopo il
Mondiale del 2006. Per le partite – che si giocheranno tra Berlino, Monaco, Colonia, Dortmund, Düsseldorf, Francoforte, Gelsenkirchen, Amburgo, Lipsia e Stoccarda - saranno venduti complessivamente 2,7 milioni di biglietti, garantendo quindi un grande afflusso di ospiti tedeschi e stranieri, che porteranno a un boom di consumi. Per esempio, secondo quanto riportato da Reuters, durante la Coppa del Mondo 2006 le vendite di birra sono
24 FORBES.IT GIUGNO, 2024
GETTY IMAGES
Le maglie di Kylian
aumentate di circa il 5%. Un dato che farebbe sicuramente piacere all’industria della birra, dopo che nel 2023 le vendite nel paese sono diminuite del 4,5% a 8,4 miliardi di litri, continuando una tendenza al ribasso a lungo termine. Ma non solo. Tra le industrie che sicuramente beneficeran no di Euro 2024 c’è quella dell’abbigliamento sportivo.
Le nuove divise di Kroos, Mbappé, Barella, Bellin
nazionale, con i 37 milioni di euro all’anno garantiti all’Inghilterra. Al quarto posto c’è l’Italia, che riceve da Adidas circa 35 milioni di euro annui, dopo la fine del rapporto con Puma che garantiva invece circa 20 milioni. Al quinto posto c’è la Spagna, che incassa da Adidas 20 milioni di euro. Ma le federazioni incasseranno anche in base al rendimento nel torneo. Il montepremi della competizione sarà – come per Euro 2020 – pari a 331 milioni di euro. Come sarà distribuito? Secondo quanto stabilito dal comitato esecutivo Uefa, la quota di partecipazione
Saranno venduti 2,7 milioni di biglietti, garantendo tanti visitatori e un boom di consumi.
gham e Modric sono già ambitis sime. Ma quanto incassano le federazioni dagli sponsor tec nici? Partiamo dalla squadra del paese ospitante. Dopo 70 anni, la nazionale tedesca ha annunciato la fine del rapporto con Adidas e ha chiuso un accordo con Nike, che inizierà in vista del Mondia le del 2026. A Euro 2024 la Germania indosserà ancora Adidas, che garanti sce alla federazione tedesca circa 50 milioni di euro a stagione, la metà di quanto riceverà da Nike.
A guidare la classifica - prima del passaggio della Germa nia a Nike - c’era la Francia, grazie ai 50,5 milioni di euro annui garantiti proprio da Nike. Al brand statunitense appartiene anche il terzo ac cordo più costoso con una
Durante il Mondiale 2006, per esempio, le vendite di birra aumentarono del 5%
vale 9,25 milioni di euro. C’è poi il bonus partita: 1 milione di euro per la vittoria, 500mila euro per il pareggio e i premi in base all’avanzamento nel tabellone. La qualificazione agli ottavi di finale vale 1,5 milioni, quella ai quarti di finale 2,5 milioni, quella alle semifinali 4 milioni di euro. Chi perderà la finale dovrà accontentarsi di 4 milioni, mentre chi vincerà il torneo ne riceverà 8. L’importo massimo che la squadra campione può raggiungere, vincendo tutte e tre le partite del proprio girone e quelle a eliminazione diretta, è di 28,25 milioni di euro, così come l’Italia nell’edizione 2020 (giocata nel 2021 a causa del Covid). F
25 FORBES.IT GIUGNO, 2024
Mbappé, Jude Bellingham, Nicolò Barella e Toni Kroos, quattro fra le stelle del torneo. Nell’altra pagina, la premiazione dell’Italia a Euro 2020.
di Massimiliano Carrà
DAVIDE contro GOLIA
All’Italia di Luciano Spalletti serve un’impresa per ridurre il gap economico con le altre nazionali europee. I valori totali dei calciatori premiano l’Inghilterra, seguita da Francia e Portogallo
CCi risiamo. L’Europa del cal cio è pronta nuovamente a ri prendersi la scena e a ripartire dall’11 luglio 2021 per la nostra Nazionale, che per la seconda volta nella sua storia si è laureata campione d’Europa. Un trionfo da 28,5 milioni di euro che mancava dal 1968, che però – in modo del tutto inaspettato (così come lo era stata la vittoria) – ha segnato la fine di un ciclo. Prima con la seconda mancata qualifi cazione consecutiva ai Mondiali, poi con l’addio al veleno del ct Ro berto Mancini, uno degli artefici dell’impresa europea. In questi tre anni sono cambiate
I TRE CALCIATORI
PRESENTI AGLI EUROPEI CHE VALGONO DI PIÙ
tante cose: dall’addio di Giorgio Chiellini all’arrivo sulla panchina di Luciano Spalletti, campione d’Italia con il Napoli, fino ad arrivare alla faticosa qualificazione grazie a un pareggio contro l’Ucraina. Un percorso complesso che ha visto tanti volti nuovi Nazionale, dubbi, certezze e qualche conferma. Una piccola rivoluzione che ha anche cambiato il valore della rosa. Basti pensare che al 25 marzo 2022, all’indomani della sconfitta contro la Macedonia che è valsa l’esclusione dai Mondiali - la rosa degli azzurri, secondo i dati Transfermarkt, valeva 856 milioni di euro, 99 milioni in più rispetto agli attuali 757. Cifra spinta soprattutto dal blocco dell’Inter, composto da Nicolò Barella (75 milioni di euro), Alessandro Bastoni (70 milioni) e Federico Di Marco (70 milioni).
26 FORBES.IT GIUGNO, 2024
JUDE BELLINGHAM 180 MILIONI DI EURO PHILFODEN 130MILIONIDIEURO KYLIANMBAPPÉ 180MILIONIDIEURO
Le 7 nazionali europee di maggior valore (cifre in euro) . 100 milioni 300 500 700 900 1.100 1.300 1.500 1.700 1.900 2.000 ITALIA 757 MILIONI INGHILTERRA 1,67 MILIARDI FRANCIA 1,25 MILIARDI PORTOGALLO 1,06 MILIARDI SPAGNA 906 MILIONI OLANDA 874 MILIONI GERMANIA 799 MILIONI
2
Gli Europei vinti dalla nazionale italiana (1968, 2020)
99 mln
Il calo del valore della rosa dell’Italia negli ultimi due anni
75 mln
Il valore del centrocampista
dell’Inter Nicolò Barella
Il divario, con le altre nazionali, però è ampio. La rosa italiana si piazza solo al settimo posto a livello europeo e al nono a livello mondiale. Al momento della scrittura, inoltre, mancano ancora le convocazioni ufficiali di mister Spalletti e i dati Transfermarkt includono anche i valori di almeno due calciatori che sicuramente non prenderanno parte alla spedizione tedesca per infortunio: Destiny
FORBES.IT GIUGNO, 2024
Carlo Ancelotti, allenatore del Real Madrid, festeggia la conquista della Liga spagnola.
I valori in campo
Solo tre le italiane nella classifica stilata da Forbes dei 30 club di calcio che valgono di più al mondo. A comandare, ancora una volta, il Real Madrid, con una valutazione di 6,6 miliardi di dollari. Seguono il Manchester United, con 6,55, e il Barcellona, con 5,6
DDal 2014, il Real Madrid ha vinto 14 titoli internazionali, tra cui cinque Champions League, quattro Supercoppe europee e quattro Coppe del Mondo per Club. Nonostante il suo
valore, non è possibile investire nel Real Madrid, poiché la squadra è di proprietà di oltre 90mila soci. È invece possibile acquistare azioni del Manchester United, che secondo Forbes vale 6,55 miliardi di dollari e occupa il secondo posto nella classifica di quest’anno. A febbraio, il miliardario fondatore e ammi -
nistratore delegato del gruppo chimico Ineos, Sir Jim Ratcliffe, ha acquistato il 27,7% del club a un valore aziendale di 6,5 miliardi, pagando 33 dollari per azione. Secondo il mercato azionario, la squadra vale solo 17 dollari per azione. Forbes valuta il Manchester United a 6,55 miliardi, secondo solo al Real Madrid, che,
con 6,6 miliardi, è la squadra di maggior valore al mondo per il terzo anno consecutivo. Tre le italiane presenti nella classifica delle 30 squadre di calcio che valgono di più al mondo: Juventus, 11esima con 2,05 miliardi di dollari, il Milan, 14esimo con 1,43 miliardi, e l’Inter, 18esima con 1 miliardo. F
28 GIUGNO, 2024 FORBES.IT
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I 30 CLUB DI CALCIO CHE VALGONO DI PIÙ AL MONDO
#1. REAL MADRID Campionato: Liga spagnola Valore: 6,6 miliardi
#2. MANCHESTER UNITED Campionato: Premier League Valore: 6,55 miliardi
#3. BARCELLONA Campionato: Liga spagnola Valore: 5,6 miliardi
#4. LIVERPOOL Campionato: Premier League Valore: 5,37 miliardi
#5. MANCHESTER CITY Campionato: Premier League Valore: 5,1 miliardi
#6. BAYERN MONACO Campionato: Bundesliga Valore: 5 miliardi
#7. PARIS SAINTGERMAIN Campionato: Ligue 1 Valore: 4,4 miliardi
#8. TOTTENHAM HOTSPUR Campionato: Premier League Valore: 3,2 miliardi
#9. CHELSEA Campionato: Premier League Valore: 3,13 miliardi
#10. ARSENAL Campionato: Premier League Valore: 2,6 miliardi
#11. JUVENTUS Campionato: Serie A Valore: 2,05 miliardi
#12. BORUSSIA DORTMUND Campionato: Bundesliga Valore: 1,98 miliardi
#13. ATLETICO MADRID Campionato: Liga Valore: 1,6 miliardi
#14. MILAN Campionato: Serie A Valore: 1,43 miliardi
#15. LOS ANGELES FOOTBALL CLUB Campionato: Mls Valore: 1,2 miliardi
#16. WEST HAM Campionato: Premier League Valore: 1,1 miliardi
#17. INTER MIAMI Campionato: Mls Valore: 1,03 miliardi
#18. INTER Campionato: Serie A Valore: 1 miliardo
#19. LA GALAXY Campionato: Mls Valore: 950 milioni
#20. ATLANTA UNITED Campionato: Mls Valore: 900 milioni
#21. NEW YORK CITY Campionato: Mls Valore: 850 milioni
#22. ASTON VILLA Campionato: Premier League Valore: 800 milioni
#23. NEWCASTLE Campionato: Premier League Valore: 795 milioni
#24. FULHAM Campionato: Premier League Valore: 790 milioni
#25. SEATTLE SOUNDERS Campionato: Mls Valore: 785 milioni
#26. CRYSTAL PALACE Campionato: Premier League Valore: 780 milioni
#27. D.C. UNITED Campionato: Mls Valore: 775 milioni
#28. AUSTIN Campionato: Mls Valore: 750 milioni
#29. BRIGHTON Campionato: Premier League Valore: 730 milioni
#30. TORONTO Campionato: Mls Valore: 725 milioni
FORBES.IT GIUGNO, 2024 GETTYIMAGES 29
TUTTE LE CIFRE SONO ESPRESSE IN DOLLARI
Olivier Giroud (al centro) e Rafael Leão dopo un gol del Milan, 14esima squadra di maggiore valore al mondo.
FORBES FINANCE
di Massimiliano Carrà
A peso d’oro
Grazie alla scoperta di farmaci dimagranti, la lotta all’obesità
è diventata molto redditizia per diverse case farmaceutiche
LL’intelligenza artificiale non è l’unico trend che sta trainando il mercato azionario e l’attenzione delle principali società mondiali. È affiancato da un altro, già noto e più tradizionale. Stiamo parlando della lotta all’obesità, che negli ultimi mesi è andata incontro a un boom senza precedenti grazie alla scoperta (anche causale) di farmaci dimagranti, diventati quasi introvabili a causa dell’eccessiva richiesta e della poca offerta. Una rivoluzione che sta accrescendo i ricavi di alcune case farmaceutiche e che affonda le sue radici in una gigantesca platea di soggetti. Basti pensare che nel 2022, secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità, 2,5 miliardi di adulti di età pari o superiore a 18 anni erano sovrappeso, inclusi oltre 890 milioni di obesi. Un’impennata rispetto al 1990, quando il 25% degli adulti di almeno 18 anni era sovrappeso, che non intende fermarsi. Infatti, basandosi sulle tendenze attuali, un nuovo report della World Obesity Federation prevede che entro il 2035 il 51% della popo -
La sede di Novo Nordisk, che ha visto lievitare la vendita di farmaci anti-obesità.
lazione mondiale sarà in condizione di sovrappeso o obesità. Nel dettaglio, una persona su quattro (quasi due miliardi) soffrirà di obesità. Percentuali che hanno anche un import ante impatto economico a livello mondiale. La stima è di 4.300 miliardi di dollari entro il 2035, se le misure di prevenzione e trattamento non miglioreranno. Stiamo parlando di quasi il 3% del Pil globale. Un impatto paragonabile a quello
rappresentato dal Covid nel 2020. Non sorprende quindi che, secondo Goldman Sachs Research, il mercato globale dei farmaci antiobesità ha già raggiunto i 6 miliardi di dollari su base annua e punta a crescere di oltre 16 volte, raggiungendo così i 100 miliardi di dollari entro il 2030. In questa direzione, secondo gli analisti, i più grandi produttori saranno l’americana Eli Lilly e la danese Novo Nordisk. Nell’ultimo trimestre, la prima ha visto crescere del 26% i suoi ricavi, spinta soprattutto dalle “forti vendite di Mounjaro e Zepbound (due farmaci dimagranti)”, come affermato da David A. Ricks, presidente e amministratore delegato della società. La seconda, oltre ad aver superato Tesla per capitalizzazione di mercato, ha visto crescere i suoi profitti del 28% rispetto allo stesso periodo del 2023. Decisivo, anche in questo caso, è stato l’aumento delle vendite dei suoi farmaci anti obesità. “Siamo soddisfatti della crescita delle vendite nei primi tre mesi del 2024, spinta dall’aumento della domanda per i nostri trattamenti per il diabete e l’obesità basati su Glp1”, ha evidenziato Lars Fruergaard Jørgensen, presidente e ceo dell’azienda. F
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SHUTTERSTOCK
FORBES WOMEN
di Roberta Maddalena
Rimanere ai vertici
NNel 2023 Abu Dhabi Airports, società che gestisce i cinque scali commerciali della capitale degli Emirati (Zayed International, Al Ain International, Al Bateen Executive, Delma e Sir Bani Yas), ha vinto il premio come miglior operatore aeroportuale al mondo. Da giugno dello stesso anno, a guidarne ad interim le operazioni è la manager italiana Elena Sorlini, che a febbraio 2024 è diventata ceo e managing director.
Elena è nata in Valle Camonica, una delle valli più estese delle Alpi Orobie centrali, nella Lombardia orientale. Con oltre 20 anni di esperienza nel settore dell’aviazione, tra i suoi precedenti ruoli manageriali ci sono quelli di executive director of transport & logistics di Adq, vice president of group corporate strategy di Oman Aviation Group e strategy director di Copenhagen Airports. Prima ancora, invece, è stata vice president di Macquarie Airports, uno dei maggiori proprietari e gestori di aeroporti privati al mondo. Inoltre, è membro del board di Etihad Airways, di Abu Dhabi Aviation e di Adq Aviation and
Da febbraio la manager bresciana Elena Sorlini è ceo di Abu Dhabi Airports. Con il suo impegno ha contribuito all’inaugurazione del Terminal A, esempio di tecnologia all’avanguardia nel mondo
Aerospace Services. Con il suo ingresso in Abu Dhabi Airports, Sorlini ha supervisionato l’inaugurazione del nuovo e avanguardistico Terminal A di Abu Dhabi International Airport, classificato tra i più grandi terminali aeroportuali al mondo. Un gioiellino di tecnologia dove domina la biometria (per intenderci, lo strumento grazie al quale non dovremo più sottoporci a lunghe file in aeroporto per i controlli) che adotta un rapido
sistema di riconoscimento facciale: “Come ho fatto per l’apertura del Terminal A, continuerò a lavorare per lo sviluppo del pieno potenziale di Abu Dhabi nel settore turistico e commerciale”, ha fatto sapere Sorlini. Ora l’obiettivo è arrivare entro il 2030 a un traffico di 40 milioni di passeggeri.
“Abu Dhabi ha moltissimo da offrire e i nostri aeroporti sono una porta d’accesso a un ricchissimo patrimonio culturale e a infinite opportunità di business. Sono or-
gogliosa di poter contribuire al riconoscimento di Abu Dhabi International come uno dei migliori aeroporti al mondo, in grado di rispondere ai più elevati standard qualitativi dei passeggeri”. Sul ruolo di donna leader, invece, aveva dichiarato a Repubblica: “Può sembrare una sfida in salita. Tutte le carriere prevedono ostacoli, ma qui ho incontrato sostegno e volontà di promuovere la diversità di genere e l’uguaglianza sul posto di lavoro. Le differenze con l’Europa possono risiedere nelle aspettative culturali e nelle dinamiche sociali, ma determinazione e competenza superano qualsiasi barriera. Il gap di genere nel mondo del lavoro, purtroppo, è ancora evidente in molti paesi, inclusa l’Italia. Ma è fondamentale promuovere l’uguaglianza e creare un ambiente inclusivo, dove il merito sia riconosciuto indipendentemente dal genere”. F
Per conoscere altre storie di leadership femminile visita la sezione sul sito Forbes.it
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CREATIVITÀ AL POTERE
Contest
I NUOVI
VOLTI DI FORBES
Durante la serata dedicata alla premiazione dei migliori creator in Italia, saranno proclamati per la prima volta anche i vincitori del nuovo contest di Forbes in collaborazione con Buzzoole, ‘I nuovi volti di Forbes’. Il contest offre agli aspiranti creator l’opportunità di diventare il nuovo volto social di Forbes Italia e di leggere gli articoli della redazione con una prospettiva fresca e coinvolgente.
Scannerizza il qr code e partecipa al contest
Buzzoole e Forbes Italia presentano la seconda edizione dei Top Creators Awards. Un evento che vuole riconoscere i protagonisti di un mercato che vale oltre 250 miliardi di dollari. Appuntamento il 18 ottobre con la premiazione al Tag Calabiana di Milano
FForbesItalia e Buzzoole, martech agency specializzata in servizi e tecnologie per l’influencer marketing, presentano la seconda edizione dei Top Creators Awards, l’evento che celebra i migliori creator del panorama nazionale. L’universo dei content creator è in costante metamorfosi: un ecosistema che prende il nome di creator economy, un mercato che comprende oltre 300 milioni di content creator a livello mondiale e che si stima sia arrivato a un valore di 250 miliardi di dollari nel 2023. Secondo Goldman Sachs, il settore potrebbe raddoppiare le sue dimensioni e raggiunge-
re i 480 miliardi di dollari entro il 2027. Un terreno che, grazie alla capacità dei content creator di amplificare la portata e l’engagement dei contenuti, è fertile di opportunità commerciali per le aziende. Ne è un esempio l’influencer marketing, una leva di marketing e comunicazione ormai consolidata, che, a livello nazionale, ha un valore di mercato in continua crescita e che nel 2023 ha varcato la soglia dei 300 milioni di euro.
L’edizione 2024 dei Top Creators Awards si terrà venerdì 18 ottobre, alle ore 18, al Tag – Talent Garden Calabiana di Milano (in via Arcivescovo Calabiana, 6). I top content creator saranno analizzati e selezionati con il supporto dell’intelligenza artificiale sviluppata in-house da Buzzoole. Verrà ampliato il raggio di categorie di creator che saranno premiate, aprendo anche al mondo lifestyle, di TikTok Live e
dei podcast, oltre alle categorie premiate già durante la prima edizione, che sono: Food & beverage, Motori, Beauty, Travel, Education, Entertainment, Tech. Per ogni categoria sono previste due tipologie di riconoscimento: la prima in base all’engagement, cioè rispetto alla capacità dei content creator di generare interazioni per post; la seconda andrà a chi si è contraddistinto per la propria capacità di creare contenuti originali e creativi. “Il settore dell’influencer marketing”, dice Gianluca Perrelli, ceo di Buzzoole, “si arricchisce costantemente di nuovi talenti e formati, ma non tutti riescono a distinguersi. Con questo premio, intendiamo valorizzare i creator che si contraddistinguono per performance, autenticità e capacità di instaurare legami di fiducia con la propria community” F
FORBES.IT GIUGNO, 2024 32
Puntare al TOP
Torna il Sustainability Award, progetto promosso e organizzato da Kon Group assieme a Elite e al gruppo Azimut, con il supporto scientifico di Altis Università Cattolica e Reprisk, che certifica le realtà più virtuose in materia esg. Il 17 ottobre l’evento di premiazione a Milano
AAl via la quarta edizione del Sustainability Award, promosso e organizzato da Kon Group assieme a Elite e al gruppo Azimut, con il supporto scientifico di Altis Università Cattolica e Reprisk, si tratta di uno dei riconoscimenti più importanti per un’azienda italiana che ha fatto della ricerca di un livello sempre più elevato di sostenibilità una missione. Tre edizioni di grande successo nella partecipazione, con oltre 650 rating erogati e la menzione tra le eccellenze della sostenibilità nella lista stilata da Forbes Italia per l’occasione. Il grande riscontro e l’interesse suscitato attorno a questo progetto fa riflettere su quanto il tema sia sensibile per la comunità nazionale, che ormai, in molti settori, agevola e sceglie prodotti e servizi che possono essere targati sostenibili. In un momento così difficile per l’economia, la sostenibilità rappresenta uno dei megatrend su cui le imprese stanno investendo costantemente per massimizzare il proprio vantaggio competitivo. Le analisi effettuate da Kon Group
sulle aziende partecipanti dimostrano che vi è una diretta correlazione tra il livello di rating raggiunto e la redditività. “La sostenibilità, quindi, premia chi investe”, dice Francesco Ferragina, amministratore delegato di Kon Group. Capisaldi costanti anche dell’edizione di quest’anno: estremo rigore nelle ammissioni e un metodo scientifico di formazione della graduatoria finale, garantito da una delle più accreditate accademie italiane in materia. Non
esiste una giuria, quindi, nessuna discrezionalità nei giudizi, soltanto un esg rating basato su un metodo scientificamente testato e su tanto supporto tecnico da parte di Kon Group e Altis, oltre che su un rating esterno fornito da Reprisk, uno dei più importanti player indipendenti in materia. Quest’anno i promotori stanno anche lavorando su due novità: un approfondimento sull’innovazione sostenibile, che sarà curato da Tiresia, centro di competenza
del Politecnico di Milano, e uno sulla finanza sostenibile, che nelle intenzioni dovrebbe consentire di allinearsi alle richieste delle banche e del mondo finanziario, perché utilizzerà le più recenti disposizioni normative europee su questo tema.
Infine, nascerà il Sustainability Hub, che sarà lanciato a ottobre da Kon Group assieme a Elite, per creare un gruppo stabile di riferimento, altamente formato e informato sulle tematiche di sostenibilità
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integrata con la gestione aziendale, cui potranno partecipare le aziende che hanno ottenuto i rating più elevati nel Sustainability Award. Insomma, una sorta di elite dell’elite, che avrà accesso a contenuti esclusivi e a un network di rilievo, con particolare riferimento alla finanza sostenibile. Ogni anno, poi, si arricchirà di nuovi partecipanti che potranno portare le loro best practice nell’hub e a loro volta svolgere un ruolo di ambassador, diffondendo i contenuti che acquisiranno nell’hub sul territorio in cui operano. Si tratta quindi di una vera attività di consulenza, totalmente gratuita, che
mira a fare un check-up periodico delle imprese eccellenti italiane in materia di sostenibilità e, attraverso la partnership con Forbes Italia, a dare il massimo risalto possibile agli sforzi compiuti dagli imprenditori per essere sempre più sostenibili. Lo sforzo che i promotori hanno messo in campo anche quest’anno è imponente, aumentando il supporto rispetto alle precedenti edizioni per andare incontro alle esigenze già manifestate dalle imprese. Tutto questo sforzo si fonda su una visione condivisa ex ante dai promotori: accelerare la visibilità internazionale del sistema imprenditoriale italiano in materia di sostenibilità, ac-
cendendo un faro su tutte le imprese che raggiungeranno livelli di eccellenza sempre più elevati. Anche quest’anno Forbes Italia pubblicherà la lista delle top 100 eccellenze sostenibili italiane e delle 100 imprese top performer che, iscrivendosi in più edizioni, hanno accettato di essere seguite nel tempo e che hanno migliorato di più il loro rating esg. Le realtà saranno premiate in un evento speciale che si terrà a Milano il 17 ottobre. Soltanto 250 aziende saranno selezionate per il secondo step, che consisterà in interviste che accompagneranno chi lo richiederà nel percorso di compilazione del questionario.
Ma il premio non finisce con la serata della consegna. Come già per le edizioni precedenti, gli organizzatori visiteranno tutte le imprese che lo vorranno per consegnare e spiegare i risultati del report di esg rating, affinché il processo di miglioramento continuo delle attività in materia di sostenibilità sia monitorato e consapevole. Un’attività che consente di fregiarsi del logo della manifestazione che le aziende potranno utilizzare in ogni loro attività, dalla comunicazione alla corrispondenza. Una certificazione per dimostrare a investitori, fornitori e banche il proprio impegno in materia di sostenibilità. F
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Sopra e nella pagina a sinistra, alcuni momenti della premiazione dell’anno scorso del Sustainability Award.
di Enzo Argante
Immobili industriali a BASSO IMPATTO
Vgp, proprietario, gestore e sviluppatore europeo di immobili logistici e semi-industriali di alta qualità, ha pubblicato il report annuale che comprende anche la rendicontazione sulle attività di corporate responsibility messe in campo per migliorare le proprie performance in ottica esg. Tra il 2020 e il 2023, Vgp ha ottenuto una riduzione cumulativa del 34% delle emissioni di carbonio delle proprie operazioni per dipendente e, per quanto riguarda il portafoglio, una riduzione del 23%
Agostino Emanuele, country manager di Vgp Italia
dell’intensità energetica per metro quadro affittato dal 2020. In Italia, tutti i suoi nuovi edifici sono dotati di impianti fotovoltaici e pompe di calore, energia per il raffrescamento supplementare in estate. “Abbiamo aiutato i nostri tenant a ridurre o evitare le emissioni grazie agli sforzi per migliorare l’ecoefficienza degli edifici, oltre a favorire il trasporto sostenibile e la transizione energetica verde. Siamo orgogliosi dei progressi compiuti”, commenta Jan Van Geet, ceo di Vgp.
EDILIZIA TERRA E PAGLIA
Nata dall’idea di Sara Lucietto e Sanni Mezzasoma (nellafoto), Terra e Paglia costruisce case naturali usando terra cruda e balle di paglia. Fornisce assistenza e formazione in cantiere e, attraverso la Qb Academy, supporta chi vuole imparare a costruire con i materiali naturali, prima di iniziare la realizzazione della propria casa, e i professionisti che vogliono portare queste competenze nel proprio lavoro di artigiani, architetti e progettisti. Terra e Paglia fa parte della community di Flowerista, che si occupa di digital marketing, business strategy, orientamento di carriera e formazione, per valorizzare e far crescere i brand in modo sostenibile.
SOSTENIBILITÀ a 360 gradi
Ridurre del 25% l’impatto delle emissioni di CO2 entro il 2030. È questo uno degli obiettivi contenuti nel bilancio di sostenibilità 2023 pubblicato da Gefran, azienda specializzata nella progettazione e produzione di sensori, sistemi e componenti per l’automazione e il controllo dei processi industriali. L’impegno rientra nella strategia di sostenibilità dell’azienda, ispirata agli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni unite, che oggi si compone di quattro pilastri: centralità delle persone, contributo alla transizione ecologica, innovazione di prodotto sostenibile e sostenibilità della filiera. Per ogni pilastro sono stati definiti specifici obiettivi da perseguire attraverso 26 progetti in vari ambiti: oltre l’80% dei collaboratori del gruppo ha avuto accesso a percorsi di formazione; tutti i siti italiani di Gefran sono certificati in processi, sicurezza e impatto ambientale; è stato sviluppato un modello di valutazione della carbon footprint complessiva; è stato convertito a fonti rinnovabili l’82,4% dell’energia elettrica consumata a livello di gruppo; oltre il 13% dei ricavi è generato da prodotti green; il 100% del materiale utilizzato per gli imballaggi è riciclabile; è stata ridotta al 32,9% la quota di rifiuti destinata allo smaltimento.
Giovanna Franceschetti, vicepresidente di Gefran
FORBES.IT GIUGNO, 2024 36
SOCIAL
NEWS
RESPONSIBILITY SHORT
L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE CHE AIUTA A STUDIARE
È un mercato da quasi 3 miliardi di euro solo in Italia quello delll’edtech, cioè l’applicazione delle tecnologie digitali alla formazione. E nel mondo vale già 125 miliardi, con una previsione di crescita a 235. Non stupisce, quindi, il round da 14 milioni di euro per la startup Futura, il più alto per l’edtech italiano. Fondata nel 2020 da Andrea Chirolli (nellafotoalcentro), Francesco Salvatore (adestra) e Lorenzo Pinto (asinistra), Futura usa l’intelligenza artificiale per sviluppare piani di studio individuali e migliorare l’apprendimento. Insomma, è come avere un tutor a disposizione. È stato calcolato che gli studenti che usano la piattaforma hanno una probabilità 3,5 volte maggiore di superare i test rispetto a chi segue la didattica tradizionale. L’obiettivo è ambizioso: diventare il più grande operatore edtech in Europa nei prossimi cinque anni, con 100mila ‘clienti’. I nuovi capitali serviranno per crescere in Italia, andare in Spagna e poi in altri mercati. GLI ABITI?
La FORMAZIONE PERSONALIZZATA
per far crescere i manager
A proposito di edtech, non ci sono solo i test scolastici. C’è anche il mondo della formazione professionale e aziendale. A questo guarda Wibo, startup fondata a Torino nel 2020 da Tommaso Seita (a sinistra nella foto) e Alessandro Busso, su cui ha già investito il fondo americano Techstars. “Vogliamo andare oltre la formazione, stiamo creando la più grande community manageriale europea”, spiegano i fondatori, che, con questo obiettivo in testa, hanno lanciato la Leadership Academy: manager giovani e meno giova-
ni possono migliorare le loro capacità e competenze imparando da personaggi come Oscar Farinetti e Alessandro Baricco e dai dirigenti di aziende come Starbucks, Spotify, Google e Amazon. Nel 2023 l’hanno fatto 200 manager che hanno avuto questa opportunità dalla loro azienda. “A differenza delle piattaforme tradizionali, che offrono un catalogo di formazione aperto e uguale per tutti, la membership annuale Wibo dà la possibilità a ogni manager di personalizzare il proprio percorso di crescita”, spiega Seita, il ceo.
Il 2024 è stato un buon anno per Chiara Airoldi (a sinistra nella foto) e Olimpia Santella, fondatrici della startup fashion tech Cloov: si è aperto con un round di finanziamento da 400mila euro, prima del premio Unicredit Start Lab a conclusione di una call organizzata con Pitti Immagine. Si parla di moda e di una tendenza in forte crescita: il noleggio degli abiti, in nome della sostenibilità e dell’economia circolare, ma anche per valorizzare ciò che non viene venduto. Cloov ha sviluppato un software che permette a qualsiasi azienda di organizzare una propria piattaforma per entrare nel second hand, il mercato del noleggio e della vendita dell’usato, il second hand. Fondata nel 2022, ha già realizzato i siti di noleggio di alcuni marchi della moda made in Italy e si sta preparando allo sviluppo internazionale.
FORBES.IT GIUGNO, 2024 37
NEWS
di Giovanni Iozzia
INNOVATION PEOPLE SHORT
si
Si noleggiano o
comprano usati
Un micro lanciatore per i picosat
di Apogeo
Apogeo Space, azienda italiana con sede a Brescia che sviluppa e costruisce picosatelliti, dispositivi dal peso inferiore al chilogrammo, ha annunciato un contratto per lanciare una parte della propria rete satellitare con Innospace, startup coreana il cui razzo ha esordito un anno fa. Il vettore è Hanbit, microlanciatore che può portare in orbita
piccoli satelliti e carichi leggeri. Finora Apogeo Space si è affidata ai satellite carrier di aziende come D-Orbit per raggiungere lo spazio, su voli dedicati al rideshare, cioè condivisi con molte altre missioni, in particolare con SpaceX. Questa volta si tratta invece di un accordo direttamente con il provider del trasporto in orbita, realtà esordiente con un vettore che ha compiuto, finora, un solo volo suborbitale.
SPACE ECONOMY SHORT NEWS
Emilio Cozzi
SpaceX e Northrop Grumman insieme per i satelliti spia
I satelliti spia Starshield, della nuova costellazione della Difesa statunitense, saranno costruiti da SpaceX insieme con un altro colosso del settore aerospaziale e militare: Northrop Grumman. A rivelare la notizia è stata l’agenzia di stampa Reuters. La compagnia di Elon Musk sta partecipando a
un contratto con l’agenzia governativa National reconnaissance office (Nro), firmato nel 2021, da 1,8 miliardi di dollari per lo sviluppo e la messa in orbita di una rete spaziale strategica. I satelliti sono derivati dalla piattaforma Starlink, ma, oltre alla connessione, ospiteranno dispositivi per l’osservazione della Terra e lo spionaggio. Un’architettura che si è resa necessaria per le minacce sempre più difficili da monitorare e prevenire, come i missili ipersonici adottati dalla Russia, contro i quali anche i sistemi anti missilistici possono entrare in difficoltà.
STATI UNITI E CINA, TESTA A TESTA VERSO LA LUNA
La Cina si sta preparando a sbarcare sulla Luna e ha ribadito che intende portare i propri taikonauti a camminare sul suolo selenico entro la fine del decennio. L’obiettivo è quello “di far atterrare i cinesi sulla Luna entro il 2030. Ora tutti i sistemi sono in fase di sviluppo e costruzione”, ha detto Lin Xiqiang, vicedirettore dell’Ufficio cinese per l’esplorazione spaziale umana, durante una conferenza stampa a fine aprile. “Il programma di sviluppo dei principali prodotti di volo, tra cui il razzo Long March 10, la navicella Mengzhou, il lander luna-
re Lanyue e le tute per l’atterraggio lunare, sono completi”, ha aggiunto. Si tratterà di far decollare con due diversi lanciatori Lunga Marcia 10 l’equipaggio e il lander, eseguire un rendez-vous in orbita lunare e poi scendere sulla superficie.
di
FORBES.IT 38
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Stefano Rebattoni, presidente e amministratore delegato di Ibm Italia.
L’INTELLIGENZA DEL FARE
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LA
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THE PROFILE
NUOVA ERA DELL’IA
DI ALESSANDRO MAURO ROSSI - FOTO DI TOMMASO CIMARELLI
STEFANO REBATTONI
“Ibm è in Italia da 94 anni e quindi, tra sei anni, festeggeremo il nostro primo secolo di vita. Qui abbiamo radici solide basate sull’impegno di una corporation che ha investito costantemente in ricerca per sviluppare tecnologie che aiutassero aziende pubbliche e private a essere più efficienti, produttive e sostenibili”. Stefano Rebattoni, amministratore delegato e presidente di Ibm Italia dal 2021, dopo essere stato responsabile, per un anno e mezzo, delle attività commerciali sui clienti enterprise per tutte le industrie del mercato italiano, parla dall’alto della sua esperienza ventennale nel settore tecnologico, con particolare attenzione alle vendite, al marketing e alla fornitura di servizi e soluzioni It. Poi, quando trova il tempo, ricarica le pile facendo sport per “rimettere in ordine i pensieri e mantenere un equilibrio personale”, dice. “Anche se negli ultimi anni, dopo tanto calcio e tennis, mi sono dovuto dedicare a discipline piu compatibili con l’agenda lavorativa, come la corsa e, nella stagione invernale, lo sci, che è diventato una vera passione”. Uno sportivo militante al punto che quando viaggia (l’altra sua passione) nella sua valigia non manca mai un paio di scarpe da running.
Dunque, Rebattoni, quasi un secolo di Ibm in Italia. In 100 anni ne avrete fatte di cose. Beh, direi proprio di sì. Siamo un’azienda business to business e in tutti questi anni abbiamo supportato le trasformazioni tecnologiche e digitali delle imprese che costituiscono le principali dorsali del nostro Paese. In particolare, nei settori finanziari, banche, assicurazioni e pagamenti, e nel settore pubblico. Molti dei servizi critici nazionali, dai trasporti a poste, elettricità, telecomunicazioni, energia e utilities, poggiano inoltre su tecnologie e competenze di Ibm. Ogni anno investiamo 6 miliardi di dollari in ricerca e sviluppo in una strategia globale che poi vede anche un’implementazione molto locale.
Alla fine, però, è arrivata l’intelligenza artificiale. Cosa è cambiato nel vostro mondo? Più che di cambiamento si è trattato di un’evoluzione continua. Con Ibm Research investiamo, infatti, nella ricerca per l’intelligenza artificiale dagli anni ’50. Con l’acquisizione di Red Hat, avvenuta nel 2018, Ibm si è riconfigurata su due priorità strategiche: quella del cloud ibrido e l’altra, appunto, dell’intelligenza artificiale. Questi sono i due pilastri attorno a cui Ibm oggi costruisce le sue proposizioni di valore per il mercato.
41 IBM È IN ITALIA DA QUASI UN SECOLO, DURANTE IL QUALE HA SUPPORTATO LE TRASFORMAZIONI TECNOLOGICHE E DIGITALI DELLE IMPRESE CHE COSTITUISCONO LE PRINCIPALI DORSALI DEL NOSTRO PAESE. OGGI ALLA GUIDA C’È IL PRESIDENTE E AD STEFANO REBATTONI, ALLE PRESE CON LA RIVOLUZIONE EPOCALE DELL’IA. ECCO LE SUE MOSSE FORBES.IT GIUGNO, 2024
Ci spieghi cos’è l’IA, sintetizzando come se dovesse fare un tweet.
L’IA, e in particolare quella generativa, rappresenta oggi un’opportunità imperdibile per governi, sistemi paese, aziende, pubbliche amministrazioni, individui. Cambierà completamente il modo di vivere e di lavorare per tutti.
In che modo?
Il motivo è semplice: l’IA è una tecnologia rivoluzionaria, come probabilmente ne abbiamo viste in passato solo altre due con una potenza analoga di impatto e di applicazione. La prima negli anni ’60, quando ci fu l’avvento dei semiconduttori, le fondamenta dell’informatica di base. Poi, nel 2000, con l’irruzione del World Wide Web, che ha poi portato tutta l’evoluzione dell’e-commerce e dell’e-business. Oggi è la volta dell’intelligenza artificiale, che con l’avvento dell’IA generativa sta evolvendo a una velocità mai vista prima. Quello che si fa oggi, domani potrebbe già essere vecchio e obsoleto. È questo il trend che ci aspettiamo continui nei prossimi anni, dove sarà quindi fondamentale fare in modo che traggano il massimo beneficio da questa trasformazione.
“L’IA è una tecnologia rivoluzionaria come solo due lo sono state in passato: i semiconduttori negli anni ’60 e il World Wide Web nel 2000”
(Llm) dell’AI: da quelli sviluppati ad hoc a quelli proprietari e a quelli open source. Noi questa dinamica l’abbiamo vista sul cloud, dove tutta la battaglia inizialmente era ‘il mio cloud è il migliore del tuo’. Oggi siamo atterrati a un’architettura tecnologica de facto che è quella di un cloud multi e ibrido, che Ibm ha sempre sostenuto. Nel senso che, per ogni applicazione, si valuta qual è l’infrastruttura sottostante più idonea per ospitare quel carico di lavoro. Oggi la stragrande maggioranza delle aziende adotta infrastrutture ibride, ovvero infrastrutture di tipo tradizionale unite a infrastrutture cloud di diversi provider. Ci aspettiamo che l’intelligenza artificiale faccia lo stesso percorso: tutte le applicazioni, tutti i software saranno potenziati con intelligenze artificiali (volutamente al plurale) da qui ai prossimi anni. Il tema è rendere disponibile questi modelli a una comunità che lavora nell’ambito open source, affinché si possa costantemente migliorare, un po’ come accade con lo sviluppo di codici open source, in maniera progressiva la bontà di questi modelli. Ibm questo lo fa.
Cosa intende per bontà?
Il punto di vista di Ibm sull’IA è quello di un’IA for business, quindi applicata al mondo del fare, responsabile e basata sull’open source, perché bisogna fare in modo che diventi democratica, portando valore a tutti e non solo a pochi. Affinché ciò avvenga, è fondamentale avere a bordo tutta la comunità che costantemente sviluppa e costruisce applicazioni che saranno sempre più sofisticate da aggiornare e mantenere.
Quindi un’IA partecipata da una serie di intelligenze naturali esterne?
Ci sono alcune dimensioni importanti. La prima è quella tecnologica. C’è una grande discussione sul mercato attorno ai modelli fondativi
Bontà vuol dire qualità, vuol dire anche disciplina nell’uso, vuol dire non utilizzare modelli sovradimensionati per le proprie finalità, con relativi impatti sui costi, ma modelli che sono trained, quindi allenati, istruiti, affinati, in maniera affidabile, trasparente, bias free, nel rispetto della privacy e anche con un impatto finanziario prevedibile e governabile. La grande preoccupazione che circola sul mercato è di non avere il controllo di questa tecnologia, quindi partire con piccole implementazioni, ma che poi quando vengono portate su scala, a regime, possono andare fuori governo dal punto di vista dei consumi e dei costi.
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Però il tema più importante è chi controlla l’IA.
Provo a mettere alcune risposte sul tavolo. A questo proposito, Ibm nel 2017 ha detto che i principi devono essere cinque: trasparenza, dimostrabilità, robustezza, data privacy e imparzialità. Mi soffermo soprattutto su trasparenza e dimostrabilità perché ogni modello deve essere in grado di spiegare, o quantomeno l’utilizzatore deve essere in grado di comprendere, su quali dati quel modello è stato allenato, formato e sviluppato. E questo non è un dettaglio. La questione relativa a quali sono i dati, quali sono i modelli, qual è la qualità del dato attraverso cui si formano questi modelli è dirimente, tanto quanto come funziona l’algoritmo sviluppato. Rispetto a questo, Ibm ha fatto una scelta di campo sostenendo e applicando, dallo sviluppo all’utilizzo, principi per noi fondamentali come trasparenza, etica e dimostrabilità dei propri modelli. Per permettere a chi utilizza l’IA di Ibm di beneficiare dei suoi vantaggi, contenendo, al tempo stesso, i rischi, primo fra tutti quello di incorrere nelle cosiddette ‘allucinazioni’.
Rischi di che tipo?
Nello sviluppo dei modelli di IA potrebbero esserci dei bug da un punto di vista di data privacy, oppure delle risultanze che potrebbero portare a discriminazioni di genere, colore, età, e influire in modo negativo sugli use case relativi. Penso, ad esempio, a processi di assunzione, alle applicazioni che devono tener conto di temi legati al Gdpr o a normative Ue come l’IA Act, destinato a normare questo ambito. Ibm ha scelto di promuovere i principi dell’IA e di seguirli dallo sviluppo all’applicazione, diventando anche tra le capofila dell’IA Alliance, una comunità internazionale nata lo scorso anno e che oggi annovera oltre 100 organizzazioni che operano nel b2b come Intel, Amd, Red Hat, Linux Foundation, il Cern di Ginevra, la Nasa e molte università, tra cui l’International Center for Theorethical Physics di Trieste.
Con quale obiettivo concreto?
L’obiettivo è quello di operare nell’IA attraverso un approccio aperto alla scienza e alle tecnologie e con una maggiore collaborazione e condivisione delle informazioni, perché solo su questa strada potremo evolvere più velocemente e in modo più inclusivo, identificando e mitigando anche gli eventuali rischi. Per Ibm l’open innovation, governata in modalità partecipativa e
diffusa da chi la conosce e la sviluppa, potrà creare le condizioni per una tecnologia che non lascia indietro nessuno e porta vantaggi nei diversi ambiti di applicazione.
Qui però si entra nel campo dell’etica-tecnologica.
È il pensiero che ci ha portato, nel 2020, a essere tra i primi firmatari della Call for AI Ethics promossa dalla Pontificia Accademia per la Vita e i cui valori verranno portati da Papa Francesco anche al prossimo G7. Proprio per sottolineare quanto l’etica sia importante per cogliere le grandi opportunità che l’intelligenza artificiale, se ben governata e con il capitale umano al centro, può portare alla società.
Stefano
Rebattoni ha un’esperienza ventennale nel settore tecnologico, e in particolare in vendite, marketing e fornitura di servizi e soluzioni It.
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Ma l’intelligenza artificiale può diventare una specie di Spectre?
Ritengo di no, se ben governata. Ibm ha annunciato nel 2023 la propria piattaforma di IA generativa. Si chiama watsonx. Watson come Thomas J. Watson, il nostro fondatore. La piattaforma è composta da tre moduli. Il primo è quello dei dati (watsonx.data). Cosa fa? Gestisce e ottimizza i dati, appunto. Il secondo (watsonx.ai) è quello che permette di addestrare, validare, affinare e applicare tutti i modelli di IA. E poi il terzo (watsonx.governance) permette di gestire l’intero life cycle dei flussi di lavoro di IA, tracciando tutto quello che succede dal momento dello sviluppo fino al suo utilizzo, rendendo tali flussi di lavoro di IA responsabili, trasparenti e spiegabili. Ecco cosa intendo quando dico ‘ben governata’.
Nella pratica?
Succede che una banca, una pubblica amministrazione o una qualunque azienda hanno costantemente sotto controllo la loro IA: chi ci ha
messo le mani, dove stanno le responsabilità di certe scelte e con quale qualità il codice è stato sviluppato, distribuito e utilizzato. Questo oggi è un unicum che Ibm offre al mercato, proprio perché propone un’IA per il business responsabile e governata. La sintesi è che l’IA va lasciata libera di aiutarci, springionando il suo potenziale, suppur entro binari tracciati.
Ci sarà anche una ricaduta economica?
Si stima che questa frontiera tecnologica porterà a livello globale, da qui al 2030, qualcosa come 4mila miliardi di dollari in produttività in più; per l’Italia una ricaduta paragonabile a un nuovo Pnrr. Ciò significa maggiore efficienza, maggiore qualità, automazione dei processi, elevazione del baricentro delle competenze del capitale umano, sollevato da compiti più routinari per occuparsi di attività a maggior valore umano aggiunto. Tutto questo richiederà anche un riallineamento delle professionalità, per creare competenze tecniche, analitiche e umanistiche che possano sfruttare a pieno questa tecnologia.
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Stefano Rebattoni è amante dello sport. Ha praticato tennis e calcio, ora si dedica a corsa e sci.
Può fare qualche esempio concreto, se non altro per capire quali sono i vantaggi pratici dell’IA?
I tre casi d’uso oggi di più rapida applicazione sono digital labor, cioè il miglioramento e il potenziamento delle risorse umane, come ha fatto Barilla creando un assistente che aumenta le competenze del personale; customer services, ovvero casi in cui l’IA viene impiegata per rendere più semplici e coinvolgenti i servizi legati ai clienti, come nel caso di Wind Tre. Grazie all’utilizzo della nostra IA, inclusa la componente watsox Assistant, sono riusciti ad automatizzare i processi di gestione delle chiamate, sia per la clientela esterna sia per l’utenza interna. Oggi il 60% delle chiamate vengono autonomamente gestite dalla tecnologia e la velocità di risposta è aumentata di dieci volte rispetto a prima. Vuol dire che la forza lavoro di Wind Tre, lavorando congiuntamente con la tecnologia, può occuparsi di attività a maggior valore, realizzando una scalabilità senza precedenti. E infine c’è l’It for It.
damentale per la modernizzazione e l’efficienza delle aziende, che possono così spostare i carichi di lavoro in ambienti più performanti e agili. E questo riguarda in gran parte anche la pubblica amministrazione.
Anche perché c’è la diretta correlazione, lo sappiamo benissimo, tra il grado di efficienza della pubblica amministrazione e l’attrattività del Paese.
“Questa frontiera tecnologica porterà, da qui al 2030, 4mila miliardi di dollari di produttività in più”
Abbiamo il Pnrr, non dimentichiamocelo. Ci sono risorse importanti. Sicuramente quello della modernizzazione della Pa è un tema prioritario, su cui intendiamo lavorare. È importante che questi strumenti vengano messi a disposizione non solo delle grosse realtà della pubblica amministrazione che hanno risorse, competenze, strumenti, ma anche delle amministrazioni piccole e medie, in modo che ci sia un percorso di accompagnamento e un lavoro d’insieme. Ci sono delle iniziative che stanno partendo sul digitale e credo che arriveranno anche sull’intelligenza artificiale, mutuando quello che abbiamo già visto su altri fronti tecnologici.
Intende il tema dei codici vecchi da aggiornare? Chissà quanti ce ne saranno in giro. Esattamente. Le applicazioni fatte negli anni ’80 e ‘90 sono spesso di difficile modernizzazione. Oggi succede che l’It di molte organizzazioni, pubbliche e private, deve impiegare le proprie risorse per aggiornare linee di codice, o tradurle da un linguaggio a un altro. Watsonx Code Assistant, ovvero l’assistente per il codice, fa sì che questo venga fatto con un’importante automazione, grazie all’intelligenza artificiale che aiuta lo sviluppatore a produrre un codice aggiornato. Ad esempio, sviluppare in linguaggio Java, oggi, è possibile in giorni o ore, mentre prima erano necessarie settimane; alternativamente, la migrazione da linguaggio Cobol (nato negli anni ’50) a linguaggi più moderni si riduce da mesi a pochi giorni. Un passaggio fon-
Però, visto come va il mondo, diventa fondamentale il rapporto tra cyber security e IA.
In effetti IA e cyber sono legati tra di loro a doppio filo. Bisogna avere un’IA sicura perché contribuisce a rendere più sicure tutte le infrastrutture digitali e, al tempo stesso, le barriere cyber possono essere innalzate grazie all’IA. Ibm ha inaugurato un paio di mesi fa l’Ibm Cyber Academy di Roma, un’iniziativa nata con il patrocinio dell’Acn, l’Agenzia per la cybersecurity nazionale, per preparare ogni tipo di organizzazione a prevenire gli attacchi informatici, ma anche per saperli gestire al meglio. Di iniziative analoghe ne abbiamo solo tre in tutto il mondo: una a Washington, una a Bangalore e la terza a Roma.
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E cosa fate nella Cyber Academy?
Simuliamo quella che è una ‘giornata di ordinaria follia’, ovvero quando un’azienda è sotto attacco informatico. È un’esperienza immersiva che fa capire quali sono tutti i processi e comportamenti che devono essere attuati all’interno di un’organizzazione sotto attacco, che non riguardano solo l’It o la security, ma tutte le divisioni di business, dalla comunicazione al finance, dall’hr al legal, per tutto quello che ne può conseguire in termini di impatto sulla continuità dei servizi, ma anche sulla reputazione aziendale. Serve testare il grado di preparazione di un’organizzazione a fronteggiare tali eventi e a formare le necessarie competenze. La Cyber Academy è tra quelle iniziative pubblico-private che vanno a definire la direzione su cui lavorare. Ritornando all’intelligenza artificiale, credo che di qui a breve avremo un piano e un’agenda di IA nazionale. Dopo una regolamentazione, in linea con l’AI Act dell’Ue, tutti saremo chiamati a partecipare e a svolgere un ruolo: grandi e piccole organizzazioni, internazionali e locali. L’Ibm è già pronta a fare la sua parte.
Chiudiamo con una domanda pratica. Come fa un’azienda a scegliere tra le tante proposte di utilizzo di intelligenza artificiale che le vengono offerte sul mercato?
Io inizierei partendo da quella che, di fatto, è la grande differenza tra un approccio proprietario, per definizione chiuso, e un approccio aperto. Un’azienda non credo che voglia dare tutti i tuoi dati, tutti i suoi sistemi, a un unico soggetto, che magari opera unicamente attraverso modelli di intelligenza artificiale proprietari. Il fatto di poter lavorare con qualcuno come Ibm, che ha sposato assieme al suo ecosistema l’approccio aperto, è dal nostro punto di vista la soluzione migliore. Come abbiamo recentemente annunciato al Red Hat Summit e a Ibm Think Boston, la nostra impostazione è quella di prediligere una tecnologia quanto più partecipata e condivisa. Un’IA che abbia tanti insegnanti a guidarla e svilupparla piuttosto che uno solo a limitarla. Un approccio che dia la possibilità di scegliere in ogni momento qual è il modello migliore da utilizzare. Con il vantaggio di controllarne e verificarne sempre l’operato. Questo riteniamo sia il vero valore differenziante del modo in cui Ibm intende guidare lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Un valore che potrei riassumere con due parole in particolare: fiducia e responsabilità. Le stesse da 94 anni a questa parte. F
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di Tommaso Carboni
The Investigation
CREPUSCOLO d’Europa
Nel 1993, quando fu istituito il mercato unico, l’Ue rappresentava il 20% del Pil globale. Oggi vale il 13,3%. Gli Usa restano potenza egemone, il nostro continente è lontano dalla Cina e forse lo sarà anche dall’India. Una politica industriale organizzata e finanziata a livello comunitario è vista ancora con diffidenza. Il problema è che manca un attaccamento di fondo: ci si sente cittadini italiani, tedeschi, francesi, e solo dopo - molto dopo - dell’Unione
QQuesto benedetto declino occidentale è un’invenzione o una cosa vera?
Di solito in questo genere di analisi si prende come parametro l’economia. Ecco un primo dato: la forza economica relativa del G7, il vecchio club dei paesi sviluppati, è diminuita. Alla fine degli anni ’80 era pari a quasi il 70% del Pil globale (in termini nominali), ora vale meno del 45%. Ma i numeri vanno esaminati per bene. Che cosa ci dicono? Che questo declino non riguarda tutti allo stesso modo. Gli Stati Uniti hanno largamente conservato il loro status di potenza (quasi) egemone. La loro economia, sempre in termini nominali, vale ancora oggi circa un quarto di quella globale, più o meno la stessa quota del 1990. La causa vera del declino è l’Europa. La culla della rivoluzione industriale, avvertono molti analisti, sta mangiando la polvere di Stati Uniti e Cina, e forse un domani anche dell’India. Basta un dato
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Quota del Pil globale riconducibile ai paesi del G7
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Le auto immatricolate in Europa prodotte in Cina nel 2030 (stima Ubs)
per capirlo. Come riporta il Financial Times, l’Unione europea rappresenta oggi solo il 13,3% del prodotto interno lordo globale; valeva più del 20% nel 1993, quando è stato istituito il mercato unico. L’esempio lampante di queste difficoltà è la Germania. È stato detto tante volte che il paese europeo più ricco basava la sua crescita su tre pilastri: energia a basso costo dalla Russia, esportazioni in Cina e sicurezza garantita dall’ombrello della Nato e degli Stati Uniti. Quest’idea di potenza cosiddetta ‘erbivora’, che crede nella pace e nell’apertura del mercato perpetua, è sotto assedio. Quando, dieci anni fa, il presidente cinese Xi Jinping fu accolto in Germania, nella cintura industriale della Ruhr, fece i complimenti a quella regione per esser un hub di investimenti cinesi e salutò l’arrivo di un treno carico di merci che aveva viaggiato dalla Cina per due settimane. Gli stessi carichi oggi ricevono accoglienze molto più fredde. A febbraio una nave ha scaricato circa tremila auto elettriche prodotte da Byd, il gigante cinese che ha superato Tesla come maggiore produttore di veicoli elettrici al mondo. Leader e industriali europei temono un’ondata di
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esportazioni a basso costo – ma non dozzinali: beni ad alta tecnologia, in particolare tecnologia verde – che rischiano di colpire in modo duro la manifattura europea, con conseguenze altrettanto dure per i posti di lavoro. Fra sei anni, dice uno studio della banca Ubs, il 20% delle auto immatricolate in Europa potrebbe essere prodotto in Cina. Una macchina su cinque.
D’altronde è questo il piano di Pechino: risolvere a colpi di esportazioni il rallentamento dell’economia nazionale.
A maggio Xi è tornato in Europa dopo cinque anni d’assenza. Prima tappa Francia, poi Serbia e Ungheria. L’itinerario la dice lunga sull’obiettivo: provare a mettere un solco tra Europa e Stati Uniti. I leader di Serbia e Ungheria sono i più filorussi d’Europa e intrattengono ottimi rapporti con la Cina. Macron, però, non è più quello che non voleva umiliare Putin. È diventato uno dei più convinti sostenitori dell’Ucraina e ha fatto capire a Xi che il suo paese, appoggiando la Russia, difficilmente può essere considerato un partner affidabile per l’Europa. E poi c’è la questione dell’export. Il partito comunista canalizza denaro nell’industria ad alta tecnologia che serve alla transizione energetica, come auto elettriche, batterie e pannelli solari. Esportando questi prodotti, dà impulso alla propria economia, oggi meno brillante che in passato.
che o l’acciaio, stanno inondando il mercato europeo”, ha detto a Xi la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che era a Parigi insieme a Macron. Il 5 marzo la Commissione ha raccolto prove sufficienti per dichiarare che la Cina sovvenziona in modo sleale i suoi produttori di auto elettriche. La strada dei dazi, dunque, è aperta. Alcune ricerche suggeriscono che l’Europa dovrebbe applicare tariffe fino al 55% per limitare le importazioni di veicoli elettrici cinesi. Alzare un muro, però, non è una buona soluzione, anche perché rischia di scatenare una guerra commerciale. I dazi fanno salire i prezzi proprio quando in Europa si combatte l’inflazione. Inoltre ai cittadini europei potrebbe non dispiacere affatto acquistare auto pulite a un costo conveniente,
Dal 2019, l’ultimo anno prima della pandemia, l’Unione europea è cresciuta solo del 4% in termini reali, la metà degli Stati Uniti
Va ricordato che la Cina dipende dalle esportazioni perché i consumi interni non hanno mai davvero preso slancio. Servirebbe una serie di riforme che Xi esita a fare. Il risultato è che il surplus commerciale della manifattura cinese, scrive l’Economist, è vicino a un record come quota del Pil globale ed è destinato a salire ancora più in alto. L’Europa, il continente più aperto agli scambi, è anche quello più esposto. “I vostri prodotti sovvenzionati, come le macchine elettri-
e le macchine cinesi sembrano di buona fattura. Il giusto approccio è provare a confrontarsi in condizioni di parità, suggerisce Roberto Vavassori, presidente dell’Anfia, l’associazione della filiera automobilistica italiana. Ciò significa quanto meno pareggiare il livello di dazi che la Cina applica alle auto europee. Dunque una tassa tra il 15 e il 30%. I cinesi probabilmente reagiranno aprendo impianti in Europa, cosa che sta già accadendo, ad esempio con fabbriche di batterie in Ungheria. Questo nuovo shock arriva in un periodo già molto duro per l’industria europea, ancora convalescente per la crisi energetica innescata dalla guerra in Ucraina, anche se i prezzi del gas sono lontanissimi dal loro picco. Ma la ripresa post Covid si è trasformata lo stesso in
inflazione. La Banca centrale europea è stata costretta ad alzare i tassi e ciò ha bloccato la crescita, proprio quando i governi europei dovevano rientrare dalle politiche di spesa riducendo il deficit. Dal 2019, l’anno prima della pandemia, l’Unione europea è cresciuta solo del 4% in termini reali, la metà degli Stati Uniti. E così si arriva alla terza sfida: l’America. Già Biden non è stato un campione del libero mercato, avendo riversato centinaia di miliardi di sussidi per stimolare la manifattura statunitense nel digitale e nelle energie rinnovabili. Per la precisione, l’Inflation Reduction Act vale 1.200 miliardi di dollari di sovvenzioni entro il 2032. Alcune società europee hanno reagito dirottando negli Usa i loro investimenti per godere degli incentivi. Così la risposta dell’Europa è stata in larga parte allentare i vincoli degli aiuti di stato. Ciò ha permesso ai paesi di finanziare le imprese (secondo la loro capacità di spesa, certamente inferiore a quella americana), ma con un effetto distorsivo sul mercato unico europeo. Come se non bastasse, all’orizzonte c’è lo spauracchio Donald Trump. Il suo istinto è ancora più protezionista di quello di Biden e i sondaggi in vista delle elezioni presidenziali di novembre lo danno in testa. Quando è stato in carica, Trump ha imposto dazi su acciaio e alluminio, colpendo anche le esportazioni europee. Oggi propone una tariffa globale del 10% su tutte le importazioni americane, e alcuni suoi consiglieri minacciano di andare oltre. Come deve reagire l’Europa a tutto questo? C’è un passaggio dell’intervista di Emmanuel Macron all’Economist, rilasciata di recente, in cui si parla di politica industriale. La soluzione del presidente francese è più radicale della semplice richiesta all’Europa di eguagliare sussidi e protezioni americani e cinesi. Da una parte chiede di rafforzare l’integrazione del mercato unico, soprattutto la cir-
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Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea.
colazione dei capitali, raddoppiare gli investimenti in ricerca, deregolamentare l’industria come stimolo all’innovazione. Dall’altra, vuole indirizzare i sussidi solo nei settori e nei paesi più promettenti, abbandonando l’idea di una quota ‘equa’ per tutti i paesi o industrie. La ricetta, insomma, è favorire economie di scala e specializzazione. L’obiettivo: creare dei campioni europei in grado di competere con le grandi aziende americane e cinesi. Il rapporto di Mario Draghi sulla competitività europea batte più o meno sugli stessi tasti. In teoria questo potrebbe anche essere giusto. È vero che gli incentivi devono essere mirati e non a pioggia, altrimenti spreco e corruzione sono dietro l’angolo, ma come reagirebbero i paesi e i settori europei lasciati indietro? Tra l’altro l’idea di una politica industriale europea, con risorse raccolte attraverso debito comune, è osteggiata da molti paesi, tra cui la Germania. Uno dei motivi forse è questo. Benché l’Unione europea emetta bond in tripla A, cioè il rating di affidabilità più alto, oggi, secondo un’analisi di Bruegel, un influente think tank di Bruxelles, conviene fare debito comune soltanto all’Italia, tra i grandi player dell’eurozona. Agli altri, invece, costerebbe meno o uguale emettere il proprio debito. Il debito comune, però, serve per avere più Europa, dice chi è favorevole a imboccare la strada di un’unione in senso più federale. “Il debito comune va usato per accentrare attività sull’Unione europea e aggiungere funzioni (cioè compiti e incarichi) alla Commissione”, ha detto Carlo Calenda, candidato alle elezioni di giugno con la lista Azione-Siamo europei, intervistato sul canale YouTube di Ivan Grieco. “Il punto ineludibile è che il bilancio europeo deve aumentare, se vogliamo che più attività vengono fatte dall’Europa. Ed è molto più difficile togliere funzio-
ni agli stati, con un taglio delle corrispettive voci di bilancio, piuttosto che aggiungere funzioni alla Commissione europea facendo debito comune”. La domanda però è sempre la stessa: come si fa a convincere un paese come la Germania a indebitarsi a un costo più alto e contemporaneamente cedere potere alla Commissione europea? La risposta di Thierry Breton, il commissario per il mercato interno: “Senza strumenti di bilancio comuni, la nostra unica alternativa è la frammentazione”. La tesi di fondo è che nessun paese europeo sia abbastanza grande per farcela da solo. Finora la strada intrapresa è quella di fare debito comune solo in casi eccezionali. È stato così per la pandemia. Ma l’invasione dell’Ucraina, il più grave conflitto in Europa dalla Se-
“Non è che non ci siano benefici nel salvare parti dell’industria automobilistica europea. La domanda è: a quale prezzo?”
conda guerra mondiale, cos’è se non un evento eccezionale? Un compromesso potrebbe essere questo: restare uniti mettendo insieme le risorse, ma farlo solo per alcune cose davvero importanti. Ad esempio, la difesa. Alcuni in Europa, tra cui la Francia e l’Estonia, hanno proposto un fondo da 100 miliardi di euro per potenziare l’industria della difesa europea, aumentandone la capacità produttiva e l’indipendenza dalle forniture americane. Il denaro verrebbe raccolto con l’emissione di euro bond. Non c’è nemmeno bisogno di dirlo: in molti sono contrari, tra cui la Germania.
Il punto è che una politica industriale corposa, organizzata e finanziata a livello europeo, è vista ancora con parecchia diffidenza, spiega Nils Redeker,
vicedirettore del Centro Jacques Delors, un think tank con sede a Berlino. Si preferisce agire con aiuti di stato a livello dei singoli paesi. Il problema, secondo quasi tutti i sondaggi, è che manca un attaccamento di fondo verso l’Europa. Ci si sente prima italiani, tedeschi, francesi, poi –molto poi – cittadini dell’Ue. Resta il fatto che una sana diffidenza verso la politica industriale, a tutti i livelli, non è così sbagliata. C’è il rischio di sprecare miliardi di euro dei contribuenti in progetti e settori che non diventeranno autosufficienti o competitivi. I risultati sarebbero inflazione e meno risorse per altre spese, come il welfare. “Non sto dicendo che non ci siano benefici nel salvare parti dell’industria automobilistica europea”, ha affermato Jacob Kirkegaard, membro senior del Peterson Institute for International Economics. “La domanda è: a quale prezzo?”. Ciò su cui quasi tutti sembrano concordare, invece, è il rafforzamento del mercato unico. Maggiore integrazione nel mercato dei servizi e dei capitali, spiegano diversi rapporti, tra cui quelli di Enrico Letta e Mario Draghi, aiuterebbe le imprese a crescere, premiando l’innovazione. Forse potrebbe anche compensare una perdita di lavoro nella manifattura. A questo punto viene voglia di chiudere con una nota incoraggiante, che in parte contraddice altri numeri. L’Europa è davvero in declino? Certo, in termini nominali l’economia dell’Unione europea oggi vale il 65% di quella americana, rispetto al 90% di un decennio fa. Ma a parità di potere d’acquisto la differenza scompare: il Pil dell’Ue è circa il 95% di quello statunitense, lo stesso di dieci anni fa. È anche vero che la popolazione dell’Unione europea supera quella americana di oltre 100 milioni. Dunque il Pil pro capite negli Usa finisce per essere nettamente più alto. Gli americani sono più ricchi, ma lavorano anche di più. F
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di Cosimo Maria Palleschi
Geopolitica
L’IRAN al bivio
Teheran vive uno dei momenti di crisi più gravi della sua storia recente. Le elezioni di marzo hanno registrato un’affluenza del 41%. Tanti - soprattutto giovani - sono scesi in piazza per protestare contro il regime degli ayatollah. E poi c’è l’economia, con un’inflazione che nel 2023 ha raggiunto il 44%
Surplus di uomini
Uomini
Surplus di donne
Donne
Il 1 febbraio 1979 l’ayatollah Khomeini, appena rientrato dall’esilio parigino, diventava, a furor di popolo, la prima guida suprema della Repubblica Islamica dell’Iran. A distanza di 45 anni, il suo successore, l’ayatollah Khamenei, viene contestato nelle piazze delle principali città del paese al grido di “morte al dittatore”. L’Iran e il suo leader vivono uno dei momenti di crisi più gravi della loro storia recente, tra proteste di piazza, crisi economica e rischi di conflitto con Israele o con il Pakistan. Poi, ad aggravare la situazione di instabilità, il 19 maggio il presidente Ebrahim Raisi è morto in un incidente d’elicottero in Azerbaigian. Le elezioni di marzo, vinte dal partito conservatore di governo con percentuali bulgare, hanno registrato un’affluenza del 41%, dato più basso dal 1979. Nemmeno nel 2020, in piena pandemia, l’affluenza era stata così bassa. Nella capitale ha votato un cittadino su quattro e sono state contate 287mila schede bianche, il 15% del totale. L’astensionismo e la scheda bianca sono, per una buona parte della popolazione iraniana, l’unico modo per mostrare il dissenso al regime degli ayatollah. Dissenso au-
Un grafico della distribuzione anagrafica iraniana nel 2020. Fonte: wikimedia commons.
mentato drasticamente dopo la morte, nel settembre 2022, in circostanze mai chiarite, della giovane Masha Amini mentre si trovava in custodia della polizia iraniana. Secondo l’associazione Foundation for Defense of Democracies (Fdd) sono morti 642 manifestanti, di cui 80 minori, a causa della violenta repressione delle proteste. A scendere in piazza sono stati soprattutto under
35, che in Iran rappresentano oltre il 50% della popolazione. Essendo nati dopo gli anni Ottanta, i giovani iraniani non hanno vissuto l’esperienza rivoluzionaria di Khomeini e non si identificano in un’autocrazia di stampo religioso. Un sondaggio dello scorso anno dimostra come il 72,9% dei cittadini intervistati sia favorevole a una separazione tra politica e religione. Inoltre, dati del ministero
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IL
della Cultura indicano un calo delle moschee attive nel 2023 del 33%. A buttare benzina sul fuoco hanno pensato la svalutazione del rial, la moneta locale, e un’inflazione che nel 2023 ha raggiunto il 44%. I protagonisti delle manifestazioni degli ultimi mesi sono cittadini che non dipendono economicamente dal governo o da quell’oligopolio di fondazioni pseudo-private gestite dal clero o dai pasdaran che da anni gestisce le principali aziende statali iraniane.
Nonostante questo, secondo il World Economic Outlook del Fondo monetario internazionale, il Pil dell’Iran nel 2023 è cresciuto del 5,4% ed è previsto in crescita del 3,8% anche nel 2024. Teheran può contare, oltre che su una popolazione giovane e istruita, anche sulla ricchezza di materie prime. L’Iran è, infatti, il terzo paese al mondo per riserve di petrolio (possiede il 13,3% delle riserve globali), oltre a essere il nono produttore mondiale, e il secondo per riserve di gas (16,2%).
A causa delle sanzioni occidentali, il 90% dell’export di petrolio e gas è diretto verso la Cina. Pechino, non a caso, nell’aprile 2023, è stata protagonista dello storico riavvicinamento diplomatico tra due suoi partner fondamentali: Iran e Arabia Saudita.
Se Riyad è il principale fornitore di petrolio cinese, Teheran è altresì strategica per il suo controllo sullo stretto di Hormuz, da cui passa il 35% del petrolio e il 12% del gas commerciati via mare. Di questo petrolio, circa i tre quarti sono diretti verso il mercato asiatico. Per di più, la guerra in Ucraina ha spinto Pechino a cercare una nuova via per raggiungere l’Europa, incrementando gli investimenti nella Via della Seta marittima, come ha fatto nel porto iraniano di Chabahar. La Cina, perciò, è molto interessata a una stabilizzazione dello scenario mediorientale.
I piani del presidente Xi Jinping, però, si sono parecchio complicati in questo 2024. In primis a causa dei raid incrociati tra Iran e Pakistan nel Belucistan. Questa regione, abitata da una maggio-
ranza di religione sunnita, è divisa tra Pakistan, Iran e Afghanistan. Agli attacchi iraniani di gennaio, contro alcune postazioni di un’organizzazione terroristica islamista in Pakistan, è seguita la risposta di Islamabad, volta anch’essa a colpire cellule terroristiche nel Belucistan iraniano. Ben più grave la tensione con Israele a seguito della distruzione del consolato iraniano a Damasco, a cui Teheran ha risposto con un attacco di circa 300 droni e missili nella notte tra il 13 e il 14 aprile. Attacco intercettato al 99% della contraerea e dai sistemi di difesa israeliani, supportati anche dagli Stati Uniti. Washington ha cercato di frenare una pesante reazione israeliana e l’inizio di un’escalation. L’Iran, da parte sua, oltre a minacciare l’uso di armi “mai utilizzate prima”, ha ventilato il blocco dello stretto di Hormuz. Un’azione che avrebbe impatti gravissimi non solo sui contendenti. I più danneggiati sarebbero il primo esportatore al mondo di petrolio, l’Arabia Saudita, e il primo importatore, la Cina. Anche per l’Iran, però, un blocco del
Una veduta di Teheran, capitale dell’Iran.
genere significherebbe un crollo del 70% delle entrate fiscali e un buco enorme nel bilancio statale, dipendente dai 35 miliardi l’anno dall’export dell’oro nero. Hormuz è, infatti, finora l’unica via per Teheran per commerciare il suo petrolio. La chiusura di quell’arteria porterebbe al collasso l’intera spesa pubblica l’economia potrebbe non reggere, acuendo ancora di più il dissenso e le proteste contro il regime. Sarebbe la fine dell’Iran degli ayatollah. Gli Stati Uniti, seppur vedano di buon grado un cambio di regime a Teheran, non gradiscono un aumento incontrollato dei prezzi del petrolio, che rischia di far ripartire l’inflazione pochi mesi prima delle elezioni presidenziali di novembre. Arabia Saudita, Stati Uniti, Cina, Unione europea, Iran e anche la stessa Russia, che da Teheran importa droni e armi, hanno quindi un’insolita comunanza di interessi nell’evitare un conflitto in Medio Oriente e il blocco dello stretto di Hormuz. F
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di Emilio Cozzi
Space economy
Il decollo della SPACE ECONOMY
Un rapporto di McKinsey & Company per il World Economic Forum afferma che il giro d’affari generato dalle attività extra-atmosferiche raggiungerà i 1.800 miliardi di dollari entro il 2035. Per qualcuno l’analisi è troppo ottimistica. Ma conferma come la nostra vita sia ormai strettamente legata allo spazio
LLa corsa all’oro sarà inarrestabile, perché lo spazio è una miniera potenzialmente inesauribile. L’economia indotta da tutto quanto sia connesso alle operazioni oltre l’atmosfera si espanderà a un ritmo superiore al prodotto interno lordo globale e toccherà i 1.800 miliardi di dollari entro il 2035. Lo indicano le proiezioni dello studio realizzato dalla società di consulenza McKinsey & Company per il World Economic Forum (Wef). Il rapporto comprende molto, quasi tutto: dalla costruzione di
razzi e satelliti fino al meteo, dalle applicazioni utilizzate per chiamare un Uber fino a quelle per consegnare una pizza a domicilio. Eppure, per questo approccio alla materia, a suo modo olistico, occorrerebbe qualche distinguo. Nel 2023, a livello globale, la space economy valeva circa 630 miliardi di dollari. Entro un decennio, secondo le stime del Wef, il suo valore potrebbe triplicare e, nello scenario più ottimistico, raggiungere i 2.300 miliardi.
Il vero oro spaziale, rappresentato dai servizi derivati, sarà estratto dalla miniera di informazioni che le attività più tradizionali promettono di generare
L’analisi del Wef si divide in due macroaree: la prima, cosiddetta ‘backbone’, comprende l’hardware, cioè tutta l’economia generata dalla manifattura di razzi e satelliti, dai servizi di lancio e da quelli che derivano in maniera diretta dalle infrastrutture orbitanti (il geoposizionamento, le comunicazioni, il broadcasting e le applicazioni per la Difesa). È questo lo spazio propriamente inteso, che ancora rappresenta oltre il 50% del fatturato, ma il cui valore, che dovrebbe crescere dagli attuali 330 a 755 miliardi, arriverà a rappresentare non più del 41% del totale. In virtù, per cominciare, di un aumento dell’offerta e di un parallelo calo dei prezzi delle componenti, dei volumi e dei pesi. E - è doveroso ricordarlo - dei costi al chilo per lanciare, in
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caduta libera soprattutto grazie a vettori ‘pesanti’ come la nuova Starship e il Falcon Heavy di SpaceX.
Il mercato dei satelliti commerciali è destinato a triplicare, da quattro a 12 miliardi di dollari nel 2035. La fornitura di vettori spaziali - i razzi - e le operazioni dei siti di lancio aumenteranno le entrate dagli attuali 13 miliardi di dollari a 32 miliardi.
Le comunicazioni sono e resteranno la principale fonte di reddito commerciale (218 miliardi di dollari in proiezione), grazie alle nuove costellazioni satellitari, in particolare quelle di grosse dimensioni come Starlink (ancora di SpaceX), Kuiper di Amazon e OneWeb di Eutelsat, la cui connessione a banda larga eroderà segmenti di mercato al broadcasting.
Se si considerano la spesa pubblica e tutte le applicazioni per il settore Difesa, da 66 miliardi a livello globale si arriverà a 251 miliardi.
La seconda macroarea del rapporto è costituita dai servizi derivati, il vero oro spaziale, estratto dalla miniera di informazioni che le attività elencate fino a qui promettono di generare: è la leva che solleverà tutto, il moltiplicatore del valore innescato dalla tecnologia digitale. “Lo spazio diventerà sempre più una connessione tra persone e beni. Cinque settori - catena di approvvigionamento e trasporti; alimenti e bevande; difesa finanziata dallo Stato; vendita al dettaglio, beni di consumo e lifestyle; comunicazioni digitali - genereranno oltre il 60% dell’aumento del valore dell’economia spaziale entro il 2035”, rileva il
Wef. La materia prima sarà costituita da centinaia, migliaia di terabyte che ogni giorno arrivano da sensori in orbita, satelliti di osservazione della Terra a varie lunghezze d’onda, posizionamento Gps, connessione internet. A titolo di esempio, il ride hailing (Uber, su tutti), che ha registrato ricavi per 61 miliardi di dollari nel 2023, toccherà i 300 miliardi nel 2035; la consegna dell’ultimo miglio per merci deperibili, alimenti e bevande, da 100 miliardi arriverà a valerne 334. Si aggiungano i servizi personalizzati per
e informazione derivati da attività spaziali. Non sarebbe scorretto tacciarla di sensazionalismo, o almeno imputarla di sovrastimare volumi e cifre rispetto ad altri dossier, come quelli di Goldman Sachs e Morgan Stanley, concordi nel prevedere un volume d’affari di 1.000 miliardi di dollari entro il 2040. D’altro canto, il rapporto è comunque una cartina di tornasole capace, meglio di altre, di confermare come l’economia spaziale abbia penetrato in modo inestricabile quasi ogni attività umana.
il training sportivo e altre funzioni che sfruttano la localizzazione e i dispositivi smart (non ultimo, la pubblicità: 25 miliardi) che seguiranno e alimenteranno il trend. Questo comporterà anche una crescente domanda, nel pubblico e nel privato, di figure professionali specializzate in servizi derivati da attività spaziali per 6 miliardi (dai 2 del 2023).
È opportuna qualche precisazione: da un lato l’analisi estende parecchio l’orizzonte e comprende una serie di servizi che, a cascata, sfruttano tecnologie
Il turismo spaziale beneficerà dell’arrivo in orbita di stazioni private e del turismo suborbitale, una nicchia di mercato di circa 4/6 miliardi di dollari destinata a restare tale. SpaceX, con lo sfruttamento commerciale della nuova ‘astronave’ Starship, potrebbe ridurre ulteriormente il costo dell’accesso allo spazio per divertimento. Cresceranno invece, tra i 2 e i 4 miliardi all’anno, gli affari per le compagnie private che costruiranno i nuovi avamposti orbitanti, sebbene ancora alimentati da investimenti pubblici. Di cui l’esplorazione spaziale costituirà il grosso della spesa: varrà 140 miliardi nel 2035 (dai 59 del 2023) e sarà trainata da Stati Uniti, Cina, Europa e India. Almeno all’inizio, visto che un numero crescente di paesi emergenti e agenzie spaziali si sta affacciano oggi oltre l’atmosfera e con alte capacità di investimento (si pensi agli stati del Golfo). Pur sensazionalistica, un’analisi che veda lo spazio come lo scrigno aurifero del futuro sarebbe verosimile. Ogni giorno di più. F
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IL CORAGGIO DI OSARE
Le facce della CONOSCENZA
“Tracciare rotte per il futuro, suggerendo soluzioni ai problemi del presente”. Carlo Ratti, curatore della Mostra Internazionale di Architettura di Venezia, riassume così lo scopo della 25esima edizione, Intelligens, dedicata “all’ambiente costruito e alle numerose discipline che gli danno forma”
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di Enzo Argante
L“L’ambiente costruito è tra i maggiori responsabili delle emissioni atmosferiche. In questo senso, all’architettura si può imputare gran parte del degrado ambientale del nostro pianeta”. Sono parole di Carlo Ratti, direttore del Senseable City Lab del Mit di Boston, che prova ad azzardare proposte durante la Biennale Architettura di Venezia. Ed ecco Intelligens. Naturale. Artificiale. Collettiva, il titolo dell’edizione 2025 presentata dal presidente Pietrangelo Buttafuoco e da Ratti, che ne è il curatore. “La Mostra Internazionale di Architettura sarà dedicata all’ambiente costruito e alle numerose discipline che gli danno forma”, annuncia Ratti. “L’architettura è al centro di esse, ma non da sola: fa parte di una compagine estesa che deve integrare arte, ingegneria, biologia, scienza dei dati, scienze sociali e politiche, scienze planetarie e altre discipline, collegando
ciascuna di esse alla materialità dello spazio urbano”.
Ma perché questo titolo connette l’intelligenza con l’architettura? “Da intelligens deriva il moderno ‘intelligenza’”, spiega ancora l’architetto. “Questa scelta indica un’espansione delle associazioni di significato. Tradotta a parte, la sillaba finale, gens, significa ‘gente, persone’: da qui emerge un’immaginaria radice alternativa, che suggerisce un futuro dell’intelligenza multiplo e inclusivo, che sfugga ai limiti eccessivi dell’odierna focalizzazione sull’IA”.
identikit
Carlo Ratti insegna al Massachusetts Institute of Technology (Mit) di Boston e al Politecnico di Milano. È direttore del Senseable City Lab e socio fondatore dello studio di architettura e innovazione Cra-Carlo Ratti Associati (Torino, New York, Londra). Laureato al Politecnico di Torino e all’École Nationale des Ponts et Chaussées di Parigi, ha conseguito un master of philosophy e un phd in architettura all’Università di Cambridge, in Inghilterra, completando la tesi di dottorato come Fullbright Scholar al Mit. È uno dei dieci studiosi più citati a livello internazionale nel campo della pianificazione urbana, coautore di oltre 750 pubblicazioni scientifiche
Da maggio a novembre 2025 Venezia sarà la capitale mondiale dell’architettura intelligente, dunque: “Nel titolo Intelligens convergono significato e segno”, aggiunge Buttafuoco. “Se l’intelligenza è alla base del processo evolutivo dell’individuo, nel senso più nobile del suo essere civis (sostantivo di terza declinazione, quindi sia maschile che femminile), l’architettura è lo spazio in cui essa può dispiegarsi, in una negoziazione costante con il territorio. Enunciando funzioni, disegnando simbologie, favorendo relazioni, l’intelligenza costruisce architetture in termini etici, estetici e, soprattutto, ecologici. Non per nulla, restando in vena di ètimo, oikos in greco significa ‘casa’, ma anche ‘ambiente’. Ragion per cui nel suo testo di intenti lo stesso Ratti si chiede: saremo in grado di progettare edifici intelligenti come alberi?”.
Di fronte all’accelerazione della crisi climatica, allora, dobbiamo rassegnarci a questo ruolo di architettura ‘pecora nera’, o siamo ancora in grado di offrire soluzioni sostanziali e non cosmetiche, efficaci e rapide da realizzare?
“La mostra proverà a tracciare nuove rotte per il futuro”, risponde Ratti, “suggerendo un ventaglio di soluzioni ai problemi più pressanti del presente. Metterà insieme una raccolta di proposte sperimentali, ispirate da una definizione di intelligenza quale capacità di adattarsi all’ambiente a partire da un bagaglio di risorse, conoscenze o potere limitati. Oggetti, edifici e piani urbani saranno disposti lungo l’asse di un’intelligenza multipla e diffusa, naturale, artificiale, collettiva. Alcune idee saranno destinate a fallire. Ma altre potranno indicarci percorsi promettenti. La mostra immagina gli architetti come ‘agenti mutageni’ capaci di innescare processi evolutivi e dirigerli. Imparando da molteplici discipline scientifiche
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Carlo Ratti (a sinistra) e Pietrangelo Buttafuoco
e avanzando per prova ed errore, questa mostra punta ad accelerare la trasformazione del presente, alla ricerca di futuri migliori”.
Venezia si propone agente speciale anche nella formazione dei nuovi architetti attraverso la seconda edizione di Biennale College Architettura per studenti, laureati e professionisti emergenti under 30. Il workshop avrà inizio a settembre 2024.
Quattro le linee guida su cui si basa la narrazione Intelligens: “La transdisciplinarità”, comincia Ratti. “I progetti architettonici promuoveranno collaborazioni tra professionisti diversi, per far progredire la conoscenza scientifica. Il secondo pilastro è il laboratorio vivente: nel 2025, il Padiglione Centrale ai Giardini sarà in fase di ristrutturazione e quindi sostituito da progetti speciali capaci di trasformare porzioni di Venezia e le aree esterne delle sedi di Mostra della Biennale in living lab, dove far convergere forme di intelligenza molteplici. Poi c’è la raccolta di idee: adottare un approccio collaborativo alla progettazione è fondamentale, a maggior ragione in un momento di crisi. Il sito web della Biennale ha aperto uno spazio per la raccolta di idee per ampliare l’eterogeneità di voci, visioni e suggerimenti. Infine c’è il protocollo di circolarità: la mostra si propone di raggiungere obiettivi di circolarità ambiziosi. Tramite l’elaborazione di un Manifesto della Circolarità, verranno definite precise linee guida, delineando un nuovo standard per future manifestazioni culturali”.
I paesi partecipanti sono chiamati ad affrontare il tema comune ‘Un luogo, una soluzione’: “Per mettere in luce come l’ingegno umano possa fornire risposte alla sfida chiave del nostro tempo”, è la conclusione di Ratti. “Una sfida che può essere affrontata solo in modo collaborativo, con una pluralità di approcci. In tutto il mondo città e territori stanno rapidamente evolvendo in risposta ai cambiamenti climatici. Costrette a fronteggiare problemi urgenti - innalzamento dei livelli del mare, isole di calore urbane, eventi meteorologici estremi, protezione delle popolazioni più vulnerabili - le comunità locali in giro per il mondo sono oggi all’avanguardia nei processi di innovazione nell’ambiente F
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di Danilo D’Aleo
Le persone prima di tutto
Wyser si occupa di ricerca e selezione di profili manageriali ed executive. Secondo l’ad, Carlo Caporale, vuole offrire ai dipendenti “una proposta distintiva, opportunità di carriera chiare e percorsi di formazione e crescita professionale continui”
FFare la differenza nella vita delle persone e accompagnare le aziende nello sviluppo sostenibile del loro business. È questa la missione che persegue da oltre dieci anni Wyser, brand globale di Gi Group Holding che si occupa di ricerca e selezione di profili manageriali ed executive, ossia i leader del futuro, capaci di avere un impatto positivo sulla struttura e sul business dell’azienda. Figure difficili da scovare, ma che, soprattutto in un contesto di trasformazioni tecnologiche, demografiche e geopolitiche profonde, riescono a guidare le società verso il cambiamento, assicurandone resilienza e competitività. Lo spiega a Forbes Italia Carlo Caporale, amministratore delegato della società dal 2013 (anno della fondazione), con un’esperienza di 25 anni nel settore search & selection. “È questa la mission che chiediamo alle nostre persone da condividere e da fare propria. Entrare in Wyser significa far parte di un’azienda in continua evoluzione e fare ogni giorno la differenza, con un impatto positivo sulla crescita delle aziende e sulla vita delle persone, a cominciare dalla propria”.
D’altronde, è proprio mettendo le persone al centro che si può contribuire alla creazione di un mercato del lavoro sostenibile. “Sostenibilità non è un concetto astratto, ma un impegno tangibile
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Carlo Caporale
L’azienda
Fondata nel 2013 in Italia, Wyser si occupa di ricerca e selezione di profili manageriali ed executive. Negli anni si è sviluppata in modo capillare sul territorio nazionale, con sedi a Milano, Torino, Padova, Bologna e Roma, per poi diventare una realtà globale. È ora presente dall’Europa al Sud America, passando per l’Asia, per un totale di 21 uffici dislocati in 13 paesi, Italia inclusa. Con un approccio olistico alla search & selection, Wyser offre una consulenza che integra anche servizi di mappatura del mercato e di assessment, agendo come guida e facilitatore nell’incontro tra le aziende e i professionisti più adatti alle loro esigenze. Un ulteriore valore aggiunto arriva dalla metodologia proprietaria studiata per assicurare una selezione oggettiva, che può contare anche su strumenti a elevato contenuto tecnologico. Wyser si distingue anche per una conoscenza approfondita di settori specifici da parte dei consulenti delle 12 specializzazioni verticali: banking, insurance & financial services, finance, accounting & esg, human resources, lifescience, luxury goods & lifestyle, tax & legal, digital, gds & gdo, information technology, logistics, sales & marketing, technical & engineering.
Oggi Wyser gestisce, solo in Italia, circa 900 posizioni all’anno, coinvolgendo un organico di 90 persone e oltre 300 se si guarda alle sedi all’estero, che portano il numero di posizioni gestite annue a oltre tremila.
verso le aziende e i candidati, che si rispecchia nella nostra mission, ma anche nella proposta di valore che facciamo alle nostre persone. Mettere al centro le persone, oggi, significa soprattutto motivarle attraverso una proposta distintiva, opportunità di carriera chiare e percorsi di formazione e crescita professionale continui”.
Guardando proprio alla formazione e ai percorsi di carriera, anche internazionali, Wyser segue un percorso lineare. L’esperienza di apprendimento, infatti, inizia con l’on-boarding e prosegue per tutta la permanenza in azienda, con corsi di formazione e aggiornamento professionale per risorse di ogni livello. I consulenti Wyser utilizzano tecnologie avanzate e hanno l’opportunità di svolgere i percorsi di certificazione Thomas International, società di strumenti di people assessment. “Puntiamo sulla realizzazione del potenziale delle persone, sulla loro capacità di evolvere e sull’ambizione all’eccellenza. Essere un player internazionale ed essere parte della prima multinazionale italiana del lavoro, inoltre, ci consente di offrire possibilità di sviluppo di carriera orizzontale e verticale in più di 500 sedi in tutto il mondo, mantenendo elevato il coinvolgimento dei talenti”, evidenzia Caporale. E proprio per questo è arrivata la decisione di aprirsi anche al mercato dell’executive search, con l’incorporazione di Exs Italia, società sempre di Gi Group Holding con grande esperienza nella ricerca e selezione di profili C-level. Operazione che per Caporale “rappresenta un passaggio naturale, motivato dalla complementarità e dalla coerenza della proposta di valore e professiona-
lità di Wyser e Exs Italia. Questo nuovo sviluppo risponde a una duplice esigenza che riscontriamo nel mercato del lavoro: da un lato le aziende cercano sempre più un partner in grado di soddisfare le loro molteplici necessità nel campo della ricerca e selezione dei talenti, dall’altro, i candidati aspirano a costruire rapporti di fiducia e collaborazione duraturi con consulenti che possano fornire un supporto mirato alla loro crescita e sviluppo professionale”. Il nuovo assetto vede la creazione di una divisione executive organizzata in verticali di settore, guidati da head hunter esperti, e amplia ulteriormente il network di candidati e aziende di Wyser, che ha arricchito la sua offerta grazie anche a una metodologia proprietaria con un elevato contenuto tecnologico, che sfrutta algoritmi avanzati, intelligenza artificiale e machine learning per affiancare l’attività dei consulenti. Tra gli strumenti proprietari, un sistema di video recording & analysis che permette di videoregistrare le interviste ai candidati e analizzare le espressioni facciali, riconducendole a picchi emotivi. “L’applicazione di questa tecnologia ci consente una valutazione oggettiva delle caratteristiche della personalità e dell’attitudine alla leadership, che, unita a quella delle capacità tecniche e manageriali, serve a definire quanto i candidati siano in linea con la cultura aziendale e il team. È essenziale per il successo del processo di selezione, perché ci consente di garantire il massimo grado di predittività e di liberare risorse da dedicare alla parte del lavoro in cui il contributo umano è il vero valore aggiunto, ossia la relazione”. F
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Il team delle prime linee di Wyser
BEST IN CLASS
SERVE UNA SCOSSA
IN EUROPA IL MERCATO DELLE AUTO ELETTRIFICATE CRESCE, MA L’ITALIA È IN RITARDO. “BISOGNA RIDURRE LE BARRIERE ALL’INGRESSO E FACILITARE LA VITA DEI CLIENTI”, DICE MARCO TORO, CEO DI NISSAN NEL NOSTRO PAESE. INTANTO L’AZIENDA SVILUPPA NUOVI MODELLI, NUOVE BATTERIE E NUOVE TECNICHE PRODUTTIVE
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di Serena Cappelletti
Marco Toro
Il settore auto sta vivendo una profonda trasformazione, tra case che adattando i piani industriali e clienti che cercano di orientarsi tra le offerte di prodotti in continua evoluzione. E il 2035 non è poi così lontano. Ne abbiamo parlato con Marco Toro, ceo di Nissan Italia.
Qual è la situazione in Europa e in Italia?
In Europa cresce il mercato delle vetture elettrificate, che nel 2023 ha raggiunto il 50% sul totale vendite. Benzina e diesel lasciano il posto a modelli 100% elettrici (bev), ibridi (hev), ibridi plug-in (Phev) e mild hybrid. In particolare, i bev hanno raggiunto la quota del 15,7% (+28% rispetto al 2022) e il numero di modelli bev ha subito un incremento del 70%. I produttori adeguano l’offerta a una domanda sempre più consapevole ed esigente, a dimostrazione che in Europa il mercato delle elettriche sta diventando maturo.
agire su due fronti: ridurre le barriere all’ingresso, con incentivi alti e consistenti nel tempo e una fiscalità agevolata per abbattere il prezzo d’acquisto e i costi di gestione, e facilitare la vita dei clienti bev, con più colonnine veloci su strade e autostrade e armonizzando a livello nazionale i vantaggi dell’uso dei veicoli elettrici. È inoltre necessario che istituzioni, enti locali, produttori di auto, gestori energetici, associazioni di settore e tutti coloro che concorrono alla diffusione della
“Istituzioni, enti locali, produttori di auto, gestori energetici, associazioni di settore devono condividere la consapevolezza che restare indietro nella transizione elettrica è un rischio per l’intero sistema Paese”
Anche in Italia il mercato dei modelli elettrificati cresce e nei primi mesi del 2024 ha raggiunto un peso del 44%. L’elettrico, però, si ferma al 4%, ben al di sotto della media europea e di paesi come Francia, Regno Unito e Germania, dove la quota di bev va dal 16% al 18% e rispetto ai quali l’Italia sconta una rete infrastrutturale di ricarica non adeguata e incentivi all’acquisto più bassi e in vigore da meno tempo. Negli ultimi mesi ci sono stati segnali incoraggianti, ma lo svantaggio da colmare è ampio e per accompagnare i clienti in questa transizione si deve
mobilità elettrica operino di concerto, con obiettivi comuni, condividendo la consapevolezza che restare indietro nella transizione elettrica è un rischio per l’intero sistema Paese.
Nissan ha annunciato che dal 2030 venderà in Europa solo vetture 100% elettriche, in anticipo di cinque anni sul termine fissato dalla Commissione europea. Come vi state preparando? Vendere solo vetture elettriche in Europa dal 2030 è parte del piano globale a lungo termine Nissan Am-
bition 2030. Il piano prevede, tra l’altro, la realizzazione nell’impianto di Sunderland, il più grande stabilimento automobilistico nel Regno Unito, del modello industriale EV36Zero per la produzione di veicoli elettrici e di batterie, alimentata da un sistema articolato di energie rinnovabili. Inoltre vogliamo sviluppare nuove batterie agli ioni di litio (nmc), con il 50% in più di densità energetica e tempi di ricarica dimezzati rispetto alle batterie attuali, batterie litio, ferro, fosfato (lfp), che avranno costi ridotti del 30% rispetto alle batterie oggi usate sulle berline compatte Nissan, e batterie allo stato solido assb, che offriranno costi ridotti del 70%, densità energetica doppia e tempi di ricarica pari a un terzo rispetto alle attuali batterie nmc. Le prime vetture Nissan che sfrutteranno queste batterie arriveranno nel 2028. Svilupperemo anche nuove tecniche di produzione, grazie alle quali motori elettrici e motori e-Power avranno componenti in comune e saranno realizzati sulle stesse linee di produzione. Entro il 2026 i costi di sviluppo e produzione di questi due tipi di motori si ridurranno del 30%. Entro il 2026 lanceremo nuovi modelli elettrici: Leaf, Juke, una vettura che sostituirà Micra e i veicoli commerciali Interstar e PlexEVan.
Come intendete gestire la transizione e accompagnare i clienti verso un futuro di mobilità elettrica? Nissan gestisce la transizione offrendo ai propri clienti una gamma completamente elettrificata. A partire da Juke Hybrid, che per l’80% viaggia in città in modalità totalmente elettrica, con consumi ridotti del 40%
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rispetto alla versione benzina. Il nuovo Nissan Juke, svelato il 14 febbraio, ha nuovi colori per gli esterni, interni completamente rinnovati e una maggiore dotazione tecnologica per il comfort e la sicurezza. Qashqai è disponibile con motore mild hybrid e e-Power. Quest’ultimo offre il piacere di guida di un bev e bassi consumi. Il nuovo Qashqai è stato presentato a metà aprile e rafforza la sua identità e il suo carattere con un nuovo design esterno ancora più moderno e dinamico, nuovi interni e nuove tecnologie di assistenza alla guida e connettività. Per X-Trail, equipaggiato con propulsore e-Power e tecnologia e-4Orce 4Wd, a fine aprile è stata lanciata la nuova versione N-Trek, con tante novità che caratterizzano la vocazione outdoor della vettura. Ariya, crossover coupé 100% elettrico, è la nuova icona del design e della tecnologia Nissan. Inoltre offriamo versioni 100% elettriche dei veicoli commerciali leggeri Townstar e Interstar, ideali per le attività in città, nei centri storici e per le consegne dell’ultimo miglio.
Il termine fissato da Nissan per vendere solo auto elettriche in Europa 15,7%
Che cosa distingue Nissan e-Power dagli altri propulsori elettrificati e come è stato accolto dai clienti?
La quota di mercato raggiunta dalle auto elettriche nel 2023
La tecnologia e-Power è un brevetto Nissan, il cui funzionamento è semplice e geniale allo stesso tempo. Un motore 100% elettrico muove le ruote della vettura e un motore termico produce energia. Il cliente ha tutto il piacere della guida elettrica, con accelerazione brillante, progressiva e lineare, ma senza la necessità di ricarica alla spina. Basta mettere benzina nel serbatoio per viaggiare in elettrico e fare oltre 1.000 chilometri con un pieno. Il cuore del sistema è il motore benzina da 1,5 litri e 158 CV di potenza, con rapporto di compressione variabile, un altro brevetto Nissan. Disponibile su Qashqai e X-Trail, e-Power è stato lanciato in Europa nell’estate del 2022 e sono oltre 100mila i clienti europei che lo hanno scelto, di cui circa 15mila in Italia, dove le vendite a cliente privato sono le più alte in Europa. e-Power è l’elemento di transizione verso la mobilità 100% elettrica ed entro il 2026 sarà disponibile per l’Europa la nuova generazione di questa tecnologia. F
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Affari di ghiaccio
Con 19 linee produttive e un fatturato di 65 milioni di euro, la Calabrese Gias è uno dei prinCipali protagonisti del merCato italiano dei surgelati. “promuoviamo l’equilibrio tra il gusto di ogni riCetta e l’adozione di uno stile di vita sano”, diCe Michela scura, terza generazione dell’azienda
SSostenibilità, salubrità e attenzione all’ambiente. È all’insegna di questi tre pilastri che l’azienda calabrese Gias, nata nel 1970 dall’intuizione e dallo spirito imprenditoriale di Antonio Tenuta, è cresciuta fino a diventare uno dei principali player nel campo dei surgelati.
A dare il via allo sviluppo dell’attività è stato un piccolo impianto prototipo per la lavorazione del pomodoro surgelato. A seguito di un’annata molto ricca di pomodori in esubero destinati al macero, Tenuta decise di immagazzinarli nelle celle frigorifere della sua azienda e mise a punto un brevetto per la pelatura del pomodoro a freddo, riconosciuto in diversi paesi, rendendo Gias, tra gli anni Ottanta e Novanta, partner di aziende leader nel settore degli alimenti surgelati. Grazie anche a Gloria Tenuta, attuale ad, l’azienda si è evoluta e ha investito in diverse linee produttive (oggi 19), specializzandosi nelle verdure grigliate e poi nei ready meal, come contorni grigliati e ricettati, primi e secondi piatti, zuppe e vellutate, vegetali panati non prefritti e prodotti da forno
come le crust di vegetali gluten free. Oggi l’azienda produce e commercializza oltre 300 referenze pronte all’uso, confezionate senza additivi, con il freddo come unico conservante. “Tra i principali punti di forza”, spiega Michela Scura, business controller di Gias e terza generazione dell’azienda, “c'è la vicinanza al territorio. Lavorando a stretto contatto con gli agricoltori e controllando terreni e sementi con un team di agronomi, assicuriamo tracciabilità del prodotto, affidabilità dei fornitori e sicurezza delle lavorazioni, per offrire al consumatore prodotti autentici, lavorati con cura e dal limitato impatto ambientale”. La filiera orticola è integrata dal campo
alla tavola, attraverso processi che permettono di preservare le proprietà nutritive delle materie prime. Oltre a rifornire importanti catene di catering e ristorazione, Gias è orientata alla private label nel canale retail. La maggior parte del suo fatturato - circa 65 milioni - deriva proprio dalla grande distribuzione e viene per l’80% dall’Italia e per il 20% dall’estero, soprattutto da Stati Uniti, Francia, Germania e Giappone. L’azienda commercializza anche prodotti a marchi propri, sia nazionali - come Il Mediterraneo a Tavola e la linea Voglia di… - che internazionali, come il brand Gloria’s Kitchen, rivolto al mercato Usa. Senza rinunciare alla qualità, Gias cerca l’innovazione e ricerca profili di gusto internazionali, nel rispetto della tradizione della cucina mediterranea e del made in Italy. L’azienda resta attenta ai trend di mercato: lavora su segmenti in crescita in Italia e all’estero, grazie a un team di ricerca e sviluppo dedicato e a investimenti continui in ambito produttivo.
“I nostri clienti”, continua Scura, “possono contare su una grande flessibilità, garantita dalla varietà delle linee produttive. Ciò che cerchiamo di promuovere è l’equilibrio tra il gusto di ogni ricetta e l’adozione di uno stile di vita sano, grazie all’offerta di piatti bilancia-
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di Marco Gemelli
Michela Scura
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ti”. Tra le proposte ci sono le spianatine senza glutine a base di vegetali, le verdure panate non prefritte, i cavolfiori panati in salsa bbq, gli spaghetti di zucchine e i primi e secondi piatti vegani.
L’azienda investe anche nella sostenibilità, a partire dal rispetto della stagionalità. Inoltre, poiché ha alti consumi energetici, nel 2017 ha installato il terzo impianto in Italia di trigenerazione per l’autoproduzione di energia elettrica, termica e frigorifera, per ridurre sempre più la dipendenza energetica. Ha installato sui tetti pannelli fotovoltaici che alimentano i macchinari: l’acqua viene invece recuperata e gli scarti sono impiegati come fertilizzanti naturali, nella produzione di bioenergia e in zootecnica. Ciò ha portato a numerose certificazioni, incluso il riconoscimento di sustainable supplier nel 2014.
“Lavoriamo per ottimizzare i processi produttivi, migliorare gli impianti e ridurre i consumi energetici”, sottolinea ancora Scura, “per garantire efficienza e far fronte sia ai rialzi dei costi energetici, sia alle condizioni climatiche sfavorevoli che negli ultimi anni hanno contribuito a ostacolare l’approvvigionamento delle materie prime. Nel prossimo futuro vogliamo incrementare l’impiego di energia pulita e contribuire alla lotta al cambiamento climatico”. A questi obiettivi concorre l’intera filiera produttiva, che, nel caso dei vegetali, parte dalla valu-
tazione e assistenza ai produttori di materie prime legati a Gias, attraverso contratti di produzione pluriennali. L’impegno verso il pianeta si riflette anche sulla gamma dei prodotti più popolari: “Tra i prodotti legati alla territorialità che meglio intercettano il gusto dei clienti possiamo menzionare i contorni di verdure e le zuppe, affiancati dai primi e secondi piatti pronti. Quest’anno puntiamo molto su nuovi profili di gusto per il mercato estero, andando anche oltre la tradizione italiana o su prodotti free from”. Da qualche anno sono entrati a far parte della compagine sociale due fondi di investimento, DeA Capital e Cleon Capital, che supportano la crescita di Gias. “Abbiamo affiancato alla nostra idea di business un partner per sviluppare sia i mercati, sia un’idea organizzativa differente, per crescere in modo sostenibile e guardare oltre”. F
FORBES.IT 67 GIUGNO, 2024
65 80%
Gloria Tenuta
Il fatturato in milioni di euro di Gias
La quota di ricavi dovuta al mercato italiano
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Il rilancio mette il turbo
“Siamo ormai un marchio Solido, che ha Saputo rinaScere con grandi idee e una Strategia chiara”. Alberto Monni, general manager di Moto Morini, ha feSteggiato un 2023 di creScita, culminato all’eicma, con l’annuncio di un ampliamento della gamma. “ed è Solo l’inizio”, aSSicura
UUn 2023 memorabile e un 2024 che vuole superare ogni aspettativa. “È stato l’anno della svolta”, ha detto Alberto Monni, general manager di Moto Morini. Dall’Eicma, il salone del ciclo e motociclo, “dove abbiamo lasciato sbalorditi appassionati e addetti del settore”, ai nuovi modelli, che combinano tradizione e innovazione. L’azienda, che è stata fondata a Bologna nel 1937 ed ora ha sede a Trivolzio, in provincia di Pavia, non vuole fermarsi qui. Tra dati di vendita in crescita e un ventaglio di moto sempre più ampio, Monni parla della nuova Calibro, che riporta Moto Morini nel mondo custom, e delle novità legate alla X-Cape e alla Seiemmezzo.
Com’è stato il 2023 per Moto Morini?
È stato l’anno della vera svolta, culminato con Eicma. Non era scontato riconfermare i numeri di vendita del 2022, ma li abbiamo addirittura migliorati. La rete concessionari è cresciuta, così come sono cresciute le vendite. Siamo un marchio ormai solido, che ha saputo rinascere attraverso grandi idee e una strategia chiara. Quanto abbiamo mostrato a Eicma ha lasciato sbalorditi appassionati e addetti del settore. Nessuno si aspettava un ampliamento gamma di questo tipo e investimenti così importanti su progetti e segmenti premium.
Quali sono le novità previste per il 2024?
Il 2024 vede, in primis, l’arrivo della Calibro, il nuovo modello con cui Moto Morini rientra in maniera decisa nel mondo custom. È un segmento che già negli anni ‘80 l’azienda aveva esplorato, e che ora riteniamo si debba tornare a presidiare, visto l’aumento di richiesta di moto facili, basse e di design. La nostra innovazione non perde mai di vista la storia del marchio e penso sia il modo migliore per mantenere viva l’anima che ha sempre caratterizzato le nostre moto e valorizzato il nostro dna.
Che moto è la Calibro?
È una custom dalla doppia indole: cruiser, ma anche un po’ muscle bike. È il custom che vuole uscire dagli schemi con una dinamica di guida molto appagante e quasi sportiva.
La versione Bagger, in particolare, è un inedito nelle medie cilindrate. Allestita con un grosso cupolino e due ampie borse laterali, ricorda le moto di grossa cilindrata che richiamano al sogno americano. Credo possa essere una moto dirompente in questo segmento, che nei prossimi anni conterà un numero maggiore di appassionati.
Avete proposto anche novità legate alla X-Cape e alla Seiemmezzo. Abbiamo puntato ancora una volta sul contenuto e sull’innovazione: il sistema di navigazione che equipaggia le nostre moto non ha eguali, non si era mai visto su un veicolo di pari segmento. Il navigatore con mappa 3D è stata un’innovazione che ha spostato nuovamente l’asticella verso l’alto nel mercato delle moto di media cilindrata. Siamo orgogliosi di questo sistema e riteniamo possa essere
FORBES.IT 68 GIUGNO, 2024
di Attilio Nucetti
La Calibro di Moto Morini
stato un fattore importante nella crescita delle vendite del 2023 e dell’inizio del 2024. Sul fronte accessori, inoltre, abbiamo sviluppato un catalogo davvero completo. Su X-Cape sono ora disponibili accessori che la proiettano verso il mondo delle ‘off’ vere, come sella piatta e cupolino rally. Questi vanno ad affiancare la lista completa di accessori che fanno di X-Cape una fedele compagna di viaggio, come tris borse, plexi maggiorato e paramani, oltre a uno scarico studiato in collaborazione con Sc-Project che rende ancora più prezioso il sound del bicilindrico. Anche per la Seiemmezzo abbiamo ampliato il catalogo accessori. Se da una parte è protagonista l’indole sportiva della versione Str, dall’altra prevale quella più avventuriera della versione Scr. Coprisellino, puntale sottocoppa e cupolino racing della Str fanno ora da contraltare a borse tourer in pelle, sella piatta e paramani, specificamente studiati per la versione Scr.
Quali modelli compongono oggi la gamma di Moto Morini?
Attualmente abbiamo in gamma due modelli, entrambi equipaggiati dal 650cc bicilindrico frontemarcia: X-Cape e Seiemmezzo, nelle sue due versioni, la sportiva Str e la scrambler Scr. X-Cape è ormai un’icona delle moto adventure di media cilindrata, forte dei suoi dati di vendita. In Italia abbiamo superato le 4.500 unità immatricolate da gennaio 2022, risultato che la colloca tra le otto moto più vendute sul territorio. Seiemmezzo è forte invece di una quota di mercato importante nel segmento delle stradali, superando le 1.000 unità immatricolate da ottobre 2022. Il mercato italiano è il fiore all’occhiello per il nostro marchio in questo momento, con oltre 100 concessionari sparsi sul territorio. Ma stiamo crescendo anche in tutti gli altri paesi europei, con oltre 350 punti vendita e più di ottomila moto vendute. In Italia lo scorso anno abbiamo oltrepassato il 3% della quota di mercato complessiva del settore moto oltre i 500cc. Un dato importante,
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considerando che le moto in gamma sono al momento solo due. Questo risultato ci fa guardare con entusiasmo alla gamma che verrà, con nuovi segmenti e nuove cilindrate. Quanto esposto a Eicma, con un ampliamento gamma verso l’alto (con i nuovi motori 750 e 1200 cc), è solo l’inizio della nostra crescita. Guardiamo con molto interesse anche alle cilindrate inferiori, che sono state un tassello fondamentale nella storia di Moto Morini. F
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Alberto Monni
n BEST IN CLASS n
di
Elisa Serafini
Il meglio di tre mondi
Nata Nel 1981, la SwiSS School of ManageMent vuole mettere iNsieme il meglio delle tradizioNi formative di italia, svizzera e stati uNiti. Nel Nostro Paese è PreseNte a Brescia e a milaNo. “le azieNde ci soNo grate Perché chiediamo loro di che cosa haNNo BisogNo”, dice la rettrice, liSa MarcheSe
LLa teoria e la tradizione dell’accademia italiana incontrano l’approccio innovativo degli Stati Uniti e la solidità della Svizzera. È l’integrazione di culture offerta dalle sedi di Brescia e Milano della Swiss School of Management, una business school interamente in lingua inglese, fondata nel 1981 a San Gallo. Con 23 sedi dirette nel mondo e oltre 250 università affiliate, offre programmi di formazione per leader, imprenditori e manager della prossima generazione. Per comprendere le sfide del settore dell’istruzione avanzata e le opportunità di una prospettiva di formazione internazionale, Forbes ha intervistato Lisa Marchese, rettrice delle sedi di Brescia e Milano. Marchese è avvocato d’affari, docente e consulente con esperienza internazionale nel campo del diritto e della formazione.
cogliere i contributi migliori di ognuna di queste esperienze. La tradizione italiana, in questo campo, è molto efficace nella teoria e nel supporto educativo tramite borse di studio. Gli Stati Uniti possono portare un approccio educativo più dirompente, in cui vengono integrate l’innovazione, l'interazione, l'osservazione degli scenari del mondo reale. Infine, l'uso di casi di studio.
del mondo reale. Questo permette di stimolare la creatività e pensare a idee e opinioni. È affascinante e gratificante.
“Integriamo corporate governance e sostenibilità nei programmi, spingendo verso un approccio pratico, con esperienze nelle industrie”
Può farci un esempio pratico?
Swiss School of Management unisce esperienze italiane, svizzere e americane. Quali sinergie possono esserci tra le diverse tradizioni di questi paesi e qual è la sintesi creata dalla vostra scuola?
Avendo lavorato sia nel sistema italiano che in quello americano e avendo studiato il sistema svizzero, penso sia bene
Durante una lezione in un’università pubblica italiana, ho chiesto ad alcuni studenti quale fosse la loro opinione su un business case, riscontrando molta sorpresa. Sembrava che non fossero abituati a questo tipo di sollecitazione. Ai nostri studenti consegniamo un caso reale, ad esempio una fusione o un accordo commerciale, e chiediamo loro di 'smontarlo', analizzarlo e dichiarare che cosa avrebbero fatto di diverso. In questo modo incoraggiamo a osservare le dinamiche
Il mondo del lavoro è in costante cambiamento: come risponde Swiss School of Management alle nuove esigenze delle aziende e quali metodi di apprendimento ritenete più efficaci per le nuove generazioni? Una delle parti più importanti della nostra offerta è costituita dalle collaborazioni con la comunità imprenditoriale locale. Grazie alla sede a Milano, abbiamo accesso a leader del settore business. Per questo invitiamo molti manager a tenere lezioni e organizziamo visite degli studenti nelle sedi degli uffici. Rivediamo frequentemente i nostri programmi. Negli ultimi tempi molte aziende, per esempio, hanno manifestato la necessità di trovare figure con un background mba e competenze nel campo della sostenibilità. Abbiamo quindi iniziato a integrare i temi di corporate governance e sostenibilità nei programmi, spingendo verso un approccio pratico, con esperienze reali nelle industrie. Questo è stato uno dei trend più importanti.
Quale arricchimento porta per i manager sviluppare esperienze di studio o lavoro globali, secondo la sua esperienza?
Il primo passo è incoraggiare gli studenti ad avere una prospettiva globale. L’e-
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BEST IN CLASS n
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conomia continuerà a essere globalizzata, magari con alcune differenze rispetto al passato. Continueremo a commerciare tra paesi. Vengo dagli Stati Uniti, dove molte persone conservano un approccio etnocentrico. Con gli europei è diverso, ma in generale è importante coltivare intelligenza culturale e capire come possono cambiare le prospettive a seconda del luogo da cui veniamo, soprattutto considerando le nuove regioni emergenti. Questo diventa necessario anche quando non si opera a livello internazionale: avere una prospettiva internazionale può offrire successo nel business a ogni livello. Incoraggiamo questo approccio attraverso esperienze di studio all’estero e tirocini.
Che risposta ha trovato da parte dell’ecosistema bresciano e milanese alla vostra offerta formativa e culturale?
Sia a Brescia che a Milano abbiamo riscontrato gratitudine da parte delle aziende perché abbiamo chiesto loro di che cosa avessero bisogno. Molte università si limitano a fornire programmi e neolaureati alle aziende, senza domandare quali siano le loro necessità. Noi siamo disponibili a intervenire sui programmi secondo le esigenze delle aziende. Forse anche per la dimensione, riusciamo a essere più flessibili. Il feedback, in generale, è positivo.
Quali sono i progetti per il futuro?
Stiamo lavorando per offrire sempre più opportunità a studenti americani che desiderano venire in Europa. Le istituzioni accademiche statunitensi vivono una fase di transizione: i costi sono molto alti e i modelli di business sono criticati da molti media. Stiamo lavorando per con la Fondazione Sons of Italy, che ha cinquemila membri negli Stati Uniti, per promuovere borse di studio che consentano a sempre più ragazzi di studiare in Italia. Inoltre stiamo incrementando le opportunità di internship, a livello locale e internazionale, in modo che gli studenti possano ottenere sempre più esperienza. F
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Lisa Marchese
BEST IN CLASS n
di Giovanni Calgaro
La passione si (video)gioca
Fondata nel 2019, la milanese Jyamma Games ha alle spalle applicazioni da quasi un milione di download. ora, con enotria - the last song, si appresta al debutto autoprodotto, con cui vuole esportare un’italia solare, ma dall’anima nera
NNata nel 2019, Jyamma Games è già una realtà solida del panorama videoludico italiano. Dai primi passi, mossi con le app, lo studio di sviluppo con sede a Milano si è ampliato rapidamente. “Abbiamo pubblicato quattro titoli mobile, con più di 800mila download complessivi”, ricorda il fondatore, Giacomo Greco.
infatti, il progetto inizialmente conosciuto come Project Galileo, che ora il grande pubblico conosce come Enotria - The Last Song. Il titolo punta a diventare un riferimento nel sottogenere di giochi di ruolo chiamato ‘soulslike’. Il termine deriva dal capostipite, Demon’s Souls, che per primo ne ha codificato filosofia e caratteristiche: difficoltà elevata, impossibilità di salvare i progressi a piacimento e un mondo di gioco oscuro e misterioso.
Una sfida ambiziosa, che l’azienda fondata da Greco, insieme con un nutrito numero di compagni di corso alla
paura di affrontare. Complice non solo l’amore smisurato per l’arte videoludica (condiviso con Edoardo Basile, business development manager in Jyamma Games), ma anche una buona dose di abilità imprenditoriale e sana curiosità nel provare cose nuove. Prima di questa avventura, infatti, Greco ha cambiato più volte veste, cercando la propria strada tra l’azienda di famiglia, il mondo della musica e i video-giochi.
“L’Italia non ha mai avuto il posto che merita a livello internazionale”, dice.
“Ancora oggi le istituzioni non capiscono la rilevanza di questo settore nel fatturato globale dell’intrattenimento, di cui costituisce il 52%, con più di 200 miliardi di euro. Il nostro Paese muove l’1%, una cifra irrisoria se confrontata
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Il team di Jyamma Games.
con quelle di Germania (5%), Francia e stati nordeuropei”.
Fra gli altri, Greco indica un ostacolo che sembra difficile da superare in tempi brevi: l’inadeguatezza salariale. “Da noi il costo lordo di un professionista è molto più alto che all’estero, cosa che obbliga le aziende a mantenere standard sensibilmente più bassi dei concorrenti. Il nostro caso è più unico che raro: pur non avendo ricevuto alcun aiuto dalle istituzioni, siamo riusciti a rendere Enotria una delle novità più attese a livello mondiale e, con un po’ di orgoglio, a esportare una visione dell’Italia non viziata da stereotipi”. Una visione che è stata plasmata e sgrezzata a lungo: “Sono serviti mesi di studio, brainstorming e ricerca di riferimenti per arrivare a un'idea valida. Per noi è stato incredibile scoprire, da italiani, quante cose non sappiamo del nostro Paese: tradizioni, storie e costumi persi da tempo, che vorremmo riportare in vita con il nostro titolo.”
Interessante e originale è l’idea di associare assolate atmosfere mediterranee a un genere, di solito, plumbeo. “La scelta ha un motivo semplice: il nostro
core team ama i titoli della giapponese Fromsoftware (come Dark Souls o Elden Ring, ndr) e avere persone che lavorano su un progetto che amano è cruciale. Per di più il genere action è perfetto per rappresentare artisticamente il nostro mondo e aumentare l’immersione nel gioco. Non nascondiamo che la scelta è stata azzeccata anche in senso commerciale, visto il grande successo dei soulslike negli anni recenti. Per distinguerci abbiamo puntato sulla particolarità artistica e sulle dinamiche di gioco, riconosciute come la vera forza del titolo”.
Anche la componente economica, per Jyamma Games, è una “questione di cuore”, giura Greco: “Ho messo a disposizione anche i miei fondi personali e questo fa molta differenza. Per quanto una persona sia brava a gestire i soldi altrui, non lo sarà mai quanto chi rischia di tasca propria”.
È indicativo della cura per i dettagli il fatto che Jyamma non pubblicherà subito Enotria per ogni console: “Preferiamo che il gioco sia perfetto su due piattaforme piuttosto che discreto su tre”. La scelta di non avere, al lancio, la versione Xbox
deriva dunque da una logica precisa. Il problema di Xbox e del Game Pass, il servizio di distribuzione in abbonamento di Microsoft, è la sostenibilità: l’ecosistema di Microsoft non è solo insostenibile, secondo Greco, ma “Xbox al momento non ha rapporti di vendita chiari sia sul software che sull’hardware ed è poco presente in tutto il mercato asiatico, che rappresenta il 50% di quello globale”. Detto altrimenti, Jyamma ha deciso di non affrettare i tempi di pubblicazione solo per soddisfare le necessità di una multinazionale e dell’utenza avida di contenuti da consumare velocemente, a basso costo. Ciò non esclude che il team abbia una roadmap definita. “La nostra missione non cambia”, aggiunge Basile. “Abbiamo in programma un contenuto aggiuntivo, anche perché abbiamo accumulato materiale che, a malincuore, è stato messo da parte per ragioni di produzione. Abbiamo la fortuna di autopubblicarci, quindi dobbiamo rendere conto a noi stessi”. Non rimane che verificare la promessa in prima persona: Enotria - The Last Song uscirà il 30 agosto. Questione di tempo. E passione. F
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PROGRESSO IN SALUTE
Rimuovere l’anidride carbonica, creare un braccio robotico per ambienti industriali. E ancora: usare il gaming per identificare patologie pediatriche e creare una clinica virtuale per disturbi ginecologici. Sono le idee degli Under 30 di Forbes Italia per la categoria Science & Healthcare
SCIENCE & HEALTHCARE 100 UNDER 30 A CURA DI ROBERTA MADDALENA
FORBES.IT GIUGNO, 2024
TUTOR
Dal sanitario all’automotive, Saes Getters produce materiali all’avanguardia per vari settori.
Al centro del modello di business ci sono innovazione, responsabilità sociale e formazione dei talenti
SSaes Getters opera nel campo della scienza dei materiali e delle tecnologie avanzate. Fondata nel 1940, l’azienda che ha headquarter a Lainate, nel Milanese, si è distinta per il suo impegno nell’innovazione e nella ricerca, proponendo soluzioni sostenibili in settori diversi, come i semiconduttori, i dispositivi medici, l’industria alimentare, l’aerospaziale e l’automotive.
Le tecnologie di Saes sono fondamentali nella vita quotidiana di milioni di persone. Hanno contribuito significativamente alla diffusione di innovazioni come il quantum computing, le energie rinnovabili, la fusione nucleare, le trasmissioni 5G e lo sviluppo di packaging riciclabili e compostabili. Un momento storico per l’azienda è stato nel 1957, con l’introduzione del ‘getter’ nei tubi catodici dei televisori. Questa innovazione ha rivoluzionato la produzione industriale di apparecchi televisivi e ha cambiato radicalmente il nostro modo di comunicare e ricevere informazioni.
Da allora, Saes ha mantenuto un forte impegno per la sostenibilità, investendo costantemente in ricerca e innovazione e collaborando con le università per l’attivazione di dottorati di ricerca e tirocini. Un esempio di innovazione è l’ingresso nel settore della bellezza e della cura personale con una linea di ingredienti avanzati destinati a migliorare le formulazioni cosmetiche. “La nostra vocazione tecnologica trova nei giovani talenti terreno fertile per uno scambio reciproco di know-how e competenze specializzate, che raf-
Ginevra
Della Porta
forzano il nostro approccio vincente in un mercato sempre più complesso e mutevole”, ha detto Ginevra Della Porta, chief innovation officer e terza generazione della famiglia imprenditoriale. Il supporto alle startup avviene grazie all’attivazione del programma RedZone che offre risorse economiche, competenze tecniche e accesso agli open lab di Saes, facilitando lo sviluppo di tecnologie che possano scalare efficacemente, grazie alla vasta esperienza e alle infrastrutture tecnologiche avanzate presenti in azienda. Un ulteriore tassello nella strategia di innovazione è il laboratorio Design House: un punto di incontro tra diverse discipline, dove la creatività si fonde con la tecnologia per sviluppare prodotti che rispondano alle esigenze funzionali e stabiliscano un legame emotivo con gli utenti.
“Design House ha lanciato sul mercato il brand B!Pod, che mira a dare un contributo per un pianeta più green, offrendo i vantaggi della conservazione sottovuoto alimentare.
B!Pod si pone in continuità con il trend aziendale, che vede Saes sempre più impegnata in nuovi settori come l’imballaggio intelligente. Il nostro primo dispositivo consente di conservare cinque volte più a lungo le diverse tipologie di alimenti grazie al sottovuoto, tecnologia in cui Saes è leader da oltre 50 anni. Questo processo permette infatti di mantenere le proprietà degli alimenti, bloccandone il processo di ossidazione”. Con una visione che guarda al futuro, Saes Getters dimostra quindi il proprio impegno verso scienza, innovazione e responsabilità sociale. F
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Combattere il dolore femminile
PER SEMPLIFICARE L’ACCESSO ALLA CURA E RIDURRE I TEMPI DIAGNOSTICI,
GAIA SALIZZONI E VITTORIA BROLIS HANNO CREATO LA PRIMA CLINICA VIRTUALE PER CONDIZIONI
GINECOLOGICHE COME ENDOMETRIOSI O VULVODINIA
SSecondo il ministero della Salute, oggi si calcola che in Italia le persone affette da endometriosi in forme più o meno gravi siano oltre tre milioni. Per ridurre il divario di genere nell’accesso alla cura e ridisegnare i percorsi di salute delle donne, a fine 2022 Gaia Salizzoni e Vittoria Brolis hanno co-fondato Hale, la prima clinica virtuale per condizioni ginecologiche. Da quelle più comuni, come la cistite, ad altre più complesse, come endometriosi o vulvodinia. “Come spesso accade nell’industria della salute femminile, Hale è nata da un’esigenza personale”, spiegano. “Ancora oggi, una donna su quattro in Europa vive con una condizione ginecologica complessa, come endometriosi o vulvodinia, e non riesce ad accedere a diagnosi e trattamenti efficaci in breve tempo. Inoltre, essendo ampio ma ignorato, quello ginecologico è un mercato immenso (vale circa 145 miliardi di euro in Europa) e non è mai stato davvero modernizzato e standardizzato”. La clinica virtuale fondata dalle due ragazze di Trento opera attraverso una piattaforma online che guida la paziente attraverso le varie fasi di cura, dall’anamnesi alla diagnosi, fino alla scelta del trattamento più efficace. “Si basa sui protocolli medici più moderni e sfrutta la tecnologia per velocizzare e semplificare il più possibile i vari percorsi, per minimizzare i tempi diagnostici e rispondere alle esigenze in modo personalizzato. Dopo aver compilato un questionario iniziale, la paziente incontra online il team clinico di Hale, che la guiderà verso il protocollo migliore. In seguito, potrà scegliere una serie di trattamenti online o in presenza, appoggiandosi a uno o più dei nostri partner sul territorio. In futuro attiveremo convenzioni
“Come società, dobbiamo cambiare molte cose: dal riconoscimento politico e sanitario di queste condizioni agli investimenti nella ricerca”
con altri attori sanitari, pubblici e privati, per coprire una parte dei costi associati alle prestazioni”. Gaia e Vittoria, rispettivamente formazione in scienze politiche, management e innovazione ed economia e scienze sociali, si conoscono da sempre perché sono cresciute a Trento. “Ci siamo riviste qualche anno fa e abbiamo scoperto di avere in comune un’esperienza difficile da pazienti di condizioni ginecologiche. Da quel momento abbiamo iniziato a studiare il problema, il mercato, i trend e le soluzioni”. Intanto, anche se le condizioni di dolore pelvico cronico sono ancora un tabù sociale, negli ultimi tempi qualcosa è cambiato: “Da tre o quattro anni si è aperto un dibattito a livello sociale, politico, imprenditoriale e scientifico sulla salute femminile. Ci sono molte cose che dobbiamo cambiare come società: dal riconoscimento politico e sanitario di queste condizioni a un investimento massiccio nella ricerca, per ottenere statistiche aggiornate, nuovi trattamenti e protocolli medici, fino a un’educazione scolastica su tematiche di benessere e di prevenzione”.
La startup, che nel 2023 ha raccolto 350mila euro in un round di finanziamento pre-seed guidato da Exor Ventures, impiegherà inoltre l’intelligenza artificiale per studiare i dati sanitari anonimi delle persone, e suggerire a loro e al personale sanitario le strade più indicate da seguire, sulla base dell’evidenza scientifica. “Siamo concentrate sul rafforzare la nostra rete di partner sul territorio e garantire l’accesso alla nostra piattaforma al maggior numero di persone possibilie. Possiamo dare una piccola anticipazione: a breve introdurremo uno strumento gratuito che permetterà di valutare rapidamente il rischio che i propri sintomi siano correlati a una determinata condizione”. F Roberta Maddalena
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Vittoria Brolis (a sinistra) e Gaia Salizzoni
Per un futuro migliore
STEFANO CAPPELLO HA FONDATO LIMENET, SOCIETÀ CHE RIMUOVE L’ANIDRIDE CARBONICA IMMAGAZZINANDOLA
SOTTO FORMA DI BICARBONATO DI CALCIO IN ACQUA MARINA. DOPO UN IMPIANTO PILOTA A LA SPEZIA, LA SOCIETÀ NE APRIRÀ UN ALTRO AD AUGUSTA: “DOBBIAMO SMALTIRE 10 MILIARDI DI TONNELLATE DI CO2 ENTRO IL 2050”
NNon ha mai avuto l’aspirazione di diventare imprenditore, né tantomeno startupper. Ma quello che l’ingegnere Stefano Cappello si è sempre domandato è: quale impatto voglio avere sul mondo? Prima di fondare nel 2023 Limenet, società benefit che vuole rimuovere l’anidride carbonica immagazzinandola sotto forma di bicarbonati di calcio in acqua marina, Cappello lavorava da Leonardo, gruppo industriale degli ambiti aerospazio, difesa e sicurezza. “Per due anni mi sono occupato di tecnologie aeronautiche, ma mi sono reso conto che non stavo portando in nessun modo valore aggiunto alla società e all’ambiente”, spiega. Così la decisione di licenziarsi, investire tutte quello che aveva guadagnato fino ad allora e fondare Limenet insieme allo zio Giovanni Cappello, uno dei più grandi esperti in Italia di gassificazione, e all’imprenditore Enrico Noseda. “In quel periodo facevo spola tra Varese, dove lavoravo per Leonardo, e La Spezia, dove conducevo con mio zio gli esperimenti scientifici alla base della tecnologia sviluppata da Limenet. Dormivo nel furgone e lavoravo anche il sabato e la domenica. Dopo aver provato che la tecnologia funzionava e aver trovato diversi investitori, a marzo 2023 abbiamo costituito la società per portare sul mercato una soluzione per la rimozione dell’anidride carbonica”.
“La nostra tecnologia replica un ciclo naturale che richiede migliaia di anni. Noi riusciamo a completarlo in pochi minuti”
Il nome è stato scelto da Giovanni Cappello e deriva dall’unione di due parole: ‘lime’ ovvero l’insieme di composti chimici derivanti dal calcio, e ‘net’, che si lega all’obiettivo di portare le emissioni di gas a effetto serra il più vicino possibile allo zero. “La tecnologia di base è l’industrializzazione di un ciclo naturale che noi replichiamo. Questo
ciclo, che in natura avviene in migliaia di anni, riusciamo a completarlo in pochi minuti. Limenet è in grado di trasformare l’anidride carbonica in una soluzione acquosa di bicarbonati di calcio. In questo modo è possibile ottenere una soluzione di stoccaggio di CO2 duratura e stabile, per oltre 10mila anni, all’interno di mare e oceani”. Un processo che offre un duplice beneficio: da una parte, sequestrando l’anidride carbonica, contrasta il cambiamento climatico, dall’altra, dissolvendo i composti carbonatici nell’acqua marina, ne aumenta l’alcalinità, cioè la capacità di resistere ai cambiamenti nei livelli di acidità, con potenziali benefici per l’ecosistema marino. Nel team di Limenet ci sono oggi 16 persone tra ricercatori, ingegneri e project manager. Inoltre, dopo aver realizzato un impianto pilota a La Spezia, per condurre i primi esperimenti scientifici, la società aprirà un altro impianto ad Augusta, in collaborazione con l’Autorità dei sistemi portuale del Mare di Sicilia Orientale e il Comune, che sarà pronto entro la metà di quest’anno. “L’obiettivo è dimostrare la rimozione di 200 chilogrammi all’ora di CO2. Dobbiamo rimuovere 10 miliardi di tonnellate entro il 2050”. Per farlo, servono capitali: “Finora abbiamo raccolto 2 milioni di euro dagli investitori. Tra questi Aither, Core Angels Climate, Moonstone, Forest Valley Catalyst, Faros, Leone La Ferla e altri”. Ma non è sufficiente: “Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia, gli investimenti annui necessari per la rimozione dell’anidride carbonica si aggirano attorno ai 1.000 miliardi di dollari. Investire ora, quindi, è un’opportunità enorme. Il futuro dei nostri nipoti sarà diverso dal presente e io cercherò di fare il massimo per aiutarli”. F Roberta Maddalena
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Stefano Cappello
Il gaming come risorsa
GIACOMO PRATESI E FRANCESCO TROVATO HANNO IDEATO UN VIDEOGIOCO
CHE PERMETTE L’IDENTIFICAZIONE PRECOCE NEI BAMBINI DEI DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO.
“VOGLIAMO ABBATTERE LE BARRIERE DI ACCESSIBILITÀ LEGATE ALLE CURE PEDIATRICHE”
In Italia si stima che ci sia almeno un alunno per classe con disturbi specifici dell’apprendimento (dsa). Non tutti, però, ricevono una diagnosi. A luglio 2022, dopo un’intensa ricerca, Giacomo Pratesi e Francesco Trovato hanno dato vita a Paperbox, piattaforma che facilita l’individuazione precoce dei fattori di rischio legati ai disturbi specifici dell’apprendimento e dell’attenzione, supportando lo sviluppo cognitivo attraverso soluzioni digitali. “Avevamo rilevato un’opportunità di innovazione per migliorare l’assistenza a queste persone, sviluppando nuove soluzioni gamificate e digitali”, spiegano i cofondatori, che si sono conosciuti in occasione di Vento, programma di venture building di Exor Ventures. “Da questa consapevolezza è nato Dino by Paperbox, videogioco che permette l’identificazione precoce dei disturbi specifici dell’apprendimento”.
Con Paperbox, Pratesi e Trovato, rispettivamente laurea in fisica e ingegneria industriale, offrono agli specialisti la possibilità di utilizzare Dino in studio tramite abbonamento, supportando l’identificazione precoce dei dsa e il monitoraggio dei progressi. “Da settembre estenderemo i nostri servizi alle scuole, offrendo progetti di screening su misura per le singole istituzioni”. Dino si presenta come un videogioco coinvolgente: propone una serie di sfide che ripercorrono la struttura dei test cartacei, ma con una forte componente di gamification. “Una volta completato il percorso, lo specialista riceve direttamente sulla piattaforma una valutazione dettagliata del risultato e il punteggio del bambino”. Il gioco analizza i fattori di rischio dei dsa, ma non ha valore diagnostico perchè
viene somministrato prima dei sette anni, età in cui la diagnosi non è ancora possibile. Tuttavia, è fondamentale per fornire tempestive indicazioni agli insegnanti e alle famiglie tramite un sistema divertente e scalabile.
“Stiamo concludendo un round per avviare le attività di commercializzazione di Dino e ottenere la certificazione come dispositivo medico”
Finora la startup ha coinvolto professionisti e istituzioni di ricerca come il Digital Medicine & Health del Policlinico Gemelli di Roma, il Politecnico di Torino e l’Università inglese di Warwick. Con un team di dieci persone, la startup può contare ora sul sostegno di Vita, digital health accelerator, Alice Ravizza e il suo family office, GeneRa, e partner chiave quali I3P del Politecnico di Torino, l’Associazione italiana dislessia e Microsoft for startups. “La nostra missione è abbattere le barriere di accessibilità legate alla salute pediatrica. Lavorare nell’ambito della salute, soprattutto con i bambini, richiede un approccio completo che tenga conto di molteplici punti di vista per garantire un’azione capillare ed efficiente. Ci siamo concentrati sull’accessibilità come principio guida, ma siamo consapevoli della necessità di risultati tangibili e di un impatto reale sulla vita delle persone per poterci dire soddisfatti”. Le stime epidemiologiche, spiegano gli imprenditori, indicano che fino al 12% dei bambini può essere affetto da dsa. Tuttavia, solo il 5,4% degli studenti italiani ha ricevuto una diagnosi nel 2020/2021, pari a circa 325mila bambini. “Sebbene sia un passo avanti, rispetto agli anni precedenti, c’è ancora molto da fare. Ora stiamo concludendo un round per avviare le attività di commercializzazione di Dino by Paperbox e ottenere la certificazione come dispositivo medico. I prossimi mesi saranno cruciali per il nostro sviluppo, e continueremo a cercare investitori per sostenere la nostra crescita”. F Roberta Maddalena
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Giacomo Pratesi (a sinistra) e Francesco Trovato
Un aiuto per l’uomo
FRANCESCO STELLA HA CREATO IL PRIMO BRACCIO ROBOTICO REALIZZATO CON MATERIALI MORBIDI
IN GRADO DI LAVORARE IN AMBIENTI INDUSTRIALI. “È STATO PROGETTATO USANDO COME ISPIRAZIONE
LA PROBOSCIDE DEGLI ELEFANTI PER SFRUTTARE AL MASSIMO LA FLESSIBILITÀ”
AAnche se i robot non fanno ancora parte del nostro vivere quotidiano, ci sono moltissimi ambiti in cui il loro impiego può semplificare le attività dell’uomo. Partendo da questa intuizione, nel 2023 Francesco Stella ha creato Helix Robotics per rendere la robotica sicura e fare in modo che i robot siano in grado di lavorare a stretto contatto con gli umani. “I bracci robotici tradizionali, sebbene precisi e potenti, sono pericolosi quando utilizzati vicino alle persone, a causa della loro struttura rigida. Questo ha fortemente limitato l’adozione di robot in ambienti condivisi da umani e macchine”, spiega Stella. “Per risolvere questo problema, a Helix Robotics abbiamo sviluppato il primo braccio robotico realizzato con materiali morbidi in grado di lavorare in ambienti industriali. Vogliamo proporre una nuova generazione di manipolatori robotici che, grazie alla loro flessibilità, garantiscano un’interazione sicura con l’ambiente circostante. Questo approccio permetterà l’introduzione di robot in settori come l’agricoltura, la manipolazione alimentare e l’automazione di laboratori”. Il progetto sta passando dal laboratorio alla fase di startup, e il team di Stella sta avviando un round un pre-seed con venture capitalist europei e americani. Laurea in ingegneria meccanica alla Sapienza di Roma e master in robotica all’Università tecnica di Delft, in Olanda, Stella sta terminando un dottorato in robotica e intelligenza artificiale alla Scuola politecnica federale di Losanna, in Svizzera. Helix Robotics è frutto di una collaborazione tra il Create Lab dell’Epfl e il Phi-Lab del Tu Delft. “Questa sinergia ha permesso di combinare l’esperienza dell’Epfl nella
“Grazie alla sua elasticità, il nostro sistema è delicato e sicuro nelle interazioni con oggetti e persone circostanti”
progettazione e fabbricazione di metamateriali con le teorie di controllo non lineare sviluppate al Tu Delft. L’integrazione di queste competenze ha dato vita al braccio robotico flessibile più preciso mai realizzato, un risultato che ha meritato una pubblicazione su Nature npj Robotics”. Ma come funziona, esattamente? “Il braccio è stato progettato usando come ispirazione la proboscide degli elefanti. Invece di muoversi solo in pochi punti discreti, come la maggior parte dei robot rigidi, il nostro è in grado di sfruttare la flessibilità della sua struttura per deformarsi in maniera continua lungo il corpo. La struttura è stata ottimizzata per permettere una configurabilità superiore rispetto a quella dei robot rigidi, consentendo di raggiungere posizioni e configurazioni altrimenti inaccessibili. Inoltre, è stata progettata per distribuire le forze esercitate sull’ambiente esterno in modo più uniforme ed efficace. Grazie alla sua elasticità, il sistema risulta delicato e sicuro nelle interazioni con oggetti e persone circostanti”, spiega Stella. Intanto, sugli scenari futuri dell’IA Stella ha le idee chiare: “Mi aspetto che il ruolo dell’IA, e in particolare delle tecnologie alla base di ChatGPT, sarà sempre più importante. Spero però che, nei prossimi anni, anche le considerazioni etiche diventino centrali. Attualmente sto lavorando a un algoritmo per incapsulare le informazioni riguardanti le interazioni tra robot e ambiente in strumenti come ChatGPT, facilmente accessibili e interpretabili dai robot. Non vedo l’ora di integrare questa tecnologia nel braccio robotico di Helix Robotics, unendo così gli ultimi sviluppi nell’intelligenza artificiale con le innovazioni nella progettazione meccanica di robot”. F Roberta Maddalena
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Francesco Stella
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CAPITALE UMANO
di Danilo D’Aleo
Lasciare un’impronta
DENTSU È NATA A TOKYO NEL 1901. ALL’EPOCA SI PROPONEVA DI MIGLIORARE LA CONDIZIONE DELLA SOCIETÀ RURALE, FAVORENDO LA DIFFUSIONE DEI MEZZI DI COMUNICAZIONE. OGGI È PRESENTE IN QUASI 150 PAESI E OFFRE SERVIZI PER ACCOMPAGNARE LA CRESCITA E LA TRASFORMAZIONE DELLE PIÙ IMPORTANTI ORGANIZZAZIONI AL MONDO
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IInnovare, cercando di lasciare un’impronta positiva sulla società, con una visione di lungo periodo. In poche parole: innovating to impact. Uno slogan che trae origine dai valori di Dentsu, società che fonda la sua storia e la sua filosofia di pensiero sulla cultura giapponese.
L’azienda è nata nel 1901 a Tokyo e si proponeva di migliorare la condizione della società rurale, favorendo la diffusione della radio e dei mezzi di comunicazione. Oggi è presente in quasi 150 paesi e offre servizi integrati per accompagnare la crescita e la trasformazione delle più importanti organizzazioni a livello mondiale, come spiega a Forbes Italia Mariano Di Benedetto, ceo Italia di Dentsu.
Come è strutturato il vostro business e quali sono i vostri punti di forza?
Il filo conduttore è l’integrazione, che ci permette di offrire ai clienti soluzioni di crescita che combinano un approccio innovativo alla creatività, alle strategie media, partendo dall’analisi dei dati, dalla ricerca di insight e dall’adozione di tecnologie d’avanguardia. Ne deriva un approccio unico, che si colloca all’incrocio tra marketing, consulenza e tecnologia, arricchito da una filosofia aziendale giapponese, che si caratterizza per dedizione al cliente e per una visione orientata al lungo termine.
Qual è il focus principale della vostra attività?
Mettiamo al primo posto la cura, il benessere e lo sviluppo dei nostri collaboratori, poiché riconosciamo il ruolo fondamentale delle persone nel nostro business e nella società. Da noi si può respirare un contesto socio-collaborativo etico, rispettoso e inclusivo. I risultati del nostro impegno sono già evidenti: abbiamo ricevuto la certificazione di top employer per il quinto anno consecutivo.
Come vi muovete nella ricerca di giovani talenti?
Abbiamo programmi formativi che riguardano soft e hard skill. Vogliamo essere un vivaio di talenti: come per le squadre di calcio, investire sui prossimi campioni significa formare talenti per la società. Da anni ci impegniamo nelle migliori università italiane con career day e offriamo stage formativi. Stiamo avviando un programma di formazione esecutiva sviluppato su misura per noi in collaborazione con la Bocconi, perché, oltre a coltivare il vivaio delle nuove generazioni, riteniamo fondamentale l’upskilling dei profili più senior.
“Il nostro approccio si colloca all’incrocio tra marketing, consulenza e tecnologia, ed è arricchito da una filosofia aziendale giapponese”
Che cosa vi distingue da una tradizionale agenzia di comunicazione?
Ci focalizziamo su strategie di crescita e, allo stesso tempo, trasformative. Uniamo le competenze tipiche dei tech vendor e delle consultancy firm a una profonda conoscenza dei consumatori, dei media e dei contenuti, con specializzazioni in settori come lo sport, il gaming, gli eventi e l’experience.
Che cosa volete ottenere creando questo clima in azienda?
La nostra massima priorità è il benessere personale e lo sviluppo professionale di ciascun membro del team. Cerchiamo di garantire un equilibrio ottimale tra lavoro, vita privata, aspirazioni personali e desideri. Sosteniamo l’inclusività e il rispetto reciproco, promuovendo un ambiente in cui ognuno si senta valorizzato e rispettato nell’essere se stesso. Investiamo, inoltre, in uffici confortevoli e accoglienti, che facilitino la collaborazione e lo scambio di idee tra persone con diverse esperienze e background.
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CAPITALE UMANO
Che cosa fate per promuovere la diversità e le relazioni interpersonali?
Siamo convinti che dalla diversità, dalla coesione e dalla collaborazione prendano vita il miglior servizio possibile per i clienti e gli stimoli per lo sviluppo personale e professionale delle nostre persone. Da oltre un anno abbiamo introdotto meeting one to one e le colazioni con il ceo e la leadership. Momenti che permettono di stabilire un contatto personale diretto con tutti i nostri 1.000 colleghi, ma che sono anche un modo per dimostrare attenzione e interesse nei confronti di ogni membro del team.
In termini di welfare e servizi e benefit aziendali, che cosa garantite?
Da noi il lavoro agile è la normalità da anni: varia da due giorni alla settimana al full remote in casi specifici, come quelli dei genitori con bambini tra zero e tre anni, che possono scegliere di lavorare da casa sempre. Dal 2014 svolgiamo Kids and teens in ufficio, un pomeriggio in cui apriamo i nostri uffici di Milano e Roma ai figli dei nostri collaboratori. Iniziativa che fa parte del programma di work-life balance denominato Cares, il cui obiettivo è creare un ambiente di lavoro che si prenda cura dei collaboratori e del loro equilibrio tra vita privata e professionale, con tante iniziative, come l’attivazione di convenzioni con società di trasporto pubblico, lavanderia, palestra, food delivery e altro. Da alcuni anni abbiamo attivato in azienda la Wellness Week, estesa poi a due settimane, in cui offriamo consulenze e servizi nella sfera della salute e del benessere mentale e fisico, con la partecipazione di medici, psicologi e fitness trainer. A questa aggiungiamo tre wellness day all’anno, in cui le nostre persone possono disconnettersi completamente dalla quotidianità dell’ufficio. Abbiamo anche una dog policy, attiva dal 2019, che prevede che si possano portare i propri cani in ufficio.
Come vi ponete rispetto all’ambiente e al territorio?
Abbiamo la responsabilità e il privilegio di avere un ruolo attivo per creare un futuro migliore. Dentsu Italia è la prima holding del settore diventata società benefit. Perché, facendo bene il nostro lavoro, possiamo avere un impatto positivo sulla società.
Qualche esempio?
Oltre a donazioni e volontariato aziendale, abbiamo istituito anche due giornate retribuite all’anno per tutti da dedicare al prossimo. Poi c’è The
Mariano Di Benedetto
Code, che ci permette di andare in zone del nostro Paese in cui i giovani hanno meno opportunità, per fornire loro le competenze necessarie per avere successo nell’economia digitale, con workshop immersivi, concorsi, opportunità di lavoro, di apprendistato e di stage. Lo scorso anno abbiamo coinvolto più di 1.700 studenti. O ancora la creazione, in collaborazione con l’Università di Bristol, di un tool proprietario, Media Carbon Calculator, per ricalibrare i piani per diminuire le emissioni a parità di efficacia.
Parlando di numeri, com’è andato il 2023?
Abbiamo registrato un’ulteriore accelerazione, testimoniata dai risultati positivi degli ultimi quattro trimestri. Tant’è che abbiamo assunto oltre 150 talenti. Abbiamo anche investito molto in ricerca e sviluppo di strumenti e in dati, per agire in velocità ed essere i migliori conoscitori dei consumatori.
E il futuro?
Lo affrontiamo con entusiasmo. Siamo spinti a innovare e crediamo che il meglio debba ancora arrivare. Sarà la nostra eccitazione per il futuro, o il rifiuto di rimanere ancorati al passato, o la volontà di sfidare lo status quo. O forse la nostra forza, che ci ha sempre guidato verso il progresso. Per noi c’è sempre di più. F
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CAPITALE UMANO
di Edoardo Prallini
La forza della diversità
I giovani della GenZ si affacciano al mondo del lavoro, ma spesso faticano a integrarsi. The Adecco Group Italia ha creato strumenti per sostenerli. “L’ingresso di questi ragazzi impone riflessioni per comprenderne desideri e aspettative”, dice Virginia Stagni, chief marketing & communication officer
I cambi di generazione sono stati spesso accompagnati da grandi eventi storici, ambientali, economici. I giovani nati tra il 1920 e il 1945, ad esempio, hanno vissuto Mussolini e la Seconda guerra mondiale. Sono identificati come la silent generation, una generazione segnata dall’insicurezza finanziaria degli anni ’30 e della guerra, che provocò il crollo delle nascite. ‘Silente’ come se aspettasse il boom, che in effetti arrivò poco dopo.
Tra il ’46 e il ’65, infatti, si affacciarono al mondo i baby boomer, definiti così perché nati nel periodo dell’esplosione non solo economica, ma anche demografica. La GenZ non è figlia di guerre, di miseria o di importanti sconvolgimenti demografici, bensì di un cambiamento che forse è stato il più universale della storia: internet. Un’innovazione che ha portato con sé trasformazioni di linguaggio, ambizioni, modi di vivere. E il fatto che entro il 2025 i nati tra il ’95 e il 2010 rappresenteranno più di un quarto del capitale umano globale è sufficiente a destare l’attenzione di imprese, società di consulenza ed esperti. “L’ingresso sempre più ampio nel mondo del lavoro dei GenZ impone alle aziende riflessioni approfondite per comprenderne desideri e aspettative”, afferma Virginia Stagni, chief marketing & communication officer di The Adecco Group Italia, società che svi-
“Una delle sfide è far capire agli imprenditori che il presenzialismo non porta necessariamente maggiore produttività, che il digitale ha un ruolo fondamentale, che la settimana corta può essere un’opportunità”
luppa e valorizza il capitale umano attraverso strategie e piani a disposizione dei giovani e di chi deve reclutare i nuovi talenti. “Ad esempio, se per i nostri genitori era importante avere un posto in cui rimanere a vita, oggi la flessibilità e la job rotation sono molto apprezzate. Proprio per analizzare le diversità tra le generazioni stiamo formando un osservatorio in grado di comprendere questi aspetti in maniera quasi scientifica. Inoltre stiamo lanciando un percorso che assiste le pmi, fulcro del tessuto economico italiano, dall’imprenditore al dipendente. Il nostro obiettivo è capire sociologicamente cosa succede nel mescolare due generazioni e quali siano le necessità di adattamento del datore, dell’azienda e del candidato”. Le diversità sono numerose e profonde, perché la GenZ è una delle generazioni che più di tutte sta rompendo con il passato. Tutto ciò che fino a poco tempo fa sembrava scontato, come volersi creare una famiglia, acquistare una casa o firmare un contratto a tempo indeterminato, adesso viene messo in discussione. “Oggi si ha l’opportunità di riscrivere e modellare le regole del mondo del lavoro, dando un nuovo ruolo allo smart working e valorizzando la flessibilità. La sfida è far capire agli imprenditori e ai datori di lavoro che il presenzialismo non porta necessariamente maggiore produttività, che il digitale ha un ruolo fondamentale, che la settimana corta può essere un’opportunità e che il work-life balance è uno degli ingredienti del successo di un’azienda”. Una volta terminata la fase di ascolto e comprensione, inizia il secondo step: promuovere l’integrazione. Per includere le nuove generazioni in un mondo che spesso mantiene un atteggiamento paternalistico, quando invece potrebbe ascoltare i giovani e creare insieme a loro gli strumenti, le posizioni di lavoro e le strategie di business del futuro. Virginia Stagni, che a 25 anni è diventata la più giovane business development manager nella storia del Financial Times, è l’esempio vivente di come una voce ‘fuori dal
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coro’ possa portare valore. “Avere persone giovani in azienda e metterle in posizioni di leadership rappresenta un asset, non una criticità. La diversità allarga le vedute, è senza ombra di dubbio un valore aggiunto”. Tra i progetti per promuovere questo processo c’è TecnicaMente, nato per mettere in contatto i giovani provenienti da istituti superiori di estrazione tecnica con il mondo della produzione. La formula vede i ragazzi partecipare a sessioni di coaching per prepararsi ad affrontare il mondo del lavoro e, nella versione 2.0, sfidarsi nella presentazione di progetti commissionati dalle imprese del territorio. “Abbiamo raggiunto numeri record con questo progetto, che quest’anno si arricchisce ulteriormente grazie alla collaborazione con Will Media in Future on the road. Si tratta di una miniserie social che, a bordo di un van elettrico, racconterà TecnicaMente toccando sette delle sue tappe in tutta Italia e intervistando i ragazzi, i professori, le aziende e i recruiter su temi quali orientamento, skill mismatch, mercato del lavoro, mix generazionale e innovazione”.
E poi, sempre tra i servizi b2c, c’è il Cv Maker, uno strumento basato sull’intelligenza artificiale generativa che permette ai candidati di realizzare un curricu-
lum vitae personalizzato in modo pratico e intuitivo, aiutandoli nella creazione del loro primo biglietto da visita per entrare nel mondo del lavoro. “Raccogliendo tramite il microfono di un pc, di uno smartphone o di un tablet le informazioni dal racconto delle esperienze formative e professionali dell’utente, la piattaforma Adecco restituisce in pochi minuti un curriculum professionale, traducibile in quasi tutte le lingue. Uno strumento fondamentale sia per la GenZ, che deve affacciarsi al mondo del lavoro, sia per tutte le altre generazioni che devono o vogliono rimettersi in gioco”. Sia questo device, sia molti percorsi di orientamento promossi da The Adecco Group sono completamente gratuiti. Un segno della sfumatura sociale che il gruppo vuole dare alla sua attività. Si tratta infatti di iniziative che permettono a molte categorie non tanto di ottenere il lavoro dei sogni, quanto di cominciare a rendersi indipendenti e di avere una prima educazione finanziaria. “Abbiamo da poco aperto la pagina Work and study, che offre la possibilità a chi sta studiando di iniziare con lavoretti estivi. Non tanto per guadagnare, quanto per cominciare a gestire un primo conto in banca. E poi siamo attenti all’empowerment delle donne: spesso trovare un lavoro, per molte di loro, si traduce in un primo step verso una maggiore autonomia e verso la libertà”.
Se il lavoro serve a diventare autonomi, è anche vero che in un mondo del lavoro ideale dovrebbero esserci gli strumenti che mettano chiunque nelle condizioni di trovarlo. Fornirli, soprattutto alle nuove generazioni, significa prepararsi al mondo che verrà. Che, sicuramente, sarà a misura di GenZ F
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Virginia Stagni
di Matteo Borgogno
A sostegno del lavoro
Secondo uno studio di Edenred Italia e Bva Doxa, il welfare aziendale è uno strumento fondamentale contro il caro vita e un antidoto al burnout. I buoni pasto restano i benefit più apprezzati, seguiti da quelli per la benzina e dai servizi per la salute
EEdenred è un brand che tutti conoscono: è una società del settore degli employee benefit e ha la missione di offrire ai clienti un ventaglio di offerte digitali per migliorare la qualità di vita dei dipendenti e l’equilibrio vita-lavoro. E quindi non solo i tradizionali buoni pasto per la pausa pranzo, ma anche proposte per il tempo libero, l’istruzione e la cura della persona. Edenred oggi è una piattaforma digitale che unisce oltre 60 milioni di utenti e più di due milioni di affiliati in 45 paesi, con un milione di aziende clienti. In Italia l’ecosistema coinvolge oltre 2,5 milioni di beneficiari, 100mila aziende clienti e 150mila partner convenzionati.
In occasione dell’edizione di Milano del Welfare Forum 2024, il più grande evento di Edenred Italia dedicato al mondo delle risorse umane, che riunisce dirigenti e manager hr, opinion leader ed esperti del settore, Edenred Italia ha presentato i nuovi dati dell’Osservatorio Welfare, un rapporto annuale che dettaglia lo stato dell’arte del corporate welfare nel nostro Paese. I risultati dell’osservatorio ci dicono che la capacità di consumo è in aumento, mentre cambiano i capitoli di spesa, e i cosiddetti fringe benefit risultano la scelta più gettonata dai beneficiari. A integrazione dei risultati c’è
l’indagine realizzata con Bva Doxa sul sentiment dei lavoratori, che certifica nel welfare uno strumento di primaria importanza contro il caro-vita.
Il 2023, secondo l’indagine, è stato un anno di continuità nel trend di crescita del welfare italiano, con grande rilievo del consumo effettivo e un aumento significativo nell’uso dei fringe benefit come principale area di spesa tra i beneficiari. Il rapporto si basa su due principali rilevamenti: un’analisi del bacino di utenza di Edenred Italia, composto da oltre cinquemila aziende e 750mila beneficiari, e un sondaggio condotto da Bva Doxa su 1.508 lavoratori di medie e grandi imprese con almeno 50 dipendenti.
Nel 2023 il credito welfare pro capite, ovvero la disponibilità media di spesa di ciascun beneficiario delle misure, è stato di 910 euro
Secondo i dati, nel 2023 il credito welfare pro capite, ovvero la disponibilità media di spesa di ciascun beneficiario delle misure, è stato di 910 euro. È un dato che rappresenta un aumento rispetto agli 850 euro del 2021, e un lieve calo rispetto ai 940 euro del 2022, cifra influenzata dall’innalzamento a fine anno del limite di spesa dei fringe benefit a 3mila euro (misura non confermata nel 2023, quando la soglia è stata fissata a 3mila euro per i soli dipendenti con figli a carico, mentre per quelli senza figli veniva applicato il limite di 258,23 euro). La maggior parte dei beneficiari ha usufruito di erogazioni fino a 500 euro, con una percentuale significativa nella forbice tra i 500 e i mille euro, evidenziando una variegata distribuzione dello strumento di welfare aziendale più amato dai lavoratori italiani. Analizzando i dati per settore aziendale, i servizi finanziari hanno registrato la spesa media pro capite più elevata nel 2023, seguiti dai servizi professionali e dal settore immobiliare. L’uso del credito welfare disponibile è stato dell’80% nel 2023, il che significa che solo un quinto del totale è rimasto inutilizzato. I fringe benefit hanno rappresentato il 31,8% della spesa complessiva per il welfare, seguiti dalle attività ricreative, al 29,5%. Altri settori, come l’istruzione, la previdenza integrativa e l’assistenza
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sanitaria, hanno contribuito a comporre il resto dello scenario, mettendo insieme il restante 34,8%. Tirando le somme dei dati forniti dall’Osservatorio, è evidente come ci sia un significativo trend di crescita nei fringe benefit e nelle attività ricreative, che insieme hanno totalizzato il 61% della spesa nel 2023. Secondo il sondaggio di Bva Doxa, il 42% dei dipendenti ha dichiarato che la propria azienda ha adottato un piano di welfare strutturato. Il 41% riceve buoni pasto come benefit principale, seguito da servizi per la salute e scontistica di varia natura. Proprio i buoni pasto risultano ancora i vincitori assoluti delle preferenze dei dipendenti: sono stati valutati come un beneficio irrinunciabile nella scelta del lavoro dal 70% dei partecipanti: sette dipendenti su dieci, insomma,
I dipendenti convinti che la loro azienda abbia un piano di welfare strutturato
70%
I dipendenti che considerano i buoni pasto un beneficio irrinunciabile nella scelta del lavoro
non ne farebbero mai a meno. Assieme a un piano di welfare più ampio e vantaggioso, lo strumento è considerato molto allettante dal 68% del campione.
Un dipendente su due, inoltre, ritiene i buoni pasto il benefit più utile per le proprie esigenze, seguito dai buoni benzina (41%) e dai servizi per la salute (38%). Questo perché, rivela l’indagine, a preoccupare gli italiani sono soprattutto l’inflazione, timore condiviso dal 67% degli intervistati, e l’aumento dei costi dell’energia, espresso dal 48%.
Il piano welfare è inoltre da considerare un antidoto al fenomeno del burnout, per aumentare l’engagement e la soddisfazione al lavoro. I dipendenti che fruiscono di piani di welfare segnalano un elevato benessere lavorativo ed emotivo, sentendosi più responsabilizzati e apprezzati. Purtroppo il 76% del campione dichiara di aver provato almeno un sintomo attribuibile al burnout. Ma il 68% dei dipendenti ritiene molto rilevante l’impatto della condizione lavorativa sul benessere mentale e psicologico: tra chi gode di una situazione di benessere lavorativo, la percentuale cresce fino all’87%. F
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42%
di Penelope Vaglini
Stare bene è una missione
Raffaella Dallarda è una fisioterapista, naturopata e content creator che promuove da anni il wellness made in Italy. Autrice di una guida che riunisce le migliori 50 spa d’Italia, offre servizi di consulenza strategica e formazione sul benessere aziendale
“Dal periodo post-pandemico, la richiesta di esperienze legate al benessere è sensibilmente cambiata, invitando le strutture con spa a integrare i loro programmi con cinque attività principali”, sostiene Raffaella Dallarda, esperta di benessere e fondatrice di Inspatime, società che promuove il wellness made in Italy. Dai suoi pellegrinaggi nei migliori santuari del benessere italiani ha infatti compreso l’importanza crescente degli sport all’esterno, della ristorazione con specifici menu dedicati alla nutraceutica, delle discipline olistiche e spirituali a contatto con la natura, fino ad arrivare ai protocolli sulla longevità e all’esaltazione dell’elemento fondamentale per la vita: l’acqua.
“La spa oggi è un palcoscenico, in cui l’acqua si trova in diverse forme, accompagnando la rinascita di corpo e mente dalle piscine, agli idromassaggi, alle nuvole di vapore fino alle cascate di ghiaccio”. Promotrice del buon vivere, Dallarda è fisioterapista, naturopata e operatrice del benessere, oltre che content creator sul tema delle spa. Esperta di comunicazione e social media, ha conseguito una laurea in Executive wellness management & marketing della salute spa presso l’università Luiss di Roma. Autrice e curatrice della guida biennale delle migliori 50 spa d’Italia, E-SPAnsiva, nel 2022 ha registrato inoltre il marchio europeo Inspatime, il cui scopo è promuovere un nuovo concetto di benessere, partendo dal presupposto che questo si crea e non si eredita.
“Attraverso Inspatime offro servizi di consulenza strategica e formazione sul benessere aziendale, organizzo eventi e conferenze per promuovere diverse destinazioni, e mi occupo di comunica-
zione social attraverso un dialogo interdisciplinare tra b2b e b2c”. Per farlo, durante il lockdown Dallarda ha approfondito lo studio sulla storia italiana del benessere, poiché “la penisola custodisce un dna di risorse preziose: un database di 400 acque termali differenti, 8mila km di coste bioclimatiche per un modello avanzato di talassoterapia e un patrimonio geofisico enorme per praticare sport indoor e outdoor, anche estremo, tutto l’anno”. Per non parlare di ingredienti autoctoni da trasformare in cucina per un’alimentazione etica o da formulare in laboratorio per un’alchimia estetica. L’Italia, secondo le statistiche, è il maggiore esportatore mondiale di un’industria cosmetica che fa bene alla cura del sé.
Raffaella Dallarda
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“Per scoprire di più su un paese così votato al benessere ho deciso di partire in auto da sola, guidando per quasi 180mila chilometri attraverso 20 regioni. Ho girato numerose video interviste ai personaggi chiave delle destinazioni spa e delle aziende wellness oriented, pubblicando tutte le esperienze in un piano editoriale sui miei canali social, che ha riscosso interesse e visibilità. Dopo due anni di tour tra le spa, ho sentito la necessità di scrivere un manuale interattivo, concreto e divulgativo, che guidasse il lettore attraverso il mondo della spa industry e dell’ospitalità wellness. Così è nata E-SPAnsiva, la guida alle migliori 50 Spa made in Italy. In continuo aggiornamento, il volume è al momento in lavorazione e vedrà una seconda edizione a fine novembre 2024. Le destinazioni
“Un’esperienza in spa riduce stress e ansia. Andrebbe provata almeno una volta ogni due settimane”
inserite sono state selezionate con severi requisiti e ho aggiunto anche trattamenti per le mamme”.
Per divulgare la cultura del benessere, quindi, l’ambizione di Inspatime è quella di fondare una “spa della vita”. “Immagino una medi-spa olistica, per educare a uno stile di vita sano di corpo-mente-anima.
Un’esperienza in spa riduce stress e ansia e, secondo me, andrebbe provata almeno una volta ogni due settimane”. Per farlo, spiega Dallarda, è sufficiente scegliere hotel con spa. In alternativa, si possono sfruttare piccoli spazi in casa per installare una sauna a infrarossi o un bagno turco di misure standard facilmente reperibili, oppure investire in una doccia emozionale con cromoterapia e musica o una vasca da bagno con idromassaggio. Per dare il buon esempio, Dallarda svela la sua routine: “Ogni mattina, al risveglio, impiego mezz’ora a meditare, visualizzare, respirare e praticare il mio nutrimento spirituale. Del resto, se non scavi nel tuo essere, non scali il tuo benessere”. F
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di Roberta Maddalena
La formazione al centro
Da oltre 35 anni l’azienda di ristorazione Chef Express investe in percorsi di edutainment e iniziative di certificazione per lo staff. Alessia Di Matteo, head of people management: “La vera sfida è parlare in modo efficace alle nuove generazioni”
Per Chef Express il capitale umano è una cosa seria. Nella sede di Castelvetro di Modena, da oltre 35 anni l’azienda di ristorazione con circa 600 punti vendita in Italia e all’estero coltiva il valore delle risorse umane attraverso corsi formativi mirati.
Con più di 40 brand in portfolio, inoltre, Chef Express, parte del gruppo Cremonini, prevede nel triennio 2023-2025 investimenti complessivi per 150 milioni di euro per consolidare il suo posizionamento come leader f&b multicanale e rafforzare la presenza nel Regno Unito, secondo mercato di riferimento dopo l’Italia. Alessia Di Matteo, head of people management di Chef Express, ha spiegato quali saranno le future sfide della ristorazione e su quali asset strategici punterà l’azienda nei prossimi anni.
La carenza di personale pesa sulla ristorazione. Quali potrebbero essere le soluzioni per arginare il problema?
Bisogna lavorare in termini di valorizzazione e formazione, agevolando il percorso scuola-formazione-lavoro e investendo in sistemi di welfare innovativi ed efficaci. Le aziende devono impegnarsi a chiarire con trasparenza le opportunità di carriera e di crescita per le risorse. Il settore della ristorazione è ampio e offre tanti sbocchi professionali. La tecnologia, poi, può offrire vantaggi in fase di selezione, automatizzando i processi lunghi. Non dimentichiamo, però, che la componente umana, soprattutto in questo ambito, continuerà a essere cruciale.
Per affrontare le nuove sfide della ristorazione, avete ideato una people strategy dedicata. Come si articola il progetto TaSC? TaSC è un progetto ambizioso nel quale crediamo molto, lanciato quest’anno. Nasce dall’esi-
genza di offrire a tutte le nostre risorse opportunità di crescita e sviluppo costruito sui bisogni del singolo. In un mercato del lavoro sempre più complesso è fondamentale consolidare le competenze. Per questo abbiamo strutturato percorsi di certificazione per la crescita non solo verticale, ma anche orizzontale e trasversale. L’obiettivo è certificare la totalità della popolazione aziendale, sia di sede, sia di rete.
Chef Express investe da tempo in percorsi di formazione. Come si articola la Cremonini Academy?
La Cremonini Academy è nata nel 2015 per condividere valori, competenze e strategie per la crescita delle risorse e del business. Si trova presso la sede centrale del gruppo Cremonini, a Castelvetro di Modena, e include tutte le attrezzature presenti nei diversi format dei punti vendita di Chef Express e Roadhouse per simulare, in sede di formazione, sia la parte di ricettazione, sia quella di servizio. Ospita inoltre training del management, incontri con tecnologi, nutrizionisti, chef. Abbiamo immaginato questo spazio come un punto di incontro, aperto anche all’esterno, dove svolgere attività di aggiornamento ma anche incontri con i partner. Oggi rappresenta un trampolino di lancio per chi
“Bisogna lavorare sulla valorizzazione delle persone e investire in sistemi di welfare innovativi ed efficaci. Inoltre le aziende devono impegnarsi a chiarire le opportunità di carriera e di crescita per le risorse”
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desidera eccellere nel settore della ristorazione. Infatti, offriamo non solo corsi per incrementare e aggiornare le competenze tecniche ma, da quest’anno, anche un percorso di certificazione delle competenze.
Come funziona la community di Next? Next è la community dedicata alle persone di Chef Express. Il progetto, lanciato da pochi mesi, nasce dall’esigenza di comunicare in modo più efficace e tempestivo con i dipendenti, soprattutto con coloro che lavorano all’interno dei punti vendita dislocati su tutto il territorio nazionale. Per questo abbiamo creato uno spazio dove è possibile non solo reperire informazioni, ma soprattutto incontrarsi e conoscere meglio anche l’azienda. Un modo innovativo per dialogare con loro quotidianamente e farli diventare ambasciatori dell’azienda. Nella piattaforma si trovano non solo notizie e informazioni, ma anche attività: ad esempio, abbiamo coinvolto gli utenti nella scelta dei nomi di particolari ricette, oppure nella selezione di brani per playlist aziendali.
Nel 2023 il settore della ristorazione commerciale in Italia ha superato gli 80 miliardi di euro. Quali saranno le sfide future?
La vera sfida è mettere al centro le persone, riuscendo a parlare in modo efficace alle nuove generazioni, comprendendo cosa si aspettano e rispondendo velocemente alle nuove esigenze. Di recente, Chef Express ha dato vita al primo evento di radio edutainment in Italia dedicato agli studenti di istituti alberghieri e scuole di formazione per raccontare le opportunità professionali del mondo ristorazione. L’abbiamo chiamato Career Talks, si è svolto nella Cremonini Academy e durante la diretta radiofonica i conduttori hanno intervistato professionisti, recruiter e food influencer per raccontare esperienze e testimonianze agli studenti in ascolto. Digi -
I milioni investiti nel triennio 2023-25 per consolidare la leadership nel f&b multicanale e rafforzarsi nel Regno Unito
I punti vendita presenti in Italia
talizzazione e sostenibilità sono gli altri due elementi che faranno la differenza in termini di competitività.
Cosa fate per promuovere una ristorazione più green?
Dal 2020 pubblichiamo un bilancio di sostenibilità, a conferma del nostro impegno al raggiungimento degli obiettivi dell’agenda Onu 2030. Alcuni esempi? Abbiamo siglato un protocollo d’intesa triennale con l’azienda multiservizi Hera per il monitoraggio dei rifiuti e la riduzione degli sprechi alimentari. Con Hera raccogliamo nei nostri punti vendita gli oli alimentari esausti per trasformarli in biocarburante idrogenato, contribuendo quindi alla riduzione di emissioni in at mosfera. F
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Alessia Di Matteo
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di Lavinia Desi
Giusti consiglieri
Il chief of staff, figura che supporta il ceo e altre posizioni manageriali c-level, sta prendendo sempre più piede in tutto il mondo. Per questo Deloitte ha lanciato una serie di servizi di advisory, coordinati da Stefania Pizzuto, per diffondere il ruolo anche in Italia
Era già presente nella gerarchia militare americana: indicava il consigliere principale del comandante per pianificazione e coordinamento delle operazioni. In politica è stato introdotto nel 1953 da Dwight David Eisenhower, all’epoca presidente degli Stati Uniti, che ha nominato il primo chief of staff (cos) della Casa Bianca. Oggi il ruolo ha assunto anche una declinazione aziendale: supporta il ceo e altre posizioni manageriali c-level. Secondo Prime CoS Research, il 75% delle aziende statunitensi con più di 1.000 dipendenti e il 90% delle prime 20 aziende americane per capitalizzazione hanno un CoS. Ma la richiesta sta aumentando in tutto il mondo. Ne abbiamo parlato con Stefania Pizzuto, partner human capital di Deloitte
La figura del chief of staff è molto diffusa nel mondo anglosassone, ma in Italia molto meno: per quale motivo?
Gli Stati Uniti rappresentano più del 60% del mercato globale del chief of staff. Tuttavia, stiamo osservando che in contesti aziendali questa figura è sempre più richiesta in tutto il mondo, in particolare in Medio Oriente, Regno Unito ed Europa. In Italia, la figura del chief of staff non è molto diffusa, anche se è in espansione. Non si è ancora innescato un processo di comprensione profonda e avvicinamento culturale a questo ruolo, che noi riteniamo innovativo e che può avere un reale impatto sull’efficacia dei c-level.
Quali sono le potenzialità del ruolo nel panorama aziendale italiano? Perché le aziende italiane dovrebbero introdurre la figura del chief of staff?
Secondo una ricerca di Harvard, il modo in cui i ceo o i cxo utilizzano il proprio tempo non solo è
fondamentale per il leader, ma ha anche un forte impatto sulla performance aziendale (Il 70% dei leader intervistati dichiara di non dedicare un tempo adeguato allo sviluppo della strategia/vision aziendale). Il chief of staff fa proprio questo: ottimizza il tempo e l’energia del proprio leader, rendendo più efficace il flusso di informazioni e migliorando il processo decisionale.
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Stefania Pizzuto
Quale ruolo ha il chief of staff in azienda?
Sicuramente non esiste una figura standard del chief of staff, il suo ruolo dipende da molte variabili, come il contesto aziendale. E lo stile di leadership. Generalmente il chief of staff aumenta il focus, consentendo al ceo di concentrarsi su temi cruciali; presta attenzione alle tempistiche, ai budget e agli obiettivi finali dell’azienda, trasformando idee astratte in azioni concrete; porta avanti le priorità aziendali ed i progetti speciali che gli vengono affidati, dalla concezione al completamento; crea coesione tra i vari team e dipartimenti per assicurare allineamento tra le varie strutture aziendali; nella versione più senior del ruolo, il chief of staff agisce come una vera ‘proxy’ del leader per garantire maggiore visibilità e disponibilità.
Quali iniziative sta portando avanti Deloitte per la diffusione del ruolo in Italia?
In Deloitte questo ruolo esiste da più di dieci anni a livello internazionale e da circa cinque anni in Italia. E proprio perché ne abbiamo verificato il valore all’interno della nostra realtà, abbiamo lan-
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ciato un’iniziativa di chief of staff advisory per i nostri clienti. La nostra metodologia si basa su quattro dimensioni. La prima consente di analizzare i fabbisogni del leader e di progettare il profilo di chief of staff ideale. Poi c’è la ricerca della figura professionale più adatta. Individuati i candidati ideali, inizia la fase di set-up dell’ufficio per espandere il potenziale dei chief of staff e le ricadute positive all’interno dell’organizzazione tutta. Segue la definizione di un percorso di crescita professionale in azienda, attraverso una formazione specifica e personalizzata e percorsi di affiancamento per accrescere performance e motivazione. Deloitte offre inoltre un servizio che mette a disposizione del cliente risorse competenti per avviare da subito l’ufficio dedicato ai chief of staff. Vogliamo contribuire a instaurare un dialogo tra le persone che ricoprono questo ruolo, per favorirne l’espansione in Italia. Per questo stiamo lanciando la prima community di chief of staff italiani, insieme alla Global Chief of Staff Association, associazione di categoria con sede a New York che riunisce i chief of staff più influenti di tutto il mondo, anche grazie alle collaborazioni con Harvard e Oxford. La partnership con l’associazione permetterà, infatti, di mettere in contatto la community italiana con l’esperienza e le buone pratiche internazionali, per far crescere il ruolo del chief of staff in Italia ed espandere la community, trasformandola in un club internazionale. L’esperienza sul mercato, infatti, ha messo in evidenza che, per capire appieno il ruolo del nel nostro Paese, la sua diffusione e il suo sviluppo nei diversi settori, si è resa necessaria una ricerca approfondita che verrà pubblicata entro la fine dell’anno.
“Il chief of staff ottimizza il tempo e l’energia del proprio leader, rendendo più efficace il flusso di informazioni e migliorando il processo decisionale”
A cosa deve puntare un chief of staff?
Deve creare un rapporto di fiducia reciproca con il proprio leader, arrivando a esserne un confidente e una cassa di risonanza. Deve avere un approccio altamente collaborativo con gli altri leader e avere l’abilità di fare dialogare più funzioni aziendali. Tra le caratteristiche fondamentali che deve avere rientrano apertura e flessibilità, sapendo che le priorità del leader sono in costante evoluzione e che è quindi chiave la capacità di reazione tempestiva.
Quali benefici ne traggono le aziende in termini di organizzazione e ricaduta interna sulle proprie persone?
Il chief of staff ha impatto sull’efficienza e sulla flessibilità dell’organizzazione. È una figura che riesce a fluidificare le informazioni tra i vari dipartimenti. Questo crea ricadute positive non solo sulla c-suite, ma su tutta l’organizzazione. F
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La sede di Deloitte a Milano
di Lavinia Desi
Tirare fuori il potenziale
Dall’orientamento all’inserimento nel mondo del lavoro. Mia Academy accompagna i giovani nel percorso di studio e professionale e mira a fornire un’esperienza formativa completa.
“Vogliamo far emergere il talento e spronare a perseguire i propri sogni con determinazione”
Il mondo del lavoro è in piena trasformazione. Le nuove tecnologie, l’intelligenza artificiale e l’automazione rivoluzioneranno quasi tutte le professioni e le aziende dovranno ripensare i modelli di organizzazione del lavoro. Ne abbiamo parlato con Silvia Cesarini, fondatrice e ceo di Mia Academy, una realtà attiva nel campo dell’e-learning e della formazione professionale. “Il sistema educativo italiano non può reggere i grandi cambiamenti del mondo del lavoro”, ha detto Cesarini. “Le persone avranno bisogno di nuove competenze e aggiornamento continuo, vogliamo aiutarle a stare al passo. Per questo motivo costruiamo i nostri corsi in base alla domanda delle aziende. Puntiamo sulle competenze trasversali, garantendo non solo una formazione tecnica di alto livello, ma anche il miglioramento della comunicazione, della gestione del tempo, del lavoro di squadra, della risoluzione dei problemi e del pensiero creativo”. In tutto il percorso gli studenti hanno accesso alla piattaforma di Mia Academy e hanno la possibilità di studiare da qualsiasi posto e in qualsiasi momento. “Ma riteniamo fondamentale il rapporto umano, quindi instauriamo un legame con i nostri studenti e mettiamo a disposizione tutor individuali, che sono ex studenti dell’academy”. Il metodo di Mia Academy si basa sull’accompagnare lo studente dall’orientamento iniziale all’inserimento nel mondo del lavoro. Si parte con l’identificazione delle passioni e degli obiettivi individuali, per poi passare a una formazione teorica e pratica che include sia competenze tecniche sia abilità trasversali. Dopo il completamento dei corsi, gli studenti svolgono un tirocinio in aziende partner, mettendo in pratica le conoscenze acquisite. Poi c’è il supporto nella ricerca del primo impiego e l’ingresso nella community di ex studenti. “In sintesi, il metodo
di Mia Academy mira a fornire un’esperienza formativa completa, sviluppando appieno il potenziale umano degli studenti. Vogliamo dare alle persone gli strumenti per costruire il proprio futuro, per realizzare se stessi sia professionalmente, sia come individui. In un mercato del lavoro in continua evoluzione, Mia Academy offre alla persona un supporto costante che si sviluppa lungo tutto l’arco della vita professionale.”
Quest’anno Mia Academy ha lanciato Mia Tech, con un corso di web developer front end. “Abbiamo in programma di ampliare significativamente l’offerta formativa relativa alle professioni del mondo tech, che sono sempre più richieste dalle aziende”, ha spiegato Cesarini. “Oggi ci prepariamo a raggiungere una dimensione internazionale, per essere sempre più un punto di riferimento nell’e-learning non solo in Italia, ma nel mondo. Il nostro traguardo è dare alle persone di ogni cultura l’opportunità di sviluppare le competenze necessarie per avere successo nella vita e nel lavoro. La nostra intuizione è stata comprendere il potenziale rivoluzionario dell’e-learning, riconoscendo in questa modalità la chiave per aprire le porte della formazione professionale a tutti, in ogni luogo. Abbiamo intuito che il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro rappresenta uno dei grandi problemi irrisolti delle società moderne”.
Il sistema educativo tradizionale, spesso, fatica a far emergere il potenziale degli studenti. “Ci siamo posti l’obiettivo di colmare questa lacuna. L’approccio personalizzato e il supporto continuo sono ciò che ci differenzia. Non ci limitiamo a erogare corsi, ma ci impegniamo a costruire relazioni durature con i nostri studenti, accompagnandoli in ogni fase del loro percorso professionale. Inoltre, il nostro stretto legame con le aziende ci permette di offrire una formazione sempre aggiornata e allineata alle reali esigenze del mercato del lavoro”.
Guardando al futuro, “vedo Mia Academy come un punto di riferimento globale non solo per la formazione professionale, ma per i valori e il senso di missione che spingono le persone che vi lavorano. Tutti noi percepiamo il valore umano e sociale di ciò che facciamo. Sono profondamente orgogliosa di questa grande forza che anima Mia Academy e ci rende ottimisti per il futuro. Per noi è fondamentale ispirare gli studenti, far emergere il loro talento unico e spronarli a coltivare le loro capacità e a perseguire i loro sogni con passione e determinazione. Perché crediamo che, sviluppando appieno il potenziale di ogni individuo, possiamo contribuire a creare un mondo migliore.” F
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“Il sistema educativo italiano non può reggere i grandi cambiamenti del mondo del lavoro.
Le persone avranno bisogno di nuove competenze e aggiornamento continuo. Vogliamo aiutarle a restare al passo”
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Silvia Cesarini
di Massimiliano Carrà
Le chiavi per la prosperità
Marco Valerio Morelli è amministratore delegato di Mercer Italia e senior partner di Mercer, società che serve il 95% delle aziende del Ftse Mib. “Il cambiamento e il rispetto dei dipendenti si ottengono generando fiducia e ascolto e accettando l’errore come elemento da cui apprendere”, dice
Operare per generare un impatto positivo sulla società e sul suo capitale umano. È attorno a questo fondamento che si sviluppa l’attività di Mercer Italia. La società è presente nel nostro Paese da oltre 30 anni e, con oltre 200 professionisti, oggi serve il 95% delle aziende del Ftse Mib, come racconta Marco Valerio Morelli, ad di Mercer Italia e senior partner di Mercer.
Quali sono state le tappe chiave dello sviluppo di Mercer Italia?
Oltre all’apertura dell’ufficio di Milano, nel marzo del 1991, un anno chiave è stato il 2006, quando sono stato chiamato per avviare un progetto di sviluppo ambizioso che ha vissuto diverse fasi: una crescita organica, l’acquisizione di una storica società di consulenza del nostro Paese, la ristrutturazione dopo la crisi del 2011 e il rilancio con un piano di crescita multi-business che ha condotto ai risultati attuali, con l’apertura delle sedi di Roma e Bologna e la recente costituzione della Mercer Italia Sim, controllata al 100% da Mercer Italia.
Come riassumerebbe la vostra attività?
La nostra visione è quella di operare per generare un impatto positivo sulla società e sul suo capitale umano. Per il business dei servizi nell’ambito delle risorse umane, affianchiamo i clienti nelle fasi di trasformazione organizzativa e digitale e nelle fasi di valorizzazione e sviluppo del personale. Aiutiamo poi nella gestione della governance e nell’allineamento degli interessi tra azionisti e management, attraverso la gestione del ciclo della remunerazione e della verifica della performance. Per ciò che riguarda la consulenza di investimento agli investitori istituzionali, aiutiamo nella governance e nella costruzione dei propri portafogli, con logiche di totale indipendenza e trasparenza, per creare valore sostenibile nel lungo periodo, anche in chiave esg.
“L’era dei leader autoritari e autoreferenziali è finita. Il cambiamento, l’ingaggio e il rispetto dei dipendenti si ottengono generando fiducia e ascolto”
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Marco Valerio Morelli
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Uno dei vostri claim è: ‘Un mondo in cui l’economia e l’empatia permettono a persone e aziende di vivere in una condizione di prosperità’. Il modello di leadership che ho costruito in Italia prevede di avere empatia e voglia di costruire insieme. Anche perché è finita l’era dei leader autoritari e autoreferenziali. Il cambiamento, l’ingaggio e il rispetto dei dipendenti si ottengono generando fiducia e ascolto, anche accettando l’errore, come elemento da cui apprendere per migliorarsi.
Avete anche ottenuto la certificazione per diversity & inclusion.
Sì, ma la certificazione è solo un tassello di un lungo lavoro strategico condotto dal nostro team, che si basa sulla promozione della crescita professionale, sulla diversità nelle assunzioni, sull’inclusione delle idee di tutti e sul rifiuto di discriminazioni e di ogni forma di abuso. La nostra linea dirigenziale è composta da donne per il 59% e da uomini per il 41%, anche nelle posizioni di leadership. Diamo spazio alle nuove leve: organizzo personalmente dei caffè in cui le persone più giovani in Mercer hanno la possibilità di esprimere le proprie idee e raccontare le loro esigenze.
Per quanto riguarda welfare, servizi e benefit aziendali, che cosa garantite ai vostri dipendenti?
L’anno di apertura della prima sede italiana di Mercer, a Milano
ampio programma del nostro azionista Mmc, coinvolge i dipendenti in iniziative benefiche e di volontariato strutturate e misurabili. Inoltre, tramite la piattaforma Benevity, Mercer è in grado di raddoppiare le donazioni dei dipendenti. Il volontariato fa bene a chi lo pratica: non solo le ore vengono rimborsate a cedolino paga, ma al raggiungimento di dieci ore l’azienda riconosce 100 dollari al dipendente, da erogare, sempre tramite piattaforma, all’associazione preferita.
Che risultati avete ottenuto?
La maggioranza dei nostri clienti lavora insieme a noi da oltre dieci anni. Serviamo oltre 700 operatori economici privati e pubblici, nazionali e internazionali, quotati e non quotati. Quest’anno, poi, abbiamo anche ottenuto un’ottima posizione nella scorecard Ecovadis, leader mondiale per le valutazioni nel campo della responsabilità sociale d’impresa e della gestione della sostenibilità.
Qual è stata la crescita, in termini di persone e di business, negli ultimi anni, e in particolare nel 2023?
Percentuale di donne nella linea dirigenziale dell’azienda
La crescita dei ricavi registrata nel 2023
Per noi i benefit sono una cosa seria: non basta distribuire a tutti lo stesso pacchetto, ma occorre ascoltare le esigenze individuali. Abbiamo sia un’offerta strutturata per livello, sia pacchetti personalizzati e integrativi, che si collegano alle diverse esigenze della vita personale e professionale.
Che cosa fate per l’ambiente e il territorio?
Il programma social impact di Mercer, dentro il più
Abbiamo chiuso il 2023 con una crescita del 12% dei ricavi e del 18% dei profitti. La forza lavoro è cresciuto di circa il 10% e, soprattutto, abbiamo riscontrato un alto tasso di soddisfazione da parte dei clienti.
Esiste una correlazione tra clima aziendale positivo e business?
Certamente. L’azienda empatica e sostenibile, come abbiamo evidenziato nello studio Global Talent Trends del 2022, si dimostra più efficace sul mercato e più produttiva. E l’ingaggio è frutto dello stile di leadership e della capacità di ascolto e di risposta dei bisogni della popolazione aziendale. Conoscere le motivazioni dei lavoratori, tramite strumenti analitici adatti, aiuta a capire quali leve gestionali usare in azienda e quali elementi di ingaggio mettere in piedi per rispondere a tali bisogni.
E il futuro?
Partendo dal presupposto che il 2024 sarà un altro anno positivo, stiamo anche valutando di aggiungere competenze ed esperienze al nostro team, anche attraverso acquisizioni. Ma non è tutto. Perché le sfide sono diverse, soprattutto considerando che siamo alle soglie di un cambiamento epocale, in cui uomo e macchina collaboreranno sempre più, mettendo a disposizione le proprie forze: per la macchina, l’elaborazione generativa, per l’uomo la scelta e la comprensione del contesto. Le aziende dovranno essere agili e innovative e mettere al centro valori e competenze. F
1991
59% 12%
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di Primo Marzoratti
Nuove opportunità
Valori è un’agenzia per il lavoro che opera come ponte tra le imprese e i potenziali impiegati. Le occasioni per il futuro? In campi come l’intelligenza artificiale e la cybersecurity
Dalle dinamiche attuali del mercato del lavoro alle nuove sfide per i giovani e alle cose da fare per raggiungere l’equità di genere. “Valori opera come intermediario strategico tra il mondo delle imprese e quello dei potenziali impiegati. Da un lato supportiamo le aziende nell’identificazione e nella selezione dei candidati che meglio rispondono alle loro esigenze specifiche, dall’altro assistiamo i candidati nel loro percorso di ricerca di un impiego”. A parlare di trend attuali, di competenze emergenti e dell’importanza della formazione è Manuel Piscello, presidente dell’agenzia per il lavoro Valori, che racconta anche come le innovazioni, inclusa l’intelligenza artificiale, stiano modellando le opportunità di lavoro.
Come affrontate le sfide legate all’attuale situazione del mercato del lavoro?
Tra i temi più urgenti c’è senza dubbio quello del mercato del lavoro giovanile in Italia, che è una delle nostre principali preoccupazioni. In Valori abbiamo introdotto specifici percorsi di inserimento che non soltanto offrono una prima significativa esperienza professionale, ma stabiliscono anche un ponte diretto tra i giovani talenti e le aziende che cercano energie nuove e idee innovative. L’altro tema è quello della disparità di genere: nella nostra azienda affrontiamo questa sfida con molteplici iniziative che promuovono l’equità di genere a tutti i livelli aziendali. Un’altra questione urgente è quella dei salari bassi. In Valori ci impegniamo a negoziare con i nostri clienti per assicurare che i pacchetti retributivi siano competitivi e allineati con gli standard del settore. Dall’altro lato, lavoriamo con i policymaker per promuovere riforme che possano garantire un incremento salariale sostenibile nel tempo.
Qual è l’importanza della formazione nel vostro settore?
Specialmente nel nostro settore, la formazione è l’asse portante che sostiene sia la crescita personale dei candidati, sia la competitività delle aziende clienti. In Valori abbiamo sviluppato un approccio che include programmi su misura per migliorare le competenze tecniche e trasversali, oltre ad aver creato una realtà aziendale parallela, Cosmodata, per lo sviluppo di corsi professionali creati da esperti e professionisti.
Quali sono i settori in crescita ed emergenti che rappresentano le migliori opportunità di mercato per i giovani di oggi?
Settori come l’intelligenza artificiale, la cybersecurity, la biotecnologia e l’energia sostenibile stanno registrando una rapida crescita e richiedono nuove competenze. Per i giovani, queste aree non rappresentano solo un’opportunità di lavoro, ma anche la possibilità di essere in prima linea nel modello di sviluppo futuro del nostro pianeta. In riferimento all’IA, in Valori stiamo investendo in tecnologie avanzate, come il nostro nuovo software ats per la ricerca di lavoro, una piattaforma che aiuta il candidato a trovare la giusta opportunità professionale grazie all’ausilio dell’intelligenza artificiale, in grado di eseguire già un pre-screening dei cv in modo automatizzato. F
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Manuel Piscello
di Serena Cappelletti
TRANSIZIONE ENERGETICA
Il motore del cambiamento
IL PIANO STRATEGICO DARE FORWARD 2030 DI STELLANTIS PREVEDE DI AZZERARE LE EMISSIONI DI CO2 ENTRO IL 2038. L’IMPEGNO RIGUARDA TUTTE LE FONTI DI GAS SERRA: DAI VEICOLI ALLA CATENA DI FORNITURA, FINO A STABILIMENTI E IMMOBILI. ECCO COME ALCUNI DEI PRINCIPALI BRAND DEL GRUPPO SI PREPARANO AD AFFRONTARE LA TRANSIZIONE
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Jeep Avenger 4xe
TRANSIZIONE ENERGETICA
Proteggere la libertà di movimento attraverso mezzi sicuri, puliti ed economicamente accessibili: questo uno degli obiettivi primari di Stellantis. Una sfida globale, quella della transizione energetica, che richiede investimenti e che il gruppo affronta con la sua galassia di 14 brand. Il piano strategico Dare Forward 2030 del gruppo prevede una radicale riduzione delle emissioni, in modo da dimezzare entro il 2030 la CO2 prodotta rispetto al 2021 e da azzerare le emissioni di carbonio entro il 2038. L’impegno riguarda tutte le fonti di gas serra, dai veicoli alla catena di fornitura, fino agli stabilimenti e agli immobili. Autonomia, tempi di ricarica, costi e varietà di scelta sono caratteristiche fondamentali per scegliere un veicolo all’interno di una combinazione di quattro piattaforme bev (Stla Small, Medium, Large e Frame) e due tipologie di celle per batterie. Ecco i programmi green per l’Italia di cinque fra i marchi più importanti e innovativi, ossia Citroën, Fiat, Jeep, Lancia e Peugeot (in ordine alfabetico).
Citroën, accessibilità e coinvolgimento
La missione del marchio francese è rendere l’elettrico finalmente accessibile a tutti. Solo in questo modo si potrà realizzare davvero la transizione energetica a cui tutti i costruttori sono chiamati, nel rispetto delle regole comunitarie, per proteggere l’ambiente. In tal senso, la proposta della casa del double chevron è sempre più ricca, in termini di modelli, prodotti finanziari e iniziative. La nuova ë-C3 rappresenta il manifesto dell’azienda di Saint-Ouen per la mobilità sostenibile, supportata dal tour Drive all Electric, che promuove il nuovo corso direttamente sulle piazze italiane. In questa fase, la missione della società è di tipo educativo verso i potenziali clienti, per scardinare le eventuali barriere che risiedono nel prezzo e nella ricarica.
L’esordio della city car full electric è stata l’occasione per lanciare Elettrico Sociale Citroën, una proposta capace di rendere accessibile a tutti la mobilità elettrica: un canone mensile di 49 euro. Così la rata della versione a batteria è ancora più bassa rispetto a quella per la versione a benzina. Chi opta per la ë-C3 fa una scelta ecologica, perché la vettura utilizza un pacco batterie lfp (litio ferro fosfato) da 44 kWh per garantire un’autonomia fino a 320 km nel ciclo wltp, che può arrivare a 440 km nel ciclo urbano. La capacità di ricarica rapida a corrente continua da 100 kW consente di passare dal 20 all’80% in 26 minuti. Con il suo motore da 83 kW (113 CV) e il cambio automatico, l’accelerazione da 0 a 100 km/h avviene in circa 11
secondi, mentre si raggiunge una velocità massima di 135 km/h. Altro pilastro della strategia Citroën è l’Ami, il quadriciclo 100% elettrico che, grazie al suo successo commerciale, ha creato in Italia un nuovo mercato, quello delle minicar, veicoli accessibili fin dai 14 anni. Ed è di recente attuazione il programma ë-Lovers: coinvolge gli ambassador, i clienti che già hanno adottato la guida sostenibile nella loro vita quotidiana, per accelerare la transizione elettrica.
Fiat, l’accelerazione green
La casa italiana preme sull’acceleratore della mobilità sostenibile. È appena arrivata la nuova 600 Hybrid negli showroom, completando la gamma che già offre la versione 100% elettrica. Segna il ritorno di Fiat nel segmento B, da sempre presidiato con successo. La nuova suv ibrida esprime perfettamente la bellezza e lo stile di vita italiano grazie al suo design cool e a caratteristiche uniche, come la cromoterapia. Può ospitare comodamente cinque persone e ha 15 litri di vani interni, con il portaoggetti anteriore tra i migliori della categoria, più un bagagliaio da 385 litri di capacità. Due le versioni disponibili: la Fiat 600 Hybrid, con dotazione già ricca, e la top di gamma La Prima, ulteriormente esaltata negli equipaggiamenti. Il motore termico da 1,2 litri, che eroga fino a 100 CV, è abbinato alla batteria agli ioni di litio da 48 volt e al nuovo cambio automatico a doppia frizione a sei rapporti, che comprende propulsore elettrico da 21 kW, un inverter e l’unità centrale di trasmissione. La tecnologia ibrida della 600 assicura un’esperienza di guida estremamente fluida. Consente di vivere la mobilità elettrica non solo quando si viaggia in città a una velocità inferiore a 30 km/h, ma anche su strade urbane ed extraurbane.
In più, con la Topolino, Fiat prosegue nella sua missione di sviluppare una mobilità sostenibile per le città, trasformandole in parchi giochi rilassanti dove guidare diventa un’esperienza semplice, sostenibile e accessibile a tutti: si tratta infatti di un quadriciclo elettrico gioioso, pensato per le famiglie e anche per i più giovani (over 14). Due versioni: la Topolino ‘chiusa’ e la Dolcevita ‘aperta’, entrambe a 9.890 euro. Prezzo che scende con gli incentivi statali dedicati ai quadricicli elettrici.
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Citroën ë-C3
Jeep, l’icona americana per la mobilità pulita europea Avenger sugli scudi, subito, in fatto di vendite. È stata concepita presso il Design Studio Europe di Torino per essere un modello capace di incontrare i desideri e soddisfare le necessità del pubblico europeo. Condensa in poco più di quattro metri le caratteristiche del brand e propone un concentrato di libertà. Il suo successo non sorprende, vista anche la continuità commerciale registrata dal suo lancio.
L’aspettativa oggi è quella di crescere grazie a una gamma sempre più ricca: l’Avenger è stata lanciata come la prima Jeep 100% elettrica, poi è stata proposta la versione termica e di recente la e-Hybrid, in attesa della 4xe, la prima Avenger a trazione integrale che arriverà a fine 2024. La nuova Avenger e-Hybrid testimonia la volontà di offrire ai clienti la massima libertà di scelta: oltre al motore termico e a quello elettrico, c’è una terza opzione, punto di passaggio e di accesso alla mobilità elettrica.
La casa punta su una proposta capace di soddisfare tutte le esigenze del pubblico e di rispondere a ogni tendenza di mercato. La varietà è un asso nella manica, così come la consapevolezza che Avenger, in qualsiasi versione, è un suv capace di offrire prestazioni di riferimento anche in fuoristrada.
Senza dimenticare Renegade: apprezzata per la sua immagine distintiva, ha festeggiato il suo decimo anniversario con quasi due milioni di unità vendute in tutto il mondo. Con una storia e una reputazione
consolidata di campione della strada, ha costantemente catturato i cuori dei consumatori, fondendo la robustezza e la capacità di andare ovunque con un tocco di raffinatezza urbana.
Lancia, la transizione elegante Con 117 anni di storia, Lancia è sinonimo di eleganza italiana, un marchio che ha fatto sognare tanti appassionati in tutto il mondo, grazie ad auto come le Flaminia, l’Aurelia B24 Spider, le grintose Delta, Stratos e 037, le eclettiche Fulvia, Beta Hpe. Ora il brand, con grande impegno e ambizione, è pronto a iniziare il suo Rinascimento con un piano strategico a dieci anni che procede a ritmo elevato. Innovazione e design senza tempo sono da sempre i valori dell’azienda: adesso sostenibilità, centralità del cliente e responsabilità sociale diventano fondamentali. La nuova Ypsilon è la prima vettura di produzione ad applicare Lancia Pu+Ra Design, il nuovo linguaggio di design della casa (nome nato dalla crasi tra le parole ‘puro’ e ‘radicale’), unico nel suo genere e destinato a durare nel tempo.
Tra le attività del brand, c’è la partecipazione alla Mille Miglia. Dopo sei anni di assenza, Lancia partecipa all’edizione 2024, la rievocazione storica della “corsa più bella del mondo”, come amava definirla Enzo Ferrari. Un ritorno che ha un forte valore simbolico: il 2024 è infatti il 70esimo anniversario della prima vittoria di Lancia alla Mille Miglia 1954, con una splendida ‘barchetta’ Lancia D24 spider, condotta dal leggendario Alberto Ascari. Quest’anno il marchio schiera un’Aurelia B20 Gt del 1951, parte
TRANSIZIONE ENERGETICA FORBES.IT GIUGNO, 2024 107
Nuova Lancia Ypsilon
Fiat 600 Hybrid
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della collezione aziendale e solitamente esposta presso l’Heritage Hub di Stellantis. A fianco di una delle vetture sportive per eccellenza, verrà schierata la Ypsilon, in un simbolico passaggio di testimone tra passato e futuro.
TRANSIZIONE ENERGETICA
“Lancia partecipa all’edizione 2024 della Mille Miglia in occasione del
70esimo anniversario
della prima vittoria, ottenuta con una
Peugeot, efficienza e fascino Doveroso esordire con la nuova Peugeot 3008: se in passato il modello ha ridefinito il profilo del marchio, ora si propone di fare un grande passo in avanti. Si basa sulla nuova piattaforma Stla Medium, progettata per essere nativa elettrica, con autonomia fino a 700 km. Allo stesso tempo è capace di alloggiare motori ibridi, per soddisfare diverse esigenze dei clienti. La nuova linea da suv fastback è sportiva e aerodinamica per raggiungere un’efficienza eccellente. L’interno vede una rivoluzione grazie al nuovo panoramic i-Cockpit, un unico schermo digitale curvo da 21”, sospeso davanti al conducente.
D24 spider condotta da Alberto Ascari”
ro, in quanto il cambiamento climatico impone nuovi stili di vita e azioni per la riduzione delle emissioni di CO2. Nella mobilità, la responsabilità dei costruttori di auto è quella di andare con decisione verso la mobilità elettrica: Peugeot ha avviato da tempo l’elettrificazione della propria gamma, che vede varianti elettriche a fianco delle motorizzazioni termiche. Nel 2025 si vedrà il completamento di questo processo con l’intera gamma di prodotti a batteria. Di ogni modello sarà possibile scegliere la versione elettrica, fra nove vetture e tre veicoli commerciali: la più ampia gamma elettrica europea. Nel 2030, la casa venderà solo motori elettrici nel nostro continente. I risultati sono già visibili in Europa: nel 2023 è stata leader del segmento B elettrico con E-208 ed E-2008, ed è numero uno nella vendita di veicoli commerciali leggeri a zero emissioni.
La 3008 si incastona in un progetto di ampio respi-
L’offerta copre le più svariate esigenze. In particolare, Peugeot propone da tempo vetture full electric grandi e spaziose con più di cinque posti, come la 5008, che ora diventa una sette posti sia elettrica, sia con motori ibridi a benzina, per chi desidera tanti centimetri per persone e bagagli, più la possibilità di aprire due sedili supplementari nel bagagliaio. Modularità e versatilità vanno a braccetto con il design moderno e la tecnologia all’avanguardia. Ritroviamo molti degli elementi già presenti sulla 3008, come l’i-Cockpit con lo schermo sospeso da 21 pollici e versioni elettriche con autonomia fino a 660 km. F
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Peugeot 3008
di Elisa Serafini
La transizione va in rete
Nell’era del passaggio all’energia pulita, l’infrastruttura elettrica deve ampliarsi e diventare più flessibile e autonoma. “Serve un approccio digitale ibrido”, dice Alessandro Masi di Siemens Italia
La transizione energetica passa anche e soprattutto dalle reti, con una capacità che dovrà aumentare di molto per far fronte alle esigenze dei territori e delle industrie. Per comprendere sfide e opportunità di questo settore, Forbes ha intervistato Alessandro Masi, head of grid software di Siemens in Italia.
Siemens, presente su tutto il territorio nazionale, sviluppa centri di competenza focalizzati su temi quali l’energia sostenibile, il software industriale e gli smart building.
Quali sono i trend che impattano sulla rete elettrica, e quale l’effetto sulle infrastrutture?
Gli eventi meteo estremi, sempre più frequenti e correlati al cambiamento climatico, l’elettrificazione dei consumi e la crescita esponenziale degli impianti di generazione distribuita, come quelli per le rinnovabili, stanno mettendo a dura prova la resistenza delle reti elettriche in Italia e nel mondo. In meno di dieci anni la rete elettrica dovrà essere in grado di raddoppiare la sua capacità. Se pensiamo che ha impiegato 100 anni a diventare come è oggi, le sfide e le opportunità per il settore sono enormi.
Quale percorso reputa più adeguato per far fronte a queste sfide?
Le strategie tradizionali non sono più sufficienti, perché la rete elettrica non deve solo ampliarsi, ma anche diventare più flessibile e autonoma. Per farlo, credo che un approccio digitale ibrido sia in grado di generare un mondo virtuale nel quale sarà possibile simulare, modificare e misurare tutto ciò che la rete fa e farà. Un ‘digital twin’ come strumento base per accelerare l’automazione dell’intera infrastruttura.
Quale ruolo ricopre Siemens in questa fase e quali obiettivi vi state ponendo?
Grandi sfide significano nuove opportunità di innovazione e di business. Per questo abbiamo proget-
tato Gridscale X, prodotti software che consentono agli operatori di gestire la complessità legata al crescente numero di impianti di generazione distribuita, operare in modo affidabile la rete, limitare le inefficienze, pianificare con maggiore precisione gli investimenti in infrastruttura e, non ultimo, sviluppare innovativi modelli di business, ad esempio rendendo possibile l’attivazione di nuovi mercati dell’energia, in grado di rendere la rete più stabile e resiliente.
L’intelligenza artificiale sarà alleata della transizione ecologica?
L’intelligenza artificiale è strumento chiave per incrementare il livello di autonomia delle reti elettriche. Gestire un mondo interconnesso, costituito da milioni di dispositivi IoT, sarà possibile solo facendo leva sulla potenza di calcolo consentita dalla trasformazione digitale. Grazie anche all’IA, i sistemi saranno in grado di gestire autonomamente le reti. Supervisionata dagli esperti, la rete sarà così in grado di affrontare le sfide del nostro tempo, riconfigurandosi in modo automatico tempestivamente, in modo sostenibile da un punto di vista economico, sociale e ambientale. F
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Alessandro Masi
di Rolando Lima
Linea verde
Dagli impianti fotovoltaici ai biocarburanti, dai treni ibridi agli incentivi, passando per l’intermodalità, il recupero dell’energia in frenata e il miglioramento dell’efficienza idrica. La strategia del gruppo Fs per la sostenibilità rende il trasporto più inclusivo. Attento all’ambiente, ma anche alle persone
Generare benefici per ambiente, territori e persone, con azioni che rendano sempre più green il settore mobilità. È la cifra dell’impegno per la sostenibilità del gruppo Fs, che anticipa al 2040 l’obiettivo net zero (zero emissioni nette), dieci anni prima di quanto chiede l’Unione europea. Con tappa intermedia al 2030, quando le emissioni dirette e indirette (scope 1 e scope 2) saranno dimezzate e quelle legate alla catena del valore (scope 3) ridotte del 30%.
Il gruppo guidato dall’ad Luigi Ferraris vuole promuovere una mobilità collettiva e condivisa, quindi più efficiente dal punto di vista energetico rispetto ai mezzi privati. La società si è posta l’obiettivo di coprire, entro la fine del piano industriale, il 40% del suo fabbisogno energetico attraverso fonti rinnovabili.
Fs, intanto, è pronta a usare il biocarburante hvo (hydrotreated vegetable oil). Concluse con successo le prime prove (la sperimentazione è iniziata due anni fa), il biodiesel avanzato che si ottiene da materie prime rinnovabili sarà impiegato sui treni delle linee non elettrificate e sugli autobus. Hvo abbatte le emissioni di CO2 equivalente di circa l’80%, tenendo conto dell’intero ciclo di vita del combustibile, grazie a basse concentrazioni di poliaromatici e all’assenza di elementi inquinanti come lo zolfo. Fs ha già lanciato la gara per la fornitura, ma è da luglio 2023 che i primi cinque treni di Trenitalia (Blues – treni ibridi a tripla alimentazione – e le motrici Aln) viaggiano regolarmente con biocarburante sui binari della Calabria. Analoghi test sono stati condotti su autobus Busitalia e la sperimentazione proseguirà su altri convogli.
“Il gruppo Fs è all’avanguardia nell’utilizzo dei biocarburanti”, commenta Ferraris, e “i risultati delle sperimentazioni promosse sulle motrici ferroviarie e sugli autobus sono stati molto positivi. Stiamo lavorando per approvvigionarci di biocombustibili per ampliarne l’utilizzo sui cinquemila chilometri di linea ferroviaria ancora non elettrificata. È una tecnologia testata e consolidata, che ci permetterà di ridurre le emissioni, contribuendo alla decarbonizzazione del settore dei trasporti anche nel breve-medio periodo”.
Sperimentazioni e iniziative che, da qualche tempo, godono del sostegno garantito dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, con cui il gruppo Fs ha avviato il progetto ‘La just transition nel settore trasporti’, per affrontare con maggiore consapevolezza la sfida della transizione. L’iniziativa, documentata online, si concentra su tre aree: mitigazione del cambiamento climatico, tutela ambientale e sociale, impatto positivo sulle comunità. Grande attenzione, come emerso dal confronto con gli stakeholder, è riservata al potenziamento del trasporto su rotaia, attraverso programmazione a medio-lungo termine, grazie a fondi Pnrr. Le azioni previste comprendono espansione e miglioramento delle infrastrutture, completamento dei corridoi europei Ten-T, incremento dell’alta velocità, delle reti regionali e interregionali, dei nodi ferroviari nelle città metropolitane e la valorizzazione delle stazioni come centri intermodali e poli di sviluppo sostenibile.
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Luigi Ferraris
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Anche Rfi, società capofila del Polo infrastrutture del gruppo Fs, è impegnata in iniziative di efficientamento energetico e circolarità. Tra queste, la sottostazione elettrica di Forlì sulla Bologna-Rimini, primo di una serie di impianti per il recupero dell’energia di frenatura dei treni in viaggio. Altri 15 sono previsti entro il 2032 per aumentare l’efficienza del sistema e ridurre le emissioni. Mentre Trenitalia, società capofila del Polo passeggeri, sta contribuendo a migliorare l’efficienza idrica, riutilizzando le acque industriali per il lavaggio dei treni e attivando progetti pilota su siti strategici per avviare una water circular economy strategy in tutti gli impianti. Sul fronte flotta, non bisogna dimenticare il miliardo di euro e più stanziato per l’acquisto di 40 nuovi Frecciarossa 1000 dalle elevate performance ambientali e il miliardo di investimenti l’anno per il trasporto regionale, che ha permesso, nell’ultimo biennio, l’arrivo di 248 nuovi convogli a basso impatto. I nuovi treni Blues riducono del 50% il consumo di carburante e le emissioni. A questi si aggiunge il traghettamento con Intercity tra Calabria e Sicilia effettuato con locomotori
alimentati a batterie. Il primo Intercity ibrido è partito il 25 marzo e ha collegato Reggio Calabria a Taranto. Altri arriveranno, a partire dal 9 giugno, fino a Bari e Lecce. Mezzi in grado di garantire un servizio più ecologico grazie alla tripla alimentazione – elettrica, diesel e a batteria – che consente di ridurre le emissioni di CO2 dell’83% rispetto ai treni diesel.
Di importante valore culturale è l’incentivo all’intermodalità, come testimoniano i 27mila posti bici su regionali e Intercity. Sono inoltre in programma interventi di efficientamento energetico delle flotte già in circolazione, che riguardano l’illuminazione a led, la climatizzazione e lo smart parking, oltre alla sperimentazione di soluzioni ecodriving. Trenitalia è, inoltre, la prima impresa ferroviaria europea a rendere note le emissioni di CO2 dei propri viaggi tramite il calcolatore ufficiale dell’Uic Ecopassenger. Applicazione che consente, all’acquisto del biglietto, di confrontare i consumi di un viaggio in treno con quelli per percorrere lo stesso tragitto su altri mezzi. Il piano di efficientamento del gruppo Fs ha coinvolto anche il Polo logistica, che nel 2022 ha risparmiato 1,8 milioni di tonnellate di CO2. E la società capofila, Mercitalia, ha a sua volta lanciato un piano di rinnovo della flotta che prevede un risparmio del 25% sui consumi di energia da trazione. Senza contare che è stato avviato un programma di illuminazione più efficiente, con la sostituzione delle lampade torri faro che illuminano i terminal con sistemi a led più ecosostenibili. F
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L’impianto sul tetto dello scalo San Lorenzo a Roma.
di Maurizio Abbati
Il coraggio di rinnovare
“L’Italia si è impegnata a triplicare la propria produzione di energia pulita da qui al 2030. Segno di qualcosa che sta cambiando”. A dirlo è Carlo Gioffrè dello studio di consulenza fiscale, legale e finanziaria Andersen. Che però avverte: “Subiamo la complessità degli iter autorizzativi”
Diversificare l’approvvigionamento energetico e ridurre la dipendenza dai combustibili fossili. È
l’obiettivo che si è prefissata l’Unione europea promuovendo la produzione di energie rinnovabili, che nel 2021 hanno rappresentato il 21,8% del consumo finale lordo nei paesi Ue. Nel 2023 si è poi alzata l’asticella in materia di rinnovabili per il 2030, portandola al 42,5 % e puntando a raggiungere il 45%.
“Da tempo, ormai, a livello europeo si adottano politiche che vanno verso l’impiego delle rinnovabili”, dice Carlo Gioffrè, coordinatore del dipartimento energy public law dello studio internazionale di consulenza fiscale, legale e finanziaria Andersen. “Anche gli impegni assunti nel recente G7 vanno in questa direzione, con l’Italia che si è impegnata a triplicare la propria produzione di energia pulita da qui al 2030. Segno di qualcosa che sta cambiando. Siamo sulla strada giusta. Il fatto che gli obiettivi siano stati fissati dall’Ue è essenziale, perché in questo modo difficilmente i singoli stati possono scegliere un’altra strada, magari per evitare l’impatto che la decarbonizzazione è destinata ad avere in materia di politiche economiche. Certo che, fissati gli obiettivi, le modalità per il loro raggiungimento sono ri-
messe ai singoli paesi, anche scegliendo tra le forme di produzione in base alle diverse caratteristiche dei territori. In Italia la prima fonte è di gran lunga quella solare con impiego fotovoltaico, tanto che, su 5.677 megawatt di nuova installazione nel 2023, il 92% rimanda a questo tipo di impianti, mentre nettamente minore è la percentuale legata a eolico o geotermico”.
“Il nostro Paese deve tenere conto di situazioni storiche e culturali che determinano la necessità di tutele speciali per il territorio”
Un forte trend di sviluppo insomma, nonostante alcune difficoltà. “L’Italia deve tenere conto di situazioni storiche e culturali che determinano la necessità di tutele speciali per il territorio, e questo può collidere con la necessità di uno sviluppo in campo energetico. Purtroppo subiamo una certa complessità degli iter autorizzativi degli impianti, anche perché ogni procedimento coinvolge una pluralità di soggetti, che va da enti locali a soprintendenze e associazioni. Questo comporta un allungamento dei tempi tale che talvolta, nel frattempo, c’è bisogno di modificare il progetto iniziale, che va così aggiornato, con aggravio di costi. Se ci fosse invece chiarezza nei tempi, anche gli investimenti sarebbero più attrattivi. Non dimentichiamo che il Pnrr prevede, alla misura 2, componenti specifiche di investimento nelle rinnovabili, che devono tradursi in progetti concreti nei tempi previsti, con il rischio, altrimenti, di perdere i fondi. Questo non significa che non si sia fatto niente, anzi: è da notare uno sforzo organizzativo notevole da parte delle istituzioni, come dimostrano i dati, secondo cui, rispetto al 2022, lo scorso anno si è raggiunto un 87% in più di rinnovabile. Ma c’è ancora da fare”.
Uno sforzo che si è tradotto anche in un miglioramento dei rapporti tra pubblico e privato, a vantaggio dello sviluppo. “Le pubbliche amministrazioni più lungimiranti - in primis con lo strumento del partenariato pubblico-privato - sono stimolate a partecipare a strumenti di transizione energetica, e ci si rende conto che, senza un intervento di capitali privati, i progetti non si realizzano. Il problema arriva quando si vogliono realizzare impianti destinati ad avere un impatto sui singoli territori. La dimostrazione è che da noi i grandi impianti sono pochissimi e la
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gran parte della produzione arriva dai piccoli, anche per una particolare conformazione del territorio”.
Un esempio di questa difficoltà delle istituzioni locali è quello della Sardegna. “Il disegno di legge varato dalla Regione Sardegna prevede una moratoria di 18 mesi per la realizzazione di impianti su tutto il territorio, che si applica anche a quelli autorizzati e non ancora realizzati. Leggi simili sono state già cassate dalla Corte Costituzionale, per cui credo che lo scopo qui sia spingere il legislatore ad adottare strumenti che chiariscano quali sono le aree in cui si possono realizzare o meno gli impianti. Intanto però passa del tempo e questo disincentiva potenziali investitori. Ci sono in effetti già stati interventi mirati alla semplificazione, ma serve un decreto che faccia chiarezza al proposito e, magari, un codice come quello degli appalti pubblici che disciplini la materia, aiutando gli investitori”.
Uno sviluppo che ora sembra avere un momento d’arresto, almeno sul fronte politico, a seguito del Decreto agricoltura. “Ci sembra, francamente, un passo indietro. Nel testo approvato dal Consiglio dei ministri non è più consentito realizzare impianti fotovoltaici a terra su terreni produttivi. Sono state individuate aree dove è possibile farlo, ma si tratta di superfici irrisorie rispetto alle necessità. Per fortuna, alcuni tipi di impianti sono finanziati dal Pnrr ed è stato chiarito che questi non verranno toccati, così come quelli a disposizione delle comunità energetiche rinnovabili. Un settore escluso da questo stop, poi, è quello dell’agrisolare e dell’agrifotovoltaico, che appare destinato a un forte sviluppo nei prossimi anni, considerato anche che sono a disposizione 4 miliardi di euro dall’Europa. L’agrifotovoltaico permette di generare energia pulita senza consumo di terreno agricolo e sta registrando un buon interesse da parte degli investitori, come ci confermano i numeri, tenendo conto anche del sistema di incentivi e del fatto che gli impianti piccoli hanno procedure autorizzative più veloci, elemento che può risultare attrattivo. Ciò detto, è uscita la notizia che il Quirinale avrebbe sollevato alcuni dubbi sul Decreto energia nel testo approvato dal Consiglio dei ministri. Speriamo quindi che ci sia ancora margine di ripensamento, o quantomeno di maggiore equilibrio a favore delle rinnovabili”. F
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Carlo Gioffrè
di Maurizio Abbati
Il vento green del Nord
Otovo è un marketplace norvegese che permette a ciascuno di trovare la soluzione ottimale per l’efficientamento energetico. “Ci distinguiamo per la copertura paneuropea, la specializzazione nel settore residenziale e il processo digitale”, dice il general manager, Giorgio Arcangeli
Otovo è in Italia da poco più di tre anni, ma è già diventata un punto di riferimento per l’efficientamento energetico nel Paese. L’azienda, un marketplace originario della Norvegia, offre un sistema innovativo che seleziona la soluzione ottimale per ciascun cliente, tenendo conto anche degli aspetti economici e cercando di mantenere il processo semplice e senza costi aggiuntivi, come quelli per un sopralluogo. Il tutto avviene digitalmente tramite il sito web, in cui, grazie al sistema piattaforma di Otovo, viene presentata al cliente l’offerta migliore tra tutti gli installatori disponibili nella zona. Sul sito il cliente può calcolare un preventivo personalizzato selezionando il proprio tetto dal motore di ricerca, per poi essere contattato da un consulente energetico per la stesura del preventivo secondo i propri consumi e il proprio fabbisogno energetico. Infine, può caricare le foto necessarie all’apertura della propria pratica personale sul portale di riferimento. Dopo un periodo – di solito di un mese – un installatore si presenta direttamente a casa del cliente e in un paio di giorni completa il montaggio dell’impianto sul tetto dell’abitazione. L’attenzione di Otovo al cliente e alla qualità dell’operato nel processo è valsa un punteggio di 4,5 su Google e Trustpilot. Otovo è convinta che la rivoluzione del green in Europa debba necessariamente partire dalla casa: “Il settore residenziale in Europa contribuisce al 36% delle emissioni di gas nocivi, aggravando le condizioni di insalubrità dell’aria nelle nostre città”, spiega il general manager dell’azienda, Giorgio Arcangeli. Otovo offre una soluzione completa per l’efficientamento energetico, per far fronte ai problemi legati alle emissioni di CO2 e all’oscillazione dei prezzi dell’energia: un’offerta che spazia da pannelli solari
a pompe di calore, fino alle colonnine di ricarica per le auto elettriche, presentandosi come il principale player nel settore residenziale. “Otovo si distingue per la copertura paneuropea, per la specializzazione nel settore residenziale, per il processo digitale con la possibilità di calcolare un preventivo in meno di un minuto”, spiega Arcangeli. L’azienda offre anche una garanzia sull’installazione di dieci anni (superiore ai due previsti dalla legge in vigore), da aggiungere a quelle sul materiale fotovoltaico fornita dai produttori di oltre 25 anni, e collabora con installatori locali certificati.
Il Centro Studi Otovo ha riunito i suoi esperti di catene di fornitura, esg, tecnologia e politica per prevedere cosa accadrà sul mercato energetico europeo per il 2024. Secondo la società, i prezzi dell’energia aumenteranno fino a un terzo, mentre quelli delle fonti solari si sono già dimezzati nel corso di quest’anno. Il tutto mentre le batterie di accumulo continueranno la propria ascesa, con costi più stabili e accessibili. “Il trend
Giorgio Arcangeli
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“Un’auto elettrica alimentata da energia solare può ridurre il costo per chilometro fino a 14 volte rispetto a un veicolo a motore endotermico”
determinante per l’efficientamento energetico nel 2024 sarà la combinazione delle tecnologie green”, spiega Arcangeli, utilizzando due esempi: “Un’auto elettrica alimentata da energia solare può ridurre il costo per chilometro fino a 14 volte rispetto a un veicolo a motore endotermico, mentre le pompe di calore abbinate ai pannelli solari possono ridurre i consumi energetici combinati fino all’83%”. Anche per quanto riguarda le pompe di calore, le stime per il resto dell’anno in Italia sono ottimistiche: Otovo prevede prezzi più stabili e convenienti per il cliente finale, anche grazie all’incentivo del Conto Termico, che l’azienda sconta direttamente dal pagamento. Inoltre si assiste a una crescita di tecnici e operai installatori sempre più formati sulle nuove tecnologie, una reperibilità dei materiali di costruzione sempre più semplice e diffusa e una consapevolezza dei vantaggi energetici in netto aumento tra il pubblico. E di fronte a questo panorama, fin dove vuole arrivare Otovo? Secondo Arcangeli, l’obiettivo è continuare a seguire la strada tracciata, offrendo “la migliore combinazione possibile al settore re-
sidenziale di prodotti come un impianto fotovoltaico, una pompa di calore e un ev charger”. I dati danno ragione alla società: “La crescita a doppia cifra che osserviamo internamente delle pompe di calore e delle colonnine di ricarica elettrica e l’adozione quasi totale da parte dei nostri clienti di un sistema solare integrato a una batteria ci confermano che siamo sulla buona strada”.
A migliorare ulteriormente il grado di adozione delle nuove tecnologie offerte da Otovo sarà l’implementazione di strumenti di gestione e monitoraggio dell’energia capaci di rendere le nostre case nuovi hub energetici. Al riguardo, Otovo è in procinto di lanciare un sistema di gestione dell’energia intelligente (Hems - Home Energy Management System),che, secondo Arcangeli, “permetterà una gestione integrata di tutti i dispositivi e dell’impianto elettrico del cliente, contribuendo così a massimizzare l’efficienza e il risparmio energetico”.
E poi ci saranno “gli incentivi previsti per lo sviluppo delle comunità energetiche”, nota il general manager, che “contribuiranno a promuovere ulteriormente l’efficientamento energetico a livello locale”. Anche in questo caso, Otovo si sta impegnando per essere in prima linea e “offrire supporto a tutti i clienti nell’ambito delle comunità energetiche, facilitando il processo di creazione o adesione a una comunità energetica rinnovabile e fornendo l’installazione degli impianti necessari”. F
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Fase 2
La nuova versione dell’eIDAS, il regolamento europeo sull’identità digitale, è entrata in vigore il 20 maggio. Tra le sue maggiori innovazioni c’è lo European Digital Identity Wallet, un dispositivo di verifica e autenticazione nato per unificare le diverse soluzioni degli stati membri
Dove va l’identità digitale in Europa? La sua storia è iniziata dieci anni fa, nel 2014, quando l’Unione europea ha introdotto un regolamento ribattezzato eIDAS (acronimo dell’inglese Electronic IDentification, Authentication and trust Services), da una parte per aumentare sicurezza e accessibilità delle transazioni digitali europee, dall’altra per mettere in pista un framework per il riconoscimento a livello comunitario dei mezzi di identificazione elettronica della persona. Il risultato non è stato dei migliori per quanto riguardava la digital identity, ma un grande successo sui servizi fiduciari qualificati, come i certificati di firma. InfoCert ha saputo anticipare i trend e costruire un'offerta integrata di soluzioni trusted che ha contribuito a creare questo successo, diventando il qtsp più grande d'Europa. Ciò detto, solo il 59% dei cittadini europei è in possesso di una digital Id e il riconoscimento transfrontaliero rimane a macchia di leopardo. Qualcosa di importante però si è mosso in questi anni, anzi molto recentemente: nel 2021 la Commissione europea ha riconosciuto che eIDAS ha posto le fondamenta per lo sviluppo di un mercato dei servizi di identificazione e fiduciari nell’Unione europea. Tuttavia, ha anche evidenziato la necessità di aggiornarlo per raggiungere nuovi obiettivi strategici. E l’aggiornamento ha seguito tre direttive principali: riportare la sovranità dei dati nelle mani dei cittadini europei; impedire la gestione centralizzata dei dati da parte delle big tech, cioè delle multinazionali del settore tecnologico; supportare
un’incarnazione dell’identità digitale sicura, affidabile e interoperabile all’interno del mercato europeo. Questo eIDAS 2.0, così ribattezzato, è diventato realtà: il testo del regolamento è in Guce (Gazzetta ufficiale dell’Unione europea) ed è entrato in vigore il 20 maggio 2024. Tra le sue maggiori innovazioni ci sono l'introduzione dell'European Digital Identity Wallet (Eudi Wallet) e
Oltre ai benefici per gli utenti, il Digital Identity Wallet offre importanti vantaggi anche ai fornitori di servizi, semplificando e rendendo più sicuri i processi di identificazione e autenticazione dei clienti
la creazione di nuovi servizi fiduciari, come l'attestazione elettronica di attributi, la gestione dei dispositivi qualificati per firma e sigillo da remoto, l'archiviazione elettronica qualificata e i registri elettronici qualificati.
Il Digital Identity Wallet è un dispositivo che permetterà agli utenti di verificare e autenticare la propria identità digitale. Si tratta di un portafoglio virtuale dove si possono memorizzare le informazioni relative all’identità di una persona.
L’idea del Digital Identity Wallet è nata dalla volontà della Commissione
europea di creare un sistema unico di identità digitale valido all’interno dell’Ue, capace di unificare le diverse soluzioni di identificazione elettronica degli stati membri, nel rispetto della strada tracciata dal regolamento eIDAS.
Il Digital Identity Wallet dell'Ue sarà quindi un portafoglio digitale paneuropeo che permetterà ai cittadini europei di accedere a servizi pubblici e privati, sia online che offline, in tutto il territorio dell'Unione. Questo portafoglio digitale potrà contenere credenziali per accedere ai siti web della pubblica amministrazione (come, ad esempio, consente oggi lo Spid), documenti personali come la patente di guida o la carta d'identità elettronica, gestire documenti come prescrizioni mediche e una serie di altri attributi legati all’identità stessa.
I vantaggi del Digital Identity Wallet sono soprattutto la comodità di avere un unico strumento per accedere a numerosi servizi in tutta Europa, senza dover ricordare diverse credenziali, e la sicurezza di un sist ema di autenticazione difficile da compromettere, che prevede una tutela assoluta dei dati personali: l'utente ha pieno controllo dei propri dati e può scegliere quali informazioni condividere e con chi, avendo inoltre nel wallet la storia delle condivisioni, utile per esercitare i diritti previsti dal Gdpr (Regolamento generale sulla protezione dei dati). Oltre ai benefici per gli utenti, il Digital Identity Wallet offre importanti vantaggi anche ai fornitori di servizi, semplificando e rendendo più sicuri i processi di identificazione e autenticazione dei clienti. Questo porta a livelli più alti di cybersecurity e
business evolution di InfoCert
a cura di Igor Marcolongo, head of
migliora l'immagine aziendale, grazie alla percezione di una maggiore tutela da parte dei consumatori.
La revisione del regolamento eIDAS rappresenta un'occasione per promuovere l'innovazione e la crescita economica nel settore delle identità digitali, con un impatto rilevante su vari attori, tra cui fornitori di servizi digitali, qualified trust
service provider e cittadini europei. I fornitori di servizi privati dovrebbero iniziare a investire strategicamente già ora, adottando queste nuove tecnologie per prepararsi a un futuro digitale più integrato ed efficiente all'interno dell'Ue.
In definitiva, eIDAS 2.0 segna un progresso significativo verso l'unificazione e l'integrazione dei
servizi fiduciari in Europa. Con l'adozione e l'implementazione di queste nuove normative, l'Ue potrà continuare a guidare il percorso verso un ambiente digitale più sicuro, affidabile e interoperabile per cittadini e imprese, avanzando ulteri ormente nel campo dell'innovazione e della digitalizzazione.
BUSINESS INNOVATION con INFOCERT
Igor Marcolongo
PROFESSIONISTI DELLA TECNOLOGIA
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di Andrea Celesti
GOOD STORIES
GEA DIGITAL AFFIANCA LE IMPRESE NEL PROCESSO DI TRASFORMAZIONE DIGITALE, CON UN’OFFERTA FOCALIZZATA SUL PORTARE VALORE TANGIBILE. HA AIUTATO REALTÀ DEL CALIBRO DI BARILLA, LUXOTTICA E INDESIT. LA SUA RICETTA? PROGETTI SU MISURA A STRETTO CONTATTO CON I VERTICI AZIENDALI
Tito Zavanella (a sinistra) e Stefano Pellandini.
CCome può un’azienda con un approccio tradizionale alla consulenza direzionale diventare uno dei leader del digitale? La risposta si può trovare in Gea Digital, business unit nata all’interno di Gea, realtà con quasi 60 anni di storia, riconosciuta tra le prime società di consulenza indipendenti italiane, che ha assistito aziende del calibro di Barilla, Gruppo Casillo, Indesit, Luxottica, Rana e San Carlo.
Gea Digital è nata per affiancare le imprese nel processo di trasformazione digitale e innovazione, con un’offerta distintiva focalizzata sul portare un valore tangibile. “Siamo convinti che i tratti distintivi dell’approccio di Gea possano portare un grande valore alla sfida digitale, che richiede di mettere a fattor comune una profonda conoscenza dell’impresa e dei suoi meccanismi interni con la capacità di individuare i giusti ambiti nei quali far fruttare le potenzialità delle nuove tecnologie”, commentano Tito Zavanella e Stefano Pellandini, rispettivamente presidente e ceo di Gea.
La ricetta di Gea Digital si basa su un approccio su misura, partendo dal confronto col vertice aziendale alla ricerca di iniziative digitali da investigare prima e implementare poi, in coerenza con la strategia dell’azienda. Per comprendere al meglio le caratteristiche di questa nuova business unit, Forbes ha incontrato Andrea Teja - direttore di Gea Digital - che ci ha raccontato l’approccio progettuale, le strategie di partnership e le prospettive di sviluppo.
Qual è stato il suo percorso professionale?
Ho iniziato come ufficiale della Marina Militare italiana, ruolo che ho
ricoperto per circa dieci anni. Dopo quell’esperienza ho deciso di iscrivermi a un mba in Svizzera che mi ha permesso di specializzarmi in innovazione digitale. Da lì sono approdato prima in McKinsey, dove mi occupavo di strategie digitali per grandi corporation, poi in Synlab, dove ho ricoperto il ruolo di direttore della trasformazione digitale per circa tre anni. Dopo le dimissioni del ceo della società, nel 2023 ho deciso di lanciare Gea Digital.
Quali sono i valori distintivi di Gea Digital?
Siamo orientati a portare valore tangibile al nostro cliente, con una offerta centrata sul concetto di chief digital officer as-a-service, affiancando la proprietà e il vertice aziendale nella valutazione del
“L’IA è anche un vettore che apre a nuove prospettive nell’uso dei dati, soprattutto esterni all’azienda"
portafoglio di iniziative digitali più coerente con la strategia aziendale e interfacciandosi con le diverse funzioni e direzioni di business, sia in progetti pilota, che nella loro implementazione, una volta verificata la loro sostenibilità e il valore tangibile. La nostra attività si articola su tre principali direttrici: l’ottimizzazione dei processi operativi finalizzata all’efficientamento dei costi; il miglioramento della customer experience per massimizzare i ricavi; l’esplorazione e lo studio di
nuovi modelli di business. Partiamo generalmente con una prima fase di assessment per selezionare le iniziative più promettenti e coerenti con il contesto e la strategia aziendale, e su queste realizziamo dei deep dive per costruire dei casi d’uso con prototipi e impostare business case. Solo se, a valle di questo step, riteniamo che ci sia del valore tangibile per l’azienda, passiamo alla fase pilota e di messa a terra. Per essere sempre allineati e aggiornati sulle nuove tecnologie emergenti, sui casi d’uso più promettenti, facciamo leva su un advisory board di eccezione, composto da importantifigure nell’ambito digital e da professionisti fortemente esposti al mondo dell’impresa. Cito Abram Maldonado (ambasssador di OpenAI), Tommaso Boralevi (founding president della Federated Innovation@ Mind) e Giovanni Grazzini.
Come è stato possibile in così poco tempo diventare un attore importante nel digitale? Costruendo tre tipi di partnership. Il primo con fornitori di soluzioni high end e società specializzate in ambiti applicativi, come l’IA e lo spatial computing. Pur consapevoli che gradualmente dovremo organizzarci per internalizzare alcune competenze e risorse chiave. Il secondo con enti come H-Farm o Eit Digital, il più grande incubatore dell’Unione europea, per accedere agli ecosistemi di innovazione. Il terzo tipo di partnership, infine, riguarda associazioni come Assarmatori nel settore marittimo o Aiad nell’aerospazio e nella difesa per accedere a gruppi qualificati di imprese sulle quali poter promuovere iniziative tarate sulle specificità del comparto e sui loro bisogni.
Perché avete puntato su IA e spatial computing?
L’intelligenza artificiale generativa rappresenta quello che era internet
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n GOOD STORIES n
negli anni ‘90. In quasi tutti i nostri progetti è presente questa tecnologia e non è pertanto un caso che nel board di Gea Digital ci sia un ambassador di OpenAI. L’IA è un agente abilitante dei processi aziendali ma anche un vettore che apre a nuove prospettive nell’utilizzo dei dati, soprattutto esterni all’azienda. Per quanto riguarda lo spatial computing - termine coniato da Apple per i suoi Vision Pro - siamo stati tra i primi in Italia ad acquistare questa tecnologia e a darne visione ai nostri clienti, delineando dei casi d’uso di grande valore.
Gea Digital ha raggiunto questi risultati in soli sette mesi. Qual è la ricetta di questo successo? In sette mesi abbiamo raggiunto gli obiettivi finanziari 2024 e la previsione è quella di raddoppiarli. Ciò che ha funzionato è stata la value proposition, tanto semplice quanto efficace, e di certo la reputazione di Gea. Ma anche il team di professionisti che siamo riusciti ad attrarre in questi pochi mesi. A tale riguardo, mi piace citare due giovani talenti - Lorenzo Bartolomucci e Nicolas Rossini - il primo transitato da Gea prima che nascesse Gea Digital, il secondo entrato con me sette mesi fa. Insieme a loro, all’avvio dell’iniziativa ho disegnato, su una lavagna bianca, questo ambizioso progetto. Ciò a dimostrazione del fatto che facciamo leva su giovani talenti, valorizzandoli e coinvolgendoli non solo su attività operative. Attualmente possiamo contare su un team di otto professionisti, sebbene il numero sia destinato ad aumentare considerevolmente nei prossimi mesi. Cito anche Tito Zavanella e Stefano Pellandini, per il supporto di questi mesi e per la massima delega ricevuta riportando direttamente al cda di una realtà storica come Gea. F
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Andrea Teja
n GOOD STORIES n
di Lavinia Desi
La salute in tasca
Dr.Feel è un servizio digitale che integra la medicina e l’attività fisica, il rilassamento psicologico e le buone abitudini alimentari. “vogliamo rivoluzionare il concetto di salute, passando dalla cura al prendersi cura”, dice l’amministratore delegato, AlessAnDro FAzio
nel centro più vicino, all’orario che preferisce”, dice Alessandro Fazio, ceo di Dr.Feel.
Il sistema sanitario nazionale italiano ha la fama di essere tra i migliori al mondo. Eppure, la soddisfazione dei cittadini è ai minimi storici: il 70% degli italiani si dichiara insoddisfatto a causa dei lunghi tempi di attesa, della carenza dei medici, dell’eccessiva burocrazia e dei costi elevati delle cure. Il 66% dichiara di avere difficoltà di accesso ai medici e si prevede che 14 milioni di persone potrebbero essere senza medico di base nel 2028. Questo quanto emerge da un’analisi di Dr.Feel, servizio sanitario digitale che integra algoritmi, analisi predittive e medici per la salute degli utenti. In questo contesto, come dobbiamo immaginare il mondo della salute del futuro? La telemedicina è una delle possibili risposte per alleggerire il sistema sanitario. Ed è quello che sta cercando di fare Dr.Feel. “In futuro chiunque potrà chiedere un parere al proprio medico di fiducia via chat o fare una visita in videochiamata in pochi minuti, ovunque si trovi, ricevere la prescrizione sul cellulare o direttamente in farmacia e prenotare online una visita in presenza
Un fattore importante nella salute è lo stile vita e diminuire l’incidenza di alcune malattie significherebbe meno costi per il sistema sanitario. “Più del 50% della salute dipende dallo stile di vita, ma la spesa del sistema sanitario è allocata quasi interamente su servizi sanitari, quasi nulla sullo stile di vita e sulla
prevenzione. Il medico del futuro curerà il paziente non solo attraverso i farmaci, ma anche prescrivendo attività fisica, rilassamento psicologico e buone abitudini alimentari”. Il digitale è l’altro aspetto chiave della sanità del futuro. “Digitalizzare le azioni che oggi intasano medici e ospedali permetterà di snellire i processi, riducendo il carico sul servizio sanitario”.
“In futuro chiunque potrà chiedere un parere al proprio medico di fiducia via chat o fare una visita in videochiamata in pochi minuti”
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Dr.Feel vuole rivoluzionare l’esperienza di salute di milioni di persone rendendola digitale, immediata e personalizzata. È nato a dicembre 2023 ed è già stato scelto da 73mila utenti e dipendenti di aziende. “È il primo servizio sanitario digitale senza attese, con medici disponibili h24 in chat, in video e anche in presenza. “Con la tecnologia vogliamo rendere democratico e accessibile un servizio che altrimenti pochi potrebbero avere”, ha spiegato Fazio. La piattaforma mette a disposizione un care team personale composto da un health manager e un medico e/o un pediatra di fiducia, con cui l’utente può parlare in qualsiasi momento, attraverso la chat o in video. C’è anche la possibilità di fare visite con oltre quattromila specialisti e professionisti del benessere, da remoto entro 48 ore oppure in presenza in una rete di centri convenzionati, con tariffe agevolate. A
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70%
La quota di italiani insoddisfatti del sistema sanitario nazionale
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Le persone che potrebbero trovarsi senza medico di base nel 2028
questo si aggiungono un percorso personalizzato con nutrizionista, psicologo e fisioterapista e piani digitali di fitness, yoga e meditazione sulla piattaforma di Technogym in esclusiva per Dr.Feel.
“Con Dr.Feel abbiamo rivoluzionato il concetto di salute, passando dalla cura al prendersi cura. Desideriamo creare un nuovo servizio sanitario dove i medici siano sempre disponibili e si prendano cura proattivamente della salute di ogni persona, conoscendone i bisogni, la storia clinica e lo stile di vita. Oggi l’esperienza di salute è molto complicata, poco digitale, frammentata. La persona viene lasciata spesso da sola e noi vogliamo invertire questa tendenza, garantendo assistenza medica sia digitale, sia fisica. Anche attraverso i dati, che ci permettono di personalizzare il servizio in base alle esigenze dell’utente, mettendo la salute in tasca alle persone”. F
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Alessandro Fazio
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GOOD STORIES n di Andrea Telara
Gestire patrimoni è un’impresa
MassiMiliano Cagliero gestisce i soldi di altri, ma ha deciso di rischiare anche in prima persona. la sua Banor è tra le principali realtà indipendenti d’italia nel wealth management. “i nostri tratti distintivi sono indipendenza, trasparenza, presenza internazionale, eccellenza del capitale umano”, dice
SSentendo parlare Massimiliano Cagliero, 55 anni, torinese di nascita e milanese di adozione, si ha subito la percezione di non avere di fronte il classico uomo della finanza, almeno nella rappresentazione stereotipata che si è diffusa nei rampanti anni '80 e '90. I suoi toni pacati e i suoi modi cortesi, le sue citazioni dotte e la profonda cultura umanistica che emerge dai suoi discorsi tracciano subito i tratti di un uomo che, oltre a conoscere i mercati finanziari e l'industria del risparmio, conosce anche le cose del mondo e i trend dell'economia e della società, uno che si alza all'alba e subito divora le pagine dei giornali per informarsi, apprendere e capire. Già, perché ancor prima di essere un uomo della finanza, Cagliero è un uomo d'azienda, un imprenditore che gestisce sì i soldi di altri, ma che ha deciso pure di rischiare in prima persona. La sua impresa si chiama Banor ed è una delle principali realtà indipendenti nel nostro Paese nel settore del wealth management, un gruppo di cui è fondatore e amministratore delegato, che esiste ormai da un quarto di secolo e che oggi supervisiona oltre 11 miliardi
di euro di patrimoni, compresi quelli appartenenti alle grandi famiglie imprenditoriali italiane. “I nostri tratti distintivi si riassumono in pochi elementi chiave: indipendenza, trasparenza, presenza internazionale ed eccellenza del capitale umano della società”, dice Cagliero, che ripercorre in questa intervista la sua storia professionale, con uno sguardo al futuro. “Abbiamo già quasi 25 anni di
accettare. Arrivato alla mia età, potrei pensare di ritirarmi, ma gestire il proprio patrimonio è una semplice occupazione, non un lavoro. Fino a che la salute e l'età me lo consentiranno, io voglio occuparmi della mia azienda. Il che significa per me dedicare tempo e cura ai miei clienti e, in qualche caso, perdere anche il sonno per loro.
Addirittura?
"La relazione con i clienti è strettissima. Spesso li portiamo in giro con noi per il mondo, quando andiamo a incontrare i gestori e a selezionare le migliori opportunità d’investimento per i loro patrimoni"
vita alle spalle e lavoriamo guardando ai prossimi 20 o 30 anni”.
La prospettiva sembra dunque ancora molto lunga. Nessuna idea di passare la mano, magari di fronte a qualche offerta allettante di un aspirante compratore?
Negli ultimi cinque anni qualcuno si è fatto avanti, ma non ho mai pensato di
Non dico che i nostri clienti siano come amici, ma la relazione è strettissima. Spesso li portiamo in giro con noi per il mondo, per esempio in India o a Singapore, quando andiamo a incontrare i gestori e selezionare le migliori opportunità d’investimento per i loro patrimoni. È un modo per coinvolgere i clienti nei processi decisionali e spiegare come lavoriamo, rafforzando così il rapporto di fiducia che costruiamo con loro. Per questo ai tratti distintivi di Banor che ho enunciato prima credo di poterne aggiungere un altro.
Quale?
L'allineamento d’interesse con i clienti. Non c'è soluzione di investimento, tra quelle che proponiamo, nella quale non abbiano investito personalmente anche i soci e partner di Banor.
Il risparmio gestito e il wealth management, però, sono settori sempre più concentrati nelle mani di grandi
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n GOOD STORIES n
gruppi. C'è spazio anche per player più piccoli come voi?
Più che concentrato, direi che il wealth management è un settore sempre più polarizzato. Ci sono i grandi colossi internazionali e poi ci sono i player di medie dimensioni, ma con una forte specializzazione come noi, mentre gli operatori molto piccoli fanno sempre più fatica. Di fronte a questo scenario, penso che la classica citazione latina in medio stat virtus, ‘la virtù è nel mezzo’, sia particolarmente calzante.
Cosa significa, in sostanza?
Intendo dire che i grandi gruppi, per la loro stessa natura e per la necessità di fare economie di scala, sono spinti o sono costretti a proporre ai clienti un'offerta molto standardizzata, pur avendo al loro interno ottimi professionisti. Anche qui ricorro a una citazione latina, di Cicerone: senatores probi viri, senatus mala
bestia. I senatori sono uomini integerrimi, il senato è una bestia cattiva. Soltanto chi, come noi, non è limitato da strutture troppo articolate può essere davvero vicino ai clienti e offrire soluzioni con un alto grado di personalizzazione.
Non siete dei giganti, ma vi siete dotati comunque di una struttura
Per leggere altre interviste e news del mondo della finanza visita la sezione Investments di Forbes.it”
internazionale. Perché?
Abbiamo una sede a Londra che per noi ha un ruolo importantissimo. Nella finanza, qualunque sia la residenza dei clienti, non si può proporre un'offerta di eccellenza senza avere una solida presenza nella capitale britannica. A Londra abbiamo un team di professionisti di eccellenza, ma la nostra vocazione internazionale non si ferma lì. Viaggiamo e incontriamo professionisti e partner all'estero tutti i mesi, dagli Stati Uniti all'Asia. È grazie a questo impegno che i nostri clienti possono investire nei fondi gestiti dai migliori asset manager mondiali, che sono spesso difficilmente accessibili per chi investe attraverso il sistema bancario tradizionale.
L’attività di family office è uno dei cardini del vostro business. Come vi muovete su questo fronte?
Anche qui abbiamo una struttura ad alta specializzazione con più di 20 professionisti dedicati. Penso che oggi, benché il settore del wealth management sia affollato da molti player, le grandi famiglie imprenditoriali spesso non trovino ancora interlocutori adeguati a soddisfare le loro esigenze. Al contrario, noi siamo convinti di poter proporre loro un'offerta molto qualificata.
Come imprenditore del wealth management, che giudizio dà del sistema Italia?
Ci tengo a dire una cosa: io viaggio molto e sono spesso lontano dall’Italia, ma più viaggio e giro per il mondo, e più apprezzo il mio Paese: sono orgoglioso di essere italiano. Non è retorica, ma il capitale umano che abbiamo è eccellente. I giovani che escono dal liceo o dalle università, soprattutto quelli che hanno studiato le discipline scientifiche e quantitative, hanno un grado di preparazione altissimo. Qui entra in gioco la sfida più urgente per sostenere la crescita del Paese, ovvero trattenere in Italia i talenti che formiamo e che oggi scelgono spesso di andare a lavorare all’estero, attratti da una retribuzione più alta. F
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Massimiliano Cagliero
n GOOD STORIES n
di Federico Silvio Bellanca
Oltre l’e-commerce
Mr. Dee Still è nato nel 2022 per la vendita online di spirits. poi si è evoluto in una beverage media company, che vuole creare un ecosistema di contenuti e comunicazione in grado di coinvolgere i consumatori e di connetterli ai brand
NNell’epoca della digitalizzazione, ci sono visioni semplicistiche e complesse. Tutti vorrebbero rendere il web parte della propria attività, ma spesso l’inesperienza o l’incapacità di comprendere determinate dinamiche fa fallire il tentativo di aprire questo canale di vendita. Basti pensare alle decine di shop online annessi ai siti aziendali nati durante la pandemia che già devono fare i conti con la realtà. Ci sono poi aziende capaci di capire che le persone spesso non cercano prodotti, ma risposte. Tra i portali di maggior successo ci sono quelli che approfondiscono una tematica, la spiegano al consumatore e poi consentono l’acquisto. Un lavoro di consulenza, più che di spinta, che funziona in settori come il design, la moda e l’automotive. Basti pensare a siti come Nss, Highsnobiety, Archiproducts o Moto.it. Nel mondo dei distillati, tra coloro che hanno capito questo trend c’è Mr. Dee Still, nato nel 2022 come e-commerce di spirits, per poi evolversi in una beverage media company con un approccio integrato alla comunicazione, ai contenuti e alla vendita degli spirits italiani. Il suo obiettivo è creare un ecosistema che non
solo connetta i brand ai consumatori, ma li coinvolga attraverso una varietà di canali ed esperienze. Ecco dunque che articoli come Regali gastronomici per la Festa della mamma, oltre a offrire idee, contengono anche il link. Mentre l’articolo didattico sul cognac Significato e differenze tra v.s., v.s.o.p.,
e.o e x.o., oltre ad aiutare il cliente/ lettore a farsi una cultura teorica, gli spalanca anche le porte per una sperimentazione pratica.
Con 320mila punti di consumo in Italia e milioni di bevitori di aperitivi, amari e spirits, il settore ha grande potenziale di crescita
Tante anche le ricette contenute sul sito, sia in forma scritta che in video tutorial, per dare un senso a quella bottiglia comprata magari d’impulso per la bellezza dell’etichetta, ma che non sappiamo come gestire, perché magari il mezcal lo abbiamo assaggiato solo una volta, liscio, in vacanza in Messico. Il sito ha un’indicizzazione trasversale, che consente di scegliere, ad esempio, una navigazione per paese di provenienza, ma anche per categoria sentimentale, come ‘gentlemen essential’, idee regalo come le cocktail
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Tobia Lorenzani (al centro) e i soci investitori di Dude (a destra Lorenzo Del Bianco e a sinistra Domenico Loperfido).
box o le attrezzature da bar. Le ricerche richiedono pochi clic anche se non si sa esattamente cosa si sta cercando, perché non ci si sente esperti o si è abituati ad affidarsi al bartender di fiducia.
In un mercato in costante cambiamento, i dati giocano un ruolo cruciale nel guidare le decisioni. Con oltre 27mila visite mensili al sito e diverse metriche di coinvolgimento, Mr. Dee Still può comprendere il comportamento degli utenti, per poi adattare la propria strategia di comunicazione e vendita.
Guardando ai numeri, il potenziale di crescita nel settore degli spirits sembra evidente. Con 320mila punti di con-
n GOOD STORIES n
sumo in Italia e milioni di bevitori di aperitivi, amari e spirits, c'è un vasto pubblico da conquistare. La tendenza verso il premium e l'interesse crescente verso gli spirits artigianali, inoltre, rappresentano un terreno fertile per l'innovazione e la diversificazione.
Mr. Dee Still sta cercando di adattarsi alle esigenze del mercato: dalla crescente popolarità dei cocktail fatti in casa alla ricerca di alternative. Oggi il portale si posiziona all'avanguardia dell'evoluzione del consumo di bevande alcoliche, offrendo prodotti e contenuti mirati, per spiegare le differenze e le peculiarità di ogni categoria e di ogni bottiglia. Una scommessa vinta, visto che sulla collaborazione
con la startup hanno già scommesso aziende come Campari, Cipriani, Brown Forman, Bonollo e Sabatini. Attraverso un approccio integrato che abbraccia magazine, social media, shop online ed esperienze sensoriali, Mr. Dee Still crea un'esperienza coinvolgente e immersiva per gli appassionati di spirits. I contenuti editoriali catturano l'attenzione degli utenti, mentre l'esperienza di shopping online offre loro accesso a una vasta selezione di bevande premium e artigianali. Inoltre, le partnership e gli eventi esperienziali portano i brand direttamente nelle mani dei consumatori, creando un legame emotivo e duraturo. F
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Tobia Lorenzani
n GOOD STORIES n di Agostino Desideri
Fragranze rock
Sergio MoMo ha trasformato la sua passione per la profumeria in un brand di lusso presente in più di 100 paesi. amante dell’arte, nella sua carriera ha collaborato con musicisti come brian may dei Queen e tony iommi dei black sabbath. ora lancia nuove creazioni che coniugano Qualità e innovazione
FForte identità italiana, esclusività del prodotto e un business globale che va dal Sud America all’Africa. Sono alcuni dei punti di forza di Xerjoff Group, marchio di profumi lanciato da Sergio Momo e Dominique Salvo, presente in oltre 100 paesi. Un successo internazionale che non cancella il dna italiano del marchio, identificabile nella costante ricerca della perfezione. Un lavoro che parte dall’estetica di ogni flacone, affidata alle mani di artigiani esperti nella lavorazione dei più preziosi materiali, dal quarzo al vetro di Murano. Oggi Xerjoff è in continua crescita e include anche le collezioni Casamorati e XJ1861. Forbes ha intervistato Sergio Momo, ceo e direttore creativo di Xerjoff Group, che ha raccontato lo sviluppo della società, l’impegno verso l’eccellenza attraverso le numerose collaborazioni e le caratteristiche principali delle ultime proposte del marchio.
Come ha deciso di trasformare la sua passione in un brand di nicchia?
Xerjoff è nata nel 2007 a Torino. Il nostro è un brand di profumi di lusso in cui ho riversato la cultura del bello, dell’arte e del design, trasformando queste forme
d’arte in gioielli olfattivi. Il nome nasce dall’unione di ‘Joff’, il soprannome che mi diede mia nonna durante l’infanzia, e ‘Sir’, come mi chiamavano i miei colleghi londinesi. Da piccolo amavo dipingere, ho studiato per lavorare nel settore del design, per poi approdare a quello dei profumi. Un universo che è stato alla mia portata sin dalla tenera età. Mia nonna, infatti, collezionava fragranze, e spesso mi raccontava questa sua passione. Anche mio padre era come lei, ha viaggiato molto tra Cina e Sud-est asiatico in cerca di materie prime come il legno di sandalo e incensi rari. La decisione di coniugare la mia formazione con l’interesse per la profumeria di nicchia si è materializzata nel 2005, quando ho iniziato a frequentare un corso in Francia, a Grasse sulla creazione del profumo e sui fattori storici e culturali della profumeria moderna dal 1800 a oggi.
Come ha coniugato le sue passioni e la vita professionale?
Momo
Le mie passioni non sono solo un aspetto personale, ma si trasformano in progetti lavorativi che abbracciano ciò che amo: le auto, il design, il buon vino e la musica. Ho avuto il privilegio di trasformare questi interessi in collaborazioni significative. Tra le mie esperienze, ho avuto l’occasione di creare profumi in collaborazione con leggende della musica internazionale, come Brian May dei Queen e Tony Iommi dei Black Sabbath. Più recentemente, ho avviato una collaborazione con i Duran Duran. Queste partnership testimoniano la mia inclinazione a esplorare varie forme d’arte e intrattenimento. Un altro progetto che mi sta a cuore è la produzione personalizzata di bottiglie di Blanc de Blanc in edizione numerata, create in collaborazione con De Venoge, che verranno lanciate sul mercato con il nostro marchio. Questa iniziativa non è un’operazione commerciale, ma un mezzo che trasmette il nostro impegno verso l’eccellenza e la distinzione nel settore. Xerjoff si distingue per la sua partecipazione attiva agli eventi sportivi di risonanza internazionale. Tra le nostre partnership, siamo fieri di aver sostenuto il team Rossocorsa nella Ferrari Challenge, contribuendo a personalizzare il simbolo dell’eccellenza automobilistica italiana con gli elementi che da sempre contraddistinguono il nostro marchio.
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Sergio
Come ha portato Xerjoff in 100 mercati?
Posso affermare che siamo in continua crescita e oggi siamo riconosciuti a livello internazionale. Abbiamo riscontrato un grande interesse nei confronti dei nostri profumi, approdando in mercati capaci di apprezzare la ricercatezza di un prodotto come il nostro. Dal Sud America all’Africa, dal Sud-est asiatico all’Oriente, tutto il mondo conosce Xerjoff. Vogliamo continuare su questa strada, consapevoli che il futuro si costruisce passo dopo passo.
Quali sono le caratteristiche delle nuove proposte di Xerjoff e per chi sono pensate?
Le proposte di Xerjoff non solo mantengono la tradizione artigianale italiana, ma aggiungono un tocco di innovazione, creando profumi che sono sia unici che evocativi. Che si tratti di una persona con gusti classici, un innovatore alla ricerca di qualcosa di diverso o un amante del lusso e dell’esclusività, Xerjoff offre una fragranza adatta a ogni personalità. Sarà a breve lanciato Newcleus, che contiene la tecnologia Perfume pearls. Newcleus fonde il concetto di novità a quello di nucleo, in questo caso olfattivo, ed è un profumo completamente naturale, vegano e privo
n GOOD STORIES n
di etanolo. Un prodotto unico nel suo genere, che inaugura un nuovo capitolo della profumeria artistica più d'avanguardia. È composto da perle di alginato che trattengono l’olio profumato e la fragranza viene sprigionata quando le perle entrano in contatto con la pelle, esplodendo in una fresca nebulosa profumata. Newcleus
è concepito per essere utilizzato sulle pelli più sensibili e in qualunque momento dell’anno, soprattutto durante l’estate. Nella sua piramide olfattiva spiccano la morbidezza dei petali di rosa, che danno un animo gourmand, arricchito dalle note di schiuma di latte, vaniglia, muschio bianco e caramello. Newcleus è il risultato di innovazione e creatività al servizio dell’alta profumeria artistica italiana, tratto distintivo più autentico dell’ingegno del brand.
Quali sono i nuovi progetti del marchio?
Abbiamo appena lanciato le nostre nuove creazioni. Abbiamo realizzato Alexandria Anniversary, per celebrare la nascita del profumo storico del brand, e abbiamo presentato il secondo profumo in collaborazione con Tony Iommi, chiamato Defied. Questo nome richiama anche la vicinanza al divino che la musica, come forma d’arte, è in grado di generare. L’esplorazione di nuovi percorsi olfattivi non poteva non coinvolgere anche il brand Casamorati 1888. Il nostro portfolio si arricchisce così delle fragranze Levar del Sole e Quattro Pizzi. Ognuna di queste novità incarna la nostra dedizione alla qualità e all’innovazione. F
Il marchio Xerjoff
su un’auto del team
Rossocorsa nella Ferrari Challenge. In alto il profumo Alexandria Anniversary.
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Come si cambia
Monica Lanzi è in Banca MedioLanuM dal 1994. in 30 anni ha vissuto l’evoluzione della consulenza finanziaria, che, anche nell’era dell’intelligenza artificiale, resta però basata su fiducia e capacità di ascolto
IL
Il desiderio di diventare consulente finanziario l’ha accompagnata sin dall’adolescenza. Nel 2024 Monica Lanzi, wealth advisor di Banca Mediolanum, festeggia i 30 anni nel gruppo fondato da Ennio Doris. Forbes Italia l’ha incontrata per ripercorrere la sua carriera e parlare dei cambiamenti di una professione che, seppure orientata da tecnologia e intelligenza artificiale, mantiene il suo storico approccio, basato su fiducia, personalizzazione e capacità di ascolto.
Come nasce il suo interesse per la professione?
Da ragazzina avevo deciso che avrei fatto il consulente finanziario. All’epoca non esisteva questa figura, ma ho avuto due fonti di ispirazione: un insegnante di ragioneria, dottore commercialista, che mi ha trasmesso la competenza tecnica, e mio nonno, commerciante, al quale devo l’indole da imprenditore e al servizio delle persone. Per dieci anni ho fatto il direttore finanziario e amministrativo di un’azienda di abbigliamento femminile, e mi è servito molto per avere maggiore facilità di dialogo con imprese e imprenditori. Nel 1994 sono entrata in quella che oggi è Banca Mediolanum. E dal 2017 sono tra i wealth advisor, i consulenti con i più importanti portafogli in gestione.
Cosa significa oggi essere un wealth advisor?
Essere competenti, professionali, ag-
giornati, affidabili, efficienti, aperti ai cambiamenti repentini dei mercati e della società, con grande empatia e cuore. Il mio principale obiettivo è tenere i miei clienti al riparo dai rischi finanziari, personali, aziendali e immobiliari.
L’aspetto più stimolante della sua professione?
La possibilità di guardare sempre al futuro con progetti e obiettivi nuovi da raggiungere.
Qual è il suo portafoglio e quanti siete nel team?
Gestisco oltre 230 milioni di euro. Lavoro con due collaboratori, che potrebbero diventare quattro a breve.
La banca l’ha supportata?
Molto. In Banca Mediolanum ho trovato un contesto stimolante che mi ha fatto crescere come persona e ha
migliorato la mia autostima. Fondamentale la formazione, fiore all’occhiello dell’azienda, che eroga percorsi di apprendimento attraverso la nostra corporate university.
Come sono cambiati i clienti nel tempo?
Trovo una maggiore apertura mentale all’informazione e più facilità di dialogo rispetto al passato. Non si parla solo di mercati, ma di esigenze personali, di obiettivi di lungo termine. Sono convinta che il mio valore aggiunto consista nel costruire il benessere finanziario dei clienti non solo in età lavorativa, momento di accumulazione del risparmio, ma soprattutto nella fase successiva, tipicamente di erosione. Banca Mediolanum ha appena introdotto Life Planning, un ambiente di lavoro per i family banker. Uno strumento digitale che incorpora le potenzialità che lo sviluppo tecnologico consente, con una visione di insieme del risparmiatore e della vita finanziaria del suo nucleo familiare, incentrata su fragilità, bisogni, obiettivi e progetti.
La sua professione è ancora ricercata?
S, c’è un rinnovato interesse e, rispetto al passato, c’è più corrispondenza tra esigenza e scelta.
C’è spazio per le donne?
Senza dubbio la consulenza finanziaria ha una tradizione prevalentemente maschile. Credo che la chiave sia aggiungere sentimento e approccio femminili, caratterizzati da tenacia e determinazione. Ciò che emerge e premia, alla fine, è sempre la competenza. F
FORBES.IT 130 GIUGNO, 2024
n GOOD STORIES n di Marzia Gallo
Monica Lanzi
n GOOD STORIES n
Rivoluzione scientifica
Secondo il ceo healthcare di Merck, Peter Guenter, Servono politiche coraggioSe che non affoSSino il progreSSo farmaceutico: “in italia abbiamo biSogno di più fondi e meno burocrazia”
NNonostante il 2023 sia stato un anno difficile per moltissimi mercati, Merck, azienda dell'ambito scientifico e tecnologico, si è mossa in controtendenza. Le performance migliori le ha realizzate la divisione healthcare, guidata da Peter Guenter. Insediatosi a gennaio 2021, Guenter (che è anche membro dell’executive board di Merck) ha portato le vendite nette a un +8,5%. La sua strategia ha tracciato, infatti, una rotta in grado di migliorare le vite di pazienti con importanti bisogni medici insoddisfatti. Tra le aree terapeutiche cresciute a doppia cifra: l’oncologia, la sclerosi multipla (il cui farmaco orale ha raggiunto per la prima volta dal lancio il miliardo di dollari in vendite nette) e la fertilità. Nell’ambito dei 65 paesi in cui Merck opera, l’Italia riveste da più di un secolo un ruolo centrale in termini di valore della produzione, crescita dell’export e capacità di innovazione grazie all’attività dei suoi cinque siti dislocati in quattro regioni.
scita. Visto che la maggior parte dei giovani pazienti in cura può dimenticare di fare l’iniezione quotidiana, per non compromettere il risultato del trattamento, abbiamo adottato una soluzione digitale che avvisa in tempo reale loro e i loro caregivers della mancata somministrazione. I farmaci sono il cuore della soluzione, ma non l’unica soluzione.
L'Italia è abbastanza coraggiosa e innovativa in fatto di policy?
Rispetto a 350 anni fa, quando l’azienda venne fondata in Germania, in che modo l’approccio alla cura dei pazienti è cambiato, e come l’intelligenza artificiale trasformerà la ricerca?
L’IA rappresenta una delle più grandi potenzialità per la ricerca. E nello svilup-
po clinico è lo stesso. Una volta che un trial arriva a un livello avanzato, inizia a costare moltissimo, anche centinaia di milioni di euro. Con l’IA si potranno realizzare dei gemelli digitali di persone fisiche e simulare un trattamento con i farmaci, comparando i risultati con quelli reali. In questo modo la ricerca sarà meno costosa, più veloce e soprattutto più predittiva. Riguardo, invece, alla cura dei pazienti, già oggi esistono soluzioni digitali molto interessanti.
Quali?
Parliamo di un nostro farmaco per contrastare il deficit dell’ormone della cre-
Due sono le criticità che ci preoccupano. La prima è l’accesso tardivo all’innovazione. Una volta ottenuta l’approvazione europea su un farmaco, in Italia le decisioni su prezzo e rimborsi sono molto lente. La speranza è che con la riforma dell’Agenzia del farmaco si velocizzi questo processo. È inaccettabile che, per alcune patologie gravi, il progresso farmaceutico arrivi con oltre due anni di ritardo rispetto alla Germania. La seconda criticità è il finanziamento pubblico dedicato ai farmaci, cronicamente troppo basso. Ciò comporta il fatto che l’industria debba pagare ogni anno una sorta di contributo significativo (il clawback,ndr). Sarebbe giusto che il governo italiano allocasse fondi più realistici per i medicinali, anche per consentire a realtà come la nostra di reinvestire parte dei guadagni in ricerca e sviluppo. Se è vero che le aziende farmaceutiche hanno margini alti, è altresì vero che restano industrie ad alto rischio. Nota a margine: una nuova molecola costa mediamente più di due miliardi di euro e sono numerosi i tentativi che falliscono prima di metterla sul mercato. F
131 GIUGNO, 2024 FORBES.IT
di Paolo Bozzacchi e Gaia De Scalzi
Peter Guenter
n GOOD STORIES n di Antonio Monreale
Il Golfo delle occasioni
Fondata nel 2008, nel pieno della crisi dei mutui subprime, Provident real estate sta accelerando nel mercato italiano per Far conoscere le occasioni oFFerte da dubai
MMentre la bolla immobiliare scoppiata a causa dei mutui subprime sconvolgeva le principali economie mondali, scatenando una nuova crisi, a Dubai nasceva Provident Real Estate. L’obiettivo era cogliere le opportunità offerte dal territorio e dal digitale e diventare un punto di riferimento per investitori provenienti da tutto il mondo, come spiega a Forbes Italia Loai Al Fakir, fondatore e ceo. Che di recente, per seguire le richieste italiane, si è affidato a Christian Marzullo, 36 anni, originario di Catania, che è andato incontro a un’importante trasformazione che l’ha portato dal lavoro marginale al vertice del settore immobiliare a Dubai.
Il 2008 era anno complesso per fondare una società immobiliare.
L.A.F: Assolutamente, ma ho visto un’opportunità, perché era un mercato diverso e poco digitale. Posso dire di essere stato uno dei primi a investire nella tecnologia e nel web. E con il passare del tempo ho avuto ragione. Perché, se da una parte Dubai si è da subito configurata come una grande opportunità per gli investitori di tutto il mondo, dall’altra siamo riusciti a creare qualcosa di paragona-
bile a una famiglia, guardando sia ai dipendenti che ai clienti
Come vi posizionate nel settore?
L.A.F: Sicuramente come un’azienda leader, perché forniamo servizi che difficilmente si ritrovano nel mercato: da quelli legali e bancari alla gestione della proprietà e delle esigenze di ogni cliente. Inoltre siamo l’azienda che si posiziona meglio a livello tecnologico e di marketing.
È questo il vostro punto di forza, quindi?
L.A.F: Non solo. Un altro aspetto che ci contraddistingue è la promozione
della diversità, dato che il nostro ambiente è multietnico e multilingue.
Qual è l’identikit dei vostri clienti?
L.A.F: È molto diversificato. Perché al 50% è composto da clienti di diverse nazionalità che vivono a Dubai, inclusi anche i locali. La maggior parte è composta da imprenditori e proprietari di aziende.
Quali sono le novità più importanti che state seguendo?
C.M: Portare l’esperienza maturata nel mercato italiano, a servizio di un’azienda internazionale leader a Dubai. Vogliamo offrire un servizio di advisoring completo, che parta dalla selezione del progetto e includa anche l’assistenza legale, la gestione della rivendita e degli affitti. Servizi che, a differenza di quanto accade sul mercato italiano, non prevedono una commissione, dato che sono remunerate dai costruttori stessi. Peraltro, già dopo l’estate inizieremo a organizzare eventi in tutte le maggiori città italiane per far conoscere l'internazionalità di Dubai.
Cosa si aspetta quindi?
C.M: Sono sicuro che il mercato italiano rappresenterà una grande opportunità. E non solo per noi, ma anche per il cliente finale, che si confronterà con una realtà completamente diversa in termini di gestione e cura dei servizi. F
FORBES.IT 132 GIUGNO, 2024
Loai Al Fakir (seduto) e Christian Marzullo
n GOOD STORIES n
Le regole dell’azzardo
In ItalIa manca ancora un testo unIco che razIonalIzzI le norme sul gIoco. Giancarlo Marzo, fondatore dello studio Marzo associati, ha preparato Il prImo manuale sulla materIa
IL
Il gioco d’azzardo è spesso avvolto in una nuvola di controversie, al crocevia tra intrattenimento legale e problematiche sociali. La ludopatia, in particolare, rappresenta una delle sfide più importanti legate al gaming, paragonabile ad altre dipendenze comportamentali. Proviamo ad affrontare il tema, senza pregiudizi, con l’avvocato Giancarlo Marzo, fondatore dello studio Marzo Associati, che ha trattato questo tema dal punto di vista giuridico e fiscale.
“L’espressione ‘gioco legale’ in Italia”, spiega Marzo, “si riferisce a tutte le forme di gioco d’azzardo e scommesse che sono regolamentate e autorizzate dallo Stato tramite la legislazione vigente e l’Agenzia delle dogane e dei monopoli (Adm), organo responsabile per la gestione, il controllo e la regolamentazione del settore. Tuttavia, il comparto è caratterizzato da notevoli sfide normative e fiscali. La mancanza di una legislazione chiara e omogenea crea un ambiente di incertezza per gli operatori, obbligandoli a operare senza linee guida stabili”.
Nel panorama italiano, il settore mostra numeri di tutto rispetto: crescita del 22% del denaro giocato nel 2022, per un totale di 136 miliardi di euro, superando così il precedente record di 111 miliardi del 2021. L’espansione del mercato mostra il suo ruolo cruciale nel sostenere l’economia attraverso la creazione di posti di lavoro,
con oltre 150mila addetti, distribuiti in più di diecimila imprese.
“Gli attori sono diversi”, continua Marzo. “A condurre il gioco sono lo Stato, i gestori di slot e vlt (video lottery terminal), i concessionari, gli esercenti, come bar e tabaccherie, i giocatori, l’amministrazione finanziaria e anche noi professionisti dell’area legale e fiscale, con il compito di navigare nell’articolata normativa del settore. La fiscalità del gaming è estremamente complessa e coinvolge differenti tipologie di tributi, come il prelievo erariale unico (preu) per slot e vlt e l’isi (imposta sugli intrattenimenti) per giochi senza vincite in de-
naro. Questi prelievi specifici, insieme ai vuoti normativi e alle continue evoluzioni legislative, aumentano il rischio di contestazioni fiscali”. L’avvocato aggiunge che “in una filiera che garantisce occupazione e gettito continuo allo Stato, l’assenza di testi unici di razionalizzazione della normativa costringe i player a operare al buio. Perciò lo studio Marzo Associati ha sviluppato il primo manuale dedicato alla materia e creato un team di professionisti specializzati nella fiscalità del gaming, indispensabili per supportare gli operatori e risolvere efficacemente le sfide fiscali e normative. F
FORBES.IT 133 GIUGNO, 2024
di Daniele Tortoriello
Giancarlo Marzo, al centro in piedi, con il suo team
A cura di Piera Anna Franini
SMALL GIANTS
Una terra DA SCOLPIRE
IN 70 COMUNI DELLE PROVINCE DI VERONA E VICENZA È NATO IL DISTRETTO DEL MARMO E DELLA PIETRA, CON RADICI GIÀ IN EPOCA ROMANA. LA ZONA COPRE IL 31% DELLE ESPORTAZIONI ITALIANE NEL SETTORE, CON 378,5 MILIONI DI EURO NEI PRIMI NOVE MESI DEL 2023. GLI ADDETTI SONO 4.355. PIÙ DI 530 IMPRESE SI DEDICANO AL TAGLIO, ALLA MODELLATURA E ALLE FINITURE, ALTRE 74 SI OCCUPANO DI ESTRAZIONE. CINA, TURCHIA E INDIA SONO LE PRINCIPALI CONCORRENTI
FORBES.IT GIUGNO, 2024 135
Tra Verona e Vicenza si estrae e lavora il marmo dall’epoca romana. L’Arena, icona veronese, è lì a ricordarlo. Dal periodo romanico, poi, le pietre di qui iniziarono a viaggiare e a diffondersi in tutta Italia, assieme alla fama di abili scalpellini degli artigiani. Fino al boom di produzione nell’Italia del secondo dopoguerra, quella che, dopo secoli di parsimonia e di magra, scopriva la gioia del consumo, e la mente va al “carrello di Marcovaldo gremito di mercanzia”, come scriveva Italo Calvino. Il settore conosceva una rapida industrializzazione che si saldava con le abilità delle leggendarie mani intelligenti di casa nostra. Qui sta la leva del successo - e per taluni della sopravvivenza - di un settore in cui la competizione sta diventando schiacciante. Perché l’Italia è sì tra i leader mondiali nell’estrazione e nella lavorazione della pietra naturale, ma alle spalle della Cina, che con Turchia e India copre più della metà della produzione globale. Si tratta di paesi che, svestiti i panni di fornitori dinamici, ora indossano quelli di aggressivi concorrenti, favoriti dall’abbondante disponibilità di materia prima, da costi di produzione vantaggiosi e dalla scarsa cura dei principi della sostenibilità. Un esempio: la quantità di scarto nella lavorazione della pietra è pari al 50% del materiale trasformato, e, se in Italia in tema di smaltimento degli scarti vigono norme stringenti e costose per l’azienda, nei territori extraeuropei si agisce senza lacci, quindi senza costi suppletivi. In quasi 70 comuni distribuiti fra Verona e Vicenza si è costruito il distretto del marmo e della pietra, con 4.355 addetti, dei quali 4.099 impegnati nella lavorazione e 256 nell’estrattivo. Si contano 535 imprese dedite a taglio, modellatura e finitura di pietre (370 a Verona e 165 a Vicenza) e 74 impegnate nell’estrazione (33 a Verona e 41 a Vicenza). Il 48,8% sono società a capitale, il resto è diviso quasi equamente tra individuali e di persone.
48,8%
24%
66,9%
Verona e Vicenza assieme coprono il 31% delle esportazioni italiane, con 378,5 milioni di euro nei primi nove mesi del 2023. I primi tre mercati sono rappresentati da Stati Uniti, che assorbono il 24%, Germania e Francia. Le imprese hanno dimensioni più significative di quelle del manifatturiero di casa nostra. Per esempio, le micro-aziende costituiscono solo il 66,9% del settore, contro l’80% del manifatturiero. Dimensioni però non adeguate ad affrontare il nuovo scenario competitivo internazionale. Nel distretto sono ormai disponibili solo pochi, seppure pregiati, tipi di pietra naturale. In testa il marmo rosso di Verona, che ha imperato nei palazzi della Serenissima, o il marmo di Prun che ritroviamo nella piazza delle Erbe e che veste l’Arena. Nel Vicentino prospera il marmo di Chiampo, quello prescelto da Donatello per la Deposizione di Cristo nella Basilica del Santo di Padova. Ormai da tempo le imprese del distretto attingono ad aree estrattive di tutta l’Italia, ma soprattutto estere. La prima fonte di approvvigionamento è l’India, seguita da Brasile e Sudafrica. F
136 GIUGNO, 2024 FORBES.IT
SMALL GIANTS
Le società di capitale tra le oltre 600 del distretto
La quota di mercato assorbita dagli Stati Uniti
Le aziende del settore che rientrano nella categoria delle micro-imprese
MARMI DA ZAR
Queste imprese gareggiano con i giganti (anche solo per dimensioni) del mondo, coinvolte in una competizione dove la spunta chi fa il salto dimensionale, che poi consente di fare innovazione e ricerca, giocando la carta del design. Lo si è visto all’ultimo Salone del Mobile di Milano, dove aziende venete esponevano meraviglie.
KREOO
Vicentina, è nata nel 2010 dall’esperienza di Decormarmi. Il nome si rifà alla Grecia classica, quella dell’acropoli voluta da Pericle, con zenit nel Partenone, per la legge del contrappasso sbriciolato con un colpo di cannone proprio dai veneziani nel 1687. Kreoo veste di marmo residenze private e spazi pubblici, da bagni a tavoli, sedute, pavimenti e rivestimenti. Vanta pezzi che sono diventate icone del design contemporaneo, come il lavabo Gong, la vasca Kora, marmoreo ellissoide sostenuto su una struttura metallica, le sedute per interni ed esterni Pave Stone, con base in marmo e scocca in larice lamellare, e il tavolo Arcaico, con piano in marmo o legno che pare sospeso su colonne cilindriche. Questo perché Kreoo ha stretto alleanze con designer come Enzo Berti, Marco Piva, Matteo Nunziati, Sebastiano Zilio, Christophe Pillet e Alberto Apostoli.
ANTOLINI
Fondata nel 1956, produce 4.500 metri quadrati di lastre al giorno, esportando in 182 paesi. Combatte la concorrenza (anche) a suon di brevetti. Per esempio, ha messo in campo una soluzione che protegge le superfici da macchie e corrosione causate da sostanze organiche a base acida o oleosa. Ad avviare l’impresa furono Margherita e Luigi Antolini, che affittavano un vecchio laboratorio a Sant’Ambrogio di Valpolicella, patria dell’Amarone. Ma, ritenuto quel luogo più consono al vino che alla propria attività, quattro anni più tardi si trasferivano nelle vicinanze del fiume Adige, a Sega di Cavaion, tuttora sede principale. L’anno chiave fu il 1988, quando, dall’unione di tre aziende, veniva fondata la ditta Eurotrading, estesa su 100mila metri quadrati. Venivano poi acquisite le cave di Rosa Beta in Sardegna e Sarizzo Antigorio in Piemonte, così come veniva aperta la prima sede in Brasile. È stato un crescendo produttivo, ma anche di consapevolezza della forza del marketing, per cui è dal 2000 che vengono rinnovati periodicamente gli show-room, con apice nello spazio espositivo del Luxury Village.
RIVA MARMI
È nata nel 1995, su spinta di Giuseppe Righetti, come produttrice di pavimenti e rivestimenti in marmo. Col passare degli anni si è intensificato il commercio di lastre, fino alla realizzazione di un reparto per la produzione di lavorati per l’arredamento. Riva Marmi corre nel mondo. Nel reparto borse dei grandi magazzini Selfridges di Londra, i mobiletti in marmo di Carrara Extra dallo spessore di un centimetro portano la firma di quest’azienda veronese. Avendo l’esclusiva del marmo Terre Toscane, Riva ha vestito docce, bagni e vascelli da 164 passeggeri, occupandosi dei punti di ristoro.
PISTORE MARMI
Tutto prese le mosse nel 1960, quando un giovanissimo Ferdinando Pistore, scalpellino e artigiano, oggi presidente della società, fondava l’azienda, dove spiegano che tanta ispirazione viene dalle ville palladiane, emblema di armonia e compostezza. “Il marmo lo si deve conoscere dentro, percepirlo e comprenderlo per poterlo trasformare e interpretare; per questo mi piace far incontrare il marmo, nei suoi aspetti più reconditi, con i desideri dei miei clienti. È un’esperienza appagante, che mi porta a seguire ogni progetto personalmente”, dice Noé Pasquale Pistore, seconda generazione. Ed ecco le boiserie in travertino, cucine in marmo dark Emperador, bagni di lusso in Breccia imperiale, ma anche in Calacatta oro, caminetti con intarsi, perché in azienda non è stata archiviata quest’arte, anzi. A San Pietroburgo Pistore ha firmato appartamenti degni di uno zar. Colonne in verde Alpi arredano una biblioteca (monumentale) nell’Azerbaigian. Giusto un assaggio. F
FORBES.IT 137 SMALL GIANTS
La vasca Kora
DESIGN
A Piazza dei Mercanti, a Milano, Iris Ceramica Group ha presentato un’installazione realizzata dallo studio Zaha Hadid Design. Il progetto Poesis Materiae riproduce un’onda sinuosa. Il concept descrive un paesaggio naturale stratificato, generato da forze come fuoco e terra
La materia si fa POESIA
FORBES.IT GIUGNO, 2024
di Valentina Lonati
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Poesis Materiae
UUna materia poetica da vivere: è questa l’immagine che ha dato forma all’installazione Poesis Materiae di Iris Ceramica Group, progettata dallo studio Zaha Hadid Design per l’ultimo Fuorisalone di Milano. Un’isola dalle forme sinuose, da sempre tratto distintivo dello studio fondato dall’architetta Zaha Hadid, che nella centralissima Piazza Mercanti ha trovato spazio per diffondere il linguaggio della ceramica. Un linguaggio che invita all’interazione, al tocco e all’esperienza tattile e visiva. Esprimendo il potenziale dinamismo delle lastre
ceramiche, lo studio ha trasformato le superfici di Iris Ceramica Group in un’onda in movimento.
“Volevamo approfondire il tema ‘materia natura’ del Fuorisalone, interpretando la ceramica come materiale versatile, naturale e sostenibile”, hanno spiegato gli architetti dello studio.
“L’obiettivo era mostrare le caratteristiche intrinseche della ceramica ed evidenziarne la multifunzionalità e la bellezza discreta. Il concept del progetto descrive un paesaggio naturale stratificato, generato da forze ed elementi quali il fuoco e la terra, gli stessi che
danno vita al materiale ceramico”. Un paesaggio dove forme morbide inaspettate hanno creato un mondo delle meraviglie in cui è stato possibile passeggiare, lasciandosi trasportare dalle sensazioni evocate dalle superfici. “Il design dell’opera incoraggia un senso di movimento e il cambio di prospettiva visuale che ne deriva, esattamente come quando ci troviamo a esplorare un paesaggio naturale”.
“L’obiettivo era mostrare le caratteristiche intrinseche della ceramica ed evidenziarne la multifunzionalità e la bellezza discreta”
Un progetto evocativo, quello di Poesis Materiae, con cui lo studio Zaha Hadid Design ha fatto emergere le caratteristiche tecnologiche e artistiche dei materiali di Iris Ceramica Group. Realtà di riferimento nella produzione di superfici naturali in ceramica per il mercato di alta gamma, la società deve il suo successo a una forte vocazione per all’innovazione, anche in chiave soste-
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L’installazione Poesis Materiae con il Duomo di Milano sullo sfondo.
nibile. “La ceramica di Iris Ceramica Group è realizzata grazie all’utilizzo intelligente delle tecnologie più avanzate, combinate con l’ingegno umano. La nostra installazione sfida le applicazioni convenzionali della materia ceramica, esplorando design fluidi e curvilinei, unendo un approccio tradizionale e standardizzato a uno non convenzionale, basato su linee non ortogonali e design sinuosi. Da un lato enfatizza la versatilità e plasticità del materiale attraverso i più innovativi sistemi di produzione industriale, dall’altro mette in luce gli aspetti sostenibili di questo materiale”.
A raccontare le superfici di Iris Ceramica Group durante il Fuorisalone è stata anche la Icg Gallery in via Santa Margherita 4, il nuovo showroom del gruppo che, attraverso il concept #UnlockTheExperience, offre esperienze phygital unendo arte, tecnologia e poesia. Lo spazio, sviluppato su tre piani, nasce dall’idea di restituire, attraverso ambienti immersivi e interattivi, il lavoro di ricerca e sviluppo dell’azienda. Ad accogliere i visitatori è l’ingresso al piano terra, pensato come piazza aperta dedicata all’incontro e alla condivisione. Qui, durante il Fuorisalone, sono andati in scena alcuni talk che hanno proposto dialoghi sui temi della progettazione e della sostenibilità, e sempre qui trovano spazio i materiali, i videowall e la realtà aumentata della Icg Play, mentre uno spazio ad hoc permette di interagire con i materiali ceramici, creando moodboard di ispirazione.
Al primo piano, dove la ceramica 4D è protagonista, le superfici vengono applicate ricreando ambientazioni living, kitchen e bathroom per il mondo residenziale e il contract, mentre il piano interrato ospita l’area full-body, il progetto ‘Diesel Living with Iris Ceramica’ e lo spazio di lavoro per architetti e designer, oltre a un piccolo tesoro: un caveau che protegge le superfici più preziose di haute couture della ceramica. Ambienti e installazioni che raccontano al mondo la missione del gruppo: reingegnerizzare la ceramica per migliorare l’interazione tra uomo e ambiente. F
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Icg Gallery, il nuovo showroom del gruppo a Milano.
Il packaging diventa responsabile
L’azienda Crocco produce imballaggi flessibili per l’industria e il mondo alimentare.
Così anche chi acquista viene informato in modo trasparente sull'impatto climatico. “Abbiamo anche intrapreso la strada della società benefit”, dice il ceo Renato Zelcher
Nell'ambito dell'industria legata al raggiungimento degli obiettivi globali di sostenibilità, Crocco si distingue come avanguardia tecnologica nella produzione di imballaggi flessibili per l’industria e il mondo alimentare, grazie al suo progetto Greenside. Questo programma pionieristico implementa un modello che porta alla riduzione dell'impatto climatico dei prodotti lungo l'intero ciclo di vita, fino anche alla neutralizzazione carbonica.
"Attraverso Greenside, trasformiamo il concetto di packaging, facendolo diventare uno strumento per un futuro più sostenibile", ha dichiarato Renato Zelcher, ceo di Crocco. “Un elemento chiave del processo di innovazione in Greenside è la misurazione e la certificazione delle emissioni di gas serra di tutto il ciclo di vita del packaging, dalla produzione alla distribuzione e allo smaltimento”, ha proseguito Zelcher. “Questo approccio permette non solo di ridurre l'impronta carbonica ma anche di informare i clienti in modo trasparente sull'impatto climatico dei prodotti che acquistano. Inoltre, Greenside incoraggia il miglioramento continuo attraverso l'ecodesign collaborativo”. Ciò significa che Crocco permette di ridefinire il packaging in base ai dati raccolti, riducendo al minimo l'impatto ecologico. Questo processo include la riduzione dello spessore del packaging, l'uso di materiali riciclati o biobased, e la produzione di un imballaggio che, pur mantenendo le qualità di robustezza e salubrità necessarie, soprattutto per il contatto con gli alimenti, abbia un
impatto ambientale notevolmente ridotto. "Oltre alla massimizzazione della riduzione della CO2 equivalente prodotta, possiamo arrivare anche a neutralizzare questo valore attraverso l'acquisto di crediti di carbonio, supportando così progetti ambientali che contribuiscono a compensare le nostre emissioni", ha sottolineato il ceo. La scelta e la capacità di ridurre
“Oltre alla massimizzazione della riduzione della CO2 equivalente prodotta, possiamo arrivare anche a neutralizzare questo valore attraverso l'acquisto di crediti di carbonio, supportando così progetti ambientali che contribuiscono a compensare le nostre emissioni”
l’impatto mantenendo le prestazioni dell’imballaggio è stata vincente e ha portato a un incremento significativo dell'uso di materiale riciclato postconsumo come materia prima-seconda, in un solo anno, raggiungendo circa duemila tonnellate. Mole a cui vanno aggiunte le 1.500 tonnellate annue di materiale riciclato proveniente dalla controllata T&T, che recupera proprio i rifiuti produttivi di Crocco. Ma l’effetto più evidente di questo approccio scientifico-tecnologico alla sostenibilità del packaging si concretizza in Leaf. Si tratta di un film per l’imballaggio alimentare utilizzabile sia
per il confezionamento manuale, tipico delle cucine domestiche e dei negozi di vicinato, ma anche e soprattutto per il confezionamento automatico necessario nelle produzioni industriali. Lanciato sul mercato con le mele Melinda Bio, è il primo imballaggio per alimenti prodotto da filiera al 100% made in Italy completamente compostabile. Ovvero un film in bioplastica che, pur mantenendo le caratteristiche utili a mantenere la freschezza e la shelflife del prodotto, permette di smaltire il film plastico, una volta utilizzato, nella frazione organica dei rifiuti domestici. Questa innovazione, secondo il ceo di Crocco, "cambia radicalmente l'impatto ambientale di un materiale quotidiano, migliorando notevolmente le pratiche di conservazione alimentare attraverso una soluzione trasparente, biodegradabile e derivante parzialmente da fonti rinnovabili."
L'innovazione di Crocco nel campo del packaging sostenibile si manifesta anche nel riconoscimento ricevuto attraverso il premio Conai per l'Ecodesign, che celebra l'efficacia del design nella riduzione dell'impatto ambientale. "I premi sono per noi uno sprone”, ha commentato Zelcher. “Questo perché da una parte valida il nostro approccio e riconosce l'avanzamento che stiamo promuovendo. Prodotti come l'imballo stretch hood con il 30% di materiale riciclato post-consumo dimostrano che è possibile coniugare alta performance con responsabilità ambientale. Dall’altra parte ci costringe ad alzare l’asticella. Vuol dire alzare il nostro grado di responsabilità collettiva, motivo per cui abbiamo intrapreso la strada
a cura di Crocco
della società benefit”, trasformazione societaria che è avvenuta sul finire del 2023. "Costituirci società benefit marca un'epoca nuova per Crocco e per tutte le persone che ci lavorano, poiché rafforza il nostro impegno a favore della sostenibilità a lungo termine e a 360 gradi “, ha spiegato Zelcher. “La società benefit non è solo una struttura aziendale, ma un'impronta etica che permea ogni aspetto della strategia, dalla produzione alla commercializzazione”.
Inoltre, Crocco ha consolidato il suo impegno verso la sostenibilità
attraverso una partnership strategica con il ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica. Questo accordo si concentra su iniziative congiunte per ridurre l'impatto ambientale del settore dell'imballaggio per cui Crocco diviene non solo caso studio, ma benchmark. "Questa collaborazione pluriennale con il ministero non solo evidenzia il nostro ruolo di leader in pratiche di business sostenibili, ma anche il nostro impegno ad aiutare tutto il sistema dell’imballaggio italiano a migliorare continuamente le proprie prestazioni in termini di minor impatto, grazie alla
ricerca e sviluppo, la tecnologia, la misurazione rigorosa dei risultati", ha concluso Zelcher. Con iniziative come Greenside e collaborazioni istituzionali, Crocco non solo si afferma come pioniere della sostenibilità nel settore del packaging, ma anche come un'azienda che guida il cambiamento verso pratiche industriali più responsabili. L'impegno di Crocco per la sostenibilità e l'innovazione continua a ispirare politiche ambientali più ampie, spingendo il settore verso un futuro ecologicamente sostenibile ed eticamente responsabile.
BUSINESS INNOVATION con CROCCO
Renato Zelcher
WHAT’S
FORBES LIFE FORBES LIFE
È qui la festa
Fuochi d’artificio per il Redentore, la notte più attesa di Venezia. Pizza e champagne, dj set con cocktail d’autore e tante altre sorprese in Sardegna, meta sempre esclusiva. Ecco qualche idea per un’estate spensierata
Il Redentore, la notte ‘famosissima’ come la chiamano i veneziani , nata per ricordare la fine della terribile epidemia di peste che colpì Venezia tra il 1575 e il 1577, continua a rinnovare le tradizioni gastronomiche, il folklore e i festeggiamenti tramandati dagli antenati. Evento clou, gli spettacolari fuochi pirotecnici che iniziano alle 23.30 di sabato 20 luglio, con giochi di luce e di riflessi sul Bacino di San Marco, un caleidoscopio di colori che si staglia dietro le guglie, le cupole e i campanili della città. I veneziani da sempre li
Spettacolo pirotecnico per la Festa del Redentore a Venezia e vista panoramica dalla terrazza con piscina di Molino Stucky alla Giudecca.
ammirano dalle loro imbarcazioni, su cui si fa festa con musica, canti e l’immancabile spritz. Mentre gli ospiti delle nuove suite di Hilton Molino Stucky alla Giudecca si godono lo spettacolo dalla terrazza panoramica con piscina di questo albergo, amatissimo dagli americani. E anche l’Excelsior Venice Lido Resort, da sempre meta prediletta del jet set e del turismo internazionale, dice la sua per l’estate 2024, con un omaggio al tema della Biennale d’Arte, Stranieri Ovunque - Foreigners Everywhere, con un cocktail dedicato, Contemporary Red, da gustare sulla terrazza affacciata sul mare e sulla spiaggia di Venezia.
di Susanna Tanzi
di Susanna Tanzi
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NEW WHO’S NEXT
IL
Creato dal capo barman, richiama gusti dal mondo grazie al mix di ingredienti tra cui Everleaf Forest, che nella sua botanica vede tra gli altri la vaniglia del Madagascar e il vetiver haitiano, insieme con rum, succo di limone, succo di pomodoro, sale, pepe e salsa Worcester.
Pizza & champagne
Se Venezia chiama, la Sardegna risponde. Per chi ama la pizza e le bollicine, va forte quest’estate lo Spazio by Franco Pepe al 7 Pines Resort Sardinia, Destination by Hyatt, dove degustare, insieme con le pizze signature, come la margherita sbagliata (mozzarella di bufala campana Dop, passata di pomodoro
Sopra, pizza e champagne Ruinart allo Spazio by Franco Pepe presso 7Pines Resort Sardinia. Sotto, cocktail olfattivo all’hotel Abi d’Oru di Porto Rotondo.
riccio a crudo, riduzione di basilico, olio evo) e la ritrovata (passata di pomodoro San Marzano Dop, piennolo del Vesuvio Dop, capperi) oltre alle novità create in collaborazione con lo chef D’Ambrosio, come la Senti-menti di Gallura (fior di latte affumicato, carciofo spinoso sardo, carpaccio di bue rosso, olive scabecciu, olio al finocchio di mare, aria di pecorino sardo Dop), i raffinati e audaci rosé firmati Ruinart, la più antica maison di champagne. Con il menu gourmet del Capogiro, il ristorante del comprenso-
rio mutuato da quello ibizenco, con grande vetrata con vista su Baja Sardinia, si possono scegliere piatti sorprendenti, come la fregula con ostriche Sandalia, burro e alghe, in abbinamento con Ruinart Millésimé 2016, in cui purezza e finezza si incontrano, mentre il maialino con tonno rosso, mela annurca e radici è esaltato dal gusto deciso e fresco di Dom Ruinart.
Il senso di Abi d’Oru per l’olfatto
E sempre in Sardegna, una proposta inedita per scoprirne la vera essenza con il nuovo progetto olfattivo voluto da Diana Zuncheddu, anima di Abi D’Oru, il primo hotel aperto nel 1963 a Porto Rotondo. Grazie alla collaborazione con il creatore di fragranze Luca Maffei e Mariangela Rossi, autrice di libri nel settore, esperta di cultura e tecniche olfattive, è stato ideato il profumo, declinato in candele e diffusori d’ambiente, a segnare l’identità dell’albergo: un incontro ancestrale di radici lontane e di sapienti alchimie che raccontano della Sardegna, terra aspra e generosa di piante aromatiche spontanee e officinali. Cena olfattiva al ristorante Marinella in tre date: 8 giugno, 8 luglio e 8 settembre.
Mixology con vista
E siccome una vacanza non può prescindere da un’esperienza di mixology, al Sulià House di Porto Rotondo gli aperitivi più iconici vanno in scena sulla terrazza dell’albergo, in un sapiente connubio tra tradizione e innovazione, corredato da gustosi bar bites. La luce del tramonto e il panorama insuperabile sul Golfo di Cugnana fanno da cornice al rito della
Gli aperitivi al tramonto a bordo piscina al Sulià House Porto Rotondo, Curio Collection by Hilton. Sopra, una veduta di Porto Rotondo.
golden hour, celebrato ogni sera dal bar manager Fabrizio Guaglianone con una drink list con prodotti sardi, dai liquori ai distillati, dal limone alle spezie coltivate nel giardino dell’albergo. Un esempio? Essenza di Oliva Dry (Vodka - Dry Vermut, Evo Oil, Citrus Bitter), secco e aromatico, una variazione del classico Dry Martini che abbraccia l’anima sarda. L’Oro Rosso Di Sardegna (Saffron Gin, Orange Liquor, Orange Water, Saffron Syrup, Spicy Bitter) è ideale per un aperitivo vivace e colorato, che unisce l’unicità del gin allo zafferano sardo, la freschezza dell’acqua d’arancia, la dolcezza e l’intensità del liquore all’arancia con un tocco piccante, quasi afrodisiaco. E via shakerando. Previste anche serate speciali con dj set ogni primo martedì del mese. F
147 GIUGNO, 2024 FORBES.IT
di Andrea Celesti
FORBES LIFE HOSPITALITY
Ospitalità a cinque stelle
Attivo in 95 paesi, Radisson Hotel Group si interfaccia con investitori e albergatori per analizzare proposte in management contract o franchising. L’Italia è al centro della sua strategia, con cinque strutture aperte negli ultimi 12 mesi e altre sette previste entro il 2025
DDieci marchi di proprietà e oltre 1.350 hotel operativi e in costruzione Radisson Hotel Group rappresenta oggi un gruppo alberghiero internazionale che opera in 95 paesi. Figure chiave nel suo modello di business sono investitori e albergatori, con cui si interfaccia per analizzare proposte in management contract o franchising. Uno dei mercati chiave della strategia di sviluppo del gruppo è l’Italia, il primo paese al mondo per numero di hotel di lusso targati Radisson Collection, brand che rappresenta il top di gamma del marchio. Negli ultimi 12 mesi, Radisson ha inaugurato in Italia cinque hotel e resort e sette aperture sono previste nel Paese entro la fine del 2025. Chema Basterrechea, global president e coo di Radisson Hotel Group, ha raccontato a Forbes la filosofia seguita dal gruppo, la recente apertura di Roma e i prossimi progetti in Italia e in Europa.
Partiamo dallo sviluppo della vostra catena
Siamo un’azienda globale con 1.350 strutture in 95 paesi, con dieci marchi leader del settore, tra cui Radisson Collection. La compagnia è nata nei paesi del nord Europa, per poi svilupparsi in Africa e Asia Pacifica. Il nostro modello di business si basa su asset light (franchising e management contract) e location in affitto che rappresentano i flagship hotel della compagnia. In Italia siamo passati da tre a 21 strutture, di cui 11 già aperte (sei Radisson Collection). L’obiettivo è arrivare a 30 hotel entro il 2027. L’Italia rappresenta, insieme alla Cina, il paese con la più alta concentrazione di questo marchio. Tra questi ci sono il Radisson Collection Hotel, Roma Antica, il Santa Sofia, il Palazzo Touring Club a Milano, il Palazzo Nani Venice, il Montemartini a Roma e il Grand Hotel Savoia a Cortina d’Ampezzo.
Qual è la filosofia imprenditoriale di Radisson in Italia e negli altri paesi?
Quello che ci caratterizza di più è la flessibilità, che si riferisce non solo al prodotto, ma anche alla capacità di adattarci al territorio e a esigenze e condizioni di mercato. Rispetto alle altre compagnie sul mercato, che lavorano principalmente sui ricavi, ci definiamo operatori. Con il modello management contract implementiamo una gestione di business che assicura un profitto alto in relazione all’investimento. Se è un hotel in franchising, invece, cerchiamo di comprendere il tipo di operatore che abbiamo davanti. Puntiamo a trovare il giusto equilibrio tra l’investitore, la parte creativa e l’operatore, con un certo adattamento, ma rimanendo fedeli all’identità del marchio.
Quali caratteristiche deve avere il vostro partner ideale?
La qualità della controparte è più importante del progetto. Oggi siamo nella condizione di scegliere con chi vogliamo rapportarci. Ci possono essere tre tipologie di partner: l’inve-
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stitore istituzionale, come Generali e Allianz, proprietari di tre nostri alberghi in Italia; il private equity, come Bain Capital, con cui stiamo aprendo un family resort a Firenze; oppure il gestore italiano con cui facciamo contratti di franchising. La capacità di dialogare con tre parti che hanno interessi differenti testimonia la nostra flessibilità, che si basa da un lato sull’aspetto finanziario, dall’altro sul mantenimento del risultato.
A fine marzo avete aperto il Radisson Collection Hotel, Roma Antica. Quali sono i servizi e i punti di forza di questa struttura?
La sua posizione privilegiata, in pieno centro storico, è sicuramente uno dei punti di forza. Oltre alla location, non bisogna dimenticare l’area archeologica sulla quale sorge l’albergo. Nell’interrato della struttura abbiamo infatti dei resti della Porticus Minucia che, secondo gli archeologi, ha ridefinito l’urbanistica della città. Quello che offriamo ai nostri ospiti sono visite guidate che partono dalla Porticus Minucia e finiscono nel rooftop dell’hotel, che offre una vista unica sulla città. Un percorso di tre ore dove si può visitare il Ghetto ebraico, il Campo di Marte, i Fori Imperiali, l’Altare della Patria e il Pantheon. Un altro punto forte è l’esperienza enogastronomica incentrata
Chema Basterrechea, global president e coo di Radisson Hotel Group. Nell’altra pagina, la vista dalla terrazza del Radisson Collection Hotel, Roma Antica.
sull’Italia: dalla carta dei vini al cibo locale, proponiamo una reinterpretazione in chiave moderna dei piatti tipici, come la carbonara o l’amatriciana. Dalla pasta ai dolci, tutto è preparato all’interno della nostra struttura con la più alta qualità.
Come pensate di emergere in un mercato dove l’offerta è già piuttosto ricca?
Roma è una città con svariati milioni di turisti ogni anno. Oggi il numero di progetti di hotel cinque stelle in fase di apertura è la chiara dimostrazione che siamo ancora lontani dalla saturazione dell’offerta.
Che progetti avete in mente per l’Italia e l’Europa?
Oggi siamo tra i brand più desiderabili dagli investitori. In Italia siamo presenti a Roma, Milano, Cortina d’Ampezzo, Venezia, Napoli e Ferrara. A giugno aprirà a Chia, in Sardegna, il Veridia Resort, a member of Radisson Individuals, che, dopo i lavori di ristrutturazione, sarà trasformato nel 2025 in un resort cinque stelle con il brand Radisson Collection. Entro ottobre aprirà il moderno Radisson Blu Bergamo, all’interno dell’innovativo sviluppo immobiliare di Chorus Life, ma non solo. Altri hotel in apertura il prossimo anno saranno il Radisson Blu Firenze, nuovo concept di urban resort con un focus sulla clientela famiglie, il Radisson Collection Como, meraviglioso cinque stelle nel centro della città di Como, e il Red che stiamo realizzando a Napoli, in centro, dove sorgeva fino a pochi anni fa la sede del giornale Il Martino. Cerchiamo di studiare il contesto per capire dove possiamo portare valore aggiunto. Quando decidiamo di investire in una determinata zona, lo facciamo sempre con i nostri capitali. Se pensiamo che il progetto sia fattibile, cerchiamo di capire le potenzialità del nostro sistema di commercializzazione e agire di conseguenza. Puntiamo a crescere ulteriormente in paesi e destinazioni chiave d’Europa. A Parigi è prevista l’apertura di un hotel cinque stelle in pieno centro, ma ci stiamo sviluppando anche nel Regno Unito, in Germania, Polonia e Turchia. Puntiamo a espanderci anche nel Sud-est asiatico, in particolare in Thailandia, Vietnam e India, dove portiamo avanti una strategia di sviluppo per diversi resort e marchi lifestyle, come Radisson Collection e Radisson Red. F
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di Maurizio Abbati
Le frontiere del benessere
Con 12 centri e sette hotel, il gruppo Qc vuole raddoppiare la sua presenza entro il 2026.
Nel mirino sia l’Italia che l’estero, con aperture anche negli Stati Uniti.
“New York ci ha dato grandi soddisfazioni”, dice Alberto Arrighi, direttore relazioni esterne
L“L’unico viaggio è quello interiore”, scriveva Rainer Maria Rilke. Lo stesso concetto che, nella sua accezione più moderna, rimanda alla ricerca del benessere, filo conduttore dell’attività del gruppo italiano Qc. Un’armonia che ispira tutti i centri, situati in contesti paesaggistici che vanno dalle Dolomiti al Monte Bianco, fino a Governors Island, e basati su percorsi sensoriali ed esperienze su misura. A fondare Qc, negli anni ’90, sono stati i fratelli Andrea e Saverio Quadrio Curzio. Partiti con i Bagni di Bormio, ereditati dal padre e acquistati quando erano stati quasi abbandonati, nel 1982, li hanno riportati all’antico splendore.
Una storia di famiglia, dunque, ma anche di capacità e intraprendenza manageriale che ha generato un gruppo in forte espansione, che ha oggi 12 centri e sette hotel in località come Bormio, Pré Saint Didier, Milano, Torino, San Pellegrino, Roma, Chamonix-Mont-Blanc, Garda e New York. Da qui si aprono le porte sul futuro, grazie all’ingresso nella società, nel 2017, del fondo White Bridge Investments. Nel 2023 il fatturato ha toccato i 147,5 milioni di fatturato, con un milione e 700mila ospiti nelle varie strutture e oltre 1.000 dipendenti.
“Qc è nata dalla realizzazione di un sogno, quella di un imprenditore, padre di Andrea e Saverio Quadrio Curzio, che ha portato a nuova vita un simbolo della decadenza del turismo termale clas-
sico come i Bagni di Bormio”, spiega Alberto Arrighi, direttore relazioni esterne e affari istituzionali del gruppo Qc. “Aver innescato questo sviluppo societario, immaginandone il percorso e aprendo a nuovi apporti finanziari, è stata la grande intuizione dei due fratelli. Un’intuizione che ci ha permesso di presidiare un comparto in forte evoluzione grazie al crescente interesse di quanti oggi vogliono vivere esperienze particolari di benessere”. Un gruppo che si apre al futuro, pronto a replicare il proprio modello di sviluppo guardando sia all’Italia sia all’estero, per raddoppiare la propria presenza entro il 2026, in un sistema articolato su spa, resort e strutture ricettive. Ma quali sono le linee di sviluppo? “Partirei con Milano dove, nei pressi del centro benessere, in autunno è prevista l’apertura di un hotel, anche per andare incontro alla crescita di domanda turistica che la città sta registrando. Come dimostrano le presenze nella struttura termale, che evidenziano una componente per il 60% straniera, con una forte presenza di giovani. Abbiamo poi iniziato i lavori per la riqualificazione delle terme Berzieri di Salsomaggiore, storico edificio liberty che ospiterà tutte le pratiche non umide di una nuova spa, mentre sauna e idromassaggi troveranno spazio nei locali dell’attigua ex centrale elettrica. Siamo convinti di dare un contributo al rilancio di una zona che ha subito la
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Alberto Arrighi
crisi del termalismo classico, ma ha grandi potenzialità. Tutto ciò entro la primavera 2025. Proseguiamo con Treviso, dove stiamo lavorando su un progetto che prevede un hotel con spa immersa in un parco. Per tornare a Milano, abbiamo un secondo progetto in atto: un concept che unisce struttura ricettiva a spa, dove è prevista la realizzazione del futuro headquarter del gruppo. Per rimanere in Lombardia, a Mandello sul Lario sorgerà una day spa che servirà a far crescere la domanda turistica sul lato meno frequentato del bacino, ma non per questo meno suggestivo. Chiudiamo il capitolo Italia con un progetto incentrato sulla Toscana, nella zona tra Firenze e Fiesole”.
Lo sguardo si allarga poi all’Europa, in un percorso di crescita che punta all’internazionalizzazione. “Un percorso già iniziato con l’apertura di Chamonix-Mont-Blanc, cui ha fatto seguito New York. Cominciamo dalla Svizzera, dove tra fine 2025 e inizio 2026 è prevista un’apertura a Pontresina, in un castello destinato a ospitare un hotel con spa. Poi al centro dell’attenzione c’è la Francia, e in particolare Parigi. Vicino alla capitale sorgeranno due centri benessere in altrettante strutture storiche”. Ma dietro l’angolo c’è anche la ten-
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tazione americana. “A luglio inaugureremo il secondo dei tre edifici acquisiti a New York, con nuove pratiche di benessere. E a febbraio 2025 completeremo la spa con il terzo edificio. La città ci ha dato grandi soddisfazioni e una spinta propulsiva verso un’espansione societaria nel paese che potrebbe proseguire presto con la Florida”.
Il benessere, dunque, si conferma una chiave importante di sviluppo, legata ai nuovi stili di vita e alle esigenze di una società in forte evoluzione. “Il crollo del termalismo classico è dovuto a una serie di fattori, come la previsione di lunghe permanenze a fini terapeutici che oggi non funzionano più. Si avverte invece il bisogno di ritagliarsi in ogni momento dell’anno brevi spazi di benessere personale, recidendo per un momento il filo che ci lega alla vita quotidiana e ai suoi ritmi stressanti. Quello che gli americani chiamano ‘me time’, ovvero tempo per sé, è una formula perfetta da vivere in coppia. Puntiamo a far vivere questo tipo di esperienze dove non c’è più solo una vasca con l’acqua calda, ma si offrono suggestioni e momenti da ricordare, anche con l’ausilio della tecnologia, come avviene con la vasca cinema di Milano. Sono queste le nuove frontiere dello star bene”. F
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La struttura di Qc a Chamonix
di Rachele Di Stefano
Parata di stelle
Torna That’s Amore Capri, la rassegna annuale dedicata alla solidarietà, alla musica e alla cultura. L’evento principale si terrà alla Certosa di San Giacomo il 7 settembre, con la partecipazione di Nino Frassica e Loredana Berté
ÈÈ partita ad aprile la nuova edizione di That’s Amore Capri, la rassegna annuale dedicata alla solidarietà, che dal 2019 porta sull’isola eventi all’insegna di cultura, spettacolo e alta cucina. “La manifestazione è nata per dare a Capri una kermesse di alto profilo e per sostenere Soleterre Onlus, fondazione che lavora per garantire il diritto alla salute a giovani pazienti oncologici attraverso progetti volti al miglioramento delle loro vite”, ha spiegato Valerio Pagano, direttore artistico di That’s Amore Capri. “Volevamo andare contro la tendenza di un turismo solo estivo, e lo abbiamo fatto proponendo iniziative di qualità organizzate anche al di fuori dei tradizionali periodi di alta affluenza di persone sull’isola”. Per questo l’edizione 2024 è partita ad aprile e terminerà, per la prima volta, a dicembre. L’evento principale si terrà alla Certosa di San Giacomo il 7 settembre e vedrà la partecipazione di due ospiti d’onore: Nino Frassica e Loredana Bertè, che sarà in tournée con il Ribelle Summer Tour 2024. Chairman di questa edizione sarà lo showman Francesco Cicchella, che, dopo due anni da protagonista sul palco, è al lavoro con il direttore artistico per l’edizione in corso da dietro le quinte. Sono stati molti i nomi importanti protagonisti delle passate edizioni: artisti come Stefano De Martino, Biagio Izzo, Francesco Paolantoni, Enrico Ruggeri, i The Kolors, Rudy Zerbi, Enrico Ruggeri, Maurizio Casagrande, Peppino di Capri ed Erminio Sinni; fino all’ospite d’onore dell’ultima edizione, Mr. Rain.
Per la prima volta, la kermesse si apre anche al mondo delle discoteche, portando sull’isola due tra i dj più noti in Italia. Il primo è Albertino, tra i fondatori di Radio Deejay e attualmente direttore artistico di Radio m2o. Il secondo è Prezioso, dj eclettico, produttore discografico, conduttore di programmi a Radio Deejay e m2o. Spazio anche alla cultura, con visite guidate alla scoperta dell’isola e momenti di riflessione su tematiche attuali. Altro appuntamento sarà la cena di gala al ristorante Da Paolino, che coniuga alta cucina e spettacolo. La proprietaria Michela De Martino, quest’anno alla vicepresidenza dell’associazione che organizza la kermesse, è attivissima per la crescita della rassegna.
Tornerà anche la rassegna culinaria d’autore realizzata dal ristorante Da Tonino in collaborazione con That’s Amore Capri. Quest’anno il tema sarà ‘Fra le stelle di Dentecala’: Salvatore Aprea aprirà il suo ristorante a chef stellati che saranno suoi ospiti, con una serie di appuntamenti all’interno della kermesse.
“La rassegna culinaria vuole promuovere il nostro territorio anche attraverso la cucina, che è un punto forte della nostra cultura. La manifestazione sta crescendo, anche grazie al supporto di partner come Hyundai e Autosantoro, che condividono gli ideali di valorizzazione del territorio della rassegna, diventando un punto focale del calendario culturale dell’isola e non solo. Ma il motore di tutto rimane sempre la solidarietà”. F
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Loredana Berté
di Penelope Vaglini
Un sorso di eccellenza
Il rum della Appleton Hearts Collection è profondamente legato alla Giamaica e nasce dall’incontro tra Luca Gargano, fondatore di Velier, e Joy Spence, master blender di Appleton Estate
UUna collezione ambita dagli estimatori di rum e dai collezionisti più lungimiranti, che dal 2020 (anno della prima release di Appleton Hearts Collection) non si sono lasciati scappare neanche una delle speciali etichette selezionate da Luca Gargano, fondatore di Velier e tra i massimi esperti mondiali del distillato di canna da zucchero e Joy Spence, master blender di Appleton Estate. La gamma di single marks 100% pot still in edizione limitata ha segnato la prima serie di millesimati mai rilasciati dalla distilleria giamaicana e oggi prosegue con la release 1998. Un blend di 19 barili selezionati dalla coppia di esperti tra quasi 200mila unità conservate nella distilleria di Appleton Estate, contenente rum distillato in alambicco Forsyths e imbottigliato a 63° dopo 25 anni di invecchiamento nel clima tropicale dell’isola. Appleton Hearts Collection è nata quattro anni fa dall’incontro di Gargano e Spence, che degustarono privatamente i preziosi liquidi contenuti nei barili della distilleria, selezionando vintage pot still dalle caratteristiche uniche, con l’idea di imbottigliare i colori e gli aromi che hanno fatto la storia dei prodotti di Appleton Estate, mai mostrati al pubblico singolarmente prima dell’avvio di questo progetto. Come l’edizione del 1984, il più vecchio 100% pot still rum totalmente invecchiato in clima tropicale mai imbottigliato: ne sono state prodotte solamente 1.800 bottiglie, rilasciate sul mercato nel 2021. Le annate 1993 e 2002, invece, sono state selezionate da 13 e da 20 barili. La prima ha intensi aromi di noce moscata e cannella, che rivelano la freschezza della menta e sentori dolci di caramello e vaniglia. La seconda conquista con note di fiori
d’arancio, melassa e caffè, con la nota morbida del miele al sorso. Il nome Hearts Collection è stato scelto per esprimere il legame con la Giamaica, terra verde ricca di natura, e rappresenta la maestria della distilleria e il suo heritage pluricentenario. “Questa collezione, di cui abbiamo prodotto una quantità davvero limitata, è stata accolta in maniera molto positiva”, racconta Joy Spence a proposito della collaborazione con Velier, aggiungendo qualche consiglio sulla degustazione delle bottiglie. “The Hearts Collection va gustato pulito, in un bicchierino, per meglio assaporare questo nettare”. Un’emozione riservata ai pochi fortunati che potranno provare queste selezioni. F
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La release 1998 di Appleton Hearts Collection.
Da quando Jannik Sinner è diventato l’idolo degli italiani, facendo appas sionare al tennis intere generazioni come non si vedeva dai tempi di Panatta e Pietrangeli, il mondo del food si è sbizzarrito nel dedica re piatti, pizze, cocktail e gelati al campione altoatesino. Se lo chef Da vide Oldani gli ha intitolato un dessert a base di carota, mandorla e profumo di caffè, anche il gelatiere campione del
FORBES TRENDS
Sulle tavole del fine dining italiano il pane è stato spesso l’anello debole dell’esperienza gourmet: all’attenzione agli impiattamenti, alla qualità delle materie prime e (in tempi più recenti) alla filiera corta, infatti, non sempre ha fatto eco un’analoga cura per il pane da portare in tavola. Da qualche tempo le cose sono cambiate: dai grissini homemade alle pagnotte, fino alle schiacciate, ormai grani antichi e lievito madre sono due costanti imprescindibili. Con un corollario, però. I ristoranti si stanno specializzando sui pani d’alta qualità, ma quando i loro laboratori non riescono a produrre le tipologie più trendy, si appoggiano sempre più spesso a forni e panettieri, che a loro volta fanno a gara per rifornire le tavole stellate.
mondo Eugenio Morrone ha omaggiato Jannik con una combinazione di mandarino, carota e limone. Una pizza ispirata a Jannik Sinner è stata creata sia a Londra che a San Candido (Bz), nel paese d’origine del tennista, mentre il mondo della mixology gli ha dedicato un drink, grazie al barman Danilo De Rinaldis e al suo ‘We Are Sinners’, a base di liquore al caffè, gin, lime, zenzero e cocco.
Lo sancisce un recente report di Sigep, lo confermano le prime visite stagionali nelle gelaterie italiane: sono in antitesi – da un lato la territorialità, dall’altro l’esotico - i due maggiori trend del settore. Ad esempio, il presidente della Coppa del Mondo, il maestro udinese Giancarlo Timballo, spiega che per l’estate 2024 creerà nuovi gusti attingendo dalle tradizioni locali e lavorando sui prodotti del territorio, per i quali la richiesta dei consumatori, sempre più attenti e aggiornati, è alta. Ma nella hit parade dei gusti più in voga per l’estate non mancano mango e frutto della passione, con un boom della frutta esotica.
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di Marco Gemelli
FORBES DESIGN
di Valentina Lonati
Una seduta che è un manifesto di vita consapevole. Presentata nel 2023 da One to One, la Oto Chair ha già ricevuto numerosi premi per il suo carattere virtuoso: realizzata con plastica riciclata post-industriale proveniente dai rifiuti marini, viene prodotta in un unico stampo e venduta da montare in un packaging salvaspazio ed ecologico. Per l’ultima Design Week, il designer Alessandro Stabile e lo studio Martinelli Venezia l’hanno reimmaginata dipingendola di colori multiformi, imperfetti e imprevedibili. Una celebrazione del difetto e dello scarto.
Risultato della collaborazione tra Caimi e il giovane designer taiwanese Hsiang Han Hsu, conosciuto in occasione del Padiglione Satellite del Salone del Mobile del 2023, Biosphere è un tessuto fonoassorbente che deriva da una ricerca in ambito acustico unita a un’estetica ispirata al mondo naturale e agli elementi. Dotato di tecnologia Snowsound-Fiber Textile, Biosphere possiede una funzione acustica che consente di creare ambienti riconcilianti attraverso l’uso di questo tessuto per tendaggi, rivestimenti d’arredo e murali. Un prodotto tessile che promuove il benessere fisico e mentale.
Progettato dal designer siciliano Giuseppe Arezzi per l’azienda Campeggi, Brando è una nuova interpretazione del letto da campo, realizzata in legno di frassino e tessuto. Classe 1993, con un interesse progettuale per la trasformabilità e la multifunzionalità degli oggetti, Arezzi ha dato forma a un arredo pensato per adattarsi alle più svariate esigenze del vivere quotidiano: grazie al sistema a fisarmonica, da chiuso il letto si trasforma in una panca imbottita attraverso l’aggiunta di un cuscino reclinabile. Una branda contemporanea che nasce da pochi elementi, in ottica minimalista e funzionale.
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FORBES CARS
di Serena Cappelletti
Un viaggio dal Nord Italia alla Svezia con una piccola suv elettrica premium a emissioni zero: è quello che un gruppo di giornalisti ha fatto a metà maggio a bordo di varie Volvo EX30. Vettura che mantiene le aspettative di autonomia - 470 km con una ricarica - e, con consumi attorno ai 17 kWh/100 km e qualche sosta di ricarica, vince in piacere di guida e sicurezza. Nonostante la tecnologia automotive elettrica sia agli esordi, la svedese se l’è cavata egregiamente dal Volvo Studio di Milano al World of Volvo di Göteborg, sede della casa. Una dimostrazione di efficienza della compatta green (da 36mila euro) che ha macinato 2.091 km senza ansia da ricarica, con le stazioni per il pieno rapido suggerite dal computer di bordo e le giuste soste notturne per una ricarica più dolce, alternata.
Jaguar ha 90 anni, ma è ancora una ragazzina piena di voglia di stupire. Lo dimostra la suv di lusso F-Pace 90th Anniversary Edition, modello speciale creato per l’anniversario. Basata sulla versione R-Dynamic, ha un esclusivo badge e raffinate opzioni esterne, come vernici selezionate, tetto panoramico scorrevole e tecnologia 3D surround camera. All’interno, sedili sportivi con cuciture a contrasto, rivestimento del padiglione ebony, finiture in alluminio e, soprattutto, cerchi in lega diamantati. Disponibili il mild-hybrid e l’electric hybrid plug-in. Quest’ultimo promette 64 km di autonomia in solo elettrico, con la possibilità di ricarica rapida a corrente continua da 0 all’80% in 30 minuti. Un antipasto, in vista della trasformazione in brand interamente elettrificato a partire dal 2025.
Ordinabile da giugno, con prime consegne dopo l’estate, la Cupra Tavascan è la prima suv coupé elettrica della casa spagnola. Frontale detto ‘shark nose’, ossia naso di squalo, linee del montante dietro che si raccordano allo spoiler, tanta grinta. Dentro, il tunnel centrale che pare una spina dorsale e rivestimenti di sedili e pannelli da vera premium. La vettura si guida in due configurazioni: con motore posteriore da 286 CV e 545 Nm, oppure vz, con in più un propulsore all’avantreno, per 340 CV e coppia di 680 Nm. Il tutto animato da una batteria da 77 kWh. Da 52.600 euro.
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“Lavorare senza sentire voci esterne e rumori che disturbano ma non isolarsi totalmente come accade con le cuffie”. Questo l’obiettivo primario del progetto Silente dell’azienda veneta Luxy. La poltrona smart è sviluppata in collaborazione con Ntt Sonority Corp e Tangity, il design studio che lavora all’interno del gruppo mondiale giapponese Ntt Data. Se vogliamo ascoltare la musica o guardare un film, Silente
I rumor tra gli analisti di Apple lo ipotizzavano pieghevole, ma il nuovo iPad Pro pieghevole non lo è affatto. Integra un chip potentissimo, l’M4, ha un display di grande luminosità e precisione Ultra Retina Xdr e offre ai suoi acquirenti una Pencil Pro. Quando viene usata, la penna, possiamo perfino appoggiare la mano sullo schermo come fosse un foglio di carta, e qui prendere appunti, disegnare, abbozzare progetti. Il modello da 11 pollici è ultrasottile: 5,3 millimetri. Mentre quello da 13 risulta ancora più sottile: 5,1 mm, e pesa poco meno di 450 grammi. Il nuovo device targato Cupertino viene fornito in due colori, argento e nero siderale, con un ‘guscio’ realizzato in alluminio riciclato, segnalando la buona volontà della Apple nel rispetto dell’ambiente. Sorprendente la luminosità del display 1.000 nit per i contenuti sdr e hdr, con picchi di 1.600 nit per hdr.
ci permette di non disturbare le persone o i colleghi che sono nel nostro ambiente. Integra funzioni psz (personal sound zone) e iml (intelligent microphone). Silente rispetta anche l’ambiente, poiché realizzata con rivestimenti ecosostenibili. Con questa poltrona siamo di fronte a uno di quei casi virtuosi di joint venture tra il nostro tessuto mani fatturiero e le tecnologie che applica no la regola del ‘by design’.
Indossare uno smartwatch che controlla il nostro stato di benessere e invia le noti fiche via telefono, è un’a bitudine ormai diffusa, che riguarda un universo ampio di consumatori. L’istituto Canalys stima un flusso di consegne dei prodotti di 45 milioni di pezzi a trimestre. Huawei ha lanciato uno smartwatch denominato Watch Fit 3, che si presenta con una forma squadrata, come altri prodotti sul mer cato. L’azienda ha trovato però una chiave diversa de finendolo Fashion Squared. Il peso è da record: appena 26 grammi che non gravano sul polso. La luminosità del display è di 1.500 nit. Molto efficace la co rona girevole laterale che permette di spaziare tra le app. Connesso allo smar tphone, avvisa con notifiche con una vibra zione molto intensa. Integra anche uno spe aker e un microfono. Batteria da 400mAh, con durata fino a una settimana.
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FORBES TECH
di Gabriele Di Matteo
di Cristina Mercuri
FORBES LIFE WINE
Donne vulcaniche
Alle pendici dell’Etna Carla Maugeri, Laura Orsi, Margherita Platania e Josè Rallo dirigono importanti realtà vinicole con prodotti che riflettono il territorio
LLe donne dell’Etna hanno imparato da generazioni ad ascoltare la loro terra, a interpretare in chiave contemporanea vini che oggi risultano tra i più richiesti in Italia e all’estero (oltre 5,8 milioni di bottiglie, con l’export che supera il 40% della produzione). Ma chi sono i volti dietro questo successo?
Partiamo con Carla Maugeri, proprietaria e managing director di Maugeri. Intuito e raffinatezza l’hanno portata a ricostruire i terrazzamenti con muretti a secco e rimettere a nuovo un vigneto a Milo, sul versante sud-est del vulcano. Oggi produce bianchi e un rosato da vitigni autoctoni dal posizionamento super premium. I suoi vini la rispecchiano: controllati, precisi, densi e profondi. Il rosé, in particolare, ha un colore tenue delicatissimo, naso di pesca e rosa canina, con una lieve nota iodata. Il palato mostra un frutto maturo ma mai esuberante, donando slancio aggiuntivo alle acidità sempre vibranti. Il legno è dosato con cura insieme all’uso delle fecce in riduzione, dando precisione al frutto e definizione alla texture stratificata.
di appartenenza al territorio etneo: altitudine di oltre 800 metri, esposizione a ovest e suoli particolarmente poveri determinano un Nerello Mascalese assertivo, con palato vibrante e lievemente salino.
Margherita Platania è proprietaria di Feudo Cavaliere. Responsabile del successo di questa cantina, che oggi produce circa 30mila bottiglie, l’enologa ha dato nuova vita alle vigne di famiglia, che si trovano dai 1000 ai 900 m di altitudine sul versante sud del vulcano. La manualità di tutte le operazioni è volta a creare vini che dimostrino il potenziale evolutivo dell’Etna: il Millemetri rosso, presente sul mercato con l’annata 2013, è infatti il risultato del rispetto dei vigneti, che donano frutta concentrata, e di un processo produttivo che premia l’enfatizzazione del frutto con contenitori inerti e lunghi affinamenti a contatto sulle fecce e in bottiglia. Il vino si mostra giovanile, dominato da frutti rossi croccanti e dal tannino levigato e perfettamente integrato. Infine Josè Rallo, proprietaria e ceo di Donnafugata. Dopo gli studi al Sant’Anna di Pisa, entra in azienda negli anni ‘90 e oggi guida gli oltre 400 ettari (per circa due milioni di bottiglie) divulgando il brand e i valori aziendali. Josè è una donna carismatica, con un talento non solo per il business, ma anche per il canto. La sua linea contemporanea regala vini definiti, slanciati, dai tannini sapientemente gestiti e dal finale evocativo del territorio. Sul Vulcano Carricante è preciso nel frutto, con note di cedro e acacia, e delizioso al palato con acidità brillante e corpo lineare. F
Poi c’è Laura Orsi, enologa responsabile di Tasca D’Almerita. In carica dal 2004, supervisiona tutti i vini delle tenute della famiglia Tasca, che oggi produce circa quattro milioni di bottiglie. Il suo approccio è quello di formare e informare una squadra consapevole, tracciando un filo conduttore che lega i vini delle tenute a un’estrema leggiadria del corpo e qualità dei tannini. Il Tascante Contrada Rampante, ad esempio, premia il frutto e il senso Il Millemetri rosso di Feudo Cavaliere.
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LIVING MILANO
di Alessia Bellan
Centro di gioventù permanente
Migliorare la qualità di vita e combattere gli effetti dell’invecchiamento: questa la mission di Image Regenerative Clinic, la prima clinica rigenerativa in città che coniuga una profonda conoscenza scientifica nello sviluppare terapie innovative con l’eccellenza della medicina estetica antiaging e una sapiente chirurgia plastica ricostruttiva. Diretta da Carlo Tremolada, nome importante nel campo della chirurgia plastica e per l’expertise nella ricerca sul funzionamento rigenerativo di cellule e tessuti, nonché inventore del metodo Lipogemsâcon, un’équipe di medici è alla ricerca di metodi all’avanguardia, mix di trattamenti medici, medi-estetici e chirurgici per garantire un’esperienza rigenerativa globale. Con 11 studi specialistici, un’area dedicata alla mediestetica per trattamenti healthy beauty viso e corpo e di skincare anti-age evoluti, un blocco operatorio con tre ambulatori chirurgici, la sede di via Mascagni 14 è il primo centro europeo totalmente dedicato alla branca della medicina che ottimizza le potenzialità naturali del corpo di autorigenerarsi. E per chi vuole raggiungere in breve tempo risultati visibili e trovare la forma migliore in vista dell’estate, non possono mancare i trattamenti Ageless Viso e Body.
DÉJEUNER SUR L’HERBE
Un’esperienza gastronomica unica sotto il cielo d’estate. Peck-Nic è la nuova sfiziosa proposta della più famosa gastronomia nel cuore della città, pensata per trasformare il pranzo o l’aperitivo in un pic-nic nel verde del parco di CityLife. Un rito antico unito al piacere del miglior cibo con il più classico ce-
stino di vimini, da ritirare all’orario prestabilito da Peck CityLife in piazza Tre Torri, con tutto l’occorrente per un’esperienza spensierata e di alta qualità: tovaglia, posate e bicchieri, oltre alle pietanze firmate Peck e i vini o le bollicine dalla selezione della cantina in abbinamento. Sei le proposte di menù,
Un attico nel
salotto della città
con la possibilità di personalizzare il cestino direttamente al banco: dai piatti freschi, come la caesar salad, lo storione alla catalana, il riso mare o il panino con il roast beef, ai mondeghili, i gamberi in salsa cocktail e i classici panini al latte farciti. E per finire in dolcezza, la crostata ai lamponi e di albicocche o il plumcake all’arancia. Il parco di CityLife, terzo più grande della città, si estende su una superficie di 17mila metri quadrati: alberi, prati, orti urbani e specchi d’acqua su cui svettano le torri progettate da archistar di fama internazionale. Nel parco si possono ammirare anche le opere permanenti di ArtLine Milano, un progetto del Comune di Milano, e pranzare circondati dagli Orti Fioriti, un’area verde di oltre cinquemila metri quadrati realizzata in collaborazione con Associazione Orticola di Lombardia, che prevede coltivazioni di erbe aromatiche e officinali, fiori e ortaggi.
Una formula di ospitalità innovativa che coniuga l’eleganza di un appartamento di lusso con tutte le comodità dei servizi di un hotel cinque stelle: AllegroItalia Montenapoleone è una Penthouse Suite deluxe di 200 metri quadrati, modulabile in tre attici. Il nuovo indirizzo chic sotto i tetti del ‘Salotto di Milano’ può ospitare fino a dieci persone, con quattro camere da letto che comprendono cabina armadio, una zona living con camino e divano letto, cucina abitabile con zona pranzo, oltre a due terrazze. Nel quadrilatero della moda Allegroitalia Hotels & Resorts propone anche le suite di via San Pietro all’Orto 6, ambienti eleganti e raffinati che si contraddistinguono per gli arredi firmati Armani Casa e pensati per viaggiatori sofisticati che amano lo stile e il design minimalista.
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LIVING ROMA
La bellezza del mondo di TESTINO
A Palazzo Bonaparte è stata appena inaugurata e sarà visitabile fino al 25 agosto la mostra a cura di Arthemisia che porta a Roma un progetto completamente nuovo di uno dei più grandi maestri della fotografia contemporanea: A Beautiful World di Mario Testino. Il fotografo negli ultimi sette anni ha visitato circa 30 paesi - fra cui Kenya, Giappone, Myanmar, Guatemala, Perù, Marocco, Namibia, Uzbekistan, Etiopia, Congo e Pakistan - e realizzato oltre 70 fotografie di grande formato che vengono esposte insieme per la prima volta. Uno scorcio inedito per Testino, che si allontana dalla fotografia di moda - genere in cui viene riconosciuto fra i più grandi della sua generazione - e si focalizza su immagini di un’incredibile varietà di abiti e costumi tradizionali ma allo stesso tempo innovativi, indossati dalle genti che continuano a preservarne e tramandarne le origini. Così coglie la bellezza attraverso occhi nuovi e inaspettati, in volti, luoghi e tradizioni che scopre e rende eterni con questi scatti. A tal proposito Testino ha dichiarato: “Fin dall’inizio di questo progetto ho sentito di doverlo chiamare A Beautiful World perché stavo scoprendo nuovi tipi di bellezza in luoghi in cui non avevo mai cercato prima”.
Hurry up, Marcello!
LA DOMENICA È BULGARI BRUNCH
Paparazzi, divi del cinema, mondanità, grande fermento intellettuale e artistico: nessuna città al mondo significa Dolce Vita come Roma. L’Hotel de la Ville celebra il centenario della nascita del protagonista de La dolce vita, Marcello Mastroianni, con l’itinerario ‘Hurry up, Marcello!’. Proprio così la co-protagonista Anita Ekberg invitava Mastroianni a entrare nella Fontana di Trevi: “Marcello, come here. Hurry up!”. Questa indimenticabile battuta del capolavoro felliniano del 1960, ha ispirato l’itinerario esclusivo a bordo di una Fiat 500 d’epoca decappottabile con un motore elettrico, con cui gli ospiti dell’indirizzo Rocco Forte Hotels di via Sistina diventano protagonisti come i divi hollywoodiani delle magiche notti romane. E, guidati da un autista, visitano i luoghi resi immortali dal film. Il brunch domenicale del Bulgari Hotel Roma è divenuto un must che rivisita il tradizionale pranzo della domenica anglossassone in versione italiana con il menu firmato dallo chef Niko Romito. Un appuntamento fisso per la bella stagione - dalle 12 alle 15 - al quinto piano dell’hotel, tutte le domeniche. Un sontuoso buffet accoglie gli ospiti, che possono servirsi liberamente e accomodarsi all’interno de Il Ristorante, oppure in terrazza, con vista sul Mausoleo di Augusto. Il menu varia con classici italiani come l’insalata di polpo e patate, il carpaccio di spigola, il vitello tonnato, l’insalata di carciofi e gli speciali: primi e secondi caldi, scelti dallo chef a seconda della stagione.
GIUGNO, 2024
di Mara Cella
MARIO TESTINO, JAPAN 2019.
LIVING
Mix di sapori da tutto il mondo
Il Summer Fancy Food torna a New York, dal 23 al 25 giugno, presso il Javits Center, promettendo tre giorni intensi di innovazione culinaria e networking globale. Con una vasta gamma di espositori americani, internazionali e italiani, il palcoscenico è pronto per accogliere i gusti del mondo. Grazie al contributo dell’Italian Trade Agency,
guidata negli Stati Uniti dalla neonominata Erica Di Giovancarlo, l’Italia brilla con la sua eccellenza gastronomica. Il sogno americano resta vivo e pulsante, con numerose aziende che mirano a conquistare e consolidare il mercato statunitense. Un’opportunità per gli imprenditori, pronti a sfruttare questa vetrina per espandere il proprio business oltreoceano.
NEW YORK
di Aka Sarabeth
70 ANNI CON GUSTO
In concomitanza con il Summer Fancy Food e per celebrare il suo 70esimo anniversario, il Consorzio Tutela Grana Padano presenterà un evento esclusivo. Il 24 giugno, gli amanti della gastronomia italiana avranno l’opportunità di
partecipare a un aperitivo al Bar 65 al Rockefeller Center di New York. Questo incontro di élite, che vedrà la partecipazione dei membri del consorzio, di giornalisti e influenti personalità, celebrerà il ricco patrimonio culinario italia-
no. Lo skyline di New York e Central Park faranno da sfondo, la Rainbow Room sarà sullo stesso piano. A rendere l’occasione ancora più affascinante sarà uno show-cooking creativo, che intratterrà gli ospiti offrendo un’esperienza unica.
PRONTO 911? RISPONDE UN DRONE
A New York, la polizia risponde alle chiamate al 911 con l’ausilio dei droni. In quattro distretti, incluso Central Park, il New York Police Department (Nypd) prevede di impiegare questi velivoli per affrontare le emergenze. Il programma pilota sarà avviato nei prossimi mesi nel Bronx, tre distretti di Brooklyn e Central Park, scelti in base all’incremento della criminalità. Le stazioni dei
distretti saranno attrezzate per ospitare due piattaforme di droni, gestite dal quartier generale della polizia a Lower Manhattan. Questo permetterà agli agenti sul campo di ricevere video e telemetrie per migliorare la loro efficacia e sicurezza. Sebbene l’uso dei droni sia aumentato notevolmente per pattugliamenti e operazioni di sicurezza, c’è chi critica questa pratica per possibili violazioni dei diritti civili.
161 FORBES.IT GIUGNO, 2024
“Io sono un cervello, Watson. Il resto di me è una semplice appendice.”
Arthur Conan Doyle
“Il mondo è in movimento perpetuo e dobbiamo inventare le cose di domani... Agite con audacia.”
Madame Clicquot
“Anche se la situazione o la sfida è molto complessa, di solito la soluzione più semplice è quella giusta.”
Roxanne Quimby
“Erano un popolo strano e mercantile, questi americani. Non si sapeva mai cosa poi avrebbero potuto inventare.”
Lauren Willig
“La paura è un eccellente motivatore. Trovo che tiri fuori la vera ingegnosità di una creatura.”
M.D. Elster
“Si riscontrerà, alla fine, che l’ingegnoso ha sempre fantasia, e che chi è davvero creativo non è altro che analitico”
Edgar Allan Poe
“Più mi sforzavo di superare le mie paure, più mi rendevo conto che era la mia immaginazione a fermarmi.”
Amy Vitale
“I fatti non sono tutto; almeno metà della battaglia consiste nel modo in cui li si utilizza.”
Fedor Dostoevskij
PENSIERI E PAROLE
Ingegnosità
“Io invento, poi aspetto che l’uomo abbia bisogno di ciò che ho inventato.”
Buckminster Fuller
“Ogni volta che scoprivo qualcosa di notevole, segnavo la mia scoperta su carta, affinché tutte le persone ingegnose ne fossero informate.”
Antonie van Leeuwenhoek
“Hanno cercato di essere troppo astuti, e questo è stato il loro fallimento.”
Agatha Christie
“Solo una mente libera da impedimenti è capace di cogliere la bellezza caotica del mondo. Questo è il nostro più grande patrimonio.”
Oliver Bowden
“Potresti essere povero, le tue scarpe potrebbero essere rotte, ma la tua mente è un palazzo.”
Frank McCourt
PENSIERO FINALE
“Considerate il genio dimostrato nello scoprire soluzioni alternative per ciò che scarseggiava durante la guerra. I laboratori di ricerca delle imprese private hanno compiuto miracoli.”
B.C. Forbes
162
FORBES.IT GIUGNO, 2024
THE GARDEN INTRIGUE, DI LAUREN WILLIG; IL TACCUINO DI SHERLOCK HOLMES, DI ARTHUR CONAN DOYLE; FOUR KINGS, DI M.D. ELSTER; DELITTO E CASTIGO, DI FËDOR DOSTOEVSKIJ; POIROT A STYLES COURT, DI AGATHA CHRISTIE; ASSASSIN’S CREED, DI OLIVER BOWDEN; LE CENERI DI ANGELA, DI FRANK MCCOURT; I DELITTI DELLA RUE MORGUE, DI EDGAR ALLAN POE.
GETTYIMAGES
NUOVO ALFA ROMEO STELVIO TRIBUTO ITALIANO. EMOZIONE PURA.
Consumo di carburante gamma Alfa Romeo Stelvio benzina e diesel (l/100 km): 11,8 – 5,7; emissioni CO 2 (g/km): 267 – 150. Valori omologati in base al ciclo misto WLTP, aggiornati al 01/11/2023, e indicati a fini comparativi