INSIDE
28 | Con le eccellenze italiane, a fianco degli imprenditori Francesco Canzonieri, dopo un percorso professionale straordinario nelle più grandi istituzioni finanziarie, ha fondato Nextalia, la sgr dedicata al private market italiano. È convinto che il private equity possa svolgere un ruolo cruciale nel colmare il divario di investimenti, sostenendo lo sviluppo delle aziende e focalizzandosi sull’innovazione e sulla creazione di valore a lungo termine. E i risultati gli stanno dando ragione. Forbes lo ha intervistato.
di Alessandro Mauro Rossi
11 | Cambiano gli equilibri economici
Per stare al passo bisogna investire
Alessandro Mauro Rossi
12 | La banca nel destino
Andrea Giacobino FRONTRUNNER 15 | Golden goal
18 | Guadagni da Re
24 | Le frontiere della sostenibilità
COVER STORY
28 | Con le eccellenze italiane, a fianco degli imprenditori
Alessandro Mauro Rossi
34 | L’empatia
è l’anima del successo
Alessandro Dall’Onda
THE
36 | I 100 volti del marketing e della comunicazione
THE INVESTIGATION
CONTRARIAN
55 | A scuola di impresa
Attilio Nucetti
58 | L’ora della sicurezza
Enzo Argante
20 | Innovation people
Giovanni Iozzia
22 | Social responsibility
Enzo Argante
23 | Space news
Emilio Cozzi
46 | Auto-scontro
Tommaso Carboni
50 | L’ago della bilancia
Cosimo Maria Palleschi
52 | Lo spazio secondo Draghi
Emilio Cozzi e Matteo Marini
BEST IN CLASS
61 | Maestri del saper fare
Lavinia Desi
64 | Sorridere al business
Raffaella Galamini
66 | La signora dell’oro
Raffaella Galamini
68 | Al passo con i tempi
Attilio Nucetti
70 | Dove va la pubblicità
Danilo D’Aleo
BRANDVOICE
con Ristogolf
72 | Golf e cucina fanno bene
HEALTHCARE
75 | Una sana formazione
Viola Sturaro
78 | Sfide per il futuro
Maurizio Abbati
80 | Questione di vita
Elisa Serafini
82 | Logistica di valore
Maurizio Abbati
83 | L’arte di dire no
Agostino Desideri
84 | Ricerca senza sosta
Massimiliano Carrà
86 | Oltre la cura
Andrea Celesti
90 | La salute è uguale per tutti
Elisa Serafini
92 | Specialisti della sanità
Maurizio Abbati
95 | Modello alternativo
Maurizio Abbati
96 | Attenzione globale
Andrea Celesti
BRANDVOICE
con Lyreco Italia e Corman
98 | Dalla parte del benessere
UNDER 30
100 | Aiutanti digitali
a cura di Daniele Rubatti
BRANDVOICE con Careisgold
110 | L’età dell’oro
GOOD STORIES
113 | Prima il consumatore
Primo Marzoratti
116 | Uno scudo dalle minacce
Andrea Celesti
118 | Accoglienza alla milanese
Penelope Vaglini
120 | I pilastri della competizione
Marco Gemelli
121 | In cerca di eccellenza
Marco Gemelli
123 | Ognuno al suo posto
Luigi Dell’Olio
127 | Un valido alleato
Agostino Desideri
SMALL GIANTS
A cura di Piera Anna Franini
129 | Dove l’innovazione va in porto
131 | L’onda della robotica
EICMA
a cura di Daniele Mancin
135 | Il motore della passione
138 | Ritorno in grande stile
139 | Il meglio dei due mondi
140 | Il numero perfetto
141 | Superare le convenzioni
142 | Un altro sport
143 | Giro d’onore
144 | Cambio di marcia
FORBES LIFE
147 | Ad alto tasso di celebrità
Susanna Tanzi
150 | Destinazioni in rosa
Anna Della Rovere
152 | Il turismo per tutti
Marco Gemelli
154 | Coltivare bellezza
Cristina Mercuri
155 | Forbes design
Valentina Lonati
156 | Forbes tech
Gabriele Di Matteo
158 | Forbes trends
Marco Gemelli
LIVING
159 | Milano Alessia Bellan
160 | Roma Mara Cella
161 | New York Aka Sarabeth
162 | Pensieri e parole
Responsabilità
NOVEMBRE, 2024 | VOLUME 85
Mensile registrato presso il Tribunale di Milano al n°260 del 7 settembre 2017
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PEOPLE IN FOCUS
Quattro personaggi sotto i riflettori, scelti dal direttore di Forbes Italia
RICCARDO DI STEFANO
Presidente dei Giovani
Imprenditori. Una macchina da guerra, un lavoratore infaticabile, un organizzatore geniale, come dimostra l’ultima kermesse di Capri. Che altro si può dire di Riccardo, stella nascente, anzi consolidata, dell’universo confindustriale italiano?
RICCARDO MONCO
Ora ha davvero le mani in pasta. Dopo 30 anni passati nella tristellata cucina dell’Enoteca Pinchiorri, a Firenze, da qualche tempo lo chef è entrato nella proprietà del locale, aperto nel 1972 da Annie Féolde e Giorgio Pinchiorri.
ENZA TRUZZOLILLO
Da large enterprise managing director di Lenovo Italia ad amministratore delegato e general manager di Lenovo in Italia e Israele. Nel nuovo ruolo, garantirà l’evoluzione e la crescita di Lenovo in Italia, consolidando il gruppo quale partner tecnologico delle aziende.
VERONICA BERTI
È ceo di Andrea Bocelli Management Office e vice presidente della Andrea Bocelli Foundation. Manager del maestro dal 2006, è vicina al volontariato e ha promosso la nascita della Andrea Bocelli Foundation.
Cambiano gli equilibri economici Per stare al passo bisogna investire
“In un momento di grandi sfide economiche e geopolitiche, è essenziale unire le forze per affrontare le difficoltà e individuare nuove opportunità di crescita. Collaborando tra istituzioni, aziende e operatori del settore, possiamo sviluppare strategie efficaci per sostenere le nostre imprese e promuovere la loro competitività sui mercati globali, garantendo così un avvenire ricco di opportunità per l’export italiano”. Lo ha detto Alessia Cappello, assessora allo Sviluppo economico e politiche del lavoro di Milano, durante la sesta edizione dell’Italian Export Forum fondato e diretto da Lorenzo Zurino. La questione sta tutta nell’incipit: “In un momento di grandi sfide economiche e geopolitiche”. Mai, negli ultimi 70 anni, l’Italia e il mondo si erano trovati in una situazione, diciamo, così particolare. Il lungo periodo di pace e anche di prosperità economica (almeno per l’Occidente) che è seguito alla fine della Seconda guerra mondiale ci aveva fatto credere che ormai il nostro futuro e quello dei nostri figli e nipoti fosse destinato a scorrere con relativa tranquillità, seppur con quegli scossoni che nella vita vanno sempre messi in conto. Invece dalla fine di gennaio del 2020, con la pandemia, tutto è cambiato: abbiamo cominciato a sentirci fragili, vulnerabili, insicuri. Abbiamo cominciato a non fidarci più l’uno dell’altro. La situazione economica è precipitata, gli scambi tra i paesi si sono affievoliti. Poi, quando il mondo sembrava rialzare la testa, il 24 febbraio 2022 la Russia ha invaso l’Ucraina e tutto è scricchiolato di nuovo. Ancora, oltre alle popolazioni travolte da droni e carri armati, a soffrire sono stati i rapporti commerciali, con ulteriori difficoltà per le economie, a cominciare da quella italiana. Ma siccome tutto questo sembrava non bastare è arrivata l’atra mazzata, quella del 7 ottobre 2023, con la guerra scatenata in Palestina. Ogni giorno che passa i grandi della Terra sembrano im-
pazziti: non c’è un ordine mondiale in grado di imporre la pace, ovunque scoppiano nuovi potenziali focolai di guerra, come la Cina che quotidianamente minaccia Taiwan, le due Coree sempre più ai ferri corti, per non contare le altre circa 60 guerre regionali sparse per il pianeta. Qualcuno parla già di “Terza guerra mondiale a pezzi”, come ha detto Papa Francesco. E l’economia? Quando nacque, nel 1975, il G7 rappresentava circa il 60% del peso economico mondiale. Oggi solo il 29%. Dunque la legittimazione che derivava ai grandi paesi industriali dall’essere la grande potenza del mondo è dimezzata. Avanza la Cina che molti dicono in crisi. Beh, parliamone: è comunque un paese che cresce del 5,5% all’anno, contro i nostri striminziti 1%. La seconda economia del mondo sarà l’India, seguita poi da Stati Uniti, Indocina, Pakistan. È un trend irrevocabile: lo dice la demografia. Noi siamo una porzione sempre più piccola. Non solo diventiamo sempre di meno, ma siamo sempre più vecchi, con un’età media di 47 anni.
Cosa ci può salvare? Dalle guerre soltanto la Politica con P maiuscola, ma purtroppo se ne vede in giro sempre meno. In economia abbiamo invece qualche carta da giocare: intanto un utilizzo intelligente dei migranti che vanno a sostituire la carenza delle nascite, poi l’innovazione, la conoscenza (quindi la formazione), la capacità di produrre cose straordinarie come le eccellenze nell’agricoltura, la tecnologia. E poi, ovviamente, la forza dei rapporti commerciali con gli altri paesi. L’Italia ha bisogno di crescere e per farlo occorrono investimenti, pubblici e privati. Chi si sta aprendo una strada in questa direzione è Francesco Canzonieri, fondatore e ad di Nextalia, scelto per la copertina di questo numero 85 di Forbes. Canzonieri guida la prima sgr dedicata espressamente a investire nelle aziende italiane per farle crescere. E la crescita, nella pace, è l’unica strada che può portarci ad altri anni di tranquillità e prosperità. F
di Andrea Giacobino
La banca nel destino
Quando era al liceo, Francesco Guarneri voleva creare un’impresa agricola “con logica industriale” assieme all’amico Gianluigi Bertini. Poi, “per una serie di eventi”, ha fatto il banchiere.
Oggi guida Guber, è consigliere di Star Finance e ha contribuito alla nascita di Fondazione Etica
“A 60 anni si può dire che la vita ti porta in direzioni diverse rispetto a quelle che avresti pensato. La mia aspirazione era quella di fare l’imprenditore agricolo con logica industriale, ma poi, per una serie di eventi, mi sono ritrovato a fare il banchiere”. Francesco Guarneri, classe 1962, laurea in Bocconi a 23 anni, è consigliere di Star Finance e socio fondatore di Fondazione Etica, sposato con Elena. Gli piace definirsi padre di tre figlie: Federica, Francesca e Guber Banca, di cui è amministratore delegato. “Siamo un’azienda che ha sempre lavorato sui processi, perché è il processo a fare la differenza tra una realtà che subisce il mercato e una forte. La nostra può apparire finanza speculativa, ma in realtà è finanza di processo”. Pochi gli ingredienti di successo. Tra questi gli piace ricordarne due: la passione per il lavoro e la gratitudine “trasversale” verso il team. Gratitudine che si riflette nella consapevolezza che ogni risultato è il frutto del lavoro di gruppo.
A 27 anni divenne dirigente, con la carica di direttore di amministrazione e finanza di una grande azienda in Veneto, parte di un gruppo internazionale della moda. Proprio durante questa esperienza provò il disagio generato sulla pianificazione finanziaria dai ritardi dei pagamenti della clientela, rappresentata prevalentemente dai negozi di abbigliamento. I servizi offerti dal mercato apparivano carenti: quando c’era attenzione alla forma non c’era efficacia e viceversa, con il risultato che il disagio oscillava tra il rischio di credito e quello reputazionale. In sostanza, mancava professionalità nella gestione del credito problematico. Da qui la decisione di creare, insieme al suo ex compagno di liceo, un servicer specializzato nella gestione del credito problematico e dei ritardi nei pagamenti. Guarneri abbandonò così il posto sicuro e molto ben retribuito, vendette l’unico asset che possedeva - una Porsche - e con parte dei soldi ricavati fondò Guber. L’attività proce-
“Sono grato ai bresciani per la loro dedizione al lavoro, valore che viene tramandato di generazione in generazione”
Guber è stata fondata a Brescia nel 1991 da Guarneri e Gianluigi Bertini, al tempo non ancora trentenni, con l’equivalente in lire di 10.200 euro di capitale sociale. Prima di quella data, però, Guber era nata sui banchi del liceo, tra due compagni di classe che già sentivano forte la spinta imprenditoriale. Già allora decisero che avrebbero fatto qualcosa insieme e questo qualcosa si sarebbe chiamato con le iniziali dei loro due cognomi: Guber. “Gianluigi e io ci incontrammo al liceo classico. Eravamo due ragazzi un po’ irrequieti: qualche provvedimento disciplinare… Ma già a 15 anni ci accomunava l’interesse verso l’impresa. Lo si capiva dai ragionamenti che facevamo, da ciò che approfondivamo, dai lavori che facevamo nella pausa estiva”. Dopo la maturità presero strade diverse: Guarneri studiò alla Bocconi, Bertini alla Cattolica, dove si laureò in legge. Guarneri iniziò una carriera manageriale nel settore dell’amministrazione e finanza in aziende industriali.
dette da subito con un tasso di sviluppo da new economy e Guber si specializzò nel lavoro per le procedure concorsuali, venendo nominata coadiutore del curatore fallimentare nel compito di incassare i crediti vantati dalla procedura verso soggetti terzi. “Sembra incredibile, ma il primo vero passo avanti lo dobbiamo alla fiducia che la magistratura e i fallimentaristi hanno avuto in noi. Perché ci sono stati giudici delegati, non me lo posso dimenticare, che hanno avuto fiducia nella professionalità di Guber, mostrando una sensibilità non comune verso strumenti nuovi, sul territorio, per recuperare i crediti vantati dalle procedure concorsuali”.
Da quel momento l’azienda prese slancio. Nel 1996 il primo mandato acquisito da una banca, nel 1999 il primo acquisto di un portafoglio npl da un’altra banca. Nel 2004 la creazione di un piccolo consorzio di investitori che acquistò in forma istituzionale crediti dal sistema bancario. Nel 2006
l’incontro con un importante investitore istituzionale internazionale, il fondo Varde Partners, che cambierà la vita di Guber. “Questa banca internazionale voleva entrare in Italia investendo nei crediti problematici. In qualche modo ci ha individuati ed è stata la nostra fortuna, perché ci ha molto aiutato a crescere dimensionalmente e culturalmente”. Nel 2010 l’acquisto di Citifin dal gruppo bancario Citibank, nel 2018 la trasformazione in banca.
“Se dobbiamo dare una valutazione sulla base dei numeri, sembra sia stata una scelta corretta: da quando siamo diventati banca, abbiamo aumentato i dipendenti, l’attivo investito, il patrimonio netto e l’utile”. Un valore aggiunto per Brescia, conosciuta per essere uno dei principali centri economico-produttivi d’Italia, a cui Guarneri riconosce innanzitutto la cultura del lavoro. “Se mi si chiede che gratitudine ho verso i bresciani, rispondo che ce l’ho per la loro dedizione al lavoro, valore tramandato di generazione in generazione. Quel che probabilmente sta anche alla base del successo di questa azienda è la qualità culturale delle persone che vengono qui a lavorare, da qualsiasi famiglia provengano”. In Guber l’attenzione alla qualità delle risorse umane è massima e la formazione è particolarmente valorizzata. “La nostra academy è un anello di congiunzione tra il mondo accademico e quello del lavoro. Costituisce anche
un vivaio in cui far crescere e individuare giovani di talento che possono contribuire al successo dell’azienda”. Il futuro? “Tutto ha accelerato nel mondo e la sfida che ci aspetta nei prossimi anni è anticipare la gestione del credito problematico. Ciò significa, nella pratica, imparare a dialogare con il mondo delle imprese in difficoltà per cercare di supportarle e riportarle in bonis attraverso ristrutturazioni che vadano incontro alle loro esigenze di cassa”. Questa nuova frontiera vede un completo allineamento di interessi tra la banca e le imprese ristrutturate. Più aziende si riescono a ristrutturare, migliore il risultato complessivo a livello sia macro che micro, e anche per la banca. Guarneri vede come un’occasione di sviluppo anche la possibilità di coinvolgere negli impieghi dei fondi specializzati nello special lending, che investano parallelamente a Guber, consentendo una diversificazione del rischio. “In questo senso va letta la recente acquisizione di una quota di un’asset management company londinese”. Per Guarneri, passione e gratitudine sono i valori fondanti e il cuore di Guber Banca. “Ai giovani dico: scegliete un lavoro che vi piace e siate grati a chi contribuisce ogni giorno al raggiungimento dei vostri successi. Il successo non è mai legato al singolo, ma al team che ti circonda e alla cui costruzione contribuisci”. F
WHAT’S NEW
WHO’S NEXT
GOLDEN GOAL
Quest’anno i dieci calciatori più pagati del mondo guadagneranno la cifra record di 983 milioni di dollari. Davanti a tutti c’è Cristiano Ronaldo con 285: mai nessun giocatore ne aveva incassati così tanti in una sola stagione. Sul podio anche Messi e Neymar
AA 39 anni Cristiano Ronaldo resta il calciatore più pagato al mondo. Non solo: con 285 milioni di dollari incassati in un anno - 220 sul campo, 65 fuori - ha superato i 260 del 2023 e ha stabilito un nuovo record. Tra tutti gli atleti di cui Forbes ha calcolato i guadagni dal 1990 a oggi, solo il pugile Floyd Mayweather ha registrato una cifra più alta per un solo anno. Ronaldo, che gioca nell’Al Nassr, squadra dell’Arabia Saudita, con 900 milioni di follower tra Instagram, Facebook e X è l’atleta più seguito al mondo. Ha contratti di sponsorizzazione con aziende come Nike e Herbalife.
Alle sue spalle c’è Lionel Messi dell’Inter Miami, che è il numero uno per guadagni extra campo (75 milioni di dollari), ma nel complesso guadagnerà meno della metà del rivale storico: 135 milioni. Tra le sue sponsorizzazioni ci sono Adidas, Apple Tv e Konami. Completa il podio Neymar dell’Al Hilal, con 110 milioni di dollari, di cui 80 sul campo e 30 fuori, grazie anche a sponsorizzazioni come quella di Puma.
Nel complesso, i dieci calciatori più pagati del mondo guadagneranno 983 milioni di dollari: un record, anche se l’incremento rispetto al 2023 è solo del 2%. Il campionato più rappresentato in classifica è la Saudi Pro League, con quattro calciatori: oltre a Ronaldo e Neymar, ci sono anche Karim Benzema dell’Al Ittihad, quarto, e Sadio Mané dell’Al Nassr, nono. Seguono la Premier League inglese con tre (Erling Haaland del Manchester City, Mohamed Salah del Liverpool e Kevin De Bruyne del Manchester City), la Liga spagnola con due (Kylian Mbappé e Vinicius Jr. del Real Madrid) e la Mls statunitense con uno (Messi).
Dopo le spese record del mercato 2023, i club sauditi hanno investito meno nell’estate 2024. Anche per questo sono circolati meno soldi e sono diminuite le operazioni molto costose: Mbappé, quinto con 90 milioni di dollari, è l’unico in classifica ad avere cambiato squadra. F
I CALCIATORI PIÙ PAGATI DEL MONDO
TUTTE LE CIFRE SONO ESPRESSE IN DOLLARI
1 | CRISTIANO
RONALDO (Al Nassr)
Guadagni totali: 285 milioni
Guadagni sul campo: 220 milioni
Guadagni extra campo: 65 milioni
2 | LIONEL MESSI (Inter Miami)
Guadagni totali: 135 milioni
Guadagni sul campo: 60 milioni
Guadagni extra campo: 75 milioni
3 | NEYMAR (Al Hilal)
Guadagni totali: 110 milioni
Guadagni sul campo: 80 milioni
Guadagni extra campo: 30 milioni
4 | KARIM BENZEMA (Al Ittihad)
Guadagni totali: 104 milioni
Guadagni sul campo: 100 milioni
Guadagni extra campo: 4 milioni
5 | KYLIAN MBAPPÉ (Real Madrid)
Guadagni totali: 90 milioni
Guadagni sul campo:
70 milioni
Guadagni extra campo: 20 milioni
6 | ERLING HAALAND (ManchesterCity)
Guadagni totali: 60 milioni
Guadagni sul campo: 46 milioni
Guadagni extra campo: 14 milioni
7 | VINICIUS JR. (Real Madrid)
Guadagni totali: 55 milioni
Guadagni sul campo: 40 milioni
Guadagni extra campo: 15 milioni
8 | MOHAMED SALAH (Liverpool)
Guadagni totali: 53 milioni
Guadagni sul campo: 35 milioni
Guadagni extra campo: 18 milioni
9 | SADIO MANÉ (Al Nassr)
Guadagni totali: 52 milioni
Guadagni sul campo: 48 milioni
Guadagni extra campo: 4 milioni
10 | KEVIN DE BRUYNE (ManchesterCity)
Guadagni totali: 39 milioni
Guadagni sul campo: 35 milioni
Guadagni extra campo: 4 milioni
Guadagni da RE
LeBron James è il più pagato della Nba per l’undicesimo anno consecutivo, con 128,7 milioni di dollari incassati tra lo stipendio dei Los Angeles Lakers e le attività extra campo.
Anche Stephen Curry supera i 100 milioni, Kevin Durant si ferma appena sotto
LLa Nba non è mai stata così ricca. In estate ha firmato un nuovo contratto televisivo da 76 miliardi di dollari in 11 anni e nella scorsa stagione ha registrato ricavi per circa 13 miliardi. I giocatori ricevono il 50% delle entrate legate al basket, e dunque i guadagni delle stelle non sono mai stati così alti: quest’anno i dieci giocatori più pagati della Nba - tra stipendi e attività extra campo - guadagneranno 787 milioni di dollari, 36 in più del precedente record del 2022. Le squadre possono ormai spendere fino a 140,6 milioni di dollari per gli stipendi (e ad alcune condizioni sforano anche questo limite), il 122% in più di dieci anni fa. Se lo scorso anno Stephen Curry dei Golden State Warriors era stato il primo giocatore nella storia a percepire uno stipendio superiore ai 50 milioni di dollari, quest’anno saranno sopra quella soglia anche Joel Embiid dei Philadelphia 76ers, Nikola Jokic dei Denver Nuggets e Bradley Beal dei Phoenix Suns. In base a contratti già firmati, Curry supererà i 60 milioni nella stagione 2026-27, mentre Jayson Tatum dei Boston Celtics toccherà i 70 nel 2029-30.
In testa alla classifica, per l’11esimo anno consecutivo, c’è LeBron James, che incasserà uno stipendio di 48,7 milioni dai Los Angeles Lakers e 80 milioni da sponsorizzazioni, accordi di licenza e altre attività. I 128,7 milioni complessivi sono la cifra più alta mai registrata da quando Forbes stila questa graduatoria. Nel 2022 James è
diventato il primo giocatore in attività miliardario e oggi ha un patrimonio di 1,2 miliardi di dollari. Dietro di lui c’è Curry, anche lui oltre quota 100 milioni: 105,8, tra i 55,8 che riceverà dai Warriors e i 50 extra campo. Si ferma appena sotto Kevin Durant, con 99,9, mentre Giannis Ante-
tokounmpo è quarto con 93,8. I primi quattro della classifica - assieme ai calciatori Cristiano Ronaldo e Lionel Messi, ai golfisti Tiger Woods e Rory McIlroy e al giocatore di baseball Shohei Ohtani - sono tra i nove atleti al mondo che guadagnano almeno 45 milioni di dollari fuori dal campo. F
I DIECI GIOCATORI NBA PIÙ PAGATI
TUTTE LE CIFRE
SONO ESPRESSE IN DOLLARI
1 | LEBRON JAMES (LosAngeles Lakers)
Guadagni totali: 128,7 milioni
Guadagni sul campo: 48,7 milioni
Guadagni extra campo: 80 milioni
2 | STEPHEN CURRY (Golden State Warriors)
Guadagni totali: 105,8 milioni
Guadagni sul campo: 55,8 milioni
Guadagni extra campo: 50 milioni
3 | KEVIN DURANT (Phoenix Suns)
Guadagni totali: 99,9 milioni
Guadagni sul campo: 49,9 milioni
Guadagni extra campo: 50 milioni
4 | GIANNIS ANTETOKOUNMPO (Milwaukee Bucks)
Guadagni totali: 93,8 milioni
Guadagni sul campo: 48,8 milioni
Guadagni extra campo: 45 milioni
5 | DAMIAN LILLARD (Milwaukee Bucks)
Guadagni totali: 64,8 milioni
Guadagni sul campo: 48,8 milioni
Guadagni extra campo: 16 milioni
6 | JOEL EMBIID (Philadelphia 76ers)
Guadagni totali: 61,4 milioni
Guadagni sul campo: 51,4 milioni
Guadagni extra campo: 10 milioni
7 | JIMMY BUTLER (Miami Heat)
Guadagni totali: 58,8 milioni
Guadagni sul campo: 48,8 milioni
Guadagni extra campo: 10 milioni
8 | DEVIN BOOKER (Phoenix Suns)
Guadagni totali: 58,2 milioni
Guadagni sul campo: 49,2 milioni
Guadagni extra campo: 9 milioni
9 | LUKA DONCIC (Dallas Mavericks)
Guadagni totali: 58 milioni
Guadagni sul campo: 43 milioni
Guadagni extra campo: 15 milioni
10 | BRADLEY BEAL (Phoenix Suns)
Guadagni totali: 57,7 milioni
Guadagni sul campo: 50,2 milioni
Guadagni extra campo: 7,5 milioni
INNOVATION PEOPLE SHORT NEWS
IL BUSINESS ANGEL DELL’ANNO
Circa 300 investimenti su startup in dieci anni: è il bilancio di Carlo Tassi, business angel d’Italia del 2024, riconoscimento assegnato dal Club degli Investitori. Fino al 2014 Tassi è stato, per circa 25 anni, imprenditore delle macchine per la ceramica. Dopo aver ceduto l’azienda di famiglia, si è messo a fare il lavoro dell’angel investor, come preferisce definirsi lui: sostenere startup soprattutto nella fase iniziale, non solo con i capitali, ma anche con l’esperienza e il network. Un duro lavoro, provato dai numeri che Tassi non nasconde: delle 300 startup in cui ha investito, il 20% ha chiuso, il 10% ha fatto exit, ma di queste solo tre sono state rilevanti. La sua migliore scelta? Kippy, che ha fatto l’exit nel 2023 e, racconta Tassi, ha permesso di recuperare quasi tutti gli investimenti. Anche per questo è stato premiato.
AL SERVIZIO DELL’IA ITALIANA
“So di essere fortunato, perché posso fare quello che più amo nella vita: servire il mio Paese”. Così Vincenzo Di Nicola ha scritto su LinkedIn annunciando il suo nuovo ruolo: responsabile del Fondo Artificial Intelligence di Cdp Venture Capital, la società di Cassa Depositi e Prestiti che negli ultimi anni
ha dato un forte impulso agli investimenti sull’innovazione. Di Nicola è una star dell’ecosistema italiano: ha fatto la sua startup in Silicon Valley, l’ha venduta ad Amazon ed è tornato nel nostro Paese, dove prima ha fondato una startup delle criptovalute e poi si è messo “al servizio del Paese”, da capo dell’innovazione e della trasformazione digitale in Inps. Ora il nuovo fronte è quello dell’IA, dove bisogna sostenere le startup italiane per creare il campione nazionale. “Il Fondo Artificial Intelligence ha una dotazione di 500 milioni di euro, e in futuro si aggiungeranno altri fondi settoriali per ulteriori 500 milioni”, dice Di Nicola.
18 MILIONI PER IL SOCCORSO STRADALE DIGITALE IN EUROPA
Si può innovare il soccorso stradale? E come? Ci sta riuscendo una startup di nome hlpy (così, tutto minuscolo: un’evidente variazione su help) che ha chiuso un round da 18 milioni di euro (tanti per le abitudini italiane) al quarto anno di vita. A fondarla, in piena pandemia, è stato Valerio Chiaronzi, manager con una lunga esperienza nel mondo delle assicurazioni, con Graziano Cavallo ed Enrico Noseda, a cui si è poi unito Stefano Sarti. “Nel mondo della mobilità e dell’auto non c’era una società di assistenza nativa digitale, con il modello di offerta e i costi leggeri possibili grazie alle tecnologie digitali”, ricorda. Risultato: un servizio più efficiente per le compagnie e gli operatori su strada e più comodo e utile per i clienti. Tra i soci hlpy ha già due assicurazioni e, con il nuovo round, punta allo sviluppo sul mercato europeo, che vale più di 5 miliardi. E infatti ha appena acquisito una società in Germania.
di Enzo Argante
Le tendenze delle PROFESSIONI DI DOMANI
Dal chief happiness officer al remote work facilitator, fino all’auditor di algoritmi. Sono alcune delle figure professionali rappresentative del mondo del lavoro che cambia, di fronte alle transizioni green e digitale e all’evoluzione della relazione tra aziende e persone. Lo afferma uno studio di Strategy Innovation, società di consulenza nata come spin-off dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, per conto di Edenred Italia, azienda di employee benefit. “Le aziende sono
LA STARTUP PER COSTRUIRSI
UNA CARRIERA
Presentata Yliway, la prima piattaforma che integra ricerca del lavoro, formazione, networking e sviluppo del business. Il futuro della formazione deve orientarsi verso modelli più ibridi, flessibili e personalizzati, sfruttando tecnologie innovative come il microlearning e le certificazioni agili, per rispondere alle esigenze di un mercato in continua evoluzione. Yliway è nata per trasformare il modo in cui si costruisce una carriera, risolvendo le sfide del mercato del lavoro contemporaneo. Secondo Andrea Cinosi, ceo e fondatore della startup, “questo strumento potrà rivoluzionare il settore offrendo a chi lavora, a chi cerca un lavoro, alle imprese e a tutto il mondo della formazione opportunità senza precedenti. Dopo l’Italia, puntiamo all’espansione in India e nel resto del mondo”.
chiamate a ricercare nuovi modelli di relazione con le proprie persone, per contribuire all’innovazione e rispondere ai bisogni sociali. A legare azienda e dipendente è un patto che si esprime attraverso politiche per rendere soddisfatte e motivate le persone, attraverso l’accesso a un’ampia scelta di benefit, chiare opportunità di carriera e una cultura aziendale incentrata sul benessere”, dichiara Fabrizio Ruggiero, amministratore delegato di Edenred Italia.
Esplode il mercato del RICICLO VEICOLI
I trend più sorprendenti che caratterizzeranno il futuro di sostenibilità e innovazione: dall’applicazione del cosiddetto artificial recycling all’assunzione di ‘robo-collegue’ avveniristici, fino all’assemblaggio di autovetture e mezzi di trasporto futuristici, sfruttando materiali riciclati e un approccio di economia circolare. Antonello Di Mauro, fondatore di Ecoeuro, dice: “Utilizziamo gli pneumatici per trasformarli, dopo un lungo processo, in polimeri che, a loro volta, possono essere applicati per strutturare la pavimentazione di un campo sportivo o per completare la miscela per rinnovare, o costruire da zero, l’asfalto di un determinato percorso. Puntiamo anche sull’elettrico: i rottami provenienti da un’auto elettrica presentano una redditività superiore del 9% rispetto a quelli di un mezzo a combustione interna. E non ci dimentichiamo certo di diffondere la nostra esperienza a livello scolastico, con il progetto L’auto e l’ambiente”.
Sette milioni per proteggere le foreste
Mappe di quasi sei milioni e mezzo di chilometri quadrati di foreste - per monitorare da satellite la deforestazione, la ricrescita e la copertura del suolo - contengono informazioni strategiche per la gestione delle risorse e del territorio nel contesto della crisi climatica. Per questo il fondo di venture capital di Dubai, Azurx, ha guidato l’investimento (insieme con Intercontinental Exchange) di circa 7 milioni di euro nella società britannica Space Intelligence. Il round di finanziamento di serie A servirà “per ampliare la libreria sulla copertura forestale globale e supporterà progetti sugli stock di carbonio forestale”. Attualmente la società possiede dati su sette paesi e stima di aggiungerne altri 35 entro il 2025, per diventare il più importante servizio di questo tipo di analisi.
SPACE ECONOMY SHORT NEWS
L’ITALIA SULLA LUNA
Parere positivo dalla Nasa per il design del Multi purpose habitat, il modulo abitativo lunare che sarà costruito a Torino da Thales Alenia Space. Superato il test di valutazione del board Nasa, a Washington, la casa degli astronauti entra ora a far parte del programma
Artemis di esplorazione del nostro satellite naturale. Occorreranno circa due anni per arrivare alla fase di sviluppo. Nel frattempo, per la prima volta, uno strumento europeo approderà sulla Luna nell’ambito del Nasa commercial lunar payload system, altra parte del programma Artemis: nel 2027 la statunitense Intuitive Machines sbarcherà nei dintorni del polo sud lunare con un lander che trasporta sei tra strumenti ed esperimenti scientifici. Uno di questi sarà l’europeo Prospect, una suite di dispositivi per perforare il terreno e un mini laboratorio per analizzare i composti in situ, a caccia di acqua e ghiaccio. Il trapano è realizzato in Italia da Leonardo.
Telespazio e Altec contro il digital divide
Due grandi aziende sono al lavoro per portare la connessione internet in una delle regioni più remote in Argentina: l’italiana Telespazio, tra i leader mondiali nella gestione dei satelliti, e l’argentina Altec, con expertise in tema di soluzioni tecnologiche e comunicazione. Cooperando con l’americana Starlink, con la sua mega costellazione satellitare, lavoreranno insieme per colmare il digital divide nelle scuole e negli uffici comunali della provincia di Rio Negro. Nelle zone della Patagonia, dove mancano infrastrutture terrestri per l’accesso alla rete, il ponte attraverso
il quale collegarsi al resto del mondo passerà dallo spazio. L’introduzione di Starlink, con le apparecchiature per ricevere il segnale, fornirà alle scuole e agli uffici pubblici una connettività internet stabile e ad alta velocità, per accedere agli strumenti didattici digitali, alle risorse online e ai servizi governativi.
Le frontiere della sostenibilità
La quarta edizione del Sustainability Award, ideato da Kon Group, ha premiato le imprese che hanno raggiunto risultati brillanti a livello ambientale, sociale e di governance. A breve le 260 aziende partecipanti riceveranno il report esg, comprensivo di nuove sezioni su finanza e innovazione
Un momento della premiazione del Sustainability Award
NNello scenario di Borsa Italiana, oltre 150 imprese si sono unite nel segno della sostenibilità, consapevoli che questa trasformazione non può essere vissuta come un impegno, ma come un’opportunità. Sono i migliori, selezionati in base a un processo quantitativo rigoroso che ha formato le liste delle eccellenze sostenibili italiane in base al rating esg. Anche in questa quarta edizione del Sustainability Award, ideato da Kon Group e promosso con Elite e Azimut, con il supporto dei partner scien-
tifici Altis Advisory, spin-off dell’Università Cattolica, Politecnico di Milano e Reprisk, sono state premiate le imprese che hanno raggiunto performance ambientali, sociali e di governance virtuose e che hanno ormai integrato queste best practice nella gestione finanziaria e nei processi di creazione dell’innovazione. Per la quarta volta consecutiva, la straordinaria normalità della serata è stata la sensazione di condivisione e di volontà di partecipazione che per qualche ora ha messo da parte la competizione, spesso dura, sui mercati, per un sentimento che avvicina gli imprenditori, consapevoli di agire insieme per un obiettivo importante. È questa la ragione del gran-
TOP 100 ESG EXCELLENCE
3 B
ABITARE IN
ABOCA SOCIETÀ AGRICOLA
ACBC
ALMA
AMBIENTE
ARAN WORLD
ARENA
ATLA
AUTOMHA
BCN CONCERIE
CARTIERE CARRARA
CELLOGRAFICA GEROSA
CIMBERIO
COMERIO ERCOLE
COMPAGNIA DEI CARAIBI
CONSORZIO
NAZIONALE SERVIZI
CROCCO
DAB SISTEMI INTEGRATI
DANI
DAY RISTOSERVICE
ENEGAN
EPTA
ERRECOM
FAG ARTIGRAFICHE
FAVERO HEALTH PROJECTS
FEDABO
FIERA MILANO
FIORINI INTERNATIONAL ITALIA
GARC
GEFRAN
GESTECO
GILARDONI
GRADED
GRC PARFUM
GRUPPO ITALCER
HNH HOSPITALITY
HOLDING MODA
I.CO.P.
ICSS
INTICOM
IQVIA SOLUTIONS ITALY
IRPLAST
IRRITEC
ISEM
ITALGEN
LA LUCENTE
LEGOR GROUP
LIC PACKAGING
LU-VE
LYRECO ITALIA
MADDALENA
MARAZZATO SOLUZIONI
AMBIENTALI
MARCOPOLO ENGINEERING MARKAS
MARLEGNO
MECCANOTECNICA UMBRA
METALCASTELLO
MIORELLI SERVICE
NICOLOSI TRASPORTI
NUOVA SOLMINE
NWG
OMB SALERI
OMCE
P.A.C.
PALLADIO GROUP
PALM
PARADISI
PASOLINI LUIGI
PETROLTECNICA
PIRAMIS
REGALGRID EUROPE
RENCO
RETEX
RETI
S.A.C.C.L.A.
SAINT-GOBAIN GLASS ITALIA
SANTA MARGHERITA
SCATOLIFICIO E.M.A.R.
SE.TRA.S.
SINERGIA
SIT
SOCOTEC ITALIA
SODAI
STANHOME ITALIA
SUCCESSORI REDA
TAMPIERI FINANCIAL GROUP
TESMEC
TOD’S
TRANS ITALIA
UNICONFORT
VASTARREDO
VECTOR
VELUX ITALIA | VELUX GROUP
VITALE BARBERIS CANONICO
VITALI
WOOD BETON
XENIA
ZANNINI
ZORDAN
TOP 100 ESG INTEGRATED FINANCE
3 B
ACBC
AEC ILLUMINAZIONE
ALMA
ALPENITE
ALTITUDO
ARENA
BCN CONCERIE
BLUENERGY GROUP
BORA
CARTIERE CARRARA
CCELERA
CELLOGRAFICA GEROSA
CIMBERIO
CIRFOOD
CITY GREEN LIGHT
COMCRETA HOLDING
COMERIO ERCOLE
CONSORZIO
NAZIONALE SERVIZI
CRIF
CROCCO
DAB SISTEMI INTEGRATI
DANI
EL.EN.
EPTA
FAG ARTIGRAFICHE
FEDABO
FIERA MILANO
FIORINI INTERNATIONAL ITALIA
GARC
GEFRAN
GILARDONI
GR ELETTRONICA
GRADED
GRUPPO ITALCER
GRUPPO PIQUADRO
GUARDINI
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HNH HOSPITALITY
HOLDING MODA
I.CO.P.
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ICSS
INDUSTRIE CELTEX
INTICOM
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IRRITEC
ITALGEN
LA LUCENTE
LEGOR GROUP
LIC PACKAGING
LU-VE
MADDALENA
MARAZZATO SOLUZIONI
AMBIENTALI
MARCOPOLO ENGINEERING
MARLEGNO
MECCANOTECNICA UMBRA
MINICONF
MIORELLI SERVICE
NICOLOSI TRASPORTI
NTC
OMB SALERI
OMCE
PALLADIO GROUP
PALM
PASOLINI LUIGI
PETROLTECNICA
PIRAMIS
RENCO
RETEX
RETI
RONCHI MARIO
S.A.C.C.L.A.
S.A.R.I.M.
SAINT-GOBAIN GLASS ITALIA
SANTA MARGHERITA
SAPIO
SARCO
SCATOLIFICIO E.M.A.R.
SE.TRA.S.
SERIOPLAST
SIMONELLI GROUP
SINERGIA
SIT
SOCOTEC ITALIA
SUCCESSORI REDA
TAMPIERI FINANCIAL GROUP
TECHBAU
TESMEC
TGROUP
THEMA OPTICAL
TOD’S
TRANS ITALIA
UNICONFORT
VASTARREDO
VECTOR
VICI & C.
VITALE BARBERIS CANONICO
VITALI
ZORDAN
Emilio Macellari, cfo di Tod’s
Roberta Togni, general counsel e csr officer di Autohma, e Franco Togni, presidente
Graziano Verdi, presidente di Italcer
Fabio Liberali, co-owner di Lu-Ve
Paola De Dionigi, compliance officer di Area, e Paola Poggianella, presidente
Da sinistra: Aldo Randazzo, direttore generale di Nicolosi Trasporti, Gaetano Nicolosi, presidente, e Sebastiano Bonanno, amministratore
Da sinistra: Fabrizio Donegà, ad di Tampieri Financial Group, Vittoria Graziani, hr manager, e Carlo Tampieri, presidente
Da sinistra: Carla Casini, amministratore delegato di Alma, e Diletta Ranaldo, consigliere di amministrazione
Mario Bruscino (a sinistra), direttore generale di Ambiente, e Angelo Bruscino, presidente
Luigi D’Auria, ad di Trans Italia
Marco Nocivelli, presidente di Epta
Roberta Perego, quality & sustainability system coordinator di Gilardoni, e Marco Taccani Gilardoni, presidente
Valerio Mazzasette, managing director di Dani, e Alessia Zaramella, marketing and communication manager
Carolina Gerosa, cfo di Cellografica Gerosa, e Angelo Gerosa, presidente
Davis Zinetti, amministratore delegato di Uniconfort
Stefano Miorelli (a sinistra), consigliere di amministrazione di Miorelli Service, e Alessio Miorelli, ceo
TOP 75 ESG PERFORMANCES
ACBC
ALMA
AMBIENTE
ANNOVI REVERBERI
BEA TECHNOLOGIES
BORA
CAMS SERVIZI EDILI
CARTIERE CARRARA
CIAM
CITY GREEN LIGHT
CO.EDIL
COMERIO ERCOLE
CROCCO
DAB SISTEMI
INTEGRATI
ENEGAN
EPTA
EUROFORK
FIERA MILANO
FILA INDUSTRIA
CHIMICA
GESTECO
GILARDONI
GR ELETTRONICA
GRADED
GRAZIANO RICAMI
GRUPPO ILLIRIA
GRUPPO ITALCER
GRUPPO PIQUADRO
GUARDINI
HNH HOSPITALITY
HOLDING MODA
I.CO.P.
ICAM
ICSS
IQVIA SOLUTIONS ITALY
IRPLAST
ISEM
ITALGEN
KEMPER
LA LUCENTE
LAVOROPIÙ
LEGOR GROUP
LU-VE
MADDALENA
MANTECO
MARKAS
MARLEGNO
NAMIRIAL
NUOVA SOLMINE
OMCE OVERIT
PALLADIO GROUP PALM
PARADISI
PASTIFICIO FELICETTI
PIRAMIS
REGALGRID EUROPE
RENCO
RETI
RODA
SANTA MARGHERITA SBS
SEBACH SIT
SPUMANTI VALDO
STANHOME ITALIA
TAMPIERI FINANCIAL
GROUP
TGROUP
UNICONFORT
VALCOLATTE
VASTARREDO
VECTOR
VITALE BARBERIS CANONICO VITALI
WOOD BETON XENIA
TOP 75 INNOVATION FOR SUSTAINABILITY
3 B
ACBC
ACEL PHARMA
ALCE NERO
ALMA
AMBIENTE
AREA
ARENA
BCN CONCERIE
BEA TECHNOLOGIES
BELLANDI
C.D.A. DI CATTELAN
CELLOGRAFICA
GEROSA
CIAM
CIMBERIO
CO.EDIL
COMERIO ERCOLE
CONSORZIO
NAZIONALE SERVIZI
DANI
DAY RISTOSERVICE
DCA
EPTA
ERRECOM
EUROFORK
FARMACEUTICI
PROCEMSA
FAVERO HEALTH
PROJECTS
FIERA MILANO
GAVAZZA 1913
GEFRAN
GESTECO
GRADED
GRUPPO ITALCER
GRUPPO PIQUADRO
ICARE
IL PRISMA MILANO
IN.TES.PRA INDUSTRIA
TESSUTI PRATESI
IQVIA SOLUTIONS
ITALY
IRPLAST
ITALGEN
ITALPREZIOSI
ITERCHIMICA
LA LUCENTE
LOGISTICA UNO EUROPE
MARAZZATO
SOLUZIONI
AMBIENTALI
MARKAS
METALCASTELLO
MINICONF
MONTECOLINO
MULTIVERSITY
NUOVA SOLMINE
PARADISI
RDR
RETEX
SAPIO SBS
SECONDO MONA
SERIOPLAST
SINERGIA SIT
SODAI
SPADA MANGIMI
STANHOME ITALIA
SUBLITEX
TAMPIERI FINANCIAL
GROUP
TECHBAU
TGROUP UNIGUM
VEOS
VETRERIA ETRUSCA
VITALE BARBERIS
CANONICO
VITALI
WAYCAP
WOOD BETON
WOW GREEN HOUSE XENIA
de successo del Sustainability Award, che ripaga i promotori e tutti i partner degli sforzi profusi. La presenza all’evento, il desiderio di esserci è nato da questo, oltre che dalla presenza in sala delle più importanti aziende italiane e dalla consapevolezza di fare parte di un gruppo esclusivo di eccellenze che si propone di combinare profitto, sviluppo e futuro sostenibile. Un esempio di responsabilità sociale a vantaggio delle future generazioni. Lo sforzo degli organizzatori non finisce con la premiazione: nei prossimi mesi, le oltre 260 imprese che hanno partecipato al premio incontreranno i professionisti dei promotori, che consegneranno gratuitamente il report esg, comprensivo delle nuove sezioni sulla finanza (e sul rapporto banca-impresa in particolare) e sull’innovazione e lo discuteranno con le aziende alla presenza degli imprenditori. Secondo i promotori, la sostenibilità deve essere insita nella strategia aziendale per un nuovo modello di impresa e non un pezzo, pur importante, di essa. La strategia di sviluppo del business si forma al vertice delle imprese e, di conseguenza, un’analisi delle risultanze della sostenibilità non può che essere fatta alla presenza dei vertici. Quelli che dimostreranno una vera sensibilità sul tema saranno ammessi a partecipare alla esclusiva lounge che Kon Group ed Elite hanno in programma di fare partire già entro il 2024 e che sarà riservata agli iscritti al Sustainability Award che hanno conseguito i risultati di rating esg più elevati. Un’élite che si chiamerà Sustainability Leaders Group by Kon-Elite. F
CON LE ECCELLENZE ITALIANE, A FIANCO DEGLI IMPRENDITORI
FRANCESCO CANZONIERI, DOPO UN PERCORSO PROFESSIONALE STRAORDINARIO NELLE PIÙ GRANDI
ISTITUZIONI FINANZIARIE, HA FONDATO NEXTALIA, LA SGR
DEDICATA AL PRIVATE MARKET ITALIANO. È CONVINTO CHE
IL PRIVATE EQUITY POSSA SVOLGERE UN RUOLO CRUCIALE
NEL COLMARE IL DIVARIO DI INVESTIMENTI, SOSTENENDO LO SVILUPPO DELLE AZIENDE E FOCALIZZANDOSI
SULL'INNOVAZIONE E SULLA CREAZIONE DI VALORE
A LUNGO TERMINE. E I RISULTATI GLI STANNO DANDO
RAGIONE. FORBES LO HA INTERVISTATO
FRANCESCO CANZONIERI
H“Ho un unico vizio,” ammette, “l’Inter”. Impossibile non notarlo. Nel suo ufficio campeggia uno stemma della Beneamata di dimensioni ciclopiche. Tralasciando il calcio, ad assorbire e alimentare le energie di Francesco Canzonieri è la sua “creatura”: Nextalia Sgr, di cui è fondatore e amministratore delegato. Francesco ricorda con fierezza le origini calabresi e l’orgoglio di uno straordinario percorso professionale in alcune tra le più grandi istituzioni finanziarie del mondo dopo la laurea presso l'Università Bocconi di Milano, ottenuta con una borsa di studio. E ha ragione. Non si entra per caso in Goldman Sachs, negli uffici di Milano e di Londra. E poi da lì in Barclays, a occuparsi di mercati, e di nuovo il ritorno all’m&a, sempre più su, dall’Italia alla Grecia, all’Europa centro-orientale, fino all’approdo in Mediobanca, dove, a soli 39 anni, è stato nominato global co-head of corporate & investment banking. Sulla base dell’esperienza maturata all’estero e della conoscenza più approfondita del tessuto economico e imprenditoriale italiano è nata l’intuizione di fondare Nextalia.
Nel nostro Paese c'è un grande bisogno di investimenti. Ma c'è più bisogno di investimenti privati o di investimenti pubblici?
È bene chiarire che gli investimenti privati non possono sostituirsi a quelli pubblici. Il settore pubblico deve svolgere il suo ruolo, garantendo un contesto economico favorevole e infrastrutture efficienti. Negli ultimi anni sono stati stanziati ingenti investimenti a sostegno dell'economia e delle infrastrutture, ma è essenziale che, in parallelo, si crei lo spazio per una maggiore partecipazione del capitale privato. Il Rapporto Draghi sulla Competitività evidenzia come la scarsa crescita della produttività in Europa, e quindi anche in Italia, sia legata alla difficoltà di finanziare gli investimen-
Francesco Canzonieri, fondatore di Nextalia, si è laureato all'Università Bocconi con una borsa di studio.
ti necessari alla trasformazione economica. In questo scenario diventa importante il ruolo di società di private equity come Nextalia. In Italia, però, gli investimenti sono ancora in larga parte orientati verso il mercato liquido o il real estate, mentre il private equity e il private market in generale ricevono un'allocazione di capitale relativamente contenuta.
In Italia siamo così indietro?
Sicuramente c’è margine per migliorare, basti pensare che l’anno scorso il rapporto tra investimenti in private equity e Pil nel Regno Unito è stato quasi cinque volte quello dell’Italia. Questo divario è in parte dovuto alla frammentazione del mercato italiano, caratterizzato da una molteplicità di piccoli operatori poco diversificati in termini di offerta di soluzioni d’investimento. Il settore italiano del risparmio gestito necessita di una crescita accelerata per allinearsi agli altri paesi europei. Con Nextalia abbiamo deciso di accettare questa sfida e a oggi gestiamo, attraverso quattro fondi, un miliardo e mezzo di euro. Il nostro flagship fund,
Nextalia Private Equity, con i suoi 800 milioni, si posiziona come il più grande fondo midcap italiano esclusivamente dedicato al mercato domestico e interamente finanziato da capitali privati.
Che tipo di aiuto possono dare istituzioni come Nextalia alla crescita del Paese?
Il nostro Paese, al pari dell’Europa, ha una scarsa crescita di produttività legata alla difficoltà di finanziare gli investimenti necessari alla transizione economica. Il private equity può svolgere un ruolo cruciale nel colmare il divario di investimenti, sostenendo le aziende in diverse fasi del loro sviluppo e focalizzandosi sull'innovazione e sulla creazione di valore a lungo termine. Le nuove normative della Banca Centrale Europea e degli altri organi regolamentari hanno portato a un aumento del capitale richiesto a banche e assicurazioni per gli investimenti in private market, creando una scarsità di offerta di capitale in questo settore. Nextalia si impegna a rendere gli investimenti in private market più accessibili ai privati. Tra gli oltre 200 investitori che continuano a rinnovarci la loro fiducia figurano banche, fondazioni, casse di previdenza, assicurazioni, family office e gli stessi imprenditori.
Quello di essere più conservativi è un problema di cultura o di scarsa propensione al rischio degli italiani, magari perché la Borsa tende a dare ma anche a prendere?
La limitata partecipazione degli investitori privati nel mercato del private equity in Italia è riconducibile a una combinazione di fattori culturali e di avversione al rischio. Tradizionalmente, gli italiani prediligono forme di investimento più tradizionali, come il risparmio e gli immobili. L’investimento in Borsa è spesso percepito come rischioso, in parte a causa di esperienze negative del passato. Questa percezione influenza anche l'approccio al private market, che richiede un orizzonte temporale di investimento più lungo.
Certo, nel mercato privato rivendere è un po’ più complicato…
Il private equity si distingue appunto per la sua natura illiquida. Un investimento in private equity richiede un impegno a lungo termine, generalmente di quattro-cinque anni, prima di poter realizzare un disinvestimento. Ritengo che il private equity offra agli investitori la possibilità di partecipare attivamente alla
creazione di valore. Investendo in una società non quotata, un fondo di private equity come Nextalia può influenzare direttamente la sua crescita e il suo sviluppo, intervenendo a livello strategico e operativo.
Ecco, appunto. Nextalia che apporto può dare alle società? Si parla tanto dell’importanza della sostenibilità dell’innovazione per la crescita. Ma credo che molto dipenda dalla gestione.
L'approccio di Nextalia all'investimento si basa su un intervento a 360 gradi, volto a supportare le aziende in tutti gli aspetti del loro business. Il nostro obiettivo è promuovere una crescita sostenibile di lungo periodo, attraverso investimenti in tecnologie, transizione energetica e capitale umano, sempre riducendo le inefficienze, per aumentare la produttività e la competitività delle aziende. Nextalia supporta le aziende che identifica come ad alto potenziale nell'inserimento di manager qualificati e con competenze specifiche, contribuendo a colmare un gap spesso presente nelle piccole e medie imprese italiane.
delle aziende in cui investiamo ci consente di creare un ambiente di lavoro dinamico e orientato al risultato, consentendo ai manager di mettere a frutto le proprie competenze e di sviluppare nuove capacità. Inoltre, per garantire l’allineamento di interessi, prevediamo sempre un co-investimento da parte dell’imprenditore e dei manager, perché siamo partner e non antagonisti, e vogliamo condividere una storia di successo. In Italia, con la frammentazione che caratterizza la maggior parte dei settori, possiamo tranquillamente effettuare una strategia di buy and build, ovvero compro una società e con questa società continuo a comprarne altre che operano nello stesso settore. Insomma, non è dovuto che un’impresa medio-piccola resti per sempre delle stesse dimensioni, ma potrà e dovrà crescere, sia organicamente sia tramite acquisizioni.
"L'investimento
in Borsa
da
è percepito
molti italiani
come
rischioso, e questo influenza anche l'approccio al private market"
Capita che gli imprenditori siano riluttanti nell’aprire il capitale della propria azienda a esterni. Come fate a conquistare la loro fiducia?
La collaborazione tra imprenditori e manager esterni può talvolta presentare delle sfide. Il nostro obiettivo è quello di portare in azienda competenze che non ci sono, consentendo all’imprenditore di concentrarsi sulle aree in cui genera valore. Il ruolo del private equity è proprio quello di creare un clima di fiducia reciproca e di allineamento sugli obiettivi strategici, facilitando il dialogo tra imprenditori e manager e favorendo la condivisione di un percorso comune volto alla crescita dell'azienda.
E perché il manager dovrebbe accettare?
Per partecipare a progetti stimolanti e di alto profilo, con concrete prospettive di crescita professionale. La nostra presenza all'interno
Secondo lei quali sono i settori del futuro, quelli che offrono le maggiori opportunità per gli investitori?
Il nostro focus è rivolto a tre settori ad alto potenziale di crescita che rivestono un ruolo strategico per l'economia italiana: la formazione, l’agroalimentare e la tecnologia. La formazione è senza dubbio un settore chiave per la crescita economica e sociale del Paese e il nostro investimento in Digit'Ed testimonia l’impegno a supportare lo sviluppo di nuove competenze e a favorire la digitalizzazione del sistema educativo. Un altro settore su cui abbiamo investito è l’agroalimentare italiano, che rappresenta un'eccellenza a livello mondiale. Abbiamo stretto una partnership strategica con Coldiretti e Bonifiche Ferraresi per promuovere sostenibilità e innovazione. Infine, puntiamo, in modo trasversale, sulle aziende tecnologiche che operano in settori strategici, contribuendo a creare nuove opportunità di crescita per il Paese.
Come scegliete le aziende su cui investire?
Il processo di selezione delle aziende in cui investire si basa su un'attenta analisi di diversi fattori. Innanzitutto, valutiamo la dimensio -
ne del mercato e il posizionamento competitivo dell'azienda. Poi analizziamo quelli che nel gergo tecnico si definiscono i ‘fondamentali’: la redditività, la struttura finanziaria e il potenziale di crescita. Ma diamo grande importanza anche alla qualità, alle competenze, all'esperienza e all'integrità del management team, perché, come dicevo, in quasi tutte le operazioni non arriviamo ad acquisire il 100% dell’azienda, ma ci prepariamo a costruire un nuovo percorso al fianco dell’imprenditore. Il processo di due diligence è rigoroso e ci consente di valutare attentamente tutti gli aspetti dell'investimento prima di prendere una decisione finale.
Nextalia Private Equity è il vostro flagship fund, ma non è la vostra unica strategia…
Nextalia gestisce attualmente quattro fondi di investimento, ciascuno con una strategia specifica. Nextalia Private Equity è dedicato alle pmi con significative prospettive di crescita e ha una dimensione di 800 milioni di euro. Nextalia Credit Opportunities, con una dotazione di oltre 330 milioni, si focalizza sulla creazione di valore per le aziende in situazioni di distress finanziario. Nextalia Ventures, che ha recentemente completato la raccolta raggiungendo l’hard cap di 150 milioni, investe in startup e scaleup. Infine, Nextalia Capitale Rilancio, che è ancora in fase di raccolta, ma ha già ricevuto sottoscrizioni per 215 milioni, si focalizza su società ad alto potenziale di valore che attraversano una fase temporanea di crisi e necessitano di capitale per tornare a crescere tramite investimenti strategici. Questa nostra gamma di fondi ci permette di offrire soluzioni sostenibili e su misura a imprenditori e investitori, rendendoci un ‘one-stop-shop’ unico nel suo genere in Italia. Proprio in questo periodo, poi, stiamo studiando alcune nuove iniziative per poter ulteriormente supportare le aziende italiane in tutto il loro ciclo di vita.
Sul mercato vi capita di scontrarvi con soggetti esteri che stanno facendo shopping in Italia?
Nel segmento mid-cap, la concorrenza straniera è principalmente rappresentata da fondi francesi e tedeschi, con la presenza di alcuni operatori inglesi. Questi fondi, tipicamente di dimensioni maggiori rispetto a quelli italiani, gestiscono strategie paneuropee. In questo contesto, Nextalia ha più di un vantaggio competitivo: siamo più rapidi nelle decisioni e nell’esecuzione grazie alla nostra profonda conoscenza del mercato, alla nostra presenza sul territorio di riferimento e alla capacità di fungere come interlocutore unico per gli imprenditori. E poi il nostro network istituzionale non ha rivali, né tra gli operatori internazionali né tra quelli italiani, garantendo un valore aggiunto impareggiabile per gli imprenditori e le società in cui investiamo.
"La visione di Nextalia è stata mia, ma il successo è il risultato del lavoro di chi ha creduto dall'inizio nel progetto"
Il passaggio generazionale è un tema che vi facilita o vi complica la vita?
In Italia la struttura imprenditoriale è permeata da realtà familiari. Il passaggio generazionale rappresenta un tema ricorrente e un'opportunità significativa per Nextalia. L'ingresso di un investitore istituzionale può facilitare la transizione verso una nuova generazione di imprenditori, garantendo la continuità del business e favorendo l'adozione di modelli di governance più strutturati e innovativi. Nextalia, grazie alla sua base di investitori istituzionali italiani, si distingue per la sua capacità di comprendere le esigenze delle aziende familiari e di supportare il passaggio generazionale con un approccio orientato al lungo termine e alla crescita sostenibile.
Non è un caso che tra i vostri azionisti sia entrata anche Confindustria… Sì, Confindustria ha scelto di affiancarci già durante la fase di raccolta del nostro primo fondo, unendosi agli azionisti fondatori come Intesa Sanpaolo, UnipolSai, Coldiretti (recentemente sostituito da Bonifiche Ferraresi, ndr) e Miche-
Una carriera dalla City a Mediobanca
Francesco Canzonieri, 46 anni, ha fondato Nextalia SGR nel 2021, assieme a primari investitori istituzionali italiani. In soli tre anni, la società è diventata uno dei principali operatori nel mercato del private capital in Italia, arrivando a gestire oltre un miliardo e mezzo di masse. Con oltre 20 anni di esperienza nel settore bancario e finanziario, Francesco Canzonieri ha ricoperto il ruolo di Global Co-Head of Corporate & Investment Banking in Mediobanca. Ha iniziato la sua carriera nella City, lavorando prima per Goldman Sachs e successivamente in Barclays. Si è laureato in Economia Aziendale presso l'Università Bocconi di Milano. Nel corso della sua carriera, Francesco Canzonieri ha ricevuto numerosi riconoscimenti per il suo contributo allo sviluppo del settore finanziario in Italia. La sua leadership e visione imprenditoriale lo hanno portato a collaborare con primarie realtà istituzionali e a consolidare la sua reputazione come uno dei leader più influenti nel panorama finanziario italiano.
NOVEMBRE, 2024
Francesco Canzonieri ha lasciato Mediobanca nel 2021, dopo oltre 20 anni nella finanza d'impresa, per fondare Nextalia.
li Associati, confermando il carattere privato e istituzionale di Nextalia. Più recentemente, la compagine azionaria si è ampliata ulteriormente con l'ingresso di Enpam, la cassa di previdenza dei medici, e Isa, Istituto Atesino di Sviluppo.
E a sentire i nomi non sono certo azionisti dormienti…
La base azionaria di Nextalia è composta da investitori di grande esperienza e con una profonda conoscenza del tessuto economico italiano. Il loro contributo è fondamentale per la definizione della nostra strategia e per la creazione di un ecosistema di relazioni che favorisce la crescita delle aziende in cui investiamo. Sin dalla sua nascita, Nextalia si è posta l'obiettivo di diventare un vero e proprio alternative asset manager, con un focus esclusivo sul private market italiano. A differenza di molte altre sgr, che nascono per la gestione di un singolo fondo, Nextalia è stata concepita come una piattaforma di investimento diversificata e con una visione a lungo termine. Il raggiungimento di 1,5 miliardi di euro di masse gestite, in soli tre anni di attività, testimonia la validità del nostro modello e le potenzialità di crescita del settore del private market in Italia.
Chi gliel'ha fatto fare di iniziare questa avventura proprio negli anni del Covid, quando tutto sembrava che finisse ineluttabilmente? Momenti drammatici come quello che abbiamo vissuto hanno delle inevitabili conseguen-
ze sul mercato e possono generare anche delle opportunità per creare valore a partire dalle idee. Ho lasciato Mediobanca all’inizio del 2021, spinto dal desiderio di intraprendere una nuova sfida imprenditoriale. Dopo oltre 20 anni di carriera nel settore della finanza d'impresa, ho percepito un'opportunità unica nel mercato italiano: creare un operatore di riferimento nel private market, in grado di aggregare capitali e competenze per supportare la crescita delle aziende italiane.
L’intuizione è stata brillante... ma come è riuscito a realizzarla concretamente?
La decisione più importante che ho preso all'interno di Nextalia è stata quella di investire nelle persone. La visione iniziale è stata mia, ma il successo di questa iniziativa è il risultato del lavoro di chi ha creduto fin dall'inizio in questo progetto. Ho voluto costruire un team di professionisti di alto livello, con competenze diversificate e una passione unica per il proprio lavoro. Sono convinto che la qualità delle persone e la trasparenza nei rapporti siano i pilastri fondamentali per il successo di qualsiasi impresa. Nextalia ne è una dimostrazione concreta. Ciò che abbiamo costruito e continuiamo a costruire è la prova tangibile che solo investendo sulle persone e mantenendo relazioni autentiche e trasparenti possiamo creare un impatto significativo e duraturo. Questo è il vero motore della nostra crescita e del nostro successo. F
di Alessandro Dall’Onda
L’EMPATIA È L’ANIMA DEL SUCCESSO
Negli ultimi cinque anni nel campo della comunicazione del marketing è cambiato molto. Hanno fatto irruzione i temi della sostenibilità e l’intelligenza artificiale.
Ma soprattutto è mutato il modo di relazionarsi.
Luca Barabino, affermato imprenditore della comunicazione, la pensa così…
Il Covid ha cambiato tutto. Non solo nella nostra vita, ma soprattutto nelle relazioni. È evidente che questo sommovimento abbia inciso più che mai nel mondo della comunicazione e del marketing. Cosa stia succedendo e cosa potrebbe succedere lo abbiamo chiesto a Luca Barabino, affermato imprenditore della comunicazione e protagonista della più grande operazione di aggregazione nel settore con il progetto Excellera Advisory Group, affiancandosi ad altri protagonisti come Community Group, Cattaneo Zanetto Pomposo, Value Relations, Public Affairs Advisory e Intwig Data.
Dove sta andando la comunicazione aziendale?
Cosa è cambiato negli ultimi anni?
La comunicazione aziendale è molto cambiata nell’ultimo quinquennio. Ma non solo nella dinamica ‘pre o post Covid’, anche in queste ultime stagioni, per non dire del continuo cambiamento, anzi evoluzione, di questi mesi. Innanzitutto, ante pandemia, la comunicazione poneva molta meno attenzione al lato corporate. Iniziava sì a essere attenta e sensibile a tematiche di sostenibilità, ma era fortemente orientata al prodotto, al marchio, con una finalità primaria: notorietà, comparazione, vendere. Il Covid ha fatto riflettere le imprese, il management, ma soprattutto gli imprenditori. Temi di scopo, missione, valori - che in quella stagione si riassunsero in una parola anglosassone: purpose - divennero consueti. Tra chi lo affrontava di facciata e chi con profondità, è comunque stato un passaggio importante. La solidarietà, il bene comune sono diventati obiettivi più rilevanti. Così nelle stagioni successive è continuato questo percorso: oggi nel comunicare, da parte delle imprese, c’è molta attenzione al posizionamento, al profilo di reputazione, a una corretta conoscenza dell’azienda e del suo essere e fare e una maggiore (non sempre, però) trasparenza informativa. C’è attenzione alle tematiche sociali e –nelle realtà più avanzate – al rapporto con le comunità di appartenenza, i territori e, più in generale, tutti gli interlocutori con cui l’impresa si relaziona. Ecco, alla parola ‘comunicazione’ si affianca la parola ‘relazione’.
La sensazione, però, è che dopo il Covid a cambiare sia stato proprio il sistema di relazioni. La pandemia ci ha dato nuove letture: sono cambiate abitudini e stili di vita – anche se poi non così radicalmente e tanto sta rientrando nei vecchi canoni –, ma la relazione è ancor più al centro delle nostre vite, dello sviluppo e della crescita sociale, ma anche di economia e imprese. Dei consumatori, delle famiglie. A questi temi, che sono e rimarranno radicati, se ne aggiungono altri contingenti, alcuni opportunistici, altri ancora che diventeranno centrali. La comunicazione
interna, ad esempio, laddove l’azienda deve comprendere che il dipendente non solo deve lavorare bene e in un ambiente proattivo, positivo, bensì deve sviluppare condivisione e senso di appartenenza. Fino al punto di sviluppare politiche di employer branding. Laddove il dipendente stesso se è ‘in’ è ambassador, se non lo è può essere financo problematico e disintermediante.
Marketing e comunicazione sono sempre più vicini. Cosa sta cambiando?
Questo è un eterno dibattito che parte da errori di matrice replicati nel tempo. Il marketing sviluppa, ancor oggi, politiche più legate al prodotto, in cui molto scorre a fianco a politiche commerciali. Strategia di prezzo, lancio, tempistica di ingresso sul mercato, modalità operative, comparazioni con il prodotto competitore. La comunicazione oggi è molto più reputazionale, valoriale: un’azienda deve essere empatica con i propri pubblici e porsi il tema di essere correttamente conosciuta, apprezzata nei suoi vertici, gradita alle comunità con cui si relaziona: non solo i clienti, ma dipendenti, fornitori, territori e mercati di presidio. A questo si affiancano i temi di recenti stagioni: la sostenibilità, spesso usata maldestramente come bandiera da sventolare per fini promozionali e non con senso responsabile, ma che, senza eccedere, è un modo di comunicare. E la comunicazione, se empatica, gradevole, credibile, fattuale fa bene al prodotto. Perché oggi il cliente/consumatore compra per empatia, condivisone, conoscenza e apprezzamento dell’azienda.
L’intelligenza artificiale rivoluzionerà anche il campo della comunicazione aziendale?
Rivoluzione è un termine forte. Ma certamente l’impatto è potente e già evidente, pur essendo agli albori dell’IA. Per i comunicatori non sarà un tema di dentro o fuori: l’IA va inserita in azienda, ma gestita. Guai a che la macchina elabori in autonomia: mancherebbe di profondità, storia e riferimenti culturali, ma anche linguaggi, tono di voce, sensibilità al dettaglio, reason why e altro. Ci conviveremo e il bravo direttore comunicazione di domani sarà colui che la farà entrare nella quotidianità, gestendola, contenendola, usandola come supporto e come gregario, non capitano.
Si ragiona sempre più su scala globale. Come devono attrezzarsi comunicazione e marketing?
Il leitmotiv ‘think globally, act locally’ è ormai in soffitta, pur nella sua perenne attualità: nei mercati avanzati ci sarà una peculiare attenzione alla comunicazione locale, se non addirittura direzionata a target mirati, anche contenuti nelle dimensioni, selezionati e molto segmentati. Oggi il mondo dei social e della rete e lo
sviluppo di algoritmi sempre più sofisticati e aggiornati lo permette. Prenderà molto spazio la comunicazione a misura, a soggetti che si sentano gratificati di tale processo e non massificati. Poi va da sé che fenomeni di massa e grandi tendenze continueranno ad attraversare le nostre quotidianità: e saranno quelli che invaderanno ancora il mondo dei media e dei canali social.
L’azienda da lei creata, insieme ad altre importanti, è stata protagonista della più grande aggregazione del settore. È un processo inevitabile?
È una chiave di lettura che riteniamo sia premiale e a cui personalmente ho pensato molto, piccolo imprenditore di prima generazione, dopo oltre 35 anni di convinto stand alone. È infatti innegabile che sui mercati internazionali sia partita, anche nel nostro settore, un’attenzione alle aggregazioni, se non altro perché la dimensione degli investimenti, ad esempio tecnologici, nella cybersecurity, nelle data sciences, così come la complementarità di servizi, rischia di penalizzare chi non sarà in condizione di effettuarli per questioni di dimensione. Poi c’è un tema strategico e di posizionamento: auspicabilmente e con modestia, nelle aggregazioni vengono cercati, proposti e invitati a partecipare i soggetti migliori per competenze, posizionamento, profilo di reputazione, caratteristiche delle risorse che la compongono. È un’occasione di innalzamento delle conoscenze, di arricchimento delle interazioni ed evoluzione delle professionalità che ci appartengono. Il comunicatore del futuro prossimo sarà necessariamente differente. Steiner e io con altri 18 partner siamo ‘al pezzo’ e operativi con più stimoli e motivazioni che mai. In questo percorso, Barabino & Partners continuerà a essere autonoma sul mercato sia in Italia che all’estero. Infatti, come per tutte le altre sigle di Excellera, manteniamo autonomia aziendale, continuità di gestione, marchio e posizionamento e, nel mio caso, entusiasmo e guida operativa della società. F
ROBERTA
VIVENZIO
Communications director FiberCop
Laureata in scienze politiche, ha lavorato in Snam come direttore global media relations ed è stata responsabile media & digital di Borsa Italiana per il London Stock Exchange Group. Per 14 anni ha ricoperto in Enel diversi incarichi di rilievo, fino alla nomina di global head of media, e ha lavorato anche in Tim come responsabile ufficio stampa estera. Le ultime esperienze sono state in Ferrovie dello Stato Italiane, come deputy chief communication officer e responsabile della media factory del gruppo. Da settembre 2024 è direttore della comunicazione di FiberCop.
VOLTI DEL MARKETING E DELLA COMUNICAZIONE I 100
Per il quinto anno consecutivo Forbes Italia ha selezionato i 100 direttori marketing e della comunicazione italiani di successo, di seguito in ordine alfabetico. Nell’era dell’intelligenza artificiale e della sostenibilità, sono loro a spingere l’innovazione delle aziende, a sceglierne il linguaggio e a orientare le decisioni dei consumatori
RICCARDO ACQUAVIVA
Responsabile
della comunicazione
Generali Italia
ANNA PAOLA BARBERI
Marketing & communication director
ColleMassari
LAURA BARBERIS
Head of marketing
JP Morgan
LYDIA BARBINI
Group marketing director Starhotels
FRANCESCA
BARDELLI NONINO
Resp. comunicazione
digitale Nonino Distillatori
LYDIA BARBINI
Group marketing director Starhotels
Con oltre 15 anni di esperienza nel marketing e nella leadership aziendale, Lydia Barbini si distingue per la capacità di unire creatività e analisi dei dati nella definizione di strategie di crescita. Ha guidato team di marketing per brand globali e locali, sviluppando soluzioni innovative. Group director of marketing & pr di Starhotels, ha trasformato l’identità e la strategia di comunicazione del gruppo. In precedenza ha rilanciato Piave Maitex, l’azienda tessile di famiglia. Ha lavorato in multinazionali come Colgate e Philip Morris, dove ha guidato progetti globali di branding e innovazione. Ha una mentalità imprenditoriale e una comprovata esperienza nella gestione di progetti complessi.
MATTEO BETTINI
Direttore marketing, comunicazione e trade marketing Italsilva Ha conseguito la laurea in economia e commercio a Genova e un master in marketing e trade marketing. Dal 2000 ha mosso i primi passi in Sutter e fatto esperienza nelle vendite in Star Alimentare. Dal 2007 al 2016 è stato nel gruppo Desa. Dopo l’esperienza nelle utilities come direttore marketing in Vivigas Energia, è rientrato nel 2019 in Italsilva come direttore marketing, comunicazione e trade marketing per i brand Sauber e Spuma di Sciampagna. Il progetto di rilancio, di rebranding, la nuova strategia di comunicazione e il lavoro di continua innovazione su formule e prodotti hanno portato il brand Spuma di Sciampagna ad affermarsi come punto di riferimento nel personal care e nell’home care. Crede nell’innovazione e nell’integrazione digitale nei canali di comunicazione e nei processi aziendali.
ROSANNA BARUFFALDI
Marketing manager
Banor
STEFANIA BELLOLI
Responsabile rel. esterne
Patek Philippe Italia
MATTEO BETTINI
Dir. marketing, com. e trade marketing Italsilva
FRANCESCA BEVILACQUA
Brand director
Bottega Verde
GIULIA BORZUMATI
Marketing manager Innate
MANUELA BOTTEGA
Head of communication, brand & advertising
Zurich
MANUELA BOTTEGA
Head of communication, brand & advertising Zurich
Con oltre 20 anni di esperienza nella comunicazione, Manuela Bottega si è affermata come riferimento del settore assicurativo/bancario, specializzandosi in aree come comunicazione esterna e interna, customer communication, events management, advertising e brand positioning, social media e crisis management. Si distingue per l’impegno nel posizionamento del brand, con particolare attenzione alla gestione del cambiamento durante operazioni di m&a. Ha una laurea in economia e commercio, un master in marketing e comunicazione d’azienda e uno in management dell’innovazione sociale. Da executive in Zurich Italia gestisce la comunicazione con spirito imprenditoriale e una mentalità innovativa che si riflettono nella valorizzazione e nel posizionamento dei brand Zurich e Zurich Bank.
NATALIA CAZZOLA
Media manager
Luxottica
GIANLUCA CECCHINI
Marketing manager
Vontobel
MATTEO CEOLA
Chief sales officer and marketing manager
Crocco
GIORGIA BULGARELLA
Marketing manager
Motorola
ANDREA CAFIERO
Brand & communication director Elica
DANIELE CAMILLI
Head of marketing
Pictet
NICOLA CAPODANNO
Head of the press office Tim
GIORGIO
CARAFA COHEN
Chief brand & revenues officer Iliad
LUCA CARDONE
Direttore marketing corporate
Wind Tre Business
LUCIA CHEVALLARD
Marketing director
Danone
MICHELE CICCARESE
Commercial & marketing director Lega Serie A
MATTEO CIVASCHI
Direttore marketing Rexer
NICOLA CAPODANNO
Head of the press office Tim Nato a Roma nel 1979, dal 2020 Nicola Capodanno è alla guida delle media relations del gruppo Tim, dove sta gestendo questioni delicate, come la comunicazione dell’operazione di vendita della rete fissa al fondo Kkr, in tandem con il ministero dell’Economia. In passato ha lavorato nell’ufficio stampa di Intesa Sanpaolo, dopo un lungo percorso da giornalista iniziato nei primi anni 2000, nella redazione di Milano Finanza, e proseguito all’Ansa a Milano. Si è occupato di economia, Borsa, banche e telecomunicazioni, per poi specializzarsi nella crisi del sistema bancario nazionale e nei filoni giudiziari collegati. Ha collaborato con diverse testate, tra cui il settimanale L’Espresso.
CARLO COLPO
Group marketing communication director and brand home director Lavazza
CLAUDIA CORSO
Head of client marketing manager Pgim
FEDERICA CUDINI
Country marketing communication manager Bosch
FRANCESCA CUOGHI
Chief communication officer Iris Ceramica Group
MARIA D’AMICO
Marketing manager D’Amico - D&D Italia
ALESSANDRO D’ANNIBALE
Group marketing director Ied
MARCO DALLA NORA
Responsabile marketing Vivibanca
LUCA DANOVARO
Chief revenue officer
F.C. Internazionale Milano
GIULIA DE CANEVA
Responsabile marketing Gam Italia
ARTURO DE SIMONE
Exec. marketing director theatrical Warner Bros. Discovery
DONALD DEANGELIS Marketing manager AllianceBernstein
ALEX DELL’ERA Marketing manager Canon Medical System
MICHELE CICCARESE
Commercial & marketing director Lega Serie A Michele Ciccarese ha oltre 15 anni di esperienza nel settore della pubblicità e dello sport. Ha lavorato come consulente per lo sviluppo di partnership e strategie media in città come Milano, Dubai, Londra e New York, con alcune delle più grandi agenzie globali. Ha cominciato in Dentsu Media Group nel 2007, poi, nel 2011, è entrato in GroupM/Wpp, dove è stato anche managing director esp per l’Italia e la regione Mena (Medio Oriente e Nord Africa). A fine 2019 è entrato a far parte della Lega Serie A con il ruolo di commercial & marketing director, occupandosi di partnership commerciali, dello sviluppo di nuovi prodotti e dell’espansione del business tramite l’apertura di uffici in mercati strategici.
MELISSA FERRARIO
Marketing director Laboratoire Native
ANNALISA FERRI Marketing director Sammontana
GIOVANNA FLACCO
Senior global marketing & brand manager Officina ProfumoFarmaceutica di Santa Maria Novella
LAVINIA FOGOLARI Marketing manager Asus
CHIARA GNOCCHI Head of communication & patient engagement Novartis
ROBERTO LOBETTI BODONI Global chief marketing officer Geox
DANIELE LOMBARDO Dir. marketing, relazioni ist. e comunicazione TeamSystem
DANIELE LONGO Chief marketing & digital officer Ip
LUISA LUJÁN
NICOLA DI GIUSTO Sales & marketing manager Vianova
BARBARA DONELLI Marketing manager Expert
CRISTINA DOTTI Head of marketing Brown Forman Italia
MARIA ELENA ESPOSITO Global marketing manager Pastificio Lucio Garofalo
PABLO FALANGA Infinity Tv commercial director Mediaset
ANDREA FERRARI Head of sales & marketing Europe Keeway Group
Responsabile marketing e comunicazione Italia & Europa Minsait
MANUELA MAESTRONI Responsabile marketing per il Sud Europa Wellington Management
PAOLA MAFFEZZONI Marketing & pr director Wpp
ISABELLA MAGGI
Marketing & communication director Gattinoni
VALENTINA MARCHESINI
Marketing & communication manager
Marchesini Group
ALESSIA MARCHICA
Marketing director Advanced Microwave Engineering
GIOVANNA MARZOLLA
Marketing, communication & digital channels director Edison Energia
LORENZO MATTEONI
Head of marketing
Brother Italia
GIANLUCA
MELILLO MUTO
Direttore comunicazione e relazioni istituzionali Seven Holding SpA
FRANCESCO MESCHIERI
Chief marketing officer Colussi
MARCO MICHELI
Direttore relazioni esterne e comunicazione strategica Telepass
CARLA MIGLIORE
Direttore marketing Baldinini
FABIO MINOLI
Head of communications, public affairs & sustainability
Bayer
MANUELA
MIRAUDO
Marketing manager
Blu Hotels
GABRIELE MONDA
Marketing director
Ferrarelle
VALENTINA MOSCATO
Head of pr & media
Sisley
FABIAN OSAMU
NARIZUKA
Country manager, sales, after sales and marketing
Shoei Italia
ALESSANDRO D’ANNIBALE
Group marketing director Ied
Ha un’esperienza ventennale nel marketing e nella comunicazione, dove ha ricoperto ruoli manageriali nello sviluppo di strategie e nell’elaborazione di piani per il lancio e la promozione di prodotti e servizi. Ha iniziato nel settore editoriale in ambito moda, poi si è dedicato all’e-commerce, al marketplace Depop e a programmi di trasformazione digitale per aziende come Bulgari, Generali e Merck Serono. Ha curato progetti di user experience design, cro e branding che gli hanno permesso di approfondire diversi ambiti: dalla ricerca alla content e social media strategy, fino alla creazione di brand system comprensivi di linee guida per la comunicazione visiva, l’imagery, il copywriting e le campagne digitali. Da tre anni coordina la funzione marketing di Ied.
RAFAEL NARVAEZ
Global chief marketing officer Mutti
MARTA OLIVARI
Marketing & communication manager
Dimora Del Ghirlandaio
MICHELE PETRILLI
Head of digital Nissan
CRISTINA PIPOLO
Head of marketing and communications Italy & Europe Dxc Technology
MARTINA PIRLI
Head of communication & marketing Vivo Concerti
RIKKE RABOEL
Head of group marketing & communications
UniCredit
SIMONE RAINERI
Pr & communication director, corporate, studios, Disney+, csr & internal comms
The Walt Disney Company
ENZA CRISTIANA
REINA
Corporate communication and event manager Teoresi Group
SALVATORE RICCO
Chief communication Officer Amplifon
DONALD DEANGELIS
Marketing manager AllianceBernstein
Donald Deangelis è il marketing director per l’Italia di AllianceBernstein, una delle principali società di gestione degli investimenti a livello globale. Nel suo ruolo ha contribuito al rafforzamento del brand e alla crescita del business in Italia, ampliando la base clienti e introducendo prodotti e servizi adatti a soddisfare le esigenze della clientela. Prima di assumere la responsabilità delle attività di marketing di Ab, nel 2018, ha guidato le attività di comunicazione e content marketing di Fidelity International in Italia. Ha un’esperienza ventennale maturata in Italia e all’estero: ha iniziato la carriera in D. Grosser and Associates a New York e ha proseguito in Fidelity International nel Regno Unito, in Francia e, infine, in Italia. Si è laureato all’Università Statale di Milano e ha conseguito un master alla Warwick University nel Regno Unito.
ANGELO RUGGERI
Direttore comunicazione e diversity Acbc
ALESSANDRA SABELLICO
Global corporate communications & reputation director Davines Group
GEMMA SACCOMANNI
Senior director, public affairs Gilead
BARBARA SAGRILLO
Responsabile marketing Zscaler
VINCENZO SALLUZZO
Marketing & communication specialist Roseto Group
CRISTINA DOTTI
MANJÙ RIZZI
Marketing & communication manager
Namirial
IVAN RIZZUTO
Direttore marketing Raffaele
GIORGIA ROBAUDO
Communication & patient advocacy director Incyte
ALESSANDRO RONGO
Marketing manager Franklin Templeton
Head of marketing Brown Forman Italia Con oltre 15 anni di esperienza nel mondo degli spirits, in Italia e in diversi mercati europei, è una leader creativa ed esperta nello sviluppo di brand come Jack Daniel’s e Gin Mare. Capace di trasformare ogni sfida in un’opportunità, trovando soluzioni originali dove altri vedono ostacoli, con il suo approccio ha contribuito all’espansione del portafoglio dei premium spirit brands di Brown Forman in Italia. Negli ultimi anni ha dato impulso al piano di crescita strategico che guiderà l’azienda nella rete distributiva nel mercato italiano degli alcolici.
LORENZO MATTEONI
Head of marketing Brother Italia
Lavora in Brother Italia da 12 anni e ricopre anche un importante ruolo nel marketing steering committee europeo con sede a Manchester, nel Regno Unito. Ha oltre 20 anni di esperienza e ha esplorato diversi mercati competitivi, tra cui telecomunicazioni e automotive. Di recente ha concluso l’executive master in sales management alla 24Ore Business School. Sposato, ha una bambina di tre anni.
LAURA SCHIATTI
Country marketing manager Ikea
RICCARDO SCHIAVON
Communication & external relations manager Logista Italia
MICHELA SCURA
Responsabile area
marketing Gias
GIOVANNA SOLITO
Marketing director Galbusera
MICHELE PETRILLI
PAOLA SALMOIRAGHI
Communications director
Dazn Italia
ANTONIO SALVATERRA
Direttore marketing
Argo Tractors
ALESSANDRA SARNI
Global
communication director
Paul & Shark
CECILIA SCHENA Cmo Kiko
Head of digital Nissan Esperto di comunicazione digitale con 19 anni di esperienza, ha una laurea in economia e un master internazionale in economics ottenuto a Stoccolma. Ha ricoperto ruoli di crescente responsabilità nel settore e da circa otto anni è head of digital di Nissan Italia, dove è digital marketing communications section manager e responsabile delle strategie di marketing digitale, gestendo la comunicazione, lo sviluppo delle piattaforme digitali, l’ecosistema dati e i canali social. Il suo impegno ha permesso a Nissan Italia di rafforzare la sua presenza online e di innovare nel campo del marketing digitale. In passato ha lavorato in ruoli trasversali alle varie aree di business, con un focus nella divisione marketing.
giovan i e lavoro
BENEDETTA SPREAFICO
Marketing manager
M&G
ROBERTA SURINI
Marketing manager
Allegrini Wines
MATTEO TAGLIAFERRI
Head of marketing
Anima
EVANGELOS
TOURAS
Cmo
Illycaffè
RIKKE RABOEL
Head of group marketing & communications UniCredit Rikke Raboel è executive vice president e responsabile marketing & comunicazione del gruppo Unicredit. Ha oltre 20 anni di esperienza nel costruire e guidare funzioni globali di marketing e comunicazione b2b e b2c al servizio di clienti e stakeholder interni ed esterni. Ha guidato la trasformazione e l’evoluzione delle divisioni MarCom per svariate industry e multinazionali. I suoi punti di forza sono talent attraction, motivational leadership, people management e capacità di costruire sinergie e team internazionali.
ALESSANDRA SABELLICO
Global corporate communications & reputation director Davines Group Alessandra Sabellico ha oltre 20 anni di esperienza nella comunicazione d’impresa, sia esterna che interna. Nel gennaio 2008 è entrata in L’Oréal Italia e nel 2014 è arrivata a essere responsabile relazioni esterne e reputation. Dal 2022 è direttore global della comunicazione corporate del gruppo Davines, azienda cosmetica con sede a Parma in cui, grazie al suo lavoro, alle sue competenze e alla sua esperienza, ha creato e gestisce un team dedicato alla funzione di corporate communications, sia esterna - dalle media relation ai programmi di advocacy per il top management su LinkedIn -, sia interna.
AMELIA VENEGONI
Marketing director
Mercer Italia
GIANLUCA VIGATO
Head of advertising & communication Franke
FABRIZIO VIVARELLI
Direttore marketing
Di Marco
ROBERTA VIVENZIO
Communications director
FiberCop
NUOVA ALFA ROMEO JUNIOR LEARN TO LOVE AGAIN
Consumo di energia Alfa Romeo Junior Elettrica (kWh/100km): 15,0 - 15,2; emissioni CO₂ (g/km): 0. Autonomia elettrica (km): 413-407. Valori omologati in data 24/06/2024 in base al ciclo misto WLTP e indicati a fini comparativi. Il consumo effettivo di energia e l’autonomia elettrica possono essere diversi, e variare a seconda delle condizioni di utilizzo e di vari fattori quali: optional, temperatura, stile di guida, velocità, peso del veicolo, utilizzo di determinati equipaggiamenti (aria condizionata, impianto di riscaldamento, radio, navigazione, luci, ecc.), pneumatici, condizioni stradali, meteo, ecc. Immagini a puro scopo illustrativo.
di Tommaso Carboni
The Investigation
AUTOSCONTRO
Nonostante i miliardi di dollari spesi dalle case automobilistiche, la transizione verso l’elettrico ha frenato. Le vendite calano, così come gli investimenti. L’ibrido guadagna terreno e, secondo alcuni, è il modello vincente, almeno per l’immediato. In questa incertezza, il settore è diventato una delle grandi arene di lotta globale, con in ballo interessi economici, industriali, climatici e geopolitici
FForse è il momento di appassionarsi davvero all’industria dell’auto. E questo vale anche se guidare vi ha sempre annoiato, se le macchine vi sembrano più o meno tutte uguali, se di come funziona un motore non vi importa granché, basta arrivare dal punto A al punto B. Forse bisognerebbe interessarsi perché oggi l’industria dell’auto è una delle grandi arene di scontro. In ballo ci sono interessi economici, industriali, climatici e geopolitici. C’è la lotta per la supremazia tecnologica tra Cina e Stati Uniti. Con l’Europa nel mezzo, il continente più esposto, perché si è dato gli obiettivi climatici più ambiziosi e perché come mercato è quello più dipendente dagli
100%
I dazi varati da Biden sulle auto elettriche cinesi
7%
L’incidenza dell’auto sul Pil europeo
scambi internazionali. Gli obiettivi ambiziosi per ora restano, malgrado tutte le incertezze. Il governo italiano ha chiesto di posticipare lo stop alla produzione di veicoli con motori endotermici (cioè benzina e diesel) oltre il 2035. Ma Germania, Spagna e Francia non sono d’accordo. Dicono che è importante mantenere i target climatici per non disperdere i grandi investimenti fatti finora nella transizione verso l’elettrico.
L’altro motivo d’attrito riguarda i dazi. Questo ha a che fare con la strategia migliore per gestire la Cina: è meglio il duro protezionismo americano o la via di mezzo europea? Biden ha alzato un muro contro le auto elettriche cinesi: tariffe proibitive del 100%. Cosa che l’Europa non ha potuto né voluto fare.
L’Europa, dicevamo, è più esposta agli scambi: importa ed esporta di più dalla Cina rispetto agli Stati Uniti. Il risultato è un compromesso, che comunque non
soddisfa tutti. Il 4 ottobre l’Unione europea ha deciso di confermare dazi fino al 45% sulle auto elettriche cinesi, accusando la Cina di pratiche commerciali sleali, ossia aiuti alle aziende tali da falsare il mercato. Ma anche qui c’è un battibecco tra paesi europei. Molti sono a favore di dazi più alti, tra cui Italia e Francia. Altri sono contrari, e in questa cordata il paese più importante è la Germania. Difatti la Commissione europea non ha chiuso alla possibilità di un accordo in futuro, facendo sapere che “i negoziati con Pechino continuano”. Bmw, Mercedes e Volkswagen hanno paura di ritorsioni dato che esportano ancora molto in Cina. Ma le loro macchine fanno anche il tragitto inverso. Prendiamo l’esempio della joint venture tra Bmw e la cinese Great Wall. Le due società producono insieme in Cina la crossover elettrica Mini Aceman, il cui prezzo in Europa, a causa
Pechino aggira i dazi investendo in Europa. Byd, la più grande casa d’auto cinese, sta costruendo una fabbrica in Ungheria e altre aziende la imitano
dei nuovi dazi, rischia di aumentare del 38%.
Pechino, nel frattempo, ha una strategia chiara: aggirare i dazi investendo in Europa. Build Your Dream (Byd), la più grande casa d’auto cinese, sta costruendo una fabbrica in Ungheria, e altre aziende seguono lo stesso percorso. L’Europa pensa di poterci guadagnare in occupazione e nuovi investimenti, e anche di accedere al know-how dei cinesi, che sull’elettrico sono all’avanguardia. Dall’altra parte dell’oceano, invece, Biden conferma l’escalation di protezionismo. Per motivi di sicurezza ha addirittura proposto di mettere al bando il software cinese installato sulle automobili, temendo che dati sensibili americani finiscano nelle mani sbagliate. È debole l’Europa o gli Stati Uniti si stanno chiudendo troppo? Ognuno cerca il proprio equilibrio tra sicurezza, compe-
The Investigation
tizione globale e sostenibilità climatica. L’industria dell’auto vale circa il 7% del Pil europeo e dà lavoro direttamente e indirettamente a 12 milioni di persone. Bruxelles si trova nel mezzo di un dilemma: da una parte proteggere il settore automobilistico, dall’altra accelerare la transizione pulita. Come se non bastasse, si è aggiunto un ulteriore elemento di incertezza: l’elettrico, dopo miliardi di dollari d’investimenti, è nel pieno di una frenata che potrebbe cambiare di nuovo gli equilibri.
Cerchiamo di fare il punto della situazione. L’industria dell’auto sta sostituendo il petrolio con le batterie, tuttavia molti consumatori vogliono tenere aperte entrambe le opzioni. Risultato: le vendite di auto ibride plug-in sono esplose, vuoi perché le macchine completamente elettriche sono ancora troppo care, vuoi perché c’è ancora poca disponibilità di stazioni di ricarica. Un po’ di numeri, cominciando dall’anno scorso: nel 2023, a livello globale, le vendite di auto solo a batteria (Bev) sono state più del doppio rispetto a quelle di elettriche ibride plug-in (Phev), ma il divario si sta riducendo. Le vendite globali di Phev sono aumentate del 50% nei primi sette mesi del 2024, rispetto all’8% dei Bev, secondo le stime di Bernstein, una società di ricerca.
Ora c’è da capire quanto durerà l’entusiasmo per gli ibridi. È destinato a restare o l’elettrico la spunterà comunque e sbaglia chi oggi rallenta gli investimenti? Intanto, i produttori fanno le loro mosse. Ford ha abbandonato i piani per un Suv totalmente elettrico, optando per una motorizzazione ibrida. Stessa cosa Hyundai, mentre Volvo ha appena ritrattato il suo obiettivo di diventare tutta elettrica entro il 2030. Anche Volkswa-
Le vendite di auto ibride plug-in sono esplose. In parte perché le macchine completamente elettriche sono ancora troppo care, in parte perché c’è poca disponibilità di stazioni di ricarica
gen sta investendo di più negli ibridi, dopo aver puntato molto – troppo, dicono alcuni analisti – sulle auto a batteria, con fabbriche che oggi funzionano a capacità ridotta. In effetti gli ultimi dati sono impietosi: ad agosto un crollo delle vendite di auto full electric di quasi il 44% rispetto a un anno fa in Europa e di quasi il 69% in Germania. Così le difficoltà della casa tedesca sono diventate un monito per il resto del settore. “Non farò la fine di Volkswagen”, ha detto il ceo di Stellantis Carlos Tavares mentre annunciava l’arrivo a Mirafiori dal 2026 della 500 ibrida. Ibrida, appunto, non full electric.
Uno dei motivi per cui si preferiscono i Phev è il costo: rispetto alle auto puramente elettriche, gli ibridi, con batterie più piccole, sono più accessibili e meno costosi da mantenere, e l’opzione del motore a benzina mette al riparo dalla cosiddetta ansia da autonomia. Il consumatore, in un certo senso, ha il meglio dei due mondi. E per le case d’auto è un vantaggio: dagli ibridi si ricavano margini di profitto più alti (le elettriche a volte finiscono in perdita).
Nella lunga transizione che abbiamo davanti - “dieci, quindici anni”, spiega a Forbes Italia Roberto Vavassori, presidente dell’Anfia (Associazione nazionale della filiera automobilistica) - i veicoli ibridi servono a introdurre il pubblico alle macchine elettriche. “Oggi abbiamo veicoli ibridi plug-in con un’autonomia elettrica di 100 km, il che consente di muoversi senza tanti patemi d’animo, senza guardare continuamente la carica delle batterie, poi ci sono 40-50 litri di benzina per spostarsi su distanze maggiori”, dice Vavassori. “Questo tipo di auto crescerà nei prossimi anni e diverse case, la stessa Stellantis in Italia, ci
investono proprio perché l’elettrico puro vende meno delle attese, anche per diffidenze culturali”. Ma nel lungo periodo chi vincerà la battaglia? L’elettrico è davvero spacciato? No, secondo molti analisti, compresa Bernstein. La loro previsione è che i Phev conquisteranno una quota crescente di mercato fino al 2030 circa, ma che le vendite si stabilizzeranno e alla fine diminuiranno quando ci sarà un’accelerazione di acquisti di auto solo elettriche. Per almeno due motivi, dicono questi analisti.
Il primo riguarda l’avanzamento tecnologico. I prezzi delle batterie stanno scendendo e dovrebbero continuare a farlo man mano che la produzione cresce e si sviluppano nuove sostanze chimiche. Società come Renault hanno in cantiere modelli elettrici che dovrebbero costare molto meno di quelli attuali, grazie al pungolo della concorrenza cinese. Anche le reti di ricarica stanno aumentando in fretta.
La seconda ragione dipende dalle restrizioni ambientali. Cominciamo dal
Gli europei impiegati nell’industria dell’auto
2035
L’anno previsto per il blocco ai motori endotermici in Ue
mercato statunitense. Le regole della California, seguite da altri 16 stati, prevedono che entro il 2035 solo il 20% delle nuove auto vendute potrà essere ibrido plug-in, mentre il resto dovrà essere completamente elettrico. Poi c’è l’Europa, dove il divieto, almeno in teoria, sarà ancora più ferreo. In teoria, perché secondo molti, tra cui Vavassori, il blocco al 2035 dei motori endotermici finirà per essere prorogato. Questo perché il taglio di CO2 non sta rispettando le quota stipulate, quindi bisogna fare i conti con la realtà.
Ma la realtà non cambia poi di molto. Qualche anno in più o in meno non fa grande differenza. Gli ibridi stanno vincendo ora. Sono il veicolo di transizione perfetto, mentre nell’elettrico ci sono costi ancora troppo alti per le famiglie e l’infrastruttura di ricarica ha bisogno di grandi capitali. Ma la direzione è quella. Le case d’auto sbaglierebbero a interrompere gli investimenti. Oggi vince l’ibrido, domani la spunterà l’elettrico. F
di Cosimo Maria Palleschi
Geopolitica
L’AGO DELLA BILANCIA
Negli ultimi anni gli Emirati Arabi Uniti si sono ritagliati un ruolo di potenza regionale. Sono intervenuti in molti scenari di guerra, limitrofi e non, e hanno tessuto rapporti anche con paesi rivali tra loro. Mentre in economia investono per diversificare e dipendere meno dal petrolio
congiunto di nuovi droni e di navi di 17 metri senza pilota, utilizzabili per il pattugliamento costiero.
“Gli Emirati Arabi Uniti non mischiano economia e commercio con la politica”, ha affermato nell’ottobre 2023 Thani Al Zeyoudi, ministro emiratino del commercio estero, per rispondere ai giornalisti sull’evoluzione dei rapporti con Israele dopo l’escalation a Gaza. Gli affari sono affari, dunque. I rapporti commerciali tra Emirati Arabi Uniti (Eau) e Israele, dalla firma degli Accordi di Abramo nel 2020, sono infatti decollati, con un interscambio che ha superato i 2,5 miliardi di dollari. Il fondo sovrano emiratino Mubadala ha acquisito per 1 miliardo di dollari il 22% del campo gasifero off shore israeliano di Tamar. I due paesi stanno progettando un nuovo oleodotto per portare il petrolio emiratino dal porto israeliano di Eliat fino ad Ashkelon, e da lì verso l’Europa. Nel campo della difesa, invece, hanno stilato accordi per lo sviluppo
Lo scopo di politica economica degli Eau è diversificare dagli introiti petroliferi, da cui deriva ancora il 30% del Pil. Il paese resta il settimo produttore mondiale di greggio ed è settimo anche per riserve. Per questo Abu Dhabi, da gennaio 2024, è entrata nel blocco dei paesi Brics. La Cina, in primis, è presente nel paese con circa quattromila aziende e 20mila lavo-
un avamposto militare cinese, come già successo in Gibuti. Abu Dhabi punta poi sull’intelligenza artificiale e dal 2017 ha creato un ministero apposito. Gli Usa, anche in questo campo, vogliono allontanare gli Emirati dall’influenza cinese. Ad aprile 2024 Microsoft ha annunciato un investimento da 1,5 miliardi di dollari in G42, la principale azienda di IA del paese.
La cinese Cosco ha eletto come hub regionale il porto di Khalifa. Gli Usa sospettano che lì possa nascere un avamposto militare di Pechino
ratori. La principale compagnia marittima cinese, la Cosco, ha eletto come suo hub regionale proprio il porto di Khalifa (Abu Dhabi), quinto per traffico di container a livello mondiale. Gli Stati Uniti sospettano che proprio lì stia nascendo
Oltre che nell’IA, gli Eau investono anche sull’idrogeno verde. Nel 2023 hanno lanciato la Strategia Idrogeno 2050, che prevede la produzione di 1,4 milioni di tonnellate di idrogeno (di cui un milione di idrogeno verde) entro il 2031, fino ad arrivare, nel 2050, a 15 milioni di tonnellate annue. Abu Dhabi sta puntando molto anche sulle infrastrutture, specialmente portuali e logistiche, forte della Abu Dhabi Ports Group e della Dp World. Quest’ultima azienda gestisce oltre 70 milioni di container l’anno (il 10% del traffico globale) ed è presente in oltre 60 terminal portuali, tra cui quelli di Gedda, Gibuti, Vishakhapatnam in India, Costanza in Romania e Algeri, dove ha investito 114 milioni di dollari. Sempre
in Africa gli Emirati hanno aiutato l’Etiopia a sedare le rivolte nel Tigray con equipaggiamenti militari e addestratori. Abu Dhabi ha favorito lo storico accordo tra Etiopia e Somaliland (la ex Somalia Britannica, non riconosciuta indipendente dall’Onu e facente parte della Somalia) per l’utilizzo del porto di Berbera, fondamentale per il passaggio nel Mar Rosso. Accordo fortemente osteggiato dalla Lega Araba, che l’ha giudicato lesivo della sovranità territoriale della Somalia. Gli Emirati, ghost writer di questo controverso accordo, si sono assicurati la costruzione di un’autostrada per congiungere l’Etiopia al porto di Berbera. In sordina è passata poi l’acquisizione, da parte della Emirates Telecommunication Group Company di Ppf Telecom Group, uno dei principali operatori di telefonia mobile dell’Europa dell’Est, con oltre 18 milioni di clienti in Bulgaria, Slovacchia, Repubblica Ceca, Ungheria e Serbia. Dal punto di vista della politica estera, invece, Abu Dhabi sta attuando una strategia che viene definita ‘multivet-
toriale’. Ha riaperto nel 2022 il dialogo con l’Iran, con l’insediamento dei rispettivi ambasciatori. Malgrado questo riavvicinamento, hanno verosimilmente aiutato Israele a difendersi dall’attacco di droni e missili di Teheran ad aprile. Inoltre, insieme a Israele, partecipano all’accordo di difesa militare West Asia Quad con India e Stati Uniti. Abu Dhabi è stata anche l’unica, insieme alla Cina, a stabilire rapporti con i Talebani. Dallo scoppio della Primavere Arabe gli Emirati hanno preso parte a diversi scenari di conflitto, tra cui la Libia e lo Yemen, in maniera indiretta e ‘per procura’, tramite il finanziamento di milizie, gruppi paramilitari e contractor. Lo scorso anno sono stati accusati dall’esercito regolare sudanese di aver finanziato i ribelli delle Rapid Support Forces per avere accesso alle miniere d’oro del Paese.
L’esercito regolare emiratino conta 65mila effettivi: non pochi per uno stato con poco meno di dieci milioni di abitanti. Secondo il sito francese Intelligence Online, sarebbe in cantiere la creazio-
ne di una sorta di legione straniera con tre-quattromila uomini. La difesa degli Eau, finora, si è basata più su partnership con paesi esteri, come il West Asia Quad o l’Iniziativa Trilaterale con Francia e India. Per le forniture di dispositivi militari gli Emirati dipendono da sempre dagli Usa, anche se negli ultimi anni stanno cercando di diversificare, comprando da Turchia e Cina. Proprio gli accordi con Pechino hanno fatto infuriare gli americani, che hanno congelato la trattativa per la forniture di caccia F-35. Gli Emirati, nell’ultimo decennio, grazie alle ricchezze derivanti dagli idrocarburi, hanno cercato il più possibile di far crescere l’economia non petrolifera e in politica estera si sono ritagliati un ruolo di potenza regionale che faccia da ago della bilancia. Prova ne è la mediazione per uno scambio di prigionieri tra Kiev e Mosca. Allo stesso tempo hanno combattuto per procura in tutti gli scenari di guerra limitrofi per evitare il propagarsi di rivolte che avrebbero potuto cambiare lo status quo anche nel loro paese. F
di Emilio Cozzi e Matteo Marini
Space economy
LO SPAZIO secondo Draghi
Nel suo rapporto alla Commissione europea, l’ex presidente del Consiglio e della Bce ha riconosciuto l’eccellenza continentale, ma anche una progressiva perdita di competitività. E ha raccomandato: agire da federazione anziché da unione
C’è una grande Europa spaziale nella visione - meglio, negli auspici - di Mario Draghi: indipendente nella capacità di accedere all’orbita, con razzi e satelliti propri, competitiva e audace nel posizionare il proprio know how e le proprie imprese sul mercato, decisiva nella spesa pubblica e nei programmi strategici. Risoluta, con una legislazione e un mercato unici. Di fatto, tutto ciò che ora non è. Ed è difficile ignorare un parallelismo con una Difesa comune tuttora assente. Dall’imperativo categorico di essere centrali nello scenario della new space economy globale deriva la necessità di portare il continente a essere meno unione e più federazione; di accettare, cioè, la capacità decisionale e di spesa di un soggetto unico e non di una somma di nazioni. Nel suo rapporto The future of european competitiveness, l’ex
presidente del Consiglio e della Banca centrale europea si occupa anche di spazio e lo fa, in particolare, evidenziandone le criticità. È una disamina che non risparmia raccomandazioni e che tocca tutti i settori della strategia extra atmosferica. Un’analisi dalla quale l’Europa emerge come comprimaria. Il confronto, evocato in più di una pagina, è con le due grandi potenze, Stati Uniti e Cina. Che, premesse diversità nelle loro strutture politiche, economiche e sociali, hanno un governo centrale orientato agli interessi nazionali. A partire da quel che alimenta con più vigore le infrastrutture spaziali: il denaro pubblico. Nel 2023, l’Ue e i suoi stati membri hanno investito nel settore spaziale 13 miliardi di dollari; gli Stati Uniti, meno popolosi ma con un Pil quasi doppio, hanno speso oltre cinque volte di più:
73 miliardi. La previsione è che il dato statunitense continuerà ad aumentare, mentre i finanziamenti europei ristagneranno. “Si prevede”, aggiunge il rapporto, “che la Cina […] arriverà a una spesa di 20 miliardi di dollari entro il 2030”. È forse questo il punto cardine di ogni riflessione, già messo in luce dalle rimostranze delle principali aziende spaziali europee a maggio, subito dopo lo Space Council del Consiglio dell’Unione europea e dell’Esa, l’agenzia spaziale continentale. Lo scarso impegno economico delle istituzioni, rispetto ai concorrenti, è evidente anche nel settore della Difesa: gli Stati Uniti allocano 37 miliardi di dollari in applicazioni spaziali per la difesa, circa il 60% della spesa complessiva. La stima per la Cina, nel 2023, è di quasi 14 miliardi di dollari, di cui il 62% è il budget per lo spazio civile e il restante 38% per la difesa. L’Unione si ferma al 18%.
Nel 2023 l’Ue e gli stati membri hanno investito nello spazio 13 miliardi di dollari. Gli Usa hanno speso oltre cinque volte di più: 73 miliardi
È un discorso datato, ma allo stesso tempo attuale: l’Europa stenta ad avere una Difesa comune. Ognuno protegge la propria capacità tecnologica. E tuttavia, si legge, “senza l’aggregazione
della domanda tra gli stati membri è più difficile per l’industria prevedere le esigenze a lungo termine e aumentare l’offerta, riducendo a sua volta la capacità complessiva di soddisfare la domanda e privando l’industria di ordini e opportunità”. Le maggiori spese istituzionali avvantaggiano Stati Uniti e Cina e “generano un mercato più ampio per le aziende nazionali, che in genere applicano approcci di preferenza nazionale nell’approvvigionamento e nell’acquisto di servizi e soluzioni spaziali”. I paesi possono permettersi politiche protezionistiche, escludendo competitor esteri, varando normative ad hoc, misure come il ‘buy american’ e restrizioni alla condivisione di tecnologie critiche. L’Europa non lo sta facendo, o non abbastanza. Va peraltro precisato come Draghi non neghi l’eccellenza che l’Europa riesce comunque a esprimere, in particolare nell’osservazione della Terra (programma Copernicus) e nel geoposiziona-
mento (Galileo). La sottolineatura, però, è sulle debolezze, come la crisi dei lanciatori, che ne ha decapitato per molti mesi la capacità di accesso all’orbita e ha costretto ad acquistare i servizi di lancio proprio negli Usa, dall’azienda diventata, de facto, la dominatrice del mercato: SpaceX.
Ciò che preclude all’Unione il salto di qualità è, a parere di Draghi, l’assetto istituzionale e normativo: serve una legge europea che regoli il settore, oggi normato solo da leggi nazionali poco o per nulla coordinate fra loro. Non esiste un’autorità unica, dato che la capacità di spesa spaziale è divisa tra Ue, Esa e agenzie nazionali. Queste ultime vincolate alle decisioni dei propri governi, ergo a un interesse nazionale specifico, piuttosto che comunitario. Serve un mercato unico in cui articolare un maggiore coordinamento della spesa pubblica. Una zavorra alla competitività, si insiste, è individuata nel meccanismo del ‘georitor-
no’ dell’Esa, che obbliga a redistribuire fra gli ecosistemi industriali dei territori gli investimenti nei programmi spaziali, in base alla capacità di spesa dei singoli stati. Un principio che disperde risorse, frammenta le catene di approvvigionamento e limita l’avanzamento tecnologico. Anche in quanto a ricerca e sviluppo, l’Europa insegue: impiega, di media, 2,8 miliardi di euro all’anno, contro i 7,3 degli Stati Uniti e i 2,3 della Cina. Vale lo stesso per l’accesso al credito di pmi e startup, lungi, in Europa, dall’essere un meccanismo efficiente.
L’impegno, raccomanda il rapporto, deve essere uno e uno solo: misurato in termini di capacità di spesa, rivelerà l’ambizione di crescere come potenza spaziale, al singolare. Un obiettivo raggiungibile solo pensandosi e agendo con un centro che coordini le parti. Se quella vista finora si è chiamata Unione, bisognerebbe fare un passo in più, e pensarla come una federazione spaziale. F
IL CORAGGIO DI OSARE
A scuola di impresa
Angelini Industries ha istituito un’academy per “colmare il mismatch tra il sistema educativo e il mercato del lavoro”, come spiega il group chief hr & organization officer Marco Morbidelli. Un progetto forte di collaborazioni con Sda Bocconi, Luiss Business School, London Business School e Mit
Il 45% dei giovani lavoratori italiani dà la priorità all’equilibrio tra vita e lavoro e alla ricerca di un ambiente sereno, lontano dai ritmi frenetici. Rispetto alla popolazione generale, la Generazione Z attribuisce maggiore importanza alla realizzazione personale (40% contro 38%) e alle opportunità di crescita professionale (19% contro 16%), oltre a valorizzare la condivisione degli obiettivi con il proprio team e l’azienda. Sono solo alcuni dei dati riportati nella ricerca Versione GenZ: le prime generazioni native sostenibili si raccontano, realizzata da Quorum/Youtrend e Csa Research per Angelini Industries, gruppo industriale multinazionale fondato ad Ancona nel 1919 da Francesco Angelini. Dall’analisi emerge anche una fotografia preoccupante: l’85% dei giovani percepisce l’Italia come un contesto difficile per realizzarsi professionalmente, segno di una diffusa disillusione. In ambito di sostenibilità, la GenZ si distingue per la maggiore attenzione alla tutela ambientale (44% contro 41%) e al rispetto dei diritti dei lavoratori (26% contro 24%).
Le esigenze della Generazione Z rappresentano quindi una sfida e un’opportunità per le aziende, che devono adattarsi ai nuovi paradigmi di lavoro per attrarre e trattenere i talenti più giovani. In questo contesto, Angelini Industries risponde a tali richieste attraverso un investimento mirato nella formazione continua e nello sviluppo dei talenti, con un progetto che ha già raccolto numerosi consensi: l’Angelini Academy. Non solo: delle assunzioni 2023 del gruppo, che attualmente ha 12 stabilimenti produttivi e 5.800 dipendenti, quasi un terzo (il 26%) è rappresentato da under 30.
“Siamo costantemente alla ricerca di giovani talenti e competenze nuove sulle quali investire, anche attraverso la nostra corporate academy, che rappresenta una leva importante per colmare il mismatch tra sistema educativo e mer-
cato del lavoro”, ha dichiarato Marco Morbidelli, group chief hr & organization officer di Angelini Industries.
Nata nel 2018, l’Angelini Academy si è rapidamente affermata come un hub di cultura manageriale e innovazione, offrendo percorsi formativi che mirano non solo a migliorare le competenze tecniche, ma anche a sviluppare le capacità di leadership e le soft skill, fondamentali per i manager di domani. Attraverso la collaborazione con istituzioni accademiche come Sda Bocconi, Luiss Business School, London Business School e Mit, l’academy propone diversi percorsi, dai webinar con esperti ai programmi executive per i manager senior. La varietà delle attività permette di rispondere alle diverse esigenze dei collaboratori, integrando competenze specialistiche e abilità relazionali.
I giovani italiani che danno priorità all’equilibrio vita-lavoro
I giovani secondo cui in Italia è difficile realizzarsi professionalmente
45% 85% 40
I corsi attivati e coordinati ogni anno da Angelini Industries
“Vogliamo mantenere un approccio aperto al confronto e alla sperimentazione”, ha proseguito Morbidelli, “investendo non solo sulle competenze tecniche, ma anche e soprattutto su quelle relazionali. Le cosiddette soft skill spesso non sono ancora sviluppate nei giovani al termine del loro percorso di formazione. Ormai assistiamo alla diffusione di tematiche trasversali che, in maniera circolare e integrata, riescono a collegare competenze molto differenziate tra loro. Penso, per esempio, all’intelligenza artificiale e alla sostenibilità. Ascoltare le persone, migliorare la capacità di comunicare, lavorare in team e saper comprendere l’organizzazione sono strumenti indispensabili per lavorare in maniera efficace e motivante. Un esempio concreto in questa direzione è il Future Leaders Program: grazie a questo programma, giovani talenti selezionati dal mercato hanno l’opportunità di sviluppare le proprie competenze con
40 corsi ogni anno, coinvolgendo più di 1.200 persone del suo ecosistema. “Anche grazie alla collaborazione con partner scientifici accreditati e con diverse business school italiane e internazionali, Angelini Academy ha coinvolto nei suoi programmi circa seimila persone del gruppo fino a oggi”, ha sottolineato Morbidelli. “L’ambizione è stata, però, quella di andare oltre, aprendo la nostra corporate academy anche ad altri stakeholder. Ad esempio, le famiglie dei dipendenti hanno avuto l’opportunità di accedere a parte della nostra offerta formativa. Inoltre abbiamo ampliato le iniziative di Angelini Academy alle comunità e ai territori nei quali operiamo, alimentando sinergie con le istituzioni accademiche locali per costruire un ecosiste-
Un esempio recente in questa direzione è il roadshow che Angelini ha realizzato in quattro città italiane, tra cui Ancona, in collaborazione con Istao: “Qui”, ha concluso Morbidelli, “insieme a istituzioni, scuole, università e aziende del territorio, abbiamo discusso di proposte concrete da attuare in rete e a breve termine, per ridurre il mismatch e supportare i giovani nell’ingresso nel mondo del lavoro”. F
Marco Morbidelli, & organization officer di Angelini
“Manteniamo un approccio aperto al confronto e alla sperimentazione, investendo sulle competenze tecniche, ma anche su quelle relazionali”
di Enzo Argante
L’ora della sicurezza
Secondo la Commissione europea, l’Italia è agli ultimi posti nel continente per competenze digitali. Questo espone cittadini, imprese ed enti pubblici ad attacchi informatici. “Servono interventi politici per l’evoluzione rapida del Paese”, dice Gabriele Faggioli, presidente di Clusit
UUn Paese non sicuro, esposto agli attacchi cyber. A tutti i livelli, dallo smartphone alle infrastrutture critiche.
Siamo un’Italia fragile in una già fragile Europa. Perché? La risposta è anche nei dati dell’Indice di digitalizzazione dell’economia e della società della Commissione europea (Desi). Qualificano un Paese che arranca nella transizione digitale perché manca delle risorse e delle competenze necessarie. Forse anche con poche (confuse) idee in campo politico e governativo. Una situazione snervante per le nostre imprese, che intraprendono con coraggio ma sbattono il muso anche con la deburocratizzazione che non c’è. Questo gap, tuttavia, può essere un’opportunità? Ci sono tempi e modi per un colpo di reni? Ecco il parere di Gabriele Faggioli, presidente Clusit, Associazione italiana per la sicurezza informatica.
La sicurezza digitale è un problema di tutti. C’è questa consapevolezza?
Sicuramente è un problema molto ampio che colpisce chiunque, dal singolo cittadino alle imprese, fino agli enti pubblici. Nessuno è esente. Ovviamente sono rischi molto diversi: mentre un cittadino è più esposto tipicamente alle truffe di
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natura finanziaria, oltre che a comportamenti come cyberbullismo e simili, imprese e pubbliche amministrazioni sono da tempo sotto il fuoco di fila di attacchi per estorcere denaro tramite azioni criminose, che mirano a rendere i dati inaccessibili da un lato e a portarli fuori dall’azienda dall’altro. Si tratta di una criminalità molto difficile da perseguire e non a caso abbiamo visto di recente l’arresto del fondatore di una piattaforma social famosissima, con l’accusa di aver indirettamente favorito comportamenti criminali. Siamo in un ambito molto complesso in cui per le forze dell’ordine è molto difficile muoversi e la normativa è in perenne evoluzione. In questo contesto l’Italia è particolarmente sotto attacco perché è un Paese debole che investe molto poco rispetto ad altri e, come conferma ogni anno l’indice Desi della Commissione europea, ha scarse skill professionali. Abbiamo quindi un grande problema, ma, da un altro punto di vista, una grande opportunità per chi vuole entrare nel mondo del lavoro (o vuole investire) in queste tematiche.
Potremmo definirla anche sostenibilità digitale, cioè un percorso che tocca punti chiave della transizione, proprio a cominciare dalla tanto discussa intelligenza artificiale.
La sostenibilità è un elemento chiave dell’evoluzione digitale. Innanzitutto, dobbiamo pensare che non c’è evoluzione digitale senza sicurezza. Quello a cui stiamo assistendo in termini di investimenti, a seguito del Pnrr, ci dice che l’Italia ha la grandissima occasione di digitalizzare soprattutto le attività delle pubbliche amministrazioni che sono più arretrate rispetto alle aziende. In ogni caso l’unico modo perché questa evoluzione vada a vantaggio dei cittadini, e
quindi del sistema Paese, è che il tutto sia sicuro: non basta avere i soldi per progettare e realizzare sistemi protetti. Serve poi manutenerli, evitando obsolescenza. È una sfida difficilissima. In questo contesto l’intelligenza artificiale è un elemento chiave su cui nei prossimi anni ci saranno investimenti importantissimi. Ricordiamoci, però, che anche l’intelligenza artificiale comporta problemi di sostenibilità. Basta considerare le statistiche sull’utilizzo di energia elettrica sotteso alle capacità elaborative dei sistemi che trattano le richieste degli utenti. Si tratta di consumi mastodontici di energia e quindi di acqua per produrla. Gli investimenti devono essere massicci e l’Italia, a mio avviso, deve stare al passo con gli altri paesi nordeuropei e con il Nord America. Non sarà una sfida semplice, perché purtroppo partiamo molto svantaggiati, a causa di anni e anni di sottoinvestimenti e di scarsa capacità imprenditoriale nel settore tecnologico.
Gabriele Faggioli, presidente di Clusit, l’Associazione italiana per la sicurezza informatica.
Serve un progetto di alfabetizzazione in tutti i sensi. Come agire per attivare e dare consistenza a un piano nazionale ?
L’Italia è molto indietro, secondo l’indice Desi: è terzultima come competenze digitali, quartultima come competenze digitali avanzate e, perlomeno un anno e mezzo fa, ultima come laureati in materie tecnologiche. Il confronto è anche con paesi che fino a qualche anno o decennio fa avremmo considerato, da un punto di vista soprattutto economico e finanziario, parecchio indietro rispetto a noi. Siamo oggi un Paese che ha diverse velocità, a seconda delle aree geografiche. Non è tanto una questione nord/sud, quanto di distretti industriali e di zone produttive. Dobbiamo alzare la capacità digitale elevando le competenze dei cittadini (il Covid è stato sicuramente tragico, ma anche una grande occasione di digitalizzazione) per mettere le pubbliche amministrazioni nelle condizioni di operare per via digitale. Servono importanti interventi di natura politica che vedano come strategica l’evoluzione rapida del Paese.
C’è bisogno di una mobilitazione. Forse cominciare dalle scuole è un’esigenza primaria? Da anni sono del parere che le competenze digitali (e quindi anche di sicurezza) debbano essere oggetto di impegno fin dalle scuole primarie. Oggi i nostri figli hanno in mano le tecnologie e quindi le usano (correndo i rischi conseguenti) fin da giovanissimi. Non parlo solo degli smartphone, ma di tutte le tecnologie presenti nelle case. Sono una grandissima opportunità, ma anche un grande rischio. La tecnologia è molto democratica, perché garantisce a chi vive in zone disagiate le stesse opportunità di accesso alla cultura e al lavoro di chi vive in zone privilegiate. Senza competenze, però, diventa un fattore di rischio per tutti.
C’è anche un ruolo importante della società civile, del mondo delle imprese. Clusit è uno dei luoghi chiave. Che cos’è e come intende dare un contributo?
Clusit è l’Associazione italiana per la sicurezza informatica. È la prima e numericamente la più grande associazione italiana che si occupa di questi temi. È una no profit che si è data la missione di fare cultura e comunicazione sui temi della sicurezza informatica e per questo pubblichiamo ogni anno un rapporto in cui analizziamo il fenomeno a livello italiano e mondiale. F
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MAESTRI DEL SAPER FARE
IL FESTIVAL DEL MADE IN LOMBARDIA, ORGANIZZATO DA REGIONE LOMBARDIA E UNIONCAMERE IN COLLABORAZIONE CON ECCELLENZA ITALIANA, HA AVUTO L’OBIETTIVO DI AVVICINARE I GIOVANI ALL’ARTIGIANATO E VALORIZZARE I PRODOTTI DI PUNTA. L’ASSESSORE ALLO SVILUPPO ECONOMICO GUIDO GUIDESI: “IL FUTURO DELL’ECONOMIA LOMBARDA DIPENDE ANCHE DA QUESTO”
AAvvicinare i giovani all’artigianato e valorizzare le eccellenze italiane: questi gli obiettivi del Festival del made in Lombardia, tenutosi il 20 settembre a Milano e organizzato da Regione Lombardia e Unioncamere in collaborazione con Eccellenza Italiana. La manifestazione, rivolta soprattutto agli studenti delle scuole superiori e ai laureandi, ha rappresentato la qualità artigiana lombarda e l’evidenza che antichi mestieri possono essere rinnovati attraverso le nuove generazioni, cogliendo opportunità - anche economiche - nella soddisfazione del fare, tipica dell’artigianato. Il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, ha commentato: “Avvicinare il mondo dell’artigianato ai giovani è fondamentale e sono lieto di vedere giovani entusiasti e interessati a capire l’importanza di un comparto e di mestieri che hanno fatto grande la Lombardia. La nostra terra è unica perché qui riusciamo a coniugare il sapere con il saper fare, la creatività con la dedizione al lavoro: caratteristiche che si riscontrano solo in Lombardia che vogliamo continuare a sostenere con la massima convinzione”.
la loro visione su temi chiave per lo sviluppo del territorio.
L’evento ha preso il via con i saluti di Fontana, Guido Guidesi, assessore allo Sviluppo economico, e Giandomenico Auricchio, presidente di Unioncamere Lombardia.
Il primo panel, intitolato 'Una vita da artigiano: come trasformare una passione in lavoro', ha visto la partecipazione di Guidesi, Max Maiorino, calzolaio e fondatore di Maiorino, Martina Mancuso, sarta e content creator, e Nicolò Quarteroni, direttore di Ferdy Wild.
Lombardia, Mauro Sangalli, presidente di Casartigiani Lombardia, Davide Pusterla, direttore commerciale e socio di Publifutura Affichage Italia, e Marco Accornero, segretario generale di Unione Artigiani Milano Monza Brianza.
Il mondo della moda è stato al centro di un altro panel, con Franz Botré, direttore responsabile di Arbiter, Simone Furlan, art director e stylist, e Marco Amodio, general manager di Fivefourfive. A conclusione, una performance live di Riccardo Verolo, sarto artigiano e content creator. Infine, l’ultimo panel della giornata, dedicato alla professione del designer, ha visto la partecipazione di Giovanna Castiglioni, vice presidente e voce narrante della Fondazione Achille Castiglioni, Paola Albini, presidente della Fondazione Franco Albini, Davide Rampello, direttore artistico di R&P, e Giuliano M. Guarini, co-fondatore di Caffè Design.
"Vogliamo creare una lobby istituzionale tra i territori che contribuiscono a generare il Pil europeo. Tra questi c'è la Lombardia, che si è messa alla guida del progetto"
Per tutta la giornata 26 giovani maestri del ‘saper fare’, provenienti dalle diverse province lombarde, hanno lavorato in piazza, mostrando cosa significhi essere artigiani oggi. Il festival ha inoltre ospitato laboratori interattivi e una serie di interventi da parte di figure di spicco, a livello sia nazionale che internazionale, che hanno condiviso la loro esperienza e
Poi si è tenuta la tavola rotonda 'Guida pratica per fare impresa nel made in Italy', con Guglielmo Auricchio, presidente dei Giovani Imprenditori di Federalimentare, Sara Bonfioli, chief marketing officer di Talent Garden, ed Elia Bonacina, presidente e ceo di Bonacina. È seguito uno show cooking di Martino Tornaghi.
Il panel 'L’arte della tradizione locale: il valore dell’artigianato' ha riunito Francesco Figini, presidente dei Giovani Imprenditori di Confartigianato
Guidesi ha raccontato a Forbes i progetti della Regione per avvicinare i giovani all’artigianato.
Artigianato lombardo: quanto è competitivo in Italia e all’estero?
Non abbiamo un dato diretto sulla competitività del nostro artigianato, ma sappiamo che tutti i protagonismi positivi della Lombardia a livello internazionale ed europeo derivano dalla grande capacità del nostro artigianato di servire in maniera creativa e qualitativa tutta la filiera.
Gli antichi mestieri possono essere ancora attrattivi per le nuove generazioni?
Assolutamente sì, se saremo in grado di presentarli come richiedono le nuove generazioni. Serve un contesto
comunicativo per far conoscere le opportunità che esistono nel settore. Il Festival del made in Lombardia è stato il primo esempio dell'attività che Regione Lombardia vuole portare avanti. Pensiamo che, dando alle nuove generazioni l’opportunità di riscoprire i mestieri antichi, avremo nuovi artigiani che renderanno innovativi questi mestieri e renderanno la Lombardia sempre più protagonista, anche in futuro.
Cosa sta facendo la Regione per avvicinare i giovanissimi alle professioni artigiane?
L’economia futura della Lombardia dipende anche da quanto coinvolgeremo i giovani in questo settore. La nostra intenzione, anche con il bando Nuova Impresa, è cercare di avere, in futuro, una nuova generazione di artigiani.
Cosa ha rappresentato per voi il Festival del made in Lombardia?
L’inizio di un percorso di coinvolgimento delle nuove generazioni. Il risultato maggiore è stato quello di sorprenderle con le esibizioni dei giovani artigiani. Magari tra quei giovani presenti in Piazza della Regione Lombardia c’è qualcuno che ha sentito la forza di una vocazione inespressa e noi vogliamo renderlo possibile.
La Lombardia è la prima regione manifatturiera d’Europa: quali progetti state portando avanti?
Vogliamo creare una lobby istituzionale tra i territori che contribuiscono a generare il Pil europeo. Tra questi territori c’è sicuramente la Lombardia, che si è messa alla guida di questo progetto. L’ultimo accordo
fatto con la Baviera dimostra che stiamo andando nella giusta direzione.
E quali strumenti invece per le pmi lombarde?
Gli strumenti sono innumerevoli e sono utili alle pmi per investire, formarsi, internazionalizzare, fare ricerca, fare tutto ciò che serve a continuare ad anticipare i tempi. Per noi supportare le aziende significa supportare il lavoro.
Avete lanciato un nuovo strumento per attrarre investimenti sul territorio: in cosa consiste?
Vogliamo migliorarci rispetto al nostro primato di attrazione degli investimenti dall’estero. Si tratta di una piattaforma dove l’offerta di aree dei territori si incrocia con le richieste degli investitori. F
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di
Raffaella Galamini
Sorridere al business
RiccaRdo Lucietti è stato uno dei primi imprenditori italiani a puntare sul marketing applicato all’odontoiatria. nel 2013 ha fondato così ideandum, azienda da 4 milioni di euro di fatturato.
“la creatività non è sufficiente se non è supportata dalla conoscenza del mercato”, dice
GGià da bambino Riccardo Lucietti interrogava la madre sul significato della parola marketing. Una strada tracciata fin dall’infanzia che lo ha condotto, da adulto, all’intuizione vincente: creare un marketing per i dentisti in Italia. Fino a una decina di anni fa non esisteva un’attività promozionale applicata al mondo dell’odontoiatria. Lucietti è stato un pioniere: nel 2013 ha creato Ideandum, che oggi ha oltre 60 collaboratori e più di 1.300 clienti.
“Le mie prime idee sono nate in un contesto molto diverso da quello di oggi”, racconta Lucietti. “Ho iniziato 15 anni fa, quando il web marketing era ancora una novità”. Intuizione giusta, ma ancora mancava l’obiettivo verso cui incanalare energie e investimenti.
La svolta è arrivata con le prime esperienze nel settore odontoiatrico, lavorando con depositi dentali, grandi aziende e Invisalign. Lucietti realizzò allora che, mentre tutti erano concentrati sulla clinica e sulla formazione in ambito odontoiatrico, c’erano enormi potenzialità sotto il profilo del marketing. “Mi resi conto che nessuno stava pubblicizzando gli studi dentistici. Era il momento giusto: così nacque Ideandum e la
macchina iniziò a ruggire forte”. La crescita è stata senza soste. Gli anni della pandemia sono stati utili per potenziare ancora di più l’offerta, puntando sulla formazione. Oggi Ideandum fattura 4 milioni sul mercato italiano.
“Amo ripetere che la creatività da sola non è sufficiente, se non è supportata da strategie di marketing correlate a una conoscenza specifica del mercato odontoiatrico”, continua Lucietti. “Non basta essere bravi nel marketing: bisogna anche insegnare ai clienti come valorizzare i contatti e come gestire al meglio l’azienda. Ecco perché nel 2020 ho creato, insieme alla socia Armida Parigi, Ideandum Academy, una realtà dedicata al management per studi dentistici, tra corsi di formazione e coaching, oggi diretta dalla stessa Parigi. Lavorare con un approccio analitico ci
ha permesso di crescere: abbiamo triplicato fatturato e risorse, diventando la prima azienda in Italia nel settore”. È stato l’inizio di un percorso da cui è nata poi Invidia Hc, la holding che unisce Ideandum e altre società verticali nel dentale e nel medicale, con un fatturato complessivo di 6 milioni.
Le società del gruppo Invidia Hc, tra gli obiettivi a breve-medio termine, stanno sviluppando l’applicazione dell’intelligenza artificiale al marketing e alla gestione della comunicazione con il paziente. Si pensi, ad esempio, a Ideandum Gaia, software di assistenza virtuale in grado di programmare appuntamenti per lo studio, chiamando e chattando con i pazienti.
Lo sviluppo internazionale di Ideandum, l’inserimento della medicina estetica all’interno delle realtà odontoiatriche e il business del turismo medicale dedicato al trapianto di capelli in Turchia sono gli altri asset di Invidia Hc.
"È fondamentale circondarsi di persone di valore. Il socio migliore non è necessariamente il più bravo, ma quello con cui sai che andrai d'accordo per tutta la vita".
Ideandum è una delle poche aziende di marketing certificata Iso 9001 ed è Google partner dal 2016. Conta sul know how di collaboratori provenienti da esperienze di livello in altre aziende del settore dentale. Ha investito oltre 5 milioni di euro in campagne pay per click per i clienti e quindi conosce molto bene il contesto del marketing dentale in Italia.
Per Lucietti è stato fondamentale avere al fianco la
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Riccardo Lucietti
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giusta squadra, a partire dai soci Fabio Fusai, Armida Parigi e Alessandro Zanella. “Credo che l'imprenditore sia colui che crea qualcosa di indipendente da sé e che guarda sempre alla crescita. Ma un imprenditore è anche chi capisce che non si può fare tutto da soli. È fondamentale circondarsi di persone di valore. Il miglior socio non è necessariamente il più bravo, ma quello con cui sai che andrai d'accordo per tutta la vita. Alessandro, Armida e Fabio sono questo per me. Lo stesso vale per i collaboratori che stanno rendendo Invidia Hc una realtà solida e con prospettive ambiziose per il futuro”. Oggi l’amministratore delegato di Ideandum e di Invidia Hc è Fusai, manager di grande esperienza. Dopo quasi sette anni in Cina come general manager di Tangshan Kaitai Jewellery, si è dedicato al settore medicale, fondando in Bulgaria la Totalmed in qualità di dealer esclusivo per il mercato bulgaro di Samo, azienda bolognese leader nella protesica ortopedica. L’incontro in Invisalign con Lucietti è stato decisivo per l’approdo in Ideandum, dove ha potuto dimostrare la sua grande passione per i numeri. “Senza dati sei solo un'altra persona con un’opinione”, è una delle citazioni che Fusai preferisce. E i numeri fino a oggi hanno dato ragione a Ideandum. Una realtà che si è aperta all’inizio del 2023 all’internazionalizzazione e oggi è sempre più formato esportazione: all’apertura di una sede a Londra, un anno e mezzo fa, a breve farà seguito lo sbarco a Dubai. F
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La signora dell’oro
ItalprezIosI è una delle principali realtà internazionali di affinazione e trading di metalli pregiati. a fondarla, 40 anni fa, è stata Ivana CIabattI, tra le poche donne al vertice del settore.
“abbiamo ancora obiettivi ambiziosi da raggiungere, investendo sulla tecnologia italiana”, dice
IO“Io, figlia di contadini del Casentino, ho fondato questa azienda 40 anni fa. Ho portato avanti con grande passione e determinazione i miei sogni. Non sono mai scesa a compromessi e i valori dei miei genitori sono stati la mia forza”. Ivana Ciabatti, 67 anni, rivendica con orgoglio il percorso che l’ha portata, da dipendente di un’azienda orafa aretina, a diventare ad e presidente del consiglio di amministrazione di Italpreziosi, società protagonista a livello internazionale per l’affinazione e il trading di metalli preziosi, oltre che per la produzione e il commercio
dei lingotti di oro da investimento. Una realtà con una forte reputazione nel mondo, dovuta a certificazioni e riconoscimenti, oltre che al controllo di tutta la filiera, dalla miniera al prodotto finito.
Italpreziosi, fondata ad Arezzo, primo distretto orafo italiano ed europeo, quest’anno festeggia il 40esimo anniversario e ricerca l'eccellenza industriale e la sostenibilità. Costante, in questi anni, la crescita in termini di patrimonio e di fatturato, che oggi è oltre i 3,5 miliardi di euro. Al comando Ciabatti, la ‘signora dell’oro’, come la definisce chi ha avuto modo di scoprirne la leadership: tra le poche donne (per non dire l’unica) in un mondo dominato dagli uomini come quello minerario e delle affinazioni.
“I 40 anni di attività sono un traguar-
do importante, di cui essere orgogliosi, ma io lo considero come una tappa del percorso”, dice l’imprenditrice. “Restano obiettivi ambiziosi da raggiungere, sempre con entusiasmo e ambizione, investendo su alta tecnologia tutta italiana, mirando a servizi e prodotti che rispettino elevati standard di qualità e di responsabilità etica e sociale”. Perché innovazione tecnologica e sostenibilità sono, da sempre, i pilastri dello sviluppo dell’azienda. Quasi 30 anni fa Ciabatti ha compiuto una “piccola rivoluzione”, decidendo di comprare direttamente dalle miniere la materia prima grezza da cui ricavare l’oro puro per i lingotti destinati agli orafi, agli investitori privati, ai caveau delle banche, avvicinando così il mondo minerario a quello produttivo. Italpreziosi è società benefit, certificata B Corp, e garantisce un modello di business fondato sulla responsabilità sociale e ambientale. Si impegna per migliorare le condizioni delle comunità di minatori dei paesi dove opera, nel rispetto delle policy ambientali, sociali ed economiche. Insomma, con il suo oro etico rappresenta un paradigma economico inclusivo ed equo che è valso a Ciabatti il premio Women in Mining e l’inserimento tra le 100 donne più importanti al mondo del settore minerario.
Inoltre i lingotti in oro puro 999.9 di Italpreziosi sono riconosciuti a livello internazionale per la loro purezza e tracciabilità, grazie alla certificazione Lbma Good Delivery, la più importante nel settore. “L’oro con questa certificazione”, dice Ciabatti, “lo vendiamo al settore industriale per fare gioielli, agli
istituti di credito e alle banche centrali, che lo possono usare anche come mezzo di pagamento, oltre che ai privati come forma di investimento”.
L'oro, da sempre termometro dell’economia globale, è infatti tornato in voga: più salgono le quotazioni del metallo, più i mercati finanziari affondano tra crisi economiche e guerre. In un mondo in precario equilibrio, dove i piccoli investitori sono spesso costretti a navigare a vista, l’oro ritorna a essere un bene rifugio di eccellenza. “In un momento particolare come quello attuale, con problemi economici e finanziari, conflitti sul campo, guerre sulle materie prime e sulle valute, nuovi equilibri che si vanno delineando tra le potenze, per non parlare dei debiti che affliggono il mondo, da gennaio 2024 il prezzo dell’oro è salito di circa il 27%”, dice Ciabatti, che è sempre stata affascinata dalla geopolitica. “Nei miei studi si è messo in rilievo che ogni
volta che l’oro ha registrato oscillazioni così forti e ha avuto aumenti così importanti, come nel 1979, nel 2007 e nel 2010, purtroppo ha anticipato gravi crisi economiche”. Ecco quindi che un investimento in oro torna a essere una scelta per molti. “Non solo protegge il potere d’acquisto e costituisce la riserva delle banche centrali: l’oro è l’unica valuta a non essere di carta e che non puoi stampare a volontà. Esiste da duemila anni ed è una sicurezza in tempi di crisi”, afferma Ciabatti. L’oro da investimento è però una novità che in Italia è stata ancora recepita da pochi, pur essendo alla portata di tutti, dal grande investitore al nonno che vuole fare un regalo al nipotino, poiché i lingotti da investimento partono da due grammi e arrivano a un chilo. Italpreziosi, oltre a garantire tutta la filiera, offre diversi servizi al compratore: dal piano di accumulo Pac Tesoro per frazionare
gli acquisti nel tempo al servizio Italdeposito per la custodia assicurata dei lingotti. “Chi investe in lingotti lo fa nell’ottica di lungo periodo, anche se l’oro, oltre a essere un’assicurazione sul futuro, è immediatamente liquidabile. In caso di esigenza di rivenderlo, noi lo riacquistiamo a un prezzo trasparente, con un piccolo spread”.
Insomma, il futuro non sarà roseo per le economie mondiali, ma è sempre più nel segno dell’oro. Italpreziosi, da oltre 20 anni il primo operatore in Italia nel settore, è stato tra i primi a registrarsi alla Banca d'Italia con l’entrata in vigore della legge 7/2000 sul mercato dell’oro. La sua reputazione si basa su un impegno costante verso un oro etico e, soprattutto, sostenibile. Con lo sguardo rivolto al futuro, Ciabatti è impegnata nel sostegno alle nuove generazioni e nella costruzione di una filiera in cui le donne abbiano pari diritti e opportunità, libere da ogni discriminazione. F
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Al passo con i tempi
I clIentI dI oggI sono sempre pIù esIgentI, InformatI e ImpazIentI. per evolversI con loro, SaS ha lancIato Il suo modello enterprIse customer decIsIonIng, pensato per supportare le banche, le azIende del settore fInanzIarIo e quelle dI altrI ambItI accomunatI dalle stesse sfIde
LLa tecnologia al servizio dell’evoluzione del consumatore per migliorare la sua esperienza. Il lavoro di Sas per il settore bancario è il frutto di una volontà precisa e di un cambiamento di strategia. Oggi i clienti sono più esigenti, informati e impazienti. Non seguono un percorso prestabilito, ma creano il proprio viaggio. Come evolversi con loro? Attraverso l'Enterprise customer decisioning, il manifesto di un nuovo approccio alla gestione dei clienti e del mercato. Si tratta di un metodo innovativo che mira a supportare le aziende del settore finance e quelle che operano in altri ambiti accomunati dalle stesse sfide e opportunità nel gestire in modo efficace tutto il ciclo di vita end-to-end della relazione tra clienti e banca, dall’onboarding alla collection.
“Il nostro obiettivo? Migliorare la gestione del rischio, prevenire le frodi e ottimizzare i processi decisionali attraverso la spinta tecnologica di
una piattaforma che integra dati, modelli e processi decisionali in un'unica soluzione centralizzata, attraverso la quale gestire end-to-end tutto il ciclo di vita della relazione con i clienti”, ha commentato Anselmo Marmonti, vicepresidente pre-sales for banking risk, fraud e compliance solutions di Sas Le fasi del percorso di gestione del cliente sono diverse e implicano l’assunzione di una moltitudine di deci-
sioni. Grazie all'integrazione delle funzioni di marketing, gestione del rischio, prevenzione delle frodi e crimini finanziari, l'Enterprise customer decisioning consente alle banche di rivoluzionare il modo in cui interagiscono con i clienti, sfruttando la possibilità di usare gli stessi dati, analisi avanzate e architetture tecnologiche. Grazie a questo nuovo approccio, i decisori possono identificare opportunità emergenti e rischi potenziali, rimanendo flessibili e resilienti di fronte all’incertezza.
“L’approccio integrato proposto da Sas”, ha proseguito Marmonti, “permette di sfruttare gli insight guidati dai dati per migliorare l'esperienza dei clienti, gestire i rischi in modo più efficace e aumentare l'efficienza operativa, facendo leva su una piattaforma tecnologica appositamente progettata per coprire tutti gli aspetti del decision-making legato ai clienti”.
Per tutti gli istituti bancari oggi è sempre più importante andare verso la customer centricity. In concreto, le banche devono essere in grado di controllare tutte le attività e le relazioni con i clienti per comprendere meglio i loro comportamenti e sfruttare i dati
generati da queste interazioni. E per farlo è necessario il supporto della tecnologia.
Il settore bancario sta affrontando un cambiamento accelerato, guidato non solo dalle spinte del mercato, ma anche dall’evoluzione delle normative europee. L’Autorità Bancaria Europea ha stabilito requisiti che richiedono un controllo completo sul ciclo di vita del credito, dall’approvazione iniziale al monitoraggio continuo delle esposizioni. La necessità di conformarsi a queste normative impone alle banche di rivedere i processi interni e adottare un nuovo approccio, che permetta una gestione più efficiente e trasparente delle relazioni con i clienti.
In risposta a queste sfide, le soluzioni tecnologiche di Sas si adattano perfettamente al nuovo contesto normativo e alle mutevoli dinamiche del mercato. “La nostra piattaforma offre tecnologie avanzate per la gestione del rischio, la prevenzione delle frodi e l’ottimizzazione delle politiche creditizie,” afferma Sandra Catte, sales director finance di Sas. "Si tratta di infrastrutture fondamentali che consentono di concretizzare la nostra visione strategica”. Il processo di innovazione, tuttavia, non richiede una trasformazione drastica. Le banche possono optare per un’implementazione graduale, concentrandosi inizialmente su aree prioritarie, come la gestione delle frodi o l’aggiornamento delle strategie di credito, per poi espandere progressivamente l’uso
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della piattaforma ad altre funzioni aziendali. La vera chiave del successo non risiede tanto nella tecnologia in sé, quanto nell'approccio metodologico dell’Enterprise customer decisioning, che permette un'integrazione armoniosa delle nuove soluzioni, senza la necessità di smantellare completamente i sistemi esistenti.
Le banche italiane, sebbene a volte percepite come in ritardo rispetto ai mercati anglosassoni, stanno rapidamente recuperando terreno grazie alla loro capacità di massimizzare le potenzialità delle piattaforme adottate e di inserire l’adozione tecnologica all’interno del più ampio modello strategico definito proprio dell’Enterprise customer decisioning.
Questo nuovo approccio rappresenta anche l’occasione per sfruttare appieno le possibilità offerte dall’intelligenza artificiale. L’IA sta cambiando il modo in cui le aziende interagiscono con i clienti. Grazie a tecniche avanzate di data analytics, machine learning e altre tecnologie, è possibile estrarre informazioni preziose dai dati e prendere decisioni più informate. L’Enterprise customer decisioning, integrando dati, modelli e processi decisionali in un’unica piattaforma, permette di sfruttare appieno il potenziale di questa tecnologia. L’obiettivo? Unire in modo sinergico persone, dati e processi, permettendo alle banche di costruire esperienze fluide intorno alle esigenze dei clienti. F
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di Danilo D’Aleo
Dove va la pubblicità
Per IlarIa ZamPorI, vp Italy & SpaIn dI Quantcast, Il SodalIzIo tra marketer e IntellIgenza artIfIcIale dIventerà fondamentale. “Il prImo mette le competenze, la Seconda trova I potenzIalI
clIentI e moStra loro l’annuncIo pIù approprIato”, SpIega
II progressi in materia di intelligenza artificiale generativa degli ultimi anni monopolizzano da tempo il dibattito pubblico, tra entusiasmo, curiosità e qualche preoccupazione. Anche il mondo della pubblicità, da sempre orientato all'innovazione e alla ricerca del vantaggio competitivo, non poteva restare indifferente a questa trasformazione tecnologica, guardando da subito alle potenziali applicazioni della cosiddetta GenAI. Ma è davvero questa la direzione verso cui gli inserzionisti dovrebbero indirizzare energie e risorse?
Gli strumenti di intelligenza artificiale generativa si basano su large language model (llm) sempre più avanzati. “Come suggerisce il nome, i llm sono in grado di imparare dal linguaggio: hanno dimostrato notevoli capacità di apprendimento a partire da dati espressi sotto forma di testo”, dice Ilaria Zampori, vp Italy & Spain di Quantcast. “Ecco perché, ad esempio, ChatGPT riesce a generare alla velocità della luce testi su una vastissima gamma di argomenti e in una moltitudine di linguaggi. E in questo è straordinario, ragion per cui i marketer utilizzano l’IA generativa per elaborare prime bozze, personalizzare messaggi, sintetizzare documenti. Eppure questa tecnologia, per quanto affascinante, non è la
risposta ai problemi dell’advertising. Perché molti degli ostacoli che il settore deve affrontare ogni giorno - o meglio, milioni di volte ogni secondo - derivano da dati non basati sul linguaggio, ma sui numeri. Fortunatamente, i llm non sono l’unico strumento a nostra disposizione”. Oggi molte applicazioni dell’IA, dai veicoli autonomi alle più avanzate dsp, adottano una serie di approcci
2006
L'anno del primo tool
Quantcast basato su machine learning
di machine learning che organizzano e sfruttano una varietà di segnali per raggiungere obiettivi predefiniti. Questi algoritmi imparano dagli esempi e dai feedback ricevuti e ciò li rende particolarmente efficaci nell’individuazione di pattern complessi e in continua evoluzione: “Proprio ciò che serve per creare esperienze pubblicitarie pertinenti per miliardi di consumatori”, commenta
Zampori. “Applicati al programmatic advertising, questi algoritmi in continuo apprendimento possono analizzare dati per prevedere gli interessi dei consumatori e identificare schemi in tempo reale, anche di fronte ai cambiamenti più repentini”. Ed è qui che entra in gioco il sodalizio tra marketer e IA: “Il primo aggiunge le proprie competenze verticali, come la specifica degli obiettivi aziendali, l’identificazione delle priorità, la formulazione di strategie, la considerazione dei vincoli di consegna, l’allocazione del budget e la definizione degli approcci di misurazione. La seconda trova automaticamente i potenziali clienti in base al loro comportamento online e mostra loro l’annuncio più appropriato, con un bid ottimale, per massimizzare le prestazioni della campagna. Il risultato è una pubblicità pertinente ed efficace.” Nell’ambito del programmatic, l’applicazione del machine learning diventa poi determinante laddove i dati provenienti da terze parti perdono sempre più valore. L’IA è cruciale per una comprensione quanto più accurata possibile dei dati sull’audience, “soprattutto in uno scenario in cui i consumatori frequentano ambienti progressivamente più cookieless”, dice Zampori. “La deprecazione dei cookie di terze parti è solo l’ultima delle repentine trasformazioni che da sempre caratterizzano il nostro settore. Di fronte a un panorama così mutevole e frammentato, gli inserzionisti potrebbero essere tentati di rifugiarsi nei walled garden delle
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big tech, che assicurano risultati con facilità e velocità. C’è però un intero open internet, ampio e diversificato, a loro disposizione, in cui gli utenti passano la maggior parte del proprio tempo. Un’occasione imperdibile per i brand. Ecco perché il grande proposito di Quantcast è aiutarli a raggiungere, in modo altrettanto semplice, il proprio target anche al di fuori degli ecosistemi chiusi dei colossi tech.” Una missione in cui l’intelligenza artificiale ricopre un ruolo di primo piano sin dalla fondazione dell’azienda, nel 2006, con il lancio del primo tool di misurazione dell’audience basato sul machine learning, Quantcast Measure, e che tutt’oggi resta cardine della dsp del brand, Quantcast Advertising Platform, recentemente rinnovata per supportare un maggiore numero di aziende nella sfida dell’advertising online. “Le piattaforme tradizionali sono ancora troppo complesse e time consuming”, aggiunge Zampori. “Il nostro obiettivo è trasferire l’efficienza e la semplicità dei walled garden nell’open internet, anche per advertiser e agenzie indipendenti di ogni dimensione. Oggi siamo in grado di offrire in un’unica piattaforma di facile utilizzo le nostre migliori tecnologie basate sull’IA, permettendo a una platea sempre più ampia di raggiungere tempestivamente e con messaggi pertinenti l’audience ideale”. F
Golf e cucina fanno bene
Il Circuito Ristogolf 2024 by Allianz, nella sua 12esima edizione, ha toccato i grandi campi del Nord Italia prima del finale in Toscana. Lungo il percorso ha raccolto 14mila euro per la Fondazione Francesca Rava, che dal 2000 aiuta ragazzi e donne in condizioni di disagio
Èpartito dalla provincia di Milano a maggio, ha toccato i grandi campi del Nord Italia, tra il milanese e il varesotto, il comasco e il padovano, per approdare al Riva Toscana Golf Resort a Follonica e al Gallia Palace Beach Golf Spa Resort di Punta Ala, in provincia di Grosseto, il primo weekend di ottobre. Questo l’iter della 12esima edizione del Circuito Ristogolf 2024 by Allianz, anche quest’anno un mix immersivo tra sport e alta cucina che, a fianco del divertimento e di un po’ di sana competizione, si è portato appresso uno scopo ben più alto: la solidarietà.
Il circuito sportivo più goloso d’Italia accompagna golf, buona cucina e tanto divertimento con i valori dell’aiuto a chi ne ha più bisogno. Per il 2024 il charity partner è stato la Fondazione Francesca Rava - Nph Italia Ets, che dal 2000 aiuta i più piccoli e gli adolescenti in condizioni di disagio, così come mamme e donne fragili, in Italia, ad Haiti e nelle zone del mondo che più ne hanno necessità.
Per la fondazione il Circuito Ristogolf 2024 by Allianz ha raccolto, nei vari eventi, un totale di 14mila euro. Una somma in grado di fare la differenza, che verrà impegnata nel progetto ‘Ci prendiamo cura di te’ che la fondazione ha pensato per la
povertà sanitaria dei minori in Italia, per i bambini e i ragazzi in carico ai servizi sociali e accolti in comunità, per bambini piccoli seguiti insieme alle madri da sportelli di prima infanzia, per famiglie prive di accesso al Sistema sanitario nazionale.
A rendere unici questi gesti di solidarietà, l’idea ‘Gioca per Fondazione Francesca Rava – Nph Italia Ets per aggiudicarti un posto al Teatro alla Scala!’. Durante ogni tappa, tra i golfisti che hanno effettuato una donazione in favore della fondazione sono stati assegnati posti all’evento ‘Serata Straordinaria Teatro alla Scala’, l’annuale appuntamento a teatro con la Fondazione Rava. Durante il Circuito Ristogolf 2024 by Allianz, hanno sostenuto e rappresentato la fondazione la madrina d’eccellenza Martina Colombari e i testimonial Eleonora Incardona e Claudio Guerrini. Gesti come questi attribuiscono un senso profondo a iniziative come
Ristogolf, che con la sua 12esima edizione ha consolidato il suo format: un mix ben collaudato fra divertimento e sport, buona cucina e convivialità. A portarlo avanti, ancora una volta, il trio direttivo: il presidente Enrico Cerea, il vicepresidente Giancarlo Morelli e il direttore Dario Colloi.
Dal Castello Tolcinasco Golf Resort & Spa di Pieve Emanuele (Mi) al Molinetto Country Club di Cernusco sul Naviglio (Mi), dal Golf dei Laghi di Travedona Monate (Va) al Golf Club Monticello di Cassina Rizzardi (Co), dal Golf Club Padova di Galzignano Terme (Pd) fino al Riva Toscana Golf Resort di Follonica (Gr), i partecipanti al circuito si sono fronteggiati in gare tra sana competizione e divertimento, approfittando, tra una buca e l’altra, degli assaggi fine dining preparati live sul percorso di gioco dagli chef coinvolti. Al termine di ogni gara, grazie agli elettrodomestici Haier, main sponsor, showcooking live con ospiti d’eccezione, le grandi firme della cucina e della mixology italiane. Andrea Mainardi, volto televisivo, in compagnia di Daniele Persegani, re della pasta fresca; il vincitore della decima edizione di MasterChef Italia, Francesco Aquila, e il pastry chef Eduardo Gadda; la combo Omar
Il Gallia Palace Beach Golf Spa Resort, sede del gran finale del circuito. Nell'altra pagina, l'assegno da 14mila euro per la Fondazione Francesca Rava.
A portare avanti il circuito è stato il trio direttivo: il presidente Enrico Cerea, il vicepresidente Giancarlo Morelli e il direttore Carlo Colloi
Bonecchi-Marco Stagi, entrambi già stelle Michelin; un altro vincitore di MasterChef, Valerio Braschi, con lo chef Cristian Benvenuto in rappresentanza di Euro-Toques Italia; l’insolito duo con l'11esima MasterChef Tracy Eboigbodin e il presidente di Jre Italia, Alberto Basso. Tutti accompagnati dalla mixology firmata per Bulk Mixology Food Bar Milano da Alberto Baù. Questi i grandi nomi che hanno acceso i riflettori su ogni tappa, protagonisti dopo una giornata con sette postazioni di degustazione lungo il percorso di gioco e prima di un gourmet party a chiudere la giornata, dedicato a giocatori e amici. Una tale organizzazione rende Ristogolf un format sempre più di interesse tra i professionisti del settore. Come da tradizione, gioco e cucina hanno avuto largo spazio durante i tre giorni dell’evento conclusivo del Circuito Ristogolf 2024 by Allianz, che si è svolto al Gallia Palace Beach Golf Spa Resort
cinque stelle Relais & Châteaux di Punta Ala.
Dal venerdì al sabato le giornate sono state dedicate allo sport, con prova campo, gara a coppie per i finalisti di circuito, gara individuale per gli amici e premiazioni al termine di tutto. Ma se di giorno il golf l’ha fatta da padrone, insieme alle immancabili isole di degustazione, la grande cucina ha avuto tutto il palcoscenico per sé durante le due serate. Prima quella di venerdì, con una cena tipica toscana. Protagonisti ai fornelli Pier Giorgio Parini (chef consultant di Koppert Cress), Fabrizio Barontini (chef consultant di MartinoRossi) e il resident del Gallia Palace Resort, Fabrizio Reffo. Esperienza differente per il sabato sera: una cena gourmet iniziata con un ampio assortimento di finger food di benvenuto, a cui hanno fatto seguito il cappuccino con spuma di patate, funghi Appennino Food e sedano rapa,
briochina farcita con crema di porcini firmato da chef Enrico Cerea, tre stelle Michelin al ristorante Da Vittorio F.lli Cerea; Le Gigiotte - assoluto di pecorino toscano, polpette di picio e pere Agrimontana di chef Roberto Rossi, del ristorante Silene a Pescina (Gr); crema di mais morbida, cuore di filetto, funghi e tartufo Appennino Food di chef Giancarlo Morelli, dell’omonimo ristorante milanese; Riso Latte, di Diego Poli, pastry chef della Chocolate Academy di Milano. Ad allietare gli ospiti ancora Eleonora Incardona e Claudio Guerrini. Con una raccolta fondi di 14mila euro e una partecipazione attiva, dinamica e costante da parte dei partner, degli chef e dei giocatori, il Circuito Ristogolf 2024 by Allianz si è dimostrato più che all’altezza delle edizioni precedenti: un format che conquista, diverte, coccola, ma soprattutto fa del bene attraverso il sorriso di chi vi+ prende parte.
HEALTHCARE
di Viola Sturaro
UNA SANA FORMAZIONE
LLa formazione specialistica medica è di primaria importanza per la società, sia dal punto di vista qualitativo, ovvero di accreditamento delle università, sia dal punto di vista quantitativo, cioè del fabbisogno di medici specialisti nei prossimi anni. Ne abbiamo parlato con Antonio Mancini, medico chirurgo e fondatore dell’Accademia Italiana Medici Specializzandi (Aims), la più grande azienda in Italia per la formazione medica, accreditata presso il ministero della Salute per la formazione continua in medicina e per l’erogazione di crediti Ecm, con 35 sedi su tutto il territorio nazionale e parte di un gruppo con sedi in Spagna, Francia, Regno Unito, Portogallo, Brasile, Messico, Colombia, Costa Rica, Ecuador, Cile e Perù.
Qual è stata la sua esperienza formativa e professionale come medico chirurgo?
Prima di fondare Aims ho iniziato la mia esperienza professionale in medicina generale, conseguendo prima il titolo di medico di medicina di famiglia e poi l’abilitazione per il servizio di emergenza-urgenza 118. A quel punto ho deciso di completare la mia formazione prendendo una specializzazione chirurgica, nello specifico in chirurgia maxillo-facciale, che ho frequentato all’Ospedale Miulli, in provincia di Bari, e in vari ospedali d’eccellenza in Spagna, Regno Unito e Stati Uniti. Poi ho conseguito un dottorato di ricerca all’Università degli Studi di Bari, sempre in ambito chirurgico, e ho perfezionato la mia preparazione con tre master universitari di secondo livello che ho frequentato alle università di Padova e di Roma. Ora sto frequentando un executive mba a Londra, alla London Business School.
Come è partita Aims?
Nel 2014 ho notato una carenza formativa nella classe medica italiana: molti neolaureati che uscivano dalle università entravano nel mondo del lavoro con ricordi che potremmo definire sbiaditi rispetto a materie studiate anni prima. Ho così deciso di importare in Italia il modello delle accademie spagnole di formazione per medici, che avevo visto con miei occhi, studiato e provato durante le mie esperienze all’estero. Ho capito che era arrivato il momento di offrire anche ai professionisti del nostro Paese una formazione che permettesse di
ripassare tutto lo scibile medico in pochi mesi di lezione, attraverso un metodo di studio innovativo, basato sull’ottimizzazione del tempo e sulla capacità dei docenti di focalizzarsi solo sulle nozioni realmente importanti per un medico aspirante specializzando che si approccia alle prime visite e diagnosi mediche, e soprattutto fondamentale per superare l’esame di accesso alle scuole di specializzazione in medicina, che in Italia si chiama esame Ssm.
Qual è stata la difficoltà più grande che ha incontrato e come l’ha superata?
Come per tutte le idee rivoluzionarie, all’inizio c’è sempre un po’ di diffidenza da parte del pubblico. L’Accademia Aims era una novità, ed è fisiologico che il potenziale cliente medico neolaureato ne volesse sapere di più, prima di affidarsi a un’azienda che propone qualcosa di nuovo in un momento così importante della sua carriera. A quel punto ho inventato la formula ‘paghi solo se entri’: i possibili fruitori avrebbero saldato il corso di formazione solo a obiettivo raggiunto, quindi se avessimo veramente offerto loro un valore aggiunto. A quel punto è stato un boom di consensi e iscrizioni. I medici avevano capito che avrebbero acquistato un corso di qualità.
Quali sono le ambizioni dell’azienda e quali le minacce?
Essere leader assoluto di mercato come l’Accademia Aims è bello, molto impegnativo e al tempo stesso pericoloso, perché la concorrenza è sempre pronta ad approfittare di ogni tuo sbaglio, anche il più piccolo. Il segreto è rimanere sempre dieci passi avanti rispetto agli
altri, e per farlo non bisogna mai smettere di innovare e prendersi cura di ogni dettaglio. Inoltre, è molto importante non cullarsi mai sugli allori, rimanendo concentrati e focalizzati sugli obiettivi da raggiungere, continuando a innovare per mantenere lontana la concorrenza.
Com’è cambiato il mercato dall’inizio a oggi e cosa significa raggiungere il traguardo dei dieci anni di Aims?
Siamo stati i primi a entrare sul mercato e questo ci ha portato ad avere una grande visibilità tra decine di migliaia di medici in tutta Italia. Aver guadagnato la loro fiducia, averli formati migliorando le loro competenze, rendendoli professionisti migliori, è stato un grande onore. Di questo Aims si occupa ancora oggi, in tal senso il mercato della formazione in ambito sanitario non è cambiato. Dal 2014 a oggi il ministero ha finanziato più contratti di formazione per le specializzazioni mediche, rendendo la competizione tra i concorrenti meno accesa, e questo significa doversi impegnare ancora di più per guadagnare la fiducia dei corsisti che ogni anno si iscrivono. Per noi è una sfida e uno stimolo aggiuntivo, che stiamo vincendo con dedizione e impegno. Dieci anni di Aims significa-
no passione, impegno, amicizia, lealtà e filosofia del lavoro, le pietre angolari su cui abbiamo costruito l’azienda, diventata in pochi anni un orgoglio nazionale.
Quali sono le sfide per il futuro?
Vedo il futuro pieno di opportunità e sfide da cogliere, e sono contento sia così perché come azienda significa continuare a crescere. L’innovazione tecnologica, ad esempio, rappresenta una di queste sfide, in quanto il nostro pubblico è sempre più digitale e più esigente in questo ambito. Il nostro impegno come azienda andrà in questa direzione. Un’altra importante sfida sarà la capacità di reagire, con bravura e resilienza, agli eventuali cambiamenti del mercato. Su questo tema faccio affidamento sul nostro asset più importante, le persone, cioè i dipendenti e collaboratori, che sono parte integrante dell’azienda e che ho formato negli anni per affrontare ogni cambiamento.
Medico, imprenditore, fondatore e socio di un grande gruppo multinazionale della formazione. Quale sarà il suo prossimo passo?
La mia ambizione è continuare a crescere, formarmi e imparare, come professionista e come persona. Pur avendo fondato una grande azienda che fa parte di un gruppo multinazionale, non voglio sentirmi arrivato a 38 anni, ed è anche per questo che ho deciso di frequentare un executive mba a Londra, dove vivo per alcuni periodi dell’anno e dove sicuramente nel prossimo futuro ci saranno altre interessanti opportunità imprenditoriali da cogliere. F
di Maurizio Abbati
SFIDE PER IL FUTURO
Da gennaio 2023 Arianna Gregis ha assunto la guida del pharma di Bayer Italia. Intelligenza artificiale, nuovi modelli organizzativi e investimenti in ricerca e sviluppo: l’obiettivo è continuare a creare valore per le persone attraverso l’innovazione
LLa spinta all’innovazione e la grande attenzione ai bisogni sanitari, interpretata in un forte impegno nella ricerca, sono la costante dei 125 anni di Bayer Italia , che oggi ha un fatturato di 954 milioni di euro, 1.279 collaboratori e un sito produttivo a Garbagnate Milanese decretato dal World Economic Forum come uno dei migliori siti al mondo e l’unico a rappresentare l’Italia in questa classifica. A gennaio 2023 è arrivata Arianna Gregis , che ha assunto la guida del pharma di Bayer Italia portando con sé oltre 20 anni di esperienza nelle life sciences. Il suo obiettivo è continuare a creare valore per le persone attraverso l’innovazione.
Una delle sfide di una grande azienda è dare risposte che guardano al futuro. La complessità del mercato richiede oggi l’adozione di modelli organizzativi sempre più efficienti. Dal suo arrivo in Bayer come si è mossa in tal senso?
Questa mia avventura è arrivata dopo un lungo periodo all’estero e questo ha creato in me una motivazione speciale per creare valore aggiunto nel nostro Paese. L’obiettivo centrale è quello di stare al passo con i tempi e con uno sguardo sempre volto al futuro. Oggi il cambiamento è estremamente rapido e per questo abbiamo avviato una trasformazione radicale, con un approccio che combina la mentalità di una startup all’efficienza di una multinazionale, per migliorare la qualità delle prestazioni a vantaggio delle persone. Nel sistema
Bayer siamo uno dei pochissimi paesi frontrunner, cioè tra i primi ad adottare il modello dynamic shared ownership (dso), che rende l’azienda più agile, più focalizzata sui risultati e più attenta a valorizzare il contributo delle persone. Abbiamo abbandonato la classica organizzazione gerarchica, puntando sull’intelligenza collettiva e la leadership diffusa. Questo ha ridotto la burocrazia e reso l’azienda più capace di rispondere ai bisogni di pazienti e clienti. I team ora operano come unità imprenditoriali, con maggiore autonomia, cicli produttivi più rapidi e focus sulla creazione di valore. I risultati sono già evidenti: nell’ultimo anno abbiamo triplicato i lanci di prodotti e progetti. Tra questi, Froggy, un dispositivo che aiuta i pazienti con emofilia A nell’autoinfusione, sviluppato in soli tre mesi in collaborazione con una giovane startup. Oppure TeraPiù, un’app personalizzata che utilizza l’intelligenza artificiale per migliorare l’aderenza dei pazienti italiani alle terapie. L’abbiamo sviluppata insieme a realtà che operano nel Polihub del Policlinico di Milano e conta già 250mila utenti con una valutazione a cinque stelle”.
Quanto sono importanti per voi gli investimenti in ricerca e sviluppo?
L’innovazione è al cuore della nostra vision, ‘Health for All’. Abbiamo modificato la strategia di ricerca, portando avanti un nuovo paradigma, passando dai laboratori interni a un modello basato su partnership e venture capital. Oggi abbiamo un centinaio di alleanze strategiche con aziende, università e startup in tutto il mondo. Un esempio di questo approccio è il programma di investimenti Leaps, che tra il 2015 e il 2023 ha investito 1,9 miliardi di dollari in oltre 60 startup. L’obiettivo? Scoprire terapie in grado di salvare vite.
Quanto può aiutare l’intelligenza artificiale nel campo delle scienze della salute?
Secondo una ricerca, Bayer è oggi sul podio tra le aziende che più la adottano per lo sviluppo di nuovi brevetti. Grazie a un accordo con Google Cloud, stiamo sfruttando la fisica quantistica e il machine learning per pianificare nuovi target per la ricerca, con una considerevole riduzione dei tempi. L’IA può senz’altro aiutare ad accele-
“Abbiamo un centinaio di alleanze strategiche in tutto il mondo. Il programma Leaps, tra il 2015 e il 2023, ha investito 1,9 miliardi di dollari in oltre 60 startup. L’obiettivo? Scoprire terapie in grado di salvare vite”
rare la fase di ricerca e dare un forte contributo in ambito diagnostico. Così come può rendere più efficaci gli approcci terapeutici, personalizzandoli. Certo, è necessario che intelligenza artificiale e valore umano vadano di pari passo.
Una delle frontiere più promettenti della medicina sono le terapie geniche. Come si muove Bayer in quest’ottica?
È una frontiera affascinante e stimolante. L’Italia è uno dei paesi che più investono in questo settore e ciò ci ha spinto a sviluppare una pipeline che oggi comprende oltre 30 progetti in varie fasi di
sviluppo clinico e ad avviare nuovi stabilimenti per la produzione di terapie geniche e cellulari. Ad esempio, con l’acquisizione di BlueRock Therapeutics Bayer ha intrapreso nel 2022 lo sviluppo di una terapia cellulare avanzata per il trattamento del morbo di Parkinson. A 24 mesi, i dati del trial di fase 1 hanno evidenziato un profilo di sicurezza positivo e segnali clinici promettenti che verranno validati negli ulteriori studi in corso. Questa terapia sperimentale rappresenta un potenziale passo avanti significativo dopo decenni di battute d’arresto nella ricerca. Il nostro impegno è contribuire a creare un nuovo ecosistema della salute, abbandonando l’idea di trattare un singolo organo per guardare invece al massimo beneficio per ogni persona, avvicinandoci sempre di più alla medicina personalizzata. F
di Elisa Serafini
QUESTIONE DI VITA
“L’Italia è una punta di diamante nel settore delle life sciences”, dice Valentino Confalone, country president di Novartis nel nostro Paese. Che però avverte: l’Europa rischia di “perdere terreno rispetto agli Stati Uniti e alla Cina”
LLe scienze della vita rappresentano un settore strategico per lo sviluppo di ogni paese, perché hanno il potere di cambiare la qualità della vita delle persone, oltre a generare un importante impatto economico. A raccontare sfide e opportunità del settore è Valentino Confalone, country president di Novartis Italia, prima azienda farmaceutica italiana, focalizzata sull’innovazione e impegnata in quattro aree medico-scientifiche di grande complessità - cardiovascolare, immunologia, neuroscienze e onco-ematologia - con farmaci che raggiungono più di 250 milioni di persone in tutto il mondo. Nel 2023 Novartis ha registrato, a livello globale, un fatturato di 45,4 miliardi di dollari, in crescita dell’8% sul 2022. L’azienda dedica a ricerca e sviluppo 9 miliardi di investimenti all’anno a livello mondiale ed è impegnata in diverse attività che coinvolgono stakeholder pubblici e privati.
In che fase si trova l’Italia nello sviluppo delle life sciences e quali potenzialità ha il settore?
L’Italia continua a rappresentare una punta di
diamante nel settore, grazie all’eccellenza delle risorse umane e a un ecosistema unico di interazioni tra mondo accademico, industriale e ospedaliero. Lo dimostra l’aumento delle domande di brevetto: +35% negli ultimi cinque anni, rispetto al +23% dei big dell’Ue. Nel 2023 la produzione farmaceutica italiana ha toccato i 52 miliardi di euro, con oltre 49 di export. Tuttavia, l’Italia e l’Europa rischiano di perdere terreno rispetto a paesi come l’America e la Cina, che nell’ultimo decennio ha decuplicato i suoi investimenti in ricerca e sviluppo. In questo scenario, è necessario un cambio di strategia, per valorizzare il ruolo del settore e garantire le condizioni perché l’eccellenza italiana ed europea possa consolidarsi in termini di competitività e attrattività a livello globale.
Che ripercussioni hanno la competitività e la sostenibilità del settore sulla salute dei cittadini?
La capacità del settore life sciences italiano di competere sullo scenario globale si traduce nell’opportunità per i cittadini di accedere all’innovazione, con un impatto sulla salute e sulla vita. La competizione riguarda non solo la ricerca e lo sviluppo di nuove molecole, ma anche l’approvvigionamento di principi attivi farmaceutici e la produzione di farmaci e terapie innovative. Oggi l’Italia è tra le capofila nel mondo, sia per la qualità della sua classe medica e accademica, sia per la sua eccellenza manifatturiera. Ne sono la prova i due hub di innovazione di Novartis a Ivrea e a Torre Annunziata, un polo d’eccellenza che nel 2023 ha generato 5,7 miliardi di euro di export farmaceutico verso 118 paesi ed entro il 2025 vedrà ampliata la sua capacità per produrre quasi dieci miliardi di compresse di farmaci.
“Abbiamo due hub di innovazione a Ivrea e Torre Annunziata, un polo d’eccellenza che nel 2023 ha generato 5,7 miliardi di euro di export farmaceutico verso 118 paesi”
Come sostenere l’attrattività e la competitività del settore nel nostro Paese? Politiche industriali mirate e revisione
della governance farmaceutica sono i due assi di intervento necessari per garantire la competitività del settore. Nodi che devono trovare applicazione anche a livello nazionale, dove sarà fondamentale il superamento dell’attuale sistema ‘a silos’ di finanziamento della spesa sanitaria e farmaceutica, che rappresenta un limite all’attivazione della sinergia tra innovazione e sostenibilità. A livello europeo, sarà determinante una revisione del pacchetto di riforme della legislazione farmaceutica, nell’ottica
dello snellimento burocratico, della tutela della proprietà intellettuale, dell’accelerazione dell’iter regolatorio e della sicurezza degli approvvigionamenti. È guardando agli interventi sanitari nel loro complesso, in un’ottica di lungo periodo, che sarà possibile garantire la capacità del nostro sistema salute di attrarre innovazione e renderla accessibile ai cittadini in modo equo e tempestivo.
Quali sono i progetti di Novartis in questo senso e quali progetti state sviluppando con gli stakeholder pubblici?
Crediamo nel ruolo dell’Italia e continueremo a investire per potenziare la capacità di innovazione del nostro Paese. Abbiamo annunciato investimenti per 350 milioni di euro nel triennio 2023-2025 e siamo al lavoro per agire da partner di tutti gli attori del settore, per favorire l’emergere di modelli innovativi che possano rispondere a bisogni sanitari complessi. Negli ultimi anni abbiamo attivato accordi di collaborazione con diverse regioni italiane e abbiamo l’ambizione di stabilire partnership significative con tutte entro cinque anni. Le partnership pubblico-privato consentono la messa in comune di competenze per contribuire a migliorare la gestione di malattie complesse, come quelle oncologiche o cardiovascolari, per migliorare i percorsi di presa in carico dei pazienti, in risposta ai bisogni sanitari specifici delle diverse realtà territoriali.
Novartis ha avviato tavoli di ascolto per immaginare la sanità del futuro. Quali risultati avete ottenuto e quali azioni state portando avanti in questo contesto?
Il progetto ‘Partner per il futuro’ ha l’obiettivo di tracciare una visione comune e delineare linee d’azione concrete per immaginare insieme la sanità del futuro. Al centro di questo percorso c’è l’ascolto delle giovani generazioni, che si è svolto con sei tavoli di lavoro che hanno coinvolto oltre 40 under 35 ed è poi continuato con l’indagine ‘Giovani e sanità: il futuro che vogliamo’, coinvolgendo oltre 1.000 cittadini. Disuguaglianze sanitarie, prevenzione, accesso all’innovazione e valorizzazione delle professioni sanitarie del futuro sono i temi emersi come prioritari dall’ascolto dei giovani e proprio su queste tematiche abbiamo avviato, insieme con la comunità scientifica e dei pazienti, un percorso di lavoro che ha coinvolto le istituzioni, per delineare azioni concrete in risposta ai bisogni e alle priorità dei giovani. F
LOGISTICA DI VALORE
Medline, fondata nel 1966, è la quarta azienda di dispositivi medicali al mondo, con un fatturato di 23 miliardi di dollari. Tra i suoi punti di forza c’è la capacità distributiva
FFornire dispositivi medicali e chirurgici di valore agli operatori sanitari, migliorare l’assistenza ai pazienti e promuovere la qualità di vita. È la mission su cui è incentrata l’attività di Medline International fin dalla sua origine, nel 1966. Più di mezzo secolo con un trend di crescita costante, che ha portato a un fatturato superiore ai 23 miliardi di dollari e vendite in oltre 125 paesi, 1.500 dipendenti in tutta Europa, otto centri di distribuzione e due siti produttivi. Nel 2024 Medline ha raggiunto il quarto posto per fatturato delle aziende mondiali di medical device. Un punto di forza dell’azienda è la capacità distributiva. Un aspetto fondamentale, come dice il direttore sales marketing per l’Italia, Giordano Maturilli. “Medline serve strutture dove un problema di fornitura può determinare un’interruzione del servizio pubblico, quindi tutto va gestito con grande cura. Peraltro è essenziale una corretta calendarizzazione delle spedizioni, poiché gli spazi di magazzino ospedalieri sono assai ridotti e c’è un turnover di materiale rapidissimo. Abbiamo così realizzato un hub logistico a Piacenza da 40mila pallet, che poche realtà sono in grado di offrire, e collaborando con molti partner in tutta Italia abbiamo sviluppato una rete che copre tutto il territorio. Importante anche la crescita dell’e-commerce, a
cui facciamo ricorso soprattutto con le strutture private”. Grande attenzione anche a sostenibilità ambientale e responsabilità sociale, come dimostra il rapporto esg 2023. “Partiamo dal fatto che la riduzione dell’impatto ambientale nella logistica si fa con partner che rispettano i criteri dell’environmental”, commenta Maturilli. “Perciò è necessario fare cultura e generare una rete che si autocontrolla. Un problema per le esg è poi il green washing, in quanto ci sono aziende che si dichiarano environmental friendly, ma in realtà compiono solo operazioni di facciata. In Medline abbiamo un direttore europeo dedicato allo sviluppo della strategia esg e delle relative certificazioni”.
Un momento chiave per il sistema sanitario è stato quello del Covid, che ha fatto ripensare la logistica. “La pandemia ha un po’ minato la fiducia verso il sistema. Si è scoperto quanto la globalizzazione abbia spinto ad affidarci a pochi attori internazionali, come la Cina, che vale una grossa fetta della produzione di device medicali. Delegare tutto a pochi si è mostrato un rischio distributivo e produttivo. Medline ha creato hub europei propri e propone ai clienti di disporre di un extrastock per le situazioni impreviste tramite il servizio Certainty Program. Offriamo spazi con costi aggiuntivi irrisori rispetto al costo di approvvigionamento in caso di emergenze”.
Per Maturilli lo sviluppo della logistica resta un obiettivo anche per il futuro: “Vogliamo perseguire un concetto di full service e proporci non solo come produttore, ma anche come centro logistico, perché l’esternalizzazione offre vantaggi competitivi e ottimizza i costi. Un modello che Medline ha sviluppato negli Stati Uniti e che razionalizza gli sprechi, oltre a tutelare l’ambiente”. F
Giordano Maturilli, direttore sales marketing per l’Italia di Medline International.
di Agostino Desideri
L’ARTE DI DIRE NO
“Evitiamo sostanze in sintesi, zuccheri aggiunti, coloranti e conservanti chimici, flaconi in plastica”.
Così Marco De Gregorio ha reso Salugea uno dei principali brand di integratori in Italia
DDa una semplice visione a leader di mercato in un decennio. È il percorso di Marco De Gregorio, ceo e fondatore di Salugea, che ha guidato la sua azienda a diventare uno dei principali brand di integratori in Italia. Sempre più persone, infatti, scelgono Salugea, che dichiara di puntare su innovazione, ascolto al consumatore e trasparenza.
Avere al suo fianco le persone giuste ha giocato un ruolo importante nello sviluppo dell’azienda?
Direi fondamentale. È solo grazie ai professionisti incontrati sul mio cammino che Salugea è diventata l’azienda di oggi. Ho avuto una grande fortuna nell’intercettare le persone giuste, che condividono con me gli stessi valori e il voler aiutare gli altri a migliorare la loro qualità di vita.
In che cosa Salugea vuole distinguersi dalla concorrenza?
In primis nei nostri integratori in capsule vegetali, che sono diversi da tanti altri sul mercato perché formulati esclusivamente con estratti secchi titolati, la più nobile forma di lavorazione della pianta e l’unica che garantisce la presenza certa
e costante del principio attivo. Inoltre sono 100% naturali, ad alto contenuto di principi attivi, con formulazioni innovative complete, sempre conservati in vetro scuro di grado farmaceutico e – unici sul mercato – con sigillo di sicurezza riutilizzabile, che mantiene la qualità del prodotto dalla prima all’ultima capsula.
Da dove nasce il vostro motto ‘Qualità garantita senza compromessi’?
Il nostro motto è la nostra etica aziendale. In Salugea diciamo parecchi ‘no’. No a sostanze di sintesi, no a zuccheri aggiunti, coloranti e conservanti chimici, no ai flaconi in plastica.
In che modo sostenete l’ambiente?
Limitiamo gli sprechi energetici, usiamo solo carta riciclata, acqua da bere in vetro e di ogni scelta - anche non visibile all’esternoconsideriamo l’impatto sull’ambiente. Perché la vera qualità la fai soprattutto quando gli altri non ti guardano. In più, con il progetto Salugea for Planet, in collaborazione con Tree Nation, per ogni ordine ricevuto sul nostro sito piantiamo un albero nelle aree del pianeta più colpite dalla deforestazione.
Quali sono i prossimi obiettivi?
Continueremo a investire per potenziare le nostre tre reti di professionisti: quella commerciale di agenti monomandatari, la rete di client advisor di supporto alle farmacie e quella di informatori medico-scientifici. Inoltre stiamo gettando le basi per entrare nei mercati internazionali e diventare un punto di riferimento solido e affidabile anche per i consumatori di altri paesi.
Come riassumerebbe la sua ideologia?
È riassumibile con una frase che da tempo uso per me e per motivare i miei collaboratori: ‘Facciamo sempre la cosa giusta e non la più comoda o conveniente’. Una frase che racchiude l’insieme di valori che condivido con la mia squadra e che guiderà sempre ogni passo avanti di Salugea. F
di Massimiliano Carrà
RICERCA SENZA SOSTA
Lilly, fondata a Indianapolis nel 1876, è in Italia da 65 anni e negli ultimi 20 ha investito 1,4 miliardi di euro nel nostro Paese. Nel suo stabilimento di Sesto Fiorentino produce farmaci per sette milioni di pazienti in tutto il mondo
Ricerca, investimenti, cura e rispetto verso la salute e il benessere di tutti gli attori in gioco, dai pazienti ai partner, ai fornitori e a tutte le comunità. Sono questi i principi che dal 1876 - anno della fondazione a Indianapolis - a oggi hanno caratterizzato il business di Lilly, l’azienda farmaceutica prima al mondo per capitalizzazione, che nel 2024 festeggia i 65 anni di presenza in Italia, dove ha compiuto investimenti per 1,4 miliardi di euro negli ultimi 20 anni. L’ultimo è stato annunciato lo scorso anno a Sesto Fiorentino, dove dal 1959 sorge uno degli stabilimenti produttivi più avanzati per la produzione di farmaci biotecnologici. Si tratta di oltre 750 milioni di euro entro il 2025 per la produzione di farmaci innovativi. In questo senso, giocherà un ruolo cruciale proprio lo stabilimento di Sesto Fiorentino - approvato dalla Food and Drug Administration statunitense e da altri enti regolatori internazionali -, che, oltre a coprire una superficie di 85mila metri quadrati, rende disponibili farmaci a oltre sette milioni di pazienti in più di 60 paesi. In Italia l’azienda ha già investito 21 milioni di euro all’anno in ricerca e sviluppo, con oltre 50 studi clinici attivi sul territorio nazionale. Progetti che permettono di esplorare nuove soluzioni terapeutiche in aree cruciali come il diabete e l’obesità, le neuroscienze, l’onco-ematologia e l’immunologia. Di recente la società ha sviluppato tre nuove molecole e quattro nuove indicazioni per diabete, obesità, colite ulcerosa e linfoma mantellare, ampliando
il proprio impatto sulla salute pubblica e, in generale, su tutto il nostro Paese.
Basti pensare che, secondo uno studio di The European House - Ambrosetti, entro il 2025 Lilly contribuirà al Pil italiano con 1,5 miliardi di euro e genererà oltre seimila posti di lavoro, grazie al suo impatto diretto e indiretto. Questo effetto moltiplicatore è reso possibile dall’integrazione di oltre 1.500 dipendenti in Italia con le attività di ricerca e sviluppo e la collaborazione con numerosi partner nazionali. Un impegno che quest’anno è stato riconosciuto con il premio Leonardo International, assegnato alla società per il suo contributo allo sviluppo economico e industriale del Paese. È la prima volta che una multinazionale farmaceutica riceve questo riconoscimento, che è stato consegnato durante una
Lilly è stata riconosciuta come
Top Employer nel 2021 e Great Place to Work nel 2023.
È stata inserita tra
le Top LinkedIn Companies nel 2023 e nel 2024
cerimonia al Senato, alla presenza di figure istituzionali come il presidente del Senato, Ignazio La Russa, il vicepresidente del Consiglio dei ministri Antonio Tajani e il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso. L’impegno storico della multinazionale è stato riconosciuto con l’emissione di un francobollo approvato e concesso dal ministero delle Imprese e del made in Italy (Mimit), presentato il 17 ottobre nel corso di una cerimonia istituzionale al Mimit, a Roma, che fa parte della serie tematica ‘Le eccellenze del sistema produttivo ed economico’, dedicata all’imprenditoria italiana.
James Collip, lo scienziato che purificò l’insulina per il trattamento del diabete, una delle aree terapeutiche di cui si occupa Lilly.
“In Lilly stiamo vivendo un momento storico importante, che è motivo di grande orgoglio per noi, perché significa fornire risposte ai bisogni terapeutici ancora insoddisfatti di milioni di pazienti in tutto il mondo”, dice Elias Khalil, recentemente nominato ad e presidente dell’Italy Hub, che include, oltre all’Italia, altri 20 paesi dell’Europa centro-orientale e Israele. “Lo facciamo attraverso il costante investimento in ricerca e sviluppo di farmaci innovativi e non solo. Come azienda, mettiamo le persone e la salute al centro. Il nostro scopo è prevenire e migliorare la qualità di vita delle persone attraverso ricerca e innovazione. Siamo determinati a contribuire attivamente alla promozione di un sistema sanitario più efficiente e sostenibile, collaborando con istituzioni, clinici e associazioni pazienti”.
Guardando all’impegno sociale, Lilly è stata riconosciuta come Top Employer nel 2021 e Great Place to Work nel 2023, posizionandosi tra i dieci Best Workplace. Inoltre è stata inserita tra le Top LinkedIn Companies nel 2023 e nel 2024, confermando l’attrattività del suo ambiente lavorativo. Lilly è anche la prima azienda farmaceutica in Italia ad aver ottenuto la certificazione sulla parità di genere, con il 51% delle posizioni manageriali occupate da donne e l’assenza di un salary gap. A ciò si affiancano altri strumenti di welfare aziendale, come il servizio di screening gratuiti – che si aggiungono al check up annuale – per vari oncotipi, come il tumore ai testicoli o alla tiroide o il melanoma, la flessibilità di orari, l’attenzione allo smart working, il sostegno psicologico e le convenzioni con asili e scuole materne. Strumenti che allargano sempre più l’impegno della società in termini di congedo parentale. Lo scorso anno Lilly ha presentato ‘Genitori insieme’, un progetto che sostiene i dipendenti neo-mamme e neo-papà, con la consapevolezza che la genitorialità è una componente positiva per il lavoro. Un pensiero che trova applicazione nel nuovo brand dell’azienda, Lilly A Medicine Company, che vuole fare emergere il lato umano che ha sempre caratterizzato la società. F
di Andrea Celesti
OLTRE LA CURA
Il gruppo farmaceutico Otsuka è tra i primi al mondo nel trattamento della salute mentale. E si impegna per il benessere fisico e psicologico dei dipendenti, che si traduce anche in un aumento della produttività e in benefici per l’azienda
LLa pandemia ha sconvolto la vita di molti, lasciando un segno indelebile non solo sulla salute fisica, ma anche su quella mentale. Se già prima una persona su otto soffriva di disturbi mentali, la situazione è peggiorata ancora a seguito dell’emergenza sanitaria. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), nel primo anno della pandemia l’incidenza globale di ansia e depressione è aumentata del 25%. In Italia, nel 2020, oltre 250mila persone si sono rivolte per la prima volta ai Dipartimenti di salute mentale.
Tra le realtà più attive nello studio di soluzioni per soddisfare le esigenze di salute e benessere dei pazienti c’è Otsuka. Il gruppo, attivo in 32 paesi in tutto il mondo, con oltre 500 dipendenti in Europa, concentra la sua attività in tutte le aree che presentano esigenze mediche non ancora soddisfatte, come le malattie del sistema nervoso centrale (Cns), la nefrologia e l’onco-ematologia. Forbes ha intervistato Alessandro Lattuada, ad di Otsuka Pharmaceutical Italy, che ha raccontato le aree di sviluppo della società, i valori e i progetti in favore del benessere dei dipendenti.
Come si è sviluppata la società e in quali aree si concentra l’attività?
Otsuka è nata nel 1921 ed è approdata in Europa mezzo secolo fa. Il gruppo si è sviluppato negli anni rimanendo fedele a tutti i suoi principi. Oggi siamo un’azienda farmaceutica multinazionale, con oltre 34mila dipendenti in 32 paesi in tutto il mondo. Nel campo farmaceutico siamo leader nella salute mentale, con l’offerta di prodotti legati a disturbi come la schizofrenia. Dopo il Covid abbiamo registrato un aumento delle diagnosi delle malattie mentali. In questo momento le aree in cui concentriamo l’attività sono soprattutto la nefrologia, l’onco-ematologia, la salute mentale e le malattie rare. In merito a queste ultime, attraverso ricerca e partnership, abbiamo una serie di prodotti che speriamo possano vedere la luce negli anni a venire. Da qui al 2028 puntiamo ad annunciare almeno cinque prodotti innovativi.
Quali sono i progetti legati al benessere dei vostri dipendenti?
Teniamo in maniera particolare al benessere fisico e mentale dei nostri collaboratori. Ci crediamo molto non solo come responsabilità sociale, ma anche come un investimento per il futuro. Il fatto che la qualità di vita possa influire sul benessere psicofisico della persona, e di conseguenza sull’azienda, è rilevante. Curiamo il benessere fisico, offrendo programmi di fitness e accesso alle palestre in tutta Italia. Per il benessere mentale, abbiamo lanciato un progetto unico (siamo stati i primi a farlo) che retribuisce i dipendenti per un sonno di qualità. Con l’adesione del 92% del personale, abbiamo avviato un’iniziativa che mette al centro il benessere psicofisico. Attraverso dispositivi indossabili mo-
Attraverso
dispositivi indossabili si monitora
la
qualità del sonno dei collaboratori. Chi la aumenta del 15% viene premiato con giorni di ferie aggiuntivi
nitoriamo costantemente la qualità del sonno dei collaboratori, offrendo loro programmi personalizzati e consigli di esperti per migliorare le abitudini di riposo. Chi riesce ad aumentare la qualità del sonno di almeno il 15% viene premiato con alcuni giorni di ferie aggiuntivi. Crediamo che un sonno di qualità sia fondamentale per garantire la massima produttività e soddisfazione dei dipendenti. Ci aspettiamo di arrivare a un +46% di media di qualità del riposo dei dipendenti, +12% di capacità mnemonica, che si traduce in +17% in concentrazione, +30% livelli energetici, -23% di stress e +13% di produttività. Terzo pilastro fondamentale è l’impegno sociale: offriamo ai dipendenti 16 ore l’anno da dedicare al volontariato. Inoltre, siamo tra le poche aziende a promuovere attivamente lo smart working. A differenza di molte altre realtà, che stanno richiamando i dipendenti in ufficio, continuiamo a valorizzare la flessibilità lavorativa. I dati dimostrano che lo smart working ha un impatto positivo sulla produttività e sul benessere dei collaboratori.
Quando le persone si sentono a proprio agio e possono conciliare al meglio vita privata e professionale, sono più motivate e performanti. Lo smart working rappresenta una rivoluzione. Una volta sperimentati i vantaggi di questa modalità, non c’è più ritorno. Inoltre il futuro delle aziende è indissolubilmente legato all’innovazione. Più siamo bravi a trovare soluzioni dove non ci sono, più queste sono efficaci. La visione che ha portato le persone a superare il proprio limite, permettendoci di andare più lontano di quanto avremmo potuto immaginare, deve rimanere il valore fondamentale.
Il vostro impegno in favore della sostenibilità vi ha portato a ottenere diversi riconoscimenti.
Nel giugno 2022 Otsuka Italia ha ottenuto la certificazione Uni En Iso 14064-1:2019, attestando la rigorosa quantificazione e rendicontazione delle proprie emissioni di gas a effetto serra. Otsuka Italia è stata la prima azienda di Otsuka in Europa ad avviare un progetto di compensazione delle emissioni di CO2, creando un bosco con 500 alberi piantati nel comune di Meda (Monza e Brianza). Oltre a ciò, il gruppo ha contribuito alla costruzione di un impianto eolico in India e alla formazione di ingegneri e operatori per promuovere lo sviluppo di una filiera produttiva a basse emissioni di carbonio. F
Soluzione internazionale
La Clinica DaVinci di Tirana, nata nel 2014 da una partnership italo-albanese, si è affermata come presidio di eccellenza e punto di riferimento nella chirurgia plastica
Èin costante aumento il numero degli italiani che si spostano dalle loro città per trovare le strutture più idonee e della qualità necessaria a soddisfare le proprie esigenze cliniche e terapeutiche. In questa ricerca non sono pochi coloro che guardano a realtà sanitarie al di fuori dell’Italia, ma facilmente raggiungibili, come l’Albania, in un’equazione tra eccellenza medica e costi complessivi fortemente competitivi. È qui che nel 2014 è nata la Clinica DaVinci, grazie a una partnership italo-albanese che si avvale di chirurghi italiani di comprovata esperienza che operano in entrambi i paesi. La clinica è situata nel centro di Tirana e si è affermata ormai come presidio di eccellenza e punto di riferimento nella chirurgia plastica, con oltre dieci anni di esperienza, grazie anche alle strumentazioni all’avanguardia di cui dispone e alla grande cura verso il paziente. La Clinica DaVinci garantisce grande professionalità per tutte le specialità della chirurgia della bellezza, come interventi di chirurgia estetica, otorinolaringologia, trapianto capelli e chirurgia bariatrica. Tutti interventi eseguiti in ambito ospedaliero, quindi con assistenza medica, reparto di terapia intensiva e personale qualificato. La clinica si impegna a seguire i più alti standard di sicurezza e qualità per tutti gli interventi estetici, utilizzando tecnologie avanzate e protocolli rigorosi, in un ambiente professionale. Ogni paziente può contare su un
trattamento personalizzato, dove il comfort e la sicurezza sono al primo posto e dalla prima visita fino al recupero post-operatorio ogni aspetto dell'esperienza è pensato per il suo benessere.
“Stiamo attenti a porre grande attenzione a tutto il percorso di assistenza”, spiega Arbri Faria, fondatore e manager della clinica.
“A cominciare da una consulenza online, durante la quale viene definito il piano operatorio personalizzato, assicurando che ogni paziente abbia chiare le aspettative e le procedure necessarie. La clinica si occupa poi dell'organizzazione del
trasferimento dall'aeroporto e della sistemazione in strutture moderne e confortevoli, garantendo che il paziente si senta a casa anche lontano da casa. Infine viene offerto un monitoraggio continuo durante tutte le fasi del percorso, dall'intervento al follow up post-operatorio, assicurando un'esperienza senza intoppi e nel massimo della sicurezza. Tutto per garantire una permanenza piacevole e abbinare l’aspetto clinico a un soggiorno di tutta serenità, in un contesto turistico positivo e in un ambiente dove gli italiani possono sentirsi di casa, per la vicinanza geografica e culturale”.
Il corpo e la mente
Al San Raffaele di Milano apre il nuovo Centro d’eccellenza per la Salute Metabolica per persone affette da obesità, sovrappeso e dislipidemia. Il benessere mentale è parte integrante del processo di cura
L'Ospedale San Raffaele di Milano ha inaugurato il Centro di Eccellenza per la Salute Metabolica, un nuovo polo dedicato a cura e prevenzione di patologie come diabete di tipo 2, sovrappeso, ipertensione arteriosa e altre sindromi metaboliche. Il Rapporto Bes 2023 dell’Istat rileva un aumento significativo di queste malattie, responsabili di un rischio cardiovascolare elevato e di una mortalità precoce: in Italia, quattro adulti su dieci sono in eccesso di peso e circa uno su dieci è obeso. Una realtà preoccupante, che rende indispensabile l’adozione di misure concrete e innovative per fronteggiare l’aumento di queste malattie.
Per questo il nuovo Centro di Eccellenza del San Raffaele mette a disposizione un team
multidisciplinare di specialisti, che include internisti, endocrinologi, cardiologi, nutrizionisti e psicologi, per offrire alle persone con problematiche di controllo del metabolismo un percorso diagnostico personalizzato che integri interventi nutrizionali, terapie comportamentali e, se necessario, l’utilizzo di farmaci, tra cui una nuova classe, gli agonisti del GPL1. "L'utilizzo di questi farmaci di nuova generazione rappresenta una svolta epocale nel trattamento delle sindromi metaboliche, soprattutto per la loro capacità, oltre a favorire la perdita di peso, di ridurre il rischio cardiovascolare migliorando la salute complessiva dei pazienti”, afferma Emanuele Bosi, primario di diabetologia ed epatologia dell’Ospedale San Raffaele. Il centro è aperto a tutti coloro che
hanno un indice di massa corporea (BMI) uguale o superiore a 27, anche in assenza di altri fattori di rischio. Ogni paziente viene seguito con una strategia terapeutica personalizzata, basata inizialmente su una valutazione delle abitudini alimentari, fisiche e dello stile di vita, per poi decidere se integrare una terapia farmacologica. Fondamentale è poi l’attenzione al benessere mentale come parte integrante del processo di cura. Il supporto psicologico è per questo offerto a tutti i pazienti che lo richiedono, integrandosi con la consulenza nutrizionale e il percorso terapeutico complessivo. "Il benessere mentale è una parte fondamentale della salute metabolica complessiva," conclude Bosi. "Per questo forniamo un percorso di accompagnamento su richiesta, per garantire ai pazienti un supporto globale nel loro cammino verso abitudini sane”. L’idea alla base del progetto è quella di assicurare ai pazienti un’assistenza continua, anche al di fuori delle strutture ospedaliere, coinvolgendo le farmacie locali e i medici di base, per massimizzare l’efficacia delle terapie e consolidare i risultati sulla perdita di peso. Come spiega Federico Esposti, neurofisiologo e direttore operativo dell’Irccs Ospedale San Raffaele, “l'obiettivo è quello di creare una rete di supporto diffusa in grado di seguire i pazienti nel loro percorso di cura e garantire un follow up costante. Grazie a questa collaborazione, i pazienti potranno essere monitorati nel tempo e ottimizzare e mantenere nel tempo i risultati ottenuti".
di Elisa Serafini
LA SALUTE È UGUALE PER TUTTI
“Oltre a mettere a disposizione terapie, vogliamo che ci sia equità di accesso ai trattamenti innovativi”. A dirlo è Gemma Saccomanni, senior director, public affairs di Gilead, società biofarmaceutica americana specializzata in malattie infettive, oncologiche e infiammatorie
ÈÈ possibile creare armonia tra la sostenibilità economica di una società farmaceutica e l’interesse pubblico del diritto alla salute? E ancora, come è possibile sostenere la ricerca e le persone che operano in campo Stem, in modo che possano generare soluzioni a beneficio di milioni di pazienti? Sono queste le domande complesse a cui oggi sono chiamati a rispondere enti pubblici, istituzioni e aziende. In questo contesto una prospettiva innovativa è quella fornita da Gilead, società biofarmaceutica americana che opera nel campo delle life sciences, attiva nella ricerca, sviluppo e commercializzazione di terapie innovative, principalmente per il trattamento di malattie infettive come Hiv, epatite e Covid-19, oltre a patologie oncologiche e infiammatorie. La sua missione è migliorare la vita dei pazienti con farmaci rivoluzionari e accessibili. In Italia è presente dal 2000 e conta oltre 260 dipendenti. Per raccontare le iniziative messe in atto nei campi della sostenibilità, dell’accesso alle cure e delle persone, Forbes ha intervistato Gemma Saccomanni, senior director, public affairs, e Silvia Miliani, senior director, hr di Gilead Sciences Italia
Saccomanni, i criteri esg stanno assumendo sempre più importanza nella governance di Gilead. Quali sono le attività e i risultati di questa impostazione?
GS - Per noi sostenibilità significa soprattutto health equity: il nostro approccio è di andare al di là del mettere a disposizione terapie, vogliamo che ci sia equità di accesso a questi trattamenti innovativi.
Siamo tra i primi al mondo, nell’industria farmaceutica, per iniziative a beneficio dei paesi a basso reddito. Una delle iniziative principali è la concessione di licenze per produrre un farmaco per la prevenzione dell’Hiv a produttori genericisti, che potranno metterlo a disposizione in 120 paesi. Recentemente abbiamo donato anche cinquemila trattamenti del nostro farmaco per il Covid-19 al Rwanda per trattare l’epidemia di virus Marburg, patologia simile all’Ebola. Inoltre, nel campo dell’ambiente
a progetti di ricerca sostenuti da enti attraverso il fellowship program. Riteniamo il terzo settore un soggetto cruciale nel contesto sanitario, e per questo sosteniamo con un altro bando le associazioni pazienti, a cui abbiamo versato oltre 5 milioni di euro.
Quali principi guidano l’azienda nel trovare l’equilibrio tra interesse pubblico e legittimo interesse privato?
GS - È importante per noi rendere sostenibile l’innovazione. Per questo cerchiamo percorsi innovativi anche per l’accesso ai trattamenti. In Italia, ad esempio, abbiamo portato il farmaco per curare l’epatite C, proponendo un accordo innovativo di prezzo-volume, che riduce il costo, a seconda dei volumi di trattamento. In questo modo è stato possibile incentivare il trattamento di più pazienti, riducendo il rischio di interventi successivi, come i trapianti. Questo modello ha cambiato il paradigma tra costo e investimento. Un altro esempio è il payment at result. Quando abbiamo portato terapie Car-T per il trattamento di alcuni tumori, per primi abbiamo negoziato un pagamento secondo risultato.
Miliani, quanto pesa il capitale umano in un’azienda come Gilead e quali strategie state adottando per attrarre e mantenere talenti? SM - Le persone sono la mente e il cuore di questa azienda e lo dimostrano i numeri, tra cui la proporzione tra persone e fatturato. Abbiamo ottenuto poi altri risultati di cui siamo orgogliosi: l’85% dei dipendenti sono laureati, il 100% sono assunti a tempo indeterminato, le donne rappresentano il 59%. L’85% delle donne sono quadri o dirigenti. Abbiamo pro-
“Abbiamo promosso fondi per il benessere, che significa sport, ma anche supporto psicologico e assistenza”
siamo stati riconosciuti, secondo gli Accordi di Parigi, tra le biotech più sostenibili.
Quali attività sta portando avanti Gilead per promuovere relazioni e progetti con interlocutori pubblici e istituzioni?
GS - Lavoriamo molto con istituzioni e associazioni locali. Abbiamo coinvolto 112 centri, con 180 studi clinici, a beneficio di oltre 180mila pazienti. Fare ricerca clinica è importante per garantire alternative terapeutiche ai pazienti. Sosteniamo un continuo confronto con l’Aifa e le istituzioni. Abbiamo attivato diverse iniziative, ad esempio insieme alla Regione Puglia, che eroga test Hiv gratuiti attraverso la campagna ‘Facciamolo tutti’, presentata di fronte alle sedi dei concerti, per intercettare i giovani, che spesso non sono informati rispetto alle conseguenze dell’Hiv. Promuoviamo inoltre la ricerca indipendente: in 13 anni abbiamo erogato oltre 11 milioni di euro
mosso fondi per il wellbeing, che significa sport, ma anche supporto psicologico e assistenza ai dipendenti e ai familiari nelle diverse fasi della vita, dal recupero delle dipendenze al sostegno tramite avvocati per divorzi, successioni, fino all’identificazione di Rsa. Offriamo inoltre programmi di coaching, corsi di inglese e una gamma di servizi a 360 gradi sulle persone. Infine, stimoliamo i leader alla diversità di opinioni, per limitare i bias e generare un fattore di arricchimento.
Quali attività dovrebbero essere sostenute da istituzioni e aziende affinché sempre più giovani intraprendano carriere Stem?
SM - Sarebbe utile creare percorsi che permettano di conoscere le opportunità del mondo Stem, promuovendo un maggiore dialogo tra scuole e aziende. A livello globale promuoviamo un percorso che forma talenti sulla programmazione farmaceutica. A livello interno, invece, vige un programma che permette ai dipendenti di misurarsi su ruoli differenti, con un impegno dal 25 al 100%, per un periodo dai tre ai 12 mesi. Siamo convinti che investire in questi percorsi di crescita e formazione continua sia la chiave per preparare i nostri talenti alle sfide del futuro. F
di Maurizio Abbati
SPECIALISTI DELLA SANITÀ
“Oggi un imprenditore del settore deve scegliere gli ambiti a cui dedicarsi, come abbiamo fatto noi con la riabilitazione, l’oncologia e la chirurgia ortopedica, ad esempio”.
A dirlo è Cristopher Faroni, presidente di Ini, gruppo con dieci strutture tra Lazio e Abruzzo
Radici forti, consolidate in quasi 80 anni di attività, e tanta voglia di futuro. Il gruppo Ini (Istituto Neurotraumatologico Italiano), fondato da Delfo Galileo Faroni nel 1947, è un punto di riferimento della sanità privata accreditata del Centro Italia, con dieci strutture abilitate al ricovero e all’assistenza specialistica ambulatoriale nel Lazio e in Abruzzo, 1.200 posti letto e quasi duemila dipendenti. Strutture all’avanguardia grazie a considerevoli investimenti compiuti nelle eccellenze tecnologiche: dalle radioterapie di ultima generazione alla strumentazione diagnostica più sofisticata e a centri avanzati di traumatologia e chirurgia orto-
pedica, con tecniche operatorie innovative per la protesica, oltre a centri riabilitativi d’eccellenza. A questo si aggiunge un centro oncologico con certificazione internazionale Esmo (europea) e Mascc (americana). Quattro strutture del gruppo compaiono nella mappa dell’Istituto superiore di sanità come centri riconosciuti a livello nazionale per lo spettro autistico e le patologie dell’età evolutiva.
Oggi il gruppo è guidato dal presidente Cristopher Faroni e da Jessica Veronica Faroni, con il ruolo di manager sanitario. I due sono pronti a guardare avanti, verso nuovi investimenti e verso un sempre maggiore coinvolgimento, anche sotto il profilo culturale e della formazione, come dimostra il fatto che le strutture di Ini ospitano i corsi di laurea in scienze infermieristiche e fisioterapia in collaborazione con le università Sapienza e Tor Vergata. L’azienda vuole così lasciarsi alle spalle un periodo non facile, a seguito di una vicenda giudiziaria lunga e tortuosa che si è conclusa solo nel 2024, dopo sette anni, con un proscioglimento e un’archiviazione da parte del tribunale.
“La solidità familiare ci ha sostenuto nel passato per sconfiggere chi ci ha attaccato e ci sosterrà in futuro per crescere ancora e supportare le nostre eccellenze. Ce l’ha tramandata nostro padre, che vogliamo onorare rimanendo uniti, mia madre, mia sorella e io”
“Per noi è stato un periodo davvero complicato”, ricorda Faroni, “ma abbiamo avuto la forza di denunciare chi ci aveva strumentalmente coinvolto in un caso costruito ad arte nel momento del passaggio generazionale, quando mio padre si è ammalato ed è poi mancato, accusandoci di aver truffato il sistema sanitario, lucrando sui nostri pazienti. Finché la vicenda si è chiusa con la condanna dei nostri accusatori ed è stata riconosciuta la nostra completa estraneità e innocenza. Purtroppo tutto ciò ci ha creato non poche difficoltà sul fronte finanziario e reputazionale, come si può immaginare. Nonostante questo abbiamo sempre tutelato i nostri pazienti e i nostri dipendenti. Un altro aspetto che ci ha lasciato davvero amareggiati è stato un certo accanimento mediatico, che ha contribuito ad appannare la nostra immagine. Ma posso solo dire che finalmente ne siamo usciti dimostrando la nostra integrità e siamo pronti a guardare avanti, poggiando sulla solidità e sui nostri valori, con le nostre eccellenze mediche sanitarie”.
Eccellenza e specializzazione sono gli aspetti su cui il gruppo ha puntato per diventare un riferimento per
la sanità privata in Italia. “Credo che un imprenditore sanitario”, prosegue Faroni, “oggi debba specializzarsi in alcuni settori, come abbiamo fatto noi negli anni, con la riabilitazione, l’oncologia e la chirurgia ortopedica, solo per citarne alcuni. È questa la direzione verso cui vogliamo procedere, portando avanti un’azienda che ha saputo crescere, strutturandosi professionalmente, in un contesto di gestione familiare. Proprio questa solidità familiare ci ha sostenuto nel passato, per sconfiggere chi ci ha attaccato, e ci sosterrà in futuro per crescere ancora e supportare le nostre eccellenze. Ce l’ha tramandata nostro padre, che vogliamo onorare rimanendo uniti, mia madre, mia sorella e io. Non è mai mancato l’appoggio dei nostri dipendenti in primis, ma anche dei pazienti, che non ci hanno mai abbandonato, e delle regioni in cui operiamo, Lazio e Abruzzo. Devo poi ringraziare chi ci ha sostenuto, in particolare Paolo Fiorentino di Banca Progetto, per averci aiutato nei momenti più difficili con la sua banca e i suoi dirigenti. Il segnale di questo rilancio c’è, a cominciare dal lato economico. A causa dei ricatti subiti e delle vicende giudiziarie il gruppo registrava un ebitda negativo, al -3%. Ora, con un ebitda che arriverà al 12-13%, crescerà del 15% in un anno. E non intendiamo fermarci qui. Per Ini la soddisfazione dei pazienti resta l’elemento centrale e intendiamo proseguire lavorando sulla ricerca tecnologica, su un’assistenza e una qualità di cura sempre maggiore, valorizzando le competenze dei professionisti che lavorano con noi”. F
di Maurizio Abbati
MODELLO ALTERNATIVO
L’insurtech All Well, guidata da Flavio De Laurentis, vuole semplificare l’accesso e la gestione dell’assistenza sanitaria integrativa per i dipendenti di aziende di tutte le dimensioni
AAccedere alle prestazioni sanitarie è sempre più difficile, tra tempi di attesa che si allungano e un servizio sanitario pubblico che dimostra di non riuscire sempre a rispondere a tutte le esigenze degli utenti. Una situazione che contribuisce e rendere più ampio lo spazio per i privati. Secondo l’Istat, in Italia nel 2023 abbiamo avuto 176 miliardi di euro di spesa sanitaria, coperti per il 74% dalla pubblica amministrazione, per il 3% dalle assicurazioni e per il 23% dai risparmi delle fa-
ministratori di aziende di ogni dimensione. L’offerta si estende a diversi livelli di copertura sanitaria, adatti sia agli impiegati che al middle management e al board aziendale. I piani includono garanzie di rimborso spese mediche ospedaliere, extraospedaliere e dentarie.
“La sanità in Italia è ancora fortemente sostenuta dalla pubblica amministrazione come fonte di finanziamento”, spiega Flavio De Laurentis, co-founder e managing director di All Well. “Tra le fonti di finanziamento privato, il cosiddetto out of pocket, cioè i risparmi propri, è predominante rispetto alle assicurazioni: tra quanti si affidano alla sanità privata, nove su dieci lo fanno con risparmi propri anziché proteggersi con un’assicurazione. Rispetto a dieci anni fa, il pubblico ha gradualmente ridotto il suo supporto relativo, mentre le assicurazioni hanno aumentato del 100% la loro rilevanza come fonti di finanziamento delle spese sanitarie,
Nel 2023 in Italia abbiamo avuto
176 miliardi di euro di spesa sanitaria, coperti per il 74% dalla Pa, per il 3% dalle assicurazioni e per il 23% dalle famiglie
miglie. Ecco dunque che il welfare aziendale diventa un valore aggiunto in grado di risultare attrattivo per le professionalità in cerca di impiego. Ma per le aziende gestire un’assicurazione sanitaria tradizionale può essere problematico.
È in questo che All Well si vuole proporre come insurtech all’avanguardia, in grado di semplificare l’accesso e la gestione dell’assistenza sanitaria integrativa per tutte le categorie di dipendenti e am-
così come, purtroppo, l’out-of-pocket, cresciuto in termini assoluti del 21%”.
Tutto ciò a differenza di altri paesi, dove l’assicurazione salute è già obbligatoria. Ma anche in Italia si assiste a un graduale cambiamento culturale che, secondo De Laurentis, vede le aziende in prima linea: “Sempre più imprese, anche le pmi, iniziano a considerare l’assicurazione salute all’interno del welfare aziendale come supporto tangibile per i dipendenti e le loro famiglie. Questo aiuterà a ridurre l’utilizzo dei risparmi personali come fonte di finanziamento della sanità, sollevando dalle cure di questa fascia di popolazione il sistema sanitario nazionale. In questo modo il servizio pubblico potrà dedicare i fondi alla cura dei più anziani, che per natura rappresentano un rischio non assumibile dalla maggior parte delle compagnie assicurative”. F
di Andrea Celesti
ATTENZIONE GLOBALE
Ucb Pharma si dedica alla ricerca e allo sviluppo di farmaci e soluzioni innovative per chi soffre di patologie rare o di malattie gravi del sistema immunitario e del sistema nervoso centrale. E lo fa con attenzione alla sostenibilità ambientale e sociale
L’L’aumento dell’aspettativa di vita, le recenti emergenze sanitarie e gli impatti del cambiamento climatico sulla salute hanno reso evidente la necessità di ripensare i sistemi sanitari, puntando su modelli più resilienti e sostenibili. Tra le principali realtà che considerano la sostenibilità un obiettivo e un principio guida c’è Ucb Pharma, azienda biofarmaceutica europea focalizzata sulla ricerca e lo sviluppo di farmaci e soluzioni per trasformare la vita delle persone affette da malattie gravi del sistema immunitario o del sistema nervoso centrale e da malattie rare. Il gruppo segue un percorso basato sulla sostenibilità che coinvolge tutti gli stakeholder: dai pazienti a chi lavora in azienda, dall’economia alla società, fino al pianeta. Con oltre il 30% del fatturato destinato alla ricerca e sviluppo, Ucb punta a creare soluzioni innovative che migliorino la vita dei pazienti e generino un impatto positivo sull’ambiente. Forbes ha intervistato Ivan Di Schiena, head of patient access and external engagement Italy di Ucb Pharma.
Come ha fatto Ucb Pharma ad adattare la propria strategia globale alle esigenze del mercato locale?
Ucb Italia ha compiuto passi significativi nel campo della sostenibilità. Da anni il gruppo è impegnato nella costruzione di un modello di sviluppo sostenibile che vada oltre la semplice cura delle malattie. Miriamo a creare valore per tutti gli stakeholder: pazienti, professionisti della salute, società ed economia. Il nostro obiettivo è essere un partner affidabile
per lo sviluppo sostenibile del Paese. Grazie alla partnership con la Luiss Business School, abbiamo raccolto informazioni su come le aziende del settore farmaceutico italiano stanno interpretando l’impegno per la sostenibilità. L’adesione al Global Compact Network Italia, in qualità di soci fondatori, e la presentazione in Senato a marzo 2024 del position paper elaborato con The European House - Ambrosetti, dimostrano il nostro impegno a integrare la sostenibilità nella strategia aziendale e a contribuire positivamente alle sfide del sistema sanitario italiano.
Durante la presentazione è emerso come un investimento strategico per il Paese non possa prescindere dalla collaborazione con chi si occupa di salute.
Nel corso della conferenza si è ribadita l’importanza della promozione di un modello di sviluppo sostenibile incentrato sulla salute e basato su un approccio integrato per la creazione di valore sociale, ambientale ed economico. Le aziende farmaceutiche sono chiamate a un impegno sempre più ampio, che vada oltre la riduzione dell’impronta ambientale. È fon-
“Miriamo a creare valore per tutti gli stakeholder: pazienti, professionisti della salute, società ed economia”
damentale promuovere un approccio etico e trasparente nella gestione di tutti gli stakeholder, stimolare l’innovazione aperta lungo tutta la catena del valore e contribuire alla crescita economica del Paese, garantendo l’accesso equo e rapido alle terapie. Questo approccio richiede una collaborazione stretta tra tutti gli attori del sistema sanitario e un contesto normativo favorevole. Inoltre è necessaria un’attenta analisi del contesto sociale e un’attenzione particolare alla gestione delle risorse umane, promuovendo la meritocrazia, la crescita professionale, il benessere
dei dipendenti, la diversità e l’inclusione. Tutti elementi chiave di questo processo. Inoltre è cruciale valutare l’impatto sociale delle attività aziendali, la governance, gli investimenti e il modello di crescita, per creare valore sia economico che sociale.
L’impegno per la sostenibilità di Ucb si declina anche attraverso un impegno sociale?
Il gruppo dimostra il proprio impegno sociale attraverso numerose iniziative di volontariato. Nel 2023 i dipendenti hanno dedicato il loro tempo al Dynamo Camp, offrendo un’esperienza indimenticabile a bambini affetti da gravi patologie. Quest’anno l’impegno si è esteso alla comunità Sos Bambini di Saronno (Varese), contribuendo a creare spazi più accoglienti per i bambini e le donne in difficoltà. Le iniziative dimostrano l’approccio alla creazione di valore, che non si limita alla sfera economica, ma abbraccia anche gli aspetti sociali e umani, per generare valore sulla comunità in cui operiamo.
Guardando al futuro, quali sono i vostri obiettivi di sostenibilità?
Ucb è determinata a perseguire una crescita sostenibile, che generi valore per tutti gli stakeholder. Per il futuro puntiamo a garantire l’accesso alle nostre soluzioni a tutte le persone che ne hanno diritto. Non solo: i nostri obiettivi includono l’impegno a diventare carbon neutral entro il 2030, riducendo al contempo il consumo di acqua e la produzione di rifiuti, il miglioramento continuo delle performance esg, consolidando il ruolo di leader nel settore life sciences a livello globale e locale. Con queste azioni, Ucb vuole consolidare la posizione di leader nel settore, contribuendo a un futuro più sano e sostenibile. F
Dalla parte del benessere
Lo stigma legato alle mestruazioni sul posto di lavoro non è ancora stato abbattuto.
Per cambiare le cose è iniziata la collaborazione tra Lyreco e Corman, che vogliono dotare le aziende di dispenser e forniture di assorbenti in cotone organico. Un modo per promuovere l’inclusione
Circa l'86% delle donne ha avuto il ciclo mestruale in modo imprevisto sul lavoro. Tra queste donne, il 62% ha acquistato prodotti mestruali in un negozio, mentre il 34% è tornato a casa almeno una volta. Secondo i dati presentati dal movimento Free the Tampons e riportati da Corman, lo stigma legato alle mestruazioni sul posto di lavoro non è ancora stato abbattuto, nonostante il benessere delle persone e la sostenibilità ambientale siano ormai temi imprescindibili per le aziende moderne. La collaborazione tra Lyreco e Corman ha però l’obiettivo di cambiare le cose. Grazie alla sinergia tra queste due società, le aziende potranno dotarsi di dispenser e forniture di assorbenti in cotone organico di qualità della linea Organyc, contribuendo a promuovere inclusione, diversità e benessere sul luogo di lavoro. Si tratta di un’iniziativa che può generare valore in termini di diversity, equity & inclusion, nel raggiungimento degli obiettivi esg e dei sustainable development goal. Ma non solo: progetti di questo tipo possono avere anche un ruolo importante nel migliorare il morale dei dipendenti e dimostrare che l’azienda si preoccupa del benessere della sua comunità. “A fronte di un investimento per persona davvero competitivo",
spiegano da Corman, "le aziende possono ottenere un ritorno più che proporzionale perché il valore generato si riflette sia internamente che esternamente”.
Come funziona la partnership? Attraverso Lyreco sarà possibile acquistare i dispenser durevoli e di design e la fornitura di assorbenti Organyc, gestendo i futuri riassortimenti nel modo più funzionale alle proprie necessità. Sul dispenser la
“Il vero valore del progetto non risiede tanto nell’investimento economico, quanto in quello culturale”
sagoma di una donna rappresenta il posizionamento del marchio e il suo carattere: ‘Expect Respect’, accompagnato dalla promessa del servizio di Lyreco Italia a esso correlato: ‘Al tuo fianco, nel momento giusto’.
Le due società promotrici dell’iniziativa puntano da sempre alla sostenibilità e all’inclusione. Corman è un’azienda italiana che opera nel mercato dell'extra farmaco in Italia e del personal care, mentre Lyreco Italia è una filiale del gruppo Lyreco, sociatà privata dal 1926 e leader nella fornitura responsabile per ogni ambiente di lavoro. Oggi attiva in 25 Paesi e con partnership in altri 15 mercati.
“Negli anni Corman ha sviluppato competenze nella trasformazione del cotone in prodotti naturali di successo in diverse categorie del personal care”, ha sottolineato Chiara Poggio, marketing manager di Organyc. “Organyc è nato dalla necessità di fornire una soluzione clinicamente dimostrata per le irritazioni cutanee causate dagli assorbenti tradizionali. Il marchio si basa su tre pilastri - autenticità, trasparenza e sostenibilità - e siamo orgogliosi di vedere come anche le aziende vogliano abbracciare e offrire queste caratteristiche uniche, divenendo promotrici di benessere in termini sia di impegno intorno al tema del ciclo mestruale, sia di sostenibilità delle soluzioni proposte”.
A giocare un ruolo chiave nella realizzazione del progetto è Lyreco Italia. L'azienda da più di 25 anni soddisfa le esigenze dei clienti con un'offerta di prodotti e servizi diversificata e consegne puntuali, integrando i principi di sostenibilità in ogni aspetto del proprio business.
“Grazie alla sinergia con Corman, siamo in grado di portare alle aziende un prodotto che crea valore. Lo crediamo fermamente, per questo siamo stati noi stessi i primi a installare i dispenser con la fornitura di assorbenti
Organyc nelle nostre sedi in provincia di Milano e Piacenza”, ha commentato Eleonora Marchetti, marketing p&s director di Lyreco Italia. “Una novità per i nostri clienti è diventata un’opportunità anche per i nostri dipendenti. Creare un ambiente di lavoro in cui ognuno
si senta a proprio agio è una delle nostre priorità e iniziative come questa possono fare la differenza, contribuendo a mantenere la nostra azienda un luogo in cui è sempre possibile lavorare in modo sostenibile e dando l’esempio, perché abbiamo la responsabilità di una quota di mercato importante, frutto di una crescita costante negli anni”.
L’adozione di soluzioni come gli assorbenti in cotone organico si allinea perfettamente con gli obiettivi esg di molte aziende, che mirano a ridurre il proprio impatto ambientale. Gli assorbenti Organyc, infatti, sono realizzati con materie prime ecologiche, biodegradabili e compostabili. La sostenibilità fa parte del dna di Corman, azienda fondata più di 70 anni fa, presente con filiali commerciali proprie negli Usa e in Cina in oltre 50 paesi in tutto il mondo con il marchio di proprietà Organyc.
"L’adesione a progetti di questo tipo offre alle aziende un'opportunità concreta per rafforzare le loro politiche di diversity, equity & inclusion e migliorare gli standard esg”, ha concluso Valeria Concardi, branding and communication manager di Lyreco Italia. "Il vero valore, infatti, non risiede tanto nell'investimento economico, quanto in quello culturale. Riconoscere gli assorbenti come beni essenziali, al pari del sapone o della carta igienica, contribuisce a migliorare il benessere fisico e psicologico delle persone, creando le condizioni ideali per poter esprimere ogni giorno il meglio di sé. Inoltre, la scelta di un prodotto di alta qualità e con caratteristiche sostenibili dimostra una reale attenzione verso la salute e l'ambiente".
AIUTANTI DIGITALI
Quattro ragazzi hanno creato una startup che calcola il rischio di calamità naturali. Altri vogliono semplificare il lavoro degli avvocati, la ricerca di personale nella ristorazione o la manutenzione preventiva della rete stradale. Sono alcuni degli Under 30 scelti da Forbes Italia nella categoria Technology
TUTOR
Ventisette milioni di euro investiti, 48 partecipate in portfolio. Ventive vuole proporsi come un riferimento per lo sviluppo delle startup italiane. “Intendiamo creare un ecosistema in cui le idee possano fiorire e trasformarsi in imprese di successo”, dice il fondatore Roberto Sfoglietta
In un panorama economico in continua evoluzione, Ventive si sta affermando come un pilastro per lo sviluppo dell’ecosistema startup italiano. Con un approccio innovativo e una visione chiara del futuro, questa società di investimenti sta ridefinendo il modo in cui le giovani imprese vengono supportate nel percorso verso il successo. Fondata per colmare il gap tra idee brillanti e successo sostenibile, Ventive ha già lasciato un’impronta nel settore. Con 27 milioni di euro investiti, 48 partecipate in portfolio e il supporto di 200 investitori all’interno del suo club deal, ha dimostrato di avere sia le risorse che la fiducia necessaria per fare la differenza Ciò che distingue Ventive è il suo team. In continua crescita, l’azienda ha fatto dei talenti under 30 il suo punto di forza. Questa scelta non solo porta energia fresca e idee innovative, ma permette anche di comprendere meglio le esigenze e le sfide delle startup che Ventive supporta. “Crediamo nel potenziale dei giovani imprenditori”, afferma Roberto Sfoglietta, ceo e fondatore. “Il loro entusia-
smo, combinato con la nostra esperienza, crea una sinergia unica che ci permette di guidare efficacemente le startup attraverso le complessità del mercato.”
Ventive, che ha deciso di diventare tutor per la categoria technology degli Under 30 di Forbes, ha un approccio che combina investimenti mirati, supporto pratico e comprensione del panorama tecnologico. Si vuole così posizionare come un attore chiave nel futuro dell’innovazione italiana. “Il nostro obiettivo ultimo”, dice Sfoglietta, “è creare un ecosistema in cui le idee brillanti possano fiorire e trasformarsi in imprese di successo, contribuendo alla crescita economica e all’innovazione del Paese.” Mentre Ventive continua a crescere e a evolversi, il futuro dell’innovazione in Italia sembra luminoso, grazie all’impegno di aziende che credono nel potenziale delle startup e sono disposte a investire nel loro successo a lungo termine. “Nei prossimi mesi”, aggiunge Sfoglietta, “saremo protagonisti di un’operazione straordinaria nel panorama italiano. Stiamo per realizzare un aumento di capitale con alcuni family office, una mossa che ci fornirà le risorse necessarie per strutturarci ulteriormente.”. F
Strade sicure
QUATTRO INGEGNERI USCITI DAL POLITECNICO DI MILANO HANNO FONDATO DISPLAID, UNA STARTUP CHE VUOLE AGEVOLARE LA MANUTENZIONE PREVENTIVA DELLA RETE VIARIA. “PORTIAMO SUL MERCATO UNA SOLUZIONE PROGETTATA PER ESSERE STANDARDIZZATA E FACILMENTE SCALABILE”, DICONO
DDispositivi tecnologici e algoritmi per facilitare la manutenzione preventiva della rete viaria e rendere più sicure le infrastrutture su cui ci spostiamo ogni giorno. È questa l’idea nata da alcuni dottorandi del Politecnico di Milano, subito trasformata in una startup: Displaid. I fondatori sono Lorenzo Benedetti (ceo), Francesco Morgan Bono (cto), Luca Radicioni (coo) e Gianluca Donizzelli (cfo). I primi si sono formati in ingegneria meccanica, l’ultimo in management engineering. “Portiamo sul mercato una soluzione costruita per essere standardizzata e facilmente scalabile a livello di rete”, dicono. “Il nostro obiettivo è supportare chi deve decidere nell’allocare risorse per periodizzare interventi di manutenzione e gestire al meglio l’asse. Sviluppiamo una soluzione chiavi in mano, capace di integrarsi con i sistemi utilizzati dai gestori delle reti. È monitoring as a service disponibile su abbonamento”.
La soluzione sviluppata da Displaid è composta da sensori, installati sulle infrastrutture, capaci di raccogliere informazioni. Saranno poi algoritmi, sviluppati sulle conoscenze ingegneristiche e testati su anni di dati provenienti da diverse fonti, a individuare le anomalie strutturali. “È un mercato che riguarda tutte le nazioni che hanno sviluppato infrastrutture soprattutto negli anni ’50 e ’60”, aggiungono, “ma presto coinvolgerà anche chi ha iniziato dopo, come l’India, la Cina, l’Africa. Avranno gli stessi problemi”. Sono già diverse le aziende che hanno sperimentato Displaid, come Movyon o Sinelec, e ci sono anche alcune pubbliche amministrazioni. “Ora vogliamo lavorare per trasformare le sperimentazioni in contratti commerciali, per validare il nostro modello di business e capire la capacità di penetrazione del mercato. Oltre alle collaborazioni, tanta soddisfazione è arrivata al momento delle firme dei primi contratti di lavoro: ragazzi appena usciti dal Politecnico, probabilmente pieni di offerte di lavoro, avevano scelto noi”.
La pressione dell’opinione pubblica dopo tragedia del Ponte Morandi ha riportato al centro del dibattito il ruolo della manutenzione preventiva delle infrastrutture. “In generale, la situazione in Italia
Da sinistra: Giancarlo Donizzelli, Luca Radicioni, Francesco Morgan Bono e Lorenzo Benedetti
non è buona. L’attenuante è che non stiamo facendo diversamente da altre nazioni. Anzi, vediamo un grande sforzo verso il cambiamento: stiamo abbracciando la cosa in modo pionieristico”. I margini di miglioramento ci sono e sono legati alla necessità di un approccio più coerente e sinergico, svincolato dalle iniziative dei singoli. “Potrebbe essere interessante avere aree in cui sia più facile fare, anche a livello sperimentale. Perché per innovare bisogna sperimentare. E poi coinvolgere di più chi opera sul campo, chi fa le ispezioni”. Per ora Displaid non ha ricevuto round pre seed. Lo sviluppo tecnologico dei dispositivi e dell’at-
“Nel breve vogliamo convertire i contratti di sperimentazione in contratti commerciali e siglare nuovi accordi”
tività di analisi è stato reso possibile dai primi contratti di sperimentazione e attraverso la partecipazione a gare per startup e bandi pubblici. “Per lo sviluppo riteniamo necessario un round di finanziamento, che prevederà l’apporto di capitale da venture capital e privati”, dicono. “Nel breve termine vogliamo convertire gli attuali contratti di sperimentazione in contratti commerciali e siglare nuovi accordi. Continueremo con lo sviluppo tecnologico sia nella sensoristica, sia nell’analisi dei dati”. Una volta consolidato il mercato italiano, la startup punterà sui mercati esteri e, data la scalabilità della soluzione, potrà guardare ad altri settori, come quelli dell’energia e delle utilities. F Daniele Rubatti
Prima della tempesta
HANNO STUDIATO INTERNATIONAL MANAGEMENT, INDUSTRIA 4.0, INGEGNERIA AEROSPAZIALE E BIONICA. QUATTRO RAGAZZI ITALIANI SI SONO UNITI PER CREARE EOLIANN, UNA STARTUP CHE CALCOLA IL RISCHIO DELLE CALAMITÀ NATURALI. ATTIVITÀ CHE IL CAMBIAMENTO CLIMATICO RENDE SEMPRE PIÙ DIFFICILE
LLa previsione degli eventi climatici sta diventando sempre più incerta: è una delle conseguenze del cambiamento climatico. Le calamità naturali stanno diventando più frequenti e intense e la capacità di prevedere eventi estremi è fondamentale per ridurre i rischi e proteggere infrastrutture e comunità. Mentre governi e aziende cercano di affrontare questa sfida, un ruolo se lo stanno ritagliando anche i giovanti talenti: sono spesso i ragazzi alla guida di startup a proporre nuove idee e soluzioni. È qui che si inserisce Eoliann, startup e società benefit fondata nel 2022, che si occupa di previsione del rischio climatico. Roberto Carnicelli, ceo e co-fondatore, spiega di volere “rendere le infrastrutture, il sistema finanziario e le comunità più resilienti ai cambiamenti climatici.” Eoliann è il risultato della sinergia tra quattro giovani imprenditori con vari background. Ognuno di loro porta competenze diverse: Carnicelli ha conseguito un master of science in international management, Giovanni Luddeni è un esperto in ingegneria aerospaziale, Chiara Mugnai ha una laurea in ingegneria bionica ed Emidio Granito si è specializzato in Industria 4.0. “Abbiamo sviluppato un prodotto che permette di valutare il rischio in tempo reale, in base alle condizioni attuali e non su scenari passati che, oggi, non sono più affidabili,” continua Carnicelli. La startup usa dati satellitari forniti dall’Agenzia Spaziale Europea e dalla Nasa, combinandoli con algoritmi di intelligenza artificiale per prevedere eventi climatici estremi. “Abbiamo sviluppato un prodotto che, dato un indirizzo o una coordinata geografica in qualsiasi punto dell’Europa, è in grado di fornire una stima del rischio delle principali calamità climatiche,
con una risoluzione di 30 metri,” spiega Carnicelli. Questo approccio rappresenta un passo avanti significativo rispetto ai modelli tradizionali basati su dati storici.
Eoliann ha già raggiunto importanti traguardi. Dalla fondazione, nel 2022, è passata dal team di quattro fondatori a 16 persone e ha avviato collaborazioni con istituzioni come Terna, il gestore della rete elettrica italiana. L’acquisizione di Terna come primo cliente ha segnato un momento chiave, dando il via a una serie di collaborazioni con banche, società di infrastrutture e compagnie di assicurazione. La necessità di azioni concrete è evidente. “Il cambiamento climatico rappresenta una delle sfide cruciali della nostra generazione. Aziende e governi devono collaborare più strettamente e investire di più in ricerca e sviluppo di tecnologie sostenibili”, afferma Carnicelli. Eoliann non si limita a fornire tecnologia, ma promuove anche una cultura di prevenzione e adattamento, sensibilizzando le imprese sull’importanza di agire tempestivamente.
“Vogliamo continuare a sviluppare il nostro prodotto, con nuovi modelli in grado di prevedere altri rischi climatici, come ondate di calore, tempeste di vento e grandine”
Guardando al futuro, ha ambizioni chiare. “Da un lato, continuare lo sviluppo del nostro prodotto, con nuovi modelli in grado di prevedere altri rischi climatici, come ondate di calore, tempeste di vento e grandine. Dall’altro, espanderci geograficamente anche dal punto di vista commerciale, attraverso collaborazioni con partner di altri paesi europei, come Francia e Germania”. Il percorso è stato sostenuto da un primo round di investimento pre-seed di 1,5 milioni di euro, supportato da Primo Ventures ed Exor Ventures. “In questo momento stiamo lavorando al prossimo round, per sostenere la nostra crescita in Europa e l’espansione tecnologica del prodotto”. F
Daniele Rubatti
Al servizio della legge
LEXROOM AIUTA GLI AVVOCATI A COMPLETARE IN POCHI SECONDI MANSIONI CHE IN PASSATO RICHIEDEVANO ORE DI RICERCA. “PERMETTIAMO DI CONCENTRARSI SULLE RELAZIONI CON I CLIENTI E DI TROVARNE DI NUOVI”, DICE IL CEO PAOLO FOIS, CHE HA FONDATO LA STARTUP ASSIEME A MARTINA DOMENICALI E ANDREA LONZA
C’era una volta l’avvocato. Un mestiere che nell’immaginario collettivo era cristallizzato, immutabile, dall’aura conservatrice o almeno tradizionalista. Alcune volte, però, resistere al cambiamento può diventare sempre più difficile, soprattutto se il cambiamento si traduce in vantaggi. A prometterli sono Paolo Fois, Martina Domenicali e Andrea Lonza, cofondatori di Lexroom, la startup nata poco più di un anno fa per fornire ‘superporteri’ agli avvocati e permettere loro di completare ore di lavoro in pochi secondi grazie all’intelligenza artificiale. “Il nostro prodotto permette di completare ore di ricerca legale e pareristica in pochi secondi”, spiega il ceo Fois. “Gli utenti possono interagire con Lexroom. ai in linguaggio naturale, come se stessero parlando con un assistente, per ottenere una prima bozza di parere legale o una risposta pragmatica che cita le fonti più rilevanti tra normativa, giurisprudenza e prassi di settore, evitando così allucinazioni tipiche di sistemi di IA generici”. Dopo aver ricevuto un investimento pre-seed da 500mila euro a dicembre 2023, i cofondatori si sono dedicati alla costruzione del core team di Lexroom.ai e al miglioramento della prima versione del prodotto, sviluppato in collaborazione con studi legali di primo piano. Oggi i clienti sono circa 150. “Le cose di cui andiamo più fieri sono il team e il prodotto. Abbiamo costruito una squadra di collaboratori stellare, in grado di tradurre le necessità dei clienti in nuove funzionalità di prodotto in pochissimo tempo e capace di diffondere Lexroom.ai tra i professionisti in maniera capillare”, raccontano. Il settore legale ha fama di essere refrattario all’inno-
“L’uso dei large language model porta a risparmiare fino al 90% del tempo. I professionisti sono contenti di delegare all’IA attività a basso valore aggiunto”
vazione e negli ultimi anni non è stato particolarmente attrattivo per le startup. In Italia una grossa spinta è arrivata dall’introduzione del processo telematico, che ha spinto i professionisti a dotarsi di soluzioni digitali e a portare nel cloud parte del loro lavoro. Le rivoluzioni prospettate dell’IA sembrano dirompenti, difficili da ignorare e potrebbero definitivamente portare il comparto in una nuova era. “L’utilizzo dei large language model (llm) porta a risparmi di tempo molto rilevanti, anche nell’ordine del 90% rispetto allo standard. Abbiamo inoltre riscontrato come i professionisti siano contenti di delegare all’IA attività che portano via molto tempo ma generano un basso valore aggiunto. L’IA in questo contesto potrebbe inserirsi come revenue driver, permettendo loro di concentrare gli sforzi sui rapporti con i clienti e trovarne di nuovi”. La startup punta a diventare una soluzione di riferimento in Italia, sviluppando ulteriori funzionalità di prodotto, come la redazione di atti e contratti, e aggiungendo moduli della piattaforma per coprire tutte le aree del diritto civile, penale e amministrativo, sempre collaborando con studi legali. Non è esclusa la possibilità di sbarcare all’’estero, in mercati simili a quello italiano, come Spagna, Germania e Svizzera. Le interazioni tra il mondo dell’IA e quello degli studi legali sono appena cominciate e il potenziale tecnologico mostrerà tutta la sua efficacia nei prossimi anni. “Guardiamo con grande attenzione tutte le evoluzioni a livello di llm”, aggiunge Fois. “Seguiamo inoltre le evoluzioni nel mondo della realtà virtuale e della realtà aumentata, tecnologie che potrebbero cambiare completamente l’interazione degli utenti con gli assistenti di intelligenza artificiale”. F
Daniele Rubatti
Mediatori tecnologici
LORENZO D’ANGELO, DAVIDE LOMBARDI ED EDOARDO CONTE HANNO CREATO RESTWORLD, UNA PIATTAFORMA DI RICERCA DEL PERSONALE NEL CAMPO DELLA RISTORAZIONE. DA UNA PARTE AIUTANO I TITOLARI A REPERIRE COLLABORATORI, DALL’ALTRA I LAVORATORI A OTTENERE IMPIEGHI ALLE GIUSTE CONDIZIONI
CCome da qualche stagione a questa parte, anche quest’anno, nei mesi che hanno preceduto l’estate, l’eco mediatico attorno al problema della carenza di lavoratori nella ristorazione ha avuto una grossa risonanza. Inchieste, titoli di giornale, interviste ai protagonisti del settore: un coro di voci su una questione molto sentita. Il problema, però, non è così recente come pensiamo. “La situazione è esplosa con la pandemia, ma l’origine va ricercata in oltre 30 anni di malagestione nella ricerca e gestione delle risorse umane da parte del mondo della ristorazione”, dicono Lorenzo D’Angelo, Davide Lombardi ed Edoardo Conte I tre, proprio nel 2019, avevano intuito i primi campanelli d’allarme e avevano unito le forze, mixando competenze di informatica e psicologia, classiche delle funzioni di risorse umane, per dare vita a Restworld, piattaforma di ricerca del personale focalizzata sul settore horeca. “Vogliamo favorire il matching tra domanda e offerta”, spiegano. “In mezzo ci siamo noi, sempre come persone. Perché non è una cosa automatica, non è che la macchina faccia il lavoro: la nostra tecnologia è a supporto delle persone del team che poi aiutano i clienti, i titolari di attività, a trovare le migliori persone con cui collaborare. Dall’altra parte mettiamo i lavoratori in condizione di trovare posti di lavoro alle giuste condizioni”. Per questo hanno sviluppato tre piattaforme: una interna gestionale, una per gli imprenditori e una per i lavoratori del settore. Negli ultimi due anni sono state circa duemila le assunzioni che Restworld ha garantito.
con una forza lavoro che si attesta attorno alle dieci persone. “Il nostro valore aggiunto è la capacità di filtrare solo offerte di lavoro serie, con le giuste condizioni di stipendio, turni di riposo e opportunità di crescita”, dicono. “Allo stesso tempo, con micro consulenze aiutiamo i titolari a strutturare offerte di lavoro più attraenti”.
Di recente Restworld ha lanciato un sondaggio tra gli iscritti alla piattaforma chiedendo quali fossero i requisiti per loro più importanti per cambiare posto di lavoro. La prima posizione era occupata dalle prospettive di crescita, seguita da equilibrio casa-lavoro e stipendio. Dati che sembrano contrastare con tante notizie uscite negli ultimi tempi: “Il problema stipendi nel settore è reale, ma sono le poche opportunità di crescita a rappresentare l’ostacolo più grande. Come in tutti i comparti, le persone chiedono possibilità di crescita, che ancora la ristorazione fa fatica a dare. ‘Entro come cameriere, cosa farò domani?’, si chiedono”. Domanda a cui i titolari di attività dovranno rispondere per fare in modo di non perdere le professionalità.
“Il problema stipendi è reale, ma l’ostacolo più grande sono le poche opportunità di crescita. Le persone chiedono: ‘Entro come cameriere, cosa farò domani?’”
Il target dei ristoranti è composto perlopiù da attività leggermente più grandi della piccola impresa,
Il settore è già poco attraente per i più giovani, come confermano i dati di iscrizione alle scuole alberghiere: prima del Covid gli iscritti erano 65mila, oggi sono 33mila. “Un altro campanello d’allarme da tenere in considerazione sul fronte delle risorse umane. Oltre al problema del personale, i ristoratori devono affrontare sempre più sfide. Devono essere imprenditori: pensare al business plan, al piano di sviluppo, al marketing, al digitale. Per fortuna stanno emergendo tante startup capaci di fornire questi servizi. Noi al momento vogliamo concentrare tutte le nostre forze sulla piattaforma di selezione”. F
Daniele Rubatti
L’età dell’oro
Claudio Boso ha fondato Careisgold per rendere accessibili a tutti gli investimenti nel bene rifugio per eccellenza, che continua a garantire performance elevate ai risparmiatori. “Stiamo creando qualcosa che va oltre il business”, dice. “Ma questo non deve farci sentire arrivati”
L'età dell’oro sembra non finire mai. Il re dei metalli preziosi, da sempre considerato bene rifugio per eccellenza, anche nel 2024 ha garantito performance elevate ai risparmiatori e agli investitori. Delle opportunità offerte da questa risorsa parla Claudio Boso, presidente e fondatore di Careisgold. La prima azienda che, come si legge sul suo sito internet, “è stata capace di rendere l’oro da investimento accessibile a ogni famiglia”.
Che cos’è Careisgold e quali servizi offre?
Con Careisgold ho voluto creare qualcosa di diverso. Volevo un’azienda che non si limitasse a seguire le dinamiche tradizionali del mercato dell’oro, ma che spiccasse in modo netto sulle altre. Se vuoi fare la differenza, devi trovare un modo per distinguerti, e così è nata l'idea. Mi sono allontanato dall’approccio classico, che vede l’oro fisico appartenere solo a un mercato di nicchia, e ho pensato: perché non renderlo accessibile a tutti? Dopo mesi di ricerca, analizzando anche i mercati esteri più avanzati nel settore, ho capito che l'Italia aveva bisogno di qualcosa di nuovo, di un cambiamento. Così ho voluto fare da pioniere, diventando il primo in Italia a permettere di investire in oro anche a chi non dispone di grandi capitali. Lo slogan che abbiamo scelto per la nostra missione è: ‘L’oro accessibile a tutti, prima di tutti’. Ma per avere successo in una grande impresa c’è bisogno di qualcosa di più. Non volevo limitarmi alla vendita dell’oro, ma costruire attorno al cliente un ecosistema di servizi che eliminasse ogni preoccupazione amministrativa
e burocratica. Anche se l’oro è conosciuto e apprezzato da millenni, per molti è ancora una novità nel mercato. Per questo ho voluto offrire a chiunque la possibilità di investire, con la tranquillità di essere accompagnato in ogni fase del percorso.
C'è chi dice che l'oro sia un investimento sempre valido, in fase di recessione o di espansione economica. È d’accordo?
Quando Careisgold ha iniziato a vendere oro, il prezzo era intorno ai 34 euro al grammo, e mai avrei
"Quando Careisgold ha iniziato a vendere oro, il prezzo era intorno ai 34 euro al grammo.
Oggi siamo arrivati a oltre 78"
immaginato una crescita così rapida e sostenuta: oggi siamo arrivati a oltre 78 euro. Le performance storiche che l’oro fisico ha fatto vedere nel lungo periodo sono sorprendenti. Ma è importante chiedersi: perché assistiamo a una crescita così marcata? In questo contesto, ciò che spinge il valore dell'oro non è solo una questione di percezione del mercato, ma anche di dinamiche legate a domanda e offerta. Oggi la domanda è incredibilmente forte: paesi come Cina e Russia, insieme alle banche centrali, accumulano enormi riserve. Non parliamo di semplici acquisti, ma di strategie per diversificare e ridurre la dipendenza dal dollaro. Allo stesso tempo, la produzione di oro non riesce a tenere il passo: l’estrazione è sempre più difficile e costosa, per non parlare delle situazioni geopolitiche che stiamo affrontando. È normale che gli investitori si rifugino in beni stabili come l’oro. Un'altra cosa da ricordare è che l'oro è una risorsa limitata. Non si può produrre artificialmente o aumentare a piacimento, come si fa con la moneta o con altri beni: mantiene il suo valore proprio perché non può essere replicato. Per questo sono convinto che chi compra oro oggi e ha la pazienza di aspettare cinque, dieci o anche 15 anni farà un grande affare. È probabile che la crescita degli ultimi anni sia solo un anticipo di quello che potrebbe succedere in futuro.
Quali sono i vantaggi di un investimento in oro rispetto ad altri tipi di impiego? C'è chi parla anche di utilità sociale dell'oro fisico: cosa ne pensa?
Il mio consiglio è quello di non puntare tutto sull'oro. L'oro è un ottimo
strumento di diversificazione, non una soluzione unica e autosufficiente. È fondamentale distribuire il capitale su più asset: immobili, obbligazioni, azioni e sì, anche un 15-20% in oro da investimento. L’oro è un bene complementare, che aggiunge stabilità e protezione al portafoglio. Diversificare è la chiave per affrontare con serenità le incertezze del futuro. Poi c'è un altro aspetto: l'oro è particolarmente utile per chi ha un risparmio più contenuto, ma vuole comunque garantirsi una sicurezza
per il futuro. Pensiamo ai piccoli e medi risparmiatori: spesso si ritrovano a preoccuparsi per la pensione, e non possiamo biasimarli. Con un’Inps che quasi certamente non riuscirà a garantire loro ciò che si aspettano, l'oro diventa una strategia intelligente per costruire un capitale. Conservare oro significa mettere da parte una riserva da utilizzare quando ne avranno bisogno, magari durante la vecchiaia. Vogliamo democratizzare l'oro: il nostro target non ha confini. E qui entra in gioco la nostra missione
sociale. So che mettere da parte anche piccole somme in oro può sembrare un sacrificio per alcuni, ma credo sia uno sforzo che ripagherà a lungo termine. L'oro è un bene concreto, tangibile, che si può tenere in mano e che è capace di mantenere il suo valore nel tempo. Il nostro compito è quello di svegliare il mercato, far comprendere a tutti il valore di questa opportunità.
Avete in programma ulteriori sviluppi dei servizi? Qual è la vostra visione sul futuro del mercato?
La Care Holding è nata nel 2009 e dal 2018, con la nascita di Careisgold, ci dedichiamo all’oro da investimento. Da allora l’azienda ha subito una forte trasformazione: ci siamo evoluti e rinnovati, per essere almeno cinque anni avanti rispetto ai diretti concorrenti. Arrivare dove siamo oggi ha richiesto idee, visione, impegno, persone capaci e, naturalmente, tanti investimenti. Siamo consapevoli che siamo solo all’inizio di un cambiamento epocale in un mercato che definisco ‘oceano blu’ per le infinite possibilità che offre. Molti si chiedono come siamo riusciti ad arrivare fino a qui, ma la risposta è semplice: per fare grandi cose bisogna avere una visione, ma anche circondarsi delle persone giuste, ‘migliori di te’, che non siano solo preparate, ma che condividano in pieno il progetto. Sempre più persone fanno parte della nostra realtà. Per questo Careisgold è cresciuta e continua a crescere rapidamente. La missione è portare l’oro a tutte le famiglie italiane. Stiamo creando qualcosa che va oltre il business. È come se fossimo diventati un riferimento, una tendenza. Ma questo non può e non deve farci sentire arrivati: quando mi incontro con i manager, cerco di trasmettere l’idea che non abbiamo ancora fatto niente e che il momento attuale è solo un punto di partenza verso un nuovo orizzonte dorato. F
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PRIMA IL CONSUMATORE
GIANGIACOMO IBBA, CLASSE 1976, AD DI CRAI SECOM E PRESIDENTE DI FRATELLI IBBA, HA PRESO LE REDINI DELL’AZIENDA DI FAMIGLIA A 27 ANNI. OGGI INTENDE RIVOLUZIONARE IL MODELLO “FORNITORE-CENTRICO” DELLA GRANDE DISTRIBUZIONE: “VOGLIAMO SPOSTARE IL FOCUS VERSO UNA VISIONE CLIENTE-CENTRICA”
AA 27 anni ha preso le redini dell’azienda di famiglia e l’ha portata a diventare un punto di riferimento nella grande distribuzione. Giangiacomo Ibba, classe 1976, è amministratore delegato di Crai Secom e presidente di Fratelli Ibba. Con il suo lavoro, l’azienda di famiglia ha aumentato il fatturato da 12 a oltre 750 milioni di euro e ha rafforzato la presenza dei punti vendita in Sardegna a più di 350. Numeri che è riuscito raggiungere grazie all’impegno di una squadra composta da circa 1.200 persone e un indotto complessivo di oltre tremila collaboratori.
Il segreto, ha dichiarato Ibba, è stato “puntare allo sviluppo, senza far mancare mai il nostro contributo al territorio”.
Il modello ha permesso alla Fratelli Ibba di vincere per il settimo anno consecutivo il Best Managed Companies Award, premio promosso da Deloitte Private per le imprese del made in Italy. Gli obiettivi per il futuro sono “diventare sempre più un punto di riferimento per l’intera comunità e dare continuità all’azienda, nell’interesse delle persone che ci lavorano”.
ro su cinque elementi fondamentali: governance, persone, cultura, strategia e innovazione, che sono diventati nel tempo parametri su cui orientare la nostra strategia di sviluppo. Un altro elemento che ci rende orgogliosi è poter condividere con tutte le persone che fanno parte dell’azienda questo risultato: nel mio percorso personale, quello che abbiamo raggiunto è stato possibile grazie a loro.
Come concilia il suo doppio ruolo di imprenditore e ad di un gruppo da 3 miliardi di euro come Crai? Ho sempre ritenuto fondamentale, come imprenditore, continuare ad
Quali sono state le sfide maggiori che ha affrontato nel suo percorso in Crai?
Oggi la sfida più grande è far sì che l’attuale struttura organizzativa adotti una nuova visione, più orientata ai risultati di lungo periodo. Il compito più complesso è avviare un cambiamento culturale in un gruppo con una gestione orizzontale, che da un lato rappresenta un modello vincente grazie all’imprenditorialità diffusa, ma dall’altro richiede un notevole impegno nel coinvolgere, convincere e guidare molte menti verso un progetto comune. Questa sfida vale all’interno di Crai e anche con i nostri stakeholder - i fornitori - che devono essere convinti della validità di un processo che ci sta cambiando radicalmente e vede la trasformazione del gruppo da centrale di servizi a hubquarter. L’obiettivo finale è diventare un’unica grande azienda della distribuzione organizzata, solida e proiettata verso il futuro.
“Oggi la sfida è fare in modo che la struttura organizzativa adotti una nuova visione, più orientata ai risultati di lungo periodo”
Cosa rappresenta per lei il Best Managed Companies Award?
Questo prestigioso premio, che ci ha dato la possibilità di diventare anche ‘Platinum winner’ dopo sette anni, rappresenta un riconoscimento concreto del nostro impegno nella creazione di un modello aziendale orientato alla crescita, che vuole coniugare il benessere economico con la responsabilità sociale. Ed è anche un modo per misurare il nostro lavo-
acquisire nuove competenze e sviluppare la capacità di gestire l’azienda con un approccio manageriale. Vedo questi due ruoli come complementari, ma con prospettive diverse: l’imprenditore ha una visione a lungo termine, mentre il manager si concentra sul breve/medio termine, traducendo gli obiettivi della proprietà in piani che portino risultati immediati. Oggi il mio obiettivo è trovare un equilibrio tra questi due ruoli, auspicando in futuro, grazie alla costruzione di un team manageriale sempre più autonomo in Crai, di veder crescere il gruppo come un padre fa con un figlio.
Sul finire del 2022 avete lanciato un piano di sviluppo denominato CraiFutura. In che cosa consiste? Crai è nata come un aggregatore di piccoli supermercati che, 50 anni fa, decisero di unirsi per ottenere condizioni più vantaggiose con i fornitori. La centrale, fin dall’inizio, ha svolto un ruolo di coordinamento e gestione degli acquisti, evolvendo poi in un punto di riferimento per l’erogazione di servizi. Con il piano industriale CraiFutura vogliamo rivoluzionare l’approccio fornitore-centrico e creare un modello che intercetti al meglio le esigenze dei consumatori, spostando il focus verso una visione cliente-centrica. È necessario cambiare strategia: non possiamo più considerare i prodotti solo come merci
da negoziare, ma dobbiamo avere piena consapevolezza di vendere un bene primario, il cibo, e fare davvero la differenza come retailer. Negli ultimi anni, per questo, abbiamo investito molto nelle nostre marche private, in cui crediamo fortemente. Grazie alle nostre mdd (marche del distributore), possiamo intervenire direttamente nel processo di produzione, non solo nella selezione e distribuzione. Essere cliente-centrici significa garantire qualità e pensiamo che l’ampliamento della nostra offerta mdd risponda a questa esigenza, valorizzando al contempo il territorio e sostenendo i piccoli imprenditori locali. Inoltre, una catena di fornitori più efficiente è, per definizione, anche più sostenibile. Un altro aspetto cruciale di CraiFutura è il passaggio da una logica sell-in a una sell-out, una trasformazione profonda che richiede investimenti mirati in tecnologia, formazione e un nuovo approccio alla collaborazione con i fornitori.
Guardando al futuro, qual è il suo principale obiettivo per Crai e quali sono i fondamenti della mission aziendale?
Ho intrapreso il percorso imprenditoriale dopo la perdita dei miei genitori e l’azienda è diventata per me una nuova famiglia. Il mio obiettivo è garantirne la continuità, nell’interesse di tutte le persone che ogni giorno lavorano al mio fianco. Anche in Crai stiamo costruendo un progetto comune e sono fiducioso che questo percorso ci porterà maggiore valore economico e stabilità per il futuro, oltre a favorire la crescita professionale dei collaboratori. Vogliamo inoltre diventare un punto di riferimento per la comunità, non solo per la qualità di prodotti e servizi, ma anche per la capacità di innovare e contribuire al benessere collettivo.
Che tipo di rapporto ha instaurato con i suoi collaboratori?
Il mondo del lavoro è cambiato: le rigide gerarchie aziendali sono or-
mai superate. In Crai crediamo fortemente nel valore della collaborazione e nella parità tra colleghi. Gli organigrammi sono strumenti necessari per il buon funzionamento aziendale, ma non stabiliscono rapporti di superiorità. Il mio approccio con i collaboratori si basa sul dialogo e la trasparenza, perché desidero che si sentano tutti allo stesso livello, senza barriere. Pur avendo responsabilità importanti, questo non mi rende diverso: sono sempre disponibile a ricevere feedback e suggerimenti da chiunque. Per me, condivisione e collaborazione sono valori essenziali, come in una famiglia, dove ognuno ha un ruolo importante e contribuisce al benessere comune. Per questo motivo ho voluto creare in Crai il Board dei Giovani, uno spazio dedicato a 12 talenti provenienti da diverse aree aziendali. Credo fermamente che dare voce alle nuove generazioni, al loro potenziale e alle loro idee sia fondamentale per innovare e costruire un futuro solido. F
n GOOD STORIES n di Andrea Celesti
Uno scudo dalle minacce
L’approccio zero trust basato suL cLoud permette ai dipendenti deLLa pubbLica amministrazione di usare strumenti informatici sneLLi e affidabiLi, favorendo modaLità di Lavoro fLessibiLi.
a dirLo è Marco Gioanola, principaL saLes engineer di Zscaler
LLa pubblica amministrazione è nel mirino della criminalità informatica, che attacca da più fronti. Se da un lato la digitalizzazione dei servizi ha reso più efficienti e accessibili molte procedure, dall'altro ha esposto le amministrazioni a nuove e sofisticate minacce. L'elevata concentrazione di dati sensibili, l'interconnessione dei sistemi e la complessità delle infrastrutture It rappresentano un terreno fertile per gli hacker in rete. Attacchi di varia natura, come malware, ransomware e e-mail phishing, possono portare all’interruzione dei servizi essenziali e a gravi violazioni della privacy, con conseguente fuga di dati, senza contare i costi per ripristinare i sistemi e gestire la crisi. L’ultimo rapporto dell’Agenzia dell'Unione europea per la cibersicurezza sulla sicurezza informatica ha evidenziato che la Pa è stata la prima vittima per numero di attacchi nell’anno passato. Ancora più interessante è il fatto che gli attacchi più frequenti (dopo il distributed denial of service, imputabile a fenomeni di ‘cyber hackti-
vismo’ o ‘cyber vandalismo’ fomentati dall’instabilità politica globale) sono stati il ransomware e il furto di dati. Forbes ha intervistato Marco Gioanola, principal sales engineer di Zscaler, che si è soffermato sulle sfide della Pa in tema di sicurezza e sui vantaggi legati a un approccio zero trust.
Quali sono le maggiori sfide che i responsabili della sicurezza infor-
"La 'assunzione di colpevolezza fino a prova contraria' permette di massimizzare il controllo sui dati"
matica nella Pa devono affrontare oggi? È evidente che le minacce alla disponibilità e alla riservatezza dei dati in possesso della Pa sono tra le più gravi, in quanto riguardano i diritti dei cittadini e la robustezza delle istituzioni democratiche. Purtroppo la cronaca conferma questi dati con frequenti esempi, come il recente arresto del 24enne responsabile dell’intrusione nei sistemi informatici di vari enti dello Stato e di aziende di primaria importanza. Queste tendenze si inseriscono in un momento storico nel quale i paradigmi che hanno guidato per decenni lo sviluppo delle infrastrutture informatiche e di sicurezza vengono sovvertiti dall’adozione impetuosa del cloud computing e del telelavoro. Nonostante venga spesso percepita come un ambiente meno dinamico di quello privato, la Pa non fa eccezione. Qui i responsabili della sicurezza informatica si trovano nella scomoda posizione di dover governare dati spesso estremamente critici e sensibili che si muovono su sistemi sempre più distribuiti e fuori dal controllo dei tradizionali meccanismi di difesa perimetrale. La buona notizia è che Zscaler, azienda leader nel settore della si-
curezza informatica zero trust, osserva una diffusa consapevolezza della necessità di affrontare queste sfide, alimentata non solo dagli attacchi sempre più sofisticati, ma anche dalle richieste della legislazione internazionale, non ultima la normativa Nis2, che ha recentemente iniziato l’iter di adozione.
Come l'approccio zero trust può contribuire a migliorare la resilienza di un'organizzazione? Uno dei pilastri del nuovo modo di fare sicurezza informatica è proprio
l’approccio zero trust, che prevede che ogni tentativo di connessione sia valutato singolarmente e dinamicamente rispetto al contesto (identità e localizzazione dell’utente, robustezza dell’apparato utilizzato o tipo dei dati richiesti) nel quale è stato eseguito. Questa sorta di ‘assunzione di colpevolezza fino a prova contraria’ permette di massimizzare il controllo sui dati e minimizzare i danni causati da eventuali intrusioni. Con i sistemi tradizionali, una singola intrusione attraverso una vpn apre le porte all’intera rete della vittima, mentre al
contrario l’approccio zero trust prevede che la rete rimanga inaccessibile e che solo le comunicazioni uno a uno siano eventualmente permesse e strettamente monitorate. Questo approccio richiede una disponibilità di risorse computazionali fuori dalla portata dei sistemi tradizionali, oggi disponibile solo con sistemi cloud.
Quali altri benefici può portare l'adozione del modello zero trust?
Oggi strumenti come il Regolamento per le infrastrutture e i servizi cloud adottato dall’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn), ad esempio, mettono ordine nell’adozione di servizi SaaS da parte della Pa, inclusi quelli relativi alla sicurezza informatica. Zscaler si è dotata della qualificazione necessaria per apparire nel catalogo dei servizi cloud dell’Acn proprio per soddisfare la crescente volontà di adozione del modello zero trust da parte della Pa. Per il futuro prossimo, sempre più pubbliche amministrazioni locali e centrali sapranno realizzare, nei loro ambiti specifici, i vantaggi della sicurezza zero trust basata su cloud. In primo luogo, oggi è possibile rispondere a tutte le richieste relative alla conservazione e gestione dei dati da parte dei fornitori SaaS, ad esempio attraverso le opportune localizzazioni geografiche o l’implementazione di sistemi ibridi cloud-locali. Allo stesso tempo, i lavoratori della Pa potranno utilizzare strumenti informatici più snelli e affidabili degli attuali, abilitando modalità di lavoro più flessibili ed efficienti. Senza contare l’aspetto economico: infrastrutture informatiche e di sicurezza che si sono stratificate negli anni ed eccessivamente complesse possono essere sostituite con soluzioni cloud più economiche e in grado di alleggerire enormemente il carico di lavoro manutentivo necessario al personale informatico. F
n GOOD STORIES n di Penelope Vaglini
Accoglienza alla milanese
Il prImo nucleo rIsale al 1899, l’hotel che conoscIamo oggI al 1927. In un secolo Il PrinciPe di Savoia ha ospItato realI, artIstI e celebrItà. “Quello con la cIttà è un connubIo fatto dI valorI condIvIsI e crescIta contInua”, dIce elena Sgrò, dIrettore sales & marketIng dell’albergo
ILIl fascino dell’ospitalità italiana è racchiuso da un secolo all’interno dell’Hotel Principe di Savoia, icona milanese strettamente legata alla storia della città. Scelto da reali e celebrità, lo storico edificio neoclassico porta con sé i racconti più interessanti della capitale della moda, ed è stato la residenza di viaggiatori internazionali fin dagli anni Venti del ‘900. “Il legame del Principe di Savoia con Milano è un dato di fatto. Il primo nu-
cleo dell’hotel risale al 1899, quando si chiamava Hotel du Nord et des Anglais”, racconta Elena Sgrò, direttore sales & marketing dell’albergo. “Il Principe che conosciamo oggi è stato invece inaugurato nel 1927, quindi la presenza in città è forte da quasi 100 anni”.
Negli anni Trenta l’hotel divenne il rifugio preferito di artisti di fama mondiale, chiamati a esibirsi al Teatro alla Scala, accogliendoli con la sua privacy e il fascino dei suoi silenziosi giardini, allora collocati nella periferia milanese, a pochi passi dalla Stazione Centrale. Oggi l’hotel è immerso nella città e nelle sue architetture senza tempo - di fronte al
suo ingresso si trova Piazza della Repubblica -, testimone di uno sviluppo che l’ha resa sempre più cosmopolita. L’ampliamento degli anni Novanta ha aggiunto tre piani, compreso il decimo, che ospita la suite presidenziale e la spa, alle cui spalle si trova il quartiere all’avanguardia di Porta Nuova, simbolo della crescita del capoluogo lombardo. “Ci piace pensare che il Principe è Milano e Milano è il Principe, un connubio fatto di valori condivisi, crescita continua e, da parte nostra, tanto amore verso una città che giorno per giorno vediamo acquisire spazio nel panorama internazionale”, aggiunge Sgrò.
Da 11 anni a capo dell’area commerciale e marketing, Sgrò ha ricoperto incarichi di grande responsabilità nel settore dell’hôtellerie, all’interno di alcuni dei più grandi e importanti gruppi alberghieri internazionali. Gli anni al Principe di Savoia hanno sancito un passaggio al mondo dell’ospitalità di lusso. “Mi sento onorata di aver contribuito, insieme al mio team, al successo di un progetto prestigioso e ambizioso per un’istituzione del mondo alberghiero come il Principe di Savoia di Milano e di partecipare attivamente alla crescita in ambito internazionale di Dorchester Collection”, racconta. In una realtà articolata e complessa come l’Hotel Principe di Savoia, dove ogni giorno si susseguono eventi, esperienze uniche da vivere dentro e fuori l’hotel progettate attorno all’ospite, il ruolo del direttore sales & marketing deve avere un approccio trasversale. “Nella
mia quotidianità, sento una forte responsabilità. Più che mai oggi l’approccio nella gestione degli ospiti è integrato tra i vari team dell’hotel: nessuno può lavorare da solo e pensare di arrivare al successo. Siamo un’unica grande squadra e il mio impegno verso il Principe e Dorchester Collection è anche quello di fare in modo che tutti condividano una visione e abbraccino obiettivi comuni”. In un settore in grande evoluzione e in una città proiettata nello scenario internazionale, la sfida del Principe oggi è quella di rimanere rilevante in un scenario altamente competitivo, dove sono le persone a fare la differenza. Nell’ultimo anno alla guida degli outlet food & beverage ci sono stati cambiamenti, con l’introduzione del nuovo bar manager Daniele Celli e la nomina di Matteo Gabrielli a chef del ristorante Acanto. Entrambi poco più che trentenni, stanno portando grandi novità nei rispettivi ambiti. “Abbiamo deciso di puntare su questi giovani non solo
per rinnovare l’offerta enogastronomica dell’hotel, ma soprattutto perché abbiamo visto in loro una perfetta combinazione di capacità tecniche e passione, valori che si identificano con la cultura Dorchester Collection
e l’entusiasmo di guardare ai nuovi trend, sempre rispettando la tradizione e la cultura del nostro Paese”, commenta Sgrò.
Al ristorante Acanto, con vetrate a tutta parete che affacciano sul giardino all’italiana e una cucina a vista per ammirare la realizzazione dei piatti, l’atmosfera elegante fa da sfondo ai grandi classici della cucina italiana proposti da Gabrielli, resi contemporanei e realizzati con materie prime di alta qualità. Il menu degustazione per il pranzo e la cena si compone di sei portate, mentre la domenica va in scena il brunch con cinque isole tematiche e piatti espressi. Anche il Principe Bar ha cambiato volto con l’arrivo di Celli, andando oltre il tradizionale concetto dell’aperitivo alla milanese. L’impulso al programma di mixology del bar ha visto l’elaborazione di sei signature cocktail e altrettanti drink classici con un twist creativo, ispirati a bevande del 1800. El Milanes ha un sorso allo zafferano, mentre Fall in Fall richiama tutti i sapori dell’autunno. Ma le novità non finiscono qui: a metà novembre termineranno i lavori di ristrutturazione de Il Salotto. La lounge del Principe è il cuore dell’hotel, luogo di arrivi e partenze, ma anche di incontri di affari o semplicemente di svago e, tra pochi giorni, avrà un nuovo volto fresco e accogliente, con uno stile elegante, ma allo stesso tempo informale. “Non vogliamo svelare troppo, ma siamo entusiasti di questa novità”, conclude Sgrò. “Vogliamo invitare i milanesi che già ci frequentano, ma anche coloro che ancora non ci conoscono, a venire di persona, per scoprire il fascino degli spazi rinnovati”. F
n GOOD STORIES n di Marco Gemelli
I pilastri della competizione
Per le aziende moderne, automazione e transizione digitale sono le chiavi Per garantirsi un vantaggio sulla concorrenza. ne è convinto Stefano novareSi, amministratore delegato di Knapp italia
DDa un lato l’automazione, dall’altro la transizione digitale: questi due fattori hanno alimentato la trasformazione che negli ultimi decenni ha modificato il panorama aziendale globale. E se le due forze giocano un ruolo chiave nel ridefinire i modelli di business e le strategie operative, entrambe possano essere sfruttate per rafforzare i vantaggi competitivi nelle aziende moderne. Ne è convinto Stefano Novaresi, docente alla Cattolica di Milano e amministratore delegato di Knapp Italia, impresa dell’automazione e del software, terzo fornitore mondiale di soluzioni intralogistiche attraverso sviluppo, progettazione, installazione e assistenza post-vendita nei settori farmaceutico, abbigliamento, cosmetico, distribuzione al dettaglio, gdo e e-commerce.
“L’automazione”, dice Novaresi, “ha rivoluzionato numerosi settori, dalla produzione manifatturiera alla gestione della supply chain, consentendo di aumentare l'efficienza operativa, ridurre i costi e migliorare la qualità di prodotti e servizi. Robot industriali e sistemi di automazione avanzata permettono di ridurre gli errori, aumentare la velocità di produzione e ottimizzare le risorse, liberando al contempo il personale da compiti ripetitivi e a basso valore aggiunto”.
Stefano Novaresi, amministratore delegato di Knapp Italia, è anche docente alla Cattolica di Milano.
Di pari passo con l’automazione va la transizione digitale, che include non solo l’uso dell’intelligenza artificiale, ma anche il cloud computing e l'analisi dei big data. “Queste tecnologie”, spiega Novaresi, “offrono alle aziende nuove opportunità per innovare e personalizzare le offerte, migliorando l'esperienza del cliente. Pensiamo all’uso dell'IA per analizzare grandi volumi di dati e generare insight utili per prendere decisioni informate: le aziende possono così anticipare le tendenze di mercato, personalizzare campagne di marketing e ottimizzare la gestione delle scorte”. Ed è proprio nella sinergia tra automazione e digitalizzazione che sta la vera forza. “Quando queste due forze si combinano, le aziende possono raggiungere livelli di efficienza e innovazione senza precedenti, anche con cicli virtuosi di miglioramento continuo, riducendo i tempi di inattività e aumentando la produttività”. La transizione verso un modello di business automatizzato e digitalizzato, però, non è priva di sfide. “Le aziende devono affrontare questioni legate alla sicurezza dei dati, alla gestione del cambiamento e alla formazione del personale”, aggiunge Novaresi. “È fondamentale investire in programmi di formazione continua per preparare i dipendenti a lavorare in un ambiente sempre più tecnologico e collaborare con esperti di cybersecurity per proteggere le informazioni sensibili”. F
n
In cerca di eccellenza
“Controlliamo ogni fase del proCesso produttivo”, diCe Pietro oriani, ad di Fine Foods & Pharmaceuticals, azienda italiana Che, grazie a questo approCCio, ha superato i 250 milioni di euro di fatturato
FFine Foods & Pharmaceuticals è uno degli attori di rilievo nello sviluppo e nella produzione conto terzi di prodotti destinati all’industria nutraceutica, farmaceutica e cosmetica. Nel 2023 ha raggiunto un fattorato di 251,8 milioni di euro, confermando il suo impegno nella creazione di valore per l’azienda, i clienti, gli investitori, l’ambiente e le persone, nel rispetto dei principi esg (environmental, social & governance). Attento alla ricerca, all’innovazione, all’affidabilità dei processi e alla qualità dei prodotti, il gruppo - guidato dal nuovo amministratore delegato Pietro Oriani, manager di esperienza - promuove un modello di gestione sostenibile che coinvolge l’intera catena di approvvigionamento.
"La sostenibilità non si limita all'impatto ambientale, ma significa anche contribuire al benessere dei dipendenti e delle comunità in cui operiamo"
Fondata nel 1984, Fine Foods è una cdmo (contract, development & manufacturing organization) italiana che nel 2021 ha ottenuto lo status di benefit corporation e può contare su certificazioni internazionali a conferma del suo impegno per la sostenibilità in tutte le attività. La ricerca dell’innovazione, l’attenzione all’etica e al capitale umano sono alla base del suo successo.
“Controlliamo ogni fase del processo produttivo, dalla selezione dei fornitori alla cura di ogni dettaglio del prodotto finito”, dice Oriani. “Per noi la sostenibilità non si limita all’impatto ambientale, ma significa anche contribuire al benessere dei dipendenti e delle comunità in cui operiamo. Fine Foods offre un know-how sviluppato in quasi 40 anni di attività, insieme all’attenzione per le novità di settore e alle best practice che derivano dalle sue tre business unit. Questo approccio consente di realizzare progetti complessi che richiedono elevati standard di professionalità e tecnologie all’avanguardia, sempre con un orientamento etico e sostenibile”.
Fine Foods afferma di avere ricercato l’eccellenza fin dalla fondazione e di offrire al settore nutraceutico non solo innovazioni tecnologiche e formulative, ma anche il rigore scientifico e la qualità che caratterizzano la sua produzione. Inoltre, l’acquisizione di due piccole aziende le ha permesso di espandersi nel settore della cosmetica, in particolare nel segmento hair & body care. La nuova sfida è sfruttare le sinergie tra la business unit nutra e quella cosmetica per massimizzare le opportunità di crescita. F
Istruzione generativa
Bdc School è una scuola internazionale paritaria bilingue guidata da Marco Paschina, imprenditore classe 1996. Per il nuovo anno scolastico ha acquisito altre due sedi in Emilia-Romagna e Lombardia
Be, do, create. Un motto che dà anche il nome alla Bdc School, scuola internazionale paritaria bilingue che estende la sua ‘geografia urbana’ e inaugura il nuovo anno scolastico con l’acquisizione di una nuova sede in Emilia-Romagna e di un'altra in Lombardia, che si aggiunge alle tre già in essere. La novità per quest’anno prevede l’avvio del primo percorso scolastico completo, che parte dall’asilo e culmina con il nuovo liceo, incentrato su Steam, imprenditorialità e multilinguismo.
A tre anni dall’apertura della prima sede di Milano, la scuola oggi offre un percorso formativo con due indirizzi di studio, il liceo delle scienze umane (opzione economicosociale) e il diploma di maturità internazionale, il Cambridge International A Levels. Si tratta di una delle poche realtà in Italia a offrire gli A Levels. Gli studenti seguono un curriculum bilingue e ricevono un supporto individuale per crescere a livello accademico e personale.
Dal 2022, ad accompagnare nella crescita Bdc School è Marco Paschina, imprenditore classe 1996, che nel 2023, dopo anni di esperienza negli Stati Uniti e in America Latina, è tornato in Italia, arricchito da un bagaglio di conoscenze e competenze internazionali. Oltre a essere il managing director del network di Bdc School, è il co-fondatore di Nexus e fondatore di Sportech,
un incubatore per giovani di tutto il mondo con un focus sull’orientamento e sulle eccellenze del made in Italy.
Grazie alla sua visione strategica, innovativa ed empatica, Bdc School è cresciuta arrivando oggi a oltre 700 studenti. “È una scuola internazionale diversa da tutte le altre, che ha lo scopo di far crescere una comunità generativa di giovani talenti che possano fare la differenza
nel mondo”, ha spiegato Paschina. L’imprenditore, che in passato ha co-fondato Credyty, un'azienda fintech che offre prestiti agli studenti meno abbienti in Colombia, e Akenta Health, società di telemedicina per il popolo latino negli Stati Uniti, continua a sviluppare progetti che uniscono creatività, competenza e consapevolezza.
Bdc School, infatti, non vuole fermarsi e sta già lavorando su
diversi fronti. Tra i prossimi progetti e le solide partnership emergono la nuova collaborazione con Lenovo per l’aula multimediale nella sede di Cologno Monzese, il progetto sostenibile in collaborazione con Forestami e il laboratorio Stem con Imcd. Inoltre da settembre, sotto l’insegna Bdc School, due scuole italiane seguono il modello Steam e internazionale di successo per formare nuovi giovani imprenditori. La prima, in Lombardia, è la scuola primaria paritaria San Giuseppe Meda, acquisita a luglio 2024. La seconda è l’International School of Rimini, la prima e unica Ib World School della Romagna. “Sono tornato in Italia per mettere a disposizione le mie competenze e sviluppare un nuovo modello di imprenditoria, moderno ed empatico, in grado di formare una classe di imprenditori capaci di cogliere nuove opportunità sul territorio e affrontare le sfide future”, ha detto Paschina. “Credo che questo sia possibile solo partendo da un’istruzione di altissima qualità. Sono orgoglioso dei risultati raggiunti in così poco tempo, che ci hanno permesso, a partire dal 2022, di quadruplicare i nostri numeri e arrivare all’acquisizione di nuove sedi. Per questo motivo continuerò a lavorare in modo capillare, sempre a stretto contatto con i ragazzi per ascoltare le loro esigenze e idee, puntando a uno sviluppo costante, volto a formare sempre più giovani specializzati in vari settori”.
Dn
GOOD STORIES
Ognuno al suo posto
Definire i ruoli all’interno della famiglia. È uno dei passaggi cruciali per gestire al meglio il passaggio generazionale, come racconta Gianluca Marzo, fondatore dello studio legale Marzo Associati, nato nel 2019, che oggi assiste un centinaio di clienti nella gestione di patrimoni complessi. Il team è composto da dieci professionisti che lavorano in sinergia per offrire soluzioni personalizzate e ha una partnership con Polis Avvocati per fornire una consulenza multidisciplinare, integrando competenze in diritto societario, penale ed ereditario. “La pianificazione del patrimonio e la programmazione del passaggio generazionale oggi trovano i clienti tutt’altro che impreparati”, racconta l’esperto. “Se fino a 20 anni fa la stragrande maggioranza dei piccoli e medi imprenditori non sapeva dell’esistenza di soluzioni per una programmazione in questo senso, oggi si riscontra una conoscenza diffusa di strumenti di tutela e gestione patrimoniale efficiente, come trust, patti di famiglia e holding familiari. Così, spesso sono gli stessi clienti a introdurre il tema con noi consulenti”.
Resta fondamentale definire i ruoli all'interno della famiglia. “Non
"La mancata chiarezza causa tensioni dannose per l'azienda e la famiglia"
tutti i membri possono gestire il patrimonio ed è necessario stabilire con chiarezza chi avrà responsabilità di governance e chi sarà semplicemente fruitore del reddito”, sottolinea Marzo. “La mancata chiarezza su questi aspetti può generare tensioni e conflitti interni, con effetti dannosi per l’azienda e la famiglia nel suo complesso. Una corretta pianificazione permette di evitare tali tensioni, tutelando gli interessi collettivi”. Non esiste una soluzione universale. “Ogni situazione patrimoniale e familiare richiede un approccio specifico”, aggiunge. Anche la normativa è in evoluzione, come dimostrano i recenti interventi per definire meglio i contorni del trust, a cominciare dalla possibilità di anticipare il momento impositivo. “L'introduzione di nuove misure in materia di antiriciclaggio e di maggiore disclosure hanno ridotto il rischio di utilizzi impropri dell’istituto e lo hanno reso più rispettabile agli occhi delle autorità fiscali e degli altri attori economici”, sottolinea Marzo. “Ciò significa che, pur mantenendo la sua efficacia nella protezione patrimoniale, l'istituzione di un trust richiede una pianificazione ancora più precisa e una conoscenza dettagliata degli obblighi di legge in termini di dichiarazione e compliance”. F
La forza del cambiamento
Valentina e Luca Aquilino, entrambi ceo di Pv Agency, negli ultimi anni hanno portato avanti una ristrutturazione aziendale. Oggi puntano a chiudere il 2024 con 18 milioni di fatturato. “Amiamo le sfide e crediamo fortemente nelle enormi opportunità dell’innovazione continua”
Pv Agency, agenzia di eventi che quest’anno celebra il 50esimo anniversario, negli ultimi anni ha portato avanti una riorganizzazione aziendale con la guida della seconda generazione, rappresentata da Valentina e Luca Aquilino, entrambi ceo.
La riorganizzazione ha portato ad avere una nuova gamma di prodotti, al lancio del brand rinnovato, avvenuto due anni fa, e a un impegno crescente verso la sostenibilità. “Il lavoro fatto sulla sostenibilità ci ha permesso di raggiungere obiettivi importanti, primo fra i quali la certificazione Iso 2021, oltre alla formazione di tutto il personale aziendale”, ha spiegato Valentina Aquilino. Pv Agency ha inoltre aderito al progetto di Cadmi Work&Freedom, per aiutare le donne che hanno subito maltrattamenti a imparare una professione, rientrare nel mondo del lavoro e raggiungere l’indipendenza economica.
La società ha chiuso il 2023 con un fatturato di oltre 17,5 milioni di euro, di cui circa il 20% di new business, frutto di oltre 550 eventi. Nel 2024 prevede di raggiungere 18 milioni di fatturato. Per cogliere al meglio le opportunità del mercato ha sviluppato una struttura organizzativa flessibile, composta da due business unit operative: una specializzata nel settore medical e l’altra focalizzata sul corporate. A queste si è aggiunta una business unit creativa, che integra i reparti di comunicazione e produzione.
“Ma il cambiamento continua”, ha commentato Luca. “Uno degli obiettivi cardine del 2024 è il
passaggio alla digitalizzazione di tutta la filiera produttiva. Attualmente il sistema è in fase di integrazione e sviluppo, con l’obiettivo del go live della parte produttiva in autunno e della parte amministrativa a gennaio 2025. Questa scelta ci permetterà di ottimizzare tutte le fasi di progettazione e gestione, che comunicheranno direttamente con il reparto amministrativo per arrivare al controllo di gestione”.
In questo processo di ristrutturazione aziendale “il capitale umano è stato fondamentale”, ha spiegato Valentina. “Abbiamo la fortuna di avere con noi un mix di collaboratori con competenze specifiche e formazioni diverse. Abbiamo adottato policy che vanno incontro alle necessità dei nostri dipendenti. Smart working, flessibilità d’orario, incentive scheme, corsi di
formazione e percorsi di crescita. Inoltre il 53% delle risorse lavora con noi da oltre cinque anni e il 20% è under 30. L’83% dell’organico è composto da donne e i ruoli manageriali sono affidati soprattutto a donne. Il nostro settore vive una continua trasformazione, che richiede investimenti in persone e in nuove tecnologie. In Pv Agency amiamo le sfide e crediamo fortemente nelle enormi opportunità che l’innovazione continua offre per sostenere le richieste di un comparto che ha un indotto diretto sul Pil di oltre 36 miliardi di euro e che occupa 570mila addetti”. A tal proposito, l’agenzia ha lanciato l’iniziativa Let’s Net per creare momenti di networking fra i clienti, ma anche occasioni di approfondimento su temi di particolare rilevanza, come il recente incontro di giugno sull’IA.
Fuori dall’ordinario
Per festeggiare i suoi dieci anni Nh Collection Hotels & Resorts esplora nuove destinazioni in Asia e Medio Oriente e continua a promuovere le sue strutture a Roma e Firenze
Percepire l’anima di una destinazione, raccontarne i segreti e trasmettere agli ospiti la sicurezza di un soggiorno indimenticabile è ciò che guida da dieci anni le esperienze fuori dall’ordinario di Nh Collection Hotels & Resorts. Il brand di hôtellerie e resort invita infatti i viaggiatori a lasciarsi andare con eleganza, abbandonandosi alla promessa ‘feel the extraordinary’. Il fascino di ogni location diventa così il punto di partenza per costruire esperienze personalizzate: dalle camere con vista ai panorami più belli a cui brindare al tramonto, fino alle proposte gastronomiche ricercate, l’ospite può costruire i suoi ricordi più belli insieme al brand.
Per festeggiare i primi dieci anni, Nh Collection Hotels & Resorts esplora nuove destinazioni tra Asia e Medio Oriente, continuando a promuovere l’eccellenza delle strutture a Firenze e Roma. Nh Collection Firenze
Porta Rossa si trova nel luogo che
ha coltivato il Rinascimento, in un palazzo storico del XII secolo che comprende la duecentesca Torre Monalda, con vetrate originali e affreschi dell’800. Unendo il fascino della storia ad arredi contemporanei dallo stile minimal déco, la struttura ha una palette cromatica che spazia dal color crema all’avorio,
fino agli accenti vivaci di rosso che riempiono gli spazi comuni dalle altissime volte, le camere e le suite – 71 in totale. Ideale per un soggiorno leisure, ma anche per chi ricerca la comodità di due sale business pronte ad accogliere 40 persone ciascuna.
Nh Collection Roma Fori Imperiali è invece conosciuto per la sua vista su una delle aree archeologiche più grandi del mondo e sul complesso del Vittoriano, osservabile mentre si sorseggia un aperitivo sulla terrazza panoramica. È ospite di un palazzo in stile ottocentesco, collocato in un’area strategica per l’esplorazione della città, a pochi minuti dal Colosseo, da piazza di Spagna e dalla Città del Vaticano. Nelle sue 42 camere lo stile dell’arredo elegante e minimale si fonde con la storia dell’impero, che si proietta dall’esterno verso gli spazi più intimi e accoglienti delle suite. Una visita al ristorante Oro Bistrot by Natale Giunta completa l’esperienza a cinque stelle.
Luca
n GOOD STORIES n di Agostino Desideri
Un valido alleato
cuomo, partner dello studio legale Dwf in italia, spiega qual è il ruolo dell'avvocato
nelle
operazioni di apertura del capitale sociale che coinvolgono le imprese familiari
L'L'apertura del capitale sociale agli investitori istituzionali è un'opportunità unica per le imprese familiari per accelerare la crescita e affrontare nuove sfide. Un'operazione che richiede assistenza legale specializzata per garantire la tutela degli interessi di tutti i soggetti coinvolti. Qual è il ruolo dell'avvocato in questi casi? Lo spiega Luca Cuomo, partner e head of corporate, m&a e private equity dello studio legale Dwf in Italia e specializzato in operazioni straordinarie di m&a e di private equity.
Quale riflessione deve fare una famiglia che vuole iniziare ad aprire il capitale della propria azienda?
Spesso le aziende si apprestano a un'operazione straordinaria senza lavoro preparatorio, quindi non sono pronte a ‘subire’ un’attività di diligence e non hanno una puntuale definizione delle tempistiche dell'operazione. È fondamentale una riflessione preliminare sul tipo di operazione da effettuare e su chi deve essere il partner per il percorso di consolidamento e crescita. Magari bisogna avviare una concentrazione nel settore di riferimento. Non tutti gli investitori hanno le stesse caratteristiche. Possiamo fare due macro distinzioni, tra investitori finanziari e industriali e tra investitori di maggioranza e di minoranza. Comprendere preliminarmente quali sono le derivate della scelta di un tipo di investitore consente di concentrarsi sulla ricerca di un partner che soddisfi le esigenze dei soci.
Quali sono le criticità e qual è il percorso migliore da seguire?
Non penso che esista un percorso migliore. Esistono investitori con caratteristiche diverse. Tuttavia una riflessione comune riguarda la creazione in azienda di una classe dirigente che non sia composta solo da membri della famiglia azionista. Questo permette una diversificazione dei ruoli del manager e del socio, favorendo, per un investitore, la possibilità di valutare l'azienda senza doversi misurare con quanto sia legata alle capacità imprenditoriali del socio. Qui entra in gioco l’avvocato, che deve essere bravo a entrare in sintonia con famiglie che non hanno mai fatto operazioni di questo tipo.
Nello specifico qual è il ruolo dell’avvocato?
Come studio, il nostro ruolo è assistere non solo i fondi di investimento interessati all’acquisizione, ma anche le famiglie nel progetto di disinvestimento o parziale apertura del capitale a terzi. A secondo del tipo di cliente, pur dovendo mantenere sempre un livello eccellente
della prestazione professionale, vi sono aspetti peculiari da considerare. Se è una famiglia a fare un'operazione di cessione dell'azienda, spesso si tratta della prima operazione straordinaria affrontata, pertanto il nostro ruolo è accompagnato da un periodo di formazione sulle previsioni contrattuali oggetto di negoziazioni e sulla struttura dell'operazione. In questo processo è fondamentale creare fiducia tra professionisti e clienti, per poter risolvere subito criticità che, se emergessero dopo il perfezionamento dell’operazione, potrebbero comportare un aggravio di costi per il venditore.
Quali possono essere le difficoltà per il cliente?
Il cliente si può trovare in un terreno diverso da quello a cui è abituato. Le logiche commerciali che un imprenditore di successo conosce non sono sempre applicabili al perfezionamento di un'operazione straordinaria. Il contratto perfetto per una parte non esiste, perché altrimenti l'altra non sarebbe disposta a firmarlo. L'avvocato deve quindi bilanciare gli interessi del cliente per raggiungere un accordo che lo tuteli, ma al tempo stesso permetta di completare l'operazione. Un ulteriore aspetto è poi rappresentato dalla negoziazione dei patti parasociali in caso di cessione solo di una parte dell’azienda. Anche in questo caso il contemperamento degli interessi passa da un’analisi degli scenari sottesi agli assetti di governance che dovranno regolare la vita sociale. Il nostro approccio è assistere il cliente in tutte le fasi, anche in quelle preliminari, e dedicare tutto il tempo necessario a colmare l'eventuale gap di conoscenze dei tecnicismi e degli effetti dell'operazione straordinaria. F
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A cura di Piera Anna Franini
SMALL GIANTS
Dove l’innovazione VA IN PORTO
AL CENTRO C’È L’ISTITUTO ITALIANO DI TECNOLOGIA. INTORNO UNIVERSITÀ, CNR, ENTI DI RICERCA E AZIENDE. SONO GLI ELEMENTI CHE FANNO DI GENOVA UNO DEI PRINCIPALI POLI DELLA ROBOTICA DEL NOSTRO PAESE. UN SETTORE CHE, A LIVELLO NAZIONALE, CONTA 104MILA IMPRESE, 429MILA ADDETTI E UN FATTURATO CHE NEL 2023 È ARRIVATO A 7,6 MILIARDI DI EURO
Val Polcevera è termine talmente spigoloso e aspro che diresti uscito dalla penna di Eugenio Montale, l’aedo della Liguria. Genuinamente genovese, ma poco spendibile a livello internazionale, il nome è stato scalzato da Robot Valley, prescelto per identificare questa vallata dove la robotica, in alleanza con l’intelligenza artificiale, sta proiettando nel
mondo una città schiva, parsimoniosa e sobria, che fa ma non dice. E così, a un soffio dal nuovo viadotto Genova San Giorgio, sorto tra le ceneri del Ponte Morandi, sta prendendo forma il distretto della robotica più significativo d’Europa, emanazione delle eccellenze del territorio: in primis l’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit), quindi l’università, il Cnr, istituti di ricerca e un nugolo di aziende. Distretto che contribuisce a fare dell’Italia un’eccellenza nel campo della robotica e dell’automazione, settore che conta oltre 104mila imprese sparse nel Paese, 429mila addetti e un fatturato che nel 2023 è stato di circa 7,6 miliardi di euro. Siamo il terzo Paese al mondo per valore di esportazioni di robot industriali.
SMALL GIANTS
L’epicentro di tale ecosistema, l’Iit, è stato fondato 21 anni fa per promuovere lo sviluppo e l’alta formazione tecnologica del Paese, un lascito dell’asse Giulio Tremonti-Letizia Moratti. La Fondazione Istituto Italiano di Tecnologia, con due sedi all’estero e 16 in Italia, di cui cinque nella sola Genova, ha testa e cuore nel Center for Convergent Technologies (Cct), che è la più grande infrastruttura di ricerca all’interno della rete dell’istituto ed è la sede dove, nel 2006, ha avuto inizio il progetto. Quindi il Center for Human Technologies (Cht), che sviluppa tecnologie per la salute umana, la riabilitazione e l’interazione uomo-macchina; il Center for Joint Industrial Research (Cjir), lanciato nel 2020, che ospita i laboratori di robotica industriale; il Center for Robotics and intelligent systems (Cris), dove vengono studiate e sviluppate le principali piattaforme di robotica dell’istituto; il Center for Synaptic Neuroscience and Technology (Nsyn), che si occupa dello sviluppo di tecnologie innovative applicabili nell’ambito delle neuroscienze. Riavvolgiamo il nastro. Nel 2005, Roberto Cingolani ne assumeva la direzione e con il 2006 venivano costruiti i laboratori, avviando l’attività scientifica. Nel 2011 la prima startup dell’Iit (3Brain GmbH) nel campo delle neuroscienze, nel 2017 altra startup - Movendo Technology - finanziata con 10 milioni di euro dal gruppo
Dompé, l’anno successivo BeDimensional, dedicata alla produzione dei materiali bidimensionali, avrebbe raccolto 20 milioni di euro di investimenti privati. Nel 2023, nell’area di San Quirico, è stato inaugurato il Cris, con 12 milioni di euro di investimento per una struttura che ospita linee di ricerca che vanno dalla chirurgica all’industriale, cioè dagli esoscheletri riabilitativi all’esplorazione spaziale. È nella sede di San Quirico che convergono le competenze dell’Iit in tema di robotica, e se gli scienziati robotici dell’Iit sono 468, “l’80% è concentrato in questo centro, con l’idea di fare massa critica”, spiegò Giorgio Metta, attuale direttore scientifico, al taglio del nastro.
Da due anni nel distretto è stato lanciato Raise, acronimo di Robotics and AI for Socio-economic Empowerment, un progetto dove la robotica si salda con l’IA a favore di uno sviluppo socio-econonico sostenibile, con la benedizione del Pnrr e una dote da 110 milioni di euro. Entro il 2025 verranno realizzati prodotti, servizi o prototipi nel campo della sanità, dell’ambiente, della vivibilità della città e del porto, attingendo alle competenze consolidate sul territorio. Un progetto coordinato dal tridente Iit, Cnr e Università di Genova. Si lavora per realizzare sistemi robotici, dispositivi e ambienti intelligenti per la cura della persona anche da remoto, tecniche per l’accumulo e la distribuzione di energia e sistemi di monitoraggio e prevenzione di rischi naturali e antropici per gli ecosistemi urbani, terrestri, marini e costieri. A Genova, città-nave, è poi cosa naturale studiare sistemi di monitoraggio e di simulazione, tecnologie robotiche e di IA per la logistica e la sicurezza in ambito portuale e marino.
Nel frattempo è stato creato RoboIT, primo polo nazionale per il trasferimento tecnologico della robotica, su cui Cdp Venture Capital, il fondo per l’innovazione di Cassa Depositi e Prestiti, ha investito 40 milioni, mentre Pariter Partners, oltre a co-investire, supporta l’accelerazione imprenditoriale dei ricercatori, affiancandoli nelle fasi di sviluppo dei prototipi e durante la costituzione delle società. Gli attori del RoboIT sono, di nuovo, l’Iit di Genova, le università di Verona e di Napoli e la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Tra le creature genovesi più eclatanti ricordiamo Pepper, il robot umanoide progettato per interagire con gli esseri umani. Lanciato nel 2014 dalla SoftBank Robotics, è stato perfezionato all’Università di Genova, anche con un importante apporto della giovane Lucrezia Grassi. E già spopola in alcune Rsa italiane. Altro robot umanoide è AlterEgo, frutto del lavoro congiunto dell’Iit e del centro E. Piaggio dell’Università di Pisa: un robot open source che ha due braccia in grado di manipolare in modo sicuro ed efficiente l’ambiente circostante e può essere comandato da remoto e fornire assistenza domiciliare o in ospedale. L’anno scorso l’Iit ha celebrato i 20 anni di attività con il robot umanoide ergoCub, frutto di un progetto triennale da 5 milioni in collaborazione con Inail, che riconosce visivamente oggetti e azioni ed è in grado, per esempio, di ricevere e consegnare oggetti. ErgoCub è usato per favorire l’integrazione delle macchine nell’ambiente di lavoro. F
L’ONDA DELLA ROBOTICA
In testa alle aziende operative nella Robot Valley svetta - per dimensioni e fama - Leonardo, attivo con la sua rete di Labs.
ReWing è una startup nata dalla ricerca Iit lanciata nel 2022 da Jacopo Zenzeri, Maddalena Mugnosso e Amel Cherif. È dedicata alla commercializzazione e allo sviluppo di dispositivi altamente tecnologici per la riabilitazione sensomotoria di pazienti con disabilità ortopediche o neurologiche. I primi prodotti di ReWing sono dispositivi robotici per la riabilitazione degli arti superiori. Grazie ad algoritmi di intel ligenza artificiale, questi dispositivi si adattano automaticamente alle esigen ze del paziente, garantendo il giusto equilibrio tra il livello di assistenza e la partecipazione attiva. La piattaforma software ReWing AI interconnette tutti i dispositivi ReWing per combinare ed elaborare i dati provenienti dai diversi dispositivi per valutazioni e scelte tera peutiche complete e accurate. Il team di Exsensia dalla ricerca Iit) sviluppa, produce e commercializza software e strumenti flessibili e innovativi che consentano la programmazione intuitiva di siste mi industriali automatizzati o robotici composti da diversi sensori, dispositivi finali e robot multipli. Questa tecno logia permette l’utilizzo di diversi tipi e marche di sistemi robotici anche a utenti non esperti, semplicemente ese guendo il singolo software e algoritmo di Exsensia. Il team sta sviluppando una piattaforma software che può essere installata su qualsiasi pc indu
striale e gestita attraverso un’interfaccia web multipiattaforma da diversi tipi di dispositivi, come smartphone, tablet e schermi tradizionali.
Fu David Corsini a fondare Telerobot Labs, poi acquisita (nel 2016) dal gruppo friulano Danieli Officine Meccaniche, che l’ha ribattezzata Danieli Telerobot Labs, ramo aziendale che progetta e ingegnerizza le macchine robotiche al servizio dell’industria siderurgica. Da Telerobot Labs sono
usciti robot che bonificano edifici dall’amianto, ispezionano i gasdotti nel mare a duemila metri di profondità o i forni di fusione. Nel 2018 ha ricevuto il premio Innovazione Smau per aver messo a punto un guanto robotico per la riabilitazione della mano. Attraverso una semplice programmazione, il guanto muove le dita e accompagna i movimenti adattandosi alle esigenze del paziente in riabilitazione attiva e passiva. F
L’ora di guardare avanti
L’Italia è indietro rispetto a molti altri paesi nell’adesione alla previdenza integrativa. Secondo Maurizio Grifoni, presidente del Fondo Fon.te, dipende dalla “scarsa cultura sul tema e dalla poca informazione”
Un giovane che inizia a lavorare oggi, secondo l’Inps, andrà in pensione a 70 anni, con un assegno mensile del 65% dell’ultimo stipendio. E l’Italia, nonostante la preoccupazione delle nuove generazioni sul tema, è indietro rispetto ad altri paesi in termini di adesione alla previdenza integrativa.
Ne parla Maurizio Grifoni, presidente del Fondo Fon.te.
Perché l’Italia è indietro rispetto agli altri paesi europei?
Facendo una panoramica sull’Europa scopriamo che l’adesione alla previdenza complementare è alta nei
Paesi Bassi, poiché hanno uno dei sistemi pensionistici più sviluppati al mondo. L’adesione è quasi universale, grazie al sistema di iscrizione automatica e ai forti incentivi fiscali. È alta anche in Danimarca e in Svezia. È media in Regno Unito, Finlandia e Belgio. È bassa in Italia, Spagna e Grecia, il fanalino di coda è il Portogallo. Le ragioni di fondo sono i sistemi pensionistici pubblici più generosi, che tendono a disincentivare la previdenza integrativa, La scarsa cultura previdenziale e la poca informazione non aiutano la previdenza complementare. Di contro, l’alfabetizzazione finanziaria permetterebbe la comprensione dei concetti previdenziali e finanziari e quindi l’adesione alla previdenza complementare.
Quali sono i numeri del Fondo Fon.te e qual è stata la crescita negli ultimi anni?
Prevediamo di chiudere il 2024 con poco meno di 6 miliardi di patrimonio, 300mila iscritti lavoratori e 45mila aziende aderenti. A fine 2019 i lavoratori iscritti a Fon.Te erano quasi 240mila (oggi 300mila), il patrimonio era di poco più di 4 miliardi (oggi 6 miliardi), le aziende aderenti 36mila. Sono cresciuti anche i contributi versati dagli iscritti, da 436 a 615 milioni, e i rendimenti sugli investimenti.
Quali sono i vantaggi per lavoratori e aziende che aderiscono al fondo?
Prima di tutto la deducibilità dei contributi versati dal reddito imponibile, fino a 5.164,57 euro. La tassazione al 20%
dei rendimenti ottenuti sulla propria posizione previdenziale. Il trattamento fiscale agevolato sulle prestazioni erogate dal fondo (anticipazioni e riscatto), nonché all’atto del pensionamento con un’aliquota che può arrivare al 9%, in caso di adesione a una forma pensionistica complementare per almeno 35 anni. Impignorabilità della posizione in fase di accumulo. È inoltre possibile integrare la pensione pubblica con quanto accumulato sul fondo. Per le aziende, le contribuzioni a carico del datore di lavoro sono soggette al solo versamento di un contributo di solidarietà del 10%. Inoltre, se il tfr viene versato a Fon.Te, viene meno la rivalutazione del tfr maturato. Poi ci sono l’esenzione dall’obbligo di versamento al Fondo di Garanzia gestito dall’Inps e la deduzione dal reddito d’impresa di un importo pari al 4% dell’ammontare del tfr destinanto a Fon.Te, che diventa il 6% per le imprese con meno di 50 addetti. In ultimo, il risparmio sui cosiddetti oneri impropri.
A cosa punta il fondo per i prossimi anni?
Semplificare l’adesione e la gestione, attraverso strumenti digitali e IA, senza sacrificare l’occupazione.
Diffondere la cultura della previdenza grazie a iniziative di educazione finanziaria con le università, le organizzazioni sindacali, le associazioni di categoria.
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Pubblicato da Neuberger Berman Asset Management Ireland Ltd, autorizzata e regolamentata dalla Banca Centrale d’Irlanda e registrata in Irlanda presso 2 Central Plaza, Dame Street, Dublino, D02 T0X4, Irlanda.
Immagine generata con l’IA.
di Daniele Mancin
Il MOTORE della PASSIONE
IIl 2024 per Eicma significa 110 anni dalla prima volta, nel 1914. Ottantuno le edizioni celebrate fino a oggi dell’Esposizione Internazionale Ciclo, Motociclo e Accessori. Un appuntamento che trasuda storia da ogni angolo e che si è confermato anche quest’anno un evento di riferimento del motociclismo a livello mondiale. Tante le novità di prodotto e molto da vedere anche sul lato dello spettacolo, con innumerevoli appuntamenti ed esibizioni live nelle aree esterne.
Il 2024 è stato un anno da record in quanto a estensione dello spazio espositivo, superiore anche ai livelli pre-pandemia. Sono tornati alla carica marchi del calibro di Bmw e Harley-Davidson, oltre alle tantissime conferme di brand storici e di nascita più recente, con una partecipazione da primato da parte delle case costruttrici: Aprilia, Yamaha, Honda, Ducati, Moto Guzzi, Benelli, Moto Morini, Mv Agusta, Triumph e tante altre. Più di 1.700 i marchi presenti, tanto da rendere irrinunciabile una cartina per orientarsi nella moltitudine di stand. In attesa dei dati sull’edizione 2024, nel 2023 erano state registrate oltre 560mila presenze, con un incremento del 19% rispetto al 2022. I visitatori sono arrivati da 120 paesi, ulteriore riprova dell’interesse
e della centralità dell’evento. Tradotto: l’affluenza è stata la maggiore mai registrata finora.
La location, come di consueto, è stata il polo fieristico di Milano – Rho. L’apertura è stata martedì 5 e mercoledì 6 novembre, con due giornate dedicate alla stampa e agli operatori del settore. Il giovedì l’esposizione e gli spettacoli all’esterno. La fiera è continuata poi da venerdì 8 a domenica 10 novembre, con cancelli aperti dalle 8.30 nei primi due giorni e poi dalle 9.30 alle 18.30. Il prezzo intero per il biglietto era di 25 euro se comprato in fiera, 20 euro più prevendita se acquistato online. Novità di quest’anno l’introduzione del ridotto pomeridiano, che valeva dalle 13.30 e costava 7 euro online, 10 euro alla biglietteria della fiera.
Chi è venuto di persona ha potuto rifarsi gli occhi con le novità lanciate sul mercato. Tante le proposte, impossibile citarle tutte. Tra le altre, Bmw, molto attesa dagli appassionati, è tornata sugli scudi, esponendo l’intera gamma, capitanata dalla R 1300 Gs, nuova versione della enduro stradale, visibile in versione Adventure. Sul versante degli scooter, spazio alla nuova gamma dei C 400, mentre dal mondo delle competizioni sono arrivate la M 1000 Rr di Toprak Razgatlioglu (Superbike) e la M4 GT3 di Valentino Rossi (Gt World Challenge).
Altro ritorno eccellente è stato quello di Harley-Davidson, che non si faceva vedere dal 2019. In questa occasione ha tirato a lustro tutta la gamma, inclusi i modelli della famiglia Grand American Touring. Tra le ultime uscite c’erano la Road Glide e la Street Glide, a incarnare lo spirito più autentico del marchio. Spazio poi anche alla Pan America 1250, reduce dalla Africa Eco Race, uno dei rally più impegnativi al mondo.
Lo spazio di Ducati a Eicma. Nell’altra pagina, quello di Honda.
Da una sponda all’altra del Pacifico con Honda, che è approdata a Eicma 2024 con un rinnovato X-Adv. Il maxi-scooter con stile da Suv ha mantenuto inalterata la cilindrata da 745 cc e ha ora un’omologazione che risponde alla normativa Euro 5+. Da tenere d’occhio anche la nuova Nt 1100, diventata più filante nella parte anteriore e disponibile in nuove colorazioni. Benelli è il costruttore che produce la due ruote più venduta in Italia nel 2024, la Trk 702, e non poteva mancare alla fiera. “Trentacinque moto per oltre 1.000 metri quadrati di esposizione”, facevano sapere dal quartier generale prima dell’evento. Anche in questo caso si poteva vedere e toccare da vicino tutta la gamma, ma anche qualcosa di più, come la Trk 902, già svelata a Pechino. Inoltre era visibile una versione debitamente aggiornata della 502, sul mercato da circa sei anni.
Uno dei punti di forza di Eicma è MotoLive, occasione per assistere a competizioni su terra
e
asfalto, con musica
e
intrattenimento
zione. Proscenio dedicato alla 990 Duke R 2025, affiancata dalla nuovissima Ktm 1390 Super Duke Gt 2025, dalla 1390 Super Adventure S 2025, dalla 1390 Super Adventure R e dalla 1390 Super Adventure S Evo. Sul lato più strettamente tecnico, è stato presentato il nuovo cambio Amt (automated manual transmission), che vuole rappresentare una via di mezzo tra il mondo dell’automatico e quello del manuale.
Piaggio, invece, significa scooter. Per questa edizione di Eicma il brand di Pontedera ha portato un rinnovato MP3, il mezzo con avantreno a due ruote e ruota singola al posteriore. La cilindrata è salita da 278 a 310 cc, con una potenza massima arrivata a 26,4 cavalli.
Per quanto riguarda gli accessori, in prima linea c’era Shoei. Il marchio giapponese ha scelto Eicma per presentare l’ultima generazione del suo casco jet J-Cruise-3. La visiera completamente ridisegnata migliora il filtraggio dei raggi ultravioletti e la nuova struttura permette l’aerazione della testa per una migliore traspirazione.
In casa Ktm, i nuovi prodotti presentati hanno suggellato i festeggiamenti per i 90 anni dalla fonda-
Lo spettacolo non si è limitato a quanto esposto al coperto dei padiglioni, ma è continuato anche all’esterno, con le esibizioni di MotoLive: uno degli elementi del successo di Eicma, che nel 2024 ha compiuto 18 anni, confermandosi un’occasione unica per assistere a competizioni su terra e asfalto, con musica e intrattenimento. Si sono succedute esibizioni di freestyle motocross e trial acrobatico, con l’opportunità di vedere da vicino piloti italiani e internazionali. F
di Daniele Mancin
Ritorno in grande STILE
Bmw Motorrad si è ripresentata a Eicma dopo anni di assenza. Lo ha fatto non solo con tanti prodotti, ma anche puntando sulla moto come esperienza
NNel 2020, in un momento condizionato dal Covid, dai piani alti di Bmw Motorrad avevano annunciato una nuova strategia per il lancio dei prodotti, che non si basava più sulle piattaforme tradizionali, come le grandi fiere internazionali, ma su un approccio innovativo e mirato, con la convergenza tra esperienza fisica e digitale. Quest’anno, però, Bmw Motorrad è tornata a Eicma. Un’evoluzione di questa strategia di marketing ha portato a rileggere la strategia di partecipazione ai saloni, reinterpretandoli in una nuova chiave, più esperienziale e orientata alle persone, andando oltre la tradizionale presentazione di prodotti. Una presenza fortemente voluta dalla filiale italiana, come racconta Alessandro Salimbeni, direttore generale di Bmw Motorrad Italia. Quest’anno la casa tedesca è tornata a esporre, dunque, ma in un modo tutto suo. Certo, non sono mancate le moto della line-up 2024-2025, incluse le ultime novità. Un esempio sono gli scooter della gamma C 400, pensati per il comfort cittadino, ma usati anche per spostamenti a medio e lungo raggio. Un segmento in crescita che vede Bmw ricoprire un ruolo tutt’altro marginale. Nel dettaglio, si tratta del C 400 X e del C 400 Gt, due mezzi di media cilindrata che hanno una potenza di 34 Cv e
si rivolgono a un pubblico esigente, in cerca di piacere di guida, comfort e tecnologia. Ora lo spazio sotto la sella è aumentato per far posto a un casco integrale. Anche la sicurezza è aumentata, con l’introduzione dell’Abs Pro. Il nuovo sistema è pensato per avere una frenata più sicura e più pronta anche in curva. Quest’ultimo lavora in combinata con l’Msr (Motor slip regulation) per evitare lo slittamento della ruota posteriore nelle decelerazioni più decise.
La più venduta di casa rimane sempre la R 1300 Gs, ed è a lei che, all’interno dello stand, è stato riservato il posto d’onore. A Eicma 2024 è stata esposta anche la nuova versione Adventure, caratterizzata da protezioni aggiuntive e aerodinamica migliorata, per affrontare anche i raid più difficili. Tante le novità di prodotto, per cui Bmw Motorrad ha mantenuto la sorpresa fino all’apertura. Quest’anno, però, l’azienda non ha inteso la presenza a Eicma solo come vetrina dei prodotti, ma ha posto l’accento sul rapporto che si crea con la moto e sull’esperienza di utilizzo in generale. Di grande impatto anche il calendario degli ospiti presenti allo stand di giorno in giorno, ognuno a raccontare la propria storia di moto vissuta: il presidente di Federmoto Giovanni Copioli, lo chef Filippo La Mantia e altri personaggi hanno ricordato le avventure vissute alla guida di uno dei modelli del marchio. Non ultime le testimonianze di Franco Antonello, con il figlio Andrea, e quella di Emiliano Malagoli con la sua associazione Diversamente Disabili, che hanno fatto della moto uno strumento di inclusione sociale.
In tutto questo non viene dimenticato il motorsport, protagonista nell’esposizione dei prodotti, nelle attivazioni sullo stand e nell’area esterna Moto-Live. Bmw Motorrad ha preparato un palinsesto per condividere tutti questi contenuti con gli appassionati, pubblicandoli poi sulla pagina web e sui canali social nei giorni prima dell’apertura della fiera. F
di Daniele Mancin
Il MEGLIO di due mondi
X-Adv è stato il principe dello stand Honda all’Eicma di quest’anno.
La nuova generazione vuole unire le prestazioni di una moto alla praticità di uno scooter
XX-Adv: più moto o più scooter? Difficile da dire. Di sicuro è un mezzo che cerca di porsi a metà strada, con le prestazioni del primo e la praticità del secondo. È stato lui il principe dello stand Honda al salone della moto di Rho-Pero.
Per la generazione del 2025, appena presentata, la casa giapponese ha scelto la strada dell’evoluzione in luogo di una rivoluzione. Pochi cambiamenti, ma ben assestati. L’X-Adv è disponibile in una sola cilindrata di 745 cc. Il bicilindrico risponde alla normativa Euro 5+ grazie al catalizzatore rinnovato. Sfodera 59 Cv per 69 Nm di coppia. La trasmissione è affidata a un cambio
a doppia frizione automatico Dct, con possibilità di selezione manuale dei rapporti. Questo è l’elemento che avvicina di più l’X-Adv al mondo degli scooter, rendendolo un ottimo compagno di viaggio in ambito urbano. Il cambio a doppia frizione è studiato per fornire cambiate più fluide, specie quando si procede a bassa velocità, tipica situazione da traffico congestionato. Anche a velocità più alte, però, le cambiate fulminee limitano molto beccheggio e imbardata. Il tutto, su strada, si traduce nella fluidità di un variatore, ma con un’accelerazione molto più pronta e corposa.
La doppia anima del nuovo X-Adv si manifesta anche con l’introduzione del cruise-control, che rende rilassanti anche i viaggi più lunghi. Spazio al comfort anche con la sella rinnovata e un sottosella da 22 litri di capacità: ci si può stivare un casco integrale. È anche uno dei pochi mezzi della categoria ad avere una presa Usb di tipo C per ricaricare i dispositivi portatili. Al centro del manubrio, largo 94 cm, un rinnovato schermo digitale da 5,5 pollici Tft a colori. Visibilità ottima anche con sole radente, con la possibilità di connettere lo smartphone grazie al sistema Honda RoadSync.
X-Adv ha sangue italiano: è stato disegnato nel centro di ricerca e sviluppo di Honda a Roma
E poi l’attenzione all’ambiente con l’impiego del Durabio - una plastica ottenuta da biomasse usata per alcune sovrastrutture - unito alle plastiche per la carrozzeria ottenute da parti riciclate dei paraurti delle auto. Secondo Honda, la CO2 emessa per produrre un veicolo si può ridurre non solo ottimizzando il processo di combustione del motore, ma anche con la scelta dei materiali. Nelle vene dell’X-Adv scorre anche sangue italiano: è stato ideato e disegnato nel centro di ricerca e sviluppo di Honda a Roma. Il disegno si è fatto più aggressivo. All’anteriore trovano posto i fanali Led che integrano gli indicatori di direzione. Rinnovate anche le tinte: arrivano il graphite black, il pearl glare white e il matte gold finch yellow, tratto distintivo dell’edizione speciale per Eicma 2025. Quattro i livelli di allestimento, con prezzo di listino che partirà da poco più dei 12.790 euro del modello attuale. F
di Daniele Mancin
Il numero PERFETTO
Shoei, azienda giapponese di caschi, ha partecipato a Eicma nel segno del tre: tra i prodotti esposti, la terza generazione del jet J-Cruise, l’integrale Gt-Air 3 e il best seller Neotec 3
EEicma significa fiera della moto, da oltre un secolo. Ma è anche la più importante vetrina per gli accessori. Una piazza dove non poteva mancare Shoei, azienda produttrice di caschi. Anzi, dispositivi di sicurezza, secondo le normative.
La casa giapponese è arrivata all’evento milanese schierando tutta la sua linea, pensata per coprire le esigenze dei diversi motociclisti: dai classici integrali ai fuoristrada, passando per i jet. Ed è in proprio in questo settore che è arrivata la maggiore novità: il J-Cruise 3 (nella foto), il jet di ultima generazione che punta su comfort e tecnologia.
“Non partivamo da zero, ovviamente, ma abbiamo migliorato e portato avanti uno dei nostri capisaldi”,
J-Cruise 2. Dal punto di vista tecnico, J-Cruise 3 risponde alla nuova omologazione Ece-22/06”. La nuova visiera allarga il campo visivo, innalzando la protezione dai raggi Uv al 99%. È trattata per resistere ai graffi e all’appannamento e integra la visiera solare. Facilmente attivabile, protegge dal sole proveniente da ogni angolazione.
Per Shoei non è stato semplice andare oltre un prodotto che già gode di una fetta di estimatori. Elementi su cui ha posto ancora maggiore attenzione sono il comfort e la vestibilità, aspetti chiave per un dispositivo che vuole porsi sia come scelta per un uso quotidiano a corto raggio, sia per trasferte più lunghe.
“Abbiamo dotato il nuovo J-Cruise 3 di nuove imbottiture e di personalizzazione a tasca. Anche la ventilazione ora gode di una nuova presa d’aria frontale, con una canalizzazione interna ottimizzata. I risultati sono un flusso d’aria aumentato del 60% e una migliore traspirazione”. E la testa ringrazia, soprattutto nelle torride estati che stiamo vivendo negli ultimi anni. “Il J-Cruise è il più venduto della categoria, e questo ci inorgoglisce”, continua Narizuka. “Per ognuna delle categorie, il nostro obiettivo è quello di proporre il top player, secondo la nostra filosofia aziendale. In questo
La visiera del nuovo J-Cruise innalza la protezione dai raggi Uv
al 99% ed è trattata per resistere ai graffi
momento, a livello di vendite interne, è superato solo
Anche quest’ultimo, ovviamente, è stato esposto a Eicma. Impossibile non notare il ricorrere del numero tre: il J-Cruise è arrivato alla terza generazione, così come l’integrale Gt-Air 3 e il best-seller modulare Neotec 3. “Sono quelli a cui teniamo di più”, conclude Narizuka. “Si tratta di modelli animati da vena touring e quindi con una vocazione al viaggio e alla lunga percorrenza, zie al comfort, che è il loro valore
di Daniele Mancin
SUPERARE le convenzioni
Harley-Davidson ha partecipato al King of the Baggers e all’Africa Eco Race, uno dei rally più impegnativi al mondo. E ha trasformato così la sua immagine classica in quella di moto da corsa
NNell’universo delle competizioni motociclistiche, la partecipazione di Harley-Davidson a eventi come l’Africa Eco Race e il King of the Baggers ha segnato una svolta significativa. Queste gare, notoriamente impegnative, hanno presentato le moto in contesti che raramente vedono rappresentate le tradizionali cruiser.
L’Africa Eco Race è uno dei rally più impegnativi del mondo, un viaggio attraverso terreni ostili che richiede una resistenza straordinaria. La Pan America 1250 ha affrontato sabbia, dune e de-
Il King of the Baggers ha portato HarleyDavidson in un contesto di alta potenza e prestazioni
serto, dimostrando che, lontano dalla comodità delle strade asfaltate, può eccellere in avventure estreme. La presenza di Harley-Davidson in questa gara ha catturato l’attenzione degli appassionati di motociclismo, sottolineando la capacità della Pan America di adattarsi a sfide impreviste: un esempio di come il marchio si spinga oltre i limiti.
Dall’altra parte dell’oceano, il King of the Baggers ha cambiato il volto delle competizioni su pista, portando le Road Glide in un contesto di alta potenza e prestazioni. Questo evento ha visto
piloti di talento manovrare queste moto pesanti in curve ad alta velocità, trasformando l’immagine classica della Harley in quella di una moto da corsa. La sfida ha dimostrato che le Harley possono eccellere anche nelle competizioni più serrate. Queste due esperienze hanno una cosa in comune: la spinta a sfidare convenzioni e a esplorare nuovi orizzonti. Mentre il motociclismo è spesso visto come un viaggio di piacere, eventi come l’Africa Eco Race e il King of the Baggers offrono una narrativa diversa. I partecipanti non stanno solo cercando di completare una gara, ma stanno ridefinendo ciò che è possibile quando si tratta di avventura su due ruote.
Con la presenza in queste competizioni, le moto Harley-Davidson non solo hanno sfidato i limiti, ma hanno anche ispirato una nuova generazione di motociclisti a esplorare il mondo e a vivere il motociclismo in modo audace e innovativo. La sfida è lanciata: il futuro del motociclismo, intriso di adrenalina e avventura, attende chi è pronto a superare le aspettative. F
di Daniele Mancin
Un altro SPORT
Yamaha ha svelato a Eicma la nuova R9, moto di grossa cilindrata che mira a diventare la hypersport di punta del marchio. E anche le più piccole R3 e R125 si presentano in una veste rinnovata
ÈÈ stata una moto molto chiacchierata e attesa per mesi. Finalmente, in occasione di Eicma, il grande pubblico l’ha potuta ammirare. È la nuova Yamaha R9, una sportiva di grossa cilindrata che copre il vuoto lasciato dal pensionamento della R6 e vuole diventare la hypersport di punta della casa di Iwata, pensata anche per un uso su strada. Sotto la carena c’è un tricilindrico da 890 cc denominato Cp3, capace di 119 Cv a oltre diecimila giri. Il propulsore promette un’esplosione di coppia per prestazioni di alto livello, che appagano sia in circuito che su strada. È infatti una delle prerogative della nuova R9, dopo che la R1 è stata definitivamente consacrata al solo mondo delle competizioni, a partire dall’anno venturo.
Sotto al cupolino viene ora ospitato il display Tft a colori da cinque pollici. Si può collegare allo smartphone e fornisce il cronometro e l’uso dell’app MyRide, per tenere d’occhio i tempi sul giro e pianificare i percorsi. Il quick shift di terza generazione fornisce
cambi di marcia veloci quanto fluidi, per un’erogazione tra i vari rapporti praticamente costante. Il telaio in alluminio è stato irrigidito e alleggerito al tempo stesso, per portare l’handling a un livello superiore e avere maggiore precisione di guida, soprattutto in curva.
Il disegno della R9 va di pari passo con il temperamento che promette su strada. Il tipico imprinting da corsa Yamaha si riflette nei due colori, l’Icon Blue e il Tech Black. Colori che ben si sposano con linee aggressive e taglienti, che comunicano potenza e velocità.
Per tenere a bada tali prestazioni, Yamaha ha bussato alla porta di Brembo per la fornitura dell’impianto frenante. Il Brembo Stylema promette una frenata pronta e sicura anche nelle decelerazioni più brusche, in abbinamento a sospensioni Kyb disegnate specificamente per il modello, per garantire stabilità e gradevolezza di utilizzo in ogni situazione. Per vederla dietro le vetrine delle concessionarie Yamaha bisognerà aspettare il marzo dell’anno prossimo.
Le sportive più piccole, intanto, non restano a guardare. Sono state sottoposte a maquillage anche la R3 e la R125, moto sportive guidabili con patenti A2 e A1 che ora sono omologate Euro 5+.
La R3 guadagna per il 2025 una nuova immagine al frontale, in una sorta di family feeling proprio con la R9. La parte tecnica rimane invariata: i centimetri cubi in forza alla piccola sportiva sono sempre 321 ed erogano 42 Cv a 10.750 giri al minuto, a fronte di 29,5 Nm di coppia massima. Per la più piccola R125, novità perlopiù riguardanti grafiche e colori disponibili, con le stesse tonalità di blu e nero della sorella maggiore R9. F
di Daniele Mancin
GIRO d’onore
Ducati si è presentata a Eicma dopo una stagione di trionfi in MotoGp e Supersport. Tra i modelli più ammirati alla fiera la Panigale V4 S 2025, le scrambler e la nuova Multistrada
CCon quello di quest’anno fanno sei: sono i titoli costruttori in MotoGP portati a casa da Ducati. Gli ultimi cinque sono consecutivi, a testimonianza della potenza di fuoco che il marchio ha saputo mettere in campo nello sviluppo delle due ruote da competizione. Senza dimenticare il successo, appena festeggiato sul circuito dell’Estoril, in Portogallo, nella classifica costruttori del Campionato del Mondo Fim Supersport. È in questo clima che Ducati è arrivata a Eicma, ma senza alcuna intenzione di adagiarsi sugli allori, bensì continuando a suo modo lo sviluppo della produzione di serie.
Partiamo dal modello in cui più scorre la vena racing, la nuova Panigale V4 S 2025. La sportiva è stata completamente rinnovata, pur mantenendo uno degli elementi di distinzione, ossia il propulsore Desmosedici Stradale V4 da 1103 cc, che ora risponde alla normativa antinquinamento Euro 5+. Al banco la nuova Panigale ha fatto registrare 216 Cv di potenza massima, a fronte di una coppia pari a 120 Nm. A completare il quadro i nuovi alberi a camme, cornetti di aspirazione ridisegnati e una potenza che può arrivare a 228 Cv, in abbinamento a uno scarico da pista firmato Akrapovic. La ciclistica si alleggerisce di 2,7 kg con il nuovo forcellone bibraccio, guadagnando all’anteriore anche le inconfondibili appendici aerodinamiche, per migliorare i flussi aerodinamici alle alte velocità fino al 4%. Allo stesso modo il comparto della sella e del serbatoio sono stati rivisti per migliorare il comfort e, allo stesso tempo, supportare meglio il pilota in frenata. Ducati, però, vuol dire anche scrambler. Tutta la famiglia è stata rinnovata per il 2025. Ora si aggiungono la Icon Dark e la Full Throttle, con novità che interessano principalmente il lato estetico. La prima si distingue per
La Panigale V4 S 2025 è stata rinnovata, ma ha mantenuto il propulsore Desmosedici Stradale V4
La Panigale V4 S 2025
una purezza delle linee e per la rinuncia a colori accesi, rosso Ducati compreso. La seconda si delinea invece come la scelta più orientata alle prestazioni. Il sapore è chiaramente vintage, con un richiamo alle competizioni flat track. Elegante la scelta che abbina nero e bronzo e richiama all’heritage del marchio.
E poi c’è la nuova Multistrada. Stesso schema vincente del passato, ma con novità tecnologiche. Il motore rimane il V4 Granturismo, ora aggiornato per rientrare nei parametri Euro 5+. Esprime sempre 170 Cv e 125 Nm, ma aggiunge la cosiddetta deattivazione estesa della bancata di cilindri posteriore, per abbattere consumi, calore ed emissioni nocive. Dalla versione Rally prende in dote la sella del passeggero più ampia e le nuove forcelle con sensore interno: tutte modifiche per farne ancora di più una moto totale, ai vertici per prestazioni, versatilità e comfort. F
di Daniele Mancin
Cambio di MARCIA
Lo scorso anno la Morbidelli T1002VX, maxi enduro del gruppo Keeway, era stata presentata sotto forma di concept. Ora arriva nella veste definitiva e prova a sfidare i giganti del mercato
LLa sua prima uscita pubblica è stata a marchio Mbp, sotto la sigla 1002 V, nel 2023, sempre a Eicma. Quest’anno giù i veli alla versione definitiva di una moto che è stata tra le novità più stuzzicanti dell’edizione 2024. È la Morbidelli T1002VX, una enduro stradale di grandi dimensioni che vuole scuotere il mercato. Risale ad aprile la comunicazione dell’acquisizione dello storico marchio italiano da parte di Mbp. Ora, sotto il gruppo Keeway - già proprietario di Benelli, tra l’altro -, riceve nuova linfa e propulsione. Le linee spigolose rendono accattivante il design della nuova Morbidelli T1002VX, che ben si sposa con il suo carattere da avventuriera. Il telaio lascia intravedere il motore bicilindrico a V di 80 gradi, capace di 87 Cv a 7.500 giri, per un massimo di 89 Nm di coppia già a 5.250 giri.
Sulla nuova T1002VX si possono poi scegliere quattro modalità di guida per affrontare al meglio le diverse situazioni e i diversi mood di un giro in moto: standard quando si desidera una potenza equilibrata, per tutti i giorni, con abs inserito; sportiva, con un comando dell’acceleratore più pronto e maggiore prontezza; pioggia, caratterizzata da una minore potenza e da un’erogazione più dolce per avere maggiore trazione; offroad per i terreni a più bassa aderenza, con abs disinseribile. Al di sopra il serbatoio in alluminio ha una capienza di 20 litri. Il forcellone è in alluminio a
steli rovesciati e le sospensioni, fornite da Kyb, sono regolabili per permettere a ognuno il setup ideale.
Sulla nuova T1002VX si possono scegliere quattro modalità di guida per affrontare tutte le situazioni: standard, sportiva, pioggia e offroad
Sul lato più strettamente tecnologico va segnalata l’integrazione con il sistema Morbidelli Connect. Installando un’applicazione sullo smartphone sarà possibile connettersi alla moto tramite la T-box con connettività 4G, monitorando in tempo reale diverse funzioni e i parametri di bordo. Il display che sovrintende a tutto sfrutta una tecnologia Tft con diagonale da sette pollici. Sella e manopole sono riscaldate e i comandi retroilluminati. La T1002VX vuole fare un passo avanti anche a livello di dotazione, aggiungendo qualcosa che altri, spesso, mettono sulla lista degli optional: sono di serie le borse laterali e il top case in alluminio. Tanto spazio per stivare oggetti, dunque, e resistenza agli urti e ad altri stress che una moto votata all’avventura potrebbe subire. Il prezzo di lancio è di 9.990 euro. F
Lo sconto è computato sul prezzo di copertina al lordo di offerte promozionali edicola. La presente offerta, in conformità con l’art.45 e ss. del codice del consumo, è formulata da BFC Media. Puoi recedere entro 14 giorni dalla ricezione del primo numero. Per maggiori informazioni visita il sito www.abbonamenti.it/cga * più 5 € di contributo spese di spedizione, per un totale di 29,90 € (iva inclusa)
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FORBES LIFE FORBES LIFE
di Susanna Tanzi
Mika ha firmato
Defying Gravity, limited edition dello Champagne
Réserve Brut
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Il piano B di quattro superstar passa per le bollicine francesi e gli spirit. Leonardo Di Caprio, Brad Pitt, Sting e Mika si dimostrano all’altezza del nuovo compito: creare o sostenere prodotti eccellenti. Che rispettino il territorio
Ad alto tasso di CELEBRITÀ
TTestimoni della bellezza nei rispettivi campi - cinema, musica, arte, intrattenimento -, sono quattro star internazionali osannate e prese ad esempio per la passione che li anima. Ora lo stesso entusiasmo e uguale professionalità hanno scelto di metterli in qualcosa che li accomuna: il buon bere, creando - o anche solo sostenendo - prodotti di eccellenza, dallo champagne al gin, fino all’amaro, sempre nel rispetto dell’ambiente e del consumatore. Così Leonardo DiCaprio, coerente con le sue battaglie ambientaliste, mette la faccia e la firma sulla nuova cuvée di uno champagne che sposa la sua stessa filosofia; Brad Pitt testimonia il suo amore per la Costa Azzurra creando un gin che ricorda i profumi di quel celebrato tratto di mare; Sting lascia per un attimo la cura dei suoi vini e si dedica a un aperitivo che attrae già dal nome; Mika, infine, annuncia una collaborazione inedita con la maison numero uno per vendite della Champagne. Ecco le loro nuove avventure ad alta gradazione e a che cosa si sono ispirati.
Legare il proprio nome a una cantina, a uno spirit, alle bollicine
è la nuova passione di tanti divi internazionali
Le mille bollicine green
Non poteva che essere l’attore che si è sempre distinto per l’impegno a difesa del pianeta il testimonial della nuova cuvée Réserve de la Terre, lo Champagne Telmont del gruppo Rémy Cointreau, un inno alla purezza e all’agricoltura biologica. Ma DiCaprio ha fatto di più: nel 2022 è diventato azionista della maison, da sempre in prima linea per la
produzione di vini biologici, senza l’uso di diserbanti e pesticidi, fungicidi o fertilizzanti sintetici. Invecchiato in cantina per tre anni (sboccatura 2024) con vinificazione classica in acciaio, 100% biologico certificato, Réserve de la Terre è un blend di tre eccezionali annate di Champagne (2020, 2019 e 2018) e tre vitigni perfettamente equilibrati (Meunier al 44%, Chardonnay al 34% e Pinot Nero al 22%). Un extra brut in 64.800 bottiglie numerate. Asciutto, con basso residuo zuccherino e fruttato, questo champagne racchiude la piena espressione della forza e del carattere del terroir. Al di là dei classici codici dello Champagne, le uve biologiche si traducono in una cuvée di energia che arriva dal Sole e che racconta precisione, equilibrio e complessità.
Tra i creatori, Bertrand Lhôpital, cellar master e grape father di Maison Telmont, e Richard Geoffroy, già cellar master e chef de cave di Dom Pérignon, che così hanno descritto la nascita del nuovo prodotto: un manifesto radioso, luminoso e pieno di vita, che esprime energia, armonia e serenità. Perfetto per DiCaprio.
Omaggio alla Riviera
Un omaggio al mare che bagna la Costa Azzurra nel gusto, nel colore e nella trasparente bottiglia celeste. Il gin di Brad Pitt è nato nel 2023 dalla creatività dell’attore, unita alle competenze di un’antica famiglia di vigneron, i Perrin, produttori di grandi vini nella Valle del Rodano. Il sorriso dell’attore, il sole, il profumo degli agrumi e delle erbe aromatiche, la magia di un incontro speciale: c’è tutto questo in The Gardener, London Dry Gin certificato 100% organico. E se in questo quadro Pitt rappresenta l’aria, l’elemento creativo e visionario, e i Perrin la terra, con le radici piantate in una padronanza tecnica che arriva da lontano, per trasformare il sogno in realtà ci voleva un alchimista. Ecco quindi Tom Nichol, ex mastro distillatore Tanqueray, con oltre
40 anni di esperienza nell’arte del gin. È sua la mano che ha creato l’equilibrio perfetto per un gin elegante, fresco e senza tempo. Fondamentale la scelta delle materie prime botaniche di altissima qualità, ginepro, angelica, coriandolo e liquirizia. A queste si unisce la freschezza di agrumi come il pompelmo e l’arancia, sia dolce che amara. Il gusto è armonico e avvolgente, con le note di agrumi e ginepro in perfetto equilibrio ad accarezzare il palato con eleganza sino al finale morbido, lungo e persistente. Con le sue sfaccettature per riflettere la luce, che richiamano proprio i riflessi che si muovono sulla superficie dell’ac qua, la bottiglia è un’opera d’arte, frutto del genio creativo di Pitt.
Il bitter nato dai tarocchi
Un nome ammiccante, Amante 1530, per il bitter creato in Italia, nato nell’estate di due anni fa, quando Sting e Trudie Styler, nella loro proprietà toscana, con alcuni ospiti appassionati della cultura del bere mixato all’italiana, decisero di creare un aperitivo dal gusto innovativo e moderno. Per la formula e la produzione è entrato poi in gioco Riccardo Cotarella, enologo di fama internazionale. Dal Palagio, residenza del ‘500 a sud di Firenze, dove Sting e la moglie fanno vino, olio e miele, esce così questo spirit nato per gioco, in una serata di tarocchi tra amici (il nome è dovuto alla carta dell’amante), per onorare quello stile di
Sting con la moglie Trudie Styler. Sotto, Brad Pitt e Matthieu Perrin. Nell’altra pagina, Leonardo Di Caprio con il presidente della Maison Telmont, Ludovic du Plessis.
vita italiano che si manifesta anche e soprattutto a tavola. Da bere liscio o con ghiaccio, il bitter utilizza arancia candita, tè oolong, zenzero, caprifoglio e mele cotte.
Sfida alla gravità
Nicolas Feuillatte, la più giovane delle grandi maison di Champagne, numero uno in Francia e terza al mondo, ha scelto Mika per un’inedita collaborazione. La partnership, denominata Defying Gravity, mescola la creatività irriverente e colorata dell’eclettico artista e designer con l’eleganza contemporanea della maison, per un progetto che celebra la leggerezza e la libertà d’espressione, valori condivisi nella limited edition. Un viaggio sensoriale che unisce musica, arte e bollicine in un’esplosione di stile e fantasia. Il fulcro di tutto è lo Champagne Réserve Brut Exclusive, emblema dello stile Feuillatte. Freschezza vibrante e intensi aromi fruttati, con note di pera matura e albicocca, si combinano in una texture setosa e ricca. Mika ha immaginato un mondo onirico in cui le bollicine sembrano fluttuare in assenza di gravità. Con il suo stile riconoscibile, l’artista libanese fonde due mondi apparentemente distanti in un’opera d’arte dinamica e multisensoriale, capace di stupire e incantare. F
di Anna della Rovere
Destinazioni in rosa
La seconda edizione della guida E-SPAnsiva, curata da Raffaella Dallarda, introduce una sezione dedicata al benessere delle mamme. Il volume è una collezione di 50 mete orientate al wellness adatte anche alle famiglie
L’L’acqua è l’essenza di ogni spa, la mission della salus per aquam, dall’epoca delle terme romane ai giorni nostri. È intorno all’elemento naturale primordiale e a tutti i suoi stati che si costruisce una spa e si progettano i suoi percorsi benessere. L’acqua abbraccia, circonda, purifica, idrata e dona vita. Le spa, come le città a filo d’acqua, custodiscono quel fascino speciale e una vitalità che rigenera, rilassa e illumina.
Qui e in alto nell’altra pagina, Raffaella Dallarda. In basso nell’altra pagina, la seconda edizione della guida E-SPAnsiva.
Le salus per aquam rappresentano una culla per l’ospite, tra percorsi di bellezza in cui riflettersi nelle acque delle piscine, vasche saline, fontane, percorsi Kneipp e sorgenti termali. Permettono ai visitatori di vivere una seconda vita tra cure in accappatoio, relax, piacere dell’ozio, movimento all’aperto, yoga a bordo piscina e aperitivi al tramonto. La seconda edizione di E-SPAnsiva, curata e scritta da Raffaella Dallarda ed edita da Forbes Italia e Robb Report, è diventata un appuntamento biennale e racconta l’Italia
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del benessere, con i suoi valori e le sue unicità. E-SPAnsiva è il risultato di due anni di viaggi, trasferte e recensioni in loco, negli hotel e nelle spa, in lungo e in largo per l’Italia, individuando i punti forti delle strutture di benessere e le loro offerte. La guida, ora stampata anche in inglese, alle migliori 50 spa d’Italia risolve il problema di orientarsi e capire le spa, per vivere appieno l’esperienza del benessere. Il volume di 352 pagine è una collezione di 50 mete orientate al wellness, corredate di QRcode con video e schede tecniche, ognuna con una propria personalità, narrata attraverso una differente forma di benessere. Nei suoi capitoli introduttivi è una testimonianza della vera cultura del benessere, con contributi di numerosi esperti di settore su tutti gli aspetti che concorrono a realizzare una de stinazione spa.
La novità è l’introduzione di una sezione ‘rosa’: il benessere post-parto è uno dei nuovi trend dell’agenda 2024 secondo il Glo bal Wellness Summit, così come il welfare aziendale per la ma ternità e la fertilità dei lavorato ri. Per mantenere un sano equi librio familiare, in attesa o dopo la nascita di un bebè, è quindi fondamentale prendersi cura del bimbo e di sé, prendendosi tem po prezioso per stare soli. Largo spazio, allora, a tecnologie appli cate, programmi preventivi su ri schi di diabete gestazionale o at tacchi iper-pressori, cure olistiche, termali, ormonali, a uno stile di vita sano per entram bi i partner anche prima del con
cepimento. Sono alcuni esempi di protocolli di terapie che potrebbero diventare priorità universali, con interventi governativi o assicurativi, nelle medical spa, e non più un privilegio dei luxury retreat. Nella nuova edizione della guida Dallarda ha voluto enfatizzare e premiare, in una speciale sezione rosa, le spa in family hotel o family friendly specializzate nel soddisfare i bisogni delle famiglie e attrezzate per la prima infanzia con menù ad hoc, servizio di babysitter, pediatra per emergenze, nursery, area bimbi o mini-club. Senza dimenticare uno spa menu dedicato a donne premaman, neonati, bimbi e adolescenti. Del resto, siamo nati dall’acqua e composti di acqua. F
di Marco Gemelli
Il turismo per tutti
La Toscana ha investito nell’accoglienza sostenibile, che rispetta l’ambiente e le comunità locali.
E vuole rendere accessibile il suo patrimonio artistico e naturale anche a chi ha disabilità: già 400 operatori hanno sottoscritto la sua Carta dei valori
ÈÈ famosa nel mondo per le bellezze storico-artistiche, per i paesaggi e per le eccellenze agroalimentari ed enogastronomiche. Ma non è solo su questi aspetti che la Toscana del turismo e della ricettività riesce a essere all’avanguardia. La regione si è ritagliata un ruolo di primo piano anche sul fronte dell’accoglienza sostenibile, offrendo una varietà di esperienze nel rispetto dell’ambiente e delle comunità locali. Grazie all’impegno del suo braccio operativo, Toscana Promozione Turistica, nonostante le diversità dei territori la regione si muove all’unisono, mettendo a sistema una rete di attori per raggiungere un risultato d’insieme.
Ad esempio, con i suoi 15mila chilometri di percorsi ciclabili, la Toscana è perfetta per gli amanti
anni tutela il patrimonio naturale e culturale, migliorando la gestione del turismo e favorendo la collaborazione tra realtà e attori locali. Infine, nel panorama di best practice regionali c’è il Parco delle Colline Metallifere, che collabora con un official tour operator che offre pacchetti turistici ecocompatibili, reinvestendo parte del ricavato in progetti di miglioramento ambientale e valorizzazione del patrimonio culturale.
Un volto meno conosciuto della Toscana è poi quello legato all’accessibilità senza barriere, come segno di rispetto e impegno per tutti i viaggiatori, inclusi quelli con disabilità fisiche, sensoriali e intellettive, ma anche invisibili, come le intolleranze o il diabete, che rappresentano una fetta di turismo sempre più ampia. Secondo un recente studio Eurostat, la domanda potenziale di turismo accessibile in Europa è stimata in circa 127,5
La domanda potenziale di turismo accessibile in Europa è di 127,5 milioni di persone, di cui 46 milioni con disabilità e circa 81 milioni di over 65
della bicicletta, che possono ammirare borghi pittoreschi e soggiornare in 6.500 strutture ricettive con servizi pensati per i ciclisti. Per i camminatori, invece, ha sviluppato oltre 1.500 km di sentieri ben segnalati che attraversano la regione da nord a sud, toccando città d’arte come Siena e Firenze, parchi naturali e borghi medievali.
La Toscana non ha investito solo a livello regionale per promuovere la sostenibilità, ma anche a livello locale, in città come Grosseto, premiata come Pioniere verde del turismo intelligente 2024. La regione ha inoltre sei siti Unesco, tra cui le Riserve della biosfera e la Rete mondiale dei geoparchi, mentre l’Arcipelago Toscano da
milioni di persone, di cui 46 milioni con qualche forma di disabilità, più circa 81 milioni di over 65. Numeri che smentiscono l’immaginario che fa del turismo accessibile un settore di nicchia, laddove invece interessa il 17% della popolazione europea. L’esperienza della Toscana dimostra che viaggiare quando si ha una disabilità non è un sogno proibito. Sfogliando la pagina ‘Toscana accessibile’ del sito Visit Tuscany è possibile trovare idee per itinerari di viaggio, esperienze ed eventi e scaricare guide e mappe.
C’è, per esempio, il Castello dell’Imperatore a Prato, costruito per ordine di Federico II di Svevia attorno al 1240, che i disabili visivi possono visitare grazie alla guida tattile ‘Un castello da toccare’, creata in collaborazione con l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti. La guida si compone di dieci tavole con la storia e l’architettura del monumento, sia in braille che in testo a elevato contrasto visivo, mentre un qr code consente di attivare un audio di spiegazione. Una sessantina di musei toscani aderisce invece al progetto ‘L’arte tra le mani’, che consente alle persone affette da demenze senili come l’Alzheimer di avvicinarsi alla storia e alle collezioni. Anche il mare può diventare uno strumento di integrazione e abbattimento delle barriere: accade con le green beach ecologiche e accessibili che - a Castiglione della Pescaia, Montignoso e San Vincenzo - facilitano l’accesso alle spiagge libere a chi ha problemi motori, grazie a rampe e accessi per disabili e anziani, grandi punti ombra con gazebo raggiungibili con pedana, cartellonistica e indicazioni in brail-
Il lago di Massaciuccoli. Nell’altra pagina, l’isola di Pianosa.
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le per non vedenti, servizi igienici con doccia e la carrozzina reclinata in tela con ruote grosse adatte al trasporto su sabbia, che permette l’immersione e il bagno in mare a chi non è autosufficiente. Inoltre, sul fronte naturalistico, diverse aree protette – in primis il Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, il Monte Falterona, Campigna e il Parco dell’Orecchiella - hanno migliorato la fruibilità dei sentieri e creato percorsi e servizi per un’utenza con particolari fragilità.
A fare da ombrello a tutte le iniziative di turismo sostenibile c’è una Carta dei valori voluta da Toscana Promozione Turistica: non solo un manifesto teorico, ma un manuale pratico che fornisce indicazioni sulle azioni quotidiane e gli interventi a lungo termine. Il documento si basa su cinque principi cardine, tra cui la collaborazione tra operatori pubblici e privati, cittadini e turisti per creare un sistema più sostenibile, la conservazione del patrimonio naturale e culturale della Toscana, il rispetto per l’ambiente, le persone e le culture locali. Ma anche responsabilità da parte di tutti gli attori e trasparenza nelle comunicazioni e nelle azioni. Sono già 400 gli operatori che hanno aderito alla carta, di cui la metà riferibili alla ricettività in senso ampio (hotel, b&b, agriturismi, appartamenti, etc.), per mappare, monitorare e portare alla Borsa Internazionale del Turismo 2025 le best practice presenti sul territorio. È questa la missione che Toscana Promozione Turistica illustra e promuove alle fiere di settore più importanti, sia in Italia che all’estero. F
di Cristina Mercuri
Coltivare bellezza
Alberto Tasca è un imprenditore di ottava generazione. Con la sua Tasca D’Almerita vuole produrre vini che vadano incontro ai desideri dei consumatori, ma senza scendere a compromessi e rinunciare alla sicilianità
CCi chiediamo spesso cosa vogliano i consumatori e come si possano avvicinare le nuove generazioni a un consumo consapevole del vino. Gli studi dimostrano che i consumatori, soprattutto i più giovani, sono sempre più attenti alla sostenibilità ambientale e sociale. Fanno scelte etiche che limitano l’impatto sul territorio e vogliono acquistare prodotti di aziende che fanno altrettanto. Chiedono vini contemporanei: slanciati, leggiadri e guidati da un frutto ben definito. Come si possono coniugare le due cose per produrre vini di qualità e rispettosi dell’ambiente lo può raccontare Alberto Tasca
Quando si pensa a Tasca D’Almerita, si pensa alla grande diversità della Sicilia e dei vini che rappresentano il territorio. Alberto rappresenta l’ottava generazione imprenditoriale della famiglia. I vini che hanno segnato la storia, come Nozze D’Oro e Rosso del Conte dall’azienda Regaleali, si affiancano oggi ad altri, sempre dal carattere contemporaneo e con una scommessa che va avanti da più di 20 anni: la sostenibilità. Oggi Tasca D’Almerita ha cinque tenute per circa 500 ettari di terreno e oltre 170 lavoratori, per la maggior parte siciliani. Il loro motto è ‘cultivating beauty’, coltivare bellezza. I vini spaziano dai classici monovarietali agli storici Riserva del Conte e Almerita Brut Contessa Franca. Sono lineari e vibranti, ascoltano il desiderio dei consumatori senza scendere a compromessi e rinunciare alla sicilianità. Vini come il Frappato, che conservano il profilo talcato e dal finale leg-
Alberto Tasca. Sotto, la Tenuta Regaleali di Tasca d’Almerita.
germente affumicato tipici della regione, legati alla terra.
Quando Tasca parla di sostenibilità usa spesso la parola ‘amore’, come fondamento delle azioni per raggiungere standard elevati. Il concetto sembra astratto, ma non lo è. Solo la dedizione, l’ascolto e la voglia di agire per il bene dei territori possono innescare un circolo virtuoso per limitare l’innalzamento delle temperature globali entro 1,5°C e raggiungere la neutralità climatica.
La concretezza Alberto la dimostra con azioni e vini. Nel 2010 ha fondato SOStain, un protocollo riconosciuto dal ministero della Transizione ecologica per i viticoltori che cercano di misurare e ridurre il loro impatto ambientale e favorire le buone pratiche nel rispetto dell’ecosistema. Con SOStain i produttori adottano tecniche e conoscenze necessarie per non arrecare danno alla vigna, all’ambiente e alle prossime generazioni. Il protocollo si fonda su dieci punti, tra cui divieto di diserbo chimico, misurazione e protezione della biodiversità, uso di materie prime locali, rispetto degli standard Viva e adozione su tutta la produzione di bottiglie leggere. Oggi SOStain raccoglie oltre 40 aziende siciliane. Il suo impegno si traduce in gesti quotidiani per migliorare la qualità dei vini con standard elevati che spera diventino la normalità. Quanto più rapidamente si raggiungerà questo obiettivo, tanto più rapidamente sarà possibile attuare i cambiamenti previsti nelle pratiche commerciali, rendendole più rispettose dell’ambiente e della società.
Tasca, con la sua capacità di leggere i tempi e l’approccio gentile e rispettoso, ha portato Tasca D’Almerita e la Sicilia al livello delle grandi aziende internazionali. F
FORBES DESIGN
di Valentina Lonati
Alzi la mano chi non ha mai avuto una sedia della vergogna, quella con una pila di vestiti sopra che non sono del tutto puliti ma nemmeno sporchi, in un limbo fra bucato e armadio. Parte da qui Wash Less, elemento d’arredo frutto della collaborazione tra Whirlpool e Natuzzi che è nato da una scommessa: e se quella sedia diventasse un pezzo di design? A firmarla è l’architetto Fabio Novembre. Il risultato è un arredo che unisce una comoda seduta e un pratico servomuto, nato per ridurre i lavaggi superflui e far risparmiare energia e acqua. Realizzata con una robusta struttura in acciaio, la poltrona è rivestita in Ecoplen, un innovativo tessuto autopulente che offre protezione contro batteri, muffe e virus.
Lo studio Barber Osgerby ha reinterpretato la sua lampada Bellhop, prodotta da Flos, progettando una nuova collezione di sospensioni e lampade da tavolo in vetro soffiato. Ideata nel 2016 come luce da tavolo per un ristorante londinese, Bellhop è stata successivamente proposta da Flos in varie finiture, formati e versioni. Il suo successo si deve all’immediata riconoscibilità del diffusore a campana, che avvolge la fonte luminosa dando vita a un oggetto compatto e dalle forme morbide. Oggi i due designer propongono un’evoluzione radicale di questa luce con la Bellhop Glass, collezione che comprende una lampada da tavolo dalle dimensioni importanti e tre sospensioni.
Un elemento narrativo capace di valorizzare gli spazi attraverso il linguaggio poetico della geometria e del colore. È così che intende il tappeto Besana Carpet Lab, laboratorio di sperimentazione che sta contribuendo a innovare il settore della pavimentazione tessile, nato dall’esperienza dell’azienda Besana. La sua nuova collezione Mix&Match si compone di 19 modelli che sono come isole di un arcipelago, micromondi animati da disegni grafici ispirati all’arte, al gioco e alla contemporaneità. A caratterizzarli sono forme geometriche e irregolari, colori pastello e vibranti, texture ed effetti 3D, tutti a rappresentare infinite possibilità di personalizzazione.
Gli smartphone sono preziosi alleati nella vita privata e nel business, ma hanno dei limiti nelle immagini notturne, che non raggiungono mai risultati soddisfacenti. Ora ci prova Xiaomi, con il modello 14 T Pro, a portare a un nuovo livello la qualità delle immagini in situazioni di pochissima luce. Lo fa aggiornando le funzioni del comparto fotografico Leica e aggiungendo l’in-
di Gabriele Di Matteo
Elon Musk ha annunciato il prototipo del Cybercab, il robotaxi di Tesla, dicendo che “salverà vite umane, perché potrà diminuire fino a 20 volte gli incidenti stradali, essendo molto più sicuro della guida umana”. Ha aggiunto che “un viaggio con questa auto-robot costerà circa 20 centesimi a miglio, contro il costo dei mezzi urbani che si attesta su un dollaro per la stessa distanza”. Il costo è fissato sotto i 30mila dollari e l’uscita è prevista il 2027. Le batterie potranno essere ricaricate a induzione e la guida autonoma senza supervisione dovrebbe essere attivata nel 2025 in Texas e in California. Il cyber taxi si potrà chiamare con un’app e chi lo acquista privatamente potrà affittarlo ad altri quando non lo userà. Il mercato ha accolto freddamente, con un ribasso dell’8% delle azioni Tesla.
telligenza artificiale. Il processore scelto dall’azienda di Pechino per gestire questa potenza di calcolo è di MediaTek, società emergente di Taiwan che sarà anche fornitrice dei display ultrasottili dei prossimi iPhone 17, in uscita nel 2025. Con la modalità Movie è possibile ricreare atmosfere molto vicine a quelle del grande cinema.
L’ExpertBook P5 firmato da Asus si posiziona tra i prodotti professionali. È arricchito dall’intelligenza artificiale, che permette di velocizzare e ottimizzare il lavoro. Asus AI ExpertMeet - grazie alla funzione AI meeting minute - cattura e trascrive l’audio delle riunioni, trasformandolo in testo per una facile revisione. Traduce anche dall’italiano all’inglese e viceversa. Identifica i componenti di un meeting e, per ciascuno, ordina e riassume i punti chiave. L’IA sfrutta un enorme database di deep learning per ridurre il rumore di fondo e migliorare la voce dell’oratore. Anche la webcam riesce a catturare i momenti salienti seguendo fedelmente il soggetto che parla. Copilot Microsoft aiuta inoltre richiamare documenti e mail all’istante.
FORBES TRENDS
Un sorpasso che ha il sapore di uno smacco, per i francesi: per la prima volta negli Stati Uniti le bollicine italiane superano quelle francesi. Lo rileva l’Osservatorio Uiv-Vinitaly, secondo cui l’avvicendamento riguarda sia i volumi che i valori, registrati attraverso il monitoraggio delle vendite riscontrate dai distributori Usa. Grazie a questo cambio nella leadership degli spumanti, l’Italia vede aumentare le proprie quote di mercato al 35%, contro il 31% dei francesi (che lo scorso anno erano in testa 34-32) e il 28% degli ‘sparkling’ americani. A trainare le vendite è il prosecco, che ha una quota di mercato del 28%, contro il 26% dello champagne.
Una delle poche certezze sul caviale, finora, è stata che le uova di storione fossero nere. Questa, almeno, è la caratteristica dei più famosi brand sia italiani – dai veneti Giavier e Cru Caviar (primo produttore italiano di beluga) al lombardo Calvisius – che esteri. Ecco perché incuriosisce l’arrivo sul mercato del primo caviale albino, una rarità che Royal
Food Caviar ha ottenuto dallo storione Acipenser ruthenus, chiamato anche storione Sterleto, un pesce di piccole dimensioni che raggiunge la maturità più precocemente rispetto alle altre specie. Le sue uova, nella variante albina, sono più piccole e vellutate e presentano un colore dorato. Il gusto ha note burrose, erbacee e speziate.
Il mondo della gelateria non è nuovo a connubi legati agli alcolici, e la più nobile delle bollicine francesi non poteva esimersi dallo sperimentare la sua versione da passeggio, come cono o coppetta. Ad esplorare questa combinazione a Milano hanno pensato Cerdini & Quenardel, due aziende francesi che hanno unito le forze per presentarsi sul mercato italiano proponendo un nuovo modo di gustare lo champagne non solo in abbinamento a macarons e cioccolato. E all’interno della rassegna FuoriBolla a Modena è nato il Gelato con le Bolle: tre sorbetti e un gelato abbinati ad altrettanti champagne e firmati dal gelatiere Gianluca Degani (Naturalmente Gelato di Modena) e dal bartender Davide Gobbi.
LA NATURA DÀ SPETTACOLO
Wildlife Photographer of The Year, la mostra sullo spettacolo della natura più prestigiosa al mondo, torna per la 60esima edizione al Museo della Permanente di via Turati. Dal 22 novembre al 9 febbraio, 100 foto trasportano in un viaggio reso ancor più coinvolgente dai grandi pannelli che regalano agli scatti una nitidezza eccezionale e una profondità iper realistica, grazie alla retroilluminazione a led. L’esposizione riunisce le foto finaliste e vincitrici (il canadese Shane Gross si è aggiudicato il titolo di Wildlife Photographer of
the Year 2024 con la sua The Swarm of Life, nella foto, che ritrae i girini di rospo) del concorso indetto dal Natural History Museum di Londra, selezionate tra 59.228 scatti da 117 paesi, che documentano meraviglie che vanno dal comportamento degli animali alle specie in via di estinzione, dai dettagli del mondo vegetale a scorci inediti di paesaggi. Ma anche reportage in prima linea sui cambiamenti climatici e la crisi della biodiversità.
LIVING MILANO
di Alessia Bellan
In terrazza con l’oro nero
Brunch, sì. Ma protagonista è il caviale. Dal 25 novembre al 1 dicembre all’Excelsior Hotel Gallia, a Luxury Collection Hotel, per entrare con stile nel mood natalizio l’appuntamento è firmato Cru Caviar, azienda che lo produce artigianalmente, oggi prima realtà italiana per il caviale beluga. Sulla terrazza con vista, il nuovo format
celebra l’eccellenza dei prodotti Cru Caviar, perle da scoprire nel menu per il brunch (75 euro) curato dai fratelli Antonio e Vincenzo Lebano, executive chef del rooftop restaurant, attraverso una selezione di piatti gourmet che esaltano le qualità dell’oro nero. La bottarga di caviale prodotta a mano dà un tocco sapido alla montanara con burrata e limoni, mentre il sapore delicato dello storione Beluga affumicato completa la bruschetta di crema di pomodori confit e asparagi di mare. Le acciughe del Cantabrico Cru esaltano i sapori di pane e burro allo zafferano e il caviale croccante disidratato si sposa alla perfezione con la spuma di patate e cerfoglio. Il tocco finale è il panettone con cioccolato fondente e caviale croccante.
RESTYLING CON GUSTO
Eataly Smeraldo ha celebrato i dieci anni con una festa durata dieci giorni, per suggellare il restyling dei suoi 4.500 metri quadrati su tre livelli. Rinnovato dagli architetti del gruppo, il flagship store si ripresenta aggiornato, con gli spazi del mercato al piano terra sviluppati in modo più efficace e 12 punti ristoro, tra cui Food & Pizza Theatre, ristorante da oltre 750 metri quadri, con oltre 500 proposte di servizio veloce e un approccio informale e accessibile all’eccellenza eno-
gastronomica. Tra le novità, una caffetteria con 30 posti a sedere, il corner di Artisti del Vegetariano, i banchi del fritto e dei salumi e formaggi, il laboratorio artigianale di pasta fresca Plin, il caseificio Miracolo a Milano,
dove ora si può gustare anche il fior di latte appena fatto, e la pescheria dove, oltre a fare acquisti, si possono degustare ostriche e crudi di pesce. Per corsi di cucina ed eventi c’è La Scuola di Eataly al terzo piano.
DALLE VIGNE AL PIATTO
Una storia di famiglia e di vino. A un’ora da Roma la Cantina Sant’Andrea è un unicum che racconta la passione e l’impegno della famiglia Pandolfo, che ha quasi due secoli di storia vitivinicola. Un amore per la terra e i vigneti iniziato a Pantelleria, proseguito in Tunisia e poi fra l’Agro Pontino e la cosiddetta Riviera di Ulisse. Oggi Andrea Pandolfo e suo padre Gabriele producono etichette di grande pregio ed espressione del territorio. Hanno ridato vita agli storici vigneti di montagna di Campo Soriano, su un altopiano carsico a più di 350 metri, da cui oggi - con una vendemmia ‘eroica’ rigorosamente a mano - nascono vini aromatici, fra cui l’Hum Moscato di Terracina Doc. Inoltre, con la cucina di Seguire le botti, accanto alla cantina, la famiglia, attraverso lo chef Pasquale Minciguerra, esprime nei piatti la valorizzazione del territorio, usando solo eccellenze laziali e dell’azienda, come l’olio della fattoria, le uova o le conserve.
LA PELLE
PARLA DI NOI
Un trattamento di rigenerazione cellulare disponibile in Italia solo alle Spa Bulgari di Roma e Milano. Un reset cutaneo intensivo di quattro settimane per una pelle rigenerata. Il cofanetto Skin Infusion di Augustinus Bader con Advanced Tfc (Trigger Factor Complex) e attivatore di vitamina D è un percorso che si acquista in spa, si applica con un trattamento di 30 minuti e si prosegue a casa in autonomia. Poi, all’occorrenza, si può abbinare, durante una pausa pranzo o dopo l’ufficio, un trattamento coadiuvante di monitoraggio in spa. Si tratta di un cosmeceutico che, con l’ingrediente di Augustinus Bader combinato alla luce led, attiva un processo di rinnovamento cellulare che promuove una fresca luminosità dall’interno, migliora la compattezza, la luminosità e la texture cutanea, riducendo anche le linee del tempo. Particolarmente suggerito nei cambi di stagione per idratare in profondità.
FRA COLORI E SAPORI DEL BOSCO
Metis è una scoperta: lo chef Fabio Dodèro (nella foto) sta rendendo il quadrante dell’Eur più brillante con la sua cucina sofisticata, meta per un pubblico gourmand. Lo chef ha studiato all’Alma e ha lavorato all’Atelier Robuchon, da Materiaprima a Pontina e, brevemente, nella Brasserie di Paul Bocouse. La sua cucina è titolata e tecnica, ma anche concreta e gustosa. Tra i piatti signature c’è lo spaghettino freddo con pomata di mandorle, citronette e gambero, reinterpretazione del classico di Gualtiero Marchesi. Ama le preparazioni fermentate nella sua cucina. Soia, miso e kom-bucha sono fatti in casa, come i lievitati, dai grissini al pane con varie farine, tra cui quello alla curcuma e uvetta. Nel menu autunnale spicca il cardoncello arrosto glassato con soia ai porcini, topinambur, ribes e nocciole. Da provare l’uovo nel bosco, una cheesecake con un cuore di passion fruit che evoca il tuorlo, il tutto su un nido croccante e una terra di cioccolato e frutti rossi.
LIVING NEW YORK
di Aka Sarabeth
La feste delle eccellenze ITALOAMERICANE
Il 49esimo gala annuale del Niaf (National Italian American Foundation) si è svolto sabato 26 ottobre all’Omni Shoreham Hotel di Washington, D.C. Quest’anno il Niaf ha reso omaggio al Friuli-Venezia Giulia come Regione d’Onore 2024, esaltandone la storia e la cultura. Tra i premiati della serata Carlo Cimbri, presidente di Unipol Gruppo e UnipolSai, Carlo Messina, direttore generale di Intesa Sanpaolo, Monica M. Bertagnolli, l’ammiraglio Lisa Franchetti, Gina M. Raimondo, segretario al Commercio, e Kevin McCarthy, ex speaker della Camera dei Rappresentanti. Il gala rappresenta non solo una celebrazione delle eccellenze italoamericane, ma anche un’occasione per rafforzare i legami tra Stati Uniti e Italia.
Tra alta cucina, performance artistiche e discorsi ispiratori, la serata ha ribadito l’importanza delle radici culturali e del contributo degli italoamericani in vari settori della società. Grazie all’impegno e al successo dei premiati, l’eredità italoamericana continua a brillare e a lasciare un segno nella storia degli Usa.
UN NUOVO CAPITOLO DI LUSSO
Uno degli hotel storici di New York, il Peninsula, guidato dal managing director Samir Ibrahim, ha completato una ristrutturazione che segna una nuova era di lusso sulla Fifth
Avenue. Il progetto, diretto dallo studio Bill Rooney di New York, ha rinnovato 219 camere, suite e spazi comuni, inclusi la lobby, il Palm Court e il rooftop lounge Pen Top. L’hotel, edificio del 1904, si è ispirato all’eleganza degli anni ‘20 di Manhattan, con un tocco di modernità che unisce raffinatezza e comfort. Le nuove camere evocano l’atmosfera di un appartamento privato, arricchito da tecnologie all’avanguardia e dettagli di lusso. Il Pen Top, ora riqualificato, si propone come la nuova destinazione esclusiva di Midtown, offrendo viste sulla skyline di Manhattan.
Il ristorante dei presidenti
Dopo il suo intervento all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il presidente Joe Biden, insieme alla first lady Jill, ha scelto di cenare al ristorante Sistina, locale storico di riferimento per i presidenti americani, apprezzato soprattutto da Bill Clinton e Barack Obama. Accolti dallo chef Giuseppe Bruno, i Biden hanno gustato gli spaghetti al pomodoro di Sistina, su suggerimento di Jill.
Nonostante le elevate misure di sicurezza, Sistina è rimasto aperto ai clienti, mantenendo un’atmosfera accogliente e professionale, qualità che da oltre 40 anni contraddistinguono il ristorante. La serata si è conclusa con Biden che ha mangiato un gelato, promettendo di tornare. La scelta del presidente evidenzia la reputazione di Sistina come punto di riferimento per il gusto e l’eleganza a New York.
“Sei per sempre responsabile di ciò che hai domato. Sei quindi responsabile della tua rosa.”
Antoine de St.-Exupéry
“Il carattere - la volontà di accettare la responsabilità della vita di un’altra persona - è la fonte da cui sgorga il rispetto per se stessi.”
Joan Didion
“Chi pronuncia la sentenza deve essere anche colui che brandisce la spada.”
George R.R. Martin
“La perdita del privilegio di incolpare gli altri colpì inaspettatamente.”
Megan Whalen Turner
“Nessuno dovrebbe fidarsi di un gruppo di uomini che non risponde delle proprio azioni”
Thomas Paine
“Una persona può causare il male agli altri non solo con le sue azioni, ma anche con la sua inoperosità, e in entrambi i casi è giustamente responsabile per il danno.”
John Stuart Mill
“Siamo davvero formati dai traumi che ci colpiscono. Ma poi devi prendere il controllo, devi prendere in mano la situazione.”
Camille Paglia
“Essere responsabili a volte significa far arrabbiare le persone.”
Colin Powell
PENSIERI E PAROLE
Responsabilità
“I nostri rimedi spesso risiedono in noi stessi e li attribuiamo al cielo”
William Shakespeare
“L’azione non nasce dal pensiero, ma dalla prontezza ad assumersi la responsabilità.”
Dietrich Bonhoeffer
“La libertà pretende molto da ogni essere umano. Con la libertà arriva la responsabilità. Per la persona che non è disposta a crescere e che non vuole portare il proprio peso, questa è una prospettiva spaventosa.”
Eleanor Roosevelt
“Ora pensiamo a noi stessi come coloro che mangiano la torta invece che come coloro che hanno fatto la torta. Ma quindi, chi fa la torta?”
David Foster Wallace
“Non ho uno schieramento. Sono responsabile di ciò che dico e di nient’altro.”
Glenn Greenwald
PENSIERO FINALE
“Ognuno di noi ha la responsabilità di fare il proprio meglio per promuovere la fratellanza tra gli uomini”
B.C. Forbes