PLAYGROUND COME RISORSA DEL BEN-ESSERE. Il parco urbano delle Mura Medicee di Grosseto

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Scuola di Architettura Corso di Laurea Magistrale Quinquennale a ciclo unico

Tesi di Laurea in architettura

Playground come RISORSA del Ben-essere Il parco urbano delle Mura Medicee di Grosseto

Relatore: Prof. Antonio Lauria

Candidate: Bianca Amerini Lisa Donatini

Correlatore interno: Prof. Emanuela Morelli Correlatore esterno: Prof. Edoardo Malagigi

Anno Accademico 2014/2015



Al mio nonno Mario, che non ha smesso mai di giocare. Bianca

Alla nonna Vittorina, sempre con me. Lisa


indice

IL PROGETTO DI RICERCA 14 Stato dell’arte, Obiettivi, Metodologia  16 Metodologia   23

PARTE I 27 I.1 IL BENESSERE NELLA PROGETTAZIONE URBANA I.1.1 L’importanza di una corretta progettazione ambientale per la qualità della vita

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e per il benessere urbano

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I.1.2 Active City: un approccio olistico per uno stile di vita attivo

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I.1.3 Active Design  42 I.1.4 Universal Design e Design for All  50 I.1.5 Conclusioni  60

I.2 IL PLAYGROUND 64 I.2.1 Il gioco, il bambino, la città  66 I.2.2 Il playground: linee evolutive e tipologie  84 I.2.3 Playground for all come strumento dell’inclusione sociale

92

I.2.4 Playground come opera di architettura  96 I.2.5 Ambiente, natura, esperienza

110

I.2.6 Best Practices

120

I.2.7 Conclusioni

130


PARTE II

133

II.1 LE MURA MEDICEE DI GROSSETO 134 II.1.1 La storia  136 II.1.2 L’evoluzione degli strumenti urbanistici dal 1994 e dibattito in corso sul futuro delle

Mura di Grosseto

154

II.1.3 Analisi SWOT  172 II.1.4 Analisi percettiva  198 II.1.5 Conclusioni  204

II.2 PROPOSTA PROGETTUALE 208 II.2.1 Il Parco delle Mura  210 II.2.2 Viaggio in Maremma  222

Conclusioni 262 ALLEGATI 266 Riduzioni delle tavole  268

APPARATI 294

Bibliografia

296

Sitografia

302

Fonti delle illustrazioni  306

RINGRAZIAMENTI 314



INTRODUZIONE

Progetta sempre una cosa considerandola nel suo più grande contesto, una sedia in una stanza, una stanza in una casa, una casa nell’ambiente, l’ambiente nel progetto di una città. Eliel Saarinen

Il nostro lavoro di tesi nasce come riflessione su temi ampi quali il concetto di Benessere nella progettazione degli spazi urbani e le sue possibili applicazioni. Troppo spesso, infatti, nell'avvicinarsi a esercizi progettuali di ogni genere, non si tengono in considerazione temi di natura sociale e antropologica, quando al contrario l'Uomo stesso è fulcro centrale del processo creativo e principale destinatario dell'opera progettata. Abbiamo ritenuto importante iniziare la nostra trattazione avvicinandoci a una dimensione estesa come quella dell'intera Città, considerata come la forma più progredita di vita organizzata, luogo nel quale oltre ai vantaggi pratici del vivere in collettività, si allontana in teoria il senso di solitudine del singolo individuo. è tuttavia triste notare come, nonostante una maggior diffusione del benessere economico rispetto al passato, l'ambiente mal progettato sia ancora causa di malessere per molti. Per dar vita ad un luogo (su grande o piccola scala) che si faccia portatore di bellezza e benessere appare necessario recuperare una filosofia progettuale accompagnata da sentimenti e passioni. Questo è l'obiettivo che, nel nostro piccolo, abbiamo tentato di raggiungere con il nostro progetto: un Natural Playground che si configuri come espressione compiuta dello stare bene nell'ambiente che ci circonda.


ABSTRACT

Il lavoro di tesi inizia con lo studio del tema del Benessere negli spazi urbani attraverso un lavoro di ricerca suddiviso in una prima parte legata ai concetti di Active City e di Active Design ovvero una progettazione urbana che si occupa di creare occasioni per svolgere una vita sana e attiva all’interno del contesto edilizio e sociale, offrendo risorse che consentono ai cittadini di mantenersi fisicamente attivi nella loro quotidianità. La nostra riflessione ha compreso anche aspetti legati all'Universal Design e al Design for All, ripercorrendo le principali tappe che hanno portato a focalizzare l'attenzione anche su un utente diverso dall'adulto medio sano, passando dal concetto di diversità al concetto di utenza ampliata. Conclusa questa prima parte di ricerca, abbiamo continuato il nostro studio approfondendo uno dei possibili strumenti di applicazione del Ben-essere: il Playground. Dopo una prima parte di approfondimenti in ambito pedagogico, necessari per arricchire almeno in parte la nostra conoscenza sul tema del gioco, ci siamo concentrate sulla definizione di playground come progetto di architettura compiuto, prima delineando una sua breve storia e caratterizzazione tipologica e successivamente traendo ispirazione dai numerosi esempi del grande architetto Aldo Van Eyck e dai più recenti progettisti specializzati in questo particolare ambito. è a questo punto che abbiamo scelto come luogo per il nostro esercizio progettuale il Parco Urbano delle Mura Medicee di Grosseto, prima occupandoci di una sistemazione paesaggistica generale di ampio respiro sull'intero parco, e poi dedicandoci con maggiore attenzione a un solo bastione, sede del nostro progetto di un playground.


ABSTRACT

The thesis begins with the study of the theme of Wellness in urban spaces through a research divided into a first part related to the concepts of Active Design and Active City that is an urban design which deals to create opportunities to carry out a healthy and active lifestyle within the building and social context, offering resources that allow citizens to be physically active in their daily life. Our analysis also included aspects related to Universal Design and Design for All, retracing the main stages that led to focus also on a different user from the adult average healthy, going from the concept of diversity to the concept of DfA. Completed the first part of the research, we continued our study investigating a possible instrument for the implementation of Well-being: the Playground. After a first part of discussions in pedagogy, needed to enrich our knowledge at least in part on the theme of the gaming, we focused on establishing playground as an a accomplished architectural project, before outlining a brief history and typological features and subsequently inspired by the many examples of the great architect Aldo van Eyck and the latest designers who specialized in this particular field. It is at this point that we have chosen as a place for our design exercise the Urban Park of the Medici Walls of Grosseto, before taking care of a landscaping general broad entire park, and then focusing our attention to one of bastions, headquarters our plans for a playground.



Non smetteremo di esplorare. E alla fine di tutto il nostro andare ritorneremo al punto di partenza per conoscerlo per la prima volta. T. S. Eliot


IL PROGETTO DI RICERCA


La mente che si apre a una nuova idea non torna mai alla dimensione precedente. Albert Einstein

Nelle pagine che seguono presentiamo una breve introduzione ai temi da noi affrontati nell'intero lavoro di tesi, illustrando i presupposti alla base della nostra ricerca, la ragione della scelta del tema e una spiegazione preliminare del concetto di Benessere che sta alla base dell'intera trattazione. Vengono inoltre presentati gli obiettivi prefissati fin dall'inizio e la metodologia utilizzata nello svolgimento delle varie fasi operative. 15


Stato dell’arte, Obiettivi, Metodologia

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Stato dell'arte Nell’avvicinarci alla presentazione del concetto di Benessere, che permea l’intero lavoro da noi affrontato, appare necessario soffermare preventivamente l’attenzione su alcune brevi considerazioni iniziali. Ci pare infatti importante sottolineare quanto la realizzazione di un progetto urbano realmente vivibile richieda un impegno più profondo rispetto a quello normalmente dedicato a un progetto architettonico e una cultura più ampia che vada a indagare come si presenta realmente il rapporto tra la città, l’agglomerato urbano e i suoi cittadini. Le città contemporanee, reduci da un’espansione molte volte incontrollata, svolgono spesso un ruolo aggressivo e in larga misura ostile nei confronti dei loro abitanti più deboli: bambini in primo luogo, anziani, persone disabili. E’ fondamentale convincersi di come la sostenibilità nella progettazione dei sistemi urbani debba essere un paradigma identitario della Città Nuova, intesa come luogo sicuro e socialmente coeso. Lo spazio urbano necessita di un pensiero più attento alle esigenze umane e sui parametri che hanno una loro dimensione caratteristica e legata indissolubilmente allo scorrere del tempo e della vita. Una nuova domanda di città si presenta l’unica soluzione possibile, basata sul benessere dell’individuo, posto al centro di ogni dissertazione progettuale intrapresa. I principi cardine alla base dell’urban planning dovrebbro quindi rifarsi alla memoria identitaria del luogo e alla qualità dell’ambiente circostante, intesa in misura maggiore come qualità sociale del vivere ovvero well-being. La percezione sociale rispetto a temi quali la fruibilità dell’ambiente si riflette nell’approccio socio-culturale che può portare ad un riconsiderarsi del progetto di architettura, organismo complesso e ben strutturato.

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il progetto di ricerca

Riteniamo fondamentale avvicinarsi a una vera e propria nuova cultura della progettazione incentrata sui reali bisogni dell’uomo, sul rispetto in ogni forma della dignità dell’individuo e sul diritto di ognuno di poter attivamente prendere parte alla vita sociale della propria comunità usufruendo in prima persona degli spazi per lui progettati e godendo di quel benessere e comfort urbano auspicato in ogni opera a servizio della comunità. Nel nostro lavoro vogliamo sottolineare come secondo noi esista una correlazione tra la rigenerazione urbana intesa dal punto di vista architettonico e la promozione di uno stile di vita attivo incentrato sul tema del benessere in ogni sfera e in ogni età della vita dell’individuo. Quando parliamo di benessere, in questa trattazione, intendiamo qualità della vita urbana. È importante che, congiuntamente a politiche ed iniziative di Enti ed Amministrazioni locali, l’architetto, nel progettare gli spazi pubblici urbani, si prefigga tra gli obiettivi quello fondamentale di rendere la città luogo del “buon vivere”. Per fare questo occorre innanzitutto rinnovare il senso di identificazione dei cittadini rispetto ai luoghi in cui vivono, e rendere gli spazi pubblici urbani dei luoghi dove “stare bene”. Per affrontare tematiche quali la qualità della vita e il well-being in città, intendiamo in questa sede sottolineare l’importanza di aspetti della vita quali la salute, la formazione, il tempo libero, le relazioni sociali, la sicurezza, l’ambiente ed il patrimonio culturale; tutti fattori, questi, che incidono sul benessere dell’individuo, all’interno del suo spazio di vita. 18

È in quest’ottica che, a nostro parere, assume S importanza anche il concetto di Active City, cioè di città in cui si sviluppano politiche di promozione dell’attività fisica attraverso l’integrazione tra i settori di urbanistica, architettura, ambiente, sport e salute. A questo scopo è importante incoraggiare la frequentazione di luoghi inclusivi inseriti nel contesto dell’ambiente naturale, facilmente raggiungibili e fruibili da tutti, che consentano di fare attività fisica in ambienti piacevoli e non stressanti, e di sfruttare il proprio tempo libero in condizioni di serenità. Mantenere uno stile di vita attivo porta indubbiamente benefici al corpo e alla mente; poterlo fare negli spazi pubblici della propria città, che sia correndo, passeggiando nel verde, giocando in un parco, andando in bicicletta o fruendo di strutture ricreative, rende il nostro spazio vitale un’importantissima fonte di benessere quotidiano. Una città sana è una città consapevole dell’importanza della salute e una città che, attraverso politiche sociali ed ambientali, insieme ad un’adeguata progettazione urbanistica ed architettonica, si impegna a migliorarla, fornendo nuove opportunità d'uso. Ci pare giusto, inoltre, inserire nella nostra riflessione il punto di vista non solo dell’individuo adulto sano, che lavora e produce, ma anche del bambino e degli altri soggetti esterni ai processi della produzione, come gli anziani e i disabili, soggetti che troppo spesso vengono ignorati nella pianificazione urbanistica ed architettonica, fatto questo che incide in maniera fortemente negativa nell’effettiva riuscita di un progetto. Si pone quindi il problema di ri-pensare,


il progetto di ricerca

ri-progettare e ri-animare gli usi del parco urbano, nonché delle aree ad esso adiacenti. Il progetto del parco, dunque, non deve essere più visto come un fatto esclusivamente tecnico, quanto piuttosto una questione “politica”, ovvero pubblica e civile.

Nell’approfondire uno degli sbocchi progettuali del concetto di Benessere, avrà ampio respiro, nella nostra trattazione, il tema dei playground (campi gioco), attraverso un’indagine del rapporto tra lo spazio urbano e il bambino, per poi arrivare ad una progettazione interdisciplinare di spazi aperti, e non 19


il progetto di ricerca

ad un verde pubblico standardizzato. Il gioco infantile, inteso come fatto sociale ed interpersonale, è stato in Italia raramente oggetto di progetti strategici di lungo respiro; è tuttavia solo unendo le esigenze dei bambini e degli adulti, con un ritrovato interesse verso le scienze educative che è possibile aprire nuove strade per ristabilire un corretto equilibrio uomo/ambiente urbano. Nel nostro Paese, purtroppo, i giardini, così come i parchi giochi, sono progettati pensando esclusivamente, o quasi, al loro aspetto funzionale, per essere usati ma non vissuti pienamente dai bambini. Gli spazi gioco presenti in Italia, infatti, si traducono quasi sempre in semplici aree verdi attrezzate con giochi standardizzati e prefabbricati (come scivoli ed altalene), che impongono specifici ed univoci comportamenti, senza presupporre un precedente studio né sulla progettazione degli spazi, né sulle necessità dei bambini, e senza tener conto, in nessun modo, delle molteplici diversità sociali, caratteriali, comportamentali che li contraddistinguono. In contesti come questo, si ha come diretta conseguenza l’alienazione del bambino, che viene limitato nel gioco e che si trova costretto a svolgere azioni monotone e ripetitive che non stimolano la sua fantasia e creatività; non di rado, inoltre, capita che il bambino, annoiato da quell’unico tipo di utilizzo, cerchi di reinterpretare l’oggetto a modo suo, servendosene in modo non consono e, talvolta pericoloso. 20

Obiettivi Uno dei principali obiettivi della nostra tesi è approfondire il concetto di ben-essere urbano e, necessariamente, l’acquisizione di una maggiore conoscenza riguardo al tema del playground, tema che intendiamo sviluppare in ragione del fatto che costituisce una delle numerose possibilità attraverso cui concretizzare il concetto stesso di benessere. La progettazione di playground rappresenta un argomento purtroppo poco studiato fino ad ora, almeno in Italia, e che si presenta ricco di risvolti progettuali. Nell’ambito del nostro progetto di tesi, tuttavia, abbiamo deciso di non limitarci a svolgere una ricerca sul tema, ma abbiamo cercato di approfondire come questo stesso tema possa adeguatamente inserirsi all’interno di un contesto urbano preesistente. In relazione a questa premessa, ci siamo prefisse l’obiettivo di mettere alla prova le nostre capacità progettuali, misurandoci con un progetto di un playground in una realtà urbana come il parco sulle mura medicee di Grosseto, attualmente abbandonato a se stesso e tuttavia ricco di potenzialità. Nel fare questo abbiamo cercato di concentrarci su tematiche che riteniamo di fondamentale importanza, quali una spiccata attenzione al lato sociale nell’agire progettuale da una parte, e un approfondimento su aspetti legati ai concetti di sostenibilità, green design e integrazione con il paesaggio naturale circostante dall’altra. Il progetto di tesi si basa proprio sul tentativo


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di condurre a sintesi tutti questi fattori e di come tali differenti aspetti possano tradursi in un progetto di architettura compiuto. Riteniamo che, in virtù delle tematiche affrontate, la tesi abbia di per sè motivo di originalità, soprattutto per la realtà italiana; alcuni riusciti progetti già realizzati in contesti esteri, invece, hanno rappresentato uno spunto nell’indirizzarci su una nuova sperimentazione progettuale in questo campo. Ci riferiamo quindi a questioni quali per prima cosa il tema del gioco, inteso come aspetto chiave dell’iter progettuale, architettonicamente caratterizzato e ben inserito nel contesto di riferimento attraverso un attento studio delle peculiarità del sito. In secondo luogo vogliamo porre l’attenzione su temi delicati quali l’integrazione sociale che questo tipo di opere di architettura naturalmente dovrebbe comportare, e la fruibilità ed accessibilità da parte di soggetti con difficoltà che possono essere puramente motorie ma anche cognitive; nel fare questo non dobbiamo tuttavia dimenticarci che si tratta di un’opera architettonica, e come tale deve tenere in considerazione anche tutte le eventuali implicazioni progettuali estetiche e funzionali che sono necessarie a dare vita ad un progetto organico e ben inserito nel contesto ambientale e socioculturale. In conclusione, quindi, possiamo sintetizzare gli obiettivi del nostro progetto di tesi in due filoni principali: l’acquisizione, attraverso il progetto di ricerca, di adeguate conoscenze in merito alle tematiche affrontate, e l’applicazione di tali

conoscenze ad un caso specifico all’interno di un contesto reale: le mura medicee di Grosseto.

Fasi operative Il nostro lavoro si sviluppa mediante una metodologia specifica. L’aspetto metodologico della ricerca, infatti, è stato studiato fin da subito per permetterci di seguire un iter progettuale coerente e ben radicato ai principi base ritenuti fondamentali in sede di analisi. A questo proposito abbiamo iniziato il nostro lavoro di tesi con un una ricerca che andasse a mettere in luce i molteplici aspetti che il tema del Benessere comporta nella progettazione degli spazi urbani e, più in generale, nell’intera costruzione organica di una città; l'obiettivo è di usufruire di una vera e propria Active City in cui l’ambiente è finalizzato a fornire stili di vita sani e attivi, rendendo così la città stessa più sana, vivibile e quindi sicura. Nell’affrontare il tema del Benessere ci è parso doveroso fare riferimento a concetti sulla progettazione ambientale e la progettazione olistica degli spazi urbani, soffermandoci da subito sull’importanza di pratiche di coesione sociale e trasformazione sostenibile della città, che rendano gli spazi urbani più inclusivi, belli e sicuri. E’ facile capire come il tema del Benessere offra una pluralità di sfaccettature e spunti progettuali, ed è seguendo questa linea che abbiamo ritenuto importante indagare e approfondire uno dei suoi sbocchi applicativi principali; ci riferiamo alla 21


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progettazione di uno spazio legato all'infanzia e non solo, che si costituisca come vero e proprio progetto di architettura capace di costruire, se ben realizzato, un sistema diffuso ed incrementale di luoghi collettivi, veri e propri scenari di vita cittadina: il progetto di un playground, piena applicazione del concetto di Benessere. Ci siamo occupate quindi del tema dei playground più nello specifico, tracciando una breve storia delle linee evolutive dello sviluppo dei parchi gioco nel tempo e delle loro tipologie attuali. Non limitandosi al solo studio da un punto di vista architettonico di queste tematiche, la nostra indagine si propone di mantenere un carattere di interdisciplinarietà per permettere una migliore chiarezza e conoscenza degli scenari di studio presentati. Per questo motivo ci è parso non solo utile, ma doveroso, andare ad integrare la nostra ricerca con aspetti di analisi sociologica e pedagogica, dove si delineasse anche una breve storia del concetto di gioco e con esso degli altri aspetti legati alla sensorialità e alla percezione del bambino, fruitore privilegiato del nostro lavoro. Senza perdere di vista il tema centrale intorno a cui l’intera tesi si basa, ovvero appunto il concetto di benessere, ci proponiamo quindi di presentare lo studio del playground come scenario applicativo di un tipo di progettazione basata sui principi dell'Universal Design e sulle specifiche esigenze dell’individuo. È qui che si conclude la prima delle due fasi in cui la nostra trattazione è divisa, ed è da qui che derivano le prime importanti conclusioni che ci permetteranno 22

di tracciare una serie di indicazioni progettuali valide per la futura progettazione di spazi legati al benessere dell’uomo e, nello specifico, al gioco e alla sperimentazione dei bambini. Nella seconda parte cambia lo scenario applicativo del nostro lavoro in quanto, come già accennato, abbiamo scelto di calare i concetti presi in esame in una realtà cittadina concreta, misurandoci con un progetto vero e proprio di playground nella città di Grosseto. Pur rimanendo fedeli alle premesse metodologiche affrontate nella prima parte fino a qui descritta, non abbiamo potuto prescindere dall’integrare le fondamentali conclusioni a cui siamo giunte con uno studio della realtà scelta come “esercizio progettuale”, occupandoci della storia del centro storico di Grosseto e, nello specifico, del parco urbano sulle sue mura, sede del progetto del playground, nonché approfondendo le criticità legate allo stato attuale del luogo di intervento. Riteniamo infatti che in ogni progetto di architettura, e ancora di più nell’avvicinarsi alla progettazione in una zona così densa di storia e di memoria come quella di un parco storico, sia fondamentale non trascurare i caratteri di territorialità intrinseci al luogo stesso; cosa impossibile se ci si dimentica di studiare attentamente le specifiche caratteristiche proprie dello stato dell’arte al momento in cui si inizia l’iter progettuale. Per questa serie di motivi, prima di arrivare alla fase progettuale propriamente intesa, ci siamo soffermate sullo studio delle Mura Medicee di Grosseto e sulle


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Metodologia

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loro trasformazioni nel tempo, da struttura militare a parco cittadino, intendendo ridare a questo pezzo di città, oggi purtroppo poco considerato, la dignità propria di Parco Lorenese, passeggiata alberata bella, sana e vivibile. Ecco quindi che, dopo aver cercato di avvicinarci al luogo attraverso la lettura della sua memoria storica, siamo passate ad analizzarne il presente e, con esso, sia le criticità che comporta, sia le opportunità e i punti di forza da valorizzare nella progettazione. La documentazione cartografica è stata reperita in parte tramite il Geoscopio, sul sito della Regione Toscana, attraverso il quale è stato possibile acquisire la Carta Tecnica Regionale della città di Grosseto, in parte tramite il Comune di Grosseto, in parte infine grazie alla disponibilità dell’arch. Alessandro Marri, che si è occupato della redazione del piano del 1994 e che ci ha dato la possibilità di avere accesso a tale materiale, che è stato anche alla base della nostra analisi preliminare. Nello svolgimento della nostra attività di ricerca si è rivelata fondamentale la consultazione, non solo di tale materiale, ma anche di numerose fonti bibliografiche e testi normativi. Parallelamente al lavoro di ricerca, è stata svolta una lettura urbanistica dell’area di progetto, partendo da quanto rilevato da quella svolta nel 1994, ed aggiornandola alla situazione attuale; tale lavoro ha rappresentato una ricerca sui parametri, qualitativi e quantitativi, che definiscono i rapporti uomo – città, città - mura, centro storico – agglomerato urbano esterno. Anche in questa fase ci è parso importante mantenere 24

l’impronta di interdisciplinarità che abbiamo cercato di dare all’intero lavoro, occupandoci non solo dello stato fisico dei luoghi, ma anche analizzando gli utenti fruitori del luogo stesso e la percezione che questo importante contenitore storico ha per la città di Grosseto. Una volta conclusa questa analisi siamo giunte a delle conclusioni sotto forma di indirizzi progettuali che vadano a delineare una risistemazione generale dello stato dei luoghi del parco delle mura, con un tipo di intervento legato indissolubilmente alle esigenze dell’uomo e alla vita attiva, e quindi, in ultima analisi, proprio al Ben-essere da cui eravamo partite. Solo a questo punto siamo arrivate ad occuparci, con un passaggio di scala, del progetto del playground, sicure di poter contare su una solida base conoscitiva alle spalle, che ci ha permesso di svolgere la nostra analisi critica, fornendoci indirizzi progettuali validi derivati sia dallo studio dei concetti base da noi scelti (benessere e, come applicazione dello stesso, gioco), sia dallo studio della realtà grossetana come organismo (e non come semplice spazio vuoto) dotato di memoria storica e specifica territorialità. E’ qui che si concretizza la proposta progettuale del playground, presentata attraverso un progetto architettonico coerente con le premesse, le fasi di costruzione del progetto e gli obiettivi da noi descritti.


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Fig.1

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PARTE I


I.1

IL BENESSERE NELLA PROGETTAZIONE URBANA


L'architettura si abita mentre l'arte si guarda; questa è una differenza fondamentale. L'architettura è un'esperienza fisica e sensoriale perchè ci si va dentro. Ettore Sottsass

In questo capitolo abbiamo affrontato il tema fondamentale da cui parte il lavoro di tesi: il concetto di benessere inteso come well-being, cioè come buona qualità della vita urbana, strettamente correlata ad una quanto più corretta e riuscita progettazione ambientale. Nell’esprimere l’importanza di questo concetto, ci è parso fondamentale prendere in esame il tema delle Active City e dell'Active Design, cioè della progettazione urbana volta ad offrire occasioni per fare sport in città e trascorrere il tempo libero in modo attivo, nell’ottica di incrementare il livello di salute e di benessere di ogni potenziale utente del progetto. Uno degli aspetti strettamente correlati a questo tema è rappresentato dal mondo dell'Universal Design, un approccio progettuale globale finalizzato alla progettazione e realizzazione di spazi pienamente fruibili dal più ampio spettro possibile di utenti. 29


I.1.1 L’importanza di una corretta progettazione ambientale per la qualità della vita e per il benessere urbano

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Non si può pensare un’architettura senza pensare alla gente. Richard Rogers

Oggi la progettazione ambientale rimane la chiave per costruire e mantenere una società sana. Ad esempio, una corretta pianificazione ambientale, infatti, contribuisce in modo sostanziale al miglioramento della qualità dell’aria, attraverso, per esempio, il controllo dell’inquinamento atmosferico o l’eliminazione di pericolosi materiali come l’amianto e il piombo. Queste e altre iniziative hanno dimostrato che una buona progettazione ambientale può notevolmente migliorare la salute pubblica e ridurre l’insorgere di malattie e, conseguentemente, la mortalità. Se in passato, infatti, le più gravi minacce per la salute sono state le malattie infettive, oggi il maggior pericolo è rappresentato da malattie cardiache, ictus, cancro e diabete, per i quali i principali fattori di rischio sono proprio l’obesità, l’inattività. I lavori sedentari hanno preso il posto dei lavori manuali, le automobili hanno sostituito il movimento a piedi o in bicicletta, gli ascensori e le scale mobili hanno soppiantato le scale, e la televisione, insieme alle tecnologie digitali, hanno preso il posto del tempo libero trascorso in modo attivo, soprattutto tra i bambini. Allo stesso tempo, è cresciuta la nostra dipendenza dalle fonti esterne di energia, con conseguenze negative per l’ambiente e per i nostri polmoni. Gli Enti e le Amministrazioni locali devono necessariamente lavorare in modo congiunto con architetti, urbanisti e pianificatori per invertire le tendenze che hanno contribuito al declino dell’attività fisica. È fondamentale fornire ai cittadini opportunità di movimento quotidiano, per migliorare la qualità della vita urbana, controllare l’insorgere di patologie e anche per contribuire alla sostenibilità ambientale.

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I.1.2 Active City: un approccio olistico per uno stile di vita attivo

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È come se fossimo su un palcoscenico, è come se fossimo in un teatro, ognuna di queste architetture è un personaggio, ognuno di questi personaggi ha un carattere e noi percorrendo questo palcoscenico mettiamo insieme questi caratteri e viviamo questa straordinaria esperienza. Aldo Rossi

Quando parliamo di una città sana e attiva non ci riferiamo a una città che ha raggiunto un particolare stato di salute, ma intendiamo fare riferimento a una città che abbia raggiunto una particolare consapevolezza dell’importanza della salute e che si impegni concretamente per migliorarla. Una “Active City”, quindi, è una città che si occupa di creare opportunità all’interno del contesto edilizio e sociale e di incrementarle continuamente, e che offre risorse alla comunità per permettere a tutti i suoi utenti di mantenersi attivi fisicamente nella loro quotidianità. “La Città Attiva definisce quella città in cui le infrastrutture, i servizi di mobilità, sportivi, ricreativi e l’ambiente sociale facilitano l’uso del corpo nella vita quotidiana, contribuendo a rendere la città più sana, intelligente, vivibile e sicura” (Borgogni, 2013). In quest’ottica risulta necessario incrementare la partecipazione nella diffusione di interventi di promozione dell’attività fisica, scelta che si rivelerà fondamentale sia per il miglioramento della sanità pubblica, sia per il benessere dell’intera comunità e la salvaguardia dell'ambiente per le future generazioni. Nel 1986 è nato il programma WHO (European Healthy Cities) con lo scopo di costituire una base per la promozione dei principi emanati dall’OMS nel programma “salute per tutti” e della Carta di Ottawa per la Promozione della Salute, è da qui che ha preso vita un movimento di scala globale che ha avuto forti ricadute anche nel nostro continente. La European Healthy Cities Network si occupa di promuovere, attraverso i governi locali, la salute sia attraverso l’ambito politico che con un cambiamento a livello istituzionale, e con progetti basati su partnership incentrate su questo tema nell’ottica di creare una pianificazione finalizzata a eliminare le disuguaglianze di salute del contesto

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il Benessere

urbano e sui suoi gruppi più vulnerabili. Sono membri nazionali della WHO più di mille città e paesi di più di trenta Stati dell'Unione Europea e attualmente si stanno occupando di terminare la quarta fase (2003-2008) del programma che prevede, tra le altre cose, tre temi chiave principali: - invecchiamento sano - progettazione urbana mirata al miglioramento della salute - health impact assessment. La European Healthy City Network basa il suo

Fig.I.I.1

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programma di intervento su sei punti strategici: 1) Promuovere interventi che pongano il miglioramento della salute al primo posto negli intenti sociali e politici delle città; 2) Promuovere politiche per la salute e per lo sviluppo sostenibile a livello locale, concentrando l'attenzione su ciò che determina il raggiungimento della salute e la sua equa ripartizione, seguendo tutte le politiche dell'European Health 2020;


il Benessere

3) Promuovere la governance intersettoriale e partecipativa sul tema della salute, in tutte le politiche a livello locale che si occupano della pianificazione di tali aspetti; 4) Incrementare il know how e le esperienze pratiche che portino ad una migliore conoscenza delle metodologie da utilizzare nella pianificazione della salute in tutte le città del nostro continente; 5) Promuovere la cooperazione e la solidarietà tra le città europee e la rete di enti locali che si occupano di questioni di progettazione urbana; 6) Incrementare l'accessibilità alla WHO European Network a tutti gli stati membri dell'Unione Europea già presenti nel 1984, sottolineando l'importanza di un approccio basato su una metodologia di progettazione olistica. E’ inoltre di fondamentale importanza che tutte le città che partecipano al programma si impegnino costantemente nella promozione di uno stile di vita attivo e della necessità di attività fisica. Appare chiaro come per una creazione efficace del modello Città Sana sia necessario affrontare tutti gli aspetti che riguardano le condizioni di vita e di salute dei cittadini, e un lavoro a rete tra le città di tutta Europa e oltre. “L’ambiente fisico e il contesto sociale giocano un ruolo fondamentale rispetto alla salute della comunità

(…) la pianificazione urbanistica può essere ed è una forma di prevenzione primaria che contribuisce alla salute” (Dulh & Sanchez, 1999). Una città sana, quindi, dà importanza a uno stile di vita attivo, all’attività fisica e allo sport e si occupa parallelamente di fornire le opportunità per fare movimento nella quotidianità di tutti i giorni. È importante che questi concetti siano attentamente supportati dal contesto sociale ed edilizio di riferimento, attraverso specifici sistemi di utilizzo del suolo, sistemi di trasporto, progettazione urbana, aree verdi e luoghi creati per il benessere della comunità. La partecipazione della comunità risulta un punto essenziale per il successo di questo nuovo modello di città, attraverso quella che può essere definita una strategia olistica che dia particolare attenzione ai bambini e ai giovani, alle persone anziane o alle persone con uno stato sociale non elevato, ai disabili e alle minoranze etniche. Seguendo il report “Active City, designing for health” redatto dalla città di Toronto è possibile stilare una lista di dieci principi che ci aiutino nella definizione e riprogettazione di una Città Attiva: 1. Modella l’ambiente costruito al fine della promozione delle opportunità per uno stile di vita attivo; 2. Offre un mix di usi del suolo a scala locale evitando la monofunzionalità di quartiere; 35


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3. Ha una densità di popolazione che supporta la fornitura di servizi locali, negozi, strutture e transito; 4. Si serve dei mezzi di trasporto pubblico per estendere la gamma di modi attivi di trasporto; 5. Fornisce percorsi sicuri e attrezzature per pedoni e ciclisti; 6. È dotata di reti stradali che collegano i quartieri alla città intera e alla regione evitando la settorializzazione di alcune parti di città rispetto ad altre; 7. Possiede spazi urbani e suburbani di alta qualità che invitano e celebrano la vita attiva; 8. Offre opportunità per svolgere attività di tipo ricreativo nel tempo libero e parchi che sono progettati per fornire una vasta gamma di attività fisiche da svolgere all’aperto; 9. Ha edifici e spazi che promuovono e consentono l’attività fisica; 10. Riconosce che tutti i suoi residenti dovrebbero avere le stesse opportunità di svolgere uno stile di vita attivo nella loro quotidianità. In molte situazioni, può essere applicato più di un principio. Per esempio la diversificazione nell’uso del suolo e la densità di un’area possono lavorare 36

insieme all’interno di una comunità per influenzare il raggiungimento dello scopo prefisso. Zone ad alta densità di popolazione se non unite bene con zone con un uso misto del suolo non sono in grado di promuovere uno stile di vita attivo perché mancano le attività ricreative o mancano le possibilità di spostarsi a piedi o in bicicletta per raggiungere ad esempio il proprio lavoro. L’obiettivo finale di una Active City, nell’ottica di migliorare la salute della propria popolazione, sembra quindi essere semplice, ma il processo che prevede la creazione di politiche e programmi che supportino il vivere attivamente può essere piuttosto complesso. Una città attiva riconosce gli effetti che l’involucro edilizio ha sulla salute, conducendo ricerche e diffondendo informazioni e dati con i propri partner e con il più ampio pubblico della cittadinanza. Il DM 18/12/1975 riporta indicazioni puntuali sui tempi di percorrenza del percorso casa-scuola. “Se il DM 18/12/1975 fosse stato applicato integralmente, rimanendo coerenti all’approccio culturale che coniuga tempi, spazi e accessibilità, in particolare quella urbanistica, avrebbe garantito, a generazioni di bambine e bambini, di imparare a muoversi in autonomia nei loro percorsi quotidiani, contribuendo anche così a sviluppare in ognuno di loro cultura dell’abitare e senso di appartenenza alla comunità e al proprio quartiere, paese o città (che sono la vera scuola permanente!), guidandoli, anche attraverso la qualità degli spazi di vita quotidiana, nel passaggio da “abitanti-bambini” a cittadini. [...] Risparmiare


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Fig.I.1.2 Palestra all'aperto sulla spiaggia della Barceloneta, a Barcellona Pagina successive Fig.I.1.3 Christie Pits Park, Toronto

tempo porta molti adulti ad usare l’auto anche per accompagnare i propri figli a scuola, aumentando così il traffico e di conseguenza l’inquinamento, con effetti pesanti sulla salute degli abitanti e sulla sicurezza dei pedoni” (Lauria, 2012). Una città attiva cerca di capire quali siano realmente i bisogni della comunità e coinvolge una vasta gamma di interlocutori per ricevere input nella pianificazione,

nei processi decisionali e nella valutazione dei progetti e riconosce la necessità di un mix di politiche sociali, economiche e ambientali per influenzare positivamente il livello dell’attività fisica. Aumentando il mix di usi del suolo (residenziale, commerciale, istituzionale, intrattenimento, cultura, parchi e spazi aperti) si portano i servizi più vicini a ogni gruppo di popolazione, facilitando il trasporto a piedi o in bicicletta, e aumentando l’accessibilità 37


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agli spazi ricreativi come i parchi e i servizi per la comunità. In generale la ricerca scientifica in questo campo suggerisce che le persone sono disposte a percorrere a piedi circa quattrocento metri e in bicicletta circa due chilometri e mezzo per raggiungere una destinazione. Questa distanza può aumentare come è logico se il luogo di destinazione si dimostra essere realmente desiderabile e il percorso attrattivo, anche se l’importante fattore temporale può comunque scoraggiare il raggiungimento di destinazioni troppo lontane a piedi o in bici, e quindi diminuire il livello di attività fisica. Le aree dove è presente una densità abitativa più elevata, inoltre, permettono di avere le destinazioni verso cui l’utente è diretto molto più vicine alle abitazioni stesse, come è richiesto per aumentare la quota di trasporto attivo. “In a society [that is] becoming steadily more privatized with private homes, cars, computers, offices and shopping centers, the public component of our lives is disappearing. It is more and more important to make the cities inviting, so we can meet our fellow citizens face to face and experience directly through our senses. Public life in good quality public spaces is an important part of a democratic life and a full life.” (Jan Gehl, 1996). Vivere vicino ai parchi e a spazi ricreativi rende più facile raggiungere e usare gli spazi per lo sport all’aperto e per la ricreazione fisica. Il frequentare i parchi e gli spazi verdi è stato collegato con un positivo miglioramento dello stato mentale dell’individuo che 38

ne fa uso e con una diminuzione dello stress. E’ per questo che una città attiva deve fornire zone d’ombra, riparo, sosta; occuparsi di comfort urbano come servizi igienici accessibili a tutti, postazioni di riposo a sedere, fontane d’acqua, ombra, illuminazione, segnaletica con simboli riconoscibili internazionalmente. E’ importante che sia pianificata una progettazione di parchi e zone aperte che offra nuove esperienze ai visitatori e promuova una serie di attività fisiche. (Active City, designing fo health, 2014). Antonio Borgogni, docente all’Università di Cassino, è da tempo promotore di un modello di città che si occupi della “riqualificazione partecipata dello spazio pubblico per aumentare accessibilità, fruibilità, sicurezza ed estetica” (Borgogni, 2013). Secondo Borgogni è necessario partire da una riqualificazione dell’esistente, dato che nelle nostre città sono presenti molti spazi urbani che con interventi anche limitati possono essere valorizzati seguendo i criteri fino a qui discussi. "La partecipazione è una risorsa per l'accessibilità, è un modo corale di fare città che contribuisce a sviluppare ed alimentare in tutti gli abitanti (dai politici e tecnici, alle donne e uomini di ogni età), cultura dello spazio, una cultura che deve riflettersi non solo nei modi di governarlo e progettarlo, ma anche nei modi di abitarlo. La partecipazione degli abitanti alla ricerca per contribuire e migliorare la qualità dell'abitare e di


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conseguenza la qualità complessiva della vita, è importante non solo per evidenziare delle criticità, ma per orientare le scelte di trasformazione verso gli interessi della comunità. [...] Coinvolgere gli abitanti, attivando "laboratori sui tempi e gli spazi di vita", per conoscere le loro esigenze, individuare mancanze e criticità, attingendo alla conoscenza degli spazi che abitano quotidianamente e alla loro progettualità, è una scelta che produce generalmente ricadute positive sui luoghi e sulle persone coinvolte (dagli amministratori e tecnici agli abitanti), che arricchiscono i propri saperi, la propria cultura della città e della sua accessibilità, sviluppando maggiore consapevolezza anche sui propri modi di abitare." (Lauria, 2012).

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I.1.3 Active Design

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Riconoscere il bisogno è la condizione primaria del design. Charles Eames

La relazione che c’è tra lo sviluppo urbano e un modo attivo di muoversi, cioè camminare, correre, andare in bici, e altre forme di attività fisica, è diventato l’argomento maggiormente studiato e investigato nella pianificazione urbana, dando vita a più di centocinquanta studi scientifici negli ultimi quindici anni. Le ricerche che ne sono derivate hanno identificato le cosiddette cinque “d”, che sono le chiavi per analizzare le relazioni che intercorrono tra il design di spazi umani e il disegno delle vie di trasporto: densità, diversità, design costituiscono le tre "d" originali coniate da Robert Cervero e Kara Kockelman, e che sono state poi integrate con accessibilità della destinazione e distanza del viaggio. La densità descrive la concentrazione di lavori e persone in una determinata zona urbana, mentre la diversità si riferisce al numero, alla varietà, al bilanciamento negli usi del suolo di un’area. Il design include le caratteristiche di un quartiere e della sua rete stradale e il modo in cui sono state progettate le strade. Per quanto riguarda l’accessibilità della destinazione, essa si riferisce alla facilità del viaggio tra un quartiere centrale e improntato sulle attività amministrative o altre aree con concentrazione di uffici pubblici o postazioni lavorative e luoghi attrattivi. La distanza del percorso misura invece la distanza media da casa al lavoro o alla stazione del treno o del bus più vicina. Passeggiate e uso delle vie pedonali (un fattore collegato a più alti livelli dell’attività fisica) cresce parallelamente alla densità, alla diversità, al buon design, all’accessibilità della destinazione e ai fattori legati al transito e agli

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accessi. Sviluppando e mantenendo queste cinque qualità è essenziale promuovere uno stile di vita attivo attraverso la progettazione degli spazi urbani. L’Active Design, quindi, non solo migliora la salute pubblica, ma può anche rinforzare gli obiettivi di sostenibilità ambientale e di universale accessibilità. Le strategie di progettazione che aumentano l’attività fisica e migliorano la salute tendono anche a ridurre l’energia consumata e l’emissione di gas da parte dell’edificio costruito. Inoltre, gli obiettivi che si propone l’Active Design non riguardano l'adulto medio sano, ma gli utenti di ogni abilità, età e background culturale. Gli architetti e i designer dovrebbero quindi cercare i punti di sovrapposizione e le sinergie esistenti tra una progettazione che sia attiva, sostenibile e universalmente accessibile nell’ottica di massimizzare le performances dei loro progetti. Negli ultimi dieci anni, i proprietari degli edifici, i progettisti e i pianificatori sono sempre più interessati a riconoscere l’importanza di creare ambienti sia sostenibili che facilmente accessibili. Parte del successo del movimento del design universale e sostenibile deriva dalla sua abilità nel dimostrare i molteplici vantaggi, sia in termini di qualità della vita che in termini economici, che derivano dall’applicazione di specifiche strategie di progettazione. Un ambiente costruito seguendo obiettivi di sostenibilità ambientale e universalità di accesso aiuta la popolazione che lo abita a mantenere uno stile di vita sano e aperto all'integrazione sociale. Mettendo in 44

evidenza le sinergie che ci sono tra l’Active Design, il Design Sostenibile e l’Universal Design ci si pone l’obiettivo di incoraggiare ulteriormente tutto il mondo della progettazione e della pianificazione ambientale a indirizzarsi verso l’obiettivo di aumentare l’attività fisica e la salute di ogni individuo.

Il sistema LEED

E’ utile fare riferimento e trarre vantaggio dagli elementi già esistenti nella Leadership in Energy and Environmental Design (il sistema LEED) che si occupa di programmi di valutazione dell’edificio che premiano quello che noi chiamiamo appunto Active Design. L’introduzione del nuovo credito LEED sull’attività fisica può agire come ulteriore incentivo. Istituito dal Green Council degli Stati Uniti (USGBC) nel 2000, il LEED è oggi il più ampio sistema usato per la certificazione degli edifici “verdi”, sia negli Stati Uniti che nel resto del mondo. Anche se il LEED è comunemente inteso come metodo per accreditare la sostenibilità ambientale degli edifici, il sistema di valutazione contiene anche molte norme atte a promuovere la salute. Oltre la semplice riduzione dell’impronta ambientale degli edifici, la metodologia LEED sembra più in linea di massima indirizzata a incoraggiare una progettazione professionale e indirizzata a dare vita a posti esemplari per vivere bene, lavorare e rilassarsi.


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Best Practices Basandoci su Active Design Guidelines, Promoting Physical Activity and Health in Design del 2010, riportiamo qui una selezione dei casi studio da noi ritenuti migliori per esplicare i concetti fin qui discussi. 1) High Line Park L’innovativo High Line Park di New York, progettato da James Corner Field e Diller Scofidio+Renfro, con la partecipazione della Città e di un gruppo noprofit “Amici della High Line” ed aperto nel giugno 2009,

è costruito su una linea ferroviaria abbandonata, si sviluppa per 1,5 km, ed è uno dei due soli parchi realizzati su viadotti abbandonati esistenti al mondo (l’altro è la Promenade Plantéè a Parigi). Il parco della High Line è un chiaro esempio di come città densamente abitate come New York possono e devono cercare opportunità creative per spazi di ricreazione e svago fuori dal patrimonio edilizio esistente. Per accedere al parco i visitatori possono salire attraverso delle rampe dislocate in più punti del percorso, tra le quali anche una monumentale e ben visibile scala mobile lenta, che consente agli utenti di

Fig.I.1.4 High Line Park, James Corner Field e Diller Scofidio+Renfro, New York

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godere pienamente della salita attraverso l’esistente struttura in acciaio fino ad un panorama del tutto nuovo. Gli ascensori permettono l’accesso anche a chi non è in grado di usare le scale. Al livello del parco, la High Line comprende una compresenza di più elementi come piante, piattaforme di legno, innovative panchine, fontane d’acqua e sentieri pedonali per rilassarsi e sostare.

2) Flatiron Plaza Nel 2008, il dipartimento dei trasporti della città di New York ha dato via alla progettazione ed alla realizzazione di una serie di nuove piazze intorno all’iconico edificio Flatiron. Tali piazze includono una serie di sedute, un importante elemento per incoraggiare un più piacevole uso della strada da parte dei pedoni, soprattutto famiglie e persone anziane. Il progetto prevede anche migliorie per la

Fig.I.1.5 High Line Park, James Corner Field e Diller Scofidio+Renfro, New York

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circolazione, come nuove e più sicure connessioni ciclabili e attraversamenti più corti e più diretti. I miglioramenti apportati alle piazze e alle strade circostanti trasformano un ambiente pedonale scoraggiante in uno spazio che, al contrario, incoraggia lo svolgimento di attività fisiche come camminare e andare in bici.

3) Greenstreets Iniziato nel 1996, Greenstreets è il programma seguito dalla città di New York per convertire le isole del traffico pavimentate in spazi verdi ricchi di alberi ombrosi, fiori e arbusti. Non si tratta solo di una questione di abbellimento degli spazi urbani, ma anche di un potenziale per migliorare la salute delle persone che vivono la città. La ricerca scientifica condotta negli ultimi anni

Fig.I.1.6 Flatiron Plaza, New York

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Fig.I.1.7 Green Streets, New York

ha dimostrato che fornire elementi del paesaggio naturale e altre attrazioni visive nelle strade cittadine è associato con un aumento dell’attività fisica di quartiere (Active Design Guidelines, 2010). Grazie anche a questo progetto un’area desolata del quartiere del Bronx è diventata un ambiente pedonale molto più attraente.

Anche la progettazione degli edifici fornisce un’ottima opportunità per promuovere e sviluppare importanti esempi di attività fisica. La maggior parte delle persone spende infatti quasi il 90% delle sue giornate in spazi chiusi, spesso svolgendo occupazioni sedentarie. 48

Per molti, azioni come salire le scale o alzarsi dalla scrivania per usare la strumentazione dell’ufficio, anche se brevi, sono il modo più accessibile ed economico per partecipare in qualche modo a una regolare attività fisica evitando lunghi periodi di inattività. Il compito di creare edifici che favoriscano le attività fisiche dipende in grande misura dall’integrazione delle filosofie di Active Design all’interno dei sistemi di circolazione integrati in un edificio, in particolar modo le sue scale e i suoi ascensori. 4) The New York Times Building Questo edificio, progettato da Renzo Piano insieme


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a FXFOWLE Architects, è stato completato nel 2007. Si tratta di un caso di studio importante per il suo esemplare e innovativo modo di progettare le scale e altre strategie che favoriscano i temi centrali dell’Active Design. I suoi spazi dispongono di due scale centrali aperte che collegano i piani della redazione incoraggiando l’intercomunicazione tra lo staff del settore editoriale e promuovendo il camminare giornaliero. Una caffetteria comune incoraggia ulteriormente il

movimento grazie alla sua collocazione intermedia al quattordicesimo piano. Il sistema permette alle scale di essere leggere e aperte nel rispetto delle normative sulla sicurezza in caso di incendio e propagazione del fuoco. (Active Design Guidelines, 2010).

Fig.I.1.8 The New York Times Building, Renzo Piano e FXFOWLE Architects, New York

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I.1.4 Universal Design e Design for All

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Trattate un essere umano per quello che è e rimarrà quello che è. Trattate un essere umano per quello che può e deve essere, e diventerà quello che può e deve essere. Johann Wolfgang Goethe

I.1.4.1 Cosa sono l'Universal Design e il Design for All Con il termine Universal Design si intende un approccio progettuale che si pone come obiettivo la progettazione e l’esecuzione di spazi, ambienti, edifici e prodotti fruibili dal più ampio spettro di utenza possibile, ed è un concetto strettamente connesso a quello Design for All. "Il Design for All (DFA) è la progettazione intesa a soddisfare le esigenze di tutti, non solo della maggioranza; per questo rappresenta, in qualche modo, il tentativo di rincorrere anche un'utopia morale e sociale. Si tratta di una filosofia progettuale che prende in considerazione l'insieme variegato degli individui e degli utenti fruitori di oggetti, ambienti, sistemi e servizi. [...] Sebbene continuerà ad esistere una progettazione rivolta ai disabili, il DFA nega di principio la differenziazione dei progetti in due semplicistici tipi, quelli per normodotati da una parte e per disabili dall'altra." (Lupacchini, 2010). Quando ci riferiamo al Design for All e all'Universal Design è importante specificare che il tema della disabilità non ne costituisce l'argomento centrale in quanto non facciamo riferimento ad un design esclusivo per l'handicap quanto piuttosto ad una filosofia progettuale che si applichi alla cosiddetta "Utenza Allargata", che comprende quindi tutti, dai disabili, ai bambini, agli anziani, ai normodotati.

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è negli anni Sessanta che compare il termine inglese Design for All, che è la semplice traduzione dell'espressione svedese Design för Alle, a sua volta coniato nel periodo in cui lo stato assistenziale tipico dei paesi scandinavi ha avuto il suo massimo splendore. (Steffan, 2006). In Italia, tuttavia, il primo segnale di attenzione a questi temi si ha nel 1965, con l’organizzazione della

Fig.I.1.9

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Conferenza Internazionale di Stresa per iniziativa dell’ANMIL (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi del Lavoro) e dell’AIAS (Associazione Italiana per l’Assistenza agli Spastici). Il tema di dibattito proposto in quella sede fu infatti proprio quello delle “barriere architettoniche”, al fine di sensibilizzare non soltanto le autorità competenti, ma anche i progettisti e l’opinione pubblica sui problemi legati al vivere quotidiano dell’invalido in città, impossibilitato


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a svolgere con facilità le normali attività di ogni giorno a causa dell’applicazione di erronei criteri progettuali. A partire da questo momento si è lentamente avviato un processo di conoscenza ed approfondimento del problema, insieme alla nascita di una consapevolezza sociale sul tema. È stato tuttavia solo nel 1971 che l’Italia ha avuto la prima legge cogente in tema di barriere

architettoniche. Nel Glossario di Ergonomia a cura di Marcolini, Mian, Ossicini, Pischiottin, Brumatti, edito nel 2002, troviamo così definita l'espressione Universal Design: "consiste nel progettare ambienti, oggetti e servizi utilizzabili dal maggior numero possibile di persone senza dover ricorrere a successive modificazioni o ad una progettazione ad hoc. L'intento principale

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consiste nel rendere ambienti, oggetti, servizi e sistemi di comunicazione maggiormente utilizzabili da parte degli individui indipendentemente dalla propria cultura, educazione, sesso, età, abilità e dimensione, a costi estremamente contenuti o nulli." (AA.VV., 2002). Appaiono subito evidenti le somiglianze che si instaurano tra i due termini, anche se è possibile fare qualche distinzione. "Dal punto di vista cronologico nasce prima il DFA, che si sviluppa partendo dai problemi della disabilità; il DFA ai suoi inizi identificava solamente due gruppi di utenze, quella dei normodotati e quella dei disabili." (Lupacchini, 2010). Il termine Universal Design fu coniato nel 1985 dall’architetto Ronald Mace che, colpito da poliomelite e costretto su una sedia a rotelle, lo definì come “la progettazione di prodotti e ambienti utilizzabili da tutti, nella maggior estensione possibile, senza necessità di adattamenti o ausili speciali. (…) Non è una nuova scienza, uno stile, e non è unico. Esso richiede solo una conoscenza dei bisogni e del mercato e un approccio di buon senso perché tutti noi progettiamo e produciamo beni utilizzabili dal maggior numero possibile di persone” (Mace, 1985). Occorre comunque precisare che il termine “universale” non implica che tutto sia sempre completamente utilizzabile da parte di tutti: si tratterebbe di un’aspettativa di fatto impossibile 54

da concretizzare. Lo stesso Mace affermò, successivamente, che il termine “universale” sarebbe potuto essere fuorviante e male interpretato. Si tratta quindi piuttosto di una filosofia progettuale, un atteggiamento metodologico volto a considerare i differenziati profili d’utenza esistenti come potenziali fruitori finali; non ci si concentra su specifiche categorie di persone, ma si cercano soluzioni che possano essere idonee tanto a persone con disabilità, quanto al resto della popolazione nella sua interezza e nelle sue differenti sfaccettature. Nel 1995 il Center for Universal Design della North Carolina State University elaborò i principi dell'Universal Design che rappresentano di fatto una evoluzione del DFA, in quanto affermano, con maggiore incisività che "se l'utente si sente a disagio alle prese con un oggetto, un sistema o un ambiente costruito, allora quest'ultimi non sono il frutto di una progettazione completamente attenta e completa." (Lupacchini, 2010). è importante sottolineare che, nell'Universal Design non si riscontra tanto una rigida dicotomia tra utenti normodotati e i disabili, quanto al contrario più suddivisioni in gruppi dalle molteplici caratteristiche. Quando si parla di Design for All o di Universal Design, quindi, non si intende semplicemente garantire una fruibilità riservata a specifiche categorie di persone (come ausili per disabili, case per anziani o spazi per bambini), quanto piuttosto un approccio progettuale globale, tale da assicurare la compatibilità del


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progetto con le differenti esigenze di tutti i fruitori finali. Garantire la fruibilità del luogo, tuttavia, non significa solo assicurare la possibilità di accesso e movimento, ma anche permettere il pieno godimento dello spazio da un punto di vista percettivo, sensoriale e cognitivo. In relazione a questo, per esempio, si ritiene che nella segnaletica urbana non sia sufficiente una modalità di lettura esclusivamente visiva, ma sarà necessario prevedere anche modalità tattili ed acustiche, in modo da non provocare disagi a persone non udenti o non vedenti. Nella progettazione di ambienti e spazi costruiti è quindi fondamentale assumere, come dato centrale del rapporto uomo-ambiente, la diversità e la variabilità dei profili esigenziali.

I.1.4.2 I sette principi dell'Universal Design Come già accennato, The Center Of Universal Design della University of North Carolina individua sette principi fondamentali legati all’applicazione dell’Universal Design: 1. EQUITABLE USE (Equità d’uso) Questo principio consente la medesima utilizzazione da parte di tutti gli utenti, evita l’esclusione di qualunque profilo d’utenza e rende il progetto attrattivo per tutti. 2. FLEXIBILITY IN USE (Flessibilità d’uso) Questo principio consente di scegliere in che modo

utilizzare l’oggetto e rappresenta quindi la possibilità di adattamento a differenti abilità, per esempio permettendo l’utilizzo sia con la mano sinistra che con la destra. 3. SIMPLE AND INTUITIVE USE (Uso semplice ed intuitivo) Questo principio elimina le complessità non necessarie, rendendo il progetto facilmente comprensibile e corrispondente alle aspettative dell’utilizzatore. 4. PERCEPTIBLE INFORMATION (Percettibilità dell’informazione, cioè capacità di trasmettere informazioni sensoriali) Questo principio garantisce che il progetto comunichi effettivamente tutte le informazioni necessarie all’utilizzatore, indipendentemente dalle sue abilità sensoriali. Il progetto utilizza quindi metodi diversi (tattili, visivi, acustici) per comunicare le informazioni principali e massimizzarne la leggibilità. 5. TOLERANCE FOR ERROR (Tolleranza all’errore) Questo principio garantisce che il progetto minimizzi i rischi e le conseguenze negative di comportamenti ed azioni accidentali, scoraggiandole e fornendo avvertimenti. 6. LOW PHYSICAL EFFORT (Contenimento dello sforzo fisico) Sulla base di questo principio il progetto minimizza lo sforzo fisico eccessivo e le azioni ripetitive, 55


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Fig.I.1.10 Cupola del Reichstag, Norman Foster, Berlino Con la rampa panoramica a spirale consente la visione a 360 gradi e l'agibilità a tutti.

garantendo una possibilità di utilizzo con la minima fatica. 7. SIZE AND SPACE FOR APPROACH AND USE (Misure e spazi sufficienti) Questo principio assicura che il progetto preveda spazi sufficienti per l’accessibilità, l’avvicinamento, il movimento, e in generale la fruibilità da parte dell’utilizzatore, qualunque sia la sua postura o condizione fisica. 56

L’ampiezza e genericità di questi principi li rende applicabili non soltanto al settore dell’edilizia, ma anche ad altri settori come quello dei trasporti, delle tecnologie, dell’informatica, delle attività turistiche e così via. Questi principi universali possono servire quindi, sia a guidare la progettazione, sia a valutare la buona riuscita o meno di progetti già esistenti. “L’habitat umano si è trasformato, e continuerà a


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Fig.I.1.11 Rampa di accesso alla Tate Gallery, Herzong & De Meuron, Londra Con il suo leggero dislivello consente la fruibilità da parte di tutti. Pagine successive Fig.I.1.12, 13

trasformarsi, in una direzione che fino a qualche decennio fa era imprevedibile. Viviamo in un mondo in cui le attività quotidiane dei cittadini si svolgeranno in un ambiente fortemente interconnesso, troppo complesso e differenziato per essere analizzato e fatto progredire utilizzando il concetto di “uomo medio”. [...] Si può affermare che è piuttosto comune considerare anormale o diverso il prossimo che trova impossibile o scomodo l’uso di un’interfaccia

differente da quella più ampiamente utilizzata. Non possiamo perciò stupirci se, in ambiti molto più seri, le persone con disabilità si ritrovano a combattere l’impari lotta della fruibilità dei servizi. Nel DFA si considera a priori l’eventualità che in ognuno, prima o poi, si instauri almeno una disabilità; è innegabile che lo stesso processo ineluttabile dell’invecchiamento comporti un’involuzione funzionale.” (Lupacchini, 2010). 57


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I.1.5 Conclusioni

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Dunque, evidentemente, nella contrapposizione di una parte del diverso a una parte di "ciò che è", posti questi due termini in contrapposizione fra loro, non è, se è lecito dirlo, quella parte, meno essere di "ciò che è", in quanto tale, poichè non ha il valore di opposto di questo, ma solo di diverso da esso. Platone

L' obiettivo che questo primo capitolo si prefiggeva di raggiungere era l'approfondimento del concetto di benessere urbano. Alla luce di quanto detto, possiamo concludere che per progettare efficacemente è necessario uno sforzo di immedesimazione da parte del progettista nel fruitore ultimo del progetto, in modo da consentire una progettazione di spazi quanto più rispettosa delle esigenze di chi li abiterà, ed avvicinandosi così alla creazione di una città organica, un'opera complessa derivante dalla mutua partecipazione di fattori sociali, culturali, funzionali ed estetici, uniti da una coerente azione progettuale. Quello che consideriamo fondamentale è sottolineare l'importanza di un nuovo approccio metodologico nella progettazione di luoghi per la comunità; un nuovo modo cioè di percepire l'esperienza del vivere umano legandola indissolubilmente al concetto del ben-essere. Riteniamo auspicabile una complessiva riqualificazione partecipata degli spazi pubblici, al fine di incrementare la fruibilità, l'accessibilità, la sicurezza e la bellezza delle nostre città, dei nostri parchi e delle nostre strade.

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I.2

IL PLAYGROUND


Non è l’uomo che ha inventato il gioco, è solo il gioco che rende compiuto l’uomo. Manfred Eigen

In questo capitolo proponiamo una riflessione sul tema del playground, tracciando per prima cosa una breve storia del gioco, inteso come esperienza connaturata all’essere umano, e della teoria del gioco stesso. Nella progettazione urbana è fondamentale tenere in considerazione tale imprescindibile dimensione della vita umana. Risulta quindi fondamentale anche approfondire gli aspetti pedagogici che questo tema inevitabilmente comporta, sviluppando considerazioni utili ad ispirare il progetto. Dopo aver richiamato dunque le linee evolutive e le tipologie di parchi gioco, ci siamo soffermate sul ribadire l’importanza di una progettazione su base esigenziale che vada a dotare il playground di una specifica dimensione architettonica e, nel fare questo, ci è parso fondamentale fare riferimento all’esempio del grande architetto olandese Aldo van Eyck. Temi come la sperimentazione, il rapporto con il contesto e con la natura non possono prescindere dallo studio del playground, come riscontrato anche nella selezione di best practices da noi proposta. 65


I.2.1 Il gioco, il bambino, la cittĂ

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Nell’uomo autentico si nasconde un bambino: che vuole giocare. Friedrich Nietzsche

I.2.1.1 Gioco come fattore pre-culturale e fondamento di ogni cultura: Huizinga e Caillois Per molto tempo i giochi sono stati considerati come semplici svaghi infantili e lo studio dei giochi ha finito per essere identificato come una banale “storia dei giocattoli”, senza attribuire alla tematica un valore culturale. Homo ludens di Huizinga Il primo studioso che si dedicò in modo sistematico al tema del gioco fu Johan Huizinga, storico di origine olandese che nel 1939 pubblicò il saggio Homo Ludens, che apparve in Italia nel 1946. Il lavoro di Huizinga è da inserire all’interno della tradizione storiografica europea della prima metà del 1900 in quanto propone un’analisi interdisciplinare che va a comprendere molti campi tra i quali etnografia, sociologia, psicologia e linguistica, approfondendo il tema del gioco inteso come principio alla base dell’evoluzione della civiltà umana. Nello scritto di Huizinga il concetto di gioco diviene catalizzatore dell’intera civiltà umana che sorge e si sviluppa nel gioco stesso; il gioco viene quindi considerato da Huizinga non come funzione biologica propria dell’uomo ma come concetto integrato a quello di cultura, ovvero come fenomeno culturale autonomo : “sono sempre più saldamente convinto che la civiltà umana sorge e si sviluppa nel gioco, come gioco” (Huizinga, 1972). In Huizinga emerge la convinzione che il gioco sia prima di ogni altra cosa un principio, un’attività, una forma di

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il playground

pensiero che interessa tutta la cultura. Huizinga parla del gioco come categoria primaria che si ritrova in qualsiasi grado o tipo di civiltà anche se, come è ovvio, le varie civiltà esprimono diversi modi di giocare. Il gioco assume il ruolo di centro propulsore di tutte le attività umane, da cui si sviluppa tutta la cultura nelle

Fig.I.2.1

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sue diverse forme: “[…] la cultura sorge in forma ludica, la cultura è dapprima giocata. Nei giochi e con i giochi la vita sociale si riveste di forme soprabiologiche che le conferiscono maggior valore. Con quei giochi la collettività esprime la sua interpretazione della vita e del mondo. Dunque ciò non significa che il gioco muta o si converte in cultura, ma piuttosto che la cultura nelle sue fasi originarie, porta il carattere di


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un gioco” (Huizinga,1972). Ogni attività umana archetipica, come il linguaggio, il mito, la giustizia, il culto è intrecciata con il gioco. Nel saggio di Huizinga apprendiamo come secondo lo storico le tipologie di gioco si possano sostanzialmente dividere in due grandi gruppi: - il gioco è lotta per qualcosa e quindi competizione; - gioco come gara per chi rappresenta meglio qualcosa, dunque rappresentazione. Viene a mancare quindi l’antitesi comunemente riconosciuta tra gioco e serietà in quanto ogni gioco porta con sé la massima serietà. Il gioco viene definito, quindi, in base alle seguenti caratteristiche: - atto libero, cui l’individuo prende parte per propria scelta; - instaura una realtà diversa da quella di tutti i giorni; - è attività disinteressata; - si svolge entro precise limitazioni di tempo e di spazio; - segue un codice, delle regole prefissate, cui il giocatore decide di sottostare. Il gioco è attività potenzialmente seria in grado di assorbire completamente il giocatore, crea ordine attraverso una regolamentazione, si svolge entro limiti spazio-temporali definiti, propone con finalità proprie un’alternativa alla vita vera e genera dei rapporti sociali che implicano l’utilizzo di maschera e travestimento.

Questo elenco di caratteristiche può essere iscritto all’interno di quattro categorie più ampie quali: la libertà d’azione, il limite spazio-temporale, la regolamentazione, la simulazione come situazione alternativa alla vita ordinaria legata alla maschera e al travestimento. A proposito della simulazione della vita reale lo stesso Huizinga usa l'espressione "cerchio magico", ripreso poi da numerosi studiosi successivi in cui prende forma l’idea di una separazione definita dalla vita reale con l’utilizzo di un set di regole chiamate appunto teoria del cerchio magico. L’attività ludica in Huizinga non è collegata ad alcun interesse materiale ed economico, anche se ha una funzione che contiene un senso, inteso come capacità di favorire la formazione di gruppi che possono anche andare al di là del gioco stesso; egli ritiene che le qualità formali dei giochi non siano importanti tanto quanto il senso che ad essi gli uomini attribuiscono. Secondo Huizinga la storia dell’uomo ci dimostra come questo, proprio per il suo configurarsi come animale culturale, sia prima di tutto animale ludens, andando a inglobare se non a sostituire così le classiche definizioni dell’essenza umana dell’uomo come animale razionale o animale politico o homo faber: “Quando noi uomini non risultammo così sensati come il secolo placido del “culto della 69


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Ragione” ci aveva creduti, si dette alla nostra specie, accanto al nome di homo sapiens, anche quello di homo faber - uomo produttore. Termine che era meno esatto del primo perché anche più di un animale è faber. Ciò che vale per fare, vale anche per giocare: parecchi animali giocano. Tuttavia mi pare che l’homo ludens, l’uomo che gioca, indichi una funzione almeno così essenziale come quella del fare, e che meriti un posto accanto all’homo faber” (Huizinga,1972). L’uomo diventa animale culturale in quanto gioca ed è per questo secondo Huizinga che all’uomo e quindi alla cultura in se stessa appartengono i due elementi principali che caratterizzano la dimensione ludica e in primo luogo il fatto che il giocare sia un atto essenzialmente libero e in questa sua liberà consiste il ruolo di fuoriuscita dalla vita ordinaria. Il gioco, e con esso quindi la cultura, sono “anzitutto e soprattutto un atto libero” (Huizinga,1972) ed è proprio per questo che il gioco si identifica come fuoriuscita in cui troviamo racchiusa la “seconda natura” che la cultura è per l’uomo. Questa prima caratteristica essenziale della dimensione ludica è da congiungere con la seconda caratteristica che consiste nel fatto che il gioco non è la vita ordinaria, vera, ma è un “allontanarsi da quella per entrare in una sfera temporanea di attività con finalità tutta propria” (Huizinga, 1972). Il gioco si configura sempre per Huizinga come 70

spazio di libertà intento a un diletto che già di per sé è la fuoriuscita da una costrizione dentro un ambito di attività autofinalizzate. Per usare ancora parole dello stesso autore “Il gioco come tale oltrepassa i limiti dell’attività puramente biologica: è una funzione che contiene un senso. Al gioco partecipa qualcosa che oltrepassa l’immediato istinto a mantenere la vita, e che mette un senso nell’azione del giocare. (…) Comunque lo si consideri, certamente si manifesta con tale “intenzione del gioco”, un elemento immateriale nella sua stessa essenza. (...) Insieme al gioco però si riconosce anche, volere o no, lo spirito. Perché il gioco, qualunque sia l’essenza sua, non è materia” (Huizinga,1972). Il gioco non segue la cultura, è un concetto più antico della cultura stessa in quanto questa presuppone una qualche convivenza umana e, dall’altro lato, gli animali non hanno aspettato che la civiltà umana insegnasse loro come si gioca. Al contrario, secondo Huizinga, la nascita della civiltà umana non ha alterato né ha aggiunto caratteristiche essenziali al concetto di gioco stesso. Il suo punto di vista è così uno dei più autorevoli dal momento che le caratteristiche del gioco da lui individuate sono ineludibili per tutti gli studiosi che da lì in poi hanno affrontato il problema della definizione del gioco. Roger Caillois Dopo aver brevemente esaminato il pensiero di Huizinga arriviamo a trattare del secondo storico


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tentativo di formalizzare una teoria del gioco completa ed esaustiva ad opera di Roger Caillois, sociologo francese autore del saggio I giochi e gli uomini, pubblicato in Francia nel 1958 e tradotto in Italia solo nel 1981 da Laura Guarino per l’editore Bompiani, in cui troviamo affermata l’esistenza dell’aspetto ludico ad accompagnare tutta la formazione socioculturale dell’esistenza umana. “Innumerevoli sono i giochi e di vario tipo: giochi di società, di destrezza, d’azzardo, giochi all’aperto, giochi di pazienza, giochi di costruzione” (Caillois, 1981). Con queste parole si apre il saggio nel quale il gioco si configura come uno specchio dell’esistenza dell’uomo con la quale si trova ad essere in rapporto biunivoco; il gioco non è solo attività trasversale delle epoche storiche ma quello che Caillois chiama un “residuato” della cultura precedente, ovvero attività ludiche con significato politico e religioso, in correlazione ad epoche ben precise che svuotate del loro significato rimangono puri giochi. Vediamo già in questa concezione un primo contrasto con Huizinga che descriveva l’attività ludica come intrinseca alla cultura e non un suo derivato. Caillois, che riconosce comunque la figura di Huizinga come primo teorico della teoria dei giochi, traccia una linea evolutiva che avrebbe portato l’umanità dallo sperimentare forme ludiche libere (play) a forme maggiormente regolamentate e strutturate e in questo considerate “civili” (game). Per Caillois è fondamentale la distinzione tra padia e ludus, il primo

fantasia immaginazione e improvvisazione, il secondo tentativo serio e dotato di regole di superare ostacoli. Per Caillois il gioco deve mantenersi separato dalla vita reale per evitare una serie di conseguenze negative per l’individuo tra le quali superstizione, alienazione, disconoscimento e vizio. Nel suo saggio si ritrova anche un tentativo di fornire una definizione del gioco in quanto attività delineata da sei categorie; il momento ludico viene quindi ad assumere delle qualità proprie che si trovano ad essere quelle di un’attività: - impegnativa in quanto porta a un completo coinvolgimento dell’individuo che se ne occupa; - regolamentata (distinzione tra pania e ludus); - incerta in quanto non è possibile sapere già a priori gli esiti; - separata dalla vita reale per evitare degenerazioni sull’individuo; - improduttiva in quanto non porta a scopi concreti; - fittizia, palestra della vita vera. Uno degli aspetti ritenuti più interessanti del saggio di Caillois è la grande lucidità con cui l’autore stesso distingue e analizza le diverse componenti che vanno a costituire quello che chiamiamo attività ludica, andando così a delineare un semplice ma preciso schema di classificazione. Una delle prime e più importanti caratteristiche comuni a ogni forma di espressone ludica è la libertà, deve essere infatti la persona a scegliere in modo 71


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autonomo di voler prendere parte al gioco. Esso deve essere separato dalla vita in quanto attività con delimitazioni precise nel tempo e nello spazio; incerto in quanto l’incertezza caratterizza l’esito finale e lo svolgimento del gioco stesso e improduttivo in quanto non ha valore effettivo nella vita ordinaria. Per Caillois le più diverse forme di gioco possono in sostanza essere ricondotte a quattro fondamentali categorie che egli chiama Agon, Alea, Mimicry e Ilinx. L’Agon, competizione, rispecchia soprattutto il gioco da tavolo in cui tutto il meccanismo è incentrato sul gareggiare e primeggiare sull’avversario che si ha di fronte. Non conta che la qualità o l’abilità richiesta nel gioco per vincere sia la forza fisica, la destrezza e flessibilità mentale o una abilità fisica particolare ma quello che è importante è che in tutti i giochi in cui la parte principale è svolta dalla competizione questa qualità viene esercitata con lo scopo di primeggiare sugli altri partecipanti. Per quanto riguarda l’Alea si trova antiteticamente rispetto all’Agon, in quanto rappresenta per il sociologo il piacere e la volontà conscia dell’uomo di abbandonarsi al volere del fato, il gioco è caratterizzato dal caso, la fortuna, l’azzardo. Le capacità eventuali del giocatore perdono di importanza in quanto egli mette da parte la sua volontà per accettare il destino. La terza categoria di gioco è quello che Caillois chiama Mimicry in cui viene attribuito carattere di 72

attività ludica anche ad attività che non vengono considerate giochi. La mimicry viene definita come l’atteggiamento di chiunque finga di essere un’altra persona sia per divertimento che per altre ragioni; il gioco è caratterizzato dalla ricerca della simulazione, della finzione, come nel teatro. Tutte queste attività vengono considerate giochi in quanto rientrano nei parametri indicati all’inizio della dissertazione tra cui la libertà, la separazione spazio-temporale e il decentramento rispetto alla vita vera. La quarta e ultima categoria individuata è quella che prende il nome di Ilinx ovvero la vertigine, l’ebbrezza che si prova nel momento in cui ci troviamo soggetti a delle forze estranee di cui non si ha il controllo, si ha quindi la ricerca del rischio, del brivido come nel dondolare con l’altalena, girare sulla giostra, andare sulle montagne russe. Le possibili combinazioni tra le quattro differenti modalità di gioco aprono scenari del tutto nuovi ed estremamente complessi. Huizinga ha il merito di scoprire le tematiche del gioco mentre prima del suo lavoro non erano state sufficientemente analizzate e considerate ma trascura la classificazione e descrizione sistematica dei giochi, in quanto immagina che essi corrispondano tutti agli stessi bisogni e siano tutti espressione dello stesso atteggiamento psicologico, ovvero quello dei “giochi di competizione regolata” (Huizinga,1972). In Homo ludens troviamo una descrizione del


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gioco come attività archetipica delle manifestazioni essenziali di ogni cultura dell’esistenza umana sotto molteplici aspetti, dalle arti, alla guerra, alla filosofia, ma manca una classificazione delle sfere dell’attività ludica in quanto appunto derivano tutte dalla stessa pulsione insita nell’istinto dell’uomo. Caillois invece va oltre questa tesi, arrivando a una grande classificazione dei giochi nelle quattro categorie fondamentali già citate, che corrispondono ognuna ad un preciso e circoscritto bisogno della psiche umana. Nel saggio di Caillois viene riconosciuta anche una vocazione sociale del gioco, anche di quello infantile: le varie categorie nelle quali sono classificati i giochi presuppongono infatti una compagnia e non la solitudine dell’individuo.

I.2.1.2 I teorici del gioco: riferimenti pedagogici Sebbene i più approfonditi studi sull’infanzia siano emersi nell’Ottocento, la consapevolezza dell’importanza del gioco nel corso della storia è stata anticipata dalle teorie di Jean-Jacques Rousseau (1712-1778); egli attribuisce grande rilevanza all’ambiente naturale come spazio formativo, sostenendo che l’educazione debba essere un qualcosa che nasce dalle facoltà umane ed intellettive dello stato originario dell’uomo, inteso

come essere autonomo, senza che queste siano corrotte dalle imposizioni e dai dettami della società contemporanea. Di conseguenza, Rousseau ritiene fondamentale che l’attività ludica e l’educazione al gioco siano strutturate ed organizzate sulla base dell’evoluzione psicologica dei bambini. In riferimento all’età infantile, egli individua due fasi. Nella prima fase della formazione del bambino, in cui la ragione non è ancora pienamente sviluppata, rivestono grande importanza le sensazioni generate dalla manipolazione degli oggetti e dal movimento; in questa fase il bambino deve essere lasciato libero di muoversi e di sperimentare secondo il proprio istinto, mentre deve essere esclusa ogni forma di educazione morale, che potrebbe essere percepita dal minore come una mera imposizione. Nella seconda fase della formazione infantile, considerata da Rousseau compresa tra i tre e i dodici anni, il bambino inizia a percepire lo squilibrio tra le proprie necessità e capacità; sulla base di questa dicotomia potrà essere svolta una prima forma di educazione morale, priva di obblighi o divieti, ma capace di portare al confronto con l’esterno. Più tardi numerosi pedagogisti, in sintonia con le idee di Rousseau, hanno attribuito molta importanza, dal punto di vista educativo, al gioco in contatto con la natura. Johann Heinrich Pestalozzi (17461827) diede vita, in Svizzera, al Neuhof, un istituto di educazione per minori provenienti da famiglie povere, ispirato al naturalismo e all’ottimismo di Rousseau, e basato sull’apprendimento mediante l’osservazione 73


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e il naturale esercizio dei sensi.

natura e le leggi che lo regolano.

Tra i numerosi pedagogisti che si diressero in Svizzera, negli istituti aperti da Pestalozzi, merita di essere menzionato il tedesco Friedrich Fröbel (17821852), un importante studioso dell’infanzia, che per primo ha posto l’accento sull’importanza del rapporto tra gioco e natura. Per offrire ai bambini la possibilità di esplorare se stessi attraverso l’attività ludica, Fröbel fondò i Kindergarten, i Giardini d’Infanzia, forniti di spazi interni ed esterni e pensati appunto per stimolare il rapporto del bambino con l’ambiente naturale. Per Fröbel, che sostiene l’importanza della salvaguardia della spontaneità del bambino, il gioco costituisce uno strumento educativo, un’attività fondamentale per incoraggiare la capacità di esprimersi e di penetrare nelle cose. Un aspetto importante legato al gioco, soprattutto nella prima fase dell’infanzia è, secondo Fröbel, il fatto che esso porti il bambino a scoprire attività come il disegno: esso, infatti, favorisce le capacità rappresentative del minore, che è facilitato anche nell’esprimere se stesso. In questo periodo, inoltre, per Fröbel ricoprono un ruolo fondamentale anche le attività legate al movimento, al ritmo, alla musica e alla danza. L’espressione e il linguaggio sono considerati dal pedagogista delle manifestazioni spontanee e naturali del bambino, che vengono affinate ed approfondite nella seconda fase dell’infanzia, in cui si inserisce la scuola, vista come luogo in cui l’essere umano arriva a conoscere il mondo esterno, la sua

Maria Montessori (1870-1952) è stata senza dubbio una dei più importanti pedagogisti della storia, nota in tutto il mondo per il metodo educativo che prende il suo nome. Il metodo montessoriano parte dallo studio dei bambini con disabilità psichiche, ma anche semplicemente con problemi di socializzazione o difficoltà nell’esprimere se stessi, per adattarsi poi a tutti gli altri; a sostegno di questo metodo c’era l’idea che l’approccio educativo applicato ai bambini disabili producesse senza dubbio effetti stimolanti anche sui bambini normodotati. Il metodo scientifico della Montessori, si basa sull’importanza di partire dai naturali bisogni e dagli interessi del bambino, che deve sentirsi libero ed autonomo; è fondamentale non abituarlo alla passività, ma renderlo protagonista attivo, capace di scegliere ed agire liberamente: il gioco deve infatti rappresentare un momento di formazione della personalità. Per Maria Montessori l'infanzia è un periodo ricco di creatività, una fase della vita durante la quale il bambino assorbe ed assimila, attraverso il subconscio, le esperienze esterne, facendole proprie e, grazie a queste, crescendo in modo naturale. La pedagogista sostiene, infatti, che il bambino sia già di per sé un essere completo, in grado di sviluppare ed accrescere le energie creative che già naturalmente possiede. Tale creatività può essere attivata e coltivata solo attraverso la libertà

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di comportarsi in modo autonomo; celebre è la frase “aiutami a fare da solo” (Montessori). L’adulto, in relazione al gioco del bambino, ha il compito di fornirgli ambienti adeguati e materiali idonei a favorire la sua creatività e sviluppare le sue potenzialità, in maniera efficace e completa. Per questa ragione, le “Case dei Bambini” fondate dalla Montessori sono strutture pensate ed organizzate proprio a misura

di bambino: gli arredi, le maniglie, gli interruttori e tutti gli oggetti sono progettati e proporzionati in base alle sue possibilità, rendendolo così capace di interagire e di giocare in piena autonomia e libertà. Per la pedagogista, il movimento gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo infantile, in quanto solo con il crescere simultaneo delle capacità motorie e psichiche può davvero formarsi la personalità dei

Fig.I.2.2

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bambini. Un altro aspetto fondamentale del metodo montessoriano è legato all’importanza che viene attribuita al rapporto del bambino, e in generale dell’essere umano, con la natura, considerato uno dei bisogni fondamentali dell’uomo. Nelle scuole fondate da Maria Montessori, infatti, i bambini vengono stimolati a svolgere attività che li mettono

Fig.I.2.3

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in stretto contatto con l’ambiente naturale, come il giardinaggio o semplicemente l’attività ludica in “aule all’aperto”. Il gioco, per la Montessori, non deve essere visto solo come un modo per divertirsi, ma anche come un vero e proprio impegno, un’attività che affina la concentrazione e la responsabilizzazione, proprio come l’attività lavorativa.


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Tale analogia tra attività ludica e lavoro viene ripresa e marcata dal filosofo e pedagogista americano John Dewey (1859-1952): egli affida al gioco anche il compito di sviluppare nel bambino capacità tipiche della vita adulta, come il problem solving e la tenacia nel tentare di raggiungere obiettivi prefissati, secondo sempre maggiori gradi di difficoltà, senza arrendersi o abbattersi di fronte ai fallimenti. “Non è la perfezione la meta ultima della vita, ma il processo incessante di perfezionare, maturare e raffinare” (Dewey,1931).

Secondo Piaget, l’adattamento del bambino avviene attraverso due concetti fondamentali: l’assimilazione, cioè la capacità di incorporare un evento o un oggetto in un già acquisito schema comportamentale, e l’accomodamento, vale a dire la capacità di modificare lo schema comportamentale sulla base di nuovi eventi fino a quel momento ignoti. Sulla base di queste considerazioni, Piaget individua

Simile al metodo Montessori è l’approccio delle sorelle pedagogiste Rosa (1866-1951) e Carolina (18701945) Agazzi. Per loro, sostenitrici dell’importanza della spontaneità e della vitalità dell’infanzia, il bambino deve essere un attore protagonista del proprio processo formativo, e la sua attività ludica deve svolgersi in ambienti estremamente semplici e con oggetti e materiali che richiamino la quotidianità e che favoriscano la creatività e la manualità, come sabbia, argilla ed altri elementi naturali. Per le due sorelle, il gioco rappresenta un importante stimolo all’apprendimento, favorendo l’autonomia e trasmettendo l’importanza della socializzazione, della cooperazione, e del rispetto degli altri. Lo psicologo svizzero Jean Piaget (1896-1980), studioso della psicologia dello sviluppo cognitivo, ha riconosciuto nel gioco un ruolo decisivo nella maturazione dell’intelligenza del bambino e lo riteneva alla base di tutta la vita infantile.

Fig.I.2.4

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quattro stadi dello sviluppo cognitivo attraversati da tutti e sempre nel medesimo ordine. Il primo è lo stadio senso-motorio, che va dalla nascita ai due anni di età, durante il quale il bambino attua giochi motori, servendosi dei sensi e delle abilità motorie per relazionarsi con il mondo esterno. In questa fase, attività come lanciare o spostare gli oggetti rafforzano nel bambino la consapevolezza della propria capacità di modificare l’ambiente che lo circonda. Il secondo stadio è quello pre-operatorio, e va dai due ai sei/sette anni; in questa fase il bambino mette in atto il gioco simbolico, servendosi appunto di simboli, cioè di entità che ne rappresentano altre, per dare avvio ad un gioco creativo. È in questa fase che si presenta quello che Piaget definisce egocentrismo intellettuale, che fa sì che il bambino legga i simboli e la realtà esclusivamente dal proprio punto di vista. Il terzo stadio è lo stadio operatorio concreto, che va dai sei/sette anni agli undici, e che è caratterizzato dai giochi di regole: in questa fase il bambino è in grado non solo di servirsi dei simboli, ma anche di manipolarli in modo logico. Questa fase conduce il bambino nell’ambito delle relazioni, facendolo uscire dall’egocentrismo infantile e portandolo all’accettazione di norme condivise. L’ultimo stadio, infine, è lo stadio operatorio formale, che va dagli undici anni in poi e che è caratterizzato dalla capacità, da parte del bambino, di afferrare pensieri astratti, lontani dalla sua esperienza diretta e dalla sua percezione sensoriale.

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Donald Woods Winnicott (1896-1971), grande psicoanalista inglese, ha dedicato una larga parte dei propri studi alla relazione che si sviluppa tra gioco e atto creativo, fattori, secondo lui, strettamente relazionati alle esperienze dei bambini e, successivamente, alla vita adulta. Secondo Winnicott, dalla nascita ai primi giorni di vita il bambino si trova in uno stato di completa

Fig.I.2.5

fusione con la realtà esterna, non essendo in grado di percepire l’esistenza di qualcosa diverso da sé e slegato ai propri bisogni, che vengono completamente assecondati. Successivamente, grazie alla madre che inizia a venir meno al totale adattamento di ogni bisogno


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del bambino, questo inizia gradualmente ad essere consapevole della presenza di un “non-me”. Questo passaggio avviene in maniera non traumatica, grazie alla presenza di quelli che Winnicott chiama “oggetti transizionali”, come copertine e pupazzi, che infondono al bambino un senso di sicurezza, andandosi a collocare in una sorta di spazio intermedio tra sé e la realtà esterna, che lo psicologo chiama “spazio potenziale”. È proprio in questa dimensione illusoria che fa da mediazione tra mondo interiore e realtà esterna che si genera il vivere creativo che, prima di ogni altra cosa, si manifesta attraverso il gioco. L’attività ludica diventa, quindi, anche uno strumento che consente al bambino di acquisire autonomia e graduale emancipazione dalla dipendenza materna. Per Winnicott, l’utilizzo dell’oggetto transizionale costituisce quindi la prima vera esperienza di gioco. Il gioco quindi, sostiene lo psicoanalista, consente al bambino di esprimere a pieno la propria personalità, entrando in contatto con il proprio sé. Solo attraverso il gioco, infatti, i bambini riescono ad essere creativi ed a formarsi come esseri individuali, ma capaci di relazionarsi con gli altri. Per Winnicott, l’impulso creativo è uno stato esistenziale, più o meno nascosto, ma presente in tutti gli esseri umani, a prescindere dall’età anagrafica, ed è proprio per questa ragione che, per lo psicoanalista, il gioco, inteso come atteggiamento ludico verso la realtà esterna, non ha età. “Io considero alla stessa stregua il modo di godere altamente sofisticato della persona adulta rispetto

alla vita, o alla bellezza o all’astratta inventiva umana, e il gesto creativo di un bambino, che tende la mano alla bocca della madre, e che tocca i suoi denti, e la vede creativamente. Per me, il giocare porta in maniera naturale all’esperienza culturale e invero ne costituisce le fondamenta” (Winnicot,1974) . Merita un'ultima riflessione il pedagogista Loris Malaguzzi (1920-1994), autore de "I cento linguaggi dei bambini". Egli sosteneva che il bambino impara non tanto da quanto gli viene insegnato, quanto soprattutto dall’impiego delle risorse di cui è dotato. L’apprendimento costituisce quindi un processo auto-costruttivo generato direttamente dal bambino, che svolge così un ruolo attivo nell'aquisizione del proprio sapere.

I.2.1.3 Cosa rappresenta il gioco per il bambino Per il bambino, il gioco rappresenta e deve rappresentare il centro della vita, il fulcro attorno al quale ruotano le relazioni sociali, le scoperte, l’apprendimento; i bambini, infatti, acquisiscono conoscenze, alimentano la propria creatività ed imparano a socializzare e fare amicizia proprio attraverso il gioco. L’attività ludica consente di entrare in stretto rapporto con la natura e le cose, e rende il bambino padrone della realtà che lo circonda, consentendogli di plasmarla e modificarla secondo la sua immaginazione. “Il gioco è pratica 79


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continua e diffusa, è tenace lavoro per l’affinamento di una sensibilità speciale che consiste nel saper cogliere i trompe l’oeil della realtà, nell’individuare le smagliature nel tessuto dell’esperienza, nel fotografare le schizofrenie della vita per poterle conoscere e dominare, anziché esserne dominati e venirne giocati” (Franceschini, Borin, 2014). Il termine “gioco” ha molti significati e sfaccettature, e sulla necessità del gioco sono sorte differenti teorie, da chi sostiene che l’attività ludica ci permetta di interpretare ruoli o svolgere attività e lavori legati alla nostra esistenza, a chi pensa che l’uomo sia portato a spendere, attraverso il gioco, l’energia in eccesso, a chi invece ritiene che giocare sia un modo per scaricare le tensioni. Per il bambino, tuttavia, il gioco rappresenta soprattutto l’allontanarsi dall’ordinario e dalla routine: a tutti è capitato di camminare per strada e vedere un bambino che saltella sulle strisce pedonali o che poggia i piedi solo su alcune lastre di pavimentazione, cercando di non perdere l’equilibrio ed immaginando chissà quali scenari. Il bordo di un marciapiede, per l’adulto privo di significato, diventa spesso per il bambino un ponte sospeso, un modo per testare le proprie capacità da equilibrista. I bambini inventano i giochi in ogni luogo e in ogni momento e sono in grado di trasformare qualunque posto, spazio o contesto in un playground. Questo non significa che non abbiano bisogno di idonei spazi gioco e adatte strutture ricreative; anzi, nel caos della città moderna, è opportuno ricreare degli ambienti che permettano ai bambini di esprimere la propria fantasia, senza imporre attività ludiche

standardizzate, ma favorendo invece l’invenzione di nuovi e diversificati giochi.

Fig.I.2.7 Pagina precedente Fig.I.2.6 Pagine seguenti Fig.I.2.8

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I.2.2 Il playground: linee evolutive e tipologie

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Io penso che il divertimento sia una cosa seria. Italo Calvino

I parchi gioco esistono e si sono sviluppati da poco più di un centinaio di anni: la loro nascita è stata perlopiù promossa, infatti, nel diciannovesimo secolo, come soluzione alle questioni circa la socializzazione, la salute e lo sviluppo motorio dei bambini. L’idea del playground come luogo per infondere nei bambini concetti come fair play e buone maniere è nata in Germania, dove gli spazi per il gioco erano però situati all’interno delle strutture scolastiche, e dove degli istruttori insegnavano ai bambini come strutturare il proprio gioco. Il primo playground ad uso pubblico è stato invece aperto nel 1859 in un parco di Manchester, in Inghilterra. I primi parchi gioco realizzati negli Stati Uniti risalgono al 1886, a Boston, mentre nel 1887 fu aperto un playgroud pubblico all’interno del San Francisco’s Golden Gate Park. Con la crescita dell’industrializzazione e dell’urbanizzazione è aumentata anche la preoccupazione per il concetto di benessere pubblico: i parchi gioco iniziarono quindi ad essere visti come la migliore soluzione a problematiche quali spazi ristretti, scarsa qualità dell’aria ed isolamento sociale. Questa nuova idea avrebbe dovuto tenere i bambini lontano dalla strada e dai suoi pericoli, aiutandoli a sviluppare la capacità di socializzazione e una buona salute fisica, insieme al piacere stesso di essere un bambino. Nel 1906 fu fondata la Playground Association of America (poi divenuta National Recreation Association, e successivamente National Recreation and Park Association), al fine di promuovere e realizzare idee di parchi gioco pubblici. Il primo parco giochi pubblico in Italia risale al 1936, e fu realizzato a Milano, presso il Palazzo della Triennale.

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Da allora, anche nelle città italiane, il concetto di playground ha visto accrescere sempre di più la propria importanza sociale e ricreativa. Nel 1943, a Emdrup, fuori Copenaghen, fu realizzato dall’architetto paesaggista Carl Theodor Sørensen il primo “Junk Playground”, uno spazio caratterizzato dalla presenza di una vasta gamma di materiali di risulta che sarebbero stati utilizzati dai bambini per costruire e demolire, creare e distruggere, a proprio piacimento. Il parco giochi riscosse un enorme successo, e nel 1946 fu visitato dall’architetto paesaggista ed attivista per i diritti dei bambini Lady Allen of Hurtwood, che introdusse in Inghilterra questo concetto di parco giochi a cui diede il nome di “Adventure Playground”. A partire dalla Seconda Guerra Mondiale, soprattutto nei Paesi più avanzati, i parchi gioco sono divenuti una risposta consolidata e diffusa ai problemi sociali associati alla salute, all’urbanizzazione e all’immigrazione. Un contributo fondamentale nell’evoluzione dei playgrounds è stato fornito dall’architetto olandese Aldo Van Eyck (1918-1999), che ha rivoluzionato l’idea di parco giochi, progettando ad Amsterdam numerosissimi spazi per bambini tra il 1947 ed il 1978, e che tratteremo approfonditamente più avanti (par. I.2.4). Tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta del Novecento, anche per l’insorgere di nuove preoccupazioni sul tema della sicurezza negli spazi gioco, si aprì la strada verso playgrounds standardizzati: iniziarono quindi ad essere prodotti in serie giochi di plastica con i bordi 86

stondati, scivoli, altalene e altre strutture prefabbricate, generalmente poveri di stimoli e scarsamente capaci di attivare la fantasia e la creatività dei bambini. Tale idea di playground è purtroppo ancora molto diffusa, tanto che nell’immaginario collettivo al concetto di parco giochi si associa immediatamente uno spazio aperto con scivoli ed altalene colorati. Le attività legate a tali attrezzature sono, tuttavia, ripetitive, noiose e meccaniche e costituiscono un approccio al gioco di tipo passivo. Per questa ragione, a partire dagli anni Ottanta fino a oggi, in alcune realtà soprattutto all’estero, si è sviluppata l’idea dei moderni playgrounds che, pur mantenendo elevati livelli di sicurezza, sono caratterizzati da giochi fantasiosi, temi e materiali differenziati, nonché attrezzature che alimentano la creatività e la capacità di immaginazione del bambino. Nella progettazione di un playground il progettista deve per prima cosa avere chiaro l’obiettivo da conseguire: il benessere del bambino, principale fruitore di questa particolare opera di architettura. Il progetto di un parco gioco prende in considerazione molteplici aspetti che rimandano alle varie sfaccettature del gioco in sé. Giocare è per prima cosa divertimento ma non deve essere dimenticato l’aspetto che rimanda al gioco come mezzo di conoscenza, gioco come incentivo per la creatività, l’immaginazione e l’autoaffermazione, ma anche come momento fondamentale della sfera sociale in cui è necessario dare un contenuto inclusivo; gioco come attività motoria indispensabile per la crescita


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del bambino ma anche come strumento terapeutico e come contatto stretto e diretto con la natura e il paesaggio circostante. Appare chiaro sottolineare come, a seconda del contesto di intervento in cui ci troviamo a operare, le sfere del gioco che vengono prese maggiormente in considerazione possano e debbano cambiare; sarĂ dunque molto diverso il lavoro di progettazione se si parla di un summer camp, di un ospedale pediatrico, di un parco urbano o ancora di un parco storico. Il progettista in questi casi si trova di fronte ad aree con

caratteristiche specifiche caratterizzate da diverse funzioni e finalità . Assumono particolare rilievo anche la progettazione attenta di attrezzature differenziate a seconda del tipo di utenza (solo bambini, famiglie, riabilitatori). Tra le tipologie di playground riconosciute e studiate possiamo distinguere il Natural Playground, l’Adventure Playground e il Therapeutic Playground. Per quanto riguarda l’Adventure Playground assume particolare importanza il rapporto con il contesto naturale circostante e concetto di gioco libero. Il primo progettista ad aver ideato un Adventure Playground

Fig.I.2.9

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è stato, come già accennato, l’architetto Sørensen che notò come i bambini usassero per giocare alcuni materiali di risulta recuperati nei cantieri edili, nei depositi e in tutti quei luoghi abbandonati che potevano trasformarsi in luoghi di svago. Questi spazi residuali sono al centro dell’analisi condotta anni dopo da Sola Morales: terrains vagues, terreni indeterminati, imprecisi, sfocati, incerti, che contengono le aspettative di mobilità, erranza, tempo libero e libertà. “Sono siti obsoleti nei quali soltanto alcuni valori residui sembrano sopravvivere, nonostante la disaffezione

Fig.I.2.10

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totale dell’attività della città. Sono, in poche parole, luoghi esterni, strani luoghi esclusi dagli effettivi circuiti produttivi della città. (…) In breve, questi sono luoghi estranei al sistema urbano, mentalmente esterni nell’interiorità fisica della città, appaiono come la sua immagine negativa tanto nel senso della critica come in quello della possibile alternativa” (Morales,1995) . Alan Berger nel descrivere le potenzialità dei terrains vagues si rifà al processo evolutivo che i biologi chiamano exaptation. Questo processo spiega come gli organismi spesso riadattino in modo opportunista strutture già a disposizione per funzioni inedite. Nel mondo animale, ad esempio, le piume che inizialmente servivano ai rettili per l’isolamento corporeo sono diventate successivamente strumenti per il volo. In questa ottica dovrebbero essere letti questi spazi, ossia come parti di un “organismo” urbano in continua evoluzione, spesso nate con una funzione ben precisa, ma pronte ad adeguarsi a nuovi utilizzi, seguendo e partecipando ai nuovi meccanismi di trasformazione della città. Questa idea prende forma per la prima volta nel 1943 con il progetto a cura di Sørensen per il complesso residenziale Emdrupvange nella periferia di Copenhagen, è infatti in questa occasione che Sørensen progetta il primo “junk playground”, poi chiamato Adventure Playground. Il concetto di gioco presente in un Adventure Playground si presenta “capovolto” rispetto a quello che tradizionalmente viene riconosciuto in quanto è caratterizzato da una partecipazione diretta dei bambini anche alla costruzione stessa


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dei giochi e proprio questo aspetto contribuisce a dare all’Adventure Playground una sorta di caratterizzazione “non-finita”. Per quanto riguarda la seconda categoria di playground presa in considerazione - Natural Playground - è importante sottolineare che, in questo caso, ha il ruolo di principale elemento informatore la natura, e con essa la consapevolezza da parte del progettista del benefico influsso che essa può avere sul processo di crescita e formazione del bambino e in modo più ampio sulla salute dell’individuo. Il concetto di Natural Playground ruota interamente sugli ambiti naturali e sulla loro valorizzazione come piante, terra, acqua, legno, rocce naturali e sulla combinazione di questi in varie forme organiche che possano renderli il più attraenti possibile per l’utenza di bambini che li utilizzerà. La vicinanza con elementi naturali e il gioco all’aria aperta influenzano positivamente le percezioni sensoriali dei bambini e migliorano lo sviluppo delle facoltà conoscitive degli stessi, oltre ad agire sulla sfera emozionale e fisica. L’interazione attiva da parte dei bambini con la natura e il paesaggio naturale circostante migliora la qualità stessa del gioco e su questo concetto chiave si fonda la progettazione del Natural Playground. In quest’ottica si trovano come elementi principali della composizione tronchi d’albero che formano ponti o passerelle, sculture o massi rocciosi naturali, la presenza di acqua e di dislivelli del terreno. Il Therapeutic Playground o Healing Garden (giardino che guarisce) è un componente speciale dell’organismo edilizio sanitario, in quanto ha esso

stesso valore terapeutico, stimolando l’interazione con il paziente e il contatto di questo con il mondo attraverso modalità percettive, offrendo sollievo anche ai parenti ed allo staff. Tale tipologia di playground può comprendere giardini terapeutici, spazi per l’orticoltura, giardini meditativi e di riabilitazione. Nei Therapeutic Playground trova espressione l’esercizio della play therapy in correlazione con tutti i vari processi riabilitativi che riguardano i bambini e vengono svolti molto spesso in correlazione diretta con gli ospedali pediatrici e centri di riabilitazione. Anche in questo caso sono particolarmente importanti

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gli elementi che stimolano i sensi del bambino, e che tendono ad un tipo di gioco non passivo ma espressivo come giocare con la terra, con elementi naturali, sabbia, acqua, suoni e così via. Il primo studio di riferimento è quello condotto nel 1984 da Roger S. Ulrich sui pazienti di chirurgia, dimostrando la relazione tra la durata dell’ospedalizzazione, l’uso di antidolorifici e la possibilità di vedere la natura attraverso la finestra

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dell’ospedale. Secondo gli esiti della ricerca i pazienti con questa opportunità, rispetto a quelli che guardavano un muro di mattoni, recuperavano più velocemente con minore bisogno di antidolorifici. Assimilandolo ad un farmaco assunto per una specifica patologia, un “giardino che guarisce” è disegnato per produrre un effetto misurabile su un processo di malattia. Come si legge in un recente articolo di Adrian Burton


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su un’autorevole rivista medica: “if [gardens] can be shown to shorten hospital stays, reduce the need for pain medication or other drugs, hasten (and therefore reduce the cost of) the rehabilitation process, or reduce staff stress and burnout (as initial research suggests), financing bodies might look on them favourably.” (Burton, 2014)

recuperare la tradizione storica europea degli spazi aperti complementari agli istituti di cura, spesso in origine destinati alla coltivazione delle essenze officinali necessarie per le terapie, o al riposo, al ritiro ed alla meditazione per rinforzarsi nella lotta contro la malattia.

Dalla fine degli anni 80 anche in Italia si è iniziato a

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I.2.3 Playground for all come strumento dell’inclusione sociale

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Scopri di più su una persona in un’ora di gioco che in un anno di conversazione. Platone

Nell’avvicinarsi alla difficoltosa strada della progettazione di un parco giochi for all ci pare di fondamentale importanza ribadire con enfasi la necessità di un approccio progettuale user centered, che permetta di allargare lo spettro dei potenziali utenti del playground rendendolo fruibile a tutti, sia in senso “verticale”, ovvero per ogni fascia di età, sia in senso “trasversale”, rifacendoci qui al concetto di utenza allargata. Nella nostra concezione il progetto del playground diventa un vero e proprio scenario di vita cittadina, luogo di incontro, scambio, gioco e socializzazione. I centri storici delle città medio-grandi si trovano ad affrontare un periodo critico derivato dalla espansione delle aree urbane negli ultimi decenni di storia, fatto che ha portato alla perdita del ruolo chiave che questi luoghi hanno ricoperto in passato. Abbiamo assistito, infatti, al decentramento della popolazione verso le periferie, dove sono stati organizzati nel tempo servizi per le diverse categorie sociali, tra cui anziani, extracomunitari, disabili e anche bambini. Le strade e le piazze perdono in questo modo la loro natura di spazi spontanei di gioco e di incontro, e il bambino si trova “costretto” in spazi specializzati progettati appositamente ed esclusivamente per lui, come i giardini per il gioco e la cameretta di casa. Questi luoghi, tuttavia, non considerano i reali bisogni di gioco, come quello di avventura, immaginazione e creatività e, dall’altro lato, sono luoghi completamente privi di attrattiva per le altre categorie sociali. Dal momento che il bambino da solo non è in grado di controllare lo spazio e ha necessariamente bisogno della sorveglianza dell’adulto, è sbagliato pensare che lo spazio giochi sia un luogo pensato esclusivamente per l’utente-bambino. È fondamentale che questi luoghi siano spazi pubblici vari, belli, ricchi e accessibili a tutti i cittadini.

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I bambini con disabilità hanno le stesse esigenze di gioco di tutti gli altri, ma per loro è ancora più difficile trovare opportunità di giocare in modo avventuroso e creativo. Secondo Lauria, Montalti, 2015, “in architettura, il concetto di accessibilità ha subito nel corso del tempo una profonda revisione per effetto, soprattutto, dell’evoluzione del concetto di disabilità, cui è strettamente legato. Se nel passato la disabilità era considerata una condizione della persona, oggi è assunta come il risultato di una complessa interazione tra “persone con menomazioni e barriere comportamentali e ambientali, che impediscono la

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loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di eguaglianza con gli altri” (United Nations, 2006).” Una buona progettazione di parchi gioco deve renderli completamente accessibili anche ai bambini con disabilità sia fisiche che mentali, senza tuttavia che questo comporti una settorializzazione delle aree e delle attrezzature, cosa che accentuerebbe ancora di più le diversità già inevitabilmente presenti. Il playground quindi deve nascere come opera studiata per tutti a priori e non adattarsi in seguito con l’aggiunta di specifiche attrezzature per disabili. Non bisogna progettare playground per disabili, bensì playground inclusivi, adatti a bambini con ogni tipo di abilità. Come affermato dall’art.2 della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia: “gli Stati parti si impegnano a rispettare i diritti enunciati nella presente Convenzione e a garantirli a ogni fanciullo che dipende dalla loro giurisdizione, senza distinzione di sorta e a prescindere da ogni considerazione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza. Gli Stati parti adottano tutti i provvedimenti appropriati affinché il fanciullo sia effettivamente tutelato contro ogni forma di discriminazione o di sanzione motivate dalla condizione sociale, dalle attività, opinioni professate o convinzioni dei suoi genitori, dei suoi rappresentanti legali o dei suoi familiari”.


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Un’altra problematica cruciale nella progettazione di spazi pubblici e, nello specifico, di aree gioco, riguarda l’inclusione sociale delle minoranze. Oggi, infatti, le nostre città sono sempre più popolate da persone appartenenti a differenti culture ed etnie, e riteniamo sia importante favorirne l’inclusione sociale. Attraverso il gioco i bambini possono sviluppare una migliore conoscenza e comprensione della cultura dell’altro; ciò può attuarsi, ad esempio, con la compenetrazione di spunti progettuali di giochi derivanti da differenti culture. L’atmosfera rilassata ed inclusiva del playground può aiutare

anche ad avvicinare adulti appartenenti a diverse culture e religioni, uniti dal medesimo interesse nella supervisione e condivisione del gioco dei figli. Con l’aumento della diversità culturale, si ha spesso un parallelo aumento delle lingue parlate, fatto che porta alla necessità di considerare il modo in cui le informazioni vengono fornite all’interno del playground stesso; potrebbe essere infatti necessario usare differenti linguaggi, nell’ottica di promuovere la conoscenza delle attività proposte al maggior range di popolazione possibile.

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I.2.4 Playground come opera di architettura

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If they are not meant for children, they are not meant for citizens either. If they are not meant for citizens – ourselves – they are not cities. Aldo van Eyck

Nella progettazione di spazi gioco, è importante che l’architetto concepisca il playground come opera dotata di una specifica dimensione architettonica, che diventi progetto utile nella rigenerazione della città, valorizzando le tradizioni locali e legate alla territorialità del luogo, ed alimentando un rapporto privilegiato con la natura. Non deve trattarsi quindi del mero inserimento di elementi di arredo e pezzi di design, peraltro prodotti su scala industriale, all’interno di un’area libera, quanto piuttosto di un sistema organico di luoghi collettivi che si configurano, per usare le parole del grande architetto olandese Aldo van Eyck, come degli spazi “in-between” nella dimensione architettonica e spaziale della città.

L’esempio di Aldo van Eyck Aldo van Eyck (1918-1999), architetto olandese e membro del Team X, ha dedicato gran parte della propria vita alla progettazione di spazi per il gioco dei bambini, come dimostrano i circa settecento playground disegnati per Amsterdam, che lo hanno visto impegnato dal 1947 al 1978. Quando l’architetto iniziò a progettare il primo spazio giochi della città, questa era lo specchio della devastazione provocata dalla guerra; alla luce di questo, l’obiettivo di van Eyck fu quello di porre le esigenze del bambino al centro della riqualificazione urbana. Uno degli aspetti più innovativi è rappresentato dal fatto che l’architetto, attraverso questi progetti, mirava anche a dare un nuovo valore alle strade, agli spazi di risulta, alle piazze di quartiere o agli spazi interstiziali tra le abitazioni. Molti di questi progetti furono realizzati in vuoti urbani causati dai bombardamenti, così che

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proprio quei luoghi che venivano associati a violenza e distruzione divennero al contrario luoghi di svago e divertimento. Per van Eyck l’architettura non può permettersi di subordinare la forma alla voglia di una diretta espressione individuale. Essa infatti risponde, per

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definizione, ad uno scopo concreto, alle funzioni di vita sia privata che pubblica, e deve dunque esprimersi in un linguaggio che si presti ad un utilizzo non solo individuale, ma anche collettivo. Il suo linguaggio deve inoltre essere elementare, in modo da essere accessibile al maggior numero di persone


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possibile. Allo stesso tempo l’architettura deve mirare a rivalutare gli aspetti elementari della vita, e quindi a rendere l’esistenza più semplice e più gioiosa. Nelle forme da lui progettate, van Eyck cercò, sull’esempio delle forme primitive incontrate nel suo viaggio in Africa, una sorta di fusione tra biomorfico e geometrico. Nei playground di Amsterdam van Eyck ebbe modo di sperimentare con le forme e con lo spazio e di mettere in pratica queste intuizioni. Quello degli spazi gioco di Amsterdam era un incarico che per sua natura comportava progetti elementari, progetti che dovevano essere concepiti con mezzi elementari e che rispondevano ad un vero e proprio programma, dipendente dal contesto e sviluppato insieme ai residenti, e che, per altro, dovevano spesso essere realizzati in breve tempo. Si trattava di un’impresa che riguardava sia il bambino, considerato come il paradigma di una spontaneità incontaminata, sia l’intera città, il cui spazio urbano fu dall’architetto accolto come contesto legittimo all’interno del quale i nuovi progetti di playground avrebbero dovuto significare qualcosa, non solo per il bambino, ma anche per l’adulto. I progetti dei playground di Amsterdam mostrano una grande varietà di composizioni, eseguite con elementi regolarmente ricorrenti. Gli elementi usati nelle composizioni sono per lo più attrezzi caratterizzati da forme geometriche pure e realizzati con materiali quali alluminio, acciaio o cemento. Tutte le attrezzature sono fisse, in modo da ridurne la manutenzione; van Eyck ha inoltre evitato di inserire giochi prefabbricati già presenti sul mercato in modo

da lasciare spazio alla fantasia dei bambini. Il più esteso elemento della composizione è generalmente la vasca di sabbia, circondata da un caratteristico basso muro di circa trenta centimetri di altezza e larghezza, che è costituito da elementi unitari in calcestruzzo prefabbricato, la cui sezione leggermente smussata ed arrotondata li rende contemporaneamente massicci e dall’aspetto

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morbido. La sabbiera assume forme e dimensioni differenti: un semplice rettangolo come a Bertelmanplein, un quadrato, un triangolo o un cerchio; un esagono con un cerchio inscritto, un cerchio con un esagono o un pentagono inscritti, un rettangolo con un cerchio aperto inscritto, e in alcuni casi due o più esagoni uniti o due cerchi intersecati. Oltre a questa grande forma, il cui diametro varia da cinque a quindici metri, la composizione include generalmente una serie di elementi solidi più piccoli: elementi cilindrici in calcestruzzo che misurano dai venti ai cinquanta centimetri di altezza e sessantacinque di diametro disposti a formare una fila, un anello (come a ricordare un cerchio megalitico in miniatura) o un’altra figura. Tali elementi possono essere utilizzati come sedute oppure come un cerchio in cui ci si incontra e si discute, ma anche come blocchi per saltare; quando sono disposti all’interno della sabbiera, possono essere utilizzati anche come tavoli da gioco. Di tanto in tanto si dilatano a formare come dei tavoli allungati che suddividono la sabbiera in due o più zone. Nelle vasche di sabbia circolari, talvolta aderiscono come lobi a cinque o sei punti periferici, evocando così l’immagine di un organismo cellulare enormemente ingrandito. Questi solidi elementi in calcestruzzo sono in contrasto con le sottili costruzioni in tubi di metallo: piccoli e semplicissimi telai per capriole e arrampicate, disposti in un gruppo di tre o più a caratterizzare una zona, o in fila a delimitare più spazi. L’arco, composto da tre o più segmenti incurvati, ha una forma architettonica primaria le cui facce concave e 100

convesse si prestano entrambe ad una grande varietà di usi. È sia un tunnel che un ponte, sia un luogo dove stare che una macchina ginnica, ma anche, con un telone steso sopra, una casa; i bambini possono arrampicarsi, appendersi, o accoccolarsi su di esso. Nei playground progettati più tardi, dopo il 1956, l’arco è spesso sostituito da una cupola realizzata in modo simile. Dal 1957 in poi, la cupola è talvolta accompagnata da “imbuti per l’arrampicata”, strutture coniche che possono reggersi sia sulla loro estremità più larga che su quella più stretta. Sono forme semplici, stabili ed archetipiche, che non impongono una funzione precisa e fissa, ma suggeriscono molteplici usi differenti. Tali elementi offrono al bambino uno stimolo per scoprire lo spazio ed un’opportunità per sviluppare i movimenti ai quali sono naturalmente inclini: saltare, arrampicarsi e fare capriole. Insieme alle panchine e, in alcuni casi, a siepi, arbusti ed alberi, questi elementi si uniscono in varie composizioni. Elementi piccoli e grandi, sottili e massicci, sono messi in relazione gli uni con gli altri, come oggetti di pari valore, e il luogo viene articolato in uno spazio con un carattere distintivo, un luogo in cui lo spazio tra gli oggetti è importante quanto gli oggetti stessi. Nelle composizioni c’è sempre un punto focale che definisce un luogo preciso e che lega insieme le parti; tale punto focale, che è generalmente segnato dalla sabbiera, raramente, se non mai, coincide con il centro geometrico del sito, tuttavia non è mai neanche così tanto decentrato da richiamare l’attenzione al di


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fuori dell’area del playground. Questo produce una situazione asimmetrica, che viene poi riportata in uno stato di equilibrio dinamico dal posizionamento degli altri elementi. Nel primo playground, per esempio, a Bertelmanplein, del 1947, la sabbiera è spostata di circa quattro metri in diagonale dal centro, lasciando lo spazio

ad un piccolo luogo segnato da tre telai per le arrampicate, una soluzione che implica la formazione di due aree aperte sulla diagonale opposta. Questo semplice modello, che rimane una vaga presenza nella piazza lastricata in maniera uniforme, emerge ancor più chiaramente nel parco giochi Zaanhof nel quartiere Spaarndammer, progettato l’anno

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successivo. Su questa piazza di venti metri, parte del cortile interno di un blocco perimetrale progettato da Walenkamp nel 1916, Aldo van Eyck ha realizzato una configurazione particolarmente interessante. Quattro diverse situazioni di gioco – una sabbiera circolare, tre telai per le capriole, sette pietre per

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saltare e una giostra – sono correlate in uno schema di quattro zone disposte asimmetricamente. Tali zone sono segnate chiaramente da quattro aree rettangolari di bianche mattonelle di cemento che si trovano in netto contrasto con il clinker marrone della piazza del playground. Ognuno dei quattro rettangoli,


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uno grande, due medi e uno piccolo, è posizionato eccentricamente; il rapporto che li unisce (a parte il loro allineamento parallelo) non è un asse comune, ma il movimento centrifugo che insieme evocano. Nonostante il movimento centrifugo, tuttavia, lo schema non ha un centro: il punto in cui il centro avrebbe dovuto trovarsi è occupato da un angolo del rettangolo grande contenente la sabbiera. Le posizioni reciprocamente traslate dei tre rettangoli minori dà luogo a tre aree marginali che costituiscono gli spazi per le panchine. Il parco giochi è inoltre circondato da otto alberi che segnano gli angoli ed il centro di ogni lato della piazza. Sebbene gli alberi definiscano i regolari assi della piazza, non una sola linea dello schema del playground sembra corrispondere a tali assi, cosa che fa sembrare la posizione traslata ed eccentrica dei vari elementi ancora più evidente. Il playground "Jacob Thijsseplein" (progettato nel 1949 e realizzato nel 1950) presenta una diversa tecnica compositiva: l’ordine e la relazione dei singoli elementi con gli assi. Si tratta di uno spazio urbano di una forma che ricorda, approssimativamente, un triangolo isoscele con una base di centoquaranta metri, diviso in due da una strada (Heimansweg). Il punto di partenza per il programma era la decisione, che già era stata presa, di trattare la metà settentrionale come un giardino pubblico e di rendere quella meridionale una zona completamente lastricata. L’idea era di fornire la grande area pavimentata (che da sola misura oltre duemila metri quadrati) di un numero limitato di elementi relativamente piccoli. Il primo passo compiuto da Van Eyck fu di ridurre la

dimensione della piazza piantando una serie di file di alberi tra loro equidistanti: una doppia fila di castagni lungo Heimansweg, e una terza equidistante sul lato opposto della strada. Sia la strada che il percorso pedonale parallelo sono quindi evidenziati da simili viali alberati, fatto che conferisce ad entrambi la medesima importanza. Due ulteriori file di quattro alberi ciascuna si trovano all’estremità del triangolo. La regolare spaziatura tra gli alberi stabilisce una geometria di assi, che a sua volta determina la posizione del sistema del playground e delle panchine, sorprendentemente, gli assi interessati non sono quelli individuati dai tronchi degli alberi, ma dai loro intervalli. Queste linee mettono in relazione le zone dove si trovano gli alberi con i centri di altre cinque zone, evidenziate da aree circolari di clinker in contrasto con le bianche mattonelle in cemento della piazza. Dei cinque diversi cerchi, il maggiore, che ha un diametro di diciassette metri, include la sabbiera, e i quattro cerchi minori orbitano attorno ad esso come satelliti. La posizione di ogni cerchio minore è determinata dalla sistemazione generale dello spazio, ed in particolare dalle intersezioni degli assi individuati dai punti medi tra gli alberi. Un problema ricorrente fu la progettazione delle aree lunghe e lineari che, nella maggioranza dei casi, erano aree spartitraffico al centro delle strade extraurbane. Il primo progetto di questo genere, una striscia centrale in Woestduinstraat (1949), presenta una successione di zone rettangolari tracciate sulla superficie di mattonelle di cemento da linee di clinker. Le zone sono collegate da corte strisce laterali 103


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ai tronchi di alberi equidistanti. Questo progetto non fu realizzato, ma una simile configurazione di forme allineate sarebbe apparsa più tardi nell’area spartitraffico al centro della Herzogstraat, dove tre aree quadrate di mattonelle spiccavano in contrasto sulla distesa di clinker. Si trattava di una configurazione estremamente semplice che tuttavia richiamava l’attenzione sul fatto elementare che una giustapposizione di tre spazi produce due zone intermedie che, contenendo però i due elementi più espressivi (la sabbiera e l’arco), sono di pari importanza rispetto alle piazze piastrellate. Un approccio particolare al problema dei siti stretti e lunghi è adottato nel progetto per l’area spartitraffico centrale lunga circa duecento metri di Radioweg, nel distretto di Watergraafsmeer (1949). Sull’asse di questa lunga striscia si trovano tre cerchi di diametro progressivamente crescente collegati da due percorsi, così da generare, in un certo qual modo, una figura antropomorfica, delimitata da una fitta siepe continua di due metri che segue le sue curve, riproponendole all’esterno. L’asse della figura simmetrica si estende per altri trenta metri dalla sua base sottoforma di un percorso che conduce ad un’area quadrata, di nuovo delimitata da una siepe, dove termina in una scultura. La sequenza lineare delle quattro zone suggerisce una chiara direzione di movimento ma, allo stesso tempo, l’asse centrale che governa l’intera configurazione viene interrotto in ciascuna delle quattro aree: una persona che cammina lungo l’asse principale è infatti obbligata a deviare da esso a causa degli oggetti situati al centro. 104

Il progetto non fu realizzato, ma il concept fu ripreso in seguito su scala minore, in particolare a Dulongstraat (progettato nel 1954 e realizzato nel 1957) e a Mendes da Costahof (progettato nel 1957 e realizzato nel 1960). Oltre a questi esempi in cui i cerchi collegati assialmente sono chiaramente articolati, il tema si ritrova più volte anche in una forma quasi immateriale. Ad esempio, il parco giochi sulla Mariniersplein (progettato nel 1954 e realizzato nel 1956) consisteva in tre di questi cerchi, ma questi sono stati indicati in modo frammentario risparmiando i mezzi a disposizione: due da telai per arrampicarsi, e uno da postazioni per il salto, elementi che sono stati disposti in un ordine di altezza crescente. Un’altra tecnica compositiva utilizzata per la progettazione in aree strette e lunghe era quella di disporre gli elementi in diagonale, in modo da sfuggire alla prospettiva longitudinale; questo approccio pone lo spettatore in una nuova prospettiva. Il primo esempio di questo tipo di composizione è stato il parco giochi Haarlemmerweg dove la direzione diagonale è stata suggerita dal limite posteriore del sito, formato dalle pareti del giardino sul retro di Admiraal e Ruyterweg. Uno dei più innovativi ma riusciti progetti di parco giochi di questo genere è stato quello pensato per un’area spartitraffico centrale di quasi centoventi metri di lunghezza, e larga solo sei in Saffierstraar, un attrattivo spazio urbano dominato dalle facciate della scuola di Amsterdam.


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Il sito è pavimentato con mattonelle di cemento bianche disposte diagonalmente che si trovano in netto contrasto con il cemento delle strade circostanti, una massa marrone di pavimentazione che “invade” la bianca area spartitraffico con forme triangolari. L’effetto di queste penetrazioni è quello di interrompere la lunghezza del sito e di dare alla sua superficie pavimentata un carattere dinamico. Qui,

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eccezionalmente, non ci sono una ma tre sabbiere, in tre piccole forme triangolari. Questa composizione del luogo “intermedio” trova la sua applicazione più evocativa nel relativamente piccolo e racchiuso playground di Dijkstraat. Fu costruito nel punto in cui si trovava una casa abbattuta durante la guerra, un luogo di risulta stretto tra due alte pareti, profondo venticinque metri e largo da nove a undici metri. Van Eyck trasformò questo vuoto in una piazza trattandolo come il punto d’incontro di due immaginari sistemi di riferimento esterni. Anche in questo caso ha usato due contrastanti pavimentazioni, le piastrelle e il cemento, usati in diagonale. In questo caso, tuttavia, la configurazione suggerisce l’immagine di porzioni di pavimentazione che invadono lo spazio della proprietà. I materiali contrastanti si incontrano in un’ampia zona di confine a zig-zag, intersecata dalla sabbiera, progettata come una larga forma triangolare che sembrava crescere fuori dal muro e coprire la punta del triangolo opposto della pavimentazione. Le mattonelle e gli attrezzi per il gioco formano una composizione estrosa che contrasta con il carattere unidirezionale dello spazio. Tuttavia, questi dispositivi stabiliscono luoghi dai caratteri distinti: la volta a botte dell’arco per arrampicarsi, l’intimità della grande sabbiera e, dietro di essa, piuttosto appartato in fondo al sito, un cerchio di pietre. Il primo periodo della progettazione dei playground 105


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include una piccola serie di otto parchi gioco in un nuovo quartiere di sviluppo suburbano, Frankedaal. Van Eyck realizzò un parco giochi nell’angolo settentrionale di ogni corte, attrezzandoli tutti con lo stesso tipo di elementi, ma in una composizione diversa: una piccola piazza con una sabbiera, alcuni telai per le capriole, un po’ di panchine e, in tre casi, un piccolo arco per arrampicarsi. Al di là della prima serie di playground analizzati finora, il fiore all’occhiello è stato il parco giochi Zeedijk (progettato nel 1955 e realizzato nel 1956). Lo spazio vuoto era nascosto dalla strada da un lungo muro cieco di quaranta metri, e il suo confine posteriore aveva una forma altamente irregolare

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dettata dalle pareti delle proprietà adiacenti; era una situazione caotica e grigia, che Aldo van Eyck ha risistemato mettendo a punto un ingegnoso progetto. Il muro cieco è stato demolito e in parte sostituito da un basso muro alto sessanta centimetri, che confinava con il fronte strada esistente sul lato nord e si estendeva fino a metà del lato aperto della strada. Questa bassa parete creava una distinzione tra il parco giochi e il marciapiede, ma alla sua estremità il traffico pedonale era invitato verso l’interno dalla pavimentazione, le cui mattonelle grigie si estendevano all’interno del parco giochi fino ad occupare oltre un quarto della sua area, uno spazio delimitato dal curvo muro a sud e da un altro muretto


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di trenta centimetri di altezza. Questo secondo muretto correva in direzione obliqua rispetto al primo, ma era parallelo al confine posteriore del sito. La zona di ingresso, che conteneva un tornello e tre coppie di telai per le capriole, conduceva ad una zona centrale che era fatta di piastrelle di calcestruzzo bianco. Un lato di questa zona era perpendicolare alla parete di fondo e l’altro al muretto frontale di sessanta centimetri della zona di ingresso. Le due zone, nonostante fossero irregolari, avevano una coerenza formale data dall’allineamento ortogonale dei loro rispettivi lati. Mentre la zona di ingresso pavimentata di grigio proveniva dalla strada, la zona bianca

sembrava rimbalzare in avanti dalla parte posteriore del sito. La zona bianca formava il centro di una configurazione quasi simmetrica che dava una certa unità al sito irregolare. Aveva un asse formato da quattro pietre per saltare ed una coppia di elementi circolari posti ai due lati di esso, in zone più piccole pavimentate in clinker. Nonostante la simmetria generale, l’asse era decentrato ed agiva come perno di un equilibrio asimmetrico tra due parti differenti. Il parco giochi fu realizzato nel 1956, e Aldo van Eyck riuscì a convincere le autorità cittadine a far dipingere le pareti da un artista suo amico, il suo fratellastro Joost van Roojen. Il murale di Van Roojen, eseguito due anni più tardi, era una composizione di rettangoli sovrapposti e strisce che correva attraverso la

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caotica articolazione delle pareti e le univa in un colorato panorama continuo. Le alte pareti laterali delle proprietà adiacenti sulla Zeedijk, oltre ad essere normalmente prominenti a causa della curva dolce della strada, erano dipinte con colori che si combinavano con le passive tinte scure delle vecchie facciate, ma i colori aumentavano di luminosità e vitalità in corrispondenza della zona posteriore, dove la composizione è stata ulteriormente animata da quadrati e cerchi contrastanti. Il risultato è stato uno dei pochi riusciti casi di collaborazione tra architettura e arte, di cui tanto si parlava negli anni Cinquanta. Dunque, questa rassegna dei playgrounds più notevoli progettati da Aldo van Eyck nei suoi primi otto anni di pratica rivela non un progresso sistematico ma una sperimentazione continua con forme e relazioni elementari, una tenace esplorazione delle possibilità di combinazione di forme ricorrenti in un ordine non gerarchico, e in spazi con un carattere riconoscibile. Ognuno di questi spazi è costituito da una o, generalmente, più zone, che sono caratterizzate sia da oggetti tangibili, sia dallo spazio tra di essi. La composizione in cui sono raggruppate assume diverse configurazioni: un movimento centrifugo, un movimento serpeggiante, una figura biomorfa, con uno o più punti focali decentrati, al fine di spostare il punto di vista. L’asse, che tradizionalmente serviva a stabilire una situazione gerarchica, appare nell’opera di Aldo van Eyck per contraddire la gerarchia stessa; non per aiutare a subordinare una serie di questioni 108

secondarie ad una questione centrale, ma per mettere in relazione le cose come elementi di pari importanza, indipendentemente dalla loro dimensione e dal loro carattere. E nei pochi casi in cui sembra suggerire una gerarchia, questa è sempre contraddetta dall’orientamento e dalla collocazione degli oggetti stessi. È importante notare, inoltre, come l’asse non sia semplicemente un tratto grafico astratto ma una direzione strettamente correlata alla percezione spaziale e al movimento. I parchi giochi di Van Eyck incarnano così differenti significati; possono essere visti come composizioni formali autonome, ma allo stesso tempo erano destinati ad essere spazialmente percepiti e vissuti. E, naturalmente, sono playgrounds, luoghi che favoriscono lo sviluppo della fantasia e dell’energia del bambino, obiettivo questo che hanno raggiunto con sorprendente successo fin dall’inizio. Via via che il numero dei playgrounds è cresciuto, a poco a poco si è formata una rete continua di luoghi diffusi nel tessuto urbano. Arredati con forme e attrezzature ricorrenti, il bambino poteva riconoscerli immediatamente come il proprio territorio: si trattava dunque di luoghi che il bambino poteva identificare da quartiere a quartiere, e che gli conferivano la dovuta dignità di abitante della città, al pari dell’adulto. Questi luoghi, inoltre, quando si svuotavano non avevano l’aspetto di parchi gioco deserti anzi, le loro forme elementari davano vita a spazi pubblici con un carattere urbano distinto, luoghi con una ragione di


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esistere anche per l’adulto, come delle pause lungo il tragitto attraverso la città .

Fig.I.2.25

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I.2.5 Ambiente, natura, esperienza

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Tutte le cose sono belle e lo divengono ancora di più quando non abbiamo paura di conoscerle e provarle. L’esperienza è la vita con le ali. Kahlil Gibran

I.2.5.1 Sperimentare Il termine esperienza deriva dal verbo latino ex-pèrior, formato dalla particella intensiva ex (da), che indica allontanamento, e da pèrior, che a sua volta deriva dal verbo greco peirào, che significa provare. Esperienza, dunque, distacco da ciò che è familiare e conosciuto, per tentare un approccio verso qualcosa di ignoto, di nuovo. Fin dai primi mesi di vita, il bambino ha una forte pulsione a conoscere il mondo che lo circonda manipolando gli oggetti e sperimentando le proprie azioni in relazione allo spazio; per lui qualsiasi cosa rappresenta una novità e sente il bisogno di imparare attraverso l'esperienza, il fare. Man mano che crescono, i bambini attraversano varie tappe, durante le quali cambiano le esigenze e le modalità con cui avviene la scoperta e la sperimentazione. Dalla nascita ai tre anni i bambini maturano il controllo sui propri movimenti, giocando prevalentemente da soli e facendo esperienze di tipo tattile, visivo e uditivo, maneggiando materiali ed oggetti, e testandone la consistenza; attraverso l’apprendimento euristico il bambino impara a scoprire, da solo, come gli oggetti si comportano nello spazio, in base al modo in cui vengono manipolati. Tipica dell’atteggiamento ludico in questa fascia d’età è la reiterata ripetizione degli stessi gesti, con un comportamento simile a quello dello scienziato che, dopo innumerevoli esperimenti che si differenziano per piccolissime variazioni, giunge ad una scoperta.

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il playground

Fig.I.2.26

“Per il bambino così come per lo scienziato, il problema più importante è di capire il mondo; ma per capire il mondo bisogna provocarlo affinché si manifesti: lo scienziato lo provoca con le sue ricerche, il bambino con i suoi giochi (…) in tutti e due i casi la strategia cognitiva adottata consiste nel ripetere una stessa azione o situazione, ma ogni volta con una piccola variazione controllata.” (Munari, 2002). Nel gioco euristico, dunque, non c’è un modo giusto o sbagliato di utilizzare un oggetto: il fallimento si presenta solo quando il bambino tenta di fare compiere all’elemento un’azione che la sua stessa natura gli impedisce di compiere. Dai tre ai sei anni, invece, i bambini iniziano a 112

sviluppare una propria coscienza sociale ed iniziano a preferire i giochi di gruppo, stimolando in tal modo la capacità di stare con gli altri e la socializzazione; la sperimentazione, in questa fase, si traduce soprattutto nell’inventare attività, giocando con oggetti che non necessariamente nascono con una funzione ludica. Dai sei agli otto anni, nel gioco dei bambini prende il sopravvento la componente motoria, con attività che presuppongono dinamismo ed abilità fisica; in questa fascia d’età il bambino mette alla prova il proprio corpo, imparando a conoscerne abilità e limiti. Dagli otto anni in poi, infine, nei giochi dei bambini iniziano a prevalere giochi strutturati, spesso di squadra, e caratterizzati da regole ben precise; in maniera


il playground

sempre più complessa, il bambino mette alla prova le proprie capacità di equilibrio e coordinazione. Sotto l’aspetto sociologico, sono interessanti le parole di Paolo Jedlowski, secondo il quale l’esperienza “Si configura come il processo che, a ogni livello di attività e in ogni fase della vita, consente all’uomo di entrare in rapporto con il proprio ambiente e di padroneggiarlo, formando contemporaneamente se stesso (…). L’esperienza è dunque un processo, che si compie nella costruzione di capacità le quali restano a disposizione”. La sperimentazione avviene anche attraverso la creatività e l’immaginazione: i bambini amano manipolare e trasformare materiali come argilla o sabbia, terra o ghiaia, creando oggetti ed inventandosi giochi nuovi, in cui la fantasia e la creatività giocano un ruolo dominante. Uno dei principali strumenti di gioco su cui puntano i bambini è infatti la loro stessa immaginazione: un ambiente o un oggetto che per un adulto non presenta particolari stimoli o non ha significati rilevanti, per il bambino può diventare il miglior spazio giochi. I cosiddetti giochi fatti di niente, infatti, sono più interessanti proprio perché non impongono al bambino un particolare utilizzo o comportamento, ma lasciano libero sfogo alla fantasia. L’ambiente esterno, in questo senso, offre al bambino un’infinità di stimoli, fornendogli molte occasioni per muovere il proprio corpo in maniera differente e consentendogli di sperimentare una grande quantità di esperienze motorie, come saltare, strisciare, correre o arrampicarsi; qui, il bambino

Fig.I.2.27

entra in contatto con il proprio sé e con il proprio modo di habitare lo spazio e di viverlo con il proprio corpo. L’esperienza motoria non è scissa da quella cognitiva. La relazione che il bambino instaura con l’ambiente esterno deve coinvolgere tutto il suo essere, tutti i suoi sensi, perché possa essere una vera esperienza; è infatti attraverso la percezione sensoriale che inizia il percorso di scoperta. Con l’attivazione di tutti i sensi, viene stimolata la capacità di pensiero, di associazione, viene in altre parole allenata l’intelligenza. Come affermava Erich Fromm, “l’uomo per sentirsi a suo agio nel mondo deve comprenderlo non solamente con la mente, ma 113


il playground

con tutti i suoi sensi” (Fromm, 1960). Oggi che, per effetto della tecnologia, il rapporto dei bambini con la natura è principalmente di tipo visivo, si rende ancora più necessario stimolare la loro conoscenza attraverso tutti i sensi; quando parliamo di sensi intendiamo non soltanto vista, udito, tatto, gusto ed olfatto, ma anche la termo-percezione, l’equilibrio, la propriocezione (vale a dire la capacità di conoscere la posizione delle varie parti del corpo), il senso anemestico (dell’aria in movimento), la cinestesia (vale a dire la percezione del proprio movimento), la sensibilità plantare, nonché la percezione aptica.

Fig.I.2.28

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Per percezione aptica si intende un qualcosa che coinvolge tutto l’essere, una sorta di combinazione tra tatto e propriocezione. Come affermava lo scrittore e attivista politico francese Jacques Lusseyran, divenuto completamente cieco all’età di otto anni a causa di un incidente, “io credo che tutti i sensi si riuniscano in un solo senso, sono le fasi successive di un’unica percezione”.

I.2.5.2 Il contesto Quando parliamo di sperimentazione, gioco e crescita, non possiamo omettere di menzionare il ruolo di primaria importanza svolto dal contesto. L’essere umano, infatti, entra costantemente in contatto con l’ambiente che lo circonda, habitandolo, nel significato latino del termine, cioè prendendone possesso. è tuttavia importante ricordare che il modo in cui un bambino vive lo spazio è completamente differente dal modo in cui lo vive un adulto o un anziano; per questa ragione, nella progettazione degli spazi è importante ricordare che l’abitante comprende una grande varietà di categorie di soggetti. È ben noto ormai quanto l’ambiente con il quale il bambino entra in contatto già dalla nascita giochi un ruolo essenziale per il suo sviluppo. Come osservava già Maria Montessori, anche quando si trova in un ambiente fisicamente molto grande, o illimitato, il bambino tende a creare dei confini immaginari, occupando in genere sempre gli stessi spazi; questo comportamento rivela un’analogia comportamentale


il playground

con il mondo animale, un’esigenza di definire il proprio territorio, individuando uno spazio vitale ben preciso, che dà al bambino un maggiore senso di sicurezza. Tra i numerosi contesti in cui può svilupparsi l’attività ludica, lo spazio aperto, oltre a fornire una serie innumerevole di stimoli, favorisce i cosiddetti “giochi sociali”, vale a dire quei giochi che permettono ai bambini di mettersi in relazione con gli altri, e che comprendono attività come il nascondersi, il rincorrersi, o gli stessi giochi di ruolo. In questo tipo di giochi lo strumento principale utilizzato è la fantasia

Fig.I.2.29

e, proprio perché si tratta di attività che vengono svolte in gruppo, viene stimolata la socializzazione e alimentata la relazione con l’intorno. È importante ricordare che i bambini amano inventare, esplorare ed immaginare; per questa ragione il contesto di uno spazio giochi risulta tanto più efficace e stimolante quanto più, piuttosto che rappresentare, suggerisce. Attraverso giochi astratti e forme indefinite, il bambino ha la possibilità di

sviluppare in totale autonomia le proprie attività e le proprie avventure. Non bisogna dimenticare che la buona riuscita dei playground progettati ad Amsterdam da Aldo van Eyck, ad esempio, dipendeva , almeno in parte, dal contesto in cui venivano a trovarsi: l’intera città, infatti, era pensata a misura di bambino, attraverso la tessitura di una vera e propria rete di luoghi e connessioni che incoraggiava e stimolava la scoperta. Come si legge nell'articolo di Abitare "La città dei bambini" di Fabrizio Gallanti del 2009, “oggi, sembrerebbe che l’infanzia sia una specie a rischio, da relegare all’interno di santuari protetti, dove spesso, come nel caso delle aree gioco, la qualità dello spazio e delle soluzioni puntuali viene delegata alle aziende che producono giochi da esterni (in qualsiasi città si vada, i giochi sono sempre gli stessi, plasticosi, colorati, sicuri e noiosi)” (Gallanti, 2009). Come evidenziato da questo articolo, purtroppo fino ad oggi in Italia si è prestata pochissima attenzione alla progettazione delle aree gioco che, nella maggior parte dei casi, si limitano a spazi verdi all’interno dei quali vengono posizionati giochi prefabbricati, standardizzati e monofunzionali, come scivoli ed altalene, che costringono i bambini a compiere attività sempre uguali e ripetitive, limitando la loro fantasia e creatività. Una scena a cui assistiamo non di rado è quella in cui i bambini, annoiati da quell’unico tipo di utilizzo, cercano di reinterpretare l’oggetto a modo loro, trovando opportunità di azione non previste dal progetto, come cercare di risalire 115


il playground

uno scivolo al contrario: ciò si traduce spesso in comportamenti pericolosi. Un altro aspetto di primaria importanza riguarda la fruibilità: i giochi prefabbricati e le attrezzature scelte a catalogo, non sono quasi mai adeguate ad un utilizzo da parte di bambini con qualche forma di disabilità, inibendo in tal modo l’interazione con gli altri coetanei e favorendo l’esclusione sociale.

I.2.5.3 Bambini playground

e

natura:

il

Natural

L’ambiente naturale si presta in maniera ottimale ad essere un contesto ideale per il gioco, in quanto offre un’infinita varietà di stimoli, favorendo l’esplorazione e la scoperta. Purtroppo oggi, anche a causa della diffusione della tecnologia, i bambini passano sempre meno tempo all’aria aperta, e ancor meno a contatto con la natura che, invece, è un fattore indispensabile per l’uomo. Quando i bambini osservano con curiosità gli elementi naturali, si pongono delle domande e cercano di saperne di più, sperimentando attraverso i sensi: è così che loro stessi, grazie agli stimoli esterni, sono gli artefici del proprio sviluppo, non solo motorio, ma anche cognitivo. Il bambino, fin dal momento in cui inizia a percepire la presenza di un mondo esterno al proprio io, entra in contatto non solo con altri esseri umani, ma anche con il mondo animale e vegetale, ed è stato studiato come siano particolarmente attratti dalle somiglianze o dalle differenze con altri 116

esseri viventi; inoltre, attraverso l’attenzione che viene rivolta a piante e animali, il bambino inizia imparare il rispetto per ciò che è diverso da lui. Oltre alla naturale irresistibile attrazione che i bambini provano nei confronti degli animali, è interessante notare quanto anche il mondo vegetale, con le sue forme, i suoi colori e i suoi odori, sia oggetto di grande curiosità. L’esperienza di gioco a contatto con il verde, infatti, è indispensabile per l’essere umano tanto quanto il rapporto con gli animali, e presenta l’importante vantaggio di infondere calma e rilassatezza. Non bisogna dimenticare, tuttavia, che l’ambiente naturale comprende, oltre al mondo animale e vegetale, anche il mondo minerale. I bambini infatti, in particolar modo quelli molto piccoli, sentono il bisogno di manipolare materiali come sabbia, ghiaia e terra, che consentono di sperimentare numerose sensazioni tattili, e che si prestano a stimolare la fantasia del bambino, attraverso attività quali scavare, distruggere o costruire. L’ambiente naturale aiuta inoltre ad educare i bambini alla bellezza; osservare il sole al tramonto, i colori dell’autunno o la forma di un fiore permette di affiancare ad una conoscenza di tipo scientifico una conoscenza poetica ed estetica. La natura, inoltre, trasmette al bambino insegnamenti legati al ciclo della vita: l’alternarsi del giorno e della notte, il trascorrere del tempo, la nascita, la crescita e la morte, per esempio attraverso la fioritura e la successiva sfioritura di un fiore. Come afferma Adriana Di Rienzo, “Il cambiamento della natura


il playground

diviene occasione per sperimentare le trasformazioni, le diversità, l’insolito. Lavorare sulle variazioni, sulle modificazioni quali rappresentazioni dell’ambiente di adattabilità (…) può favorire un approccio cognitivo ed emotivo che sostiene con l’altro una relazione improntata alla disponibilità e alla flessibilità” (Di Rienzo, 2006).

Alla luce di queste considerazioni, acquista particolare importanza una tipologia di playground, il Natural playground, dove il bambino può entrare in contatto con gli elementi della natura, divertendosi all'aria aperta.

Occorre poi ricordare che, oltre a fornire numerosi stimoli, l’ambiente naturale presenta anche una valenza educativa, per esempio facendo lentamente nascere nel bambino il concetto dell’importanza della salvaguardia e tutela dell’ambiente.

Fig.I.2.30 Pagina seguente Fig.I.2.31

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il playground

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I.2.6 Best Practices

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Sono una parte di tutto ciò che ho trovato sulla mia strada. Lord Alfred Tennyson

Nel corso della nostra attività di ricerca, abbiamo individuato alcuni esempi di best practices, soprattutto di Natural Playground, che ci sono parse particolarmente indicate nell’offrirci spunti e nel guidarci nella realizzazione del layout progettuale del playground. I criteri di selezione hanno riguardato per lo più l’utilizzo di forme ed elementi naturali e l’interazione con l’ambiente circostante.

Valbyparken, Copenhagen, Danimarca Arch. Helle Nebelong Questo parco di Copenhagen, il maggiore per estensione di tutta la Danimarca, si trova in un’area che originariamente era occupata da una discarica. Dopo il risanamento dei terreni e la loro bonifica, vennero realizzati dislivelli e colline servendosi dei rifiuti provenienti dalla discarica stessa. La progettista ritiene che il bambino, continuamente sottoposto a colori forti e ad uno stile di vita frenetico, debba rilassare la mente nel momento in cui si trova a giocare all’aria aperta: questo è reso possibile dai colori tenui della natura e dalle forme semplici che caratterizzano il parco. Gli spazi vengono unificati da una grande struttura a ponte in legno, rialzata rispetto alla quota del parco; la zona di gioco è interamente realizzata con elementi di natura organica. Sabbia, ghiaia e tronchi di Olmo caratterizzano tutta

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il playground

la composizione del parco. Emerge la volontà della progettista Helle Nebelong di trattare il playground come una vera opera di architettura, caratterizzata da strutture tematiche ideate dagli studenti della Scuola Design danese. Parte fondamentale del progetto è il ruolo giocato dal cambio delle stagioni: Fig.I.2.32-33

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il playground

il cambiamento della vegetazione permette, infatti, di sperimentare anche il succedersi dei cicli vitali.

Garden City Play Environment, Richmond, Canada Arch. Space2place Il parco è uno spazio fluido ed organico, con una serie di installazioni che richiamano il mondo naturale e riflettono i caratteri territoriali specifici della zona

Fig.I.2.34

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il playground

nordoccidentale dell’oceano Pacifico. Le interazioni con gli elementi ed i temi derivanti dalla natura, come insetti, acqua, ruscelli, stagni, sabbia, rami recuperati dagli alberi e liane, avvicinano i bambini di città al più ampio sistema naturale. Il Garden City Park permette di scoprire un nuovo lato del gioco, mettendo al primo posto la percezione sensoriale dei bambini. È fondamentale, nel progetto, l’inserimento di una grande scultura in legno ottenuta da un albero millenario, elemento che consente attività motorie come l’arrampicata, ma che rappresenta anche un luogo accogliente dove nascondersi e rifugiarsi. Il parco è unico nel suo genere, poiché risponde pienamente al suo contesto distintivo, sviluppa la consapevolezza verso il mondo naturale e genera una ricchezza di giochi ed esperienze di apprendimento, che assorbono i bambini per ore. Questo luogo ha dato l’avvio alla ricerca di nuovi approcci alla progettazione delle aree per bambini: concetti come il gioco basato sulla natura e l’integrazione del gioco

Fig.I.2.35, 36

124

con gli spazi aperti stanno cambiando la percezione della società riguardo ai parchi gioco tradizionali.

Crater Lake, Kobe, Hyogo, Giappone Arch. 24° Studio Questo progetto è stato influenzato dal terremoto che nel 1995 ha distrutto tutto l’ambiente costruito di Kobe, risparmiando solo la natura. Esso consiste in una struttura di legno ondulata che permette una grande varietà di posizioni e usi, con una vista a 360 gradi. Ogni superficie può essere utilizzata per sedersi e sdraiarsi, con le sue sedute mobili di legno, posizionate al centro. La superficie, che ricorda una dolce collina, invita le persone di tutte le età ad interagire con questa struttura per giocare, rilassarsi e socializzare. Il legno è stato scelto per la sua grande resistenza strutturale, per la facilità di montaggio e per la naturalezza che lo


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contraddistingue. La superficie circolare è divisa in un certo numero di parti radiali, con venti elementi ciascuna, che sono state pre-assemblate in cantiere e trasportate successivamente sul luogo.

Fig.I.2.37-38

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Playground Zoo Wuppertal – Tiger Wuppertal, Germania Arch. Rehwaldt Landschaftsarchitekten

Thicket,

Il parco, situato nello zoo della città tedesca di Wuppertal, prende spunto dall’ambiente naturale delle tigri siberiane. Il bambino, in tale contesto, ha modo di immedesimarsi nella vita di questo felino, muovendosi all’interno della struttura: si tratta di una specie di labirinto costituito da un fitto bosco di tronchi di legno colorati con varie sfumature di verde, a ricordare l’erba alta e la vegetazione in cui le tigri si nascondo e tendono agguati. I bambini possono arrampicarsi sui pali senza paura di cadere: la pavimentazione in trucioli di legno, infatti, attutisce le eventuali cadute. Sono presenti, inoltre, delle specie

Fig.I.2.39-40

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di megafoni che consentono ai bambini di giocare riproducendo il ruggito delle tigri.


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Urban Dock LaLaport Toyosu, Tokyo, Giappone Arch. Earthscape Il tema di questo progetto è l’oceano. Pavimentazioni e manti erbosi ondeggianti si susseguono e si alternano su tutta la superficie. Panchine bianche la cui forma ricorda la schiuma del mare e i suoi coralli, sembrano galleggiare morbidamente sulle onde. Il terreno ondeggiante è molto stimolante per i bambini e, anche se non ci sono specifiche attrezzature per il gioco, lo spazio invita le persone a correre e giocare in modo spontaneo. LaLaport Toyosu racchiude

Fig.I.2.41-42

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un layout progettuale unico e ricco di stimoli, e comprende anche luoghi dove è possibile ammirare i bellissimi tramonti sull’oceano.

Yakari!, Bois-de-la-Batie, Ginevra, Svizzera Arch. Ma0 Il progetto per questo Natural Playground si sviluppa lungo il confine tra la foresta e lo spazio aperto, con una linea che connette i due padiglioni del parco e che marca il limite esistente tra la foresta e gli spazi adiacenti, concentrando tutte le attività legate al gioco in uno spazio separato dalle altre attività. Il percorso che si viene a creare con i suoi arredi e l’intera area giochi si fondono e confondono con il paesaggio circostante grazie a dei caratteristici elementi ripresi dall’ambiente rurale e montano: il legno, accatastato in pile ai margini del bosco o collocato vicino alle abitazioni vicine, è infatti l’elemento principale caratteristico del progetto,

Fig.I.2.43-44-45

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per la sua semplicità, naturalezza e per la facilità di mantenimento e sostituzione. Con questo materiale si possono facilmente realizzare soluzioni diversificate per i percorsi, per le panchine, per gli stessi giochi e per tutti quegli oggetti che permettono ai bambini di esplorare in modo creativo.


il playground

Fig.I.2.46

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I.2.7 Conclusioni

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Tutti i grandi sono stati bambini una volta. Ma pochi di essi se ne ricordano. Antoine de Saint-Exupéry

L'obiettivo che che ci siamo prefissate di raggiungere attraverso le ricerche relative alla stesura di questo capitolo era l'acquisizione di una maggiore conoscenza a proposito di temi pedagogici e del concetto di playground. I temi che sono emersi come fondamentali sono il rapporto con la natura, il bisogno di un'attività ludica e creativa per i bambini che lasci ampio spazio alla fantasia ed alla sponteneità indissolubilmente legate all'infanzia, e l'importanza di trasporre questi concetti astratti in una concreta progettazione finalizzata ad una fascia di utenti di così giovane età. Ci proponiamo di fare nostri quanto più possibile questi concetti e di dar loro una concreta realizzazione nella progettazione di un Natural Playground che stimoli la percezione sensoriale, l'esperienza e lo stretto contatto con l'ambiente naturale, fondamentali per lo sviluppo cognitivo del bambino.

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PARTE II

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II.1

LE MURA MEDICEE DI GROSSETO


Il segreto della forma sta nel fatto che essa è confine; essa è la cosa stessa e, nello stesso tempo, il cessare della cosa. Georg Simmel

Le parole del filosofo Martin Heidegger ci ricordano che "La delimitazione non è ciò su cui una cosa si arresta, ma come i greci riconobbero, è ciò da cui una cosa inizia la sua presenza." (traduzione di Norberg Schulz,1979) Per Heidegger i confini definiscono le cose, le fanno esistere. L’esistenza di limiti, di confini, diventa essenziale alla comprensione del mondo. Confine è, letteralmente, cum-finis, ciò che mi separa e nel contempo ciò che mi unisce. Partendo da queste importanti considerazioni ci siamo avvicinate allo studio delle mura medicee di Grosseto, cercando di superare la rigida visione per cui questo importante monumento non veniva percepito come spazio collettivo e parte integrante di città ma come un semplice limite territoriale e fisico, confine del centro storico e non parte dello stesso. è proprio questo "confine spesso", il parco delle mura medicee, che diventa argomento chiave della seconda parte del lavoro di tesi in cui, cercando di applicare le conclusioni derivanti dallo studio sul concetto di benessere e progettazione ambientale basata sulle esigenze e bisogni dell'uomo, abbiamo provato a calarci in un contesto reale con specifiche caratterizzazioni particolari, oggetto della nostra analisi storica e critica. 135


II.1.1 La storia

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I muri non sono soltanto quello che sono. Sono anche quello che vorremmo che fossero: supporto di speranze, protezione del presente, cassaforte di memorie o anche previsione di rovina. Ettore Sottsass

Il secolo XVI segna una svolta fondamentale nella storia della città di Grosseto: nel 1565 si intrapresero i lavori per la costruzione della nuova cerchia muraria. Cosimo I de’ Medici, divenuto signore dello stato senese dopo gli scontri che lo avevano contrapposto a Siena, deliberò la costruzione di una moderna e efficace cinta muraria. Grosseto rappresentava, infatti, un territorio molto appetibile data la presenza di ricchezze territoriali non sfruttate e una rilevante posizione strategica ma penalizzato dalle condizioni pessime condizioni ambientali che ne avevano decretato, dalla seconda metà del XIV secolo, l’arretratezza economica . Il processo di sviluppo partì proprio da un organico riordino che portò all’avvio graduale dell’evoluzione della Maremma. La zona maremmana si era trovata già dal 1554 coinvolta anche se indirettamente nel conflitto franco-spagnolo per la supremazia in Europa divenendo sia teatro di scontri e contese sia premio destinato ai vincitori. La situazione precipitò drasticamente quando i francesi, aiutati dai temutissimi e infedeli turchi, loro alleati dal 1532, conquistarono la Corsica nel 1553. In conseguenza di ciò tutta la penisola fu pervasa dal terrore della possibilità di diventare un dominio francese e il gioco di alleanze si fece più chiaro. Il Duca Cosimo I, consolidando il dominio in funzione di una acuta esigenza di sicurezza a causa anche della mancanza di sbarramenti difensivi naturalmente presenti nel territorio, si dedicò alla costruzione in Toscana di una rete di città fortificate e fortezze. La progettazione delle fortezze fu affidata a un gruppo di architetti militari assunti dal Granduca stesso, tra i quali un nome di spicco fu quello di Baldassarre Lanci. Cosimo fece costruire fortezze autonome nei centri di Firenze, Siena, Arezzo, Pistoia, Livorno, Montepulciano, Pisa e Volterra con l’istituzione di veri e propri presidi militari addetti all’ordine pubblico.

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le mura medicee di Grosseto

Il caso di Grosseto risulta singolare in quanto, a differenza dei casi nei quali la fortezza andava ad aggiungersi al tessuto urbano, qui la città fu immaginata come una vera e propria città fortezza: l’abitato andava a inglobarsi alla struttura di difesa fortificata in modo da dare vita a una vera città da guerra.

Fig.II.1.1

138

Grosseto era infatti fonte di una grande importanza tattica per il Granducato, in quanto era divenuto il baluardo più meridionale tra i possedimenti del Duca. La città si presentava inoltre come un’ottima postazione sia per le comunicazioni con l’entroterra sia per i traffici commerciali, data la sua prossimità


le mura medicee di Grosseto

alle coste che conservavano una disponibilità di utilizzo delle reti fluviali a ridosso del litorale marittimo. Questa rete di comunicazioni lungo la costa e l’immediato entroterra era messa in pericolo dalla minaccia della pirateria turca in quanto i turchi, divenuti i nuovi protagonisti delle alleanze del XVI secolo, erano un pericolo concreto per gli abitanti della costa.

Accanto alla riorganizzazione delle difese per mare fu studiato un progetto mirato a creare dei presidi terrestri per rispondere all’esigenza di protezione. A capo del gruppo di ingegneri incaricati dal Duca Cosimo I di operare il riassetto militare del territorio grossetano vi era Baldassarre Lanci. All’origine dell’interesse del Duca Cosimo I per Grosseto vi era il potenziale economico che la piana di Grosseto aveva. La città fu dunque identificata come punto nodale del dominio del Granducato e da qui nascono le ragioni dell’impegno di tutto l’apparato governativo nel progetto e nella costruzione di una nuova cinta muraria.

Le mura nel medioevo

Fig.II.1.2

Le azioni di guerra e le incursioni si susseguirono per tutto il XVI secolo e furono seguite da ferocissimi assalti in terraferma con rapine e distruzioni.

Il borgo di Grosseto è attestato per la prima volta nell’ 803 in un documento con cui il vescovo di Lucca concedeva a Ildebrandino i beni della chiesa di S. Giorgio a Grosseto, ma in quel perido il centro principale era quello di Roselle, importante città etrusca e romana. Alla fine del X secolo leggiamo di Grosseto citata chiaramente come castello; nel 1138 assume la denominazione di civitas quando diviene sede vescovile in sostituzione di Roselle. In quell’epoca il problema della malaria non costituiva ancora una minaccia dal momento che i laghi litoranei erano ancora profondi e abbastanza salati.

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le mura medicee di Grosseto

è dal 1151 che ha inizio la penetrazione di Siena nel territorio Grossetano e il suo affermarsi accanto al potere dei conti Aldobrandeschi. Il completo dominio di Siena sulla città maremmana si avrà nel 1251 quando si ribellò nuovamente. Fu decisa allora la costruzione di un Cassero presso la Porta Vecchia nel 1260 e di un altro piccolo edificato nella parte opposta della città fortificata due anni più tardi.

Fig.II.1.3

140

Le cortine murarie dovevano essere strutturate anche se secondo la tradizione locale la principale difesa della città era affidata ai casseri. Alle lotte tra Grosseto e Siena è da ricondurre la distruzione del 1336, in cui vennero probabilmente parzialmente distrutte le costruzioni fortificate di porta Vecchia e le nuove costruzioni volute da Siena e iniziate nel 1334. L’incarico di costruire uno dei 4 casseri


le mura medicee di Grosseto

precedentemente progettati fu dato a Agnolo di Ventura, architetto e scultore senese, destinato a presidiare la Porta S. Pietro. Nel 1335 si ebbe però la distruzione completa sia del cassero che dell’intera cerchia muraria da parte di Siena con divieto di costruirne un’altra. Tuttavia, poichè Grosseto si trovava quindi “a guisa di borgo e senza mura (...) considerando il senato essere quella piazza molto opportuna a difesa della maremma, mutò determinazione e decretò che non solamente si rifabbricassero le mura, ma il cassero ancora”. (Le fortificazioni di Grosseto, AA.VV., 1989)

I casseri si trovavano a ridosso delle porte, strutture di fortificazione in cui vivevano le guardie armate che servivano per la difesa della città. Quella che oggi prende il nome di Porta Vecchia è quello che resta di una torre medievale risalente al XIII secolo, parte della rocca che Vigoroso Cittadini, Capitano del Popolo, fece realizzare nel 1262.

è così che si iniziò la costruzione della nuova cerchia muraria del 1334, come si legge nell’iscrizione dello stesso anno posta in prossimità della Porta S. Lucia. Nel 1345 si concluse la costruzione del cassero Senese, accesso da nord alla città di Grosseto attraverso la Porta S. Lucia. A metà del 1300 l’immagine della città era quindi quella di una città fortezza munita di casseri, torri, porte e cortine con quattro accessi urbani identificati da porte di tipica matrice senese con archi acuti ribassati. Gli ingressi alla città si presentavano spesso affiancati da casseri e torri che venivano erette a loro protezione. L’ingresso alla città avveniva passando da porta cittadina, quella che oggi è porta vecchia, o da porta S. Lucia, oggi inglobata dentro la Fortezza Medicea, da Porta S. Pietro, non più esistente o da porta S. Michele, anche questa ormai non più esistente.

Fig.II.1.4

Le mura nel rinascimento Durante tutto il Quattrocento mancano delle notizie 141


le mura medicee di Grosseto

Fig.II.1.5

di rilevante importanza sulla cinta muraria cittadina. è con l’avvento delle nuove tecniche di guerra che si assiste a una graduale trasformazione delle strutture difensive legate ai sistemi di artiglieria piombante e artiglieria da fuoco. Durante il Quattrocento i grandi trattatisti come Giuliano da Sangallo e Francesco di Giorgio Martini stesero progetti per apportare delle nuove soluzioni 142

ingegneristiche di difesa. In tutta Italia assistiamo in questo periodo a una sistematica trasformazione della difesa, con l’erezione di mura di controscarpa e spalti esterni, l’ampliamento dei fossati, l’eliminazione delle parti costruite in legno, caditoie, merli e guardiole sporgenti. La totale riprogettazione degli appartati murari


le mura medicee di Grosseto

fortificatori si conclude nel XVI secolo a causa della maggiore potenza delle gittate delle armi da fuoco, che impone una ulteriore revisione dei sistemi difensivi. Le distanze maggiori coperte dai cannoni obbligano a una rettifica del tracciato frontale a favore di quello bastionato, sono infatti i bastioni a divenire il punto di forza principale della fortificazione. Anche l’architettura dello stesso bastione subisce modifiche, grazie all’intuito dei trattatisti militari: il fianco viene infatti coperto da una sporgenza chiamata orecchione o musone che dà vita a quello che si dice il "fianco ritirato", dove si dispongono i vari pezzi di artiglieria a protezione del fosso e della cortina stessa. Un disegno conservato presso l’Archivio di Stato di Firenze rappresenta Grosseto con mura quadrangolari bastionate in una versione non coincidente con la forma attuale. Nel disegno si vede la presenza della moderna forma del bastione angolare e di un terrapieno bastionato verso il mare. Fatto accertato è che nel 1552 il generale Paolo di Termes ordinò le fortificazioni di Grosseto, Montepescali, Capalbio e Porto Ercole per rafforzare tutto il territorio meridionale degli antichi possedimenti senesi. La cinta bastionata voluta dai francesi si rivelò inefficiente alla difesa della città e si arrivò presto alla decisione di costruire una nuova e più moderna cerchia fortificata.

Le mura medicee La cinta muraria di Grosseto attuale è quella costruita

a partire dal 1565 da Cosimo I de Medici con un disegno vicino all’immagine utopica della città ideale tipica del rinascimento. Cosimo I mirava a fondare un nuovo Stato moderno concentrando l’esercizio del potere in modo burocratico e dando al Granducato gli strumenti giuridici necessari a farlo diventare un Principato con

Fig.II.1.6, pagina seguente Fig.II.1.7

monarchia assoluta. è all’interno di questa visione politica che va inquadrata la costruzione delle mura di Grosseto, insieme alle altre fortezze costruite nei 143


le mura medicee di Grosseto

maggiori centri urbani e a un sistema di avvistamento costiero grazie alla costruzione e al recupero di torri comunicanti visivamente e collegate alla fortezza dell’attuale Portoferraio (Cosmopoli). L’attenzione del Principe, per ragioni di organizzazione militare, si andò a concentrare su tre poli principali: Grosseto, Cosmopoli (attuale Portoferraio) e la fondazione della nuova Livorno. Il progettista impegnato a Grosseto fu Baldassarre Lanci di Urbino. Proprio da questa sua ascendenza urbinate deriva l’uso del bastione poligonale con fianco ritirato. La cinta muraria grossetana venne edificata nello stesso momento in cui la struttura esagonale si impose su quella pentagonale data la maggiore ampiezza dell’angolo di punta in modo da permettere un controllo maggiore sulle cortine adiacenti. Grazie ai rilievi effettuati nei primi anni ‘90 dagli architetti Marri, Perin e Polito è risultato chiaro che le mura medicee di Grosseto presentano cortine di lunghezza diversa e il vertice dei bastioni risulta di apertura diseguale. Questa disuguaglianza nella progettazione trova ragione nell’esigenza di incorporare la città vecchia nella nuova geometria delle mura. Inglobare il nucleo abitato nel nuovo circuito cinquecentesco condusse alla costruzione delle cortine con misure differenziate, cosa che portò a 144

sua volta a progettare i bastioni di dimensioni tali che i tiri incrociati non avessero punti morti sulla cortina. A Grosseto il sistema cosiddetto delle comandate per recuperare la grande quantità di manovalanza richiesta si dimostrò già all’inizio poco efficace perché i contadini fuggivano di nascosto pur di non essere costretti a operare in un ambiente così insalubre. Si rese quindi necessario reclutare nuova manodopera arrivando a impiegare anche detenuti di tutto il Granducato che in alcuni casi preferirono la prigione piuttosto che prestare servizio nel cantiere grossetano. Malgrado queste condizioni avverse derivanti soprattutto dall’insalubrità del clima, le mura di Grosseto appaiono di eccellente qualità. Un’attenta analisi le ha rilevate omogenee nella loro tessitura muraria data la regolarità dei mattoni e la compattezza delle malte. I lavori delle mura presero avvio nel 1565 partendo dal Baluardo delle Palle (Maiano) per poi proseguire nella costruzione dei baluardi rivolti a sud: Porta Marina (Porta Vecchia), San Michele (Mulino a Vento). Risale al 1570 la fondazione del Baluardo della Fortezza, seguita nell’anno successivo dalla morte di Baldassarre Lanci e dalla successione del figlio Marino.


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le mura medicee di Grosseto

Fig.II.1.8

Cosimo I morĂŹ nel 1574 e gli succedette al trono il figlio Francesco I e pochi anni dopo Ferdinando I che riprese le direttive del padre consolidando il potere del Granducato. Il complesso medievale del Cassero e della Porta senese viene unito al nuovo Bastione chiamato la Cittadella, una vera e propria fortezza nella fortezza.

146

I lavori alle mura continuarono fino al 1587, epoca di ascesa al Principato di Ferdinando I de Medici che dette luogo a un’opera estesa di lavori pubblici sia verso la comunità cittadina sia nell’organizzazione militare grossetana. Al servizio di Ferdinando troviamo impegnate figure come Alessandro Pieroni, Bernardo Buontalenti,


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Raffaello Pagni e Don Giovanni de Medici. I lavori proseguirono fino al 1593, anno in cui la Fortezza venne dotata della strada coperta che protegge la parte rivolta verso la città. Lo stesso Alessandro Pieroni dirige i lavori di restauro ai bastioni delle Monache, delle Palle e di San Francesco che già avevano presentato problemi di dissesto a causa delle infiltrazioni d’acqua piovana sommate alla scarsa stabilità del terreno di tipo paludoso sul quale si venivano a appoggiare le fondazioni.

L’epoca Lorenese Nel 1700 assistiamo alla fine della dinastia dei Medici, che non aveva comunque migliorato la situazione della realtà maremmana, caratterizzata da condizioni sanitarie pessime e aggravata dalle limitazioni poste al commercio. I Granduchi perseguirono una politica di rapina nei confronti dei territori della Maremma attraverso l’aumento delle tasse di esportazione e con il divieto del libero commercio. Grazie all’imponenza dell’intero sistema difensivo voluto da Cosimo I non si registra nessun attacco rilevante a Grosseto e per tutto il ‘600 la Toscana attraversa un periodo di pace. Nella prima metà del 1700 Grosseto e la Maremma si trovano a fronteggiare un grave degrado dal punto di vista economico e sociale. Una lenta ripresa avviene solo a partire dalla seconda metà del 1700 e inizi 1800, grazie alle attenzioni rivolte

a questo territorio dalla nuova dinastia di regnanti e, in particolar modo, con la figura di Pietro Leopoldo di Lorena. Sotto il regno dei Lorena iniziò la riforma delle vie di comunicazione e fu dato un forte impulso alle innovazioni ferroviarie e alle opere di bonifica, oltre a stabilire delle agevolazioni per chi decideva di abitare in Maremma. Nel 1778 venne concesso il diritto di pascolo sugli spalti interni delle mura, non più considerate zona militare. Negli anni 1833-37 si concretizzarono le grandi opere di bonifica della palude con il metodo delle cosiddette “colmate” in cui si utilizzavano le piene del fiume Ombrone per conquistare terreno alla zona palustre e predisporre campi per la pastorizia e l’agricoltura. Nel contesto cittadino, oltre a vari interventi come la costruzione dei pubblici Macelli, si assiste alla smilitarizzazione delle mura che da tempo erano ormai inutilizzate e alla loro trasformazione in viali alberati. Alla metà del 1800 iniziò la sistemazione delle cortine per ricavare le passeggiate che collegano tra loro i giardini dei bastioni dando così continuità al parco. La volontà di smilitarizzare progressivamente tutta la fortificazione è ribadita dall’uso ad orto del terreno davanti alla Troniera dell’Oriolo e dalla cessione a privati dell’antica torre sopra Porta Vecchia. Nel 1866 venne abbattuta Porta Nuova e sostituita da una cancellata in ferro, crendo così una prima significativa discontinuità nel perimetro delle mura, ragionando ormai in un contesto di “città aperta”. 147


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148


le mura medicee di Grosseto

Nel 1883 iniziarono i lavori di abbellimento di una parte degli spalti interni, sistemando a parco anche altri bastioni tra cui quello Delle Monache e Del Mulino a Vento e vennenro modificati i parapetti, originando il profilo delle mura che vediamo oggi. è in questo periodo che la saturazione dell’antico nucleo urbano porta alla nascita dei primi sobborghi fuori dalle mura. Il graduale spostamento dello sviluppo edilizio al di fuori delle mura, avviatosi alla fine dell’Ottocento, anche se condizionato dalla forte presenza della cerchia muraria, ha portato alla creazione di nuovi quartieri, sempre più lontani, per posizione sia fisica che politica, dalla matrice originaria del centro antico. Come conseguenza diretta di questa tendenza edilizia, il centro storico si è gradualmente trovato ad essere escluso dall’interesse dei cittadini e da concreti investimenti per la città.

Fig.II.1.9

149


le mura medicee di Grosseto

150


le mura medicee di Grosseto

Pagina seguente Fig.II.1.10

151


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152


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153


II.1.2 L’evoluzione degli strumenti urbanistici dal 1994 e dibattito in corso sul futuro delle Mura di Grosseto

154


Le mura: un grande bosco ormai centenario. Duri lecci, chiari platani, aromatici pini e nelle piazze, al riparo dal gelo gli agrumi con il profumo intenso della zagara. In questo delizioso ambiente passeggiavano i grossetani d’ogni età nelle buone stagioni. Nella notte estiva le mura erano un balsamo, un refrigerio. Via dal chiuso delle pareti domestiche sui bastioni, tra amici come in una famiglia più grande, chiamandoci per nome, si viveva. Aldo Mazzolai

II.1.2.1 Interventi sulle mura ai primi del 1900 Il secolo del 1900 si apre con la pubblicazione avvenuta nel 1902 da parte del Ministero della Pubblica Istruzione dell’Elenco degli Edifizi Monumentali in Italia dove, a p. 270, si ricordano tra gli altri monumenti del capoluogo: "la Fortezza (XIV-XVI sec.) e le Mura (1560-1593) “. (Beranger,1987) La città di Grosseto fu dotata di un di un Regolamento Edilizio nel 1892, sostituito poi da un nuovo Regolamento nel 1920. Le funzioni direzionali sia pubbliche che private insieme alle attività finanziarie e commerciali necessitavano di un allargamento considerevole rispetto al solo ambito del centro storico. è in questo contesto che venne avvertita in misura maggiore l’esigenza di un controllo pubblico più consistente relativo all’organizzazione amministrativa del territorio, attraverso l’attuazione di teorie di pianificazione urbanistica. A seguito dello sconvolgimento del sistema politico-economico derivante dalla guerra del 1914-18 ci si avvicinò a un quadro di ricostruzione economica unita a una pianificazione urbanistica caratterizzata dall’avvento del fascismo e dall’affermazione in Italia dell’architettura moderna. è in questo quadro generale che si colloca la più specifica vicenda della città di Grosseto, in cui si presenta fondamentale il Piano Regolatore redatto dal Porciatti nel 1920.

155


le mura medicee di Grosseto

Una relazione indirizzata dallo stesso Porciatti al Soprintendente ai Monumenti di Siena riporta la descrizione dettagliata della situazione delle Mura Medicee evidenziando anche le principali modifiche subite fino a quel momento dal circuito murario e i lavori intrapresi proprio in quel periodo. Il Piano Regolatore messo a punto dal Porciatti prevedeva che “una nuova via dovrà correre tutta andante sotto le cortine delle mura” (Porciatti,1920), area dell’ex fossato perimetrale. Risale al Gennaio del 1922 una Relazione su alcune varianti al Piano Regolatore della Città di Grosseto di A. Coppedè e A. Bragini che riportava le indicazioni di “creare intorno alla cinta bastionata di Grosseto una zona di rispetto di 30 metri dal vertice dei baluardi, e di non interrare il fossato che cinge le mura se non fino alla quota di sessanta centimetri al di sotto del toro sul quale poggiano i muri a scarpa (...) assicurando alla nuova città, che va sorgendo intorno all’antica un ampio viale circolare alberato” (Coppedè, Bragini, 1922). In questo quadro inizia a delinearsi il dibattito di natura urbanistica che interesserà gli anni seguenti della Città di Grosseto, di cui possiamo avere testimonianza leggendo la nota del 1924 dell’architetto Giovannoni, incaricato dal Ministero della Pubblica Istruzione di effettuare un sopralluogo per redigere una relazione riguardante la questione del Piano Regolatore. “Grosseto manca di un vero e proprio Piano 156

Regolatore edilizio di ampliamento, che disciplini la vivace costruzione nuova che intorno si svolge, ed è ad augurare che l’Amministrazione Comunale voglia e sappia colmare tale grave mancanza avviando la nuova edificazione con vera larghezza di criteri, in cui si congiungano le ragioni dell’igiene col sento dell’arte. Quando a questo si provvederà in modo organico, apparirà ovvia la opportunità di un largo spazio, parte viale parte giardini, lasciato nella periferia esterna delle mura: ad evitare che la fabbricazione esteriore soffochi il vecchio nucleo; a costituire una linea anulare di circolazione; evitando l’attraversamento in città del traffico di passaggio; a disporre di una zona verde ridente e salubre; a valorizzare l’elemento veramente misurabile di cui Grosseto deve andare orgogliosa pel suo carattere cittadino, per i suoi ricordi, per la sua bellezza, cioè le Mura Medicee, complete come a Lucca e a Palmanova. (...). E nei punti più interessanti paesisticamente, come al vertice dei baluardi e specialmente a quello che guarda verso il bellissimo panorama dell’Amiata, si lascino sgombri gli angoli di visuale, con lo stabilire limitazioni alle altezze ad intensità dei fabbricati compresi in quegli angoli. Nei riguardi delle comunicazioni fra interno e esterno nulla vieta che le porte ampie e numerose si aprano nelle cortine, purchè fatte ad arco e di semplice aspetto e purchè non addossate ai baluardi.” (Giovannoni, 1924) Le nuove esigenze di ordine edilizio e la necessità di un aumento delle infrastrutture portano alla


le mura medicee di Grosseto

Fig.II.1.11

pubblicazione di un Bando di Concorso Nazionale per lo studio di un Progetto di Piano Regolatore e di ampliamento della Città di Grosseto del 18 Ottobre 1927. Nel bando di concorso si specifica che “tra i principali obiettivi il progetto dovrà contemplare: a) la conservazione delle caratteristiche storiche artistiche

e ambientali della Città Vecchia, b) l’apertura di una Nuova Porta da praticarsi nelle Mura Medicee, C) il collegamento di diverse zone della Città con le strade di grande traffico, d) la creazione di spazi e piazze, e) indicazioni di aree riservate a speciali destinazioni (…)”. (Comune di Grosseto,1927) La redazione del Piano Regolatore fu affidata ai terzi

157


le mura medicee di Grosseto

classificati del concorso, ing. G. Sabatini e arch. M. Pastore e fu adottato con delibera Podestarile n. 431 del 22 Luglio 1936. E’ in questo periodo che continuarono le opere di devastazione della cortina muraria grossetana. Si legge infatti in una lettera del 1931 dell’Ispettore Onorario per le Antichità e Belle Arti A. Cappelli, alla Soprintendenza, la denuncia “dell’opera barbarica

Comunale. Tali interventi continueranno fino agli inizi degli anni cinquanta, momento da cui si registrano al contrario degli avvenimenti interessanti tra cui un progetto redatto dall’ing. Walter Madrucci del 1957 relativo al restauro e alla nuova utilizzazione della Fortezza e del Cassero mediante la costituzione di un Museo, di una Pinacoteca e di una Biblioteca e la realizzazione della “passeggiata archeologica” agli inizi degli anni ‘60 tra i baluardi del Parco della Rimembranza e della Fortezza.

II.1.2.2 Il piano del 1994

Fig.II.1.12

di abbattimento della cortina presso la fortezza di modo che viene compiuta al di sopra di ogni legge e convenienza” da parte dell’Amministrazione 158

È solo negli anni Novanta, tuttavia, che possiamo riscontrare un’importante inversione di tendenza nel modo di intendere le mura, non più come confine del centro storico, ma come parte integrante del tessuto cittadino. Una testimonianza di questo rinnovato interesse è rappresentata dal “progetto generale di coordinamento per il recupero e la valorizzazione delle mura medicee del 1994”, curato dagli architetti A. Marri, L. Perin e C. Polito, punto di partenza del nostro lavoro. Nell’avvicinarsi alla progettazione inerente il Parco Urbano delle Mura gli architetti hanno riconosciuto come l’approccio a una problematica così complessa avrebbe dovuto prevedere l’intreccio di tre aspetti specifici quali: “- il rispetto del monumento e la scelta conseguente di criteri di restauro deontologicamente corretti ed efficaci;


le mura medicee di Grosseto

- l’insieme delle normative urbanistiche, igienico sanitarie e della sicurezza legate all’utilizzo specifico; - la cultura consolidata legata alla memoria storica e al presente circa il rapporto tra il cittadino e gli ambiti di intervento” (Marri, Perin, Polito, 1994). Le problematiche affrontate dai documenti di piano rientrano in un triplice ambito di definizione: per prima cosa quali attività e quali funzioni assegnare, in secondo luogo in quale particolare ambito del monumento e in ultima analisi con quali soluzioni architettoniche adattare l’ambito prescelto per svolgere la data funzione. Per trovare una soluzione a questa complessa interrelazione i progettisti sono partiti dalla definizione del “come”, ovvero dalle “regole esecutive che permettano il controllo delle quantità dei singoli interventi” e che vengono di seguito riportate nel box di approfondimento.

Linee guida del piano del 1994 A. Marri, L. Perin, C.Polito

a) Per i volumi interni al monumento quali piazze basse, gallerie, cannoniere: - assenza di ogni tramezzatura o arredo fisso aderente alla struttura muraria; - possibilità di realizzazione di locali di servizio quali servizi igienici, cucina, depositi e magazzini in ampliamento rispetto ai volumi originali, ricavando il vano nel terrapieno; - utilizzo delle aperture e degli accessi secondo lo schema originale, con ingresso esterno solo dai fianchi sinistri dei bastioni; - le aperture improprie o successive verranno mantenute ma saranno utilizzate esclusivamente come prese d’aria o di luce e, se necessario, come uscite di sicurezza. b) Per l’edilizia isolata sopra le mura: - il mantenimento dei caratteri architettonici propri dell’edificio con la possibilità di intervenire con modifiche interne ed esterne per l’adeguamento necessario alla funzione individuata. c) per tutti i volumi esistenti valgono le seguenti regole generali: - le funzioni assegnate dovranno considerare lo sfruttamento degli spazi secondo una logica complessiva nell’ambito dell’intero monumento secondo criteri di organicità e diversità ben individuati - le funzioni assegnate dovranno essere di pubblico interesse con caratteristica di libero accesso - le funzioni assegnate dovranno essere a carattere continuativo così da permettere l’accesso e/o la visita ai locali in tutti i periodi dell’anno con ampio orario di apertura - le sedi di Associazioni o Circoli privati, potranno trovare spazio su uno degli edifici di edilzia isolata dell’area in oggetto. d) per le aree relative al parco sopra le mura, si conferma l’utilizzo attuale di pubblico passeggio.

159


le mura medicee di Grosseto

Fig.II.1.13

Le utilizzazioni ritenute compatibili dagli architetti e quindi poi oggetto di valutazione per ogni unità spaziale del Parco delle Mura Medicee sono: - attività di ristoro - attività di commercio - attività culturali - supporto logistico - percorsi

160

Nell’ottica di incentivare la fruizione da parte di un’utenza differenziata per tipo e quantità nei diversi periodi dell’anno, sono fondamentali nel piano del 1994 valori come la flessibilità e la temporaneità d’uso. L’intero sistema si configura come basato sulla contrapposizione tra “continuità” e “ripetività delle funzioni” nelle aree aperte e “specificità delle funzioni” nei luoghi chiusi. (Marri, Perini, Polito, 1994)


le mura medicee di Grosseto

Il carattere di continuità dell’intero intervento viene assicurato da due elementi principali: “ a) Il Parco Urbano sopra le mura che ha funzione di parco pubblico e passaggio con aree di sosta privilegiate in continuità con l’intero percorso e funzione di orto botanico disposto lungo la scarpa interna b) Parco urbano sotto le mura con funzione di area di rispetto del monumento con continuità di percorsi ciclo pedonali, funzione di aree attrezzate aperte e contigue per manifestazioni temporanee o permanenti -funzione di parcheggi sotterranei in zone appositamente individuate" (Marri, Perin, Polito,1994). Gli architetti così schematizzano quelle che venivano individuate come le specificità degli ambienti chiusi ubicati nei singoli contesti: a) Maiano: contesto dell’acqua b) Cavallerizza: contesto dell’incontro e dello spettacolo c) Mulino a Vento e Garibaldi: contesto della tradizione e della mondanità d) Rimembranza: contesto dell’arte e della meditazione "L’intero contesto della Fortezza avrà il ruolo di centro culturale e museale e le parti del monumento saranno recuperate ed integrate al museo stesso.” (Marri, Perin, Polito,1994). Dopo una prima promettente stagione di restauri

Fig.II.1.14

che hanno interessato prima la Fortezza, poi altre parti rilevanti del sistema murario, si è giunti ad una situazione di stallo a partire dal 2006, mentre era in corso il cantiere di recupero del Bastione Maiano. Nel restauro la Fortezza è stata interpretata anzitutto come “museo di se stessa” grazie anche alla ricostruzione storica dell’assetto cinquecentesco ancora chiaramente visibile e recuperabile.

161


le mura medicee di Grosseto

progettuali - in cui sono organicamente connessi

II.1.2.3 La normativa vigente e gli intenti dell’amministrazione comunale

gli ingressi, i sottopassi, i giardini e gli spazi sopra e sottostanti, opportunamente risistemati secondo una concezione che, nel liberarne gli ambiti dalle auto che

Si riporta un estratto delle Norme tecniche di attuazione del Piano regolatore generale comunale (variante generale al PRG 1971 e alle modifiche seguenti, sino al 1990), in particolare l’art. 59, che ha come ambito di intervento il Parco Urbano delle Mura Medicee.

per ora li invadono, costituisce le Mura quale elemento effettivo di rapporto tra la città e il Centro Storico. Questo progetto, attuabile anche per stralci esecutivi, ha come obiettivo quello di restituire alle Mura il loro assetto originale verso l’esterno del Centro Storico, rendendo possibile un uso, o più usi, degli ambienti che esse comprendono ai fini di una loro fruizione pubblica

Le Mura medicee costituiscono il principale monumento

o di uso pubblico; ha anche lo scopo di rendere

costruito di Grosseto; esse sono anche il limite fisico

organico il loro recupero architettonico - restauro

del Centro Storico e al tempo stesso rappresentano

vero e proprio da concordare tra Soprintendenza ai

i confini dei contesti della città contemporanea che vi

Monumenti e Amministrazione Comunale - al ruolo che

confluiscono: contesto di Piazza Rosselli, contesto di

il PRG attribuisce loro: mediazione con forti significati

via Battisti - Bengasi, contesto di via dei Mille.

rappresentativi e architettonici tra vecchia e nuova città.

Nel quadro complessivo determinato dal PRG esse

Il PRG descrive qui di seguito le caratteristiche di

rappresentano anche il punto di confluenza del nuovo

questo progetto, come base all’intervento specifico,

sistema alternativo dei traffici (piste pedonali e ciclabili).

agli interventi nei contesti che vi conferiscono, come

La riqualificazione delle Mura medicee rappresenta

direttiva per il Piano del traffico.

quindi, nel quadro unitario delle scelte di PRG, un

Sono indicazioni e prescrizioni già contenute all’interno

obiettivo di fondo che deve assicurare la possibilità

delle singole Norme di ogni singolo contesto, che qui si

di imprimervi un segno trasformativo effettivo della

riportano in un quadro unitario.

città, nel ribadire la necessità di restituire loro il ruolo

Percorrendo il perimetro delle Mura in senso orario, a

monumentale oggi compromesso dalle incongrue

partire dalla porta Nuova - incrocio della via IV Novembre

sistemazioni esterne - impianti sportivi, giardinetti,

tra i Bastioni Garibaldi e della Rimembranza - il PRG

parcheggi - di riaffermare il loro ruolo di principale

prescrive i seguenti criteri di intervento, per altro riportati

memoria storica, di costituirle, infine, come elemento di

anche negli artt. 60, 61 e 62 delle presenti Norme di

riferimento per il rinnovamento complessivo della città.

attuazione.

A questo fine il PRG istituisce un vero e proprio Parco

a) Tratto compreso tra il Bastione Garibaldi e il Bastione

urbano delle mura - del quale precisa gli indirizzi

della Rimembranza (contesto di Piazza della Vasca).

162


le mura medicee di Grosseto

La particolare diretta prossimità del Centro con l’esterno,

Sono

elementi,

questi,

in questa parte quasi incuneata tra due bastioni (della

quell’individuazione

Rimembranza e Garibaldi), suggerisce di potenziare

sistemazione degli spazi pubblici attorno e intorno le

le relazioni già presenti nel suo assetto spaziale -

Mura.

ben definito e caratterizzato da una serie notevole di

Queste sistemazioni sono in armonia con quelle indicate

attrezzature pubbliche - rendendo pedonale l’area a

e prescritte per il contesto n. 1, art. 60 delle presenti

partire dalla via IV Novembre e proseguendo nel viale

Norme d’attuazione.

Manetti e nella via Porciatti a diretto contatto delle Mura

b) Tratto compreso tra il Bastione della Rimembranza

in modo da eliminare l’incongruo parcheggio antistante

e quello della Cavallerizza, comprendente il Bastione

l’edificio in Piazza del Popolo (uno dei luoghi attuali di

Cittadella (Cassero) e il Bastione delle Palle (contesto di

incontro) e collegarsi più efficacemente al Parco della

via Battisti - Bengasi).

Rimembranza.

A diretto contatto con la via Porciatti, dove si prevede

Il PRG, dunque, prescrive la eliminazione dell’attuale

un parcheggio sotterraneo di servizio al Centro Storico

parcheggio e la creazione di una piazza pedonale

trovando i necessari accessi dalle vie Isonzo, Cadorna

come luogo di incontro e di relazione con il soprastante

e Corridori, sotto al Bastione della Rimembranza, la

Parco della Rimembranza sulle Mura; tra l’altro, il nuovo

piazza Tripoli, attuale mercatino della frutta di cui si

parcheggio previsto nella sostituzione edilizia nell’area

conferma la funzione, può rappresentare per la sua

ex-RAMA servirà come efficace alternativa.

localizzazione un elemento di raccordo tra pedonalità

Contestualmente al recupero delle Mura e alla

e traffico veicolare che, eliminato da via Manetti che

pedonalizzazione dei viali circostanti, la piazza del

prosegue in viale Porciatti - anch’esso reso parzialmente

Popolo costituisce un punto di interessante raccordo

pedonale - si svolge sulla via Tripoli.

tra l’esterno e l’interno del Centro Storico, da ridefinire

Questa piazza va dunque risistemata, comprendendovi

con nuove qualità, formali e d’uso.

l’edificio esistente, nei parterres e nella sistemazione

La sistemazione della piazza dovrà prevedere la

del verde, liberando per quanto possibile la base del

definizione di un parterre articolato, la cui forma - sia

Bastione della Rimembranza. Si recupera così anche

del piano camminabile come disegno e come uso dei

un ingresso pedonale al parco soprastante il Bastione

materiali, sia degli elementi di arredo (sedili, verdi, ...)

stesso.

- si ponga in riferimento privilegiato con le Mura e la

Piazza Tripoli va ridefinita, cioè, analogamente a piazza

risalita al Parco su di esse, risolvendo l’intromissione

De Maria, con una differenziazione di ambiti che, nel

del recente edificio della Finanza, attuale fondale dello

distinguere una sede carrabile dal lato di via Tripoli,

slargo; ovviamente vanno rimossi tutti gli attuali arredi

separi la piazza dai traffici viari che la lambiscono,

incongrui per adeguarli alla nuova sistemazione.

affidandole il ruolo di elemento di mediazione tra la città

dei

dai

quali

percorsi

può

pedonali

iniziare e

la

163


le mura medicee di Grosseto

e il Parco delle Mura.

verso il Centro Storico e dalla quota del viale conquisti

Ciò si ottiene attraverso un parterre articolato che

l’altezza delle Mura (laddove una rampa provvisoria

costituisca elemento di continuità pedonale tra il

che va consolidata e riproposta, é stata creata per i

viale Porciatti sotto il Baluardo della Rimembranza

restauri) per condurre fin dentro la Fortezza, come

e il campo degli Arcieri. All’interno di questo insieme

importante elemento di rapporto tra vecchio e nuovo

di sistemazioni può anche prevedersi un piccolo

(oggetto, necessariamente, di uno specifico progetto

parcheggio sotterraneo di servizio ai residenti.

architettonico).

Di questo insieme urbano fa parte compiutamente la

Il percorso da qui prosegue verso il Parco della

sistemazione a parco del vecchio campo degli Arcieri

Rimembranza e comunque verso quella direzione, nel

sottostante le Mura (unico punto in cui si mantiene

sistema complessivo dei percorsi pedonali stabilito dal

la quota pressochè identica a quella originale dei

Parco urbano delle Mura.

valli Medicei), attualmente occupato da un verde

Dalla Fortezza deve essere escluso ogni elemento

indefinito bordato però da un bellissimo filare di palme.

arboreo per esaltarne il significato di cittadella costruita.

Il PRG prevede una sistemazione del Campo degli

Sul lato del viale V. Fossombroni il parcheggio esistente

Arcieri che consenta l’utilizzazione del Parco come

attualmente come una sterminata spianata di asfalto

passeggiata o luogo di sosta mantenendone i caratteri

(peraltro vuota fuorchè nel giorno di mercato) richiede

naturalistici determinati dal bel filare di palme e dallo

una diversa apposita sistemazione di verde e arredo

scoscendimento erboso verso le Mura senza ulteriori

urbano.

inserimenti di alberature e con semplici definizioni di

Collegato a questa nuova sistemazione è il recupero

piccoli percorsi e sedili. Qui, la sistemazione delle Mura

del profilo delle Mura che dovrà essere scoperto

deve indicare gli elementi del rapporto tra il Parco e il

sino alla base, risalendo poi dolcemente verso la via

ripristino delle Mura stesse (passaggi, visuali, ecc...).

Fossombroni, pedonalmente.

Su questo lato un punto singolare dà la traccia per

Per quanto riguarda la sistemazione dell’area adibita a

una nuova dialettica urbana tra il Centro Storico e la

parcheggio in viale Fossombroni, quindi, il PRG prevede

città nuova, laddove casualmente dalla via Cadorna si

attraverso la formazione di un progetto di usi pubblici

staglia sullo sfondo una prospettiva sul Cassero.

la eliminazione del parcheggio nell’area sottostante

E’ uno dei punti più significativi in cui le Mura hanno una

le Mura lungo il viale Fossombroni, assolutamente

impennata di valore rappresentativo e simbolico che

incongruente alla restituzione auspicata delle Mura al

tutto il Cassero, anche sull’altro lato, esprime.

loro assetto originario e alla forza simbolica e formale

Nel quadro della risistemazione complessiva delle Mura

di elemento morfologico di primaria importanza a

il Piano prevede una passeggiata architettonica che

Grosseto: la ridefinizione dell’area liberata - ferma

affianchi il passaggio basso esistente dal viale Porciatti

restando la sua connotazione naturalistica, verde,

164


le mura medicee di Grosseto

acqua, percorsi, ecc.... va precisata nel quadro

col Centro Storico e dalla vivace attività giornaliera. La

dell’assetto complessivo di Parco Urbano, con le aree

ridefinizione della piazza con elementi discreti di arredo

sopra e sottostanti e i percorsi che le attraversano.

urbano - eliminandone il carattere provvisorio di area

Sempre proseguendo lungo le Mura, il PRG prevede la

di parcheggio e reinterpretandone invece il carattere

risistemazione di piazza Esperanto. Per quanto riguarda

positivo di piazza - mercato-, confermerà il suo ruolo

la necessaria eliminazione del parcheggio sottostante

urbano di importante cerniera tra due contesti e di

le Mura valgono le considerazioni già esposte per le

effettivo luogo centrale: una delle poche vere piazze di

aree lungo il viale Fossombroni.

Grosseto.

Nella piazza Esperanto risulta tra l’altro particolarmente

Il PRG prevede la ridefinizione complessiva della piazza,

evidente il danno, in termini di perdita di significato,

senza sostituzione delle quinte edificate ma rafforzando

subito dalle Mura con l’annegamento nell’asfalto delle

il rapporto fra il piano camminabile e la quinta delle

strade conseguente al riempimento del fossato.

Mura, confermandone il carattere di piazza - mercato

Si dovrà scoprirne il livello originario definendo lo scavo

e luogo di incontro attraverso la pedonalizzazione

come elemento non solo di effetto architettonico, ma

dell’intera area della piazza stessa. La viabilità carrabile

di vera e propria fruizione, una parte di sistemazione

si sposta all’esterno lungo l’asse di via Battisti - viale

urbana della piazza ridefinita contestualmente alla

Ximenes.

piazza del mercato, con servizi di uso pubblico.

L’area pedonale della nuova sistemazione liberata dalle

All’interno del programma per il nuovo assetto delle

auto, eliminando l’incongruo disegno frammentario

Mura, piazza Esperanto può comunque costituire -

di aiuole spartitraffico, è definita attraverso un nuovo

data anche la presenza della Porta e la vicinanza della

parterre che, con disegno unitario, articoli differenti

piazza De Maria - uno dei punti dove effettuare lo scavo

spazi e livelli collegandosi alla stessa quota con la

con il ripristino dell’altezza delle Mura e l’adeguata

Porta Vecchia e affacciandosi lateralmente sulla nuova

sistemazione architettonica sia dello scavo che

sistemazione in trincea delle Mura lungo la piazza

dell’intorno immediato e quindi anche alla sistemazione

Esperanto.

complessiva della piazza De Maria, con un progetto

Ulteriore precisazione della forma e dell’uso dei vari

capace di attenuare il contrasto stridente della nuova

spazi della piazza e affidata ad elementi discreti di

tettoia per il mercato.

arredo urbano, quali strutture leggere di copertura dei

La piazza De Maria conclude - chiusa dal Bastione

banchi del mercato, elementi di verde (tra i quali può

della Cavallerizza - su questo lato il percorso attorno le

recuperarsi l’alberatura esistente), prese d’acqua, corpi

Mura e ne rappresenta il luogo urbano più significativo,

illuminati, sedili, ecc...

pur nell’assetto spaziale non del tutto risolto ma

c) Tratto compreso tra il Bastione della Cavallerizza e il Bastione del Mulino a Vento (contesto di via dei

certamente consolidato dal lungo e diretto rapporto

165


le mura medicee di Grosseto

Mille). Il PRG prescrive la eliminazione del parcheggio a ridosso delle Mura. Lo spazio liberato dal parcheggio è da considerarsi in maniera organica alla sistemazione complessiva delle Mura e del verde adiacente. Ciò si ottiene con il ripristino del profilo delle Mura stesse e la creazione di un verde compatto in grado di isolare la via Ximenes e gli edifici che vi prospettano, dal monumento. Nel quadro generale delle indicazioni per il contesto di via dei Mille, art. 61 delle presenti Norme di attuazione, questa sistemazione ha il ruolo di ridefinire l’ingresso al Centro Storico dalla parte corrispondente a via Gramsci. d) Tratto compreso tra il Bastione del Mulino a Vento e il Bastione Garibaldi (contesto di piazza Rosselli). E’ un tratto oggi destinato a incongrui campi sportivi che contrastano con il ruolo nuovo che il PRG affida alle Mura. In questo tratto, il progetto procederà in modo analogo a quello del tratto tra i Bastioni del Mulino a Vento e della Cavallerizza, ricostituendo il profilo delle Mura e risalendo con una delle pendenze sino al viale Manetti.

E’ delimitata dalle Mura Medicee, e relative aree di pertinenza, che hanno mantenuto il loro impianto originario pressoché intatto (per una superficie complessiva pari a mq. 304.188). Il tessuto edilizio interno, pur mantenendo la maglia originaria, ha subito nel tempo interventi anche significativi di sostituzione edilizia non sempre di livello qualitativo adeguato. Il Centro ha mantenuto la sua funzione primaria direzionale e amministrativa e recentemente è stato arricchito dalla funzione universitaria che si sta sviluppando in maniera consistente. Sono presenti inoltre alcuni importanti contenitori con funzioni culturali, museali e per lo spettacolo. Notevole è anche la presenza di attività commerciali specializzate e di pregio. Recentemente il Centro Storico è stato oggetto di importanti interventi pubblici che hanno riorganizzato i sottoservizi e l’arredo urbano. La rete viaria ha richiesto politiche di limitazione e controllo del traffico veicolare. Statuto dei Luoghi Mura Medicee e l’intero tessuto edilizio Indicazioni strategiche, azioni e modalità di intervento Il Centro Storico è disciplinato da una Variante di dettaglio che si conferma nelle sue linee essenziali, rinviando ad una revisione normativa in sede di

Norme del Piano Strutturale

Regolamento Urbanistico e/o strumento urbanistico di

Si riporta un estratto del Piano Strutturale del Comune di Grosseto, in particolare l’art. 92- Sub U.T.O.E. n. 1.1 “Centro Storico”.

dettaglio che consideri i seguenti criteri: - Valutazione, edificio per edificio, degli interventi e delle funzioni ammissibili, mantenendo le caratteristiche formali e tipologiche di quelli che costituiscono

“ Descrizione

testimonianza storica - Valorizzazione delle attività commerciali di vicinato

166


le mura medicee di Grosseto

da integrare con attività artigianali compatibili anche

pubblici la cui utilizzazione dovrà essere oggetto di

attraverso l’utilizzo di un apposito “contenitore”

monitoraggio e controllo; a riguardo dovranno essere salvaguardate le Mura Medicee non prevedendo interventi entro una fascia di mt. 10,00 dai bastioni e di mt. 20,00 dalla cortina muraria, garantendo la vista del monumento dalla viabilità con il ripristino dei valli."

- Valorizzazione e sviluppo della funzione universitaria e dell’alta formazione anche con la realizzazione di strutture per l’alloggio di studenti e insegnanti, mediante il riuso del patrimonio edilizio pubblico esistente (oss 310) - Valorizzazione dei contenitori per la cultura e lo spettacolo

II.1.2.3 Le mura oggi

- Valorizzazione del patrimonio pubblico di Comune, Provincia e ASL mediante il riuso per funzioni residenziali e servizi compatibili anche con ampliamenti a completamento per i soli edifici che non costituiscono testimonianza storica - Introduzione di una ricettività alberghiera di pregio con il riuso funzionale di importanti edifici pubblici o privati che eventualmente si rendessero disponibili entro un limite di ricettività pari a n. 100 posti letto. - Mantenimento della funzione residenziale e limitazione dei processi di sostituzione della stessa con funzioni terziarie private - Individuazione puntuale di interventi pubblici e privati (oss 148, 275) di ristrutturazione urbanistica finalizzati alla sola ricostruzione di volumi andati persi e documentalmente dimostrabili; il RUC disciplinerà puntualmente gli interventi caso per caso senza compromettere il contesto storico; (oss 148, 275) - Conferma degli interventi di recupero del Parco delle Mura Medicee che dovrà essere aggiornato al fine di organizzare le interrelazioni con il tessuto urbano del centro storico ed esterno alla cinta muraria, ponendo particolare attenzione al sistema dei parcheggi

Come già accennato nei paragrafi precedenti, nel nuovo contesto culturale degli anni novanta caratterizzato dalla nuova stagione culturale del periodo post-industriale e dal rinnovato interesse generale per il recupero e la valorizzazione dei beni storici, le mura sono state indubbiamente un argomento centrale della città e grazie al già citato “Progetto generale di coordinamento per il recupero e la valorizzazione delle Mura Medicee del 1994” si sono poste le premesse per un loro restauro integrale cercando di superare l’errore di valutazione per cui le mura erano vissute come il “confine” del centro storico e non parte integrante dello stesso. Parlando delle Mura spesso si fa riferimento infatti al “muro di mattoni” o alle “garitte” o alle “troniere” o a ciò che resta dell’ottocentesco parco lorenese, mentre prima di tutto le mura devono essere intese come una grande opera a scala urbana. Oggi, sia pur in assenza di finanziamenti immediati, appare comunque evidente l’urgenza di un completamento di quanto già iniziato e la necessità di un intervento unitario di completamento di tutta l’area delle 167


le mura medicee di Grosseto

Mura compresa tra la Via Amiata e Porta Vecchia. Nello specifico il recupero del parco prevede il rifacimento di tutti i percorsi pedonali e ciclabili per l’accesso a questo, l’illuminazione, il censimento delle specie arboree da mantenere o da sostituire, il completamento di tutte le opere a verde. Dal punto di vista gestionale la Pro Loco di Grosseto propone “l’istituzione di un organismo comunale “Opera delle Mura” preposto alla cura e valorizzazione del monumento. «La rilevanza storica e monumentale delle Mura Medicee di Grosseto – sottolinea il 168

presidente Umberto Carini – è indubbia e oggettiva; il loro poligono costituisce il vero e proprio simbolo della città. Il Comune attualmente provvede in modo diretto e discontinuo alla cura del complesso; poca attenzione viene riposta nella tutela della immagine del monumento, degli spazi fruibili dai cittadini, nell’organizzazione di manifestazioni ed eventi, nella concessione e nella gestione dei servizi. In realtà tale patrimonio, opportunamente conservato con la manutenzione ordinaria e valorizzato con l’attuazione di una serie di progetti, può anche divenire generatore


le mura medicee di Grosseto

di reddito. Si ipotizza quindi l’atto costitutivo di un organismo deputato all’organizzazione e salvaguardia del monumento: l’Istituzione “Opera delle Mura”. Tale organismo potrebbe essere costituito con Deliberazione comunale e reso operativo con la nomina di un Direttore e l’assegnazione di personale. Si otterrebbe così il monitoraggio, la salvaguardia e la valorizzazione del complesso, anima storica e civile della nostra città.» (Maremma Magazine, Sguardi sulla città, 2012) Un contributo alla fattibilità dell’intervento è stato promosso anche da Nesso, Associazione culturale costituita da archeologi, «Fare archeologia è conoscere profondamente un territorio. Da questa conoscenza nasce la consapevolezza di dover investire nella cultura con una pianificazione di lungo periodo. Le mura di Grosseto sono un patrimonio storico e monumentale in stato di abbandono e di degrado. Sono uno dei monumenti più antichi della città ma questo non sembra costituire motivo di onore e orgoglio per la cittadinanza che lo ha lasciato in balia dei vandali che hanno ricoperto ogni centimetro delle mura con scritte insulse. Vandali che si sono impossessati di un luogo abbandonato da tutti. In pieno centro città. In antropologia le mura di un luogo contribuiscono a creare la sua stessa identità e a proteggerne come in uno scrigno sia l’identità che l’eredità storica. A Grosseto lo spazio di libertà delimitato dalle mura è ormai in stato di abbandono e l’invasione della periferia è un dato di fatto che non sembra sconvolgere nessuno.” (Maremma

Magazine, 2012) Anche l’arch. Alessandro Marri, diretto interessato nella progettazione del parco delle Mura medicee, tiene a sottolineare che ad oggi “si è capito che le mura non solo sono un monumento ma un parco urbano e una parte di città. Si è capito cos’è un “monumento a scala urbana” dove il mattone, il muro, il parco e persino tutti gli spazi aperti antistanti le mura sono un unico sistema che è necessario leggere in modo contestuale. E qualunque approccio progettuale che riguarda le mura non può prescindere da questo 169


le mura medicee di Grosseto

concetto.” (Maremma magazine, 2012) Ad oggi è quindi evidente un sincero interesse ed una forte preoccupazione da parte della popolazione stessa sul presente e sul futuro del centro storico e delle mura medicee; negli ultimi mesi si sono infatti susseguiti numerosi dibattiti ed iniziative promosse dall’Amministrazione Comunale, in cui si tenta di riprogettare questo grande contenitore storico per renderlo “un’opera utile alla vita” . (Quotidiano il Tirreno, 17 settembre 2015) Varie proposte sono emerse negli ultimi mesi da parte di architetti e membri di associazioni culturali, come è stato riportato dai numerosi articoli usciti sulla stampa locale negli ultimi mesi. L'arch. Pietro Pettini, presidente dell'Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti, Conservatori della Provincia di Grosseto, si fa portavoce della proposta che prevede “la creazione di un museo delle Mura nelle Mura, e in particolare al Cassero Senese, capace di mostrare anche storia e significato del monumento” (Pettini, 2015). Un'altra interpretazione viene data invece dall'arch. grossetano Giuseppe Chigiotti, docente al Politecnico di Milano, che, interrogato sul futuro delle Mura di Grosseto spiega che “Grosseto non è una città per sentimento, quanto per somma (...). In pratica, l'enorme incremento demografico degli ultimi decenni deriva dal sommarsi di presenze venute da altre parti d'Italia e questo fa di Grosseto una città molto simile per dinamiche ai grandi centri urbani 170

con le loro periferie. Reiventare il centro, significa innanzitutto inventare un nuovo, e contemporaneo, senso di comunità. “ (Chigiotti, 2015) Tra le diverse interpretazioni che emergono dal dibattito locale possiamo trarre la convinzione che il futuro di Grosseto sia imprescindibile dal suo cuore storico, e proprio le Mura Medicee debbano essere il punto di partenza della rinascita grazie anche alla decisiva collaborazione di un'intera comunità e delle sue esigenze. È proprio in questo clima di rinnovata partecipazione che prende avvio la nostra idea di tesi, che si pone come tentativo la riprogettazione unitaria del Parco urbano delle Mura Medicee, approfondendo e coniugando tutti gli aspetti multidisciplinari che l’accezione più ampia del termine prevede.

Pagine precedenti Fig.II.1.15,16 Fig.II.1.17


le mura medicee di Grosseto

171


II.1.3 Analisi SWOT

172


E al mondo non c’è niente di più bello che capire. C’è chi mi rimprovera di avere qualche volta cambiato parere. Per fortuna: se oggi pensassi come dieci anni fa mi vergognerei, dieci anni perduti. Giulio Carlo Argan

L’analisi SWOT è un tipo di pianificazione strategica che si basa sull’individuazione sistematica di punti di forza (Strengths), debolezze (Weaknesses), opportunità (Opportunities) e minacce (Threats) di un progetto o di un contesto. Quando parliamo di punti di forza e debolezze ci riferiamo a fattori endogeni, cioè appartenenti al contesto di analisi, sui quali è possibile intervenire attraverso l’azione progettuale. Nel caso di opportunità e minacce, invece, si tratta di fattori esogeni, esterni al sistema ma capaci di condizionarlo; su di esse dunque non è possibile intervenire in modo diretto, quanto piuttosto tenerle sotto controllo. Con l’individuazione di queste categorie di fattori, quindi, si ha la possibilità di definire in maniera puntuale e mirata le possibili strategie di intervento volte a fare leva sui punti di forza, ridurre le debolezze, sfruttare le opportunità e minimizzare le minacce. Attraverso l’analisi SWOT, dunque, è possibile analizzare un contesto in maniera piuttosto approfondita, facendo emergere tutti quegli elementi che possono favorire o ostacolare il raggiungimento di un dato obiettivo prefissato. Applicando questo tipo di analisi al parco urbano sulle mura di Grosseto, è stato possibile individuare punti di forza, debolezze, opportunità e minacce che ispirano la definizione di idonee strategie progettuali.

173


le mura medicee di Grosseto

Punti di forza (Strengths) La Fortezza Medicea e, piĂš in generale, il “monumento muraâ€? rappresentano un importante punto di forza per il loro pregio storico ed artistico. La Fortezza,

Fig.II.1.18, 19, 20

174


le mura medicee di Grosseto

voluta da Cosimo I de Medici nel 1500, si presenta oggi in buono stato di conservazione a seguito dei cicli di restauro cui è stata sottoposta a partire dagli anni Ottanta. Sede di mostre ed eventi culturali, essa rappresenta, insieme a tutta la cerchia muraria, un elemento oggi di fondamentale importanza nel panorama culturale grossetano. Si ritiene di fondamentale importanza valorizzare il pregio artistico delle mura, promuovendo interventi di restauro quando necessari ed evitando fenomeni di abbandono e degrado.

Mulino a vento, ricco quest’ultimo anche di numerosi e gradevoli punti panoramici verso l’interno del parco, dati dalla fitta e varia vegetazione. È importante preservare e valorizzare tali punti panoramici evitando, per quanto possibile, di prevedere nuove specie arboree di un’altezza tale da ostruire la visuale. I numerosi dislivelli del terreno lungo tutto il perimetro del parco rappresentano un punto di forza da un punto di vista delle opportunità progettuali, sia nell’ottica della progettazione di un percorso vita, in

Un altro punto di forza è senz’altro rappresentato dalla presenza di numerose specie arboree storiche, memoria dell’antico giardino lorenese. Questa grande varietà di alberi ed arbusti rendono il parco delle Mura estremamente accogliente, gradevole e stimolante. È opportuno, là dove possibile, mantenere lo stato attuale della vegetazione, conservandone così anche la memoria storica. Un ulteriore punto di forza del parco sulle mura è rappresentato dalla presenza di numerosi punti, lungo la cerchia muraria, dai quali è possibile godere di un ampio panorama sulla città e su altre zone del parco urbano stesso. È da segnalare in modo particolare la vista che si ha dal bastione del Maiano, un tempo sede del deposito dell’acqua della città proprio perché era il punto più alto di Grosseto. Altri punti panoramici rilevanti si trovano sulla Fortezza, sul bastione della Rimembranza e sul bastione del

Fig.II.1.21, 22

175


le mura medicee di Grosseto

quanto possono rappresentare una variazione del livello di difficoltà e di sforzo fisico, sia come luoghi dove dislocare punti per la sosta dai quali godere di differenti punti di vista. Il parco, in conclusione, costituisce esso stesso un punto di forza: esso infatti rappresenta contemporaneamente sia un parco urbano, soprattutto per le sue dimensioni, sia un parco di quartiere, a causa della carenza di ulteriori spazi verdi nelle immediate vicinanze del centro storico. Questo, quindi, rende il grande parco sulle mura l’unico vero polmone verde fruibile dagli abitanti del quartiere del centro storico, senza dover raggiungere gli altri relativamente distanti punti verdi della città .

Fig.II.1.23, 24, 25

176


le mura medicee di Grosseto

Fig.II.1.26, 27, pagina seguente Fig. II.!.28

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le mura medicee di Grosseto

178


le mura medicee di Grosseto

179


le mura medicee di Grosseto

Si riportano di seguito le altezze massime delle alberature presenti sul perimetro del parco e nelle zone limitrofe alle Mura.

Parco della Rimembranza

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le mura medicee di Grosseto

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le mura medicee di Grosseto

Debolezze (Weaknesses) Una prima debolezza del contesto di studio è rappresentata dal fatto che gli accessi per salire dal livello strada al parco sulle mura non sono né chiari né facilmente individuabili. Essendo molto spesso gradonati, inoltre, rappresentano un ostacolo alla fruibilità da parte di disabili, in quanto gli unici ascensori presenti si trovano nelle vicinanze della Fortezza. Si ritiene necessario prevedere altri ascensori nelle vicinanze di ogni bastione per consentire un’agevole accessibilità a tutti.

Fig.II.1.29, 30, 31

184


le mura medicee di Grosseto

Il disuso degli antichi locali delle mura rappresenta una debolezza del luogo, in quanto rappresentano un luogo di degrado e, dove accessibili, di ritrovo di

Fig.II.1.32, 33, 34

vandali e spacciatori. Se riutilizzati e valorizzati, tali luoghi rappresenterebbero invece, come le restanti parti delle mura, un importante punto di forza. La pavimentazione del parco sulle mura risulta in molti punti mancante o fortemente danneggiata. Ghiaia, ciottoli e lacune, inoltre, rappresentano un serio ostacolo allo scorrimento delle carrozzine dei disabili, limitando cosĂŹ la fruibilitĂ del parco da parte di tutti. Si riscontra anche la mancanza di un percorso pedonale continuo, ben segnalato e di facile percorrenza. 185


le mura medicee di Grosseto

Fig.II.1.35. Pagina seguente Fig.II.1.36, 37, 38

186


le mura medicee di Grosseto

La quasi totale assenza di illuminazione che caratterizza tutto il perimetro del parco sulle mura rappresenta una grande debolezza in quanto, durante le ore serali e notturne, rende il luogo pericoloso e non frequentabile. Inoltre, i piccoli e mal distribuiti punti luce non sono adeguati a valorizzare e mettere in risalto il valore monumentale delle mura. Ăˆ fondamentale prevedere una riprogettazione del sistema di illuminazione lungo tutto il perimetro del parco. 187


le mura medicee di Grosseto

Fig.II.1.39, 40, 41

188


le mura medicee di Grosseto

Opportunità (Opportunities) Una prima opportunità è rappresentata dal fatto che, per la loro posizione, le mura si trovano ad essere interessate da un sistema diffuso di piazze cittadine molto frequentate. Di particolare importanza sono le due piazze che si trovano nella zona nord e sud del centro storico: rispettivamente piazza Fratelli Rosselli, da sempre sede di funzioni amministrative, e la più popolare piazza de Maria, sede del mercato cittadino e di periodiche fiere, nonché di un polo liceale. Tra le piazze interne alla cerchia muraria, oltre alla principale piazza del Duomo, è importante segnalare piazza del Sale, oggi sede di molti locali tra cui bar e ristoranti che contribuiscono ad animare la zona.

e allo Stadio, rende le mura di Grosseto e il centro storico una destinazione facilmente raggiungibile e quindi, come altre località vicine, mèta particolarmente ambita per il turismo. È importante inoltre segnalare come la cerchia muraria si trovi vicino ad una rete di istituti di istruzione: in particolare la scuola di infanzia e di istruzione primaria in via Mazzini, la scuola media Giovanni Pascoli in piazza Rosselli e due poli liceali situati a nord e a sud del centro storico. La vicinanza a tali

La vicinanza ai principali assi viari, alla linea ferroviaria

Fig.II.1.42

Fig.II.1.43

189


le mura medicee di Grosseto

istituti rappresenta un’opportunità in quanto stimola i bambini e i ragazzi a trascorrere il tempo libero dopo la scuola sul Parco delle Mura. Un’ulteriore opportunità è rappresentata dalla relativa vicinanza del parco delle mura agli altri due principali punti verdi della città: il Velodromo e il parco dell’Ombrone. In ragione di questo, il parco delle mura è parte di un sistema di aree verdi ben collegate che contribuisce a dare continuità ai pochi e più piccoli spazi verdi presenti nelle zone limitrofe.

190

Fig.II.1.44. Pagina seguente Fig.II.1.45, 46

Pagine seguenti Fig.II.1.47,48


le mura medicee di Grosseto

191


le mura medicee di Grosseto

192


le mura medicee di Grosseto

193


le mura medicee di Grosseto

Minacce (Threats) La vicinanza alla linea ferroviaria costituisce una minaccia in quanto essa rappresenta una barriera nel tessuto urbano della città, dividendo la zona est dalla zona ovest. Nei pressi della stazione, inoltre, si riscontra un diffuso problema di pericolosità sociale e degrado. Le zone di rispetto verdi lungo la linea ferroviaria sono poco curate e diventano così luoghi di ritrovo di vandali e spacciatori. Un diffuso problema, particolarmente lamentato dai cittadini e causa di ingenti danni alle mura è rappresentato dal fenomeno del vandalismo. Le mura antiche, così come gli edifici ad esse addossati, sono coperti da scritte, ed alcune sculture di pregio

sono state gravemente danneggiate. La vicinanza delle mura alla linea ferroviaria, infine, fa sì che durante il passaggio dei treni si riscontri un problema di rumorosità.

Fig.II.1.49

Fig.II.1.50, 51, 52

194


le mura medicee di Grosseto

Fig.II.1.53

Fig.II.1.54

La monofunzionalità del centro storico, che risulta quasi esclusivamente ad uso residenziale, determina uno scarso flusso di persone all'interno del quartiere e, di conseguenza, all'interno dello stesso Parco delle Mura. Le principali funzioni amministrative e commerciali si sono infatti diffuse principalmente al di fuori della cerchia muraria, determinando un decentramento delle attività e una progressiva perdita di interesse del centro storico da parte dei cittadini.

cittadino, inoltre, è si riscontrano anche numerosi problemi legati alla scarsità di parcheggi, in quanto il mercato si svolge in spazi limitrofi alle mura, normalmente dedicati alla sosta delle auto.

Infine, in occasione di eventi, come quelli che si svolgono allo Stadio comunale "Carlo Zecchini", al Velodromo o allo Stadio di baseball, il traffico si intasa a causa della chiusura delle strade. In occasione del giorno di svolgimento del mercato

Pagina seguente Fig.II.1.55

195


le mura medicee di Grosseto

196


le mura medicee di Grosseto

197


II.1.4 Analisi percettiva

198


Chiunque ha saputo gustare in pieno la bellezza d’una antica città non potrà negare tanto facilmente la forte influenza dell’ambiente sulla sensibilità degli uomini. Camillo Sitte

La città storica viene considerata da Camillo Sitte nel libro L'arte di costruire le città: l'urbanistica secondo i suoi fondamenti alla stregua di un’opera d’arte in quanto forma di espressione estetica, capace di suscitare emozioni. "La città deve offrire agli abitanti sicurezza e, insieme, felicità. Tale obiettivo è realizzabile solo se la costruzione della città non è considerata semplicemente una questione di tecnica, ma anche un problema d’arte nel senso più preciso e nobile del termine” (Sitte,1981). Tale affermazione ci porta a riflettere sul concetto di città inteso non solo come uno spazio urbano caratterizzato da elementi fisici univocamente definibili (quartieri, strade, piazze, edifici ecc.) ma anche come un organismo complesso che prende vita grazie alle singole "immagini della città" che si formano in ogni abitante attraverso un processo vicendevole tra se stesso e la propria città. Per usare le parole di Kevin Lynch "ogni cittadino ha avuto lunghe associazioni con qualche parte della sua città e la sua immagine è imbevuta di memorie e di significati" (Lynch, 1969). è alla luce di queste considerazioni che abbiamo ritenuto importante affiancare alla lettura moderna critica illustrata nei paragrafi precedenti, una lettura basata sulle relazioni che intercorrono tra l'interno e l'esterno di questo particolare "luogo-confine" come è il parco delle mura di Grosseto, sulla percezione che di esso rimane nella memoria storica collettiva e sulle suggestioni che genera nei cittadini di oggi. è così che nell'avvicinarci alla nostra proposta progettuale per la sistemazione complessiva del parco abbiamo tenuto conto della presenza di particolari vocazioni, derivanti dalla presenza o meno di specifiche funzioni che si svolgono nelle zone limitrofe. è da considerare di particolare importanza la spinta culturale derivante dall'intero monumento mura e dal suo configurarsi come parte integrante del centro storico, ricco di attività culturali e

199


le mura medicee di Grosseto

monumenti che tengono viva la memoria del luogo. Oltre al fondamentale aspetto culturale legato alle mura è importante considerare anche la potenziale carica attrattiva già dovuta alle numerose attività di ristoro e svago presenti nel centro di Grosseto. In quanto parco pubblico, il luogo da noi studiato deve prestarsi a soddisfare le esigenze di un ampio spettro di fruitori; è per questo che deve essere tenuta in considerazione la presenza di scuole e altri luoghi frequentati da bambini e adolescenti, per poter riservare alle vicinanze attività legate a quei particolari profili d'utenza. La vocazione sportiva del parco è infine enfatizzata dai circoli e campi sportivi concentrati nelle immediate

200

Fig.II.1.56, 57. Pagina finale Fig.II.1.58


le mura medicee di Grosseto

vicinanze della cerchia muraria (nello specifico la via Manetti ospita oltre a un circolo del tennis, alcuni campetti sportivi da calcio e una pista di pattinaggio). Il parco si trova inoltre in una posizione intermedia tra gli altri due principali luoghi per l'attività fisica all'aperto, il Velodromo di Grosseto (a ovest delle mura) e il parco dell'Ombrone (a est). Per quanto riguarda la lettura percettiva, ci pare giusto fare riferimento al metodo adottato da Kevin Lynch nella sua analisi di tre città americane: Boston, Los Angeles, Jersey City, di cui considera solo le aree centrali, il cosiddetto downtown (Lynch,1967). Tale metodo consiste nell'intervistare un campione di abitanti delle rispettive città chiedendo di disegnare

la propria mappa cognitiva. Sovrapponendo in un secondo momento i diversi disegni, Lynch individua i luoghi che ritornano maggiormente nelle rappresentazioni e dunque rappresentano l'immagine condivisa e collettiva della città stessa. Seguendo questo approccio, abbiamo cercato di adattare il metodo dell'intervista proposto da Lynch alla nostra analisi sottoponendo agli studenti del liceo classico Carducci-Ricasoli un questionario che permettesse di capire quale sia la loro percezione delle mura della città e del parco su di esse. Si riporta di seguito il testo del questionario e i risultati ottenuti.

201


le mura medicee di Grosseto

Questionario svolto presso il liceo classico Carducci-Ricasoli

1- Quanti sono i bastioni delle Mura Medicee? 2- Come sono denominati? 3- Quanto tempo è passato dall’ultima volta che sei andato sulle Mura e perché? 4- Quali attività proporresti per il Parco delle Mura? 5- Ti piacerebbe che il Parco fosse dedicato ad attività sportive? 6- Quale zona attuale del Parco delle Mura Medicee ti piace di più? 7- Pensi che ad ora sia un luogo sicuro e perché? 8- Quali spazi verdi della città ti piace frequentare?

Dalla lettura delle risposte date ai questionari

frequenta abitualmente il parco, soprattutto per

è emerso che la maggior parte degli studenti

trascorrere del tempo con gli amici nel weekend,

intervistati ha un'idea abbastaza chiara del numero

mentre altri intervistati hanno dichiarato di non recarsi

dei bastioni che costituiscono le Mura, anche se

sulle Mura da parecchio tempo, non ritenendolo un

in alcuni casi si fa confusione sul comprendere o

luogo piacevole e accogliente.

meno nella numerazione il bastione della Fortezza,

La maggior parte dei ragazzi propone attività culturali

sede del Cassero del Sale.

e di svago per la ri-progettazione del Parco:

Più incerte e in molti casi totalmente assenti sono state le risposte date riguardo ai nomi: quasi nessuno

- "attività creative e artistiche, spettacoli dal vivo

è a conoscenza di tutti i nomi ufficiali dei bastioni, in

combinati con la natura"

alcuni casi si ricordano i "soprannomi" che vengono

- "attività musicali, concerti all'aperto"

abitualmente ricordati tra la popolazione grossetana.

- "maratone, corse o escursioni"

è emerso inoltre che la maggior parte dei ragazzi

- "concerti musicali, rappresentazioni teatrali,

202


le mura medicee di Grosseto

spettacoli di danza"

- "Penso sia un luogo inospitale, soprattutto la

- "corse di atletica e incontri culturali nella zona della

sera; oltre alla sporcizia girano individui poco

cavallerizza"

raccomandabili."

- "piste ciclabili dove le persone possono passeggiare

- "Attualmente è diventato un luogo di ritrovo per

il pomeriggio, ascoltare musica, mostre sul patrimonio

tossici e drogati, non sicuro per bambini anche se

maremmano"

accompagnati dai genitori"

- "centri informativi sulle Mura e sulla storia di

- "Non è sicuro, spesso è usato dai ragazzi per

Grosseto"

nascondersi e fare attività illecite"

-"parchi per gli animali"

- "Specialmente la sera è buio, sporco, mal

- "proiezione di film"

frequentato e pericoloso specialmente se non ci va

e tante altre proposte affini.

insieme a un gruppo"

La maggior parte dei ragazzi gradirebbe che almeno

- "Di sera non mi sentirei tranquilla a girare da sola,

parte del parco fosse dedicata a attività sportive,

non sono bene illuminate"

piste ciclabili e in generale spazi verdi pubblici in cui poter stare liberamente all'aria aperta e praticare

è emerso infine che gli spazi verdi alternativi al parco

attività fisica.

delle Mura più amati dai ragazzi sono il Velodromo di via Giotto e il D-park, area verde di nuova realizzazione

I tre bastioni che sono maggiormente amati

dai

sita nella periferia di Grosseto.

ragazzi intervistati sono il Cassero, anche se si lamenta un'eccesiva rigidezza degli orari di apertura,

Dopo aver analizzato la documentazione emersa, ci

il bastione del Maiano con la sua terrazza panoramica

appare come sempre più evidente la necessità di

e il bastione del Mulino a Vento.

una complessiva riqualificazione e riorganizzazione del Parco delle Mura, luogo fortemente presente

Si riscontra una quasi totale unanimità nel rispondere

nell'immaginario

al quesito sulla sicurezza attuale del parco: quasi tutti

grossetana, ma purtroppo non valorizzato.

collettivo

della

popolazione

i ragazzi ritengono infatti che attualmente sia un luogo poco sicuro, buio e mal frequentato, in particolar

Si rimanda al cd per la visione completa dei

modo nelle ore serali, tanto da renderlo quasi

questionari.

inavvicinabile soprattutto se non accompagnati.

203


II.1.5 Conclusioni

204


L’opera architettonica non è soltanto l’oggetto, ma anche quello che lo circonda e i vuoti, gli spazi. Oscar Niemeyer

Alla luce di quanto emerso in questo capitolo, riteniamo fondamentale, una riqualificazione unitaria e organica di un luogo importante per la vita della Città di Grosseto come le sue stesse Mura, nucleo primario e matrice di espansione delle successive edificazioni. Abbiamo rilevato durante le nostre ricerche anche un significativo senso di appartenenza da parte della popolazione grossetana nei confronti di un pezzo di Città che più di ogni altro ne ha caratterizzato la storia, fatto questo che rende ancora più immediata la necessità di una sua valorizzazione e conservazione. Gli aspetti principali da cui ci pare importante partire nella definizione degli obiettivi progettuali riguardano il tema della sicurezza e della relativa illuminazione del Parco, la previsione di nuove funzioni legate alla cultura e agli eventi lungo il suo perimetro e la valorizzazione del patrimonio verde presente. 205


206


207


II.2

PROPOSTA PROGETTUALE


Progettare architettura vuole anche dire disegnare un posto dove, al tramonto, due amici seduti per terra si raccontano, adagio, le storie della loro vita. Ettore Sottsass

Una volta conclusa l'analisi critica del luogo scelto come area di intervento e alla luce delle considerazioni svolte nei precedenti capitoli sul tema del Benessere e del Playground come suo strumento applicativo, ci siamo occupate della sistemazione paesaggistica generale dell'intero Parco delle Mura, per poi soffermarci sulla progettazione di un Natural Playground sul Bastione del Mulino a Vento. Nello sviluppare il progetto siamo partite dall'individuazione di un'idea di base concettualmente ispirata alla strategia progettuale usata da Bernard Tschumi nel progetto per il Parco della Villette a Parigi nel 1982 e basata sulla suddivisione del progetto in piĂš livelli di informazione. Nell'approfondire il tema progettuale del playground abbiamo ritenuto importante basare la nostra idea su due principali aspetti: l'identitĂ del luogo e l'importanza della percezione sensoriale, che diventano cosĂŹ gli elementi chiave del progetto.

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II.2.1 Il Parco delle Mura

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La gente potrebbe non venire nei parchi non perché siano arcaici, ma piuttosto perché vi sono luoghi che attirano di più. I parchi allora non possono più essere esperienze isolate, staccate dalla città, ma dovranno riuscire ad integrarsi col tessuto urbano, costruendo un sistema di forme e spazi direttamente legati alle attività urbane: città e parco potrebbero divenire inseparabili; privi di una linea di demarcazione. Il parco contemporaneo non è un rifugio della cruda realtà della vita urbana, ma piuttosto una celebrazione dell’urbanità di ciò che abbiamo creato. Paul Friedberg

II.2.1.1 Principi guida, obiettivi e strategia progettuale Come già affermato nei capitoli precedenti, il tema centrale del lavoro ruota intorno al concetto di Benessere. In un progetto architettonico il Benessere può essere conseguito mediante un'attenta progettazione di spazi urbani tesa a una migliore qualità della vita dell’individuo in tutte le sfere della sua quotidianità. Nello svolgere le valutazioni preliminari di carattere progettuale in un contesto qual è quello del parco delle mura medicee di Grosseto, occorre cercare di trovare il giusto equilibrio tra una serie di importanti aspetti, come il rispetto del monumento, l’attenzione al rapporto tra il cittadino e il luogo, le relazioni visive con l’interno e l’esterno delle mura e il mantenimento delle vocazioni prevalenti nelle differenti aree. Fatte queste premesse ci pare opportuno richiamare l’attenzione sull’approccio da noi seguito, incentrato sulle esigenze dell’individuo e sul Benessere nella progettazione di spazi urbani. Uno dei principali obiettivi che ci siamo poste consiste nell’attuare i principi dell'Active City e dell’Active Design, cioè della progettazione urbana volta ad incentivare l’attività fisica in città ed uno stile di vita attivo, al fine di migliorare il livello di salute e di benessere dei cittadini. Un altro aspetto, a questo complementare, riguarda l’applicazione dei principi dell’Universal Design, per rendere il parco accessibile e fruibile dal maggior spettro possibile di utenti. Nella riorganizzazione complessiva dell’intero parco, ci pare inoltre importante preservare e valorizzare la bellezza del luogo, rendere facilmente individuabili gli accessi e i percorsi, garantire la sicurezza e salvaguardare l’ambiente.

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proposta progettuale

Per la definizione del progetto generale del parco, la strategia da noi adottata richiama quella del layering adoperata per il parco della Villette nel 1982 da Bernard Tschumi, basata sulla suddivisione del progetto in diversi livelli di informazione.

Fig.II.2.1

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II.2.1.2 Il progetto del parco Nel progetto di Bernard Tschumi per la Villette, l’articolazione degli spazi si basa sulla sovrapposizione di tre livelli, il primo dei quali è costituito da un sistema di punti (folies) costituito da una serie di oggetti architettonici puntuali disposti secondo una griglia regolare. Il secondo sistema è quello delle


proposta progettuale

linee, che rappresenta i movimenti ed i percorsi pedonali. L’ultimo sistema è infine rappresentato dalle superfici, cioè da tutte quelle attività non puntuali che richiedono spazi estesi. Nel riprendere questa strategia di design, abbiamo sviluppato la nostra idea progettuale articolando il progetto secondo un primo livello di linee, costituito dal sistema di percorsi principali e secondari, un

Fig.II.2.2

secondo livello di punti, composto dalla dislocazione secondo un andamento regolare di postazioni puntuali dedicate a differenti tipi di attività, ed un ultimo livello, quello delle superfici, rappresentato dall’individuazione delle principali funzioni dei bastioni. Intento primario del progetto è quello di evitare una settorializzazione di funzioni lungo il perimetro del parco andando al contrario a ricercare il più possibile una continuità ed omogeneità di attività e flussi di utenza. Il progetto parte quindi dall’individuazione di un percorso continuo che si configura come spina dorsale che si snoda lungo tutto il perimetro del parco cittadino e che è scandita da una serie di postazioni puntuali, distribuite secondo uno schema regolare ogni venti metri, dedicate a tre diverse attività: -riposo e sosta -sport -arte Questo anello continuo si presenta come un percorso vita che accompagna lungo l’intero perimetro del parco. Nonostante il carattere continuo ed omogeneo dell’impianto generale, dopo aver valutato le relazioni che provengono sia dal perimetro esterno delle mura sia dal centro storico racchiuso da esse, ci è parso opportuno riservare ad ogni bastione una caratterizzazione prevalente che lo ponga in relazione con la sua storia e con la principale vocazione della zona circostante. Sulla base di questa caratterizzazione abbiamo quindi adattato la successione delle attività puntuali, in modo che 213


proposta progettuale

Fig.II.2.3

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proposta progettuale

Fig.II.2.4

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proposta progettuale

Fig.II.2.5

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proposta progettuale

dialogassero al meglio con il contesto. Sul bastione del Cassero Senese abbiamo previsto funzioni legate all’ambito culturale in linea con le attività che attualmente vi si svolgono. Nello specifico abbiamo proposto la realizzazione di un Museo della Fortezza Medicea e di uno spazio per eventi disponibile all’occorrenza per mostre temporanee. Il bastione del Maiano, nella nostra proposta progettuale, ospiterà invece il Museo delle Mura nei locali storici del vecchio deposito dell’acqua opportunamente ristrutturati, oltre a funzioni di ristorazione comprensive di uno spazio aperto nella già presente terrazza sopraelevata. Nelle zone del parco immediatamente adiacenti al bastione, data la conformazione in leggero declivio, si prevedono attività sportive con adeguate attrezzature e spazi lettura all’aperto fruibili anche dai giovani dei vicini poli liceali. è inoltre da sottolineare la valenza di punto panoramico del bastione, un tempo punto più alto dell’intera città, da cui è possibile godere del panorama verso il centro storico e verso la zona collinare alle porte di Grosseto. Il bastione della Cavallerizza si trova in posizione strategica data la vicinanza alle zone del centro più attrattive dal punto di vista sociale e della ristorazione, come piazza del Sale. Per la sua conformazione ad anfiteatro e per la vicinanza all’ex cinema grossetano (cinema Marraccini), abbiamo adibito la parte centrale del bastione a cinema e teatro all’aperto, che prenda vita soprattutto durante la bella stagione e che, negli altri periodi dell’anno, possa essere uno spazio polivalente all’aperto in linea con l’atmosfera

dell’intero parco e animato dai vari punti di ristoro che si trovano nelle immediate vicinanze. Il bastione del Mulino a Vento, per la sua vicinanza alle scuole primaria e dell’infanzia in via Mazzini e alla scuola media Giovanni Pascoli, avrà una caratterizzazione maggiormente legata al gioco e all’infanzia, con la realizzazione di un Natural Playground per tutti affiancato da un punto di ristoro e servizi. Si prevede inoltre la sistemazione a giardino botanico di una parte dell’area per richiamare la memoria storica del giardino lorenese che qui trovava collocazione. Il bastione Garibaldi, oltre a prendere parte nella sistemazione dell’intero parco, continuerà a ospitare le funzioni che oggi vi si svolgono, ovvero discoteca e punto di ristoro. Per quanto riguarda il bastione della Rimembranza si prevede un intensificarsi della vocazione sportiva dell’intero parco attraverso una maggiore dotazione di attrezzature dedicate, e un punto di ristoro. Gli ambiti di intervento da noi studiati per la progettazione complessiva del parco comprendono, inoltre, l’aspetto della sicurezza, la valorizzazione della bellezza del luogo, l’accessibilità, la fruibilità, e la salvaguardia ambientale. Per quanto riguarda la sicurezza, il progetto prevede il ripensamento di un organico sistema illuminotecnico che vada a restituire tranquillità e fruibilità al parco, oltre che valorizzare il monumento mura. Per quanto riguarda i diffusi episodi di vandalismo, 217


proposta progettuale

Fig.II.2.6, pagina seguente Fig.II.2.7

dopo il restauro delle strutture danneggiate, riteniamo che una riuscita progettazione del parco costituisca già di per sé un deterrente al problema. Dal punto di vista della valorizzazione della bellezza del luogo ci pare fondamentale ribadire la volontà di salvaguardare per quanto possibile l’originaria conformazione del parco storico che presenta una ricca e diffusa vegetazione impiantata a partire dal periodo lorenese, con la trasformazione delle strutture militari in giardino e passeggiata pubblica. L’obiettivo è mantenere, per quanto possibile, le alberature storiche ad alto fusto e la parte di arbusti non danneggiata, cercando di diradare la vegetazione fitta e non di pregio in corrispondenza

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dei punti ritenuti strategici per la fruizione del parco in quanto potenziali terrazze panoramiche e, di contro, infittendola laddove si ritiene necessaria una barriera visiva e acustica. Dal punto di vista dell’accessibilità e della fruibilità, si prevede una ripavimentazione del passeggiata, aumentando le zone trattate a prato e sostituendo il ghiaino esistente con un lastricato affiancato da un percorso ciclo-pedonale in terra battuta. Particolare attenzione verrà riservata alle pavimentazioni da collocare nel bastione del Mulino a Vento in quanto sede della progettazione di un grande Natural Playground.


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La questione legata agli accessi risulta di particolare importanza e criticità in quanto la quota da raggiungere in molti punti dell’arco murario si caratterizza da un dislivello spesso troppo alto e stretto per poter essere superato con una rampa. A tal proposito riteniamo necessario aumentare la dotazione di ascensori collocandone almeno uno vicino a ogni bastione come indicato nel progetto. è previsto il miglioramento della segnaletica stradale non solo con un progetto di cartellonistica diffuso in tutto il parco e nelle zone limitrofe, ma anche studiando dei tracciati pavimentati che rendano facilmente individuabili gli accessi e le entrate alla zona del parco.

Per quanto riguarda, infine, il tema della salvaguardia ambientale, mai come oggi di fondamentale importanza, ci pare evidente come già di per sé la cura, la riqualificazione e l’aumento delle dotazioni verdi di un parco di queste dimensioni siano un’importante spinta al miglioramento della qualità della vita e di tutti gli aspetti legati ai benefici che gli spazi verdi comportano. Nella progettazione del playground, inoltre, ci pare importante concentrarsi sul playscape piuttosto che su altri ambiti di intervento andando così a focalizzare ancora di più l’attenzione del progetto sull’importanza del paesaggio circostante e sugli aspetti legati alla natura.

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II.2.2 Viaggio in Maremma

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Ogni cosa che puoi immaginare, la Natura l'ha già creata. Albert Einstein

II.2.2.1 Il bastione del Mulino a Vento Il bastione del Mulino a Vento o baluardo di San Michele, così chiamato per la vicinanza all’omonima porta scomparsa, si trova a sud-ovest delle mura di Grosseto, tra il bastione Garibaldi, più a nord, e quello della Cavallerizza, più a sud. Il bastione, edificato nella seconda metà del Cinquecento, prende il nome dall’antica presenza di un mulino a vento, demolito durante i lavori che furono svolti nell’Ottocento per la realizzazione della passeggiata sulle mura. Attualmente il bastione, di forma poligonale, si presenta come il più ricco di varie specie arboree ad alto fusto ed arbustive, con ampie zone lasciate a prato.

II.2.2.2 Rilievo dello stato attuale Si riportano di seguito i rilievi dello stato attuale dell'area di intervento relativi sia alle pavimentazioni e percorsi esistenti che all'arredo urbano e tipi di illuminazione. Segue inoltre l'individuazione e catalogazione delle specie arboree presenti sul bastione.

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proposta progettuale

Fig.II.2.8

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Fig.II.2.9

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proposta progettuale

II.2.2.3 Territorialità e percezione Nello sviluppare l’idea progettuale del playground ci siamo servite di due principali chiavi di lettura, quali il legame con l'identità del luogo, e nello specifico del paesaggio maremmano, e l’importanza della percezione e dei sensi nello sviluppo cognitivo del bambino. I richiami al territorio della Maremma diventano così il punto di partenza fondamentale della nostra proposta di intervento, legando come un filo conduttore i diversi scenari che costituiscono il playground. Riteniamo di particolare importanza richiamare il carattere

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proposta progettuale

identitario del luogo rifacendosi agli ecosistemi naturali che costeggiano il paesaggio maremmano e restituendo così carattere di autenticità al progetto. La seconda chiave di lettura proposta deriva dallo studio svolto in ambito pedagogico che ci ha portato a considerare fondamentali, soprattutto in una progettazione rivolta principalmente all’infanzia, temi quali la percezione e la stimolazione dei sensi. Ci siamo interrogate in un primo momento su quali ambiti dovessero necessariamente concorrere nella progettazione di un luogo dedicato al gioco e all’infanzia che si ponesse come primo intento quello di stimolare la sensorialità, la creatività e la libera immaginazione del bambino. Questa riflessione ci ha portato a definire tre macro aree di progetto tra loro connesse, ognuna con una specifica vocazione prevalente: un primo ambito incentrato sul gioco attivo e sulla libertà di esplorazione nel quale il bambino si senta in grado di esprimere spontaneamente la propria personalità trovandosi a fronteggiare anche il senso del rischio e della sfida; un secondo scenario è maggiormente incentrato sull’aspetto della scoperta sensoriale della realtà circostante e della manipolazione, con la possibilità per il bambino di interagire nel suo piccolo direttamente con l’ambiente; il terzo e ultimo ambito si concentra invece sulla necessità che ha il bambino di trovarsi a volte anche in un luogo tranquillo che si adatti alle sue esigenze e che favorisca il raccoglimento e il senso di protezione. L’interazione con i genitori e con gli altri fruitori del parco trova la sua maggiore esplicazione nella parte

Fig.II.2.11. Pagina precedente Fig.II.2.10

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proposta progettuale

Fig.II.2.12,13. Pagina seguente Fig.II.2.14

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proposta progettuale

posta simbolicamente al centro del progetto dove i temi della stimolazione sensoriale e della percezione sono rivolti a utenti di tutte le età. In un secondo momento, dopo aver stabilito cosa dovesse prevedere il progetto per avvicinarsi a questi particolari temi, ci siamo concentrate sul come fargli prendere forma ricollegandoci così all’ambito della territorialità e dell’identità del luogo. è qui che la Maremma diventa la chiave di espressione dell’intero progetto.

II.2.2.4 Frammenti di Maremma: il progetto La volontà di trasporre gli elementi naturali tipici del paesaggio maremmano legato alla realtà di Grosseto inizia a prendere vita con la riproposizione del corso del fiume Ombrone sotto forma di traccia d’acqua, elemento di gioco naturale e stimolante, importante nella progettazione di un Natural Playground. Il “fiume” accompagna il gioco del bambino lungo tutta la prima parte del parco e si articola in una serie di giochi in successione modellati secondo gli elementi della natura, ricreando di volta in volta gli ecosistemi naturali che caratterizzano il vero corso dell’Ombrone. La traccia del corso d’acqua non si esaurisce nella prima parte del playground, ma si trasforma simbolicamente in un percorso sensoriale che si snoda attraverso il giardino botanico e le restanti parti del parco, per concludersi nella zona di 229


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raccoglimento e riflessione progettata per la parte finale del bastione. Si conferisce in questo modo continuità all’intero progetto facendo in modo che sia un microcosmo chiuso e in sé vitale. Il movimento dell’acqua nel corso del fiume è animato dalla stessa forza muscolare delle persone attraverso una serie di meccanismi che prendono l’aspetto delle antiche macchine agricole tipiche del paesaggio maremmano, una delle quali richiama inoltre il toponimo del bastione come si vede nella figura a pagina seguente. Tali macchinari, pensati soprattutto per i bambini, si trasformano in occasioni di partecipazione dei genitori e di gioco e apprendimento per i figli che, ad ogni loro azione, dovrebbero stupirsi nel veder corrispondere un’evidente reazione fisica. Il progetto prevede inoltre la realizzazione e la

dislocazione di alcune sculture realizzate in elementi tubolari in rame che raffigurano esempi della fauna caratteristica dell’ambiente naturale richiamato, e che in alcuni casi invogliano i bambini a immedesimarsi nei loro comportamenti tipici. La zona centrale del playground ospita oltre al giardino botanico, ricco di specie arboree tipiche della vegetazione maremmana, anche un giardino delle farfalle in cui è prevista la piantumazione di particolari specie che per loro natura attirano la presenza di questo insetto. è prevista la realizzazione di tre piccole strutture chiuse adibite a locali di servizio, ristoro e spazi di gioco al coperto dove anche i bambini più piccoli possano trovare occasioni di gioco e di socializzazione. In linea con le proposte progettuali del piano di progettazione e recupero del 1994 che suggeriva

Fig. II.2.16. Pagina precedente Fig. II.2.15

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proposta progettuale

Fig. II.2.17. Pagine seguenti Fig. II.2.18, 19

di realizzare nelle cannoniere a cielo aperto del bastione del Mulino a Vento attività di ristoro e/o sale di degustazione, abbiamo previsto la possibilità di raggiungere questi spazi direttamente dalla parte alta del parco. Cercando di seguire l'intento di realizzare un Natural Playground basato su un tipo di progettazione non invasiva e legata alle forme e agli elementi naturali, ci siamo proposte di pensare ai giochi del parco in modo da lasciare il bambino libero di esprimere la propria creatività e fantasia senza rigide imposizioni così come avviene quando si trova a giocare in un ambiente aperto e incontaminato. Iniziamo qui a raccontare il susseguirsi delle occasioni 232

di gioco pensate per il parco. La "sorgente" del fiume sgorga simbolicamente da una serie di rocce realizzate in pietra lavica levigata sulle quali i bambini e le bambine possono divertirsi arrampicandosi e liberando così la propria voglia d'avventura. Subito dopo ci troviamo immersi nel secondo ecosistema incontrato lungo il fiume: un fitto intreccio di Giunchi di palude rappresentati da numerosi pali di legno di castagno. Qui i bambini possono immedesirmarsi nella fauna di palude nascondendosi come dei volatili e dei piccoli animali tra il reticolo dei Giunchi. Gli spessori e le altezze dei pali sono stati progettati


proposta progettuale

di differenti dimensioni in modo da favorire la riproposizione dell'ambiente naturale palustre caratterizzato da una spontaneità e varietà di forme. Abbiamo previsto il posizionamento di alcuni giochi visivi come piccoli coni luminosi, specchietti che creino illusioni ottiche e dispositivi sonori "segretamente" collocati all'interno dello spessore dei Giunchi. Vicino a questo tipo di gioco trovano spazio una serie di piccoli e bassi Paletti di legno dagli spigoli arrotondati e di differenti altezze sui quali i bambini possono saltellare passando da uno a un altro su un piede solo. Lungo il fiume ci si può divertire a passare da una "sponda" all'altra attraverso delle piccole passerelle

in legno di rovere che ricordano quelle che realmente conducono alle postazioni per l'avvistamento dei volatili nei parchi maremmani. Troviamo poi, racchiuse in un'ansa del corso d'acqua, quattro morbide Collinette che invogliano ad arrampicarsi cosĂŹ come la vicina Duna del Mare, una struttura realizzata in legno di castagno con rivestimento ecologico a base di polimeri e pietre naturali. Qui i bambini possono anche divertirsi a intrufolarsi nelle gallerie in essa realizzate che offrono un diverso punto di vista sul parco ai piccoli esploratori. Vicino alla "foce" trovano posto, a conludere, alcuni elementi in legno di pino, trasposizione delle forme tipiche dei legni sbiancati dalla salsedine e dal vento che abitano le spiagge del litorale maremmano. 233


proposta progettuale

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Fig. II.2.20. Pagine seguenti Fig. II.2.21,22

Nelle immagini sopra riportate vediamo esempi di schemi tridimensionali delle occasioni di gioco che si susseguono lungo il corso del Fiume.

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proposta progettuale

Nella mappa del parco sopra riportata sono indicati i diversi giochi proposti e le altre attivitĂ presenti, tra cui il Percorso Sensoriale, l'Orto Botanico e il Giardino delle Farfalle, di cui parleremo piĂš approfonditamente nelle pagine che seguono.

Sono inoltre indicati in pianta gli accessi principali, le bacheche informative e i servizi presenti tra i quali un piccolo punto di ristoro, a uso anche dell'intero Parco delle Mura, spazi al chiuso per lo svolgimento di laboratori didattici.

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La seconda parte del parco vede il continuamento simbolico della traccia del fiume che si trasforma in un percorso sensoriale che consente di restituire un disegno unitario all'intero progetto. Il disegno di tale percorso cerca di avvicinarsi alla filosofia progettuale dell'Universal Design e del Design for All che sottolineano "l'importanza di una metodologia del progetto che vede la normalità nella diversità ". Cercando di tenere fede a tale obiettivo, abbiamo pensato a un percorso rialzato di 70 cm affiancato lateralmente da una pavimentazione lastricata in pietra agilmente percorribile su sedia a ruote, in modo da consentire anche ai disabili di fruire dell'esperienza sensoriale attraverso l'uso delle mani, senza per questo basare l'intera progetazzione solo sulla risoluzione del problema dell'handicap. Il rialzamento della linea di terra del percorso e lo stacco del colore del materiale di superficie agevola inoltre l'individuazione dello stesso da parte di persone ipovedenti e anziane. Il percorso sensoriale è suddiviso in una serie di

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vasche che ospitano materiali vari a seconda delle varie stagioni dell'anno per stimolare la percezione sensoriale a contatto con piedi e mani. Una possibile combinazione di materiali potrebbe per esempio prevedere il posizionamento in successione di: - sabbia - ciottoli - cortecce - acqua - semi - pigne - noccioli d'oliva - foglie Intorno al percorso sensoriale trova spazio un ampio Giardino delle Farfalle in cui la progettazione è stata incentrata sulla selezione di numerose specie arboree arbustive e ad alto fusto che, per loro natura, tendono ad attrarre questo gradevole insetto amato dai bambini. La parte restante del Parco presenta un ricco giardino botanico e aromatico in cui la selezione delle piante


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è stata svolta sulla base della scelta di gradazioni di colore che andassero a disegnare delle suggestive "stanze" variopinte. è cosÏ che si passa dalla zona rossa a quella gialla per poi degradare verso il rosa e il bianco, con l'accortezza di avere sempre almeno tre tipi di piante fiorite in diversi periodi dell'anno. Un settore del giardino botanico è dedicato in particolar modo alle piante aromatiche, che si trasfromano in occasioni di sperimentazione sensoriale per bambini e adulti, riservando la possibilità ai piccoli fruitori del parco di dare il loro personale contributo di giardinaggio.

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Fig. II.2.26, 27. Pagina precedente Fig. II.2.25. Pagina seguente Fig. II.2.28

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La parte finale del bastione è caratterizzata dalla presenza di una zona dedicata ad un tipo di gioco più tranquillo e riflessivo, che può anche essere adatto a bambini di età inferiore rispetto alla fascia di età per cui sono stati pensati gli altri divertimenti. Vi trovano, infatti, collocazione, due grandi sabbiere dove, seguendo l'esempio di Aldo Van Eyck, i bambini si divertono a manipolare la sabbia e creare forme fantasiose, sperimentando inoltre le varie sensazioni che il contatto con questo particolare materiale suscita. Occorre segnalare, come già accennato precedentemente, la divertente presenza in tutto il parco di grandi sculture realizzate con elementi tubolari in rame che ricordano nelle forme gli animali tipici del territorio maremmano e stimolano i bambini a emulare il loro comportamento identificandosi in essi. Troviamo infatti un grande fenicottero che saltella sui paletti, aironi che fanno capolino tra i giunchi della palude, pesci lungo il fiume, una grande farfalla e la sagoma di un cinghiale. Tra gli elementi di arredo fissi abbiamo studiato con attenzione la disposizione delle sedute che, vicino ai giochi lungo il fiume si trasformano in grossi sassi arrotondati per confondersi con i giochi stessi, mentre lungo i percorsi principali riprendono le classiche forme delle panchine in legno. Come già accennato nell'esporre la sistemazione generale dell'intero parco, si ritrovano vari tipi di disposizione che differiscono tra loro per la maggiore o minore socializzazione e di contro tranquillità

favorite. Abbiamo quindi posizionato sedute disposte ad angolo in corrispondenza di zone da noi ritenute più adatte alla socializzazione, panchine isolate e affiancate in altri punti del parco. Ogni tipo di panchina è stata dotata di schienale e braccioli per rendere più comoda la seduta anche a persone anziane o con problemi motori. Un altro aspetto importante nella progettazione del Playground è stato quello legato all'illuminazione, in quanto tema centrale nel contribuire a una migliore fruizione del luogo anche nelle ore buie della giornata. è prevista un'illuminazione diffusa garantita da una serie di lampioni a fungo per montaggio testa-palo con un'unità di riflettore per piste ciclabili e copertura piatta per un'altezza complessiva di cinque metri. L'illuminazione secondaria volta a evidenziare il percorso e gli accessi principali, nonchè le strutture chiuse, è costituita da faretti tondi calpestabili da incasso in alluminio pressofuso con anello in acciaio e diffusore in vetro trasparente. Completa il progetto illuminotecnico una suggestiva illuminazione che si snoda lungo il Fiume realizzata con piccoli bulbi di vetro illuminati al LED, che ricordano le lucciole delle campagne nelle serate estive.

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Meritano una considerazione a parte i grandi giochi che ricordano le macchine agricole tipiche del paesaggio maremmano che si trovano dislocati in tutto il parco lungo la traccia del Fiume, in modo da incrementare il movimento dell'acqua. Il movimento dell’acqua è inoltre mantenuto costante attraverso l’utilizzo di una pompa idraulica elettrica che ne evita il ristagno durante momenti di scarso utilizzo del parco. Il primo gioco che si incontra percorrendo il corso del Fiume è rappresentato da due grandi Mulini ad Acqua in legno, parzialmente immersi nell'acqua e dotati di maniglie che consentono, girandole, di attivare la rotazione delle pale, incrementando la velocità dello scorrimento del Fiume. In prossimità del punto di incontro tra il fiume e il percorso sensoriale, è stato collocato un grande Mulino a Vento, che richiama il toponimo del bastione, che un tempo ne ospitava uno vero. "Proseguendo lungo le mura raggiungerai il Bastione Mulino a Vento che anticamente si chiamava San Michele perchè qui, prima che venissero edificate le Mura Medicee vi era l'antica porta di accesso alla città in direzione della chiesa scomparsa di San Michele. Il Bastione assunse poi il nome di Mulino a Vento perchè vi venne edificato un grande mulino rimasto attivo fino al 1823." (Cinquemani, 2015). Per aumentare il senso di stupore e la carica attrattiva 252

di questa grande struttura nei confronti dei bambini, abbiamo previsto l'inserimento di piccole sfere in materiale plastico riciclato all'interno delle quattro pale, in modo da produrre suoni che ricordano l'infrangersi delle onde del mare durante il moto. Lungo il percorso sensoriale è collocato un altro gioco in legno e pietra, la cui forma richiama quella di un tipico frantoio in pietra. Il gioco è strutturato in modo da essere azionato attraverso il dondolio dei bambini che fanno da contrappeso da una parte all'altra del bilico. In corrispondenza del Frantoio si trova la vasca del percorso sensoriale che ospita noccioli di olive - particolarmente indicati nella riflessologia plantare - che ritroviamo anche nella stessa vasca su cui poggiano le due ruote. L'ultimo gioco è rappresentato da una giostra girevole caratterizzata dalla presenza, al centro, di una grande macina per il grano. Il gioco viene azionato dai bambini che, tirando un manubrio anulare centrale, attivano la rotazione del meccanismo, come meglio approfondito nelle pagine che seguono.


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Fig. II.2.29. Pagina seguente Fig.II.2.30,31

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Riportiamo di seguito le specifiche tecniche che riguardano la Macina, progettata cercando di seguire i principi di base del Design for All.

Si tratta di una giostra girevole con tre tipologie di postazioni - seduto, in piedi, per alloggiamento carrozzina per disabili - per un totale di sei posti e sei punti di accesso. L’ingombro totale in pianta è di 4,40 m, l’altezza massima è di 2,15 m, l’altezza massima di caduta libera è di 40 cm. La struttura portante, così come il manubrio, è in tubolare di alluminio a curve arrotondate e il tutto ruota su cuscinetti anulari ad alto carico antiflessione e anticedimenti, alti 10 cm. La fondazione è costituita da una platea in calcestruzzo spessa 30 cm, agganciata ad un perno metallico. Le sedute, avvitate al telaio metallico, sono in legno di pino, hanno uno spessore di 3 cm e presentano un profilo curvo per permettere un miglior aggrappamento delle gambe. Il pianale è rivestito in legno, spessore 2 cm, ed è posizionato alla quota del terreno in modo da permettere un agevole accesso ai bambini in sedia a rotelle. Al centro della struttura si trova un elemento a forma di macina, a ricordare uno degli attrezzi agricoli tipici del territorio maremmano.

Componenti del gioco: 1- platea di fondazione in cls spessore cm 30 2- perno metallico di fondazione altezza cm 10, larghezza cm 10 3- cuscinetto anulare ad alto carico antiflessione e anticedimenti, altezza cm 10 4- pianale in alluminio spessore cm 8 5- rivestimento in legno spessore cm 2 6- disco interno anulare in alluminio spessore cm 10, diametro esterno cm 193, diametro interno cm 9 7- profilo cilindrico pieno in acciaio diametro cm 7 agganciato al perno di fondazione tramite bullonatura 8- sedute in legno di pino con profilo curvo spessore cm 3 fissate alla struttura portante metallica tramite avvitatura 9- struttura tubolare in alluminio con profili di diametro cm 3 fissata al pianale tramite bullonatura 10- elemento in legno verniciato con pittura atossica diametro cm 170 e disco centrale in legno diametro cm 50 11- diffusore acustico 12- elemento in legno e corda

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Obiettivo del gioco è quello di riuscire a tirare un oggetto che richiama la forma della coda di un asino. All’aumentare della velocità della rotazione, la “coda” scende di quota e, quando viene tirata, fa sì che si attivino i diffusori acustici posti al centro della grande Macina, che richiamano i versi degli animali della Maremma.

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Fig. II.2.34. Pagine precedenti Fig.II.2.32,33

Fig. II.2.35. Pagina seguente Fig. II.2.36. Foto finale Fig. II.2.37

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Conclusioni


Perchè l’umanità è sempre in marcia ed essa stessa non conclude. Gustave Flaubert

"Tutti gli avvenimenti sono concatenati nel migliore dei mondi possibili... Ben detto - rispose Candido - ma dobbiamo coltivare il nostro giardino" (Voltaire, 1759). Alla fine del nostro lavoro ci troviamo a riflettere su quanto poco siamo isolati nel gesto di "coltivare il nostro comune giardino" dal semplice nome di città, occasione per poter essere anzichè semplici consumatori anche persone che apprendono il respiro della libertà interiore. Che cos'è dunque un Playground? Come si progetta? Occorre spengere gli stereotipi dei tecnici e pensare al cuore pulsante della città per le persone che la vivono e la sentono propria. Questo è quello che nel nostro piccolo abbiamo cercato di proporre nel legare la progettazione di un playground al nucleo storico della città di Grosseto e sua parte integrante. è impossibile dare ragione qui nei dettagli di questo lavoro continuo che, seppur con tante soste ed esitazioni, ci ha guidato fin qui. Tutto dipende infine dalla forma del gioco, dal piacere della ricerca, dalla interminabile creatività all'interno di questa storia che è solo all'inizio.

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ALLEGATI


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riduzioni delle tavole

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tavola 1 INQUADRAMENTO

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tavola 2 ACCESSI E PERCORSI

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tavola 3 RILIEVO DELLE SPECIE ARBOREE

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tavola 4 ACCESSI, PERCORSI E ATTREZZATURE

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tavola 5 MATERIALI, ARREDO URBANO E SPECIE ARBOREE

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tavola 6 IDEE DI PROGETTO

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tavola 7 COSTRUZIONI DI PROGETTO

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tavola 8 PLANIVOLUMETRICO

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tavola 9 ACCESSI, SEGNALETICA E ATTREZZATURE

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tavola 10 LA MAPPA DEL PARCO

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tavola 11 GIARDINO BOTANICO E PERCORSO SENSORIALE

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tavola 12 LA MACINA

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APPARATI


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Fig.I.2.35, pag. 124, Garden City Play Environment, Space2place, Richmond, Canada, http://www.space2place.ca/garden-city-play-environment/ Fig.I.2.36, pag. 124, Crater Lake, 24° Studio, Hyogo, Giappone, 1995, http://www.designmag.it/foto/le-foto-del-crater-lake-giapponese_4547_3.html Fig.I.2.37, pag. 125, Crater Lake, 24° Studio, Hyogo, Giappone, 1995, http://www.designmag.it/foto/le-foto-del-crater-lake-giapponese_4547_3.html Fig.I.2.38, pag. 125, Crater Lake, 24° Studio, Hyogo, Giappone, 1995, http://www.designmag.it/foto/le-foto-del-crater-lake-giapponese_4547_3.html Fig.I.2.39, pag. 126, Playground Zoo Wuppertal – Tiger Thicket, Rehwaldt Landschaftsarchitekten, Wuppertal, Germania, Charles Broto (a cura di), Il parco giochi, Barcellona, LINKS International, 2012 Fig.I.2.40, pag. 126, Playground Zoo Wuppertal – Tiger Thicket, Rehwaldt Landschaftsarchitekten, Wuppertal, Germania, Charles Broto (a cura di), Il parco giochi, Barcellona, LINKS International, 2012 Fig.I.2.41, pag. 127, Urban Dock LaLaport Toyosu, Earthscape, Tokyo, Giappone, http://www.landezine.com/index.php/2011/11/toyosu-landscapearchitecture/ Fig.I.2.42, pag. 127, Urban Dock LaLaport Toyosu, Earthscape, Tokyo, Giappone, http://www.landezine.com/index.php/2011/11/toyosu-landscapearchitecture/ Fig.I.2.43, pag. 128, Yakari!, Ma0, Ginevra, 2013, http://www.ma0.it/archive/architecture Fig.I.2.44, pag. 128, Yakari!, Ma0, Ginevra, 2013, http://www.ma0.it/archive/architecture Fig.I.2.45, pag. 128, Yakari!, Ma0, Ginevra, 2013, http://www.ma0.it/archive/architecture Fig.I.2.46, pag. 129, Bambina, foto originale di Pepi Merisio PARTE II Le mura di Grosseto immagine di apertura, pag. 134, Cartolina storica di Grosseto, gentile concessione dell’arch. Pietro Pettini Fig. II.1.1, pag. 138, Veduta prospettica di Grosseto, L.Viviani, Compendio storico del Governo economico e militare della Toscana, Firenze,1733 Fig. II.1.2, pag. 139, Fortezze e torri in Toscana, Associazione archeologica maremmana, La fortezza delle Mura di Grosseto Fig. II.1.3, pag. 140, Veduta della città di Grosseto, Associazione archeologica maremmana, La fortezza delle Mura di Grosseto Fig. II.1.4, pag. 141, Baldassarre Lanci, studio per le fortificazioni di Grosseto, Miscellanea Medicea Fig. II.1.5, pag. 142, Veduta prospettica di Grosseto, L.Viviani, Compendio storico del Governo economico e militare della Toscana, Firenze,1733 Fig. II.1.6, pag. 143, Pianta della città di Grosseto, di O. Warren, 1749, Segreteria di Gabinetto, n. 695, c. 88, particolare delle vasche Fig. II.1.7, pag. 145, Pianta delle mura medicee di Grosseto, L.Viviani, Compendio storico del Governo economico e militare della Toscana, Firenze,1733 Fig. II.1.8, pag. 146, Pianta della città di Grosseto, di O. Warren, 1749, Segreteria di Gabinetto, n. 695, c. 88 Fig. II.1.9, pag. 148, Cartolina storica di Grosseto, La Fortezza medicea, gentile concessione dell’arch. Pietro Pettini Fig. II.1.10, pag. 152-153, Veduta della città di Grosseto, Associazione archeologica maremmana, La fortezza delle Mura di Grosseto Fig. II.1.11, pag. 157, Progetto di Piano regolatore di G. Chierici risalente al 1920, gentile concessione dell’arch. Pietro Pettini Fig. II.1.12, pag. 158, Cartolina storica di Grosseto, Il bastione del Mulino a Vento, gentile concessione dell’arch. Pietro Pettini

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Fig. II.1.13, pag. 160, Cartolina storica di Grosseto, La passeggiata sulle Mura, gentile concessione dell’arch. Pietro Pettini Fig. II.1.14, pag. 161, Cartolina storica di Grosseto, I giardini pubblici sulle Mura, gentile concessione dell’arch. Pietro Pettini Fig. II.1.15, pag. 168, Le Mura Medicee di Grosseto Novembre 2015, foto dell’Autore Fig. II.1.16, pag. 169, Le Mura Medicee di Grosseto Novembre 2015, foto dell’Autore Fig. II.1.17, pag. 171, Le Mura Medicee di Grosseto Novembre 2015, foto dell’Autore Fig. II.1.18, pag. 174, Individuazione della Fortezza medicea, disegno dell’Autore Fig. II.1.19, pag. 174, Le Mura Medicee di Grosseto Novembre 2015, foto dell’Autore Fig. II.1.20, pag. 174, Le Mura Medicee di Grosseto Novembre 2015, foto dell’Autore Fig. II.1.21, pag. 175, Le Mura Medicee di Grosseto Novembre 2015, foto dell’Autore Fig. II.1.22, pag. 175, Le Mura Medicee di Grosseto Novembre 2015, foto dell’Autore Fig. II.1.23, pag. 176, Le terrazze panoramiche sul Parco delle Mura, disegno dell’Autore Fig. II.1.24, pag. 176, Le Mura Medicee di Grosseto Novembre 2015, foto dell’Autore Fig. II.1.25, pag. 176, Le Mura Medicee di Grosseto Novembre 2015, foto dell’Autore Fig. II.1.26, pag. 177, Le Mura Medicee di Grosseto Novembre 2015, foto dell’Autore Fig. II.1.27, pag. 177, Le Mura Medicee di Grosseto Novembre 2015, foto dell’Autore Fig. II.1.28, pag. 177-179, Individuazione delle specie arboree presenti sul Parco delle Mura, disegno dell’Autore Fig. II.1.29, pag. 184, Percorsi e accessi, disegno dell’Autore Fig. II.1.30, pag. 184, Le Mura Medicee di Grosseto Novembre 2015, foto dell’Autore Fig. II.1.31, pag. 184, Le Mura Medicee di Grosseto Novembre 2015, foto dell’Autore Fig. II.1.32, pag. 185, Le Mura Medicee di Grosseto Novembre 2015, foto dell’Autore Fig. II.1.33, pag. 185, Le Mura Medicee di Grosseto Novembre 2015, foto dell’Autore Fig. II.1.34, pag. 185, Le Mura Medicee di Grosseto Novembre 2015, foto dell’Autore Fig. II.1.35, pag. 186, I percorsi e le pavimentazioni, disegno dell’Autore Fig. II.1.36, pag. 187, Le Mura Medicee di Grosseto Novembre 2015, particolare della pavimentazione, foto dell’Autore Fig. II.1.37, pag. 187, Le Mura Medicee di Grosseto Novembre 2015, particolare della pavimentazione, foto dell’Autore Fig. II.1.38, pag. 187, Le Mura Medicee di Grosseto Novembre 2015, particolare della pavimentazione, foto dell’Autore Fig. II.1.39, pag. 188, Le Mura Medicee di Grosseto Novembre 2015, particolare dell’ illuminazione, foto dell’Autore Fig. II.1.40, pag. 188, Le Mura Medicee di Grosseto Novembre 2015, particolare dell’ illuminazione, foto dell’Autore Fig. II.1.41, pag. 188, Le Mura Medicee di Grosseto Novembre 2015, particolare dell’ illuminazione, foto dell’Autore Fig. II.1.42, pag. 189, I principali poli attrattivi, disegno dell’Autore

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Fig. II.1.43, pag. 189, Gli assi viari e la ferrovia, disegno dell’Autore Fig. II.1.44, pag. 190, Il sistema del verde, disegno dell’Autore Fig. II.1.45, pag. 191, Piazza del sale a Grosseto, Dicembre 2015, foto dell’Autore Fig. II.1.46, pag. 191, Piazza del sale a Grosseto, Dicembre 2015, foto dell’Autore Fig. II.1.47, pag. 192, Il Parco delle Mura Medicee, Novembre 2015, foto dell’Autore Fig. II.1.48, pag. 193, Il Parco delle Mura Medicee, Novembre 2015, foto dell’Autore Fig. II.1.49, pag. 194, La ferrovia e le Mura, disegno dell’Autore Fig. II.1.50, pag. 194, Le Mura Medicee di Grosseto, Novembre 2015, particolare di un accesso, foto dell’Autore Fig. II.1.51, pag. 194, Le Mura Medicee di Grosseto, Novembre 2015, foto dell’Autore Fig. II.1.52, pag. 194, Le Mura Medicee di Grosseto, Novembre 2015, foto dell’Autore Fig. II.1.53, pag. 195, Piazza del mercato di Grosseto, https://www.google.it/immagini Fig. II.1.54, pag. 195, Eventi cittadini, disegno dell’Autore Fig. II.1.55, pag. 196-197, Le Mura Medicee di Grosseto, Novembre 2015, foto dell’Autore Fig. II.1.56, pag. 200, Relazioni intra e extra moenia, disegno dell’Autore Fig. II.1.57, pag. 200-201, Vista aerea della Città di Grosseto, https://www.google.it/maps Fig. II.1.58, pag. 206-207, Le Mura Medicee di Grosseto, Novembre 2015, Foto dell'Autore Proposta Progettuale Immagine di apertura, Le Mura Medicee di Grosseto, Novembre 2015, foto dell’Autore Fig. II.2.1, pag. 212, Il Parc de la Villette di Bernard Tschumi, disegni di progetto, http://www.pieriniarchitettura.it/lab2015/?author=132 Fig. II.2.2, pag. 212, Il Parc de la Villette di Bernard Tschumi, disegni di progetto, http://www.darchitectures.com/deconstruire-tschumi-a1879.html Fig. II.2.3, pag. 214, Sistemazione paesaggista generale, Disegno dell’Autore Fig. II.2.4, pag. 215, Suddivisione delle funzioni del Percorso Vita, Disegno dell’Autore Fig. II.2.5, pag. 216, Nuovi percorsi del Parco delle Mura, Disegno dell’Autore Fig. II.2.6, pag. 218-219, Postazioni di sosta, sport e arte lungo il Parco delle Mura, Disegno dell’Autore Fig. II.2.7, pag. 220, Le Mura Medicee di Grosseto, Novembre 2015, foto dell’Autore Fig. II.2.8, pag. 224, Materiali e arredo urbano, Disegno dell’Autore Fig. II.2.9, pag. 225, Specie arboree, Disegno dell’Autore Fig. II.2.10, pag. 226, La Maremma grossetana, Dicembre 2015, Foto dell’Autore Fig. II.2.11, pag. 227, La Maremma grossetana, Dicembre 2015, Foto dell’Autore, immagine 3 https://www.google.it/searchq=fenicotteri+maremma&espv=2 &biw=1745&bih=861&sourceHb4hs

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Fig. II.2.12, pag. 228, Studio dei caratteri ambientali, Disegno dell’Autore Fig. II.2.13, pag. 228, Individuazione degli ambiti, Disegno dell’Autore Fig. II.2.14, pag. 229, Tipologie di gioco, Disegno dell’Autore Fig. II.2.15, pag. 230, Costruzioni di progetto, Disegno dell’Autore Fig. II.2.16, pag. 231, Vista di progetto, Disegno dell’Autore Fig. II.2.17, pag. 232-233, Il percorso del Fiume, Disegno dell’Autore Fig. II.2.18, pag. 234, Il progetto del Playground, Disegno dell’Autore Fig. II.2.19, pag. 235, Il progetto del Playground, Disegno dell’Autore Fig. II.2.20, pag. 236, Schemi dei giochi, Disegno dell’Autore Fig. II.2.21, pag. 237, La mappa del parco, Disegno dell’Autore Fig. II.2.22, pag. 238-239, Vista di progetto, Disegno dell’Autore Fig. II.2.23, pag. 240-241, Sezione del playground, Disegno dell’Autore Fig. II.2.24, pag. 242, Pianta del giardino botanico e del percorso sensoriale, Disegno dell’Autore Fig. II.2.25, pag. 246, Vista di progetto, Disegno dell’Autore Fig. II.2.26, pag. 248, Vista di progetto, particolare della sabbiera, Disegno dell’Autore Fig. II.2.27, pag. 248, Vista di progetto, Disegno dell’Autore Fig. II.2.28, pag. 250, Vista di progetto, Disegno dell’Autore Fig. II.2.29, pag. 253 Fig. II.2.30, pag. 254, Schemi sulle macchine, Disegno dell’ Autore Fig. II.2.31, pag. 255, Schemi sulle macchine, Disegno dell’ Autore Fig. II.2.32, pag. 257, Pianta della Macina, Disegno dell’ Autore Fig. II.2.33, pag. 258, Sezione e prospetto della Macina, Disegno dell’ Autore Fig. II.2.34, pag. 259, Schemi sulle tipologie di postazioni nella Macina, Disegno dell’ Autore Fig. II.2.35, pag. 250, Vista di progetto, Disegno dell’Autore Fig. II.2.36, pag. 260-261, Vista di progetto, Disegno dell’Autore Fig. II.2.37, pag. 264-265, Le Mura Medicee di Grosseto, foto dell'Autore

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RINGRAZIAMENTI


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Ringraziamo il nostro relatore, il professor Antonio Lauria, per la grande disponibilità sempre dimostrata, per il suo gentile e attento aiuto e per la sconfinata pazienza di cui ha dato prova nei nostri confronti. Gli siamo grate per averci guidato in questi lunghi mesi di dubbi e incertezze con estrema professionalità e premura. Un grazie va all'architetto Emanuela Morelli, aiuto prezioso per questo nostro lavoro, che ha voluto condividere con noi le sue importanti competenze sul mondo del paesaggio. Similmente ringraziamo il professor Edoardo Malagigi, che con la sua straordinaria creatività e immaginazione ha saputo trasmetterci il fascino del suo lavoro e del mondo dell'infanzia. Più che un grazie merita l'architetto Alessandro Marri, fonte preziosa di materiale e conoscenze sul Parco delle Mura di Grosseto, che ci ha dedicato tempo condividendo con noi il proprio materiale di ricerca. Ringraziamo il personale del Comune di Grosseto, in particolare l'architetto Marco De Bianchi e l'assessore alle Politiche Sociali Giovanna Stellini, per il tempo che ci hanno dedicato e per la loro disponibilità. Grazie anche all'architetto Pietro Pettini, che ci ha pazientemente raccontato la storia di Grosseto e ci ha fornito interessanti e numerose immagini storiche del Parco delle Mura. Un grazie agli architetti Fabio Valli, Andrea Meinardi e Matilde Montalti, per la loro sempre attenta e paziente collaborazione. è doveroso un ringraziamento al Liceo Classico Carducci-Ricasoli di Grosseto e in particolare alla professoressa Francesca Maggi, che si è cortesemente prestata a collaborare alla nostra indagine svolta tra i ragazzi della scuola. Un ultimo grazie all'architetto Gianluca Darvo, fedele e paziente ascoltatore nei nostri momenti di sconforto e sempre capace di risollevarci il morale.

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Quelli che si chiudono oggi sono stati cinque anni intensi, faticosi, amati e odiati. Sono stati anni fatti di studio, di ore e ore (diurne e notturne) passate davanti al computer, di corse per stampare, di stress e di esaurimenti nervosi. Ma sono stati anche, e soprattutto, anni di soddisfazioni, di crescita, di collaborazione, di risate e di nuove importanti amicizie. Per questo voglio ringraziare le persone che in questo lungo viaggio mi hanno accompagnata, rendendo tutto infinitamente piĂš bello. Ringrazio la mia famiglia, perchĂŠ non avrei potuto desiderarne una migliore. I miei genitori, miei solidi pilastri, che non hanno mai smesso di credere in me e che mi hanno sostenuta in ogni tappa di questo percorso. Grazie mamma, per le tue attenzioni e per il tuo affetto, per la tua pazienza nel farti carico dei miei sfoghi e delle mie crisi. Per il tuo entusiasmo smisurato per ogni mio successo e per il tuo amore incondizionato. Grazie babbo, per la cieca fiducia che hai sempre riposto in me, per il tuo sostegno e la tua comprensione. Per la tua silenziosa ma costante presenza. Grazie, perchĂŠ senza di voi tutto questo non sarebbe stato possibile. Grazie per avermi guidata ed avermi fatto diventare la persona che sono oggi. Grazie Andrea, che sei il fratello migliore che si possa desiderare, che mi fai sentire protetta e amata, sempre. Grazie per la tua costante allegria e per la tua incredibile capacitĂ di assaporare (e far assaporare agli altri) il bello della vita. Grazie Viola, che mi hai capita nei momenti di intenso studio, che mi hai sempre ascoltata e ti sei sempre interessata. Grazie per il bene che mi vuoi. Grazie Irene, che mi hai insegnato quanto sia bello diventare zia e che, con la tua presenza, hai reso meravigliosi ed eccitanti questi ultimi mesi. Grazie nonno Aldo e nonna Maria, siete speciali e vi voglio un bene immenso. Grazie Chiara, insostituibile ed insuperabile compagna di viaggio. Grazie per avermi lealmente affiancata in questo lungo percorso e per aver condiviso con me gioie e delusioni, successi e sconfitte. Grazie per le tue battute stupide e per le nostre infinite risate, che se davvero ridere allunga la vita, grazie a te sono a posto per 318


un bel po’. Grazie per esserti fidata di me e per esserti rivelata l’Amica che sei. Grazie, perché senza di te questi cinque anni sarebbero stati molto più grigi. Grazie Nicco, che sei stato una splendida novità a metà strada. Grazie per la tua capacità di sdrammatizzare e per la tua battuta pronta in ogni occasione. Per avermi trascinata a giocare a tennis e per aver cercato di insegnarmi le basi, anche se con scarsi e imbarazzanti risultati. Per la tua complicità e le tue attenzioni nei momenti no. Grazie perché sei un amico. Grazie Ilaria, che sei stata una recente ma bella scoperta. Grazie Diana, per la tua allegria e il tuo contagioso entusiasmo. Per l’esagerata importanza che hai sempre dato ai miei successi e per l’attenzione con cui mi ascolti. Grazie Filippo, per la sconfinata pazienza che hai dimostrato di fronte alle mie ansie su virus, computer, programmi e tecnologia. E soprattutto grazie perché so che ci sei sempre. Grazie Bianca, che sei stata una rischiosa scommessa vinta. Grazie per aver diviso con me ansie, paure, soddisfazioni, incertezze ed entusiasmi dell’ultimo importante capitolo di questo percorso. E grazie Dario, che per tutto questo tempo mi hai tenuta per mano, che sei la mia forza e la mia debolezza, che credi in me, mi sostieni e mi incoraggi sempre. Grazie, perché “la felicità è reale solo quando è condivisa”, e io voglio condividerla con te. Grazie per essere il mio più grande complice. Grazie, perché qualunque cosa succeda domani, so che sarete con me.

Lisa

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Alla fine tutto succede perchè c'è stato un grande maestro... Diceva Seneca che solo gli spiriti sereni possono ripercorrere ogni istante della propria vita, mentre quelli sempre carichi di impegni non possono voltarsi a guardare indietro. Solo ora mi fermo a pensare a questi lunghi anni, i ricordi non si allineano con regolarità, in ogni retrospettiva ci sono sempre nodi costituiti da eventi cruciali (un insuccesso, una morte, un'amore) che rompono la continuità e alterano i piani delle prospettive spaziali. In questa rappresentazione confusa trovo però saldamente ancorati dei volti che mi hanno accompagnato, chi per lungo tempo chi per brevi ma cruciali periodi, diventando dei punti di riferimento, e ai quali dico grazie. Ringrazio babbo Francesco e mamma Gaia, miei indiscussi esempi di vita e amore, per il loro infinito sostegno in ogni circostanza io abbia dovuto affrontare. Grazie alla mia nonna Valeria, di cui vorrei avere anche solo una piccola parte della forza e del coraggio che la contraddistinguono. Grazie a nonna Laura, che ammiro per la sua grande determinazione e per la sua capacità di non scoraggiarsi mai di fronte a ogni ostacolo la vita riservi. Grazie a nonno Giorgio e a nonno Mario, per tutto l'amore di cui mi avete circondato. Grazie a Ottavia, la sorella che ho scelto e che sempre ho sentito vicina. Grazie a Beatrice, la più dolce e fedele delle amiche, senza la quale questi anni non mi avrebbero regalato neanche lontanamente le stesse emozioni. Grazie a Giulia, mia super amica bionda, che è stata la prima a credere in me e a incoraggiarmi con un affetto sincero e commovente. Ringrazio la mia famiglia acquisita, Beatrice e Federico, a cui non sarò mai abbastanza grata, per aver contribuito ogni giorno a costruire con me una parte di questa storia, condividendo le nostre vite con supporto e aiuto reciproco. 320


Devo dire grazie a tutte le persone che mi sono state accanto, a Isabella, per la sua schiettezza, spensieratezza e contagiosa allegria, a quella che un tempo qualcuno chiamò Casa Franco. Un ringraziamento speciale va alla mia compagna di questo percorso, Lisa, che ringrazio per avermi supportato e sopportato, partecipando con me a questa fondamentale esperienza di vita. Grazie a Filippo, mio insostituibile, prezioso e paziente mentore, che mi ha visto attraversare in questi anni gioie e momenti di sconforto e sempre mi ha dato prova di disponibilità e stima.

è stato detto che "la vita è un gomitolo che qualcuno ha aggrovigliato. Essa ha un senso se è srotolata e disposta in linea retta o ben arrotolata. Ma così com'è è un problema senza nucleo, un avvolgersi senza un dove attorno a cui avvolgersi" (Fernando Pessoa). Fare l'architetto per me è forse trovare quel nucleo attorno al quale avvolgere il groviglio della vita e ringrazio tutte le persone che anche se per poco tempo mi hanno accompagnato in questo tentativo e continuano a farlo.

Bianca

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