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LEZIONE 12 LEZIONE 12

ENERGIA DA ENERGIA DA BIOMASSA



DEFINIZIONE DI BIOMASSA Biomasse è un termine che riunisce una grande quantità di g materiali di natura estremamente eterogenea. Recentemente la legislazione italiana, attraverso il D.lgs 29 dicembre 2003, n.387, definisce le biomasse come: “la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali ed animali) e dall agricoltura (comprendente sostanze vegetali ed animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali ed urbani”. g


DEFINIZIONE DI BIOMASSA In forma generale, si può dire che è biomassa tutto ciò che ha f l òd h èb ò h h matrice organica, con esclusione delle plastiche e dei materiali fossili che pur rientrando nella chimica del carbonio non hanno fossili, che, pur rientrando nella chimica del carbonio, non hanno nulla a che vedere con la caratterizzazione dei materiali organici di interesse in questa trattazione. q In termini scientifici, la parola biomasse include ogni tipo di materiale di origine biologica, quindi legato alla chimica del carbonio, che deriva direttamente o indirettamente b i h d i di i di dalla fotosintesi clorofilliana.


DEFINIZIONE DI BIOMASSA La biomassa può essere considerata come Fonte di Energia La biomassa può essere considerata come Fonte di Energia Rinnovabile (F.E.R.) poiché il suo tempo di riproduzione è p g paragonabile a quello del suo consumo; per questo volendo far q ;p q coincidere la biomassa con il concetto di rinnovabilità, è necessario escludere tutte le biomasse fossilizzate e relativi derivati in quanto i tempi di ricostituzione quanto i tempi di ricostituzione, milioni di anni, vanno oltre qualsiasi logica programmatoria q g p g o previsionale.


DEFINIZIONE DI BIOMASSA I principali costituenti delle biomasse sono carbonio, ossigeno ed idrogeno (in un rapporto ed idrogeno (in un rapporto rispettivamente del 50%, 43% e 6%) e tracce di elementi minerali 6%) e tracce di elementi minerali come azoto, potassio, fosforo e zolfo; i componenti organici predominanti sono la cellulosa, l’emicellulosa o polimeri carboidrati e la lignina il cui ruolo carboidrati e la lignina, il cui ruolo è quello di agire da collante tra le fibre cellulose.


ORIGINE DELLA BIOMASSA


ORIGINE DELLA BIOMASSA Per sua natura la biomassa è una risorsa distribuita sul territorio che P t l bi è i di t ib it l t it i h in parte è già disponibile in quanto costituita da residui dell’attività primaria e secondaria di vario tipo e dall’altra primaria e secondaria di vario tipo e dall altra, invece, è prodotta da invece è prodotta da specifiche attività di coltivazione su terreni dedicati.

BIOMASSA DERIVANTE DAI RESIDUI ORGANICI Per quanto riguarda i prodotti costituenti i residui organici essi q g p g possono essere riuniti in 3 sottogruppi : FORESTALI AGRICOLI RIFIUTI URBANI E LIQUAMI RIFIUTI URBANI E LIQUAMI



BIOMASSE DI ORIGINE FORESTALE Secondo ll’Inventario Secondo Inventario Forestale Nazionale Forestale Nazionale (IFN) il tasso di utilizzazione sulla superficie boscata è di circa 1m3/ha/anno mentre l’accrescimento risulta, sempre secondo l’inventario, di oltre 3 m3/ha/anno L’accrescimento oltre 3 m3/ha/anno. L’accrescimento della massa legnosa non è sempre un dato positivo poiché, spesso, è il risultato dato positivo poiché, spesso, è il risultato di un abbandono del bosco, il quale diventa soggetto in misura maggiore ad incendi e malattie e in molti casi non è più in grado di svolgere l’importante funzione stabilizzante dei versanti funzione stabilizzante dei versanti.


BIOMASSE DI ORIGINE FORESTALE I regolari tagli di maturità, accompagnati da interventi colturali come le ripuliture, i diradamenti e, in alcune realtà, le potature, risultano fondamentali per accompagnare lo sviluppo e la crescita risultano fondamentali per accompagnare lo sviluppo e la crescita forestale ed evitare eventi distruttivi, tipo incendi ed epidemie che, alterando la funzionalità degli ecosistemi forestali, riducono la , g , capacità dei boschi di assimilare carbonio. Questi maggiori interventi presuppongono naturalmente una maggiore rete di infrastrutture (viabilità forestale), la cui carenza è attualmente una delle cause di un mancato sviluppo delle utilizzazioni boschive stesse utilizzazioni boschive stesse.


BIOMASSE DI ORIGINE FORESTALE Attualmente la quantità di legname utilizzabile annualmente può Attualmente la quantità di legname utilizzabile annualmente può essere quantificata in 25 milioni di m3 . Di questo potenziale, una p parte (circa 10 Mm3) è destinata, per le sue caratteristiche ( ) ,p tecnologiche, a legname da lavoro; dalla lavorazione di tale legname è possibile però ottenere almeno il 30% di materiale destinabile ad uso energetico costituito da: • RESIDUI DELLA PRIMA LAVORAZIONE DEL LEGNO: ‐ segatura, corteccia, trucioli, refili, intestature e altro; segatura corteccia trucioli refili intestature e altro;


BIOMASSE DI ORIGINE FORESTALE • RESIDUI DELLA SECONDA LAVORAZIONE DEL LEGNO ‐ segatura, trucioli, refili e altro, derivanti dalla produzione di mobili, imballaggi (pallets e cassettame), infissi, pali/travi/strutture lignee compensati impiallacciati ecc ; lignee, compensati, impiallacciati, ecc.; • RESIDUI DELL'INDUSTRIA DELLA CARTA Cortecce, refili, pulper; ‐ Cortecce, refili, pulper; • LEGNO RICICLATO ‐ imballaggi (pallets e cassettame), demolizioni e dismissioni (pali/travi, infissi, mobili, compensati, altro).


BIOMASSE DI ORIGINE FORESTALE In termini quantitativi, la destinazione d In termini quantitativi la destinazione d’uso uso del totale del legname del totale del legname può essere così suddivisa: 3,932 Mm3/anno è utilizzato come legname da lavoro mentre 5,977 Mm3/anno vengono utilizzati come legna per , / g g p combustibili. In totale, quindi, il materiale di origine forestale che potenzialmente può essere destinato esclusivamente ad uso energetico è di circa 7,2 Mm3/anno. L’equivalente energetico, / assumendo che 1 m3 è pari a 0,6 t, è di circa 4 Mtep/anno.


BIOMASSE DI ORIGINE AGRICOLO E AGRO‐INDUSTRIALE

Dalle attività agricole e agro‐industriali, d’altro canto, derivano una serie di scarti di diverse tipologie che sono potenzialmente una serie di scarti, di diverse tipologie, che sono potenzialmente utilizzabili per la produzione di energia, ma dei quali attualmente non sono note con precisione né la quantità, in quanto manca un non sono note con precisione né la quantità, in quanto manca un lavoro analitico a livello nazionale, né la destinazione.


BIOMASSE DI ORIGINE AGRICOLO E AGRO‐INDUSTRIALE

C Comparto agricolo i l R id i Residui agricoli i li 1 paglie 1. li dei d i cereali li (frumento tenero e duro, orzo, avena, segale); 2 stocchi, stocchi tutoli e brattee di mais; 2. 3. paglia di riso; 4. 4 sarmenti di potatura della vite; 5. ramaglia di potatura dei fruttiferi; 6. frasche di olivo.

C l Colture dedicate d di 1. colture da biomassa 2. colture oleaginose; 3. colture alcoligene.


Residui agricoli comprendono l’insieme dei sottoprodotti derivanti dal‐la d l’i i d i d id i id l l coltivazione di colture, generalmente a scopo alimentare, altrimenti non utilizzabili o con impieghi alternativi marginali non utilizzabili o con impieghi alternativi marginali.

Vantaggi • Alta reperibilità • Costi irrisori • Integrazione del reddito g • Alta quantità disponibile • Molte varietà utilizzabili


Residui agricoli La problematica più critica nell La problematica più critica nell’ambito ambito dei residui agricoli è la loro dei residui agricoli è la loro raccolta organizzata, che non appare proponibile in aziende di p piccole dimensioni perché il basso valore del prodotto non giustifica p p g il costo d’acquisto delle macchine di raccolta.


Residui agricoli q , p , p g g Per questo motivo, spesso, si preferisce utilizzare gli scarti agricoli e agro‐industriali in maniera differente. Per esempio, per quanto riguarda la paglia di cereali, di cui vi è ampia disponibilità sul l l èd d territorio nazionale, il 40‐45% è destinata ad usi zootecnici, utilizzandola come lettiera per i bovini. Una quota marginale di paglia viene reinterrata , in quanto paglia viene reinterrata in quanto fonte di sostanza organica per il g p suolo agrario. La parte rimanente è frequentemente bruciata in campo con l’effetto di sterilizzare la parte superficiale del terreno e fi i l d l lasciare comunque sul terreno la cenere. cenere


Residui agricoli Anche per le potature della vite (sarmenti), dell Anche per le potature della vite (sarmenti), dell’olivo olivo e degli alberi da e degli alberi da frutto (legno e frasche) si pone il problema dell’eliminazione di tale materiale dai filari: questo viene infatti generalmente raccolto e portato a bordo campo per poi essere bruciato o utilizzare la parte costituita da materiale legnoso come legna da ardere. Il reinterro di una quota parte delle potature è operato, generalmente, da t t d ll t t è t l t d trinciatrici che sminuzzano le biomasse e le mescolano con la parte superficiale del terreno. superficiale del terreno. Recenti stime riportano i valori dei quantitativi di biomasse residuali agricole, distinguendoli in disponibilità potenziale e disponibilità effettiva; tale distinzione viene fatta poiché solo una parte di tali residui è destinata ad impieghi energetici, come accennato sopra, e ciò è valido solo per alcune specie vegetali ciò è valido solo per alcune specie vegetali.



Produzione media di residui (t/ha) ed il rapporto residuo p prodotto sul territorio nazionale delle principali colture agricole p p g


Superfici coltivate ad olivo, vite e frutteti in Italia


Residui agricoli Considerando quindi che sul territorio italiano circa 1.100.000 ettari d d d h l l sono destinati a uliveto, teoricamente sarebbe possibile ottenere circa 1 870 000 tonnellate di biomassa con un’umidità circa 1.870.000 tonnellate di biomassa con un umidità compresa tra il 40% ed il 50%. Pertanto il recupero energetico delle p potature di olivo rappresenta un settore importante sia in pp p considerazione del rispetto degli obiettivi previsti dal Protocollo di Kyoto, sia in considerazione della necessità da parte dell’Italia di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili. id l di d d i b ibili f ili



Residui Industriali Gli scarti derivanti dalle attività agro‐industriali sono così schematizzabili: • INDUSTRIA OLEARIA ‐ sanse vergini, sanse esauste, acque di vegetazione; g , , q g ; • INDUSTRIA BEVANDE ALCOLICHE ‐ vinacce fresche, vinacce esauste, borlande di distilleria; • INDUSTRIA RISIERA ‐ pula, lolla, ecc; • INDUSTRIA CONSERVIERA • INDUSTRIA CONSERVIERA ‐ noccioli di frutta fresca, gusci di frutta secca, semi e bucce di frutta e di ortaggi. gg


Residui Industriali


Residui Industriali


Residui Industriali


Residui Industriali


Residui Verde Urbano Interessanti sono anche le quantità, non indifferenti, di materiale Interessanti sono anche le quantità non indifferenti di materiale risultante dalle potature del verde urbano e stradale, delle siepi e dei filari campestri e delle ripuliture degli alvei fluviali, materiale p p g , che spesso viene portato in discarica dai Comuni stessi che effettuano l’intervento.


BIOMASSE DERIVANTI DAI RIFIUTI SOLIDI URBANI (R S U ) URBANI (R.S.U.) La frazione biodegradabile dei rifiuti solidi urbani rappresenta una valida fonte da cui ricavare energia valida fonte da cui ricavare energia. La frazione umida dei rifiuti presenti nelle discariche in aree urbane e industriali e i depositi di liquami ootecnici, civili e industriali, e industriali e i depositi di liquami zootecnici, civili e industriali, fornisce attraverso processi biochimici un gas, chiamato biogas, costituito per il 50‐70% da metano e per la restante parte soprattutto da CO2 e avente un potere calorifico medio dell’ordine di 23000 KJ/Nm3. Si stima una produzione di reflui da allevamenti zootecnici di circa 140 milioni di t/anno mentre la frazione umida zootecnici di circa 140 milioni di t/anno, mentre la frazione umida dei rifiuti ammonta a circa 2 milioni di t/anno. Lo sfruttamento di impianti per l’estrazione del biogas da discariche ha attualmente un p p g potenziale di 8 Mtep/anno.


BIOMASSE DERIVANTI DAI RIFIUTI SOLIDI URBANI (R.S.U.) Relativamente alla sola componente secca dei rifiuti solidi urbani, ll’utilizzo utilizzo energetico, riguardante la produzione di energia elettrica energetico riguardante la produzione di energia elettrica ed eventualmente anche calore, ha un notevole potenziale. I rifiuti p possono essere bruciati in impianti di combustione appositamente p pp costruiti o più frequentemente, in impianti industriali, che bruciano contemporaneamente combustibili tradizionali e rifiuti. Il potenziale nel ll’utilizzo utilizzo della componente secca dei della componente secca dei rifiuti è stimato in 2 Mtep/anno.


BIOMASSE DERIVANTI DAI RIFIUTI SOLIDI URBANI (R.S.U.)


BIOMASSE DERIVANTI DA COLTURE DEDICATE LLa biomassa può essere prodotta da specifiche attività di coltivazione, su bi ò d tt d ifi h tti ità di lti i terreni dedicati; tale tipo di coltivazione, definita energetica, punta ll’attenzione attenzione su una serie di problematiche che riguardano il su una serie di problematiche che riguardano il miglioramento genetico, l’ottimizzazione del ciclo produttivo, la logistica, lo stoccaggio, i processi avanzati di conversione energetica, in modo tale da ottenere una biomassa avente caratteristiche h l energetiche ottimali e qualità specifiche di raccolta e di raccolta e immagazzinamento ideali.


BIOMASSE DERIVANTI DA COLTURE DEDICATE Tali colture, inoltre, determinano consistenti benefici ambientali dato , , che contribuiscono a ridurre l’erosione del suolo agricolo e il dilavamento dei nutrienti. Per di più le colture energetiche trovano valide alternative al surplus delle terre coltivate e danno lid l i l l d ll li d l’opportunità di utilizzare in modo economico le aree agricole abbandonate. abbandonate


BIOMASSE DERIVANTI DA COLTURE DEDICATE


BIOMASSE DERIVANTI DA COLTURE DEDICATE LLe colture lt d di t possono essere inoltre dedicate i lt suddivise ddi i i in trecategorie principali: 1. colture da biomassa lignocellulosica; 2. colture oleaginose; 3. colture alcoligene.




PAUSA




Colture da biomassa lignocellulosica Le colture lignocellulosiche comprendono specie erbacee o legnose caratterizzate dalla produzione di biomassa costituita da sostanze solide composte principalmente da lignina e/o cellulosa. / Queste col‐ture possono essere suddivise in tre gruppi: colture erbacee annuali colture erbacee poliennali e colture arboree erbacee annuali, colture erbacee poliennali e colture arboree. La trasformazione di tale biomassa in energia elettrica/termica avviene tramite: •Combustione diretta •Pirolisi •Gassificazione f


Colture oleaginose

Le colture oleaginose e le colture alcoligene si differenziano dalle colture finora trattate poiché direttamente il l fi i hé non forniscono f i di biocom‐bustibile, bensì la materia prima da cui ricavare lo stesso biochimiche attraverso trasformazioni chimiche e biochimiche. Tra le colture oleaginose vanno annoverate molte specie, diffuse su scala mondiale, sia arboree (la palma da cocco), sia erbacee (il giraso‐le, il colza e la soia). In linea generale le colture oleaginose producono semi caratterizzati d un elevato l i oli: li nell girasole i l il contenuto in i olili è in i da contenuto in media del 48% con punte del 55% mentre nella colza è in media del 41% con picchi del 50%. 50% I semi di soia presentano delle concentrazio‐ni inferiori comprese, in media, tra il 18 e il 21%; per tale motivo, ai fini della destinazione energetica, questa coltura risulta spesso sfavo‐rita rispetto alle precedenti.


Colture oleaginose


Colture oleaginose Gli oli grezzi ottenuti dalle colture oleaginose sono caratterizzati da g g un elevato potere calorifico inferiore (in media di 9.400 kcal/kg), per cui possono essere utilizzati come biocarburanti, in sostituzione del gasolio, per la produzione di energia termica ed elettrica e in cogene‐razione. La loro conversione in biodiesel ne consente ll’impiego impiego anche per l anche per l’autotrazione autotrazione. Le rese colturali in termini di disponibilità di biocarburante per ettaro sono riportate nella tabella seguente. p g


Colture alcoligene Con il termine alcoligene g ci si riferisce a quelle colture atte alla q pro‐duzione di biomassa dagli elevati contenuti in carboidrati fermente‐scibili che possono essere destinati, mediante un processo di fermen‐tazione, alla produzione di bioetanolo o di biogas. La materia prima da avviare alla filiera di produzione può essere costituita da zuccheri semplici (in primis saccarosio e glu cosio) o da costituita da zuccheri semplici (in primis saccarosio e glu‐cosio), o da zuccheri complessi (amido) ed è ottenuta, rispettivamen‐te, dalle q colture dedicate saccarifere o da quelle amilacee. Tra le colture saccarifere, quelle ritenute adatte alle condizioni del terreno e del clima in Italia, sono la barbabietola da zucchero e il sorgo zuccherino, tra le colture amilacee il frumento tenero, soprat‐tutto h l l l lf nell’Italia meridionale, e il mais, in particolare nell’Italia set‐tentrionale. Ulteriori approfondimenti in merito alle colture energetiche alcoli gene Ulteriori approfondimenti in merito alle colture energetiche alcoli gene dedicate sono esposti nel successivo capitolo.


Colture destinate alla digestione anaerobica (Biogas)


BIOMASSE DERIVANTI DA COLTURE DEDICATE Una stima di facile lettura, considerata ragionevole se vista come quadro di riferimento e non di valutazione puntuale, fa ammontare a 1 milione di ettari il territorio che potrebbe essere t 1 ili di tt i il t it i h t bb destinato alla riconversione a colture annuali o poliennali per la produzione di biomassa da energia. produzione di biomassa da energia. Le produttività attese sono evidentemente molto variabili dipendendo in questo caso da un numero di fattori elevatissimo. Volendo semplificare, si ipotizza che si può ottenere un potenziale di produzione globale di 10 milioni di t/anno, equivalente a circa 4 Mtep/anno. equivalente a circa 4 Mtep/anno


Comparto zootecnico Con il termine deiezioni zootecniche vengono definiti i prodotti di scarto (o reflui) di un allevamento, risultato della miscela di feci, uri‐ne, acqua, lettiera, peli, residui alimentari, ecc. Si parla invece di deiezioni tal quali o propriamente dette, quando ci si riferisce sola mente al sottoprodotto fisiologico degli animali ci si riferisce sola‐mente al sottoprodotto fisiologico degli animali (feci e urine). Le deiezioni zootecniche presentano una composizione estremamente variabile non solo in funzione p dell’origine (bovina, suina, avicola, ecc.), ma anche in funzione delle modalità di allevamento e di gestio‐ne. In particolare l’apporto di acqua e quindi, all’opposto, il contenu‐to in sostanza secca, gioca un d ll’ l ruolo determinante nella scelta della modalità di trattamento/smaltimento più idonea trattamento/smaltimento più idonea.


Comparto zootecnico In figura viene illustrata la classificazione delle deiezioni zootecni che zootecniâ€?che sulla base del contenuto in sostanza secca.


Comparto zootecnico Le deiezioni zootecniche, ricadenti nella definizione di liquame, sono quelle che meglio si prestano allo sfruttamento energetico mediante di ti digestione anaerobica in quanto il loro contenuto di sostanza secca è bi i t il l t t di t è inferiore al 10‐12%. Il potenziale energetico dei liquami zootecnici è in diretto rapporto Il potenziale energetico dei liquami zootecnici è in diretto rapporto con il contenuto in sostanza organica. Infatti è proprio la sostanza organica che, attraverso il processo di fermentazione o di digestione anaerobica, dà luogo alla formazione di biogas, com‐bustibile ad alto potere calorifico.


Comparto zootecnico Come si evince dai dati riportati, è questo il caso dei liquami Come si evince dai dati riportati è questo il caso dei liquami bovini e suini, caratterizzati appunto da un elevato tenore di sostanza organica (o solidi volatili).



PROCESSIÂ DI CONVERSIONE


PROCESSIÂ DI CONVERSIONE


PROCESSIÂ DI CONVERSIONE


PROCESSI DI CONVERSIONE La carbonizzazione è un processo di tipo termochimico che consente la trasformazione delle molecole strutturate dei prodotti legnosi e cellulosici in carbone (carbone ll l i i i b ( b di l di legna o carbone vegetale), ottenuta b t l ) tt t mediante l’eliminazione dell’acqua e delle sostanze volatili dalla materia vegetale, per azione del calore nelle carbonaie (catasta di materia vegetale, per azione del calore nelle (catasta di legna a forma di cono, coperta di terra, con un canale centrale di sfogo (camino), nella quale si provoca una combustione lenta del legno per trasformarlo in carbone), all’aperto, o in storte (contenitori a forma di fiasco dal collo lungo e ritorto), che offrono una maggior resa in carbone. resa in carbone


PROCESSI DI CONVERSIONE Durante la gassificazione, la biomassa ancora umida viene immessa in un essiccatore che fa evaporare l'acqua in eccesso. Una volta essiccata la biomassa passa nel gassificatore dove viene trasformata essiccata, la biomassa passa nel gassificatore dove viene trasformata in un gas sintetico composto da azoto molecolare (N2), vapore (H2O), monossido di carbonio (CO), anidride carbonica (CO2), idrogeno monossido di carbonio (CO), anidride carbonica (CO ), idrogeno molecolare (H2), metano (CH4) e una piccola frazione di idrocarburi più pesanti. Successivamente il gas sintetico viene raffreddato, filtrato per eliminare le polveri e purificato da contaminanti (acido cianidrico, ammoniaca e acido cloridrico) e composti organici (fenoli e acidi grassi) Dopo essere stato compresso esso è pronto per e acidi grassi). Dopo essere stato compresso, esso è pronto per alimentare la turbina a gas dove verrà bruciato per riscaldare l'aria da inviare al ciclo termico.


PROCESSI DI CONVERSIONE Attualmente, in materia di biomasse, la "gassificazione" , che è un processo termochimico, viene considerata una delle tecnologie più valide e promettenti ai fini della produzione di energia elettrica sia per quanto riguarda l'efficienza per quanto riguarda l efficienza, sia per quanto riguarda l sia per quanto riguarda l'impatto impatto ambientale. Ogni impianto Ogni impianto si suddivide in tre sezioni, dove avvengono altrettante fasi del processo produttivo: gassificazione, turbina a gas e ciclo termico e ciclo termico.


PROCESSI DI CONVERSIONE La pirolisi è un processo di decomposizione termochimica di materiali organici ottenuto mediante l’applicazione di calore, a temperature comprese tra 400 e 800 gradi centigradi in completa assenza di un comprese tra 400 e 800 gradi centigradi, in completa assenza di un agente ossidante, oppure con una ridottissima quantità di ossigeno ( q (in questo ultimo caso il processo può essere descritto come una p p parziale gassificazione). I prodotti della pirolisi sono sia gassosi, sia liquidi, sia solidi, in proporzioni che dipendono dai metodi di pirolisi ( ) (pirolisi veloce, lenta, o convenzionale) e dai parametri di reazione.


PROCESSI DI CONVERSIONE Uno dei maggiori problemi legati alla produzione di energia basata U d i i i bl i l i ll d i di i b sui prodotti della pirolisi è la qualità di detti prodotti, che non ha ancora raggiunto un livello sufficientemente adeguato con ancora raggiunto un livello sufficientemente adeguato con riferimento alle applicazioni, sia con turbine a gas sia con motori diesel. In prospettiva, anche con riferimento alle taglie degli impianti, i cicli combinati ad olio pirolitico appaiono i più promettenti, soprattutto in impianti di grande taglia, mentre motori i l di l tili ti d tti di i li i b iù d tti d a ciclo diesel, utilizzanti prodotti di pirolisi, sembrano più adatti ad impianti di piccola potenzialità. La combustione diretta viene generalmente attuata in apparecchiature (caldaie) in cui avviene generalmente attuata in apparecchiature (caldaie) in cui avviene anche lo scambio di calore tra i gas di combustione ed i fluidi di processo (acqua, ecc.).


PROCESSI DI CONVERSIONE La digestione aerobica consiste nella metabolizzazione delle sostanze organiche per opera di microrganismi, il cui sviluppo è condizionato dalla presenza di ossigeno. Questi batteri convertono sostanze complesse in altre più semplici, liberando CO2 e H2O e producendo un elevato riscaldamento del substrato proporzionale producendo un elevato riscaldamento del substrato, proporzionale alla loro attività metabolica. Il calore prodotto può essere così , trasferito all’esterno, mediante scambiatori di calore a fluido. In Europa viene utilizzato il processo di digestione aerobica per il trattamento delle acque di scarico. Più recentemente tale tecnologia si è diffusa anche in Canada e Stati Uniti.


PROCESSI DI CONVERSIONE La combustione di prodotti e residui agricoli si attua con buoni rendimenti, se si utilizzano come combustibili sostanze ricche di glucidi strutturati (cellulosa e lignina) e con contenuti di acqua l idi t tt ti ( ll l li i ) t ti di inferiori al 35%. I prodotti utilizzabili a tale scopo sono i seguenti: legname in tutte le sue forme paglie di cereali residui di raccolta legname in tutte le sue forme, paglie di cereali, residui di raccolta di legumi secchi, residui di piante oleaginose (ricino, catramo, ecc.), residui di piante da fibra tessile (cotone, canapa, ecc.), residui legnosi di potatura di piante da frutto e di piante forestali, residui dell’industria agro – alimentare Sistemi “small‐modular”


PROCESSI DI CONVERSIONE p g Gli impianti di cogenerazione attualmente sul mercato sono caratterizzati da potenze installate di d d l (d k media o grande taglia (da 1.500 kWt in avanti) ed utilizzano turbine a vapore o sistemi ad olio diatermico vapore o sistemi ad olio diatermico mentre impianti di piccola taglia ( da ) g 100 a 500 kWt) in grado di alimentare condomini, complessi alberghieri, complessi scolastici, piccole reti di teleriscaldamento i l i di l i ld costituiscono un nuovo segmento di mercato in forte sviluppo mercato in forte sviluppo.



La pirolisi (o piroscissione) è un processo di decomposizione p termochimica di materiali organici, ottenuto mediante l’applicazione di calore in completa assenza di un agente ossidante d ( (normalmente l ossigeno). ) Il calore fornito nel processo di pirolisi viene quindi utilizzato per scindere i legami chimici quindi utilizzato per scindere i legami chimici con formazione di molecole più semplici. La pirolisi,utilizzando temperature comprese tra 400 e 800 °C, converte il materiale dallo stato solido in prodotti liquidi lid i d i li idi (cosiddetto tar o olio di pirolisi) e/o gassosi (syngas) .


DIGESTIONE ANAEROBICA Per digestione anaerobica si intende la degradazione della sostanza organica da parte di microrganismi in condizioni di anaerobiosi. g p g Convenzionalmente, in relazione al tipo di batteri utilizzati, esistono due differenti intervalli di temperatura in cui viene condotta la digestione anaerobica: d b •con batteri mesofili si lavora a temperature comprese tra 20‐45 °C, con un intervallo ottimale di 37‐41 °C; con un intervallo ottimale di 37‐41 C; •con batteri termofili le condizioni di esercizio ottimali implicano un p p intervallo di temperatura compreso tra i 50°‐52 °C, con temperature che possono anche essere relativamente elevate e superare i 70 °C.


DIGESTIONE ANAEROBICA Il tempo di residenza tempo di residenza in un digestore varia in funzione della quantità in un digestore varia in funzione della quantità di materiale da trattare, del tipo di materiale e dalla temperatura di esercizio. Altro parametro particolarmente importante è il valore p p p di pH. Nel caso della digestione condotta con batteri mesofili il tempo di residenza è compreso tra i 15 e i 30 giorni. Nel caso di un processo con batteri termofili le temperature più l di l i l di i i hi d d elevate permettono di velocizzare la digestione, richiedendo solamente due settimane per giungere a completamento. Di contro la digestione termofila ha un costo maggiore richiede più contro la digestione termofila ha un costo maggiore, richiede più energia ed è più critica dell'analogo processo mesofilo. Quest'ultimo è quindi quello attualmente più utilizzato.




PAUSA


Ottenuto il combustibile (liquido o gassoso) adesso dobbiamo trasformarlo in energia elettrica e termica mediante: trasformarlo in energia elettrica e termica mediante: • Motori a combustione interna • Motori a combustione esterna • Combustione diretta per Turbine a gas o vapore


Motori a combustione interna II motori a combustione interna a ciclo Otto rappresentano la motori a combustione interna a ciclo Otto rappresentano la tecnologia tipicamente adottata nella maggior parte degli impianti realizzati finora. Si tratta prevalentemente di motori concepiti per la combustione di gas naturale e come tali possono generalmente essere adattati per bruciare biogas, attraverso modifiche della carburazione e del sistema di ignizione. b i d l it di i i i Motori a ciclo Otto sono regolarmente inseriti nella tipica configurazione di un impianto di produzione di energia da biogas configurazione di un impianto di produzione di energia da biogas, in quanto presentano diversi vantaggi che li fanno preferire alle possibili alternative tecnologiche: • Elevata maturità tecnologica; • Sviluppo del mercato R di ti i i d l tt i i ddi f ti • Rendimenti meccanici ed elettrici sempre soddisfacenti.


Motori a combustione esterna Come alternativa al classico utilizzo in motori a combustione interna, l i l l i ili i i b i i alcune aziende propongono motori a combustione esterna, basati sul ciclo Stirling ciclo Stirling. Il crescente interesse per i motori Stirling è legato a diverse connotazioni della tecnologia che la rendono potenzialmente, o almeno teoricamente, suscettibile di vantaggiosi sviluppi applicativi. In particolare l'attenzione di alcune decine di aziende ed enti coinvolti ll il d li S i li è l i i i nello sviluppo degli Stirling, è legata soprattutto ai seguenti aspetti: • elevati rendimenti di conversione energetica; • possibilità di utilizzare virtualmente qualsiasi fonte di energia; • possibilità di utilizzare virtualmente qualsiasi fonte di energia; • combustione esterna che consente un migliore controllo delle emissioni e limita la rumorosità; • fabbisogno di manutenzione modesto;


Combustione diretta per Turbine a gas


Combustione diretta per Turbine a vapore


Biodiesel Il biodiesel è un biocombustibile, cioè un combustibile ottenuto da fonti rinnovabili quali oli vegetali e grassi animali, analogo al gasolio derivato dal derivato dal petrolio. petrolio Contrariamente a quanto si crede comunemente, il biodiesel non è un , olio vegetale puro e semplice, come ad esempio l'olio di colza, bensì il risultato di un l l d processo chimico h (transesterificazione di oli vegetali con alcol etilico alcol etilico o metilico) a partire metilico) a partire da questi o altri componenti biologici.



Bioetanolo Il bioetanolo è un alcool (etanolo o alcool etilico) ottenuto mediante un processo di fermentazione ( anaerobico, in assenza di ossigeno) di diversi prodotti agricoli ricchi di ossigeno) di diversi prodotti agricoli ricchi di carboidrati e zuccheri quali i cereali (mais, sorgo, frumento, orzo), le colture zuccherine sorgo, frumento, orzo), le colture zuccherine (bietola e canna da zucchero), frutta, patata e vinacce, nonché dall’idrolisi di culture ricche di cellulosa ed amidi.






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