Questo libro racconta la storia del balcone di Giulietta, della sua ideazione, del suo essere medievale e allo stesso tempo novecentesco, del suo rappresentare il luogo ideale dell’incontro tra i due sfortunati amanti veronesi, protagonisti della tragedia di William Shakespeare. Emblema dell’amore che diventa eterno perché si ferma sul nascere, set perfetto per un amore “da cartolina”, il balcone si presta a mille variazioni tra arte, cinema, pubblicità, oggettistica, trovate giocose, kitsch e trash. A otto decenni dal suo allestimento da parte di Antonio Avena nel 1940 e ad oltre quaranta dall’apertura al pubblico della Casa di Giulietta nel 1973 per iniziativa di Licisco Magagnato, il restauro del balcone è stato l’occasione per una ricerca a più mani condotta con serietà e leggerezza insieme. In questo libro troverete tutto quello che avreste voluto sapere sul mito di Giulietta a Verona.
Il BALCONE
di Giulietta
Testi di Paolo Mariani, Ettore Napione, Felice Giuseppe Romano Francesca Rossi, Anna Chiara Tommasi, Maristella Vecchiato
euro 25,00
SCR I PTA E DIZ ION I
I l B A LC O N E d i G i u l i e t t a
STO R IA I C O N O G R AF IA R ESTAU R O
A cura di Paolo Mariani Ettore Napione Anna Chiara Tommasi
SCR I PTA E DIZ ION I
Ettore Napione
Il balcone di Giulietta, realtà e leggenda: 1940 e dintorni Per una storia della “Casa dei Capuleti” con la collaborazione di Valeria Verderosa
«We are such stuff as dreams are made on» William Shakespeare, The Tempest, IV, 156-157
Nel registro di cantiere fu annotato il XVIII anno dell’era fascista. Al capomastro Augusto Dal Pozzo di Santa Lucia occorsero oltre due settimane, tra il 18 marzo e il 13 aprile 1940, per mettere in opera il poggiolo davanti alla porta-finestra al primo piano della Casa di Giulietta, in via Cappello. Lavoravano con lui lo scalpellino Giacomo Vicentini e i muratori Giulio Bragantini, Angelo Pasquetti e Giobatta Didonè (1) . Questa squadra aggiustò nella parete della facciata due robusti sostegni rampanti di finto gusto gotico, scolpiti negli anni Venti e già adoperati al Museo di Castelvecchio per sostenere un sarcofago. Il gruppo appoggiò sulle mensole una base di marmo rosso realizzata per l’occasione e assemblò lungo il suo perimetro un parapetto composto di cinque pezzi, mettendo al centro una lastra medievale, in pietra di Avesa, trasportata dal cortile di Castelvecchio (dove era stata collocata chissà quando, dopo essere stata rinvenuta, forse alla fine dell’Ottocento, nei Palazzi Scaligeri) (2) . In un paio di fotografie del 1926, pubblicate più volte, la lastra giace tra i materiali lapidei accatastati vicino al portico d’ingresso e scartati dall’allestimento del museo-castello (figg.1-2). Si vede anche a lato del re Vittorio Emanuele III che incede con passo militare il giorno dell’inaugurazione della sede espositiva. La decorazione della lastra di età scaligera costituita da una doppia fila di quattro archetti ciechi – quelli sotto a tutto sesto, quelli sopra a sesto acuto – dettava il modello decorativo del balcone. Poiché la lastra medievale era troppo corta, fu allargata con due spalle simmetriche in marmo bianco e chiusa sui fianchi da due blocchi in “pietra gallina” (la pietra gialla di Avesa del pezzo più antico). Allo scalpellino fu chiesto di intagliare su queste appendici gli stessi archetti “medievali”, per uniformare la decorazione del poggiolo, sapendo che il tempo, le intemperie e la polvere avrebbero amalgamato il colore della superfice. Questo ornato aveva la semplicità e la perfezione per suggerire di trovarsi nella Verona dei signori Della Scala, a cavallo tra il Duecento e il Trecento, dove anche (e soprattutto) William Shakespeare
1 Archivio Comune di Verona, Carteggi, 1940, fasc. X,10,1, prot. 2372. 2 Vedi in questo volume Un “balcone” dai Palazzi Scaligeri.
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1. Il re Vittorio Emanuele III inaugura il Museo di Castelvecchio il 25 aprile 1926. In primo piano il manufatto di epoca scaligera rimontato nel balcone di Giulietta (foto archivio Museo di Castelvecchio).
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36 11. La Casa di Giulietta a inizio Novecento (archivio SABAP)
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L’8 luglio 1905, il Comune di Verona comperò l’edificio vincendo l’asta con due agguerriti concorrenti: la base era a 7.500 lire, l’aggiudicazione avvenne a 14.500 lire (41) . Acquistarono la casa-torre e la struttura del retro, compresa la porzione sul fondo della corte (ora appartenente al Teatro Nuovo). La discussione per ratificare la spesa nel Consiglio Comunale del 26 settembre, vide l’assessore Vittorio Vanzetti argomentare con pacato equilibrismo, tacendo di Shakespeare e citando tra le ragioni dell’esborso la “pressione” degli stranieri, il balcone (definito con il desueto termine di “verone”) e la Giulieta di Barbarani: «Sebbene quello stabile non abbia per se stesso un rilevante valore e si trovi oggidì in condizioni tutt’altro che favorevoli, è pure un fatto che non passa straniero dalla nostra città, senza recarsi a visitare il verone, al quale la leggenda vuole si affacciasse Giulietta, quella “… finestra granda / tuta saor de vecia poesia”, come la dice Barbarani nel suo ispirato poemetto» (42) . Vanzetti dava un colpo al cerchio del turismo e una alla botte della “veronesità”. Era bene che Giulietta fosse sentita “veronese” tra i veronesi. L’obiezione del ragionier Enrico Farè, al di là delle proteste di carattere sociale, svelava come l’incerto riconoscimento della Casa di Giulietta covasse ancora tra le chiacchiere offerte ai turisti: «Una città [...] che è priva della refezione scolastica, di case operaie, che non ha istruzione professionale, non può assumere il compito di conservare una casa che in fondo non corrisponde forse alla verità storica. Se così si facesse, si dovrebbe per le stesse ragioni acquistare anche la casa dei Capuleti alla Cappelletta». La chiosa del consigliere Antonio Cartolari, forniva all’acquisto un qualche risvolto assistenziale, perché la presunta Casa era «un “camilione”, un alveare di povera gente, in condizioni deplorevoli dal lato dell’igiene e sotto ogni altro aspetto» e il renderla «sana e decente, concorrerà a supplire al bisogno, di cui tanto si parla, di buone abitazioni popolari» (43) . Il quotidiano francese «Le Figaro» del 17 luglio diede la notizia in un editoriale in prima pagina (fig. 12), lodando la comunità scaligera e il coraggio di alimentare il sogno amoroso di Shakespeare («Une certaine crédulité s’impose aux voyageurs qui savent vivre») (44) . Addiritura il veronese Gioacchino Brognoligo, professore di letteratura al Liceo Genovesi di Napoli, indicato (e osteggiato) quale strenuo baluardo della verità contro la favola gratuita della Casa, si era esposto con parole accorate di fronte al pericolo della sua “sparizione”: «il municipio di Verona è già impegnato in una spesa non indifferente per lo scavo del Teatro Romano, monumento autentico e grandioso; ma dei
41 Il Comune di Verona ha comperato la casa di Giulietta Capuleti, «Arena», sabato-domenica, 8-9 luglio 1905. Il giornale «Arena» aveva battagliato affinché il Comune intervenisse. L’asta era stata bandita presso il Tribunale Civile a causa dei debiti insoluti della proprietaria Rosa Ferrari. Il Comune rappresentato dall’avvocato Pietro Benini rilanciò più volte rispetto alle offerte di due acquirenti, tali Angelo Zampetelli e Angelo Tosadori, fino all’aggiudicazione. Si vociferava fosse pronta ad intervenire per evitare la “perdita” della Casa di Giulietta anche la regina Margherita di Savoia. 42 Resoconti delle sedute del Consiglio Comunale di Verona. Anno 1905, Verona 1906, p. 799. Barbarani non manca di nominare il balcone, citiamo dall’edizione B. Barbarani, Giulieta e Romeo (nelle sue tre stesure), cura di G. Beltramini, Verona 1955, v. 165, p. 33 e v. 235, p. 39. 43 Resoconti delle sedute del Consiglio Comunale di Verona. Anno 1905, cit., pp. 801 e 803. 44 H. Roujon, La Maison de Juliette, «Le Figaro», lundi, 17 Juillet 1905.
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12. La prima pagina di «Le Figaro» del 17 luglio 1905.
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Anna Chiara Tommasi
Vecchi miti, nuovi riti: fenomenologia del balcone di Giulietta Verona, città di veroni Che oggi Verona venga sempre più spesso identificata in un verone, il balcone di Giulietta, è un fatto che non stupisce chi ama il detto «nomen omen». Verone è una parola forse destinata a scomparire, ma che continua a far battere il cuore di chi rimembra i versi di Leopardi («d’in su i veroni del paterno ostello») e l’aria di Leonora nel Trovatore («Corsi al veron sollecita… Egli era! egli era desso!»). I balconi, oltre che nel nome, sono in qualche modo nel DNA di Verona: lo si può facilmente constatare passeggiando per la città con il naso all’insù. Uno sterminato repertorio di balconi di tutte le fogge e dimensioni si rivela ai nostri occhi. Questa caratteristica non era sfuggita a Henry Edward Tidmarsch, che sul finire dell’Ottocento pubblicò nel «Magazine of Art» un articolo illustrato da suoi disegni, prontamente ripreso – con il titolo Loggie e balconi nell’Alta Italia – nel primo numero di «Emporium», rivista che forgiò il gusto di intere generazioni di italiani. Nell’articolo, in cui compaiono due disegni di soggetto veronese, si legge: «Ragione vuole, pertanto, che la città privilegiata de’ balconi debba essere la patria di Giulietta e Romeo. E la è infatti». Questa apodittica affermazione (già adombrata da Théophile Gautier nel suo Voyage en Italie) deve aver colpito Giuseppe Biadego, allora direttore della Biblioteca Civica di Verona. Infatti, quando si trovò a scrivere una sorta di guida
Due recenti cartoline (foto di Dino Ganzaroli, ed. Dimeno; ed. Cerrini) propongono l’identificazione tra Verona e il balcone di Giulietta con il corredo degli immancabili dipinti di Francesco Hayez, Il bacio. Episodio della giovinezza. Costumi del secolo XIV (1859; Milano, Pinacoteca di Brera) e L’ultimo bacio di Giulietta e Romeo (1823; Tremezzo, Villa Carlotta), e la statua di Nereo Costantini del 1969, collocata nel cortile della Casa di Giulietta solo nel 1972.
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Nous allons à Vérone voir la princesse de Trébizonde et la foire aux chevaux. [...] Il y a également le balcon de Juliette Jean Giono, Voyage en Italie, 1953
In questa cartolina (ed. Dimeno) il balcone e la tomba di Giulietta convivono. Se un tempo i due luoghi della città legati alla leggenda shakespeariana erano naturalmente accostati, oggi il balcone ha definitivamente spodestato la tomba nell’iconografia di Giulietta. L’amore più forte della morte o rimozione della morte?
della città per la fortunata collana «Italia artistica», edita nel 1909 dall’Istituto italiano d’arti grafiche di Bergamo (lo stesso editore di «Emporium»), egli si soffermò su balconi e su finestre «a inferriate inginocchiate» proprio nell’ultimo capitolo che suggellò con l’invito a non dimenticare che «Verona è la città di Giulietta e Romeo» e «consolò prima di ogni altra contrada italiana l’esiglio di Dante». Le parole di Biadego sembrano quasi un manifesto per il futuro sviluppo turistico della città soprattutto per quanto riguarda il mito dei due sfortunati amanti, che poteva trovare una più ampia platea di potenziali fruitori rispetto al più nazionale mito dantesco. Non a caso nelle ultime pagine della sua monografia, Biadego cita una poesia di Anna de Noailles che suggeriva la necessità di trovare un set plausibile per la famosa scena del balcone:
Mais que tu m’es plus chère, ô maison de l’ivresse, Balcon où frémissait le chant du rossignol, Où Juliette qui caresse Suspend Roméo a son col!
ICONOGRAFIA
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La cartolina (ed. I. Ancora) non porta traccia dell’autore, ma vi si riconosce il bonario surrealismo alla Dalí di Aladino Ghioni. Il balcone-luna ingloba gli archi dell’Arena che, insieme alla torre dei Lamberti, situa la scena «nella bella Verona».
Il particolare con il balcone della serigrafia Giulietta e Romeo di Davide Antolini (ed. Artemidatre, 2005). Un’interpretazione molto alternativa, tra il ludico e l’ironico, quella del pittore veronese che ci presenta una Giulietta acqua e sapone con una sbarazzina coda di cavallo.
Il segno analitico ed elegante, dal sapore rétro, di Franco Spaliviero restituisce con precisione la scenografia aveniana della Casa di Giulietta nell’illustrazione del 2014 per la scatola di un mandorlato (Casa del Dolce di Giovanni Fausto Bertolini).
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Oltre che nell’icona del Club di Giulietta, Milo Manara ha raffigurato il balcone anche in un’illustrazione caratterizzata da una vegetazione lussureggiante e dall’ambientazione al chiaro di luna. L’immagine è stata riprodotta nel 2015 sul coperchio della scatola di un panettone (Casa del Dolce di Giovanni Fausto Bertolini).
ICONOGRAFIA
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Il balcone di Giulietta prima del restauro del 2017.
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Paolo Mariani
Realizzare un’idea:
il restauro del balcone di Giulietta Un rifiuto, quasi una forma di ribellione è stata la molla che ha fatto scattare in noi, alla fine del 2015, il desiderio di portare a termine questa iniziativa. In piena crisi economica, in un clima sempre più grigio, la voglia di reagire e di pensare positivo che da sempre ci contraddistingue ci ha portato, con l’aiuto dell’allora direttrice dei Musei d’Arte e Monumenti dottoressa Margherita Bolla, e del suo validissimo collaboratore, il curatore delle collezioni d’arte medievale e moderna, dottor Ettore Napione, a concretizzare l’idea di questa donazione. Cercavamo un segnale forte, come solamente i “simboli” sono in grado di evocare, per far comprendere, soprattutto ai più giovani, che il nostro Paese non è finito, che può essere invertita questa tendenza fatalista, che anche le piccole azioni portate avanti da tutti possono ridare slancio e speranza per vivere meglio in questo nostro Paese meraviglioso. La Bellezza è nel nostro DNA, è nella nostra cultura, fa parte di noi ed è l’unico antidoto al degrado e alla mancanza di prospettive costruttive. Da queste considerazioni è nato il disegno portato avanti con convinzione, pazienza e costanza sino al raggiungimento dell’obiettivo desiderato. Inoltre, da tempo cercavamo l’occasione per lasciare alla nostra città, che amiamo profondamente, un nostro piccolo contributo alla conservazione della sua infinita bellezza ed immenso fascino, assumendo totalmente a propria cura e spese il restauro e la verifica statica di questo monumento fortemente simbolico
Il profilo dell’azienda
Fondata nel 1982 dal dottor Paolo Mariani, la Tecnored è una società nata per operare nel restauro e nel recupero edilizio. Oggi è leader nel settore della deumidificazione e del consolidamento per l’adeguamento antisismico di edilizia civile e monumentale. Attiva sul mercato italiano da quasi quarant’anni, ha sviluppato speciali tecnologie e prodotti brevettati che consentono a imprese e/o privati di risolvere con facilità e competenza queste complesse problematiche. Dagli inizi degli anni 2000, l’azienda opera anche nella penisola iberica intervenendo sui più importanti monumenti del Patrimonio Reale spagnolo. Recentemente i sistemi di deumidificazione di Tecnored sono stati impiegati per il risanamento dei Palazzi degli Uffizi a Firenze.
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Fotopiano della mappatura del degrado: i punti di prelievo per l’indagine mineralogico-petrografica
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LEGENDA scagliature scagliature lesioni injury esfoliazioni exfoliation polverizzazione pulverization croste nere black crusts graffiature scratches
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Camp. 1: Tipo di prelievo: frammento di pietra di colore giallognolo Scopo dell’indagine: identificazione del materiale lapideo Camp. 2: Tipo di prelievo: frammento di pietra di colore beige Scopo dell’indagine: identificazione del materiale lapideo Camp. 3: Tipo di prelievo: frammento di pietra di colore giallognolo Scopo dell’indagine: identificazione del materiale lapideo Camp. 4: Tipo di prelievo: frammento di pietra di colore rossastro Scopo dell’indagine: identificazione del materiale lapideo Camp. 5: Tipo di prelievo: frammento di pietra di colore rossastro Scopo dell’indagine: identificazione del materiale lapideo
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Indagini effettuate da: Pro Arte S.n.c. di Noventa Vicentina
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