Mauro Gioia Archivio Paris/ Napoli
Mauro Gioia
Mauro Gioia, nome d’arte di Maurizio Dittura è un cantante, attore e regista italiano.
Biografia
Nato a Milano il 4 maggio 1966, a quattro anni si trasferisce con la famiglia a Napoli dove, dopo gli studi umanistici, si diploma in scenografia all’Accademia di Belle Arti.
Esordi
A 16 anni fonda la band no-wave degli Underskirt Presence, una delle voci del movimento artistico della Vesuwave, seguiti dagli Helter Skelter - cover band psichedelica che si esibisce in locali underground napoletani e dai Petruska.
Canzone napoletana
Successivamente si avvicina al teatro di varietà e alla canzone napoletana, adotta lo pseudonimo di Mauro Gioia e nel 1992 esordisce a teatro con “Piedigrottagioia”, omaggio a Napoli, alle canzoni di strada e al mondo della Festa di Piedigrotta (link), salutato da Le Monde come “uno spettacolo di cabaret, Belcanto, manifesto del Surrealismo napoletano”
Piedigrottagioia è presentato (luoghi) e nel dicembre del 1997 riapre il Salone Margherita di Napoli che era chiuso da più di mezzo secolo.
La canzone napoletana è al centro della sua produzione di quegli anni con una serie di spettacoli musicali: “Napoli Muta”, indagine sul cinema muto e la canzone napoletana, creato nel 1997 al Théâtre de la Ville di Parigi. “Cantasirena”, favola musicale sulla fondazione della città di Napoli, presentato nel 1998 su una nave ancorata nel porto di Napoli e Napoli brucia d’amor, adattamento italiano di un’operetta dimenticata di Renato Rascel “Naples au baiser de feu” con Marisa Laurito, ambientato sul Molo Angioino per Estate a Napoli 1999.
Canzoniere di Nino Rota
A partire dal 2000 si interessa a Nino Rota e dedica alla riscoperta del suo canzoniere lo spettacolo “Cabaret Nino Rota” diretto da Alfredo Arias e creato al TNN nel 2003 ; prodotto da Catherine Ringer e Fred Chichin (Les Rita Mitsouko) registra il disco
“Rendez-vous chez Nino Rota” una raccolta di duetti con voci femminili internazionali – da Ute Lemper a Catherine Ringer, da Sharleen Spiteri a Adriana Calcanhotto, Susana Rinaldi e Maria De Medeiros -. Il disco è pubblicato nell’autunno del 2008 per Because Music e presentato in concerto al Theatre de l’Odeon di Paris.
Teatro
In teatro è stato interprete per Nicola Piovani (Concha Bonita) Carla Fracci e Beppe Menegatti, (Filumena Marturano e Girotondo Romano). Su commissione dell’Auditorium di Roma presenta Una bella giornata napoletana, su un testo di Antonio Pascale che lo affianca sul palco - successivamente rappresentato in un’edizione francese al Théâtre de la Ville di Paris. Con Maria de Medeiros porta in scena al Teatro India il repertorio di canzoni scritte per Laura Betti da Pasolini, Moravia, Parise.
Dal 2013 inizia una intensa collaborazione artistica con il regista franco-argentino Alfredo Arias dalla quale prendono vita gli spettacoli Circo Equestre Sgueglia - di Raffaele Viviani e Il bugiardo e Madame Pink dei quali – oltre a esserne interprete - è anche autore di musiche e canzoni.
Nel settembre del 2018 crea all’Istituto Centrale dei Beni Sonori e Audiovisivi di Roma (ICBSA) una “Conferenza Cantata” sul suo archivio di dischi a 78 giri di canzoni napoletane. Una versione ridotta della “Conferenza Cantata” sarà presentata al Ted-X di Napoli nell’ottobre 2019.
Nel settembre 2020 ritorna sul repertorio di Raffaele Viviani con un recital consacrato ai rapporti tra Viviani e le avanguardie storiche tra le due guerre.
FONDO DISCOGRAFICO DI MAURO GIOIA
In una conversazione nata per raccontarmi come sia sbocciata la sua passione ‘paleodiscografica’, è così che Mauro Gioia definisce il suo atteggiamento verso l’ascolto dei di schi a 78 giri; dischi che egli ha pa zientemente raccolto nell’arco di cir ca trentacinque anni. Oltre il fruscio è il modo in cui ci si deve rispettosa mente porre per immaginare quanto avvenisse, talvolta più di un secolo fa, all’atto della registrazione gram mofonica. Dunque da una visione po etica, da questo “ridare voce a fanta smi”, nasce una collezione di enorme valore storico e documentario che gravita su un unico tema portante: la canzone napoletana.
La storia della musica popolare non si fa solo attraverso gli spartiti: si fa soprattutto attraverso le testimo nianze sonore. Nel nostro caso, si fa mediante le voci dei suoi interpreti; tali voci hanno cantato canzoni che hanno conosciuto le loro massime possibilità espressive proprio in con comitanza con la nascita e lo svilup po dell’industria discografica.
La storia della canzone napo letana classica e d’autore procede di pari passo con la storia della sua ri producibilità: il cilindro fonografico viene brevettato nel 1877, il disco na sce nel 1887, Funiculì funiculà (con siderato brano-pilota che darà il via alla canzone napoletana standardiz zata) è del 1880.
Quello che rende davvero uni ca la collezione (di oltre 3000 dischi) di Mauro Gioia, è la panoramica che essa offre su di un mondo composito e allo stesso tempo identitario quale fu quello che semplicisticamente va sotto il nome di canzone napoletana. Perché, se è vero che ’O sole mio è forse il primo titolo che ci viene in mente e la tentazione è quella di ri condurre tutto a ciò che esso sinteti camente esprime e rappresenta, cioè una visione stilistica, poetica e mu sicale monolitica e facilmente scon tornabile, è anche vero che basta avvicinare l’occhio, anzi, l’orecchio, a questo mondo per scoprire una va rietà sorprendente di espressioni poetiche, musicali, vocali.
“Oltre il fruscio: come udire una musica mentre fuori piove”.
Queste lacche ci permettono di penetrare nelle atmosfere Belle Époque di un café-chantant ancora fin-de-siècle, con le voci di Annita di Landa o Olimpia d’Avigny; così come consente di ascoltare il sottofondo musicale di una trattoria di Mergel lina, grazie ai posteggiatori Figli di Ciro. Grazie alle sue lacche possiamo ancora apprezzare la qualità artisti ca di alcune canzoni in funzione del loro interprete: canzoni spesso con cepite in occasione del festival cano ro della Piedigrotta, e basti qui citare Gennaro Pasquariello ed Elvira Don narumma.
Ai primi anni del Novecento ri salgono anche alcune rarissime inci sioni di Ettore Petrolini, effettuate a Napoli per la tedesca Favorite Record quando l’artista era ancora poco co nosciuto. Alcuni reperti testimonia no poi lo strazio della lontananza, cantata in mille modi dalle Ameri che lontane, con Gilda Mignonette a fare da regina incontrastata; altri aprono brevi squarci sul mondo del teatro d’inizio Novecento, e dai solchi riemergono le voci di Eduardo Scar petta o di Salvatore De Muto, l’ultimo Pulcinella. Oppure, last but non le ast, ci conducono nella vocalità liri ca di ascendenza ottocentesca di un Fernando De Lucia, tenore di grazia e felice interprete anche di ‘classici’ napoletani, trattati – da lui come da intere generazioni di tenori e bari toni, napoletani e non, italiani e non – al pari della romanza da camera e perfetti per dar sfoggio di vocalità e mestiere.
ANITA PESCE
AMERICANI
Flâneur attento e sensibile all’e sperienza migratoria italiana, Mauro Gioia ha raccolto le voci di molti inter preti legati al repertorio napoletano ne gli anni dell’emigrazione di inizio No vecento. Il fondo Gioia raccoglie nella sottocategoria dei dischi realizzati in America alcune centinaia di esemplari nuovi e perfettamente conservati nella confezione originale provenienti dal ne gozio della famiglia Rossi di Mulberry Street a New York.
Se è vero che il corso degli eventi storici deviò una parte della produzio ne napoletana spingendo per il tramite dell’emigrazione a delocalizzarla al di fuori dei confini geografici nazionali, oggi grazie a lasciti importanti come questo, possiamo ricucire i pezzi di quel la stagione della canzone napoletana (e italiana) riterritorializzando e ridefi nendo attraverso quei suoni e quei canti il paesaggio culturale originario. Riaf fiorano tra i solchi voci autentiche di in terpreti femminili e maschili, in solita ria o in coppia, macchiettisti, autori di scene dal vero, abili strumentisti. Quei suoni tornano a narrare un ricordo, un luogo, una traccia che ridefinisce una casa talvolta transitoria nel mondo.
In America, luogo di elezione dell’emigrato italiano di inizio Novecen to, il fonografo permetteva di ricostrui re un luogo protetto che assomigliasse al paese d’origine perché la babele di lingue espressione delle diverse comu nità ricollocate lì creava un forte senso di turbamento. Le canzoni nella lingua madre rinforzavano nell’emigrato i va lori tradizionali e contribuivano alla
creazione di una nuova mitologia fatta di cantanti d’opera come Enrico Caru so, attori come Rodolfo Valentino, pugili come Primo Carnera, esploratori e tra svolatori come Umberto Nobile e Fran cesco De Pinedo. La musica registrata su dischi come anche il cinema divenne il mezzo privilegiato di trasfigurazio ne della realtà. Gli “aedi” erano artisti qualificati ma anche semplici artigiani della musica che rendevano giustizia a un popolo che sentiva profondamente la scissione rispetto alla propria gloriosa storia fatta di eroi, poeti e viaggiatori. Il senso di appartenenza dell’emigrato al proprio paese passava innanzitutto per la riconferma della comune radice culturale che nel caso dell’italiano era rappresentata soprattutto dalla musica.
Scorrendo il fondo Gioia ritrovia mo i nomi dei componenti di una del le principali compagnie di sceneggiate, quella di Roberto Ciaramella e Silvia Coruzzolo, nella quale fu scritturata la stessa Gilda Mignonette, figura emble matica dell’emigrazione meridionale. Ricco è l’elenco di voci maschili come Salvatore Papaccio, il fiorentino Carlo Buti, Giuseppe Milano, Raffaele Balsa mo, Joe Masiello, Francesco Daddi, Car lo Renard (Della Volpe), Raul Romito e Mario Gioia, il primo interprete di ’A Cartulina ’e Napule, canzone manife sto della nostra emigrazione. I fratelli Eugenio e Alfredo Cibelli, Salvatore e Gennaro Quaranta, Gennaro Cardenia padre di quel Vincent Gardenia noto at tore cinematografico americano. Infine i cantanti comici Guglielmo Onofri, Al fredo Bascetta, Gennaro Amato, Aristi de Sigismondi e gli indiscussi campioni
della macchietta coloniale Farfariello e Giuseppe De Laurentiis. Corposo è l’e lenco delle canzonettiste che contribui rono all’integrazione dei repertori ame ricani con la melodia napoletana come Teresa De Matienzo, Rosina De Stefano, Nina De Charny, Clara Stella, Ria Rosa, Gina Santelia.
Tra i dischi del fondo si segnalano per il valore anche documentale quelli d’occasione, come le incisioni di Gilda Mignonette per la trasvolata oceanica dell’aviatore napoletano Francesco De Pinedo o quelle di Giuseppe Milano de dicate alla morte di Rodolfo Valentino. La comunità italiana individuò in Va lentino un punto di svolta nella questio ne cocente della definizione di un ideale italiano positivo da contrapporre al dif fuso pregiudizio antitaliano in America e per questo salutò a suo modo la morte prematura del divo hollywoodiano con segnando ancora una volta alla musica, proprio come era accaduto per Carnera e Nobile, la narrazione di quell’evento eccezionale. Accanto alla questione cul turale c’era poi quella piùstrettamente politica che toccava temi quali il diritto di voto e successivamente il reclutamen to negli anni della guerra. La questione relativa al diritto di voto era in relazio ne con la presenza dei movimenti anar chici e socialisti radicati nella colonia italiana. L’anarchismo e le forme di lot ta sindacale si rivelarono le più idonee all’azione rivoluzionaria e al raggiun gimento del suffragio. La musica era pronta a fissare questo fenomeno e nel la presente collezione si trovano alcuni dischi di rilievo che fanno riferimento a episodi o personaggi legati all’anarchi
smo. La Morte di Caserio di Raoul Romi to è dedicata a Sante Caserio il giovane anarchico milanese ghigliottinato per aver accoltellato il presidente francese Sadi Carnot e divenuto emblema della lotta delle classi sociali più disagiate e Lacrime ’e Cundannati cantata da Al fredo Bascetta ripercorre la dolorosa vi cenda degli anarchici e pacifisti Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti. Ma su tut ti i dischi presenti nella raccolta spicca uno inviato a Elvis Presley e contenente il provino di It’s Now or Never l’adatta mento in inglese di ’O Sole Mio, la ce lebre canzone scritta da Giovanni Ca purro ed Eduardo Di Capua. Siamo nel 1960 e quello che è accaduto alla musica americana fino a quella data è sicura mente in debito anche verso la canzone napoletana.
SIMONA FRASCA
La forma di un archivio
FONDO GIOIA
Immagini : Giovanni Ambrosio
dal libro Era d’oro.
The shape of an archive