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Blockchain ed Energia: 4 use case
Dai prosumer alla mobilità elettrica
Una ricerca del Politecnico di Milano e EY evidenzia quattro possibili ambiti di applicazione per la blockchain nel settore energetico. Se il più promettente è quello relativo a un marketplace tra prosumer e consumatori, emerge l’opportunità di rendere interoperabili infrastrutture e sistemi
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Quattro possibili ambiti di applicazione. E uno use case particolarmente interessante e apparentemente più facile da realizzare, che mette in collegamento prosumer e consumatori. L’Osservatorio Blockchain della School of Management del Politecnico di Milano ha da poco diffuso il rapporto “Le opportunità della blockchain per lo scambio di energia P2P”, realizzato con EY e la collaborazione di big dell’energia come A2A, Edison, Hera, Iren. Il titolo anticipa la scelta di focalizzarsi su uno use case preciso, ma il lavoro di ricerca ha esplorato in senso più ampio le potenzialità della blockchain in ambito power & utilities. Indivuandone, come detto, almeno quattro.
1. La ricarica dei veicoli elettrici
Nella e-mobility la blockchain potrebbe consentire di creare un layer comune tra le stazioni di ricarica (esistenti e future), rendendo interoperabili le diverse reti, dalle più grandi alle installazioni singole. Alla blockchain andrebbe il compito di identificare chi vuole ricaricare la batteria della propria automobile elettrica, registrarne i consumi, fatturarli e in automatico dividere il compenso tra i diversi attori coinvolti. L’utente potrebbe accedere a un servizio tramite app, pagando con un wallet (ricaricabile o meno, poco importa) da cui l’importo della ricarica verrebbe automaticamente prelevato. Lo scenario non è stato ulteriormente approfondito dal team di lavoro, ma sicuramente richiederebbe il coordinamento di un numero di attori significativo, provenienti da settori anche molto diversi.
2. Grid Management & Active demanding
Più tecnico ma comunque interessante il secondo ambito. Qui l’idea è utilizzare la blockchain per abilitare una nuova modalità di gestione dei carichi presenti sulla rete, coinvolgendo direttamente anche i clienti non business. Gestendo più efficacemente la tensione di rete e i suoi sovraccarichi, si potrebbero ridurre gli eventi anomali legati alla caduta di tensione. La blockchain raccoglierebbe le richieste di variazione della tensione agli impianti opportuni, inviate dal TSO in base alle offerte accettate sul Mercato per il Servizio di Dispacciamento. I passaggi successivi, tutti notarizzati su blockchain, prevedono l’accettazione della riduzione da parte della società di vendita, che invia ai consumatori un’offerta di variazione. Il consumer sceglie se accettare, ad esempio decidendo di ridurre il consumo degli elettrodomestici. Tutte le condizioni richieste, compiute e verificate vengono registrate tramite smart contract: il beneficio per il cliente finale può essere la riduzione del costo in bolletta, oppure punti fedeltà. L’immutabilità delle informazioni registrate nella blockchain permette di fornire al TSO un report puntuale, automatico e completo.
3. Blockchain trading system
Il terzo ambito vuole abilitare la vendita P2P di energia e gas tra i grandi produttori senza richiedere un marketplace centrale o una terza parte indipendente. È un ambito in cui molti big stanno già sperimentando con iniziative dedicate. L’idea è che la blockchain venga utilizzata per registrare l’offerta di energia da parte di un’azienda. Un’altra società può inviare un’offerta di acquisto dell’energia. Il match automatico tra offerte di acquisto e di vendita porta al completamento della transazione, pagamento compreso, con registrazione automatica in blockchain. Anche in questo caso il tema è l’interoperabilità, superando le differenze tra protocolli e infrastrutture in uso nelle aziende, ma c’è anche un risparmio sui costi di clearing house, per esempio.
4. Prosumer 2 Consumer
Lo use case vero e proprio è legato al fenomeno prosumer. Se l’immissione in rete di energia da parte dei prosumer può generare sovraccarichi e inefficienze, la blockchain può abilitare un modello di vendita P2P, permettendo di vendere l’energia prodotta e non consumata. I dati del Politecnico stimano poco meno di 600mila prosumer in Italia (la fonte è il GSE) che utilizzano come noto piccoli impianti da fonti rinnovabili. L’idea è basare su blockchain una piattaforma che registra la produzione del singolo prosumer, registrandola in un token e assegnandola al suo “wallet” (portafogli elettronico). La parte di energia non consumata dal produttore verrà immessa in rete o accumulata: dal wallet saranno tolti i token relativi all’energia utilizzata, il resto sarà messo a disposizione del network. Un consumatore, tramite app, potrà indicare quanto vuole spendere e quanta energia gli serve. La blockchain associerà domanda e offerta, fissando le condizioni in uno smart contract e completando la transazione. Consumata l’energia, il token corrispondente è consumato e reso inattivo.
Chi gestisce la piattaforma?
Una piattaforma del genere, però, ha un costo di realizzazione e di manutenzione. Da qui l’idea di coinvolgere nella sua realizzazione le utilities, che gestiranno il marketplace mettendo in comunicazione prosumer e consumer. Ogni partecipante al network andrà ovviamente identificato e dovrà verosimilmente pagare una fee annuale al gestore. La gestione da parte di una utility o di un consorzio (e qui gli scenari spaziano, aprendo la possibilità a piattaforme locali o nazionali, eventualmente in competizione tra loro per servizi offerti e pricing) risolve una serie di problematiche pratiche. Al di là degli investimenti tecnologici necessari, infatti, serviranno regole commerciali per l’accesso al servizio. Per non parlare delle questioni apertissime sulla configurazione degli smart contract, in cui le clausole contrattuali andranno tradotte in logiche informatiche. E una parte delle operazioni si appoggeranno sugli smart meter, che già comunicano con le utility.
Perché l’iniziativa locale potrebbe non tenere il passo
Alcune comunità locali potrebbero promuovere iniziative interamente private e spontanee (vedi la celebre Brooklyn Microgrid) ma il coinvolgimento di una realtà strutturata sembra rendere più solida la possibilità di mantenere la piattaforma aggiornata e sicura dal punto di vista tecnologico, oltre che di raggiungere le dimensioni necessarie a ottenere economie di scala e offrire un pricing migliore a prosumer e consumatori. La possibilità di monetizzare il proprio impianto domestico di produzione di energia, inoltre, potrebbe ampliare la base dei prosumer, al di là dell’esistenza di incentivi governativi o fiscali.