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La perla La perla Anno XCI - N. 3 Marzo 2013
“L’Angelo in Famiglia” - Pubb. mens. - Sped. abb. post. - 50% Bergamo
Direzione ed Amministrazione: Società Editrice SS. Alessandro Ambrogio Bassiano - Bergamo - Viale Papa Giovanni XXIII, 18 - Tel. 035 212344
Disse un’ostrica a una vicina:
“Ho veramente un gran dolore dentro di me. È qualcosa di pesante e di tondo, e sono stremata”. Rispose l’altra con borioso compiacimento: “Sia lode ai cieli e al mare, io non ho dolori in me. Sto bene e sono sana sia dentro che fuori”. Passava in quel momento un granchio e udì le due ostriche, e disse a quella che stava bene ed era sana sia dentro che fuori: “Sì, tu stai bene e sei sana; ma il dolore che la tua vicina porta dentro di sé è una perla di straordinaria bellezza”.
Che Pasqua! S
crivo queste riflessioni il terzo giorno di quaresima (15 febbraio) e mi preme segnalarvi subito che non ho il dono della profezia e tantomeno cercherò di fare l’indovino… Credo però che si possa dire già oggi che quest’anno vivremo una Pasqua con tante novità: nuovo Papa, nuovo governo nazionale e regionale, nuova primavera, “nuovi” saremo anche noi se avremo fatto un serio cammino quaresimale, “sempre nuovo” ci accompagnerà il Signore risorto… Noto che in questi primi giorni di quaresima siamo tutti diventati esperti “vaticanisti” (così come tutti diventano esperti commissari della Nazionale di calcio in occasione dei mondiali) e tutti crediamo di conoscere le ragioni vere e profonde della rinuncia del Pa p a B e n e d e t t o e molti già stanno partecipando al “Totopapa”, come a una nuova forma di gioco d’azzardo. Sarà quel che vorrà lo Spirito Santo e i cardinali con Lui! Almeno questa scelta impegnativa non tocca a noi far2
la, ma solo accoglierla. Riguardo al Papa sinceramente non ho nessuna difficoltà ad accettare la sua “rinuncia”: ne aveva la facoltà e l’ha utilizzata dopo averci riflettuto a lungo. Io quando non ce la farò più a “fare il parroco” per l’età, per le condizioni di salute, per il venir meno delle energie fisiche, morali e mentali, per i cambiamenti troppo rapidi di una comunità di cui non riesco a tenere il passo… vorrei poter lasciare (spero qualche anno prima degli 86!), in piena libertà e senza sospetti, considerando che nella chiesa nessuno è indispensabile, perché la Chiesa è innanzitutto di Gesù Cristo ed è quindi Lui che in primo luogo se ne deve occupare,
anche chiamando le persone giuste al momento giusto. Il Papa lo ha detto chiaro: «Mi sostiene e mi illumina la certezza che la Chiesa è di Cristo, che non le farà mai mancare la sua guida e la sua cura. Anche nelle circostanze più avverse, Cristo abbandona la sua chiesa e quindi non dobbiamo avere paura». Fra i tanti commenti, a me è piaciuto molto quello del cardinale di Bologna, Mons. Caffarra: “Chi ha usato l’aereo sa bene che durante un volo tranquillo, può accadere di attraversare una grave turbolenza e si giunge perfino ad aver paura di cadere. Forse oggi abbiamo avuto questa impressione. Ma non abbiate paura. Il pilota è straordinariamente capace: è Cristo risorto che guida la Chiesa. Non solo, ma è un pilota da cui dipendono anche le turbolenze, e le può far cessare in ogni momento, come ha fatto un giorno con la tempesta che si era scatenata sul lago di Galilea... Papa Benedetto, con questo gesto ci ha donato una limpida testimonianza
di umiltà evangelica. Giunto alla certezza di coscienza, davanti a Dio, di non essere più in grado di svolgere il suo servizio, ha preferito il bene della Chiesa a se stesso… non ha ritenuto la sua dignità un tesoro da custodire gelosamente, ma vi ha rinunciato per il bene della Chiesa. Certo sono scelte che sconvolgono, perché contestano la logica del potere mondano e non posso sottacere il turbamento che ha colto molti, ma non temete e non si turbi il vostro cuore. Noi siamo con Cristo, e questo ci basta! Piuttosto pregate per noi Cardinali, perché nell’elezione del nuovo Pontefice, siamo guidati esclusivamente dall’amore vero verso la Chiesa, e non da ragioni antievangeliche di potere”. Andiamo pure avanti a parlare delle dimissioni di Benedetto XVI. Però, non buttiamola sulle solite domande: ha fatto bene o ha fatto male? O addirittura: di chi è la colpa? Chi lo ha lasciato solo? E non fermiamoci neppure ai sentimentalismi: mi dispiace, sono sconvolto, mi vien da piangere…
Se abbiamo capito qualcosa di questi quasi otto anni in cui Benedetto XVI ha servito la Chiesa come successore di Pietro, dovremmo almeno coltivare il desiderio di guardare la storia con gli occhi della fede, come lui ha sempre cercato di fare. E allora la domanda per il cristiano oggi non può che essere una sola: cosa ci vuole dire il Signore attraverso questo gesto? La domanda è evidentemente molto grande e credo che per prima cosa bisogna custodirla per un po’ di tempo nel cuore, scaldarla un po’ dopo averla ascoltata: questa quaresima, ancor più di quelle degli anni passati, deve essere prima di tutto un tempo in cui noi ci poniamo umilmente in ascolto. Per esempio, potrebbe essere molto utile riprendere in mano i brani del Vangelo in cui si racconta che i discepoli spesso non capivano quanto diceva o faceva il Maestro, soprattutto quando parlava della sua fine e li trascinava con Sé a Gerusalemme, loro malgrado. Fatta questa premessa, se provo a guardare gli eventi di questi
giorni, con gli occhi della fede, mi colpisce il fatto che questo “passaggio” da un Papa all’altro, avverrà tutto dentro il tempo forte della Quaresima e in prossimità del “grande passaggio” della Pasqua. Come tutti sappiamo la parola Pasqua significa “passaggio” da morte a vita, ma anche “cambiamento” della nostra condizione di uomini: da schiavi del peccato a uomini liberi, da persone coinvolte nelle sporcizie e nelle debolezze del mondo e della chiesa a uomini risorti (o rinati) con Cristo. Credo che questo sia già di per sé un segno importante. Il successore di Pietro si ritira per dedicare l’ultimo tratto della sua vita alla riflessione e alla preghiera proprio nel tempo liturgico in cui queste due dimensioni della vita cristiana vengono poste davanti a tutti come la strada maestra per il passaggio e l’incontro con il Signore Risorto. Questa dunque è una Quaresima speciale e sarà una Pasqua speciale. È la Quaresima del primato della vita spirituale rispetto a tutto il resto. Anche il nome di Benedetto ci 3
aiuta a comprendere questo. È un nome legato a un programma di vita che si fonda su due pilastri: ora et labora (prega e lavora). Ebbene ora il successore di Pietro, che ha scelto di chiamarsi Benedetto e che ha coltivato instancabilmente la vigna del Signore, non sentendosi più nelle condizioni per dare il massimo nel labora, nel lavoro della vigna, sceglie di concentrarsi sull’ora (cioè sulla preghiera). Nessuna fuga dunque, nessun abbandono. Anche perché S. Benedetto stesso ci tiene a precisare che la prima opera (diremmo il primo lavoro) per tutti è sempre la preghiera! Anche il Conclave, per scegliere il nuovo Papa, cadrà nel cuore della Quaresima e anche questo a me pare un segno grande. Dopo la stagione ecclesiale che abbiamo vissuto, dopo gli scandali, i dossier sulla Curia e Vatileaks, che cosa c’è di meglio del cammino austero verso la Pasqua per aiutare i cardinali a ritrovare l’unico centro che può permettere di vivere in profondità questo momento? Perché 4
al di là di ogni strategia umana e di ogni racconto giornalistico, un conclave non è una lotta di potere tra diverse correnti della chiesa e non è solo la scelta di un nome; è piuttosto un momento (anche prolungato) in cui la Chiesa si guarda allo specchio, verifica il suo cammino e la sua fedeltà a Cristo. Per questo è necessariamente anche un tempo di silenzio e conversione, dal momento che sappiamo quanto sia sempre grande la distanza tra ciò che siamo e ciò che dovremmo essere per vivere la fedeltà al Vangelo di Gesù. Ogni tanto in questi giorni penso a Benedetto. E me lo immagino sereno. Se potessi parlargli, gli direi quello che si dice a un amico, a una persona a cui si vuole bene: “se sei contento tu, sono contento anch’io”. Credere è anche fidarsi. E allora: ci vogliamo fidare o no di quello che accadrà, di quello che il Signore vorrà far accadere per noi in questa Pasqua? Ce la riprendiamo o no questa sacrosanta libertà di lasciarci ancora stupire da quel che accade per volontà di Dio e di
aprirci alla novità? Ti auguriamo buon riposo e buon silenzio, caro Papa Benedetto! E speriamo che la tua scelta di passare in preghiera gli ultimi anni della tua vita, in attesa della tua grande Pasqua e delle tue vacanze senza fine, ispiri anche noi a tacere qualche volta, e a pregare con più perseveranza. Il Mistero di Dio, la maggior parte delle volte, entra in noi proprio così: con il silenzio e la preghiera. C’è un’aspettativa incredibile per la prossima Pasqua. Speriamo che tutto si risvegli e si rinnovi come avviene ad ogni primavera. E speriamo che venga anche una nuova Pentecoste e una nuova era per la chiesa e per il mondo. Che Pasqua ragazzi! È la Pasqua del Signore! Questa volta sarà davvero grande, vera, nuova, imprevedibile, e come sempre deciderà il Signore. Buona Pasqua a Tutti! Con fiducia e speranza proclamiamo la nostra fede: Cristo è risorto! È veramente risorto! Alleluia! Don Franco
Un Cristo senza croce, una croce senza Cristo Amico, io vado in cerca di una croce. Vedi, ho un Cristo senza croce, l’ho acquistato presso un antiquario. Mutilato e bellissimo. Ma non ha croce. Per questo mi si è affacciata un’idea. Forse tu hai una croce senza Cristo. Quella che tu solo conosci. Tutti e due siete incompleti. Il mio Cristo non riposa perché gli manca una croce. Tu non sopporti la croce, perché le manca Cristo. Un Cristo senza croce, una croce senza Cristo. Ecco la soluzione: perché non li uniamo e li completiamo? Perché non dai la tua croce vuota a Cristo? Ci guadagneremo tutt’e due. Vedrai.
Anagrafe Parrocchiale Rinati in Cristo con il Battesimo
Defunti in attesa di resurrezione
Silvestro Davide Giustino - 13 gennaio Magri Matteo - 13 gennaio Volpi Michele - 13 gennaio Andreani Chiara - 10 febbraio Savoldi Martina - 10 febbraio Messori Chiara - 10 febbraio Nucci Iris - 10 febbraio
Poloni Pierina di anni 79 morta il 20 dicembre 2012 Bergometti Elisabetta di anni 87 morta il 2 gennaio 2013 Dominoni Benigno di anni 77 morto il 6 gennaio 2013
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OVUNQUE C’È UN FRATELLO CATTIVO… PUÒ AVERE UN SOLO NOME… CAINO… OVUNQUE C’È UN FIGLIO AL QUALE IL PADRE CHIEDE: DOV’È ANDATO ABELE, TUO FRATELLO? MA IO POSSO SENTIRE IL FASCINO DI MOSTRARE INDIFFERENZA: ABELE? NON LO SO… SONO FORSE IL GUARDIANO DI MIO FRATELLO? ORA SONO IO IL PROTAGONISTA… LO FARETE EROE: CHE M’IMPORTA? LO FARETE SANTO? FATE PURE! ADESSO CI SONO SOLTANTO IO… OVUNQUE… PERCHÉ OVUNQUE C’È UN FRATELLO CATTIVO, CON LE PUPILLE AGGRAPPATE ALLA FRONTE ED UN SOLO NOME POSSIBILE… CAINO… ORA ABELE, IL FIGLIO PREFERITO, SE N’È ANDATO. ORA CI SONO SOLTANTO IO. ED UN’UNICA PARABOLA… LA MIA! (CAINO)
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COS’ALTRO DEVO DIRVI? IO ERO PASTORE DI GREGGI. ECCOMI QUI: PASTORE DI PORCI. IO SONO SCAPPATO VIA. E, QUANDO UN FIGLIO SCAPPA, È COME SE FOSSE MORTO. PERCHÉ IL PADRE LO PIANGE E IL FRATELLO LO DIMENTICA. OVUNQUE C’È UN FIGLIO CHE RACCOGLIE TUTTO E, NON MOLTI GIORNI DOPO, SE NE PARTE PER UN PAESE CHE È COMUNQUE LONTANO. E COSA FA? DISSIPA TUTTO. E, A CASA, TUTTI PENSANO CHE STA BENE DOVE STA E SI CALMANO PERCHÉ TANTO NON TORNERÀ PIÙ. I PAESI LONTANI NON HANNO FIGLI, CREDETEMI, MA NE ADOTTANO SEMPRE QUALCUNO… QUALCUNO CHE NELLA SUA CASA PROPRIO NON CE LA FA… (ABELE)
…E, DOPO QUESTA STORIA, CHE NE È STATO DEI DUE FRATELLI? CHE NE SARÀ DI NOI? PROPRIO COSÌ: NOI SIAMO TUTTI LÌ, NELLA PARABOLA DEL FIGLIOL PRODIGO. UN PADRE, DUE FRATELLI… ED UN INEVITABILE INTERROGATIVO: IO CHI SONO DEI DUE? CAINO O ABELE? UNA STORIA SENZA FINALE… UNA STORIA SENZA VIA DI USCITA… SCRITTO, REALIZZATO E INTERPRETATO DA ANGELO FRANCHINI
Dalla presentazione di mons. Carlo Calori Ho letto con grande gusto questo “Caino o Abele?” di Angelo Franchini e al termine della lettura mi è venuto spontaneo il ricordo del Bolero di Ravel. Il ricordo è nato dal fatto che “Caino o Abele?” ha dei ricorsi stupendi, che via via allargano il campo di riflessione, e le provocazioni si amplificano con lo scorrere delle battute. Il testo è ricco di simbolismi, è denso di richiami all’essenzialità, è tutto giocato sul dualismo bene/
male, è lirico e tragico, sofferto e patetico. Non c’è, nel testo, una parola che sia fuori posto, od inutile, o cacofonica: l’armonia, nel testo, domina senza sdolcinature, il linguaggio è forte e poetico, essenziale e ficcante. E alla fine ci si sente tutti un po’ Caino ed un po’ Abele, e si fa l’esame di coscienza e ci si rende conto di quanto, nella vita, si è sprecato. Va detto grazie ad Angelo Franchini per il lavoro composto. E’, questo, un altro tassello importante per l’edificio, che si va sempre più ampliando, della sua produzione teatrale, tanto originale quanto
stimolante ed aliena dai linguaggi che ora sono pessima moda ed indice di squallore. Questa stupenda Rappresentazione Sacra verrà proposta nella nostra chiesa parrocchiale Venerdì 15 marzo alle ore 20,45 con ingresso libero a tutti e gratuito. Questa proposta fa parte del cammino quaresimale nell’anno della fede. Viene raccomandata in particolare ai catechisti, ai genitori dei bambini che si preparano alla prima Confessione, ai partecipanti alle catechesi e alle lectio… e in definitiva a tutte le persone di buona volontà.
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Serata per l’Unità dei Cristiani a Gorle 24 gennaio 2013 Introduzione della Pastora Janique Perrin
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ari fratelli, care sorelle, è una grande gioia per me ritrovarvi qui stasera. Il nostro cammino comune si è arricchito in questi ultimi mesi. Penso in particolare all’invito che ho ricevuto a dicembre da don Franco e da don Davide: una serata con i giovani della parrocchia di Gorle. Bellissima! Sogno il giorno in cui i giovani della nostra comunità incontreranno i loro coetanei cattolici di Gorle. Un’altra gioia per me è di celebrare questa settimana di preghiera per l’unità sotto il segno dell’India. Infatti sono cristiani indiani che hanno preparato la liturgia 2013. L’India è un paese che conosco e che amo, un paese in forte crescita e sviluppo, ma un paese gigantesco, alle prese con alcune sfide enormi. Ne cito solo due: una è quella della convivenza religiosa tra hindu, sikh, musulmani, buddisti e cristiani. L’altra è quella del sistema delle caste, mai superato, neanche nelle diverse chiese cristiane indiane. Del resto, neanche Gandhi è riuscito a cambiare la situazione dei Dalit, degli intoccabili. La Settimana di preghiera per l’unità dei Cristiani quest’anno è messa sotto il segno delle parole del profeta Michea che dice questo (Michea 6, 6-8): con che cosa verrò in presenza del SIGNORE e mi inchinerò davanti al Dio eccelso? Verrò in sua presenza con olocausti, con vitelli di un anno? Gradirà il SIGNORE le migliaia di montoni, le miriadi di fiumi d’olio? Dovrò offrire il mio primogenito per la mia trasgressione, il frutto delle 8
mie viscere per il mio peccato? O uomo, egli ti ha fatto conoscere ciò che è bene; che altro richiede da te il SIGNORE, se non che tu pratichi la giustizia, che tu ami la misericordia e cammini umilmente con il tuo Dio? Il Signore non vuole niente da noi, il Signore vuole noi. Ieri sera, predicando su questo testo di Michea, l’ho riassunto con due imperativi: ascolta
e cammina. Perché in realtà anche Dio inizia con l’ascolto prima di agire. Anche Dio sente le grida degli oppressi, in particolare degli ebrei in Egitto. ed è questo il punto di partenza della sua fantastica liberazione. In merito al tema della liberazione ho ripensato a ciò che scriveva Gandhi durante gli anni di lotta contro l’invasore inglese, anni in cui Gandhi
ha cercato in tutti i modi non solo di combattere con la non-violenza le idee e i metodi dell’occupante, ma soprattutto di permettere a ogni persona di conquistare la propria dignità, il proprio posto nella società: “Presta pure ascolto agli insegnamenti dei saggi, leggi le Scritture, accumula ogni tipo di esperienza; se però non metti Dio al primo posto nel tuo cuore, tutto sarà vano”(Gandhi). Pastora Janique Perrin
Omelia celebrazione ecumenica In questa serata che ci vede riuniti come fratelli in Cristo a riflettere e a pregare per l’unità dei cristiani, la parola di Dio ci accompagna e ci illumina con la parabola del buon Samaritano. Gesù racconta di un uomo ferito gravemente dai briganti e lasciato morente (“mezzo morto”) sul ciglio della strada. Diversi passanti, fra cui un sacerdote ed un levita, non si curano affatto di lui, lo scansano e lo abbandonano al suo destino. Solo un samaritano, considerato forestiero ed esterno al popolo eletto, ne ha compassione e spende tutto se stesso per aiutarlo. I verbi della parabola, da soli, raccontano in modo efficace i passi necessari che ognuno deve compiere per divenire prossimo, per farsi prossimo. Riascoltiamoli: “Lo vide, ne ebbe compassione, gli andò vicino, versò olio e vino sulle sue ferite, gliele fasciò. Poi lo caricò sul suo asino e lo portò a una locanda e fece tutto il possibile per aiutarlo. E (ritenendo di non aver ancora esaurito il suo compito) coinvolse anche il padrone della locanda, chiedendogli di avere cura del ferito e impegnandosi a pagare il di più al suo ritorno”. Ogni verbo meriterebbe una riflessione, che ovviamente qui non possiamo fare… ma che ognuno dovrebbe cercare di tradurre concretamente in comportamenti di vita.
Penso che la parabola evangelica, narrata da san Luca, voglia innanzitutto farci comprendere l’amore grande e profondo di Dio verso ogni essere umano, specialmente quando si trova nella sofferenza e nel bisogno. Ma, allo stesso tempo, con le parole conclusive «Va’ e anche tu fa’ lo stesso» (Lc 10,37), il Signore indica, anzi comanda a ciascuno di noi l’atteggiamento che ogni suo discepolo deve avere verso gli altri, anche verso gli sconosciuti. La parabola ci mostra un esempio concreto di servizio disinteressato e amorevole e ci chiama a fare altrettanto. Ci educa ad attingere dall’amore in-
finito di Dio la forza per vivere quotidianamente un’attenzione concreta nei confronti di chi è ferito nel corpo e nello spirito, di chi chiede aiuto e conforto, come ha fatto il Buon Samaritano. Vari Padri della Chiesa hanno visto nella figura del Buon Samaritano Gesù stesso, e nell’uomo incappato nei briganti l’Adamo, cioè l’Umanità smarrita e ferita per il proprio peccato (cfr Origene, Ambrogio, Agostino). Anche la liturgia cattolica nel prefazio comune VIII adotta questa lettura: “Cristo, nella sua vita mortale passò beneficando e sanando tutti coloro che erano prigionieri del male. E ancor oggi, come buon samaritano,
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viene accanto ad ogni uomo piagato nel corpo e nello spirito e versa sulle sue ferite l’olio della consolazione e il vino della speranza”. Mi è capitato alcune volte di leggere commenti attualizzanti di questa parabola, dove il malcapitato lasciato mezzo morto dai briganti assume ora il volto del malato, ora del povero, ora della famiglia o di altri ancora… Mi sono chiesto se sia lecito vedervi, senza scandalizzare nessuno, anche il volto della chiesa. Allora cari cristiani, concedetemi la libertà di fare una lettura di questa parabola, tenendo come sfondo la sofferenza vera della chiesa, la sofferenza causata dalle ferite inferte in tempi diversi alla sua unità. Ferite e divisioni che oggi fanno dire a qualcuno che proprio anche a causa di questo scandalo il cristianesimo rischia oggi di morire, di scomparire. 10
Concedetemi di pensare a Cristo, come al buon samaritano che oggi si china sulla sua chiesa e la vede mal ridotta, piena di rughe e cicatrici, non corrispondente al suo disegno, perché ella gli si presenta davanti sempre più divisa e irriconoscibile, una chiesa per certi aspetti “mezzo morta” per usare il linguaggio della parabola… “La divisione della chiesa contraddice apertamente alla volontà di Cristo ed è scandalo per il mondo e danneggia moltissimo la predicazione del Vangelo ad ogni creatura” (ha scritto il Concilio Vat. II nella Unitatis redintegratio 1). Naturalmente quando parlo di chiesa “mezzo morta” affermo con altrettanta forza che essa è anche “mezzo viva”, …così come quando si dice che il bicchiere è mezzo vuoto si afferma contemporaneamente che è
anche sempre mezzo pieno. Non voglio farvi passare un messaggio puramente negativo… Io sono abbastanza contento del cammino fatto in questi anni. Non dimentichiamo che 50 - 60 anni fa, prima del concilio vaticano secondo, era quasi impossibile pregare insieme un “padre nostro” in pubblico. Il cammino compiuto in questi anni soprattutto nelle comunità e nei rapporti personali ha del miracoloso, è certamente un dono di Dio. Ed è lecito aspettarci ancora qualche sorpresa nell’immediato futuro. Questo naturalmente non ci fa dimenticare le molte difficoltà e incomprensioni e la lentezza del cammino verso l’unità… Non dimentico le parole gravi del card. Martini sulla chiesa in ritardo di due secoli sulla storia, sulla chiesa troppo paurosa; constato con voi che
spesso la cenere che copre la vita ecclesiale è così spessa da nascondere la brace, il fuoco di Cristo, il soffio dello Spirito; vedo l’avanzare lento e zoppicante di una chiesa vecchia e anchilosata non per i suoi 2000 anni di vita, ma per il carico dei regolamenti, delle istituzioni, delle strutture, dei documenti. Mi chiedo talvolta: ma se questa unità non c’è neppure all’interno della nostra Chiesa (cattolica o evangelica), come possiamo cercarla fra confessioni cristiane diverse? Sento anche nel mio ministero che alcune volte manca il fiato (il respiro) a causa delle troppe cose da fare o delle beghe “in famiglia” o delle tradizioni superate che bisogna comunque trascinarsi dietro. E poi vedo la divisione, che inizia nei cuori, si manifesta nelle famiglie, prosegue nella società, si storicizza nelle chiese… Come primo impulso vien da chiedersi: ma dov’è finita la chiesa delineata negli Atti degli Apostoli: “ avevano un cuore solo e un’anima sola… vivevano insieme fraternamente, condividendo i beni e la preghiera…?”. Quanto è difficile vivere l’unità, la comprensione reciproca, la collaborazione, la fraternità, l’accettazione delle diversità… quanto siamo ancora distanti dalla chiesa voluta da Cristo! Ce lo ha ricordato anche Benedetto XVI appena domenica scorsa: “La Chiesa è sempre bisognosa di purificazione e una delle colpe più gravi che deturpano il suo volto è quella contro la sua unità visibile, in particolare le storiche divisioni che hanno separato i cristiani e che non sono state ancora del tutto superate”… “Eppur si muove”… diceva già qualcuno nel passato. Lentamente ma si muove… anche la chiesa! Nelle interviste fatte in questi giorni ai rappresentanti delle varie chiese cristiane, leggevo e ascoltavo spesso questa domanda: a che punto è il cammino verso l’unità piena e visibile? Le risposte erano molto diverse
e spesso piuttosto pessimistiche. Io non so rispondere a questa domanda, non sono sicuro di dove stiamo andando, ma guardandomi indietro, anche nel nostro piccolo, mi vien da dire: però quanta strada abbiamo fatto! Magari il passo delle istituzioni ecclesiali è più lento, ha sempre bisogno di distinguere e di precisare, ma il popolo di Dio, quello delle parrocchie e delle comunità, cammina, ha imparato a volersi bene, ad avere rispetto e stima degli altri, sente che è molto di più ciò che unisce rispetto a ciò che divide, cerca di vivere esperienze spirituali comuni. Ci sono in proposito esperienze molto significative: penso a Taizè, a Bose e a tanti altri laboratori di unità. E’ in parte vero ciò che diceva recentemente il cardinal Kurt Koch: “L’unità dei cristiani oggi la rappresenterei così: tante villette mono-familiari, in cui le famiglie fanno vita indipendente e poi si invitano a pranzo di tanto in tanto”. Ma forse non è solo così… forse è un po’ meglio. Mi piace l’immagine che usa lo stesso cardinale per raccontare il movimento ecumenico negli ultimi 50 - 60 anni paragonandolo ad un viaggio in aereo. Dopo lunghi e complessi preparativi e controlli, finalmente il viaggio ha avuto inizio con una rapida corsa sulla pista e una salita vertiginosa verso il cielo (è il tempo del Concilio). Una volta raggiunta la quota e la velocità di crociera, ora è facile provare la sensazione che il mezzo non si muova più o che comunque proceda con lentezza. Tuttavia ogni passeggero nutre la certezza che l’aereo raggiungerà la sua meta… E’ lecito sperare che anche l’aereo ecumenico raggiungerà la sua meta, quella voluta da Cristo, più per grazia di Dio che per meriti umani. Dalla fede ci viene la convinzione che l’ecumenismo è innanzitutto un’opera grandiosa dello Spirito Santo e che lo stesso Spirito porterà a compimento il
suo disegno donandoci più di quanto osiamo sperare e più di quanto noi siamo capaci di collaborare. Abbiamo la certezza che Cristo anche oggi si fa ancora buon samaritano per l’umanità e per la sua chiesa divisa e in difficoltà, soccorrendola con l’olio della consolazione e il vino della speranza. Preghiamo perché tutto si compia secondo la volontà di Dio, perché si possa realizzare “quello che esige il Signore da noi”, come dice quest’anno il tema della Settimana. Rallegriamoci per ciò che già ci è stato donato e sforziamoci di compiere ogni giorno con serenità i passi che ci sono possibili in questo momento. Aggiungo a questa riflessione, un piccolo appello condiviso anche dalla pastora Janique e dalla chiesa evangelica di Bergamo, oltre che da questa comunità parrocchiale. Molti di voi qui presenti sono a conoscenza che qui a Gorle, già da qualche mese un gruppo di Cristiani evangelici della Chiesa di “Cristo pace e amore”, sono rimasti senza il luogo di culto in cui erano soliti ritrovarsi. Non abbiamo la competenza giuridica per valutare la giustezza della decisione presa dalle autorità locali e dal Tribunale Amministrativo Regionale (Tar) di chiudere il luogo di ritrovo di questa comunità cristiana… Questa situazione però ci dispiace, perché vorremmo che queste persone trovassero maggior ascolto e potessero concretamente manifestare la loro fede riunendosi in un luogo per la preghiera. Ci auguriamo quindi che l’interessamento di tanti produca a breve qualche risultato positivo per questa comunità cristiana, alla quale esprimiamo la nostra solidarietà e la nostra vicinanza nella preghiera. Con l’augurio che si trovi presto una soluzione positiva a questa incresciosa situazione che fa soffrire dei nostri fratelli nella fede. Tasca don Francesco, parroco di Gorle
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Raccontiamoci …
Raccontiamoci … Raccontiamoci … per conoscerci R
ivedo Francesca dopo tanti anni, e il pensiero mi riporta ai tempi della scuola, quando con i miei figli frequentava le elementari e le medie del nostro paese. La ricordo minuta, dolce, con grandi occhi azzurri, riccioli biondi ed il sorriso sempre pronto. Non è cambiata, anzi, ora è anche felicemente sposata con Juri ed è mamma di tre splendide bimbe. Li incontriamo nella loro casa in via Turati, dove nel soggiorno le piccole Irene e Lucia giocano sul divano con spensierata complicità, mentre Giulia partecipa ai saluti di benvenuto e
ascolta interessata le nostre presentazioni. Francesca e Juri si sono stabiliti in questa casa nel 2007, dopo una permanenza di 4 anni in via Martinella. “Non mi sarei mai allontanata dal mio paese, ci abito da una vita, qui c’è anche la mia famiglia di origine e ritrovo le mie amiche che ora sono mamme”. Francesca Strippoli è cresciuta alla Residenza Pony del quartiere Baio. Studia ma si dedica anche ad attività sportive come pallavolo, nuoto e ginnastica artistica, inoltre studia pianoforte, pittura e si diletta nella 12
realizzazione di quadri. Oltre al percorso di catechesi della parrocchia, partecipa anche alla proposta estiva di CRE e Pianezza. Dopo il diploma al Liceo Sarpi, si iscrive alla Facoltà infermieristica della durata di 3 anni. Dal 2003 ha lavorato agli Ospedali Riuniti, con esperienza nelle sale operatorie dei diversi reparti, ed ora da alcuni mesi si è trasferita nella nuova sede denominata “Papa Giovanni XXIII”. Juri Lotti è nativo di Faenza in provincia di Ravenna. Una giovinezza alquanto attiva dove, oltre allo studio, gioca nel-
la squadra di calcio dell’oratorio, pratica tennis, basket e studia per 3 anni chitarra e violino. Dopo gli studi per perito elettronico, arricchisce ulteriormente la sua cultura trasferendosi per 3 anni a Londra per l’approfondimento della lingua inglese. Alterna il lavoro, in un lussuoso albergo, il Savoy, allo studio conseguendo il diploma FIRST Certificate Cambridge. Rientrato in Italia, lavora in un albergo di Milano e successivamente, grazie all’inglese, per un’azienda tessile del gruppo Radici di Ponte Nossa. Dal 2007 è addetto alla vendita di auto SKODA nella concessionaria Bonaldi di Bergamo. Le giovani vite di Francesca e Juri si incrociano a Rimini durante una vacanza al mare. “Quando l’ho incontrato ho subito capito che sarebbe stato il padre dei miei figli”. È il 1999 e dopo 6 anni di fidanzamento decidono per il matrimonio, che sarà celebrato da Don Biagio Ferrari, il 24 giugno 2005 nella chiesa di San Fermo in Bergamo (la nostra chiesa parrocchiale era inagibile per restauri). E la famiglia via via si allarga. Alla nascita di Giulia nel 2003, seguono Irene nel 2007 e Lucia nel 2010. Giulia frequenta la IV elementare e dedica spazio anche alla danza classica, al nuoto, al catechismo e come la mamma, all’esperienza CRE. È una ragazzina piena di sogni per il futuro e le piace disegnare. Irene e Lucia sono all’asilo. Dalla nascita di Lucia, Francesca lavora part-time con turni di tre giorni la settimana con il validissimo aiuto, ci dice, “della mia santa mamma”. “Dulcis in fundo” la serata si conclude con la deliziosa torta al cioccolato preparata da Francesca, che Juri distribuisce con indubbia abilità. Piccoli ma grandi gesti che nella famiglia creano gioia e condivisione. È evidente la gioia di Francesca e Juri per la loro bella prole.
“La famiglia è il raggiungimento di un obbiettivo”. “Essere il padre delle mie figlie mi dà un senso di completezza. È una crescita in tutti i sensi. Finché non lo sei non lo puoi capire, finché non provi e rivivi tante situazioni che ti fanno crescere. È come rivedere un poco la propria vita, è una riscoperta …” .
C’è un tempo per nascere e un tempo per crescere e per riversare sui nostri cari tutto il bene ricevuto nella tenerezza della mamma e nella rassicurante protezione del papà. A Francesca e Juri un grandissimo grazie con specialissimi auguri per la loro bella famiglia. Rachele e Cinzia
Anniversari di matrimonio 2013 Da l l’ o m e l i a d i D o n F r a n c o
…Ora vorrei aggiungere qualche breve parola sulla famiglia e sul matrimonio dal momento che oggi celebriamo la festa della famiglia e degli Anniversari di matrimonio… Forse non è neanche necessario dopo quanto ci siamo già detti durante l’incontro di preparazione all’inizio di questa settimana. Ma in questi giorni i nostri giornali e le televisioni sono invase da tante troppe parole in vista delle elezioni, e queste parole spesso toccano a proposito e più spesso a sproposito anche le tematiche familiari e il matrimonio, con proposte sconvolgenti e assurde. Noi dobbiamo, come cittadini e come credenti, scegliere con chi vogliamo stare e da chi vogliamo farci illuminare: dalle parole troppo interessate dei partiti o dalla Parola di Dio? S. Paolo nella Lettera ai Colossesi 3,16 così esorta gli sposi cristiani: “La Parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente; (ricorrendo ad essa) ammaestratevi e ammonitevi con ogni sapienza. E tutto quello che fate in parole ed opere tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di Lui grazie a Dio Padre”. E’ sotto gli occhi di tutti che oggi le famiglie sono più fragili e più instabili di un tempo: voi però siete l’esempio concreto della possibilità che un matrimonio nato dall’amore e dalla libertà, duri per sempre. Voi siete la risposta alla paura di sposarsi e alla paura di impegnarsi per tutta la vita. Ritengo che l’amore che già in partenza non vuole essere fedele, sia una grande menzogna detta non solo a parole, ma con tutto il proprio corpo e il proprio essere. Perché non c’è amore vero che non voglia essere eterno e totale.
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E sono anche convinto che il matrimonio e la famiglia tradizionale rimangano un bene eccellente per le persone, per la società e per la chiesa; un bene quindi da proteggere e da salvare ad ogni costo, opponendoci alle ideologie che lo vorrebbero distrutto e già lo dichiarano in estinzione. La famiglia è la realtà che ancora può salvarci nella situazione difficile che stiamo vivendo garantendo le dimensioni fondamentali della vita di ogni persona: gli affetti, il bisogno di aiuto reciproco, la trasmissione della vita e dei valori, il sostegno e l’assistenza ai più deboli, l’educazione delle nuove generazioni. Distruggere la famiglia significherebbe distruggere le persone e distruggere la società… Ritengo che matrimonio e famiglia siano il più bel dono che Dio abbia fatto all’umanità, un dono a sua immagine perché rispecchia la SS. Trinità. Ringrazio voi sposi, che questo progetto d’amore lo state realizzando già da diversi anni, portando pazienza nei momenti difficili, perdonandovi a vicenda, riprendendo da capo il cammino ogni giorno, mantenendo ad ogni costo la parola data… sapendo che non c’è alternativa ad un amore fedele. Il matrimonio cristiano non è solo comunione spirituale e corporea tra un uomo e una donna, ma è anche comunione con Gesù Cristo, il quale è coinvolto con noi nel matrimonio sacramento e ci rende capaci di amare, di accoglierci l’un l’altro e di donarci in piena libertà e per sempre. Nessuna coppia è chiamata al matrimonio esclusivamente per la propria soddisfazione. Ogni coppia sposata, è un dono per la chiesa e per il mondo, perché è icona, immagine vivente di Cristo, che ama la sua sposa, la Chiesa, e che si dona sacrificandosi per lei, fin sulla croce”.
Lettera di don Elvio dalla Costa d’Avorio Abengourou, febbraio 2013
C
aro don Franco e Comunità parrocchiale tutta di Gorle, mi faccio vivo in un periodo di vera stagione secca - non piove da metà novembre - e ventosa. Un vento, l’harmattan, che porta polvere perché scende dal deserto del Sahara e fa diminuire un poco l’enorme umidità di questa terra equatoriale. La situazione socio-politica del paese è di normale amministrazione, salvo che c’è ancora molto banditismo armato, come c’è sempre parecchia povertà, benché ufficialmente si annunci una crescita economica di 8 punti. Alla fine marzo sono previste le elezioni comunali e regionali: le ultime risalgono al 2001. Sembra che non tutti i partiti saranno presenti, poiché la cosiddetta riconciliazione tra forze politiche è ancora lontana. Un dato che mi addolora e mi sorprende particolarmente e negativamente è il fatto che si pensa e si parla in termini politici e ben poco in termini umani. Come se si fosse trattato di una banale, tranquilla corsa al potere, mentre c’è stata una guerra con migliaia di vittime e distruzioni. Mi sembra purtroppo di dover affermare che da quando, alla vigilia del Natale 1999, le armi entrarono direttamente nel campo politico ivoriano con un colpo di stato militare, non c’è più stata vera pace... Sto vivendo il mio secondo anno come direttore del centro diocesano di spiritualità San Kizito. Non ho incarichi parrocchiali, ma sono tuttora economo diocesano. Il centro di spiritualità consta di due
parti: una con più edifici, per accogliere persone e gruppi in ritiro spirituale o anche in formazione professionale; l’altra, all’aperto, come Santuario di nostra Signora delle Grazie. L’accesso all’area mariana è libero e gratuito e vede ogni giorno qualche persona in preghiera davanti ad una bella statua della Vergine, che con il piedistallo, raggiunge l’altezza di 8 metri. Come in tutti i santuari mariani ognuno viene con i suoi problemi quotidiani invocando, anche con lunghe ore di preghiera, la grazia sospirata. Sovente i sospiri arrivano anche davanti al padre direttore in forma di confessione, di pazienza, di ascolto, di domanda di aiuto concreto. Ogni giorno celebro la Messa ricordando i benefattori defunti e viventi: qualche volta da solo, altre volte con gruppi o famiglie. È una bella esperienza la messa domenicale che celebro alle 11, dopo le
messe nelle 8 parrocchie cittadine: ho cominciato con 2 o 3 persone, ora ne arrivano 30-40 ogni giorno festivo, poiché il centro è situato a un kilometro dalla città capoluogo, Abengourou. I ritiri sono sempre di sabato e domenica, organizzati e seguiti da me o da altri sacerdoti e laici. Fu molto bello il ritiro di Natale, ma anche altri ritiri con molti catechisti e giovani a gennaio: arrivarono qui ben 516 giovani. Sono stato particolarmente contento del Natale vissuto con una settantina di bimbi portatori di handicap: immaginatevi che festa! Ora, in quaresima, ogni venerdì vedrà la mattinata dedicata all’adorazione, a seguire la messa e alle 12.30 la via Crucis. Mando cordiali saluti e auguri di Buona e Santa Pasqua a tutti e in particolare al gruppo missionario e a tutti i benefattori e benefattrici! Don Elvio Nicoli
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Lettera di Padre Benigno dal Cameroun C
aro don Franco e gruppo missionario, mi è stato affidato il compito di seguire le CEB (comunità ecclesiali di base) sia qui al centro che nelle succursali. Ai cristiani cioè è chiesto di radunarsi una volta anche durante la settimana per meglio condividere tra loro la Parola di Dio della Domenica, e per accostarla alla vita concreta. Per un salto di qualità nella vita cristiana è necessario da una parte una conoscenza approfondita della “Parola di Dio” e dall’altra una “esperienza vera di fraternità” nella vita quotidiana, sull’esempio classico della comunità degli “Atti degli apostoli”. Questo è possibile solo in gruppi di cristiani in numero limitato (non masse) e viventi nello stesso quartiere. Il rileggere insieme la Parola di Dio, scoperta come Parola di vita (che ci conduce a valori profondi), e trovando le modalità e le occasioni di condividere gioie e dolori come una grande famiglia in Cristo, ci aiuta a essere veramente luce e sale nel nostro am-
biente e a costruire in umiltà un mondo di pace. Noi occidentali accentuiamo l’individualismo ed eleviamo grandi barriere di diffidenza. Qui, nella semplicità dei poveri, è più facile accogliersi e collaborare, in nome della fede. Nel concreto però è difficile per tutti amare e servire con gratuità, e accettare le lentezze e le spigolosità dei caratteri. Lo vediamo all’interno della famiglia stessa. Ed è bello vedere quanto coraggio e quanta generosità la gente è capace di testimoniare quando
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è motivata profondamente. A Pont de Noun c’è una catechista, Cecile, che era prima in un matrimonio poligamo e aveva ricevuto il “Battesimo di desiderio”, cioè, avendo fatto il percorso catecumenale, ha ricevuto il riconoscimento che era pronta al Battesimo qualora questo fosse stato possibile. Restata vedova, ha ricevuto il battesimo e si è ritrovata a essere lei a dare entusiasmo alla piccola comunità cristiana. Abita lontano e percorre una lunga distanza ogni volta che si raduna la comunità. Ha ancora figli a carico ma riesce a trovare modo di partecipare egualmente e generosamente all’impegno economico della comunità con i prodotti dei campi che coltiva. Canta, spiega la Parola di Dio traducendola in lingua, organizza le iniziative e trasmette la gioia di una profonda riconoscenza a Dio. Certamente queste persone saranno davanti a noi in Paradiso… La prego di estendere i codiali saluti a quanti mi conoscono nella comunità P. Benigno
CORSO CENTRALE 2013 Animatori non si nasce, si diventa. Provocazione? Frase ad effetto? No, semplicemente verità. Non ci sono libri o manuali che spiegano come essere animatori, ma l’esperienza, la formazione e la volontà fanno sì che anno dopo anno, CRE dopo CRE, si diventi sempre più bravi nel vestire questo ruolo! Una caratteristica che il “bravo animatore” deve avere è il METTERSI IN GIOCO: durante le quattro domeniche di Corso Centrale 160 ragazzi l’hanno fatto, confrontandosi gli uni con gli altri e affrontando, insieme, paure e dubbi, che magari albergavano in ognuno di loro. La prima domenica ci è stato chiesto proprio questo: di condividere un’incertezza, un problema, sorto durante la propria carriera da animatore, del quale, magari, non se n’è mai riuscito a parlare. A tutto si è provato a dare una risposta, ma non una risposta banale, ma una risposta esauriente e completa, che ha “annientato” ogni perplessità. Il secondo incontro era dedicato agli oratori: a volte, quando si visitano altri oratori, si finisce col dire che il proprio è piccolo, è vecchio, è brutto...! Gli educatori ci hanno dato la possibilità di costruirne, con cartone e cartoncini, uno che per noi rispecchiasse il titolo di “Oratorio Perfetto”. Due ore sono bastate per far uscire oratori giganteschi, forniti delle più avanzate tecnologie...forse inutili; dopo una lunga riflessione in-
fatti, abbiamo capito che l’oratorio lo fanno le persone che lo vivono pienamente. Un oratorio è bello, se delle belle persone lo frequentano. Siamo già arrivati a metà del nostro entusiasmante percorso, purtroppo! Domenica complessa la terza, che ci ha portato a riflettere su cose che magari non ci erano mai passate per la testa: difficile è stato soprattutto chiarire il significato della parola Spiritualità. Tutti, o quasi, avevamo un’idea di cosa fosse, ma erano idee confuse, che solo grazie agli educatori e all’opinione di tutti sono diventate basi solide sulla quale discutere. Quarta ed ultima domenica quella del 3 febbraio, che ci ha portato faccia a faccia con un animatore di carta, sul quale dovevamo scriverci, secondo il nostro parere, a cosa servivano le parti del corpo che lo componevano. Le braccia per abbracciare, le gambe per giocare, la testa per essere responsabili, tutte cose vere, ma forse caratteristiche che non tutti gli animatori hanno. Di sicuro esiste l’animatore più paziente, quello più divertente, quello più severo, ma se in un oratorio mancasse una sola di queste persone non sarebbe lo stesso, perchè mancherebbe quel ruolo, importante, che nessuno saprebbe sostituire. Questo Corso Centrale è stata una bellissima esperienza, piena di emozioni e divertimento: i balli, la preghiera, i giochi, le attività, la rilettura, tutti momenti vissuti, per chi ha saputo mettersi in gioco, a 360°. Momenti difficili da dimenticare e anche primo passo per diventare dei bei animatori. Ricordatevi, tutti possono essere animatori o non esserlo, dipende dalla responsabilità che ognuno ci mette nel farlo.
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ASSOCI….AZIONI
Benvenuti nella mini rubrica delle Associazioni ASSOCI….AZIONI
ARCA-AVIS-AIDO:
Carnevale! Domenica 10 Febbraio i giovani e i bambini che hanno partecipato alla sfilata e al Carnevale in oratorio hanno goduto di una splendida giornata di sole, e la manifestazione ha potuto realizzarsi al meglio. La collaborazione con i giovani dell’Oratorio che hanno animato la festa, vestiti da allegri e coloratissimi puffi (anche il Don, come si vede in foto), ha permesso che si potesse vivere un momento di sana allegria, sfilando nelle vie del paese. Le associazioni hanno offerto le chiacchiere (che sono andate a ruba), il the e il vin brulè, molto graditi viste le quantità consumate. Ringraziamo tutti quanti si sono adoperati per una laboriosa programmazione e realizzazione (il Don, gli organizzatori, i volontari e animatori, le cuoche delle “chiacchiere”, R.P. che ha prestato il furgone per il carro di apertura della sfilata, ecc.), e non ultimi quelli che hanno poi, in serata, rassettato il campetto al termine della manifestazione.
AVIS: Domenica 17 Febbraio si è svolta l’Assemblea Elettiva dell’Avis 18
Comunale di Gorle. E’ stato presentato un dettagliato resoconto delle attività svolte nel 2012 e dei possibili programmi delle attività e manifestazioni per il prossimo futuro. I presenti hanno avuto modo di tenersi aggiornati in merito alle problematiche e alla situazione economica dell’Associazione. I dettagli delle relazioni e i libri dei conti economici sono disponibili, alla visione, per tutti gli avisini. Sono stati eletti i componenti del Consiglio Direttivo che resterà in carica
nel prossimo quadriennio. Nella prima riunione del nuovo Consiglio saranno delegate le funzioni ed espresse le nomine, che saranno rese note sul prossimo bollettino. All’ordine del giorno è stato evidenziato il difficile ricambio dei volontari all’interno degli organi direttivi. Problema di quasi tute le associazioni, ma non scusante. Perciò si è definito che saranno poste in essere più attività di coinvolgimento dei giovani donatori gorlesi, che sono in aumento ma che non hanno tempo di partecipare attivamente alla vita associativa sul territorio. A tal fine invitiamo i giovani gorlesi a comunicare il proprio indirizzo mail a - avisgorle@avisbergamo.it - cui potremo inviare, in tempi rapidi, le informazioni inerenti le attività, sperando in una partecipazione.
ARCA-AVIS-AIDO:
Si sta progettando la biciclettata. Il programma sarà, come per lo scorso anno, una piacevole sorpresa. Attendiamo suggerimenti da quanti vorrebbero si organizzasse la biciclettata in luoghi belli e interessanti.
CENTRO SOCIAL - GORLE
Associazione di promozione sociale per anziani e pensionati
Piazza Papa Giovanni XXIII - 24020 Gorle (BG) Tel. e Fax 035.664851 - P.I. 01451650160 e-mail: centrosocialegorle@gmail.com
CENTRO SOCIALE - GORLE Associazione di promozione sociale per anziani e pensionati (ma non solo!) Il Centro Sociale di Gorle, sito in Piazza Papa Giovanni XXIII, è nato nel 1983 (nei locali delle vecchie scuole comunali) per iniziativa congiunta della Associazione di promozione sociale “Centro sociale pensionati” e del Comune di Gorle. L’attività del Centro è inquadrata come progetto sociale nello Statuto della Associazione, è regolamentata dalla “convenzione” con il Comune di Gorle, definita nel “Programma annuale” associato alla convenzione con il Comune, e gestita a cura del Comitato di Gestione. Il Centro è stato concepito principalmente come punto di incontro per la vita di relazione delle persone anziane, ma è aperto ad ogni forma di incontri di socializzazione con le diverse realtà comunali (istituzioni, associazioni, volontariato ecc., in occasione di ricorrenze, celebrazioni o altro (vedi la foto in occasione degli auguri per le festività del Natale). Il programma per il 2013 prevede attività standard di tipo ludico (bocce, bigliardo, carte, tombola), ma anche attività finalizzate al benessere fisico (corsi di Ginnastica, Yoga), nonché incontri formativi o culturali (Gruppo culturale “Leggiamo e discutiamo” e progetto “Salute ma non solo), incontri periodici per e con gli anziani”, organizzati insieme con il Comune. Come eventi speciali nel corso del 2013 sono previsti: n. 2 gite sociali (in primavera e autunno), n.2 cene sociali (in primavera e autunno), incontri conviviali a ferragosto, auguri di Natale e Pasqua, occasioni per au-
guri / incontri con le diverse associazioni di volontariato di Gorle, nonché una S. Messa a ricordo dei soci defunti (martedì 5 febbraio). Sono inoltre allo studio nuovi progetti: corsi interni di carte (burraco, bridge), corsi per l’uso del PC (col metodo Eldy specifico per le persone anziane); ma anche iniziative quali gruppi di cammino, banca del tempo, assistenza / accompagnamento (volontariato), nonché, insieme con il Centro Ricreativo Sociale di Pedrengo, corso di ballo liscio, corso di tango terapeutico, corso di difesa personale. In fase di conclusione anche un potenziamento della attività bocciofila (uno dei fiori all’occhiello del Centro) insieme con la bocciofila di Grassobbio. Dal 2006 il Centro ha aderito alla ANCeSCAO “Associazione Nazionale Centri Sociali, Comitati Anziani e Orti” ed è impegnato nell’Esecutivo del Coordinamento Provinciale della associazione, sia per i diversi progetti a livello provinciale (tornei di carte e bocce, festa del nonno a ottobre, ecc.), sia per le attività di più ampio respiro quali ad esempio il progetto
UE 2012 “Invecchiamento attivo e solidarietà generazionale”. Come Associazione di promozione sociale (APS) le attività del Centro, rigorosamente basate sul volontariato, sono rivolte agli associati: l’iscrizione è obbligatoria (6,00 € l’anno). A differenza delle altre organizzazioni di volontariato (Onlus o altro) che rivolgono i loro servizi all’esterno, le APS operano “a progetto”, senza riferimento a un tariffario ogni volta che si fa qualcosa, e offrono non solo solidarietà, ma anche fratellanza, e un po’ di sana convivialità. Il Centro si propone come possibile riferimento non solo per gli anziani di Gorle ma anche per tutti i cittadini, le associazioni e le istituzioni, confermando la propria disponibilità per valutare ogni opportunità di “costruire” insieme comunità, mediante eventi o iniziative o progetti. Il Centro è aperto ogni pomeriggio dalle 14 alle 18.30. Riferimenti: Il Presidente Carlo Esposito e la segreteria (Tel. e Fax 035.664851) oppure Gianfranco Camponuovo (cell. 3478879111). E-mail centrosocialegorle@gmail. com
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PUNT O
di VISTA
gni anno il numero del mese di “Il cervello: marzo del nostro bollettino parse lo coltivi funziona. Se rocchiale dedica uno spazio per rilo lasci andare cordare la ricorrenza della festa della e lo metti in pensione si donna. Quest’anno abbiamo pensato indebolisce. di dedicare un ricordo speciale a una La sua plasticità grande figura del nostro paese, molto è formidabile. conosciuta per i risultati raggiunti in campo scientifico, per la pacatezza Per questo bisogna dei modi e anche per la straordinaria continuare a pensare”. longevità. Mi riferisco a Rita Levi Montalcini, da poco scomparsa e di sottoscritto da dieci “scienziati” ita- parte dell’esercito tedesco rende necui, per chi non la conoscesse ancora, liani: i suoi effetti immediati furono lo cessario nascondersi a Firenze, dove vorrei raccontarvi la vita straordinaria sbarramento delle carriere accademi- la Montalcini stringe diversi contatti attraverso la sua biografia. Sicura- che e professionali ai cittadini italiani con i partigiani del Partito di Azione. mente è stata una donna forte, deter- di “razza non ariana”. Nel ’44 gli Alleati costringono i tedeminata e controcorrente. Un grande Dopo un breve periodo passato a Bru- schi a lasciare Firenze; la Montalcini esempio. xelles come ospite presso un istituto diviene medico presso il Quartier GeRita Levi Montalcini nasce a Torino il neurologico, la Montalcini torna a nerale anglo-americano e viene asse22 aprile 1909 da Adamo Levi, un in- Torino durante l’invasione del Belgio gnata al campo dei rifugiati di guerra gegnere elettronico, ed Adele Montal- da parte dell’esercito tedesco (priprovenienti dal Nord Italia. cini, pittrice. Nonostante il padre nu- mavera del 1940) e raggiunge la faTerminata la guerra, torna a Torino trisse un grande rispetto per le donne, miglia: le uniche alternative possibili con la famiglia. Nel ‘47 viene invitata cionondimeno pensava che una loro erano emigrare negli Stati Uniti o dea St Louis dal professor Viktor Hamcarriera professionale avrebbe potuto dicarsi ad attività che richiedessero burger per ripetere gli esperimenti interferire con le cure familiari: per la minima quantità di contatti con il sugli embrioni di gallina iniziati molti tale motivo decise che Rita e le sorel- “mondo ariano” nel quale vivevano. anni prima. Nel ‘56 diviene profesle - Paola ed Anna - non avrebbero La famiglia Levi opta per la seconda sore associato nell’Università delcontinuato gli studi e, quindi, non si alternativa, e Rita Levi Montalcini inla città americana e, due anni dopo, sarebbero iscritte l’università. stalla una piccola unità di ricerca nel- professore ordinario (fino al 1977). Tuttavia, all’età di venti anni, Rita la sua stanza. Il suo progetto ha inizio Levi Montalcini si rese conto che il quando Giuseppe Levi - anch’esso Nel 1962 crea una équipe di ricerca ruolo femminile concepito dal padre costretto a lasciare Bruxelles - torna a Roma e, dal ‘69 al ‘78, ricopre la non le si addiceva, e così gli chiese il a Torino. Il pesante bombardamento carica di direttore presso l’Istituto permesso di tentare una carriera pro- della città da parte degli Alleati nel di Biologia Cellulare del C.N.R. di fessionale: in otto mesi riuscì a termi- 1941, costringe la famiglia Levi ad Roma. Prima del ritiro, nel 1979, dinare gli studi superiori e ad iscriversi abbandonare la città e trasferirsi in venta Guest professor presso lo stesso alla facoltà di Medicina presso l’Uni- campagna. La situazione precipita nel istituto. Nel 1986 le viene assegnato il Premio versità di Torino. ’43, quando l’invasione dell’Italia da Nobel per la Medicina insieNel 1936 Rita Levi Montalme al biochimico americano cini si laurea con il massimo “Nella vita non bisogna mai rassegnarsi, Stanley Cohen (suo studendei voti; subito dopo inizia a arrendersi alla mediocrità, te) per le ricerche volte alla frequentare un corso di spebensì uscire da quella “zona grigia” comprensione dei fattori che cializzazione in neurologia e in cui tutto è abitudine promuovono la crescita delle psichiatria. Sempre nel ’36, e rassegnazione passiva”. cellule nel sistema nervoso peMussolini pubblica il “Manifesto per la difesa della razza”, riferico. (Dal suo libro “La clessidra della vita”). 20
L’angolo della poesia
L’angolo della poesia Il mistero di Nicodemo
(Emily Dickinson)
Qualcosa di cambiato nell’aspetto dei monti Una luce splendente che riempie il villaggio Un’aurora più vasta Più profondo il crepuscolo sul prato L’orma di un piede vermiglio Un dito porporino sul pendio Una mosca insolente contro i vetri Un ragno che torna al suo lavoro Più maestoso l’incedere del gallo Un’attesa di fiori dappertutto L’ascia che canta stridula nei boschi Odor di felci su vie non battute Queste e altre cose che non posso dire L’aria furtiva che anche voi sapete Ed il mistero di Nicodemo Ha la sua replica annuale! Emily Dickinson ci fa un elenco di quello che osserviamo quando la natura, in primavera, inizia pian piano a risvegliarsi, a rinascere: la luce che si fa più splendente, gli animali che tornano a scorrazzare per l’aia o per i boschi, i fiori che riempiono di mille colori i prati, il boscaiolo che riprende il suo lavoro dopo la pausa invernale, le felci che crescono rigogliose lungo i sentieri poco frequentati. Tutto questo ed altre cose che sarebbe troppo lungo elencare, ci dice la Dickinson, rappresentano la rinascita della natura, ma per l’uomo c’è una rinascita più importante: quella dello spirito. Infatti “il mistero di Nicodemo” è la rigenerazione, l’uomo che rinasce nello spirito. Il Vangelo di San Giovanni al capitolo 3 versetti1, 5 recita: “Vi era tra i farisei un uomo di nome Nicodemo, uno dei capi dei Giudei. Costui andò da Gesù, di notte, e gli disse: «Rabbì, sappiamo che sei venuto da Dio come maestro; nessuno infatti può compiere questi segni che tu compi, se Dio non è con lui». Gli rispose Gesù: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio». Gli disse Nicodemo: «Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?». Rispose Gesù: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio». Per l’uomo, quindi, c’è bisogno di una rinascita diversa, non dettata dalle stagioni, ma da un desiderio interiore che viene dall’alto. Emily Dickinson (10 dicembre 1830 - 15 maggio 1886) è considerata tra i maggiori poeti statunitensi del XIX secolo. Nacque da una famiglia molto in vista e passò, per libera scelta, la maggior parte della propria vita nella casa dove era nata. I temi delle sue liriche spaziano dell’amore alla morte, dalla natura a Dio. 21
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