GIORNALE DELL’ECOMUSEO COLLI DEL TEZIO
Periodico di Informazione e Cultura del Territorio
Anno 2 Numero 4 - € Zero
La nuova vita del Fuseum nel segno dell’arte Guido Maraspin
Pubblicista Freelance
Nelle sue memorie, il grande genio della débris art Brajo Fuso, racconta con particolari interessanti (particolori, si potrebbero definire) alcune delle direttrici del sistema creativo e del metodo artistico che gli erano proprie, processi fisici fin quasi magmatici, in cui è immersa la sua vena eccentrica, apparentemente stravagante e inusitatamente ambigua, oscillante con divertita sagacia tra simbolo e materia. Racconta Fuso nella sua autobiografia: “Strizzavo il colore dal tubetto e non con i pennelli ma aiutandomi anche molto con le dita, costruivo strani personaggi e anche delle figure. Un giorno mi capitò tra le mani un barattolo che conteneva vernice gialla... Afferrato il barattolo feci scendere su una tavola di legno rivoli e fili di colore: lo facevo andare in lungo e in largo, a girotondi. Il giorno dopo mi procurai altri barattoli: un rosso, un nero, un verde, un celeste. Perfezionandomi sulla distribuzione del colore lo feci scendere da un bastoncello appuntito buttandolo sopra al giallo del giorno prima; iniziai col rosso, poi ci passai il verde e il nero. Aspettai un’oretta prima di colarci il celeste...”. E’ a questo “giallo” che si potrebbe far risalire l’idea narrativa di
Domenico Madera, attore e regista, che ha allestito con la compagnia LE ONDE negli spazi ri-aperti del Fuseum, lo scorso sabato 18 luglio, lo spettacolo “Giallo al Fuseum”, affiancato sulla scena da Daniele Celli e Alessia Rosi. In realtà non è proprio così. Il salto il-logico, per così dire il link metalinguistico tra gli eventi proposti dal programma di “Un Parco… da favola”, rassegna di spettacoli teatrali e laboratori per bambini (tra i 5 e i 12 anni) messa “in campo” è il caso di dire, dall’assessorato alle politiche culturali e giovanili del Comune di Perugia in collaborazione con il Centro per la scienza POST e la Fondazione Ecomuseo Colli del Tezio - per la promozione di una cultura ambientale e scientifica fin dalla giovanissima età - con i personaggi colorati strizzati dal tubetto del giallo di Fuso, appare un po’ forzoso, se non del tutto improbabile. D’altra parte non si può nemmeno negare che in qualche modo, in qualche luogo del mondo (perché non il Fuseum?) deve essersi prodotta la teoria che “Giallo chiama Giallo”, come la piece messa in scena sabato ha sancito in maniera “perfetta”, con una dimostrazione scientificamente riuscita. Di questo “nuovo” giallo (ancora in vitro per il momento) ne parla Madera, che recita la parte di un menestrello, spostando nettamente il punto di vista e perfino l’oggetto: “Cosa può succedere dentro ad un cassonetto o in una discarica? Cosa mai si dicono un pezzo di ferro buttato e un rifiuto organico? (segue a pagina 5)
Il Fuseum di Monte Malbe Foto GFdS/Archivio Fondazione Ecomuseo
La Fondazione Ecomuseo Cosa, come, perché Gianmaria Fontana di Sacculmino Presidente Fondazione Ecomuseo Colli del Tezio ONLUS
L’idea di valorizzare questo nostro territorio e’ venuta ad alcuni di noi parecchi anni orsono, poco meno di una decina. All’inizio, i passi furono “tardi e lenti”, come recita un bel madrigale di Claudio Monteverdi, ma via via le cose ci apparvero sempre più chiare. Si passo’ dal collaborare con la 4° Circoscrizione, allora mirabilmente condotta da Nando Staccini, alla gestione della Pro Loco, riuscendo a costruire un protocollo d’intesa tra i tre Comuni, Perugia, Corciano ed Umbertide, che amministrano questa porzione di territorio. La Pro Loco, essendo limitata territorialmente e legata al solo Comune di Perugia, risulto’ essere poco adeguata e si penso’ ad una nuova formula che offrisse il maggior numero di vantaggi col minor rischio, considerate anche le “pericolosità’” che un’attivita’ territoriale comporta. (segue alla pagina successiva)
In questo numero
Il nostro territorio: Corciano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 Le prospettive. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 Il personaggio. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 Il nostro territorio - archeologia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 Il nostro territorio - cultura: spettacolo al Fuseum. . . . . . . . . . 5 Il nostro territorio - la natura. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6 Le Scuole e l’Ecomuseo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 Spazio Ecomusei. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 La ricetta di Cespo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
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Il Gruspigno
Anno 2 Numero 4
IL TERRITORIO - CORCIANO
L’Eremo di San Salvatore di Monte Malbe Immerso nel verde di monte Malbe, l’eremo di San Salvatore di Monte Malbe, (e non eremo del Sasso che si trova altrove), meglio conosciuto come “Romitorio”, conserva intatti il fascino e l’intimità dell’antico luogo. L’eremo venne costruito sul fianco nord del monte, a circa 520 metri s.l.m., in un luogo, al mattino, toccato dal sole prima della valle sottostante, ma alquanto esposto ai gelidi venti di tramontana. Un documento conservato nel monastero di Fonte Avellana ricorda come giorno di consacrazione della piccola chiesa il 22 febbraio e la sua dedicazione ai santi Salvatore, Maria, Giacomo, Cristoforo e Nicola; incerto, però, è l’anno. Nel 1139 l’eremo è comunque annoverato tra i beni della congregazione del monastero di Santa Croce di Fonte Avellana, nella Diocesi di Gubbio. Frequentato in seguito dai cosiddetti “fraticelli”, noti anche con l’appellativo di “fraticelli eretici”, e successivamente dai frati francescani di Perugia, nel 1507 tornò in possesso dei monaci di Fonte Avellana. Nel 1523 fu aggregato agli olivetani di Monte Morcino, fino alla metà del XVI secolo quando tornò ancora in mano degli avellaniti. Nel 1569, anno in cui la congregazione venne soppressa, fu declassato da priorato a semplice commenda. Alla fine dell’Ottocento il complesso era ancora annoverato tra le spettanze del Seminario vescovile finché, già al principio del XX secolo come beneficio semplice, viene acquistato da un possidente locale. Arrivarci è facile: basta affidarsi alla fitta rete di sentieri che attraversa monte Malbe. L’itinerario più agevole è certamente quello che da Corciano sale verso Colle della Trinità: lasciata la via principale ci si immerge all’ombra di querce e “lellaroni”, che ci accompagnano, passo dopo passo, proprio fino al monastero. Raggiungerlo, vederlo comparire a poco a poco tra gli alberi del bosco, è ogni volta una forte emozione; soprattutto per coloro che agli inizi degli anni Settanta del secolo scorso lo videro ridotto ad un cumulo di materiali ricoperti di erbacce. Entrando dall’unico ingresso della struttura, si accede ad una corte nella quale si aprono le stanze del monastero; una quiete quasi innaturale ci riporta indietro nel tempo a quando gli stessi ambienti erano adibiti a refettorio, a salone del capitolo e ad uso conventuale. In fondo al cortile vi è la piccola chiesa a pianta rettangolare, con abside semicircolare e sottostante cripta. Costruita probabilmente già nell’XI secolo, venne completamente ristrutturata tra XIV e XV secolo. L’unica navata fu divisa in due campate da un grande arco di rinforzo e la vecchia copertura a capriate venne sostituita da una volta a botte, nella prima campata, e da una volta a crociera nella seconda. Stando alle descrizioni riportate nelle visite pastorali, essendo questo un piccolo eremo di montagna, nella chiesa non vi furono mai arredi di elevato valore e pregio artistico. Più volte i vescovi, nei loro rescritti, ordinarono rifacimenti e aggiustamenti o, più semplicemente, invitarono i monaci a tenere la porta chiusa visti i palesi segni di “bivacchi di animali”; oppure di mettere i vetri alla finestra “perché entra ogni sorta di volatile”. Nell’unico altare vi era una tavola con la Madre di Cristo e santi, sostituita poi da una tela con il Salvatore in gloria tra i santi Lorenzo, Francesco, Giuseppe ed Agostino e, lungo la navata, presso la porta, di ingresso un affresco con San Sebastiano di fattura locale della seconda metà del XV secolo
(bottega di Bartolomeo Caporali), oggi appena leggibile. Questa pittura recava nella cornice un’iscrizione della quale, all’inizio del Novecento, si scorgevano solo le ultime sillabe di una parola terminante in “MANO”. Un’acquasantiera in pietra serena era effigiata con l’arme della comunità di Corciano con ai lati le lettere “D. R.”. Fu grazie alla sensibilità ed alla passione degli attuali proprietari che il complesso, pietra su pietra, con fedeltà e rigore, intorno alla metà degli anni Settanta, venne riportato all’antico splendore. Il 9 novembre 1977, giorno dedicato al SS. Salvatore, venne celebrata la riconsacrazione della chiesa e l’inaugurazione del Romitorio, che ritornò ad essere, come in passato, punto di riferimento per preghiera e meditazione Alberto Trombetta
Ufficio Cultura e Turismo Comune di Corciano
La Fondazione Ecomuseo. Cosa, come, perché (segue dalla prima pagina) Ci vennero in aiuto un famoso legale ed un notaio, entrambi milanesi, che assieme avevano inventato qualche anno prima una formula di particolare importanza che faceva perfettamente al caso nostro: la Fondazione di Partecipazione. Si tratta di un modello di fondazione che alle prerogative della fondazione somma quelle dell’associazione e che consente, specie nel campo dei beni culturali, la positiva collaborazione tra il settore privato (co-fondatori, aderenti e sostenitori) e gli enti pubblici territoriali (Regioni, Comuni, Provincie ecc.) e lo stesso Stato. Non è una nuova tipologia ma nasce dall’interpretazione degli articoli 12 e 1332 del Codice Civile combinati con l’art. 45 della Costituzione che riconosce e promuove la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. L’art. 12 CC, oltre alle associazioni e fondazioni, fa riferimento ad “altre istituzioni di carattere privato” ed offre così la possibilità di costituire delle entità diverse dalle associazioni e dalle fondazioni aventi comunque il diritto ad ottenere la personalità giuridica privata purché in possesso dei requisiti necessari. L’art. 1332 CC fa invece riferimento ai “contratti aperti”, che sono quei contratti in cui agli originari contraenti se ne possono aggiungere altri anche dopo la conclusione del contratto. Lo Stato, le Regioni, gli Enti Pubblici ed i privati possono quindi partecipare all’iniziativa come fondatori o aderirvi successivamente, senza bisogno di
modificare lo statuto ed hanno facoltà di nominare i loro rappresentanti nel Consiglio di Amministrazione secondo le indicazioni dello Statuto. I soci sono ripartiti in tre categorie: fondatori, aderenti e sostenitori. I fondatori sono privati, aziende o Enti finanziatori che contribuiscono in modo significativo a dotare la fondazione dei mezzi necessari per raggiungere i propri scopi. Gli aderenti ed i sostenitori versano somme di denaro una tantum o annuali o, ancora, donano beni materiali od immateriali contribuendo in modo determinante alla sopravvivenza dell’ente; aderenti e sostenitori si riuniscono nell’Assemblea di partecipazione che fornisce parere consultivo sui bilanci oltre a proposte per la programmazione dell’attività. L’assetto patrimoniale è composto da un Fondo Patrimoniale in senso stretto ed un Fondo di Gestione, utilizzabile per l’attività corrente e la gestione della fondazione. Per fare un esempio con questo strumento si può dar vita ad un museo con il contributo di enti pubblici proprietari di collezioni, di privati proprietari di beni d’interesse artistico che desiderassero devolverli a fini filantropici o che fossero disposti a sostenere l’iniziativa con contributi anche di modesta entità e con un gruppo di volontari che fossero disposti a prestare la loro opera. Ecco quindi, come questo modello giuridico è in grado, pur conservando un irrinunciabile elemento di autotutela, di coinvolgere le parti della comunita’ pubbliche e private che abbiano un attivo interesse alla finalità di valorizzare questo territorio
Il Gruspigno Periodico dell’Ecomuseo Colli del Tezio Redazione: strada Pieve Petroia 20, 06133 Perugia Anno 2 n° 4 - Luglio/Agosto 2009 Registrazione Tribunale di Perugia N. 32/2008 del 31/10/2008 Editore: Assoc. Amici dell’Ecomuseo Posta elettronica: ilgruspigno@ecomuseo.eu Sito internet: www.ecomuseo.eu Direttore Responsabile: Filippo Costantini Comitato di Redazione: Filippo Costantini, Aruna Fontana di Sacculmino,
Fabio Pippi, Nando Staccini,Renzo Zuccherini, Hanno collaborato a questo numero: Antonio Brunori, Claudio Giacometti, Guido Maraspin, Laura Matacchioni, Maurizio Matteini Chiari, Silvia Mucci, Walter Pilini, Ermanno Polla, Sergio Sacchi, Alberto Trombetta Disegni di: Angelo Speziale, Giovanni Tribbiani Progetto Grafico: Agosta&Nutini Impaginazione: F. Costantini Tipografia: Graphic Masters - Perugia Questo numero è stato stampato in 5.105 copie
Il Gruspigno
Luglio/Agosto 2009
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IL TERRITORIO - LE PROSPETTIVE
Superare diffidenze e perplessità per uno sviluppo di ampio respiro del nostro territorio Sergio Sacchi
Docente di Economia Università degli Studi di Perugia
Si è giunti a sostenere, nel precedente numero de “il gruspigno” che tanto una effettiva coscienza del luogo in cui si vive, quanto il costruire collettivamente un modello appropriato (coerente) e sostenibile di sviluppo quanto, infine, la definizione consensuale di uno statuto del luogo stesso devono essere considerati come i terminali di tre fasi precise e specifiche con cui arriva a maturazione un autentico “progetto locale”. A che serve mettere insieme consapevolezze, azioni condivise e codici valoriali “a futura memoria” e nell’interesse di tutti e di nessuno allo stesso tempo? Serve a porre delle basi meno fragili di quelle attuali al perseguimento di una convivenza civile. Aiuta, cioè, a comporre e fors’anche a rimuovere del tutto molti di quei conflitti e di quelle contraddizioni che appesantiscono l’agire della istituzioni e allontanano le persone dalla politica vissuta nel senso pieno e bello del termine. Si noti che, oggi, parte dei conflitti e delle contraddizioni derivano sempre più spesso anche da istinti di conservazione e comportamenti di autolegittimazione, ancorché involontari e inconsapevoli, da parte proprio delle istituzioni politiche e amministrative locali: la preoccupazione primaria di queste ultime, infatti, appare sempre più quella di frenare o contrastare la domanda sociale di innovazione e il fabbisogno di strumenti di confronto all’altezza dei tempi (nell’età di Internet e di Facebook). Consideriamo, ad esempio, il caso delle circoscrizioni municipali.
Queste erano state intese e proposte anche come ambito di pre-selezione di tematiche di interesse per l’intera comunità cittadina: quando bloccare una strada per la festa del quartiere comporta interrompere il transito intraurbano; o quando un aumentato carico di residenti richiede il reperimento di aree di sosta e parcheggio, spazi ludici e altri luoghi attrezzati per impedire un effetto a catena di sovraccarico nei quartieri vicini. Col tempo sono sembrate diventare più istituzioni di presidio politico e di ammorbidimento di rivendicazioni suscettibili di trasformarsi in proteste elettorali e abbandonare così un ruolo di palestre di sperimentazione, in ambiti più delimitati, di nuovi “giochi” partecipativi. Il loro ruolo si è isterilito in attività di regolamentazione in un contesto formale consolidato e non hanno raccolto la sfida di fungere da strumenti di regolazione in uno scenario da ricostruire anche con la partecipazione diretta dei protagonisti locali. Peraltro, il molto che pure è stato fatto è dipeso più dal protagonismo di pochi che da un soddisfacente funzionamento “medio” delle stesse. D’altra parte, proprio il dibattito sul numero ideale di circoscrizioni e problematiche connesse non ha suscitato nella cittadinanza particolari emozioni e convinte attenzioni: disinformazione? Chiusura nei recinti dei propri particolari interessi? O diffidenza nei confronti di una discussione pilotata dall’alto e incanalata in canali obbligati e fuorvianti: quante circoscrizioni per ridurre i costi senza perdere in (bassa) qualità di vita civica? O non piuttosto un sintomo della necessità di far affluire nuova linfa vitale, in nuovi spazi e con nuove regole e meglio se dal basso. E’ questa la sfida che attenderà, tra le altre, anche la ex 4.a Circoscrizione e soprattutto i suoi quasi 15 mila abitanti. Che si rinnovino le circoscrizioni o si introducano i comitati le scelta sarà più radicale che mai: rinunciare a dare veste autonoma, per quanto possibile, alla elaborazione programmatica del lavoro oppure rispondere in modo moderno ad
una domanda latente di coinvolgimento anche se in forme ancora troppo individualiste e contingenti. In effetti, nell’epoca delle crisi delle appartenenze, dell’appannamento delle identità e dell’insofferenza per le forme più appassite della politica un progetto locale che valorizzi, per quello che sono effettivamente, le forme di lavoro autonomo, i lavori artigiani, i nuclei di piccola impresa e tutto ciò che può rientrare nella più generale nozione di “tessuto produttivo molecolare” può anche suscitare diffidenza e perplessità sia in autorità di governo assuefatte a modalità di esercitare quel governo in forme tradizionali e inadeguate sia nelle popolazioni avvezze a delegare o comunque sfiduciate per cumulo di esperienze pregresse. Ma diffidenza e perplessità devono essere superati come pre-condizione per avviare quel percorso - che costituisce il filo conduttore di queste riflessioni a misura di “gruspigno” - finalizzato alla elaborazione di statuti propri, al consolidamento di canali di conoscenza e di legami fiduciari tra le imprese e all’esercizio di spazi di autogestione “indigena” per dare respiro, dignità e prospettive di sostenibilità al proprio progetto di sviluppo: uno sviluppo del quale fanno pienamente parte, col loro carico di memorie e di valori, le esperienze di mercati a chilometri zero, le cene delle nonne, gli spazi di convivialità “glocale”, in cui le risorse alimentari del luogo mostrano la loro flessibilità nel permettere il confezionamento di cibi del mondo, il recupero di un rapporto con le cose e con gli strumenti e il rinnovarsi di una memoria degli oggetti. Per questa via, nella società locale, si recupererebbe persino il senso del lavoro: accorciando le distanze, ove possibile, tra lo spazio del produttore e quello del consumatore, tra la dimensione del raccontare e quella dello sperimentare, in un contesto di conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro, di liberazione dalle regole dei valori di scambio e di scoperta di una rinnovata capacità di governo dei valori d’uso delle cose
IL PERSONAGGIO - IL RACCONTO DEL SIGNOR LUIGI PIPPI DI ANTOGNOLLA
Nella cronaca dal fronte i drammi della guerra Silvia Mucci Antropologa
“So partito per la guerra il 3 de gennaio del ‘41, so stato mandato ad Ancona al 93 fanteria. Lì semo arrivati a Chiaravalle con gli anziani, poi gli anziani sono andati in Jugoslavia e noi a fa l’campo a Fabriano, dove ce n’segnavano a tirà. L’27 agosto semo arrivati a Bari, semo m’barcati e semo sbarcati a le bocche de Cattaro chiamate così perché è n’pezzo de mare ristretto, è come na fortezza. Anche nella prima guerra mondiale era tenuto come un riparo, un posto de sicurezza. Sem partiti da Cattaro, semo andati a Gracovo e lì em trovato da fa. Semo arrivati e semo subito stati accerchiati.
Siccome la mì compagnia era de rinforzo e andava dove c’era bisogno e sicché venivon gli apparecchi a portà l’sale, toccava gillo a pijà: c’eran quattro carri armati piccoli e semo passati n’mezzo a due de questi che tiravon per andà a prende stì sacchetti de sale. L’2 de dicembre n’vece, dovevamo arrivà su un forte che era de la prima guerra mondiale, dovevamo andà lassù a vedè se c’erano i ribelli (ndr gli slavi) e n’vece l’em trovati prima. E lì è stato n’giorno brutto. Rignicoli che era stato n’licenza, ch’era n’ragazzo tanto bravo tanto bono, ha preso na fucilata, gli hanno aperto la pancia ma non gli hanno toccato i budelli. L’portaferiti che era uno de Perugia, un certo Sperandio e uno de Modena Monari l’han preso ma pel portallo via han ferito Monari. A Monari na pallottola de rimbalzo gli ha preso ta l’elmetto, gli ha fatto n’buco ta la fronte. Allora Sperandio ha carcato Monari e ha lasciato gì Regnicoli e Regnicoli è rimast t’lì. Sarà morto.
Dopo l’primo attacco l’capitano ha chiamato la prima squadra avanti e Capriotti era de la prima squadra. Non ha fatto manco dieci metri e Capriotti è morto. L’capitano doveva pensà ad artornà, no a gì avanti che nn’era caso. Questa è n’opinione mia: se tiravon da tutte le parti dove dovevamo gì? A la sera semo arrivati giù coi feriti ma l’peggio era sto Monari che gli evon abozzato la testa. Lì ce semo stati dal 2 al 26 dicembre. L’26 so arrivati i rinforzi e semo arpartiti ma eravamo affamati. A me m’era venuto a trovà n’paesano ma più che paesano semo arrivati n’sieme, em fatto i birichini n’sieme. Lui era calzolaio. M’è venuto a trovà, m’ha portato i fichi secchi, m’ha portato n’po’ de biscotti e poi me so addormentato ch’ero morto. L’giorno de Natale gli ufficiali han fatto le pagnotte de granturco e ce ne hanno date una per una e poi un pezzetto de carne de mucca, ma piccolo, nn’era niente. Allora io me so fatto dà l’pastrano (ndr cappotto) da
Fiorenzoni so gito a macinà l’granturco coi sassi e poi ne ho fatte due saccocciate e l’giorno de Natale l’em fatto bollì. Em cavato la fame n’quel modo”. Luigi Pippi torna dal fronte nel ‘44 e viene assunto come dipendente ad Antognolla, in qualità di muratore. Lì Gigino conoscerà anche la Sandra con cui non molto tempo dopo convolerà a nozze. La fine della seconda guerra mondiale farà chiudere i battenti alla società mezzadrile e spingerà i contadini a cercare lavoro come operai all’interno delle fabbriche. I ricordi della guerra rimarranno impressi nel cuore e nella mente di Luigi che, nonostante l’età, ancora non dimentica le vite spezzate, le fughe rocambolesche, i luoghi attraversati, la paura, il dolore per la perdita un amico, gli scampoli di gioia strappati all’atrocità dei bombardamenti, la solidarietà che si respirava tra i suoi compagni al fronte
Il Gruspigno
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Anno 2 Numero 4
IL NOSTRO TERRITORIO - ARCHEOLOGIA
Monte Tezio 2009. La terza campagna di scavo Maurizio Matteini Chiari
Docente di Urbanistica del Mondo Classico, Università degli Studi di Perugia Direttore della campagna di scavo
L’orizzonte lontano di Perugia culmina nella rassicurante dorsale delle cime gemelle di monte Tezio. Quasi ritagliate nel cielo. Un segno, un riconoscibile perno territoriale, un limite visivo, ma anche il simbolo della città estesa. Un sicuro confine politico. Di qui e da una serie documentale di indizi topografici, già noti e comunque facilmente rilevabili sul terreno, si è concepita, anni fa, l’idea di uno scavo della sommità del monte. Interessava coglierne concretamente, in superficie e più ancora in profondità (l’unico modo possibile), la storia prolungata, delineare possibili configurazioni occupazionali e riscontrare tracce di frequentazione, insomma interessava la scoperta del vissuto quotidiano di genti che, generazione dopo generazione, erano riuscite nell’intento di mutare l’aspetto originario della cima riconducendolo pressoché alla forma attuale. Quasi plasmandone l’assetto, certo rapportando quest’ultimo alle proprie mutevoli (e difficili) situazioni di vita, alla propria sicurezza e continuità. Quello che oggi visivamente e volumetricamente abbiamo di fronte è, però, con evidenza, l’assetto residuale di un impegno costruttivo di recinzione della cima che si è gradualmente usurato misurandosi con l’abbandono e con l’involontaria azione combinata degli elementi e dell’uomo. Ne risulta un orizzonte innaturalmente piatto per depositi di terra, che sono andati a colmare gli ampi fossati perimetrali esterni, e per rasature e rovina dei margini di ciglio, in origine verosimilmente rialzati e disposti a protezione dell’area racchiusa all’interno. Questa la percezione, molto tattile ma anche molto sicura, di chi professa archeologia sul campo. E poi interessava un’esperienza di scavo in quota, a suo modo di limite, ripagante soprattutto per l’ardua novità dell’impresa. Ma anche per la sua stessa prevista ciclicità. Volta, quest’ultima, ad ottenere risultati certi, confortati da una sistematica e prolungata attività esplorativa quanto an-
che da riscontri documentali interdisciplinari”. L’antefatto (che replica parole già in un recente passato pronunciate e scritte) mantiene del tutto inalterato il proprio messaggio di attualità. Una attualità che, tuttavia, a chi scrive pare sempre meno percepita e sempre più oggettivamente documentata. Come è nelle aspettative e come deve essere nella strategia di conduzione di un intervento di scavo. Qualsiasi. Qui come altrove. In particolare, la campagna 2009 si è sviluppata ancora all’interno e a cavallo della recinzione perimetrale ellittica che racchiude l’area sommitale di Monte Tezio in-
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teressando un tratto sempre più allungato (e allargato) del settore occidentale della cima per una estensione di superficie superiore ormai ai 450 metri quadrati. Lo scavo ha consentito una sostanziale verifica di quanto già ampiamente acclarato nel corso delle campagne 2007 e 2008 ovvero ha ribadito una fase di presenza e di occupazione prolungata, ancorché verosimilmente ricollegabile a cicli stagionali, della cima del monte da parte di un nucleo consistente di popolazione. Tuttavia almeno una differenza pare essersi riscontrata nel corso della campagna 2009. E tutt’altro che marginale. L’orizzonte culturale e cronologico, che la compatta generalità dei materiali ceramici rinvenuti nei primi due anni di scavo valeva ad assegnare con qualche puntuale attendibilità entro una fase finale dell’Età del Bronzo, fra II e I millennio a.C., sembra, sulla scorta di nuovi rinvenimenti, protrarsi fino alla prima Età del Ferro. Se così fosse, come peraltro pare probabile (sempre in attesa delle risultanze degli interventi di restauro e di prima documentazione programmati per i prossimi mesi estivi e autunnali), ne scaturirebbe una storia della situazione insediamentale di cima certamente più complessa e articolata. Per quanto ancora scarsamente documentata. E, dunque, proprio per questo, non ancora circostanziatamente meglio definibile. Materiali e cinta, quest’ultima finalmente, oggi, soprattutto evidenziata dal ricorrere di una sorta di paramento esterno ottenuto mediante infissione a terra di grandi lastre di calcare disposte di taglio e destinate al contenimento della spessa muratura retrostante realizzata a secco e in terrapieno rilevato, appaiono sempre più come perfettamente coerenti. Niente, tuttavia, al momento, induce ancora a pensare a mutamenti di destinazione del sito da perno strategico di controllo territoriale, da presidio comunitario e da luogo di stagionale aggregazione di armenti a centro di culto, secondo schemi di continuità occupazionale e di discontinuità di ruolo spesso, a congrua distanza di tempo, riscontrati in analoghe situazioni d’altura. Gli unici rinvenimenti non in fase risultano, ancora una volta, imputabili alla frequentazione moderna e attuale della sommità. Non rimane che ribadire, anche in conclusione come già in apertura, quanto affermato in un recente passato (al solito, da chi scrive). I risultati conseguiti nel corso della campagna 2009, anche se appaiono per molti versi ancora interlocutori (lo scavo è così: comporta procedure e tempi di esecuzione lenti e fasi di documentazione e di studio altrettanto lente), “confermano l’importanza e la peculiarità del sito consentendo opportunità di ricerca e di documentazione scientifica nuove e di rilevante importanza. Soprattutto perché la situazione riscontrata a Monte Tezio sembra proporsi sempre più come una testimonianza archeologicamente non manomessa e non obliterata nel corso del tempo. Proprio per questo il sito sembra, dunque, sempre più configurarsi come un qualificante ed esemplare modello di struttura insediativa territoriale regionale fra protostoria e storia”. Lo scavo, da ultimo, proprio perché intende sempre più proporsi come contributo conoscitivo concreto e non marginale nel quadro dell’importante dibattito scientifico che da qualche tempo investe, con il Tezio ed oltre il Tezio, l’intero comparto territoriale a Nord di Perugia, è divenuto ormai coinvolgente oggetto di studio e soggetto di tesi di laurea molteplici (si veda riquadro a fianco). L’appuntamento, prima dello svolgersi della quarta campagna di scavo, la cui esecuzione è prevista nell’arco del 2010, è per una pubblica presentazione dei risultati. A
più voci. E per contributi interdisciplinari che valgano ad associare e ad incrociare, in corretta sinergia, competenze diversificate e documentazione acquisita. Fra Inverno 2009 e Primavera 2010
Riscoprendo la storia sul Tezio: chi, come e quando Lo scavo, eseguito su concessione rilasciata dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali alla Fondazione Ecomuseo Colli del Tezio, con il supporto logistico della Comunità Montana dei Monti del Trasimeno e sotto la direzione scientifica dell’Università degli Studi di Perugia, ha preso avvio nel 2007. Alla campagna 2009, diretta dal Prof. Maurizio Matteini Chiari del Dipartimento di Scienze Storiche, Sezione di Scienze Storiche dell’Antichità, dell’Università degli Studi di Perugia e coordinata sul campo e nelle attività di laboratorio e di documentazione dalla Dott.ssa Laura Matacchioni della 1a Scuola di Specializzazione in Archeologia, Università “La Sapienza” di Roma, hanno partecipato laureati e studenti dell’Università degli Studi di Perugia: Anna Bitetti, Luana Di Santo, Chiara Forti, Simone Bonvecchio, Simone Cerquiglini, Claudia Ciammetti, Martina Ciliani, Monica De Luca, Emanuel Di Pietro, Marzia Fares, Silvia Formica, Emanuele Gallo, Marco Ghirga, David Giglio, Valentina Lanzone, Carmela Manganiello, Stefano Marotta, Filippo Marsili, Giulia Pelli, Antonella Pizzolla, Eleonora Ponzi, Tatiana Rafficoni, Giammarco Volpi. Hanno in corso tesi di Laurea sullo scavo le studentesse Claudia Ciammetti e Tatiana Rafficoni. La campagna 2009 è stata preceduta e affiancata da una serie di rilevazioni mediante strumentazione GPS e da una serie di azioni di rilievo mediante stazione totale. La generalità di questi interventi è stata realizzata dal Prof. Otello Grassi e dai suoi tirocinanti del Centro “Nicola e Giovanni Pisano” di Perugia, coadiuvati sul campo dalla Dott.ssa Laura Matacchioni. La documentazione finale di scavo è stata curata mediante prese in Laser Scanning dall’Ing. Silvia Grassi. Il programma di Inventariazione informatizzata si deve a Stefano Venturini. Alla Prof.ssa Paola Comodi e alla Dott.ssa Alessia Mignani del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Perugia è demandato lo studio chimico mineralogico e petrografico dei materiali volto a verificare l’età, le tecnologie produttive, i siti di approvvigionamento delle materie prime e gli eventuali contatti e rapporti con le realtà culturali limitrofe. Infine al Prof. Piero Ceccarelli del Dipartimento di Scienze Biopatologiche Veterinarie dell’Università degli Studi di Perugia e al Prof. Francesco Parillo del Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università degli Studi di Camerino e rispettivi collaboratori (unitamente a Tatiana Rafficoni), è demandato lo studio delle ossa animali. Il restauro dei materiali è curato da Fiorentina Cirelli, San Giuliano del Sannio, Campobasso, e da Laura Ciani, Perugia. Un ringraziamento, sentito e particolare, va a Stefano Carlini, Fabio Pippi, Giovanna Petrini e Stefano Zerbini. Laura Matacchioni Prima Scuola di Specializzazione in Archeologia, Università “La Sapienza” di Roma, coordinatrice della campagna di scavo
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IL NOSTRO TERRITORIO - CULTURA
La nuova vita del Fuseum nel segno dell’arte In uno spettacolo teatrale il “grido di aiuto” dei rifiuti riempie di “giallo” il tempio dei rottami a Monte Malbe (segue dalla prima pagina) Questo è il compito dei menestrelli: svelare questo giallo. Dei menestrelli venuti da chissà dove, piuttosto buffi, sbadati ma anche molto speciali, narrano strane vicende avvenute non molto tempo fa all'interno di un cassonetto di rifiuti. Le loro parole prendono forma ed ecco che il pubblico diventa spettatore di una rivolta che nasce dall'impossibilità dei rifiuti di stare tutti in un unico luogo e terminare la loro vita troppo presto. Come può una raffinata bottiglia di champagne finire i suoi giorni vicino ad una buccia di banana in via di decomposizione, ad una fredda lattina o magari ad un tagliente e spigoloso vetro rotto? Come può un foglio di carta scarabocchiato da un bambino e subito
gettato accettare di terminare così presto la sua vita, mentre sente in cuor suo di avere ancora tante energie? Sta per succedere il peggio (una guerra tra vetri, plastiche, lattine...) quando un saggio rifiuto illumina il pensiero di tutti: la guerra fra i rifiuti, come tutte le guerre, è inutile; molto meglio unire le proprie forze e cercare il modo per parlare con gli uomini e farli ragionare sull'importanza del riciclaggio. Già, ma come fare?!” Fortunatamente – ricorda Madera – i menestrelli hanno una grande qualità: riescono a capire le parole non solo delle persone, ma anche di oggetti e animali ed ecco che si fanno portavoce dei loro amici rifiuti ed insieme convincono il pubblico di presenti a differenziare. Lo spettacolo
Due eventi della Fondazione Ecomuseo Colli del Tezio Ad Umbertide - Settembre Umbertidese - 15-30 settembre 2009 Dall'incontro tra un giovane artista-insegnante ed un allievo molto speciale nasce il progetto: CONVERSazIONI - Diversamente Artista/ Ugualmente Abile Alessio Biagiotti - Perugia 1974 Federico Fontana di Sacculmino - Hainburg 1996 Mostra - dibattito Una collaborazione tra il Comune di Umbertide, Sistema Museo e la Fondazione Ecomuseo
è ricco di trovate sceniche e prevede vari momenti di interazione con gli spettatori che vengono guidati a riflettere su un tema attuale così importante in modo giocoso e divertente. Un “giallo”
educativo assai godibile, adatto ai più giovani ma anche di più ai loro genitori, che in questo genere di cose dimostrano un preoccupante ritardo culturale rispetto ai loro “bambini”!
Concerto per la presentazione del disco "Paesaggio Umbro - I Colli del Tezio" prodotto dalla Fondazione Ecomuseo Colli del Tezio. Al pianoforte l'autore, Antonio Rossi, al Violoncello Marco Becchetti, all'organetto Giuseppe Fioroni; quartetto d'archi Linea d'Aria, Ensemble vocale Libercantus diretto da Vladimiro Vagnetti, voce solista Valeria Puletti. Luoghi e date sono in fase di definizione ma sarà data ampia notizia. Viaggio sonoro attraverso le immagini che sbocciano nell’ausetra e astratta ispirazione che diventa musica, il disco “Paesaggio Umbro: I Colli del Tezio” nasce dal felicissimo incontro tra la nostra Fondazione Ecomuseo ed un gruppo di formidabili musicisti, figli di questo stesso territorio. E’ possibile ascoltare alcuni brani del cd nel sito www.ecomuseo.eu. Il disco è in vendita da Tarpani, in piazza Matteotti, a Perugia, e online, nel sito http://www.musicamusicaperugia.it
Un Parco da Favola 2009, spettacoli teatrali e laboratori per bambini: dal 18 luglio al 16 agosto 2009 Ingresso libero e senza prenotazione Informazioni: http://turismo.comune.perugia.it/news.asp?id=375
Lavoriamo insieme per tutelare e valorizzare il nostro territorio! Per il lavoro svolto la Fondazione fa affidamento solamente su risorse private; aiutare la Fondazione con donazioni di ogni tipo significa aiutare il proprio territorio in quanto ogni risorsa viene utilizzata unicamente per le attività di tutela e di valorizzazione. La Fondazione non percepisce alcun utile e svolge la propria opera in modo completamente volontario e gratuito; ciò vuol dire che i fondatori non percepiscono neppure i classici rimborsi per spese come benzina, telefono etc. La Fondazione può ricevere donazioni di qualsiasi natura e valore, da piccoli versamenti in conto corrente postale, a bonifici, donazioni di immobili o eredità. La Fondazione accetta sponsorizzazioni per gli eventi culturali, editoriali che promuove.
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Il Gruspigno
Anno 2 Numero 4
IL NOSTRO TERRITORIO - LA NATURA
Querce camporili, muretti a secco, viti maritate: conosciamo il patrimonio del nostro territorio! luppo della tecnologia e in conseguenza delle nuove regole di mercato), la meccanizzazione e l’agricoltura estensiva, il mutare quindi degli ordinamenti colturali ne hanno determinato la disgreAntonio Brunori gazione: sono così progressivamente Dottore Forestale e Docente a contratto di “Selvicoltura e Assestamento forestale” scomparse scarpate e ciglioni, sono state Università degli Studi di Perugia abbattute le grandi querce e ovunque si è diffusa la monocoltura cerealicola. E’ questo il nesso di causa ed effetto Il paesaggio della zona dell’Ecomuseo Colli del Tezio e il paesaggio rurale um- tra il paesaggio e i cambiamenti verifibro altro non sono che il risultato di una catisi all’interno del sistema produttivo lunga serie di interazioni tra fattori uma- agricolo italiano e della struttura sociale ni e naturali e il frutto di una serie di at- del lavoro nelle campagne: abbandono, tività antropiche succedutesi negli ultimi specializzazione, contoterzismo sono gli secoli. Negli ultimi decenni il progressi- elementi caratterizzanti un settore privo abbandono delle zone meno produt- mario fondato sulla logica del profitto e tive da una parte o la specializzazione all’interno del quale sembra irrimediabilagricola (con la scomparsa delle forme mente venuta meno la preoccupazione di conduzione tradizionali come la mez- per “la conservazione e miglioramento zadria), hanno agito sul paesaggio, in di un patrimonio lasciato dalle generadiversa misura e per ciascun ambito spa- zioni precedenti”. Con logica opposta ziale, trasformandolo profondamente e ma convergente, il paesaggio agrario subisce anche l’impatto di estesi fenoin maniera rapida e irreversibile. Già negli anni sessanta Henri Desplan- meni di abbandono dell’attività agricola ques, parlando delle campagne umbre, delle aree marginali (a favore di quelle notava che “Il crollo del sistema mezza- più fertili e redditizie) e di conseguente drile rispecchia e materializza il rinnova- rinaturalizzazione da parte del bosco, mento sociale e culturale della nuova Ita- fenomeni legati al forte spopolamento lia, dove niente è più come prima”, tanto che ha caratterizzato l’area collinare neche gli aspetti rivoluzionari di questo gli ultimi cinquant’anni, alla debolezza mutamento sono stati tali da scuotere e del sistema socio-economico, alle mutamodificare “le persone, le società, i qua- te condizioni di operatività e redditività dri naturali e i rapporti sociali e produtti- delle aziende agricole. In Umbria, d’altro canto, la grande vavi”. Se da un lato l’affermarsi della mezzadria aveva sapientemente costruito il rietà di “paesaggi” sembra sopravvivere paesaggio della coltura promiscua “con i anche in relazione ai differenziati ambiti filari e gli alberi da frutto in mezzo ai se- subregionali (i bacini quaternari con il minativi”, dove un’agricoltura intensiva loro mosaico di terreni agrari, l’alta cole di sussisten- lina flyscioide, la montagna calcarea). Il za non lasciava territorio è ancora caratterizzato da una spazi all’incol- molteplicità di aspetti naturali e umani to e stratificava che si integrano mirabilmente tra loro, la produzione disegnando un paesaggio di particolare su livelli so- pregio ambientale, ma anche ricco di vrapposti, la storia. Piccoli villaggi e ruderi di castelli, Il quiz ed i risultati specializzazio- arroccati sui fianchi dei monti, scrutano sono rimandati al ne agricola (af- la vallata sottostante solcata da filari di prossimo numero per fermatasi suc- salici e pioppi cipressini che si sviluppamotivi tecnico-turistici (l’incaricato è in ferie). cessivamente no lungo un torrente. I diversi appezzagrazie allo svi- menti dei campi coltivati, dei pascoli e
QUIZ SUL TERRITORIO
La Vignetta
seminativi sono talvolta ancora delimitati da stradine di campagna, da siepi naturali e da antichi muretti a secco; al loro interno ogni tanto troviamo ancora le querce “camporili”, cioè alberi isolati, generalmente querce, lasciati storicamente per il riparo dei pastori e degli animali dal calore estivo. Senza dimenticare la rete di case coloniche distribuite nel territorio. Nel territorio dell’Ecomuseo Colli del Tezio, con visione a grande scala, la compresenza di forme vecchie e nuove sembra appena percettibile; in particolare la collina rappresenta l’ambito spaziale a più alto tasso di conservazione nella irregolare alternanza di lembi di bosco, oliveti e vigneti, terrazzamenti con muri a secco e campi nudi con querce camporili. Ma per quanto tempo ancora? Si è qui descritta una serie di aspetti fondamentali del paesaggio regionale, quelli che ne delineano la sua identità, sia quelli storico-architettonici che naturalisticoambientali. Valori “diffusi”, come le querce camporili, le siepi e i filari, esito di specifiche modalità di organizzazione dello spazio rurale e del lavoro umano, sono sempre più minacciate: è in atto una lenta e progressiva scomparsa della rete di muretti a secco presenti in collina e una progressiva rarefazione degli elementi “camporili” che formavano il tessuto diffuso al centro dei poderi, cioè la componente arborea in pianura (querce camporili, viti maritate, alberi di confine), contribuendo alla scomparsa di alcuni degli elementi principali di varietà del paesaggio rurale. La qualità del paesaggio agrario rappresenta una ricchezza per le nostre aree rurali. Le trasformazioni del paesaggio possono incidere sulla capacità di attrattiva del territorio e sulle sue possibilità di valorizzazione. Per tale motivo è importante essere coscienti di questo patri-
monio, conoscerlo per difenderlo e farlo apprezzare da chi verrà dopo di noi. In colaborazione con Luana Ilarioni, dottoranda in Arboricoltura, Università di Perugia SEGNALACI IL PATRIMONIO RURALE ACCANTO A TE Invitiamo tutti i lettori de “Il Gruspigno” di mandarci foto, descrizioni e indicazioni su dove trovare alberi monumentali, filari e siepi campestri, muretti a secco, piante da frutto abbandonate, piante di confine, ecc. cioè tutti quegli elementi che potrebbero essere valorizzate attraverso una semplice ma efficiente manutenzione. Se arriverà un numero adeguato di segnalazioni, potremo iniziare un’opera di monitoraggio e di salvaguardia del nostro patrimonio rurale.
“Il giovane cammina più veloce dell’anziano, ma l’anziano conosce la strada” (antico proverbio sudanese)
G.Tribbiani
Luglio/Agosto 2009 SPAZIO ECOMUSEI
“Ecomuseo del Tevere” Un Territorio, una Popolazione, un Patrimonio
Il Gruspigno
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LE SCUOLE E L’ECOMUSEO
In visita al Fuseum
Una lezione entusiasmante tra arte e natura
male, di Roberto Biselli, in cui tra gli attori figurava lo Il progetto di “Ecomuseo del Tevere”, nel tratto di territorio stesso Giacomo Paris più sopra menzionato!). C’era del Comune di Perugia (da Solfagnano a San Martino in da parte mia la preoccupazione che lo stato di degrado Campo e Colle; da Civitella d’Arna, Ripa, Pianello, Fratticiola delle opere dislocate nel bosco avesse compromesso Selvatica, a Ponte Rio, - Monteluce, Porta Pesa -PG), per gli in parte ai bambini ed alle bambine di apprezzare abitanti delle frazioni lungo il fiume Tevere e del paesaggio appieno tutta la capacità artistica e creativa di Brajo collinare circostante, può rappresentare una proposta e uno strumento di riappropriazione culturale del territorio in cui Walter Pilini Fuso, pur con la certezza che i quadri e gli allestimenti Insegnante della classe III A della interni avrebbero comunque restituito al Nostro quella si vive e di recupero di un’identità , che rischia sempre più di scuola Primaria di Chiugiana (Corciano-PG) dimensione che occupa e che mi aveva convinto della perdere i suoi connotati più autentici. bontà del nostro sopralluogo. L’Associazione “Ecomuseo del Fiume e della Torre”, Debbo dire che l’entusiasmo e lo stupore di tutti i nata nel marzo 2004, è oggi animata da un centinaio di Durante il passato anno scolastico, nella classe III A soci e simpatizzanti, quasi tutti residenti nel territorio della Scuola Primaria di Chiugiana (Corciano-PG), è piccoli visitatori è stato altissimo, sia per la visita del Comune di Perugia (destinato ad Ecomuseo), dopo nato quasi casualmente un progetto, nell’ambito delle “interna”, sia per quella “esterna”: quest’ultima per svariate iniziative tese a valorizzare il Patrimonio Culturale discipline linguistico-espressive, che ha visto la sua di più in breve trasformatasi in una piacevole cacciascoperta all’opera d’arte nascosta tra la vegetazione. e Naturale del nostro territorio, ha delineato i “contenuti e le conclusione al Fuseum di Monte Malbe. linee guida” per la redazione di un “Progetto di Fattibilità Già il titolo, “Incontro con i linguaggi dell’arte”, è Altrove avremo occasione di rileggere criticamente dell’Ecomuseo del Tevere”. I “contenuti e le linee guida del orientativo del percorso fatto. Si è trattato di una serie tutta l’esperienza, anche in vista di stimolanti nuovi progetto” saranno sottoposti alla Comunità (partecipazione di incontri in classe, quattro per la precisione, con percorsi di lavoro; ma l’occasione fornitaci dalla - discussione - contributo di idee - schede progetto), con altrettanti amici artisti di ambiti diversi: la poetessa visita ci permette qualche riflessione sul possibile tutti i suoi attori (Istituzioni, Enti di sviluppo, Associazioni, Ombretta Ciurnelli, l’attore teatrale Giacomo Paris, (ed auspicabile) uso didattico del Fuseum. Oltre Operatori economici, mondo della cultura e della didattica, la pittrice Serena Cavallini, il musicista (nonché alla normale funzione museale primaria, ovvero singoli cittadini, ecc…). organologo ed etnomusicologo) Giancarlo Palombini, alla possibilità di accesso ai visitatori, credo che il quale ultimo ci ha tra l’altro fatto sentire dal vivo la le potenzialià per una utilizzazione didattica di Il nostro territorio è percorso dal fiume e caratterizzato da questi spazi sia enorme, e non solo legata ad attività musica delle ciaramelle. un paesaggio ad alto pregio ambientale, è ricco di storia, Così bambini e bambine hanno avuto modo di laboratoriali di tipo artistico-pittorico. di tradizioni, di memorie legate strettamente alla storia del Tevere e del paesaggio collinare che lo circonda, che vogliamo confrontarsi e scambiare idee ed esperienze con artisti recuperare, salvaguardare, ma soprattutto valorizzare, pro“veri”, in carne ed ossa, che si sono materializzati ponendone, con appositi progetti, una gestione a fini turistici per loro in classe. Ciò ha permesso loro di operare e socioculturali: un Paesaggio, una Storia e Memorie che in maniera proficua la sintesi tra l’essere essi stessi vogliamo trasmettere alle future generazioni, recuperando produttori e fruitori in presa diretta del fatto artistico. un rapporto più stretto tra il fiume e la sua città: il Tevere A conclusione dell’interessante percorso, le cui prime e Perugia. La finalità del progetto, in riferimento alla carta ricadute positive sul piano pedagogico-didattico si internazionaledegli ecomusei sarà quella di censire e tracciare, sono immediatamente rilevate, occorreva trovare un come una carta d’identità, il Patrimonio Culturale e Naturale epilogo altrettanto stimolante. Mi è venuta in proposito del paesaggio del Tevere sia da un punto di vista storico, che in aiuto la notizia della (parziale) riapertura al pubblico naturale, evidenziando le trasformazioni avvenute nel tempo del Fuseum. Ecco dunque che, dopo una laboriosa nei modi d’uso del territorio. L' obiettivo culturale principale serie di contatti telefonici, ho potuto fissare la nostra è rivolto alla valorizzazione ambientale e socio-economica visita, avvenuta martedì 26 maggio scorso. Bambini delle aree mediante la puntualizzazione degli ambiti della e bambine erano stati preventivamente informati sul memoria storica e la loro identificazione territoriale. Punti luogo dove saremmo andati, sull’opera di Brajo Fuso programmatici saranno: e sulle cose che avremmo trovato. Chi scrive peraltro - tutela dell’ambiente naturale e culturale storico, conservare, poteva contare sia su una precedente visita a Monte valorizzare le testimonianze più significative del patrimonio Il teatro all’aperto, e non solo, può ben diventare Malbe, fatta alcuni anni fa (ancora vivente Bettina culturale ed ambientale del territorio; Fuso, la vedova di Brajo), sempre con una classe di il contenitore di eventi estivi. Nelle restanti stagioni - rafforzare l'identità culturale locale, per ridurre il rischio di Chiugiana, sia su uno spettacolo cui aveva assistito gli spazi interni possono essere un ottimo punto di appiattimento e standardizzazione culturale, creando sistemi nello spazio teatrale all’aperto del Fuseum (Per la incontro per vari eventi culturali e per tutte quelle di territorio identificabili e definiti; cronaca si trattava del saggio finale di un laboratorio attività che un’auspicabile ed incoraggiabile fruizione - accrescere il grado di consapevolezza degli abitanti sul teatrale estivo in cui recitavano adulti e ragazzi, “Alice scolastica di questo luogo delizioso possano suggerire valore del loro territorio; nel paese delle meraviglie”, per la regia, se non ricordo ad insegnanti motivati e creativi - contribuire a migliorare la qualità di vita dei residenti entro pratiche sostenibili; - coinvolgere la comunità locale nei processi progettuali e nella costituzione-gestione buone conoscenze tecniche,che il più delle volte sono da riscoprire; - promuovere tesi di laurea e borse di studio presso l’Università di Perugia relative dell'ecomuseo; - promuovere lo sviluppo socio-economico con la partecipazione della popolazione al territorio dell’Ecomuseo; - mettere in rete e a sistema (gestendo e valorizzando) il ricco patrimonio culturale locale, delle categorie economiche e dei vari soggetti produttivi, ricettivi e turistici; ed ambientale, con una visione unitaria altrimenti gestito separatamente. - creare un ambiente culturale attivo e positivo; L’Ecomuseo è da intendere dunque come Mappa Culturale (Parish Maps) di un - attivare un turismo sostenibile ed integrato con l'insieme delle attività territorio e della memoria della gente del luogo,delle esperienze vissute nel paesaggio economiche e con gli equilibri della e attraverso le sue trasformazioni.che come le “lettere e i diari”, raccontano le storie umane. Protagonista e costruttore della “Mappa”, sarà la Comunità del territorio natura; - internazionalizzare il nostro territo- dell’Ecomuseo. Per mappa si intende la Invito alle associazioni rio, attraverso azioni di promozione, ricerca, l’individuazione e il censimento Il Gruspigno, la Fondazione Ecomuseo e di tutte le risorse esistenti: ambientali, scambio e comunicazione; gli Amici dell’Ecomuseo rivolgono un caldo - la didattica: l’ecomuseo, in colla- paesaggistiche, storiche, architettoniche, invito a tutte le associazioni che come noi borazione con le scuole del territorio, archeologiche, artistiche, antropologiche, credono nella tutela e nella valorizzazione dovrà sviluppare un programma di- economiche del territorio, a mettersi in contatto con noi dattico autonomo; per progettare azioni comuni, sinergie in - la ricerca: la buona conservazione Per maggiori informazioni: dei singoli reperti (manutenzione) o Associazione “Ecomuseo del Fiume e della Torre” collaborazione, insomma per lavorare assieme del patrimonio in generale, si basa su Via Tagliamento, 50 – 06134 - PRETOLA (Pg) nel comune interesse. Scriveteci.
Anno 2 Numero 4 - Luglio/Agosto2009
La Ricetta di Cespo La mentuccia protagonista in cucina La mentuccia è stata considerata da sempre un “accessorio” in cucina, un aroma per profumare altri ingredienti. Noi la faremo diventare la “protagonista” preparando con essa un pasto completo, fresco e gustoso. Dopo aver raccolto la mentuccia, lavatela in acqua corrente e mettetela a scolare. Separate le foglioline dai gambi e pestate parte di esse in un mortaio con mezzo spicchio di aglio, un pizzico di sale ed abbondante olio extravergine. Questo pesto sara’ la base per preparare tutte le nostre portate. Fusilli ricotta e mentuccia Cinque minuti prima di scolare la pasta (bella al dente!), sciogliere in una padella larga e antiaderente un poco ricotta fresca e due cucchiai di pesto a fuoco lento mescolando lentamente con un cucchiaio di legno. Amalgamare il tutto. Spegnere il fuoco sotto la padella e aggiungere la pasta scolata, una manciata di pepe nero, mezzo mestolo di acqua di cottura e qual-
che fogliolina di mentuccia rimanente Pomodori alla mentuccia Tagliate a metà i pomodori, disponeteli in una teglia, conditeli con sale, olio e abbondante pesto di mentuccia. Unite uno spicchio d’aglio e fateli cuocere per 45 minuti circa a forno moderato. Bruscate il pane e adagiatevi pomodori con il loro sugo di cottura. Frittata di mentuccia La particolarità del piatto è che deve risultare una frittata alta. Unire pesto alle uova sbattute, pepe e sale. Si cuoce, sul fuoco, in padella possibilmente di ferro e di diametro non ampio in modo da farla rimanere alta; il risultato sarà sorta di torta verde profumatissima. Un piccolo trucco è quello di separare gli albumi, montarli a neve ed incorporarli agli altri ingredienti; possiamo chiamarla frittata soufflè. Cespo augura ai lettori buon appetito!
La posta dei lettori Riceviamo dalla nostra lettrice e collaboratrice Ida Trotta una ricetta per preparare una gustosa crostata di gruspigni...
L’architetto Ermanno Polla ci ha gentilmente inviato una sua poesia che volentieri pubblichiamo Sono nato per ringraziare il sole per avere fremiti dal vento per essere colp1to dalla pioggia e per ospitare la rugiada per additare agli uccelli la via per essere cibo d'insetti per offrirmi saporoso all'ape per essere sradicato dalla tempesta per esserecalpestato dalla corsa del toro per sorprendere l'erba intorno a me coi miei colori. per sbocciare silenzioso nel teporino per ritirarmi quando la luce se ne va per essere'calpestato dall'uomo per offrire i miei petali alla madre terra per cambiare la mia veste e marcire con altre vite a me d'intorno... Sono nato per vivere tutto questo, sono nato per la vita, per non fermarmi e invece ho tanto freddo mi hanno tolto il sole non ho mai vibrato al vento non ho mai ospitato la rugiada ne' mi ha colpito la pioggia
Il fiore ibernato di Ermanno Polla
non mi sono offerto all' ape gli uccelli non sanno che esisto non sono pasto d'insetti non conosco la tempesta non sono calpestato dalla corsa degli animali ne' dell'uomo non ho erba intorno a me da sorprendere non posso offrire i miei petali alla terra non ho compagni naturali coi quali marcire ho tanto freddo... Sono nato per vivere, sono nato per pulsare, per non fermarmi e invece ho tanto freddo... E'sempre buio, sono schiacciato da altri come me ... attendo senza rumori di vedere un po' di luce Con il frigorifero hanno fermato il mio cuore.
Invito ai lettori: dite la vostra
Ingredienti: Per la brisè alle erbe: 300 g di farina 00, 100 g di burro freddo a pezzetti, 1 uovo, un pizzico di sale, 60 ml di acqua ghiacciata, un rametto di rosmarino, qualche foglia di salvia Per il ripieno: 200 g di bietola, 150 g di gruspigni, 250 g di ricotta, 2 uova, un cucchiaio di parmigiano, una cipollina, un rametto di rosmarino, olio evo, sale e pepe, un uovo per spennellare Procedimento: Tritate salvia e rosmarino finemente. Impastate rapidamente la farina, sale, le erbe aromatiche, burro, l’uovo aggiungendo man mano l’acqua. Formate un panetto e mettetelo a riposare in frigo per un’oretta. Preparate il ripieno, facendo rosolare leggermente la cipollina tritata in poco olio, aggiungete la bietola spezzetata, fate insaporire e poi aggiungete poca acqua, i gruspigni spezzettati e il rosmarino. Salate, pepate e fate cuocere fino a che la bietola non è completamen-
ilgruspigno@ecomuseo.eu
L’invito che vi facciamo è quello di seguirci in questo percorso ma soprattutto di farci sapere come la pensate; per noi è molto importante e ne faremo tesoro per migliorare il nostro lavoro; partecipate con noi al Gruspigno e mandateci i vostri suggerimenti, le critiche, le segnalazioni, gli argomenti che vorreste leggere etc. Leggete il Gruspigno online sul sito www.ecomuseo.eu dove lo potete anche scricare in formato PDF. Chi desidera ricevere numeri arretrati del Gruspigno, può richiederli contattandoci via email. Scriveteci: ilgruspigno@ecomuseo.eu oppure a: Ecomuseo Colli del Tezio Casella Postale 6, 06133 Colle Umberto (PG) te spappolata, fate raffreddare dopo aver tolto il rametto di rosmarino. Lavorate la ricotta con le uova e il parmigiano, aggiungete le erbette amalgamando bene. Stendete la pasta e foderate con essa uno stampo per crostate imburrato ed infarinato, lasciando un po’ di pasta per la decorazione. Versare sulla pasta il ripieno di zucca, decorate con strisce di pasta come una crostata, spennellate con l’uovo sbattuto e cuocete in forno preriscaldato a 180° per 40 minuti
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