Eureka2 1

Page 1

Eureka Universitari per la federazione europea

Gennaio 2016

Ne suntem europeni

Nòs somos europeus

Wir sind Europäer

We are European

Nous sommes Européens Noi siamo europei Nosotros somos europeos Ni estas eŭropanoj Nas jesteśmy Europejczykami


Indice Editoriale.................................................................................................................... 3 Autore: Filippo Sartori ............................................................................................. 3 Mediterraneo senza pace........................................................................................... 4 Autore: Stefano Spoltore – Alternativa europea...................................................... 4 Dopo Parigi, ora, più di prima, Federazione europea subito!……………..…………………….5 Dichiarazione Centro regionale veneto GFE………………………………………………………….5

Il Congresso Jef e l’unità nella diversità ...................................................................... 6 AutorI: Gianluca Bonato, Alberto Moro ................................................................... 6 Grecia, Migranti, Volkswagen: tre crisi per chiedere un governo europeo ........................... 7 Autore Antonio Longo– Eurobull ............................................................................. 7 Rubrica: Erasmus.......................................................................................................... 9 Autore Filippo Viviani .............................................................................................. 9 Rubrica: l’Unione Europea e le sue istituzioni................................................................. 10 Autore: Umberto Marchi, Anna Bellegante ........................................................... 10

Eureka

Gennaio 2016

2


Editoriale Autore: Filippo Sartori

Q

uando l’anno scorso nacque il gruppo studentesco “Universitari per la federazione europea”, eravamo consapevoli del livello della sfida che ci attendeva: portare una visione di Europa, diversa da quella diffusa, ad un pubblico giovane. Le conferenze che si sono tenute nel corso dell’anno hanno avuto una buona partecipazione, ma, trovandoci qualche mese fa ci siamo chiesti: “cosa potremmo fare per rendere ancora più efficace la nostra attività?”. L’idea di pubblicare un giornalino è stata ciò che ci serviva! Per questo il titolo ricorda la pitagorica esclamazione. In un’epoca che ci pone davanti a sfide di dimensioni sempre più globali, la prospettiva di affrontarle a livello di singoli Stati nazionali è oramai anacronistica. Lo avevano capito Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni e Ursula Hirschmann, quando nel 1941 scrissero il “Manifesto di Ventotene”, che contiene le basi dell’integrazione europea. Oggi, soprattutto in Italia, l’Europa tende ad essere guardata in maniera negativa, l’origine di tutti i mali secondo alcuni. Per questo è necessario riscoprire in tutti noi, e soprattutto nei giovani, quello spirito che settantacinque anni fa animò i nostri connazionali: lo spirito europeista, sì, ma soprattutto lo spirito federalista! Perché, se l’Unione europea rappresenta già una grande conquista, che ha garantito il raggiungimento di obiettivi dati forse troppo per scontati, quali la pace tra paesi europei che avevano scatenato in meno di un secolo due guerre mondiali, oppure l’abbattimento delle frontiere, è anche vero che tutto questo non è più sufficiente. Le sfide che ci incalzano sono all’ordine del giorno: la crisi finanziaria ed economica, gli imponenti flussi migratori, le crescenti tensioni nei paesi circostanti. Tutto ciò mette a dura prova la resistenza dell’UE, ponendoci davanti ad un bivio: possiamo credere che il problema siano i vincoli che ci legano l’uno all’altro, cedendo quindi alla tentazione di chiuderci nei nostri piccoli confini nazionali e affrontando la situazione da soli, oppure possiamo riconoscere che queste sfide richiedono una forte accelerazione, in un processo che ci porti ad affrontarle in maniera decisa e unitaria, per far sentire la nostra voce a livello mondiale, dimostrando di essere all’altezza. Per fare ciò occorre però grande coraggio, quello di superare inutili e dannose divisioni e campanilismi per creare una vera Federazione di Stati, che all’unione monetaria affianchi quelle economica e politica! L’obiettivo di Eureka è quello di far passare questo messaggio, il messaggio federalista, ad una generazione che si affaccia sul mondo politico e che, con il suo concreto impegno, può portare alla realizzazione di un obiettivo storico: la creazione, appunto, degli Stati Uniti d’Europa! In questo giornalino si tratteranno varie tematiche, dall’attualità alla storia, tutte analizzate però da un punto di vista diverso, un punto di vista “europeo”. Lo scopo è quello di incuriosire le persone verso queste tematiche, spingerle a discuterne, a confrontarsi e ad esprimere il proprio pensiero. Ci sarà anche spazio per rubriche più leggere, perché si possono affrontare temi importanti anche con il sorriso e una battuta, perché no? Eureka inizia quindi la sua avventura universitaria, sperando che possa entrare a far parte della quotidianità di molti giovani e che la sua uscita possa diventare un evento atteso con interesse e curiosità. Come recita il “Manifesto di Ventotene”, “La via da percorrere non è facile, né sicura. Ma deve essere percorsa, e lo sarà!”: e si sa, se la via la si percorre in compagnia, tutto diventa più bello e più semplice!

Eureka

Gennaio 2016

3


Mediterraneo senza pace Autore: Stefano Spoltore – Alternativa europea

L

http://www.alternativaeuropea.org/sito/index.php/mondo/94-mediterraneo-senza-pace

’Unione europea, nel corso degli oltre sessant’anni della sua esistenza, ha saputo garantire entro i propri confini il consolidamento di istituzioni democratiche, la pace e lo sviluppo economico; e nonostante la crisi di questi ultimi anni, continua ad attrarre migliaia di disperati che fuggono da fame e guerre e che mettono a repentaglio la propria vita affrontando la traversata del Mediterraneo o percorrendo a piedi paesi in guerra.

guerra fratricida che induce ogni giorno centinaia di persone alla fuga e ad emigrare. L’intervento militare, in particolare di Francia e Gran Bretagna, con il sostegno di Stati Uniti e Italia, ha sì portato alla caduta di un regime, ma ha destabilizzato l’intero paese non avendo favorito nel contempo la creazione di una leadership democratica alternativa, generando così un caos politico che con l’emigrazione e i profughi si ritorce addirittura contro l’Europa stessa.

L’Europa resta quindi una meta ambita e agognata, quella stessa Europa che assiste impotente al proliferare di guerre ai propri confini. Non vi è solo l’Ucraina, ove è in corso una guerra silente e quasi dimenticata. Lungo le sponde del Mediterraneo sono in corso terribili conflitti cui gli Stati europei rispondono con le iniziative di qualche singolo paese alla ricerca di una visibilità e credibilità internazionale ormai perduta. L’effetto delle Primavere arabe, con l’eccezione della sola Tunisia, è stato quello di portare al consolidamento di governi filo-islamisti o, come in Egitto, governi militari. In Libia, con la caduta del regime di Gheddafi, si è aperta una

La mancanza di una unione politica dell’Europa, e quindi di una politica estera e di difesa comune, si manifesta ogni giorno con il caos che vediamo ai nostri confini. E in questo caos, sfruttando l’inconsistenza politica dell’Europa, la Russia torna a mostrare la propria volontà di potenza anche nel Mediterraneo oltre che, come già avvenuto, in Ucraina. Da parte loro gli Stati Uniti, lasciati da soli, non sono in grado di governare il mondo e di garantire pace e sviluppo: sono troppi i conflitti armati o politici aperti su scala mondiale cui dover prestare attenzione; ed è troppo incerta nel paese la visione del diverso ruolo rispetto al passato e dei nuovi equilibri che, come potenza

Eureka

Gennaio 2016

4


ormai non più unica, gli USA devono imparare a perseguire. In questo quadro, ecco il ritorno della Russia che agisce militarmente in Siria. Gli avvenimenti in Siria, dove da decenni la Russia ha propri basi militari navali a Tartus e Latakia, dovrebbero indurre gli europei a riflettere sui propri errori e a cercare di coinvolgere la Russia nei tentativi di pacificazione di una regione, quella Medio-orientale, dove, senza una ampia intesa Russia-Stati Uniti-Unione europea, potrà prevalere solo la forza. È quello che accade da sempre con la crisi israeliano-palestinese e con la conflittualità interna ai paesi arabi, divisi loro stessi da faide religiose e politiche che hanno favorito il fanatismo pseudo-religioso dell’ISIS che, partendo dall’Afghanistan e dall’Iraq, è giunto sino al Mediterraneo, in Libia e Siria. Dividersi oggi, come sta accadendo, sulla questione se sia giusto appoggiare l’intervento russo in Siria oppure contestarlo perché in realtà aiuta il governo del dittatore Assad, non fa altro che dare vigore alla volontà di leadership russa nella regione. Alla Russia importa che al governo in Siria vi sia qualcuno che non contesti la sua presenza con basi militari navali nel Mediterraneo. Da parte loro, gli Stati Uniti (con l’avvallo dell’Europa) premono su Assad perché dichiari la propria disponibilità a farsi da parte pur di garantire l’unità del paese dinanzi all’avanzata dell’ISIS e alla pressione della Turchia nella regione curda. Lo fanno soprattutto perché gli alleati, arabi e turchi, nella regione lo pretendono. E per non lasciare troppo spazio all’Iran. Ma in questo modo restano prigionieri delle proprie contraddizioni, senza neanche voler tener conto che per deporre Assad deve essere chiara l’alternativa politica in grado di garantire unità e stabilità alla nazione, se non si vuole avere un nuovo caso libico. Nel vuoto di leadership occidentale nella regione non deve stupire che si manifesti dunque la politica di potenza di una nazione, la Russia, che desidera tornare a svolgere un ruolo su scala mondiale. Si tratta di un ruolo che si manifesterà sempre più in modo evidente, anche sul piano militare, viste la debolezza americana e l’inconsistenza dell’Unione europea. Le ambizioni Eureka

di singoli paesi europei che sperano con una propria azione, magari militare, di risolvere i problemi sono chiaramente destinate all'insuccesso (come è stato dimostrato dal caso della Libia). Dovrebbe essere evidente che per l'Unione europea il tempo delle riflessioni e delle esitazioni è scaduto. Bisogna definire al più presto la struttura, le istituzioni ed i poteri dell'unione politica, che includa quella fiscale ed economica e che comprenda in prospettiva anche le competenze della difesa e della politica estera, tra gli Stati disponibili a compiere un tale trasferimento di sovranità e che già condividono, o si preparano a condividere, l’euro. In questo quadro, si potrà promuovere una politica credibile di cooperazione economica e per la creazione di un sistema regionale di sicurezza reciproca tra europei e Russia, diminuendo i margini di manovra di chi, a Ovest e ad Est, scommette pericolosamente sul ritorno al confronto militare fra due blocchi e contrasta la nascita di un ordine multipolare cooperativo.

DOPO PARIGI, ORA, PIÙ DI PRIMA, FEDERAZIONE EUROPEA SUBITO! (Dichiarazione del Centro regionale veneto della Gioventù federalista europea) Ancora Parigi, ancora la Francia, ancora il terrorismo internazionale. L’Europa intera fissa ancora una volta attonita il sangue scorrere nelle sue strade e il tritolo rimbombare nei suoi luoghi. […] Contro l’odio di questi fanatismi, la prima, ferma risposta non può che essere una convinta affermazione della civiltà europea e dei suoi valori. […] Ma non ha senso difendere tali valori e diritti in nome di una qualche nazione: essi sono universali. Ed universale e perpetua, secondo il monito kantiano, è anche la pace. […] C’è un pericolo ora nell’aria che minaccia queste conquiste. È la paura, che fa guardare un altro cittadino con lo sguardo distorto del pregiudizio, mezzo naturale di demagoghi, nazionalisti e populisti. La Francia e l’Europa hanno il dovere morale di tenere a mente i pregiudizi e i totalitarismi, che l’oscuro passato del Vecchio continente ha conosciuto, e i valori di pace e libertà, da cui nacque il processo di integrazione europea. […] Diceva Montesquieu, grande cittadino europeo e francese, che la paura è il sentimento sul quale si fonda il dispotismo. La risposta da dare, quindi, oggi, è una risposta di coraggio e di pace: “Dopo Parigi, ora, più di prima, Federazione europea subito!”.

Gennaio 2016

5


Il Congresso Jef e l’unità nella diversità AutorI: Gianluca Bonato, Alberto Moro

I fatti, politici, sociali, economici, culturali, che condizionano la nostra vita, sono spesso gli stessi che toccano da vicino tutti i giovani europei (e non solo europei). Eppure, siamo abituati a confrontarci quasi sempre solo con l’ambiente della nostra città. Può essere, quindi, molto stimolante e interessante un fine settimana di confronto con ragazzi che vengono da ogni angolo di Europa. Abbiamo avuto l’opportunità di vivere quest’esperienza, dal 23 al 25 ottobre scorso, a Zurigo. Lì, giovani da ben 30 Paesi sono accorsi al XXIII Congresso della Jeunesse des Européens federalistes. Cos’è, direte voi? È un’organizzazione che riunisce persone da tutta Europa che hanno dai 14 ai 35 anni e credono nella creazione degli Stati uniti d’Europa, quel sogno così vicino alla realtà ideato nel 1941, in piena guerra mondiale, da Altiero Spinelli e altri antifascisti mandati al confino dalla dittatura, nel Manifesto di Ventotene. La sezione nazionale italiana della Jef è la Gioventù federalista europea. Il motivo di riunione a Zurigo era quello di rinnovare le cariche dell’organizzazione e di aggiornare la linea politica, ma la parte senza dubbio più interessante era il confronto, continuo, incessante, su ogni argomento, politico, culinario, culturale, formale, informale, con ragazzi e ragazze francesi, lettoni, spagnoli, svedesi, tedeschi, maltesi, olandesi lì presenti. Insomma, un’occasione per tastare con mano cosa vuol dire essere una società europea. Anche le stesse elezioni hanno dato prova di questa multiculturalità, l’essenza dell’integrazione europea. Alla presidenza, Pauline Gessant, francese, in carica da quattro anni, è stata sostituita da Cristopher Gluck, tedesco, che nel suo discorso di insediamento ha ricordato le sanguinarie guerre degli scorsi secoli combattute proprio tra francesi e tedeschi, che dànno un significato così alto all’essere oggi uniti sotto un’unica bandiera. Vice-presidentesse sono state elette Leonie Martin, olandese (ma, più che olandese, europea, per il suo continuo peregrinare), e Ophélie Omnes, ragazza francese che parla altre quattro lingue, tra cui l’italiano. Tesoriere è stato nominato Simon Devos, belga capace davvero di trascinare per il suo entusiasmo federalista. All’Executive Board e al Federal Committee (una sorta di governo e di parlamento dell’organizzazione) sono stati eletti italiani, danesi, finlandesi, turchi, lituani e altri. Nel corso del Congresso, poi, sono state approvate la sezione nazionale polacca e quella del Montenegro. I ragazzi montenegrini hanno ricordato, nella loro presentazione, un bell’evento che hanno organizzato recentemente assieme alla Jef Serbia, unendo persone che solo vent’anni prima si combattevano fucili in spalla per una stupida guerra etnica e che pochi anni fa si sono viste ancora una volta divise in due Stati diversi. Ed è proprio unire in pace persone ora divise da squallidi confini il grande senso dell’integrazione europea, che, per essere duratura e stabile, non può che culminare nella Federazione europea; ed è proprio questa l’aria che si respirava a Zurigo.

Eureka

Gennaio 2016

6


Grecia, Migranti, Volkswagen: tre crisi per chiedere un governo europeo Autore Antonio Longo– Eurobull http://www.eurobull.it/7661

L’Europa avanza nella crisi. Una vecchia affermazione federalista che ha avuto tre riscontri in questo 2015, che non è ancora finito.

l’unione fiscale con la democrazia europea (da costruire). Dunque, dalla crisi si esce in avanti, non indietro, come fantasticano ancora i nostalgici delle monete nazionali.

La crisi greca ha messo a dura prova la tenuta dell’Eurozona e dell’intera Unione. Mesi di trattative inconcludenti hanno prima trasmesso all’opinione pubblica l’immagine di un’Europa incapace di risolvere il problema della tenuta finanziaria di un piccolo Paese. E in una partita ‘venduta’ all’opinione pubblica come un derby Atene-Berlino, con le opposte tifoserie che narravano storie radicalmente diverse: l’austerità come nemica dello sviluppo; le regole come surrogato della democrazia. Poi, d’improvviso, quando è emerso il vero significato della partita – dentro o fuori dall’euro – la crisi si è dissolta come neve al sole. Ciò che era stato respinto con un NO referendario all’austerity è d’improvviso diventato un SÌ al piano europeo. Il governo Tsipras ha capito che il popolo greco – volendo rimanere nell’euro – riconosceva una auctoritas europea superiore alla democrazia nazionale e, di conseguenza, che era disposto ad accettare il piano europeo di riforme strutturali predisposto per rendere il debito sostenibile nel lungo termine. L’esito elettorale di pochi giorni fa ha confermato pienamente questa indicazione, relegando ai margini della storia chi pensava che la democrazia nazionale dovesse piegare le ragioni della condivisione di una moneta unica con altri Paesi, in altri termini dell’essere “Europa”. Si apre ora, ma su scala europea, la partita di come applicare le regole in coerenza con la democrazia: in altri termini, come gestire

La crisi dei ‘migranti’ sta squassando il vecchio ordine della sovranità nazionale applicata al diritto d’asilo e di immigrazione, fino a toccare quello della cittadinanza. Ha già mostrato che gli stati nazionali non sono più in grado di gestire questo fenomeno epocale, che affonda le proprie radici sia nel disordine politico ed economico che regna alle frontiere dell’Unione sia nel calo demografico che colpisce l’Unione stessa. Anche questa crisi ha mostrato che la sovranità e la democrazia nazionale non sono in grado di opporsi ai milioni di esseri umani che, costretti a scegliersi un’altra vita, hanno scelto l’Europa. Il voto di qualche giorno fa nel Consiglio (dei Ministri degli Interni) della UE ha sancito la sconfitta della sovranità nazionale assoluta sulla questione dei migranti. Con il Trattato di Lisbona anche la materia dell’immigrazione era entrata nella sfera della procedura legislativa ordinaria, con la codecisione del Parlamento e del Consiglio, quindi era assoggettata al voto a maggioranza. Ma si preferiva non decidere o decidere ‘per consenso’ (cioè all’unanimità) per mantenere la finzione di una sovranità nazionale su un tema molto sensibile ai fini del consenso politico ed elettorale. Ora non è più così: dalla crisi è emersa una decisione europea, sancita dal voto che ha messo in minoranza quattro Paesi dell’Unione. Quindi, anche in questo secondo caso si è affermato un

Eureka

Gennaio 2016

7


precedente, dal quale non si torna indietro: l’affermazione di una sovranità europea sulla materia dell’immigrazione. Ci saranno certamente tentativi di mascherare ciò che è successo, chiamando contributi volontari le ‘quote obbligatorie’ o frapponendo ostacoli operativi o amministrativi. Ora dunque la battaglia diventa quella di dare all’Europa gli strumenti per agire: risorse finanziarie ed umane, cioè polizia europea di frontiera, guardia nazionale europea, per far applicare le decisioni europee all’interno dell’Unione. Un obiettivo politico di valenza strategica. Il Dieselgate non è soltanto uno scandalo enorme legato all’uso di un software per manomettere i dati delle emissioni inquinanti dei motori diesel di quella casa automobilistica che nella pubblicità era semplicemente definita come Das Auto. Oltre che colpire la casa di Wolfsburg, lo scandalo colpisce anche il mito degli standard produttivi e delle garanzie tecnologiche tedesche, elementi essenziali di quel modello incardinato nell’economia sociale di mercato e nella co-gestione impresa-sindacato: quello che un tempo era definito il ‘capitalismo renano’. Un sistema non solo economico, ma elemento costitutivo dell’ideologia delle principali famiglie politiche del Paese. La conseguenza politica dello scandalo è allora automatica: se le fabbriche tedesche hanno truccato i motori e inquinato l’ambiente, allora da oggi il governo tedesco è più debole. Una sorta di nemesi storica rispetto all’accusa volta alla Grecia di aver truccato i conti. Ma l’incrinatura (non la fine) dell’egemonia tedesca sull’Europa apre due scenari nuovi. Sul fronte politico, all’indebolimento politico della Cancelliera corrisponderà un aumento dei poteri della Commissione europea, che potrà esprimere la posizione europea senza dover più troppo mediare con i Paesi più forti in occasione di due trattative molto importanti: la Conferenza

Eureka

mondiale sull’ambiente (Parigi, dicembre 2015) ed il negoziato del TTIP con gli USA. Ma gli effetti più rilevanti del Dieselgate saranno quelli di lungo termine sul versante economico. Che non si limitano a quelli legati alle scelte produttive per l’auto del futuro (investimenti per le auto ibride ed elettriche), cosa di per sé importante comunque perché prelude ad una riconversione ecologica di un importantissimo settore produttivo, trainante per l’intera economia. Ma anche e soprattutto perché il Dieselgate segna la fine del ciclo economico imperante in questo decennio di crisi europea, tutto basato sull’esportazione nelle economie emergenti. Il rallentamento dell’economia cinese (con la conseguente svalutazione dello yuan) ha mostrato le prime avvisaglie della fine di quel ciclo, mentre la riconversione dell’industria automobilistica su scelte produttive ‘sostenibili’ accentuerà la fine del modello tedesco (ed europeo) di crescita basato prevalentemente sull’esportazione. Ne deriva che la crescita in Europa dovrà essere alimentata anche dallo sviluppo del mercato interno (finora sacrificato) con la necessità di forti investimenti nelle infrastrutture materiali e immateriali, pur sempre in un quadro di risanamento dei conti pubblici, condizione essenziale per una politica di investimenti. È chiaro che tutto ciò comporta la necessità di poter disporre di un centro di decisione politico, legittimato democraticamente, come ha ricordato ancor recentemente Mario Draghi. In altri termini, un rafforzamento del ruolo della Commissione quale “governo” di un New Deal , che sarà tale solo se potrà disporre di risorse proprie di bilancio, nel quadro in cui questo è oggi possibile, quello dell’Eurozona. È questa la lezione che queste tre crisi ci consegnano.

Gennaio 2016

8


Rubrica: Erasmus Autore Filippo Viviani Il mio Erasmus è partito con la classica disorganizzazione in stile italiano: arrivo all’aeroporto di Bologna con un bagaglio di 25 kg, 5 in più del consentito come mi fa notare con aria di triste accondiscendenza l’assistente al desk EasyJet. Di conseguenza va in scena il dramma italico con valigia e borsa aperte e il tentativo di infilarmi due maglioni e tre pantaloni. Dopo venti minuti ed una scenata pietosa davanti al deposito bagagli, sono all’imbarco. E due ore dopo atterro ad Amburgo. Qui frequenterò un anno, il mio quarto di Medicina, presso l’UKE (Universitätsklinikum Hamburg-Eppendorf) insieme con altri venti studenti Erasmus, di cui otto italiani. I primi tre giorni sono stati distruttivi: dopo aver girato tutta la città minimo un paio di volte al giorno ed aver sostenuto innumerevoli colloqui, sono riuscito a sistemarmi in una stanza in affitto, impresa quasi impossibile in una città in pieno boom sia edilizio che demografico. Pochi giorni dopo sono iniziati lezioni e tirocini, e quindi ho cominciato a conoscere i miei compagni Erasmus (tutti molto aperti e disponibili) e quelli “autoctoni” (meno aperti e disponibili inizialmente, ma la situazione è cambiata in fretta). Il metodo didattico e in generale il corso sono totalmente differenti da quelli italiani: si privilegia molto di più l’aspetto pratico a scapito di quello teorico, ed il rapporto con i professori è molto più diretto. Tuttavia credo che l’esperienza Erasmus sia soprattutto basata sull’opportunità di incontrare e vivere a contatto con coetanei da tutta l’Unione. Lo trovo molto stimolante ed utile

Eureka

in particolare per quanto riguarda il mio corso di studi, in cui convivono una miriade di approcci alle varie problematiche. Dopo due mesi posso dire di essermi ambientato (eccetto il cibo, tasto dolentissimo) ed aver incontrato molte persone che hanno visioni e background differenti ma che credo, anche solo inconsciamente, siano consapevoli delle opportunità che l’Unione Europea offra e delle infinite possibilità che un’integrazione maggiore potrebbe generare. Non è un caso che il Programma Erasmus sia riconosciuto come una delle iniziative con più successo che siano mai state implementate dalla Comunità, avendo permesso tra il 1987 e il 2013 a tre milioni di studenti di trascorrere un periodo di studio in uno degli altri Stati membri, costituendo uno dei motori fondamentali dell’integrazione europea. Queste possono sembrare considerazioni banali o scontate, ma dopo aver vissuto a contatto con persone provenienti da Paesi così differenti dal nostro, vengono spontanee e ci si rende conto di quanto oggi diamo per scontate libertà ed opportunità che esistono solo da qualche decennio. E di quanto la generazione Erasmus sarà fondamentale per avvinarci agli Stati Uniti d’Europa.

Gennaio 2016

9


Rubrica: l’Unione Europea e le sue istituzioni Autori: Umberto Marchi, Anna Bellegante

Il 7 febbraio 1992, col Trattato di Maastricht, nasce l'Unione europea: un’unione politicoeconomica a carattere sovranazionale, cui oggi aderiscono 28 Stati europei. Questo Trattato rappresenta una “nuova tappa nel processo di creazione di un'unione sempre più stretta tra i popoli d'Europa” (ex art. 1 TUE), che affonda le proprie radici ideologiche e politiche già nei moti rivoluzionari degli anni '30 del XIX sec. con la Giovine Europa di Mazzini e, successivamente, durante la seconda guerra mondiale, nel Manifesto di Ventotene, redatto da alcuni confinati politici dal fascismo, tra i quali Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi. Ciò che accumuna tutte queste visioni, che anticiparono il percorso di integrazione europea, è l'idea di un'Europa unita e federale, dalla quale si distanzia, per diversi aspetti, l'Unione formatasi dal Trattato di Maastricht fino al più recente Trattato di Lisbona – in vigore dal 2009 –: anzitutto, alcuni Stati dell'UE hanno impiegato una moneta comune (l'euro), ma senza affiancarla a una politica macro-economica e finanziaria comune; in secondo luogo, non esiste un esercito europeo e, sebbene vi sia una politica estera di sicurezza comune (PESC), le decisioni in materia sono ancora adottate all'unanimità, secondo il metodo intergovernativo, e non a maggioranza; anche sul piano istituzionale, di cui andremo presto a occuparci, possiamo constatare solo embrionalmente una struttura federale, composta di una camera bassa, eletta direttamente dal popolo (quale potrebbe essere il Parlamento europeo), e di una camera alta, rappresentativa degli Stati membri (in un futuro, forse, Consiglio e Consiglio europeo) ecc. Eureka

In una prospettiva federale, l'Unione europea è chiaramente come una casa, di cui, in parte, si è arrivati a costruirne il tetto, ma, altrove, si è rimasti alle fondamenta. Detto ciò, non bisogna dimenticare i meriti conseguiti da questa Unione: in particolar modo, degno di nota è l'operato della Corte di Giustizia circa la salvaguardia dei diritti dei cittadini dell'UE, quali la libera circolazione, la libertà di stabilimento, i diritti contenuti nella Carta sui diritti fondamentali di Nizza e molti altri. Ora, parlare di Unione europea non è mai semplice, vista la sua complessità, e, proprio per questo, spesso si fatica comprenderne il funzionamento, soprattutto per coloro che non hanno intrapreso studi giuridici. Ciò che in questo articolo, e in altri successivi, proveremo a fare è una rapida, ma completa, trattazione delle principali istituzioni dell'Unione europea, cominciando dal Consiglio europeo. 1. Consiglio europeo Il Consiglio europeo è istituzione di natura politica, che raduna in sé i leader esponenti degli Stati membri nella forma più elevata di cooperazione politica tra gli stessi. Senza dilungarci in tecnicismi e precisazioni sul come agisca il Consiglio europeo, vi basti sapere che: a) questa istituzione è composta dai capi di Stato o di governo degli Stati membri ed è coordinata da un Presidente (attualmente, Donald Tusk) e dal Presidente della Commissione, mentre l’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e

Gennaio 2016

10


la politica di sicurezza partecipa ai lavori, in qualità di portavoce degli interessi dell'Unione nel campo degli affari esteri e della PESC; b) si riunisce trimestralmente (le cd. riunioni al vertice) su convocazione del presidente stesso, relativamente all’ordine del giorno; c) tendenzialmente si pronuncia per consenso, salvo i casi in cui si richiedano l’unanimità o una maggioranza qualificata; d) il Consiglio europeo non adotta atti legislativi e oggetto delle sue pronunce sono gli orientamenti e le priorità politiche generali di cui dovrà occuparsi il Consiglio.

Eureka

Curiosità: recente è stato l’intervento del Consiglio europeo nell’adozione di “un’agenda strategica”, che orienta l’intervento dell’Unione, nei prossimi 5 anni, su 5 aree prioritarie (Bruxelles, 27/6/2014), rispondendo così all’esigenza di stimolare la crescita, gli investimenti, l’occupazione lavorativa, di porre in essere nuove riforme, quindi si è parlato della realizzazione di un mercato unico digitale, di un migliore investimento nell’ambito delle infrastrutture, di un miglioramento anche nel campo della governante e coordinamento delle politiche economiche nella zona euro, dell’accesso delle PMI ai finanziamenti e investimenti e infine la conclusione di negoziati di partenariato transatlantico su commercio e investimenti entro il 2015.

Gennaio 2016

11


Disertando la politica non si lasciano le cose come sono, nemmeno nella vita privata. Si creano vuoti di potere, cioè si affida il potere agli altri, si accetta che degli altri divengano i padroni del proprio futuro. Mario Albertini

Rivista degli Universitari per la federazione europea Direttore: Filippo Sartori Collaboratori: Marco Barbetta, Anna Bellegante, Gianluca Bonato, Giacomo Dindo, Giacomo Lucchini, Umberto Marchi, Filippo Viviani Impaginazione Grafica: Andrea Leopardi Redazione Via Poloni, 9- 37122 Verona Tel./Fax 045 8032194 www.mfe.it gfe.verona@gmail.com

Eureka

Gennaio 2016

12


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.