GFE - Giovani Federalisti Europei
Ci basta il Recovery Fund?
So m m a r i o
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Dal Recovery Fund le solite storpiature del metodo intergovernativo
Inquietudini neobarocche
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Come procede la “corsa al vaccino”?
La nuova casa della libertà
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Per il dopo-coronavirus serve una strategia comune ed ecologica
Gli euroscettici polacchi vincono, ma i liberali sono vicini
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Il costo dell’emergenza Covid19 da un punto di vista politico
Egofantasmagoria virale
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Una Festa dell’Europa per difendere 25 aprile e primo maggio
Rubrica Erasmus: Bordeaux (Francia)
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Per collaborare con noi, contattaci a: gfe.verona@gmail.com! Rivista del gruppo studentesco GFE - Giovani Federalisti Europei Con il contributo dell’Università degli studi di Verona: Responsabile del gruppo studentesco: Maddalena Marchi. Co-direttori: Maddalena Marchi, Salvatore Romano. Collaboratori: Gianluca Bonato, Federico Cazzaro, Riccardo Dal Ben, Gabriele Faccio, Francesco Formigari, Andrea Golini, Filippo Pasquali, Filippo Sartori, Alice Tommasi, Alberto Viviani, Filippo Viviani, Sofia Viviani, Andrea Zanolli. Redazione: Via Poloni, 9 - 37122 Verona • Tel./Fax 045 8032194 • www.mfe.it • gfe.verona@gmail.com Progetto grafico: Bruno Marchese. GFE - Giovani Federalisti Europei
Articolor Verona Articolor Verona srl srl Via Olanda, 17 ComuniCazione GrafiCa 37135 Verona Via Olanda, 17 37057 Verona Tel. 045 584733 Tel. 045 584733 Fax 045 584524 articolor@articolor.it P.I.email: C.F. 04268270230 REA 406433
2 Eureka
GFE - Giovani Federalisti Europei•Luglio 2020
di lli And rea Zano
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Dal Recovery Fund le solite storpiature del metodo intergovernativo • Tempo di lettura: 4 minuti
opo interminabili trattative nel Palazzo Europa di Bruxelles, i capi di governo dei 27 sono usciti con un importante accordo per rispondere alla crisi causata dalla pandemia. Subito dopo è iniziata la sfilza di conferenze stampa da parte dei vari capi di governo con i rispettivi media nazionali, pronti a riflettere dalla propria prospettiva nazionale quanto definitivamente emerso dalle trattative. Tutti i Paesi sembrerebbero aver vinto la propria battaglia, ognuno a difesa del proprio interesse nazionale e spesso in contrapposizione con le posizioni altrui. Così in Italia Conte sembra aver sconfitto i cattivi olandesi e dice di essere orgogliosamente italiano, in Francia Macron sembra aver posto la Francia al pari della Germania nella locomotiva europea, in Ungheria Orbán sembra aver finalmente messo a tacere le richieste europee di garanzie per lo stato di diritto. Si potrebbe continuare con la lista degli spacciati successi ottenuti da ciascuno dei 27 capi di governo per il proprio elettorato nazionale. Insomma, tanta fatica a Bruxelles, ma, sembrerebbe, al ritorno a casa davanti ai propri elettori tutti sono felici ed entusiasti della propria vittoria. Ecco come si consuma un altro episodio di trattative europee da cui emerge eloquentemente la differenza radicale fra il funzionamento del sistema intergovernativo e del sistema federale. Anche questa volta, nel momento delle scelte decisive, seduti attorno al tavolo ci sono solo i capi di governo, rappresentanti dei singoli e parziali interessi nazionali. E per arrivare a un voto finale unanime, ciascuno dei 27 pretende di ricevere una qualche concessione da spacciare come successo al rientro nella propria capitale. Le trattative si prolungano indefinitamente, gli interessi europei rimangono indifesi, le minacce di veto proliferano, i tempi si allungano, i compromessi sono sempre al ribasso e per qualche passo in avanti si tende a farne almeno un altro indietro. Insomma, anche il Recovery Fund sta dimostrando come l’Unione Europea debba risolvere il vicolo cieco strutturale del Consiglio europeo e delle sue procedure decisionali. Per sciogliere questo nodo la linea federalista è chiara: serve una modifica dei trattati che conceda maggiori poteri agli organi rappresentanti dei cittadini europei, la Commissione e il Parlamento, dotando inoltre l’Unione di un vero e proprio bilancio federale
tramite una capacità fiscale propria. L’Unione Europea deve poter agire autonomamente nell’interesse comune dei cittadini europei, svincolandosi dai veti nazionali e dalle ratifiche nazionali, dando contemporaneamente maggiore legittimità di azione al Parlamento europeo. D’altro canto, non va taciuto il fatto che nel Consiglio europeo qualche passo avanti inedito e probabilmente inatteso è stato fatto. Anzitutto è stato raggiunto un accordo già in luglio, fatto che, al di là del contenuto specifico, non era affatto scontato e che permette di dare un messaggio forte e chiaro ai suoi cittadini e al mondo. Inoltre, va sottolineata l’importanza dell’emissione di debito a livello comunitario che tanto era stato richiesto anche dallo stesso governo italiano. Infine, di centrale rilevanza è anche l’introduzione di nuove risorse proprie ricavabili tramite imposte dirette, che presumibilmente riguarderanno la cosiddetta Plastic Tax, ma magari anche una Digital Tax o qualche altra proposta che arriverà dalla Commissione. Al di là del merito e del contenuto dell’accordo, il punto cruciale riguarda sempre ciò che l’Unione Europea vuole diventare. Da un lato la possibilità di rimanere la somma di 27 interessi nazionali con il potere nelle mani dei capi di governo tramite il metodo intergovernativo, dall’altro lato la concreta ambizione di procedere verso l’unione politica dei cittadini europei, che permetterebbe anzitutto tempestività di intervento, abbondanza di risorse e di ricchezza, potenziale di avere un ruolo di primo piano nel mondo. Luglio 2020•GFE - Giovani Federalisti Europei
Eureka 3
Come procede la “corsa al vaccino”? di Andr Golini ea
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• Tempo di lettura: 7 minuti
la priorità di dosi di vaccino anche l timore di un’altra chiusura, il «La competenza dall’Europa. timore di non poter tornare fisisenza autorità Poi abbiamo la Cina, considerata camente a studiare in università: la più avanti nel creare un vaccino un vaccino per il Covid-19 pare è ugualmente grazie alle sue aziende come la Sil’unica soluzione all’alternativa impotente novac e la CanSino, ma quest’ultelematica, sempre che arrivi tima in trattative commerciali con anche a noi. A che punto siamo? Se dell’autorità l’impresa tedesca BioNtech. Che consideriamo che in molte aziende senza competenza» sia un’apertura alla “collaboraziogli studi sono iniziati ormai da genne” stile americano frutto della vonaio/febbraio e che la Commissiolontà cinese di tutelare al meglio i propri cittadini? ne europea stima un periodo tra i 12 e 18 mesi per Almeno abbiamo l’Unione europea che ha lanun sicuro rilascio del vaccino direi che siamo circa a ciato una raccolta di fondi a livello mondiale, in metà strada. Ma com’è ad oggi la situazione sui finanaccordo con l’OMS, per finanziare la ricerca scienziamenti alla ricerca e alla sperimentazione dei vaccini? tifica per il vaccino, gli strumenti di diagnostica e i diQuello che dovremmo aspettarci è un’azione di sospositivi di protezione, raccogliendo un totale di 7.4 lidarietà e cooperazione della specie umana di fronte miliardi di euro. La Commissione europea si impegna ad una minaccia comune, eppure ancora una volta annunciando che verrà investito più di un miliardo emergono gli egoismi delle singole Nazioni. Da per la comunità scientifica al lavoro per trovare il un lato abbiamo Trump con i suoi States, il quale ha vaccino grazie al contributo degli Stati membri tra deciso di non collaborare con l’OMS (Organizzazione cui Germania e Francia, per rispettivi 525 e 500 milioni Mondiale della Sanità) nonostante governi il paese più di euro, Italia con 140 milioni e Spagna con 120 mln. colpito dal virus e che assicura l’arrivo di un vaccino enPer gli amanti dei complotti anche la fondazione di Bill tro fine anno, non specificando da dove arriverà; dalle Gates, la CEPI, verrà finanziata. sue amate aziende americane oppure dall’estero come Il peso politico e la posta in gioco sono assai elevati, dall’acquisita azienda farmaceutica francese Sanofi? ma non è interesse di tutti trovare un vaccino? Non A quanto pare il presidente americano non è del è come dice la presidente della Commissione europea tutto sicuro che al vaccino ci arrivino “first” le sue ameUrsula Von der leyen «la nostra migliore possibilità ricane Moderna, Invio e Novavax; meglio assicurarsi collettiva di sconfiggere il virus»? Nel report dell’OMS pubblicato il 6 luglio troviamo 21 aziende arrivate alla sperimentazione sull’uomo e ben 139 aziende nella fase preclinica. Questa corsa mondiale, che dovrebbe avere lo scopo di arrivare al traguardo sembra diventare una gara a chi arriva per primo per assicurarsi la priorità. È l’esempio americano che acquista i diritti per ottenere per primo il vaccino in caso la francese Sanofi lo trovasse. Gli stessi USA hanno prima tentato di ottenere i diritti esclusivi della produzione del vaccino dell’azienda tedesca CureVac, ma su quest’ultima è intervenuta l’Unione europea con l’acquisto del 23% del capitale aziendale da parte del governo tedesco, accordando un utilizzo comunitario dell’eventuale vaccino. E sempre gli USA hanno investito 1.2 miliardi di dollari per acquisire il potenziale vaccino della Oxford
4 Eureka
GFE - Giovani Federalisti Europei•Luglio 2020
Biomedica, prenotando 300 milioni di dosi. Ora, capisco la situazione americana ma questo è un paradosso della dialettica nazionalista: pensare di poter fare da soli ma finire per coinvolgere gli altri. E la cosa peggiore è che non si coinvolge con la collaborazione bensì con l’acquisizione. È forse equo un mondo in cui solo chi può economicamente permetterselo può curarsi? Questa è una mentalità nociva che danneggia anche gli Stati che promuovono la tutela dei cittadini indipendentemente dal loro reddito. L’Italia rischia di non ottenere il vaccino, non prima che almeno metà inglesi vengano vaccinati: l’azienda italiana Irbm collabora con l’azienda inglese di Oxford ma l'esecutivo britannico ha consegnato all’azienda AstraZeneca, legata nella ricerca all’azienda di Oxford, 65.5 milioni di sterline per assicurarsi le prime 30 milioni di dosi. Un’altra azienda italiana, la ReiThera, afferma che «se il vaccino non lo produciamo in casa non lo avremo prima degli altri». Già ce lo vedo Salvini a twittare per un vaccino italiano per gli italiani nati in Italia da genitori italiani sposati in Italia. Ma non andremo da nessuna parte da soli, poche risorse e più tempo per trovare una cura. Per questo bisogna investire su una strategia comune, altrimenti i paesi che non dispongono di sufficienti risorse proprie non avranno accesso al vaccino mentre le multinazionali lotteranno per i diritti di proprietà intellettuale. Ma chi ha l’autorità per far valere una strategia comune? L’OMS ha le competenze per indicare ma non ha l’autorità per agire. Una possibilità è l’Unione europea che propone un approccio comune poggiato sul mandato ricevuto dai ministri della Sanità dei paesi membri. La strategia comunita-
ria che si può consultare sul sito della Commissione europea è volta a garantire la produzione di vaccini e forniture sufficienti agli Stati membri dell’Unione, ad adattare il quadro normativo dell'UE all'attuale situazione di emergenza e a ricorrere alla flessibilità normativa esistente. Ma le intenzioni non sono solo verso l’Europa: Ursula von der Leyen ha dichiarato «Il vaccino segnerà una svolta nella lotta contro il coronavirus, a testimonianza di ciò che riusciamo a ottenere quando mettiamo insieme conoscenze, ricerca e risorse. L'Unione europea farà il massimo possibile affinché tutti, nel mondo, abbiano accesso a un vaccino, senza distinzione di luogo.» Inoltre, la Commissaria per la Salute e la sicurezza alimentare Stella Kyriakides ha dichiarato «La collaborazione aumenterà le possibilità di accesso a un vaccino sicuro ed efficace nelle quantità necessarie e nel modo più rapido possibile; un accesso giusto ed equo per tutti, nell'UE e nel mondo, è la migliore opportunità di trovare una via di uscita definitiva dalla crisi del Covid-19. Qui l'Unione offre il meglio di sé: mettere in comune le risorse, unire gli sforzi e portare risultati concreti alla vita quotidiana delle persone. Nessuno è al sicuro fino a quando non sono tutti al sicuro; non risparmieremo gli sforzi per proteggere i cittadini dell'Unione e del mondo.» Garantire un accesso al vaccino che sia universale, equo e a basso prezzo in particolare per i paesi più vulnerabili è l’obiettivo dell’Unione europea. Ma l’Unione avrà l’autorità per agire o sarà necessario rinnovare le sue istituzioni e renderla finalmente uno Stato Federale? Lo psicologo Gustave Le Bon disse che «la competenza senza autorità è ugualmente impotente dell’autorità senza competenza». Luglio 2020•GFE - Giovani Federalisti Europei
Eureka 5
di Andr Golini ea
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Per il dopo-coronavirus serve una strategia comune ed ecologica* • Tempo di lettura: 6 minuti
«Cosa te ne frega di pensare all’ambiente in un momento in cui le persone perdono il lavoro?»
n questo periodo di chiusura dovuta all’emergenza coronavirus le emissioni di sostanze inquinanti si sono ridotte. Secondo il Sole 24 ore, se prendiamo come riferimento la Cina, la cui dinamica può essere paragonata a quella dell’Italia, le emissioni si sono ridotte di un quarto rispetto allo stesso periodo del 2019. Con i dati riportati da Italy for Climate vediamo gli effetti del cambiamento climatico prima dell’emergenza virus: in Italia i casi estremi connessi ad esso sono aumentati del 60% rispetto al 2008 e le emissioni di gas serra, in totale oggi circa 423 milioni di tonnellate di MtCO2eq, sono diminuite solo dell’1% rispetto al 2019.
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GFE - Giovani Federalisti Europei•Luglio 2020
Tale andamento non ha dimostrato una decisa intenzione a diminuire le emissioni, il che ci porta a credere che così non sarebbe stato, o sarà, per molti altri anni. Il distanziamento sociale non può continuare nonostante il vantaggio ecologico dovuto alla chiusura delle principali attività commerciali: è certamente impensabile bloccare le persone al solo scopo di diminuire di qualche punto percentuale l’inquinamento. Tuttavia, bisogna davvero rendersi conto del paradosso in cui stiamo vivendo: secondo il Global Food, Environment and Economic Dynamics, una delle conseguenze della diffusione del
COVID-19 è la riduzione dell’inquinamento atmosferico dovuto alla riduzione dell’attività economica. L’inquinamento atmosferico è causa di circa 400.000 morti premature all’anno solo in Europa (EEA Report - Air Quality in Europe). La nostra attività economica è insostenibile. Questo per comprendere quanto importante sia necessario che gli Stati si impegnino insieme per la transizione ecologica, necessaria non solo per vivere con un consumo sostenibile o perché siamo grandi ammiratori delle api, ma anche per salvare vite umane. La sfida che si prospetta ai leader mondiali è difficile, richiede coraggio e responsabilità. Ora è necessario far ripartire l’economia per evitare l’impoverimento dei cittadini e per evitare che Stati con economie meno avanzate si fermino. Secondo le previsioni dell’Ocse il trend del PIL mondiale potrebbe dimezzarsi arrivando ad una crescita del 1,5% annua dall’iniziale previsione del 3%, mentre l’FMI parla della peggior depressione dal 1930 dando stime ancora più basse, poiché vi sono coinvolti la quasi totalità degli Stati mondiali. Bisognerà mettere in atto una strategia comune per la riapertura del commercio e la “rinascita” economica e i cittadini dovrebbero far presente ai leader che tale strategia avrà delle conseguenze climatiche. Glen Peters del Center for International Climate and En-
vironment Research mette in evidenza che le recenti crisi economiche, come gli shock petroliferi e le crisi finanziare, sono state seguite nel breve periodo da una riduzione dell’inquinamento atmosferico, mentre nel lungo periodo con lo scopo di rilanciare la crescita economica vennero incentivati ed aumentati i consumi di risorse non rinnovabili con il conseguente aumento delle emissioni; due anni dopo la crisi finanziaria del 2008, per esempio, l’aumento delle emissioni è stato del 5,1%. La crisi causata dal virus potrebbe quindi avere conseguenze negative per la transizione energetica sostenibile, soprattutto tenendo presente che gli investimenti mondiali in energia sostenibile dipendono per il 70% da finanze pubbliche, che a seguito di questa crisi dovranno essere direzionate innanzitutto a sostegno dei lavoratori e delle imprese. La Commissione europea guidata da Ursula Von der Leyen si è battuta fortemente per il “Green Deal” europeo, e si è mossa nella giusta direzione: i finanziamenti concessi dall’Unione europea con l’European Recovery Fund per contrastare l’emergenza coronavirus verranno indirizzati verso progetti che tengono conto dell’impatto ambientale. La politica, soprattutto in Europa, dovrà rilanciare l’economia con l’impronta della sostenibilità ambientale, favorendo i progetti “green” piuttosto che le risorse non rinnovabili. La sostenibilità non è un qualcosa a cui dovremo rinunciare, bensì potrà essere il metro di giudizio per investire su progetti verdi e moderni, che cambino l’economia, per trasformare la nostra società e renderla tecnologica, avanzata e sostenibile. L’Unione europea ne ha la possibilità. Il cambiamento climatico non accetta pause di riflessione; come ha ribadito il segretario dell’Onu, Antonio Guterres, è un fenomeno che richiede un’azione costante. (*) Articolo pubblicato sulla pagina online a inizio maggio. Luglio 2020•GFE - Giovani Federalisti Europei
Eureka 7
di S ofia Viviani
Il costo dell’emergenza Covid19 da un punto di vista politico*
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a Repubblica Romana è stata rivoluzionaria nel pensiero politico classico proprio per la sua unicità; come affermava lo stesso Cicerone, era la migliore forma di governo mai pensata; la sua caratteristica principale risiedeva nel sistema misto, ovvero l’incorporazione di tutti e tre i sistemi statali classici: i tribuni della plebe dalla democrazia, il Senato dall’oligarchia e i Consoli dall’autarchia. Proprio i consoli erano fondamentali in periodi di guerra e situazioni di emergenza nazionale poiché, essendo due, potevano seguire contemporaneamente la situazione interna in aula e guidare l’esercito in battaglia. Come in ogni trattato di Scienza Politica classico, l’autarchia è estremamente efficace per controllare le crisi e anche in tempi contemporanei gli scienziati politici non negano le sue qualità in situazioni emergenziali. Il grande merito di molte democrazie moderne
Il Premier Ungherese Viktor Orban
8 Eureka
GFE - Giovani Federalisti Europei•Luglio 2020
è stato quello di non rifiutare questa capacità, ma anzi di adottarla costituzionalmente, attraverso strumenti come i decreti ministeriali e del Presidente del Consiglio speciali, nel caso italiano, e sono proprio questi strumenti che vediamo venire attivati oggi per far fronte all’emergenza del Covid-19. Siamo in un momento di sospensione di alcune libertà costituzionali, che troppe volte abbiamo date per scontate, come la libertà di movimento, di aggregazione, di manifestazione e di culto religioso; un momento in cui è fin troppo facile sostenere in modo acritico l’operato del Governo in nome di un’unità nazionale e spirito di coesione. Tutto questo ci porta ad avere, per la nostra generazione, l’esperienza di poter mettere in dubbio e sotto analisi l’unico strumento che abbiamo mai conosciuto: quello democratico. La democrazia infatti, non è che uno strumento, utilizzato per trasformare le preferenze dei cittadini in
Città deserte durante il lockdown
quanto individui in preferenza di gruppo, cercando di renderla più coerente possibile. Essendo strumento è innegabile che abbia errori intrinsechi, a volte enormi, ma oggi, quello che rischia di farla crollare più di tutti, è la pigrizia. La democrazia è pigra perché è collegiale, lenta, indefinita, risultato di compromesso. Il vero rischio che porta il Coronavirus è che i cittadini si adattino allo stato istituzionale attuale e che, una volta finito il periodo di limitazioni, considerino stancante e faticoso tornare al compromesso. La dimostrazione della minaccia autoritaria che stiamo vivendo sta, ad esempio, nel grande elogio che leggiamo ovunque della strategia cinese nel territorio di Wuhan, ma come ricorda la ricercatrice austriaca Tamara Ehs, si parla dello stesso regime autoritario che ha negato la trasparenza nelle fasi iniziali del contagio, fondamentale per il contenimento. La grande sfida sarà quella di limitarci ad usare i protocolli emergenziali democratici ed usarli lo stretto necessario, a costo di dover ritornare alla fatica del voto democratico: questa responsabilità sta proprio nelle mani degli esecutivi, che hanno il compito di auto regolarsi. Dopotutto, la deriva democratica è un processo grigio che parte da piccole cose, apparentemente insignificanti; come, ad esempio, la proposta di decreto del Ministro della Salute austriaco, che avrebbe consentito alle forze dell’ordine di fare irruzione senza mandato nelle abitazioni private nel giorno di Pasqua, per controllare che non ci fossero famiglie riunite a festeggiare, fortunatamente bloccato dall’opposizione. Non tutti i paesi sono stati così fortunati. Assistiamo ad esempio all’India, dove il governo fondamentalista
hindu del Primo Ministro Narendra Modi ha ordinato uno dei più rigorosi lockdown al mondo, causando la morte di centinaia di cittadini, sia per fame, poiché dipendenti da stipendi precari e giornalieri, sia da affollamento sui treni nel tentativo di raggiungere la campagna, nella speranza di avere più possibilità di trovare alimenti. In Pakistan, invece, è stato ordinato all’esercito di caricare e massacrare i medici e infermieri, che protestavano per l’assenza di dispositivi di protezione personale negli ospedali. In Israele il Primo Ministro Benjamin Netanyahu ha iniziato a monitorare i cellulari dei cittadini, senza nessuna votazione del parlamento, per controllare gli spostamenti e i contatti con possibili infetti di Covid-19, oltre ad attivare le misure anti-terrorismo, per avere potere sul legislativo. In conclusione, osserviamo l’Ungheria, membro dell’Unione Europea, la terra dei diritti democratici, dove Viktor Orban raggiunge un altro traguardo nel suo percorso dittatoriale, cancellando qualsiasi tipo di elezione amministrativa, rendendo il suo mandato illimitato e governando senza limiti per decreti. Il nostro stesso modo di vivere, le nostre radici politiche e sociali sono sotto pressione. Il minimo che possiamo fare è prendere coscienza del pericolo e criticare, giudicare, analizzare. Individuare i comportamenti anti democratici, denunciarli, capire se sono assolutamente necessari al contrasto del virus; in caso contrario, far sentire la nostra voce e difendere i valori democratici. (*) Articolo pubblicato sulla pagina online a inizio maggio. Luglio 2020•GFE - Giovani Federalisti Europei
Eureka 9
di to Gia nluca Bona
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Una Festa dell’Europa per difendere 25 aprile e primo maggio* • Tempo di lettura: 6 minuti
n questa soleggiata primavera nell’era del coronavirus, stando rinchiusi in casa senza grigliate con amici o gite fuori porta con morose o morosi, capita di riflettere un po’ di più sul significato del 25 aprile e del primo maggio. L’immagine di Mattarella che il 25 aprile scende dalla scalinata dell’Altare della patria, solo, portando come tutti una mascherina, ha suscitato in molti un senso di forza tranquilla e rassicurante. Guardare, durante il concerto del Primo Maggio, da soli in casa cantanti che si esibiscono da soli davanti a una videocamera incute una sensazione straniante. Entrambe queste ricorrenze sono il risultato di lotte condotte in gruppo, a una rigorosa distanza inferiore a un metro, per tendere assieme un’imboscata ai nazifascisti o stretti gomito a gomito in un corteo sindacale. Ma in un tempo in cui le distanze sono rigorosamente superiori a un metro, e in cui oltretutto la crisi dei corpi intermedi ha portato in un certo senso anche a un processo di desacralizzazione di
queste ricorrenze, qual è il senso di festeggiarle? Quali sono i valori ancora significativi per noi oggi? Bisogna forse ripensare al modo in cui guardiamo al 25 aprile, al primo maggio, al 2 giugno e a tutte le festività del nostro calendario. Ognuna di esse nasce in un preciso momento storico, e disegnate dai contorni di quei momenti storici le ricordiamo. Vale anche la pena forse di riflettere su come sia stato possibile che queste festività abbiano attraversato decenni e siano sopravvissute fino a noi. Ciò non è affatto scontato: sono i processi della storia che determinano quali valori siano alla base di una società e quali no, e quindi quali date celebrare e quali no. Il regime fascista abolì la festa del Primo Maggio e istituì al suo posto la festa del 21 aprile, natale di Roma. Il calendario repubblicano della Rivoluzione francese abolì la domenica e con essa tutta la settimana, preferendo un mese diviso in tre decadi (in ogni mese tre primidi, tre duodi, tre tridi ecc).
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alle celebrazioni per il 25 aprile di quest'anno
10 Eureka GFE - Giovani Federalisti Europei•Luglio 2020
Un evento per celebrare la Festa dell'Europa tenutosi il 9 maggio dell'anno scorso a Milano Qualsiasi festività quindi che in questo momento celebriamo, che sia laica o religiosa, non è eterna, il suo destino dipende in toto da quello dei valori della società in cui è inscritta. La domanda centrale quindi diventa: sono in pericolo i valori fondamentali della nostra società? La democrazia liberale che abbiamo ereditato dalla seconda metà del Novecento è in pericolo? La domanda è enorme e un semplice articolo non può certo fornire risposte risolutive. Qualche spunto lo si può però offrire. Uno spunto può essere il fatto che la vita dell’Italia del dopoguerra è pressappoco coincisa con quella del processo di integrazione europea. Il primo gennaio 1948 entrò in vigore la Costituzione repubblicana e già il 9 maggio 1950, con la dichiarazione Schuman, ebbe ufficialmente inizio il processo di integrazione europea. Ma l’idea che la ricostruzione degli Stati europei ridotti in macerie dovesse compiersi all’interno di un progetto di unità europea, per evitare di ricadere nelle sanguinose divisioni delle due guerre mondiali, era ben presente già prima del 1950. Nasce allora la domanda: cosa sarebbe successo all’Italia democratica se il processo di integrazione europea fosse fallito e ci fossimo trovati allora o ci trovassimo oggi con 27 Stati nazionali indipendenti l’uno dall’altro, in competizione l’uno con l’altro? Difendere i propri valori è possibile solo se si ha le istituzioni in grado di far prevalere quei valori; un sistema di valori può prevalere solo grazie alla forza delle istituzioni che lo sostengono. Non riconoscere questo dato fondamentale significa oscurare la realtà storica. Riconoscerlo porta a riflettere sulle istituzioni che oggi proteggono i nostri valori, che le festività che celebriamo rappresentano. E viene da pensare che le istituzioni che difendono i nostri valori della democrazia liberale siano fragili.
A livello mondiale, la Cina, col suo sistema autoritario sempre più imperniato sulla figura di Xi Jinping, prosegue la sua lenta risalita per detronizzare il predominio degli USA, dove non possiamo ancora dire con certezza (le elezioni di novembre saranno un momento chiave in tal senso) se Trump intaccherà in maniera più o meno duratura la stabilità della democrazia americana. Chiunque fra Cina e USA prevarrà nella lotta per il potere, non sarà il modello di valori europeo a imporsi, finché non si riuscirà a dotare l’Unione europea del potere politico necessario ad affermare i propri valori. Il che ha implicazioni anche molto concrete: basti pensare al fatto che oggi l’innovazione digitale è totalmente in mano ai giganti privati della Silicon Valley (Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft) o ai giganti di Pechino controllati dallo Stato (Huawei, Alibaba, Baidu, Tencent). Pressoché nessuno dei prodotti tecnologici leader nel mercato è in mani europee. Così, in un mondo che sempre più fatica a mantenere un ordine cooperativo invece che competitivo, come europei dipendiamo totalmente da tecnologie che sono in mano ad altri. Non ci resta quindi che una strada per cercare di preservare i nostri valori anche nei decenni a venire: condividerli con istituzioni europee adatte a giocare un ruolo attivo nelle dinamiche politiche globali di oggi. Costruire dunque una Federazione europea. Sarà dunque il caso di rimanere a casa da lavoro un altro giorno, dopo il 25 aprile e il primo maggio: il 9 maggio, per celebrare quella che già oggi è riconosciuta come la Festa dell’Europa (*) Articolo pubblicato sulla pagina online a inizio maggio. Luglio 2020•GFE - Giovani Federalisti Europei
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Inquietudini neobarocche di ri Fra ga i nces m co For
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• Tempo di lettura: 5 minuti
Articolo pubblicato sul blog Eurovicenza.eu
entre il Recovery Fund impegna in aspri dibattiti e bizantine trattative i vertici dell’Unione Europea, mentre l’epidemia causata dal coronavirus prosegue mietendo vittime in molte aree del continente americano, mentre in Italia i media si rivolgono al ponte Morandi e al suo atteso collaudo, il rapper e produttore Kanye West ha annunciato la propria candidatura alla presidenza degli Stati Uniti. Il contrasto tra la figura di West e gli altri eventi menzionati è palese. Perché, allora, direzionare l’attenzione verso un individuo che durante il suo primo comizio, svoltosi a Charleston (South Carolina) il 20 luglio 2020, si è presentato indossando una sorta di giubbotto antiproiettile, ha proposto di scoraggiare l’aborto donando un milione di dollari a chiunque abbia un figlio, e ha sbraitato di voler realizzare una non ben definita “terra promessa”? Sicuramente la risposta
Kanye West e Kim Kardashian
12 Eureka GFE - Giovani Federalisti Europei•Luglio 2020
non risiede nel desiderio di procurare “audience” a un personaggio quale Kanye West. Circa i pericoli derivanti da un’irriflessa attribuzione d’importanza mediatica a individui come West si è ben espresso il giornalista Paolo Mastrolilli sulle pagine de La Stampa, scrivendo: «Noi giornalisti dovremmo avere la forza e il coraggio di rinunciare ai guadagni in termini di audience che derivano da questi spettacoli, non attraverso la censura, ma svolgendo bene il nostro mestiere per verificare la credibilità di chi si propone di guidare le democrazie». Non manca, tra le righe di Mastrolilli, un forte riferimento al passato recente: «Nel 2016 […] le televisioni americane non fecero questo lavoro (cioè il lavoro cui Mastrolilli allude nello stralcio precedente, ndr), mandando in diretta fiume i comizi di Trump perché garantivano audience». Le conseguenze di una scelta simile, oggi, sono ben note a tutti. La domanda posta in precedenza, tuttavia, torna a fare capolino, comprensibilmente insoddisfatta: perché occuparsi di West? Non soltanto per denunciare la bassezza politica dell’operazione architettata dal medesimo – personaggio che non dispone di alcuna capacità politica –, ma anche per evidenziare il clima di generale degradazione in cui oggi sembrano essere scivolati ampi comparti della realtà politica mondiale. Oggi, infatti, all’interno di una democrazia quale la repubblica statunitense – la stessa cui rivolsero i propri sforzi uomini come Jefferson, Franklin, Adams e altri pensatori destinati a rinvigorire con slancio nuovo le idee degli illuministi d’oltremanica, all’epoca ancora non consapevoli di poter davvero porre termine all’antico regime – persino la candidatura di Kanye West è qualcosa di possibile. Non si tratta di una questione d’elitarismo: nel contesto democratico chiunque deve avere il diritto di potersi esporre. È però innegabile che, posta in esame una determinata fase della vita di una repubblica, il profilo di chi si candida all’interno di tale fase dica qualcosa circa la qualità del momento politico che la repubblica di cui prima sta attraversando. Non tutte le stagioni sono uguali. Questa, la stagione dei Trump che affrontano con indifferenza un’epidemia globale e dei Kanye West che scoppiano in lacrime durante un comizio, non è certo una fase di alta qualità.
Un comizio di Kanye West, candidato alla presidenza degli USA
Questa, piuttosto, è una fase di alto tradimento degli ideali che dovrebbero animare quantomeno coloro che partecipano all’agone politico di una democrazia. Ecco, allora, perché parlare di Kanye West. Il motivo per cui sottolineare ciò che il rapper statunitense sta facendo è racchiuso nella configurazione del suo stesso personaggio: Kanye West rappresenta oggi il perfetto emblema fenomenico di una dimensione politica scossa da profonde inquietudini neobarocche. Il riferimento, ovviamente, non è al barocco cesellato dalle finissime espressioni artistiche di Marino e Borromini, e nemmeno al barocco che vide svolgersi la rivoluzione di Copernico e Galilei o innalzarsi l’utopia di Campanella. Il riferimento, piuttosto, è a un barocco nuovo, esplicito e brutale nelle sue proporzioni, ma strettamente legato al barocco passato: quel barocco che il critico Giovanni Getto definì come una civiltà la cui unica certezza «è nella coscienza dell’incertezza di tutte le cose, dell’instabilità del reale, delle ingannevoli parvenze, della relatività di tutte le cose». Si tratta di un barocco cui ben si adattano le categorie concettuali che affiorano tra le parole del critico Andrea Battistini: il periodo dell’«effimero, dell’instabile, del transitorio, della labilità dell’esistere». In una formula, quella coniata dal gesuita e scrittore spagnolo Baltasar Gracián (1601-1658), oggi è in vita una politica perturbata da
tensioni che hanno la propria radice nella regola – barocca un tempo e neobarocca oggi – secondo la quale «il sapere più grande consiste nell’arte dell’apparire». E Kanye West, marito di colei che ha costruito un impero multimilionario sfruttando proprio il social dell’apparenza, ossia Kim Kardashian, è quanto di più sfacciatamente neobarocco si possa incontrare: uno pseudo-candidato che a Charleston, durante il comizio di cui prima, è salito sul palco con la scritta “2020” rasata a regola d’arte dietro alla testa e se ne è uscito di scena sulle note intonate da un coro gospel. Che l’abbia fatto per pubblicizzare l’uscita del suo prossimo disco o per ostacolare la corsa dei due rivali Trump e Biden, poco importa. Quale destino, allora, per un mondo che proprio negli ultimi anni, tra catastrofi ambientali, tragedie umanitarie ed epidemie, si è (ri)scoperto fragilissimo? Come potrà proseguire il cammino dell’Unione Europea, scossa da manifestazioni di rigetto quale la Brexit recentemente compiutasi? Quale strada per un’Italia divisa tra gli slogan di Salvini e l’inconsistenza ideale di Conte? L’autore di queste righe, purtroppo, manca della profetica ispirazione necessaria a un affidabile vaticinio. L’impressione, però, è che serva un illuminante cortocircuito: qualcosa che permetta di cominciare (o ricominciare?) a fare politica con sguardi profondi. Pensando grande, pensando forte. Luglio 2020•GFE - Giovani Federalisti Europei
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La nuova casa della libertà di ro Fed erico Cazza
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opo il crollo del muro di Berlino, vi è stato un periodo nel quale veleggiava l’impressione che gli Stati Uniti potessero essere l’unico vero punto di riferimento per le democrazie costituzionali liberali, un polo della democrazia e della libertà. Tale concezione rimaneva pressoché invariata fino all’ultimo decennio, quando tale modello veniva messo in discussione principalmente per due ragioni. La prima ritengo sia quella della nascita dell’Unione Europea come la conosciamo oggi, ovvero con i trattati di Lisbona del 2009. La nascita di questa casa comune, non assimilabile a nessun modello organizzativo sovrastatale, ha comportato l’emersione di un nuovo polo democratico, seppur solo in parte, e liberale, che potesse essere altro punto di riferimento nel mondo. Da quel momento, non vi era più una sola “potenza occidentale” che potesse essere interlocutore credibile per difendere i valori connaturati alle diverse democrazie liberali e che potesse farsi garante degli stessi nel mondo. Si passava quindi da un modello monocentrico, in cui gli Stati Uniti rappresentavano l’unica potenza democratica e liberale credibile a livello mondiale, ad un assetto multicentrico, in cui l’Unione Europea avrebbe dovuto rappresentare l’alternativa credibile alla “via presidenziale americana”. Tale modello multicentrico è stato però a sua volta messo in discussione da un nuovo evento epocale, ovvero l’elezione a Presidente degli Stati Uniti di un imprenditore che si dichiarava e dichiara tuttora antisistema, anti-elitario e, in molti casi, antiscientifico: Donald J. Trump. L’attuale presidente statunitense ha infatti cercato di attuare strategie nazionaliste molto ferme che hanno rivoluzionato la politica estera americana militare, economica e sociale. Tale virata è consistita essenzialmente nelle misure protezionistiche attuate contro, tra gli altri, l’Unione Europea e la Repubblica Popolare Cinese. Se da un lato, le misure attuate contro quest’ultima potrebbero quale strategia per determinare un indebolimento di questo paese, che non condivide molti dei valori occidentali, la scelta di colpire l’economia europea è rimasta in parte incompresa da un punto di vista politico, visto che UE e
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USA si ritenevano alleati stretti su diversi piani, di cui quello economico era solo uno tra gli altri. È però chiaro che l’innalzamento di barriere economiche comporterà un allontanamento anche da un punto di vista politico. La scelta di allontanare gli USA dal ruolo di guida globale risulta chiara anche dalle scelte sociali, drammatiche per gli effetti che le stesse potranno determinare, attuate dall’amministrazione Trump. Tra le più evidenti, ricordiamo gli accaparramenti assolutamente sproporzionati di medicinali che paiono utili alla lotta al COVID-19 e, soprattutto, il tentativo di acquisire l’esclusiva per la distribuzione per il vaccino contro il medesimo virus che è in via di sviluppo presso la casa farmaceutica tedesca CureVac. Se a tutto ciò aggiungiamo i successivi disimpegni che la potenza americana sta attuando nelle varie organizzazioni internazionali, tra cui la NATO e l’OMS, emerge un quadro preoccupante, nel quale gli Stati Uniti dimostrano la volontà di isolazionista e nazionalista. Tanto premesso, sorge allora il dubbio che il ruolo di “Casa della libertà” possa oggi essere ricoperto dalla sola Unione Europea o se, invece, la stessa non possa dimostrarsi all’altezza di tale funzione per la mancanza di una coesione politica tra i vari paesi membri, quantomeno nei temi di politica estera. Ritengo però che si debba pensare che l’Unione possa ricoprire tale ruolo, quantomeno nel medio termine. L’indebolimento della Nato ed il progressivo ritiro delle truppe a stelle e strisce provocherà innanzitutto una nuova esigenza di protezione in tutti quei paesi che confinano con la Federazione Russa e che potranno sentirsi minacciati dalla stessa. Risulta però chiaro che l’Unione Europea non potrà mai essere una figura credibile fino a quando l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (PESC) non smetterà di essere un mero messaggero del Consiglio Europeo, ma potrà essere investito di una propria indipendenza ed autonomia, per difendere gli interessi dell’Unione. Per raggiungere tale obiettivo, però, sarà forse necessaria una revisione dei trattati che, anche alla luce delle numerose problematiche sorte successivamente alla pandemia di COVID-19, si palesa sempre più urgente, e che possa dar forma ad una nuova Casa della Libertà Europea, la Federazione Europea.
di n Ric cardo Dal Be
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Gli euroscettici polacchi vincono, ma i liberali sono vicini • Tempo di lettura: 3 minuti
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l 12 luglio si è tenuto in Polonia il secondo turno delle elezioni presidenziali dopo che il primo turno del 28 giugno non aveva designato alcun vincitore. Il ballottaggio ha visto contrapporsi il presidente uscente, sostenuto dal partito populista, ultraconservatore ed euroscettico Andrzej Duda e Rafal Trzaskowski, sindaco di Varsavia, leader del partito liberale di centrodestra Coalizione Civica ed europeista convinto con alle spalle una carriera di studi a stretto contatto con la realtà dell’Unione. Ad uscirne vincitore è stato Duda con il 51,03% dei consensi contro il 48,97% di Trzaskowski con quasi il 68% d’affluenza alle urne, il dato più alto fatto registrare per le elezioni presidenziali polacche da 30 anni a questa parte. Rispetto al primo turno c’è stata una notevole rimonta da parte del leader di Coalizione Civica il quale ha guadagnato quasi venti punti percentuale passando dal 30% al 48,97%, mentre Duda aveva fatto registrare il 43% dei consensi. Fondamentale nel bene o nel male in questa rimonta quasi riuscita è stato il terzo classificato al primo turno: il giornalista cattolico liberale Szymon Holownia, il quale aveva ottenuto 13% delle preferenze, ma che non ha dimostrato pieno appoggio per Trzaskowski limitandosi solamente a dire ai suoi sostenitori che lui non avrebbe votato Duda. In queste elezioni, a scontrarsi erano due alternati-
ve agli antipodi sia per quanto riguarda la politica interna che quella estera: da una parte Duda, sempre più lontano dal sistema di valori dell’Unione Europea, cavalcando il tipico senso d’odio di una certa frangia politica ormai comune a tutta Europa, avverso alle minoranze, ai migranti e alla comunità LGBT. Dall’altra parte la Polonia di Trzaskowski, liberale, sostenitrice dei valori democratici, fortemente europeista e vicina alle comunità omosessuali. Altrettanto differenti sono stati pure le campagne elettorali dei due candidati: Il sindaco di Varsavia infatti è stato presentato come leader e candidato di Coalizione Civica solamente due mesi prima delle elezioni a causa del ritiro della precedente candidata del partito Małgorzata Kidawa-Błonska, mentre la campagna elettorale del presidente uscente ha avuto tutt’altra portata: nell’organizzazione dei comizi ha avuto l’appoggio anche di diversi membri del governo, i media pubblici completamente assoggettati al governo hanno fatto da cassa di risonanza per la propaganda elettorale di Duda. «La nostra scelta è fra un’ideologia di estrema sinistra e la famiglia e il patriottismo», ha annunciato il principale telegiornale della tv polacca, Tvp. A sostegno di Duda si è schierata anche la Chiesa: l’arcivescovo di Cracovia Jedraszewski ha lanciato un appello ai fedeli: «Scegliete chi segue i valori cristiani». Trzaskowski, sostenuto dal suo staff ha inoltre paventato possibili brogli soprattutto per quanto riguarda i voti provenienti dagli elettori residenti all’estero e la possibilità di votare via posta concessa per l’emergenza coronavirus. Il risultato seppur non positivo per l’Unione Europea mostra almeno un calo di consenso da parte del partito populista ed euroscettico sostenitore di Duda “Diritto e Giustizia” (PiS), segnali che lo stesso Rafal Trzaskowski ha interpretato positivamente in vista delle politiche che si terranno fra tre anni affermando: «Fortunatamente la società civile si è svegliata. Tutti ci siamo svegliati».
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Eureka 15
Egofantasmagoria virale* di ri Fra ga i nces m co For
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festeggiamenti per il Capodanno cinese vengono annullati. Achille Lauro vestito da San Francesco secondo Gucci si spoglia a Sanremo. Un video ritrae le strade deserte e silenziose di Wuhan. Sgarbi contro la D’Urso. Il trambusto legato ai voli da e per la Cina. Primi decessi. Gli scanner che rilevano la temperatura puntati alla testa. Parasite vince quattro premi Oscar. Un ospedale costruito in dieci giorni riceve l’elogio di Stefano Boeri. Due turisti contagiati vengono ricoverati allo Spallanzani di Roma. I decessi aumentano. Uno studente di diciassette anni torna in Italia: la madre lo
riabbraccia raggiante. Il razzismo verso i cinesi serpeggia: si diffondono video-campagne di sensibilizzazione. Mascherine esaurite. Un’ingente perdita economica colpirà la Cina: cifre, percentuali, numeri. L’OMS tentenna, a tratti rassicura. Pipistrelli, mercati in cattive condizioni igieniche, pipistrelli. I decessi aumentano. Il parere degli esperti. Sgarbi contro Pregliasco. Poco più di un’influenza. Code infinite ai supermercati. Codogno, il lodigiano, la Lombardia. Zone rosse e zone arancioni. Il paziente zero. Uno youtuber documenta il suo tentativo di penetrare nella zona rossa. Fuga verso il Sud. Amuchina, amuchina, amuchina.
Il premier Giuseppe Conte in una della tante conferenze stampa tenute durante il lockdown
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La Pasqua celebrata in solitudine da Papa Francesco
Un video in cui un medico contagiato denuncia le omissioni del governo cinese. Mascherine esaurite. Conte annuncia all’Italia le prime restrizioni. I decessi aumentano. Sempre più Paesi coinvolti. Polemica sulla chiusura di scuole e università. La risposta efficace di Taiwan. Fusaro ipotizza una guerra batteriologica volta a sfavorire la Cina. Gli studenti ne approfittano per uscire e incontrarsi. Burioni. Burioni per la linea dura. Burioni da Fazio. Burioni su YouTube. Burioni contestato. Il menefreghismo machista di Trump. Il laboratorio e il complotto. Sgarbi contro Scanzi. L’Italia costretta al lockdown. Conte alla televisione: crisi epocale. I decessi aumentano. Videoconferenze con Fontana. Videoconferenze con Zaia. Videoconferenze con Borrelli. Mascherine esaurite. Fontana teme il contagio e in un video indossa una mascherina. Il percorso della torcia olimpica si arresta: Olimpiadi rimandate. Il caos delle autocertificazioni. Centinaia di morti in Iran. Razzismo in libertà: alcuni si chiedono dove siano finiti gli immigrati. Wimbledon si salva grazie a un’apposita assicurazione anti-calamità virali. I ricoveri diventano sempre più ingestibili. Sanità al collasso. Il caso del Pio Albergo Trivulzio. Zingaretti contagiato. I decessi aumentano. Anziani i più colpiti. Un video riprende i locali del centro di Napoli affollati dai giovani. Circola ovunque la previsione della medium statunitense Sylvia Browne. Sgarbi contro Burioni.
L’economia in crisi: peggior tracollo dal 2008. L’Unione Europea: Mes, eurobond, diatribe sconfinate. Mascherine esaurite. Il calcio si ferma: polemiche per Juve-Inter. La scuola, il ministro Azzolina, le videolezioni, le sufficienze e le insufficienze, la maturità del chissà. Salvini prega in televisione con la D’Urso. I decessi aumentano. Elisa e Tommaso Paradiso pubblicano un brano intitolato “Andrà tutto bene”. Orban: pieni poteri. Mezzi militari trasportano bare. Le scuse della Von Der Leyen. L’Europa intera contagiata. La leggerezza di Sanchez in Spagna. Un deputato leghista si commuove parlando alla Camera. La discutibile singolarità della Svezia. La discutibile singolarità di Gallera. La più che discutibile singolarità del sindaco di Messina. Berlusconi dona dieci milioni. Il menefreghismo machista di Bolsonaro. I decessi aumentano. Il mondo dei motori in crisi: Formula Uno e Moto GP non sanno come organizzare i rispettivi mondiali. I seicento euro e l’INPS in tilt. Bertolaso nominato. Bertolaso contagiato. Mascherine esaurite. BoJo indifferente. BoJo interviene. BoJo ricoverato. Parla la Regina in abito verde. Conte attacca le opposizioni rivolgendosi all’intero Paese. Furia di Salvini, furia della Meloni, disappunto di Mentana. Gli youtuber ci intrattengono con video in cui tipizzano i comportamenti sociali più diffusi. I decessi aumentano. Fiorello racconta la sua carriera durante un podcast con Fedez. Fedez e la Ferragni raccolgono fondi per l’allestimento di un reparto di terapia intenLuglio 2020•GFE - Giovani Federalisti Europei Eureka
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siva. Fedez contro Codacons. Sgarbi contro la Von Der Leyen. Scanzi contro la Murgia. La Murgia contro Battiato. Solenghi contro la Germania. I decessi aumentano. Pandemia. Il capitalismo assatanato di Trump. Migliaia di morti negli Stati Uniti. Jo Squillo propone musica disco durante le sue dirette. Evadere: controversie sul jogging, sui cani, sui duecento metri. I decessi aumentano. Le misure marziali di Erdogan. Paola Di Benedetto vince il Grande Fratello Vip. Video in cui medici, infermieri e personale sanitario testimoniano in lacrime la portata devastante della pandemia. Il Terzo Segreto di Satira pubblica un video critico nei confronti della Regione Lombardia. I decessi aumentano. La Pasqua celebrata in solitudine da Papa Francesco. La messa televisiva nella San Pietro vuota. Le grigliate sui tetti in Sicilia. Video nei quali il sindaco di Bari rimprovera chi non sta a casa. Video nei quali De Luca minaccia chi non sta a casa. Lanciafiamme e pastiera. I decessi aumentano. Infodemia. Lady Gaga organizza un concerto virtuale di otto ore. Proteste al mercato di Porta Palazzo. Proteste al mercato di Rialto. A Borgotrebbia una donna nuda si sdraia sul cofano di una gazzella dei Carabinieri. A Truccazzano si consuma un femminicidio. Nicola Lagioia su Twitter: «Si smetta di scrivere che il virus rende tutti uguali, ricchi e poveri. È una stupidaggine, come dire che la morte è una livella.» Riaprono le librerie. La resistenza del dottor Fauci. I decessi aumentano. Fase due, fase tre. Zaia contro De Luca. Sepúlveda muore a Oviedo. La follia delle manifestazioni anti-lockdown. I decessi aumentano. Clic. 2017. Il programma televisivo “Nemo”, diffuso sulle reti Rai, trasmette un servizio dedicato a Baba Pace: al secolo Alessandro Pace, figlio di un commercialista benestante, Baba è un santone residente a Roma e devoto all’induismo. Durante il servizio, tra una domanda e l’altra, Baba sostiene: «Sono più di vent’anni che faccio ogni mese l’offerta al fuoco per la pace mondiale. […] Voi vivete bene, state bene, perché c’è stato un lavoro fatto da noi. Perché non è successo mai nulla in Italia? Eh, grazie a noi.» È difficile cogliere ciò che parole simili suscitano oggi, ai tempi del coronavirus. Non certo futili desideri di condanna. Piuttosto, riascoltare tali parole conduce verso qualcosa di sconcertante: dinanzi alla vanità delle stesse sorge un’amarezza annichilente, l’amarezza di un cervello stritolato tra la brutale immagine di una società globalmente prostrata e l’intimo tentativo di pensarsi comunque, anche dinanzi allo sfaldamento più segnante degli ultimi decenni. Urgono risposte più solide, ferme stampelle sulle quali puntellarsi. Allora Montesquieu: «Non percepiamo la nostra piccolezza, e nonostante questa condizione vogliamo esser tenuti in considerazione nell’universo, e comparirvi, ed esservi importanti. Ci immaginiamo che l’annientamento di un essere perfetto come noi
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degraderebbe la natura intera, e non concepiamo che un uomo di più o di meno nel mondo, che dico? Tutti gli uomini insieme, cento milioni di teste come la nostra, non sono che un atomo sottile e isolato, che Dio sa scorgere solo per l’immensità delle sue conoscenze». Ma concepirsi attraverso una lente tanto marginalizzante, approdando così alla distruzione del principium individuationis schopenhaureiano e a una sorta di accettazione dell’antico motto secondo il quale “Natura non contristatur”, è davvero qualcosa di attinente alla realtà così come quest’ultima si sta manifestando oggi, oppure è soltanto una deplorevole mistificazione condita di razionalismo arrendevole e apparente? Troppe domande, troppe domande… Dinanzi alla tragedia, meglio distrarsi. Il mondo dei vivi che vivi soltanto vogliono essere, issata la bandiera recante lo slogan “#andratuttobene”, ha scelto l’intrattenimento: l’inarrestabile intrattenimento. A questo punto, però, l’ennesima voce si fa largo. È quella di un personaggio interpretato da Moni Ovadia in “Caro diario”, che in una scena divisa tra ironia e sprezzante sconforto dice: «Questo Paese (l’Italia, ndr) ha così sfrenatamente voglia di ridere […] Che cosa c’è da ridere?» Nelle ultime settimane non è sembrata troppo diversa da queste parole la visione di un italiano illustre: Ennio Morricone. Intervistato dall’Huffington Post, il maestro ha rivelato di non ascoltare musica in questo periodo e ha detto: «Certo, un po’ di leggerezza può aiutare, non c’è alcun dubbio, ma in questi giorni c’è stata una percentuale molto alta di morti e ci vorrebbe più rispetto. Mi chiedo cosa pensino tutte quelle persone (il riferimento è al fenomeno dei flash mob sui balconi e ad attività collettive simili, ndr) in quei momenti: secondo me pensano solo a loro stesse». Eccesso di severitas? Di risposte esatte, oggi non sembrano esservene. Allo sconquasso del pensiero ogni giorno si aggrega il logorio mediatico: si è giunti a parlare di “infodemia”, ossia – nella definizione proposta da Maria Capobianchi, direttrice del laboratorio di Virologia dello Spallanzani di Roma – una «epidemia di informazioni non sempre attendibili». A tratti ci si sente ridotti a simplicistiche puttane di galileiana memoria costrette a confidare in un equivoco e intangibile ipse dixit… Quante altre cornici interpretative, poi? Quante altre analisi? Quanti altri quesiti dal respiro universalistico? Forse soltanto il mistico tacere wittgensteiniano può rispondere. A ben vedere, però, tale denso silenzio non può che configurarsi come una condizione precariamente risolutiva. L’ennesima fuga esorcistica dell’intelletto dai segni che questo esistere e questo tempo stanno imprimendo sulla carne: soltanto un opaco flebile attonito istante. Ma siamo qui. Bisognosi della salvezza che noi soli possiamo, doverosi di memoria. (*) Articolo pubblicato sulla pagina online a inizio maggio.
Rubrica Erasmus: Bordeaux (Francia) di ni Alb erto Vivia
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uando feci domanda per l’Erasmus mai mi sarei aspettato di finire in Francia. Per una serie di coincidenze mi fu attribuita la sede dell’Institut Polytechnique de Bordeaux, città di cui conoscevo poco allora. Di fronte alla prospettiva di una lingua a me poco familiare, più volte fui tentato di rinunciare per un’altra meta. Quando prevalse il mio spirito d’avventura, allora sì feci una delle scelte migliori della mia vita. Perché la nostra vita è scandita dalle nostre decisioni, passioni, umori. Questi ne plasmano la forma, le circostanze, le possibilità e, il più delle volte, immergersi in qualcosa di nuovo, sconosciuto, anche a prima vista insicuro, è lì che ci si migliora e si progredisce. Arrivai a metà settembre, senza aver trovato ancora un tetto dove stare. Pioveva, come presto imparai, a Bordeaux piove tantissimo, a volte sembra di essere in Scozia. Tra un cannelé e un vino Medoc, mi adattai molto velocemente: Bordeaux è una città viva, piena di studenti e situata in una regione strategica. Si sviluppa sulle rive della Garonne nella regione dell’Aquitaine, è circondata da piccoli borghetti che dominano su vigneti. È una regione tutta da scoprire, noleggiando una macchina, molto meglio dei treni SNCF, e uscendo dall’agglomerato cittadino e perdersi per la campagna francese. Si può poi raggiungere l’Oceano e le spiagge di Lacanau, Cap Ferret e Porge, perdersi nell’infinità del mare, visitare piccoli paesini gioiello come Arcachon, spingersi alla nota Dune du Pilat, il famoso deserto più grande d’Europa, a cavallo tra oceano e foreste. Infine spingersi verso Sud, su una strada che percorre la costa, per visitare i Paesi Baschi francesi, piccole città come Bayonne e Biarritz. La città in sé ha una storia singolare: il periodo di massimo splendore non è stato sotto il Regno di Francia, bensì sotto i Plantgeneti, i cugini inglesi sempre odiati! Tre secoli di dominio fino al 1453 segnano l’anima dei bordolesi e ci regalano una delle cattedrali gotiche più maestose al mondo, la Cattedrale di St. André. Bordeaux conosce il suo secondo apogeo dalla metà
del XVII secolo fino alla Rivoluzione francese. Questa prosperità è dovuta di nuovo al suo porto. Qui si commercia il vino, ma anche lo zucchero coloniale e gli schiavi. La città viene plasmata dall’architetto Gabriel e prende le sue forme caratteristiche che tutt’oggi la contrassegnano: sorgono il Jardin Public, il complesso della Place du la Bourse, di place Tourny., ecc. Lo stile imperiale francese si fa strada nella città e la segnerà per sempre. La gente di Bordeaux è molto eterogenea: dai francesi agli italiani, dagli spagnoli vicini ai marocchini, algerini e tante altre etnie. È un tuffo in una società vivace, giovane, piena di sapori, odori, colori, come si incontrano al Marchè des Capucins o al Marchè des Chartrons. Vivevo proprio nel quartiere dei Capucins, soprannominato da me e miei compagni il nostro ‘Ghetto’, tra appartamenti improvvisati per studenti, boulangerie aperte tutto il giorno e ritmi frenetici. Riguardando indietro a questa esperienza, mi sento estremamente grato di aver avuto questa opportunità: ricordiamoci quanto siamo fortunati, viviamo in un’Unione Europea che ci permette questi scambi culturali e di studio che arricchiscono le nostre vite con conoscenze che ci segneranno per sempre. È da folli credere che tutto ciò sia scontato, teniamocelo stretto e proviamo anche noi a migliorare l’attuale per chi ci succederà in futuro.
Luglio 2020•GFE - Giovani Federalisti Europei
Eureka 19
«[...] La grande posta in gioco non è un governo di sinistra o di destra in tale o tale paese. La posta è la rinascita della libera civiltà democratica europea che può avere luogo solo sulla base di una Europa unita.» Dal discorso tenuto da Altiero Spinelli al 1° Congresso UEF del 27 agosto 1947
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