VIAGGIO
a
OSIMO
bella e ...segreta
nelle Marche
OS MO
BELLA e SEGRETA Premessa
B
ella e... segreta Osimo. Ci sono storie e leggende, racconti tramandati nei secoli, che hanno percorso gli anni insieme ai monumenti e che, come loro, dal passare di questi non sono stati intaccati. Hanno invece acquistato ancora più fascino, mistero e stanno continuando a regalare emozioni.
resterà per molto tempo negli occhi e nel cuore. Sotto le strade rumorose e inconsapevoli, dove la vita scorre e la quotidianità la fa da padrone, nelle profondità di antichi palazzi resistono ancora le affascinanti immagini scolpite nella pietra e nel tempo. Appena scalfite dal peso dei secoli ci guardano, custodi di enigmi tuttora da svelare.
Il mondo sotterraneo di Osimo, avvolto nelle cupe tenebre, gelido e inerte, nasconde nelle sue ombre antichi racconti. Storie di mostri e di tesori nascosti, vicende amorose, proibite e segrete, ma anche leggende di riti magici ed esoterici processati nel dedalo sotterraneo della città. Figure mitologiche scolpite nell’arenaria, forme difficilmente interpretabili, il sacro e il profano così perfettamente miscelato, lasciano al visitatore emozioni forti, un ricordo che
La fede: La Cattedrale di San Leopardo, costruzione in maestosa pietra bianca, eretta nel XII secolo, conserva al suo interno un’opera che pur nella sua semplicità, riveste un enorme valore agli occhi dei fedeli. Si tratta del crocifisso ligneo del XIII sec. che dal 2 Luglio 1796 aprì, per diversi mesi, gli occhi e la bocca di fronte ad increduli testimoni. Il prodigioso evento rese la Cattedrale meta di numerosi pellegrinaggi, tanto che ancora oggi se ne fe-
steggia la ricorrenza. Oggetto di estrema devozione sono anche le reliquie di San Giuseppe da Copertino, patrono della città, custodite nella cripta dell’omonima basilica. Il Santo, che qui ha trascorso gli ultimi anni della sua vita, è popolarmente ritenuto il protettore degli studenti. Egli infatti, nonostante non possedesse particolari doti intellettuali, riuscì per ben due volte, grazie all’intercessione della Madonna, a superare gli esami che lo avrebbero condotto alla vita sacerdotale. I frequenti episodi di estasi, che lo portavano a sollevarsi da terra, lo hanno inoltre consacrato “santo dei voli” e protettore degli aviatori. Un altro miracolo ricordato dalla comunità cristiana osimana, è quello che ha per protagonista l’immagine della Madonna, oggi all’interno del Santuario della Beata Vergine Addolorata di
Campocavallo. Era il 16 Giugno 1892 quando questa, durante la messa, fu vista lacrimare e muovere gli occhi da tutti i presenti. Da allora numerose sono le testimonianze di guarigioni operate dalla stessa. Le leggende: Anche Osimo, come la maggior parte delle città di origine antica, custodisce segreti e leggende, che tramandate oralmente di generazione in generazione, sono giunte ai nostri giorni. Spettri e folletti, figure mostruose e misteriose sono protagonisti dei racconti di piazza, a volte usati per movimentare una serata tra amici, altre per spaventare i ragazzi più indisciplinati. “La Paora” e “Lo Sprevengolo” ne sono un esempio. Mentre la prima, vestita di un saio, appare di notte laddove si dice siano sepolti tesori, spaventando gli eventuali profanatori, il secondo, detto anche “L’incubo”, con un buffo copricapo d’oro zecchino, si siede sul ventre dello sfortunato dormiente, impedendogli di muoversi e respirare. Tradizione vuole che presso le antiche mura, in Via Fonte Magna si aggiri invece il fantasma di “Bombetta”,
povera vittima di un omicidio lì avvenuto nel 1874. L’atmosfera misteriosa si respira anche in centro, all’interno di Palazzo Balleani-Baldeschi, dimora cinquecentesca che presenta una finestra curiosamente sempre aperta, ma murata dall’interno. Alcuni degli inquilini, avvertendo strani rumori provenire da quella stanza, inaccessibile sia dall’interno che dall’esterno, decisero di demolire parte del muro e vi trovarono uno scheletro. Da quel giorno in avanti la finestra fu lasciata spalancata, così da permettere all’anima di lasciare il posto in cui era stata murata viva. Da allora non si è più sentito alcun rumore sospetto. Sono queste le tradizioni che fanno di Osimo una città ancora più affascinante e la rendono allo stesso tempo bella e segreta.
LA CITTA’
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ituata su di un alto poggio che domina le vallate del Musone e dell’Aspio, a circa 20 chilometri da Ancona e 10 dalla riviera del Conero, grazie alla sua favorevole posizione geografica, Osimo può beneficiare per la maggior parte dell’anno di un clima favorevole e di una magnifica vista panoramica. La vicinanza al mare rende infatti gli inverni miti e le estati non eccessivamente afose. Dai giardini pubblici di Via Saffi il panorama è davvero mozzafiato. Il migliore fotografo non potrebbe riuscire a chiudere in una cartolina quello che gli occhi riescono a scorgere da qui. Dalla bellezza del litorale adriatico, dove domina il Monte Conero, fino alla maestosità degli Appennini, dal Gran Sasso fino ad arrivare a San Marino attraversando i Monti Sibillini.
La cittadina si sviluppa su due colli: partendo da occidente incontriamo il colle Gomero (dove oggi sorge la cattedrale), scendiamo poi ad un livello più basso corrispondente alla zona di Piazza Boccolino, per risalire verso il secondo poggio, che ha come fulcro centrale piazza Dante, e poi scende, abbastanza ripidamente, sempre in direzione orientale, fino a porta Vaccaro. La nascita della città ha origini antichissime, segno di come questi luoghi siano da sempre stati favorevoli allo sviluppo della civiltà. Furono i piceni a trovare per primi, su queste colline, terreni sicuri e fertili dove creare un insediamento. E’ il periodo romano, però, quello che ha reso l’abitato florido centro e nodo economico fondamentale. L’assetto urbanistico all’interno delle mura romane, di cui ad oggi si conserva un breve tratto nella zona settentrionale, era caratterizzato dalla presenza di vie che si incrociavano più o meno perpendicolarmente, imitando la tipica struttura dell’accampamento romano: il decumano attraversava la città da est ad ovest, mentre il cardo da nord a sud.
All’incrocio di questi due assi, corrispondente all’attuale piazza del Comune, sorgeva il foro. Con il nome latino di Auximum, la città visse anni di prosperità fino a diventare una delle civitas più importanti della zona del Conero, titolo che mantenne anche in epoca medievale. Le sole testimonianze tangibili di questo periodo sono l’ampliamento della cinta muraria verso oriente (corrispondente all’attuale rione San Marco), e la cattedrale di San Leopardo, magnifico esempio di architettura romanico-gotica, edificata a cavallo tra il XII e il XIII secolo. L’aspetto attuale della città, però, è il risultato di un rinnovamento urbanistico che la investì a partire dal periodo rinascimentale, sotto l’egida e il mecenatismo dello stato pontificio. Tracce indelebili ne sono l’edificio comunale, le chiese, i numerosi palazzi nobiliari e le piazze su cui si affacciano. Il centro storico non si sarebbe potuto sviluppare a tal punto senza l’appoggio di un vasto territorio comunale, costellato di caratteristici borghi agricoli, che nell’ultimo ventennio hanno assistito ad un florido sviluppo edi-
lizio, conseguenza di un ritorno alla genuinità della vita di campagna, che non è riuscito ad intaccare la bellezza di questi luoghi. Tra questi, ricordiamo le frazioni di Abbadia, San Paterniano, Passatempo e Campocavallo (dove sorge il celebre santuario dedicato all’immagine miracolosa della Beata Vergine Addolorata). Basta visitare questi posti per riassaporare le sensazioni e le emozioni del passato. Le antiche abitazioni dei mezzadri, le chiesette di campagne, le strette e tortuose stradine che passano da una collina ad un’altra, dove è ancora possibile respirare la calma e la tranquillità della vita di un tempo.
Da non perdere:
Il Museo Civico: il nucleo principale del museo è costituito dalla collezione della Civica Raccolta d’Arte. Tra le opere più importanti qui conservate: la Madonna col Bambino e la Incoronazione della Vergine, polittico di Antonio e Bartolomeo Vivarini. Inoltre si segnalano gli affreschi del XIV secolo di Andrea da Bologna (not. Dal 1369 al 1377), i dipinti di Claudio Ridolfi (1570 – 1644) e le opere di artisti moderni come Bruno da Osimo ed Elmo Cappannari. Palazzo Gallo: costruito intorno al Seicento. Al piano nobile si trova l’affresco che raffigura la scena biblica del “Giudizio di Salomone”, opera del Pomarancio.
La Piazza del Comune: cuore della città, già Foro romano e poi sede di mercato durante il medioevo.
Teatro Storico “La Nuova Fenice”: costruito tra il 1877 e il 1894 su disegno dell’architetto G. Canedi. È uno tra i più bei teatri storici delle Marche.
Il Palazzo comunale: complesso formato da tre corpi architettonici distinti, edificati in diversi periodi: l’edificio comunale vero e proprio, la torre civica e il loggiato. Nell’atrio e nel cortile sono esposte statue acefale ed altro materiale di epoca romana. Proprio per la presenza di queste statue gli abitanti di Osimo vengono chiamati i “senza testa”.
Le mura della Città: si estendono lungo tutto il perimetro del centro storico. Di età romana rimangono ancora tracce visibili nella zona nord, mentre la gran parte del circuito murario, come lo vediamo oggi, è frutto di ristrutturazioni e ampliamenti realizzati nei secoli.
Il Palazzo Campana: fu ampliato nel Settecento grazie al talento di Andrea Vici, allievo del Vanvitelli, quando fu adibito a sede di collegio e seminario. Ebbe tra i suoi alunni i papi Leone XII e Pio VIII e il Triumviro della Repubblica Romana Aurelio Saffi. Oggi ospita il Museo Civico e la sezione Archeologica ed è sede dell’Istituto Campana per l’Istruzione Permanente.
Fonte Magna: struttura di età romana di cui si conserva solo una parte, che comunque rievoca la bellezza originaria, che doveva presentarsi a chi andava a prendere acqua alla fonte.
DA VEDERE
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simo, bella città dalle nobili origini, trasporta con se nei secoli i segni della sua storia millenaria. Alcuni di questi sono ancora oggi ben visibili: le antiche mura romane, i palazzi storici del centro, segno di splendore e di ricchezza rinascimentale; le chiese e i santuari, dimostrazione di come la fede e la devozione siano qui profondamente radicate. E’ necessario, però, fermarsi, osservare anziché guardare, ascoltare anziché sentire, per poter apprezzare nella sua interezza ciò che la città offre e vivere veramente la storia e la bellezza di questi luoghi.
LA CITTA’
Da vedere a Osimo
I Palazzi Nobiliari del Centro Nello specifico quelli che si trovano all’interno delle mura cittadine, come: Palazzo Guarnieri (oggi Baleani Baldeschi), Palazzo Martorelli, Palazzo Simonetti (oggi Hercolani Fava Simonetti), Palazzo Dionisi (oggi Carradori Gallo) Palazzo Sinibaldi Palazzo Fiorenzi.
SOTTERRANEA
LA CITTA’
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i sono luoghi entrando nei quali è possibile percepire immediatamente un’atmosfera particolare, speciale, molto diversa dalle sensazioni che si vivono nella quotidianità: le grotte e i sotterranei della città di Osimo fanno sicuramente parte di essi. Uno spazio, solo di recente valorizzato, in cui la forza dell’uomo si fa sentire in tutta la sua grandezza con un’energia che incanta e seduce, affascina ed emoziona. Ovunque movimenti di luci ed ombre rimandano ad uno spazio infinito. Una città sotterranea da scoprire lentamente, scrigno prezioso custode di bassorilievi a carattere religioso ed anche esoterico. Siti sacri dove per millenni si sono celebrati riti e hanno trovato ambientazione storie fantastiche.
Un dedalo interminabile di cunicoli scavati a mano, con fatica, nell’arenaria, ci conducono in un viaggio misterioso, alla scoperta di emozioni forti, vibranti ed indimenticabili. Tutto ad un tratto una brezza di mistero ed avventura ci trascina in uno stato di sospensione, come se il tempo si fosse fermato, si avverte una strana energia che attrae ed inquieta al tempo stesso. Viene a questo punto spontaneo chiedersi perché siano state realizzate queste grotte, che cosa abbia spinto le antiche popolazioni a scavare una vera e propria città ipogea. In realtà, non solo Osimo, ma anche altri centri della penisola con una determinata conformazione geologica e una millenaria storia alle spalle, presentano cavità artificiali nel sottosuolo. Diverse erano le funzioni che queste grotte potevano avere e che ne hanno determinato l’aspetto nei secoli. Da cunicoli idraulici a servizio di cisterne e fonti, a nascondigli e vie di fuga indispensabili alla difesa in situazioni di pericolo; da luoghi di culto, di cui sono testimonianza le caratteristiche sale circolari e i bassorilievi a tema religioso, a vere e proprie abitazioni sotterranee. Sono rarissimi i riferimenti a queste grotte in documenti e fonti scritte. Questo silenzio si deve necessariamente collegare a ragioni di segretezza, derivanti dalla necessità di salvaguardare luoghi indispensabili alla difesa e alla sopravvivenza di un’intera comunità.
L’alone di mistero che le pervade, fa presupporre che queste cavità, in determinati periodi, siano state teatro di riti magici ed esoterici. Vi si trovano infatti alcuni simboli riconducibili all’ordine templare, di cui Osimo fu un importante insediamento, ed altri che ne confermano l’utilizzo anche da parte di altri gruppi eretici. Di certo le cavità suscitano fantasie e incidono nell’immaginario di chi le visita sensazioni forti ed emozioni irripetibili. Particolarmente magiche e misteriose sono le grotte di Palazzo Campana, abitate da inquietanti figure scolpite nell’arenaria: guerrieri e demoni, animali e cacciatori, saggi e satiri animano da secoli questi cunicoli. Sopra ad un arco un fauno suona il flauto, mentre Venere, Dea della bellezza e della sensualità, emerge da una conchiglia. Piuttosto estese e di notevole interesse storico sono, invece, le Grotte “del Cantinone”, sottostanti il Mercato Coperto ed il Convento di San Francesco. L’intero sistema di gallerie venne, infatti, rimaneggiato ed utilizzato, in epoca medievale, dai Francescani e i bassorilievi e le nicchie che vi si trovano ne sono l’odierna testimonianza. Ancora una volta il mondo sotterraneo si rivela un inaspettato archivio di dati storici ed un museo vivo e discreto che riporta alla mente secoli di memorie nascoste.
Da vedere: Grotta “del Cantinone” Grotta “del Palazzo Campana” Grotta “Simonetti”
ARCHEOLOGIA URBANA
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simo, città di antichissime origini, terreno fertile e sicuro dove la civiltà dell’uomo si è sviluppata ed è cresciuta fino ad arrivare ai giorni nostri. La sua posizione geografica strategica, arroccata su un’altura tra le valli del Musone e dell’Aspio, rende ragione della continuità di frequentazione umana dalle epoche più remote. Già intorno alla metà del IV millennio a.C., nel periodo di passaggio dal Neolitico tardo all’Eneolitico, si assiste nell’Italia centrale adriatica alla comparsa di numerosi insediamenti: uno di questi proprio nell’immediato entroterra del Conero con stazioni a Camerano, Loreto, Recanati e, ovviamente, Osimo. Successivamente, questi territori sono stati i luoghi che hanno ospitato insediamenti piceni dell’Età del Ferro. Relativi a questo periodo sono i resti di abitato parzialmente messo in luce nel
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centro storico cittadino, presso piazza S. Giuseppe da Copertino, nell’area del mercato coperto. Ma è senza dubbio sotto l’influenza romana che Osimo raggiunge l’apice del suo splendore. Nel 157 a.C. nasce così la colonia romana di Auximum, punto strategico militare e commerciale dove l’economia prosperava. In questo periodo la città si arricchì di opere artistiche ed urbanistiche che sono ancora visibili al giorno d’oggi, come le possenti mura, di cui si conserva un breve tratto, e le statue acefale custodite nell’atrio del palazzo municipale, per le quali Osimo è oggi nota come città dei senza testa. Di notevole interesse è il sito di Fonte Magna, dove la leggenda narra che il generale Pompeo Magno sostò con il suo esercito e abbeverò i suoi cavalli, e dai cui molti suppongono ne derivi il nome. Auximum restò per molti anni centro d’interesse e, anche quando nell’età della decadenza molte città dell’Impero erano in piena crisi, ha continuato a svolgere il ruolo di punto di riferimento economico e sociale nel territorio circostante. Oltre alle notevoli testimonianze del centro storico, non si deve dimenticare il complesso della villa rustica di Monte Torto, una delle strutture produttive di epoca romana più importanti nella regione, di cui alcuni reperti sono conservati nella sezione romana del museo archeologico. Del suo illustre passato Osimo porta
tracce di grande rilevanza, che si scoprono dietro ogni angolo della città. È un luogo dove migliaia di persone nei secoli hanno deciso di vivere e i segni della vita, ad Osimo, sono in ogni dove.
Da vedere: Fonte Magna Antiquarium Museo Archeologico Porta Musone Villa romana di Monte Torto
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uando si parla di arte è sempre difficile essere sintetici e riassumere tutto in poche righe. Specialmente se si parla di Osimo. La città è già di per sé qualcosa di eccezionale dal punto di vista artistico. Dai vicoli ai palazzi, dalle chiese alle grotte è un connubio di bellezza, un’opera magistrale frutto di secoli di storia, di uomini e di donne che hanno vissuto tra queste strade e che hanno fatto di questo località un luogo fantastico. Realizzazioni di straordinaria semplicità e ricercatezza allo stesso tempo. Basti pensare al Museo Diocesano, un vero e proprio percorso di fede che raccoglie in sedici sale le testimonianze della storia ultra millenaria della comunità cristiana di Osimo. Non si può non ammirare la bellezza di opere quali i polittici di Pietro di Domenico da Montepulciano (1418) e di G.B. Franco detto il Semolei (1547), e la “Madonna col Bambino e i Santi Filippo e Giacomo”, opera di Simone De Magistris del 1585. Degne di nota sono anche i capolavori che si trovano all’interno del Museo Civico. Allestito all’interno di Palazzo Campana, più precisamente nell’ala orientale, in locali un tempo adibiti a granaio e forno, ospita numerose opere provenienti dalla Civica Raccolta d’Arte, dal Palazzo comunale, dalle chiese di San Filippo Neri e San Silvestro e dallo stesso Palazzo Campana. Rappresentazioni sacre del Guercino, di Giovan Francesco Guerrieri, ma anche opere di artisti moderni e contemporanei
di origine locale come Giovan Battista Gallo e Bruno Marsili da Osimo. Non si può fare a meno di notare la pregevole attenzione con la quale è stata scolpita nella pietra la “Madonna col Bambino”, pezzo forte dell’intera collezione, o la maniacale cura dei dettagli delle statuine del presepio di Luigi Gaucci. Di grande interesse, la sezione archeologica del Museo, dove sono esposti una molteplicità di reperti venuti alla luce da ritrovamenti casuali nel centro storico e nel territorio. Ma l’arte non è solo dipinta su tela o scolpita su pietra o lavorata su argilla. Dando un’occhiata alla Biblioteca Comunale si può capire che è anche scritta su carta. Fondata nel 1667, questa antica e nobile istituzione raccoglie qualcosa come oltre 102.000 volumi, tra cui 23 incunaboli e circa 820 cinquecentine. Un patrimonio notevolissimo se poi si và ad aggiungere a quello dell’Archivio Storico Comunale, una cospicua raccolta di documenti riguardanti l’attività dell’Amministrazione civica a partire dal 1601, ivi compresi la collezione delle pergamene, il Libro Rosso, gli Statuti e i Catasti del XIV secolo, le Riformanze. Un patrimonio artistico e culturale che va ben oltre quello che si può immaginare. Una cittadina così piccola ma così ricca d’arte. E come detto in precedenza, ci siamo limitati a fornire un assaggio di quello che è il patrimonio di questa città. Un patrimonio che Osimo vuole condividere con i suoi ospiti, per regalare loro emozioni e sensazioni forti.
ARTE
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Ricordi che restano impressi nella mente per molto tempo, come il calco di uno scalpello nella pietra, come il segno di un pennello su una tela. Da vedere: Museo Diocesano Museo Civico Museo Archeologico Biblioteca Comunale Archivio Storico Comunale Palazzo Comunale Chiesa di San Marco –Pala del Guercino
FEDE
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a fede cristiana degli abitanti di Osimo ha radici antiche: la prima testimonianza risale, infatti, al 304 d.C., quando avvenne il sacrificio, secondo la tradizione consumato per lapidazione, di Fiorenzo e Diocleziano. La città fu poi uno dei territori donati da Carlo Magno al nascente Stato della Chiesa: da quel momento e fino all’unità d’Italia, Osimo visse sotto l’egemonia dello stato pontificio, di cui sono traccia le numerose chiese che a tutt’oggi arricchiscono il centro storico e il contado. L’itinerario della fede nella città dei “senza testa” ha inizio dalla Chiesa di San Marco Evangelista, pronta ad accogliere il visitatore che accede alla città da Porta Vaccaro, sua entrata orientale. L’edificio religioso è l’unica testimonianza di un complesso conventuale edificato agli inizi del XIV sec., poi modificato nel corso del XV dai frati
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domenicani. Il fastoso interno barocco, a navata unica, custodisce una solenne pala d’altare raffigurante la Madonna del Rosario con San Domenico e Santa Caterina da Siena, opera del Guercino. Proseguendo verso la Piazza del Comune ci si imbatte nella Basilica-Santuario di San Giuseppe da Copertino, patrono di Osimo e santo protettore degli studenti. Suggestiva e sicuramente unica la stanza dove sono raccolte le preghiere che gli studenti indirizzano al Santo, affinché li assista durante il loro percorso di studi. La Chiesa, costruita ad otto anni dalla morte di San Francesco d’Assisi, ha conservato solo esternamente l’austera semplicità dell’originario stile romanico-gotico, poiché l’interno fu totalmente rinnovato nella seconda metà del XVIII sec., in occasione della canonizzazione di Frate Giuseppe. Nel secondo altare di sinistra si conserva una mirabile Madonna col Bambino e Santi di Antonio Solario (1503); il devoto al Santo non mancherà di visitare la cripta (dove è custodito il suo corpo) e le stanze, oggi adibite a museo, dove San Giuseppe trascorse gli ultimi anni di vita. Altro percorso ricco di fascino e di suggestione è quello che si snoda a partire dai sotterranei del refettorio del convento ad essa annesso, penetrando le Grotte “del Cantinone”, un ampio camminamento ipogeo scavato nell’arenaria e ricco di simboli a carattere religioso. Dirigendosi verso il punto più alto della città si resta estasiati alla visione della Piazzetta del Duomo, su cui si affaccia la splendida Cattedrale di San Leopardo, uno degli esempi più belli di architettura romanico-gotica della Regione. L’originaria struttura, edificata a cavallo tra XII e XIII sec., subì varie modifiche nel corso del tempo, senza mai perdere l’antica austerità, che si riflette ancora oggi nell’esterno (ar-
ricchito dal grande rosone e dai pregevoli portali in pietra) e nel maestoso interno a tre navate. Merita una nota a parte la cripta, costruita nel 1191 da Mastro Filippo, che custodisce i sarcofagi con le reliquie dei primi martiri e dei santi vescovi osimani. Adiacente alla Cattedrale, si trovano poi il Battistero, con il pregevole Fonte Battesimale in bronzo creato dai fratelli Jacometti nella prima metà del XVII sec., e il Museo Diocesano, che racchiude dipinti e sculture, paramenti sacri e reliquiari: tra gli ultimi riveste notevole importanza quello della Santa Croce del Bernini, che secondo la tradizione conterrebbe una scheggia della Croce del Signore. A pochi km dal centro si erge il santuario di Campocavallo, costruito tra Ottocento e Novecento per ospitare l’immagine miracolosa della Beata Vergine Addolorata: è contraddistinto da un lungo portico ad arcate che decora la facciata e dall’utilizzo dell’arco a sesto rialzato. Da vedere: Santuario di San Giuseppe da Copertino Chiesa di San Marco Evangelista Cattedrale di San Leopardo Battistero Museo Diocesano Santuario di Campocavallo
Lo scherzo, la burla,il riso , la poesia e l’incanto del teatro per le piazze e per le vie del centro storico Spettacoli che contengono spontaneità e coinvolgimento del teatro fatto tra la gente, giochi fiabeschi ed incontri tra culture, svago e suggestioni. Personaggi buffi pronti ad intrattenere il pubblico alla maniera dei giullari e dei cantastorie antichi, riproposti in chiave moderna per il pubblico dell’infanzia Un cantastorie che suona, recita, canta le fiabe della tradizione italiana, con l’aiuto di chitarra, sax, flauto e organetto e chincaglierie varie rime e filastrocche originali, in ritmi serrati e dilatati, in momenti divertenti o più drammatici, da ridere o da ascoltare. ma anche le immagini dipinte, l’azione, il gesto e l’aiuto del pubblico, contribuiscono a creare le atmosfere giuste: la storia la racconta uno solo, ma vive grazie all’immaginario di tutti Uno studio motorio che passa dalla ginnastica pura ed acrobatica per arrivare alla danza come ricerca libera di espressione. Uno spettacolo fatto di virtuosismi atletici, di sculture umane che prendono vita sotto gli occhi per sognare e stupire. Energia vitale delle terre calde, la potenza muscolare, la tecnica al servizio dell’arte. Al ritmo della musica africana giovani Kenioti si esibiscono in piramidi umane ed acrobazie basate su tecnica forza e creatività Prima domenica di agosto: Festa del Covo a Campocavallo, come ringraziamento alla Vergine Addolorata per il raccolto. Il Covo è una struttura architettonica allestita dagli abitanti del luogo con spighe di grano opportunamente intrecciate, raffigurante importanti edifici religiosi o simboli della cristianità.
CITTA’
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simo è luogo di straordinaria bellezza anche quando vive di spettacolo e d’ intrattenimento. L’atmosfera serena che si respira in città non è data soltanto dalle sue meraviglie storico-artistiche: per rendere vivo un luogo è necessario che l’uomo si adoperi con la fantasia, con il suo genio, con un pizzico di magia. Fin dai tempi più antichi si è manifestata la necessità di esprimere emozioni, gioie e dolori attraverso canti, balli, riti sacri e cerimonie particolari. Col tempo sono cambiate le usanze e i costumi, ma è rimasta la voglia di vivere e socializzare, di affermare la propria personalità ed arricchire la propria esperienza, sia apprezzando un’opera d’arte che condividendo momenti emozionali a teatro, o semplicemente gustando la buona cucina e il buon vino. Tutto questo e molto altro ancora è spettacolo e, Osimo sa, che lo spettacolo è vivere la città, renderla occasione d’incontro di una comunità e un valido veicolo di promozione turistica di un luogo ricco di storia e di tradizioni. Il piacere di accogliere nel centro storico chi si addentra tra le sue vie, le sue piazze e i cunicoli della città sotterranea; il piacere di offrire i sapori, i profumi che questa terra emana attraverso i prodotti enogastronomici e le ricette di una tradizione rurale mai sopita, che riaffiora in occasione di feste e sagre; il piacere di vivere alcuni momenti di relax, ascoltando musica dal vivo mentre si degusta un buon Rosso Conero. Manifestazioni ricorrenti: Le notti di “Osimo Città Spettacolo” I luoghi più suggestivi del centro storico sono palcoscenico di performance teatrali, danza e arte da strada durante i venerdì del mese di Luglio.
SPETTACOLO
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Calici di Stelle: In agosto serata astronomica con proiezioni e osservazioni del cielo e delle stelle cadenti. Degustazione di vini, assaggi di prodotti tipici locali, intrattenimento musicale. E poi sagre e stand gastronomici durante tutta la stagione primavera – estate. 18 settembre: Festa del Santo Patrono San Giuseppe da Copertino, con manifestazioni sia di carattere religioso (solenni celebrazioni eucaristiche, processione), che civile (corsa ciclistica, tombola, concerti, spettacoli pirotecnici). Una stagione a teatro. Da ottobre ad aprile un calendario fitto di proposte al Teatro La Nuova Fenice: la prosa ricca di grandi interpreti , il teatro per i ragazzi, i concerti della domenica ed un programma di iniziative, incontri e conferenze tese a divulgare temi legati al mondo dell’arte e della cultura .
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simo è anche meta ideale per chi sceglie sì una vacanza balneare, ma lontano dal caos della città sulla spiaggia. A soli 10 km dal mare Adriatico, infatti, Osimo riesce ad offrire un connubio perfetto tra le meravigliose spiagge della Riviera del Conero e la tranquillità e i silenzi delle sue campagne. Confinante con i comuni di Numana e Sirolo, pluripremiate negli ultimi anni per la qualità delle acque e delle spiagge, e con il Parco Naturale del Conero, dove è ancora possibile ammirare la bellezza della macchia mediterranea.L’azzurro del mare, il verde della natura, l’oro dei campi di grano si fondono insieme indissolubilmente in questi luoghi.
GASTRONOMIA
VINO
MARE IL MARE
19 L’ENOGASTRONOMIA Osimo, deliziosa anche al palato. Un tripudio di raffinatezze e di ammirevole semplicità allo stesso tempo. C’è tanta voglia di rimanere ancorati alle radici, alla cucina tradizionale dei padri, ma anche di far sapere agli altri che qui nascono alcune delle eccellenze che rendono famosi questi luoghi in Italia e nel mondo, come due dei migliori vini più rappresentativi della provincia di Ancona, quali il Verdicchio e il Rosso Conero. Fiore all’occhiello dell’enologia marchigiana, il Rosso Conero non si smentisce a tavola se abbinato a piatti di carne e di grande importanza: ama le carni rosse sanguigne ed è una delizia sui formaggi. Un bianco secco e fresco è invece il Verdicchio. La sua potente ed elegante struttura gli permette accostamenti da tutto pasto; specialista di primi piatti di pesce, di brodetti, di spigole e rombi al forno, quasi insostituibile su polli e conigli in potacchio. E proprio quest’ultimo è una delle specialità della cucina osimano: tenerissima carne di coniglio condita sapientemente con pomodoro ed erbe aromatiche, come prezzemolo e rosmarino, ne fanno uno dei piatti della tradizione contadina più facili e saporiti. Più elaborata è invece la preparazione del coniglio in porchetta. Piatto di massima esaltazione, che unisce la leggerezza della carne di coniglio e il gusto deciso delle carni suine e delle erbe aromatiche selvatiche, è una delle pietanze tipiche di Osimo e dintorni. Così come i “Vincisgrassi”, delizioso sformato di pasta, parente delle lasagne emiliane e napoletane. Molte sono le leggende sull’origine del nome di questa delizia del palato. C’è chi dice che derivi dalla deformazione del nome del prin-
cipe austriaco Windischgratz, vincitore dell’assedio di Ancona (1799), chi invece crede sia nata dall’estro e dall’invenzione di Antonio Nebbia (“Princisgras” nel suo classico “Il cuoco maceratese” 1781). L’unica certezza che resta è che i “Vincisgrassi” sono un piatto immancabile sulle tavole degli osimani. Qui trionfa anche la pasta dell’azienda agraria Latini, trafilata al bronzo come vuole la tradizione. Una pasta ottenuta attraverso una riscoperta, quella di antiche varietà di grano, non più utilizzate negli ultimi decenni nelle colture intensive, perché ritenute poco produttive. Come detto in precedenza, Osimo è una città molto vicina al mare, e proprio per questo motivo la sua cucina tipica non può non essere influenzata dalla cultura della cucina di pesce. Meritano quindi una citazione il Brodetto “all’Anconitana” e quello di “Porto Recanati”, piatti tradizionali della cucina adriatica. Il Brodetto “all’Anconitana” è ritenuto essere la ricetta più antica tra tutti i Brodetti, ed è l’unico rimasto immutato nella sua preparazione fin dall’origine. L’ortodossia prescrive che le varietà di pesce da cuocere siano tredici, e tutte pescate in zona. Molluschi e crostacei, pesce azzurro e pane abbrustolito sono gli ingredienti classici per un piatto dai sapori indescrivibili. Immancabile a tavola: Vincisgrassi Coniglio in potacchio Coniglio in porchetta Rosso Conero Verdicchio dei castelli di Jesi
ASCOLI PICENO A 154 m. slm, su una collina alla confluenza del Castellano nel Tronto, sorge Ascoli Piceno, città che vanta uno tra i più bei centri storici dell’intera regione. E’ detta anche il paese di travertino, perché la maggior parte dei monumenti e degli edifici che lo caratterizzano sono stati costruiti con questa pietra, la quale dona al tessuto urbano un aspetto tanto armonico e compatto da renderlo unico nel suo genere. Chi passeggia per le sue vie pittoresche – le rue - percepisce lo straordinario passato di cui la città è testimone, le cui origini vanno ricercate addirittura in età paleolitica. Il popolo che si insedierà in maniera stabile sul territorio saranno però i Piceni, che a partire dal IX sec. a.C. faranno di Ascoli la loro capitale. Saranno poi i Romani, presenti nella zona dal III sec. a.C., ad impossessarsi di Asculum Picenum e sotto l’Impero la città risorgerà più splendida che mai, per poi però decadere economicamente ed intellettualmente con la calata dei Barbari, in particolare dei Goti. Vari dominatori si alterneranno fino al Medioevo, quando Ascoli diverrà libero Comune, nonché scenario delle guerre di fazione tipiche dell’epoca. Passerà successivamente ai Malatesta e al Re di Napoli, per poi essere governata dagli Sforza e, infine, incorporata nello Stato Pontificio, destino che l’accompagnerà, salvo in periodo napoleonico, fino all’annessione al Regno d’Italia. Al turista attento Ascoli appare però come una città profondamente rinascimentale. Essa infatti visse in pieno il rinnovamento culturale e umanistico del ‘400 e del ‘500, tanto che il nostro itinerario non può non cominciare dal suo più grande tesoro: la celebre e monumentale Piazza del Popolo. Dalla forma rettangolare e ogni anno sede di una delle più straordinarie rie-
vocazioni storiche d’Italia, la famosa Quintana, essa è cinta da eleganti edifici – i più importanti sono il Palazzo dei Capitani del Popolo del XIII sec. e la Loggia dei Mercanti, portico cinquecentesco, dalle linee nobili e slanciate, che rappresenta uno dei più begli ornamenti archittettonici cittadini - e dalla Chiesa gotica di S. Francesco, a croce latina, la cui costruzione ebbe inizio nel 1238. Degni di nota sono i tre portali gotici decorati, in particolare quello su Piazza del Popolo, sormontato da un monumento a Giulio II, che, con i finestroni e la cupola, produce un effetto scenico grandioso. L’interno, a tre navate, contiene un miracoloso crocifisso in legno policromo e un interessante pulpito in travertino di Giosafatti (1605), mentre tra le opere conservate in sagrestia spicca un reliquiario in rame sbalzato, dono di Papa Niccolò IV ai Francescani. Altro luogo simbolo della città è Piazza Arringo, ancora oggi cuore civile e religioso di Ascoli Piceno per la presenza della Cattedrale di S. Emidio e dell’annesso Battistero (uno dei più interessanti monumenti dell’arte sacra italiana), del Palazzo Arengo, attuale sede del Comune, e di quelli dell’Episcopio. Qui si trovano i principali Musei: quello Archeologico Statale, quello Diocesano e la Civica Pinacoteca, la più importante raccolta d’arte figurativa nelle Marche dopo quella d’Urbino e una delle più cospicue dell’Italia centrale (vi si trovano, tra le altre, opere di Crivelli, Cola dell’Amatrice, Giovanni Santi, Tiziano, De Magistris, Guercino, Reni, Guardi, Turner, Pellizza da Volpedo). Il Duomo, a croce latina e a tre navate, fu più volte rimaneggiato nel corso dei secoli. Le parti più antiche – navata traversa e presbiterio – risalgono al VIII sec., mentre la cripta, che contiene le reliquie di S. Emidio, e le due torri laterali sono del XI sec. La facciata attuale è invece opera rinascimentale di Cola dell’Amatrice.
Tra i vari oggetti di pregio custoditi all’interno emergono il tabernacolo ligneo cinquecentesco e il polittico della Madonna in Trono col Bambino di Crivelli nella Cappella del Sacramento. Qui si ha inoltre un paliotto del XIV sec. considerato l’opera sacra pre-rinascimentale più importante delle Marche. Piccoli gioielli degni di nota sono infine la Sagrestia e le Cappelle del Crocifisso e della Madonna delle Grazie, rispettivamente a destra e a sinistra del Presbiterio.
ANCONA Capoluogo marchigiano, si distende ad anfiteatro sul promontorio del Monte Conero, nel punto in cui questo si volge a gomito – tale il significato di ankon in greco – offrendo fin dall’antichità un riparo naturale alle imbarcazioni contro le insidie del mare. Il porto ha da sempre avuto un ruolo chiave nello sviluppo di questa città, influenzandone storia e cultura, floridezza e declino. Esso fu il motivo per cui i Greco-Siculi scelsero di stabilirsi sul territorio, allacciando buoni rapporti con le prime popolazioni che già lo abitavano, i Piceni. E se a questi succedettero i Romani, che ugualmente la scelsero come punto di partenza per le spedizioni, ancora nel Medioevo essa era rinomata come importante crocevia, base marittima fondamentale nei rapporti commerciali con l’Oriente. Passata nel XVI sec. sotto il dominio dello Stato della chiesa, Ancona vi rimarrà fino al 1860, anno in cui entrerà a far parte del Regno d’Italia. L’itinerario anconetano della fede ha inizio dalla Piazza del Papa (cosiddetta per la Statua di Clemente XII che vi campeggia), la quale è dominata dalla Chiesa di San Domenico del Marchionni. L’interno, a navata unica, racchiude due capolavori: una Crocifissione del Tiziano e
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LE MARCHE Calore, passione, armonia,. sono espressioni di questa terra generosa in un concerto di colori, voci, sapori. Concedetevi una sosta , una vacanza sarà un’esperienza indimenticabile, sarete accarezzati dalle note del mare, estasiati dalla maestosità delle montagne, stupiti dalla bellezza dei borghi murati, dai teatri storici, dai oltre 200 musei, santuari, basiliche, con rilassanti intervalli della campagna profumata di colori tenui. Una regione unica, geniale come alcuni dei suoi figli, quali Leopardi, Raffaello, Rossini, contagiosa e generosa come la sua gente oggi.
ARTE: Itinerari possibili nelle Marche 1 Giorno: Osimo 2 Giorni: Osimo-Loreto-Recanati 3 Giorni: Osimo-Loreto-Recanati -Ancona-Riviera Conero 4 Giorni: Osimo-Loreto-Recanati -Macerata-Tolentino- Abbazie 5 Giorni: Osimo-Loreto-Urbino -Ancona-Ascoli Piceno
ITINERARI FEDE: Itinerari possibili Marche-Umbria-Puglia 1 Giorno: Osimo 2 Giorni: Osimo-Loreto-Corinaldo 3 Giorni: Osimo-Loreto-Tolentino Abazie Val di Chienti 4 Giorni: Assisi-Tolentino- Abazie Val di Chienti Loreto-Osimo 6 Giorni: Assisi-Tolentino- Abazie Val di Chienti Loreto-Osimo-S.Giovanni Rotondo Bari S.Nicola
23 un’ Annunciazione del Guercino. Proseguendo verso la parte antica della città si passa davanti alla Chiesa di San Francesco delle Scale, dalle origini medievali ma ricostruita più volte, che oggi affascina per la facciata e il portale in stile gotico veneziano. Pregevoli sono le tele custodite al suo interno, come l’Assunzione di Lorenzo Lotto. Altro piccolo capolavoro è la Chiesa del Gesù, ristrutturata nel XVIII sec. ed armoniosamente inserita nel contesto architettonico urbano dal Vanvitelli. L’interno, monumentale ma elegante, presenta una pianta a croce latina con unica navata. Degno di nota è il gruppo bronzeo Madonna con Bambino dei fratelli Jacometti. Tuttavia il simbolo di Ancona, nonché una delle chiese medievali più importanti d’Italia, è la Cattedrale di S. Ciriaco, situata sul punto più alto della città, la cima del Colle Guasco. Essa, rifacimento di una basilica paleocristiana, a sua volta costruita sui resti di un antico tempio pagano, rappresenta una vera e propria testimonianza delle molteplici tradizioni e culture che hanno segnato la storia del posto. Una scalinata conduce al protiro romanicogotico ad arco a tutto sesto, sorretto da quattro colonne poste suleoni stilofori in pietra bianca e rossa.L’interno a croce greca e a tre navatepresenta un soffitto a carena di nave capovolta in legno dipinto. Degna di nota è poi la piccola immagine miracolosa della Madonna, incastonata nel ricco altare del Vanvitelli. Da visitare sono inoltre la Cripta, che racchiude le reliquie dei patroni della Chiesa, e il Museo Diocesano, sistemato nell’ex Episcopio, comprendente le opere di arte sacra che facevano parte del tesoro di San Ciriaco. L’altro gioiello della città è la Chiesa di Santa Maria della Piazza, realizzata in stile romanico nel XIII sec. su un preesistente edificio religioso. Splendida è la facciata, la cui parte inferiore è completamente rivestita in marmo dalmata.
Nella scenografica cornice della campagna marchigiana, fatta di dolci colli frapposti agli Appennini e alla costa, emergono come piccoli scogli dal mare agitato, ancore di salvezza nei momenti di difficoltà, le abbazie della Valle del Chienti. Figlie della unione tra il paesaggio naturale e le esigenze materiali e spirituali della vita monastica, questi intimi e sinceri edifici del culto assurgono a veri gioielli architettonici, tra i più pregevoli e meglio conservati d’Italia.
ABBAZIA DI FIASTRA Abbazia di Chiaravalle di Fiastra Costruita nel 1142 da monaci cistercensi provenienti da Milano, è considerata la più importante abbazia di tutto il territorio piceno e rappresenta uno degli esempi più pregevoli e meglio conservati di architettura romanico-cistercense in Italia. La facciata semplice e al contempo invitante, con un portico a tre campate come avancorpo, è abbellita da un gran rosone e da un portale in marmo policromo alternante pilastri e colonne. Entrando si resta estasiati dall’armonia delle linee e degli spazi, nonché dalla grandiosità della struttura, fattori che rendono l’ambiente estremamente suggestivo. La Chiesa, formata da tre navate di cui la principale alta 30 m, è lunga 72 m. Grandiosi sono il Chiostro del XV sec., la Sala Capitolare e il Refettorio, sorretto da sette colonne romane con enormi capitelli, prelevati dalla vicina città romana di Urbs Salvia. L’intera struttura dell’Abbazia è protetta da un bosco popolato da molte specie animali e vegetali protette, un’ulteriore conferma dell’armonia che regna nel luogo.
ABBAZIA DI S.CLAUDIO In fondo a un viale alberato – 266 cipressi a destra e 266 cipressi a sinistra - dove un tempo sorgeva la città romana di Pausulae, si erge l’Abbazia di San Claudio al Chienti, del XI sec. e realizzata con materiali di recupero. Essa è caratterizzata da due ambienti sovrapposti e due torri cilindriche con monofore e bifore. La Chiesa inferiore, preceduta da un corpo aperto da un portale, è a pianta quadrata su quattro pilastri e nell’abside si conservano affreschi del 1468 raffiguranti San Claudio e San Rocco. Alla Chiesa superiore, che presenta un bel portale romanico, si può accedere sia attraverso due scalette a chiocciola situate nelle torri della facciata, sia dall’esterno Nel 1926, durante un restauro, venne scoperta sotto il pavimento davanti all’altare una mummia con i capelli lunghi fino al bacino e uno spadino di 50 cm. Si ritiene appartenga all’Imperatore Ottone III, morto nel 1002, il cui corpo non fece mai ritorno ad Aquisgrana, ma il mistero non è ancora stato risolto.
ABBAZIA DI S.MARIA a Pie’ di Chienti La Chiesa di S. Maria a Pie’ di Chienti detta anche SS. Annunziata poiché ad essa dedicata, sorge sulla sponda sinistra del fiume Chienti, dove vi fu eretta nella prima metà del X sec. da monaci benedettini. Un rimaneggiamento si ebbe nella prima parte del XII sec., quando alla primitiva e umile costruzione si sostituì l’attuale, a tre navate. La chiesa presenta elementi e caratteri architettonici talmente singolari da poter essere collocata tra i monumenti religiosi più interessanti d’Italia. Essa si distingue in due piani sovrapposti, come se fosse costituita da due
chiese: una, quella superiore, effettivamente riservata ai monaci; l’altra, quella inferiore, aperta al popolo. La facciata, sobria, è esposta ad ovest, di modo che il fedele entrando sia rivolto verso l’abside, a oriente, dove sorge il sole e simbolicamente verso Cristo. Sebbene a prima vista l’abbazia quasi appaia al visitatore come una semplice chiesa rurale di modeste dimensioni, all’interno di essa si è letteralmente rapiti dalla grandiosità del complesso architettonico, dove ci si può veramente immergere nel sacro e vivere l’infinito.
LORETO A 127 m. slm., su un antico colle coperto di allori, quel laureto che sembrerebbe aver dato poi origine al suo nome, sorge Loreto località celebre per essere incessante meta di pellegrinaggio, nonché capitale del culto mariano. Le origini della cittadina non sono molto remote, in quanto la sua storia s’identifica completamente con quella del suo Santuario. Essa comincia infatti a svilupparsi a partire dal 1468, anno in cui iniziano i lavori per la costruzione della Basilica e che si protrarranno per circa un secolo. Il monumentale complesso architettonico nasce per rispondere alle esigenze di difesa della Santa Casa della Vergine, che viene conservata al suo interno. La tradizione vuole che le mura di questa, all’interno delle quali Maria visse e ricevette l’Annunciazione, siano state trasferite su quel colle nel 1294 da “alcuni angeli”, per evitare che cadessero nelle mani dei musulmani, i quali, dopo aver definitivamente cacciato i Crociati, erano riusciti ad impossessarsi di Nazareth. Da quel momento la fama del piccolo
borgo marchigiano è andata sempre più espandendosi, superando ogni confine, tanto che il Santuario di Loreto è oggi uno tra i più rinomati e frequentati della cristianità. Loreto, protetto da una cinta di mura e bastioni medievali, conserva al suo interno non solo un tesoro religioso e spirituale, ma un vero e proprio patrimonio artistico e culturale difficile da eguagliare. Dalla caratteristica Via dei Coronari, apoteosi dell’artigianato religioso locale, si sale alla Piazza della Madonna, che è chiusa su tre lati dal Palazzo Apostolico - il cui piano nobile ospita il Museo Pinacoteca – e in mezzo alla quale si trova la Fontana dei Galli, arricchita dalle sculture bronzee dei fratelli Jacometti. Sull’ampia piazza si affaccia la Basilica rinascimentale, perfetto esempio di architettura che si fa ponte tra Terreno e Celeste, tra Quotidiano ed Eterno. Essa è frutto della collaborazione tra i più famosi architetti dell’epoca, tra i quali spiccano i nomi di Baccio Pontelli, Francesco di Giorgio Martini, Bramante ed Andrea Sansovino. Bellissima è la Cupola di Giuliano da Sangallo, la terza per dimensioni in Italia dopo quelle di S. Pietro a Roma e di S. Maria del Fiore a Firenze. Al di sotto della cupola, all’interno, raccolta e venerata come una perla dall’inestimabile valore, è collocata la Santa Casa, le cui strutture primitive sono antichissime e di tipo palestinese. Dentro, una Statua della Madonna ricoperta dalla dalmatica sembra accogliere e voler testimoniare ai visitatori la storia millenaria di quel posto e la profonda spiritualità di cui è intriso. L’elemento più spettacolare è però il rivestimento marmoreo e scolpito che riveste esternamente il piccolo Santuario, giudicato “l’espressione più complessa della scultura cinquecentesca”. Degni di nota sono inoltre i nu-
merosi affreschi che impreziosiscono le pareti della Basilica, nati dalla mano di grandi artisti, come Luca Signorelli, Melozzo da Forlì, Federico Zuccari e il Pomarancio.
MACERATA Ubicata a 314 m. slm su uno dei tanti colli che si snodano fra le valli del Potenza e del Chienti, è nota per aver dato i natali a Padre Matteo Ricci (Macerata 1552 - Pechino 1610), il grande missionario gesuita che non solo fu il fondatore delle missioni cattoliche in Cina, ma anche il primo intermediario tra la civiltà di quel Paese e quella occidentale. Egli riuscì a diffondere a tal punto le scienze in Oriente, da risultare ancora oggi là una delle figure più importanti e conosciute. La tradizione vuole che la città sia sorta sulle rovine dell’antica colonia romana di Helvia Ricina, devastata nel V sec. dai Visigoti di Alarico. In realtà però essa nasce come Comune nel Medioevo, più precisamente nel 1138, per poi essere riconosciuta come sede vescovile già a partire dal 1320. Seppur con brevi interruzioni cronologiche, la città continua ad essere soggetta al dominio della Chiesa fino al 1860, anno in cui entra a far parte del Regno d’Italia. Racchiuso all’interno delle possenti mura quattrocentesche, il centro storico maceratese affascina il visitatore per le eleganti linee architettoniche dei suoi palazzi signorili, per le vie silenziose e nel contempo evocatrici di ricordi nostalgici, per le ampie e scenografiche piazze sulle quali si affacciano pregevoli luoghi di culto. In Piazza Strambi si erge l’imponente Cattedrale di Cosimo Morelli, che quasi sembra voler rimarcare la superiori-
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tà del potere spirituale su quello temporale. L’interno, dalle grandi colonne binate che suddividono lo spazio in tre navate, custodisce una raccolta d’opere di notevole interesse artistico. Sulla stessa piazza si staglia la Basilica di Santa Maria della Piazza, ricostruita su disegno del Vanvitelli ma, originariamente, un’antica cappella votiva eretta in un solo giorno (1447), per allontanare la peste. Il Santuario, il cui nome deriva dall’affresco sul muro dell’orto del Vescovo, attorno al quale fu eretta, attrae il passante per la capacità di concentrare così splendide forme, la perfetta luminosità, affreschi, stucchi e marmi pregevoli, in uno spazio tanto limitato. La chiesa più antica è invece quella di Santa Maria della Porta , la cui metà inferiore risale al XI sec. Costruita in stile romanico-gotico,essa presenta un elegante portale strombato che si apre sul lato della navata. Della parte originaria resta la Cripta, sede della Confraternita dei Flagellati, i cui emblemi sono scolpiti nelle chiavi di volta. Santa Maria delle Vergini, monumentale tempio di Galeazzo da Carpi dall’impronta bramantesca, era originariamente un’antica chiesa dedicata alle illibate. All’interno si custodiscono un’Adorazione dei Magi del Tintoretto e un Coccodrillo
imbalsamato appeso, forse un dono di maceratesi tornati dalle Crociate. Percorrendo lo stradone selciato della Mattonata si giunge infine alla Chiesa di S. Stefano o dei Cappuccini Vecchi. Sia la facciata rinascimentale che l’interno, caratterizzato da un’ampia abside e da sei cappelle laterali, ne fanno un edificio elegante, che si distacca dall’ambiente rurale in cui è collocato.
RECANATI Nota soprattutto per aver dato i natali a Giacomo Leopardi e a Beniamino Gigli, si estende (296 m. slm) su uno dei tanti colli che caratterizzano il territorio marchigiano, tra i fiumi Potenza e Musone. Sarà proprio la presenza di corsi d’acqua a favorire nella zona, già a partire dal Neolitico, l’insediamento dei vari popoli, come i Piceni e, più tardi, i Romani. Con l’invasione dei Goti la popolazione sarà però costretta a rifugiarsi sulle alture circostanti, veri e propri balconi naturali da cui sorvegliare l’area compresa tra i Sibillini e il mare. Ma l’urbs attuale si costituirà in un secondo momento, quando i signori a capo dei tre colli più importanti decideranno di allearsi
ed unire i loro possedimenti. Passata sotto il dominio della Chiesa nel 774, Recanati diventerà in età medievale un libero comune e, grazie all’appoggio fornito agli Svevi, otterrà persino un porto (Porto Recanati), nonché la licenza di battere moneta, assumendo così lo status di vera e propria città. Nel Rinascimento diverrà un importantissimo centro di scambi e di traffici per l’Italia e l’ Europa. Occupata dalle truppe napoleoniche alla fine del XVIII sec., essa rientrerà a far parte dello Stato della Chiesa fino al 1860, anno di nascita del Regno d’Italia. Se affacciandosi dal colle Tabor è facile perdersi in interminati spazi e sovrumani silenzi, percorrendo le vie sinuose della città ci si accorge delle molteplici opere d’arte racchiuse tra le sue mura. Varcando lo splendido portale marmoreo disegnato da Giuliano da Maiano è possibile ammirare il S.Sebastiano in terracotta di Torreggiani e, di fronte, la tela raffigurante S. Vincenzo Ferreri di Lorenzo Lotto. Una collezione deidipinti di questo artista straordinario, che lavorò molto a Recanati, è conservata nella Pinacoteca Comunale “Villa Colloredo- Mels”. Qui si trova anche il suo capolavoro, L’Annunciazione (XVI sec), in cui il mondo spirituale e divino penetra dolcemente l’umiltà del
quotidiano. Della stessa epoca sono la Chiesa – degno di nota è il portale in pietra d’Istria di Maiano - ed il Convento di S. Agostino. Del complesso monastico fa anche parte il chiostro quattrocentesco, i cui resti sono visibili nell’antica torre danneggiata da un fulmine, conosciuta come la torre del passero solitario. L’itinerario della fede continua con la Chiesa di San Vito (XI sec). Originariamente in stile romanico-bizantino essa è stata più volte ricostruita a causa di terremoti. Il disegno delle sue forme attuali è di P. Jacometti, mentre la facciata in cotto e con le colonne a spirale bicromate è del Vanvitelli. L’oratorio è impreziosito dalla Presentazione al Tempio del Pomarancio. Da qui si giunge alla Cattedrale medievale di San Flaviano. Priva di facciata, con la porta principale sulla fiancata laterale, essa contiene un meraviglioso soffitto in legno intagliato. Il vecchio Episcopio è ora adibito a Museo diocesano di arte sacra, che vanta dipinti di artisti operanti tra il XIV e il XVI sec., come Giacomo da Recanati, Mantegna, Guercino e Pomarancio.
TOLENTINO Si estende a sinistra del fiume Chienti, nel cuore della provincia maceratese, tranquilla cittadina di notevole interesse storico e artistico, che da sempre ricopre l’importante ruolo di cerniera tra la costa e la zona montana. Essa ha origini antichissime, tanto che le prime tracce di popolazione risalgono al Paleolitico Inferiore per arrivare successivamente ai Piceni; solo dopo alcuni secoli il paese si trasformerà nella più celebre Tolentinum romana di epoca imperiale. Già sede di dio-
cesi a partire dal IV sec., essa sarà poi soggetta alle invasioni dei barbari, per costituirsi in seguito a comune alla fine del XI sec. Nonostante si mantenga per un lungo periodo ghibellina, la città tornerà alle dipendenze della Chiesa a partire dal 1445. Vi resterà soggetta fino all’occupazione francese da parte delle truppe napoleoniche, per poi entrare a far parte del Regno d’Italia nel 1860Tra i numerosi e significativi monumenti cittadini riveste notevole interesse la Basilica–Santuario di San Nicola, eretta in forme gotiche nei secc. XIII-XV, ma in parte rifatta e decorata nel XVI sec. e nel periodo barocco. Della facciata, originariamente a capanna, va ricordato il grande portale in stile gotico fiorito di Nanni di Bartolo, mentre l’interno, impreziosito dal soffitto a cassettoni in legno dorato, conserva le tele raffiguranti Sant’Anna del Guercino e San Tommaso di Villanova del Ghezzi. Sul Chiostro si apre la grande sala detta del Cappellone di San Nicola, una delle più vaste e meglio conservate opere di maestranze giottesche di Scuola riminese, rinomata appunto per le splendide decorazioni pittoriche dei primi anni del Trecento. Al centro del Cappellone è collocata l’Arca lapidea sormontata dalla Statua policroma di San Nicola, un sarcofago creato appositamente per custodire le spoglie del santo, le quali però non vi furono mai collocate, ritenendo più sicura e dunque preferendo la conservazione di quelle nei sotterranei, a circa due metridi profondità. Una scelta che si è mantenuta fino ad oggi, anche se ora le reliquie sono collocate in un’apposita cripta costruita allo scopo. La Basilica-Santuario è meta costante di pellegrini provenienti da ogni parte del mondo e particolarmente devoti a S. Nicola
di Compagnone, comunemente noto come San Nicola da Tolentino. Prima della sua nascita i genitori, consigliati da una visione angelica, si erano infatti recati a Bari in pellegrinaggio alla tomba di Nicola di Myra per avere la grazia di un figlio. Esauditi, una volta rientrati a casa, chiamano il bambino come il Santo cui si erano appellati. Il giovane Nicola entrerà poi a far parte degli Eremitani di Sant’Agostino e, distinguendosi nello studio e nel comportamento, rimarrà per trent’anni fino alla morte nel Convento di Sant’Agostino di Tolentino.Degne tappe dell’itinerario tolentinate della fede sono poi la Cattedrale di San Catervo, con tracce evidenti di una preesistente chiesa medievale, e la Chiesa di San Francesco, originariamente in stile romanico-gotico e in seguito trasformata tanto da assumere un’impronta barocca. Pregevoli sono qui gli affreschi e la Statua in legno policroma della Madonna della Tempesta, uno dei più begli esempi di scultura marchigiana del XIV sec.
URBINO Arroccata su un colle a 485 m. slm, tra il bacino del fiume Foglia e quello del Metauro, si erge, tanto maestosa e bella da sembrare irreale, la città di Urbino. Di origini antichissime, anteriori alle invasioni celtiche e all’insediamento dei Galli Senoni nel IV sec. a.C., essa assume particolare rilievo sotto il dominio romano – la Urbinum Mataurense - proprio per la favorevole posizione geografica che la situa tra Roma e Rimini. Più volte soggetta alle invasioni dei Barbari, la città viene donata da Car-
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lo Magno al Papa, per poi diventare, dopo un periodo di decadenza accompagnato dall’affievolirsi del potere ecclesiastico, libero Comune e, successivamente, feudo dei Montefeltro. E’ proprio con Federico (1444-1482) che il Ducato di Urbino raggiunge l’apice della grandezza e dello splendore, andando ad occupare una posizione centrale nell’assetto politico degli stati italiani ed assurgendo a vera e propria città ideale. Il progressivo declino avrà inizio con la morte dell’ultima duca e la declassificazione a capoluogo di uno dei distretti dello Stato Pontificio, sorte che durerà fino al 1860, anno in cui entrerà a far parte del Regno d’Italia. Urbino è universalmente riconosciuta per essere una delle principali capitali del Rinascimento italiano, tanto da essere annoverata nell’elenco dei siti Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Passeggiando per il centro storico si ha l’impressione che il tempo si sia fermato: tutto è pervaso da perfetta armonia e da aurea potenza. Ne è il massimo esempio il Palazzo Ducale, che – come scrisse Baldassar Castiglione - non un palazzo, ma una città in forma di palazzo esser pareva. Tale
capolavoro dell’architettura rinascimentale, oltre che simbolo di forza e di potere militare, è emblema di cultura e liberalità, una vera e propria creatura del raffinato mecenatismo di Federico II da Montefeltro, alla cui corte vennero chiamati alcuni tra gli artisti più famosi del panorama artistico italiano, come Bramante, Paolo Uccello, Leon Battista Alberti, Francesco Di Giorgio Martini, Piero Della Francesca, il nativo Raffaello. Oltre alla Facciata dei Torricini, vanno ammirati lo splendido cortile, nonché le armoniose sale del piano nobile, tra le quali emerge lo studiolo del Duca, un raccolto e raffinato ambiente rivestito di tarsie lignee, dallo spettacolare effetto illusionistico. Annessa al Palazzo è la Galleria Nazionale delle Marche, che conserva alcuni capolavori assoluti della storia dell’arte, mentre al pianterreno sono allestiti il Museo Archeologico ed il Lapidario. Altra meta dell’itinerario urbinate è la Casa natale di Raffaello Sanzio e del padre Giovanni Santi. Oltre alla pietra dove i due erano soliti preparare i colori, va segnalato l’affresco della Madonna con il Bambino
nella stanza dove nacque il pittore e a lui stesso attribuito. Degni di nota sono poi i vari oratori presenti nella città - in modo particolare quello di San Giovanni, che custodisce un ciclo di affreschi del primo Quattrocento dei fratelli Salimbeni di San Severino – e soprattutto la Cattedrale, di origini medievali, ma ricostruita più volte, fino ad assumere l’odierna parvenza neoclassica. L’interno, grande e solenne, conserva pregevoli dipinti tra i quali La Traslazione della Santa Casa di Loreto di Ridolfi, Il Martirio di San Sebastiano di Barocci e L’Annunciazione di Raffaello. Altri importanti luoghi di fede sono la Chiesa di S. Domenico e quella di S. Francesco. La prima, costruita sui resti di un teatro romano e ora sconsacrata, conserva all’interno due tele di Francesco Vanni, mentre la seconda, edificata nel XIV sec. in stile romano gotico, presenta tre navate a croce latina ed è considerata il Pantheon della città, poiché accoglie le spoglie di numerosi personaggi illustri, come quelle dei genitori di Raffaello.
SHOPPING TOUR
P
er uno shopping tour Osimo offre proposte interessanti e diversificate, tali da soddisfare anche le richieste più esigenti, grazie ad alcune particolarità che rendono l’offerta unica nel suo genere. Uno dei migliori punti di partenza per il turista è senz’altro il corso Mazzini, dove si affaccia una grande varietà di negozi. Per chi vuole uno spaccato caratteristico della Osimo più genuina, immancabile è l’appuntamento mattutino nel mercato coperto in piazza San Francesco. Oltre 30 banchi offrono tutto l’immaginabile dei prodotti alimentari, dal pesce fresco alle carni di ogni specie, dalla frutta e alla verdura, ai formaggi ed al pane fatto in casa e con una varietà di ingredienti incredibile. Chi vuol acquistare direttamente in fabbrica può rivolgersi agli spac-
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ci aziendali distribuiti in maniera diffusa sul territorio. Una guida cartacea (disponibile nell’ufficio accoglienza) vi indicherà tutte le possibili opportunità dall’abbigliamento alla pelletteria e calzature, dall’artigianato artistico alla gastronomia. Un capitolo a parte meritano prodotti di qualità come il vino e l’olio offerti dai frantoi e dalle cantine locali. Per dettagliate informazioni consultate il sito www.osimoturismo.it o richiedeteci il catalogo commerciale
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“bella e.. segreta, bella e… nobile, bella da far perdere la testa”, ci sono diversi spot capaci di suscitare emozioni e interesse verso questa città. Ma Osimo è anche una “città aperta”, fruibile, visitabile. Da quando infatti l’Amministrazione Comunale ha creato l’ufficio accoglienza e informazione turistica nello storico sito dell’ex cantinone, dentro le mura Romane e nell’ingresso di parte della città sotterranea, i visitatori non sono più soli.
• Verso i professionisti del settore Anche l’attività di promozione e commercializzazione turistica è affidata a un settore dell’ufficio che coordina l’attività di Marketing. I contatti con agenzie viaggi, Cral, grandi associazioni, vengono tenuti quotidianamente da personale preparato il quale provvede a informare, creare itinerari di visita, fornire servizi, formulare offerte, pacchetti tutto compreso, sia nella città che nel territorio delle Marche.
• Un servizio per il turista e per i cittadini Un team di guide e personale professionalmente preparato, informa, comunica, accompagna, prenota, assiste sia il singolo visitatore che il gruppo che intende visitare la città. L’ufficio coordina anche attività di conoscenza della storia, dell’arte, del lavoro e del relativo patrimonio, destinate alle giovani generazioni attraverso un laboratorio e una fattoria didattica. Vi è uno spazio book shop destinato a dare visibilità al lavoro quotidiano di tanta gente che con la creatività, l’ingegno, la manualità contribuiscono a rafforzare quel “ made in Italy” tanto ricercato e apprezzato
Le città che nelle pagine precedenti abbiamo indicato come tappe di itinerari tra Fede e Arte sono plus valore ad una proposta in cui Osimo, nel cuore delle Marche, ma anche del centro Italia, può avere la regia di tour organizzati sul territorio. Ospitalità Esiste sul territorio comunale una ricettività diffusa che va dagli Hotel a 4 e 3 stelle ai B&B, dagli Agriturismi ai Country house fino a un’ospitalità Francescana nel Convento S.Giuseppe. e un Ostello della gioventù. Elenco dettagliato:
www.osimoturismo.it
ACCOGLIENZA LA CITTÀ
OSIMO: UNA CITTA’ APERTA
INFO
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COME SI ARRIVA Con auto: A 14 uscita Ancona Osimo Con aereo: da Roma, Milano, Bologna, Pescara, Ancona Falconara 26 km Con treno: stazione Ancona stazione Osimo Con Bus: da Ancona , Macerata Con Nave: da Porto internazionale di Ancona 15 km circa
ACCOGLIENZA TURISTICA - VISITE GUIDATE ALLA CITTĂ€ Info e prenotazioni 071 7236088 - Fax 071 7231554 - Numero Verde 800 22 88 00 OSIMO TURISMO: Via Fonte Magna, 12 Osimo - www.osimoturismo.it - info@ osimoturismo.it
A.S.S.O. S.r.l
Citta di Osimo
Provincia di Ancona
VOGLIA DI MARCHE
Bibliografia: Guida storico artistica L. Loretani, Osimo arte, storia, tradizione L. Egidi Testi: Fabio Mataloni, Simona Palombarani - Foto: Bruno Severini, Patrizia Pavanelli, ..................... Progetto, grafica e impaginazione: Studio associato Settembretti Tipografia:
DISTRIBUZIONE GRATUITA
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