Il Monte Alpi

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IL MONTE ALPI (Parco Nazionale del Pollino) Ideazione e testi: Bruno Niola Foto: Giorgio Braschi, Domenico Gioia, Bruno Niola, Giuseppe Cirigliano Disegni e grafica: Domenico Gioia

ISBN 978-88-87482-93-5 © 2007 - EDITRICE Il COSCILE Corso Garibaldi, 110-114 Tel. e fax: 0981.22632 - Castrovillari Internet / E-mail: www.ilcoscile.it segreteria@ilcoscile.it

Foto di copertina: L’imponente Parete Ovest del Monte Alpi, vista dalla località Piede d’Alpi. Foto di G. Braschi I disegno del paragrafo “Lineamenti faunistici” sono di Walter Heubach, tratti dal volume ELEMENTI DI ZOOLOGIA - vertebrati di O. Schmeil - F. Raffaele © Tutti i diritti riservati Finito di stampare a novembre 2007


Ho visto splendidi mattini posarsi sulle cime lusingandole come l’occhio di un re quando su qualcosa si posa, baciare verdi pascoli con il loro viso dorato, trasformare con la loro divina alchimia in oro pallidi ruscelli. W. Shakespeare

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RINGRAZIAMENTI Un libro, come per qualsiasi altro progetto impegnativo, per essere portato a termine, necessita di aiuto e collaborazione. Sono tante le persone che hanno dedicato molto del loro prezioso tempo, contribuendo alla riuscita di questo volume. Desidero quindi ringraziare la dr.ssa agr. Lucia Mancusi. per la fattiva collaborazione; senza di lei questo lavoro difficilmente avrebbe visto la luce. il dr. nat. Pietro Serroni, il dr. nat. Francesco Rotondaro, il dr. for. Mario Franceschi e Giorgio Braschi per i preziosi consigli. la fam Mitidieri e il geom. Mario Beltrame per le notizie e per il materiale messo a disposizione. il prof. Antonio Coppola che mi ha aiutato a correggere le bozze Un ringraziamento particolare merita Giuseppe Cirigliano (alias Peppone) per la sua incredibile disponibilità , competenza e umanità dimostrata e per le foto gentilmente concesse. Un sentito ringraziamento anche a Graziano Montel, Giulio Gravame, Ciccio Ippolito per il materiale fornito per l’arrampicata sportiva e per le vie alpinistiche (parete nord Santa Croce); Rocco Caldarola e Luigi Ferranti per il materiale sulla nuova via alpinistica (parete ovest).

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Sommario Prefazione .................................................................................................................................................................................. Il Parco Nazionale del Pollino: carta d’identità .............................................................. Il Monte Alpi ........................................................................................................................................................................ Lineamenti vegetazionali .................................................................................................................................. Elenco floristico delle specie presenti ..............................................................................................

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pag. Breve descrizione degli alberi e degli arbusti ........................................................................ pag. Lineamenti faunistici ............................................................................................................................................... pag. Schede faunistiche di alcune specie potenzialmente presenti ................... pag. Cartina delle presenze archeologiche ed archeoindustriali ........................... pag. Le risorse archelogiche e paleontologiche ................................................................................. pag. Le grotte di Latronico .................................................................................................................................... pag. Il museo archeologico ................................................................................................................................... pag. L’istioforide .................................................................................................................................................................... pag. Presenze archeoindustriali ................................................................................................................................. pag. Le cave e le miniere .......................................................................................................................................... pag. La centrale idroelettrica ...............................................................................................................................pag. I ruderi del Ponte ottocentesco sul torrente Fiumitello ........................... pag. Episodi briganteschi .................................................................................................................................................... pag. Cartina dei Sentieri ..................................................................................................................................................... pag.

19 37 52 58 70 71 71 72 75 77 77 77 80 82

84 pag. 85 pag. 85 pag. 106 pag. 107 pag. 109 pag. 112

Attività sportive ................................................................................................................................................................ L’escursionismo ....................................................................................................................................................... Il parapendio ............................................................................................................................................................. L’arrampicata sportiva ................................................................................................................................... Le vie alpinistiche di ghiaccio parete Nord Santa Croce ..................... Una via di misto sulla parete Nord Monte Alpi .................................................... Nuova via sulla parete Ovest .............................................................................................................. pag. 113 Elenco alfabetico delle specie in repertorio ........................................................................... pag. 117 Glossario ...................................................................................................................................................................................... pag. 121 Bibliografia ............................................................................................................................................................................. pag. 124 5



Prefazione La pubblicazione di un saggio sulle risorse naturali e antropiche del Monte Alpi, rappresenta senza dubbio un momento qualificante in un disegno organico di promozione del territorio. Tanto più, se si pensa che la valorizzazione della risorsa montagna e del massiccio dell’Alpi, nella fattispecie, ha rappresentato uno dei capisaldi nelle politiche di programmazione delle amministrazioni dell’ultimo ventennio, almeno, così da assurgere al ruolo di opzione irrinunciabile nelle strategie di sviluppo socio – economico della comunità e dell’area territoriale di riferimento: dalla metà degli anni ’80, con il Progetto Generale sul Favino, al suo sostanziale ripensamento, avvenuto negli anni ’90, con la creazione del Centro Didattico Ambientale, fino a oggi, attraverso la definizione di una rete di sentieri tematici, meglio nota sotto il nome di Museo Naturalistico del Bosco Favino – Monte Alpi, in cui l’obiettivo è di determinare le condizioni infrastrutturali per la fruizione dell’ecosistema costituito dal Bosco Favino, percepito come componente di una diversa, variegata e più ampia entità: il Monte Alpi, appunto. Di qui, la scoperta della natura e del paesaggio, in una lettura tesa a svelare il legame tra il territorio e la componente antropica mediante la conoscenza delle risorse che il primo ha offerto alle popolazioni che lo hanno abitato; dei mestieri che si sono sviluppati; dei riti e delle tradizioni, come delle culture e dei saperi locali. In altri termini, quel che alcuni chiamerebbero Ecomuseo, inteso come traguardo di un progetto ambizioso che deve intercettare e costituire la sintesi delle diverse opportunità che ci sono offerte: dal Programma Operativo Val d’Agri, allo Sviluppo Rurale alla nuova pianificazione urbanistica, intorno alla quale va articolata una visione dinamica ed evolutiva del territorio, conscia dell’esser parte vitale del sistema dei Parchi Nazionali, al punto di rappresentarne la porta di collegamento. In questo senso, credo che la pubblicazione possa contribuire a irrobustire la cultura per la quale concetti come programmazione e sviluppo possono essere coniugati con quello della salvaguardia ambientale, ora, più che in passato, al centro delle politiche locali e globali. Di più, forse, esso stesso traino per lo sviluppo dei territori. Castelsaraceno, 10 ottobre 2007 Domenico Muscolino (Sindaco di Castelsaraceno)

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Castelsaraceno, sul fondo della valle del Racanello, ai piedi del monte Raparo; al centro si estende verdeggiante il bosco Favino. Dal monte Santa Croce, la seconda vetta del monte Alpi. Foto G. Braschi

Veduta del centro storico di Castelsaraceno, verso la vetta innevata del monte Alpi.

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Foto G. Braschi


Il Parco Nazionale del Pollino: carta d’identità Istituzione: DPR del 15.11.1993 Ubicazione: A cavallo tra due regioni, Basilicata e Calabria, e tra due mari, il Tirreno e lo Ionio, il Parco Nazionale del Pollino, è oggi l’area protetta più estesa d’Italia. Estensione: con i suoi 192.565 ettari, interessa 56 comuni (24 nel versante lucano e 32 in quello calabrese). Territorio: presenta una morfologia prevalentemente montuosa, nella quale spiccano tre massicci appartenenti all’Appennino meridionale Calabro-Lucano: quello del Pollino, situato al centro del parco; a sud ovest, il complesso dei monti dell’Orsomarso e, nel settore settentrionale, si erge isolato il monte Alpi. Flora: Pino loricato (simbolo del parco), associazione Abete-Faggio, Faggio, Quercia, Cerro, Ontano, Leccio, Tasso. Fauna: Lupo appenninico, Capriolo d’Orsomarso, Lontra, Gatto selvatico, Ghiro, Lepre, Cinghiale, Aquila reale, Falco pellegrino, Nibbio bruno, Poiana, Coturnice, Picchio nero, Gufo reale. Il logo del Parco Nazionale del Pollino:

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L’mponente versante ovest del Monte Alpi incombe sulla valle di Cogliandrino. Risale da destra la folta estensione del Malboschetto; in alto, sospeso sulle rocce, il bosco Teduri. Foto G. Braschi

Il versante nord del monte Alpi coi suoi caratteristici canaloni, lungo cui si svolgono vie di alpinismo invernale. Dal bosco Favino. Foto G. Braschi

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Il Monte Alpi A settentrione, e in posizione marginale nell’ambito del Parco Nazionale del Pollino, distinto dal complesso del Pollino e dai monti dell’Orsomarso, si erge isolato il massiccio del monte Alpi. Si tratta di un interessante fenomeno geologico che finora non ha trovato una spiegazione univoca. Gli studiosi infatti non sono riusciti ancora a spiegare come questa piattaforma carbonatica appartenente alla placca abruzzese-campana abbia potuto collocarsi nella posizione attuale. Pare che il curioso toponimo non abbia alcun legame con la catena alpina, ma sembra derivi da arpo, nome locale di una falce utilizzata dai contadini per il taglio dell’erba. Le cime principali del massiccio sono costituite dal Monte Alpi (1900 m) e dal monte S. Croce (1893 m), separate da una lieve selletta, dalle quali è possibile osservare simultaneamente a ovest la costa tirrenica e le principali vette del Cilento, a nord l’alta Val d’Agri, a sud il massiccio del Pollino e in particolari condizioni anche la Sila, ad est il complesso sistema di calanchi argillosi che scendono verso il mar Ionio. Il massiccio alterna, a seconda dei diversi orientamenti, pareti spettacolari o versanti caratterizzati da una maggiore dolcezza di paesaggio. Il versante ovest-nordovest è senza dubbio quello più scenografico con una parete scoscesa (da quota 1100 a 1598 m) che se osservata dalla valle del

Salendo lungo l’itinerario n. 1, sulla panoramica cresta rocciosa che conduce al monte Santa Croce. A destra si intravedono le più alte case di Latronico. Foto G. Braschi

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torrente Cogliandrino, si mostra in tutta la sua magnificenza. In modo diverso si presentano i versanti a nord e nord-nordest che, sia per il prolungato innevamento che per la presenza di immense foreste che ricoprono i fianchi anche a quote alte, assumono un aspetto meno aspro del precedente. Il lato sud-orientale ritorna ad essere spettacolare con profondi valloni e bastioni calcarei come quello del monte S. Croce. Per gli aspetti geo-morfologici del massiccio si fa riferimento al lavoro di Scandone1 il quale ritiene che l’area è interessata essenzialmente e ampiamente da una coltre di terreni in facies di flysch e di molassa, di età compresa fra il Cretaceo inferiore e il Tortoriano inferiore, dalla quale emerge la “finestra tettonica” del Monte Alpi. Questo monte comprende una unità geotettonica ben definita e formata da una potente successione di calcilutiti, calcareniti e calcari oolitici del Giurassico e da una coltre miocenica di conglomerati poligenici, marne e calcareniti. Di estremo interesse è la paleogeografia del Massiccio. Senza scendere nei dettagli, il cuneo di monte Alpi, si è originato a seguito di sovrascorrimenti e sollevamenti di una piattaforma carbonatica autonoma, durante alcune fasi tettoniche susseguitesi dal Tortoriano in poi. La tormentata morfologia dell’Alpi non ha favorito il carsismo superficiale, poco rappresentato. E’ comunque conosciuta, tra i fenomeni carsici profondi, una cavità di circa 25 metri, denominata “pozzo del Favino”, poco distante dalla vetta (Calandri, 1975). Da segnalare inoltre, che il monte Alpi è famoso per il suo pregiato alabastro, utilizzato in loco come marmo ornamentale per portali e arredi sacri.

Canale dell’acqua zolfegna in loc. Calda di Latronico - Foto B. Niola

Il complesso termale “Terme Lucane” a Latronico Foto gentilmente concessa dalla società Terme Lucane srl

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Inoltre, ai piedi del Monte Alpi, alla sinistra orografica del fiume Sinni, in località Calda di Latronico sono da segnalare le sorgenti di acqua sulfurea che hanno dato poi vita al complesso termale omonimo. Le sorgenti sgorgano a 750 m di quota e fuoriescono a una temperatura di 22° centigradi alla fonte; le proprietà terapeutiche delle acque sono state segnalate fin dal 1745 dal Barone Antonini e successivamente e da Bonifacio De Luca2, poeta del XVIII secolo, che decantò in un celebre sonetto3 le proprietà curative delle acque di Calda. L’area in questione è sottoposta a vincolo idrogeologico con L. R. del 4 novembre 1993.

Il bosco Favino è costituito essenzialmente da faggi. Nella foto le piccole opere di regimazione delle acque lungo il tratto iniziale dell’itinerario n. 1, alle spalle del rifugio Favino. Foto G. Braschi

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Lineamenti vegetazionali Il massiccio dell’Alpi, compreso la cerreta Malboschetto, ricade nel territorio del Parco Nazionale del Pollino, in zona 1 (zona a protezione speciale, di rilevante interesse naturalistico, paesaggistico e culturale con limitato o inesistente grado di antropizzazione). Il sito, già segnalato nel 1971 dalla Società Botanica Italiana nel “Censimento dei biotopi di notevole interesse vegetazionale meritevoli di conservazione in Italia”, è stato proposto dagli organismi scientifici come SIC (sito di interesse comunitario) della Rete Natura 2000. Il Monte Alpi è stato oggetto di ricerche e osservazioni fin dal 1877 (Porta, Hunter e Rigo), sono poi seguite quelle di Cavara e Lacaita (1907), Cavara e Grande (1908), Lacaita (1907-1927), Trotter (1917-1918), Gavioli (1947), Bonin (1978) e infine Corbetta e Pirone (1977-1979-1982-1984). Il presente paragrafo fa riferimento principalmente ai lavori di quest’ultimi e in particolare, per l’analisi vegetazione a: “Corbetta F., Pirone G., 1981 - Carta della vegetazione di Monte Alpi e zone contermini (Tavoletta “Latronico” della Carta d’Italia)”, mentre per l’analisi floristica a “Corbetta F., Pirone G., 1984 - La flora di Monte Alpi (Appennino lucano)”. Per eventuali approfondimenti si rimanda alla bibliografia in appendice. Le fasce vegetazionali che i due studiosi individuano sul massiccio AlpiS.Croce sono le seguenti: - La vegetazioni delle rupi Le rupi, di natura calcarea e conglomeratica, affiorano soprattutto verso le vette (Alpi e S. Croce) e sono caratterizzate dalla presenza di popolamenti aperti dominati da Sassifraga Meridionale (Saxifraga australis), Sassifraga Porosa (Saxifraga porophylla) e dal Millefoglio della Basilicata (Achillea lucana). - La vegetazioni dei brecciai Le manifestazioni detritiche di Monte Alpi sono presenti in modo prevalente alla base della parete occidentale della montagna in località “Piede d’Alpi”, dove occupano vaste superfici ad una quota che oscilla dai 1050 ai 1400 metri circa, e in località “Pietro Longa”, ai piedi dei dirupi sud-occidentali di “Costa le Ghiaie”, a quote di 1200-1300 metri circa. 14


Per quanto riguarda questa fascia di vegetazione Corbetta e Pirone distinguono, da un punto di vista morfodinamico, due tipologie di vegetazione. Ci limiteremo nel corrente scritto ad una elencazione delle specie presenti: Cardo niveo (Cirsium niveum o Ptilostemon niveus), Cannella argentea (Achnatherum calamagrostis), Stregona gialla (Stachys recta), Romice scudato (Rumex scutatus), Scrofularia di Hoppe (Scrophularia juratensis), Falsa ortica meridionale (Lamium garganicum), Vincetossico comune (Vincetoxicum hirundinaria), Silene rigonfia (Silene vulgaris), Santoreggia montana (Satureja spp. montana), Stregonia siciliana (Sideritis syriaca var. brutia), Forasacco eretto (Bromus erectus), Camedrio Montano (Teucrium montanum), Tragoselino rupestre (Pimpinella tragium spp. lithophila), Stellina a tubo allungato (Asperula aristata), Vedovina selvatica (Scabiosa columbaria), Vedovina crenata (Scabiosa crenata), Caglio mediterraneo (Galium corrudifolium), Lattuga dei boschi (Mycelis muralis), Geranio di S. Roberto (Geranium robertianum). - I pascoli a Festuca duriuscola e Bromus erectus Nella fascia altitudinale del massiccio Alpi-S.Croce, compresa tra i 1400-1500 e le vette sono ampiamente diffusi i pascoli pi첫 o meno aridi

Le caratteristiche radure della parte alta del bosco Teduri, sotto le vette del monte Alpi e di monte Santa Croce, con i caratteristici faggi monumentali. Foto G. Braschi

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dominati da Festuca (Festuca cfr. duriuscola) e Forasacco eretto (Bromus erectus). Entrano in modo preponderante in tali consorzi erbacei anche Peverina tomentosa (Cerastium tomentosum), Cinquefoglia di Calabria (Potentilla calabra), Trifoglio pratense (Trifolium pratense), Spillone biancastro (Armeria canescens ssp. canescens), Romice acetosa (Rumex acetosa). - I popolamenti a Sesleria apennina e Carex macrolepis Gli aggruppamenti di prateria aperta che sul monte Alpi occupano le zone acclivi e soleggiate non sono molto diffuse e interessano soprattutto l’ampio canalone settentrionale del fianco occidentale della montagna. In questo settore, ad un altitudine compresa tra 1300 e 1600 m., con esposizione SW ed W, sono careatterizzate da un suolo poco evoluto, con affioramenti di roccia e una discreta quantità di detrito. La zona è spesso battuta dai venti e d’inverno è notevole l’azione disgregatrice sul suolo del gelo e disgelo. La morfologia, il substrato e il microclima non permettono quindi una copertura vegetale rilevante ed esercitano una considerevole azione selettiva. Tali popolamenti somigliano notevolmente a quelli ad Astragalus sirinicus spp. sirinicus del massiccio Sirino Papa4 e a quelli del Pollino5 anche se discostano da questi per l’assenza (rispetto al Sirino) proprio di Astragalus sirinicus e, rispetto ai due massicci, di Sesleria nitida.

Salendo lungo l’itinerario n. 1, sulla panoramica cresta rocciosa che conduce al monte Santa Croce, si incontrano interessanti formazioni rocciose. Foto G. Braschi

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Inoltre, le pendici indagate ospitano anche giovani esemplari di Pino loricato (Pinus leucodermis) che più a sud, sempre sulla parete occidentale, è presente con un buon numero di esemplari adulti. - L’ Asyneumati-Fagetum Una straordinaria faggeta ammanta i fianchi orientali, settentrionali e occidentali del massiccio dell’Alpi - S. Croce. Dette faggete si estendono a quote comprese tra i 1200 ed i 1750 m. circa e, per quanto concerne l’inquadramento fitosociologico queste faggete rientrano sicuramente nella associazione della fascia superiore del Faggio, l’Asyneumati - Fagetum Gent. 1969, istituita da Gentile (1969) per tipizzare i faggeti dell’Italia meridionale6. Di questa associazione nelle faggete dell’Alpi sono presenti: Ortica mora (Lamiastrum galeobdolon spp. montanum) e Centocchio dei boschi (Stellaria nemorum). Maggiormente legata alle quote più elevate sembra essere invece la presenza di Piroletta pendula (Orthilia seconda). Sono presenti inoltre: Falsa ortica flessuosa (Laminum flexuosum), Ranuncolo lanuto (Ranunculus lanuginosus), Billeri celidonia (Cardamine chelidonia), Anemone dell’Appennino (Anemone apennina), Geranio striato (Geranium versicolor), Viola silvestre (Viola reichenbachiana) e Caglio odoroso (Galium odoratum). Alla base del massiccio, altresì, la presenza di folti macchioni a faggio associato ad Agrifoglio (Ilex aquifolium), ad Ontano napoletano (Alnus cordata) e delle specie erbacee del loro piccolo sottobosco, giustificata l’associazione Aquifolio-Fagetum. Tra le varie tipologie vegetazionali non rilevate col metodo fitosociologico gli studiosi rilevano la presenza del Leccio (Quercus ilex) sulle pareti occidentali in località “Mastrocola” e “Piede d’Alpi” dove è accompagnato in alcuni punti da Pino loricato (Pinus leucodermis), Orniello (Fraxinus ornus), Carpino nero (Ostrya carpinifolia), Prunello (Rhamnus saxatilis) e qualche esemplare di Sorbo montano (Sorbus aria). La cerreta Malboschetto La cerreta Malboschetto rappresenta l’espressione più tipica e meglio conservata delle cenosi a Cerro (Quercus cerris). Il bosco è ben strutturato con lo strato arboreo costituito esclusivamente da Cerri anche di buone dimensioni e alti fino a 30 m con presenza di Carpino nero (Ostrya carpinifolia), 17


Acero oppio (Acer campestre), Olmo comune (Ulmus minor), Pero selvatico (Pyrus pyraster) e, nello strato arbustivo, di Biancospino comune (Crataegus monogyna) e Fusaria comune (Euonymus europaeus), La cenosi è riferibile all’associazione Physospermo verticillati – Quercetum cerris istituita da Aita, Corbetta e Orsino (1978) per le Cerrete dell’Appennino lucano centro-settentrionale. Tra le piante erbacee sono da segnalare il Pungitopo (Ruscus aculeatus), Citiso trifloro (Cytisus villosus), Robbia selvatica (Rubia peregrina) e Erba limone comune (Melittis melissophyllum).

Note: 1) Scandone P., 1972 – “Studi di geologia lucana: carta dei terreni della serie calcareo-silico-marnosa e note illustrative”. Boll. Soc. Nat. Napoli, 81: 225-300; 2) Bonifacio De Luca, Strobeo Cirenio tra gli arcadi (Latronico 1727 - ivi, 8 luglio 1798), fu un poeta italiano. Nacque a Latronico dal notaio Giuseppe e Caterina Armenia. Studiò a Maratea e subito dimostro abilità nel comporre in versi. Ma il padre non li fece proseguire questa vocazione e lo mandò a studiare diritto a Napoli. Bonifacio, dopo essersi laureato, ritornò al paese natale ed esercitò l’attività legale al quale affiancò la passione per la poesia. Compose “L’umil grandezza di Sant’Egidio” dedicato al santo patrono di Latronico, che venne stampata nel 1751 a Napoli. Nel 1781 la sua fama poetica cresceva sempre più varcando i confini regionali. I sonetti del De Luca furono pubblicati nella Gazzetta di Foligno. Compose un sonetto per la morte dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria e uno per la curiosa circostanza della falsa morte di Metastasio. Nel 1782 venne accolto all’ Accademia dell’Arcadia di Roma ed assunse il nome di Strobeo Cirenio, sotto la custodia dell’abate Giocchino Pinzi. L’anno successivo pubblicò Rime Sacre e Profane, che contiene i poemi sacri La Croce, Il Peccator Contritto e una ventina di sonetti. 3) Le acque minerali di Latronico Per tortuose vie, dell’Alpi in seno or pigra io corro, e or veloce io erro; e nei liquidi argentei il zolfo e il ferro traggo meco, negli antri, e l’incateno; poscia in un fiume limpido e sereno i miei tesori, i furti miei dissero; quel che nel grembo mio chiudo e rinserro, gorgogliando sdrisciar fo sul terreno. infermi a me venite; altri si immerga nelle chiare onde mie, altri mi ingoi, e vegga ognun s’ogni malor si sperga; infermi a me venite: io parlo a voi: Mosè con l’acqua dell’ultrice verga sol dissetò, ma non guarì li suoi. Bonifacio De Luca (1720-1794) 4) Caputo (1970); 5) Avena e Bruno (1975), Bonin (1968, 1978); 6) Gentile S., 1969 – “Sui faggeti dell’Italia meridionale”. Atti Ist. Bot. e lab. Critt. Univ. Pavia, ser. 6, 5: 207 – 306.

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Elenco floristico delle specie presenti (*) SPECIE A PROTEZIONE LIMITATA SPECIALE (Art. 3, DPGR Reg. Bas. 55/2005) (**) SPECIE A PROTEZIONE ASSOLUTA (Art. 2, DPGR Reg. Bas. 55/2005) (***) SPECIE SPONTANEE A PROTEZIONE LIMITATA (Art. 4, DPGR Reg. Bas. 55/2005)

PIANTE ARBOREE ABETE BIANCO (Abies alba) ACERO DI MONTE, ACERO BIANCO (Acer pseudoplatanus) ACERO NAPOLETANO (Acer neapolitanum) ACERO OPPIO, LOPPIO (Acer campestre) CARPINO NERO (Ostrya carpinifolia) CASTAGNO COMUNE (Castanea sativa) COCUMILIO, GROMA (Prunus cocomilia) FAGGIO COMUNE (Fagus sylvatica) FICO COMUNE (Ficus carica) FRASSINO DI MANNA, ORNIELLO, AVORNIELLO (Fraxinus ornus) NOCE COMUNE (Juglans regia) OLMO COMUNE (Ulmus minor) ONTANO COMUNE (Alnus glutinosa) ONTANO CORDATO (Alnus cordata) PERO SELVATICO (Pyrus pyraster) PINO LORICATO (Pinus leucodermis) (*) PIOPPO NERO (Populus nigra) QUERCIA CERRO (Quercus cerris) QUERCIA LECCIO, LECCIO (Quercus ilex) QUERCIA PUBESCENTE, ROVERELLA (Quercus pubescens) ROBINIA, ACACIA (Robinia pseudoacacia) SALICE COMUNE (Salix alba subsp. alba) SALICE COMUNE (Salix alba subsp.vitellina) SALICE ROSSO (Salix purpurea subsp. Lambertiana) SORBO COMUNE, SORBOLO (Sorbus domestica) SORBO TERMINALE, BACCARELLO (Sorbus torminalis) TASSO COMUNE (Taxus baccata) (**)

PIANTE ARBUSTIVE AGRIFOGLIO (Ilex aquifolium) (***) BIANCOSPINO COMUNE, AZARUOLO SELVATICO (Crateagus monogyna subsp. monogyna) BIANCOSPINO SELVATICO (Crateagus oxycantha) CARPINO ORIENTALE (Carpinus orientalis) CITISO A FOGLIE SESSILI (Cytisus sessilifolius) CITISO SCOPARIO, GINESTRA DEI CARBONAI (Cytisus scoparius) CITISO TRIFLORO (Cytisus villosus)

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Pervinca.

Foto D. Gioia

Fragola comune.

Foto D. Gioia

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CORNIOLO MASCHIO (Cornus mas) CORNIOLO SANGUINELLO (Cornus sanguinea) CRESPINO COMUNE (Berberis vulgaris) DAFNE LAURELLA, LAUREOLA, PEPE MONTANO (Daphne laureola) DAFNE SPATOLATA (Daphne oleoides) FUSARIA COMUNE (Euonymus europaeus) FUSARIA MAGGIORE (Euonymus latifolium) GINEPRO EMISFERICO (Juniperus hemisphaerica) GINESTRA COMUNE, GINESTRA ODOROSA (Spartium junceum) GINESTRA MINORE, GINESTRELLA (Genista tintoria) GINESTRONE (Ulex europaeus) LIGUSTRO, OLIVELLA (Ligustrum vulgare) MAGGIODONDOLO COMUNE, AVORNIELLO, CANTAMAGGIO (Laburnum anagyroides) NOCCIOLO COMUNE (Corylus avellana) PERO CORVINO (Amelanchier ovalis) PERO MANDORLINO (Pyrus amygdaliformis) PRUNO SELVATICO, PRUGNOLO (Prunus spinosa) RANNO ALPINO (Ramnus alpinus subsp. fallax) RANNO SPINELLO, LICIO ITALIANO, PRUNELLO (Rhamnus saxatilis subsp. infectorium) ROSA SELVATICA COMUNE (Rosa canina) ROSA VISCHIOSA (Rosa glutinosa) ROVO COMUNE (Rubus ulmifolius) ROVO GHIANDOLOSO (Rubus hirtus) ROVO IDEO, LAMPONE, FRAMBOS (Rubus idaeus) RUSCOLO PUNGITOPO (Ruscus aculeatus) SALICE CINEREO (Salix cinerea) SALICE DA CESTE (Salix tiandra) SALICE RIPAIOLO (Salix eleagnos subsp. eleagnos) SAMBUCO COMUNE, SAMBUCO NERO (Sambucus nigra) SORBO MONTANO, FARINACCIO (Sorbus aria)

PIANTE ERBACEE ACINO ALPINO (Acinos alpinus) ACINO ANNUALE (Acinos arvensis) ACONITO DI LAMARCK (Aconitum lamarckii) AGLIO A FIORI SOTTILI (Alium tenuiflorum) AGLIO DELLE VIGNE (Allium vineale) AGLIO GIALLO (Alium flavum) AGLIO GRAZIOSO (Alium cirrhosum) AGLIO ORSINO (Alium ursinum) AGRIMONIA COMUNE, EUPATORIA (Agrimonia eupatoria) AGRIMONIA DELLE FAGGETE (Aremonia agrimonoides) ALISSO ANNUO (Alyssum alyssoides) ALTEA ISPIDA (Althaea hirsuta) AMBRETTA ANNUALE (Knautia integrifolia) ANEMONE DELL’APPENNINO (Anemone apennina)

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AQUILEGIA COMUNE (Aquilegia vulgaris) ARABETTA COLLINARE (Arabis collina) ARABETTA MAGGIORE (Arabis turrita) ARABETTA PRIMAVERILE (Arabis verna) ARENARIA SERPILLIFOLIA (Arenaria serpyllifolia) ARISTOLOCHIA PALLIDA (Aristolochia pallida) ASPLENIO ADIANTO NERO (Asplenium adiantum-nigrum) ASPLENIO RUTA DI MURO (Asplenium ruta-muraria) ASPLENIO TRICOMANE (Asplenium trichomanes) ASPRAGGINE COMUNE, LATTAJOLA (Picris hieracioides) ASPRAGGINE VOLGARE, RASPRAGGINE (Picris echioides) ASSENZIO SELVATICO, AMARELLA (Artemisia vulgaris) ASTERISCO SPINOSO (Pallenis spinosa) ASTRAGALO DEPRESSO (Astragalus depressus) AUBREZIA DI COLONNA (Aubrieta columnae subsp. columnae) AVENA ABRUZZESE (Avenula praetutiana) AVENA ALTISSIMA (Arrhenatherum elatius subsp.eliatus) AVENA BARBATA (Avena barbata) BAMBAGIA COMUNE (Filago germanica) BAMBAGIA ROSSASTRA (Filago lutescens) BAMBAGIONE PUBESCENTE (Holcus lanatus) BARBA DI BECCO MINORE (Tragopogon crocifolius) BARBA DI CAPRA (Actaea spicata) BARDANA MINORE (Arctium minus) BARDANA SELVATICA (Arctium nemorosum) BASILISCO COMUNE (Cachrys ferulacea) BELLADONNA (Atropa belladonna) BETONICA COMUNE, ERBA BETONICA (Stachys officinalis subsp. serotina) BILLERI CELIDONIA (Cardamine chelidonia) BISCUTELLA MONTANINA (Biscutella levigata subsp. laevigata) BORRACINA BIANCA, E. PIGNOLA, PINOCCHIELLA (Sedum album subsp. album) BORRACINA BIANCA, E. PIGNOLA, PINOCCHIELLA (Sedum album subsp. micranthum) BORRACINA CEPEA, E. DELL’ASCENSIONE (Sedum cepaea) BORRACINA CINEREA, E. DELLA MADONNA (Sedum dasyphyllum) BORRACINA DELLA MAJELLA (Sedum magellense subsp.olympicum) BORRACINA GLAUCA (Sedum hispanicum) BORRACINA GUAINATA (Sedum tenuifolium) BORRACINA INSIPIDA, E. PIGNOLA (Sedum sexangulare) BORRACINA RUPESTRE (Sedum rupestre) BOTRICHIO LUNARIA (Botrychium lunaria) BUGLOSSA AZZURRA (Anchusa italica) BULBOCASTANO COMUNE (Bunium bulbocastanum) BULBOCASTANO GLOBOSO (Huetia cynapioides) BUPLEURO FALCATO (Bupleurum falcatum subsp.cernuum) BUPLEURO ODONTITE (Bupleurum baldense subsp.balbense) CAGLIO A FOGLIE ROTONDE (Galium rotundifolium) CAGLIO ASPRELLO, ATTACCAMANO, ATTACAVESTE (Galium aparine) CAGLIO DEBOLE (Galium debile)

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CAGLIO LUCIDO (Galium lucidum) CAGLIO MEDITERRANEO (Galium corrudifolium) CAGLIO ODOROSO, STELLINA ODOROSA (Galium odoratum) CAGLIO TIROLESE (Galium mollugo) CAGLIO ZOLFINO, ERBA ZOLFINA (Galium verum subsp.verum) CALCATREPPOLA AMETISTINA (Eryngium amethystinum) CALCATREPPOLA CAMPESTRE, BOCCA DI CIUCO (Eryngium campestre) CAMAREZZA COMUNE, VALERIANA ROSSA, SAVONINA (Centranthus ruber) CAMEDRIO COMUNE, CALAMANDREA, QUERCIOLA (Teucrium chamaedrys) CAMEDRIO MONTANO (Teucrium montanum) CAMEDRIO POLIO, POLIO, CANUTOLA (Tecrium polium subsp. capitatum) CAMEDRIO SICILIANO (Teucrium siculum) CAMOMILLA DI TRIONFETTI (Anthemis triumfetti) CAMOMILLA FETIDA (Anthemis cotula) CAMPANULA AGGLOMERATA (Campanula glomerata) CAMPANULA DELLE FAGGETE (Campanula trichocalycina) CAMPANULA GRAMINIFOLIA (Edraianthus graminifolius) CAMPANULA NAPOLETANA (Campanula fragilis) CAMPANULA SELVATICA (Campanula trachelium) CANAPA ACQUATICA (Eupatorium cannabinum) CANAPETTA VIOLACEA (Galeopsis ladanum) CANAPICCHIA COMUNE (Gnaphalium sylvaticum) CANNA DEL RENO (Arundo pliniana) CANNA DOMESTICA, C. GENTILE (Arundo donax) CANNELLA ARGENTEA (Achnatherum calamagrostis) CAPPELLINI COMUNI (Agrostis stolonifera) CAPRIFOGLIO COMUNE, ABBRACCIABOSCO, UVA DI S.GIOVANNI (Lonicera caprifolium) CAPRIFOGLIO ETRUSCO (Lonicera etrusca) CARDO ABRUZZESE (Carduus affinis subsp.affinis) CARDO ASININO (Cirsium vulgare subsp. sylvaticum) CARDO ASININO (Cirsium vulgare subsp.vulgare) CARDO CAMPESTRE, STOPPIONE, SCARDACCIONE (Cirsium arvense) CARDO CRETESE (Cirsium creticum subsp.triumfetti) CARDO DEL CARSO (Jurinea mollis) CARDO DI TENORE (Cirsium tenoreaum) CARDO ITALICO (Cirsium italicum) CARDO NIVEO (Cirsium niveum o Ptilostemon niveus) CARDO ROSSO (Carduus nutans subsp.nutans) CARDO SAETTONE (Carduus pycnocephalus) CARDO SPINO-BIANCO (Picnomon acarna) CARDO STRETTO (Ptilostemon strictus) CARDO-PALLOTOLA MERIDIONALE (Echinops siculus) CARDO-PALLOTTOLA MAGGIORE (Echinops sphaerocephalus) CARICE APPENNINICA (Carex macrolepis) CARICE ASCELLARE (Carex remota) CARICE DELLE SELVE (Carex sylvatica) CARICE DI KITAIBEL (Carex kitaibeliana) CARICE GLAUCA (Carex flacca subsp.serrulata)

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Zafferanastro giallo

Foto di B. Niola

CARICE PIÈ DI LEPRE (Carex leporina) CARICE PRIMATICCIA (Carex caryophyllea) CARICE SEPARATA (Carex divulsa) CARICE VILLOSA (Carex hirta) CARIOFILLATA COMUNE (Geum urbanum) CARLINA BIANCA (Carlina acaulis) CARLINA COMUNE (Carlina vulgaris) CARLINA RAGGIO D’ORO (Carlina corymbosa) CARLINA ZOLFINA (Carlina utzka) CAROTA SELVATICA (Daucus carota subsp.carota) CEDRACCA COMUNE (Ceterach officinarum) CEFALANTERA BIANCA (Cephalanthera damasonium) CEFALANTERA MAGGIORE (Cephalanthera longifolia) CENTAURO GIALLO (Blakstonia perfoliata subsp.perfoliata) CENTAURO MAGGIORE (Centaurium erythraea subsp. erytraea) CENTOCCHIO COMUNE, PAPERINA, BUDELLINA (Stellaria media) CENTOCCHIO DEI BOSCHI (Stellaria nemorum) CENTOGRANI ANNUO (Scleranthus annuus) CENTONCHIO DEI CAMPI, BELLICHINA, MORDIGALLINA (Anagallis arvensis) CERERE COMUNE, GRAMIGNA STELLATA (Aegilops geniculata subsp.geniculata) CERFOGLIO (Chaerophyllum temulum) CERFOGLIO SELVATICO (Chaerophyllum hirsutum subsp. magellense) CERFOGLIO SELVATICO (Chaerophyllum hirsutum subsp.hirsutum) CICERCHIA DEI PRATI, ERBA GALLETTA (Lathyrus pratensis) CICERCHIA DIGITATA (Lathyrus digitatus) CICERCHIA PELOSA (Lathyrus hirsutus)

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CICERCHIA PRIMATICCIA (Lathyrus vernus subsp.vernus) CICERCHIA SEMPLICE (Lathyrus nissolia) CICERCHIA SILVESTRE, CICERCHIONE (Lathyrus sylvestris) CICERCHIA VENETA (Lathyrus venetus) CICLAMINO NAPOLETANO, PAMPORCINO (Cyclamen hederifolium) CICORIA COMUNE, RADICCHIO (Cichorium intybus) CIMICIOTTA COMUNE, MARRUBIO SELVATICO (Ballota nigra subsp.velutina) CINQUEFOGLIA COMUNE, ERBA PECORINA (Potentilla reptans) CINQUEFOGLIA DI CALABRIA (Potentilla calabra) CINQUEFOGLIA FRAGOLA-SECCA (Potentilla micrantha) CINQUEFOGLIA IRTA (Potentilla hirta) CITISO PELOSO (Chamaecytisus hirtus) CLEMATIDE VITALBA, VIORNA (Clematis vitalba) CLINOPODIO DEI BOSCHI (Clinopodium vulgare) CODOLINA DI BERTOLONI (Phleum bertolonii) CODOLINA MERIDIONALE (Phleum ambiguum) CODOLINA SUBULATA (Phleum subulatum) CONSOLIDA FEMMINA (Symphytum tuberosum subsp.nodosum) CORNETTA CODA DI SCORPIONE, PIÈ DI CORVO (Coronilla scorpioides) COSTOLINA CRETESE (Hypochoeris cretensis) COSTOLINA GIUNCOLINA ((Hypochoeris radicata) COVETTA COMUNE (Cynosurus echinatus) COVETTA DEI PRATI (Cynosurus cristatus) CRESTA DI GALLO MINORE (Rhinanthus minor) CROCETTONA COMUNE, CRUCIATA (Cruciata laevipes) CRUCIANELLA SOTTILE (Crucianella angustifolia) CRUPINA MEDITERRANEA (Crupina crupinastrum) CUSCUTA EPITIMO, PITTIMO (Cuscuta epithymum) DENTARIA DI KITAIBEL (Cardamine Kitaibelii) DENTARIA MINORE (Cardamine bulbifera) DENTE DI LEONE CRESPO (Leontodon crispus) DENTE DI LEONE MERIDIONALE (Leontodon cichoraceus) DIGITALE APPENNINICA (Digitalis micrantha) DIGITALE BRUNA (Digitalis ferruginea) DORONICO DI COLONNA (Doronicum columnae) DORONICO ORIENTALE (Doronicum orientale) DRABA DI BERTOLONI (Draba aspera) EDERA (Hedera helix) ELIANTEMO CANDIDO (Helianthemum canum subsp.canum) ELIANTEMO CINEREO (Helianthemum cinereum) ELIANTEMO DEGLI APPENNINI (Helianthemum apenninum) ELIANTEMO MAGGIORE (Helianthemum nummularium subsp.grandiflorum) ELLEBORINE COMUNE (Epipactis helleborine) ELLEBORO DI BOCCONE ( Helleborus bocconei subsp.bocconei) ELLEBORO PUZZOLENTE (Helleborus foetidus) ENULA BACCHERINA (Inula conyza) ENULA CEPITTONI, CEPPICA, PRUCARA (Inula viscosa) EQUISETO MASSIMO (Equisetum telmateja)

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Un piccolo Pino loricato, al centro, cresce sulle pietraie della cava abbandonata dell’itinerario n. 2. Lo copre parzialmente un basso cespuglio di salice. Foto G. Braschi

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EQUISETO PALUSTRE (Equisetum palustre) ERBA CORNACCHIA COMUNE (Sisymbrium officinale) ERBA DI S. BARBARA BRATTEATA (Barbarea bracteosa) ERBA DI SAN GIOVANNI ALATA (Hypericum tetrapterum) ERBA DI SAN GIOVANNI CAPRINA, RUTA CAPRINA (Hypericum hircinum) ERBA DI SAN GIOVANNI COMUNE (Hypericum perforatum subsp. angustifolium) ERBA DI SAN GIOVANNI COMUNE (Hypericum perforatum subsp. perforatum ) ERBA DI SAN GIOVANNI IRSUTA (Hypericum hirsutum) ERBA FRAGOLINA (Sanicula europea) ERBA LIMONA BIANCA (Melittis albida) ERBA LIMONE COMUNE (Melittis melissophyllum) ERBA LUCCIOLA DI SIEBER (Luzula sieberi subsp.sicula) ERBA LUCCIOLA MEDITERRANEA (Luzula forsteri) ERBA LUCCIOLA MULTIFLORA (Luzula multiflora) ERBA MAZZOLINA COMUNE (Dactylis glomerata) ERBA MEDICA DISCIFORME (Medicago disciformis) ERBA MEDICA LUPULINA (Medicago lupulina) ERBA MEDICA MINIMA (Medicago minima) ERBA MEDICA RIGIDETTA (Medicago rigidula) ERBA MEDICA, ERBA SPAGNA, MEDICA (Medicago sativa subsp. sativa) ERBA MEDICA, ERBA SPAGNA, MEDICA (Medicago sativa subsp.falcata) ERBA PERLA AZZURRA (Buglossoides purpureocaerulea) ERBA TRINITÀ (Hepatica nobilis) ERBA-VAJOLA APPENNINICA (Cerinthe auriculata) ERBA-STORNA CARNICINA (Aethionema saxatile) ERNIARIA GLABRA (Herniaria glabra) EUFORBIA CALENZUOLA ERBA VERDONA (Euphorbia helioscopia) EUFORBIA CORALLINA (Euphorbia coralloides) EUFORBIA DELLE FAGGETE (Euphorbia amygdaloides subsp.amygdaloides) EUFORBIA MIRSINITE (Euphorbia myrsinites) EUFORBIA ROGNOSA (Euphorbia platyphyllos) EUFRASIA STRETTA (Euphrasia stricta) FALSA-ORTICA FLESSUOSA (Lamium flexuosum var. flexuosum) FALSA-ORTICA MACCHIATA, MILZADELLA (Lamium maculatum) FALSA–ORTICA MERIDIONALE (Lamium garganicum subsp. garanicum) FALSA-ORTICA PURPUREA (Lamium purpureum) FARINELLO BUON-ENRICO, FARINELLO TUTTA-BUONA (Chenopodium bonus-henricus) FARINELLO PUZZOLENTE, BRINAIOLA (Chenopodium vulvaria) FAVAGELLO (Ranunculus ficaria) FELCE ACULEATA (Polysticum aculeatum) FELCE AQUILINA (Pteridium aquilinum) FELCE MASCHIO (Dryopteris filix-mas) FELCE SETIFERA (Polysticum setiferum) FELCETTA FRAGILE (Cystopteris fragilis) FESTUCA DEI BOSCHI (Festuca heterophylla) FESTUCA DEI QUERCETI (Festuca drymeia) FESTUCA DI BOSNIA (Festuca bosniaca) FESTUCA DI CALABRIA (Festuca calabrica)

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FESTUCA FALASCONA (Festuca arundinacea) FESTUCA MEDITERRANEA (Festuca circummediterranea) FESTUCA ROSSA, FUSAIOLA (Festuca rubra) FIENAROLA BULBOSA (Poa bulbosa) FIENAROLA COMPRESSA (Poa compressa) FIENAROLA DEI PRATI (Poa pratensis) FIENAROLA DELLE ALPI (Poa alpina) FIENAROLA DELLE MALGHE (Poa supina) FIENAROLA MONILIFORME (Poa sylvicola) FINOCCHIELLA ABROTANINA (Seseli montanum) FINOCCHIO ACQUATICO COMUNE (Oenanthe pimpinelloides) FINOCCHIO COMUNE (Foeniculum vulgare subsp.vulgare) FIORDALISO CICALINO (Centaurea deusta subsp.deusta) FIORDALISO DI TRIONFETTI (Centaurea triumfetti) FIORDALISO GIALLO, SPINO GIALLO (Centaurea solstitialis subsp.sostitialis) FIORDALISO STELLATO, CALCATREPPOLA, CALCETREPPOLA (Centaurea calcitrapa) FIORDALISO STOPPIONE, ERBA AMARA (Centaurea jacea) FIORDALISO VERO (Centaurea cyanus) FORASACCHINO (Gaudinia fragilis) FORASACCO DEI MURI (Bromus madritensis) FORASACCO DI BENEKEN (Bromus benekenii) FORASACCO ERETTO (Bromus erectus) FORASACCO INTERMEDIO (Bromus intermedius) FORASACCO MAGGIORE (Bromus ramosus) FORASACCO MASSIMO, SQUALA (Bromus rigidus subsp.rigidus) FORASACCO PELOSO (Bromus hordeaceus) FORASACCO PENDOLINO (Bromus squarrosus) FORASACCO ROSSO (Bromus sterilis) FRAGOLA COMUNE (Fragaria vesca) FUMARIA COMUNE, FUMOSTERNO, FECCIA (Fumaria officinalis subsp. officinalis) GALLINELLA COMUNE, GALLINETTA, LATTUGHETTA (Valerianella locusta) GAROFANINA ANNUALE (Petrorhagia prolifera) GAROFANINA SPACCASASSI (Petrorhagia saxifraga) GAROFANINA VELLUTATA (Petrorhagia velutina) GAROFANINO D’ACQUA, VIOLE DI PALUDE (Epilobium hirsutum) GAROFANINO DI MONTAGNA (Epilobium montanum) GAROFANINO LANCEOLATO (Epilobium lanceolatum) GAROFANINO MINORE (Epilobium parviflorum) GAROFANO A MAZZETTI (Dianthus armeria) GAROFANO DEL VULTURE (Dianthus vulturius) GAROFANO SELVATICO (Dianthus sylvestris) GERANIO COLOMBINO (Geranium columbinum) GERANIO DEI PIRENEI (Geranium pyrenaicum) GERANIO DI SAN ROBERTO (Geranium robertianum) GERANIO MALVACCINO (Geranium rotundifolium) GERANIO STRIATO (Geranium versicolor) GIACINTO DAL PENNACCHIO, CIPOLLACCIO, LAMPAGIONE (Leopoldia comosa) GIGARO CHIARO, GIARO, ERBA BISCIA (Arum italicum)

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GIGARO SCURO (Arum maculatum) GIGLIO ROSSO, GIGLIO DI S.GIOVANNI (Lilium bulbiferum subsp.croceum) GINESTRINO (Lotus tenuis) GINESTRINO COMUNE (Lotus corniculatus) GIUNCHETTO MERIDIONALE (Holoschoenus australis) GIUNCHETTO MINORE (Holoschoenus romanus) GIUNCHINA COMUNE (Eleocharis palustris) GIUNCO COMUNE (Juncus effusus subsp.effusus) GIUNCO CONTRATTO (Juncus conglomeratus) GIUNCO NODOSO (Juncus articulatus) GIUNCO SUBNODOSO (Juncus subnodulosus) GIUNCO TENACE (Juncus inflexus) GLASTO COMUNE, GUADO (Isatis tinctoria) GRAMIGNA DEI BOSCHI (Agropyron caninum) GRAMIGNONE MINORE (Glyceria plicata) GRANO VILLOSO (Dasypyrum villosum) GRATTALINGUA COMUNE, CACCIALEPRE, LATTICINO (Reichardia picroides) GRESPINO COMUNE (Sonchus oleraceus) GRESPINO SPINOSO (Sonchus asper subsp.asper) INCENSARIA COMUNE, MENTA SELVATICA, MENTASTRO (Pulicaria dysenterica) IPOPITIDE (Monotropa hypopitys) ISSOPO (Hyssopus officinalis subsp.aristatus) ISSOPO MARITTIMO (Micromeria fruticulosa) ISSOPO MERIDIONALE (Micromeria graeca subsp.tenuifolia) ISSOPO MONTANO, SANTOREGGIA DEL M.S. GIULIANO (Micromeria juliana) IVA ARTRITICA (Ajuga chamaepitys) KÜMMEL RUPESTRE (Carum heldreichii) LAPPOLA MINORE (Orlaya kochii) LAPPOLINA CANARIA, SECCIA, ZECCA (Torilis arvensis subsp.purpurea) LASERPIZIO DEL MERIDIONE (Laserpitium garganicum subsp.garganicum) LASSANA, GRESPIGNOLO (Lapsana communis) LATTE DI GALLINA A FOGLIE LARGHE (Ornithogalum montanum) LATTE DI GALLINA COMUNE, CIPOLLINE BIANCO (Ornithogalum umbellatum) LATTUGA ALATA (Lactuca viminea subsp.viminea) LATTUGA DEI BOSCHI (Mycelis muralis) LINAIOLA DIVARICATA (Thesium divaricatum) LINAJOLA (Linaria purpurea) LINAJOLA COMUNE (Chaenorhinum minus subsp.inus) LINGUA DI CANE A FIORI VARIEGATI (Cynoglossum creticum) LINGUA DI CANE APPENNINICA (Solenanthus apenninus) LINGUA DI CANE MONTANA (Cynoglossum montanum) LINO CELESTE (Linum alpinum) LINO MONTANO (Linum tenuifolium) LINO SELVATICO (Linum bienne) LINO SPINATO (Linum trigynum) LOGLIARELLO RUDERALE (Catapodium rigidum) LOGLIO COMUNE (Lolium perenne) LOGLIO RIGIDO (Lolium rigidum)

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MALVA ALCEA (Malva alcea) MALVA MOSCATA (Malva moschata) MALVA SELVATICA (Malva sylvestris) MALVONE DI TURINGIA (Lavatera thuringiaca subsp. ambigua) MARGHERITA DEL POLLINO (Leucanthemum laciniatum) MARGHERITA TETRAPLOIDE (Leucanthemum vulgare var.vulgare) MAZZA D’ORO BOSCHIVA (Lysimachia nemorum) MELICA BARBATA (Melica ciliata) MELICA COMUNE (Melica uniflora) MELILOTO COMUNE (Melilotus officinalis) MELILOTO NAPOLETANO (Melilotus neapolitana) MELISSA SELVATICA (Melissa romana) MENTHA A FOGLIE ROTONDE (Mentha suaveolens) MENTHA D’ACQUA (Mentha acquatica subsp.acquatica) MENTHA POLEGGIO (Mentha pulegium) MENTUCCIA COMUNE, NEPETELLA, POLEGGIO SELVATICO (Calamintha nepeta subsp.nepeta) MENTUCCIA COMUNE, NEPITELLA, POLEGGIO SELVATICO (Calamintha nepeta subsp.glandulosa) MENTUCCIA MONTANA (Calamintha grandiflora) MERCORELLA BASTARDA (Mercurialis perennis) MIGLIARINO MAGGIORE (Deschampsia caespitosa) MIGLIO SELVATICO (Milium effusum) MILLEFOGLIO DELLA BASILICATA (Achillea lucana) MILLEFOGLIO LIGURE, CAMOMILLA SELVATICA (Achillea ligustica) MILLEFOGLIO MONTANO (Achillea millefolium) MINUARTIA PRIMAVERILE (Minuartia verna subsp. attica) MINUARTIA PRIMAVERILE (Minuartia verna subsp. collina) MOEHRINGIA A TRE NERVI (Moehringia trinervia) MOEHRINGIA MUSCOSA (Moehringia muscosa) MOSCATELLA (Adoxa moschatellina) NEBBIA MAGGIORE, PABBIO (Aira caryophyllea subsp.caryophyllea) NIDO D’UCCELLO (Neottia nidus-avis) NONTISCORDARDIMÈ DEI BOSCHI (Myosotis sylvatica subsp. elongata) NONTISCORDARDIMÈ DELL’APPENNINO (Myosotis ambigens) OMBRELLINI MAGGIORI (Tordylium maximum) ONONIDE PICCINA (Ononis pusilla) ONONIDE SPINOSA, BONAGA (Ononis spinosa subsp. spinosa) ONOPORDO MAGGIORE (Onopordon illyricum ORCHIDE (Anacampitis pyramidalis) ORCHIDE MACCHIATA, CONCORDIA, ERBA D’ADAMO (Orchis maculata) ORTICA COMUNE (Urtica dioica) ORTICA MORA (Lamiastrum galeobdolon subsp.montanum) ORZO DEI BOSCHI (Hordelymus europaeus) ORZO SELVATICO, ERBA SPIGA (Hordeum murimum) PALÉO COMUNE (Brachypodium pinnatum) PALÉO MERIDIONALE (Koeleria splendens) PALEO ODOROSO (Anthoxanthum odoratum) PALÉO SILVESTRE (Brachypodium sylvaticum ) PALÉO SOTTILE (Vulpia myuros)

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L’erosione ha scoperto le radici di un faggio, trasformandole in una inquietante scultura naturale. Lungo il tratto iniziale dell’itinerario n.2. Foto G. Braschi

PALÉO STEPPICO (Koeleria macrantha) PAPAVERO COMUNE,ROSOLACCIO (Papaver rhoeas) PARONICHIA DELLA KAPELA (Paronychia Kapela subsp.kapela) PASTINACA COMUNE (Pastinaca sativa subsp.urens) PEDICOLARE CHIOMOSA (Pedicularis comosa) PERLINA MINORE (Bellardia trixago) PERPETUINI D’ITALIA (Helichrysum italicum subsp.italicum) PERPETUINI MEZZANI (Xeranthemum inapertum) PERVINCA MAGGIORE (Vinca major) PERVINCA MINORE (Vinca minor) PEVERINA A PETALI BREVI (Cerastium brachypetalum) PEVERINA TOMENTOSA (Cerastium tomentosum) PIANTAGGINE ARGENTATA (Plantago argentea) PIANTAGGINE DELLE ARGILLE (Plantago maritima) PIANTAGGINE LANCIUOLA, P.MINORE, LINGUA DI CANE (Plantago lanceolata var.spaerostachya) PIANTAGGINE MAGGIORE,CINQUENERVIA (Plantago major subsp.intermedia) PIANTAGGINE PIEDE DI LEPRE (Plantago lagopus) PIROLETTA PENDULA (Orthilia secunda) POLIGONO CONVOLVOLO (Fallopia convolvulus) POLMONARIA DELLA VALLARSA (Pulmonaria vallarsae) PRATOLINA AUTUNNALE (Bellis sylvestris) PRATOLINA COMUNE, MARGHERITINA, PRIMAVERA (Bellis perennis) PRIMULA COMUNE (Primula vulgaris) PRUNELLA COMUNE, BRUNELLA, MORELLA (Prunella vulgaris) PUTORIA DELLE ROCCE (Putoria calabrica) RADICCHIELLA COTONOSA (Crepis setosa)

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Croco vernus alla sella tra la vetta del Monte Alpi e quella del Santa Croce.

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Foto G. Braschi


RADICCHIELLA DI TERRASANTA (Crepis sancta) RADICCHIELLA ITALICA (Crepis leontodontoides ) RADICCHIELLA LAZIALE (Crepis lacera) RADICCHIELLA MINORE (Crepis neglecta) RADICCHIELLA ROSEA (Crepis rubra) RADICCHIO OMBRELLATO (Tolpis umbellata) RADICCHIO TUBULOSO (Hedypnois cretica) RADICCHIO VIRGATO (Tolpis virgata subsp.grandiflora) RANUNCOLO DEI BOSCHI (Ranunculus nemorosus) RANUNCOLO DI CALABRIA (Ranunculus brutius) RANUNCOLO DI MONTPELLIER (Ranunculus monspeliacus) RANUNCOLO LANUTO (Ranunculus lanuginosus) RANUNCOLO MILLEFOGLIO (Ranunculus millefoliatus) RANUNCOLO STRISCIANTE, CRESCIONE SELVATICO (Ranunculus repens) RESEDA COMUNE (Reseda lutea) ROBBIA SELVATICA (Rubia peregrina) ROMICE ACETOSA, ERBA BRUSCA (Rumex acetosa) ROMICE CAVOLACCIO (Rumex pulcher) ROMICE CONGLOMERATO (Rumex conglomeratus) ROMICE SANGUINEO (Rumex sanguineus) ROMICE SCUDATO (Rumex scutatus) SAGINA SUBULATA (Sagina subulata) SALVASTRELLA MINORE, BIBINELLA (Sanguisorba minor subsp.minor var.garganica) SALVIONE ROSEO (Phlomis herba-venti) SAMBUCO LEBBIO, EBBIO, SAMBUCHELLA (Sambucus ebulus) SANTOREGGIA MONTANA (Satureja montana subsp.montana) SAPONARIA CALABRESE (Saponaria calabrica) SAPONARIA COMUNE (Saponaria officinalis) SASSIFRAGA A FOGLIA ROTONDA, ERBA STELLA (Saxifraga rotundifolia) SASSIFRAGA ALPINA (Saxifraga paniculata subsp. stabiana) SASSIFRAGA ASCENDENTE (Saxifraga adscendens subsp. parnassica) SASSIFRAGA BULBIFERA (Saxifraga bulbifera) SASSIFRAGA DEL TAIGETTO (Saxifraga taygetea) SASSIFRAGA GRANULOSA (Saxifraga granulata) SASSIFRAGA MERIDIONALE (Saxifraga lingulata subsp. australis) SASSIFRAGA POROSA (Saxifraga porophylla) SASSIFRAGIA DI DALECHAMPS (Trinia dalechampii) SCARDACCIONE SELVATICO, CARDO (Dipsacus fullonum) SCILLA SILVESTRE (Scilla bifolia) SCROFULARIA ALATA (Scrophularia umbrosa ) SCROFULARIA COMUNE, RUTA CANINA (Scrophularia canina) SCROFULARIA DI HOPPE (Scrophularia jurantesis) SCROFULARIA DI SCOPOLI (Scrophularia scopolii) SCUTELLARIA DI COLONNA (Scutellaria columnae subsp.columnae) SEDANINA D’ACQUA (Berula erecta) SEMPREVIVO MAGGIORE (Sempervivum tectorum) SENECIONE DEI FOSSI (Senecio erraticus) SENECIONE DI TENORE (Senecio tenorei)

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I brulli e pietrosi pascoli d’altitudine, lungo la cresa che conduce al Monte Santa Croce.

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Foto G. Braschi


SENECIONE MONTANINO (Senecio rupestris) SENECIONE SILVANO (Senecio nemorensis) SESLERIA DEI MACERETI (Sesleria nitida) SESLERIA TENUIFOLIA (Sesleria tenuifolia) SFERRACAVALLO COMUNE (Hippocrepis comosa) SFERRACAVALLO GLAUCO (Hippocrepis glauca) SILENE A FIORI VERDASTRI (Silene viridiflora) SILENE DEL PARNASO (Silene parnassica) SILENE ITALIANA (Silene italica) SILENE RIGONFIA, BUBBOLINI, STRIGOLI (Silene vulgaris subsp.vulgaris) SPARVIERE PELOSETTO, PELOSELLA (Hieracium pilosella) SPARVIERE TIRRENICO (Hieracium pseudopilosella) SPERONELLA CONSOLIDA, ERBA CORNETTA (Consolida regalis) SPERONELLA LACERATA (Delphinium fissum) SPERONELLA PUBESCENTE (Consolida pubescens) SPILLONE BIANCASTRO (Armeria canescens subsp.canescens) STELLINA A TUBO ALLUNGATO (Asperula aristata) STELLINA CALABRESE (Asperula calabra) STREGONA CON FOGLIE DI SALVIA (Strachys salviifolia) STREGONA DEI BOSCHI, MATRICALE (Strachys sylvatica) STREGONA GERMANICA (Strachys germanica) STREGONA GIALLA (Strachys recta subsp.recta) STREGONA GIALLA (Strachys recta subsp.labiosa) STREGONIA COMUNE (Sideritis romana) STREGONIA SICILIANA (Sideritis syriaca) TAGLIAMANI, SARACCHI (Ampelodesmos mauritanicus) TAMARO, CERASIOLA, UVA TAMINA (Tamus communis) TIMO BRATTEATO (Thymus striatus) TIMO CON FASCETTI (Thymus longicaulis) TIMO GONIOTRICO (Thymus pulegioides) TOCCAMANO (Sherardia arvensis) TOSSILAGGINE COMUNE, FARFUGLIO, PAPARACCHIO (Tussilago farfara) TRAGOSELINO GIALLO (Pimpinella lutea) TRAGOSELINO MERIDIONALE (Pimpinella anisoides) TRAGOSELINO RUPESTRE (Pimpinella tragium spp. lithophila) TRIFOGLINO LEGNOSO (Dorycnium pentaphyllum subsp. herbaceum) TRIFOGLIO A FIORE BIANCO (Trifolium leucanthum) TRIFOGLIO ANGUSTIFOGLIO (Trifolium angustifolium subsp. angustifolium) TRIFOGLIO ANNERENTE (Trifolium nigrescens) TRIFOGLIO BIANCO-GIALLO (Trifolium ochroleucum) TRIFOGLIO CALABRESE (Trifolium brutium) TRIFOGLIO CAMPESTRE (Trifolium campestre) TRIFOGLIO CODOLINO (Trifolium phleoides) TRIFOGLIO INCARNATO (Trifolium incarnatum subsp. molinerii) TRIFOGLIO LADINO, TRIFOGLIO BIANCO (Trifolium repens subsp. repens) TRIFOGLIO MEDIO (Trifolium medium) TRIFOGLIO PRATENSE (Trifolium pratense) TRIFOGLIO SCABRO (Trifolium scabrum subsp.scabrum)

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TRIFOGLIO STELLATO (Trifolium stellatum) VALERIANA TUBEROSA (Valeriana tuberosa) VECCIA ASSOTTIGLIATA (Vicia pseudocracca) VECCIA ASTRAGALINA (Vicia onobrychioides) VECCIA DENTELLATA (Vicia bithynica) VECCIA DOLCE (Vicia sativa subsp. angustifolia) VECCIA FARFALLONA (Vicia grandiflora) VEDOVINA CRENATA (Scabiosa crenata) VEDOVINA DELLE SPIAGGE (Scabiosa argentea) VEDOVINA SELVATICA (Scabiosa columbaria) VENTAGLINA (Alchemilla nitida) VERBASCO A CANDELABRO (Verbascum pulverulentum) VERBASCO NIVEO (Verbascum niveum subsp.niveum) VERBASCO TASSO-BARBASSO (Verbascum thapsus subsp.thapsus) VERBENA COMUNE (Verbena officinalis) VERONICA A FOGLIE DI SERPILLO (Veronica serpyllifolia) VERONICA BECCABUNGA, ERBA GRASSA (Veronica beccabunga) VERONICA COMUNE (Veronica chamaedrys) VERONICA CON FOGLIE TRILOBATE (Veronica triloba) VERONICA DI ORSINI (Veronica orsiniana) VERONICA MEDICINALE, THE SVIZZERO (Veronica officinalis) VERONICA MONTANA (Veronica montana) VILUCCHIO COMUNE (Convolvulus arvensis) VILUCCHIO ELEGANTISSIMO (Convolvulus elegantissimus) VILUCCHIO MAGGIORE (Calystegia sylvatica) VINCETOSSICO COMUNE, ASCLEPIADE (Vincetoxicum hirundinaria subsp. hirundinaria) VIOLA DELL’ETNA (Viola aethnensis subsp. splendida) VIOLA MAMMOLA (Viola odorata) VIOLA SILVESTRE (Viola reichenbachiana) VIOLACIOCCA ANTONIANA, ESPERIDE (Hesperis matronalis subsp.matronalis) VIOLACIOCCA DELLA MAJELLA (Erysimum majellense) VIOLACIOCCA MERIDIONALE (Erysimum crassistylum) VIPERINA AZZURRA (Echium vulgare) VIPERINA MAGGIORE (Echium italicum) VISCHIO COMUNE (Viscum album subsp. abietis) VISCHIO COMUNE (Viscum album subsp. album) VISCHIO QUERCINO (Loranthus europaeus) VULNERARIA COMUNE (Anthyllis vulneraria subsp. matura) VULNERARIA COMUNE (Anthyllis vulneraria subsp. praepropera) ZAFFERANO MAGGIORE (Crocus napolitanus) ZAFFERANONE SELVATICO (Carthamus lanatus subsp.lanatus)

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Breve descrizione degli alberi e degli arbusti ALBERI ABETE BIANCO Fam. Pinaceae

(Abies alba)

Conifera diffusa in tutto il comprensorio del Parco del Pollino, ma si trova localizzata nella fascia montana dove si associa al faggio. E’ un albero sempreverde longevo, che può raggiungere i 600 anni d’età, alto fino a 45 m (talvolta raggiunge i 75 m), con fusto colonnare che arriva ad un diametro di 2.5 m e chioma conica. I rami sono orizzontali e mai penduli. La chioma è piramidale in esemplari giovani, in esemplari adulti, per l’arresto della crescita apicale, si forma un appiattimento (definito “nido di cicogna”). La corteccia ha un colore grigio chiaro, e si stacca in sottili placche. Le foglie sono costituite da aghi appiattiti (ensiformi), rigidi, inseriti singolarmente a spirale, lunghi circa 1,5-3 cm e larghi 1,5-2 mm, con la punta arrotondata. La pagina superiore (verde) è lucida, mentre quella inferiore presenta due strisce stomatifere biancastre con 6-8 file di stomi e canali resiniferi marginali. Sono disposti ai lati dei rami a spirali ma con torsione della parte basale così da sembrare in due file. I fiori sono riuniti in coni maschili e femminili, compaiono in primavera. Gli strobili, comunemente chiamati “pigne”, sono quasi cilindrici, eretti, lunghi 10-18 cm e larghi 3-5 cm, rosso-bruni a maturità. A settembre-ottobre gli strobili si sfaldano, le squame cadono lasciando il rachide nudo sul ramo (caratteristica del genere Abies). La fruttificazione è di solito piuttosto tardiva (dopo i 30 anni), soprattutto per le piante in bosco.

ACERO DI MONTE, ACERO BIANCO (Acer pseudoplatanus) Fam. Aceraceae E’ un grande albero (30-40 m di altezza) caducifoglie, il più longevo tra gli aceri (2-300 anni) con tronco diritto e chioma ampia e densa. La foglia dell’Acero di monte si differenzia da quella dell’Acero riccio per la lamina fogliare con incisioni tra i lobi più profonde e per il picciolo molto lungo (5-15 cm). I fiori sono in grappoli pendenti e compaiono da aprile a giugno. I frutti sono samare doppie con ali lunghe 3-6 cm, riunite in grappoli. Il nome specifico allude alla somiglianza della foglia con quella del platano.

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ACERO OPPIO, LOPPIO (Acer campestre) Fam. Aceraceae Piccolo albero, raramente supera i 15 m di altezza, con tronco spesso contorto e chioma rotondeggiante, non molto densa, a crescita assai lenta e longevità sui 120 anni. La corteccia del tronco, di colore bruno giallastra, risulta screpolata in creste rettangolari e aderenti. I rametti sono fini, bruni e finemente pubescenti. Le gemme sono piccole, rossastre, appressate al ramo. Le foglie, piccole, a 5 lobi ottusi, con lobo mediano a sua volta 3-lobulato, leggermente pubescenti di sotto e con picciolo lungo 2-5 cm. I fiori, riuniti in grappolo, si sviluppano contemporaneamente alla foglie. I frutti sono samare, formate da due pezzi appaiati e presentano delle alette che sono causa del caratteristico andamento a spirale durante la caduta. Il nome acero campestre gli deriva per essere stato molto usato come tutore della vite in quanto sopporta bene la potatura e la defogliazione.

CARPINO NERO (Ostrya carpinifolia) Fam. Corylaceae Albero alto fino a 15-20 m., il tronco è diritto e regolare, la corteccia liscia e rossastra, ornata da lenticelle biancastre trasversali da giovane, rosso-nerastra a maturità. La chioma ha forma conico-allungata, non molto espansa. Le foglie sono semplici, caduche, ovali-acuminate, alterne, doppiamente seghettate ai margini, lucide di sopra, un pò pelose agli angoli delle nervature nella pagina inferiore. Fiori in amenti: i maschili visibili fin da Settembre, cilindrici, lunghi 5-8 cm, a maturità penduli, con fioritura piuttosto precoce; i femminili comparenti insieme alle foglie, più brevi e più tozzi (3-5 cm), terminali, dapprima eretti e poi penduli. Il frutto è un achenio (4-5 mm.), liscio, protetto da brattee erbacee, pelose, saldate ai margini, di color bianchiccio a maturità.

CASTAGNO (Castanea sativa) Fam. Fagaceae

È un albero longevo, alto in media dai 15 ai 20 metri, capace però di raggiungere notevoli dimensioni anche di 30-35 m e 6-8 m di circonferenza. Il fusto eretto e robusto, per lo più tozzo, si ramifica presto a costituire una cima vigorosa, ampia ed espansa, la cui impalcatura consta di pochi rami potenti, sinuosi, erettoespansi, talvolta quasi orizzontali. Il fusto ed i rami presentano, nei primi anni una corteccia liscia, brillante, di colore bruno-ros-

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sastro, che col tempo diviene grigio olivaceo, munita di lenticelle trasversali allungate. Le foglie sono caduche e disposte alternatamente, la forma è ellittico-lanceolata, sono dentate ai bordi, con apice acuminato e base leggermente cuneata, misurano da 8 a 20 cm in lunghezza e da 3 a 6 cm in larghezza. La loro consistenza è piuttosto tenace, quasi coriacea. Il castagno, ha infiorescenze (amenti) formati da fiori unisessuali, monoici e poligami, portati sulla vegetazione dell’anno che, quindi, si evolvono solo a foliazione completa; i fiori maschili sono portati in infiorescenze lunghe da 10 a 20 cm; i fiori femminili, meno numerosi, solitari o aggregati in numero di 2-3 fino a 7, sono protetti da un involucro verde, squamoso, destinato a costituire la cupola, comunemente detta riccio, dapprima verde, quindi giallo-marrone a maturità. Il frutto, commestibile, noto come castagna è incluso in un riccio spinoso, botanicamente è un achenio. I frutti laterali sono emisferici mentre quello centrale è appiattito; ciò è dovuto oltre a cause genetiche anche alla posizione all’interno del riccio. Spesso sono presenti castagne “vuote” a causa di cattiva impollinazione. Il castagno è presente nelle regioni montuose temperate ed è coltivato fra i 300 e i 1000-1200 m s.l.m, a seconda della latitudine della zona di impianto.

FAGGIO (Fagus selvatica) Fam. Fagaceae Questa specie domina la fascia montana dell’intero Appennino. Si tratta di una caducifolia monoica, raggiunge i 30-35 metri di altezza con diametro superiore a 150 cm e longevità fino a 300 anni. Fusto cilindrico, diritto, con chioma dapprima conica, poi ampia, ovale, leggermente appuntita, densa. Rametti di color verde oliva scuro. La corteccia è grigia, liscia e sottile, spesso con macchie biancastre dovute alla presenza di licheni. Le foglie alterne, ovali o ellittiche brevemente picciolate, di colore verde lucente nella pagina superiore, più chiare e con ciuffi di peli rossastri agli angoli delle nervature nella pagina inferiore. I fiori maschili in un amenti corti, tondeggianti, pendenti, di colore giallo, i femminili verdastri all’estremità dei nuovi getti; fiorisce in Aprile-Maggio. Il frutto è costituito da faggiole, racchiuse da 2 a 3 in una cupola legnosa ricoperta da aculei non pungenti che a maturità si apre in quattro valve mettendo in libertà le faggiole. Il legno di colore lievemente rosato, viene adoperato per la fabbricazione di mobili, arredamenti e oggetti di uso domestico, per la sua facile lavorabilità e per il suo piacevole aspetto.

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FICO COMUNE (Ficus carica) Fam. Moraceae E’ un albero dal tronco corto e ramoso che può raggiungere altezze di 4-8 m. La corteccia è liscia e di colore grigio-cenerino; i rami sono ricchi di midollo con gemme terminali acuminate coperte da due squame brunastre. Le foglie sono grandi, scabre, oblunghe, a 3-5 lobi e grossolanamente dentate, di colore verde scuro sulla parte superiore, più chiare e ricoperte da una lieve peluria su quella inferiore. Quello che comunemente viene ritenuto il frutto è in realtà una grossa infiorescenza carnosa, piriforme, ricca di zuccheri, di colore variabile dal verde al nero-violaceo (siconio), all’interno della quale sono racchiusi i fiori, piccolissimi; una piccola apertura apicale, detta ostiolo, consente l’entrata degli imenotteri pronubi; i veri frutti, che si sviluppano all’interno dell’infiorescenza, sono dei piccoli acheni.

FRASSINO

DI MANNA,

ORNIELLO, AVORNIELLO

(Fraxinus ornus) Fam. Oleaceae Piccolo albero alto fino a 10 m, raramente fino a 20 m; fusto per lo più diritto e chioma ampia e arrotondata. La corteccia è liscia e grigia fino ad età avanzata. I rametti glabri di color grigio o grigio-giallastri. Le foglie sono composte da 5-9 foglioline, ovato lanceolate, irregolarmente dentato- seghettate ai margini. I fiori in pannocchie dense, odorose, terminali, color crema, comparenti dopo la fogliazione in primavera avanzata. Il frutto una samara, lineare o oblunga, a sezione tondeggiante, di color bruno-rossastro.

NOCE

COMUNE Fam. Juglandaceae

(Juglans regia)

Albero alto fino a 20 m, vigoroso, con portamento possente e ramificazioni solide, corteccia di color grigio-cinerognolo che si screpola con l’invecchiamento. Foglie, piuttosto grandi, imparipennate e composte da 7-9 foglioline. In primavera compaiono i fiori: di colore verdastro e riuniti in amenti pendenti quelli maschili, raggruppati in 2-5 alle estremità dei rami quelli femminili. Il frutto è una drupa ovoidale, la noce, ricoperta di un mallo polposo verde all’inizio, scuro e oleoso in maturazione. Tipico delle zone montane, il noce viene frequentemente coltivato sia in ambiente alpino che appenninico, dai 500 ai 1000 m di quota.

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OLMO COMUNE (Ulmus minor) Fam. Ulmaceae Albero alto fino a 30 m, con una chioma alta e stretta e a cupola con rami che si dipartono quasi verticali dal tronco e trminano in lunghi rametti pendenti. La corteccia è grigio-bruna, con lunghe e profonde spaccature verticali. Le foglie sono ovali, lunghe 6-8 cm, con estremità appuntita, base obliqua e margini dentati, sono verde-brillante superiormente e diventano gialle in autunno. I fiori sono riuniti a gruppi, di colore rosso, la fioritura a fine inverno prima della fogliazione. I frutti sono samare riunite in gruppi e maturano a luglio-agosto.

ONTANO COMUNE (Alnus glutinosa) Fam. Betulaceae L’Ontano comune ha un areale che comprende quasi tutta l’Europa e vive spontaneo dal piano basale a quello montano dove si spinge fino a 1200 m di altitudine. E’ costituente principale della vegetazione fluviale su terreni argillosi, sabbiosi, poveri, che colonizza anche grazie alla presenza frequente sulle radici di tubercoli radicali, che ospitano batteri fissatori dell’azoto atmosferico. Vegeta inoltre in ambienti periodicamente inondati o paludosi, formando boschetti puri o misti con pioppi, salici e altre piante igrofile, comportandosi come specie miglioratrice dei terreno. Come tutti gli ontani è poco longevo. Viene sfruttato per la produzione di paleria e combustibile. Il legno appena tagliato è chiaro, ma quando dissecca assume colore rosso-bruno; a contatto con l’acqua diventa durissimo, e per questo si presta ad opere soggette a sommersione; esposto all’ aria, invece, è poco durevole.

ONTANO CORDATO (Alnus cordata) Fam. Betulaceae Albero alto sino a 25 m, con diametri massimi di 50-60 cm. In gioventù ha portamento slanciato e chioma ristretta, a età avanzata presenta chioma piramidale ovata con rami ad andamento orizzontale. La corteccia è grigio-verde scura, liscia e con macchie biancastre da giovane. Le foglie sono semplici, alterne, tendenti a forme più o meno ovali, di colore verde scuro, lucido nella pagina superiore, verde chiaro in quella inferiore, cordate alla base e apice acuminato con piccoli denti ottusi ai margini; esse persistono sulla pianta fino alla fine di Dicembre. Le infiorescenze in amenti verdastri che compaiono al principio dell’estate.

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PERO SELVATICO (Pyrus pyraster) L’immagine è del pero comune Fam. Rosaceae Arbusto alto 3-4 m sino ad albero di 15-20 m, appartenente alle Dicotiledoni. I rami sono spinosi all’apice e la corteccia è di colore bruno, a placche rettangolari con solchi profondi tra esse. Le foglie sono caduche, alterne, semplici, di colore verde-scuro e lucenti di sopra; di sotto più chiare. La consistenza è coriacea. I fiori comparenti prima delle foglie sono ermafroditi e in infiorescenze a corimbi con 3-7 fiori e più. La fioritura avviene ad aprile-maggio. I frutti sono costituiti da pomi di 2-4 cm. E’ utilizzato come portainnesto del Pero comune. Il legno del Perastro è duro, compatto e va bene per la costruzione di mobili e per lavori al tornio. Un particolare utilizzo del legno del Perastro è quello della produzione di righe e squadre in legno. Un altro impiego particolare consiste nella produzione di parti di strumenti musicali. Infine il legno del perastro trova, ovviamente, uso come combustibile.

PINO LORICATO (Pinus leucodermis) Fam. Pinaceae E’ il simbolo del Parco, diffuso nella zona montana ed altomontana (dai 1.700 metri in su) dal Monte Alpi, al Massiccio del Pollino fino alle cime dell’Orsomarso. Predilige i tratti rocciosi e i dirupi ed è molto longevo, vive fino a 800-900 anni. I principali elementi distintivi sono gli strobili di colore violaceo e la corteccia, formata da tante placche chiare quasi a comporre una “lorica”. Foto B. Niola

PIOPPO NERO (Populus nigra) Fam. Salicaceae Albero alto fino a 35 m, ha chioma larga con rami ascendenti; il tronco è corto e spesso. La corteccia va dal grigio-bruno al nero ed è profondamente fessurata. Le foglie sono triangolari con margini dentati su piccioli lunghi 3-4 cm di colore verde scuro sopra e più chiare tendenti al giallo sotto. I fiori maschili e femminili (amenti) crescono su alberi diversi. L’areale dei pioppo nero è esteso a tutta l’Europa meridionale e viene ovunque largamente coltivato. Questa specie s’incontra di frequente sulle rive dei corsi d’acqua, dove insieme a salici e ontani forma boscaglie, su suoli permeabili, profondi, periodicamente inondati. E’ esigente per luce e temperatura. Piuttosto longevo, raggiunge trecento anni di età. Il legno è di modesta qualità e ha impieghi simili agli altri pioppi. Il pioppo nero è impiegato sopratutto nell’ industria della carta e per produrre carbone vegetale.

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QUERCIA CERRO (Quercus cerris) Fam. Fagaceae L’areale del cerro copre gran parte dell’Europa centro-meridionale e orientale in Italia, la specie è molto frequente sugli Appennini. Albero di prima grandezza, longevo (oltre 200 anni), può raggiungere altezze di 30 - 40 m e diametri fino a 150 cm. Il tronco dritto e slanciato ha una chioma ovale allungata. La corteccia è grigiastra: liscia in piante giovani, fessurata in scaglie irregolari in piante adulte. I rametti più o meno pelosi, grigio-olivastri. Le foglie semplici, oblunghe, con 10 - 14 lobi, tomentose in gioventù, da adulte opache e scabre di sopra, di sotto più o meno pelose e di consistenza quasi coriacea, sono tardivamente caduche. I fiori maschili sono riuniti in numerosi amenti cilindrici, pendenti. Il frutto, un achenio (ghianda) bruno rossastro, protetto per un mezzo-due/terzi circa da una cupola, ricoperta di lunghe squame arricciate.

QUERCIA LECCIO, LECCIO (Quercus ilex) Fam. Fagaceae Il leccio è generalmente un albero sempreverde con fusto dritto, singolo o diviso alla base, di altezza fino a 20 metri. Può assumere aspetto cespuglioso qualora cresca in ambienti rupestri. Le foglie sono semplici, a lamina coriacea a margine intero o dentato. La pagina superiore è verde e lucida, la inferiore grigiastra e marcatamente tomentosa. Spesso negli esemplari cespugliosi sono presenti due tipi di foglie: quelle apicali mostrano il margine intero quelle basali sono a margine molto dentato e spinoso. I fiori sono usissesuali, la pianta è monoica. I fiori maschili sono riuniti in amenti penduli e pubescenti, i fiori femminili sono in spighe peduncolate composte da 6-7 fiori. I frutti sono ghiande, portate singole o a due, coperte per metà della loro lunghezza da una cupola provvista di squame ben distinte

QUERCIA PUBESCENTE, ROVERELLA (Quercus pubescens) Fam. Fagaceae Si differenzia dal cerro per la presenza di una fitta peluria chiara sulla pagina inferiore delle foglie e per il fatto che le stesse restano persistenti, anche se secche, per tutto l’inverno e cadono soltanto a primavera. Alto fino a 25 m, con diametri fino a 2-2,5 m e longevità di parecchi secoli, ha un fusto contorto, breve, una chioma ampia, depressa e non molto densa. La corteccia grigio-bruna è fessurata fin da giovane in solchi lon-

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gitudinali e trasversali. Le foglie alterne sono semplici, ovato-allungate, di color verde e glabre di sopra, più pallide e tormentose di sotto, la defogliazione è tardiva. I fiori maschili in amenti cilindrici, lunghi 5-10 cm, fioritura in Aprile-Maggio. I frutti, le ghiande, sono protette fino a metà da una cupola emisferica, e portati in gruppi di 3-4 da un peduncolo breve e peloso.

ROBINIA, ACACIA (Robinia pseudoacacia) Fam. Fabaceae Pianta con portamento arboreo con altezza fino a 25 m o arbustivo, spesso ceduato. La corteccia è di colore marrone chiaro molto rugosa. le foglie sono pennate, lunghe fino a 30-35 cm con 11-21 foglioline ovate non dentate lunghe fino a 6 cm con apice esile. Di giorno aperte la notte tendono a sovrapporsi. I fiori sono bianchi o crema, lunghi circa 2 cm simili a quelli dei piselli, riuniti in grappoli pendenti. i frutti sono a a forma di baccello prima verdi poi marroni lunghi circa 10 cm.

SALICE COMUNE (Salix alba) Fam. Salicaceae Albero o arbusto alto fino a 20 m, dalla chioma aperta e i rami sottili, flessibili e tenaci, corteccia giallastra o grigio-rossastra, con foglie giovani pelose su ambo le faccie, quelle adulte solo inferiormente, lanceolate-acuminate, denticolate, fiori con 2 stami ovario quasi sessile, i giovani rami (vinchi) vengono impiegati in agricoltura per legare le viti. Comune nei luoghi umidi e lungo i corsi d’acqua.

SORBO TERMINALE, BACCARELLO (Sorbus torminalis) Fam. Rosaceae Albero caducifoglio alto fino a 15 - 20 m. La corteccia è ornata da lenticelle chiare ellittiche. Le foglie sono alterne, semplici, lungamente picciolate (2 - 5 cm), irregolarmente dentate ai margini, pelose da giovani e verdi e glabre in età. I fiori ermafroditi, in corimbo ramoso ampio ed eretto; calice peloso a lacinie triangolari caduche, bianchi. Il frutto è costituito da un pomo obovato o subgloboso, di colore giallo rossastro punteggiato, bruno a maturità e di sapore acidulo.

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TASSO COMUNE (TAXUS BACCATA) Fam. Taxaceae Il tasso è un sempreverde con una crescita molto lenta e per questo motivo in natura spesso si presenta sotto forma di piccolo albero o arbusto di dimensioni medie, tuttavia in condizioni ottimali può raggiungere i 10 – 20 m di altezza; la chioma ha forma globosa irregolare, con rami molto bassi. La corteccia è di colore bruno rossastro, inizialmente è liscia ma con l’età si solleva arricciandosi e dividendosi in placche. I giovani rami sono verdi. Le foglie sono lineari, leggermente arcuate, lunghe fino a 3 cm e di colore verde molto scuro nella pagina superiore, più chiare inferiormente; sono inserite sui rami con un andamento a spirale, in due file opposte. Sono molto velenose. È una specie per lo più dioica ma esistono segnalazioni di individui monoici. I fiori maschili sono raggruppati in amenti, quelli femminili si trasformano in arilli. La pianta, non produce frutti (solamente le Angiosperme ne producono). Quelli che sembrano i frutti in realtà sono degli arilli, ovvero delle escrescenze carnose che ricoprono il seme. Inizialmente verdi, rossi a maturità, contengono un solo seme, duro e molto velenoso. La polpa invece è innocua e commestibile, viene mangiata dagli uccelli che ne favoriscono la diffusione. Preferisce i luoghi umidi e freschi, ombrosi, con terreno calcareo.

PIANTE ARBUSTIVE AGRIFOGLIO (Ilex Fam. Aquifoliaceae

aquifolium)

Albero o arbusto dioico alto fino a 10 m, ha chioma piramidale, corteccia liscia grigia e rami verdastri, spontaneo in Italia, dal fogliame verde scuro lucente, decorativo, con varietà variegate di bianco, crema o giallo, e frutti che offrono un decorativo contrasto con il colore delle foglie, che sono alterne o sparse, ovali o ellittiche, coriacee, persistenti, a margine spinoso nei rami più bassi delle giovani piante, intero nelle piante adulte, fiori piccoli riuniti in fascetti ascellari, con 4 petali di colore bianco o rosato, unisessuali, quelli maschili hanno 4 stami quelli femminili un pistillo con ovario supero sormontato da 4 stimmi quasi sessili, durante l’inverno portano drupe globose di colore rosso vivo lucente a maturazione, contenenti 2-4 semi.

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BIANCOSPINO SELVATICO (Crataegus oxyacantha) Fam. Rosaceae Arbusto, raramente albero, alto sino a 6 m con fogliame deciduo e chioma globosa o allungata, irregolare di colore verde intenso. Il tronco è sinuoso con corteccia di colore arancio-brunastro e rami scuri con spine non molto abbondanti. Le foglie hanno un profilo ellittico o obovato; i lobi risultano dentellati. I fiori con petali bianchi sono riuniti in corimbi. Fiorisce in aprile-giugno. I frutti sono formati da piccoli pomi ovali lunghi 11,5 cm.

CARPINO ORIENTALE (Carpinus orientalis) Fam. Betulaceae La Carpinella è un piccolo albero, alto sino a 5 (15) m, o arbusto, in ogni parte più ridotto del Carpino bianco, a corteccia rossastra. Le foglie sono brevemente picciolate (5-10 mm), ovate o ellittiche, cuneate o rotondate alla base, doppiamente seghettate ai margini, acute, glabre di sopra, sparsamente pubescenti di sotto. Amenti maschili brevi (2-3 cm), sessili e penduli, infruttescenza pure breve (3-5 cm), acheni tomentosi all’apice, protetti da una brattea triangolare-ovata irregolarmente dentata ai margini ma non lobata. Fiorisce da marzo a maggio.

CITISIO SCOPARIO, GINESTRA DEI CARBONAI (Cytisus scoparius) Fam. Fabaceae Arbusto da 60 cm a 2,4 m. Fusto verde, eretto, angoloso, striato longitudinalmente, duro, con ramificazioni diritte, flessibili; foglie decidue, stipolate e piccole, picciolate, trifogliate, quelle superiori sessili, semplici; fiori profumati, ermafroditi, giallo-oro, grandi, calice glabro a 2 labbra corte, corolla papilionacea, stendardo lungo, carena pendula, 10 stami diadelfi; legume appiattito, nero, peloso ai bordi, contenente una dozzina di semi lucidi e marroni. Presente nelle isole Britanniche, in Europa continentale e naturalizzata in America settentrionale, Sud Africa e parti dell’Asia. Preferisce terreni decalcificati, non calcarei, cioè silicei, nelle radure, luoghi a mezz’ombra e boschi di collina. Comune in Italia fino a 1400 m.

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CORNIOLO MASCHIO (Cornus mas) Fam. Cornaceae I cornioli sono arbusti o piccoli alberi alti fino a 5 m con foglie ovate ed opposte, ricoperte parzialmente da peluria su entrambe le pagine. I fiori gialli si aprono ad ombrello. I frutti, sia di un bel colore rosso corallo che anche gialli, assomigliano a piccole ciliegie oblunghe. Ama terreni umidi ed ombrosi, per cui è facile trovarlo nei boschi d’alta collina o di montagna. Il loro legno e i loro frutti come anche i loro semi sono o erano di grande significato. I piccoli frutti rossi vengono elaborati oltre che per succhi di frutta e per marmellate (ottime accompagnate al bollito di carne) e per eccezionali bevande anche come aromatizzante per alcuni tipi di alcolici come ad esempio la grappa. I prezzi per questi prodotti sono relativamente alti a causa del grosso apparato di lavoro dovuto alla bassa fertilità e al basso contenuto di alcool. Si possono mangiare i frutti anche crudi, ma sono buoni solo quelli che sono appena caduti o che cadono dallo stelo in seguito ad un leggero tocco. Il legno duro (il più duro presente in Europa) viene utilizzato tra l’altro anche per la produzione di pipe.

CORNIOLO SANGUINELLO (Cornus sanguinea) Fam. Cornaceae Arbusto alto sino a 4 m, con foglie decidue, semplici, ovoidali, opposte con nervature ben evidenti. Margine intero e ondulato. Tipicamente rosse in autunno. I fiori sono ermafroditi, riuniti in infiorescenze ad ombrello o corimbo, fiori bianchi, fioritura tra a maggio e luglio. I frutti sono drupe prima rosse poi nerastre di 56 mm di sapore amaro e sgradevole. La maturazione avviene tra agosto e settembre. Conosciuto anche come “corniolo sanguigno” poiché i rami più giovani hanno un colore rossiccio che risalta quando d’inverno sono privi di foglie. Tende a colonizzare boscaglie, i margini delle strade, i terreni incolti purché freschi e profondi. L’aspetto delle foglie è simile a quello del corniolo e dello Spino cervino.

CRESPINO COMUNE (Berberis vulgaris) Fam. Berberidaceae È un arbusto alto da 1 a 3 m con grosse radici scure all’esterno e gialle all’interno; la pianta presenta molti rami spinosi. Le foglie sono ellittiche, si restringono alla base in un corto picciolo e arrotondate all’apice; la superficie è larga e lucida, il margine è dentellato. Le foglie sono alterne sui rami lunghi oppure sono riunite in fascetti su dei rametti molto corti, alla base di ognuno dei quali è presente una spina composta da tre a sette aculei pungenti. Il frutto è una bacca lunga 1 cm, rossa e persistente sulla pianta, che contiene da due a tre semi dal guscio corneo. Cresce nelle zone aride montane, ai margini dei boschi, nelle siepi, nei pascoli fra i 100 e i 2000 m.

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FUSARIA COMUNE (Euonymus europaeus) Fam. Celastraceae Arbusto spontaneo diffuso nei boschi di latifoglie che raggiunge i 4-5 m. Le foglie sono decidue, semplici, lanceolate, con margine finemente dentato. I fiori sono ermafroditi, verdastri riuniti a gruppi di 2-5; la fioritura è a maggio. I frutti sono capsule a quattro lobi di colore rossastro che aprendosi evidenziano un bottone. Specie simili: “Fusaria rugosa” (Euonymus verrucosa) arbusto alto sino a 2 m con rami densi di verruche suberose, con fiori a 4 petali verde-bruno, finemente picchettati di rosso; frutti costituiti da capsule a 4 valve, semi neri avvolti solo a metà.

GINESTRONE (Ulex europaeus) Fam. Leguminosae Arbusto legnoso, sempreverde, che forma densi cespugli divaricati, con rami intricati e molto spinosi. I fusti striati di colore verde scuro sono alti 2-3 m, e sono completamente rivestiti da lunghe foglie ridotte a spine (2-3 cm) rigide e scanalate ramose con altre spine più piccole spesso a gruppi di tre. I fiori ermafroditi, gialli e profumati portati da peduncoli all’ascella dei gruppi di spine. La corolla è quasi completamente inclusa nel calice, costituito da due valve giallo ferruginee, molto pelose, la valva superiore con due dentini e quella inferiore tre. Il frutto è un legume di 1,5-2 cm, ovale e irsuto di peli brunastri che sporge poco dal calice. Fiorisce generalmente dal Febbraio a Maggio, ma non è improbabile trovare i fiori anche negli altri mesi dell’anno. I suoi semi contengono un alcaloide tossico la citisina, che ha azioni analoghe alla nicotina provocando nausea, convulsioni ed anche la morte per apnea. Dalla pianta si ricavano insetticidi, fertilizzanti, combustibili, saponi e coloranti. Coltivata un tempo come nutrimento invernale per la selvaggina viene oggi piantata per arricchire di azoto il terreno grazie ai batteri autofissatori simbionti dei suoi tubercoli radicali.

GINESTRA (Spartium junceum) Fam. Fabaceae Arbusto a foglie caduche, raggiunge i 2-3 m di altezza ed ha portamento eretto, tondeggiante, con chioma molto ramificata. I fusti sono sottili, legnosi, molto flessibili, di colore verde scuro o marrone, le foglie sono piccole, lanceolate o lineari, di colore verde scuro, molto distanziate le une dalle altre, cadono all’inizio della fioritura. Da maggio a luglio produce numerosissimi fiori di colore giallo oro, delicatamente profumati, sui fusti spogli, ai fiori fanno seguito i frutti: lunghi baccelli pubescenti, che contengono 10-15 semi appiattiti. Queste ginestre sono molto comuni nella nostra penisola, dove crescono come piante selvatiche; grazie al loro apparato radicale molto sviluppato vengono utilizzate per consolidare scarpate e bordi di strade.

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LIGUSTRO O OLIVASTRO (Ligustrum vulgare) Fam. Oleaceae Arbusto generalmente prostrato, alto sino a 2 m con corteccia bruno-verdastra e numerose lenticelle subrotonde o ellittiche trasverse e molti rami flessibili. Le foglie sono opposte, caduche ma persistenti nelle zone a clima mediterraneo, con picciolo breve e lamina ellittico-lanceolata, intera e glabra, superiormente verde scuro e inferiormente più chiara. I fiori 4-meri in pannocchie piramidali terminali lunghe sino a 8 cm, tubo lungo quanto i petali, corolla bianco lattea, imbutiforme, con odore acuto, fiorisce da aprile a maggio. Il frutto è una bacca di 6-8 mm, nera e lucida a maturità, ottobre-novembre.

MAGGIOCIONDOLO (Laburnum anagyroides) Fam. Fabaceae Arbusto la cui corteccia è liscia, con rami espansi verdi scuri e ramoscelli penduli e pubescenti. Le foglie (composte da tre foglioline) hanno un lungo picciolo, glabre superiormente e pelose inferiormente. I fiori sono di colore giallo oro, molto profumati, sono raggruppati in lunghi racemi penduli (fino a 25 cm) e fioriscono tipicamente in maggio. I semi sono legumi dai numerosi semi neri contenenti citisina (un alcaloide), estremamente velenosi (per l’uomo, ma anche per capre e cavalli) specie se immaturi. Alcuni animali selvatici tuttavia (come lepri, conigli e cervi) se ne possono cibare senza problemi, e per questo in alcune regioni è ritenuta una pianta magica.

NOCCIOLO (Corylus avellana) Fam. Betulaceae Il nome dei genere deriva dal greco kóris, elmo, per la forma dell’involucro membranoso che ricopre il frutto e avellana in quanto diffuso, fin da epoca remota, nella zona di Avellino. La pianta ha portamento a cespuglio o ad albero e raggiunge l’altezza di 5-7 m. Ha foglie decidue, semplici, obovate a margine dentato. Le infiorescenze sono unisessuali. Le maschili in amenti penduli che si formano in autunno, le femminili somigliano ad una gemma di piccole dimensioni. Il frutto (detto nocciola o nocciolina) è avvolto da brattee da cui si libera a maturazione. Esso è commestibile ed è ricco di un olio, usato sia nell’alimentazione che nell’industria e in profumeria.

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PRUNO SELVATICO, PRUGNOLO (Prunus spinosa) Fam. Rosaceae Il prugnolo è un arbusto a foglia caduca alto fino a 4 metri. I fiori sono bianchi, con frutti tondi di colore blu; le foglie sono obovate, alterne e seghettate. La fioritura avviene in genere tra marzo e aprile, mentre la maturazione dei frutti tra settembre e ottobre.

ROSA SELVATIVA COMUNE (Rosa canina) Fam. Rosaceae La Rosa canina è una specie arbustiva molto frequente nelle siepi, ai margini dei boschi. Questa pianta deve il nome canina a Plino il vecchio che affermava che un soldato romano fu guarito dalla rabbia con un decotto di radici. È l’antenata delle rose coltivate. È un arbusto spinoso, alto 100 - 200 cm. Ha fusti legnosi glabri, con spine (rosse) robuste, arcuate, a base allungata, compresse. Le foglie sono composte da 5-7 foglioline ovali o ellittiche con margini dentati (denti semplici). I fiori, rosati hanno grandi petali e sono poco profumati.Fiorisce nei mesi di maggio e giugno. I suoi frutti carnosi e colorati in modo vivace raggiungono la maturazione nel tardo autunno.

ROVO IDEO, LAMPONE, FRAMBOS (Rubus idaeus) Fam. Rosaceae Il lampone è un arbusto il cui omonimo frutto, di colore rosso e sapore dolce-acidulo è molto apprezzato nelle preparazioni alimentari. La fioritura avviene normalmente tra maggio e giugno mentre il frutto, composito, matura in tarda estate o inizio autunno. Cresce tipicamente negli spazi aperti all’interno di un bosco o colonizza opportunisticamente parti di bosco che sono stati oggetto di incendi o taglio del legno. È facilmente coltivabile nelle regioni temperate e ha una tendenza a diffondersi rapidamente.

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RUSCOLO, PUNGITOPO (Ruscus aculeatus) Fam. Ruscaceae Il pungitopo, o pugnitopo, comune nella macchia mediterranea , è una pianta cespugliosa sempreverde alta dai 30 agli 80 cm, provvisto di “cladodi”, rametti che per mancanza di foglie ne assumono la funzione, divenendo ovali, appiattiti e rigidi, con estremità pungenti. Tra i cladodi, in primavera, si schiudono i minuscoli fiori verdastri, e quindi i frutti, che maturano in inverno, e che sono vistose bacche scarlatte grosse come ciliegie.

SAMBUCO COMUNE (Sambucus nigra) Fam. Caprifoliaceae Sambucus nigra è una pianta arbustiva, molto diffusa in Italia soprattutto negli ambienti ruderali (lungo le linee ferroviarie, parchi, etc), boschi umidi e rive dei corsi d’acqua. I rami portano delle foglie composte, imparipennate con margine dentatoseghettato di colore verde scuro; la forma è lanceolata con un apice accuminato, l’inserzione è opposta. I fiori sono dei corimbi ombrelliformi molto vistosi, con numerosi fiorellini bianchi con antere gialle sporgenti. Fiorisce tra aprile e giugno. I frutti sono delle bacche (o drupe) nerastre, lucide con peduncolo rossastro. Il sambuco presenta delle proprietà medicinali-erboristiche nei frutti e nei fiori.

SORBO MONTANO, FARINACCIO (Sorbus aria) Fam. Rosaceae Albero o arbusto alto fino a 12 m. La corteccia è grigia con chiazze bianche; rami giovani pubescenti, poi glabri, bruno-rossicci. Le foglie sono alterne, picciolate, semplici, spesso coriacee di forma da ellittica ad ovata con apice acuto e margini irregolarmente seghettati. La pagina superiore è di color verde-scuro, quella inferiore di color argenteo. I fiori sono infiorescenze a corimbi eretti di 5-8cm con fiori bianchi; la fioritura è tra maggio e giugno. I frutti sono costituiti da pomi ovoidali di 1,5cm, rosso aranciati quando maturi e commestibili. Ama i terreni calcarei, ma si adatta anche ad altri; ama il sole e tollera bene aridità e basse temperature. Ha crescita lenta ed è molto longevo. Il legno è duro e forte, ma ha impieghi limitati anche per le modeste dimensioni del fusto.

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Lineamenti faunistici Per definire la composizione faunistica di Monte Alpi si può far riferimento ad alcune ricerche sul campo e agli studi di sinecologia dei Faggeti e dei Querceti che offrono elenco dei mammiferi potenzialmente presenti. Un recente studio dell’Università della Calabria (Tripepi e altri) segnala nel territorio del comune di Castelsaraceno un’area di notevole importanza per la salvaguardia dell’erpetofauna acquatica. L’area in questione, molto umida e percorsa da un sistema di ruscelli che scendono a valle, è ubicata nella faggeta che ricopre le pendici di Monte Alpi. Si tratta di una serie di pozzi e stagni, posti ad altitudini comprese tra 900 e 1400 m s.l.m. La maggior parte di questi biotopi acquatici non risulta del tutto stabile, in quanto soggetta a periodiche secche. L’importanza naturalistica di questo biotopo di acqua lentica è giustificata dalla presenza di specie endemiche dell’Italia (Tritus carnifex), di endemiti appenninici (Rana italica) e di specie endemiche dell’Italia meridionale (Tritus italicus). L’importanza conservazionistica è notevole, delle sei specie presenti: Rana verde minore (Rana esculenta), Rana agile (Rana dalmatina), Rana italica (Rana italica), Tritone crestato italiano (Triturus carnifex), Tritone italiano (Triturus italicus), Biscia (o Natrice) dal collare (Natrix natrix), soltanto due non sono incluse nell’allegato IV della Direttiva “Habitat” 92/43/CE (Rana esculenta, Natrix natrix). Da segnalare, inoltre, che il Ministero dell’Ambiente in detto sito indica anche la presenza della Salamandrina dagli occhiali (Salamandrina terdigitata). Lo studio succitato, sebbene non ne segnala la presenza, ne ravvisa la maggiore sintopia con la Rana italica e Triturus italicus (specie entrambe presenti in detto biotopo) e più occasionale con le altre specie. La ricerca ritiene che in questo Areale di campionamento dell’erpetofauna acquatica 52


caso ci si possa trovare di fronte ad un sottocampionamento dovuto alle dimensioni ed allo stile di vita fortemente elusivo e terricolo della specie. Per quanto riguarda l’avifauna presente su Monte Alpi si può far riferimento a due indagini svolte da S. Sarrocco durante la stagione riproduttiva 2000. La prima indagine, svolta nella Faggeta (Monte Alpi; versante di Latronico, ca.1300-1500 m s.l.m. - 10/06/00) ha segnalato le seguenti specie: Pettirosso (Erithacus rubecula), Fringuello (Fringilla coelebs), Fiorrancino (Regulus ignicapillus), Scricciolo (Troglodytes troglodytes), Picchio muratore (Sitta europea), Rampichino (Certhia brachydactyla), Colombaccio (Columba palumbus), Cornacchia grigia (Corvus corone cornix), Capinera (Sylvia atricapilla), Luì piccolo (Phylloscopus collibyta), Luì verde (Phylloscupus viridis), Cincia biglia (Parus palustris), Cinciallegra (Parus major), Ghiandaia (Garrulus glandarius), Verdone (Carduelis chloris), Corvo imperiale (Corvus corax), Tottavilla (Lullula arborea). La seconda indagine, svolta nella Prateria montana con cespugli radi (Monte Alpi; versante di Latronico, ca.1700-1900 m s.l.m. - 10/06/00) ha segnalato le seguenti specie: Cornacchia grigia (Corvus corone cornix), Fanello (Carduelis cannabina), Spioncello (Anthus spinoletta), Calandro (Anthus campestris), Allodola (Alauda arvensis), Corvo imperiale (Corvus corax), Culbianco (Oenanthe oenanthe), Poiana (Buteo buteo), Codirosso spazzacamino (Phoenicurus ochruros), Zigolo nero (Emberiza cirlus), Saltimpalo (Saxixola torquata), Gheppio (Falco tinnunculus), Lodolaio (Falco subbuteo), Tottavilla (Lullula arborea) Le specie sono indicate in ordine di maggior frequenza Inoltre, il Ministero dell’Ambiente segnala tra gli uccelli migratori abituali: il Capovaccaio (Neophron percnopterus), il Picchio nero (Dryocopus martius), l’Aquila reale (Aquila chrysaetos), il Falco pellegrino (Falco peregrinus), il Gufo reale (Bubo bubo), il Prispolone (Anthus trivialis), la Cincia mora (Parus ater), la Conturnice (Alectoris graeca), l’Allocco (Strix aluco), il Gufo comune (Asio otus) e lo Sparviere (Accipiter nisus). La stessa fonte indica anche il Colombaccio, il Picchio muratore, l’Allodola, lo Spioncello, il Culbianco, il Gheppio, il Corvo imperiale e la Poiana comune, già segnalate dal Sanrocco, nella precedente ricerca. Rispetto alle indicazioni fornite dal Ministero c’è da precisare che la situazione dell’Aquila reale nel Parco del Pollino non è del tutto nota. Ad oggi 53


sono stati accertati 3 siti di nidificazione tutti ubicati nel versante meridionale del Parco (Massiccio del Pollino, Monti di Orsomarso). Solo recentemente è stata avvistata sul monte Alpi (Priore G.) e considerazioni di carattere geografico consentono di affermare che i territori di caccia di 1-2 coppie potrebbero ricadere parzialmente anche nel versante settentrionale del Massiccio del Pollino. Per quanto riguarda il Gufo reale sono noti due territori occupati all’interno del Parco ma non sono conosciuti con esattezza i siti di nidificazione. La specie la specie è segnalata nella Valle dell’Argentino e sul Monte Alpi (Priore G.). Da segnalare, inoltre, l’ampia diffusione del Nibbio reale (Milvus milvus) che, in letteratura (Sigismondi et al., 1995) è presente con 35-55 coppie in provincia di Potenza. Per quanto riguarda i mammiferi non esistono ricerche sul campo (fatta eccezione per il Lupo di cui parleremo appresso) e per questa ragione, nel definire l’elenco delle specie potenzialmente presenti si fa riferimento agli studi di sinecologia dei Faggeti e dei Querceti.

Branco di lupi in caccia.

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Le tipologie vegetazionali scelte fanno riferimento a due aree del massiccio. La prima, alla faggeta che ammanta i fianchi orientali, settentrionali e occidentali della montagna a quote comprese tra i 1200 ed i 1750 m circa; la seconda invece fa riferimento alla cerreta di Malboschetto a quote decisamente inferiori. Le comunità a Mammiferi dei boschi a Faggio sono caratterizzate, soprattutto quantitativamente, dalla presenza dell’ Arvicola Rossastra o dei Boschi (Clethrionomys glareolus) e, più in particolare, di Toporagno nano (Sorex minutus). Le suddette specie, che potrebbero essere considerate le specie guida di questa formazione boschiva, sebbene non esclusive di questo ambiente, presentano insieme al Topo selvatico a collo giallo (Apodemus flavicollis) e al Toporagno comune (Sorex araneus) le densità più elevate e divengono quindi anche quantitativamente rilevanti. Nella faggeta sono presenti anche le specie più marcatamente arboricole quali: il Moscardino (Muscardinus avellanarius), il Ghiro (Glis glis), lo Scoiattolo (Sciurus vulgaris meridionalis). Fra i Carnivori tipica è la Martora (Martes martes), predatrice specializzata che può essere presente in faggeta. Fra i Chirotteri possono essere presenti specie legate all’ambiente forestale il Rinolfo maggiore (Rhynolophus ferrumequinum) e la Nottola gigante (Nyctalus lasiopterus).

Martora insegue uno scoiattolo.

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Volpe che insidia un fagiano.

La comunità a Mammiferi dei querceti si caratterizzano rispetto alla precedente, per l’assenza di una specie marcatamente mesofila qual’è il Toporagno nano (Sorex minutus) mentre cominciano a comparire specie con un certo grado di termofilia come ad esempio la Crocidura ventre

Tassi che escono dalla tana.

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bianco (Crocidura leucodon). Le specie rinvenute, oltre alla già citata C. leucodon sono: Toporagno comune (Sorex araneus), Toporagno italico od appenninico (Sorex samniticus), Arvicola di Savi (Microtus savii), Topo selvatico (Apodemus sylvaticus), Topo selvatico dal collo giallo (Apodemus flavicollis). Anche in questo tipo di bosco si deve ricordare la presenza del Moscardino (Muscardinus avellanarius) e, sebbene spesso localizzato, del Quercino (Eliomys quercinus). Inoltre, frequentatori significativi di questi boschi (faggeti e querceti) potrebbero essere anche il Topo ragno acquatico di Miller (Neomys anomalus), il Gatto selvatico (Felis silvestris), il Cinghiale (Sus scrofa), la Lepre comune o europea (Lepus europaeus) la Volpe (Vulpes vulpes), l’ Istrice (Hystrix cristata), il Riccio europeo (Erinaceus europaeus), e altri mustelidi oltre alla Martora - il Tasso (Meles meles), la Donnola (Mustela nivalis), la Puzzola (Mustela putorius), la Faina (Martes foina) - che vi trovano rifugio e alimento.

Gruppi di coccinelle tra le pietre sulla vetta del Monte Santa Croce.

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Donnola

Foto G. Braschi


Schede faunistiche di alcune specie potenzialmente presenti ARVICOLA ROSSASTRA O DEI BOSCHI (Clethrionomys glareolus) E’ specie con lunghezza testa – corpo 8-11 cm, coda lunga 3,5-7 cm, grandi occhi e orecchie, pelliccia di colore marrone-rossiccia sulla schiena mentre è chiara nlle parti inferiori. Molto simile all’arvicola campestre e alle atre arvicole dei prati che sono meno rossastre e hanno la coda più corta. Si riproduce tra aprile e ottobre (o tutto l’anno se le condizioni sono favorevoli) con quattro o cinque cucciolate di 3-5 piccoli. La dieta è principalmente composta da gemme, foglie, frutti, funghi e alcuni invertebrati. Dal muso smussato, è la più diffusa delle cosiddette arvicole rossastre e si trova in alte densità negli habitat forestali, lungo le rive dei fiumi. Si arrampica bene sugli alberi e ciò la rende più facile da osservare rispetto alle altre arvicole, meno arboricole. Tuttavia, poiché gran parte della sua attività si svolge al calar delle tenebre, il ritrovamento delle tracce alimentari è importante. Questi resti alimentari vanno da piccole pigne desquamate e i loro semi, alle nocciole con un buco largo, preciso, rotondo e senza le impronte dei denti.

CINGHIALE (Sus scrofa) Il cinghiale è il progenitore del maiale domestico e condivide molte caratteristiche dell’animale da fattoria; corpo robusto, collo e coda corti, testa grande e muso allungato con lunghezza testa – corpo 1,1-1,7, coda lunga 13-30 cm. Inoltre è ricoperto da una pelliccia di peli setolosi, che diventano più scuri e folti d’inverno. Tutto il corpo è appiattito in senso verticale, un adattamento alla corsa tra gli alberi negli ambienti di foresta. Al contrario i cinghialetti hanno strisce orizzontali chiare. Soprattutto notturno; i maschi sono solitari mentre le femmine formano gruppi familiari con i loro piccoli. Si riproducono tra febbraio e giugno con una sola cucciolata di 2-10 piccoli. Sono praticamente onnivori.

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DONNOLA (Mustela nivalis) Le donnole hanno dimensioni variabili: i maschi sono più piccoli delle femmine con lunghezza testa – corpo 13-30 cm e coda lunga 3-10 cm. Si riproduce tra aprile e agosto con una o due cucciolate di 4-6 piccoli. La dieta è composta da roditori e uccelli. La specie necessita fino a dieci pasti al giorno.

FAINA (Martes foina) La faina ha una lunghezza testa – corpo di 40-48 cm, coda lunga 22-25 cm, orecchie corte, mantello folto di colore marrone-grigio scuri e mostra un’evidente macchia bianca sulla gola. Predatore notturno, costruisce le tane negli anfratti rocciosi e a volte anche negli edifici. Si riproduce tra marzo e maggio con una singola cucciolata di 3-4 piccoli. La dieta è composta da roditori, piccoli uccelli e piccoli mammiferi. Mangia frutta e bacche in autunno. La faina può essere facilmente confusa con la martora.

GATTO SELVATICO (Felis silvestris) E’ specie con lunghezza testa – corpo 47-68 cm, testa rotonda e muso breve, coda lunga 21- 38 cm, orecchie piuttosto grandi e diritte, pelliccia folta, soffice e di colore grigio bruno. In tutto simile al Gatto domestico, se ne distingue per coda più corta e grossa con anelli scuri, per il disegno della pelliccia a strisce scure e senza macchie. I maschi sono più grandi delle femmine (peso: 3,5-5,5 Kg). In Italia continentale e Sicilia è presente la sottospecie nominale silvestris, mentre in Sardegna la sottospecie lybica. E’ specie principalmente legata alle foreste di latifoglie, parzialmente aperte e alternate con aree rocciose o, in Sardegna, alla macchia mediterranea. E’ specie solitaria e attiva soprattutto di notte; di giorno si rifugia in alberi cavi, anfratti delle rocce, caverne, vecchie tane di altri animali. Si accoppia a fine inverno primavera e dopo una gestazione di 63-69 giorni la femmina partorisce 1-8 piccoli (in media 3-4) nel periodo da marzo a ottobre, ma prevalentemente ad aprile. Alla nascita i piccoli pesano 100-160 grammi; essi aprono gli occhi a 7-13 giorni e camminano a 16-20 giorni. Dopo un allattamento di

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circa un mese, avviene lo svezzamento fino al 5° mese. I maschi raggiungono la maturità sessuale a un anno, le femmine a 9-10 mesi. La massima longevità registrata in natura è di 11 anni. Ha alimentazione strettamente carnivora, basata su piccole prede (micromammiferi, lepri e conigli, uccelli, rettili, insetti). E’ specie minacciata dalla distruzione e frammentazione dell’habitat, dal bracconaggio e dalla mortalità stradale.

GHIRO (Glis glis) E’un roditore dal corpo lungo 13-19 cm e coda 12-15 cm con orecchie moderatamente prominenti e un folto pelo grigio spesso sfumato di marrone. Conosciuto anche come ghiro commestibile, il Ghiro accumula uno spesso strato di grasso, mangiando semi e noci ottimi dal punto di vista nutrizionale per il letargo. Per questa ragione è stato a lungo cacciato e tenuto in cattività, quale fonte di cibo e di pelliccia. Le sue grandi dimensioni e il pelo grigio possono confonderlo con lo scoiattolo. Ha grandi occhi le cui dimensioni sono accentuate dai cerchi di pelo nero che li circondano. Si riproduce tra giugno e agosto con una singola cucciolata. La dieta è composta da noci, semi, funghi, cortecce, insetti, uova di uccelli e nidiacei.

ISTRICE (Hystrix cristata) E’ un grosso roditore (peso: 10-15 Kg) dal corpo tozzo e coda breve e lunghezza testa - corpo di 50-70 cm. E’ specie inconfondibile per il corpo ricoperto da aculei bianchi e neri e collo coronato da una cresta di lunghe e rigide setole. La coda è ricoperta da brevi aculei a forma di tubi. Ha arti anteriori muniti di 4 dita ben sviluppate e unghie corte atte allo scavo. Ha parti superiori della testa, del collo e le spalle di colore bruno scuro, con setole biancastre sparse soprattutto sulla parte superiore del collo; le parti inferiori del corpo e i lati delle zampe sono nerastre. E’ specie preferenzialmente legata a zone a clima mediterraneo dove colonizza boschi e macchie, aree cespugliate, margini di coltivi, vallate torrentizie più o meno soleggiate in terreni aridi e rocciosi. Si rinviene dal livello del mare fino ad oltre i 1000 m (in particolari nelle regioni più meridionali). La specie scava tane in terreni argillosi, sabbiosi o tufacei, dove trascorre la maggior parte del giorno, emergendo nelle ore crepuscolari e not-

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turne. Si riproduce in primavera e dopo un periodo di gestazione non inferiore a 90 giorni, la femmina partorisce 1-4 piccoli (generalmente 1-2). Alla nascita i piccoli sono ben sviluppati, con occhi aperti e il corpo già rivestito di aculei. Entrambi i genitori si occupano della prole e difendono attivamente i giovani. I piccoli vengono allattati fino a 40 giorni; allo svezzamento segue un periodo nel quale i giovani stanno con i genitori, imparando a procurarsi il cibo. La maturità sessuale viene raggiunta all’incirca ad un anno. E’ specie vegetariana, che si nutre di radici, tuberi, cortecce, frutti caduti al suolo, piante coltivate. In Italia la specie sembra essere attualmente in aumento, probabilmente a causa dello spopolamento delle aree collinari appenniniche. Le principali cause di mortalità della specie sono il traffico stradale e il bracconaggio.

LEPRE COMUNE O EUROPEA (Lepus europaeus) La lepre comune è una specie diffusa, possiede orecchie lunghe e grandi, grandi e possenti zampe posteriori che le fanno raggiungere la velocità di 75 km all’ora per percorsi corti. A differenza del Coniglio, la sua coda è tenuta bassa durante la corsa e il posteriore non mostra così la macchia bianca; le orecchie hanno la punta nera. La loro attività ha luogo all’alba e al tramonto, ma possono essere attive sempre, soprattutto in primavera, durante il periodo riproduttivo. Segnali della loro presenza sono chiazze di erba schiacciata dove le lepri si riposano durante il giorno e allevano i cuccioli. Ha le dimensioni del corpo di 50-70 cm e coda di 7-10 cm. Si riproduce tra febbraio e ottobre con tre cucciolate fino a 4 piccoli . La dieta è composta da cereali, erbe da pascolo, felci e arbusti bassi, lembi di corteccia.

LUPO (Canis lupus) E’ specie dalla forma slanciate, e dalle dimensioni medio grandi, testa massiccia con muso allungato, orecchie relativamente grandi ed erette. Ha colorazione del mantello variabile, dal grigio pallido al marrone grigiastro. Il peso è molto variabile (fino a 70 Kg), ma in Italia in media è compreso tra i 25 e i 35 Kg con maschi più pesanti e massicci. La specie frequenta habitat vari, dalla tundra ai deserti, alle foreste di pianura e di montagna. In Italia la specie predilige le aree con densa copertura forestale collinari e montane.

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E’ specie con abitudini prevalentemente notturne, che vive in branchi composti da un numero variabile di individui (2-7 in Italia) dediti alle attività di caccia, di allevamento prole e di difesa del territorio. Si riproduce tra gennaio e febbraio; all’interno di un branco generalmente si accoppiano il maschio e la femmina dominanti. La gestazione dura circa 63 giorni e le femmine partoriscono da 1 a 5 cuccioli che pesano 400-450 grammi. Lo svezzamento avviene dopo 8 settimane e i giovani rimangono con i genitori almeno un anno. La maturità sessuale è raggiunta intorno al 22° mese. La specie ha alimentazione piuttosto varia che comprende prevalentemente ungulati selvatici (in prevalenza cinghiale e capriolo, ma anche cervo) e secondariamente domestici (in particolare ovini) con presenza di piccoli mammiferi, lepre, frutta, con proporzioni molto variabili secondo la disponibilità e la stagione. In Italia la specie ha subito, negli ultimi 20 anni, un incremento delle popolazioni (dai 100 individui di inizio anni ’70 alla stima dei 400-500 attuali) e di areale. Nonostante tale situazione la specie continua ad essere minacciata a causa dell’alto numero di individui abbattuti illegalmente (all’incirca il 15-20% della popolazione all’anno), dalla frammentazione dell’habitat e dal randagismo canino.

MARTORA (Martes martes) E’ specie dalle forme slanciate, lunghezza testa – corpo 40 – 51 cm, coda relativamente lunga (20-26 cm), muso lungo, orecchie rotonde ed emergenti dalla pelliccia, arti relativamente sviluppati e muniti di unghie robuste, peso di 1-2 Kg. Il colore dominante della pelliccia è bruno, tendente più o meno al nerastro o al giallastro; il muso e il mento sono scuri ed è presente una estesa macchia sulla gola che varia dal giallo pallido all’arancio smorto; tale carattere distingue la specie dalla congenere Faina che ha invece macchia golare bianca. I maschi sono più grandi delle femmine. E’ specie tipicamente forestale (foreste di conifere, miste e di latifoglie) diffusa fino a 2000 m, che evita gli spazi aperti se non per brevi spostamenti. E’ specie agile, arrampicatrice che utilizza sia rifugi arborei (nidi di corvidi o di scoiattoli, cavità arboree compresi nidi di picchi) che rifugi al livello del suolo (anfratti delle rocce, grosse radici di alberi). Si accoppia tra giugno ed agosto. Dopo circa 220-240 giorni di gestazione, la femmina, tra i mesi di marzo e maggio, partorisce 1-7 piccoli (in media 3). I piccoli aprono gli occhi il 2° giorno dopo il parto e vengono allattati e svezzati fino a circa 8-10 settimane, diventando completamente indipendenti intorno ai 6 mesi. La longevità registrata in natura è di 11 anni. E’ specie ad ampio spettro alimentare, predando diversi mammiferi, uccelli e loro uova, cibandosi anche di frutti e carogne. Ulteriori componenti della dieta sono anfibi, insetti, molluschi, anellidi e funghi. La specie può competere con la Faina, con la quale in parte condivide habitat e nicchia trofica. La specie, presente sempre con basse densità sul territorio, è minacciata dalla frammentazione, riduzione ed alterazione degli ambienti forestali, nonché dal prelievo da parte dell’uomo, in particolare in numerosi paesi europei.

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MOSCARDINO (Muscardinus avellanarius) E’ uno dei più piccoli mammiferi italiani. Ha lunghezza testa – corpo di 6090 mm e coda di 55-77 mm e peso di 15-40 grammi. Ha occhi neri sporgenti, orecchie piccole e colore del manto rosso arancio sul dorso e bianco crema sul ventre. Ha dita munite di cuscinetti plantari e coda parzialmente prensile, adattamenti che gli consentono di aderire su ogni tipo di substrato. E’ specie tipica di ambienti forestali (di latifoglie, misti o di conifere) caratterizzati dalla presenza di uno stato arbustivo denso e vario e delle zone ecotonali ai margini dei boschi e diffusa dal livello del mare fino a circa 1500 m. Le densità della specie, salvo rare eccezioni, non superano i 5-8 esemplari adulti per ettaro e, dove gli habitat sono frammentati, le popolazioni possono essere anche molto piccole. In natura si riproduce una volta l’anno da maggio a settembre. La gestazione dura 22-24 giorni. Le nidiate sono composte da 2-7 piccoli (mediamente 4) ciechi fino ai 15-16 giorni che vengono svezzati fino alle 6-8 settimane di vita e restano con la madre fino a circa 10 settimane. La maturità sessuale è raggiunta a un anno di vita. La massima longevità registrata in natura per la specie è 4 anni. Ha alimentazione prevalentemente vegetariana basata su componenti altamente nutrienti quali fiori e frutti, ma si nutre anche di insetti reperendoli quasi esclusivamente sulla vegetazione arbustiva ed arborea. La specie viene predata da rettili, mammiferi carnivori e occasionalmente da rapaci notturni, corvidi e scoiattoli. E’ specie minacciata dalla distruzione ed alterazione del bosco in particolare dello strato arbustivo, nonché dalla generale frammentazione dell’habitat che la espone, data la sua scarsa mobilità, a rischio di estinzione locale.

NOTTOLA GIGANTE (Nyctalus lasiopterus) E’ il più grande chirottero europeo con lunghezza testa – corpo di 84-104 mm, coda di 55-65 mm, avambraccio di 63-79 ed apertura alare che può raggiungere i 460 mm. Ha colorazione della pelliccia marrone dorata ed è simile alla Nottola comune, da cui se ne distingue per le dimensioni nettamente maggiori. Come gli altri rappresentanti del genere è caratterizzata da muso breve, orecchie piccole e arrotondate e trago (prominenza posta subito dinanzi all’apertura del padiglione auricolare) molto corto ed a forma di rene. E’ specie tipicamente forestale che è per lo più legata alle cavità degli alberi sia per la riproduzione che per lo svernamento e può spingersi sin verso i 2000 m. Gli accoppiamenti hanno luogo tra settembre ed ottobre; verso la fine del giugno successivo la femmina partorisce 1-2 piccoli dal peso di 3-8 grammi. A circa 40 giorni dalla nascita il piccolo è atto al volo. Le femmine sono sessualmente già mature al 1° anno di vita. La longevità potrebbe superare i 6 anni. Si alimenta di insetti, e da quanto è noto di sicuro di coleotteri e falene. E’ specie tendenzialmente gregaria e può associarsi ad altri vespertilionidi (soprattutto la Nottola comune). E’ specie migratrice. I fattori di minaccia più importanti per la specie sono rappresentati dall’alterazione e scomparsa delle aree boscate e dal taglio dei vecchi alberi cavi.

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POIANA COMUNE (Buteo buteo) La poiana è un uccello da preda tipico dell’Europa. Ha una lunghezza tipica tra i 51 e i 57 cm con una apertura alare dai 110 ai 130 cm, rendendolo un predatore di medie dimensioni. Vive nei boschi, ma di solito caccia in territori aperti. Mangia soprattutto piccoli mammiferi e, talvolta, carogne di animali. Generalmente non si spostano in stormi ma possono essere visti insieme durante una migrazione o in un buon habitat. Questo rapace dalle ali ampie ha un piumaggio assai vario e in Europa può essere confuso con il simile falco pecchiaiolo (Pernis apivorus) e con la poiana calzata (Buteo lagopus). La poiana costituisce un solo nido sugli alberi e su rocce isolate. La femmina depone solitamente 2 o 3 (più raramente 1 o 4 ) uova nel nido tra marzo e maggio. La colorazione delle uova è bianca con macchiettature grigie o brune. La cova dura solitamente 34 giorni e si alternano sia i maschi che le femmine. I piccoli restano nel nido per i successivi 4050 giorni. La sua gamma copre la maggior parte dell’Europa e si estende in Asia. Vive in tutte le parti tranne che nelle parti più fredde del suo territorio.

PUZZOLA (Mustela putorius) E’ specie dalle forme moderatamente slanciate, lunghezza testa – corpo 32-45 cm, testa appiattita, muso largo, occhi piccoli, orecchie basse e rotonde, coda lunga (12-19 cm) e peso di 500-1000 grammi. Ha colorazione della pelliccia bruno nerastro con maschera facciale bianca e nera. I maschi sono più pesanti e più lunghi delle femmine. E’ specie che vive in ambienti molto diversi, dagli ambienti umidi, che predilige, alle aree montane forestali e a quelle agricole, fino ad ambienti antropizzati. Di abitudini prevalente notturne, nelle ore diurne si rifugia spesso in tane del terreno o nella fitta vegetazione. Si accoppia, una volta l’anno, in marzo – giugno. La femmina, dopo circa 42 giorni di gestazione, partorisce nella tana 2-12 piccoli (di solito 3-7). I piccoli aprono gli occhi a circa un mese di vita e vengono allattati per circa 4-5 settimane e raggiungono l’indipendenza a 2-3 mesi di età. La maturità sessuale è raggiunta al termine del 1° anno. La longevità registrata in natura è di 4-5 anni. Ha dieta fondamentalmente carnivora, generalista, che include una grande varietà di animali quali roditori, lepri e conigli, anfibi, uccelli ed in minor misura carogne, rettili, pesci, anellidi, molluschi ed insetti. E’ predata occasionalmente dall’Aquila reale e da grossi rapaci notturni. E’ specie minacciata dalle alterazioni ambientali (deforestazione, bonifica di zone umide, canalizzazione di corpi idrici) e dal bracconaggio e presente generalmente con basse densità sul territorio, anche dipendenti dalla locale disponibilità di risorse trofiche e in probabile decremento rispetto al passato. Infine la presenza di popolazioni rinselvatichite di Furetto rappresenta una potenziale minaccia alla sua conservazione, per il rischio di inquinamento genetico.

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QUERCINO (Eliomys quercinus) Il notturno Quercino, agile arrampicatore, è meno arboricolo rispetto agli altri ghiri e si riproduce in cavità, tra le rocce e nei muri. Le sue parti superiori marrone-rossiccio contrastano con le inferiori bianche; possiede una caratteristica mascherina nera sul muso. La coda lunga e pelosa ha la punta bianca e nera e le orecchie sono prominenti. Il corpo è lungo 10-17 cm e la coda 9-15 cm. Si riproduce con una o due cucciolate di 4-6 piccoli tra maggio e agosto. In gran parte vegetariano la sua dieta è composta da gemme, germogli, frutti e noci e talvolta invertebrati.

RANA AGILE (Rana dalmatina) E’ una rana rossa, di dimensioni fino a 9 cm, di colore giallo fulvo o bruno rosato con ventre pallido. Tra le rane rosse italiane è la specie con abitudini più marcatamente terrestri con attitudine per il salto. E’ specie tipicamente forestale, caratteristica di boschi di latifoglie o misti, frequenta anche prati e coltivi fino ai 1600 m. Di costumi prevalentemente notturni, può essere attiva anche in pieno giorno. I siti riproduttivi sono piccoli laghetti o stagni, semplici pozze, vasche e abbeveratoi, con vegetazione abbondante. Il periodo riproduttivo va da metà febbraio ad inizio aprile. I maschi raggiungono il sito prima delle femmine e vi rimangono più a lungo (2-3 settimane). I maschi emettono deboli canti di richiamo; l’accoppiamento è ascellare e dura da qualche ora a più giorni. La femmina rilascia da 600 a 2000 uova in una singola masserella sferica. Le uova schiudono dopo 15-30 giorni. Le larve terminano la metamorfosi dopo circa 2-3 mesi. La maturità sessuale è raggiunta al 3° o 4° anno di età e la longevità in natura è di 9 anni. Le larve sono tipicamente onnivore, mentre gli adulti sono predatori di piccoli invertebrati, soprattutto insetti. Tra i predatori di questa specie vi sono mammiferi, uccelli acquatici e rettili (in particolare le bisce d’acqua).

RICCIO EUROPEO (Erinaceus europaeus) E’ specie con lunghezza testa – corpo 20-30 cm, coda lunga 1-4 cm, rivestita da aculei protettivi lunghi fino s 3 cm con zampe corte e scure. I ricci sono animali comuni in gran parte dell’Europa, che hanno colonizzato persino le maggiori città. Si riproduce atra giugno e settembre con una o due cucciolate fino a sei piccoli. La dieta è composta da lombrichi, lumache, coleotteri e altri invertebrati, uova di uccelli e pulcini, carogne, materiale vegetale e funghi.

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SALAMANDRINA DAGLI OCCHIALI (Salamandrina terdigitata) La salamandrina dagli occhiali è specie abbastanza slanciata, con testa piuttosto lunga ed occhi sporgenti, coda più lunga della testa e del corpo, parti superiori brunastre o nerastre con macchia più o meno triangolare sul capo gialla o vermiglia, ventre pallido con macchie scure, gola nera e parti inferiori delle zampe e della coda degli adulti rosso brillante. Gli adulti misurano dai 7 agli 11 cm compresa la coda. Carattere distintivo è la presenza di 4 dita sulle zampe (anziché 5). E’ specie tipicamente terricola, notturna e attiva con tempo coperto e piovoso. La femmina depone 30 – 60 uova attaccate al substrato o alla vegetazione sommersa. Le uova schiudono dopo una ventina di giorni e terminano la metamorfosi dopo circa 2 mesi. Larve ed adulti si nutrono di piccoli invertebrati; le prime vengono predate da crostacei e larve di grossi insetti, i secondi da piccoli mammiferi, altri anfibi (come il Rospo), serpenti (bisce d’acqua) e pesci.

SCOIATTOLO (Sciurus vulgaris meridionalis) Specie con grande variabilità nella maggior parte del suo areale lo Scoiattolo può essere di vari colori dal rossi, attraverso tutte le sfumature del marrone, al nero, anche se le parti inferiori sono sempre bianche. In inverno, tutte le variazioni assumono un aspetto più grigiastro e si sviluppano prominenti ciuffi auricolari. Gli scoiattoli sono molto agili e passano gran parte del loro tempo tra i rami degli alberi, dove la lunga coda pelosa è usata come organo per l’equilibrio. Tuttavia una certa quantità di cibo è presa a terra, dose essi si muovono con leggeri saltelli. E’ una specie lunga 18-25 cm e coda 20-24 cm. Si riproduce con una o due cucciolate di 3-5 piccoli tra marzo e settembre. La sua dieta è composta da semi, germogli, radici, funghi uova di uccelli e nidiacei.

SPARVIERE (Accipiter nisus) Corpo snello, testa piccola, becco elegante e adunco, tarsi alti e sottili come le dita munite di forti unghie, sono i caratteri propri dello sparviere eurasiatico dal punto di vista della struttura. In lunghezza supera i trenta centimetri, oltre dieci dei quali fanno parte della coda; ciascuna ala è di circa sedici centimetri, e la loro apertura supera i sessanta. Nella femmina, queste misure sono largamente superate: essa è infatti di almeno sei centimetri più lunga, e la sua apertura alare sopravanza quella del

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maschio di oltre dieci centimetri. L’abito degli individui adulti è cinerino scuro nelle parti superiori, bianco con linee ondulate e striature rosso-ruggine nelle inferiori; la coda è segnata da cinque o sei fasce nere ed ha l’estremità bianca. Il becco è azzurro; la cera, i piedi e gli occhi sono gialli. I giovani sono superiormente grigi e inferiormente bianchi: sulla gola e sulla parte anteriore del collo presentano delle striature longitudinali, mentre il ventre e le cosce sono segnati da macchie trasversali. Lo sparviere è diffuso in quasi tutta Europa, eccezion fatta per i Paesi più meridionali, come ad esempio l’Italia, nei quali è uccello di passo, ed abita pure da stazionario la maggior parte dell’Asia centrale. Il nido dello sparviere si trova di solito fra le macchie, sempre ben nascosto e a non grande altezza dal suolo: è formato di ramoscelli secchi, che diventano sempre più fini man mano che si procede verso l’interno, tappezzato con le piume della femmina. Le uova sono in numero variabile da tre a cinque, di media grandezza, a guscio grosso, e normalmente sparse di punte e macchie sul fondo bianco, grigiastro o verdiccio.

TASSO (Meles meles) I tassi sono soprattutto notturni e quindi si incontrano raramente. La strisce facciali sono peculiari e molto visibili alla luce crepuscolare. Ha una corporatura robusta e tozza, lungo 67-80 cm e coda 12-18 cm e ha una piccola testa appuntita e collo corto che si allarga in un corpo robusto, con zampe corte e forti e piccola coda. Si riproduce con una singola cucciolata di 2-4 piccoli tra gennaio e marzo. Animale onnivoro si nutre prevalentemente di lombrichi, insetti, piccoli mammiferi, anfibi, bulbi, cereali e carogne.

TOPORAGNO COMUNE (Sorex araneus) Il toporagno comune è un animale piccolo, attivo e riservato, con muso allungato dalle lunghe vibrisse sensoriali. La pelliccia degli adulti è di tre colori: marrone sul dorso, color panna sulle parti inferiori e nocciola lungo i fianchi. Al contrario i giovani presentano una colorazione dei fianchi meno netta e in generale un aspetto più chiaro e una coda folta con ciuffi di peli ispidi. I Toporagni comuni sono attivi sia di giorno che di notte, per via del metabolismo; il che significa che, ogni giorno, consumano cibo in quantità superiore al 90% del peso corporeo. Ha un corpo lungo 5,5-9 cm e una coda 3-6 cm. Si riproduce fino a quattro cucciolate tra aprile e agosto di 6-7 piccoli. La dieta è composta da vermi, lumache, acari, ragni, coleotteri, piccoli invertebrati e semi.

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TRITONE CRESTATO ITALIANO (Triturus carnifex) Precedentemente considerato una sottospecie del Tritone crestato, recenti studi genetici ne hanno elevato il rango a piena specie. E’ il più grande tritone italiano (fino a 14-18 cm compresa la coda), di colore scuro che si differenzia dal Tritone crestato per le zampe anteriori proporzionalmente più lunghe, la pelle meno verrucosa, l’assenza della punteggiatura bianca sui fianchi e per la presenza di una stria vertebrale chiara, generalmente gialla, spesso presente nelle femmine. Nel periodo riproduttivo i maschi presentano una cresta vertebrale con margine dentellato alta anche più di un centimetro. Le femmine sono più grandi dei maschi. E’ specie presente, in laghi di piccola estensione, stagni, pozze, canali e risorgive, preferibilmente con ricca vegetazione acquatica. La femmina depone fino a 400 uova attaccandole alla vegetazione o alle pietre del fondo. Le uova schiudono dopo circa 2 settimane. Le larve sono predatrici di invertebrati acquatici. Negli adulti la dieta è composta da prede di più grandi dimensioni come insetti, molluschi e anellidi ed anche giovani e adulti di altri tritoni o giovani della propria specie. Tra i predatori delle larve vi sono numerosi insetti acquatici ed i salmonidi.

TRITONE ITALIANO (Triturus italicus) E’ il tritone italiano l’urodelo più piccolo d’Europa (non supera i 9 cm, compresa la coda). Ha colorazione bruna ed è simile al Tritone punteggiato, rispetto al quale si differenzia, oltre che per la taglia più piccola, per la colorazione della gola di un giallo ocraceo più intensa rispetto a quella ventrale, per la ridotta presenza della macchiettatura ventrale, e, spesso, per la presenza di due macchie giallo oro sulla parte dorsale della testa. E’ specie presente fino ai 2000 m e che colonizza fiumare, piccoli laghi, pozze, cisterne e abbeveratoi. Predilige ambienti con abbondante vegetazione acquatica, ma può essere presente in habitat privi o con scarsa vegetazione. Le uova schiudono dopo circa 20-30 giorni e la durata del ciclo larvale è più breve di quella osservata nelle altre specie, spesso condizionata dalla progressiva riduzione e scomparsa dell’acqua. Verso agosto, circa 2 mesi dopo la schiusa, la larva perde le branchie ed abbandona l’acqua. La longevità massima è di 8-10 anni. L’alimentazione è simile alle altre specie di tritoni, ma con tendenza a nutrirsi di specie più piccole. Tra i numerosi predatori delle larve si annoverano numerose specie di insetti acquatici. Salmonidi, bisce d’acqua, alcuni uccelli acquatici e mammiferi sono predatori, sia della fase larvale che di quella adulta.

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VOLPE (Vulpes vulpes) La volpe rossa è il carnivoro più abbondante e diffuso a livello mondiale; è generalmente rosso-marrone, anche se il suo colore può variare dal giallo sabbia a marrone scuro. Le parti inferiori sono in genere bianche o chiare, come la punta della sua lunga e folta coda. Le parti più basse delle zampe e il retro delle orecchie diritte e triangolari sono nerastri. Soprattutto notturna e crepuscolare, ha un corpo lungo 55-90 cm e una coda 30-45 cm. Si riproduce con una singola cucciolata di 4-5 cuccioli tra marzo e maggio. Specie praticamente onnivora si nutre prevalentemente di conigli, roditori, ricci, uccelli e loro uova, coleotteri, vermi e altri invertebrati, granchi, frutta e bacche, carogne e rifiuti alimentari.

Cinghiali sul monte Alpi.

Foto D. Gioia

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Dai tipi I.G.M. - Foglio n. 521 (Lauria) - 522 (Senise) - (Autorizzazione richiesta)


Le risorse archeologiche e paleontologiche Le grotte di Latronico Le grotte di Latronico costituiscono un caposaldo per la conoscenza della Preistoria in Italia Meridionale. Si tratta di quattro cavità, chiamate dagli specialisti “L1 la grotta grande”, L2, L3, L4. Le esplorazioni cominciarono agli inizi del secolo ad opera dell’allora Direttore del Museo Provinciale di Potenza, Vittorio Di Cicco, e di Ugo Rellini, eminente Paletnologo del tempo. Le loro indagini, condotte con metodo di scavo teso solo al recupero di “bel materiale”, stabilirono, che si trattava di un luogo di culto legato alle acque sulfuree. Le ricerche furono poi trascurate, la strada Provinciale n°57 aveva sventrato parte delle grotte. Gli scavi sistematici,

Grotta L1 in loc. Calda di Latronico

Foto B. Niola

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Grotta L2 in loc. Calda di Latronico

Foto B. Niola

eseguiti con un nuovo metodo detto “stratigrafico”, ripresero fra gli anni ’70 e ’90, ad opera della Soprintendenza e dell’Università di Pisa; è stato possibile stabilire che le cavità erano abitate fin dal Mesolitico (8000 a.C.) e che sono state abbandonate dopo il 2000 a.C. (Eneolitico). Il complesso è visibile in contrada Calda. Il territorio di Latronico viene rioccupato nell’età del ferro, tra VII e V secolo, da gruppi indigeni di stirpe Enotria che praticano agricoltura e pastorizia, stanziandosi sulla vasta area di Colle dei Greci. Le ricerche hanno messo in luce alcune aree di necropoli più consistenti quelle risalenti al V secolo, segno di un incremento demografico. Per ora nessuna traccia di abitato, ciò a causa della preliminarietà delle ricerche. I reperti sono conservati in parte nel Museo di Policoro, parte nel Museo Civico di Latronico.

Vittorio Di Cicco

Il museo archeologico Inaugurato nel 1996, consta di quattro sale, di cui due espositive. Dopo l’ingresso, nella sala di Ugo Rellini

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La vecchia mulattiera utilizzata da secoli per condurre al pascolo mandrie e greggi sul Monte Alpi, attraverso il Bosco Favino. Foto G. Braschi

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Istioforide di Monte Alpi

Foto di B. Niola ed elaborazione grafica di D. Gioia

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sinistra sono esposti i reperti messi in luce durante gli scavi delle grotte: ceramica, ossa, industria litica, strumenti in selce. L’esposizione è corredata da precise ed esaurienti didascalie, pannelli luminosi esplicativi e fotografie. La sala di destra espone reperti provenienti dalle sepolture di Colle dei Greci; in una vetrina lo scheletro restaurato con i reperti così come si presentavano al momento del ritrovamento. Pannelli esplicativi e foto luminose contestualizzano i reperti esposti.

L’istioforide In località Solarino di Iannazzo, una contrada del Comune di Latronico, a 980 metri di quota giace un reperto fossile di grande interesse scientifico e di notevole valore culturale. Il fossile fu segnalato per la prima volta da ORTOLANI nel 1982 e successivamente da TADDEI & SIANO e da CRAVERO et alii nel 1996 allorché fu classificato come un Istioforide del genere Makaira. L’Istioforide di Monte Alpi rappresenta un reperto eccezionale: un pesce vela vissuto nel mare miocenico oltre dieci milioni di anni fa. Il fossile affiora su una superficie di strato costituita da una calcarenite marnosa grigiastra che contiene abbondanti resti di pesci disarticolati, cetacei, lamellibranchi ed echinidi. La sagoma mostra una sezione sagittale; si sviluppa in senso antero-posteriore (rostro-regione caudale) per circa 235 cm e in senso dorso-ventrale (pinna dorsale pinna ventrale) per circa 95 cm; il rostro, a conformazione cilindrica, dello spessore medio di 1.5 cm, misura circa 30 cm (1/8 della lunghezza complessiva). La regione cefalica si presenta schiacciata con spostamento dei frammenti delle ossa craniche; le vertebre si rinvengono pressappoco in posizione anatomica (circa una ventina individuate, altre probabilmente migrate si trovano in posizione più eccentrica); individuata la presenza di due pinne dorsali e di una pinna ventrale la regione cauda-


Il serbatoio dell’Acquedotto della Sorgente Fontanelle, in località Difesella, sopra Latronico.

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Foto G. Braschi


Le presenze archeoindustriali Le cave e le miniere In comune di Castelsaraceno sono da segnalare la cava di “Frusci”, sul versante occidentale del massiccio, da cui si estraeva una pietra basaltica dal caratteristico colore nero e, in località “Armizzone”, una miniera da cui si estraeva catrame tramite una galleria, ora per la maggior parte crollata. Quest’ultima, entrata in funzione all’inizio del secolo, venne sfruttata fino alla metà degli anni ’50, epoca dopo la quale è stata abbandonata. La miniera di catrame di Castelsaraceno rappresentava un unicum nel quadro delle attività estrattive del territorio. In comune di Latronico invece, sempre nel territorio del massiccio dell’Alpi, sono presenti due cave, una sul versante meridionale in località Solarino da cui si estrae un calcare fossilifero di colore grigio chiaro, e un’altra dimessa che forniva una qualità di marmo che in passato è stata impiegata nei portali degli edifici di pregio.

La centrale idroelettrica La ricchezza delle acque della contrada Calda di Latronico, dapprima sfruttata come fonte diretta di energia motrice di opifici (mulini e filande), ha dato impulso alla fine della prima metà degli anni ’20, alla realizzazione di una centrale idroelettrica per elettrificare il centro abitato di Latronico. Grazie agli appoggi che l’on. Michele Gioia aveva negli ambienti di casa Savoia, nacque in quegli anni la S.A.E.L. (Società Anonima Elettrica Latronichese) il cui capofila era il sig. Pietro Gioia fratello del deputato. La centrale fu interamente costruita da maestranze locali mentre l’installazione dei generatori (turbine ad acqua) e degli alternatori furono diretti da tecnici specializzati tedeschi della casa costruttrice “Ganz”. Una delle turbine è esposta nell’atrio della sede ENEL di Lauria. Il 1° luglio 1926 gli impianti furono inaugurati e attivati ufficialmente e, 77


Centrale idroelettrica - Foto degli anni ‘20

Gentilmente concessa dalla Fam. Mitidieri

unitamente al centro abitato di Latronico fu “energizzata” anche la frazione Calda. Successivamente fu esteso il servizio di energia elettrica ai comuni di Carbone, Calvera, Teana, Fardella, Chiaromonte e Castelsaraceno. La crescita delle attività e delle utenze produsse una richiesta notevole di energia e per far fronte a tale domanda fu costruita una grande vasca di raccolta per alimentare i generatori nelle ore di punta. La vasca di accu-

Centrale idroelettrica oggi

Foto di B. Niola

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Vasca di raccolta acqua per alimentazione centrale idroelettrica

Foto di B. Niola

mulo venne realizzata a monte della condotta premente nel nucleo abitato di Calda. Nel 1953 la S.A.E.L. venne rilevata dall’imprenditore sig. Giuseppe Mitidieri che ristrutturò gli impianti; l’azienda venne assorbita dall’ENEL nel 1971.

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I ruderi del Ponte ottocentesco sul torrente Fiumitello Dalla frazione Nocella seguendo una pista interpoderale che porta in località Cilento si trovano i suggestivi ruderi di un vecchio ponte ad arcate in pietra. Alla fine dell’800 venne costruito per superare le acque del torrente Fiumitello, affluente del Sinni, lungo il primitivo tracciato della SS Sapri Ionio. In seguito a un movimento franoso una campata crollò e si decise di cambiare percorso; il tracciato fu poi modificato per la franosità del terreno argilloso. La SS 104 Sapri-Ionio fu quindi deviata lungo un tracciato più sicuro, quello attuale. A ricordo del vecchio tracciato è rimasta oggi la denominazione ufficiale “Vecchia statale abbandonata”. I ruderi visibili oggi rappresentano un interessante testimonianza di ingegneria civile di inizio secolo scorso, che conferisce un particolare fascino al paesaggio.

I suggestivi ruderi del ponte sul torrente Fiumitello.

Foto G. Braschi

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Particolare dell’arcata rimasta in piedi.

Foto G. Braschi

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Episodi briganteschi Il monte Alpi è stato luogo anche di episodi briganteschi avvenuti nel periodo post-unitario; ci limiteremo qui a raccontare tre episodi avvenuti a Malboschetto di Latronico documentati da G. Rizzo e A. La Rocca nel libro “La banda di Antonio Franco”. Durante i primi anni del brigantaggio, tra il 1861 e il 1862, agiva nel Lagonegrese un brigante di Latronico, un certo Nicola Maria De Luca, conosciuto col soprannome di Scaliero. I componenti della sua banda arrivavano a 12 e confluiranno successivamente in quella di Antonio Franco. Si ricorda Egidio Maturo (Pettinicchio), Nicola Sammartino (Maiorano), Francesco Saverio Cocchiararo (Canonaco o Cazzisci), Antonio Filardi, Egidio Tucci (Contristo), Francesco Viola (Pedatella), Saverio Sisinni (Volpacchio). Dei primi due episodi che narriamo sono protagonisti i briganti della banda dello Scaliero. Nelle ore pomeridiane del 23 settembre 1861, in contrada Grampollina,

Gruppo di briganti - Foto d’epoca

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tenimento di Lauria, i briganti assalgono la casa di Giovanni Manfridelli e, minacciando il suddetto proprietario e la moglie, rubano 15 ducati e commestibili. Altri cinque briganti forzano la porta di una casa vicina, appartenente a Domenico Manfridelli e si portano via un fucile, tre piastre e anche delle cose da mangiare. L’assalto dei banditi accade in pieno giorno e attira la Guardia Nazionale. Avviene un conflitto a fuoco, ma i banditi si nascondono a Malboschetto di Latronico. Il secondo episodio avviene il 28 febbraio 1862 sempre a Malboschetto, dove vengono aggrediti Vincenzo e Giuseppe Papaleo, padre e figlio, sempre dalla banda Scaliero la quale si era ingrossata “di 24 o 25 individui”. I due Papaleo vengono derubati di fucili e munizioni e obbligati a seguire i briganti. Portati in una località del bosco i due sequestrati capiscono che lo Scaliero potrebbe essere incline a ucciderli, ma per interposizione di un altro brigante, Cocchiararo, vengono lasciati liberi. L’ultimo episodio riguarda il giovane Egidio Antonio Mitidieri, operaio che lavorava ad una strada rotabile tra Lauria e Latronico. La sera del 2 ottobre 1862, in località “Cinque Cerri” di Malboschetto viene fermato da una banda di banditi formata da 10 o anche 12 masnadieri, probabilmente calabresi. Al Mitidieri viene intimato di consegnare una lettera al Tenente Maturo, stretto collaboratore del Capitano delle Guardie Nazionali Gennaro Iannarelli. La lettera, a firma di Antonio Franco, ha un contenuto spavaldo e provocatorio: si minaccia di mettere a ferro e a fuoco le case di tutti i liberali di Latronico e si lancia una sfida contro Maturo e Iannarelli: “se avete coraggio, venite nel bosco e ce la vedremo corpo a corpo”. La lettera arriva dapprima nelle mani del Tenente Maturo, poi del Supplente Giudiziario del suo comune e infine nelle mani del Giudice Mandamentale di Chiaromonte. Alla fine tutto si conclude con un nulla di fatto. Il sospetto è che si tratterebbe di una simulazione inventata dagli stessi Maturo e Iannarelli per far accrescere il loro prestigio di persecutori di briganti. Sicuramente altri episodi sono accaduti nei boschi di monte Alpi, basti pensare che, oltre alla banda dello Scaliero, lo studioso Pietro Varuolo autore del libro “Il volto del brigante” elenca ben 26 briganti nel comune di Castelsaraceno tra cui il famoso Egidio Florio sulla cui testa pendeva una taglia di L. 9.000. 83


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Dai tipi I.G.M. - Foglio n. 521 (Lauria) - 522 (Senise) - (Autorizzazione richiesta)


ATTIVITÀ SPORTIVE

Quando partite in escursione lasciate detto sempre a parenti, amici o gestore del rifugio la meta e l’itinerario previsto, in modo che possano dare l’allarme in caso di ritardo eccessivo.

L’escursionismo (a cura di Giorgio Braschi)

IN CASO DI INCIDENTE... chiama ai seguenti numeri:

118 / 349.18.60.842

Sentiero 1 SENTIERO BOSCO FAVINO - MONTE S. CROCE - M. ALPI Attrezzatura consigliata: scarponcini da montagna e abbigliamento adatto alla stagione prescelta. Zainetto con borraccia per acqua o bibite e merenda, mantellina impermeabile, binocolo e macchina fotografica con funzione macro per fotografare fiori e insetti. Stagioni ideali: primavera per le fioriture e autunno per i colori e la limpidezza dell’aria che permette di apprezzare meglio i panorami aperti su orizzonti vastissimi. Parcheggiata l’auto nell’ampio piazzale di parcheggio in località Favino, si raggiunge con una breve camminata su stradella l’omonimo rifugio. Qui, sulla sinistra, segnalato dai caratteristici segnavia bianchi e rossi del CAI, inizia il sentiero che ci porterà sulla vetta del Monte Alpi. Il primo mezzo chilometro di percorso si snoda nella faggeta con un tracciato ampio, comodo e poco ripido. Proseguendo, la salita si fa più impegnativa e

Lungo il sentiero n.1, nella parte alta del Bosco Favino. Foto G. Braschi

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la lunga e ariosa cresta del Monte Santa Croce, dal Monte Alpi.

Foto G. Braschi

il sentiero diviene più stretto e roccioso; si cammina sempre all’ombra della folta e suggestiva faggeta. Ogni tanto strani faggi contorti o monumentali gruppi di rocce rompono la monotonia della salita in un ambiente forestale che sarebbe altrimenti sempre uguale. Dopo circa un chilometro e mezzo la faggeta diviene più bassa e luminosa e si incontra una piccola sorgente che, quando è sistemata, permette di rifornirsi d’acqua. A volte il bestiame danneggia la captazione per cui non ci si può fare affidamento; conviene quindi portarsi sempre dietro la scorta d’acqua. Si aggira la sorgente con un ampio tornante e dopo qualche centinaio di metri si esce dal bosco; il sentiero si inerpica su un tratto di prato roccioso e in breve si raggiunge la lunga cresta orientale a quota m 1740. Qui ci accolgono delle monumentali rocce calcaree rossastre, con forme curiose scolpite dagli agenti atmosferici; il panorama si apre sulle sottostanti vallate del Racanello, del Fiumitello e del Sinni. Dopo un breve tratto quasi pianeggiante il percorso inizia a salire seguendo sempre il culmine della cresta; belle formazioni di roccia stratificata strapiombano ripide a destra, mentre salendo il paesaggio si apre sempre di più su orizzonti sconfinati e luminosi. A terra, tra i sassi, si trovano grossi pezzi di selce nera, provenienti dalla disgregazione dei noduli inglobati 86


nelle rocce calcaree circostanti. Raggiungiamo in breve la vetta più alta, m 1895, delle due vette gemelle del Monte S. Croce; un brutto traliccetto rugginoso circonda il punto trigonometrico dell’IGM, l’Istituto Geografico Militare, riportandoci alla mente i tempi in cui i cartografi usavano rudimentali ma precisi strumenti ottici poggiati su questi punti per elaborare le loro mappe... con satelliti, foto aeree, computer e strumentazioni laser, oggi non è più necessario che un cartografo sia anche un alpinista. In pochi minuti percorriamo il sentiero scavato tra bianche rocce che unisce le due vette: ormai la cima del M. Alpi si erge di fronte a noi come una aguzza piramide e ci invita ad affrettare il passo per raggiungerla. Il paesaggio è superbo: a destra, sotto di noi, il manto verdeggiante del Bosco Favino si perde lontano, verso il chiarore delle case di Castelsaraceno e la scura mole del M. Raparo distesa all’orizzonte; a sinistra il baratro della valle del Sinni, chiuso dai ripidi fianchi boscosi della dorsale M. Zaccana - Serra La Spina. Con alcuni piccoli tornanti il sentiero discende ai 1824 m della sella che separa il Monte S. Croce dal Monte Alpi; la sella è ammantata da un folto prato dove non è difficile trovare le tracce di frequentazione dei cinghiali. In primavera tutte le rocce circostanti sono punteggiate dal delicato colo-

Dalla vetta del Monte Santa Croce, verso quella dell’Alpi.

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Foto G. Braschi


Finalmente abbiamo raggiunto la vetta del Monte Alpi.

Foto G. Braschi

re viola dei crochi. Ci restano ora da percorrere gli ultimi seicento metri circa che separano la sella dalla vetta; il sentiero è accidentato e appena visibile, tra pietre e rocce calcaree grigio chiare che costringono a tenere gli occhi a terra per non inciampare. A tratti la roccia è interessata da profonde fenditure, i cosiddetti “campi solcati”, tipici fenomeni carsici di superficie che testimoniano la natura calcarea di questa parte della montagna. Finalmente si raggiunge la vetta: siamo a 1908 m s.l.m. e la vista spazia su orizzonti infiniti a 360°; solo verso Est il Monte S. Croce ostacola un po’ lo sguardo. Qualche coppia di corvi imperiali frequenta queste vette e non è difficile vedere questi superbi volatili avvicinarsi alla cima in cerca di avanzi di cibo lasciati dai gruppi di escursionisti domenicali. Anche noi consumeremo la nostra meritata merenda, ma avremo cura di non lasciare traccia del nostro passaggio. Il ritorno si svolge lungo lo stesso percorso, ovviamente con tempo e fatica molto minori. 88


Sentiero 2 SENTIERO DELLA VECCHIA CAVA E DEI PINI LORICATI DI MONTE ALPI Attrezzatura consigliata: scarponcini da montagna e abbigliamento adatto alla stagione prescelta. Zainetto con borraccia per acqua o bibite e merenda, mantellina impermeabile, binocolo e macchina fotografica con funzione macro per fotografare fiori e insetti. Stagioni ideali: primavera per le fioriture e autunno per i colori e la limpidezza dell’aria che permette di apprezzare meglio i panorami aperti su orizzonti vastissimi. Parcheggiata l’auto presso il Rifugio dell’Armizzone, si risale la stradella per circa duecento metri, fino ad imboccare la pista sterrata che si dirama a sinistra. Questo tratto iniziale attraversa un rimboschimento a Pino nero che dopo qualche centinaio di metri lascia il posto ad una rada e bassa faggeta; il Monte Alpi domina maestoso il bosco, di fronte a noi.

L’itinerario n.2 si svolge sul versante Nord del monte Alpi. Al centro della zona in ombra sono evidenti la stradella della vecchia cava abbandonata e la cava stessa, più chiara sulla destra. Foto G. Braschi

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Appena usciti dal bosco lo sguardo inizia a spaziare su un ampio panorama dominato dalla frastagliata mole rocciosa dell’Armizzone. Foto G. Braschi

Lo scavo della strada ha lasciato scoperte le radici dei faggi a sinistra; in qualche caso le radici scoperte si sono col tempo trasformate in curiosi tentacoli di mostruosi alberi-piovra, che a tratti rompono la monotonia del cammino.

La vecchia cava di pietra abbandonata; la vegetazione sta lentamente rinaturalizzando il luogo.

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Foto G. Braschi


Lo spettacolare dosso panoramico alla fine del percorso.

Foto G. Braschi

Si continua a seguire la pista, sempre molto evidente, fino ad un canalone roccioso dove, tra grossi massi, si trova un bivio: si prosegue sulla sinistra; dopo poche decine di metri la stradella esce dalla faggeta e lo sguardo si apre finalmente su un ampio e luminoso panorama. L’aspro e roccioso Armizzone domina i boschi della Ganca di Campo Longo, sotto di noi, mentre il Raparo chiude lontano l’orizzonte. Da questo punto in poi la stradella percorre quasi orizzontalmente il ripido pendio settentrionale del Monte Alpi, quasi sempre scavata nella viva roccia. Percorso poco meno di un chilometro si raggiunge la vecchia cava, da cui è stata estratta fino ad alcuni decenni fa la grigia “pietra di Latronico”. Sull’ampio e lungo piazzale giacciono ancora grandi blocchi di pietra compatta mentre erbe ed arbusti stanno ridando al fronte di cava un aspetto naturale. Sorbi, carpini, salici, ornielli e persino qualche piccolo esemplare di Pino loricato, frammisti ai faggi, rendono la vegetazione molto varia e interessante. Superata la cava, la pista prosegue in discesa per poche decine di metri, fino ad un piccolo piazzale in prossimità di un tornante; qui si lascia la pista e si imbocca il sentiero che prosegue diritto verso la aperta cresta Nord dell’Alpi. Il sentiero ci porta subito fuori dal bosco, sulla cresta rocciosa, al cospetto di un panorama mozzafiato.

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Dal dosso panoramico alla fine del percorso, si può ammirare la folta rinnovazione di Pino loricatotra le macchie di faggi e i ripidi prati della Parete Ovest dell’Alpi. Foto G. Braschi

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Sempre dallo stesso dosso panoramico, nelle giornate più limpide si riesce a vedere la sagoma scura dell’Isola di Stromboli all’orizzonte. Foto G. Braschi

Sotto di noi si estende in tutta la sua ampiezza la Valle di Cogliandrino con il lago omonimo; all’orizzonte, chiuso a sinistra da Serra La Spina e a destra dal Sirino, si vede tra i monti l’azzurro del Golfo di Policastro e, quando l’aria è più limpida, la sagoma scura di Stromboli sull’orizzonte del mare. A sinistra i ripidissimi prati interrotti da rupi, dell’imponente Parete Ovest di Monte Alpi precipitano verso i pascoli che si estendono quattrocento metri sotto di noi... un panorama spettacolare, impreziosito dalla presenza dei Pini loricati sulla grande parete. I pini qui sono al limite Nord-occidentale del loro areale e si presentano con un ricco popolamento di esemplari d’ogni età, dai giovani esemplari che punteggiano i ripidi prati, ai vetusti, grandi pini monumentali che dominano sulle rocce più in alto. Per osservare meglio i pini più grandi e l’imponente parete, conviene scendere lungo la cresta per pochi metri e risalirla sul piccolo dosso che segue: lo spettacolo è superbo. Per godere in pieno questo panorama finale, è opportuno percorrere l’itinerario nel tardo pomeriggio, calcolando, ovviamente, il tempo di ritorno entro il tramonto.

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Sentiero 3 SENTIERO ITALIA (tappa 22): LATRONICO - FRUSCI E MONTE ALPI Attrezzatura consigliata: scarponcini da montagna e abbigliamento adatto alla stagione prescelta. Zainetto con borraccia per acqua o bibite e merenda, mantellina impermeabile, binocolo e macchina fotografica con funzione macro per fotografare fiori e insetti. Stagioni ideali: primavera per le fioriture e autunno per i colori e la limpidezza dell’aria che permette di apprezzare meglio i panorami aperti su orizzonti vastissimi. Questo itinerario è la Tappa n.22 del Sentiero Italia, che risale tutto il nostro Paese dalla Sicilia alle Alpi. La segnaletica a tutt’oggi è praticamente inesistente ma è in programma la sua realizzazione in tempi brevi. Finchè i segnavia non saranno ripristinati e realizzati,ove mancanti, il percorso è consigliato ai soli escursionisti esperti. Lasciato Latronico lungo la stradella che porta verso il serbatoio dell’acquedotto, si raggiunge la strada asfaltata che porta alla loc. Salicone e la si segue per circa quattrocento metri; si imbocca quindi a sinistra la stradel-

Le vette del cuore del Massiccio del Pollino viste dal tratto iniziale del Sentiero Italia che sale da Latronico sul monte Alpi. Al centro è visibile Latronico e, più lontana, la frazione Agromonte. Foto G. Braschi

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L’ampio vallone lungo cui si snoda l’itinerario n.3, nel tratto dalla località Salicone alla spalla di valico, da dove poi si scende verso i Frusci. Foto G. Braschi

la sterrata che si dirige verso il centro del vallone formato dalle imponenti pareti rocciose che terminano con le vette del Monte S. Croce e del Monte Alpi. Dopo circa seicento metri la stradella si collega con quella proveniente da destra, dalle bianche cave abbandonate della loc. Salicone; alle cave è possibile lasciare l’auto, nel caso si voglia accorciare il percorso da fare a piedi. La stradella comincia a salire tra massi e cespugli di leccio fino alla captazione dell’acquedotto della Sorgente Fontanelle; qui la stradella diviene una semplice mulattiera che continua a risalire il vallone con stretti tornanti, alla base dei ghiaioni sottostanti i fianchi rocciosi che incombono maestosi sulla destra. Attraversati alcuni terrazzamenti di rimboschimento, si raggiunge intorno a quota 1560 la grande fontana della Sorgente Gavitone, in una bella radura tra i faggi. Ormai il sentiero si snoda nella faggeta, con una suggestiva alternanza di di radure contornate da faggi monumentali e tratti di bosco fitto. A quota 1660 circa si esce dalla faggeta sulla spalla che unisce il Monte Teduro alla vetta di Monte Alpi. Diramazione per la vetta di Monte Alpi Da quota 1660 si raggiunge la vetta di Monte Alpi con un percorso non obbligato tra le brulle pietraie dello spallone meridionale; qualche traccia di bestiame aiuta la salita che, dopo circa un chilometro ci porta ai 1908m 95


La Fontana Gavitone appare circondata da un ambiente dolomitico.

Foto G. Braschi

della vetta. Il panorama, vastissimo, è mozzafiato e ripaga ampiamente la fatica della salita. Lo stesso percorso ci riporta indietro a quota 1660, sulla spalla che unisce il Monte Teduro alla vetta di Monte Alpi. Da quota 1660, quasi al fondo di un prolungamento dei brulli prati di vetta che discende all’interno della faggeta, troviamo l’ingresso del sentiero che scende nel bosco, in prossimità di un piccolo ometto di sassi. Da lì il percorso scende serpeggiando nella faggeta pura, a tratti tra suggestivi massi di brecce calcaree, fino ad una radura invasa da piantine di sambuco e abbruttita purtroppo da un vecchio rudere di blocchetti di cemento.

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La parte alta del percorso si snoda tra belle radure contornate da faggi monumentali.

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Foto G. Braschi


La faggeta si alterna ad aperte radure sulla spalla di valico.

Foto G. Braschi

Scendiamo lungo la radura e all’improvviso lo sguardo si apre sui primi bastioni rocciosi della grandiosa Parete Ovest del monte; su una rupe appare un Pino loricato, il primo che riusciamo a vedere dall’inizio dell’escursione. Il sentiero, a tratti piuttosto impervio, esce dalla faggeta sui grandi ghiaioni del Piede d’Alpi; l’immane parete incombente coi Pini loricati abbarbi-

L’ultimo lembo di faggeta si arrampica verso la vetta del Monte Alpi.

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Foto G. Braschi


Dalla spalla di valico la discesa si svolge nella fitta faggeta; la prima radura ci permette di ammirare eleganti esemplari di Pino loricato sulla Parete Ovest dell’Alpi. In basso vediamo la località di arrivo, ai Frusci. Foto G. Braschi

cati alle rocce, massi giganteschi e alti e folti cespugli d’agrifoglio, rendono l’ambiente di quest’ultimo tratto veramente grandioso. Finiti i ghiaioni, si attraversa un tratto di pascolo e in breve si raggiunge la stradella sterrata che in meno di un chilometro ci porta alla loc. Frusci.


Splendidi esemplari di Pino loricato abbarbicati alle rocce della Parete Ovest dell’Alpi, sopra la località Frusci, la mèta del nostro percorso. Foto G. Braschi

L’ultimo tratto di sentiero si snoda sui pascoli della località Piede d’Alpi.

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Foto G. Braschi


Sentiero 4 SENTIERO MALBOSCHETTO - CANALE DEL GRILLONE Questo suggestivo sentiero, realizzato dal Comune di Latronico col finanziamento dell’Ente Parco Nazionale del Pollino, è costituito da due itinerari di diverso interesse e di diversa difficoltà: - il Sentiero Malboschetto vero e proprio, semplice da percorrere, a carattere - didattico, adatto a tutti; - il Sentiero Malboschetto - Canale del Grillone, impegnativo sia dal punto di - vista fisico per il dislivello, che della difficoltà, per il tracciato a tratti - accidentato; è però spettacolare e molto panoramico. Attrezzatura consigliata: scarponcini da montagna (per il solo tratto del Malboschetto sono sufficienti scarpe comode) e abbigliamento adatto alla stagione prescelta. Zainetto con borraccia per acqua o bibite e merenda, mantellina impermeabile, binocolo e macchina fotografica con funzione macro per fotografare fiori e insetti. Stagioni ideali: primavera per le fioriture e autunno per i colori e la limpidezza dell’aria che permette di apprezzare meglio i panorami aperti su orizzonti vastissimi (quest’ultima caratteristica è riferita solo al tratto che porta al Canale del Grillone; i tratti nel Malboschetto, infatti, sono all’interno del bosco e non offrono panorami).

Il Malboschetto è in effetti una estesa foresta di cerri e faggi, di grade valore botanico e forestale.

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Foto G. Braschi


Il Rifugio la Faggeta, seminascosto dai grandi faggi che predominano nel Malboschetto, da questa quota in su. Foto D. Gioia

Sentiero Malboschetto Il Sentiero del Malboschetto è un ”sentiero natura” realizzato per ammirare il suggestivo ambiente forestale creato dalla presenza di cerri e faggi nella località omonima. Per questo motivo è attrezzato con segnaletica e tabelle illustrative che ne consentono la percorrenza anche alle persone meno esperte. La fruizione è inoltre facilitata e resa più sicura e confortevole dalla presenza del Rifugio la Faggeta, di un ricovero forestale, e dal fatto che gran parte del percorso si snoda su tratti di ampie stradelle forestali. Il punto di partenza è all’ingresso Bosco Malboschetto della stradella forestale che si inoltra nel bosco al Km 62+500 della SS 104 ”Sapri - Ionio”, a meno di mezzo chilometro dopo la località Iannazzo, provenendo da Latronico. Risalendo la pista forestale per circa due chilometri troviamo a circa quota 1050 il Rifugio La Faggeta, presso le Sorgenti Fagosa. Al cancello d’ingresso della pista e lungo il percorso, si trovano le indicazioni che permettono di seguire due comodi sentieri ad anello di qualche chilometro nell’area del rifugio. 102


Il fittissimo e vario sottobosco che si trova alle quote pi첫 basse, dove domina il Cerro.

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Foto D. Gioia


La Fontana Fagosa, nei pressi del Rifugio; l’area è attrezzata per pic-nic.

Foto D. Gioia

Il bosco, costituito quasi esclusivamente da cerri (alcuni monumentali), aceri e carpini, è suggestivo ed interessante per la ricchissima flora del sottobosco; nella parte più alta, ad esempio vicino al rifugio, cominciano a vedersi i faggi, che, salendo di quota, diventano sempre più numerosi, sostituendo gradualmente i cerri (come si potrà osservare, percorrendo l’itinerario per il Canale del Grillone). Il ritorno si effettua percorrendo la stessa pista dell’andata. Sentiero Malboschetto - Canale del Grillone Fino al Rifugio La Faggeta il percorso è lo stesso del Sentiero Malboschetto. Dal rifugio si segue la pista forestale che si dirige verso Nord, fino ad imboccare il sentiero sulla sinistra che ci porta fuori dal bosco in località Tamburieddo. Siamo alla base delle aspre e ripidissime pareti rocciose che chiudono a Sud la lunga bastionata del Paretone Ovest del Monte Alpi. Risalito un breve tratto di stradella rurale, si prosegue sul sentiero, sempre più accidentato ma evidente, che si arrampica lungo un imponente cana104


Le aspre pareti rocciose in località Mastrocola, all’estremità meridionale del grande Paretone Ovest dell’Alpi. Il Canale del Grillone è visibile all’estrema destra. Foto G. Braschi

lone, il Canale del Grillone. L’ambiente è di imponenza alpina e il panorama che si apre su tutta la vallata sottostante diviene sempre più ampio. Raggiungiamo così la spalla rocciosa di valico, a circa 1250 m di quota; il paesaggio è superbo: lo sguardo domina le valli del Cogliandrino e del Sinni, le cime della Serra La Spina, della Zaccana, più lontane quelle del Pollino, alle spalle quella del Monte Alpi e sotto di noi la verde distesa del Malboschetto. Il sentiero, indicato dai soliti segnavia rossi, prosegue in leggera salita a mezzacosta, fino a congiungersi con la stradella forestale del Bosco Teduri, che si segue fino a trovare l’indicazione per la Sorgente Cacamele, a circa 1330 m di quota; la sorgente sgorga ad una cinquantina di metri di distanza, poco sotto la stradella. Da questo punto si può proseguire lungo la pista forestale fino al Bosco Teduri; qui, collegandosi all’Itinerario n.3, si può raggiungere facilmente la vetta del Monte Alpi. Se invece scendiamo per qualche centinaio di metri lungo la stessa stradella, raggiungiamo il Parcheggio ”Canale del Grillone”; il parcheggio, dopo i necessari lavori di ripristino dello stesso e della strada ”Teduri”, sarà servito da un servizio di bus-navetta che permetterà di tornare al cancello d’ingresso del Malboschetto, all’inizio del percorso. 105


Il Parapendio Il massiccio di Monte Alpi è particolarmente vocato per effettuare voli in parapendio. Chi intende provare l’ebbrezza di un volo può rivolgersi all’esperto pilota Giuseppe Cirigliano alias Peppone (cell. 349.75.74.224) di Castelsaraceno. Denominazione del volo: Falapato Consigliato a: principianti Decollo: Monte Falapato – casolare Quota decollo: m 1230 slm Atterraggio: Loc. Cascini Quota atterraggio: 885 slm Denominazione del volo: Armizzone Consigliato a: principianti Decollo: Monte Armizzone Quota decollo: m 1350 slm Atterraggio: Loc. Pantano grande Quota atterraggio: 1200 Denominazione del volo: Alpi Consigliato a: esperti Decollo: Sotto la sorgente Acquasegreta Quota decollo: m 1500 slm Atterraggio: Loc. Piede d’Alpi Quota atterraggio: 1050

Voli in parapendio

Foto di G. Cirigliano

Voli in parapendio

Foto di G. Cirigliano

Castelsaraceno vista da un volo in parapendio

Foto di G. Cirigliano

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L’arrampicata sportiva La falesia di Monte Armizzone (a cura di Graziano Montel, Guido Gravame) Come si arriva: Raggiungere Castelsaraceno dalla SS 598 (Val d’Agri) o dall’autostrada Salerno-Reggio Calabria, uscita Lauria Nord. Da qui continuare a salire verso il monte Armizzone sino ad un bivio con indicazioni a sinistra per Bosco Favino. Dopo qualche chilometro si raggiunge il rifugio al margine del bosco, 100 mt prima posteggiare; le pareti sono dietro di voi.

Arrampicata - Foto di G. Cirigliano

Fase di discesa - Foto di G. Cirigliano

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Il curioso e accidentato scoglio calcareo dell’Armizzone. Lungo queste articolate pareti rocciose si snodano diverse vie di arrampicata sportiva. Foto G. Braschi

ATTENZIONE! Questa falesia si trova al limite del Parco Nazionale del Pollino; si raccomanda, come sempre, massimo rispetto dell’ambiente; ricordate di portare via tutta la spazzatura, comprese le cicche di sigaretta. E’ una falesia prettamente estiva sia per l’altitudine sia per il vento sempre presente. La falesia è posta sulla parete Sud del monte Armizzone ed offre placche tecniche ma anche lunghi tetti e strapiombi. Attualmente sono stati attrezzati solo una decina di itinerari, ad opera del Progetto Natura Verticale con parte del materiale fornito dal Comune di Castelsaraceno. Poco lontano vi è il paretone del Monte Alpi e alla sua base, un giardino di massi per gli amanti del Bouldering. 108

Profilo antropomorfo sull’Armizzone. Foto di G. Cirigliano


Le vie alpinistiche di ghiaccio e misto parete Nord Santa Croce (a cura di Graziano Montel, Ciccio Ippolito e Guido Gravame) Le relazioni delle vie sono state effettuate al momento dell’apertura, occorre tener presente che le condizioni climatiche, del ghiaccio e del manto nevoso possono sensibilmente cambiare variando di molto le difficoltà delle vie e le possibilità di protezione. Prima di affrontare questi itinerari controllate le previsioni metereologiche e il rischio valanghe. AVVICINAMENTO: Alle spalle del rifugio Armizzone parte un largo sentiero che porta attraverso il bosco direttamente alla neviera sotto la parete del monte Alpi, salire o scendere lungo la neviera a seconda dell’attacco degli itinerari scelti. Una volta preso il sentiero tenersi sempre sulla destra seguendo la staccionata sino ad un evidente slargo, di qui continuare dritto in salita e continuare ancora dritto quando il seniero si biforca, sino a raggiungere la neviera. MONTE ALPI - SANTA CROCE - VERSANTE NORD 1 Via normale/ritorno 2 Anfiteatro 3 Il cervo 4 Vivi e la scia vivere

5 momento morì 6 Hansel e Gretel 7 Titanic 8 Nosteratu

9 L’orco 10 Terra di mezzo 11 Coitus interruptus 12 Together again

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13 MaMaVi


Per gli itinerari che partono all’estrema destra può essere più conveniente seguire dall’evidente slargo il sentiero che si stacca a dx in discesa e conduce al balcone che attraversa la parete sino al belvedere DISCESA: Dalla vetta seguire la cresta sommitale sino a ridiscendere nella neviera che vi porta all’attacco delle vie 1.Via del Corvo Attacco: Giunti nella neviera risalirla sino a quando si allarga e in corrispondenza di un gruppo di faggi isolato si attacca la via. Sviluppo: Seguire il largo canale sfruttando per assicurarsi la parete rocciosa a sinistra. verso metà del canale ci si sposta sulla destra in corrispondenza di un risalto roccioso utilizzabile per sostare e da qui dritto verso la parete verticale soprastante. Raggiunta l’evidente parete si attacca il diedro che dopo qualche metro è bloccato da un risalto strapiombante, aggirarlo sulla sinistra e continuare sempre a sinistra per canalini leggermente appoggiati sino a raggiungere la cresta;proseguire in cresta sino in vetta. È possibile evitare la parete rocciosa sulla destra continuando a seguire il canale sino in cresta (sviluppo c.a 300 mt). 2. Vivi e lascia vivere Attacco: Giunti nella neviera risalirla sino a quando sulla destra terminano gli alberi e salire dritto lungo il pendio, Sviluppo: Salire il pendio sino alla parete rocciosa e entrare nel largo canale che via via tende a stringersi. Continuare lungo lo stretto canale prendendo centralmente i tre risalti rocciosi che si incontrano, l’ultimo è il più difficile da superare (è possibile evitare sulla destra i risalti rocciosi e ricongiungersi con la via all’uscita del canale). La via prosegue verticalmente su spigoli arrotondati e placche ghiacciate con pendenze in alcuni tratti prossime ai 60°-70° abbattendosi verso la vetta. Al momento dell’apertura sono stati utilizzati chiodi da roccia e qualche friend medio, piccolo, il ghiaccio nella prima parte dell’itinerario si è presentato abbastanza fragile e crostoso imponendo un’arrampicata tecnica e delicata sopratutto in corrispondenza dei risalti rocciosi. Dopo la parte centrale della via il ghiaccio diventa compatto e solido.

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6. Nosferatu Attacco: Giunti nel fosso neviera attraversarlo e risalire dall’altro lato sfruttando un corridoio di neve libero da alberi. Superato il bosco la via parte in corrispondenza di una cuspide di roccia Sviluppo: Lasciarsi a destra la piramide di roccia (chiodo) e terminare il tiro su alberelli (45m 60°), raggiungere il canalino ripido in alto a destra sostandone alla base (Titanic sale a sinistra) poi prendere il canale sostando una prima volta a metà e una seconda al suo termine ormai fuori dalle difficoltà (45 m 60°) e infine raggiungere le rocce in alto superandole a destra (II/III°) e continuare sino in cresta. 7. Coitus interuptus Attacco: Non appena la sterrata di mezzacosta esce dal fitto del bosco si vede sulla sinistra un primo canale, attacco della via. Sviluppo: Il canale via via tende a stringersi e ad impennarsi senza mai presentare sezioni impegnative, brevi risalti a 70° evitabili, usciti dal bosco ci si trova in un canale, la via si sviluppa tenendo a sinistra la parete rocciosa che può essere utilizzata per proteggersi, sulla prima parete fuori dal bosco è presente un chiodo di sosta. L’itinerario non presenta difficoltà con pendenze medie intorno ai 60°. 9. Mamavì Attacco: Non appena la sterrata di mezzacosta esce dal fitto del bosco si vede sulla sinistra un primo canale costeggiato da alberi (coitus interruptus), proseguendo oltre si nota un’ampia radura leggermente inclinata e priva di alberi all’estrema destra della quale parte un canale che và via via stringendosi e impennandosi. Sviluppo: Il canale via via tende a stringersi e ad impennarsi senza mai presentare sezioni impegnative (max 60°), usciti dal bosco ci si trova in un largo canale che presenta sulla sinistra una pare111


te rocciosa alta in media 15 mt. Dopo il primo tiro c.a 55 mt ci si sposta nettamente a destra per placche più verticali max 70° fino a raggiungere con 2 tiri 35 e 30 m in cresta alla destra del canalone. Da qui si continua (max 50°) verso la vetta. Ottime possibilità di protezione con dead man e chiodi da roccia sfruttando la parete sulla sinistra.

Una via di misto sulla parete Nord Monte Alpi (a cura di Graziano Montel, Ciccio Ippolito e Guido Gravame) LA VIA DEI MOSCHETTIERI CANALE NORD (Montel, Ingaldo, Peragine, Polito; 03-2003) [500mt-800 sino in vetta] Attacco: Lasciare il sentiero in corrispondenza del canale e raggiungerlo dritto lungo la pietraia, superare un primo tratto a gradoni con massi instabili sino all’attacco del canale.

AVVICINAMENTO: Da Castelsaraceno in direzione monte Armizzone, non svoltare verso il Bosco Favino ma scendere verso Frusci, in corrispondenza dello spigolo Nord del Monte Alpi parte un evidente sentiero, con filo spinato su entrambe i lati, che porta verso la parete. Chi proviene dalla Sinnica/Autostrada passa sotto la parete Nord-Ovest e incontra il sentiero sulla destra in corrispondenza dello spigolo Nord. Partenza quota 1040 m slm. Vetta 1900 m. DISCESA: Seguire lo spigolo verso est e scendere nel bosco per tracce sino a incontrare il sentiero di accesso oppure, all’uscita del canale proseguire sino in vetta (30’) e da qui scendere dritti sulla parete est in un evidente canale nel bosco sino ad incontrare il sentiero che vi riconduce alla macchina (60’). SVILUPPO: Dopo una ventina di metri semplici il canale è interrotto da uno stretto e incassato salto roccioso prevalentemente privo di ghiaccio con passi di IV+ ben proteggibili. Da qui il canale, serpeggiando lungo la 112


parete, si presenta molto appoggiato, 30°, costeggiato da alte pareti rocciose. Dopo un centinaio di metri iniziano i primi risalti verticali, alti al massimo 5-6 metri ed è sempre possibile sostare alla base di alberi, in particolare sfruttando i bellissimi pini loricati che contraddistinguono la parete. Superati i tre evidenti risalti il canale spiana nuovamente ed è possibile uscire a sinistra (est) per una larga parete gradonata (50 metri max 50°). Continuando invece sulla destra (ovest) il canale si incassa nuovamente e diviene più verticale. Da qui seguono circa 100 metri impegnativi con lunghi tratti 70-80° su ghiaccio spesso sottile che ricopre i tratti rocciosi e su cui è difficile proteggersi adeguatamente. Anche in questo tratto è consigliato sostare sfruttando i pini loricati. Il canale ternina sullo spigolo destro (ovest) al termine del bosco, da qui è possibile ridiscendere sul crinale est nel bosco o continuare sino in vetta (30 minuti)

Nuova via sulla parete Ovest (A cura di Rocco Caldarola e Luigi Ferranti)

In due riprese il 3 maggio e il 29 settembre 2002 Rocco Caldarola (CAI Potenza) e Luigi Ferranti (CAI Napoli) hanno aperto, a comando alterno, la Via della Continuità sulla parete Ovest del Monte Alpi di Latronico in Basilicata. La via si snoda sulla parte destra della bastionata caratterizzata da una ben visibile rientranza (l’Anfiteatro), superando la prima metà, rocciosa, della parete per ripide placche sfruttando astutamente piccole fessure, paretine ammanigliate diedri e canali con arrampicata varia. Nella parte alta della parete, più abbattuta, al termine delle difficoltà, è possibile proseguire obliquando a sinistra per la cima, oppure ridiscendere sulle calate, tutte attrezzate. La via presenta un dislivello di 350 m (fatta salva la parte alta della parete, che porterebbe lo sviluppo complessivo a circa 500 m) e per quel che ci risulta rappresenta la via di roccia più lunga sinora aperta in Appennino meridionale. Si tratta di una via diretta alla cima, su roccia molto buona, in ambiente selvaggio ma con ottimi punti di sosta dove sono attrezzate le soste e le calate. In apertura sono stati usati esclusivamente chiodi, la difficoltà è 113


valutata TD-, con passaggi fino al VI-/A0. Nella parte media e finale della via sono stati trovati un chiodo e un cordino, che appartengono ad un tentativo effettuato una decina di anni fa da rocciatori di Salerno su un itinerario parallelo e che coincide solo nella parte alta con la Via della Continuità (difficoltà fino al IV+). Sulla stessa parete esistono altri tre itinerari, tutti più semplici. In ordine cronologico essi sono: 1) la Via dei Salernitani che obliqua lungo una serie di cenge; 2) la Via Senza Birra aperta da Rocco Caldarola e compagni nel 1997 (difficoltà III e IV), e infine 3) la via Preludio all’inverno sullo sperone NW (difficoltà fino al III+) aperta da Luigi Ferranti e Rocco Caldarola il 27 novembre 2001.

La parte centrale dell’immenso Paretone Ovest del Monte Alpi, coi Pini loricati della parte alta avvolti dalle nubi. Foto G. Braschi

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Via della ContinuitĂ M. Alpi, parete W (TD-, passaggi fino al V+ e VI-/A0) Rocco Calderola e Luigi Ferranti 3 maggio e 29 settembre 2002

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In cammino tra i faggi, sul sentiero nel Bosco Favino.

Foto G. Braschi

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Elenco alfabetico delle specie in repertorio Alberi, arbusti e specie erbacee Abies alba Acer campestre Acer lobelii Acer obtusatum Ajuga reptans Allium triquetrum Alnus cordata Anemone nemorosa Aquilegia vulgaris Aremonia agrimonoides Arum italicum Arum maculatum Brachypodium silvaticum Cardamine bulbifera Cardamine greca Carpinus betulus Carpinus orientalis Chaerophyllum sp. Clematis vitalba Cornus sanguinea Corylus avellana Crataegus monogyna Crataegus oxyacantha Cyclamen hederifolium Daphne laureola Digitalis micrantha Doronicum orientale Dryopteris filix-mas Euonimus latifolius Euphorbia amygdaloides Fagus sylvatica Festuca drymeia Fragaria vesca Fraxinus ornus Galium odoratum Geranium nodosum Geranium robertianum Geum urbanum

ABETE BIANCO ACERO CAMPESTRE ACERO DI LOBELIUS ACERO FICO BUGULA, ERBA DI S. LORENZO, CONSOLIDA AGLIO TRIQUETO ONTANO NAPOLETANO ANEMONE BIANCA AQUILEGIA COMUNE AGRIMONIA DELLE FAGGETE GIGARO CHIARO, ERBA BISCIA, PAN DI SERPE GIGARO SCURO PALÉO SILVESTRE DENTARIA MINORE, DENTARIA BULBIFERA BILLERI GRECO CARPINO BIANCO CARPINO ORIENTALE CERFOGLIO VITALBA SANGUINELLA NOCCIOLO BIANCOSPINO COMUNE BIANCOSPINO SELVATICO CICLAMINO NAPOLETANO, PAMPORCINO LAURELLA DIGITALE APPENNINICA DORONICO ORIENTALE FELCE MASCHIO FUSARIA MAGGIORE EUFORBIA DELLE FAGGETE FAGGIO FESTUCA DEI QUERCETI FRAGOLA COMUNE ORNIELLO CAGLIO ODOROSO, ASPERULA ODORATA, STELLINA GERANIO NODOSO GERANIO DI SAN ROBERTO CARIOFILLATA COMUNE

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Hedera helix Helianthemum nummularium Helleborus foetidus Hieracium sylvaticum Hypericum perforatum Ilex aquifolium Laburnum anagyroides Lamium flexuosum Lathyrus aphaca Lathyrus sphaericus Lathyrus venetus Ligustrum vulgare Lonicera caprifolium Lonicera implexa Luzula silvestrys Luzula sylvatica Malus sylvestris Mercurialis perennis Mycelis muralis Myosotis sylvatica Orchis morio Orchis sambucina Ostrya carpinifolia Platanthera sp. Poa bulbosa var. vivipara Populus tremula Primula acaulis Prunus cocomilia Prunus spinosa Pulmonaria saccharata Pyrus pyraster Quercus cerris Quercus pubescens Ranunculus bulbosus subsp.aleae Ruscus aculeatus Ruscus aculeatus Salix caprea Sambucus nigra Sanicula europea Silene italica Sorbus domestica Sorbus torminalis Spartium junceum Stellaria nemorum

EDERA ELIANTEMO MAGGIORE ELLEBORO, ELLEBORO PUZZOLENTE SPARVIERE DEI BOSCHI IPERICO, ERBA DI S. GIOVANNI AGRIFOGLIO MAGGIOCIONDOLO FALSA ORTICA FLESSUOSA CICERCHIA BASTARDA, MAJORELLA, FIOR-GALLETTO CICERCHIA SFERICA CICERCHIA VENETA LIGUSTRO CAPRIFOGLIO CAPRIFOGLIO MEDITERRANEO ERBA LUCCIOLA ERBA LUCCIOLA A FOGLIE LARGHE MELO SELVATICO MERCORELLA BASTARDA LATTUGA DEI BOSCHI NONTISCORDARDIMÉ DEI BOSCHI ORCHIDE MINORE, GIGLIO CAPRINO ORCHIDE SAMBUCINA CARPINO NERO PLATANTERA FIENAROLA BULBOSA PIOPPO TREMULO PRIMULA COMUNE, PRIMAVERA COCUMILIO PRUGNO SPINOSO POLMONARIA CHIAZZATA PERASTRO CERRO ROVERELLA RANUNCOLO BULBOSO PUNGITOPO RUSCOLO, PUNGITOPO SALICONE SAMBUCO ERBA FRAGOLINA SILENE ITALIANA SORBO COMUNE SORBO SELVATICO GINESTRA CENTOCCHIO DEI BOSCHI

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Symphytum tuberosum Tamus communis Tilia cordata Trifolium pratense Urtica dioica Veronica chamaedrys Vicia cracca Viola pseudogracilis Viola reichembachiana Viscum album ssp. Abietis (*)

CONSOLIDA FEMMINA TAMARO, CERASIOLA, VITE NERA TIGLIO SELVATICO TRIFOGLIO PRATENSE,T. VIOLETTO ORTICA COMUNE VERONICA COMUNE VECCIA MONTANINA VIOLA SALERNITANA VIOLA SILVESTRE VISCHIO COMUNE

Fauna Accipiter nisus Alauda arvensis Alectoris graeca Anthus campestris Anthus spinoletta Anthus trivialis Apodemus flavicollis Apodemus sylvaticus Aquila chrysaetos Asio otus Bubo bubo Bufo bufo Buteo buteo Canis lupus Carduelis cannabina Carduelis chloris Certhia familiaris Clethrionomys glareolus Columba palumbus Corvus corax Corvus corone cornix Crocidura leucodon Dryocopus martius

SPARVIERE ALLODOLA CONTURNICE CALANDRO SPIONCELLO PRISPOLONE TOPO SELVATICO A COLLO GIALLO TOPO SELVATICO AQUILA REALE GUFO COMUNE GUFO REALE ROSPO COMUNE POIANA LUPO FANELLO VERDONE RAMPICHINO ALPESTRE ARVICOLA ROSSASTRA O DEI BOSCHI COLOMBACCIO CORVO IMPERIALE CORNACCHIA GRIGIA CROCIDURA VENTRE BIANCO PICCHIO NERO


Fringilla coelebs Garrulus glandarius Glis glis Hystrix cristata Lepus europaeus Lullula arborea Martes foina Martes martes Meles meles Microtus savii Milvus milvus Muscardinus avellanarius Mustela nivalis Mustela putorius Natrix natrix Neomys anomalus Neophron percnopterus Nyctalus lasiopterus Oenanthe oenanthe Parus ater Parus major Parus palustris Phoenicurus ochruros Phylloscopus collybita Phylloscopus sibilatrix Rana dalmatina Rana esculenta Rana italica Regulus ignicapillus Rhynolophus ferrumequinum Salamandrina terdigitata Saxixola torquata Sciurus vulgaris meridionalis Sitta europeas Sorex araneus Sorex minutus Sorex samniticus Strix aluco Sus scrofa Sylvia atricapilla Triturus carnifex Triturus italicus Troglodytes troglodytes Vulpes vulpes

FRINGUELLO GHIANDAIA GHIRO ISTRICE LEPRE COMUNE O EUROPEA TOTTAVILLA FAINA MARTORA TASSO ARVICOLA DI SAVI NIBBIO REALE MOSCARDINO DONNOLA PUZZOLA BISCIA (O NATRICE) DAL COLLARE TOPO RAGNO ACQUATICO DI MILLER CAPOVACCAIO NOTTOLA GIGANTE CULBIANCO CINCIA MORA CINCIALLEGRA CINCIA BIGIA CODIROSSO SPAZZACAMINO LUÌ PICCOLO LUÌ VERDE RANA AGILE RANA VERDE MINORE RANA ITALICA FIORRANCINO RINOLFO MAGGIORE SALAMANDRINA DAGLI OCCHIALI SALTIMPALO SCOIATTOLO PICCHIO MURATORE TOPO RAGNO COMUNE TOPORAGNO NANO TOPORAGNO ITALICO OD APPENNINICO ALLOCCO CINGHIALE CAPINERA TRITONE CRESTATO ITALIANO TRITONE ITALIANO SCRICCIOLO VOLPE

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Glossario Achenio: frutto secco, indeiscente, ossia che a maturazione non si apre spontaneamente per disperdere il seme che vi è contenuto. Aculeato: organo o sua parte che porta uno o più aculei. Albero: pianta legnosa alta almeno 5m, tronco generalmente ramificato soltanto in alto a formare l’impalcatura della chioma. Alcaloide: composto organico contenente azoto prodotto soprattutto dalle piante a fiore e fisiologicamente attivo nei vertebrati, presentando proprietà medicinali o tossiche. Alveolo: depressione cavitaria della superficie di qualsiasi organo. Amento: infiorescenza simile a una spiga pendula, composta da piccoli fiori appressati. Apicale: si dice di un organo o un’appendice che è situato all’apice. Arboricolo: mammifero che vive esclusivamente o principalmente sugli alberi. Arbusto: pianta a fusto e rami legnosi, di dimensioni limitate (alta almeno 5 m), ramificata fino dalla base e con aspetto cespuglioso. Ascella: angolo di unione di una foglia o del suo picciolo con il ramo. Asco: involucro a sacco contente le spore. Bacca: frutto carnoso tondeggiante, contenente diversi semi. Baccello: frutto secco composto da un carpello che si apre lungo una sutura su entrambi i lati. Brattea: organo simile a foglia o squama dalla cui ascella prendono origine i fiori. Bulbo: organo sotterraneo formato da scaglie o tuniche carnose o membranose con funzione di nutrimento e protezione per la gemma vegetativa che si trova all’interno. Bulbosità: vedi bulbo. Caducifolia: pianta che perde le foglie in autunno; ossia che in inverno entra in uno stato di riposo vegetativo. Caduco: vedi deciduo. Capolino: infiorescenza semplice indefinita, caratterizzata da un insieme di fiori in spighe molto dense disposti su un ingrossamento a forma globosa del peduncolo. Capsula: frutto secco deiscente formato da più carpelli che a maturità si apre lasciando uscire i semi contenuti all’interno. Carpoforo: o corpo fruttifero, può essere considerato come una sorta di “frutto” dei funghi. Cenosi: comunità animale o vegetale. Cespuglio: pianta legnosa di modeste dimensioni, che presenta molti fusti riuniti e abbondantemente ramificati fin dalla base. Chirotteri: ordine di mammiferi placentati comunemente noti come pipistrelli. Cladodi: rami modificati con funzione clorofilliana e con aspetto di foglie. Coleotteri: ordine della classe degli Insetti, generalmente alati e a metamorfosi completa. Columbidi: uccelli di medie dimensioni con becco la cui parte basale è ricoperta da

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pelle soffice che coinvolge le narici Conifera: pianta che porta coni, infruttescenze più comunemente chiamate pigne e scientificamente col nome di strobili. Cono: frutto delle conifere, composto da numerose scaglie legnose che si sovrappongono. Anche strobilo o pigna. Cordato: a forma di cuore. Di solito è riferito alla base delle foglie. Corimbo: infiorescenza composta da fiori disposti sullo stesso piano, ma con peduncoli che partono da livelli diversi. Cuticola: ultimo strato, molto sottile, esterno, di cellule epidermiche delle piante erbacee. Deciduo: o caduco, organo che cade dopo aver assolto alla propria funzione. Termine usato comunemente per le foglie. Deiscente: frutto che si apre per permettere la fuoriuscita dei semi. Dioica: si dice di specie nella quale i fiori maschili e femminili si trovano su piante differenti. Drupa: frutto carnoso, con polpa succosa e nocciolo legnoso contenente i semi. Endemico: caratteristico di una regione. Epigeo: in botanica, di una pianta o di una sua parte: che cresce fuori dal terreno; in zool., di animale: che vive sulla superficie del suolo. Ermafrodita: organismo dotato di organi riproduttori sia maschili che femminili. Faggiole: frutti del faggio formati da due noci racchiuse in una cupola a quattro valve Fitofago: un organismo che ha un rapporto trofico unilaterale a spese dei vegetali, ai quali crea un danno più o meno grave. Glabro: privo di peli. Gleba: polpa interna carnosa e compatta. Habitat: ambiente dove una specie trova le condizioni idonee per la crescita. Ifa: filamento composto da cellule fungine Imparipennata: foglia composta formata da un numero dispari di foglione. Infiorescenza: indica la disposizione dei fiori sulla pianta. È costante per ogni specie. Ipogeo: di specie che si sviluppa sottoterra Lacinia: incisione più o meno profonda in un petalo o in una foglia. Lamella: sono sottili lamine disposte a coltello, a raggiera, sotto il cappello dei funghi. Lamina: si intende il corpo della foglia. Lanceolata: lamina fogliare a forma di ferro di lancia. Latifoglia: pianta che possiede foglie larghe, in contrapposizione alle aghifoglie. Lattice: emulsione di aspetto lattiginoso e consistenza collosa, generalmente di colore bianco, che si trova in determinate cellule (i laticiferi) di numerose piante superiori e in alcuni funghi. Lenticelle: formazioni rotondeggianti situate sulla corteccia dei tronchi e dei rami, per lo scambio di gas tra la pianta e l’atmosfera. Liane: piante legnose volubili e rampicanti, i cui lunghissimi rami rendono impenetrabili certe foreste. Licheni: particolare associazione simbiontica tra un Fungo ed un’Alga. Macchia: associazione vegetale composta da arbusti piuttosto alti. Mesofila: pianta legata a condizioni climatiche medie, senza eccessi.

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Micelio: Micorriza: Monoica: Mustelidi: Nocciola: Noce: Ob-: Obovata: Pannocchia: Pericarpo: Peridio: Picciolate: Picciolo: Pistillo: Pomo: Portamento: Portinnesto: Racemo: Resiniferi: Samara: Sempreverde: Sessili: Simbiosi: Sporocarpo: Squame:

Stomi: Strobili: Termofila:

l’insieme delle ife che compongono il complesso vegetativo dei funghi complesso formato dall’unione delle ife con la radice della pianta. si dice di pianta che porta fiori sia maschili sia femminili. famiglia di mammiferi appartenenti all’ordine dei Carnivori.. vedi noce frutto secco indeiscente dotato generalmente di un involucro duro racchiudente un seme. prefisso che significa rovesciato. dicesi di una foglia quasi ovale, ma più larga nella parte superiore con una forma che ricorda quella di un uovo rovesciato. infiorescenza composta con base allargata e ristretta verso l’apice. strato esterno del frutto, che deriva dalla maturazione delle pareti dell’ovario; può essere carnoso o secco e si suddivide in esocarpo (esterno), mesocarpo (mediano), endocarpo (interno). buccia esterna con funzioni protettive verso batteri e funghi munite di picciolo. struttura assile, di forma cilindrica, che sostiene la lamina fogliare e che collega la stessa al fusto. struttura riproduttiva “femminile” costituita da uno o più elementi fertili, fusi tra loro, detti carpelli o macrosporofilli. frutto carnoso con scorza coriacea o ispessita ed endocarpo cartaceo con parecchi semi. aspetto caratteristico generale che assume una pianta. parte inferiore di una pianta moltiplicata con la tecnica dell’innesto. fiori peduncolati portati singoli lungo l’asse centrale. vegetali od organi che producono resina. frutto secco indeiscente munito di ala più o meno consistente che favorisce il trasporto dei semi a opera del vento. quando la sostituzione delle foglie avviene gradualmente in modo che la pianta non rimane mai spoglia. foglie o fiori, privi di picciolo. associazione tra individui di specie diverse che vivono in stretta relazione con reciproco vantaggio. il frutto ovvero il tartufo propriamente detto foglie speciali a funzione protettiva (catafilli). Sono conformati in modo da corrispondere a necessità della pianta. che ne è dotata e possono essere dure e curiose (perule) nelle gemme, turgide e delicate negli Asparagi, carnose nei bulbi (Lilium). aperture microscopiche disposte su tutte le parti erbacee delle piante e più specialmente sulle foglie. Hanno la funzione di mantenere lo scambio gassoso con l’esterno e possono essere acquiferi e aeriferi. vedi cono. pianta legata a condizioni di temperatura elevata.

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