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Pag. 2 Editoriale di Angelo Imbrenda

Il dente del giudizio Giovedì 15 giugno stavo viaggiando verso Salerno, per definire gli ultimi dettagli per la stampa de La Voce e dell’allegato libercolo L’odissea del Capitano ,quando sento squillare il telefonino. Era un collaboratore di un dirigente di una importante azienda nazionale che mi informava che il sabato17 giugno il suo principale veniva a Buccino per prendere parte alla manifestazione di inaugurazione di nuove vie nel centro storico. Il benemerito professionista aveva avuto la gentilezza di informarmi che sarebbe stato presente alla manifestazione e, immagino, convinto di incontrarmi alla stessa. Purtroppo, non essendo a conoscenza dell’evento, o meglio degli eventi (nel pomeriggio dello stesso giorno si andava ad inaugurare anche la nuova caserma dei Carabinieri in località San Paolo), avevo già asunto altri impegni a Roma. Eppure, il giorno prima, avevo sentito telefonicamente il Sindaco Parisi per chiedergli l’utilizzo dell’aula consiliare per la manifestazione relativa al Premio Buccinese nel mondo 2005. Non solo il giorno prima, ma anche il primo giugno avevo telefonato al Sindaco per chiedergli di far trovare qualcuno nella sede del Municipio, perché sarei stato a Buccino il giorno successivo con un gruppo di amici dell’Associazione dei Campani del Lazio, per fare visitare a costoro il parco archeologico dell’Antica Volcei. Si vede che al Dott. Parisi, preso da tanti impegni, gli è sfuggito di rendermi partecipe delle manifestazioni organizzate dall’Amministrazione da lui guidata. Non cercavo l’invito personale ma almeno essere informato quale direttore de La Voce di Buccinoche, come egli stesso sa, raggiunge centinaia di buccinesi in Italia e all’estero. Non mi meraviglio se di LIBR’ARTE

La Voce di Buccino - Estate 2006 (mostra –mercato del libro), ultima di una serie di iniziative organizzate dai vari assessorati , non è stato inviato nessun comunicato stampa né a priori , tanto meno a posteriori. Si sono dimenticati non solo del giornale ma anche dell’editore che tre o quattro libercoli su Buccino li ha pure pubblicati. Anche in questo caso devo ringraziare un salernitano che ha avuto la cortesia di mandarmi una e-mail per conoscenza. In altra parte del giornale troverete un articolo su LIBR’ARTE inviatomi da Anna De Rosa e che volentieri pubblico. Dicevo, non mi meraviglio degli assessori, purtroppo l’hardware è quello e il software è andato in loop da anni. Ma del Sindaco sì: mi meraviglio. Non vorrei che anche il primo cittadino volceiano venga colto da crisi di rigetto verso un corpo, considerato a torto o a ragione (facciano lor signori), estraneo. A pensar male si fa peccato ma spesso si indovina, direbbe Andreotti. Siamo arrivati alla vigilia della festa patronale e non vorrei peccare, proprio in una occasione così particolare, per colpa dell’ennesimo disguido?!?! Non vorrei che, con il disarcionamento del Cavaliere e la salita in cattedra del Professore, il sottoscritto torni ad essere considerato di nuovo un figlio di un dio minore. Malgrado il terreno accidentato, in cui siamo costretti a muoverci, con i relativi incidenti di percorso, La Voce di Buccino, è giunta al giro di boa del dodicesimo anno e amplia sempre più la sua sfera di lettori. La cosa più importante è che, tra i nuovi sostenitori, tanti non sono buccinesi e malgrado ciò lo leggono con piacere. Molti di questi non conoscevano neppure dove si trovasse Buccino, l’Antica Volcei. Sarà il nuovo corso editoriale e la convinta partecipazione dei vecchi e nuovi collaboratori che a titolo del tutto gratuito permettono a questo libero foglio di navigare in mare aperto. Mi auguro che la mia dialettica ( notate il termine leggero o light),espressa in questo editoriale, non porti qualcuno di questi a tirarmi le orecchie e darmi del biricchino! Sanno bene i miei amici collaboratori

che ogni tanto devo svuotare il sacco altrimenti mi sento male. Meglio, a questo punto, l’ occhio per occhio… che il porgi l’altra guancia. Anche perché il 7 giugno ho dovuto farmi estrarre il secondo dente del giudizio e per qualche giorno la guancia predestinata a ricevere gli ultimi schiaffi era già gonfia di per sé. Uhh, forse sono andato troppo a ruota libera. Dipende dalla mancanza dell’ultimo dente del giudizio? Non vorrei che qualcuno pensi ed esclami: o vì loco, è pazzo, oì, è pazzo !

Premio “Marcello Gigante” al

Buccinese nel Mondo 2005

La cerimonia di premiazione avverrà il 1 luglio alle ore 19 nell’Aula Consiliare del Comune di Buccino. Il premio al Buccinese nel Mondo 2005 sarà assegnato a Mario Magaldi , titolare della Magaldi Industrie. La giuria ha voluto premiare un imprenditore che, nel solco della tradizione familiare, ha saputo trasformare la Magaldi Industrie, nata nel territorio buccinese, in un’azienda leader a livello internazionale. Il premio alla memoria sarà assegnato alla indimenticabile ostetrica Tullia (Gemma)De Rosa che ci ha lasciato solo un anno fa.

La VOCE di BUCCINO Aut. Tribunale di Roma n. 190/95 Direttore resp. - Dino Baldi

Direttore

Angelo Imbrenda Direz. - Redaz. - Amm.ne Via Carolei, 22 - 00173 Roma Tel. e Fax 06.72670085 Cell. 329-6156267 e-mail: lavocedibuccino@inwind.it Stampa: GRG Tipolitografica - Salerno mese giugno 2006

Il giornale si sostiene con il Vostro contributo volontario: Quota Abb. Annuale euro 10.00

C/C postale n. 36456002 intestato a: Angelo Imbrenda Il foro competente per ogni controversia è quello di Roma.


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La Voce di Buccino - Estate 2006

VOLCEIANI MILITES

Soldati di Volcei arruolati nell’esercito imperiale di Roma di Giuseppe Arduino Tredici righe, fitte fitte, incise su un monumentale cippo funerario, rinvenuto probabilmente durante la costruzione dell’antico convento di Sant’Antonio Abate -ora nel chiostro- per ricordare la vita infranta, a soli ventiquattro anni, di un soldato volceiano: il pretoriano Gaio Celio Aniceto. Neppure il suo bel cognome, derivante dall’aggettivo greco anìketos, che significa invitto, invincibile, servì in qualche modo a contrastare il suo amaro destino. L’epigrafe fu pubblicata, per la prima volta, nell’Appendix Mazochii Papiensis, nel 1521, e, circa un sessantennio più tardi, l’umanista Celso Cittadini degli Angiolieri, segretario del vescovo conzano Marcantonio Pescara, dimorante in Buccino e Auletta, la trascrisse con questa annotazione: “Nella porta del monasterio di S. Antonio da man destra uscendo” Gaio Celio era figlio illegittimo di Celia Prima -per il nome, Coelius, derivatogli dalla madree di Nìnfico, il quale espletava a Volcei l’incarico di arcarius, vale a dire di cassiere, addetto al controllo delle rendite pubbliche. Militò nella II coorte pretoria -la Guardia urbana creata da Augusto e dal 23 d. C. alloggiata in una grande caserma presso la Porta Viminalis- col grado di singularis, cioè di attendente del tribuno, quest’ultimo, l’ufficiale preposto al comando della coorte. I Coelii sono di origine plebea, -celebri però a Pompei, quali proprietari della nota Casa del Cinghiale-, e Cicerone li gratifica del titolo di homines novi. Tra quelli noti: il giurista Lucio Celio Antipatro; Gaio Celio Caldo, uno dei quattro tribuni delle Leges Tabellariae, che

Buccino, Chiostro di Sant’Antonio La lapide di Gaio Celio Aniceto

sancivano il voto segreto per le leggi; Marco Celio Rufo, difeso da Cicerone e ucciso, con Milone, nella rivolta del 48 a. C. In un’epoca che potrebbe essere quella di Traiano, o giù di lì, allorquando stava per ottenere il grado di beneficiarius, cioè di soldato esentato da servizi particolari, aspirante dunque alla carriera di centurione, Celio morì; in battaglia o di morte naturale? A noi non è dato sapere. In compenso l’amministrazione cittadina di Volcei, in vista di questa meritata promozione, gli conferì gratis l’onore del decurionato. Una prassi, questa, istituita anche in altri municipi e città dell’Italia romana e che esentava il cittadino, insignito di tale onorificenza, dal pagare la cosiddetta tassa d’ammissione. Il decurionato, ricordiamolo, era l’organo più importante del sistema amministrativo municipale. Agli sconsolati genitori il triste compito di compiangere la sorte sventurata dell’amatissimo figlio: quella che noi ora leggiamo su quel monumentale cippo lapideo. Su un latèrcolo militare -la lista di terracotta contenente il nome e la patria dei soldati-, proveniente da Roma, riscontriamo il nome di un altro soldato di Volcei: Marco Sattio Rufino, scelto sempre tra le file dei pretoriani. Costui ricopriva la carica di speculator, ossia, nell’ordinamento militare di Roma, di guardia del corpo dell’imperatore Antonino Pio, nell’anno 144 dopo Cristo. Il romanista Domaszewski intravedeva la figura di uno di questi speculatores nel soldato -equipaggiato di elmo con soggolo, corazza, mantello borchiato sull’omero destro e gladioraffigurato accanto all’imperatore nel rilievo della Colonna Antonina. A proposito di raffigurazioni, una graziosa statuetta di bronzo, rinvenuta nell’ambito della villa romana di San Nicola, ma mùtila della testa, delle gambe e del braccio destro, riproduce la figura di un soldato romano, armato di scudo e gladio. Forse ornava la mensula, il tavolino, dell’illustre Bruzio Presente, -al quale probabilmente appartenne questa sontuosa villa-, come ricordo della sua condizione di uomo d’armi alla guida di eserciti vittoriosi contro Marcomanni e Sàrmati o, diversamente, come simbolo della potenza militare di Roma, da ricordare sempre, anche durante le ore liete dell’otium trascorse nell’amena e ridente campagna di Volcei. Inoltre, una zampa equina di bronzo, proveniente dagli scavi della medesima villa, farebbe pensare a una statua equestre del console Bruzio, padre dell’augusta Bruzia Crispina e suocero di Commodo, innalzata in onore del suo rango e del suo elevato prestigio. Arriviamo all’epoca di Settimio Severo ed ecco che, su un altro latercolo militare, trovato ad Albano Laziale, leggiamo soltanto la patria (domo Vulceis) di due soldati di Volcei, non i loro nomi, che sfortunatamente risultano abrasi. Questi due ignoti militarono nella famosa II

legione Partica, per l’appunto, la seconda delle tre legioni fondate dall’imperatore Settimio Severo e di stanza nei confini del pomerium dell’Urbe, sui colli di Albano Laziale. Caracalla ne trasferì una parte in Asia e, al tempo del conflitto tra Macrino e Elagabalo, i soldati di questa legione acquartierati ad Apamea parteggiarono per quest’ultimo imperatore. La sua insegna era il centauro contrassegnato dal motto: Pia Fidelis Aeterna. Dal punto di vista storico-linguistico, la grafia Vulceis è di estrema importanza, in quanto c’informa che, ai tempi di Settimio Severo (197-211 d. C. ), il nome Volcei si era già trasformato in Vulcei. Tra i soldati arruolati in detta legione, in base ai dati offerti dal latercolo di Albano Laziale, v’erano: diciannove traci, 4 pannoni, tre dal nome illirico, tre “italiani”, un daco, forse due siri, due africani, ed uno dal nome egizio. Tra questi tre italiani vanno inclusi i due soldati di Volcei. Confesso che, anni addietro, leggendo un vecchio articolo di Mario Pavan (Iscrizioni latine ad Albano Laziale, in “Athenaeum”, XL, 1962, p. 87 segg.), laddove trattatasi anche di questo latercolo, rivendicai subito alla lucana Vulcei e non all’etrusca Volci, come sosteneva il rinomato Autore, la patria dei due legionari. La mia corretta esegèsi ha trovato, poi, felice riscontro nello scritto autorevole di Giovanni Forni (Estrazione etnica e sociale dei soldati delle legioni nei primi tre secoli dell’Impero, in AA.VV, Aufstieg und Niedergang der Röemischen Welt. Principat, II, Berlin-New York, 1974, p. 374), il quale, in opposizione alla tesi del Pavan, ha dichiarato giustamente vulceiani questi due ignoti legionari. Speriamo che, in futuro, altre liste militari e nuove epigrafi possano rivelarci i nomi di altri soldati di Volcei, i quali, in epoche diverse, impugnarono le armi in difesa della supremazia e della gloria di Roma.

Buccino, San Nicola. Statuetta di soldato romano.


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La Voce di Buccino - Estate 2006

BUCCINO: ECONOMIA E RISORSE

Il suggestivo scenario naturale di Buccino, ricco di ampie distese collinari ricoperte da folte e vigorose piante di ulivo, rende possibile lo sviluppo dell’economia locale basata naturalmente sulla produzione dell’olio, l’ “oro di Buccino”, pietra miliare dell’economia, che permette la diffusione di un prodotto locale e genuino e allo stesso tempo garantisce la diffusione e la pubblicità del luogo. Non passa in secondo piano la regina della gastronomia, la pasta fatta in casa con le sue numerosissime trafile: i triddi, le matasse, i fusilli, i cavatielli, le chiapparelle. Le diverse forme animano la tavola e le ricette che prendono forma grazie alle mani esperte di chi ricorda ancora le tecniche tramandate nel tempo, come un tesoro da custodire. Tutto questo sembra quasi riportarci indietro nel tempo, collegando in alcune situazioni la cucina alla cultura religiosa come i tagliolini al latte, con zucchero e cannella, che abbondano in occasione della festa dell’Ascensione. Questo prodotto è inoltre accompagnato da un evento, l’omonima sagra, che rallegra il paese nel periodo estivo tra il 16 e il 18 agosto. Accanto a questi due tesori della cultura gastronomica si collocano altri numerosissimi prodotti di produzione meno estesa, grazie alla natura che svolge il ruolo di madre generosa, offrendo preziosi frutti che accompagnati dai processi produttivi e dal sapore antico, permettono il formarsi di prodotti di alta qualità. Ricordiamo i vini rossi locali, il moscato di Salvitelle, pane e prodotti da forno come ad esempio il pane di granturco fragrante appena sfornato, ottimo anche dopo una settimana; fragole e fragoline di bosco; formaggio e latticini elaborati con il latte delle mucche di razza podalica; prodotti del sottobosco; asparagi selvatici, diverse qualità di funghi tra cui porcini, chiodini, amanita cesarea, prataioli e i cosiddetti funghi moneta; i salumi, prodotti in camere areate dove i fumi prove-

nienti da fuochi a legna gli trasmettono un aroma particolare; soppressate, salami, prosciutti, capicolli, salsicce, pancette di vario tipo esempio quella arrotolata o quella steccata, aromatizzata dal peperoncino; i vari tipi di carne tra cui ricordiamo il cinghiale, il maiale, il vitello, il capretto; e infine legumi e piante aromatiche.

Un’ulteriore fonte di sviluppo economico è la antica produzione di supercinghie che ancora oggi rappresenta un’importante risorsa. L’industria Magaldi è una delle più importanti industrie meccaniche italiane per la produzione di supercinghie e MAC.

MAGALDI INDUSTRIE S.r.l. Uffici commerciali e amministrativi: Via Irno, 219 84135 - SALERNO (SA) - ITALY Telefono: (+39)089.688111 Fax: (+39)089.481766 email: superbelt@magaldi.com internet: www.magaldi.com

PROFILO La Magaldi Industrie S.r.l. è un’azienda presente sui mercati internazionali dal 1929. Investendo costantemente nella ricerca e nello sviluppo tecnologico dei suoi prodotti, è divenuta leader del settore nei sistemi di evacuazione e movimentazione di materiali ad alta temperatura, taglienti ed abrasivi. La filosofia aziendale, e quindi la produzione delle macchine, è basata sul concetto: “Dependable technologies”, cioè “affidabilità costante nel tempo”. La conferma sono i continui consensi provenienti da prestigiose fonderie che hanno impiegato il trasportatore a nastro di acciaio,

oggi noto come Magaldi Superbelt. Il nastro trasportatore Magaldi Superbelt è la sintesi fra la resistenza dell’ acciaio e la flessibilità della gomma. Garantito 36 mesi il nastro Magaldi Superbelt nelle fonderie è utilizzato prevalentemente nelle seguenti applicazioni: trasferire motte e fusioni dal peso anche maggiore di 2.000 kg; smaterozzare direttamente sul nastro con livello di rumorosità <65 dB; movimentare e deferrizzare le terre contenenti bave calde; più in generale trasportare ogni tipo di materiale caldo, abrasivo, tagliente e di grossa pezzatura.

PROGRAMMA DI PRODUZIONE - Il nastro trasportatore MagaldiSuperbelt è costituito da un nastro tessuto in acciaio speciale a cui è fissata una serie di piastre d’acciaio sovrapposte parzialmente tra loro. - Il metodo esclusivo di fissare le piastre al nastro forma un canale chiuso, virtualmente a tenuta stagna. - Il nastro Magaldi-Superbelt resiste a temperature più elevate rispetto a quelle ammesse da ogni altro trasportatore perchê le piastre restano libere di dilatarsi in ogni senso. - Eventi accidentali che provochino la rottura di elementi del complesso non compromettono l’affidabilità del nastro Magaldi-Superbelt che continua a marciare senza pericolo di fermate impreviste. Concettualmente un trasportatore Superbelt è simile a un trasportatore a nastro di gomma tradizionale. Il nastro Magaldi-Superbelt è supportato da rulli piani superiori e rulli di sostegno inferiori. La coppia motrice è trasmessa per attrito da un tamburo di trazione cilindrico, Il gruppo di Magaldi è diviso in quattro divisioni separate, cias c u n o specializzantesi in un campo di applicazione distinto.


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La Voce di Buccino - Estate 2006 contrapposto ad un tamburo rinvio, dotato di un dispositivo di tensionamento.

Alimentazione di Magaldi L’alimentazione S.p.A. di Magaldi di divisione di alimentazione, fondata in 2002, è il membro più giovane del gruppo e commercializza i sistemi di trasporto della cenere inferiore asciutta del Magaldi per le caldaie alimentate a combustibile solido nell’alimentazione che genera l’industria. I relativi prodotti principali sono il MAC - dispositivo di raffreddamento della cenere di Magaldi per le caldaie pratiche polverizzate del carbone ed il sistema di FLUIMAC per le caldaie a letto fluidizzato di combustione. L’alimentazione di Magaldi funziona universalmente attraverso una rete dei rappresentanti e delle associazioni, compreso un accordo del licenziatario con Kawasaki Heavy Industries per il sistema del MAC nel Giappone e nell’uno con lo PS Yuan lungo per la Repubblica popolare cinese.

& gesso, le fonderie, le acciaierie ed altre industrie metallurgic e l’industria automobilistica.

R.r.s. S.r.l. L’elettrici & controllano l’apparecchiatura e l’automazione La divisione R.r.s. S.r.l. è stata fondata in 1998 dal gruppo di Magaldi per eseguire i contratti di B.o.t.. Oggi, R.r.s. non soltanto ha installato ed ora possiede e funziona 3 sistemi del MAC dentro sotto la relativa responsabilità completa, ma inoltre effettua le attività del gruppo di Magaldi nel disegno e nello sviluppo dei sistemi di controllo dell’automazione & elettrici e. Un sistema di controllo dedicato e una SIG.na denominata software (sistema di controllo integrato Magaldi) è stato sviluppato e brevettato ed ora è usato in molti sistemi del MAC in tutto il mondo.

Visita all’azienda Magaldi

Magaldi Ricerche e Brevetti S.r.l. La divisione Magaldi Ricerche la e Brevetti S.r.l. di sviluppo & di ricerca, fondato in 1992, è la divisione dove le nuove tecnologie e le loro applicazioni del Magaldi sono sviluppate e brevettate, prima di passarli ad un altro delle aziende del gruppo per introduzione al mercato. Dal relativo fondamento, Magaldi Ricerche la e Brevetti ha brevettato una vasta gamma di nuove tecnologie di manipolazione in blocco che ora sono applicate nell’alimentazione, in cemento, in fonderie ed in altre industrie metallurgiche.

Nella nostra seconda visita a Buccino, ci siamo recati in una delle industrie più importanti del meridione, la “Magaldi Industrie s.r.l.”, che con il suo sviluppo ha abbracciato tutto il secolo portando nel campo tecnologico innovazioni rilevanti.

Magaldi Industrie S.r.l.

Il Gruppo Magaldi trae le sue origini dall’intuizione di una famiglia di inventori, i Magaldi appunto. La storia industriale della famiglia nasce nel 1901 con un brevetto per una speciale cinghia di trasmissione formata da strisce di pelle di bufalo tenute insieme da rivetti, l’idea venne quindi perfezionata da Paolo Magaldi nel 1929. L’adozione dei nastri Supercinghia è la soluzione ideale perché rende impossibile una rottura completa improvvisa, infatti un eventuale taglio non si può propagare a causa della struttura a liste indipendenti del nastro.

La cinghia & la divisione industriale fondata in 1929, Magaldi Industrie sviluppa, progetta, produce e commercializza le tecnologie del nastro trasportatore di Magaldi, compreso il Supercinghia, il nastro trasportatore unbreakable del cuoio del bufalo ed il Magaldi Superbelt, il nastro trasportatore d’acciaio resistente credibile in primo luogo brevettato in 1972, così come una vasta gamma di attrezzature e dei componenti relativi. Grazie ad un accordo esclusivo del licenziatario con Kawasaki Heavy Industries (Giappone), Magaldi Industrie può inoltre fornire il FDC, il trasportatore aria-sostenuto di dynamics di flusso, al mercato europeo. Magaldi Industrie possiede e funziona un’officina in Buccino (SA), Italia, in cui i prodotti del gruppo sono manufactured e montati. Oggi, Magaldi Industrie serve un’ampia varietà di clienti in parecchi settori industriali, compreso cemento, calce

Dopo notevoli successi riscossi con la commercializzazione della Supercinghia, Paolo Magaldi insieme con il figlio Mario hanno un’altra idea importante: un nastro di acciaio capace di resistere ad alte temperature, senza problemi di usura, con una concezione meccanica semplice.

Mario Magaldi, attuale presidente del gruppo, sviluppa così nel 1972 l’idea e fa nascere il Superbelt, versatile nastro trasportatore che viene applicato con successo in innumerevoli applicazioni in tutto il mondo, in settori che spaziano dal cemento alle fonderie, dagli inceneritori alle centrali elettriche. E’ per quest’ultimo settore che è stato sviluppato il MAC “Magaldi Ash Cooler”, l’unico sistema al mondo in grado di estrarre le ceneri pesanti a secco ovvero senza nessun utilizzo di acqua a differenza dei sistemi tradizionali. La richiesta mondiale viene soddisfatta con cooperazioni ed accordi sempre più importanti con primarie società straniere soprattutto americane e giapponesi. Il gruppo si ingrandisce ed alla originaria Magaldi Industrie, si affianca la Magaldi Ricerche e Brevetti, nata per lo sviluppo di nuove idee e la loro realizzazione. Nel 1997 viene fondata la RRS società dedicata all’automazione degli impianti Magaldi ed alla gestione di impianti in BOT, ovvero un leasing dell’impianto, con totale gestione dello stesso fino alla scadenza del contratto. Nel2001 nasce la Magaldi Power S.p.A. esclusivamente dedicata alla commercializzazione e realizzazione di impianti tipo MAC. Nel 2003 nasce infine la Magaldi Power Australia Pty. Ltd. Per rafforzare la presenza del gruppo sul territorio australiano. Importanti obiettivi sono stati raggiunti nel corso degli anni quali i due accordi di Licenza con Kawasaki Heavy Industries, il primo per la commercializzazione in Giappone delle tecnologie Magaldi, il secondo per la commercializzazione nel sud Europa delle tecnologie Kawasaki, un accordo di Licenza con una società statale cinese. Dopo alcuni cenni storici è importante sottolineare che oggi il gruppo è in forte crescita. Il gruppo da solo è in grado di realizzare impianti chiavi in mano dalla progettazione all’avviamento in tutto il mondo.


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La Voce di Buccino - Estate 2006

Il Prefetto Salvatore Festa visto da vicino di Angelo Imbrenda Nel numero precedente de La Voce ho pubblicato un articolo dal titolo : “A Borgo Pio” un buccinese veglia sul Papa. Avete così appreso l’importante ruolo che ha svolto e che tutt’ora svolge all’ombra del Cupolone. In questa seconda puntata vi farò conoscere il Prefetto Salvatore Festa così come l’ho conosciuto io. Siamo nel 2000 e parlando a Buccino con Nando Salimbene della prossima pubblicazione di un libro sul calcio a Buccino vado a sapere che Rino Festa, lavorava a Roma presso il Viminale ( sede del Ministero degli Interni). Rino è stato una possente mezz’ala dei boys del Casale dei primi anni ‘60 e per un breve periodo un valido centrocampista della prima squadra buccinese che esportava calcio nei paesi vicini. Dopo circa quarant’anni l’ho rivisto non più come un promettente centrocampista dai piedi buoni ( ormai le scarpette bullonate sono appese al chiodo dei comuni ricordi della nostra lontana giovinezza) ma come un affermato professionista. Avendo a disposizione più tempo libero, di tanto in tanto, con la scusa di portargli l’ultima copia de La Voce di Buccino coglievo l’occasione per scambiare quattro chiacchiere da amarcord volceiano. Nell’ultimo incontro, pensando di scrivere un articolo sulla sua attività professionale con l’importante incarico che ricopre ho voluto approfondire la sua conoscenza. Tutte le volte che vado a trovarlo non devo fare molta anticamera e la sua porta si apre subito. Questa volta mi sono appena seduto e dopo i primi convenevoli metto in moto il registratore che supplisce alla mia ormai vecchia e arrugginita memoria per raccogliere le informazioni utili per l’articolo. Ma, il dovere sotto forma di una telefonata lo porta fuori ufficio per incontrare alcuni prelati del vicino Vaticano.

In quei pochi minuti di assenza, mentre un suo aiutante cerca in archivio una foto da darmi per il servizio, mi ritornano in mente alcune immagini di Rino nell’esercizio del suo alto incarico. Nella mente mi scorrono le immagini televisive dell’8 dicembre 2004, quando Giovanni Paolo II si reca per l’ultima volta a piazza di Spagna a rendere omaggio alla statua della Madonna. E’ un appuntamento che si rinnova ogni anno e che in passato avevo seguito qualche volta ma in maniera superficiale. Quando quell’8 dicembre ho intravisto l’amico Rino ( il prefetto Festa) in servizio di scorta al Santo Padre mi sono sentito quasi in obbligo di seguire tutta la funzione. In me c’era l’orgoglio di un buccinese che vedeva un suo compaesano svolgere un così importante ruolo: vigilare sulla sicurezza del papa. Il Prefetto Festa nel frattempo è tornato dalla breve missione vaticana e dopo essersi tolto il soprabito si siede dietro la scrivania. Mentre si scusa per avermi fatto aspettare lo vedo baciare un santino che ha in mano. Sbircio e vedo che ha tra le mani una foto del nuovo Pontefice: Benedetto XVI Avevo già visto con quanta cura conservava un quadro gigante con la figura del Papa polacco nel suo precedente ufficio presso l’ispettorato. Mi viene allora spontaneo chiedergli:

Rino, in questi tre anni di permanenza presso il Vaticano hai avuto modo di conoscere sia Giovanni Paolo II che Benedetto XVI… R. Giovanni Paolo II l’ho conosciuto quando purtroppo era già minato fisicamente ma posso garantire che emanava una specie di fluido particolare che ti colpiva in maniera eccezionale. Anche questo papa è dotato dello stesso fluido quindi diciamo che a mio modesto giudizio se Giovanni Paolo II avesse potuto scegliere il

suo successore, sicuramente avrebbe scelto Ratzinger. Non ho alcun dubbio su questo perché è il naturale continuatore della sua opera.

Rino, per te Buccino che cosa è. Buccino per me è il luogo dei miei ricordi più belli perché ho trascorso lì il periodo delle scuole elementari. Da quando avevo due anni fino ai dieci anni quando mi trasferii a Napoli ove ho fatto le scuole medie e gli studi successivi. Ma , immancabilmente i mesi estivi li trascorrevo a Buccino, tranne il breve periodo trascorso al mare. Per me andare a Buccino era sempre piacevole tranne il periodo subito dopo il terremoto dell’80, perché persi mia zia e dopo quattro anni morì anche mio zio sempre in conseguenza del terremoto. Ultimamente invece sento il bisogno di farmi una passeggiata ogni tanto a Buccino e vado alla ricerca dei luoghi e delle persone con cui da ragazzino giocavo. L’ultima mia andata a Buccino è stata proprio in occasione della inaugurazione nel parco della Rimembranza di una stele a ricordo dei martiri del bombardamento del 16 settembre 1943. Queste poche parole di questa breve intervista bastano e avanzano per comprendere l’uomo e il professionista che, pur vivendo lontano dal suo paese da oltre quarant’anni, non ha dimenticato “ la terra dei tramonti” , come amò definire Buccino lo storico Theodor Mommsen.


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La Voce di Buccino - Estate 2006 Lettera a:

La Voce di Buccino

Amarcord Volceiano

Vincenzo Di Leo ricorda i compagni periti sotto il bombardamento del 16-09-43 a Buccino Cara Voce, Sono nato a Buccino, poi la vita – ormai diciottenne - mi ha portato definitivamente sulle sponde del fiume Tevere, che all’epoca conoscevo solo grazie ai libri di scuola. Leggendo il tuo giornale, riemergono in me tanti cari ricordi dell’età giovanile e con essi ripercorro con gioia tutti i luoghi, le storie vissute, le persone che credevo dimenticate. Sfogliando poi la raccolta Antologica dei primi dieci anni 1994/2004 – di “La Voce di Buccino”, ho sentito forte la voce di richiamo verso la terra Volcei che non sempre ho potuto frequentare. Concordo, pertanto, con l’amico Clemente “lu Santariedd” dal Canada: il tuo giornale ci ha rivitalizzati, facendoci mantenere vivo quello spirito d’appartenenza alla terra d’origine. I ricordi di un tempo che riaffiorano, non sono quelli del telefonino, della play-station o del personal computer, ma la semplicità, le ingenue storielle che avevano un sapore di freschezza, l’entusiasmo per le piccole e modeste attività di passatempo, il rispetto per gli altri e per la natura circostante e poi il respiro dell’aria, il magnifico tramonto del sole, il profumo d’ambiente che con le stagioni si vestivano di nuove forme e di colori e tutto ciò che c’era di nuovo da vedere ed osservare ci rendeva inconsciamente curiosi e felici. Non ho dimenticato fra i miei ricordi il gioco delle cerbottane di sambuco, quello dei bottoni strappati dai pantaloni, il gioco delle biglie di vetro sui marciapiedi, bellissimo ricordo quello del pallone che giocavamo sulla piazzetta di S. Antonio con una palla costruita da noi ragazzi con toppe di stoffa rammendate tra loro. Piacevole era anche l’altalena che facevamo sui tronchi di legno davanti alla segheria “r Z’Ndonio lu Magnanes” Mettevamo due tronchi sovrapposti incrociati su cui volteggiare fino a quando “lu Magnanes” non avvertiva la nostra presenza poco gradita. Fra i miei ricordi, francamente, riaffiorano anche momenti di paura: il timore della guerra che all’epoca incalzava, le bombe che scoppiavano, le mitragliatrici che sparavano, i mezzi militari e gli aerei che solcavano spesso il cielo di Buccino ne erano una conferma. Dopo tutto però, per noi ragazzi (8/11 anni), rappresentava anche uno spettacolo da vedere: sidecar e camion militari andare su e giù, gli aeroplani volteggiare - di cui riuscivamo a distinguerne la nazionalità oppure se a singola o doppia fusoliera - che s’innalzavano e poi si allontanavano e ritornavano ancora a tutta velocità in picchiata mitragliando e bombardando le postazioni tedesche posizionate nella zona dell’Eliceto. Quando poi gli aerei si riportavano in quota, l’artiglieria contraerea tedesca reagiva sparando. Non ho dimenticato lo spavento di una mattina, era all’incirca giugno del 43, quando giunsero a S. Vito alcuni mezzi blindati tedeschi in assetto da guerra, con grosse mitraglie puntate verso le nostre abitazioni. “Che paura!”.

Dai blindi e da altri camion al seguito scesero, in coppia, dei militari con mitra e bombe a mano nella cintura, che agli ordini di un terzo militare graduato, entrarono di prepotenza nelle abitazioni circostanti ove requisirono grosse caldaie di rame. Prima che Buccino venisse bombardata, arrivò a S. Vito, palcoscenico dei miei ricordi, un’autocolonna tedesca di circa 20 autocarri, erano tutti mimetizzati con rete di colore grigio-verde e carichi di munizioni, si disse allora. Parcheggiarono sotto gli alberi lungo il tratto di strada che da S. Vito va a S. Antonio e vi restarono due / tre giorni. Andarono via di notte e dopo qualche giorno alcuni aerei alleati lanciarono dei volantini che incitavano a scacciare i tedeschi da Buccino. Il 16 settembre 1943, - “eterno riposo ai miei cari compagni e tutti gli altri Buccinesi periti quel giorno” – con i soliti amici, che abitavano vicini: “Tonino Cipriani, Gerardino De Lucia, Ciccilluzzo Tuozzo, Gerardino Caporale”, ci siamo ritrovati sui legnami “r Z’Ndonio lu Magnanes” dove poi alla spicciolata arrivarono anche i ragazzi di altri quartieri: Giuseppe Basile, Ettore Scaffa, Giuseppe Parisi, Ferdinando Salimbene, Pasquale Russo, Antonio Catone, Rodolfo Del Chierico. Spensierati come sempre, ci siamo messi a giocare e volteggiare sui tronchi. Per noi rappresentavano un’esperienza di coraggio, che ci faceva sentire più grandi e sicuri. Io ero con loro quel giorno ma sono qui a ricordarli perché pochi minuti prima la voce del destino mi chiamò (quella voce era di mia madre) e mi permise di ritornare a casa lasciando lì miei compagni di giochi. Quel giorno, Buccino venne bombardata dagli “alleati”! Terminati i bombardamenti, mio fratello maggiore andò alla segheria. Si presentò a lui un susseguirsi di immagini angoscianti. Una tragedia si era consumata sui tronchi dell’altalena. I ragazzi, gli amici miei del 43, staranno sempre nel mio cuore. Sono eroi morti senza eroismo che, grazie a te “Voce di Buccino”, ho avuto la personale opportunità di rievocare con i ricordi di allora e l’emozione di adesso. Grazie anche al defunto Professore Marcello Gigante che con il discordo pronunciato nel gennaio del 1988, a 45 anni dall’eccidio, ne ha tracciato il significato storico – politico, ed un grazie anche al Sindaco di Buccino Parisi, che a ricordo dei ragazzi del 43, ha fatto erigere il 5 novembre 2005, nel Parco della Rimembranza, una scultura dell’artista Bartolomeo GATTO. Roma, 20 aprile 2006 Vicenzo Di Leo


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La Voce di Buccino - Estate 2006

Lettere al direttore Stefano Candela da Voghera:

Aspettando una Voce che mai non arriva… Colgo l’occasione per porgerle i miei saluti. La scrivo per informarla che non ricevo più il giornale “ La voce di Buccino” pur avendo provveduto al pagamento previo c/c postale della quota di socio per l’anno 2005, dopo la gentilissima nonché tanto gradita ed inattesa pubblicazione della mia precedente lettera, non ho potuto più avere la gioia di cimentarmi divertendomi a leggere, soprannomi e storie variegate dei nostri sempre amatissimi conterranei. Ho chiesto a mio padre”Prezioso lu funtanar” di informarsi dal carissimo amico Mario Chiariello, che saluto tanto, sempre con immenso piacere, come mai non ricevevo più il giornale, ma non ho avuto notizie. Adesso mio figlio Davide il primogenito ha sei anni, ha imparato già a leggere da quasi un anno, io un po’ fanatico, un po’ nostalgico desidero vivamente che anche lui legga e conservi in sé le sue origini di Buccinese puro, infatti oltre all’italiano corretto spesso gli parlo in dialetto nostrano e mi fa ridere, ma allo stesso modo mi suscita una particolare emozione quando si esprime in un dialetto verace. Pochi giorni fa eravamo in casa e lui si divertiva un mondo a leggere la voce di Buccino, poi mi ha chiesto, quando arriva l’altro giornale? Gli ho risposto presto vedrai. Oggi stesso ho provveduto al pagamento della quota soci 2006, poi quando scendo ad agosto, chiederò a mia nonna se ha conservato le copie che mi mancano visto che oltre alla lettura, amo collezionarle, ne farò una mia personale enciclopedia di Buccino ed i suoi figli, che custodirò gelosamente come un inestimabile tesoro. Voglio ancora ringraziarla per quella lettera pubblicata, non me l’aspettavo fu un’emozione grande leggere il mio nome in mezzo ai miei compaesani, un onore per me. Fra circa due mesi sarà il primo compleanno della mia secondogenita Chiara, io in tempo debito le manderò un e

mail o le scriverò perchè se è possibile, pagando ovviamente, vorrei farle i miei auguri con una foto pubblicata sul giornale, in modo che anche i cugini e zii che risiedono all’estero la possono vedere. Pensi che riceverà il battesimo in estate, dopo il compimento dell’anno di età, tutto perché con l’aiuto di Dio, desidero che avvenga nella chiesa di Santa Maria, sotto gli occhi e la protezione della nostra Madonna, dove ci siamo sposati io e mia moglie Leonilde Trimarco, nipote del recente purtroppo estinto “Ciccillo r sant sant”. Siamo stati i primi a essere uniti in matrimonio davanti all’altare di Santa Maria, dopo la lunga attesa per il restauro della chiesa, per i danni causati dal terribile terremoto del 23 novembre 1980. Ricordo che i lavori di restauro non erano ancora ultimati e Don Antonio Volpe non era tanto d’accordo sul nostro desiderio di volerci per forza sposare lì, ma poi tra tante preghiere e una buona dose di entusiasmo siamo riusciti a convincerlo, così il 27 settembre 1997, con persino la benedizione del tanto amato Giovanni Paolo II, abbiamo fatto sì che le porte di quella bellissima chiesa si riaprissero per permettere alla gente di ritornare a gremire quelle panche che per tanto tempo erano rimaste vuote. E’ soltanto uno dei tanti ricordi belli della nostra terra, della nostra gente, ieri per esempio è stato San Giuseppe, non può immaginare come avrei voluto essere ieri sera vicino ad un “fucanoi” (falò) a cantare, ballare, mangiare le famose zeppole r’ San Giuseppe e divertirmi come facevo sempre durante questa festa quando ero a

Buccino, ma intanto sono a Voghera e qui il falò e le zeppole non fanno parte della tradizione del posto e quindi non ci sono. Nel salutarla spero tanto di poterla incontrare magari in estate, così gustando un buon caffè vorrei raccontarle tante altre storie che mi auspico non le recano noia. Anche lei abita lontano dal nostro paese ma una cosa ci unisce, la passione per il conoscere e tenere alto il nome di Buccino, anche nelle minuziose sfaccettature dai mille racconti di chiunque, dal personaggio famoso a quello un po’ più in ombra, che poi messi insieme compongono un meraviglioso grande puzzle di nome Volcei o più semplicemente Buccino Voghera 20.03.06 Il tuo cambio di indirizzo e la mancata aggiunta del numero civico aveva interrotto l’arrivo della Voce. Abbiamo provveduto a ripristinare il contatto anche con i numeri arretrati. La tua lettera, caro Stefano, ha le proprietà di un forte ricostituente e riceverla fa tanto bene. Non devi essere tu a dover pagare per questo gradevole medicinale che mi hai mandato ma sono io che mi sento in debito con te. Mille volte grazie. a.i.

LUTTO Il 27 maggio scorso, mese dedicato alla Madonna, madre di Gesù, all’età di 96 anni è deceduta

Teresa Trimarco vedova Iannone Dopo una vita dedicata alla famiglia, chiuso il suo ciclo terreno, è volata in cielo a raggiungere Gaetano e Pasquale,i suoi due figli che l’hanno preceduta. Ciao Zia Teresa e grazie per l’esempio di bontà che mi hai lasciato.

Il 31 maggio scorso è prematuramente scomparso il maestro fornaio

Francesco Verderese di anni 68 alla moglie, ai figli e ai parenti tutti le più sentite condoglianze da La Voce di Buccino e Associazione Buccinesi nel Mondo.


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La Voce di Buccino - Estate 2006

I ricordi di Nicolino D’Acunto Nicola Magaldi all’Annunziata La lavorazione del rame e dell’all u m i n i o all’Annunziata veniva fatto presso la bottega di Nicola Magaldi. Ci lavoravano in tanti tra cui mio padre e alcuni apprendisti come Francesco Cutinella (Ciccillo r’ cut’nella). Anch’io ci andavo dopo la scuola, di pomeriggio. Ricordo il tornio per lavorare l’alluminio con le varie forme di legno per fare padelle, tegami, caldaie (tielle) medie e piccole con i coperchi. Ciccillo r’ cut’nella ci lavorava con una stecca in ferro, che aveva una punta grande quanto un’oliva grande, in acciaio rotante per fare le varie forme con il tornio. C’era la taglierina per preparare le varie misure per la lavorazione. Ci sono andato per poco tempo ma il ricordo è ancora nitido. Il gassometro per saldare con la fiamma ossidrica le varie forme. Un paio di volte, di mattina, ci fu uno scoppio, dato che veniva caricato a carburo. La gente in piazza mercato sentito il forte boato diceva: è scoppiato il gassometro. Una volta anch’io andai a curiosare e vidi il padre di Michele Chiariello (vrusciapaìis) che lavorava lì adagiato fuori la bottega, per terra svenuto, mentre alcuni gli facevano annusare dell’aceto per farlo riprendere. Questi era il più anziano tra i lavoranti. Una volta, era il 6 dicembre, San Nicola, mio padre mi dis-

se: “ ti cerca Nicola Magaldi”. Pensai che mio padre avendo fatto gli auguri a Nicola, lo stesso volesse ricambiarli anche a me, che avevo lo stesso nome. Invece mi regalò dei soldi, non ricordo quanto, perché alcuni pomeriggi avevo aiutato Ciccillo Catinella ed altri. Ricordo le pulitrici con le ruote di tela pesante per lucidare l’alluminio. La trebbia dei Magaldi all’Annunziata In estate all’Annunziata Nicola Magaldi sistemava la trebbia per la trebbiatura. I contadini trasportavano con asini e muli i covoni raccolti in campagna e li accatastavano nei pressi della trebbia. Si formava così un piccolo paese fatto di case costruite

da covoni uno sull’altro che a sua volta formavano tanti vicoli e viuzze. Con la trebbiatura si formavano montagne di paglia che venivano poi trasformate in balle attraverso una imballatrice. Noi ragazzi di sera andavamo a giocare a nascondino, a guardie e ladri proprio in questo fantastico paesino che resisteva solo pochi giorni. Nei pressi della trebbia venivano conficcati nel terreno due pali con appesa l’immagine della Madonna, e di San Vito. Ai piedi di questi due pali

venivano offerte una o più gregne (covoni). Alla fine le gregne offerte venivano trebbiate e il grano ricavato veniva consegnato ai rispettivi comitati feste. Un anno presero fuoco le balle di paglia e le fiamme in pieno giorno diedero vita ad un falò fuori stagione. Quel compagnone di Caravoglia Il dott. Giuseppe Caravoglia da studente universitario, quando veniva a Buccino per le vacanze e per la festa della Madonna invitava noi ragazzi al tiro a segno al luna park. “ Chi vuole sparare, pago io” diceva. Così con il fucile si sparava ai palloncini attaccati ad un palo. Lo stesso faceva presso la sala da bigliardo al corso Garibaldi. Chi voleva giocare con lui poteva farlo tanto pagava sempre lui. Era sempre allegro e compagnone. Paolo Picciotti in vacanza da Roma Paolo Picciotti veniva in vacanza da Roma e stava dalla nonna al Mercato. Figlio del dott. Michele Picciotti che ebbe il suo momento di notorietà per un medicinale in fiale. Essendo del vicinato eravamo diventati molto amici e quando Paolo tornò a Roma mi mandò delle cartoline di saluti. Quando andai per lavoro a Roma tra il 1953 e il 1995 ci incontrammo varie volte e una volta mi invitò a casa sua a via Taro. Nella stessa via abitava Gina Lollobrigida. Ricordo anche che il Dott. Michele Picciotti offrì a Don Pasquale Grieco una bella somma per far restaurare Santa Croce o Santa Maria e una lapide in marmo ne ricorda l’evento. Se non sbaglio era il 1954.

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La Voce di Buccino - Estate 2006

Tremaglia for ever President … degli Italiani nel Mondo Dopo il risultato elettorale, che ha visto l’affermazione di misura dell’Unione di Prodi, grazie alla mancata coalizione tra le liste della Casa della Libertà , devo fare alcune considerazioni in base a quanto è stato scritto pro e contro il vecchio leone di Bergamo. Nel numero di primavera, alla vigilia delle elezioni avevo scritto un editoriale provocatorio dal titolo Tremaglia for President. Ancora prima, nel numero inverno 2005, a pag 13, nell’articolo: Dai buccinesi d’Argentina agli Italiani nel Mondo avevo scritto: Per più di quarant’anni un solo partito e in particolare un uomo politico ha dedicato la sua vita politica e si è battuto per il riconoscimento del diritto al voto dei nostri connazionali. Oggi che questo diritto è stato sancito da una legge costituzionale, la stragrande maggioranza dei partiti italiani hanno scoperto i nostri connazionali. Con il loro lavoro e il loro sacrificio si sono dimostrati i nostri migliori ambasciatori ha affermato non da oggi un politico italiano. Quell’uomo- Mirko Tremaglia- che oggi è il Ministro degli Italiani nel Mondo, sarà fra un anno ,molto probabilmente fatto da parte e buttato via come un ferro vecchio. (Non solo ciò si è avverato ma hanno provato i vincitori? a buttare via non solo il vecchio Mirko ma anche il Ministero degli Italiani nel Mondo). E mentre… Nella Pampas argentina come nel Rio Grande del Sud, dalle foci dell’Orinoco al Connecticut, da Toronto a Sydney, da Nizza a Marcinelle passando per Zurigo e Dusseldorf sventolano i vecchi e i nuovi simboli degli italici partiti come le bandierine dei pionieri alla conquista del West, quell’uomo solo, al comando di una nobile idea di Italianità, che lo ha spinto a realizzare il sogno di milioni di italiani residenti all’estero, non sarà dimenticato e fa parte già della storia, della nostra storia, quella degli Italiani nel Mondo. Grazie Mirko. 3. VOTO ALL’ESTERO Gian Luigi Ferretti: “Riaffermo il mio orgoglio di essere amico di Mirko Tremaglia” “Ho combattuto al suo fianco, condiviso molte sconfitte, ma anche splendide vittorie. Ora bevo con lui l’amaro calice” ROMA – “Riaffermo il mio orgoglio di essere amico di

Mirko Tremaglia. Per tanti anni ho combattuto al suo fianco, con lui ho compartito molte sconfitte, ma anche splendide vittorie. Ora bevo con lui l’amaro calice. Da ragazzo non riuscivo a capire che Garibaldi, l’eroe che aveva fatto l’unità d’Italia, avesse poi finito la sua vita in una specie di esilio a Caprera. Crescendo ho provato lo stesso stupore per un Wiston Churchil mandato a casa alle prime elezioni dopo aver vinto la guerra o per Lech Walesa, l’eroe di Danzica, il liberatore della Polonia dal comunismo, che perdeva malamente le elezioni. Continuo a non capire, e ritengo profondamente ingiusto, che Mirko Tremaglia sia stato umiliato dai “suoi” italiani nel mondo. E mi rammarico di tutto cuore per avere contribuito alla sua umiliazione. D’altronde chi è stato nello studio di Tremaglia a Bergamo avrà notato un cartello con la scritta “La riconoscenza è il sentimento della vigilia”. A parte i sentimenti, credo che, facendo una seria analisi politica , il nostro sia stato un errore di valutazione. Noi ritenevamo che gli italiani all’estero fossero interessati alle loro specificità, al loro particolare status, ai loro problemi, mentre invece si sono coinvolti nel plebiscito italiano sinistra contro destra ed hanno segnato o il simbolo con il nome di Prodi o quello con il nome di Berlusconi. Gli italiani all’estero hanno scelto di farsi rappresentare dai partiti. Rispetto la loro scelta, ma siccome quel “coglione” di Tremaglia mi ha insegnato ad amarli profondamente, prego sinceramente perché non rimangano delusi. (Gian Luigi Ferretti, coordinatore generale CTIM/Inform) 1. VOTO ALL’ESTERO Il grazie di Franco Narducci alle elettrici e agli elettori per l’ampio consenso ottenuto “La nostra vittoria è in ogni caso, indipendentemente dai risultati elettorali, anche la vittoria di Mirko Tremaglia” Il destino ha voluto che proprio in questo primo appuntamento - a causa dei risultati usciti dalle urne italiane - si accendessero i riflettori sugli italiani all’estero. Nel momento di gioia per l’attenzione e la ribalta che abbiamo conquistato, desidero esprimere il ringraziamento doveroso al Ministro Mirko Tremaglia che per anni ha sostenuto, insieme ad altri parlamentari illuminati, la battaglia per i diritti degli italiani residenti all’estero. La nostra vittoria è in ogni caso, indipendentemente dai risultati elettorali, anche la Sua vittoria. Non possiamo dimenticarlo, soprattutto di fronte alle critiche ingiuste che uomini politici poco accorti e disinteressati alle nostre vicende hanno espresso in queste ultime ore. (Franco Narducci/Inform)


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La Voce di Buccino - Estate 2006 Dibattito sulla fiducia al Governo: le dichiarazioni di voto dei deputati Ricardo Merlo e di Mirko Tremaglia Tremaglia: “I connazionali all’estero non hanno più un ministro degli italiani nel mondo: nominiamo uno di loro, è giusto” ROMA - Durante le dichiarazioni di voto, che hanno fatto seguito alla replica del Presidente del Consiglio Romano Prodi, ha preso la parola ieri anche Ricardo Antonio Merlo- il deputato della circoscrizione Estero eletto nella lista Associazioni Italiane in Sud America e ora iscritto al gruppo misto - che ha sottolineato come il suo sì al governo Prodi non rappresenti un sostegno politico, ma un contributo alla stabilità del nostro Paese. Quella governabilità che è “un elemento indispensabile per i nostri concittadini che reclamano efficienza e stabilità, affinché l’Italia si rafforzi nell’ambito europeo e mondiale”. Da Merlo è stato auspicato un impegno coerente, significativo e tangibile che dia priorità al rafforzamento delle relazioni dell’Italia con il Mercosur e con il resto dei paesi dell’America Latina. Un continente che “per le sue potenzialità politiche, economiche e commerciali e per la presenza di milioni di italiani dovrebbe occupare un ruolo strategico e vitale nella politica estera dell’Italia…Mi auguro, altresì, - ha proseguito Merlo - che su queste basi si possano meglio conoscere, con una speciale attenzione per il prezioso lavoro delle associazioni, dei Comites e del CGIE, i principali problemi degli italiani residenti all’estero, per affrontarli e risolverli. Ritengo doveroso esprimere - ha infine concluso il deputato del gruppo Misto - un sentito ringraziamento ad una persona che nelle ultime settimane è stata da alcuni erroneamente giudicata… Voglio perciò sottolineare che l’onorevole Mirko Tremaglia, che ha fatto degli italiani all’estero una missione di vita, sarà sicuramente considerato dalla storia come un uomo capace di pensare ad una politica che va al di là del un mero calcolo elettoralistico”. La parola è poi passata proprio all’ex Ministro per gli italiani nel mondo che, pur rinunciando alla lettura del suo intervento, ha espresso la sua opinione sulla questione della nomina dei vice ministri. “Dopo avere ascoltato le argomentazioni significative dell’onorevole Fini e di altri - ha detto Tremaglia che si è espresso contro la fiducia al governo - vorrei fare una critica severa al Presidente del Consiglio. I connazionali all’estero non hanno più un ministro degli italiani nel mondo: nominiamo uno di loro, è giusto”. Nel testo della dichiarazione di voto, agli atti della Camera, Tremaglia rivendica inoltre con forza la conquista del pieno esercizio di voto all’estero, una vittoria di cui si sente orgoglioso, e traccia un bilancio positivo dei risultati ottenuti dal suo dicastero che ha lavorato 5 anni , attraverso la realizzazione di convegni e di strutture come la Confederazione degli imprenditori italiani nel mondo, per “far scoprire il Siste-

ma Italia che esiste all’estero”. Nel testo Tremaglia, oltre a ricordare di aver ottenuto l’equiparazione delle pensioni minime all’estero con quelle italiane, chiede un adeguato assegno sociale per gli indigenti delle nostre comunità, la costituzione del gruppo parlamentare degli italiani nel mondo, lavori parlamentari per sessioni e la formazione di una commissione bicamerale che tratti i problemi economici, culturali e politici da promuovere all’estero. Sul fronte delle elezioni Tremaglia ribadisce sia gli errori politici del centro- destra, che si è presentato all’estero con più di cinque liste, sia le numerose irregolarità che hanno caratterizzato queste prime consultazioni nel mondo. “Non si può confondere - scrive però Tremaglia che respinge con sdegno ogni tentativo di linciaggio politico della sua persona- la vittoria storica ottenuta, cambiando per due volte la Carta costituzionale, con la recente sconfitta nelle votazioni”.(G.M.-Inform)

Il senatore Luigi Pallaro (Associazioni Italiane in Sud America) ha votato la fiducia al governo. Quale il significato del suo voto? Il nostro voto è stato un contributo di responsabiltà, per la nascita del governo. Ma non siamo schierati con il governo di Prodi, non facciamo parte della coalizione di centrosinistra. Siamo e rimaniamo indipendenti, per cui le nostre posizioni saranno fissate di volta in volta. D’altra parte va ricordato che, esclusi i voti dei senatori a vita, il governo ha ottenuto la fiducia per due voti, non solo il mio, per cui, come hanno ricordato che diceva Churchill, “mi avanza anche un voto, perché ho uno in più dei necessari”. E a chi nel centrodestra mi ha rinfacciato la nostra decisione, ho risposto che non siamo stati noi a modificare la legge elettorale che ha portato a un risultato così controverso. Vincent Quaranta (La Guida): “Il Governo non abolisca il Ministero per gli Italiani nel Mondo” TORONTO – Vincent Quaranta, direttore del periodico La Guida, da Toronto chiede all’esecutivo guidato da Prodi di non abolire il Ministero per gli Italiani nel Mondo. Chiuderlo sarebbe per Quaranta un errore, “la più grande offesa che l’Italia di Roma farebbe all’Italia del mondo”, “dopo avere stabilito il miglior rapporto tra le due Italie nel mondo ed averne ricevuto molteplici benefici economici,culturali ed aver introdotto ‘l’italianità nel mondo’”. “Il nostro Ministero –prosegue Quaranta - ha dato prestigio a noi emigrati e rinnovato in noi l’amore per il nostro paese d’origine, il quale per ragioni economiche, ci costrinse ad emigrare”. Indignazione di Quaranta: “E’ questo ora il vostro riconoscimento? E’ questo il vostro grazie? Per avervi onorato col nostro quotidiano lavoro?”. L’invito: “Signori miei, ponderate prima di assumere la grande responsabilità di abolire un Ministero che funziona e reca alla nostra Italia benessere economico e tanto orgoglio di sentirci italiani”. E una forte sollecitazione: “Basta con le polemiche e per cortesia abbandonate le vostre differenze politiche e lavorate come noi per il benessere del più bel paese del mondo, dove avete la fortuna di poter vivere”. (Inform)


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La Voce di Buccino - Estate 2006

Rassegna Stampa

GLI IDIOTI DEL 25 APRILE di MARCELLO VENEZIANI

Disapprovare non basta

Il 25 aprile peggiora con gli anni. Lo prova l’imboscata incivile, premeditata e non certo isolata, a Letizia Moratti che spingeva la carrozzella di suo padre, deportato nei campi di sterminio nazisti. Entrambi sono stati bersaglio di feroci insulti, tanto da essere costretti a lasciare il corteo. Se quelli del centro-destra vanno al corteo sono contestati, se non vanno sono accusati di essere dalla parte dei nazisti. Non c’è scampo. Più si allontana il suo riferimento storico, drammatico e civile e più l’antifascismo diventa una fiction ideologica, vendicativa, sottilmente settaria, che una parte d’Italia usa contro l’altra. Così è stato ieri. Da anni il 25 aprile non divide più gli italiani tra fascisti e antifascisti ma tra militanti ideologici e resto d’Italia. Da una parte c’è chi separa l’Italia tra giusti e sbagliati, tra buoni e cattivi, e dall’altra c’è chi non fa distinzioni tra razze ideologiche, ma solo tra individui e scelte personali. Da anni l’antifascismo non serve a colpire i fascisti ma a stabilire la superiorità morale, civile e intellettuale, di chi si riconosce nella religione politica antifascista contro chi invece si considera semplicemente e liberamente cittadino italiano. Da anni la liberazione si oppone alla libertà, nel nome della militanza e di un aggressivo spirito di esclusione. Così il 25 aprile è diventata la giornata del rilascio o della revoca di patenti di circolazione: una parte d’Italia decide la legittimazione dell’altra. Chi celebra il 25 aprile usa la storia per colpire e tenere in scacco l’avversario politico, ed esclude chi invece consegna la storia alla memoria o agli storici, e non alle piazze o alla lotta politica… Da:Libero del 26 aprile 2006

di Ernesto Galli Dalla Loggia*

Anche se ha preferito non dare importanza alla cosa, quel che è capitato ieri pomeriggio al ministro Moratti è assai grave, e merita di essere chiamato con il suo nome: una violenta, indecorosa gazzarra che chiama in causa responsabilità più vaste di quelle dei suoi autori. A nulla è valso che Letizia Moratti partecipasse al corteo milanese commemorativo della Liberazione spingendo la carrozzella con il padre medaglia d’argento della Resistenza; a nulla è valso che la sua sola presenza attestasse — se ce ne fosse stato mai bisogno! — la condivisione degli ideali di libertà evocati dalla ricorrenza: no, nulla è valso a nulla per proteggerla dalla salva di fischi, di insulti, di minacce, che le è piovuta addosso per tutta la durata del corteo. Ovvia la sua colpa: stare politicamente nel centrodestra; per giunta come ministro dell’Istruzione e dell’Università del governo Berlusconi, cioè in un ruolo che per lungo tempo è stato oggetto di una vera e propria demonizzazione ad opera dei settori più beceri e massimalisti della sinistra italiana che da decenni, ahimé, si annidano per l’appunto nelle scuole e negli atenei della Repubblica.

zione di Romano Prodi, il quale, pur avendo l’occasione di parlare nel comizio a conclusione del corteo, dal palco ha fatto appena un cenno all’accaduto. Ha evitato così di dire, il nostro futuro presidente del Consiglio, ciò che invece andava detto e che da lui ci aspettavamo. Che allora in sua vece diciamo noi: e cioè che la democrazia italiana non sa che farsene dell’antifascismo dei faziosi e dei violenti; che la nostra democrazia non sa che farsene di quell’antifascismo che — come ha scritto coraggiosamente il direttore di Liberazione Piero Sansonetti — non capisce che «una cosa è cacciare i nazisti e un’altra è cacciare Berlusconi», che la democrazia italiana non sa che farsene — e non vuole avere niente a che fare — con l’antifascismo che non esita a strumentalizzare le grandi, drammatiche pagine della storia nazionale e i valori più alti del nostro patto costituzionale per sfogare i suoi poveri livori politici, per celare le sue pochezze, all’occasione per maramaldeggiare.

Di fronte a quanto accaduto, che è l’esatta ripetizione di quanto già accaduto altre volte in altri 25 aprile, i commenti degli esponenti del centrosinistra, limitatisi tutti (con la sola, felice eccezione, oltre che della Rosa nel pugno e di Mastella, di Bruno Ferrante, concorrente con la Moratti nella prossima elezione a sindaco di Milano) a un formale rincrescimento, appaiono penosamente inadeguati. Tanto più se ricordiamo che sono proprio essi a rammaricarsi regolarmente del fatto che i politici del centrodestra non partecipano ai festeggiamenti della Liberazione: e perché mai lo dovrebbero se questa è la fine che li aspetta? Per superare l’esame di autolesionismo?

Finché l’antifascismo dei democratici non saprà prendere le distanze dall’ antifascismo «militante», da questa sua contraffazione intollerante e violenta, e non saprà farlo a voce alta, esso sarà sempre vittima, anche elettorale, del suo ricatto politico. È così, mi chiedo, è mostrando una simile timidezza ideologica che si crede di poter costruire il Partito democratico? Sul punto di andare al governo con un’esiguissima maggioranza parlamentare, i gruppi dirigenti del centrosinistra commetterebbero un grave errore a non capire che è proprio su questioni come questa che essi si giocano la possibilità di convincere e di raccogliere intorno a sé una parte del Paese più vasta di quella che li ha votati.

Più inadeguata delle altre, per l’evidente importanza della sua figura, la rea-

Dal Corriere della sera del 26 aprile 2006

Oriana Fallaci aiuta la pace. Parola di giudici MILANO Quello che non è stato fatto dalla politica né dagli uomini di cultura è arrivato da una stanza del settimo piano di un palazzo di giustizia. Il più grande riconoscimento ad Oriana Fallaci è stato scritto ieri da un giudice milanese, il gup Bruno Giordano che la definisce « una donna universalmente riconosciuta quale testimone di pace, un’autrice di denunce di grandi questioni civili » e la assolve dalla denuncia di diffamazione mossa dal leader no global Vittorio Agnoletto. La celebre scrittrice, il 15 maggio del 2004 sulle colonne del Corriere della Sera, descrive il numero uno dei no global come « boss del Social Forum e insignificante individuo per cui non ho mai avuto il minimo rispetto » . Agnoletto si sente diffamato e parte in quarta con la querela, ma la Fallaci, secondo il giudice, non ha compiuto alcun reato. Ha solo espresso un’opinione politica e, soprattutto, risposto a pesanti e inique accuse rivoltele da Agnoletto.


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La Voce di Buccino - Estate 2006 VERNACOLIERE VOLCEIANO

Ròn Gësépp lu “Cannavèl” e la quésta pp la Marònna r lu Càrmën. da: I CUND R’ NANONNA di Vito Russo Don Giuseppe, soprannominato “lu cannavèl” (soprannome intraducibile), era un sacerdote che affrontava la vita con ironia ma, qualche volta, si dimostrava anche un po’ troppo irascibile. Un anno, durante la questua per la festa della Madonna del Carmine o del Carmelo (che a Buccino è stata ripristinata da qualche anno), gli capitò questo fatto.....

Ròn Gësépp lu “Cannavèl” e la quésta pp la Marònna r lu Càrmën. Quànn éra la Marònna, quéra r lu Carmën, s facìa fésta, accussì raccundèva nanònna, e pp ffà sòld s facìa la quésta, ppëcchè la bbànda s’avìa pagà ca ìa appriéss a la pruggëssión e ppò r ffuóch s’avìa sparà; e ttànn r ffacìa “Zì Pòpón”. Po’ ngë vulìa lu prërrëcatór pp nóv iuórn, cioè la nuvéra, e lu panaggìr avìa fà ra fór a la méssa r la fésta ca éra r séra. Accussì ròn Gësépp, pp la fésta, ccù ttrè ccriatùr ccù lu mùcch a lu nès, ìa ggërànn pp ffà la quésta e gghìa facénn chès, chès. Traséz andò ‘na vicchiarédda e ccërcà ‘na cósa pp la fésta; quésta éra assèj povërédda ma vulìa rà ‘na cósa pp la quésta. E ddèss: “ Cchè bbulìt fà, auànn nün è bbóna l’annèta, nün bból chióv!…” Aprèz lu casción ccù i pànn e ccaccià ra fór sùl n’uóv. Lu réz a lu prévut, pp la quésta, e ddèss: “ Quést v pòzz rà auànn…. Però facìt ‘na bbèlla fésta, ué ròn Gësé, m raccummànn ! » Ròn Gësépp s ‘ngazzà e ffrëcà l’uóv ‘mbrònd lu mùr ; l’uóv, allóra, s scazzà e ddòn Gësépp rèss pùr:

« Ma va t fà frìj, tu vìr quésta !… ccù n’uóv cchè bbulìv fà ? Tè, la vì ddà, l’àmm fàtta la fésta, è ‘mbaccë lu mùr, guàrdëla ddà!”

Don Giuseppe il “Cannavale” e la questua per (la festa della) la Madonna del Carmine Quando era la Madonna, quella del Carmine, si faceva festa, così raccontava nonna e per far (raccogliere) soldi si faceva la questua, perché la banda si doveva pagare che andava dietro la processione e poi il fuoco (pirotecnico) si doveva sparare e allora lo faceva “Zì Pòpon”. Poi ci voleva il predicatore per nove giorni, cioè la novena, e il panegirico doveva fare fuori (in piazza) durante la messa della festa che era di sera. Così don Giuseppe, per la festa, con tre bambini col muco al naso, andava girando per fare la questua e andava facendo case, case. Entrò da una vecchietta e chiese qualcosa per la festa; questa era assai poveretta ma voleva dare qualcosa per la questua. E disse: “Che volete fare, quest’anno non è buona l’annata, non vuole piovere!…” Aprì il cassone con i panni e tirò fuori solo un uovo. Lo diede al prete, per la questua, e disse: “ Questo vi posso dare quest’anno…. però fate una bella festa, uè don Giusè, mi raccomando!” Don Giuseppe si incazzò e tirò l’uovo in “fronte” al muro; l’uovo, allora, si ruppe e don Giuseppe disse pure: “Ma vatti a far friggere, tu vedi questa!… con un uovo, che volevi fare? Eccola là, l’abbiamo fatta la festa, è in “faccia” al muro, guardala là!”

LIBR´ARTE A BUCCINO Causa la pioggia , libr´arte concepito come iniziativa da svolgersi all´aperto, perché ambiente è cultura, ha dovuto trasferire il suo allestimento presso il comune di Buccino . Arredando così gli antichi e luminosi corridoi della sede con gli stand espositivi e l´aula consigliare per gli incontri e i convegni. Ospite a tale iniziativa e partecipe a collaborare da esterna all´entourage dell´informa giovane, come autrice, mi sono ritrovata a desiderare di scappare dal blob organizzativo in stato confusionale, insicuro e quindi in tensione per la riuscita dell´evento. Forse colpa del padrone di casa, che non me ne voglia ma ci vuole qualcuno che lo sproni, dovuto più al suo carattere enigmatico e dolente, incurante dal fatto che la leadership richiede carisma, prontezza organizzativa, autorevolezza e condanna l´atteggiamento despote. Un padrone di casa mette a suo agio i propri ospiti, li presenta fra loro ed è attento a creare armonia e sintonia, purtroppo così non è stato. Ma un raggio di sole ha illuminato il percorso della manifestazione, una donna coraggiosa e sensibile, l´assessore alle pari opportunità GERARDA SALIMBENE, donna di curiosità evolutiva, tenace, amichevole, è riuscita nel suo intento, evento culturale per un paese che nonostante un patrimonio archeologico importante, non riesce a decollare, forse perché non riesce a far crescere la propria gente, convincendola che l´aggregazione socio culturale è fondamentale per la rivalutazione anche turistico - economica di Buccino. Le prerogative ci sono, sottolinea il sindaco NICOLA PARISI che conferma una sua volontà a questo possibile progetto, pregando i partecipanti, numerosi nonostante le pessimistiche previsioni dell´assessore alle culture giovanili, che in fondo ha ragione per quando riguarda la difficile adesione proprio dei giovani, ma a parere della scrivente forse questi vanno sollecitati e raccolti nei loro territori proprio come faceva San Giovanni Bosco grande pedagogo. I giovani vanno presi all´amo, affascinarli è un arduo compito dell´istituzioni! Libr´arte è una buona iniziativa e il mio augurio quasi da madrina è la crescita e la continuità, perché la civiltà è un diritto e un dovere. Anna De Rosa


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Sessantanni fa si compiva il tragico destino di Lilino Forlenza, vicebrigadiere dell’ Arma dei Carabinieri Il giorno 29 giugno 1946, consacrato ai blicano. Proseguono i governi De santi apostoli Pietro e Paolo, a Massa Gasperi, che includono sempre i comuniApuania, ridente cittadina della Toscana sti, e la stesura della Costituente risente nord-occidentale, detta così per la fusio- certo di un compromesso. Come sottoline dei comuni di Carrara, Massa e nea Piero Calamandrei “compensa le forMontignoso, -avvenuta il 18 dicembre ze di sinistra di una rivoluzione mancata 1938-, si compiva il tragico destino del mentre le forze di destra non si oppongogiovane vicebrigadiere dei Carabinieri: no ad accogliere nella Costituzione una Pasquale Forlenza, Lilino per i buccinesi. rivoluzione promessa”. Ma fu su quel Lilino, appena ventiduenne, figlio del fa- compromesso che cominciò la nuova stocoltoso commerciante in rame Giuseppe ria d’Italia, vennero evitate tragiche Forlenza e di Concetta Lenzi, rimasto or- contrapposizioni, e si concluse la guerra fano del padre (anch’esso deceduto tra- civile tra vinti e vincitori malgrado la guergicamente a Minervino Murge, ventanni ra fredda imminente. Dicevamo che il prima) fu amorevolmente circondato di Quarantasei è stato un anno radioso per premure, assieme con la sorella Carlotta, la nazione, ma fu anche l’anno della fame. di due anni più piccola, dagli zii Peppino All’inizio dell’anno si registrò una ripreArduino, Tanina e Ciccio Forlenza, affet- sa dell’inflazione, che andò man mano tuosamente vicini alla desolata cognata crescendo nei mesi successivi. “Di conConcettina. seguenza le agitazioni sociali –annota Di bell’aspetto, bruno, aitante, amante Giorgio Candeloro in: Storia dell’Italia della musica e della commedia napoletana, conseguì il diploma magistrale, sotto la guida del cugino Tittino, e subito dopo decise di arruolarsi nell’Arma dei Carabinieri, seguendo il corso di sottufficiale a Roma. Lì, lo ricorda il suo coetaneo e inseparabile amico Menotti Landolfi, che prestava servizio alla Polizia di Lilino Forlenza (a sinistra ), in un una foto del 1942, Stato, allorquando con la madre e la sorella sulla loggia dei parenti Arduino. l ’ a s p i r a n t e sottufficiale, fattolo vestire dei suoi abiti moderna, Feltrinelli- che già si erano acborghesi, lo condusse al teatro Parioli, centuate in primavera, si aggravarono nel dov’era di scena una commedia del cele- corso dell’estate sotto la spinta del conbre Cafiero, maestro con Demma tinuo aumento della vita. Al tempo stesdell’intramontabile Nino Taranto. so si accrebbe fino a due milioni di unità Il 1946 –di cui sono in corso oggi le il numero dei disoccupati”. concelebrazioni- per l’Italia è l’anno del Date queste premesse, dunque, per lo tripudio. Quattro giorni prima della morte sfortunato Lilino essersi arruolato nell’Ardi Lilino (zio Lilino) si era insediata l’As- ma costituiva un avvenire sicuro, una semblea costituente. Toccò a Vittorio base economica certa, di ausilio e sosteEmanuele Orlando pronunciare il discor- gno soprattutto alla giovane madre, alla so inaugurale. Il referendum del 2 giugno quale, dopo la morte dell’adorato figliosi compì con perfetta regolarità. Vinse la lo, mi pare, non venisse riconosciuto alrepubblica contro la monarchia -secondo cun vitalizio da parte delle autorità comla Corte di Cassazione- con 12.717.923 petenti, sia pure minimo; ma, quand’ancontro 10.719.284. La “tappa dell’alto si- che fosse stato sostanzioso, sarebbe stalenzio”, la terza delle tre tappe, in base ta ben poca cosa a lenire l’animo straziaall’acuta analisi di Hans Kelsen, il quale to dal dolore, che la povera zia Concettina osserva che le costituenti nascono da contemperò sempre con grandissima diprocessi più complessi attraverso tre tap- gnità fino all’ultimo giorno della sua vita. pe, inizia finalmente il 25 giugno. La Co- Era, dicevamo, il 29 giugno 1946, un telestituente si riunisce, elegge De Nicola alla gramma di Lilino, inviato da Massa, dove carica di capo provvisorio dello Stato. il sottufficiale prestava servizio presso il Proseguono i governi dello Stato repub- Comando Compagnia dei Carabinieri, an-

nunciava alla famiglia il suo arrivo a Buccino per l’imminente festa della Madonna, che quell’anno cadeva il 7 di luglio, cui si univa anche un clima festoso di manifestazioni di giùbilo in onore della neonata Repubblica. Ma, zio Lilino non arrivò mai nella sua amata Buccino, né poté abbracciare la famiglia, gli adorati parenti, gli amici cari che lo attendevano con ansia, il nipotino Giacomo, primogenito di sua sorella Carlotta, e soprattutto la fidanzata, che di lì a breve sarebbe diventata la compagna della sua vita. Un truce destino, quello che gli antichi Greci chiamavano Mòira, il destino cieco, cui anche gli dei dovevano piegarsi, infranse la sua giovane vita. Difatti, nella concezione fatalistica della vita, elaborata dal pensiero greco, tutta la vita umana era in balia di questa oscura potenza, a difesa della quale non giovava neppure affidarsi alla divinità, perché anche quest’ultima sottostava al destino. In quell’assolata mattinata di fine giugno di sessantanni fa, il vicebrigadiere Lilino Forlenza (sarebbe dovuto partire in serata per Roma e poi proseguire per Buccino) salì su una barca, assieme con un commilitone, che prese il largo dal pontile di Massa Marittima, veleggiando in gita verso la nota Forte dei Marmi, a Sud di Massa. Per cause ignote, rintracciabili soltanto nel rapporto giudiziario, l’imbarcazione si capovolse. Il sottufficiale (da quel che si diceva in famiglia), che col mare aveva poca dimistichezza, non riuscì a tenersi a galla, annegando miseramente. Il cadavere, trascinato dalle forti correnti spiranti dal litorale spezzino, fu rinvenuto soltanto alcuni giorni dopo ad alcune miglia di distanza dal luogo della tragedia. All’annuncio della ferale notizia, inutile rammemorare lo strazio dei familiari e il profondo cordoglio dei suoi cari amici, che lo attendevano festosamente in Buccino. Lo stesso papà mio, ricadente ogni anno quel giorno, fausto per la chiesa ma infausto per i parenti, si raccoglieva per qualche minuto in un profondo silenzio e rievocava, commosso, il triste episodio. A Buccino non arrivarono giammai le sue spoglie, in quanto la sua fidanzata volle fargli erigere una piccola tomba nel cimitero del comune maremmano: ultimo atto di incommensurabile affetto e di eterno ricordo di un giovane, nutrito di ogni speranza e di lusinghiere promesse, ma vittima purtroppo di un amaro e beffardo destino. G. A.


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L’Italia che non mi piace. Quella che si arrende Dal saggio «Io amo l’Italia. Ma gli italiani la amano?» di Magdi Allam Oggi siamo tutti a rischio perché è venuto meno il valore fondante della nostra umanità, il valore della sacralità della vita. Nel mondo islamico il nichilismo è degenerato nel disconoscimento del diritto alla vita propria e altrui, al punto che assistiamo a dei terroristi suicidiomicidi che si fanno esplodere addirittura dentro le moschee, nella certezza di conquistare il paradiso islamico massacrando dei fedeli musulmani che pregano il loro stesso Dio all’interno del luogo di culto di Dio. Ma, ahimè, abbiamo a che fare anche con un Occidente in preda al nichilismo e al relativismo culturale, la cui magistratura legittima questi terroristi suicidi-omicidi, i cui politici corteggiano gli estremisti islamici illudendosi che così facendo si calmeranno le acque e salveranno la pelle. Sì, è possibile che salveranno la pelle nel breve termine, ma è certo che perderanno tutto il resto, a cominciare dal diritto alla vita dei loro figli e dal bene della civiltà occidentale i cui valori sono un patrimonio dell’umanità. La battaglia comune che ci attende, in Italia, in Occidente e nei Paesi musulmani, è essenzialmente una battaglia di idee affinché trionfino valori in grado di cementare una comune civiltà dell’uomo. Sono i valori del primato della vita, della centralità dell’individuo, del rispetto dei diritti fondamentali della persona. Che cosa ci impedisce oggi in Italia di affermare i nostri valori e la nostra identità? È solo la nostra incapacità o mancanza di volontà a risultare credibili, a far applicare le leggi e a far rispettare le istituzioni. Dobbiamo biasimare soltanto noi stessi. Sbagliano coloro che, per tenersi buoni gli estremisti islamici, per scongiurare che anche l’Italia possa essere oggetto di un attentato terroristico, finiscono per scendere a patti con loro, mercanteggiando sulle leggi dello Stato, legittimando dei fuorilegge. Mi sconcerta l’Italia che mette sullo stesso piano Bin Laden e Bush, l’attentato e la rappresaglia, il terrorismo e la guerra sferrata da chi si difende dal terrorismo. Mi preoccupa l’Italia che manda i suoi militari e i suoi carabinieri in Iraq e poi sembra darli in pasto ai terroristi definendoli «forze di occupazione», ignorando che sono pienamente legittimati sul piano internazionale dalla risoluzione 1511 del 16 ottobre 2003, che l’Iraq è uno Stato pienamente sovrano sulla base della risoluzione 1546 dell’8 giugno 2004 e che il regime di occupazione è cessato dal 28 giugno 2004. Mi lascia perplesso l’Italia che guarda all’Onu come a un totem da venerare quando si tratta di condannare la «guerra illegale» in Iraq, dimenticando che anche gli interventi militari a cui ha partecipato in Bosnia nel 1995, in Kosovo nel 1999, a Beirut nel 1983 e nel Sinai nel 1981 sono avvenuti senza l’autorizzazione dell’Onu, eppure vengono considerati legittimi dalle forze politiche di destra e di sinistra. Mi indigna l’Italia che nobilita il terrorismo qualificandolo «resistenza», quasi gioendo per la lunga scia di sangue in Iraq perché sarebbe la prova della «guerra civile». Ma soprattutto provo orrore per

l’Italia che è intollerante nei confronti di se stessa, della propria identità nazionale, dei propri valori. L’Italia ammalata di intolleranza schizofrenica, che si tramuta in un omicidio- suicidio dell’anima prima ancora che del corpo. L’Italia che ripudia parte di sé, che usa la violenza verbale e fisica per aggredire se stessa, che esulta «dieci, cento, mille Nassiriya», che ha trasformato la festa della Liberazione nella giornata nella disunione nazionale, che innalza differenti vessilli partigiani ma quasi si vergogna di marciare unita all’insegna del tricolore. L’Italia che brucia le bandiere dell’America, che l’ha liberata, e di Israele figlia dell’Olocausto, che ha alimentato. L’Italia dell’islamicamente corretto che si fa in quattro per condannare le vignette su Maometto, ma tace sull’oltraggio a Gesù. L’Italia che deve ancora imparare ad amarsi, rispettarsi, fare il proprio bene. Noi vogliamo unire la nostra voce a quella del papa Benedetto XVI contro la «anticultura della morte» e la «cosificazione dell’uomo». Vogliamo dar corpo e forza al «Movimento per la vita e la libertà» che unisca cristiani, laici e musulmani di buonsenso nella battaglia per i valori umani universali. Diciamo no al relativismo culturale ed etico, no al negazionismo e al revisionismo storico, no al nichilismo valoriale e ideologico, no al multiculturalismo e all’assimilazionismo. Diciamo sì alla sacralità della vita di tutti, sì al valore fondamentale della libertà, sì alla centralità della persona, sì a un’identità forte e condivisa.Io, che non sono cristiano, riconosco che la parabola di Gesù è la più adeguata a raffigurare la realtà odierna e il compito che ci attende. Nel Vangelo secondo Matteo si legge: «Gesù entrò nel tempio e scacciò tutti coloro che vendevano e compravano nel tempio, rovesciando i tavoli dei cambiavalute e i banchi di quelli che vendevano le colombe. E disse loro: “Sta scritto: la mia casa sarà chiamata casa di preghiera, ma voi ne avete fatto una spelonca di ladri”». Ecco: i templi dell’Occidente e dell’Islam sono stati trasformati in una spelonca di ladri e devono essere liberati da coloro che per ignoranza, ingenuità, paura, viltà, ipocrisia, cinismo, avidità, fanatismo, odio e ideologismo hanno venduto l’anima e se stessi a un nemico interno e a un nemico esterno. Dunque, seguiamo l’esempio di Gesù: cacciamo i mercanti dal tempio! Questo non è il tempo del compromesso, perché non si mercanteggia sulla vita e sulla libertà. Questo non è il tempo del dialogo, perché non si devono legittimare i predicatori d’odio. Questo non è il tempo della pace, perché dobbiamo prima liberarci dei burattinai del terrore che ci hanno dichiarato guerra. Questo è il tempo della chiarezza, perché o si sta dalla parte della vita e della libertà o si sta dalla parte della morte e della tirannia. Questo è il tempo della fermezza, perché solo difendendo senza se e senza ma la sacralità della vita, tuteleremo la libertà. Questo è il tempo di cacciare i cacciare i mercanti dal tempio, perché se non lo facciamo noi, se non lo facciamo ora, noi soccomberemo e con noi morirà la civiltà umana. Rimbocchiamoci le maniche, diamoci la mano e collaboriamo insieme per salvare l’Italia, l’Occidente e l’Islam.


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E’ uscito il libro di Angelo Imbrenda

L’Odissea del Capitano Umberto Basile racconta la sua guerra (1940-1946) Siamo in un tiepido pomeriggio di giugno dei primi anni del terzo millennio. Un uomo solo passeggia per le vie quasi deserte di Buccino-Antica Volcei, un paese dell’entroterra salernitano ai confini con la Basilicata. Il suo passo è ancora deciso, la testa leggermente curva sotto il peso di poco meno di un secolo di vita. Cammina sul marciapiede che fiancheggia la strada che porta a Romagnano al Monte. Sulla sua sinistra scorge il nuovo campo di calcio, copia riveduta e abbellita del vecchio e glorioso campo di largo Pescara. E’ giunto all’altezza delle ultime abitazioni che segnano il confine tra il centro abitato e il lungo rettilineo che mena al paese fantasma. Proprio guardando a sinistra, verso quell’ ultimo avamposto abitativo, il suo pensiero vola indietro nel tempo e si ferma alla fine degli anni venti, del secolo appena passato, quando su quello spiazzo in leggera pendenza,ove oggi sorgono le due palazzine GESCAL, alcuni pionieri crearono il primo campo di calcio. Quella estrema parte del più ampio largo Pescara era conosciuta come lu puzz’ r’ la pigna (il pozzo della pigna). Nella sua mente e nei suoi occhi scorrono le immagini della storia del calcio del suo paese che lo videro prima tra i fondatori e poi tra i protagonisti insieme a tanti amici che oggi lo hanno lasciato. Ninnillo, Giannino, Michele, Maione, Pasquale, Pepeppe, Armando, Nenenne, Umberto, Vito, non rispondono più al suo richiamo di capitano, lo hanno lasciato per riposare al fresco dei cipressi di Santa Maria.

Li rivede, uno a uno, e ogni volto gli ricorda qualche episodio legato alla sua giovinezza vissuta in un periodo storico, povero di mezzi ma ricco di passione, che lo portava insieme ai suoi amici a fare grandi sacrifici con il sorriso sulle labbra . La sua storia sportiva e quella dei suoi compagni di squadra, l’ho già raccontata in “C’era una volta il calcio a Buccino” e nel successivo libercolo “ Quando il calcio era passione” . Mentre mi raccontava la sua storia calcistica incastonata in quella del nostro paese , di tanto in tanto faceva riferimenti a persone e fatti che lo avevano avuto protagonista in terra d’Africa. Così, dopo aver completato la storia sul calcio mi sono ripromesso di approfondire quegli avvenimenti a lui ancora vivi nella mente.

Gli aforismi di Michele Grieco La storia registra i fatti, non sempre la verità. La coscienza è la legge naturale, alla quale ogni persona deve rendere conto in ogni momento della sua vita. Chi ama la lettura ama l’umanità, divenendo cittadino del mondo. Il libro è l’eco dei tempi lontani, di voci presenti e di vie future. L’amicizia, fondata sul solo rapporto politico, è come la scrittura fatta sulla sabbia dei ventosi deserti, o sull’acqua dei tempestosi oceani. Fanciulli, oggi nella scuola, domani nella vita, non dite, non fate mai cose nemiche dell’onestà, della verità, della Giustizia. Solo chi cade può provare la gioia di risorgere.

BUCCINESI INSIGNI GIUSEPPE BELLELLI (1853-1935) Avvocato penale di grande valore esercitò la sua professione a Salerno, Napoli e Roma e fu giustamente chiamato avvocato principe del foro salernitano. Lontano dalla politica esplicò la sua attività instancabile solo per la difesa dei diritti dei concittadini e fu molto amato dai suoi conterranei. Morì a Salerno e la sua salma venne deposta nella tomba di famiglia a Buccino. ROBERTO GALLO (1854-1927) Nativo di Giffoni Sei Casali visse sempre a Buccino ove fu insegnante valoroso nelle scuole elementari e nella scuola media privata; elesse Buccino come sua seconda patria. Per oltre un quarantennio insegnò nelle scuole elementari e per i suoi meriti scolastici non comuni ebbe il titolo di Direttore Didattico e fu insignito della medaglia d’oro dei benemeriti della Pubblica Istruzione. Occupò molte cariche e fu giudice conciliatore per molti anni, chiamato a questa carica dalla stima che godeva presso le autorità. Morì a 73 anni ed è sepolto nella tomba che il figlio dott. Giulio Gallo. Medico valente di Salerno, gli eresse a Buccino. DE VITO FRANCESCO (1859-1924) Valente avvocato civile del foro salernitano, si laureò nella Università di Pisa affermandosi giovanissimo nel ramo civile per la sua competenza giuridica. Fu molto apprezzato dal suo amico Ministro Granturco che recensì la sua importante opera giuridica << NUNCIAZIONE DI NUOVA OPERA COMPIUTA SUL CORPUS IURIS>> pubblicata a spese dello Stato ed inserita nell’Archivio Giuridico. Fu per molti anni Consigliere e Deputato Provinciale della Provincia di Salerno eletto unanimemente dagli elettori del Mandamento di Buccino. Si spense repentinamente a Napoli e la sua salma fu sepolta nel cimitero di Salerno.


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Lettera dall’Argentina

Risposta ad Antonio Salimbene di Asti

Carissimo Direttore,

di sicuro sono in ritardo, ma non volevo rinunciare al desiderio di farvi giungere i miei ringraziamenti per l’amabilità ricevuta e per avermi reso protagonista nelle vostre diverse manifestazioni e premiazioni. Allo stesso modo voglio ringraziare l’amico maestro Mario Chiariello per le tante attenzioni che ha rivolto alla mia persona. Mi è molto piaciuta la sua serata organizzata in piazza Mercato con i ragazzi preparati nei costumi e nelle parole in rispetto all’usanza di cinquant’anni fa. Ho apprezzato la piazza piena di giovani e di anziani che gustavano e gradivano quel tipo di rappresentazione. Io ero fra questo pubblico quando sono stato da lui chiamato, con mia meraviglia, e invitato sul palco per essere premiato con una targa dedicata a un nonno buccinese con 50 anni di Argentina. Trovarmi su quel palco accanto al Sindaco di Buccino, al parroco Don Antonio Volpe e ad altre autorità scolastiche, è stato per me un onore e una commozione. Voglio ringraziare anche tutta l’amministrazione comunale per avermi fatto partecipare alla riunione regionale per l’approvazione del progetto di gemellaggio Italia-Argentina che si realizzerà nell’anno 2006- 2007. In giugno 2006 un gruppo di giovani argentini figli di buccinesi saranno ospitati in Buccino per conoscere il luogo natio dei genitori e i loro nonni. Saranno affiancati da un gruppo di anziani che dalla loro prima partenza per l’estero non sono più tornati in patria. In Dicembre 2006 – gennaio 2007 un gruppo di giovani buccinesi potranno andare in Argentina per conoscere le famiglie mai viste. Ringrazio tutti i cittadini buccinesi che mi hanno confuso con le loro attenzioni e mi hanno fatto sentire orgoglioso di essere un umile figlio di questa terra. Chiudo con un affettuoso saluto diretto a tutti i Buccinesi di Buccino, ai buccinesi del mondo e a tutti i lettori della Voce di Buccino. Nicola Catone

Caro Antonio, mi sarebbe davvero dispiaciuto mancare all’appuntamento che mi ero imposto. La tua lettera sarà giunta di sicuro al cuore di tutti i lettori della Voce. Sono stato per diverso tempo impegnato in una manifestazione della Scuola che non mi ha lasciato respiro. Già soffrivo per essere di sicuro fuori tempo consentito, ma Angelo mi ha confortato nel dirmi che potevo ancora essere presente. E cosi, essendomi appena liberato dall’impegno che mi assillava, eccomi a te. La tua lettera mi ha fatto tanta tanta tenerezza e poi mi ha indotto a un tuffo nel passato. Se sei abbonato da poco al nostro giornale avrai appena avuto la possibilità di leggere qualche m i o scritto:scrivo su questo giornale da anni e mi chiamo M a r i o Chiariello. Se tu sei del 1949, io sono del 1946. Come vedi la nostra distanza in età è minima. Non so se ti ricordi di me, di sicuro è difficile perchè a quell’epoca ero un ragazzino insignificante. Io invece penso di ricordarmi di te per il tuo segno distintivo, con quel busto che ti imprigionava e ti rendeva diverso da noi altri. Noi non facevamo caso alla tua diversità e tanto meno alla sofferenza che tu vivevi. Nella povertà di quei tempi noi ragazzi avevamo almeno la sanezza fisica per correre e scorazzare nei vicoli e nelle piazze del rione. Si correva a giornate intere e per rendere più veloci le nostre corse spesso immaginavamo di montare un cavallo inventato che con ambo le mani spronavamo. Ci bastava molto poco per dimenticare la miseria e sentirci felici. Solo oggi, attraverso il tuo scritto, posso comprendere come dovevi sentirti escluso da tutto questo. La vita, allora, era di per sè già abbastanza sofferta. Scoprirsi colpito poi da una grave patologia era davvero un disastro.

Quello che hai raccontato è raccapricciante. E la tua condizione attuale non è molto felice se ti costringe a vivere notte e giorno con l’ossigeno. Non ci sono parole che possono confortare, ma se pensi che una nostra visita può renderti felice, questa non ti sarà negata. Con Angelo ci siamo sentiti e chi prima di noi due avrà la possibilità di muoversi, sarà da amico d’infanzia, da fratello della terra natìa, al tuo fianco per qualche ora. Io sono pigro a muovermi ma ho promesso al mio amico Carmine Fernicola e a Daniele il figlio, di Torino, di fare loro una visita. In quell’occasione potrei approfittare per sentirci più vicini e rivivere ricordi comuni di sicuro molto emozionanti. All’inizio di questa lettera ti parlavo di un lavoro scolastico che mi ha tenuto molto impegnato. Ho festeggiato con i ragazzi della scuola il 6 giugno i 60 anni della Repubblica a Buccino. Sono partito dalla realtà del 1946 con fotografie per giungere ai tempi nostri. Mi sono soffermato prevalentemente sugli anni 50. Sulla condizione di noi ragazzi di allora, sulla scuola, sulle botte, sui pidocchi in testa e sulla poca igiene nelle case e sul corpo. E’ stato un vero momento di riflessione fra ieri e oggi. Si è rivissuto tutto un passato che sa di povertà e di vergogna. Se fossi stato fra noi avresti avuto anche tu, di sicuro, la tua parte di emozione. Prima che questa lettera esca sul giornale penso di raggiungerti con un mio scritto personale con l’aggiunta di un DVD che ti consentirà di vedere la Processione della Madonna di qualche anno fa. Resti nei nostri cuori e ti possa confortare di essere entrato a far parte della grande famiglia degli amici della Voce di Buccino. Non so quanto ti potrà giovare, ma di certo ti aiuterà a non sentirti tanto solo e così lontano dal paese che ami. Mario Chiariello


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Vedo e propongo di Eduardo Magaldi

La Zona Industriale di Buccino Problemi (vecchi - nuovi) e prospettive Caro Angelo, dopo la inaugurazione del mio stabilimento a Buccino ho avuto modo di verificare, de visu, le tantissime problematiche collegate alla Zona Industriale di Buccino. Nell’immediato dopo-terremoto fu deciso di creare una zona industriale sul territorio di Buccino ( solo per amor del vero, debbo sottolinearti che la iniziativa fu tutta ed esclusiva del tanto criticato Sindaco Renato Matursi ) in una ansa del fiume. Sono state espletate tutte le operazioni di bonifica, di sondaggi geologici, di consolidamento, con conseguente rinforzo degli argini. Essendoci, quindi, una indagine geologica completa ed accurata della zona, non si ravvisava la necessità, se non burocratica, di procedere ad ulteriori indagini geologiche i singoli lotti. Invece, regolarmente, ogni lotto è stato sottoposto ad una ulteriore indagine con conseguente aumento dei costi. L’Enel, trattandosi di una zona industriale, avrebbe dovuto fornire la energia elettrica senza pretendere le cabine di derivazione per ogni singolo lotto. Il metanodotto, pur passando per la zona industriale, non ha uno sbocco di uscita sulla stessa, ed i costi di allacciamento, di conseguenza, salgono a dismisura. La rampa di collegamento alla Nazionale già ha presentato in passato problemi strutturali e, a lume di naso, ne presenterà sicuramente altri in futuro. Sulla zona industriale non vi è collegamento ADSL per internet e, nei tempi moderni, questo è assurdo e fortemente limitativo per le aziende. In passato sono state date delle concessioni per attività speculative più che operative ma, anche recentemente, sono stati consentiti degli insediamenti tutt’altro che leciti. Sulla zona Industriale per regolamento ( ma i regolamenti potrebbero essere

modificati, come è successo, per esempio, sulla zona industriale di Tito ) non si possono creare strutture commerciali. Ne comprendo la ragione ma, se le stesse, sono ad esclusivo servizio e vantaggio della zona Industriale, ritengo che debbano essere autorizzate ad operare : bar, giornali, tabacchi, banca, ferramenta, etc) Poi, e qui la nota è dolentissima, la strada di collegamento con i paesi della zona è assurda. Ci si serve della scorciatoia della Petrosa, ripida, pericolosa, strettissima all’imbocco e con un manto stradale da strada mulattiera. Si poteva e si doveva pensare ad un collegamento veloce che, bada bene, collegherebbe non solo Buccino ma anche gli altri paesi interessati : San Gregorio, Ricigliano e Romagnano. A quando un incontro proprio tra i sindaci di Buccino, San Gregorio, Ricigliano e Romagnano, proprio per discutere le varie problematiche comuni a questi quattro paesi (una per tutte, il mattatoio). E allora, caro Angelo, si potrebbe ipotizzare in loco ( sono a disposizione con la sala convegni del mio stabilimento di Buccino ) fra gli operatori economici e le autorità dei paesi limitrofi (per rendere l’incontro proficuo io mi limiterei ad un incontro tra titolari di aziende e sindaci). l’incontro lo si potrebbe fare immediatamente dopo i mondiali di calcio e prima delle ferie di Agosto. vorrei il tuo parere un abbraccio Eduardo

Caro Eduardo, La Voce di Buccino sentiva la mancanza del tuo rumoroso silenzio e ti ringrazio per aver voluto riprendere a dar voce alla rubrica da te ideata : Vedo e propongo. Se si escludono i periodici convegni tenuti da organizzazioni politico-sindacali che lasciano tutto come il giorno prima, non si vede nascere nessuna iniziativa da parte della società civile che va a toccare i problemi socio-economici della nostra comunità. Leggo spesso di convegni- seminari che si tengono sul territorio del Sele Tanagro ma leggo anche, purtroppo, che a queste kermesse parolaie partecipano solo i soliti noti. Gli artisti di questo circo Barnum si spostano da una piazza all’altra e dopo il loro spettacolo cala il silenzio e l’oblìo su queste terre neglette. Ammiro la tua voglia di scuotere dal torpore la nostra comunità e faccio mia la tua proposta. In occasione della festa patronale di inizio luglio avremo modo di parlarne e dar corpo alla tua iniziativa e … se son rose dovranno pur fiorire un giorno. a.i.

GEMELLAGGIO ITALIA-BRASILE

Il cav. Eduardo Magaldi con Romario


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La Voce di Buccino - Estate 2006

La Campania attraverso i secoli

Viaggio nel Parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano L’Associazione Campani nel Lazio, nel suo annuale viaggio, ha inserito quest’anno la parte meridionale del territorio che ha come capoluogo di regione la città di Napoli. In particolare, quest’anno si è privilegiato il Vallo di Diano. Ma prima di immegersi nella verde pianura attraversata dal fiume Tanagro, si è fatto sosta a Buccino (antica Volcei) per visitare il

Parco archeologico urbano. La comitiva del presidente Gianni Scala ha potuto conoscere così la storia di questo antico borgo di origine lucana grazie al cicerone di turno - Peppino Arduino che ha accompagnato il gruppo lungo il centro storico volceiano. Tra una illuminazione e l’altra condita da citazioni latine che hanno risvegliato in tanti il ricordo di una ormai lontana gioventù si è giunti all’ora di pranzo. Tappa obbligata, per far conoscere, oltre la storia, anche la tradizione culinaria del paese, è stato il ristorante Montestella che ha proposto alla comitiva romana un classico antipasto locale e un duetto di fusilli e orecchiette e... ci fermiamo qui per non infierire sugli assenti. Nel pomeriggio si è visitato il palazzo di città con il chiostro e la chiesa di San Antonio. Negli ampi corridoi era stata allestita una mostra di libri e in una serie di vetrine una collezione ideata e curata da Maria Rosaria Pagnani che racconta le mode e i modi delle donne attraverso manufatti, utensili, foto,

cartoline che andranno a formare, forse, il museo delle donne nel palazzo ducale di Buccino. Venuta espressamente da Eboli la prof. Pagnani ha accompagnato le signore a conoscere fin nei più piccoli particolari la sua creazione. Il giorno seguente i campani di Roma hanno visitato le Grotte di Pertosa. Accompagnati da un Caronte locale hanno scoperto le bellezze di questo fantastico mondo nascosto dentro le visceri degli Alburni. La comitiva si è poi spostata a Teggiano per visitare la città museo del Vallo e ci si è trovati, senza saperlo, coinvolti nella festa patronale. Infatti San Cono che è il patrono di questa civettuola cittadina si festeggia il 3 giugno. Nel pomeriggio visita alla stupenda Certosa San Lorenzo di Padula accompagnati da una guida speciale: Michele Rizzo. Questo ascetico personaggio ha accompagnato il gruppo all’interno di questo monumento nazionale facendo vivere a questi momenti di forte e intensa emozione. L’ u n i c a nota negat i v a l’aspetto logistico. I pulman che arrivano alla Certosa devono fermarsi nel parcheggio predisposto e non possono far scendere i turisti davanti all’ing r e s s o

principale. E qui niente di male, ma perché non predisporre una navetta per permettere agli anziani di raggiungere più facilmente l’ingresso, in particolare quando piove? L’ultima giornata campana ha portato il gruppo a visitare i templi di Paestum e il vicino museo. Piena immersione nella Magna Grecia anche per chi aveva già vissuto in passato queste meraviglie. Infatti, uno dei fondatori dell’Associazione, il dott. Francesco Pisciotta con la signora Rosetta, i coniugi Gaetano e Iole Citarella insieme ai coniugi Fabi, pur avendo già visitato questi luoghi hanno trovato ancora una volta interessante questo viaggio. Prima di far ritorno a Roma la comitiva ha fatto tappa al Santuario di Pompei per ascoltare la Santa Messa. Dopo aver curato anche lo spirito si è ripartiti per Roma e sul pulman il piccolo Leonardo, secondogenito del presidente Scala ci ha fatto tornare bambini costringendoci a cantare. O forse siamo stati noi a fare di tutto per farci coinvolgere. La seconda che ho detto dovrebbe essere quella giusta. a.i.


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La Voce di Buccino - Estate 2006

La voce delle donne di Buccino Carissimi lettori da questo numero nasce la rubrica “Donne di Buccino” a cura di M.R.Pagnani, perciò vi invitiamo a segnalarci i nomi delle buccinesi di cui volete che andiamo a raccontare. Abbiamo ritenuto opportuno iniziare da Gemma De Rosa Salimbene perché la Voce di Buccino la eletta buccinese dell’anno 2005. Gemma De Rosa Salimbene Il simbolo della maternità buccinese ha un nome e un cognome: Tullia Noemi Gemma De Rosa, chiamata Gemma. Il nome impostole dalla madre Luigia sembra nato dalla fantasia di Liala, profonda conoscitrice dell’animo femminile e autrice di storie leggere. Ma la storia di Gemma leggera non fu. Tullia nasce il 3 marzo 1911 al Borgo, in via Pescara dove il padre Francesco pratica l’antica arte del ramaio, seconda di tre figli,Caterina, detta Tanuccia e Giuseppe detto Peppino. Le due sorelle simili nell’aspetto, piccole di statura, si somigliano poco nel carattere. Tanuccia insegnante elementare, nubile, appare più riservata, curata nell’aspetto non disdegna il velo di cipria e l’ombra di rossetto. Gemma, invece, sceglie una maggiore semplicità, costretta per lavoro ad uscire a tutte le ore, ad entrare nelle case e nei tuguri nei momenti in cui dal dolore nasce la vita. Gemma madre di figli e di nipoti sa essere per tutta la vita”la mammana”, la madre di tutti. Per il profondo istinto materno, che lei stessa definisce morboso, il primo vagito dei neonati che tendono le braccia le sembra un’invocazione,”mamma” rivolta

proprio a lei. E quei bimbi, infatti li sente subito suoi, se ne distacca a fatica, segue la loro crescita, gioisce e soffre per le vicende della loro vita, fino a consacrare questo vincolo diventando di molti la madrina di battesimo . La strada di Gemma scelta per professione diventa la strada percorsa per vocazione, tanto che ripeteva spesso che se avesse potuto riscrivere la sua vita non avrebbe cancellato la parola “levatrice”. Eppure il percorso professionale non è facile. Diplomatasi tra grossi sacrifici economici il 14 luglio del 1936 in Ostetricia minore e poi in Puericultura, deve vincere l’ostilità delle donne che a lei in camice bianco e borsa dei ferri, vista come un malaugurio, preferiscono la vecchia praticona dal fare brusco e dai metodi empirici. Inizia a lavorare a Romagnano al Monte che raggiunge a piedi ogni giorno, anche la domenica, rifocillandosi a Fontana Palazzo, accompagnata da un ragazzo orfano con cui divide la strada deserta. Ma poi, dopo i primi fortunati parti buccinesi in cui dà prova della sua professionalità diventa l’amica di tutte le gestanti. Le bacia, le accarezza durante il puerperio e se necessario dorme accanto a loro, andando via solo quando la sua opera si conclude e non fa differenza tra le mogli dei professionisti e quelle dei contadini.

Gemma De Rosa in un incontro conviviale buccinese-ebolitano

E questo per un’intera vita professionale, per quarantacinque anni, molti dei quali condivisi col compagno di lavoro dottor Vincenzo Fuccia, per tutti Ndindino. Gemma è amata da tutti, perché è estroversa, generosa anche quando non naviga nell’oro, indulge ai sorrisi e ai consigli, sa essere l’acuta osservatrice di persone e situazioni. Niente le sfugge, la politica la intriga, il sociale l’affascina, tanto che è un punto di riferimento per molti, anche non buccinesi, anche al di là delle esigenze medicali. Gemma sposa Nicola , il suo grande amore, il 21 aprile del 1931, ma non c’è festa, perché la sposa deve raggiungere subito Napoli per frequentare il corso di Ostetricia e non si può concedere assenze. Forse sarà stato per quella rinuncia al momento conviviale in quel particolare giorno, o soltanto per la sua innata socievolezza che Gemma ha sempre avuto aperta la sua casa e imbandita la sua tavola a decine di amici e anche agli amici dei suoi amici. Gemma che amava definirsi una donna debole, è moglie coraggiosa, madre straziata e generosa che, sorretta da una profonda fede, non si lascia abbattere dalle avversità, né si chiude nell’isolamento, anche quando lascia la casa in via Forcella dopo il sisma dell’80 e soffre perché si sente lontana dalla sua gente. Uno stato d’animo comprensibile solo da colui al quale è negato di respirare l’aria della propria infanzia. Per le migliaia di bambini nati dalle sue mani, le adolescenti iniziate alla consapevolezza della propria femminilità, le donne assistite durante la miracolistica fase della gestazione e del parto il primo giugno del 2005 è scomparsa una persona importante. Perché se è vero che la malattia l’aveva costretta a perdere la sua autonomia e la vecchiaia la teneva prigioniera, a noi tutti bastava sapere che lei c’era. Maria Rosaria Pagnani

P.S. Ringrazio Amelia, Renato e Antonio che , come al solito, hanno colmato i vuoti della mia memoria e della mia conoscenza.


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La Voce di Buccino - Estate 2006

A UN FIGLIO ONOREVOLE DI BUCCINO di Mario Chiariello N e l l a scansione periodica del nostro giornale, per me, due sono gli appuntamenti di una certa rilevanza: quello di Natale e quello di Luglio. Entrambi questi momenti uniscono religiosamente la comunità ai tradizionali valori della nostra terra. La festa della Madonna di sicuro riesce a conservare il primato in assoluto per la solennità dei festeggiamenti, per la coralità dei partecipanti e per una consolidata consuetudine, Ed io, puntualmente e psicologicamente, mi preparo a un dialogo speciale con i lettori della Voce. L’anno scorso avvenne l’importante evento di avere la bandiera Argentina in testa alla sfilata. Fu l’ufficiale riconoscimento di solidarietà diretto a tutti i Buccinesi sparsi per il mondo. Quest’anno sono rimasto particolarmente contento che l’apporto dei voti dei cittadini italiani all’estero abbia determinato la formazione del governo. Questa circostanza ha forzatamente richiamato l’attenzione generale sulla realtà dei nostri emigranti. E’ una realtà da non ignorare e da non sottovalutare. Di frequente mi è capitato di scrivere sulle problematiche e sofferenze dei nostri connazionali all’estero. Una mia riflessione del momento, da non sottovalutare, è caduta sul destino dei figli, cresciuti in terra straniera, i quali sono e si sentono cittadini della nuova terra, e figliastri di quella dei genitori. Questa è di sicuro una forte delusione per i nostri emigrati, ed anche il più grande tradimento verso l’amore che essi portano nell’animo per la terra d’origine, terra che non dimenticheranno mai. Riporto il capoverso di chiusura di un articolo di un nostro buccinese in Belgio,

pubblicato su questo giornale nell’autunno dell’anno 2003 Oggi mi ritrovo con una vita da minatore, diviso fra due patrie, quella del lavoro che mi ha permesso di vivere e quella degli affetti dove ho lasciato il resto della mia famiglia. In Italia ritorno spesso, ma questa volta sono particolarmente contento: per aver conosciuto Mario Chiariello; per aver trovato il suo prezioso libro che ho divorato in due giorni; per aver scoperto la Voce di Buccino della quale diventerò sostenitore e che mi aiuterà a sentire più vicino il mio paese. Sono quasi struggenti queste parole. Sanno di sofferenza antica e attuale. Da rileggere sarebbe tutto il suo articolo, perchè è una prosa che scorre come poesia, soprattutto se si pensa che è stato scritto da un ex-ragazzino finito in casa di correzione dove (come un colpo di fortuna) ha potuto ricevere tanta istruzione e diventare poi uomo. Caro Donato Di Vona, la tua vita, raccontata in quella circostanza speciale, di quella sera speciale, è sempre con me e mi onoro di essere qui a sottolinearla per ricordarla come una favola d’altri tempi. Ti chiederai, di sicuro, come mai questa particolare menzione per Te. So che questo scritto sa di speciale e di straordinaria sorpresa. Qui in Italia abbiamo avuto Raffaella Carrà conduttrice di un gradito spettacolo “Caramba che sorpresa”. Io non ho i suoi poteri ma amo giocare a regalare con poco belle emozioni. Questa è dedicata a te che la meriti a pieno titolo. Nei festeggiamenti di luglio di quest’anno, prediligo celebrarti come primo cittadino della nostra Buccino. Tu, senza pensarlo, con un generoso gesto, ti sei posto in testa alla classifica non solo dei sostenitori della Voce, ma dei nostalgici puri della propria terra. La tua offerta di 100 Euro, in testa alla lista dei sostenitori del numero scorso, è così straordinaria che ci commuove, ci confonde, invita a riflettere. Tu ignori quanti sono pronti a cestinare

questo foglio e a mortificare il suo Direttore. Di conseguenza ignori anche quanto hai riempito non le tasche di Angelo Imbrenda, ma il suo cuore di fiducia e di incoraggiamento. Chi ama davvero la sua terra, può trovare gradevole anche l’odore forte del letame. E per la nostra cultura tradizional-contadina il letame resta il migliore fertilizzante naturale. Grazie Donato, non ti sentire così lontano. Non hai l’idea di quanto sei vicino a me. Se anche quest’anno in testa al corteo della Processione ci sarà una bandiera, come spero, a sventolare quella bandiera io ci vedrò te. Di sicuro anche Angelo e certamente anche i tanti lettori di questo periodico che condividono la passione per la tua e nostra Buccino.

Gentile Sig. Imbrenda Sono un abbonato alla Voce di Buccino ma fino adesso non ho potuto rinnovare l’abbonamento. Spero farlo quest’anno perchè sono il capo di un gruppo di 27 americani-tutti amanti di vino- e passeremo 3 giorni a Buccino presso l’ albergo Montestella - 30 giugno -3 luglio. Per me, questa è la prima volta per la festa; ricordo bene la nonna che mi parlava sempre della festa della Madonna. Ogni volta che passo a Buccino vedo il monumento ai caduti Piazza San Vito dove si trova il mio cognome (3 volte, anche un Vincenzo Marottoli!) Penso che lei sarà a Buccino in quei giorni e può lasciare un messaggio in albergo. Vincenzo Marottoli USA Gentile Sig. Marottoli, sarò a Buccino in occasione della Festa della Madonna.Avrò il piacere di conoscerla di persona e scambiare quattro chiacchiere con lei e con i suoi amici. a.i.


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La Voce di Buccino - Estate 2006

Maggio 1966. Celebrato a Buccino il VII centenario della nascita di Dante (dalla Cronaca dell’epoca) Su iniziativa della locale Direzione didattica e con solerte collaborazione della scuola Media statale è stata allestita, nelle aule dell’edificio scolastico, al rione Borgo, una Mostra Dantesca realizzata con sculture genuine e disegni ispirati all’Opera del grande Poeta, eseguiti dagli alunni della scuola Media inferiore. La rassegna dantesca è stata inaugurata da sua Eccellenza il vescovo di Campagna Iolando Nuzzi e dal Provveditore agli Studi di Salerno prof. Francesco Vacca, alla presenza di autorità civili e militari. Erano presenti per l’occasione l’On. prof. Salvatore Valitutti, l’ispettore scolastico di Eboli, il vice prefetto dott. Umberto Grieco e il Consigliere di Cassazione Antonio Grieco, nostri benemeriti concittadini. La presenza di quest’ultimi era giustificata dal fatto che, nello stesso giorno, fu intitolata alla memoria del sac. prof. Antonio Grieco la Scuola Media del nostro paese. Dopo la santa messa, celebrata dal vescovo e la benedizione al Monumento dei Caduti, in piazza Municipio, il corteo si diresse alla vicina Scuola media per lo scoprimento della lapide a imperituro ricordo, benedetta dal vescovo Iolando Nuzzi. Subito dopo si radunò nella sala del Cinema K2, ove si svolse la cerimonia concelebrativa.

Cinema K2. Si riconoscono: il prefetto Grieco, il sindaco Mastursi, gli insegnanti Cerulo e Sacco.

A porgere il benvenuto alle Autorità furono gli alunni delle Scuole elementari, con un canto corale preparato dall’insegnante Tittino Arduino, che si lasciò ascoltare per la bellezza della composizione. Al canto seguì un inno a Dante, composto dalla maestra Elsie Maffei e accompagnato sempre con la fisarmonica dal maestro Arduino. Parole sentite furono pronunciate dal sindaco di Buccino, Fernando Mastursi, dal preside prof. Donato Cosimato, dalla direttrice didattica Liana Annarumma e dal Provveditore Vacca. Fu anche proiettato un film sulla Divina Commedia, realizzato con mezzi rudimentali dal maestro Scafa. Dopo la cerimonia al cinema K2 l’illustre comitiva, seguita dagli alunni e da numerosi concittadini, si portò all’edificio scolastico, in rione Borgo, per ammirare la mostra di alcuni lavori artistici, sia plastici che pittorici, elaborati dagli scolari di IV e di V elementare, sotto la guida dell’insegnante Colonnese e della maestra Amelia Salimbene. La cerimonia si concluse con l’unanime compiacimento degli invitati e la legittima soddisfazione degli organizzatori (docenti e alunni).

Buccino, 5 maggio 1966. Tittino Arduino con gli alunni davanti l’edificio scolastico di Via Pescara, edificato nel 1956 e demolito con il “rinnovo edilizio” del dopo terremoto.

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La Voce di Buccino - Estate 2006 San Gregorio Magno, nasce il

Consorzio Sovranità Alimentare e Termali L’ente, a carattere pubblico-privato, garantirà la tutela delle tradizioni alimentari del Tanagro e dell’Alto e Medio Sele SAN GREGORIO MAGNO - La valorizzazione dei prodotti alimentari tradizionali del territorio compreso tra le aree del Tanagro e dell’Alto e Medio Sele è l’obiettivo che ha portato alla scelta di costituire un consorzio pubblico-privato denominato “Sovranità Alimentari e Termali”, che ha sede a San Gregorio Magno. L’intenzione è quella di valorizzare un territorio vasto caratterizzato da innumerevoli risorse che spaziano dall’arte alla cultura, all’ambiente, al patrimonio architettonico, per andare ai prodotti alimentari tradizionali che risentono dell’aria salubre delle terre bagnate dal Sele e dal Tanagro, che per questo suscitano invidia ed ammirazione di altre zone d’Italia. I prodotti tipici sono, più di altri, gli elementi che possono fare da traino allo sviluppo turistico: è l’opinione diffusa basata sulla convinzione che i prodotti alimentari e, più in generale, le risorse dell’area nel suo complesso, rappresentano l’essenza stessa del territorio e, proprio per questo, lo specchietto per le allodole dei turisti che qui possono trovare il meglio dell’Italia meridionale: paesaggi incontaminati, bellezze architettoniche, ricchezze storiche ed artistiche di indubbio pregio, prodotti gastronomici di qualità, sani, genuini e realizzati ancora come si faceva un tempo. Il consorzio “Sovranità Alimentari e Termali” è presieduto da Francesco Comentale, direttore dell’Associazione Provinciale Allevatori, mentre Giacomo Rosa, neo eletto sindaco del comune di Contursi, ne è vicepresidente: l’ente è costituito dagli otto comuni della Comunità Montana “Zona del Tanagro” (Buccino, San Gregorio Magno, Ricigliano, Salvitelle, Caggiano, Auletta, Palomonte, Romagnano al Monte) dal comune di Contursi Terme per la Comunità Montana “Alto e Medio Sele” , dai due enti montani, da imprenditori locali ed associazioni di sviluppo e di promozione turistica. Del Comitato tecnico scientifico, inoltre, fanno parte le Università degli Studi di Salerno e l’Università della Basilicata. Sabato prossimo ci sarà l’avvio delle iniziative che il consorzio intende portare a termine con il taglio del nastro della sede dell’ente, che si trova a San Gregorio Magno, nei pressi del municipio, e che avverrà alla presenza di autorità politiche ed istituzionali del territorio interessato. Annavelia Salerno

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La Voce di Buccino - Estate 2006

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