La Voce di BUCCINO
ANTICA VOLCEI
ANNO XV NUM. 1
Periodico di Cultura - Tradizioni e Informazione
PRIMAVERA
Poste Italiane SpA, sped. in abb. postale - D.L. 353/03 (conv. in L. 27/02/04 n. 46) art. 1 - comma 1 DCB - Roma
2009
Tassa riscossa - Taxe Percue - Roma - Italy
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Newark-N. J. anni '20 - La famiglia di Angelo Trimarco; da sx: il figlio Frank, la moglie Rosina Catone, Maria Concetta, Pasqualina (nannina) Angelo Trimarco, Teresina Da: La'mericana e le altre ... storie dell'emigrazione buccinese - (pagg. 8/9)
Eduardo Magaldi con il calciatore brasiliano Edmundo
Il vecchio frantoio di via Pescara
(servizio a pag. 14)
Florencia Conte alla Conferenza dei Giovani Italiani nel mondo
Pag. 2 Editoriale di Angelo Imbrenda
Quindici anni dopo Dove eravamo rimasti, lo potete leggere nell’ultimo editoriale e riflettere insieme su quanto ho scritto intorno a questa caravella di carta. Ma da dove eravamo partiti? Quindici anni or sono nella terza pagina del numero 0 della Voce pubblicai l’articolo: BUCCINO: PAESE DI EMIGRANTI e come sotto titolo: Prima generazione: i nonni. Riporto l’ incipit di quell’articolo. La storia di Buccino, paese d’emigranti, è la storia di tanti paesi del meridione, che hanno contribuito a fare la storia e la fortuna di intere nazioni dalle lontane Americhe, all’Australia, all’Europa. Nel momento in cui un vento separatista soffia in Italia e in Europa e una spirale razzista prende sempre più corpo, noi emigranti della terza generazione alziamo in alto la bandiera della pacifica convivenza che è un patrimonio lasciatoci in eredità dai nostri avi che conobbero sulla loro pelle e nella loro anima l’essere “diversi” in terra straniera. Non pensavo, dopo quindici anni di sentirmi “diverso” nella mia terra. La Voce, come ho detto più volte in questi anni, era nata per fare da ponte tra noi “emigrati” e quelli rimasti a Buccino. Animato da forte tensione ideale avevo dato il via a questa avventura, convinto che avrei trovato appoggio e collaborazione tra i miei compaesani. Forte di questa convinzione, mi recai in Municipio per presentare il giornale al Sindaco dell'epoca e verificare la possibilità di ricevere collaborazione. A capo dell’Amministrazione Comunale c’era la compianta Filomena Gerbasio che apprezzò l’iniziativa. Di conseguenza, convinta della bontà della stessa, mi promise piena e leale collaborazione. Anche se la nostra provenienza e collocazione politica era agli antipodi pensavamo entrambi che il bene comune viene prima della fazione.
La Voce di Buccino - Primavera 2009 Ma i buccinesi conoscono la via crucis che portò nel giro di poco tempo Filomena a lasciare prematuramente questo mondo per raggiungere la casa del Padre, sotto il mantello protettivo della Madre Celeste. Con la sua scomparsa dovetti constatare che la mia voce non aveva diritto né di parola né di tribuna. Ma l’entusiasmo, che mi aveva spinto a far nascere la Voce, e un anno dopo l’Associazione Buccinesi nel Mondo, era tale e tanto che, malgrado la manifesta ostilità del potere locale, ebbi il coraggio in quasi completa solitudine di dar vita ad una serie di manifestazioni. Dai convegni sull’olio d’oliva, sull’artigianato, sull’emigrazione alla presentazione di libri, alle rassegne di organetto e fisarmonica presso il Centro Sindacale “ L. Paesano” in località braida. Senza dimenticare una decina di Feste dell’Emigrante organizzate in agosto nella pineta di largo Pescara a Buccino. Quando la stanchezza stava avendo il sopravvento sul residuo entusiasmo, mani e cuori di pochi amici, emersi dall’ostilità e dall’indifferenza mi sono arrivate in soccorso ed hanno alimentato la fiammella in via di esaurimento. I nomi di questi amici li trovate sfogliando La Voce che tanti di voi conservano con amore e rispetto. Così, dissetatomi alla borraccia allungatami da questi amici, ho ripreso la marcia attraverso il deserto volceiano e sono giunto all’oasi di San Antonio, cuore storico della nostra Comunità. E quì, in questo luogo sacro, ho dato vita al “ Premio Buccinese nel Mondo” che è giunto alla quarta edizione. Non solo a Buccino ma anche fuori del paese natale ho organizzato in questi anni manifestazioni. A Roma ho organizzato convegni e serate teatrali e musicali, invitando e coinvolgendo buccinesi e romani. I primi, in numero ridotto per entità e per predisposizione e i secondi più numerosi per amicizia e per interesse culturale. Così tanti a Roma in questi ultimi anni hanno scoperto Buccino (Antica Volcei) e la sua storia grazie anche a queste mie folli iniziative. Ma qualcuno sta aspettando di conoscere come ho fatto a fare tante cose senza aiuti e sostegni morali e materiali.
La fame aguzza l’ingegno e quel poco di cui dispongo l’ho messo al servizio della causa. Ho chiesto l’iscrizione dell’Associazione Buccinesi nel Mondo nell’albo delle associazioni regionali del Lazio, per poter ricevere qualche contributo per le attività svolte a Roma. Lo stesso ho fatto con il giornale, chiedendo per La Voce contributi come periodico edito in Italia e inviato all’estero. Se oggi sono un migliaio i buccinesi, gregoriani e conterranei sparsi nel mondo che ricevono La Voce è proprio grazie a questi contributi e non solo a questi. Se La Voce di Buccino quest’anno spegne la 15^ candelina deve dire grazie ai tanti suoi lettori con le loro spontanee offerte volontarie. Ognuno secondo le proprie possibilità e spesso anche oltre. E senza voler sminuire il contributo di tutti voi a cui sarò sempre riconoscente cito quale esempio di generosità Mario Cariello (marasciallicchio) da Oggiona Santo Stefano che più di una volta all’anno si reca nel locale ufficio postale per inviare il suo contributo d’amore. E non c’è anno che nella ricorrenza del Santo Natale non ha il gentile pensiero di inviare una cartolina di Auguri a me e a tutta la famiglia della Voce. Sui monti di pietra può nascere un fiore… e Mario Cariello con il suo amore alimenta questo fiore che si chiama La Voce di Buccino.
La VOCE di BUCCINO Aut. Tribunale di Roma n. 190/95 Direttore resp. - Dino Baldi Direttore Angelo Imbrenda Direz. - Redaz. - Amm.ne Via Carolei, 22 - 00173 Roma Tel. e Fax 06.72670085 Cell. 329-6156267 e-mail: lavocedibuccino@inwind.it Stampa: GRG Tipolitografica - Salerno mese marzo 2009 Il giornale si sostiene con il Vostro contributo volontario: Quota Abb. Annuale euro 10.00 C/C postale n. 36456002 intestato a: Angelo Imbrenda Il foro competente per ogni controversia è quello di Roma
La Voce di Buccino - Primavera 2009
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Il PROFESSORE EMILIO MAGALDI E’ stato uno dei più grandi studiosi della Lucania romana e di Pompei. Il ricordo di chi l’ha conosciuto di Giuseppe Arduino Emilio Magaldi. Lo conoscevo già, quale storico profondo della Lucania romana, per averlo letto nelle bibliografie dell’archeologia regionale, nonché quale noto pompeianista, dalle lezioni universitarie sulle “Antichità Pompeiane” tenute dal bravissimo professore Fausto Zevi. Il suo nome, poi, mi risuonava familiare, in quanto omòfono di quello del popolare imprenditore buccinese e Cavaliere del Lavoro: l’indimenticabile zio Emilio Magaldi, la cui stirpe molto probabilmente si riannoda allo stesso ceppo. Il nostro bravo antichista era nato a Napoli il 6 novembre 1906 dal notaio Paolo e da Giacinta Simonetti; due famiglie della borghesia agraria lucana, i cui esponenti si distinsero nei moti rivoluzionari del Novantanove, quali aderenti alla Repubblica Partenopea, e nondimeno -credenti e ferventi liberali- furono protagonisti nelle rivolte insurrezionali antiborboniche del 1848 e del 1860. Tra questi, ricordiamo, Giuseppe Maria Magaldi, Commissario del Governo Francese nei centri del Lagonegrese; Giuseppe Simonetti assassinato nella rivolta popolare di Craco il 4 marzo del 1799; Nicola Maria Magaldi, perseguitato dalla polizia borbonica e nominato segretario del Governo Prodittatoriale nel 1860; Vito Maria Magaldi, letterato e poeta, il quale dodicenne appena seguì Garibaldi al Volturno; Pasquale Magaldi, anch’esso poeta, coautore di un volume di composizioni poetiche dedicate dal Duca della Verdura al re Ferdinando II di Borbone. Emilio Magaldi, conseguita la licenza liceale al Genovesi di Napoli -dove poi vi entrerà da docente di latino e greco- contrariamente ai voleri del padre, che lo preferiva quale degno successore nel suo studio notarile, s’iscrisse alla facoltà di Lettere dell’Università di Napoli. Fu allievo del grande italianista Francesco Torraca e nel contempo si appassionò allo studio delle Antichità Pompeiane sotto la guida sapiente di Antonio Sogliano, che lo predilesse, influendo anche sulla sua preparazione. Difatti, uno studio del giovane universitario
Magaldi, pubblicato nella rivista “Moyseion” (1926-’27) e svolto in latino, reca il titolo: De inscriptione parietaria picta. Laureatosi nel 1928, fu prima assistente alla Cattedra di Geografia e l’anno successivo passò a quella di Archeologia e Antichità Pompeiane. Il suo migliore lavoro, in tema di epigrafia pompeiana, concerne: Le iscrizioni parietali di Pompei con particolare riguardo al costume. Tra l’altro, fondò e diresse sua impensa, cioè a proprie spese, nel 1934, la prestigiosa: “Rivista di Studi Pompeiani”. Non è ovviamente questa, la sede per ricordare l’operosa attività culturale e scientifica del professore Emilio Magaldi, che, ritiratosi nel suo ameno paesello di San Chirico, arroccato su una rupe all’ombra del Monte Raparo, visse in totale isolamento, per quasi mezzo secolo, sino al giorno del suo silenzioso decesso avvenuto il 17 febbraio 1993.
S. Chirico Raparo, agosto 1985. Il professore Emilio Magaldi
In una gelida mattinata del gennaio 1983 ebbi il piacere di conoscerlo personalmente nella sede della Deputazione di Storia Patria della Lucania, a Potenza. Mi fu presentato da zio Gerardo Salinardi, agronomo e storico, il quale mi disse: “questo è Emilio Magaldi!”. Mi trovai di fronte un uomo di bassa statura, calvo, un homunculus, per dirla con uno pseudonimo dello storico Racioppi, ma gravido di intelligenza e svelto di parola. Appena sentì la parola Volcei, la
collegò subito alla patria di Marcello Gigante, suo giovane collega al Genovesi di Napoli, declamando il seguente verso: Volcei ac Pompei aequo versu versae at natalibus diversae, con soddisfazione della mia risposta rimata: due città per rima uguali, ma per natali diseguali; cioè Volcei lucana, Pompei sannitica. Con lui ebbi diversi incontri e scambio di opinioni, mantenendo anche un rapporto epistolografico - mi scriveva su biglietti postali, quelli che si ripiegano a mo’ di lettera- che è “la migliore comunicazione intrisa di umanità”, come sottolineò il rimpianto professor Gigante in un articolo sul Corriere della Sera, parlando di Mario Moretti, grande studioso di Epigrafia greca. Preciso e nutrito di acutezza filologica, ma anche brioso e motteggiatore, a proposito di una mia lettera non giuntagli in tempo, il Magaldi mi scrisse che se la epistola avesse viaggiato con il cursus publicus dei Romani, sicuramente sarebbe giunta a San Chirico molto tempo prima. Nell’agosto 1985, con gli amici Peppino e Alessio, durante un tour nei paesi del Pollino, decidemmo di fare una puntatina a San Chirico, il paese che diede i natali al filosofo spiritualista Francesco De Sarlo e dove visse anche lo storico Giuseppe Paladino. L’abitazione del Magaldi, un palazzo di fine Settecento, si apriva sulla valle erosa dal Racanello, scorgendosi in lontananza la sagoma del Monte Sirino. Il professore, anche se diffidente per carattere, appena mi riconobbe fu subito gentile, guidandoci poi attraverso le numerose stanze dell’imponente caseggiato, gremite di libri e arredate con mobili d’epoca. Nell’ingresso, a guisa di blasone, -come egli stesso lo definì- campeggiava l’emblema del Club Alpino, altra passione viscerale del Magaldi, il quale ci dichiarò di essere stato in gioventù un bravo rocciatore. Due stanze mi colpirono: la camera da letto, con baldacchino ricoperto da una tenda a merletto, i cui ricami riproducevano disegni di mosaici pompeiani, e lo studiolo, con il (continua a pag. 21)
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La Voce di Buccino - Primavera 2009 Illustri personaggi volceiani
Conversando con PIERO DI VONA La storia d'Italia vista dal filosofo di origine buccinese
Il prof. Piero Di Vona con Angelo Imbrenda
Dopo le esternazioni sulla scuola italiana riportata nel numero precedente della Voce riprendiamo la nostra conversazione con il Prof. Di Vona. A proposito di fascismo e antifascismo e sul "male assoluto" rappresentato dal primo e di cui si sta molto parlando in questi giorni cosa ne pensa? Non ne sono informato! Non ha seguito le polemiche poltiche riguardanti il sindaco di Roma, Alemanno sul fascismo? Devo confessare che non leggo più i giornali e non lo nascondo. Ho letto parecchio su quel periodo per comprensibili ragioni... come si può dire: quel periodo mi ha sempre interessato. Ho letto il diario di Ciano, ho letto il diario di Bottai, ho letto Renzo De Felice (autore di un imponente lavoro storiografico sul ventennio fascista n.d.r.).
Il fascismo e le leggi razziali Professor Di Vona, mi riferivo alle leggi razziali, al viaggio di Fini in Israele e ultimamente Alemanno e il Ministro La Russa hanno cercato di fare una distinzione tra il fascismo e le leggi razziali. Mussolini ha presentato la legge ma il Re ha firmato. Se Vittorio Emanuele non firmava ... eh eh. C'è una responsabilità dei Savoia. Poi mi permetto di fare una mia considerazione, da studioso: la legge razziale in Italia è stata una grande iniquità. Non solo per l'aspetto umano, per cui cittadini italiani sono stati trattati come
se fossero degli stranieri e per lo più pericolosi. Ma anche sotto l'aspetto culturale anche se considerando il periodo era difficile conoscere. Certi aspetti della cultura ebraica erano noti sì ma in ambienti molto ristretti. L'ebraismo italiano non è da mettere a confronto per numero di persone con l'ebraismo russo, con quello polacco, con lo stesso ebraismo tedesco. No! la comunità ebraica italiana è stata una delle più colte, basti pensare che già nel nono secolo nella comunità ebraica in Italia circolava uno dei testi fondamentali della cabala ebraica che è il Sefer Jetzira ( libro della creazione). Poi il testo più importante, la bibbia della dottrina cabalistica, se possiamo dire, dove fu stampato per la prima volta? in Italia! Non so se è chiaro. Quindi l'ebraismo italiano era una comunità di grande cultura. E' stato un gran male non solo dal punto di vista umano ma ancor di più dal punto di vista intellettuale perseguitare gli ebrei italiani. L'ebraismo italiano ha dato un contributo innanzitutto al Risorgimento, poi ci sono degli scrittori ebrei che fanno parte della letteratura italiana. Penso al filosofo Michel Stepter che ha scritto un bel libro del novecento. E' stato un grande errore. Per non dire di alti ufficiali ebrei nell'esercito italiano. Mi è stato detto che durante la guerra, quando gli inglesi attaccarono Taranto e colpirono tre corazzate italiane, una di queste corazzate per tirarla su dovettero chiamare un ingegnere che era lui stesso un ufficiale ebreo. Quindi Mussolini ha proposto e il re ha firmato. Poteva rifiutare di firmare come fece quando gli presentarono un decreto in cui si prevedevano delle misure economiche contro Nitti. E pare che Vittorio Emanuele lo scartò e disse: no, no, è stato mio ministro. Poteva fare altrettanto il re un quella grave occasione, ma non lo fece. Quindi la polemica sul male assoluto? Cosa intendono per male assoluto? Mi accorgo così che il professore non segue
questi dibattiti che occupano tanto spazio sulle televisioni e sui giornali e allora specifico: C'è chi vuole distinguere il fascismo dalle leggi razziali. E' inutile cercare di scusare un fatto perchè contro i fatti non ci sono scusanti. Contra factum non est argumentum. Non ci sono argomentazioni contro i fatti. I fatti sono fatti e non si può fare altro che riconoscerli. Quindi è inutile separare il fascismo dalle leggi razziali. Bisognerebbe allora separare anche il re dalle leggi razziali. Ma il re ha firmato! Eh, eh. La vera colpa di Mussolini non è stata nemmeno la dittatura ma il fatto che con la sua politica estera, dopo quattrocento anni, ha messo l'Italia in condizioni di dover subire ancora l'invasione straniera. Dal nord e dal sud. Perchè non c'è niente da fare: americani, inglesi e tedeschi erano degli stranieri. E' inutile che stiamo a parlare di liberazione. Gli italiani non hanno buona memoria, il primo che ha chiamato la guerra: liberazione, è stato Annibale. Era venuto a liberare i popoli italici dall'oppressione di Roma. Non ci prendiamo in giro, riconosciamo le cose per quello che veramente sono state. E' stata un'invasione straniera, è inutile che vengano a dire che hanno fatto una crociata, che sono venuti a liberarci. Hanno avuto il coraggio di chiamare liberator un aereo da bombardamento che ha imperversato in Europa e in Italia. E' tutta propaganda politica. I responsabili della guerra civile in Italia I veri responsabili della guerra civile in Italia sono stati Badoglio e Vittorio Emanuele III. Perchè loro si sono ritirati a Brindisi con tutto il governo e hanno lasciato Mussolini a Campo Imperatore, un posto in cui i tedeschi non ebbero nessuna difficoltà a riprenderselo e portarlo in Germania. Permettendo così allo stesso di creare, volentieri o malvolentieri la Repubblica Sociale Italiana. E così portare allo scatenarsi della guerra civile in Italia. Badoglio e il re avevano l'obbligo di portare con loro anche Mussolini e metterlo al sicuro dagli attacchi tedeschi. Se Mussolini non andava in Germania nessun gerarca fascista avrebbe avuto (continua a pag. 5)
La Voce di Buccino - Primavera 2009 Conversando con PIERO DI VONA (continua da pag. 4)
l'autorità e la capacità, a cominciare da Farinacci, da organizzare uno stato dissidente. Ripeto: quella è stata la causa della guerra civile. Non so se questo l'ho già detto. un'altra cosa che può interessare è il perchè dell'uccisione di Mussolini. Vi sono almeno quattro ragioni. In primo luogo Mussolini ha governato per vent'anni e quindi era in condizione di sapere vita, morte e miracoli di tutti gli antifascisti. E questo ai capi dell'antifascismo non faceva piacere. In secondo luogo, Churchil e gli inglesi avevano tutto l'interesse a farlo sparire perchè se fosse sopravvissuto avrebbe potuto pubblicare i documenti e gli atti che provavano i rapporti tra il governo inglese e quello italiano. Poi c'è stata una motivazione che considero la più vile. Se Mussolini fosse sopravvissuto e dato che aveva comunque un seguito e avendo delle doti oratorie, avrebbe potuto anche in una repubblica democratica riprendere il potere. E questo evidentemente non doveva accadere. Infine l'Italia uscita sconfitta e occupata dalla guerra, aveva bisogno che, per la sua immagine, e per le condizioni che sarebbero state riservate nel trattato di pace, Mussolini non finisse in mano agli alleati e non venisse processato. Non importa se a Norimberga o in un altro posto davanti agli occhi di tutto il mondo. Questo doveva essere assolutamente evitato, per una ragion di stato. Salus rei publicae suprema rex esto. Durante la mia vita ne ho letto e sentite di versioni su quel periodo storico ma una interpretazione di quegli avvenimenti così originale non l'avevo ancora ascoltata. Questo mi è venuto in mente mentre ascoltavo il professor Di Vona.
Julius Evola e il fascismo Mi è venuto spontaneo chiedergli nuovamente: Professore, lei che è figlio di un martire antifascista perchè ha studiato e scritto libri riguardanti Julius Evola, considerato un teorico dell'ideologia fascista? Ahh... chi poteva studiare oggettivamente Evola se non un figlio di un antifascista. Su Evola ci sono dei fanatici e indubbiamente il giudizio non poteva essere sereno da parte di questi. Su questo teorico
del razzismo c'è una letteratura e ha retto ad una condanna espressa su di lui da tanti intellettuali italiani. Perché, se durante il periodo fascista non era ben visto in Italia, aveva ottenuto in Germania una sua notorietà, nel dopoguerra e tutt'ora Evola è studiato in Francia, in America, persino in Russia. Quindi ha retto la condanna su di lui che si è voluta esprimere da parte di giornalisti e intellettuali legati alla sinistra. La sua fama va oltre l'Italia e abbraccia buona parte del mondo occidentale. Soltanto un figlio di un antifascista poteva studiare Evola. Naturalmente un conto è Evola, un conto è il fascismo. Tra l'altro non era nemmeno iscritto al partito fascista. Cercò di conquistare autorità e avere influenza in seno al fascismo ma aveva un progetto ben diverso. Voleva che il fascismo servisse a riportare l'Italia ad un ordinamento statale di tipo tradizionale. Pensava che il fascismo potesse essere l'occasione e il mezzo per giungere ad un ordinamento ben diverso;di tipo elitario o addirittura di tipo sacrale, ma non cristiano. Uno dei motivi per cui tra Evola e il fascismo non ci fu incontro è che egli era indubbiamente anti cristiano mentre i fascisti avevano stabilito un concordato con la chiesa cattolica. Un concordato si può sempre fare e anche la repubblica italiana con l'accordo tra comunisti e democristiani hanno per ragioni diverse messo nella costituzione il concordato con la chiesa cattolica. Il che lo Stato italiano, qualunque sia stata la sua politica religiosa è semplicemente uno stato clericale. Per me è clericale qualunque stato che nella sua costituzione figuri un accordo con qualsiasi religione, non importa se cristiana o non cristiana. Su Evola vorrei aggiungere alcune cose. Per le sue amicizie con alcuni gerarchi come Farinacci di cui aveva stima, con Preziosi, antisemita, alcuni studiosi di sinistra e non solo questi considerano il suo pensiero politico razziale. Secondo me questo non è l'aspetto più importante. L'aspetto più importante per me è l'insegnamento sapienziale. L'avere cercato in un paese cattolico come l'Italia una via d'uscita diversa da quella che procura la religione cristiana. Si sbaglia ritenere molto importante il pensiero politico di Evola e a trascurare i suoi studi sapienziali sulle religioni e il suo sostanziale accordo con l'indirizzo di Renè Guenon. Al seguito di quest'ultimo si è formato un movimento tradizionale religioso che in certe circostanze potrebbe anche diventare una nuova religione.
Pag. 5 80° anniversario dei Patti Lateranensi Napolitano sul Concordato: ''Testo attuale e con grandi potenzialità'' Siglando i Patti Lateranensi, Italia e Santa Sede chiudevano la Questione Romana che si era aperta con la breccia di Porta Pia. Con la firma apposta da Benito Mussolini, capo del governo italiano e dal cardinale Pietro Gasparri, segretario di Stato, l’11 febbraio 1929 veniva sancita la conciliazione tra il regno d'Italia e il neonato stato denominato Città del Vaticano.
"Il Concordato è un testo ancora attuale e importante e contiene grandi potenzialità". Con queste parole il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano descrive il trattato che regola i rapporti tra lo Stato italiano e la Santa Sede, uscendo da Palazzo Borromeo, sede dell'ambasciata italiana presso il Vaticano, per la celebrazione dell'ottantesimo anniversario della firma dei Patti Lateranensi e del venticinquesimo anniversario del Trattato di modificadel Concordato. Con il capo dello Stato, presenti tutte le alte cariche istituzionali: il presidente del Senato Renato Schifani, il presidente della Camera Gianfranco Fini, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il presidente della Corte Costituzionale Giovanni Maria Flick. Con il Vaticano "il clima è perfetto, come sempre". E c'è "grande sintonia del governo con la Chiesa", ha detto il Premier.
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La Voce di Buccino - Primavera 2009
La violenza sulle donne è una lunga storia di Maria Rosaria Pagnani* La storia delle donne è fatta anche di violenze e di soprusi e neppure le conquiste e la tanto sospirata parità ci risparmiano dalle umiliazioni e dagli stupri quotidiani. ecco che l’U.D.I. unione donne italiane-ha voluto fortemente che l’intera nazione fosse attraversata da una “staffetta di donne contro la violenza sulle donne”. Le prime associazioni e le Commissioni Pari Opportunità contattate hanno fatto il passa parola e ora centinaia di paesi e città si preparano ad accogliere l’anfora, che fa da testimone. La staffetta è partita da Niscemi il 25 novembre 2008 ed arriverà a Brescia il 25 novembre prossimo; un anno per conoscere, riflettere, progettare. Nella nostra provincia si fermerà dal 18 al 23 febbraio e passerà nell’Agro Nocerino e nella Valle dell’Irno, nel Vallo di Diano (1) e nella Valle del Bussento e citando solo alcuni paesi passerà per Salerno, Nocera, Sala Consilina, Albanella, Agropoli, Eboli, Contursi, Campagna…. mentre convegni, dibattiti, presentazioni di libri, mostre di quadri, foto, letture di poesie e riflessioni faranno da cornice al suo passaggio. Come testimone è stata scelta un’anfora, che nella tipologia ricorda il vaso consegnato dagli dei a Pandora, la prima donna .Il vaso che conteneva tutti i mali fu portato sulla terra e Pandora curiosa lo aprì , i mali toccarono il suolo e ben attecchirono tra gli uomini e solo la speranza rimase in fondo al vaso, chiuso appena in tempo. Ma il vaso rappresenta anche l’acqua che è vita, il vaso rappresenta anche il corpo della donna che dà la vita. E proprio la speranza di una vita migliore per tutte le donne è ,ora, ad essere chiesta attraverso la staffetta dell’U.D.I. La staffetta intende parlare anche di rispetto, di libertà, di pari opportunità a uomini e donne, intende parlare dei valori e delle qualità dello spirito specie ai giovani. L’anfora ha due anse, perché due staffettiste per volta devono sorreggerla e ricordare la necessità della collaborazione tra donne in una empatia di genere. Certo sarebbe stato ancora più significativo se un uomo e una donna avessero condiviso il testimone grondante di sacrifici al femminile.
L’anfora racconta a tutti che troppo spesso sono stati violati i corpi femminili, ma anche i profondi tracciati dell’anima. Perché parlare di violenza non significa parlare soltanto di violenza sessuale, ma anche di quelle violenze fisiche e psicologiche che nei secoli si sono perpetrate per motivi economici,sociali, religiosi…Basti pensare alle carriere impedite, alle professionalità negate, al mercato matrimoniale, ai matrimoni imposti,alla monacazione forzata, alla caccia alle streghe, alla tonsura, all’infibulazione…. Alle donne per secoli sono state vietate la parola, la scrittura, l’istruzione, esse venivano colpevolizzate perchè essendo per legge soggette ai padri prima, e ai mariti dopo, cioè all’autorizzazione maritale, non sapessero né amministrare, né gestire beni, né testare, tutto per una conclamata “imbecillitas sexui”. E poi, a causa del flusso mestruale per alcuni giorni al mese, in cui “ le donne ragionano con l’utero” non sarebbero state capaci di impegnarsi in professioni in cui necessitano sempre chiare capacità di giudizio. Quindi niente donne avvocato, magistrato e medico. E poi donne umiliate da padri e da mariti padroni, ai quali veniva concesso anche il diritto di vita e di morte sulle donne di casa,
schiave tra le mura domestiche. Ci sono ,poi, due categorie , lontane nel tempo, diverse tra loro per ceto sociale, per modo di vivere, ma tutte e due costrette a soffrire: le monache e le “streghe”. Tutti sanno della monacazione forzata dal seicento in poi che vide un silenzioso esercito di bambine e fanciulle di nobili casate relegate nei monasteri di clausura per motivi patrimoniali. E le figlie “superflue”, anche quattro sorelle alla volta, talvolta dieci della stessa generazione che senza potersi ribellare chinavano il capo rasato mentre venivano private degli affetti familiari e della gioia di vivere in libertà. Tutti sanno che un esercito di oltre sessantamila donne. Di solito povere, non
importa se mogli o vedove,vergini o madri, di ogni ordine confessionale venivano portate al rogo, perché sospettate di stregoneria. Ma prima torturate e spinte a confessare malefici e incontri con il maligno. E gli inquisitori, nella loro perversa fantasia andavano escogitando torture al femminile per mortificare la maternità e la femminilità. Certamente oggi abbiamo conquistato i nostri spazi, ma a costo di grandi fatiche, ora chiediamo ancora quel rispetto che troppo spesso ci viene negato. Perciò la staffetta vuole essere un momento di riflessione, ma soprattutto un momento di progettazione. Non pretendiamo sempre e solo dalla politica la soluzione di tutti i mali della società, il rispetto della persona è segno di civiltà e si coltiva in aiuole molto speciali che si chiamano famiglia e scuola. Rimbocchiamoci le maniche come madri, mogli, insegnanti dissodiamo il terreno dell’indifferenza, piantiamo i sani principi e concimiamo con i buoni esempi. (1) Buccino è presente all’accoglienza il 22 febbraio con i giovani della “Libera espressione volceiana” e con un’ospite del Co.Se.S.- centro per anziani- che sarà una delle sei staffettiste ad attraversare Eboli. Postiglione, invece, si è associato attraverso la”Fondazione Madonna del villaggio” di A. e M. Pagnani. *Coordinatrice accoglienza staffetta Eboli
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La Voce di Buccino - Primavera 2009 Da: Il Mattino San Gregorio Magno, il centro sportivo diventa federale MARGHERITA SIANI Il complesso sportivo di San Gregorio Magno diventa un centro sportivo federale per il Sud Italia. La richiesta, avanzata dal Comune di San Gregorio al Comitato campano della Figc, ha avuto esito positivo. Dopo alcuni sopralluoghi ed un'attenta ricognizione di tutto quanto è il complesso, è giunto il sì definitivo ad una struttura finita nel mirino tante volte per le inchieste che si sono susseguite sulla sua realizzazione. Ma il risultato di oggi non poteva che essere così per questa struttura fiore all'occhiello dello sport, con campo di calcio in erba naturale, calcio a cinque, pista per atletica leggera, campo da tennis, alloggi con 30 camere e 4 suite (80 posti letto), foresteria, tutti elementi considerati importanti per la federazione, elementi di forza che il Comune ha fatto valere nella sua richiesta. D'altronde il centro, che ha ospitato tante squadre di calcio, nazionali ed estere di ogni categoria, campionati di vario genere, è ben noto nelle sue caratteristiche. Eppure lo stesso centro ha subito negli anni attacchi ed inchieste di ogni tipo. Costruito con i fondi del terremoto, fu additato come uno "spreco" dinanzi ai disastri del sisma, alla gente senza casa. Ma a San Gregorio si pensava a questa struttura guardando al futuro, fatto anche di sviluppo locale attraverso lo sport, il calcio in particolare, con un centro completo. «Era per noi una grande scommessa - dice il sindaco, Gerardo Malpede, che all'epoca, nei primi anni '90 era vice sindaco, coautore della scelta di costruirlo - se in questi anni, invece di difenderci fino alla Cassazione, che ha giudicato tutto regolare, avessimo potuto costruire quel futuro a cui avevamo pensato, il risultato di oggi forse l'avremmo potuto ottenere anche dieci anni fa». Un rammarico per il tempo perduto, ma anche la voglia di andare avanti, senza pensare più al passato e ad una vicenda chiusa. Resta il Centro, resta la possibilità di unire intorno ad un complesso sportivo indotto, sviluppo, lavoro, così come si è potuto verificare in questi anni di utilizzo in proprio, da parte del Comune. Divenendo un Centro federale, la gestione passerà ora alla Federazione, con la stipula di una convenzione che verrà sottoscritta nelle prossime settimane, non appena saranno limate le procedure di concessione, che prevedono un accompagnamento economico da parte del Comune. Ed il sindaco, per questo, lancia un appello all'amministrazione provinciale: «In questo momento abbiamo bisogno di risorse per riuscire a stipulare una convenzione e prevedere delle spese, a carico del Comune, per un periodo di un paio di anni - dice Malpede - Visti gli innegabili vantaggi economici e commerciali non solo per il territorio, visto il grande valore che lo sport, il calcio può dare alla nostra provincia, auspico un sostegno da parte di Palazzo S. Agostino affinché si possa partire con il piede giusto».
Pag. 7 S. Gregorio Magno: Un angolo di baccanalia
Dalle kartoffel tirolesi a r’ pataène cunzaète gregoriane Giuseppe Trimarco è nato a San Gregorio Magno ed è un conducente di bus a Bolzano. Guida con teutonica precisione per tutto l’anno ma, con altrettanta puntualità, in agosto scende a San Gregorio Magno per partecipare come conducente di una grotta alla rappresentazione dei Baccanalia. Insieme al cognato ( Barberio) e ai vari familiari apre la grotta in via Bacco per accogliere i numerosi visitatori che accorrono da ogni parte della provincia salernitana per partecipare ad uno dei più caratteristici appuntamenti eno-gastronomici della zona. Dopo 37 anni di permanenza a Bolzano, vicino al pensionamento, ha un sogno: tornare definitivamente nel suo paese e riprendere l’attività di agricoltore. Mi ha fatto visitare la cantina che ha in comproprietà con il cognato e mi ha spiegato cosa è e come è nata. (Sulle origini e sulla storia di queste grotte rimandiamo il lettore ad una specifica puntata). Il buon Giuseppe mentre racconta la sua vita, passa dal taglio di fette di prosciutto alla mescita del vino. La figlia di Giuseppe, nata e cresciuta nella cittadina italo-tedesca, non ha l’accento gregoriano, ma ha la innata predisposizione alla laboriosità e all’accoglienza degli abitanti di San Gregorio Magno. Ha preparato dolci caratteristici gregoriani e sacher torte tirolesi, per internazionalizzare il menu. La grotta di Trimarco e Barberio è stata la prima in cui mi sono soffermato per assaggiare patate conciate, capicollo e formaggio, innaffiato da vino rosso. A chiudere, una fetta di torta con ricotta abbinata ad un bicchiere di moscato. Il tutto accompagnato dalla proverbiale ospitalità gregoriana. Per una più approfondita conoscenza di Baccanalia mi sono prenotato, ad un corso di aggiornamento, per il prossimo anno* Il menu della grotta Trimarco-Barberio: Patate conciate, Spezzatino, Ceci, Formaggio, Capicollo e salsiccia, Pomodori alla cacciatora, Dolci La lista dei vini : Vino rosso (da vitigno barbera e aglianico)di grotta Vino bianco (malvasia e moscato) *Questo spaccato di baccanalia, che ho ritrovato in archivio, l'ho scritto nell’agosto 2002 dopo una mia puntata serale in San Gregorio Magno.
a.i.
Le grotte di Via Bacco
LA RICOSTRUZIONE Fondi 219 i finanziamenti ai comuni DOMENICO BARBATI É stata rifinanziata la legge 219 sulla ricostruzione dei comuni della Campania e della Basilicata colpiti dal sisma del 23 novembre 1980. La somma destinata ai comuni della Campania ammonta a 80 milioni di euro, il 70% dell’intero fondo previsto, e il decreto è stato firmato mercoledì sera dal Governo. In pratica i fondi sono stati ripartiti a seconda dell’utilizzazione di quelli precedenti e sono restati al palo quei comuni che fino a questo momento non avevano utilizzato quelli a loro disposizione. In pratica è stato premiato chi ha utilizzato meglio, e quasi la totalità dei fondi, che lo Stato aveva messo a disposizione con i precedenti decreti. Da : Il Mattino del 06/02/2009
I DATI Campagna 1.000.000,00 - Castelnuovo di Conza 300.000,00 - Colliano 200.000,00 Ricigliano 200.000,00 - S. Gregorio Magno 400.000,00 - Valva 6.000.000,00 - Acerno 400.000,00 - Auletta 2.000.000,00 - Bracigliano 700.000,00 - Buccino 1.000.000,00 - Castel S. Giorgio 200.000,00 Contursi Terme 600.000,00 - Corbara 200.000,00 - Eboli 700.000,00 - Giffoni sei Casali 600.000,00 - Giffoni Valle Piana 700.000,00 - Mercato S. Severino 1.000.000,00 - Montecorvino Pugliano 500.000,00 Montecorvino Rovella 800.000,00 - Nocera Inferiore 200.000,00 - Nocera Superiore 200.000,00 - Olevano sul Tusciano 200.000,00 - Oliveto Citra 400.000,00 - Pagani 1.000.000,00 - Pellezzano 100.000,00 - Sala Consilina 1.000.000,00 - S. Cipriano Picentino 200.000,00 - S. Rufo 600.000,00 - S. Arsenio 600.000,00 - Sapri 200.000,00 - Giungano 200.000,00 - Orria 200.000,00 - Ottati 100.000,00 - Perito 200.000,00 - Roccadaspide 300.000,00 - Serre 100.000,00 - Sicignano degli Alburni 100.000,00 - Torraca 300.000,00 - Tortorella 100.000,00 - Vallo della Lucania 200.000,00.
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La Voce di Buccino - Primavera 2009
La’ mericana e le altre… storie dell’emigrazione buccinese
Built by Sir James Laing & Sons Limited, Sunderland, England, 1889. 6,560 gross tons; 430 (bp) feet long; 52 feet wide. Steam triple expansion engines, twin screw. Service speed 14 knots. 1,960 passengers (60 second class, 1,900 third class).Two funnels and two masts.
N’gelicchio l’americano La saga r’ N’gelicchio l’americano e della sua famiglia, è la storia comune a milioni di italiani che hanno tentato la fortuna in America. Quella di Angelo Trimarco, conosciuto a Buccino, suo paese natale, come n’gelicchio l’americano, è tratta dai ricordi della figlia terzogenita, conosciuta come Concettina la mericana. Angelo Trimarco, emigrò negli States ad inizio novecento. Lasciò Buccino e l’avara terra dell’appennino lucano e cercò fortuna nella ricca terra americana. Emigrò insieme ad altri tre fratelli ( Giovanni, Domenico e Nicola) e una sorella ( Carmela). Dopo alcuni anni di duro lavoro, riuscì a farsi una certa posizione. Ritornò quindi al suo paese natìo, per sposare Rosa Catone e dopo poco si imbarcò insieme alla moglie sulla nave Principe De Piemonte per tornare a Newark nel New Jersey. Prima di tornare in America dovette svolgere una vera e propria opera di convincimento nei confronti dei suoceri, poiché questi non volevano che la figlia si imbarcasse. In particolare la suocera pensava che la figlia Rosa potesse finire in fondo all’oceano. Ancora non si era verificato il tragico affondamento del Titanic, altrimenti difficilmente avrebbe ricevuto il consenso di sposare Rosa Catone e portarla nel nuovo mondo. Se la mamma di Rosa avesse letto la lettera che pubblichiamo in calce difficilmente ci sarebbe stato il consenso all’imbarco e la storia di Angelo Trimarco e della sua famiglia sarebbe stata completamente diversa. Di conseguenza Concettina la’mericana non ci avrebbe raccontato il viaggio di rientro in Italia della sua famiglia.
Principe De Piemonte. sull’anno di nascita c’è un piccolo giallo. Fino agli anni 60 all’anagrafe di Buccino risultavo nata nel 1914, certamente un errore di registrazione al rientro in Italia. Solo quando per motivi previdenziali dovetti richiedere in america l’estratto di nascita, sul documento del comune di Newark c’era scritto 8 dicembre 1913. Si dovette procedere così, davanti ad un atto ufficiale e non confutabile, a correggere i dati sui registri dell’anagrafe del comune di Buccino. Per oltre quarant’anni avevo involontariamente viaggiato con un anno in meno. Dopo questo curioso intermezzo anagrafico torniamo sulla nave che ci portava in Italia. Quando dissi ad una signora che faceva il viaggio con noi, che quel giorno dell’Immacolta festeggiavo onomastico e compleanno, mi fece gli auguri e mi regalò una piccola scatola di cioccolatini. Per una bambina di appena otto anni fu una bella giornata. Ma di quel viaggio ricordo anche un brutto momento che non potrò scordare mai.
Il compleanno a bordo
La perdita del cappellino .
La traversata dell’Atlantico sulle navi dell’epoca, la ricordo in minima parte, ma alcuni particolari mi sono rimasti impressi nella memoria dopo quasi ottanta anni. Due in particolare; uno bello e l’altro triste. Ricordo l’8 dicembre, giorno dell’Immacolata. Per me era una doppia festa: onomastico e compleanno Infatti ero nata a Newark l’8 dicembre 1913. Ma
Ero una bimba vivace e ci tenevo tanto al mio cappellino, ma una folata di vento me lo strappò dalla testa e lo fece cadere in mare. Incominciai a piangere e non riuscivano a calmarmi fino a che mia madre non mi promise che appena arrivati a Buccino mi avrebbe comprato uno nuovo. (continua a pag. 9)
Come si legge dalla didascalia in inglese, questa nave fu costruita a Sunderland Inghilterra nel 1889, 6,560 tonnellate, lunga 140 mt, larga 17, Velocità di servizio 14 nodi, trasportava 1.960 passeggeri (60 in seconda classe e 1900 in terza classe). Due ciminiere e due alberi. Costruita per la flotta italiana Lloyd Sabaudo nel 1889 e chiamata Principe De Piemonte, in servizio Italia-New York. Venduta all’Uranium Steamship Company, nel 1914 e ribattezzata Principello, in servizio Rotterdam NewYork. Venduto a Cunard Line, flotta Inglese, nel 1916 e ribattezzato Folia. Silurato e affondato da un sottomarino tedesco al largo della costa irlandese, l’11 marzo 1917. Su questa nave che giunse a NewYork il 29 febbraio 1908 oltre ad Angelo Trimarco e la moglie Catone Rosina c’erano anche altri buccinesi. Dall’archivio di Ellis Island troviamo registrati: 0025. Candela Pasqualina F 18y S Italy Italian south Buccino, Salerno 0026. Marano Giuseppe M 40y M Italy Italian south U.S.A. 0027. Angela F 16y S Italy Italian south U.S.A. 0028. Rosa F 13y S Italy Italian south U.S.A. 0029. Vito M 19y S Italy Italian south U.S.A. 0001. Catone Rosina F 23y M Italy Italian south Buccino, Salerno 0030. Trimasso Angelo M 26y M Italy Italian south U.S.A.
Candela Pasqualina aveva come nominativo di riferimento, a Newark,Pucciariello Nicola; Marano Giuseppe con Angela, Rosa e Vito avevano come referente a Newark Marano Nunzio o Vincenzo( la grafia non è chiara sul nome) Angelo Trimarco che sul registro risulta trascritto in Trimasso aveva come referente Trimarco Nicola( il fratello) in Madison? Str. sempre a Newark così come la moglie Rosina.
La Voce di Buccino - Primavera 2009 La’ mericana e le altre… storie dell’emigrazione buccinese (continua da pag. 8)
Sono passati ottanta anni ma ancora non è stato confezionato un cappellino adatto a me.
Una statua all’Emigrante Ignoto Con noi viaggiavano tanti che ritornavano definitivamente in Italia. Altri che tornavano con la speranza di convincere la promessa sposa a pronunciare il fatidico si e riprendere la via dell’America. Una terra dolce e amara nello stesso tempo. C’è chi ci è riuscito e chi no. Chi ha trovato nel nuovo mondo un ambiente adatto e ha messo radici e chi ha sfruttato per pochi o tanti anni quella ricca terra e poi ha deciso di far ritorno alle origini. Sono tanti quelli che sono stati sfruttati, non hanno saputo integrarsi in una realtà completamente diversa, e non hanno dato più notizie alle loro famiglie. L’Italia è piena di piazze con statue ai caduti di tutte le guerre e a Roma c’è il sagrato al Milite Ignoto. Ci sono anche paesi del meridione che hanno intitolato delle piazze e posto statue all’emigrante. Sono degne tutte del massimo plauso e rispetto. Forse una statua o una stele in ricordo dei tanti caduti in una guerra combattuta e mai dichiarata, sarebbe ora di porla anche a Buccino. Siamo nel terzo millennio e con la fine del secolo dell’emigrazione ci si augura che non ci siano più caduti di guerre dichiarate e non. Ma proprio per questo è ora di commemorare tutti coloro che morirono sul fronte del lavoro, lontano dalla terra natìa: dal Milite Ignoto all’Emigrante Ignoto. (Fine prima puntata)
R I S T O R A N T E A L B E R G O
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Sao Carlos do Pinhal, 10 ottobre 1879 caro patre cara matre quanno o pateterno sensemette o face veramente buono, altro voglio dire un viagio de navigazione che ncera da morire co lanima da fora, o bastimento sbattia e nuia co isso ca tutti stevano male e li criaturi poveri criaturi animinnocenti cu luocchi da fora, poi dice ca ncestata lavaria e ncesimo fermati per laggiusto e so muorti dodici ma chiru dice che i muorti sono venti e chiru trentadue, ca nisciuno sape a veritade, nin ve venisse mai a mente arricurdateve buono di fare mbarcare fratema cha chista nun e vita per isso. A me che lonnipotente la mandasse bene come spero e pecchisto so benuto. Ve lasso e scrivo lindirizzo e mi rispondete caro patre cara matre che sono vostro figlio e il sangue e sempre sangu. Benedicite Vi abbrazzo vostro figlio Aniello Lettera spedita da Aniello Acquaccia (o Acquaviva?) ai genitori, Archivio privato Aniello Buccino, Agropoli.
La maestrina con la penna rossa sul libro: Mode e modi di donne Gentilissima Maria Rosaria Congratulazioni vivissime per il tuo “Mode e modi di donne”: un libro meditato sul quale hai sicuramente lavorato a lungo per definire ogni aspetto. Certamente la stesura di questo testo ha richiesto accurate indagini, visite ai musei, letture di documenti, consultazioni negli archivi, nelle biblioteche. Ne è valsa la pena! Con esso hai saputo dare corpo e sostentamento ad un progetto accarezzato da tempo, cullato nel segreto ed alimentato quotidianamente, senza perderti di coraggio, attingendo a tutte le tue energie di ricercatrice instancabile e di custode gelosa di capi di abbigliamento, tessuti, cuciti , ricamati dalle donne nel tempo e testimoni del loro modo di essere che ,poi, tu egregiamente hai interpretato. Le donne, ci informi, hanno saputo , nello scorrere della storia, ritagliarsi sempre un ruolo attivo da protagoniste e tramandare i loro sogni, le loro attese, le loro speranze, i loro progetti, il loro modo di vivere, come hanno potuto, utilizzando i mezzi di cui potevano disporre. Le donne hanno contribuito a scrivere la storia da par loro, nel momento in cui vivevano, inventando i canali di comunicazione più adatti ( con l’ago, il filo, le stoffe, secondo il disegno del tuo libro). Non sono state spettatrici passive, ma costruttrici attive, propositive, vigilanti. Con quest’opera ti riveli scrittrice intelligente, appassionata, colta, acuta osservatrice del costume femminile.
La scrittura è lieve, elegante, raffinata, ricamata. Il periodare è intessuto e curato con il garbo, la grazia e la fantasia dell’eccellente ricamatrice. L’impaginazione è delicata. L’esposizione delle immagini femminili è ariosa e ricercata nelle forme e negli atteggiamenti. Sei riuscita a produrre , con la penna, sulle pagine bianche ciò che abili ricamatrici hanno prodotto con l’ago e i fili sulle stoffe, impreziosendole. Come donna gioisco, perché tu, con la sensibilità di donna, hai fatto conoscere a noi donne( e non solo) come esse, nel fluire degli accadimenti umani, hanno inventato ed interpretato la moda e il modo con cui l’hanno costruita e divulgata e ci invogli, altresì a rispettare ogni lavoro femminile, perché porta in sé un messaggio di elevazione umana, sociale e culturale. Bravissima! Continua a regalarci altri gioielli. Con amicizia e stima Rosa Landolfi
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I racconti dell’emigrante INVERNO CANADESE
Angelo, allego alla presente queste photos che rappresentano la caratteristica, stagione invernale, canadese. Ti faccio sapere che in questo momento qui in London, Ontario nevica, domani, nessun cambiamento previsto, dopo-domani ancora neve. La neve e’ una manna che Iddio ci manda in questa stagione. Io la vedo incantevole quando scende fitta dal cielo e quando placidamente riveste la natura . Ecco la neve : candida, fresca, soffice, pura, linda, dissetante , odorosa di aria pulita, mette tanta gioia a chiunque essa tocca e ispira a tanti poeti: ORFANO Lenta la neve fiocca, fiocca, fiocca. Senti: una zana dondola pian piano. Un bimbo piange, il piccol dito in bocca; canta una vecchia, il mento sulla mano. La vecchia canta: Intorno al tuo lettino c'è rose e gigli, tutto un bel giardino. Nel bel giardino il bimbo s'addormenta. La neve fiocca lenta, lenta, lenta Giovanni Pascoli te la ricordi? Quando la temperatura scende di alcuni gradi sotto zero, fiumi e laghi si ghiacciano;
la vita canadese acquista un’altra tonalita’, esempio : -Ad Ottawa sul fiume Saint Lawrence, adornato di luci coloranti, grandi e piccoli, gente di ogni ceto va li’ a pattinare 24 ore su 24 . -Ragazzi nei vicoli o piazzette giuocano hocky, altri scalano enormi cumuli di neve e via giu’ tobbogan, altri muniti di pale vanno di porta a porta contrattando coi proprietari di spalare la neve davanti alla casa ($ 5), perche’ no! - Amatori di pesca vanno sui laghi, mettono su tenda, col trapano fanno un buco nel ghiaccio, seduti e con una bottiglietta vicino, pazientemente aspettano che il pesce abbocca. A volte cade l'imprevisto: forse l'hai letto sul giornale, circa un mese fa, parecchi pescatori sub-ghiaccio furono salvati da pompieri che intervennero con elicotteri, perche' la temperatura salì al disopra dello zero, il ghiaccio si fece sottile
e quindi cedeva sotto il loro peso. - Quelli amanti della natura si avventurano nei sentieri forestali, marcati dai boys scouts, con le loro ciaspole, o sci, binocoli, cani e trascorrono meta’ o l’ intera giornata sempre a camminare (a parte un sandwich, una bottiglietta di wisky non deve mancare). - Persone amanti della scultura, nei loro
giardini o parchi pubblici, con una cazzuola e una scaletta costruiscono opera d’arte da far invidia a veri professionisti. A parte tutto questo ingranaggio di gioia, La NEVE e’ essenziale a noi umani, agli animali e all’ambiente. Gli scienziati avvertono che se non ci diamo da fare, finiremo di perdere per sempre il nostro bel pianeta. A partire da me a te, cosa possiamo fare? Prima di tutto: -Incominciamo ad usare il meno possibile la macchina, in fondo camminare a piedi fa bene alla salute. - Mandiamo messaggi a tutti coloro che hanno un’influenza politica a restituire alla natura tutto quello che abbiamo tolto, affinche’ laghi e fiumi siano puliti, le foreste protette, come pure gli animali. (Una mia riflessione: I cacciatori, che spendono un patrimonio per andare a caccia di cinghiali, malvizzi ecc. Dicono : “per me e’ uno sport come tutti gli altri”. Non capisco perche’ questi non fanno tiro al piattello! E se piace mangiare carne di maiale o pollame! perche’ non se le allevano privatamente? Se non possiedono un terreno proprio, che vadano da un contadino e si faccino allevare un maiale, un tacchino o un a papera ….). -Uniamoci ai volontari che puliscono l’ambiente e piantano alberi. (In Canada’, vedo la maggior parte di coloro che portano i cani a passeggio, si muniscono di un sacchetto in cui depositano oltre agli escrementi del cane, cartaccia, vetri rotti, barattoli, plastica ecc. Studenti di ogni eta’ dedicano un giorno a raccogliere la spazzatura, lungo le strade, nei parchi, nei campi, e un’altro giorno, nel mese di Aprile, lo dedicano a piantare alberi). -La prossima macchina che compreremo, che sia un hybrid. -Sostituiamo le vecchie lampadine alle fluorescenti. -Incoraggiamo i nostri figli, amici ad amare e rispettare la madre natura, a riciclare di piu’, consumare meno, a stendere il bucato al sole. Pensa! Il nostro contributo alla natura si puo’ paragonare ad una goccia d’acqua in mezzo al mare pero' miliardi e miliardi di gocce formano una notevole massa d’acqua pulita. Ciao un abbraccio, Vale’Clemente Lisanti
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Il Ministero della Gioventù stanzia 1 milione e 500.000 euro per la cultura e la lingua italiana nel mondo
E mail dall’Argentina
Scambio e condivisione. Istituito Un fondo per gli Italiani nel mondo
Cara Voce di Buccino, Mi chiamo Florencia Conte, sono membro dell´associazione buccinese nell´Argentina. Mia mamma é nata a Buccino. La settima scorsa ho ricevuto il giornale e ho avuto una grande sorpresa, la Voce é stata nella conferenza dei giovani italiani nel mondo a Roma . Mi è dispiaciuto tantissimo sapere questo adesso perché ho partecipato nella conferenza nel gruppo tematiche di informazione e comunicazione. Vi invio una fotografia nella conferenza e un grande saluto. Florencia
Il Ministro Meloni: Questo bando è stato indetto proprio per contribuire alla crescita delle nuove generazioni, le esperienze all’ estero permettono di far c o n o s c e r e l’italianità in tutte le sue forme, cosi come permettono ai ragazzi italiani di capire i loro fratelli all’estero. Dalla Conferenza dei Giovani Italiani nel mondo, svoltasi a dicembre a Roma, l'attenzione sui temi dell' emigrazione, dell'identità e dell'appartenenza, ha iniziato a interessare i vertici della politica, soprattutto l'istituzione che ha "affrontato" e discusso con i 400 delegati giunti da tutto il mondo. Il Ministero della Gioventù. Un fondo di 1 milione 500.000 euro, istituito per promuovere l'arricchimento culturale, la formazione professionale e l'approfondimento linguistico per giovani residenti in Italia e al contempo in Italia per giovani residenti all'estero. " Gli Italiani nel mondo sono un patrimonio, culturale e civile - questo l'incipit del ministro Giorgi Meloni - questo bando è stato indetto proprio per contribuire alla crescita delle nuove generazioni le esperienze all' estero permettono di far conoscere l'italianità in tutte le sue forme, cosi come permettono ai ragazzi italiani di capire i loro "fratelli" all'estero." Attraverso la promozione di tali azioni si intende realizzare un duplice obiettivo. Da un lato, permettere agli italiani residenti all'estero di vivere un'esperienza unica, un'esperienza che consenta loro di rafforzare il proprio legame con l'Italia, di conoscere personalmente la cultura e la realtà italiana, di renderli cioè degli italiani consapevoli della propria storia e come tali disponibili e pronti ad esportare "l'italianità" nel mondo. "Questi giovani continua la Meloni - spesso non sono mai stati prima in Italia, ma forse potrebbero insegnare a noi in che modo si "sentono" italiani. Dallo scambio e dalla condivisione nasce il vero dialogo e le vere iniziative sul campo". La parola ai protagonisti dunque, a coloro che hanno
permesso all'Italia di mettere in "agenda" i nuovi italiani. " Questo vuol dire che siamo stati ascoltati - afferma Ariadna Cinel, ragazza argentina del gruppo tematico di identità e cultura, "ora tocca a noi far capire in che modo possiamo fare qualcosa per noi stessi. Scambio e condivisione, queste le parole necessarie per il mondo globaliazzato". Sulla stessa lunghezza d'onda, Rafael de Moura Petrocco, ragazzo di Campinas in Brasile, del gruppo di "rappresentanza e partecipazione" E' un progetto molto interessante - ha affermato - è l'inizio di una creazione di network e scambi tra i giovani, come abbiamo chiesto nella conferenza dei giovani italiani nel mondo Noi in Brasile già cominciamo a partecipare di alcune attività, la prima è stata l'apertura di una sede AGIM (Associazione Giovani Italiani nel Mondo) e insieme al Ministero del Lavoro Italiano e con l'Italia Lavoro, stiamo collaborando con il Progetto Ites . Ho partecipato della Conferenza dei Giovani Abruzzesi, a Montreal (Canada), e abbiamo proposto un corso più o meno come questo, però abbiamo pensato in promuovere di più la cultura regionale. Dall'altra parte del globo, si ritiene molto soddisfatta di queste nuove possibilità anche Maria Sallusto, ragazza della Grecia " Dove c'è possibilità di trasmettere nuove conoscenze, e generare nuova cultura, vuol dire che si sta imboccando la strada giusta, la strada che abbiamo cercato di percorrere nella conferenza di dicembre". Mauro D'Errico | News ITALIA PRESS
Florencia Conte
Cara Florencia, mi dispiace non averti incontrata alla conferenza di Roma, ma non ero a conoscenza della partecipazione di una giovane di origini materne di Buccino. Pur avendo letto l'elenco dei partecipanti, non avevo trovato nessun cognome che mi facesse pensare ad origini buccinesi. Infatti il tuo cognome Conte, che è molto diffuso in Italia, non lo avevo abbinato alle nostre comuni origini. Mi avrebbe fatto molto piacere incontrarti e scambiare con te le impressioni su questo grande evento che vi ha visti protagonisti. Purtroppo non riesco ad avere sufficiente collaborazione per portare avanti questa mia impresa con La Voce di Buccino. Ma anche se in ritardo mi auguro che tu voglia partecipare a girare il mondo con questo giornale inviando notizie ed esperienze tue e di altri nostri compaesani da pubblicare. Le possibilità che ci offre il web sono infinite e annullano le distanze. Fammi sapere a chi arriva La Voce in Argentina ( sono un centinaio i buccinesi a cui la invio). Inoltre mi farebbe piacere ricevere il tuo indirizzo e-mail per aprire un più fruttuoso scambio di informazioni. Un caro saluto a te , alla tua famiglia e ai buccinesi d'Argentina Angelo Imbrenda
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Italo-americani famosi nel mondo Intervista al M° Rolando Nicolosi (19 marzo 2001) Protomoteca del Campidoglio presentazione del Testo Unico sullo spettacolo
Ma chi è Rolando Nicolosi? Conosciamolo più da vicino: nasce a Rosario de Santa Fé, Argentina, da genitori italiani. Laureato in lettere e filosofia, attualmente vive a Roma. Debutta a soli 5 anni al teatro “Còlon” della sua città. Diplomato in pianoforte a Buenos Aires, si esibisce nelle sale e nei teatri più famosi del mondo, collaborando con i più grandi direttori d’orchestra. Consulente, maestro di repertorio, collaboratore pianistico della RAI, innumerevoli sono state, dal 1995, le sue apparizioni televisive in Europa e in America e le sue partecipazioni ai più importanti festival internazionali come quelli di Hong Kong, Berlino, Bonn, Vienna e Praga. Si è esibito dinanzi ai regnanti d'Europa, ai Capi di Stato di tutto il mondo e a Sua Santità Giovanni Paolo II. Nel corso della sua brillante carriera ha ricevuto molteplici onorificenze e premi, senza contare le associazioni musicali, auditorium, scuole e licei di musica, concorsi internazionali che portano il suo nome. Diverse sono inoltre le città che gli hanno conferito la cittadinanza onoraria. Abbiamo avuto il piacere di conoscere il Maestro Rolando Nicolosi e abbiamo colto l’occasione del suo intervento e di alcune considerazioni fatte sull’educazione musicale nel suo Paese d’origine ( Argentina) per approfondire l’argomento. Maestro Nicolosi lei attualmente vive in Italia ma proviene dall’Argentina! R. Si! Sono nativo di Rosario in Argentina. Come vincitore di borsa di studio sono arrivato in Italia per perfezionarmi, ma ho studiato anche a Berlino, Parigi, ecc. Nel suo intervento ha parlato di educazione
musicale in Argentina! R. L’educazione musicale nasce in tenera età e in Argentina ed è obbligatoria fin dalla prima elementare, come le altre materie. Nelle ore di ricreazione gli altoparlanti delle varie scuole diffondono musica classica. Per cui i bambini sono portati naturalmente ad una vera educazione musicale. Ogni scuola ha la sua banda musicale e un proprio coro e le varie scuole gareggiano tra di loro. In Italia invece la musica a scuola è più una materia ricreativa. R. L’Italia è la terra della musica ma occupa uno degli ultimi posti nel mondo, perchè l’educazione musicale è all’acqua di rose. Le ore di musica sono considerate ore di ricreazione. Più chiaro di così non poteva essere il Maestro Nicolosi. Un giudizio così severo da parte di un pianista-compositore che si è esibito nei teatri e negli auditorium di tutto il mondo non ammette repliche.
Nancy Pelosi riconfermata alla presidenza della Camera degli Stati Uniti D'America Per la seconda volta a guidare la Camera negli Stati Uniti sarà l ' i t a l o americana Nancy Pelosi. N a n c y Patricia D'Alessandro Pelosi, Deputata dei democratici, era entrata nella storia come la prima donna speaker della "House of representatives", la seconda carica istituzionale nella linea di successione dopo il vice presidente. La Pelosi è entrata in politica 19 anni fa, ed è considerata una "figlia d'arte". Il padre Thomas II D'Alessandro è stato per 10 anni deputato nel Congresso del Maryland, prima di diventare per dodici anni sindaco di Balitimora, città natale di Nancy. Dal 1987 Nancy Pelosi è eletta nella roccaforte democratica e liberal di San Francisco.
Usa: sarà Leon Panetta il nuovo capo della Cia L’italo-americano esperto di questioni di bilancio, ma con scarsa esperienza in materia di sicurezza Wa s h i n g t o n Obama ha scelto: il nuovo capo della Cia (Central Intelligence Agency) sarà Leon Panetta, ex capo di gabinetto della Casa Bianca ai tempi di Bill Clinton. Ne hanno dato notizia i media statunitensi, secondo cui l'ex parlamentare della California con origini italiane andrà a sostituire Michael Hayden. A quanto pare la notizia è stata una vera sorpresa per tutti visto che il nome di Panetta non compariva nella rosa di candidati per guidare l'intelligence americana, un'agenzia che anche in passato si è dimostrata piuttosto riluttante verso i direttori venuti dall'esterno. Inoltre a sollevare perplessità c'è il fatto che Panetta, considerato dai più come un grande esperto di bilancio, non ha rilevante esperienza nell'intelligence. Ma chi è Leon Panetta? Figlio di immigrati calabresi che hanno aperto un ristorante a Monterey, in California, Panetta ha 70 anni e ha iniziato la sua carriera politica nel partito repubblicano che ha poi lasciato per battersi in favore dei diritti civili. A metà degli anni ‘60 è stato al fianco del senatore Thomas Kuchel e in seguito è stato assistente al dipartimento della Salute nell'amministrazione di Richard Nixon. E' entrato ufficialmente nel partito democratico nel 1971 ed è stato deputato alla Camera dei Rappresentanti dal 1976 al 1993, prima di divenire il braccio destro dell'allora presidente Bill Clinton. Forte sostenitore dei diritti civili, è considerato anche un esperto in materia di spesa pubblica. A quanto pare Panetta ha le idee ben chiare in politica estera, soprattutto riguardo ai rapporti degli Stati Uniti con il resto del mondo, l'Europa in particolare e l'Italia nello specifico. ''Berlusconi è un pragmatico che capisce di dover andare d'accordo con la nuova amministrazione così come con la vecchia": così si esprime dalle colonne del "Corriere della SeraSe confermato dal Senato, sarà il primo italo-americano a diventare capo della Cia. Alessandra Lanzi News ITALIA PRESS
La Voce di Buccino - Primavera 2009 Italiani nel mondo L'Argentina scavalca la Germania: crescono i connazionali del paese sud americano Oltre 650mila gli iscritti all'anagrafe consolare. Buenos Aires - Cresce la comunità italiana in Argentina. E tra quelle residenti all'estero conquista il primo posto, scavalcando la Germania, da sempre patria di numerosissimi connazionali. "Con oltre 650mila iscritti all'anagrafe consolare, la nostra comunità torna ad essere la più numerosa tra quelle di cittadini del Bel Paese residenti all'estero. Il sorpasso sulla comunità dei connazionali residenti in Germania è avvenuto negli ultimi mesi dell'anno scorso". E' quanto dichiarato dal Console generale d'Italia a Buenos Aires, Giancarlo Curcio che ha aggiunto: "Buenos Aires, con 222mila cittadini italiani registrati all'anagrafe, può essere considerata alla pari con una città d'Italia per numero di residenti, come Messina. E se si aggiungono gli iscritti nelle Agenzie consolari di Lomas de Zamora e Morón, (che dipendono amministrativamente della sede di Buenos Aires) si arriva a 310mila cittadini italiani (e quindi alla decima città d'Italia, Catania). Un aumento dovuto, secondo Curcio, in gran parte all'iscrizione avvenuta l'anno scorso di quarantamila nuovi cittadini italiani, per i quali è stata completata la pratica di riconoscimento della cittadinanza. Il Console generale ha inoltre fatto notare che dalla metà dell'anno scorso, quando annunciò l'avvio delle convocazioni alle persone e gruppi familiari che avevano lasciato una richiesta per iniziare la pratica di riconoscimento nel famoso "buzón", sono state fatte ventimila convocazioni fino alla fine del 2008 e che si prevede che altre ventimila saranno fatte entro la fine di quest'anno, per cui praticamente a metà dell'anno venturo non dovrebbero esserci più persone in attesa di un turno per la citata pratica. "Grazie alle pratiche concluse da tanti connazionali che da anni erano in attesa del riconoscimento - ha concluso il Console - siamo riusciti nel sorpasso sulla comunità italiana residente in Gerrmania". A.D. | News ITALIA PRESS
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«Lo stile mediterraneo della dieta salvacuore» La lezione magistrale dello scienziato americano che ha sviluppato le ricerche di Ancel Kyes e Horlick Katz ERMINIA PELLECCHIA «Ciao ciao alle malattie del cuore e del cervello. Saranno relegate in un museo come è accaduto per altri malanni del passato». Con la sua semplice e comunicativa dialettica, una parlata slang italo-americana, Jeremy Stamler, l’ottantanovenne scienziato statunitense che ha rivoluzionato la scienza cardiologica, spiega l’importanza della prevenzione che, in questo caso specifico, si sposa con corretta alimentazione. L’epidemiologo di fama mondiale, cresciuto alla scuola di studiosi illustri come il suo maestro Horlick Katz e l’inventore della dieta mediterranea Ancel Keys, è la dimostrazione eccellente che il «sistema di vita» da lui coniato basandosi sul mangiar sano è il miglior elisir di lunga vita. E se il fisico qualche acciacco lo mostra, la sua giovinezza mentale è sorprendente ed invidiabile. Con la sua verve inesauribile Stamler ha incantato il numeroso pubblico - tantissimi, tra l’altro, gli studenti, in particolare quelli dell’Alberghiero - accorso in folla ad ascoltare, ieri alla Provincia, la sua magistrale lezione - «una relazione informale», minimizza lui - sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari che si possono addirittura ridurre al 99 per cento con uno «stile della tavola» adeguato. Un racconto il suo, condito da aneddoti, che ha reso la giornata di studi organizzata in suo onore dall’associazione «Nuova scuola medica salernitana» un vero e proprio salotto. Clima di grande intesa tra i relatori, un sottile legame di affettuosa complicità con la platea. A fare gli onori di casa, un testimone passato con evidente stima dal presidente dell’associazione Carlo Montinaro, è Adriana Monzo, figlia d’arte (il padre era il medico condotto di Pioppi ai tempi della colonia di ricercatori fondata, nel borgo cilentano, da Mr Colesterolo Keys). È lei, ribattezzata «Trotula» da Montinaro, a presentare lo scienziato venuto da Chicago a Salerno con la moglie Gloria per regalare chicche di benessere ed a lanciare il prossimo appuntamento che vedrà Stamler di nuovo protagonista: la festa a Pioppi il prossimo 27 ottobre per i suoi «primi» novant’anni. A siglare il patto arriva, in anticipo, il dono degli allievi dell’Istituto d’arte di Salerno: un piatto di ceramica, azzurro e mosso, come le onde del mare cilentano. La commozione è evidente. Lo si avverte nelle parole di Alessandro Notaro, presidente dell’associazione «Dieta mediterranea di Pioppi» e di Mario Mancini, nutrizionista della II Università di Napoli, entrambi allievi e amici di Stamler. Come la sequenza di un film scorrono gli anni della stagione d’oro di Pioppi, dall’arrivo
di Keys e di sua moglie Margareth a Pioppi nel ’62, a quello, nel ’66, di Stamler, al codice della dieta mediterranea ufficializzato nel 1975. «Un manuale ancora da aggiornare», scherza lo scienziato, autore di ben mille pubblicazioni sulle malattie cardiovascolari e la loro prevenzione. Sul «prevenire che è meglio che curare» insiste il presidente dell’Ordine dei medici salernitani Bruno Ravera che sottolinea alcuni segni in positivo del piano sanitario con la ripartizione di fondi nel 40 per cento per gli ospedali e nel 60 per cento per il territorio, un’attenzione che ha ridotto del 50 per cento le malattie cerebro-vascolari. Ravera pone l’attenzione su «stili di vita modificati e codificati da studi scientifici». «La dieta mediterranea - fa notare - erede della tradizione alimentare della Scuola medica è di sicuro migliore di qualsiasi farmaco». Ma Stamler celia: «Parlare di dieta è un errore, fa pensare al sacrificio di abbandonare i piaceri della tavola. Diciamo piuttosto stile della tavola mediterranea, un concetto molto più gradevole». Poi lancia l’allarme sulla diffusa obesità nei giovani che apre le porte alle malattie dell’età più matura. No a dolci, hot dogs e Coca Cola, bacchetta, sono l’epidemia peggiore venuta dall’America. Infine, la stoccata: «Parlare di dieta non serve, se non la si applica. C’è una canzone degli africani d’America che dice che non è vero che ognuno che parla di cielo va al cielo. Al popolo bisogna portare i fatti, creare un movimento perchè ogni Stato adotti lo stile di corretta alimentazione nei protocolli sanitari». Jeremy Stamler detta il decalogo del buon mangiare con l’elenco dei cibi «eccellenti», buoni per il palato e per la salute del corpo. Ingredienti semplici, gustosi, che, in fondo fanno da sempre parte della tradizione gastronomica salernitana e della sua «cucina povera» rivalutata e valorizzata dai ristoranti a cinque stelle. Sostanze di grande apporto nutritivo, ricche di proteine, minerali, carboidrati. Legumi, minestre, pasta e pane integrale, cereali, pesce, preferibilmente azzurro e frutti di mare, carni bianche come pollo e tacchino, noci, nocciole e soprattutto tanta frutta: insomma al bando la parola «dieta», ma un invito goloso a tavola. «Che c’è di meglio - invita lo scienziato - di un piatto di pasta al pomodoro, insaporito da una bella spolverata di parmigiano?». No a sale, burro, lardo, margarina, tuorlo d’uovo: per condire olio di oliva o di semi. Ammesso il vino, un bicchiere al giorno fa benissimo; assolutamente vietate le bevande gasate. Formaggi sì, se scremati, e carni rosse una o due volte la settimana. Un compromesso per dolci e salumi: un assaggino ogni tanto si può fare.
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La Voce di Buccino - Primavera 2009
BUCCINO (Antica Volcei) stella di prima grandezza nel firmamento oleario nazionale Intervista a Bruno Isoldi, titolare dell’omonimo oleificio sull’annata olearia 2008
La storia del territorio di Buccino è indissolubilmente legata alla produzione dell’olio d’oliva. L’ulivo è la pianta che ricopre buona parte delle colline che portano al centro abitato del paese. Fino alla prima metà del XX secolo oltre ad un fiorente artigianato, l’Antica Volcei vantava una ricca tradizione olivicola che l’ha portato ad essere tra i maggiori produttori di olio d’oliva delle colline salernitane. Siamo giunti alla prima decade di un nuovo millennio e grazie al riconoscimento del Consorzio per la tutela dell’olio extra vergine di oliva “Colline Salernitane” si sta provando a valorizzare il nostro prodotto principe. Alcuni giovani produttori buccinesi da anni stanno lavorando per portare alla luce ed esportare il prezioso oro-verde di cui è ricco il nostro territorio. Abbiamo chiesto a Bruno Isoldi, titolare dell’omonimo oleificio, notizie sull’annata olearia nel’ager volceianus. Dopo la lusinghiera annata precedente, quest’anno si sono avuti risultati ancora più gratificanti, sia nella qualità che nella quantità. La mosca olearia, il pericolo numero uno dell’ulivo non ha avuto modo di colpire grazie anche alle favorevoli condizioni climatiche e dalla spremitura delle olive è uscito un limpido liquido color verde-oro che ha ricompensato a pieno i sacrifici fatti dagli agricoltori locali. Quando è iniziata la raccolta e la relativa lavorazione delle olive nel frantoio. La stagione è iniziata il 6 ottobre mentre normalmente inizia non prima della fine di ottobre. E’ iniziata abbastanza in anticipo quest’anno! Sì perché le condizioni climatiche hanno consentito di anticipare e di produrre così
un olio extra vergine con le migliori caratteristiche organolettiche. L’olio così ottenuto, conservato al riparo dalla luce e dall'aria, mantiene inalterate le proprie caratteristiche: aroma fruttato armonico, sapore di mela verde, giusto equilibrio tra amaro e piccante. Questi risultati si ottengono anche grazie alla lavorazione a freddo previa denocciolatura delle olive. Quando si è conclusa la raccolta? Il nostro ciclo produttivo si è chiuso da tempo ma l’oleificio è rimasto aperto fino a febbraio per consentire a tanti produttori di finire la raccolta perché la avverse condizioni climatiche non hanno permesso di farlo in tempo. Come molti lettori sanno l’oleificio Isoldi, oltre che essere aperto per la lavorazione delle olive raccolte dai vari agricoltori locali, come fanno tanti altri frantoi locali, produce e commercializza l’olio extra vergine prodotto in proprio. Come e dove avviene la commercializzazione del prodotto di vostra produzione? Il nostro prodotto raggiunge Roma , Salerno la costiera amalfitana e specificatamente Positano. Lo esportiamo anche in Germania e giunge perfino a Hong Kong, dove lo chef di un ristorante di quella città asiatica che ha avuto la possibilità di gustarlo lo ha molto apprezzato e lo utilizza nel preparare i suoi piatti. Un noto ristorante di Positano ha chiesto espressamente confezioni da 20, 50 100 grammi, per meglio soddisfare le esigenze della sua clientela. Prepariamo inoltre confezioni 1/2 litro, un litro in vetro e lattine da 3 e 5 litri.
Olio made in Italy: lo difende Coldiretti L'etichetta obbligatoria garantirà qualità e provenienza Roma - Se fin ora olive italiane, g r e c h e , tunisine e spagnole venivano spremute e miscelate insieme dando origine a prodotti di dubbia qualità, l'introduzione dell'etichetta obbligatoria approvata in modifica al regolamento 1019/02 dal Comitato di gestione olio di oliva della Commissione europea - pone il veto al ‘falso d'autore' in tavola. La certificazione di provenienza, motivata da scelte di sicurezza e trasparenza sia nei confronti degli acquirenti, sia riguardo all'esigenza di distinzione fra merci importate e produzioni nazionali, verrà estesa a tutti i Paesi d'Europa. Parola d'ordine dell'iniziativa: guerra alle frodi. Si stima che lo scorso anno in Italia siano stati importati 500 milioni di chili d'olio, indistinguibili da quello nazionale proprio a causa della mancanza di talloncino a garanzia d'autenticità: fra l'altro la produzione italiana del 2008, di rara qualità, si è attestata intorno ai 600 milioni di chili, segnando un aumento del 10% rispetto al passato. A pagarne le conseguenze, ovviamente, gli agricoltori, che hanno visto precipitare i propri costi di produzione del 30%. Viviana Passalacqua News ITALIA PRESS
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La Voce di Buccino - Primavera 2009 EDUARDO MAGALDI, ANCORA UN TRIONFO A RIO Tournèe carioca per il cavalier Magaldi
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Le mie grandi passioni: il gioco del calcio e l’arte culinaria di Carmine Genetiempo
BUCCINO. Ancora un trionfo a Rio de Janeiro per il cavalier Eduardo Magaldi che da oltre vent'anni è tra i protagonisti del carnevale più famoso del mondo. Da 25 anni vive sei mesi all'anno a Rio de Janeiro e sei in Italia, nella sua Buccino o a Salerno prima di lasciare il timone delle aziende di famiglia (Magaldi Ossigeno, oggi Magaldi Techno e Magaldi Life) ai figli Emilio, Eugenio, Ester ed Emanuele. Legatissimo all'antica Volcei (dove molti anni fa è stato anche vice sindaco oltre che presidente della squadra di calcio) Magaldi è considerato ormai il più "carioca" tra gli italiani di casaa Rio. Quest'anno per la prima volta ha sfilato coi colori biancorossi della Scuola di Samba Salgueiro (quella che ha il calciatore Edmundo tra i suoi sostenitori, dopo aver per molti anni fatto da direttore di ala (alla guida di un gruppo di oltre 100 persone davanti ad uno dei carri) col biancazzurro della Beija Flor di Nilopolis che ha in Neguinho, amicissimo di Magaldi, la sua voce. Stavolta, per effetto del nuovo e prestigioso incarico di Delegato per gli stranieri del Salgueiro, ha vinto contribuendo a riportare al successo una delle più famose scuole di samba di Rio da molti anni fuori dal podio. La bellissima Viviane Araujo è stata la musa del Salgueiro, Magaldi ha fatto la sua parte alla guida del gruppo che comprendeva anche alcuni italiani che grazie all'amicizia col cavaliere hanno avuto la fortuna e il piacere immenso di sfilare. da Cronache del Mezzogiorno del 4.3.09
Il “pallone” ho cercato di raccontarlo con affetto e nostalgia, sia nei libri editi da Angelo, sia con la nostra piccola, grande Voce. Purtroppo negli ultimi tempi la Dea Eupalla ci ha sicuramente benedetto con grandi soddisfazioni e vittorie sul rettangolo verde, ma nulla ha potuto per scongiurare dissapori ed incomprensioni succedutisi senza soluzione di continuità. Fatti spiacevoli che mi guardo bene dal riepilogare, per non fare un torto ai nostri pazienti lettori; fatti che in ogni modo mi hanno convinto a non proseguire nel mio modesto servizio di scrivano calciofilo volceiano. In occasione di una sua visita a Salerno, il caro Angelo ha aderito con il consueto entusiasmo ad una mia nuova proposta: eccomi quindi a voi, cari compaesani sparsi in tutto il mondo, con una nuova rubrica de La Voce di Buccino Mister Piselli dietro ai fornelli Lasciato il nostro amato borgo natio sono stato accolto, come tanti “montanari” e “campagnoli” della nostra sterminata provincia, dall’infinito orizzonte disegnato dallo splendido mare di Salerno: e dalla generosa fauna marina del nostro capoluogo così ospitale i miei piatti trarranno in massima parte ispirazione. Iniziamo con una ricetta ricca e di sicuro successo: “armiamoci” di ingredienti genuini, attenzione e passione, e partiamo alla riscossa! R I S O T T O A L L A P E S C AT O R A . Ingredienti per quattro persone: 400 gr. di riso per risotto; 2 seppie; 2 calamari; 1 kg. di gamberi grandi; ½ kg di vongole; ½ kg di cozze; 1 scalogno ( in mancanza 1 cipolla di media grandezza); 1 bicchiere di vino bianco secco; ½ kg di pomodorini freschi; 1 peperoncino; 2 spicchi d’aglio; Olio-sale- prezzemolo (q.b.) Esecuzione: 1) pulire seppie e calamari; 2) sgusciare i gamberi, avendo cura di mettere da parte i gusci che serviranno per ottenere il brodetto, e conservarne una dozzina interi che serviranno per la guarnizione;
3) fare aprire su fuoco vivace sia le vongole che le cozze, privarle dei gusci e conservare il loro liquido opportunamente filtrato; 4) preparare il brodetto: mettere in una pentola 2 litri d’acqua, tutti i gusci dei gamberi, ½ kg di pomodorini, 2 cucchiai d’olio e dopo aver fatto bollire il tutto per un’ora circa filtrarlo e mantenerlo al caldo; 5) in una padella, dopo aver fato rosolare nell’olio l’aglio e il peperoncino sminuzzati, aggiungere le seppie e i camalari tagliati a rondelle e portare a cottura; 6) in una pentola, dopo aver fatto dorare lo scalogno tagliato finemente, aggiungere il riso e farlo tostare. Girare costantemente con una paletta di legno e quando il riso tende ad attaccarsi al fondo della pentola versare il vino bianco e farlo evaporare; 7) versare nella pentola il brodetto di pesce bollente fino a coprire il riso per oltre due dita. Mescolare di tanto in tanto fino alla quasi totale cottura ( durante questa delicata operazione se vi accorgete che il riso ha assorbito tutto il liquido versate qualche mestolo di brodetto che nel frattempo avrete mantenuto sempre bollente): in ultimo versare il liquido filtrato delle vongole e delle cozze; 8)mettere nel riso i dodici gamberi interi con tutto il loro guscio, i gamberi sgusciati e sminuzzati, le seppie e i calamari cotti, le vongole e le cozze: dopo la cottura dei gamberi interi, salare e mantecare per qualche minuto. 9) mettere nei piatti di portata il risotto al centro, cosparso di prezzemolo fresco e contornato dai gamberi interi. Innaffiate il tutto con un filo dell’ottimo olio di Buccino e Buon Appetito.
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Basta una nonna italiana tra gli avi e si diventa cittadini del Bel Paese La sentenza della Cassazione riconosce cittadinanza ai discendenti di donne che l'hanno perduta prima del 19 Roma - Basterà avere una nonna o una bisnonna italiana, e anche i nati all'estero diverranno cittadini del nostro stivale. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione che con la sentenza n.4466 del 25 febbraio scorso, riconosce "cittadinanza in sede giudiziaria alla donna che l'ha perduta per essere coniugata con cittadino straniero anteriormente all'1 gennaio 1948, in quanto la perdita senza la volontà della titolare della cittadinanza è effetto perdurante, dopo la data indicata, della norma incostituzionale, effetto che contrasta con il principio della parità dei sessi e della eguaglianza giuridica e morale dei coniugi (artt. 3 e 29 Cost.). La Suprema Corte ha accolto nei fatti il ricorso di Mariam E., una signora nata al Cairo nel 1962, nipote di un'italiana che all'inizio del 1900 aveva perso la cittadinanza per aver sposato un egiziano. La notizia, attesa da molti figli di genitori stranieri in grado di dimostrare, però, che un loro antenato avesse madre italiana, ha suscitato reazioni contrarie nel mondo associativo e politico. News ITALIA PRESS
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I DIFENSORI CIVICI DELLE LIBERTA’ Le donne azzurre della provincia salernitana sono scese in campo, consapevoli che la loro presenza non può mancare nella "cosiddetta politica degli uomini". A valorizzare il ruolo della donna è stato il movimento di Azzurro Donna della Campania con il suo dirigente regionale Clorinda Boccia Burattino e il ministro Mara Carfagna che hanno creato la figura del Difensore Civico della Libertà e assegnato tale ruolo esclusivamente a donne. Il Difensore Civico della Libertà affiancato da un vice e da un segretario avrà il compito di ascoltare le lamentele dei propri concittadini sui disservizi, vagliarne i contenuti e produrre istanze da sottoporre ai propri consiglieri comunali, provinciali, ecc. per trovare un'adeguata soluzione. Lontano dall’essere un ente assistenziale, un ufficio di collocamento o una fabbrica di miracoli, il team del difensore ha ugualmente un compito delicato; guardarsi ed ascoltarsi intorno con sensibilità . Sono certamente valide quelle istanze che garantiscono una migliore vivibilità del proprio territorio come; necessità di mezzi pubblici per pendolari, creazione di parco giochi e asili nido, recupero di costruzioni artistiche abbandonate, migliore viabilità delle strade periferiche, adeguata assistenza a portatori di handicap e ragazze madri. Sono oltre cento i paesi della provincia di Salerno che godono dell'opera del Difensore Civico della Libertà e tra questi: Eboli, Battipaglia,Buccino, Sicignano, Auletta, Ricigliano, San Gregorio Magno, Postiglione, Montecorvino Pugliano, ma sono ancora pochi, perché le maglie di questa rete azzurra possa raccogliere i suoi frutti. Il primo incontro in provincia è avvenuto il 5 dicembre scorso ad Eboli, quando il Difensore Civico della Libertà Maria Rosaria Pagnani e le sue collaboratrici Iolanda Tesauro e Gerardina Gaeta hanno ricevuto il dirigente Provinciale Fabiana Gattola. Mai prima di questa data donne di centro destra della nostra provincia dimenticata avevano avuto modo , tutte insieme, di uscire dal guscio delle convenzioni per sentirsi donne impegnate in politica. La sera del 5 è stato emozionante incontrare giovani e giovanissime pronte a lavorare per i propri ideali e per il proprio paese, tra esse Rosa Elia, Mary Citro, Giacomina Fragetti, Caterina Sorvillo, Bernardetta Pessolano, Angela Onnembo, Maria Sperada Laudisio, Maria Rosalba De Vivo, Anna Maria Esposito. Elena Dusi ha scritto che la felicità non riesce a stare sola, traspare dagli occhi,
trasuda dalle mani, vibra nel corpo e alla fine come un virus scappa e si trasmette a chi si trova accanto. Se sostituiamo la parola felicità, con le parole entusiasmo, voglia di operare con gli altri e per gli altri e facciamo nostra l'asserzione della Dusi, entro breve tempo riusciremo a liberare molte donne della provincia dagli impacci dell’apatia e dell'indifferenza. Maria Rosaria Pagnani ******* I difensori civici di San Gregorio Magno Presidente: Dott/ssa Duca Vittoria (Sociologa) Vice Presidente: La Padula Elena (Operatrice Sociale) Segretario: Dott/ssa Imperiale Maria (Avvocato) Riacquista la tua fiducia nella politica, e se hai qualche problema vieni ad esporlo alla sezione del Partito, in P/zza Annunziata. I difensori civici di San Gregorio Magno, insieme ai difensori civici di Buccino e di Ricigliano: Prof. D’Acunto Teresa e Prof. Caponigri Gerarda, presenteranno le varie problematiche al Partito, che si impegnerà risolverle ad ogni singolo individuo. La sezione è aperta nei giorni giovedi , sabato e domenica, dalle ore 18.00 alle ore 21.00
Venerdi 20 marzo 2009 ore 18,30 Hotel Villa Montestella - Buccino
CONVEGNO
"Prospettive di lavoro per i giovani nell'Europa che cambia" Saluta: prof. Maria Rosaria Pagnani Coordinatrice Azzurro Donne Introduce: dott. Alberigo Gambino Coordinatore provinciale Forza Italia Relaziona: on. Giuseppe Gargani Presidente Commissione Giuridica Europea
La Voce di Buccino - Primavera 2009
Sisinni rilancia la Grande Lucania L’ex direttore del ministero: il Vallo alla Basilicata GIUSEPPE LAPADULA Fuori i barbari dalla Certosa. Si può sintetizzare così l’intervento appassionato di Francesco Sisinni a difesa del territorio della Grande Lucania (dal Cilento alla Basilicata, passando per il Vallo di Diano) e del suo faro, la Certosa di Padula appunto, «suddita di un napolicentrismo che le ha tolto il suo ruolo di volano dello spirito». «La Certosa è grande e prezioso scrigno storico, artistico, culturale e religioso. E ogni iniziativa per la sua tutela e valorizzazione non può essere scissa dalla particolare e sublime spiritualità che le è propria», ha sottolineato l’ex direttore generale del ministero per i Beni e le Attività culturali, padrino della cerimonia di installazione nel Maplo (Museo Archeologico Provinciale della Lucania Occidentale), di nuovi reperti provenienti dagli scavi di Sala Consilina, ovvero da un'area che appartiene proprio a quella Lucania Occidentale della quale la struttura museale certosina porta il nome. «È la stessa Grande Lucania - ha osservato Sisinni - che, come chiede un apposito comitato, vuole staccarsi dalla Campania ed unirsi alla Basilicata. Se ciò avverrà, sarà anche un bene per la stessa Certosa di Padula. La quale potrebbe ottenere una più sicura valorizzazione. Sinora, infatti, la Regione Campania ha speso per essa ingenti somme più per i propri interessi di immagine che per la concreta promozione del monumentale complesso padulese». Non fa nomi Sisinni, nè vuole provocare ulteriori polemiche, dopo quelle estive sulle opere d’arte contemporanea all’interno delle celle. Stigmatizza solo la necessità di dare vita ad iniziative che si innestino in quel filone culturale-religioso che attrae sempre più il turismo dell’arte. Ma la centralità è proprio la Lucania, la sua identità forte che ha radici profonde nel suo passato. Ben venga, dunque, il Maplo con i suoi tesori. Tra i reperti più suggestivi il corredo funerario appena installato (nella foto): quello di una donna del VI secolo a.C. con i suoi monili: una splendida collana in ambra ed avorio, fibule in bronzo e pendagli di conchiglie. «Un evento di alto contenuto storico, il quale - ha sottolineato Sisinni - è da considerare in piena armonia con la spiritualità della Certosa contrariamente a certi eventi che ne mortificano la memoria»: un riferimento «celato», dunque, alle «Opere e i giorni» di Achille Bonito Oliva, e che ha suscitato nella folla presente un caloroso applauso. In precedenza c'erano stati gli interventi dell'assessore provinciale alla Cultura, Gaetano Arenare, e della dirigente dei musei provinciali Matilde Romito. Arenare, dopo aver sottolineato che l'installazione nel Maplo della nuova sagoma di donna è stata volutamente fissata per l'8 marzo al fine di
creare un ponte ideale tra la donna dei nostri giorni e quella del VI secolo a. C., ha subito evidenziato l'attenzione che l'amministrazione provinciale riserva da sempre alla struttura museale ubicata nella Certosa. Nata nel 1957, raccoglie ben 16 secoli di storia del Vallo di Diano, dal X secolo a. C. al VI dopo Cristo. Reperti messi in bella evidenza dal recente e sapiente allestimento a cura della Romito (il nuovo museo è stato inaugurato lo scorso anno), che ha dato alle stampe anche un curatissimo catalogo, la cui sintesi è contenuta in un pieghevole in italiano, inglese e francese, curato dalla dinamica direttrice con Patricia Ronconi. Da Il Mattino del 10.03.09
Comunità Sele-Tanagro, raggiunta l’intesa per i quattro assessori Oliveto Citra. Accordo raggiunto alla Comunità Montana Sele-Tanagro per la costituzione della prima giunta nata con la legge di riordino di questi organismi. Una Comunità che nasce fondendo quella Alto e Medio Sele, con sede ad Oliveto Citra, e la Tanagro, con sede a Buccino. Dopo l'elezione del solo Presidente, Giovanni Caggiano (Pd), il consiglio convocato per venerdì prossimo potrà finalmente eleggere anche il governo della Comunità. Trovata l'intesa, dopo un'infinità di riunioni, tra le forze politiche della maggioranza di centro sinistra. Tre sono gli assessori che toccano alla parte del Sele, Dionigi Cappetta (Contursi Terme), Antonetta Lettieri (Colliano) e Mino Pignata (Oliveto Citra); un assessore spetta invece al Tanagro, da cui proviene anche il Presidente Caggiano, Carmine Cocozza (Auletta). Mentre a Laviano, a Rocco Falivena, toccherà la presidenza del consiglio dell'ente. E' stata definita anche l'intesa sul nuovo statuto, che doveva adeguare l'ente alla nuova organizzazione. Stabilito che la sede istituzionale, con gli uffici di presidenza e l'aula del consiglio restino ad Oliveto Citra, mentre la sede legale sarà a Buccino. Per l'utenza nulla muterà, dal momento che nessun ufficio si sposterà. ma.si.
Pag. 17 Presidente Grande Lucania Comitato Vallo di Diano Golfo di Policastro Tiziana Bove Ferrigno "Chi sta chiuso nella torre di cartapesta edificatasu fondamenta d'argilla, non può percepire la partecipazione intensa e passionale della gente. A chi mi chiede che vantaggio c'è a passare in Basilicata, ribalto la domanda e chiedo qual è il vantaggio di restare in Campania, una Regione (parlo naturalmente della sede istituzionale) chea passa il tempo anominare commissari straordinari per l'emergenza rifiuti senza risolvere la vergogna dei cumuli d'immondizia agli angoli delle strade e accanto ai patrimoni archeologici e ambientali. E parlo solo di un argomento eclatante ma potrei sgranare il rosario delle nefandezze. Quindi smettiamola di raccontare favole che servono solo ad ingannare qualche gonzo. Noi vogliamo far comprendere alle istituzioni che qui c'è gente che ragiona con un cervello autonomo e non è succube di camarille e centri di potere, ma rivendica una precisa identità e una maggiore centralità del comprensorio. Saremo protagonisti di un'esaltante stagione di libertà".
Codacons chiede chiarezza su riapertura linaa ferroviaria Sicignano-Lagonegro Chiarezza sui progetti per la riapertura al traffico della linea ferroviaria SicignanoLagonegro. È quanto chiede alla magistratura il Codacons del Vallo di Diano, che punta l’accento in particolare sullo stanziamento di cinque miliardi di vecchie lire di una delibera Cipe del '97 in base alla quale furono coperti i costi dello studio tecnicoeconomico di fattibilità del piano di ripristino della ferrovia, disattivata nel 1987. Si tratta, sottolinea il Codacons, "di un vero e proprio sperpero di denaro pubblico", mentre continuano i disagi per l'utenza del Vallo di Diano e del Lagonegrese che, conclude l’associazione, da 22 anni "restano privi dell'importante linea ferroviaria".
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I falò (fucanoi) di San Giuseppe di Mauro Imbrenda "San Giuseppe vecchierello cosa avete nel cestello? Erba fresca, fresche viole nidi, uccelli e lieto sole! Nel cantuccio più piccino ho di neve un fiocchettino, un piattino di frittelle e poi tante cose belle Mentre arriva primavera canto a tutti una preghiera, la preghiera dell'amore a Gesù nostro Signore."
alte e stavano per spegnersi, c’erano anche dei ragazzi che saltavano da un lato all’altro e delle persone che portavano a casa il fuoco in segno di devozione al santo. Durante la serata una commissione che visitava tutti i rioni stabiliva qual’era l’ultimo a spegnersi e decretava un vincitore. “ Personalmente non so se oggi la comunità buccinese celebri ancora la festa, ma se non lo fa, dovrebbe organizzarsi per salvaguardare una tradizione come questa che affonda le radici nella notte dei tempi e finisce con il confondersi con culti tipici Questa filastrocca è stata insegnata a mio del mondo pagano-precristiano. Non a caso padre, Giuseppantonio Imbrenda, dal suo la ricorrenza in onore di San Giuseppe corrisponde all’equinozio di primavera, maestro elementare Paolo Via (Nenenne). periodo per eccellenza consacrato, con La recita sempre come se la mattina processioni rituali e fuochi di purificazione prima l’avesse appena copiata dalla alla celebrazione della rinascita della natura. lavagna…Spesso mio padre torna parecchio Le cerimonie del fuoco, sia nei culti pagani indietro negli anni, fa voli pindarici negli che in quelli cristiani, sono abbastanza affini per quello che riguarda gli scopi che si anni 50 e inizia a raccontare.. spera di ricavarne. Si a ff i d a n o a l f u o c o l’abbondanza del raccolto, il benessere degli uomini e degli animali, il compito di scongiurare, di scacciare o, se vogliamo, di “bruciare “ tutte le potenze negative. Il fuoco insomma ha avuto sempre una doppia valenza: negativa come strumento per allontanare il male, per Buccino anni '80 - Piazza Mercato p o s i t i v a simboleggiare i benefici del sole, della luce e, “Dopo un lungo e rigido inverno arrivava dunque, delle divinità. il mese di marzo, tanto atteso da grandi e La mia curiosità a questo punto è andata piccini, arrivava il 19 marzo e la festa di oltre le mie conoscenze e i racconti di mio San Giuseppe. Fin dai primi giorni del mese padre e in seguito ad una veloce ricerca ho tutti i rioni del paese cominciavano a munirsi scoperto che in alcuni paesi dell’Italia di ginestre, rami e legna che venivano meridionale questo avviene ancora. E a Buccino? Mi piacerebbe saperlo! custoditi per essere poi bruciati in onore di Ammetto la mia ignoranza e lancio un San Giuseppe la sera della festa. appello per sapere quante e quali iniziative Anche noi ragazzini delle elementari di questo genere avvengono a tutt’oggi e partivamo alla volta delle colline circostanti quante sono rimaste nei ricordi dei nostri il paese con accette e ronche armati di tanto padri. entusiasmo,facendo a gara a chi raccoglieva Trovo sempre molto interessante conservare, più arbusti e trasportandoli nella maniera tutelare, studiare e promuovere la cultura e più semplice possibile le affidavamo al la storia italiana e credo che queste pagine cerchino di creare fra i suoi cultori vincoli proprio rione. di collaborazione, di amicizia e di fraternità La serata tanto attesa del 19 marzo la e in virtù di questo lancio il mio appello per maggior parte delle persone di ogni rione avere una mano da tutti voi per evidenziare si riuniva nel punto stabilito per accendere le costumanze più sane, più antiche e più il falò in onore di San Giuseppe. Intorno ai significative delle genti, in particolare quelle fuochi si formava un girotondo di persone legate alle mie origini e a Buccino! che intonavano canti religiosi. Durante i Sono a vostra disposizione! falò, quando le fiamme non erano troppo mauroimbrenda@hotmail.it
LUTTO E’ venuta a mancare l’11 febbraio 2009 la sig.ra
Laura Caprio in Crocetta
Era nata a Buccino il 2 gennaio 1930, figlia di Michele e di Silvia Goffredi. Era impiegata nella scuola, in segreteria. Da anni era costretta su di una sedia a rotelle per un ictus che la colpì nel gennaio del 1988. Nonostante ciò la sua forza di volontà era notevole. Lo comunichiamo a tutti quelli che l’hanno conosciuta e voluta bene e ne hanno apprezzato le sue doti di bontà e di amore per il prossimo, per il suo paese, che pur da esso lontano, non cessava mai di tenerlo nel suo pensiero e non appena lo vedeva in tv o in immagini, si emozionava tanto da piangere. ***************** “Nostra amata mamma, tu che ci hai creato e visto nascere, ora anche noi abbiamo visto la tua nascita nell’Altissimo che è nei cieli. Insieme a papà, guidaci da lassù in questi giorni che trascorrono bui e lenti e indicateci il cammino.” Felicia, Luigi e Giovanni. **************** In ricordo di Laura Caprio in Crocetta Il giorno 12 febbraio, ci è giunta quasi improvvisa la notizia del ritorno al Cielo della carissima Laura Caprio Crocetta, vedova dell'indimenticabile Barone Gennaro Crocetta. Sarebbe superfluo ricordare la sua grande levatura spirituale e la sua dedizione alla famiglia e al lavoro. Le doti che l'hanno contraddistinta sono ben note e sono state messe in evidenza da monsignor Vincenzo D'Alitto il quale ha presieduto la cerimonia esequiale nella chiesa di S.Agostino a Salerno. E' necessario, tuttavia, fare menzione proprio in questi giorni delle pagine più luminose dell'esistenza terrena di Laura Crocetta: quelle che lei ha scritto negli anni della malattia. Un lungo periodo che è stato affrontato come una prova divina accolta con serenità. Un sentimento che le ha consentito di vivere pienamente, circondata dall'affetto dei suoi cari, quello che per tanti sarebbe sembrata solo un'estrema continuità di sofferenza fisica; ma che da lei è stata trasformata in unione ai Dolori di Cristo, e quindi in vivissima luce, alimentata dalla gioia di ricevere ogni settimana la Comunione. Ai suoi figli e nostri carissimi amici Barone Luigi Crocetta, Felicia Consuelo e Giovanni ancora vadano i sentimenti del più fraterno affetto. Carmelo Currò ********** L’Associazione Buccinesi nel Mondo partecipa al dolore che ha colpito le famiglie Crocetta e Caprio per la scomparsa della cara Laura.
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l’eroe senza eredi
La Rai del Cavaliere celebra Di Vittorio, il comunista buono di Marcello Veneziani Sono contento che Rai: ad una fiction “revisionista” sulle foibe l'Italia di Berlusconi seguono per terapia esorcistica tre fiction si ricordi di Peppino antifasciste; ogni Padre Pio si bilancia con Di Vittorio, morto un don Minzoni e un don Milani, e un mezzo secolo fa, e Giovanni Paolo II va compensato con un gli dedichi una Papa Giovanni. In questa residua logica di fiction su Rai uno. spartizione, è piovuto il Di Vittorio di Pane Sono contento da e Libertà in onda sulla Rai. Con la pugliese, perché era benedizione del presidente della Camera mio conterraneo, di Fini, solerte nel compiacere la sinistra, ma Cerignola, e difese questa volta indovinando l’occasione. Ben da sindacalista i venga la doppia serata su Di Vittorio a braccianti che erano trattati come bestie. condizione che non si dimentichi il contesto. Sono contento perché era un comunista Era sacrosanta la richiesta dei contadini e nazional-popolare, poco sovietico e molto dei sindacati di avere salari più equi, garanzie terrone, dalla parte dei cafoni e non delle sociali e trattamenti più umani- ma non si oligarchie, come invece molti sindacalisti successori. Di Vittorio nacque sindacalista rivoluzionario, una razza intrepida, fu interventista e combattente nella prima guerra mondiale, e non sputò mai sui reduci di guerra, come molti suoi compagni socialisti; fu critico verso l’invasione sovietica in Ungheria, anche se poi ingoiò il rospo e si allineò a Togliatti; fu onesto e generoso. Persino Mussolini confidò a de 1957 - L'ultimo 1° maggio di Giuseppe Di Vittorio Begnac il rimpianto di non averlo con lui. può nemmeno dimenticare che quelle lotte Sono contento che oggi ci si ricordi di lui contadine al Sud furono a volte feroci, perché la memoria condivisa di un popolo cruente. Pochi ricordano l’eccidio delle non può essere memoria unanime, ma è sorelle Porro ad Andria, gli assalti gli incendi sempre memoria divisa, tra idee e uomini e le violenze e gli insulti verso borghesi, che sentiamo come nostri punti di carabinieri e proprietari in Capitanata, a riferimento e idee e uomini che rispettiamo Cerignola in testa. E’ una pagina brutta, come punti di riferimento altrui. Se fossimo anche perché spesso a pagare non erano i un paese civile avremmo fiction, strade e responsabili di sfruttamento e angherie, riconoscimenti pubblici a Di Vittorio e ovvero i caporali e i massari, ma gente che Bottai, a Gramsci e Gentile, a Gobetti e non ne sapeva nulla- magari proprietari Prezzolini, a Giaime Pintor e Berto Ricci, terrieri senza uso di mondo- che forse viveva a Moro e Crollalanza, a Mattei e Beneduce, rintanata nei propri palazzi, tra novene e a Craxi ed Almirante, a Vittorio Foa e Beppe rosoli, ma non faceva del male a nessuno. Niccolai, solo per citarne alcuni. Ricordo da bambino di famiglia notabile Una par condicio nelle tele-biografie nella Puglia ancora permeata da Peppone Invece la nostra memoria condivisa del Di Vittorio, quei pugni chiusi, quegli slogan Novecento si arresta ad una miserabile minacciosi, quelle canzoni rabbiose del tipo lottizzazione interna all’arco costituzionale “ nemmeno un padrone si salverà”; sempre che prevede un Togliatti per ogni De Gasperi, questi annunci di dolori al mondo, questi un Pertini per ogni don Sturzo, un Moro per desideri atroci di vendetta. Ricordo auto ogni mezzo Berlinguer, un terzo di Nenni capovolte e copertoni bruciati per la strada, e un quinto di Saragat e La Malfa. In questa picchetti e mazzate. Megafoni ringhiosi e logica procedono anche gli sceneggiati della mani che inveivano contro l’impaurita
borghesia. Ricordo uno spazzino sindacalizzato che il giorno in cui i netturbini non dovevano più passare porta a porta a ritirare i sacchetti d’immondizia, suonò euforico a casa mia e dando del tu a mia madre, le disse “ da domani scendi giù”. Era una frase programmatica, una forma di comunismo fondato sulla spazzatura, l’uguaglianza trash. Queste cose feriscono la sensibilità di un bambino di famiglia borghese. Certo sono memorie classiste, le mie , non lo nego. Ma la verità si compone delle versioni di parte, e non di una parte sola. Fu durante un corteo sindacale che mi accorsi a tredici anni di aver bisogno degli occhiali, perché non leggevo bene gli slogan nei loro cartelloni. La Cgil mi fece la visita oculistica: si capisce che non la vedevo di buon occhio. Simbolo antico di un’epoca sepolta Capii le ragioni di Di Vittorio più tardi, quando un comunista mi raccontò che da bambino una volta accompagnò suo padre bracciante in piazza. Era l’epoca in cui ai braccianti mettevano la museruola per impedire che piluccassero l’uva mentre la raccoglievano. Quel giorno suo padre era malato ma si presentò lo stesso al caporale per farsi ingaggiare; aveva una famiglia da mantenere. Il caporale lo squadrò, gli tastò le braccia, e poi gli disse che stava moscio e doveva tornarsene a casa. Quell’umiliazione subita da suo padre e quella giornata senza soldi per sfamare la famiglia, portò quel bambino da grande a diventare comunista. Beh, lì ho capito cosa è stato per gente come lui Peppno Di Vittorio. E cominciai a rispettare lui e loro. Il problema è questo non è più il tempo di Di Vittorio (o dei Crollalanza, per restare in Puglia sull’altro versante). Di sindacalisti come lui si è persa traccia: mezze figure, piccoli avvoltoi, dignitari di casta, a volte sponsorizzati da intellettuali, ricchi e borghesi radical chic. Se qualcuno pensa di fare una marchetta al sindacato tramite l’elogio televisivo a Di Vittorio prende fischi per fiaschi. Prima che al comunismo, Di Vittorio apparteneva a un’epoca, a uno stile di vita, a una provincia, a una morale, e perfino a un moralismo, che non sono più del nostro tempo. La sua era l’epoca di Guareschi. No, Di Vittorio è antico, non ha eredi. Da: LIBERO del 14 marzo 2009
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La voce delle favole Nautilo
La Voce in Libreria
C’era una volta un cielo pieno di stelle. Questa notte la volta celeste rassomiglia ad una trapunta blu piena di occhietti gialli, così pensava Luca, mentre dalla finestra della sua cameretta ammirava il cielo; era quasi estate e nella campagna circostante brillavano milioni di lucciole e anche la campagna sembrava un piccolo cielo; e Luca si tuffò in quest’immenso cielo. Ad un tratto una stella attraversò il firmamento disegnando,lungo il percorso, una breve scia luminosa , e si consumò nell’infinito. Luca sentì una voce che diceva: “Quando una stella cade, un’anima sale a Dio.
TROPISMI DEL SACRO
Nel cielo ci sono tante stelle per quante persone ci sono sulla terra e tutti noi siamo come stelle cadenti. E , quando una persona muore la sua stella cade e diventa una lucciola, che brillerà solo nelle notti d’estate. Per il restante periodo le stelle-lucciole finiscono nel mare dove diventano stelle marine. Luce, buio, lucciola, stella, cielo, acqua, terra, fuoco, in questi elementi primordiali ritorna, la vita anche nella morte. Il percorso è breve ,ma la strada infinita”. Luca ascoltò questa voce, era una voce che evocava milioni di voci,lontana eppur vicina; la voce di milioni di persone che non ci sono più: emanava la luce di milioni di stelle. Luca venne avvolto nel mantello del silenzio: si udiva il solo cri cri dei grilli; e nell’osservare le lucciole, rivide suo nonno che più non c’era con lui parlò in un magico linguaggio costituito da segnali luminosi. Da quella sera, ogni sera, Luca parlava con le lucciole e quando le lucciole non c’erano,con le onde del mare e con la sua stella che ogni sera ammirava nell’infinito cielo. Ora gli mancava meno il suo caro nonno, perché sapeva aveva cambiato solo l’immagine. Il suo amore infinito lo avvolgeva come in una trapunta di stelle, tutte le notti poggiava la sua testa e sognava il “Nautilo”, la stella che cade dal cielo nel mare, ogni volta che qualcuno muore. E Luca vede Nautilo, piccolo, piccolo, che comincia a nutrirsi e a crescere nel profondo del mare; e poi all’improvviso lo vide uscire dall’acqua,ritornare lucciola,volare nei campi illuminarli,e alla fine,come per incanto,la lucciola vola in alto, sempre più in alto e finalmente raggiunse il firmamento per ridiventare una stella. Concettina Cariello
Giovanni Salimbene
Introduzione allo studio delle religioni Salerno, Carlone Editore, 2007, pp.150, ISBN 798-88-86854-12-9 Questo libro di non eccessiva mole, ma assai denso e istruttivo, offre al lettore assai più di quanto promette nel sottotitolo del frontespizio. P u r presentandosi, infatti, come una semplice Introduzione allo studio delle religioni, esso contiene, a ben guardare, un metodo del tutto nuovo e singolare di considerare il fenomeno del sacro. Nella prima parte, l’autore incomincia subito col chiarire il concetto di religione e di sacro, non mancando, ovviamente, di fare, nei successivi capitoli, un rapido excursus sia sulle principali figure del mondo religioso e sia sui suoi più accaniti avversari. La sezione si chiude con una puntuale rassegna sulla storia degli studi, a incominciare dai primi pionieri che si avventurarono in questa intricatissima materia, fino agli autori ancora oggi viventi. Nella seconda parte del libro, che è quella più interessante e originale, superando, senza però sconoscerli, i metodi comparativi: filologico, tipologico e gnoseologico, adotta anch’egli quello che ormai viene definito il metodo olistico. In questo suo studio, non mette però a confronto, come solitamente avviene, le ierofanie somiglianti, i grandi temi comuni ai vari sistemi religiosi o le singole religioni tra loro, ma degli insiemi assai più ampi, che egli chiama tropismi. Si tratta di grossi contenitori dove le varie religioni, a seconda del loro comportamento anisotropo, vengono distinte e raggruppate i n : t e r i o t ro p i c h e , g e o t ro p i c h e , uranotropiche, tropismi politeisti e tropismi monoteisti. Già nelle sue precedenti ricerche su certe antichissime forme rituali della religiosità popolare ancora presenti nel Meridione d’Italia, il nostro ha intuito e sostenuto che la comprensione di qualsivoglia rito non
può assolutamente prescindere dallo studio del relativo credo e della relativa morale. Il che vale naturalmente anche per le altre due componenti. Altrimenti – com’egli giustamente osserva – il mito scadrebbe inevitabilmente al rango di sgangherata affabulazione; il rito precipiterebbe ai bassi livelli di sorda superstizione, o peggio, a quelli di cieca magia; e la morale si ridurrebbe, infine, a semplice codice di comportamento, soggetto non alla forza della legge, ma alla legge della forza. Facendo pertanto tesoro di questa sua pregressa esperienza, egli fa un ulteriore passo in avanti, allargando con utile profitto il campo visuale di indagine. In questo suo studio, infatti, prendendo atto degli intensissimi e frequentissimi rapporti che, in qualsiasi sistema culturale, intercorrono tra il sottosistema economico, il sottosistema sociale e quello ideologico – a cui il pensiero religioso ovviamente appartiene – l’autore ne ricava che uno studio veramente serio sul sacro non può essere assolutamente intrapreso a prescindere dagli altri due sottosistemi culturali. E così, comparando questi tropismi, o queste differenti tappe del pensiero dell’ homo religiosus, in relazione a quelle degli altri due sottosistemi, con lucidissima sintesi, egli getta una luce del tutto nuova e inaspettata, non solo sul dibattuto problema delle origini del sacro, ma anche su quello delle sue costanti e su quello delle sue innumerevoli e singolari varianti. Luigi Vivenzio
Ditta s.n.c.
T.M.S.
dei F.lli Trimarco M. & S. Lavorazione e costruzione Ferro e Alluminio Via Cornito, 7 - Tel. 0828.752115 84021 BUCCINO (SA) Fax 0828.751970 Cell. 335.8290882 - 338.8537276
La Voce di Buccino - Primavera 2009 Giorno del Ricordo 2009
Il 10 febbraio è il giorno che l'Italia dedica alla memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle e dell' Ora non sarà più consentito alla Storia di smarrire l’altra metà della Memoria. I nostri deportati, infoibati, fucilati, annegati o lasciati morire di stenti e malattie nei campi di concentramento jugoslavi, non sono più morti di serie B." (Annamaria Muiesan - ) Alla fine della Seconda guerra mondiale, mentre tutta l'Italia, grazie all'esercito Anglo-Americano, veniva liberata dall'occupazione nazista, a Trieste e nell'Istria (sino ad allora territorio italiano) si è vissuto l'inizio di una tragedia: la "liberazione" avvenne ad opera dell'esercito comunista jugoslavo agli ordini del maresciallo Tito. 350.000 italiani abitanti dell'Istria, di Fiume e della Dalmazia dovettero scappare ed abbandonare la loro terra, le case, il lavoro, gli amici e gli affetti incalzati dalle bande armate jugoslave. Decine di migliaia furono uccisi nelle Foibe o nei campi di concentramento titini. La loro colpa era di essere italiani e di non voler cadere sotto un regime comunista. Trieste, dopo aver subito più di un mese di occupazione jugoslava, ancora oggi ricordati come "i quaranta giorni del terrore", visse per 9 anni sotto il controllo di un Governo Militare Alleato (americano ed inglese), in attesa che le diplomazie decidessero la sua sorte. Solo nell'ottobre del 1954 l'Italia prese il pieno controllo di Trieste, lasciando l'Istria all'amministrazione jugoslava. E solo nel 1975, con il Trattato di Osimo, l'Italia rinunciò definitivamente, e senza alcuna contropartita, ad ogni pretesa su parte dell'Istria, terra italiana sin da quando era provincia dell'Impero romano. Per saperne di più: www..leganazionale.it
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No al revisionismo sulle foibe di Mario Cervi Se il «giorno del ricordo» - istituito per dare degno posto, nella storia e nella memoria degli italiani, alla spaventosa tragedia delle foibe - diventa un ennesimo giorno dell’antifascismo, non vale la pena di celebrarlo. Ho grandissimo rispetto per i valori dell’antifascismo: già esaltati giustamente e solennemente il 25 aprile, il primo maggio, nell’anniversario delle Fosse Ardeatine, nell’anniversario dell’assassinio di Giacomo Matteotti e altre volte ancora. Lapidi e commemorazioni costellano l’Italia. Benissimo. Ma la memoria di cui ai discorsi di ieri deve essere un omaggio e in qualche modo un risarcimento morale, dopo decenni d’oblio e di noncuranza, a coloro che delle foibe furono vittime, e alle loro famiglie. Si eviti allora d’abbinare il ricordo dei morti all’immancabile e ormai un po’ stucchevole insistenza sulle colpe di Mussolini per avere precipitato dissennatamente l’Italia nella seconda guerra mondiale. Fatta eccezione per gruppi di fanatici, quelle colpe sono ormai riconosciute. Non c’è più bisogno di sottolinearle: se ne occupano ogni giorno la stampa, la televisione, saggisti, politici. Nessun negazionismo - se non in tipi strani come il vescovo Williamson - per le efferatezze hitleriane e per le responsabilità mussoliniane. Il negazionismo c’è invece stato, e in parte rimane, per le stragi e le brutalità perpetrate contro i giuliani e i dalmati (e anche per l’esodo spaventoso delle popolazioni tedesche dai territori passati sotto dominio sovietico). «Il giorno del ricordo - ha detto il presidente Napolitano nel suo discorso, peraltro molto nobile non ha nulla a che vedere col revisionismo storico, col revanscismo, col nazionalismo». Mi permetto rispettosamente di obbiettare. Ha a che vedere col revisionismo perché la storia di quel periodo è stata a lungo improntata a un conformismo di sinistra, è stata modellata secondo i canoni d’un «politicamente corretto» che più o meno assimilava i profughi istriani a sgherri in orbace. Il Capo dello Stato sa sicuramente che ai poveri fuggiaschi ammassati in un treno venne negato in piena estate, dai ferrovieri comunisti d’una stazione emiliana, anche un po’ d’acqua. Di revisionismo c’era dunque bisogno, ed è buon segno che quasi tutti se ne siano fatta una ragione. Stabilito che le foibe furono un orrore, e il trattamento
subito dai profughi una vergogna, non c’è bisogno a mio avviso d’affiancare a questo riconoscimento, per renderlo accettabile, il rituale anatema contro il Ventennio. Non sono tra coloro che indulgono alla retorica degli italiani buoni. Durante l’occupazione della ex Jugoslavia sono state ordinate ed eseguite dure rappresaglie. Quando è il caso, se ne deve seriamente discutere. Evitando tuttavia un ping pong polemico, alacremente praticato, secondo il quale ogni rievocazione di nefandezze comuniste deve avere un contrappeso in camicia nera. Una cosa per volta. Senza iattanze ma anche senza complessi d’inferiorità, e senza veli pietosi. Vogliamo o no rammentare che i boia delle foibe ebbero aiuto e incoraggiamento da elementi comunisti di Trieste che spasimavano per l’annessione della città e del suo territorio alla Jugoslavia di Tito, non ancora dissociatosi da Mosca? Se piacciono questi acri amarcord, pratichiamoli pure. Ma non si finirebbe più.
Il PROFESSORE EMILIO MAGALDI di Giuseppe Arduino (continua da pag. 3)
massiccio tavolo in noce, dai piedi zoomorfi, modellati a forma di grifoni. In séguito l’ho rivisto a Potenza e spesso nella Biblioteca Nazionale di Napoli, trattenendomi con Lui qualche ora, seduti davanti al Caffè Gambrinus. Gli regalai, con dedica in latino, la pubblicazione miscellanea: “Volceiana” e in cambio mi spedì una copia intonsa e preziosa della sua “Lucania romana”, stampata dall’Istituto di Studi Romani nel 1948 e della quale lo studioso attendeva, da anni, all’edizione del secondo volume. Le varie vicissitudini della vita, l’irrequietezza stessa del carattere e lo spirito polemico (famosi gli scontri con Amedeo Maiuri) impedirono al professore Magaldi una carriera luminosa e duratura; tuttavia Egli appartiene a quella schiera di studiosi di grandissimo valore, che hanno lasciato un’orma profonda nel campo degli studi di antichistica, non solo, e la sua posizione nella storia dell’archeologia campanolucana, al di là delle simpatie o antipatie riecheggianti in certa critica noiosa e spicciola, è ormai salda e indiscutibile.
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La Voce di Buccino - Primavera 2009
GIORNATA DELLA MEMORIA 27 GENNAIO 2009 “LE LEGGI RAZZIALI IN ITALIA” Nel celebrare senza retorica la Giornata della Memoria, istituita il 27 gennaio di ogni anno, nella ricorrenza simbolica della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz – Birkenau ad opera delle truppe dell’Armata Rossa, diviene opportuno e necessario volgere il nostro sguardo sull’impatto che ebbero le Leggi Razziali promulgate in Italia nel 1938. Con esse infatti, inizia la persecuzione antisemita, foriera di ignobili conseguenze nei confronti degli ebrei italiani, inclusi quelli napoletani (sul punto segnalo il bel documentario “Dal cancello secondario, storie di ebrei a Napoli”, a cura di Gabriella Gribaudi, regia di Alessandra Forni e Fabio Esposito, Ed. Xila, 2003), dei quali ricorderemo un bambino, Sergio De Simone, narrandone in seguito la tragica sorte. Le Leggi Razziali non furono emanate soltanto per compiacere l’alleato tedesco (il Duce non volle demeritare agli occhi del Fuhrer quanto a zelo antisemita), dopo le Leggi di Norimberga (1935), e in ogni caso, rilevare una diversità tra le leggi italiane e naziste, deducendo correttamente che in Italia non si creò un “clima” da Kristallnàcht, non deve indurre a nessuna indulgenza verso i teorizzatori del sedicente “razzismo spiritualista” (i firmatari del Manifesto della Razza) e i volenterosi legislatori. Infatti, le conseguenze furono pesantissime, culminando nelle deportazioni ai campi di sterminio, cominciate il 16 ottobre ‘43 con la Judenoperation nel Ghetto di Roma, ad opera di SS, capeggiate dal comandante delle SS di Roma, Kappler e dallo specialista del RSHA (Alto Comando per la Sicurezza del Reich), l’SS Theo Dannecker, con la corrività di poliziotti italiani. In realtà la deportazione e lo sterminio industriale degli ebrei europei furono il criminale apogeo di un genocidio pianificato nel ’42 nella Conferenza del Wansee (presieduta dal Gruppenfuhrer SS Heydrich, luogotenente del Reichsfurhrer SS Himmler, che nel ‘36 incontrò il capo della Polizia italiana Bocchini, circa le misure da attuare contro gli ebrei italiani), che ebbe il proprio fulcro nelle leggi razziali. Queste si prefiggevano lo scopo di espellere dal consorzio civile i giudei, spogliandoli dei loro diritti e dei loro beni, costringendoli all’emigrazione e alla ghettizzazione per deportarli, schiavizzarli e annientarli: l’Europa andava resa Judenfrei, compresa l’Italia. Gli ebrei italiani dunque si misurarono con leggi che perseguivano la difesa di un’immaginaria “razza italica”, dai loro belluini complotti globali, propagandati nel falso libello dei Protocolli dei Savi di Sion: ma quali furono gli effetti nella vita quotidiana? Osserviamone alcuni entrando
idealmente nella casa di una famiglia ebrea di Napoli… C’è il capofamiglia che compila il Questionario inviato dal Ministero della Demografia e Razza per censire gli ebrei: è un italiano orgoglioso, che guarda la Medaglia ricevuta dal padre dopo la Grande Guerra, chino su quella burocratica scartoffia, ove dovrà vergare di appartenere alla razza ebraica. La radio presso la quale la famiglia la sera si riunisce, va consegnata al più vicino Commissariato. Titina, la fedele domestica che i ragazzi chiamano zia, va licenziata: i giudei non possono avere servitù ariana. I ragazzi devono lasciare la scuola, oppure, come nel raro caso della scuola elementare Vanvitelli di Napoli, frequentarla in una classe di soli scolari ebrei, con gli alunni divisi e completamente isolati dagli altri. Intanto il laborioso capofamiglia perde l’impiego o si vede espropriato il negozio in cambio di un’insulsa indennità. Deve rinunciare alla docenza universitaria e non può esercitare una professione liberale. La dignitosa serenità economica costata sacrifici, è sostituita da una vita stentata, e i gioielli, ricordo di un Nissùin o di un Bar Mitzvàh, finiscono al Banco dei Pegni: i banchieri giudei demoplutomassoni impegnarono i più cari ricordi per sfamare i figli. E i fidanzati in procinto di sposarsi? Lui giudeo, lei ariana, non possono contrarre matrimonio: è proibito, così come prestare il servizio di leva. La lista delle ulteriori, odiose proibizioni sarebbe lunga, giacchè ai nostri legislatori non difettò la fantasia, sebbene le interpretazioni delle norme suscitarono non pochi dilemmi, costringendo il regime, - la tragedia sconfinò nella farsa! - ad emanare pletore di circolari affinché, riluttanti funzionari e miserabili Podestà, le applicassero senza esitazioni. Renzo De Felice osservò che con le leggi razziali il fascismo “divorziò dal popolo italiano, dalla sua mentalità e dalla sua storia”, poichè l’antisemitismo era estraneo agli italiani e il pregiudizio sui perfidi giudii, obliquamente diffuso dalla Chiesa Cattolica, aveva matrici piuttosto religiose che razziali. Tuttavia, se la maggioranza del popolo italiano non prese parte alle persecuzioni antiebraiche, – anzi: quanti ebrei furono salvati e protetti come nel caso del campo di raccolta di Campagna, vicino Buccino! – il suo peccato inescusabile fu di aver tollerato, nell’indifferenza conformista, la promulgazione di leggi ripugnanti. Nessuno comprese che il “momento” normativo era soltanto il preludio della Soluzione Finale: nel giro di 6 anni, infatti, migliaia di ebrei finirono nei crematori di Auschwitz - Birkenau. E fu quel clima, provocato dalle sciagurate leggi, che instradò il tragico destino di un piccolo ebreo
napoletano del Vomero: Sergio De Simone. Sergio e la madre Gisella Perlow, natìa di Fiume e sposata con Eduardo (sotto le armi dal ‘40), v i s s e r o a Vi a Morghen in solitudine e in un ambiente se non ostile, certamente indifferente ai loro penosi travagli, eccettuati i premurosi vicini, i Parlato, e un’amica di Gisella, Piera Nardi anch’essa di Fiume. Nel luglio del ’43 Gisella raggiunse la propria famiglia a Fiume: ma se fosse rimasta a Napoli, lo sbarco alleato e il successivo armistizio l’avrebbero vista al sicuro con Sergio. Infatti, proprio a Fiume, infestata di repubblichini e di SS, Sergio, Gisella, la sorella Mira, le nipotine Andra e Tatiana, furono rastrellati e tradotti ad Auschwitz, dove Sergio diventerà il n° A179614. Gisella, Mira, Andra e Tatiana miracolosamente sopravvissero, mentre Sergio, cavia del famigerato Mengele, sarà deportato in un Konzentrationlager vicino Amburgo, dove incontrerà due orchi: il medico Heissmeyer, che gli inoculerà la tubercolosi, e la SS Strippel che lo impiccò insieme con altri venti bambini, cremandone le spoglie il 20 aprile 1945: aveva 7 anni, Sergio. Da Via Morghen a Fiume; dal kinderblock di Birkenau al camicie bianco di Mengele e, infine, tra le rovine del Reich, la scoperta degli orchi: questo, lo sfortunato tragitto di un bambino napoletano, vittima delle leggi razziali e della colpevole indifferenza che lo circondò. Oggi Sergio avrebbe 70 anni. Avrebbe avuto figli e nipoti, invecchiando serenamente. Lo ricordiamo commossi e addolorati perché non avemmo il coraggio di proteggerlo, di accoglierlo e di amarlo come uno di noi: di razza umana. Giuseppe Nitto Piccolo Glossario Kristallnàcht: la cosiddetta Notte dei cristalli (1938) quando gli ebrei tedeschi furono vittima di pogrom da parte di SA e SS che oltre a picchiare ed uccidere, sfasciarono le vetrine dei negozi ebraici. Judenoperation: rastrellamento avente oggetto giudei. Reichsfuhrer: capo supremo delle SS. Judenfrei: territorio libero (ripulito) da giudei. Nissùin: Matrimonio ebraico. Bar Mitzvàh: letteralmente “Figlio del precetto”, cerimonia di iniziazione alla religione ebraica che i maschi compiono a 13 anni (le femmine a 12 anni). Kinderblock: nei campi di concentramento, erano le baracche dove erano internati i bambini. Konzentrationlager: campo di concentramento.
La Voce di Buccino - Primavera 2009
Vernacoliere volceiano
A Toronto gli Spirit of Ontario Award Toronto - La città d i To r o n t o ospiterà il prossimo 26 giugno l'evento Spirit of Ontario Awards, gli otto premi per le otto celebrità di spicco della comunità italiana in Canada che si sono contraddistinti nelle otto categorie in ‘gara', ovvero della ricerca, delle arti, dell'universitaria, della giustizia sociale, educazione, dei servizi per la comunità, scienze ed economia, tutti comparti nei quali da sempre gli emigrati italiani rappresentano l'eccellenza della comunità. Il gala sarà ospitato come sempre presso la sede del National Congress of Italian Canadian dell'Ontario e, come accennato prima, quest'anno tocca a Toronto nel sistema classico di rotazione che vuol vedere impegnati i cinque distretti della regione canadese a turno n e l l ' o rg a n i z z a z i o n e d e l l ' e v e n t o .
Lu gnurante I Mi sembra nu scimmione bufaluto, quanne camina spalancheia r gamme, r s taglià la barba s’è sfuttuto, lu mott suie é “ Tect’ e damme”. II S crere lu patrone r lu munno, a ì gannà la gente s’arrcreia, ma che a u paese manna tunno tunno, e come n’arruzzuto strizzcheia. III Si voi tu chiacchierà nun t cunviene, nu gnurantone é , nu vacantone, si iuoco a lu tressette è nu macello. IV S scorda r s’accusà, quist’è lu bello, lu chiame a speta, nu risponne buono, risponn’a coppa, quire pure tene. Michele Grieco
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Da: Li cund r’ Nanonna di Vito Russo avìa éss. Lu cònd lu sëndìa candà e, ffëlìcë, lu stìa a ssénd; z’ Pacchión rërìa ppëcchè l’avìa fàtt féssa e ccundénd!
Vito Russo
Z’ Pacchión Ngéra ‘na vóta n’òmmën, lu chiamàvën z’ Pacchión ppëcchè éra àvut e ggruóss cóm nu chichimón. Facìa lu fattór a r ttèrr r i Furcèlla; purtèva sémb appriéss ‘na canédda ca s chiamèva “vësparèlla”. Èra nu bbón òmmën, ma si lu faciénn ‘ngazzà, piglièva lu fucìl e a qqualcherùn vulìa sparà; ma nün sparèva a nnësciùn, éra sùl ppëcchè avìa fà métt paùra a cchì tròpp lu vulìa sfrëculià. Z’ Pacchión e lu cucù Mbàccë la chèsa r lu cònd Furcèlla, ngéra nu cucù chi candèva ra la matìna fìn a la séra. A lu cònd ,quistu cànd, i piacìa a ssénd, però, la matìna aviétta, idd nün éra cundénd ppëcchè vulìa ròrm, nün bbulìa éss rësturbèt, nün bbulìa ca st’avuciédd, accussì aviétta, l’avéss scëtèt. Rèss a z’ Pacchión: “Mandalo via di qua!…” E z’ Pacchión pënzèva: “E mmò, cóm àggia fà?” S mëttéz a lu ‘mbuóst, l’avuciédd lu vëréz, ma a ffàrlu ì ra ddà pròbbij nün gë riëscéz. Quànn lu cònd éra assùt, ìdd n’apprufëttà, piglià lu fucìl e l’avuciédd lu sparà. Quànn turnà lu cònd, rèss ca l’avìa ‘ngappèt e, a la vìlla r Sànda Sëggìlia, ìdd l’avìa purtèt. E lu cònd: “E’ proprio vero che l’hai preso e l’hai portato nella zona della villa? Non è che l’hai ammazzato?” E z’ Pacchión: “Si vùj nün m crërìt, pëcchè nün ghièm a bbrè si quér ca v rìch è lluvér o luvér nün è?” Ièzën a Ssànda Sëggìlia e lu sëndèzën candà e lu cònd éra cundénd ca l’avìa purtèt ddà. S sèp ca quìru cucù nün putìa éss lu stéss, ma lu cònd crëréz o vuléz crér ca ìdd
Zio “Pacchión” C’era una volta un uomo, lo chiamavano zio “Pacchion” perché era alto e grosso come un marcantonio. Faceva il fattore nelle terre dei Forcella; portava sempre dietro una cagnetta che si chiamava “vesparella”. Era un buon uomo, ma se lo facevano incazzare, prendeva il fucile ed a qualcuno voleva sparare; ma non sparava a nessuno, era solo perché doveva far mettere paura a chi troppo lo voleva prendere in giro. Zio “Pacchión” e il cucù Vicino la casa del conte Forcella, c’era un cucù che cantava dalla mattina fino alla sera. Al conte, questo canto, piaceva sentire, però, la mattina presto, lui non era contento perché voleva dormire, non voleva essere disturbato, non voleva che questo uccello, così presto, l’avesse svegliato. Disse a zio “Pacchion”: “Mandalo via di qua!…” E zio “Pacchion” pensava: “Ed ora, come devo fare?” Gli fece la posta, l’uccello lo vide, ma a farlo andar via di là proprio non ci riuscì. Quando il conte era uscito, lui ne approfittò, prese il fucile e all’uccello sparò. Quando tornò il conte, disse che lo aveva acchiappato e, alla villa di Santa Sicilia, lui lo aveva portato. E il conte: “E’ proprio vero che l’hai preso e l’hai portato nella zona della villa? Non è che l’hai ammazzato?” E zio “Pacchion”: “Se voi non mi credete, perché non andiamo a vedere se quello che vi dico è vero o vero non è?” Andarono a Santa Sicilia e lo sentirono cantare e il conte era contento che l’aveva portato là. Si sa che quel cucù non poteva essere lo stesso, ma il conte credette o volle credere che lui doveva essere. Il conte lo sentiva cantare e, felice, lo stava a sentire; zio “Pacchion” rideva perché l’aveva fatto fesso e contento.
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Vecchi e nuovi sostenitori de "La Voce di Buccino" Vincenzo Isoldi Avv. Vittorio Brun Gen. Gaetano Zaffiro Antonino Fumo Franco Cariello Giuseppantonio Imbrenda Vito A. Chiariello Gerardo Tortoriello Prof. Piero Di Vona Tina Iuorio Cav. Argentina Di Vona Cav. Giuseppe Salimbene Aleandro Marcotulli Francsco Zitarosa Antonio Salimbene Nicola Di Leo Luciaqno Doria Mario Cariello Carmla Tuozzo Dott. Gaetano Citarella Bonaventura D'Acunto Luisa Sacco Francesco Cupo Santino Fernicola Pasquale Chiairello Dott. Francesco Pisciotta Elisabetta Salimbene Giulio Del Chierico Francesco Zitarosa Dott. Francesco Pisciotta Gerardo Lisanti Mario Fernicola Anna Zitarosa Maria D'Acunto Raffaele Cupo Tommaso Volpe Nicola Leone Li Santi Francesco Zitarosa Antonio Salimbene
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