WING CHUN
CHOSHIN CHIBANA KARATE In questa colonna Randy Williams ci parla del concetto CRCA Wing Chun del Fronteggiare. Il termine “Fronteggiare” (Ying Sai) nel Wing Chun significa il riferimento frontale di un combattente rispetto a un altro. Un altro termine, Ying Chiu, si riferisce alla “Postura di Orientamento” di un fighter rispetto a un altro.
CINEMA MARZIALE Il 29 Giugno di quest'anno 2013, è morto colui che è stato l'indiscutibile star di colore del Cinema d'azione degli anni 70. Lanciato nel firmamento dalla sua apparizione ne I 3 dell'Operazione Drago col suo mentore Bruce Lee, la sua figura, che si è offuscata negli ultimi anni, merita senza dubbio uno special come quello che oggi ha preparato il nostro collaboratore speciale Pedro Conde. Un fantastico reportage che offriamo questo mese, per il piacere dei collezionisti, i fanatici del Cinema Marziale e gli appassionati dei “cari vecchi tempi”.
Salvador Herraiz ha conosciuto Joki Uema poco prima della sua morte, nel suo dojo Shubukan di Shuri. Oggi ci consegna un ritratto di questo accattivante personaggio, con un altro dei suoi magnifici reportage sulle origini e le personalità chiave del Karate di Okinawa. Un nuovo articolo che delizierà gli amanti dell'antropologia di un'Arte Marziale che ha conquistato il mondo.
UFC GYM WINGTSUN
L'inaugurazione della nuova palestra UFC Gym a New Hyde Park Nassau NY è un grande passo per arrivare a ottenere che le Arti Marziali Miste siano riconosciute come sport legale a New York.
Dov'è lo stile di un praticante di WingTsun? Mi riferisco, come sempre, a quando un praticante si confronta con un avversario che non collabora e ha un'esperienza similare alla nostra nelle Arti Marziali. Che non è lo stesso che con i nostri propri allievi o compagni di allenamento…credo che questo sia il punto di partenza.
INTERNATIONAL BUGEI SOCIETY Non c'è da stupirsi che molti studiosi oggi profondo cerchino nelle arti affini il riempimento di quelle che vengono sentite come delle carenze. Possiamo vederlo chiaramente negli innumerevoli praticanti che si formano in quattro o cinque arti marziali differenti. Questi non sono i tempi in cui la fedeltà alla via designa l'onore del praticante. I tempi sono altri e in questa nuova epoca, tutto è lecito! Si consolida la linea della ricerca dello spirito e della soddisfazione del desiderio. Si cerca di saziare tutte le brame e le frustrazioni.
KARATE NO KOKORO Il Sensei Taiji Kase è stato uno dei più grandi maestri di Karate del XX secolo. Conosciuto in tutto il mondo come un combattente straordinario e come insegnante di primo livello, non smise mai di perfezionare e sviluppare la sua Arte per creare il proprio stile. Prima di morire nel 2004, creò l'Accademia Internazionale (Kase Ha Shotokan Ryu Karate-Do) e vi mise a capo i suoi allievi più vicini, incluso il Sensei Pascal Lecourt (in Francia), 6°Dan, che è stato il suo assistente più rilevante nell'arco di una trentina d'anni.
UN GIORNALE SENZA FRONTIERE
BUDO INTERNATIONAL NEL MONDO
Budo International è senza alcun dubbio la rivista di Arti Marziali più internazionale del mondo. Siamo convinti di vivere in un mondo aperto. Gli unici confini sono quelli che la nostra mente vuole accettare. Così costruiamo, mese dopo mese, una rivista senza frontiere, dove ci sia spazio per tutte le informazioni che interessano ai praticanti, qualunque sia il loro stile.
Budo International è un gruppo editoriale internazionale che lavora nell’ambito delle Arti Marziali. Raggruppa le migliori aziende che lavorano nel settore ed è l’unica rivista al mondo pubblicata in sette lingue diverse e che viene diffusa in oltre 55 Paesi di tre continenti tra cui: Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Germania, Inghilterra, Stati Uniti, Australia, Svizzera, Olanda, Belgio, Croazia, Argentina, Brasile, Cile, Uruguay, Messico, Perù, Bolivia, Marocco, Venezuela, Canada, Senegal, Costa d’Avorio…
SDS-CONCEPT Il “S.D.S.Concept” è un concetto olistico di difesa personale creato per le donne, con l'ausilio di esperti di autodifesa, ufficiali di polizia, avvocati e pedagoghi, secondo le esigenze e le specifiche capacità femminili.
PANGAMOT
SDS-CONCEPT L'ascia - usata con una mano come il tomahawk americano o con due mani come l'ascia da battaglia - è una delle armi più antiche. I romani, i vichinghi, i celti, gli scozzesi, i germani e molti altri hanno usato l'ascia da combattimento con i suoi temuti e devastanti effetti. In questa prima parte della lotta con l'ascia ci concentreremo nei fondamentali, nelle caratteristiche peculiari e nei concetti.
GRAND MASTER PAOLO CANGELOSI E' noto a tutti l'impagabile contributo dato dal Gran Master Paolo Cangelosi: oltre 15 anni di collaborazione attraverso numerosi articoli, copertine e video didattici ricavati dalla sua enorme conoscenza marziale e la partecipazione a varie manifestazioni e galà internazionali promossi da Budo International. Un' intervista a tutto tondo che ci ha concesso per portare i lettori a conoscenza delle tante novità che lo riguardano e per mandare un messaggio chiaro e tutt'altro che retorico alla comunità marziale circa quegli aspetti e valori che tutti, sia allievi che maestri, non dovrebbero mai perdere di vista: il rispetto e la gratitudine.
Pangamot, Arte Marziale delle Filippine, è piuttosto sconosciuta ma alquanto realista, aggressiva ed efficace secondo la mia opinione. Realistica, dura, rapida e effettiva, la lotta di strada filippina, significa “combattimento totale” nella quale tutto è permesso.
KOMBATAN WORLD COMMUNITY Il Gran Maestro Presas investigò diligentemente sulle Arti Marziali Filippine per più di 30 anni sviluppando una s i s t e m a t i c a concentrazione nell'applicazione dello stile di Arnis in un unico metodo completo di combattimento corpo a corpo chiamato Mano-Mano.
TOYAMA-RYU BATTO-JUTSU Sergio Hernández Beltrán ci darà una risposta adeguata attraverso questo articolo, riscattando dalla memoria uno stile di combattimento che può essere una svolta verso un modo diverso di vedere le autentiche arti disciplinari del Giappone; il Toyama Ryu Batto Jutsu.
Direttore editoriale: Alfredo Tucci, e-mail: budo@budointernational.com. Facebook: http://www.facebook.com/BudoInternationalItalia. Traduttore: Leandro Bocchicchio. Pubblicità e Redazione: Nicola Pastorino, e-mail: budoitalia@gmail.com Hanno collaborato: Don Wilson, Yoshimitsu Yamada, Cass Magda, Antonio Espinós, Jim Wagner, Coronel Sanchís, Marco de Cesaris, Lilla Distéfano, Maurizio Maltese, Bob Dubljanin, Marc Denny, Salvador Herraiz, Shi de Yang, Sri Dinesh, Carlos Zerpa, Omar Martínez, Manu, Patrick Levet, Mike Anderson, Boulahfa Mimoum, Víctor Gutiérrez, Franco Vacirca, Bill Newman, José Mª Pujadas, Paolo Cangelosi, Emilio Alpanseque, Huang Aguilar, Sueyoshi Akeshi, Marcelo Pires, Angel García, Juan Díaz. Fotografi: Carlos Contreras, Alfredo Tucci.
"La realtà non è altro che la capacità che hanno i nostri sensi di ingannarsi" Albert Einstein
"L'unico vero realista è il visionario " Federico Fellini "Odio la realtà, ma è l'unico posto dove si può mangiare una buona bistecca" Woody Allen
L’
inconscio collettivo lo stava per annunciare. Film come Matrix colpirono duramente l'asse centrale della coscienza di molti. Artisti e visionari lo stanno dicendo, oggi la scienza stessa apre le porte a nuovi scenari coscienziali per riconsiderare la realtà e il reale. In questo editoriale desidero condividere con voi questo momento di cambiamento delle coscienze e per questo dobbiamo iniziare, come conforme, dal principio. Il vocabolo "realtà" proviene dal latino "realitas", che ha le sue origini nella parola "res". Res ha molti significati: cosa materiale, essere, fatto, oggetto, materia, tema, circostanza, esperienza, potere, causa e altri. L'aggettivo "realis" e l'avverbio "realiter" furono comunemente usati nel Medioevo. Tommaso d'Aquino considera la parola "res" come un "trascendentale". I trascendentali erano, nella dottrina classica, quelle proprietà che possono essere attribuite a qualsiasi Essere. Infine, Duns Scoto introdusse il neologismo "realitas", per riferirsi a quello su cui i divrsi tipi di esseri concordano. La cosa più curiosa di questa introduzione etimologica è che collocando il termine nel suo senso originario esso descrive se stesso in modo molto diverso da quello che normalmente intendiamo. La realtà non "è" qualcosa di monolitico, univoco, davvero non è altro che un semplice consenso. Con parole di Carlos Castaneda: "Il mondo è una descrizione". Carl Jung lo disse in un altro modo: "Tutto dipende da come noi vediamo le cose non come sono realmente". Il reale, paradossalmente, al di là del tremendo potere della parola, non è che un accordo, signori. Sorpresa! Tutto quello che si crede a piè pari come frutto dei sensi e dell'apprendimento, può non esistere in questa forma al di là del proprio assoggettamento particolare della sua descrizione delle cose; questo sì, consensuata ripetutamente dalla stessa considerazione di quello che la circondò nel processo di apprendimento, integrata con la sua particolare natura, incrociata col suo destino, le sue esigenze evolutive, le sue opportunità di trasformazione, l'energia che l'avvolge in ogni momento e che sta attraversando la su strada, in virtù degli altri con i quali si relaziona o si relazionò e degli ambienti che attraversa fino al momento di ogni qui e ora. Questa vi sembra una formula complicata? Allora sappiate, anche così, è incompleta! Chi ha detto che comprendere è facile? All'opposto, com'è semplice e lineare la piana descrizione della realtà unica, univoca e rocciosa del nostro paradigma attuale. Però anche questa si sta rosicchiando i bordi! E secondo recenti esperimenti quantici, anche il centro! Il paradigma dominante del pianeta, la Scienza e il suo metodo, sta raggiungendo il suo livello di incompetenza; cioè, attraverso se stessa, sta mettendo in discussione la base dei propri schemi descrittivi della realtà. Questa non è una novità; persino dentro il suo stesso discorso e metodo, l'Universo Newtoniano fu distrutto da Einstein ed il povero Einstein ora, sta per essere fagocitato dalle sue stesse contraddizioni. Dio non gioca ai dadi ... ma, inoltre, se lo fa? Mi spiego, (se è possibile), e credetemi che mi dispiace, dato che questo tema richiede ingegni più
solidi dei miei e un mezzo forse più adeguato per "entrare in questi giardini”. In altre parole, come il solito, il foro nel quale mi esprimo apparentemente non è il più adeguato per questo tema, o si? Ma, cosa posso farci se la vita mi ha collocato su questo (e non su un altro) pulpito? L'esperimento di intreccio quantico del Dr. Blake T. Dotta, della Laurentian University del Canada, _sembra dimostrare l'esistenza di una specie di computer centrale, un “campo comune”, dove vengono memorizzate le informazioni provenienti dall'attività delle particelle elementari. Il Dr. Gaona, collaboratore di questo esperimento, afferma che questo "luogo comune" è uno "spazio", al quale non solo le particelle ricorrono per "conservare" le loro informazioni, ma anche la coscienza. (Stiamo parlando del registro Akashico?) L'esperimento in se stesso consistè nel creare due situazioni quanticamente identiche ma separate da diversi chilometri. In esso due sostanze innocue tra loro, ma che rispondono con la luce alla presenza di un terzo elemento reagente, furono attivate contemporaneamente, ma da un solo lato dello spazio. Collocando il reagente su un lato, l'altro emise luce simultaneamente e senza la presenza dello stesso. Le conseguenze di questo esperimento sono straordinarie e andrebbero ad aprire la porta per la conferma di conoscenze che popoli antichi svilupparono già nel loro studio sull'invisibile. Spiegherebbe anche scientificamente quello che conosciamo volgarmente come telepatia, e apre un campo di studio su concetti come le gallerie gravitazionali (wormhole), o la comunicazione interdimensionale. Anche sotto il peso di questa rocciosa imposizione su ciò che è reale o meno, tutti abbiamo sentito o sperimentato storie straordinarie di sincronicità nella nostra vita o quella degli altri. Si ha intenzione di chiamare qualcuno e lui ci chiama ... una madre che sa che qualcosa non va bene con il suo bambino proprio nel momento in cui lui ha un incidente ... un gemello che ha la certezza che suo fratello sta per morire ... un figlio vede l'immagine di sua madre a 10.000 chilometri passare attraverso la porta della sua stanza proprio nel momento in cui lei muore ... ecc ... Come in altri momenti della storia, si stanno producendo diverse scoperte intrecciate e praticamente sincroniche. Sembra come se la consapevolezza stessa del gruppo umano si espandesse contemporaneamente e toccasse punti specifici del comprendere. Non da molto abbiamo potuto leggere sulla rivista Nature la pubblicazione del primo teletrasporto quantico conseguito dall'equipe del professore Nicolás Gisin, dell'Università di Ginevra. Per incredibile che sembri è la prima volta nella storia che si è prodotto il teletrasporto di un fotone a lunga distanza. Tutto quello che era considerato come pura fantascienza solo alcuni anni fa, ora sta succedendo. La cosa curiosa è che gli studiosi di conoscenze ermetiche, spirituali od occultiste, avevano affermato tutto ciò da secoli. Considerati eretici, demoniaci, stregoni ignoranti, pazzi ed ogni tipo di qualifiche negative, risulta che non solo avevano ragione, ma spiegavano, alla loro maniera, ma in modo inequivocabile, quello che la scienza solo ora inizia a scorgere.
Traduzione: Chiara Bertelli
Il visibile è solo una categoria della realtà. La realtà è un accordo, tuttavia altre realtà coesistenti si incrociano ed urtano continuamente con la nostra. Nel mio ultimo libro “Sulla soglia dell'invisibile" - Lo sciamanismo giapponese della cultura Shizen”, metto il lettore davanti alla porta d'entrata della conoscenza dell'invisibile della cultura Shizen, una cultura antica che approfondì lo studio di questi misteri in un modo straordinario. La barriera tra il fisico e il metafisico si sta screpolando. L'avventura della coscienza umana vive un nuovo risveglio. Oggi che la scienza apre queste porte, è il momento di riconsiderare ed ascoltare con nuove orecchie e vedere con nuovi occhi, in che modo popoli come gli Shizen, ebbero il coraggio morale, l'audacia e l'infinito valore di navigare in quei procellosi mari, per trasmetterci una mappa dell'invisibile tanto dettagliata quanto pratica. Il mio libro è una piccola, infima, testimonianza dell'immensa saggezza nascosta che essi mantennero e che io continuo a studiare. Mandare un fotone nello spazio tempo è solo un piccolo passo; gli antichi sciamani andavano loro stessi in altri piani dimensionali o li portavano qui a loro piacimento, saltavano tra i mondi, come un bambino salta la corda, toccavano forze di alta tensione, senza che queste forze toccassero loro, parlavano coi destini, negoziavano con forze immense, o elevavano persone ai limiti della vita morte. Le imprese ed il potere di questi sacerdoti Shizen furono leggendarie. Rotti i limiti concettuali anche i più asini potranno permettersi di concepire ed eventualmente tentare, il salto quantico del possibile e dell'impossibile. Alice attraversò lo specchio, ma tutti possiamo farlo, perché sta tra le nostre competenze e potenzialità riuscire a farlo. Siamo esseri spirituali che stanno vivendo un'esistenza materiale e non il contrario. Ottenere la conoscenza ed il potere di fare tali salti, è farina di un altro sacco, perché in questo tema, come in tanti altri, nessuno regala niente. Le strade spirituali autentiche generano sempre le necessarie trasformazioni nella nostra struttura e funzione energetica, condizionando così le nostre bolle di energia e tensione per questo salto tra i mondi. La vecchia realtà si diluisce in un mare di multiple realtà; l'Universo piano si confonde con l'Universo di multiple dimensioni; il tempo come concetto lineare non si sottomette alla relatività Universale; il mondo, la nostra realtà rocciosa e univoca si sgretola. Che grande avventura amici! È tempo di imparare a guardare e vedere con nuovi occhi.
Alfredo Tucci es Director Gerente de BUDO INTERNATIONAL PUBLISHING CO. e-mail: budo@budointernational.com
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Arte Giapponese
Testo: Sergio Hernández Beltrán Foto: © www.budointernational.com
TOYAMA-RYU BATTO-JUTSU, LA SCHERMA DELL' ESERCITO IMPERIALE GIAPPONESE L'oscurità avvolge l'avanzata nelle tenebre. Movimenti lenti e silenziosi fino ad arrivare a un centinaio di metri dal nemico. Soltanto i respiri affannosi agitano i petti di coloro che sanno che molto probabilmente sarà l'ultima alba che vedranno. Poi l'attesa, mentre l'umida brezza marina insieme al sudore prodotto dalla tensione e lo sforzo ammolla i corpi infradiciando i vestiti. Nel chiarore traspaiono le figure appostate di fronte, si sentono le conversazioni e i rumori dell'accampamento che si sveglia. Di colpo tutto è in movimento. Un rumore assordante e centinaia di gole lacerate dalle grida. La morte si imposessa del campo e la battaglia ha inizio. Lui si mette in piedi con la spada in mano e urlando dà ordini cominciando a correre. E' giovane. I corpi cercano il contatto. Alcuni cadono per poi non rialzarsi. Altri inciampano, ansimano, strisciano. Con gli occhi fuori dalle orbite, i polmoni sul punto di esplodere, senza smettere di correre in maniera disperata, accorciano le distanze senza fermare le loro grida. I primi arrivano al loro obbiettivo. A due mani, a destra e sinistra, il giovane armato di sciabola curva, infilza e taglia in un agglomerato di membra e armi. Il sangue scorre e la spada svolge il suo freddo compito senza pietà dalle braccia di chi la brandisce... Questa sequenza potrebbe sembrare estratta da una delle tante battaglia che imperversarono nel Giappone feudale, ma tuttavia avvenne a Saipan, il 7 Luglio del 1945, ovvero alle battute finali dell'ultimo conflitto mondiale, a metà dello scorso XX secolo e il giovane ufficiale non era altri che il Capitano dell'Esercito Imperiale Giapponese, Sakae Oba (1). Questo è uno dei migliaia di esempi in cui uomini di un tempo appena passato, si trovarono a fronteggiare le moder ne armi da fuoco con anacronistiche spade. E che tipo di tecniche utilizzavano? Dove impararono ad usare le moderne sciabole copiate dalle loro antiche ed efficaci katane? A questo e ad altri interrogativi speriamo di poter dare una adeguata risposta attraverso questo articolo, riscattando dalla memoria uno stile di combattimento che può essere una
svolta verso un modo diverso di vedere le autentiche arti disciplinari del Giappone; il Toyama - Ryu Batto Jutsu. (1) 11 Febbraio del 2011, il film “Oba, the last Samurai” (Battle of Pacific) debutta nei cinema rappresentando le battaglie di Oba e del suo gruppo a Saipan, così come l'implacabile persecuzione da parte dei marines. E' stato prodotto dalla Toho Pictures, con la regia di Hideyuki Hirayama e con produzione in Giappone, Stati Uniti e Thailandia. Il film è interpretato da Yutaka Takeonuchi nel ruolo del capitano Sakae Oba.
La Rikugun Toyama-Gakko, il luogo di origine dello stile Toyama-Ryu Nel sesto anno dell'era Meiji (1873), tra i resti di quello che era stato il villaggio del clan Owari, ebbe le sue origini la Rikugun Toyama Gakko (Accademia Militare Toyama), nell'odierno quartiere di Shinjuku a Tokyo fino al 1937 quando si trasferì a 40 km a sudovest, vicino alla città di Zama, prefettura di Kanagawa. Al termine della IIª Guerra Mondiale l'Accademia Toyama si trasformò in Camp Zama, distaccamento dell'esercito degli Stati Uniti nel Giappone occupato. La scuola aveva diverse specializzazioni per formare i comandanti dell'esercito e queste erano: Pratiche di tiro, preparazione fisica, difesa personale e maneggio della spada. La finalità dell'Accademia Militare Toyama dalla sua fondazione nel 1873 era che l'esercito Imperiale Giapponese raggiungesse lo stesso livello di quelli occidentali nel minor tempo possibile. Per quello, vennero invitati ufficiali dell'esercito francese che fornirono l'adeguata formazione militare unificata per gli ufficiali giapponesi che sarebbero stati a capo di ciascun reggimento per poi spandere le conoscenze acquisite in modo che lo scopo di aggiornare e unificare i criteri in tutto l'esercito fosse raggiunto.
Gunto Soho La Scherma Militare La maggior parte dei programmi di educazione fisica per la guerra degli ufficiali della Fanteria dell'Esercito Imperiale Giapponese (IJA) vennero creati nel dipartimento di allenamento fisico dell'Accademia Militare di Toyama. In principio, la tecnica di lotta corpo a corpo (Hakuei)
insegnata nell'accademia, era basata nello stile militare francese, con il combattente di spada che usava una sciabola impugnata di solito con una sola mano. Tuttavia, con la guerra del Giappone con la Cina (1984-95) e con la Russia (1904-1905), l'affidabilità della spada giapponese, la katana, fu nuovamente valorizzata e fu tenuto conto anche del suo aspetto spirituale, insieme all'antica attrazione psicologica che esercitava nel popolo nipponico. Vittorioso in queste guerre, l'Esercito Imperiale Giapponese si evolse al punto da mettersi sullo stesso livello delle altre potenze mondiali e durante questo periodo, lo stile di impugnare la sciabola cambiò da una a due mani. In questo contesto, durante l'epoca Taisho, l'Accademia Militare Toyama cominciò a ricercare una scherma giapponese più tradizionale e a sviluppare una spada militare totalmente giapponese da poter essere introdotta nell'esercito. Per quello vennero invitati Maestri tradizionali di combattimento con la spada (katana). Precisamente nel campo del maneggio della spada, furono riuniti i maestri di ciascuna scuola - stili di Iaijutsu, Kenjutsu - per formare un nuovo stile che più avanti verrà denominato Toyama-Ryu. L'Accademia Toyama aveva sei grandi dojo per la pratica del Kendo e uno per il Jukenjutsu, la pratica dell'uso della baionetta. Tutti i dojo avevano una superficie di 60mt. di lunghezza per 12 di larghezza. Nell'anno 4 dell'era taisho (1920 1921), furono avviate le ricerche per migliorare la capacità di attacco nei combattimenti corpo a corpo e l'insegnamento del maneggio della spada corta o Tankenjutsu (wakizashi e baionetta). Tra coloro che svilupparono le tecniche di spada corta, vennero selezionati i migliori per raffinare le tecniche di Ryote Gunto Jutsu (maneggio a due mani del Gunto). Nell'anno 13 dell'era Taisho (1925), con l'inaugurazione del dojo principale del collegio militare Toyama, vennero messi in pratica degli insegnamenti per for nire tecniche e strategie per il loro utilizzo nel combattimento in guerriglia, a tutti i soldati che portavano il Gunto. Già nell'anno 14 dell'era Taisho (1926) venne usato come nome dello stile, Toyama Ryu Iai Jutsu. Nel 1925 Morinaga Kiyoshi, che era primo tenente e direttore del Kenjutsu
Reportage Kankyu Kai (Comitato di investigazione sulla tecnica con la spada dell'Accademia Toyama), fu incaricato di collaborare nella creazione di un sistema pratico nell'uso della spada giapponese nei campi di battaglia moderni, al fine di incorporarlo nei programmi di studio dell'accademia. L'idea era di utilizzare le tecniche più efficienti degli stili classici di Iaido, Iaijutsu e Kenjutsu. In nome dell'esercito giapponiese, entrò in contatto con i Maestri Zenya Kunii (Kashima Shin-Ryu) e Nakayama Hakudo, quest'ultimo celebre per essere un importante Maestro dello stile Muso Jikiden Eishin Ryu Iaido e per essere il fondatore del Muso Shinden Ryu. Fu richiesto il suo aiuto nella compilazione di un sistema di tecniche di spada che si potevano utilizzare sul campo di battaglia. Il secondo passo nella creazione di questo stile militare fu analizzare i rapporti degli esperti nelle grandi battaglie della storia recente del Giappone. La conclusione a cui arrivarono basandosi sulle ferite e sui morti della battaglia di Satsuma nel 1877, era che il taglio più comune ed efficace era quello denominato “Kesa Giri”, un taglio realizzato diagonalmente verso il basso, che era la causa principale di quasi tutte le ferite fatali. La conclusione su tutto ciò fu che la base tecnica del nuovo stile sarebbe stata il “Kesa giri”. Il risultato del lavoro della Kenjutsu Kenkyu Kai e di Sensei Nakayama fu un nuovo stile che nacque nel 1925 e che all'inizio venne chiamato Gunto no Soho, che consisteva in cinque Kata in tachi-waza, ovvero, sequenze di movimenti per la guerra moderna partendo da una posizione eretta, andando in avanti, a destra, a sinistra e indietro, ideate in modo simile al moderno Iai-do, creato dallo stesso Maestro Nakayama, aggiungendoci il tameshigiri (prova di tecnica di taglio). Per questo compito si usavano i “makiwara”, che erano dei rotoli di paglia di riso che si immergevano in acqua perchè diventassero solidi e umidi e avessero la consistenza del corpo umano. Tuttavia, questi Kata furono praticati soltanto nell'Accademia e non in tutto il resto dell'esercito. Nel 1934, l'Esercito Imperiale Giapponese cambiò ufficialmente la sua spada similare alla sciabola occidentale, con un'altra di stile nipponico tradizionale, denominata la spada militare Gunto modello 94, creando così il Gunto no Soho, primo stile giapponese con spada militare simile alla katana. A Sowa 15 (1940), il Gunto no Soho venne ridefinito e la ragione di questa riforma fu la sua scarsa utilità durante la guerra in Manciuria tra Cina e Giappone. Il Sensei Morinaga si adoperò in diverse occasioni compiendo il suo dovere di istruttore all'Accademia Militare di Toyama (Rikugun Toyama Gakko), con i gradi di tenente (Rikugun Chui), Capitano (Rikugun Taii) e Comandante (Rikugun Shosa). Più tardi, dal 1939 fino al 1945, in qualità di Tenente Colonnello (Rikugun Chusa) Morinaga Kiyoshi fu nominato direttore dell'Accademia Toyama. Come tale, fu responsabile di ampliare a sette il programma di studio del Iai partendo dai cinque kata stabiliti. Questo fu possible sopprimendo la versione del 1925 della forma numero cinque e inserendo una nuova forma “cinque” insieme ad altre due, la “sei” e la “sette”. I precursori di suddetto cambiamento nel 1940, furono Seiji Mochida e Goro Saimura. Commissionati come maestri di Kendo dall'Accademia, adottarono ufficialmente sette kata nel Tachi-waza. Questi kata vennero inclusi in un capitolol del Kaiko-Sha supplementare (un'organizzazione sociale degli ufficiali dell'esercito), con il titolo “Manuale di
Novembre del 1940, Le Tecniche e il Tameshigiri con il Gunto”(spada militare). I manuali vennero distribuiti a tutti gli ufficiali dell'esercito, facendo si che il Gunto no Soho sviluppasse nell'Accademia Militare Toyama, fosse conosciuto nella sua totalità dall'Esercito Imperiale Giapponese. Nel Gennaio del 1942, Hasakazu Tanaka dell'Accademia Militare Toyama, creò un compendio che fu pubblicato denominato “Manuale di allenamento intensivo con il Gunto - Uccidere con un colpo solo - “(Tankisokusei kyoiku gunto kunren - [ichigeki hissatsu]). L'obbiettivo primario di questo addestramento intensivo era di insegnare il maneggio dei Gunto alle persone senza la conoscenza del “Kenjutsu”.
Nel combattimento reale si focalizzava in tre tecniche: 1°, Ryote shomen giri (taglio verticale frontale a due mani). 2°, Ryote shitotsu (stoccata con due mani) 3°, Hidari kesagiri (taglio diagonale sinistro) Nel marzo del 1044, il “Manuale di allenamento intensivo con il Gunto - uccidere con un colpo solo”, fu rielaborato e riedito come Gunto no Soho n°1” e l'originale Gunto no Soho come “Gunto no Soho n°2” e l'Accademia Militare Toyama combinò entrambi con alcune correzioni e li pubblicò come “Gunto no Soho e Tameshigiri dell'Associazione Kokubo Budo”.
Ci furono tre fasi dell'evoluzione e dello sviluppo del Gunto Jutsu. 1°- Fino all'anno 4 dell'era Taisho (1916) definizione e sviluppo delle tecniche di Gunto Jutsu in generale (Kenjutsu) 2° - Nell'anno 14 dell'era Taisho (1925), sviluppo del “Batto Jutsu”, sguainare, inguainare e tagliare con i Gunto, oltre ai cinque Kata (forme) facili da apprendere. 3° - Corrisponde al periodo fino alla chiusura della scuola militare Toyama, si focalizzarono nel “Tameshigiri” (prove di taglio), punti da tener presente come etichetta e vennero stabiliti sette kata (forme) che furono la base di ciò che oggi si conosce come Toyama Ryu Iaido. Per evidenziare nel dettaglio l'efficacia pratica delle tecniche di spada della scuola Toyama, basta fare riferimento a una pubblicazione americana chiamata “The Jap Soldier”, uscita nel 1943, nella quale si spiegava e si consigliava gli ufficiali dell'esercito degli Stati Uniti, che si trovavano di fronte a uno scontro con ufficiali nemici sul campo di battaglia. Al suo interno si diceva: “Gli ufficiali giapponesi portano ancora con se delle antiche spade. Li vedrete guidare le truppe agitando le loro spade, come si vede nei vecchi film. Sparategli prima possibile, perchè quelle spade possono affettare un uomo dal collo fino ai fianchi con un solo e pulito taglio verticale”. La citazione a
“Nel 1934, l'Esercito Imperiale Giapponese cambiò ufficialmente la sua spada similare alla sciabola occidentale, con un'altra di stile nipponico tradizionale, denominata la spada militare Gunto”
“Toyama-Ryu Batto-Jutsu. Lo stile con la spada dell'Esercito Giapponese”
Reportage proposito della perizia con la spada da parte degli ufficiali giapponesi, era probabilmente basata su tesimonianze dirette, provenienti dai campi di battaglia e dalle informazioni trasmesse ai responsabili della creazione dei nuovi manuali di addestramento. Può anche provenire dai successi ottenuti dalla “Nanpo Heidan Yamashita Kirikomitai” o “Southern Yamashita Army Group Assault Force” (Gruppo Yamashita di Assalto dell'Esercito del Sud) che venne destinato in Manciuria durante la guerra trascorsa. Questo gruppo di elite entrò in combattimento armato solo di spade contro la fanteria dotata di moderne armi e nonostante le sue scarse possibilità, riuscì a causare severi danni fisici e psicologici al nemico. Uno degli istruttori di questo gruppo diceva che, una volta che erano a circa 90 piedi dalle linee nemiche e quando il fuoco delle armi leggere diretto con-
tro di loro era più impreciso, il vantaggio sembrava passare di colpo a loro favore. Quando il nemico vedeva gli esperti spadaccini che gli balzavano addosso, determinati nell'obbiettivo di raggiungere le loro posizioni nonostante la scarsa probabilità di successo che avevano, questi si demoralizzavano e piombavano nel caos e nel disordine, permettendo così che il gruppo di attacco chiudesse la distanza rapidamente, senza grandi difficoltà. Nel combattimento ravvicinato, il vantaggio dello spadaccino addestrato travolgeva drammaticamente coloro che lo provavano sulla propria pelle. Le caratteristiche più rimarcabili dello stile Toyama Ryu erano e sono ancora oggi: - Facile apprendimento, in modo che qualsiasi persona senza una
previa conoscenza lo può padroneggiare - Tecniche efficaci e realistiche, si praticavano e si praticano soltanto tecniche che sono reali. - Essendo uno stile per il combattimento “REALE” e lo è per essere sviluppato sul campo di battaglia, si praticano solo tecniche da posizione eretta. Ma forse la caratteristica più definita è quello che viene chiamato “Ichi geki hisatsu” (uccidere con un colpo solo). Le tecniche subirono cambiamenti continui, dal momento che dalle esperienze nei combattimenti reali si sono andati modificando i punti deboli.
Arte Giapponese Ci sono stati anche cambiamenti nel nome dello stile: “Toyama-Ryu Batto -Jutsu”, “Toyama Ryu Iai-Do, o “Batto-Do”.
Storia della Zen Nihon Toyamaryu Renmei La Zen Nihon Toyamaryu Renmei si dedica ad attività per la promozione estesa delle arti marziali e della caultura giapponese in particolare, attraverso l'apprendimento e l'allenamento nello stile Toyama-Ryu Iai-Do, non soltanto in Giappone ma anche all'estero. Insieme a queste attività, l'organizzazione prevede scambi internazionali con gli studenti di arti marziali giapponesi d'oltreoceano, di paesi come USA, Cina, Hong Kong, Taiwan, Spagna, Venezuela e Andorra. Il Toyama-Ryu Iai-Do si basa sul Gunto Soho, un metodo di scherma consolidato, migliorato e ufficilmente adattato per la katana dall'Accademia Militare Toyama dell'Esercito Imperiale Giapponese. Dopo la Seconda Guerra Mondiale fu denominato “Toyama Ryu” e fu impostato come una scuola di scherma tradizionale giapponese di Iai-Do, in continua evoluzione e al giorno d'oggi considerata una vera arte. Tutto il processo di impostazione, consolidamento e miglioramento del Gunto
no Soho, è durato circa vent'anni, a partire dal periodo Taisho fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale, essendo stati tanti i maestri di spada di diverse scuole coinvolti nel suo sviluppo nelle varie fasi, il Toyama Ryu non si può attribuire ad un unico fondatore. Il trattato di pace con il Giappone (Trattato di S.Francisco) venne firmato nel 1951 e entrò in vigore nel 1952. Fu allora, quando il Giappone recuperò la sua indipendenza e l'interdizione della pratica delle arti marziali fu tolta, che Morinaga Kiyoshi, già direttore di scherma con spada nell'accademia Militare Toyama, Yamaguchi Yuuki, Nakamura Taizaburo e altri cominciarono a definire la scherma basata sul Gunto no Soho come “Toyama-Ryu” e cominciarono a diffonderla per tutto il paese. L'attuale Zen Nihon Toyama-Ryu Iai-Do Renmei (ZNTIR) fu creata come “Toyama-Ryu Shinko-kai”, impostata da Tokutomi Tasaburo e Nakamura Taizaburo, che insegnavano il Gunto Soho nell'esercito. Col passare del tempo la “Toyama-Ryu Shinko-kai” venne ribattezzata come Zen Nihon Toyama-Ryu Iai-Do Renmei e un'altra organizzazione, la Zen Nihon Batto-Do Renmei (ZNBR) venne creata al fine di includere altre scuole dell'arte del Batto-Do, essendo queste due federazioni come due ruote della stessa macchina. Nel 2001, la Zen Nihon Batto-Do Renmei e la Zen Nihon Toyama-Ryu Iai.Do Renmei si separarono. Mentre la Zen Nihon Batto-Do Renmei è un'organizazione che comprende varie scuole di Iai-Do, la Zen Nihon Toyama-Ryu Iai-Do Renmei è un'organizzazione indipendente, sebbene sia membro della federazione precedente e con attività indipendenti.
L'Assicozione Toyama-Ryu España (Zen Nihon Toyama-Ryu Iaido Renmei - Spain Branch) Grazie all'inquietudine del Sensei Sergio Hernandez Beltran, conosciuto praticante e ricercatore del Karate e del Kobudo di Okinawa, così come praticante di Iaido dal 1983, inizia la diffusione dello stile in Spagna nel 2007. A partire dal primo corso tenuto a Madrid sotto la direzione tecnica di Sensei Robert Steele dagli USA e convinto che lo stile Toyama-Ryu Batto-Jutsu soddisfava le proprie crescenti necessità, Sergio Hernandez decise di farlo conoscere in giro, in maniera indipendente ma complementare alla pratica del Seitei Iaido proveniente dalla Zen Nippon Kendo Renmei. Sfruttando le infrastrutture e l'amicizia di altre organizzazioni di karate e kobudo, cominciano una serie di allenamenti per espandere lo stile.Con alcuni articoli pubblicati dalla stampa specializzata, nel luglio del 2008 viene alla luce la Associazione Toyama-Ryu Spagna, con numero di registrazione 14251 del Consell Català del Esport e un anno dopo, nel maggio 2009, viene invitato Sensei Bob Elder da Orlando, Florida (USA), questi a sua volta Maestro del primo esponente nel nostro paese, Robert Steele. Questo passo è indispensabile per
Reportage
“La maggior parte dei programmi di educazione fisica per la guerra degli ufficiali della Fanteria dell'Esercito Imperiale Giapponese (IJA) vennero creati nel dipartimento di allenamento fisico dell'Accademia Militare di Toyama�
Arte Giapponese formalizzare le relazioni con il Maestro Mitsuo Hataya, che è il presidente della Zen Nihon Toyama-Ryu Iaido Renmei, conferma e accettazione che si produrrà il seguente anno, con la visita in Spagna del maestro Hataya, nele mese di maggio del 2010. Nei dua anni successivi, l'attività si è vista raddoppiare sostanzialmente, essendo il 2011 l'anno dell'accettazione ufficiale come organizzazione responsabile in Spagna della Zen Nihon Toyama-Ryu Iaido Renmei (ZNTIR), l'Associazione Toyama Ryu Spagna (ATE) attraverso il Ryubukan Dojo che è diretto da Sensei Sergio Hernandez e questo venne nominato “Spain Branch-Director” (Direttore della Filiale in Spagna della ZNTIR). Quello stesso anno viene invitato di nuovo, a febbraio, Sensei Bob Elder, stavolta nel Principato di Andorra. Alla fine di quell'evento, Sensei Elder ha concesso a Sergio Hernandez il grado di Shodan del ramo americano di Toyama Ryu, diventando il primo a raggiungere tale livello nel nostro paese. Una equipe di tre componenti, che contava nella presenza di Cristobal Gea Sensei e Segretario della ATE, ha fatto rotta verso la costa est degli Stati Uniti, con lo scopo di partecipare per la prima volta al Orlando Taikai 2011, ottenendo un primo posto nel Batto Kata nella persona di Sensei Sergio Hernandez, fatto che ha collocato l'organizzazione della Spagna all'interno del contesto mondiale. Un mese più tardi, nel Luglio 2011, Sensei Hataya Mitsuo, Presidente ZNTIR e Sensei Masaharu Mukai, Vicepresidente ZNTIR, si recano di nuovo in Spagna. Ma in un freddo febbraio del 2012, dopo una intensa settimana di allenamento personale all'Honbu Dojo della ZNTIR a Machida, Tokyo, l'allora responsabile della diffusione dello stile per la Spagna e il Principato di Andorra, Sensei Sergio Hernandez, ottiene tramite un severo esame il livello di Shodan (1°Dan) per la Zen Nihon Toyama-Ryu Iaido Renmei, diventando il primo spagnolo Yudansha nello stile Toyama-Ryu in seno alla ZNTIR. Sempre nel 2012 e per la seconda volta, vengono invitati i Maestri Mitsuo Hataya e Masaharu Mukai, portando a termine un seminario senza eguali nel Principato di Andorra. Sono due gli ultimi fatti che età decretano la maggiore dell'Associazione Toyama Ryu
Spagna e la rendono un punto di riferimento internazionale: uno è il viaggio in Venezuela del suo Presidente e Direttore Tecnico Sensei Sergio Her nandez e del suo segretario Sensei Cristobal Gea, invitati da Sensei Pasqualino Sbraccia, che si occupa di divulgare lo stile in quel paese, per dirigere due seminari, e con ciò includere sotto la tutela della ZNTIR il suo nascente gruppo in Venezuela. E il secondo che ha avuto luogo, è stato nel mese di ottobre del 2012, nel quale si pubblica il libro “ToyamaRyu Batto-Jutsu. Lo stile con la spada dell'Esercito Giapponese”, il cui prologo è a cura del Maestro Hataya. Il suo autore non poteva essere altri che Sergio Hernandez. Gli obbiettivi dell'Associazione Toyama-Ryu Spagna, sono lo studio e la diffusione del Iaido/Iai-Jutsu (Battodo/Battojutsu) in generale e in modo particolare la diffusione della linea sviluppata in seno alla Zen Nihon Toyama Ryu Iaido Renmei, presieduta dal Sensei Hataya Mitsuo, basata sullo stile Toyama-Ryu, incidendo sui concetti distintivi trasmessi tradizionalmente dalle sue origini e garantendo il mantenimento della sua purezza e autenticità. Con l'animo di raggiungere tali traguardi, l'Associazione opera per la formazione e la promozione del suo collettivo docente in particolare e di tutti i suoi affiliati in generale, con l'organizzazione degli atti contemplati nel suo Calendario Annuale delle Attività, così come qualsiasi altro evento o servizio complementare pertinente, a beneficio dei suoi affiliati. Tutti i membri hanno il diritto e il dovere di essere affiliati e registrati all'interno della Zen Nihon ToyamaRyu Iaido Renmei, con i benefici, i vantaggi e gli obblighi che ciò comporta. L'Associazione accredita con la certificazione organizzativa i suoi “Responsabili di Dojo” e con essa il riconoscimento dei Dojo che questi dirigono come Dojo-Cho attraverso la Zen Nihon-Ryu Iaido Renmei.
Masaharu Mukai - 7º Dan Kyoshi - Zen Nihon Toyama-Ryu Iaido Renmei - 7º Dan Kyoshi - Zen Nihon Batto Do Renmei - 4º Dan - Zen Nihon Kodachi Goshindo Renmei - 2º Dan - Kendo
Masaharu Mukai Sensei è nato il 1 Gennaio del 1949 nella prefettura di Okayama (Ovest del Giappone, uno dei luoghi più famosi per l'origine della spada giapponese). Dopo essersi laureato, è stato agente di polizia nella prefettura di Kanagawa, specializzandosi nella Regolazione del Traffivo, Problemi derivati dal Traffico e assessorato degli Ufficiali di Polizia. Dopo aver compiuto il suo dovere per 36 anni, è andato in pensione nel 2009 come Soprintendente di Polizia. Dopo aver lasciato l'Ufficio della Polizia della Prefettura di Kanagawa, ha lavorato due anni come Consulente nella città di Sagamihara. Sposato con Yoshiko e ha due figli e quattro nipoti (due bimbi e due bimbe). Il Maestro Mukai praticò Kendo per molti anni nella Scuola di Polizia, arrivando al 2°Dan. Un giorno conobbe Sensei Yoshitoki (Mitsuo) Hataya, attuale Presidente della Zen Toyama-Ryu Iaido Renmei, unendosi al suo dojo a Machida e al suo grupo Seizankai nel 1985. Per lui fu una rivelazione, poichè quello che andava cercando da tempo era la pratica reale con una spada giapponese e grazie a Sensei Hataya la trovò. La ZNTIR è al corrente dell'esistenza dell'interesse di molte persone nel mondo che sono attratte dalla pratica del taglio realistico con un Nihon-To (Spada giapponese), soprattutto tra i praticanti di Kendo e Iaido. Personalmente, Sensei Mukai è molto interessato a diffondere il Toyama-Ryu e il suo spirito tra quelle persone che desiderano apprendere un maneggio verace della spada giapponese. Tant'è che è stato nominato da Sensei Hataya come massimo responsabile in Europa per la diffusione dello stile. Il suo obbiettivo principale è trovare istruttori che prendano in mano la divulgazione e l'espansione dello stile nelle loro regioni e paesi, in modo tale da poterli istruire e supportare dando loro l'opportunità di far conoscere correttamente il Toyama-Ryu e il Batto-Do a livello mondiale. Con l'appoggio dell'Associazione Toyama-Ryu Spagna, confida di poter utilizzare la sua struttura e i suoi componenti come base per la diffusione del Toyama Ryu in Europa. Il Maestro Mukai ha anche praticato il Takeda Ryu Yabusame dal 1995 al 2000. Attualmente è Vicepresidente e Direttore Generale della Zen Nihon Toyama Ryu Iaido Renmei, così come il suo Direttore Tecnico.
Sito della Zen Nihon Toyama-Ryu Iaido Renmei http://toyamaryuiaido.jp/index_en.html Blog dell'Associazione Toyama-Ryu Espa単a http://zntirate.wordpress.com/
Arte Giapponese
PARTECIPANTI AL DVD TOYAMA-RYU BATTO-JUTSU Masaharu Mukai Vicepresidente e Direttore Generale della Zen Nihon Toyama-Ryu Iaido Renmei Sergio Hernández Beltrán Presidente Associazione Toyama-Ryu España Spain Branch Director Zen Nihon Toyama-Ryu Iai-Do Renmei Responsabile del RYUBUKAN DOJO C/ Barri, 7 LA PARROQUIA D'HORTÓ, 25714 (LERIDA) ryubukan@hotmail.com Cristóbal Gea Gea Segretario Associazione ToyamaRyu España Responsabile del YOSHIKAN DOJO C/ San Salvador 9, bajos. RIPOLLET, 08291. (BARCELONA) yoshikandojo@yahoo.es Victor Herrero Perez Relazioni Internazionali Associazione Toyama-Ryu España Responsabile del KEN-ZEN DOJO C/ Berenguer, 3 . SANTA MARGARIDA I ELS MONJOS (BARCELONA) dojokenzen@gmail.com José Miranda Mateo Direttore Aggiunto Associazione Toyama-Ryu España TADAIMA DOJO Indirizzo: Juli Garreta, 18 17600 FIGUERES (GERONA) josemiranda.tadaima@gmail.com
Reduci dalla positiva esperienza del Festival dell'Oriente di Carrara e in occasione di un seminario che si è svolto nella sede centrale di Genova della sua associazione, noi di CINTURA NERA abbiamo avuto l'opportunità e il privilegio di scambiare due parole con un personaggio che non ha bisogno di tante presentazioni. Infatti, è noto ai nostri lettori più assidui l'impagabile contributo dato dal Gran Master Paolo Cangelosi: oltre 15 anni di collaborazione attraverso numerosi articoli e copertine, altrettanti video didattici dalla sua enorme conoscenza marziale e la partecipazione a innumerevoli manifestazioni e galà internazionali promossi dalla Budo International. Da più di 35 anni impegnato nella divulgazione delle arti marziali tradizionali cinesi, oggi lo vediamo sempre più coinvolto nella realizzazione di innovativi programmi specifici per la difesa personale e gli sport da combattimento. Lo abbiamo voluto incontrare, a riguardo dei progetti che attualmente sta portando avanti in settori che vantano un sempre maggior numero di seguaci e un costante incremento dell'interesse anche da parte dei mass-media in Italia e nel mondo. Un intervista a tutto tondo che Gran Master Paolo Cangelosi ci ha concesso per portare i nostri lettori a conoscenza delle novità e per mandare un messaggio chiaro e tutt'altro che retorico alla comunità marziale riguardo quegli aspetti e valori che tutti, sia allievi che maestri, non dovrebbe mai perdere di vista: il rispetto e la gratitudine. Cintura Nera.: Vorrei cominciare chiedendole dell'evento che sta per avere luogo qui nella sede di Genova della sua scuola, di cosa si tratta? GM Paolo Cangelosi: Oggi faremo uno stage che tratterà due argomenti, la Shuai Jiao e il Jiao Li, l'arte della lotta cinese in piedi e a terra che noi coltiviamo collegandola agli stili tradizionali e che portiamo avanti nei nostri corsi di “Combat Freestyle”. E' un settore dedicato alle tecniche del corpo a corpo e anche di scherma. C.N.: Quindi è un sistema decisamente completo… GM P.C.: Si. Ho codificato negli anni un sistema chiamato W.M.A., Warrior Martial Art, creando un metodo che unisce le principali tecniche degli stili
tradizionali cinesi, giapponesi e thailandesi in un mix adatto al combattimento. Questo settore viene sviluppato in tutte le nostre scuole e prevede un'eventuale evoluzione agonistica. C.N.: Dunque è previsto uno sbocco competitivo del sistema W.M.A.? GM P.C.: E' chiaro. E' stato creato un regolamento per renderlo praticabile a livello sportivo e lo abbiamo diviso in tre categorie: amatoriale, semiprofessionale e professionale. E' previsto l'uso di tutte le tecniche di scherma, pugni, calci, gomiti, ginocchia, il clinch e la lotta in piedi con proiezioni, per finire con la lotta a terra in cui è consentito solo l'utilizzo delle tecniche della lotta stessa e le finalizzazioni attraverso leve articolari e
strangolamenti. In base al livello degli atleti, il regolamento prevede il contatto pieno o meno completo e il relativo uso delle protezioni. C.N.: Ci sono già degli atleti nella sua scuola che si cimentano in questo nuovo sistema da lei codificato? CM P.C.: Certamente. Questo è un sistema di allenamento che esiste da sempre nella mia scuola, nei nostri programmi veniva definito come settore della “tecnica generale”. Poi negli anni si è evoluto ed è stato perfezionato nel “Combat Freestyle”. In passato non era contemplato l'aspetto agonistico, ma veniva praticato solo come metodo di addestramento al combattimento. Oggi, pur essendo ancora nella fase iniziale del percorso, abbiamo già formato alcuni
Intervista
atleti in grado di presentarsi sui ring a combattere. Stiamo iniziando a presentare il sistema in varie manifestazioni come è successo di recente quando siamo stati invitati a un galà a Torino, organizzato da Angelo Baglio, dove si sono svolti due match con il nostro regolamento. Prossimamente, il 18 Gennaio, saremo qui a Genova a presentare di nuovo il W.M.A. e poi andremo avanti a farlo per divulgarlo il più possibile. Chi fosse interessato a conoscere e praticare il nostro sistema, può contattarci in qualsiasi momento. C.N.: A proposito di regolamenti e sport di contatto come si inserisce il W.M.A. in questo contesto, specie nei confronti di discipline come le MMA così in voga ai giorni nostri? GM P.C.: Quello che ho voluto fare non è soltanto una tipologia di combattimento a contatto pieno, perché in giro c'è già tanto di tutto questo. Ho voluto dare un tocco più artistico alla tecnica, oltre chiaramente all'efficacia. Ma l'obbiettivo principale del “Combat Freestyle Cangelosi” è quello di valorizzare la non dobbiamo tecnica perché dimenticare tutto il bagaglio che esiste nelle arti marziali. Non voglio che si riduca tutto a un calcio o a un pugno, ma desidero che la gente mostri il più possibile le tecniche delle arti marziali. Per questo nel sistema ho escluso l'utilizzo dei colpi a terra, perché a mio avviso sono una violenza gratuita più degna di una rissa di strada che dell'etica di un'arte marziale che si rispetti. Il regolamento è studiato anche per stimolare il praticante a manifestare tutta l'abilità tecnica e artistica di cui dispone e non a ridurla a una, due azioni o poco più.
C.N.: Parlando di abilità tecnica, nel recente Festival dell'Oriente a Carrara abbiamo visto impegnato sul ring suo figlio Shan. Come si è comportato il ragazzo? GM P.C.: Direi bene, considerando che ha combattuto con le regole del K1. Provenendo dagli stili tradizionali di kung fu per specializzarsi in seguito nella Muay Thay, questo genere di regolamento così restrittivo di solito lo penalizza molto. Il suo avversario era ben preparato ed esperto soprattutto nel K1, ma Shan è salito sul ring col suo solito coraggio pur essendo cosciente delle difficoltà che poteva incontrare. Si è comportato bene perché ha gestito l'avversario, ha avuto un po' più di fiducia in se stesso e nei propri mezzi variando spesso le tecniche e ciò è un bene. Nel K1 ha ancora la tendenza a portare colpi isolati, dovrebbe esprimere più combinazioni nelle sue azioni di attacco e contrattacco. Ma il match è andato bene, ha vinto e adesso andremo avanti con altre esperienze sia nella Muay Thay che nel SuperKombat. (n.d.r.) http://www.youtube.com/watch?v= O3ZZOdAM8hU C.N.: Ecco, il fatto che fosse all'interno di un evento così rilevante sia a livello tecnico che mediatico come il SuperKombat, valorizza ulteriormente il risultato che ha ottenuto? GM P.C.: Assolutamente si. L'evento è stato organizzato molto bene dalla WTKA e su questo andremo avanti cercando di fare sempre del nostro meglio. C.N.: Tor nando a parlare di Arti Marziali e sport da combattimento,
come si collegano due mondi così affini, ma allo stesso tempo così differenti? GM P.C.: Attraverso le tecniche. La parte tecnica, l'uso delle braccia e delle gambe, è molto simile sia nelle arti marziali cinesi o giapponesi che negli sport da ring, con la differenza che i movimenti vengono scremati dalle coreografie stilizzate e si eliminano quelli che sono i colpi letali e pericolosi adattandoli con le protezioni, mantenendone però riconoscibile la loro matrice che può venire dal Karate, dal Kung Fu, dal Jiu Jitsu, ecc. Questo è ciò che li accomuna maggiormente. C.N.: Allora esiste un importante filo conduttore…Ma c'è anche qualcosa che va aldilà del semplice gesto tecnico? GM P.C.: Naturalmente si. Ci sono i valori che contornano le Arti Marziali e gli sport da combattimento. Quello che noi diciamo sempre è che il rispetto e il senso di gratitudine sono alla base di queste discipline. In merito a questi aspetti, vorrei parlare di una nota un po' negativa che riguarda il mondo delle Arti Marziali. Negli ultimi anni sto frequentando molto l'ambiente degli sport da ring nelle varie riunioni a livello internazionale e una cosa che sottolineo con piacere è il grande rispetto e il senso di appartenenza ben presente tra atleti, coach ecc. Cosa che spesso non riesco più a vedere nel mondo delle Arti Marziali. Anzi, sovente mi capita di assistere a gelosie, invidie e al venire a mancare del senso del rispetto e della gratitudine. Ovviamente è' successo a tutti i maestri del mondo, del passato e del presente e di tutte le arti marziali di
avere a che fare con tutto ciò. Mi è capitato in occasione del recente festival di incontrare degli ex allievi, che per molti anni hanno frequentato la mia scuola, pur trovandosi a pochi passi da me hanno fatto di tutto per evitare di incrociare il mio sguardo. Hanno preferito eludere il contatto, quando invece sarebbe bastato un sorriso, un gesto di solidarietà anche nei confronti di un loro ex-compagno appena sceso dal ring dopo un combattimento. Perché questo comportamento? Proprio nelle Arti Marziali che al contrario insegnano la gratitudine e il proprio rispetto…probabilmente queste persone non hanno ancora capito nulla delle Arti Marziali! (commenta con un velo di amarezza) Questo purtroppo è un dato negativo che devo sottolineare della realtà attuale delle Arti Marziali. Ed è deleterio per tutto ciò che da sempre esse rappresentano. C.N.: Cambiando decisamente argomento, ci può parlare di un nuovo progetto in tema di difesa personale che sta lanciando in questo periodo, il corso F.A.D.? GM P.C.: F.A.D. come Full Action Defense. E' un insieme di tecniche e di utilizzo di attrezzature mirato alla difesa personale, un programma che ho codificato riunendo alcune delle mie passioni, affiancato all'arte marziale. Abbiamo inserito l'uso della pistola, il tiro con l'arco, il coltello, alcune tecniche di difesa personale e la guida sicura ed estrema con l'automobile. Un corso adatto a tutti, alla persona che vuole divertirsi e che vuole vivere delle emozioni un po' particolari, ma anche al professionista come il bodyguard o l'agente di polizia. Sono tutte tecniche
che possono risultare utili ai fini di pubblica sicurezza, ma può essere anche un complemento all'arte marziale stessa. Sparare con la pistola, tirare con l'arco sono sensazioni particolari, un po' diverse dal semplice tirare un pugno o un calcio a un sacco e necessitano di una concentrazione straordinaria. Il coltello sappiamo quanto può essere pericoloso e quindi cosa significhi cercare di avere la giusta confidenza e sicurezza durante il suo maneggio. La guida dell'auto in forma estrema è saper gestire l'adrenalina del momento e agire istintivamente, correttamente, controllare la vettura nelle sue sbandate, frenate e nell'accelerazione di potenza. Tutto questo verrà mixato per trovare tutte le tecniche realizzate e messe insieme così da definire il nostro circuito F.A.D. Utilizzeremo un autodromo che allestiremo con delle sagome per tirare con l'arco, con bersagli per la pistola e riproducendo situazioni di aggressione con coltello e senza, per riuscire a rivivere tutto ciò che è stato lavorato nel corso. Sono piccoli corsi che hanno un inizio e una fine, passando da un livello a un altro progressivamente. C.N.: Perciò la propedeutica di questo corso è adatta a chiunque sia che pratichi o che non pratichi arti marziali? GM P.C.: Certo che si, a 360°! Chiaramente la mia esperienza mi insegna che la persona che già pratica le arti marziali da un po' di tempo risulta essere avvantaggiata per via del maggiore controllo del suo corpo, delle posizioni e della coordinazione. Senza sottovalutare l'aspetto fisico: sparare con una pistola per un'ora è stancante sia
fisicamente che mentalmente. Per non parlare di tirare 100 frecce con un arco da 30 o 40 libbre, che impegna notevolmente la muscolatura. Quindi è un lavoro non solo mentale ma anche molto fisico. Allo stesso tempo il divertimento che coinvolge energeticamente la persona, mi ha fatto notare in queste prime sessioni che gli allievi ne escono assai entusiasti. C.N.: Siamo quasi in conclusione di questo nostro incontro. C'è qualcosa che vuol dire ai lettori di Cintura Nera? GM P.C.: Innanzitutto sono contento e orgoglioso del lavoro che stiamo portando avanti in collaborazione con Cintura Nera e il portale Marziale Network. A mio avviso è molto importante da un punto di vista culturale perché sono veicoli di comunicazione fondamentali per coinvolgere e aggiornare gli appassionati con notizie da tutto il mondo. Sono felice che Cintura Nera torni ad essere disponibile anche su carta, oltre che on line, dando la possibilità a tutti i fans di poterla collezionare e avere con se in qualsiasi momento. I lettori di Cintura Nera sanno di avere in mano un mezzo che crea informazione totale sulle arti marziali e su tutto ciò che concerne le discipline orientali. Credo che debbano supportare questo progetto e sostenerlo fino in fondo. C.N.: I lettori si augurano di sapere che continuerà con rinnovata energia ad essere presente tra le pagine di Cintura Nera. Sarà così? GM P.C.: Sicuramente, non mancherò. C.N.: Grazie mille Maestro! GM P.C.: Grazie a voi!
Joki Uema, 10°dan, è stato fino alla sua morte nel 2011 all'età di 91 anni, il principale discepolo di Choshin Chibana, fondatore del Kobayashi Shorin Ryu. Salvador Herraiz ha conosciuto Joki Uema poco prima della sua morte, nel suo dojo Shubukan di Shuri. Oggi ci consegna un ritratto di questo accattivante personaggio, con un altro dei suoi magnifici reportage sulle origini e le personalità chiave del Karate di Okinawa. Un nuovo articolo che delizierà gli amanti dell'antropologia di un'Arte Marziale che ha conquistato il mondo. Testo e foto: Salvador Herraiz, 7º Dan di Karate, Shuri (Okinawa)
Il Karate di Choshin Chibana nello Shubukan E' una bella giornata a Naha, come la maggior parte delle mattine qui nell'isola del Karate. Dopo essere uscito dal Bunbukan dojo di Masahiro Nakamoto, passeggio per il luogo dove Choshin Chibana aveva la sua casa e il suo giardino, nel quale praticava e insegnava il suo Karate. Sto andando verso la casa e il dojo di Joki Uema, lo Shubukan, che si trova anch'esso nel cuore di Shuri, nella zona dove il monorotaia ha la sua ultima stazione e dove, con un pò di fantasia, si può respirare e immaginare...il Karate degli antenati. Quando mi trovo davanti Joki Uema, un brivido percorre il mio corpo. E' il più anziano discepolo (ancora in vita) del leggendario Choshin Chibana. Il Maestro mi invita immediatamente ad entrare in casa sua, una casa piccola come la maggior parte qui e piena di mobili, suppellettili e ventilatori (molto graditi nella calura dell'estate okinawense). Unito al salone c'è una specie di giardino, forse una volta esterno ma adesso coperto, cosparso di piante verdi. Fornisce alla stanza un bel fresco, non so se reale o psicologico. In ogni caso è molto piacevole. Joki Ukema, 10°Dan Okinawa Shorin Ryu Karate do Association, nacque il 3 giugno del 1920 a Shuri. Imparò il Karate con maestri come suo padre Kama Uema (1855-1926), con Chotoku Kyan (1870-1945), Choshin Chibana (1885-1969), 1- Joki Uema che scende la scala del suo dojo nel 2010. 2- Yasuhiro Uema, figlio e successore di Joki, nel dojo, nel 2012. 3- Joki Uema insieme a Seitoku Ishikawa 4- Uno dei premi riconosciuti al maestro 5- Choshin Chibana 6- Joki Uema e Salvedor Herraiz, nel 2010
Tomba di Chibana Choshin a 1Hantagawa, insieme a quella di Tawada Meigantu, suo parente e anche esperto artista marziale. Il figlio di Tawata Meigantu, Shinsuke, era sposato con Kamado la sorella di Chibana. Tra l'altro, la moglie di Shinjo, l'altro figlio di Tawata Meigantu e la moglie di Itosu, erano sorelle.
Shimpan Gusumuka (1890-1954), Taro Shimabukuro (1906-1980) e il cinese Won Fuen (1864-1954). Eccezion fatta per l'ultimo menzionato, il resto erano stati allievi importanti di Anko Itosu (1831-1915) e quest'ultimo, naturalmente, di Sokon Matsumura (1809-1899). Questa linea tecnica del Karate, allora ancora denominato To De (o anche Okinawa Te), venne integrato con gli insegnamenti di Kobudo che Joki Uema ricevette da maestri come Choen Oshiro (1888-1939), Chuei Uezato (1899-1945) che gli insegnò il maneggio del Bo e anche dal proprio padre Kama Uema, anch'essi discepoli di Itosu in questa arte che attraverso Sokon Matsumura proveniva, in questo caso, dal primo maestro okinawense della storia, Kanga Sakugawa (1762-1843) Ma senza dubbio, è Choshin Chibana il principale antenato marziale di Joki Uema, maestro il cui spirito e tecnica sono salvaguardati in questo dojo. Chibana Choshin (1885-1969) nacque nella cittadina di Torihori, a Shuri. Era il secondo figlio di Chokaku e Nabi e discendente del Re Sho Shitsu (1652-1701). Choshin Chibana fu uno degli allievi più importanti di Itosu. Una curiosità che lo riguarda riferisce di una leggenda che dice che Chibana aveva allenato in maniera speciale l'alluce del piede destro, rendendolo un'arma micidiale. Sembra che sia vero. Nel 1920 Chibana creerà il denominato Kobayashi Shorin Ryu. Shorin Ryu fa riferimento al tempio cinese di Shaolin, e in lingua okinawense significa “piccolo bosco”. Chibana aprì nel 1929 il suo dojo a Gibo (Shuri), precisamente nel Nakijin Goten di Teishi Yoshitsuga (Nakijin Gima), in quello che era il giardino del barone Nakijin (foto a sinistra). Oggi il posto è
1- Il simpatico e tenero maestro Joki Uema che saluta. 2- Salvador Herraiz e il maestro Yasuhiro Uema, insieme a Victoria Ambite e Jose L. Pastor, allievi dell'autore. 3- Joki mostra posizione caratteristica dello Shorin Ryu. 4- Shunukan dojo, a Shuri 5- Joki Uema, venerato maestro.
completamente distrutto e perduto. Tutta una vita dedicata allo sviluppo del Karate ha fatto si che gli venisse concesso l'Ordine di 4ª Classe dall'Imperatore. Anche se in minor misura lo furono anche Masahiro nakamoto, Katsumi Murakami e Fumyo Nagaishi, i principali allievi di Chibana furono Chozo Nakama (Shubokan), Yuchoku Higa (Kyudokan), Katsuya Miyahira (creatore dello Shidokan, che fu anche allievo di Anbun Tokuda e Choki Motobu), Shoshin Nagamine (fondatore del Matsubayashi e anch'egli discepolo di Choki Motobu, Ankichi Araraki e Chotoku Kyan), Shuguro Nakazato (Shorinkan) e il nostro protagonista di oggi, Joki Uema, del dojo Shubukan. Mi sento incredibilmente bene con Sensei Joki accanto a me. “Conosci il mio dojo?” - mi domanda subito. Io in verità sono già stato lì, ma gli dico di no (una piccola bugia da farmi perdonare) vedendo che il maestro vuol mostrarmelo. Si accede da una scala ester na. Sensei Uema è già molto anziano, 90 anni (e difatti morirà pochi mesi dopo) ma mi tratta con affetto e con un'allegria che mi arrivano al cuore. Lascio che egli stesso mi porti al suo tatami, sarà una grande opportunità per immergermi nei recessi di quel luogo e dei suoi ricordi con una ineguagliabile guida. Uema Joki, nonostante l'età
“Senza dubbio è Choshin Chibana il principale antenato marziale di Joki Uema, maestro il cui spirito e tecnica sono salvaguardati in questo dojo” avanzata, non si limita a salutare da in piedi prima di salire sul tatami, ma quando può si inginocchia e si inchina completamente in segno di profonda riverenza. In realtà ho già visto questo rispetto profondo e pieno di contenuti in altri maestri con grosse limitazioni fisiche, Sogen Sakiyama, Seiko Itokazu...ma non per questo smetto di esserne ammirato. Il dojo Shubukan venne aperto ufficialmente verso il 1974, momento nel quale Yasuhiro Uema, allora 6°Dan, lo registra opportunamente nella Okinawan Shorin Ryu Kyokai. Il dojo aveva
funzionato sino ad allora senza nessun tipo di affiliazione, libero come lo spirito dell'autentico Karate do, lontano da politica, inquadramenti,pressioni e etichette. Mentre scorro il mio sguardo sulle foto e sui ricordi che Uema conserva nel suo dojo e che mi mostra pazientemente, il maestro mi osserva compiaciuto rallegrandosi del fatto che io riconosca la gente delle fotografie. Situato in principio nel quartiere di Haebaru, a Onna, lo Shubukan fu trasferito qualche anno dopo al suo attuale posto, nel cuore di Shuri, a Torihori. Logicamente, nel Dojo Shubukan di Uema troneggia una grande foto di Chibana Choshin. Non poteva essere altrimenti. Come i lettori sanno perfettamente, lo Shorin Ryu utilizza un tipo di respirazione normale (nogare) e movimenti agili e naturali. L'aspetto sportivo del Karate non è contemplato in assoluto, poichè questo viene inteso come un Budo concentrato su se stessi e allo sviluppo dello spirito. Come parte di suddetto Budo, il Karate deve avere nella sua pratica lo stesso, unico obbiettivo. Kata, Kihon Dosa, Makiwara e Sagi Makiwara (sacco di sabbia) sono le pratiche che si realizzano nel Karate dello Shubukan nel quale in passato si è aggiunto segretamente qualche sprazzo di Ju Kumite, di nascosto dal maestro.
E in questo luogo, quando Uema Sensei decide di traslocare il dojo nell'edificio che occupa adesso, dal 2°piano fino in cima, la pratica del Karate non si ferma durante i necessari lavori e viene svolta all'aria aperta. Anche se a Okinawa logicamente non si spaventano vedendo il Karate per la strada, alcuni curiosi si uniscono ai loro allenamenti, in condizioni estreme per il calore estivo e il gelo invernale, il pavimento duro..., aspetti che secondo Sensei Uema influiscono nella pratica del Karate e anche nella sua tecnica. La pazienza di Sensei Joki con questo piccolo spagnolo perdutamente innamorato di Okinawa è eneorme e quando devo andarmene, lui non solo mi accompagna alla porta, ma mi segue sul marciapiede scortandomi, come se volesse che rimanessi. Mi commuove. Torno indietro e continuo con lui ancora qualche minuto davvero indimenticabile...entro di nuovo in casa sua e quindi mi mostra delle posizioni caratteristiche dello Shorin Ryu. Il suo kime è fantastico per la sua età e il suo sguardo concentrato, penetrante e anche demolitore, alberga in un viso quasi angelico. Perdonate la mia sdolcinatezza. In verità credo che Uema sia bisognoso di compagnia e di condividere un tema come il Karate, che è stato la sua vita. Perciò non mi sento colpevole di aver carpito alcune informazioni dalle fotografie e dai ricordi che riempiono il suo soggiorno. Mentre mi allontano sento che ho conosciuto da molto vicino uno dei più i n c re d i b i l i maestri
leggendari...in via di estinzione. Penso, e disgraziatamente ci azzecco, che sarà anche l'ultima volta che l'avrei visto. Joki Uema muore nel Luglio del 2011. Una mazzata per il sottoscritto, perchè anche se non lo conoscevo intimamente, aveva toccato in p ro f o n d i t à la mia anima di karateka. A seguito della sua morte, tornai a visitare il dojo di Joki Uema qualche tempo dopo. Questa volta con suo figlio Yasuhiro che mi accompagna al tatami e col q u a l e r i c o rd i a m o s u o p a d re . D i fatto, lo omaggio con alcune fotografie che feci a Joki Sensei e che accompagnano questo articolo. Yasuhiro Uema, nato il 15 Agosto del 1945, in piena fine della II Guerra Mondiale, che a Okinawa fece molti
danni, è in pensione dopo oltre 40 anni di lavoro, in modo che adesso il Karate occupa tutti i suoi pensieri, il suo tempo e il suo impegno. Sensei Yasuhiro è il Kancho del Shorin Ryu Karatedo Kyokai Shubukan Uema Dojo. Il futuro del dojo sembra essere assicurato anche con il figlio di Yasuhiro, Takeshi Uema, nato nel 1975 e attualmente 6°Dan. Per me sono stati momenti davvero piacevoli, quelli passati nel dojo Shubukan della famiglia Uema. Per questo, ho voluto abbozzare un piccolo ritratto di questo imprtante karateka ora scomparso, che è stato, è e sarà...il maestro Joki Uema. 1- Joki Uema da giovane, davanti a un gruppo di allievi. 2- L'anziano maestro saluta entrando sul tatami del suo dojo. 3- Taro Shimabukuro. 4- Altro dei numerosi titoli e decorazioni ricevute dal maestro nella sua vita.
Grandi Maestri
Arti Cinesi “Mizong Significa ‘Non perdere la propria strategia e posizione’ o ‘Boxe della traccia perduta’, per dare enfasi all'inganno e alla distrazione dell'avversario”
ella storia del Tempio Shaolin si sono registrate 708 forme, delle quali solo alcune sono arrivate fino ai giorni nostri. Anche alcuni stili che si credevano persi si sono recuperati. Possiamo enumerare alcuni degli stili che hanno segnato la storia del tempio Shaolin e che oggi continuano ad essere praticati, come il Taizu Chang Chuan, Da Hong Quan, Xiao Hong Quan, Da Tong Bei Quan, Luohan Quan, Pao Quan (Pugno del Cannone) e Mizong Quan tra gli altri. Oggi parleremo del Mizong Quan Il Mizong Quan è uno degli stili di Shaolin più antichi e più efficaci ed è conosciuto nel mondo intero grazie al famoso Maestro Huo Yuan Jia, uno dei fondatori dell'Associazione Chin Woo e per molti cittadini cinesi un eroe nazionale che ha lottato in favore del popolo. Huo Yuan Jia possedeva una grande padronanza dello stile Mizong Quan e perciò molta gente pensa che sia lo stile proprio della famiglia di Huo Yuan Jia. Anche i suoi discepoli si riferivano allo stile Mizong Quan come al Kung Fu della Famiglia Huo. Lo stile Mizong Quan si estese per tutta la Cina, ma la sua casa era sempre il tempio di Shaolin, quindi si può dire che il Mizong Quan proviene dal nostro Tempio. La famiglia di Huo Yuan Jia sviluppò lo stile e lo ha reso famoso di generazione in generazione. Si dice che il nonno di Huo Yuan Jia visitò il Tempio Shaolin e studio lo stile per alcuni anni, per poi trasmetterlo al padre di Huo, ma non divenne così conosciuto fino a che il famoso Huo Yuan Jia lo sviluppò e lo migliorò, diventandone uno dei suoi maggiori esponenti. Secondo i registri storici del Tempio Shaolin, lo stile Mizong Quan fu creato da un monaco e insegnato nell'arco di molto tempo proprio all'interno del Tempio. Mizong Significa “ Non perdere la propria strategia e posizione” o “Boxe della traccia perduta”, per dare enfasi all'inganno e alla distrazione dell'avversario. Alcuni dei più famosi esperti nello stile Mizong Quan durante la dinastia Song (960-1279) furono Zhou Dong, Lin Chong e Lu Jun Yi. Durante il periodo della Dinastia Qing, negli anni dell'imperatore Qian Long (1735 - 1796), lo stile Mizong Quan si diffuse fino a giungere nella provincia dell Hebei. A quell'epoca un uomo chiamato Sun Tong, originario della provincia dello Shandong, che si era allenato duramente per molto tempo nel Tempio Shaolin, era riuscito a raggiungere un alto livello di perfezione nello stile Mizong Quan. Secondo la storia Sun Tong aveva commesso un crimine, per cui decise di abbandonare la città dirigendosi a Nordest. Nel suo cammino passò per la frontiera del distretto Qing e del distretto di Jing Hai, e insegnò il Mizong Quan nei villaggi di Da Tun e Xiao Nan He. Per questo, in entrambe le zone nacquero due sette di Mizong Quan, che conservarono la tradizione col passare delle generazioni. Una delle caratteristiche essenziali del Mizong Quan sono i movimenti rapidi e i cambi di direzione per confondere l'avversario, fargli credere che attaccherà da destra per poi colpire da sinistra. Quindi possiamo dire che è uno stile che utilizza delle finte per contrattaccare l'opponente e dunque prendere il sopravvento in combattimento. Nella sua pratica bisogna essere fluidi, naturali e armoniosi, combinando forza e flessibilità Una volta comprese le tecniche del Mizong Quan, potranno essere utilizzate in qualsiasi caso e applicare il movimento o la tecnica a piacimento. Questo vuol dire che le variazioni di tecniche saranno illimitate nelle diverse situazioni del combattimento.
N
Testo: Shi De Yang Traduzione dal Cinese: Yan Lin & Bruno Tombolato
Il Kihon Waza (tecniche basilari) è la parte più importante dell'allenamento di qualsiasi arte marziale. In questo DVD, il Maestro Sueyoshi Akeshi ci mostra varie forme d'allenamento di Kihon con Bokken, Katana e a mano vuota. In questo lavoro, si spiega più in dettaglio ogni tecnica, in modo che il praticante abbia una idea più chiara di ogni movimento e di come il corpo deve corrispondere al lavoro di ogni Kihon. Tutte le tecniche sono basate sull'assenza di Kime (forza) in modo che il corpo possa svilupparsi secondo la tecnica del Battojutsu, e anche se può sembrare strano a prima vista, tutto il corpo deve essere rilassato per ottenere una capacità di risposta rapida e precisa. Tutte le tecniche basilari sono eseguiti a velocità reale e vengono poi spiegate per il praticante di raggiungere un livello appropriato. La mancanza di peso sui piedi, il rilassamento del corpo, lasciando cadere il baricentro sono dettagli importanti che il Maestro sottolinea per conseguire un buon livello tecnico, ed un rapporto diretto tra la tecnica di base e l'applicazione reale.
REF.: • IAIDO7
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ORDINALA A:
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E
rnesto Amador Presas è nato a Hinigaran, Filippine, il 20 maggio del 1945. Ha iniziato il suo percorso nelle Arti Marziali Filippine all'età di 8 anni sotto la tutela del padre, Josè Presas. Il Gran Maestro Presas è stato un atleta di talento in molte discipline. Era un atleta universitario di atletica, calcio e pallacanestro. Il suo allenamento nelle arti marziali è eclettico. Aveva il grado di Lakan Sampu (10°Dan) in Arnis, Lakan Sampu in Mano-Mano e decimo Dan nelle Armi Filippine. Era un esperto riconosciuto in Judo, Jujitsu, Bo Jitsu, Kendo, Tonfa, Sai, Chaku, Balisong e Karate. Quando era giovane, il suo sogno era tornare a introdurre quest'arte che era una parte integrante della storia e della cultura filippina. Tuttavia, si rese conto che i sistemi classici risvegliavano un interesse alquanto limitato nelle persone che vivono nel mondo moder no. Analizzando il tratto concettuale dei sistemi classici, rivoluzionò le arti marziali native in un completo sistema di combattimento efficace che destò un maggiore interesse dei praticanti di arti marziali della società contemporanea. Un punto di svolta per il Gran Maestro Presas fu nel 1970, quando cominciò a insegnare le arti marziali filippine all'Università delle Filippine, l'Università di Santo Tomas e il Liceo delle Filippine.
Nello stesso anno venne invitato in Giappone per mostrare l'arte del Arnis all'Expo 70. Gli fu chiesto di confrontare l'Arnis con gli stili di spada conosciuti in Giappone, per cui si guadagnò il rispetto dei maestri giapponesi che definirono la sua arte Kendo Filippino. Dopo essere tornato a Manila, fondò il suo primo dojo. Più tardi nello stesso anno, il Gran Maestro Presas fondò l'Associazione Internazionale di Arnis delle Filippine e Moder no l'Associazione Inter nazionale ARJUKEN (Ar nis-Jujutsu-Kendo) Karate per promuovere formalmente l'arte nativa nelle Filippine. Il suo ambito di insegnamento si estese e cominciò a impartire lezioni all'Università di Santo Tomas, Università centrale delle Filippine, all'Accademia Militare dell'Est, l'Accademia di Polizia Nazionale delle Filippine e alla Scuola Ufficiali della Forza Aerea delle Filippine. Il Gran Maestro Presas desiderava introdurre le arti marziali filippine all'estero. Nel 1975, fondò la Federazione Internazionale delle Arti Marziali Filippine. A partire da quel momento, il suo stile Arnis Presas e le sue tecniche furono ampiamente adottate in Germania, Danimarca, Svezia, Norvegia, Svizzera, Canada, Stati Uniti, Messico, Portorico, Nuova Zelanda, Arabia Saudita, Sudafrica e Australia.
Ha pubblicato numerosi lavori. I suoi libri, L'Arte dell'Arnis, pubblicato nel 1981 e Arnis: Stile Presas e Balisong, nel 1985, mostrano le tecniche base di bastone singolo e doppio, spada e daga e il coltello balisong, oltre ad essere il co-autore di Calci e stretching per bambini con Juerg Ziegler. Il Gran Maestro Presas investigò diligentemente sulle Arti Marziali Filippine per più di 30 anni per sviluppare una
s i s t e m a t i c a concentrazione nell'applicazione dello stile di Arnis in un unico metodo completo di combattimento corpo a corpo chiamato Mano-Mano. Nell'edizione di Giugno del 1991 della rivista Inside Kung Fu, apparse nell'articolo di copertina “Ernesto Presas: il Padre del ManoMano”. Nello stesso anno (1991) fu invitato a un “Budo Gala” in Germania. Un “Budo Gala” insieme a tutti gli artisti marziali rispettati di tutto il mondo. Il Mano-Mano, introducendo tecniche solo tecniche di mano, ebbe un gran successo. Il Gran Maestro Presas viaggiò per tutto il mondo impartendo seminari per divulgare questa arte filippina. A sua volta, numerosi praticanti di arti marziali e istruttori di tutto il mondo gli fecero omaggio partecipando ai suoi corsi avanzati nelle Filippine. Il 6 Settembre del 1996 fu insignito con il “Premio di Gran Maestro” a Jacksonville, Florida. L'8 Luglio del 1996, cominciò una fruttifera relazione tra il GGM Ernesto A.Presas e il GM Juerg Ziegler della Svizzera (www.kungfu.ch), che arrivò ad essere così intensa che GM Juerg Ziegler divenne il rappresentante svizzero del GGM Ernesto A.Presas.
Anche il GM Juerg è diventato il vero pioniere del Kombatan/ Arnis moderno in molti paesi di tutto il mondo e ha diffuso l'arte del GGM Er nesto A.Presas. Nel 2001 GM Juerg viene promosso Maestro Istruttore dal suo mentore, Maestro, padrino, e vero amico, GGM Ernesto A.Presas che gli riconosce tutti i diritti per promuovere e diffondere ancora di più l'Ar nis Kombatan/ Moderno senza alcuna restrizione. Il GM Juerg Ziegler è responsabile del lancio del Kombatan in Svizzera, Finlandia, Lettonia, Portogallo oltre che in Cambogia, Singapore, Malesia, ecc. Tutta la sua famiglia pratica Kombatan. Il 21 di gennaio del 2008 il Gm Juerg Ziegler ha ricevuto il grado di 9°Dan di Kombatan dal GM Ernesto A.Presas. E' presidente della “Comunità mondiale di Kombatan” - nominato e autorizzato dal GGM Ernesto A.Presas. Disgraziatamente il GGM Ernesto A.Presas morì il 16 Novembre del
2010 lasciando un grande patrimonio con il quale i suoi allievi in tutto il mondo devono proseguire, specialmente i membri della “Comunità mondiale di Kombatan” (www.kombatan.eu) Il Kombatan combina vari stili filippini che si sono fusi in una sola Arte: • Palis • Hirada Batangueno • Sungkiti Tutsada • Abaniko Lungo / Corto • Doblada / Doblete • Banda e Banda • Sinawali • Spada e Daga • Daga sa Daga • Dulo Dulo • Due Punte • Tre Punte • Sibat / Bangkaw • Mano-Mano • Sipaan • Dumog
Serie Tecnica
Arti Filippine
KOBUDO AIKIDO/KENDO/IAIDO
10171 Kimono de Kobudo
Ref. 11145
Ref. 11160
Giacca Kendo. Tessuto speciale Giappone
Hakama Giapponese. Nero
Ref. 11170
Ref. 11140
Hakamas. Japรณn. 100 % polyester. Azul
Ref. 11152
Ref. 11141
Keikogi. Giacca Blu Marine
Keikogi.
Ref. 11150 Giacca Aikido Bianca
Chaqueta de Aikido. Algodรณn
Ref. 11220
Ref. 11151
Armatura Kendo. Giappone.
Kimono Aikido
Ref. 11231
KUNG-FU
Tenugui (fascia)
Ref. 11153 Giacca Aikido. Bianca. Speciale "grana di riso". Estate
Ref. 11109
Ref. 11234
Hakama Nero
Ref. 11210
Cintura "Obi" Iaido. Bianco o Nero. 320cm. x 8 cm.
TAICHI
Armatura da Kendo. Origine asiatica
Ref. 10650/51/52
Ref. 11230
Giacca da Kung Fu Blu, Nero, Rosso
Borsa Armatura. Giappone
Ref. 10816 Kimono Tai Chi. Grigio
Ref. 10632 Kung Fu saten negro con ribete rojo
Ref. 10611 Chaqueta Kung Fu negra. Botones Negros
Ref. 10640 Kung Fu rojo/negro. Algodรณn
Ref. 10820
Ref. 10830
Kimono Tai Chi. Allenamento. Nero
Kimono Tai Chi. Allenamento. Bianco
Ref. 10620 Ref. 10815
Kung Fu Wu Shu. Cotone
Ref. 10612 Giacca da Kung Fu. Bottoni bianci. Bianca
Kimono Tai Chi. Avena
Ref. 10671 Pantalรณn de Kung Fu. Algodรณn
Ref. 10610 Kung Fu rosso/nero. Cotone
Ref. 10630 Kung Fu filettato bianco
NINJA/PENJACK SILAT Ref. 10870 Divisa bianca da Tai Chi con ricamo
Ref. 10821
Ref. 10831 Pantalone Tai Chi Bianco
Pantalone Tai Chi Nero
YOSEIKAN/SHIDOKAN Ref. 13651
Ref. 10840 Kimono Tai Chi. Allenamento. Arancio
Ref. 13652 Ref. 10910 Ref. 13311 Ref. 10920 Kimono Ninja. Nero. Con rinforzi
Ref. 13351 Ref. 13400
Ref. 10190
Ref. 10175
Ref. 11800
LE ARTI MARZIALI E IL CAMMINO INTERIORE on c'è da stupirsi che molti studiosi oggi cerchino nelle arti affini il riempimento di quelle che vengono sentite come delle carenze. Possiamo vederlo chiaramente negli innumerevoli praticanti che si formano in quattro o cinque arti marziali differenti. Questi non sono i tempi in cui la fedeltà alla via designa l'onore profondo del praticante. I tempi sono altri e in questa nuova epoca, tutto è lecito! Si consolida la linea della ricerca dello spirito e della soddisfazione del desiderio. Si cerca di saziare tutte le brame e le frustrazioni. Attraverso un profonda osservazione, possiamo dire che è un'epoca di riscatto interiore, riscatto dei valori della comunione, tenendo presente l'intenso movimento che la globalizzazione sta provocando in tutto il mondo. In Europa questo è assai palpabile. Adesso non vengono formati maestri di una sola arte. Sotto questo aspetto, i maestri di Bujutsu dell'antico Giappone erano avanti a noi nel tempo e nelle scoperte marziali. Esaltavano una coscienza delle proprie carenze e stabilivano come obbiettivo l'apertura della mente nella ricerca della perfezione delle tecniche di combattimento. Il concetto stesso del “Bugei SanJuropan” stabilisce questa linea di crescita militare, precedentemente concepita sotto forma di Seteigata. Varie forme, varie versioni, varie scuole... Ognuno lo faceva a modo suo e allo stesso modo raggiungevano la pienezza. Qual'era il più corretto? E il più autentico? E' lo stesso che commentare i sistemi militari attuali. Forse la differenza è radicata nella ricerca della saggezza - il modo di utilizzare bene ciò che si possiede. Per lo Zen, a questo punto, la saggezza non è una nostra conoscenza comune, è la conoscenza innata, la nostra connessione innata e intuitiva, come il principio fondamentale del continuare, che si chiama Tsuzukeru in giapponese. E' l'atto del “praticare profondamente”; potremmo tradurlo come “proseguire”, proseguire profondamente nella perfezione della saggezza. Quindi, “praticare” è una buona parola per “proseguire”. Proseguire significa, ai nostri tempi, continuare. Continuare la ricerca, lo studio, sperimentare, aprirsi...Diventare tutt'uno!
N
“Ovunque tu vada, vacci con tutto il cuore!” Saggezza Orientale Tuttavia, è anche una nuova epoca di scoperta. Ciò che è nascosto sale in superficie per farsi notare. Non stanno forse alcune antiche scuole rinascendo, riorganizzandosi adesso nel panorama delle pratiche marziali? Questa è la strada! In un'analisi rapida e concisa, sono stati il nostro orgoglio e il nostro egoismo a provocare le guerre, i massacri delle Crociate, i roghi dell'Inquisizione e gli orrori della Schiavitù. Così, nel corso dei secoli, siamo progrediti molto di più da un punto di vista materiale, esterno, che nella quotidanità etica, intima, spirituale. E' perfettamente naturale che i titoli, le designazioni funzionino nella vita pubblica e privata, stabilendo delle linee di rispettabilità nelle situazioni individuali o di gruppo, nell'ambiente in cui si manifestano. Ciò nonostante, ci sono persone che di tale concetto ne fanno oggetto di una costante idolatria, solennizzando a tal punto
“Aspirare alla felicità e proteggerci dalle disgrazie è possibile se facciamo si che la nostra volontà e i nostri desideri vadano aldilà di ciò che giunge dal mondo sensibile, mutante e instabile e anche se non ci rattristiamo di ciò che ci sfugge del mondo sensibile” (Poesia Sufi)
Arti Tradizionali la propria condizione che non si rendono conto di cadere loro stessi schiavi di pericolosi formalismi. Speriamo che questo rinnovato interscambio con le arti antiche, risvegli l'uomo marziale moderno a coltivare la cortesia. Ma fuggiamo dalla superficialità e dal calcolare tutto ciò che fa parte del vivere comune. Nelle arti antiche, questo osservare all'interno non avveniva sempre in maniera piacevole per l'allievo, infrangendo il convenzionalismo occidentale. Shiken è una parola giapponese che significa prova (test). E' il momento in cui l'insegnante o il maestro impone determinati sacrifici nella vita dell'allievo, come supplemento di osservazione. Questo può variare dalla perdita di un importante incarico fino ad arrivare a una situazione costrittiva. Esistevano maestri che andavano oltre, non promuovevano l'allievo in un determinato esame, obbligandolo ad abbandonare il suo percorso, per poter così osservare il suo onore e il suo carattere. Sono molte le storie che si riferiscono a questo tipo di osservazione. Alcuni dicono che questo genere di momento è fondamentale per la concessione della fiducia totale da parte di un maestro. Altri dicono che era la prova obbligatoria per ottenere il grado di Okuden. Nonostante ciò, esistono anche delle contraddizioni che rappre-
sentano l'interesse di ciascuna verità. Quello che abbiamo come conclusione tangibile, è che tutte queste forme ebbero la loro origine nel periodo Sengoku, segnato da tradimenti e conflitti. Periodo in cui era diffusa l'infiltrazione di persone di altri clan in una determinata scuola, con l'intenzione di demoralizzare e destrutturare i suoi punti di forza. Molti miti sono sorti da questo genere di osservazione, molte menzogne hanno rafforzato le arti più moderne, additando questo tipo di prove come dimostrazioni di mancanza di sanità mantale da parte di maestri, pazzia, condotta innecessaria e offensiva, ecc... Possiamo notare che diverse fasi hanno caratterizzato le intense rivoluzioni nelle epoche marziali classiche. In passato esistevano diversi tipi di Shiken. I due più conosciuti sono: Uke Ireru - prova in cui il maestro accetta l'allievo come discepolo Nori Koeru - Prova in cui l'allievo supera una crisi, uno calo emotivo. E' ancora facile ai giorni nostri che i maestri utilizzino questo tipo di fondamento per l'osservazione degli allievi presuntuosi che si avvicinano, mostrando buone intenzioni. Ci sono diversi modi di classificare delle persone buone o cattive: Shinjitsu (persona che ha la verità dentro, ma che non possiede lo spirito per ricercarla) e Honmono (Persona genuina e vera, pronta a perseguire i suoi sogni e i suoi obbiettivi); Itsuwari (persona falsa, disonesta) e Damasu Hito (persona che arriva con l'intenzione di mentire). In un modo o nell'altro, questo bene o male, le informazioni di stampo storico e antro-
pologico, ci portano a comprendere che, come allievi, per scoprire la verità ognuno deve vederla obbiettivamente, intimamente e anche con spirito critico. Vederla con quell'interesse personale che si ha attraversando una fase critica della nostra vita, quando tutto il nostro essere viene messo in discussione. Il problema centrale è la completa e assoluta liberazione dell'uomo, prima psicologica o interiore e in seguito, esteriore. Non c'è una reale separazione tra “l'interiore” e “l'esteriore”... “Non fidarti di me, se ti manca il coraggio” (Iscrizione incisa in un antico pugnale) Esistono due punti molto importanti nel rapporto allievo-maestro, tenendo conto che il primo - il maestro - è responsabile di guidare la personalità dell'allievo che è orientato verso il percorso marziale. Questo perchè in relazione alla vita e alle sue attività, la libertà di azione deve essere ricercata in maniera libera e verace e per secondo, che attraverso le sue esperienze vada a costruire ciò che crederà migliore per la propria esistenza. In passato, principalmente, è stata fatta molta confusione per ciò che riguarda il rapporto Sanpai-Kohai, a causa dell'influenza del Bushido: “Il vassallo non è nulla senza il suo signore” - che ha portato all'indescrivibile sensazione di fragilità da parte dell'allievo che, in generale, si rifletteva nell'immagine del maestro perfetto e inamovibile: bene, se siamo portatori di una leggenda personale che cerca un'evoluzione, nulla è perfetto, tantomeno inamovibile. Rafforzare significa, secondo il vocabolario, rendere più forte o robusto, rinvigorire, corroborare; fig., dare animo a, infondere forza; ver. Rifl., irrobustirsi. In altre parole, il maestro deve fornire all'allievo le condizioni perchè questi cerchi di sviluppare il suo senso critico, le sue verità nascoste, le qualità che gli attribuiscono la possibilità di pensare con la propria testa, libero da influenze...libero da illusioni esterne. Diventiamo fragili quando crediamo di essere incapaci, disgraziati, quando attribuiamo solo a qualcosa o a qualcuno il motivo della nostra felicità. Se esploriamo l'essere umano nelle sue proprie verità, o in nome della sua coscienza, attraverso una insicurezza interiore, arriverà il giorno in cui si abbatterà questo sistema: una volta allontanato da se stesso, diventa dipendente. Questo è, dunque, uno dei problemi; mentre l'allievo è oggetto di vanto da parte di maestri o scuole, non c'è speranza di una qualche evoluzione interiore. Forza e fragilità sono due recipienti che contengono materie prime distinte, ma che ci conducono al medesimo sublime patrimonio - l'apprendimento. Tuttavia, l'umanità precipitosa identifica nel primo il sapore delizioso della vittoria e nel secondo sperimenta l'insano alimento della sconfitta. Gli errori devono insegnarci molte cose. Essi ci offrono delle occasioni determinanti per la nostra crescita interiore. Quando stabiliamo alcune delle nostre necessità, fissiamo anche i nostri riferimenti. Esiste un lato solo se esiste l'altro. Non c'è maestro se non c'è allievo. Nessuna scuola tradizionale sopravvive solo per la volontà del maestro. Non esiste necessità se non esiste un riferimento. Persino nessun maestro è tale per volontà propria. Il maestro, così come l'allievo, si costruisce per mezzo del rapporto che si instaura tra loro. Nel momento in cui traduciamo lo sconosciuto in ciò che conosciamo, non è più l'ignoto ciò che traduciamo -
“Non c'è da stupirsi che molti studiosi oggi cerchino nelle arti affini il riempimento di quelle che vengono sentite come delle carenze. Possiamo vederlo chiaramente negli innumerevoli praticanti che si formano in quattro o cinque arti marziali differenti. Questi non sono i tempi in cui la fedeltà alla via designa l'onore profondo del praticante. I tempi sono altri e in questa nuova epoca, tutto è lecito!”
i e
Arti Tradizionali anche se è sempre quello l'obbiettivo o il traguardo delle nostre aspirazioni. In ogni momento vorremo sapere, perchè allora avremo continuità. Quando guardiamo avanti, aspiriamo a qualcosa di meglio di ciò che stiamo vivendo. Il momento presente è differente a tutta l'estensione del futuro. Esso è appena una frammentazione di questa aspirazione. Quando desidero solo un momento, non desidero la totalità. Significa che a partire da da questo momento, ne verranno degli altri. Passo dopo passo, di volta in volta...Se questo momento è migliore, è possibile che quelli che restano saranno ancora meglio. Molti dei conflitti che affliggono l'essere umano moderno, vengono da modelli di comportamento che lo egli stesso adotta negli attimi della sua vita quotidiana. E' normale che nel mondo i modelli vengano copiati - che entusiasmino in poco tempo senza analizzare le conseguenze che questi comportamenti possano arrecare. E' altrettanto naturale che le stesse conseguenze di tali modelli siano concepite per coloro che li adottano. Tutte le azioni attuali, che pertanto hanno la loro matrice in quelle precedenti, sono impresse nella memoria profonda dell'essere. Marzialmente parlando, ogni giorno dimentichiamo sempre più gli antichi insegnamenti sulla convivenza allievo-maestro. Ogni cosa si è trasformata in un prodotto! Adesso non mi preoccupo di guardare avanti con l'occhio interiore. Tutto ha a che vedere con questo prodotto che voglio acquisire. Domani vorrò un altro prodotto, poi un altro, un altro ancora... In generale, è il prodotto di moda che viene eletto come quello giusto e il migliore. I grandi maestri delle scuole tradizionali sanno bene che le abitudini viziose e radicate permangono, imponendo da un momento all'altro le loro condizioni, quindi essi incitano l'uomo a mantenere la propria continuità. Allo stesso modo, i sani sforzi nel bene e nella virtù si manifestano nelle pieghe dell'animo e conducono vittoriosi verso gli esercizi interni di edificazione ed evoluzione. “Colui che desidera le cose passeggere, è un uomo disgraziato, ma colui che compie la propria volontà, è un uomo felice”. Le teorie sulla presa di coscienza dell'equilibrio, del rispetto, della razionalità, della non necessità di interazione con il negativo, dell'uso in maniera coerente della ragione, danno la capacità di percepire che tutto il buono o il cattivo che si presenta nel nostro cammino ha origine nei nostri comportamenti. La realizzazione di una nostra azione rappresenta il lancio di una forza dalla nostra personalità interiore, spirituale, verso il mondo esterno. Tale forza segue una propria traiettoria e subisce le leggi del mondo dinamico. Nostra responsabilità è anche una forza lanciata e il suo ritorno nel lungo cammino della nostra evoluzione. Questo parallelismo con il mondo dinamico ci indica ciò che accade nel mondo imponderabile della nostra personalità. Quindi, ricercare momenti, istanti che siano costruttivi è il primo passo per liberarci dai dubbi e dalle oppressioni che invadono le arti marziali. L'importante, a volte, non è cambiare strada, ma come si cammina.
Un grande evento per gli amante dell'acciaio giapponese, Nicola Pastorino di CINTURA NERA era presente ed ha raccolto una preziosa relazione
L
a I.N.T.K. (Itaria Nihon Tõken Kyõkai), l' Associazione Italiana per la Spada Giapponese, si impegna ormai da molti anni nell'intento di avvicinare il pubblico italiano al complesso ed affascinante mondo della tõken, ovvero la spada giapponese realizzata secondo i metodi tradizionali, proponendosi attraverso il proprio sito ufficiale (www.intktoken.it), con la pubblicazione di un Bollettino trimestrale (riservato ai Soci) ed
organizzando eventi con finalità di studio ed approfondimento della materia, concepiti in modo da risultare accessibili e godibili sia per coloro che si avvicinano per la prima volta a questa materia, sia per chi è già esperto. L'ultimo di questi eventi, realizzato con la collaborazione del Comune di Scarperia e del Centro per la Ricerca e la Documentazione sui Ferri Taglienti, si è sviluppato nell'arco di tre giorni, dal 18 al 20 ottobre, nella prestigiosa cornice del Palazzo dei Vicari di Scarperia, al cui interno sono Testo: Gianluca Venier
Intervista
1- Esaminare nuovo hamon. 2- Lucidatrici Gaijin Leon Kapp e Massimo Rossi 3- Comentario traducido Continua. 4- Finestra di lucidatura
state allestite due postazioni per la politura delle lame (togi ba) ed una forgia tradizionale, ricreando l'ambientazione di un vero e proprio laboratorio in cui è stato possibile seguire alcuni interessanti procedimenti per la relizzazione di una tõken. Ospite d'eccezione dell'evento è stato il maestro spadaio (kokaji) Yoshindo Yoshihara, Tesoro Culturale Vivente della città di Tokyo (TõkyõTo Mukei Bunkazai), che per l'occasione ha acconsentito di effettuare pubblicamente un'operazione cui assai di rado è possibile assistere al di fuori del Giappone: lo yaki ire, ossia la tempra tradizionale di una lama. La spada giapponese è universalmente nota per la sua leggendaria capacità di taglio ed allo stesso tempo per la resistenza a sollecitazioni anche molto
“La spada giapponese è universalmente nota per la sua leggendaria capacità di taglio ed allo stesso tempo per la resistenza a sollecitazioni anche molto violente”
violente. Questa caratteristica è resa possibile da una tecnica di forgiatura unica al mondo e da un metodo di tempra del metallo, definita tempra differenziata, che permette di ottenere una lama che abbia contemporaneamente un filo estremamente duro ed affilato, di conseguenza fragile agli urti, ed un dorso più morbido ed elastico, difficile a spezzarsi. Il maestro Yoshihara, di fronte ad un pubblico curioso ed affascinato, ha mostrato come si esegue questo tipo di tempra, come se fosse nel proprio laboratorio. Il procedimento preparatorio è abbastanza lungo; la lama, precedentemente forgiata mediante ripetute piegature e martellature del metallo al fine di eliminare tutte le impurità ed assumere le percentuali di carbonio desiderate, viene ricoperta da speciali 'pastelle refrattarie' che
1- Discorso in giapponese (Hiroko traduce). 2- Guardando yaki ire.
serviranno a creare delle zone in cui il metallo si raffredderà più lentamente, ottenendo così una tempra differenziata. La composizione delle pastelle, una rossa più refrattaria ed una nera meno refrattaria, è assolutamente segreta, viene tramandata da maestro ad allievo ed ogni scuola di forgiatori ha la sua 'ricetta'. La lama, inoltre, non viene ricoperta in modo uniforme ma, mediante un piccolo attrezzo, viene stesa in modo da creare disegni e forme particolari che, dopo il raffreddamento in acqua, andranno a formare il disegno dello hamon, ovvero quella linea di tempra biancastra che rende inconfondibile la tõken e le cui molteplici forme, caratteristiche delle varie scuole, da sempre affascinano gli appassionati. Se la stesura delle pastelle viene eseguita durante il giorno, per avere la luce necessaria a controllare bene gli spessori del materiale, lo yaki ire ha bisogno invece del buio poichè il forgiatore dovrà immergere la lama nell'apposita vasca ad una temperatura di circa 850° ma , non avendo nessuno strumento per misurarla, dovrà valutare attentamente il colore assunto dal metallo per decidere il momento giusto. Si tratta di una frazione di secondo in cui non vi è
ragionamento, il forgiatore si affida completamente al suo istinto ed alla sua decennale esperienza, poichè un attimo di esitazione potrebbe compromettere la buona riuscita dell'operazione. Chi pratica arti marziali troverà delle analogie, soprattutto il praticante di kendo che, nei primi tornei, si rende conto quanto sia difficile fare un ippon. Allo stesso modo, di tanti che in giappone affrontano l'apprendistato per diventare spadai, la gran parte non riesce mai ad ottenere una tempra di buona qualità e molti la falliscono completamente. Eseguito lo yaki ire la lama viene subito presa in mano dal politore (togishi) il quale, in pochi minuti, porta alla luce i dettagli che si sono formati sulla lama e svela la linea dell'hamon: si può dunque capire abbastanza rapidamente se l'operazione ha avuto successo. I politori che si sono alternati sulle tre lame temprate in questa occasione dal maestro Yoshindo sono stati Leon Kapp, uno dei più conosciuti togishi statunitensi ed allievo del celeberrimo Setsuo Fujishiro, nonchè autore di diversi libri sulla tõken, e Massimo Rossi il quale, oltre ad essere Segretario della I.N.T.K. e promotore dell'evento, è anche uno dei primi in Europa ad aver ricevuto un attestato di competenza (shõsho)
che lo certifica come togishi, dopo aver positivamente superato due contest di politura in Giappone. Rossi e Kapp, nel corso dei tre gior ni, hanno avuto modo di mostrare le tecniche tradizionali di politura della tõken, un procedimento spesso lungo e delicato, eseguito interamente a mano mediante l'uso di pietre naturali di grana progressivamente più fine, ed hanno dimostrato come il ruolo del togishi sia importante e cruciale in quanto è grazie alla sua capacità tecnica e sensibilità che si può svelare pienamente il lavoro dello spadaio e godere della tõken quale vero e proprio oggetto d'arte. Senza l'essenziale contributo del politore infatti sarebbe molto difficile apprezzare i mille particolari di una lama, e lo studio di essa diverrebbe praticamente impossibile. A coronamento finale dell'evento, una conferenza intitolata 'All'ombra della spada giapponese', durante la quale Francesco De Feo, uno dei maggiori esperti e studiosi della tõken in Europa, ha suggerito alcuni interessanti spunti di riflessione per chi intendesse affrontare con passione lo studio della spada giapponese ed ha illustrato con grande chiarezza il lavoro del maestro Yoshihara, comparandolo con le grandi scuole giapponesi del passato.
“Il dilemma del disarmo” a quando il primo uomo delle caverne prese un ramo di un albero per usarlo come un clava e poco più tardi affilò una pietra per farne un coltello o una punta di lancia, gli esseri umani hanno utilizzato armi per cacciare o per combattere. Nell'arco dei secoli, le caste guerriere delle differenti culture svilupparono addestramenti specifici e intensivi con armi e sistemi variando i gradi di complessità scientifica. Nella società moderna, l'allenamento avanzato e professionale con le armi è riservato ai militari e ai corpi di sicurezza. Tuttavia, a causa del fatto che le sue radici storiche sono nelle caste guerriere, molte delle attuali scuole di Arti Marziali includono l'uso delle armi nei loro programmi di studio. Aldilà delle sue svariate provenienze etniche, l'allenamento marziale con le armi si può dividere i 3 categorie:
D
ARMI TRADIZIONALI Qui possiamo trovare le armi tipo “Kobudo” dei Samurai, le armi esotiche dei Ninja, gli strumenti da “fattoria e pesca” trasformati in armi dagli abitanti di Okinawa e il bastone “tribale” e i sistemi di coltello delle Arti filippine e indonesiane.
ARMI MODERNE Questo gruppo comprende le armi da fuoco, i coltelli tecnici moderni, i bastoni retrattili, luci tattiche e spray chimici.
ARMI IMPROVVISATE Appurato che virtualmente si può usare qualsiasi cosa come arma in caso di emergenza (una bottiglia, un sasso, un cellulare, ecc.) qui faccio riferimento a quegli oggetti che vengono realmente compresi nei programmi di allenamento con tecniche specifiche e in alcuni casi, anche riconosciuti con attestati di esperto. Questi includono, bastone, cintura (o la corda), ombrelli (lungo o corto) e alcuni tipi di “portachiavi”. Ora che abbiamo visto le basi dell'allenamento con le armi, è il momento di dedicarci alla controversa questione del “disarmo”. Questo dibattito ha diviso istruttori di Arti Marziali e esperti del combattimento di tutti gli stili ed è rimasto tuttora irrisolto. Da un lato ci sono quelli che credono che le tecniche di disarmo realistiche, sicure e effettive possano e debbano essere insegnate da istruttori competenti. Dall'altro coloro che sono convinti che lottare a mano nuda contro qualsiasi tipo di arma sia stupido,
inutile, perfino suicida e non sia nemmeno da prendere in considerazione. Entrambe le parti possono presentare argomenti “logici” e forti per difendere le proprie posizioni, ma alla fine non ci può essere una risposta, ma solo delle preferenze soggettive basate su esperienze personali. Pertanto, qual'è la posizione del Combat Hapkido rispetto a questo argomento? Come fondatore, mi pongo inequivocabilmente dalla parte di quelli che credono nel disarmo. Secondo la nostra filosofia, un sistema moderno di difesa personale deve contemplare tecniche di disarmo efficaci e realistiche che non si basino sulla tradizione o sulla teoria, ma sulle indagini e sulla loro provata effettività nelle situazioni della vita reale. Con il mio bagaglio, un'esperienza di oltre 40 anni nelle Arti Marziali, che comprende 20 anni di intenso lavoro con polizia, corpi di sicurezza e unità militari di tutto il mondo, mi ritengo qualificato per includere il nostro sistema Combat Hapkido tra quelli che hanno una grande componente di tecniche di disarmo e in questo articolo condividerò con voi una serie di regole fondamentali che ho sviluppato nel corso degli anni. In tono scherzoso, ci riferiamo a queste come “i dieci comandamenti del disarmo”. 1. Il disarmo è sempre pericoloso e c'è un'alta probabilità di restare feriti. Se avete un'altra strategia (fuga, negoziazione, arma improvvisata, ecc.) fattibile con più sicurezza e maggiori possibilità di successo, usatela. 2. Se non sei stato adeguatamente addestrato da un istruttore competente e qualificato in questa materia specifica, non ci provare nemmeno. 3. Se non hai veramente fiducia nelle tue abilità o sei a disagio con ciò che devi fare, non lo fare. Usa le tecniche solo se hai fiducia nelle tue capacità e abbi il coraggio di “esplodere” con ferocia e determinazione. 4. Provaci solo da distanza adeguata. Non puoi strappare un arma se non la raggiungi con le tue mani. 5. Pratica le tecniche con frequenza e intensità. Fai centinaia di ripetizioni. Devi diventare veloce come un fulmine. La potenza non è un'opzione. 6. Allenati con le armi solo nella maniera più realistica. I coltelli e le pistole finte, leggere, di plastica, di legno o di gomma, non rendono l'idea, la sensazione o il peso di quelle reali. Questo non è un gioco, quindi non usare giocattoli! 7. Non allenare le tecniche di disarmo indossando uniformi di Arti Marziali o a piedi nudi. I vestiti di tutti i giorni e le scarpe sono essenziali per un allenamento realistico. 8. Ricorda la differenza che c'è tra il controllare un'arma bianca affilata e smussata e le armi da fuoco, così potrai controllare entrambi i tipi di armi. 9. Pratica le tecniche di disarmo sia in scenari luminosi che bui o con poca luce. Apprezzerai le differenze. 10. Per fare un disarmo effettivo, la cosa migliore è conoscere il tipo di arma che si ha davanti e il suo funzionamento, per comprendere le sue applicazioni e i suoi limiti. E' alquanto raccomandabile ricevere almeno un addestramento di base nel maneggio di bastoni, coltelli e armi da fuoco. In conclusione, le tecniche di disarmo non sono per tutti. E' una scelta intellettualmente più complessa e con una carica emotiva molto maggiore rispetto alla difesa da un attacco a mani nude. Potenzialmente è molto più letale. Comunque sia, fatela senza tener conto della mia opinione. In fin dei conti si tratta solo di una decisione personale.
Il Maggiore Avi Nardia, uno dei principali istruttori ufficiali per l'esercito israeliano e la polizia israeliana nel campo della lotta al terrorismo e CQB, e Ben Krajmalnik, hanno fatto un nuovo DVD elementare sulle armi da fuoco e sicurezza, e tecniche di allenamento derivate dall'IPSC. Il Tiro Istintivo in Combattimento (Instinctive Point Shooting Combat IPSC) è un metodo di tiro basato nelle reazioni istintive e cinematiche di sparare a brevi distanze in situazioni veloci e dinamici. Una disciplina di autodifesa per sopravvivere in una situazione di minaccia per la vita, in cui è necessario avere una grande rapidità e precisione; si deve tirar fuori immediatamente la pistola e sparare a breve distanza, senza usare lo spioncino. In questo primo volume studieremo: il maneggio dell'arma (rivoltella e semiautomatica); la pratica di tiro secco e sicurezza; "Point Shooting" o tiro istintivo, a breve distanza e movimento; esercizi di ritenzione dell'arma, sotto stress e multiple attaccanti; esercizi di ricarica, con caricatore, a una mano, ... e, infine, la pratica in galleria di tiro con pistole, fucili AK-74, M-4, mitragliatrice M-249 e anche lanciagranate M-16.
REF.: • KAPAP7 Tutti i DVD prodotti da Budo International vengono identificati mediante un’etichetta olografica distintiva in supporto e realizzati DVD-5, formato MPEG-2 (mai VCD, DivX o simili). Allo stesso modo, sia le copertine che le serigrafie rispettano i più rigidi standard di qualità. Se questo DVD non soddisfa questi requisiti e/o la copertina non coincide con quella che vi mostriamo qui, si tratta di una copia pirata.
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WingTsun
Alla ricerca di uno stile riconoscibile… il Wing Tsun Ho trascorso molti anni a studiare il background e le forme del sistema. Per un po' di tempo mi sono spinto a osservare altri stili di Arti Marziali cinesi e altre discipline da combattimento di origini differenti. Devo riconoscere che in quest'ultimo periodo sono stato molto critico nei confronti del mio sistema: il WingTsun. Nel mio libro “Alto livello” non ho mai preteso di parlare delle eccellenze del sistema e di riempirlo di frasi magniloquenti su quanto è bello e buono. Non posso farlo per una semplice ragione, ho troppo rispetto per le Arti Marziali. Riconosco che non mi piace per nulla, o quasi nulla, la direzione che il nostro sistema stava prendendo negli ultimi anni per svariati motivi. Devo altresì riconoscere che questa dinamica ha
causato non poche critiche verso la mia persona e il mio progetto TAOWS Academy. Alcune di queste, provenienti da insegnanti così illustri da rendermi addirittura orgoglioso che personaggi tanto importanti abbiano speso il loro tempo per scagliare attacchi contro uno così piccolo e insignificante come chi sta scrivendo. Oltre questa mia piccola opera, nei miei ultimi 12 articoli per la rivista Budo International sono tornato a insistere nella mia critica verso quegli aspetti che credo siano chiaramente migliorabili. Ma giunti a questo punto, credo sia altrettanto importante fare un significativo cambio di direzione. Sebbene abbiamo sottolineato con efficacia quali sono i nostri problemi, è arrivato il momento di cominciare a proporre delle idee. Delle soluzioni! Sarete d'accordo con me che criticare è facile, ma farlo in maniera costruttiva per migliorare ciò che si critica, non lo è così tanto. Io lo farò. Una delle cose che più mi sorprende dei praticanti di WingTsun (e delle arti marziali tradizionali in generale) è l'assenza di uno stile riconoscibile. Ovvero, mi sorprende come possiamo dedicare centinaia se non migliaia di
WingTsun
ore alla pratica di forme, tecnica, tattica e filosofia di uno stile di arti marziali, ma arrivati all'obbiettivo finale, il combattimento, prescindiamo completamente dallo stile stesso per fare cose che non hanno nulla a che vedere con il nostro sistema “madre”. E' assai comune tra i praticanti di Wingtsun, allenare con i compagni di scuola ciascuno dei pilastri del nostro sistema e godere di tutto ciò. E' normale constatare che ci sono praticanti con un'eccellente abilità nella realizzazione di sequenze ed esercizi che si svolgono nella pratica del WingTsun. Ma è altrettanto normale constatare che quando qualcuno degli instancabili praticanti di questo sistema si confronta in sparring o si esercita nel combattimento libero con un avversario che “non collabora”, sia assolutamente incapace di applicare qualcuna delle tecniche di questo straordinario sistema di lotta. In uno dei miei ultimi raduni con istruttori di WingTsun di lineage differenti, proposi ad alcuni di loro un esercizio. Gli assicurai che non gli avrei fatto dei danni e che non avrei utilizzato nessun colpo o tecnica che li mettesse in pericolo. Potevano stare assolutamente “tranquilli”. Mi sarei solo limitato a spingere come si farebbe per la strada. In maniera continua e con intensità, ma senza usare alcuna tecnica pericolosa. Loro al contrario, avrebbero potuto usare ciò che volevano… Accadde quello che mi aspettavo: alcuni degli insegnanti (gradi alti del WT con ampia esperienza educativa) furono incapaci di realizzare una qualche tecnica, stando sotto la costante e intensa pressione di uno che li stava soltanto spingendo. Non direte che
non è curioso! Immaginate per un istante che l'aggressore, invece di limitarsi a spingere, portasse degli attacchi pericolosi… Questi, tuttavia, sono capaci di eseguire delle complesse combinazioni di tecniche, sequenze, spostamenti, ecc…quando si trovano nel loro habitat naturale: il luogo di allenamento. In definitiva POSSIEDONO una GRANDE ABILITA' ma non sanno come e quando usarla. Il mio posto come direttore tecnico del dipartimento di WingTsun della Federazione Spagnola di Lotta e Discipline Affini mi consente di conoscere molti insegnanti e diversi rami di questo stile, ma anche, una moltitudine di insegnanti di differenti Arti Marziali. E' un'esperienza che arricchisce, che non solo mi ha concesso di fare molte amicizie, ma mi ha anche dato la possibilità di vedere a fondo le magagne del nostro sistema e di conseguenza le problematiche che circondano altri sistemi simili al nostro. Immagino che qualcuno di voi praticanti di Arti Marziali “classiche” che state leggendo questo articolo, sappiate bene a cosa mi riferisco con questo mio ragionamento. E anche se riconosco di avere l'opportunità di avvicinare e c c e l l e n t i insegnanti e
WingTsun
“Alcuni di noi, avendo deciso molti anni fa di dedicarsi allo studio di un ARTE antica, hanno la necessità di cercare di migliorare tutto quello che gli è stato insegnato”
professionisti che sono capaci di combattere a ottimo livello, credetemi, non è così abituale. Disgraziatamente, la normalità è un'altra…praticanti con grande esperienza nei loro sistemi, che quando devono cimentarsi in un combattimento reale con qualcuno al di fuori del loro ecosistema, sono costretti ricorrere a “qualcos'altro”. In qualche mio articolo faccio riferimento a una ipotetica competizione tra artisti marziali che sono vestiti allo stesso modo…sarebbe impossibile distinguere qual'è il loro stile originale perché tutti si esprimerebbero in una sorta di “full contact” che renderebbe arduo comprendere le tattiche e le tecniche dei loro rispettivi stili. Non mi direte che non vi sembra “triste” dedicare la metà della vita, nella migliore delle ipotesi, per finire col fare una specie di boxe con calci che permetta di cavarsela in qualche modo, quando nella maggior parte dei casi pratichiamo stili di lotta con tecniche sulla carta “letali”. Questo e' il nostro punto di partenza. Arrivati a questo punto cercheremo di apportare le nostre idee per tentare di invertire questa situazione. Il peggio che ci può capitare è renderci conto che non lo stiamo facendo bene e che dobbiamo tornare a proporre altre idee. Prova - Errore. Non è forse più appassionante dell'attualità? Alcuni di noi, (Voi praticanti di Arti Marziali nel corso degli anni e anche io stesso) che avendo deciso molti anni fa di dedicarsi allo studio di un ARTE antica, hanno la necessità di cercare di migliorare tutto quello che gli è stato insegnato. Se non ci riusciremo, non sarà perché non ci avremo provato. E', come dico sempre, un nostro obbligo morale con l'arte che tanto ci ha dato. La questione principale è che, portato a una situazione di stress, un praticante con varie decadi di pratica alle spalle non ha fiducia nelle sue eccellenti abilità e conoscenze in un arte guerriera. Forse per questo dovremmo dare un'occhiata a stili che INVECE sono assolutamente riconoscibili. Farò l'esempio di due stili “sportivi” la cui estetica è in entrambi i casi molto caratteristica e per i quali, inoltre, ho un debole particolare: la boxe e il brazilian ju jitsu. In entrambi i casi, un allievo con molti MESI di pratica avrà uno stile molto chiaro e riconoscibile anche per persone con non troppa esperienza nelle Arti Marziali. I praticanti e appassionati di questi due sport di contatto sono capaci di fare sparring o combattimento libero contro qualsiasi avversario di qualsiasi sistema e continuare a farlo
secondo il proprio metodo in cui sono stati formati. Non sto parlando di vincere o di perdere. Pur vincendo o perdendo, un pugile continuerà ad utilizzare (almeno ci proverà) le sue finte, spostamenti, combinazioni, ecc…uno stile assolutamente chiaro. Se qualcuno lo vede dall'esterno potrà affermare senza dubbio: pratica Boxe! Lo stesso succede se vediamo un praticante di BJJ. Pur vincendo o perdendo contro un qualsiasi avversario, cercherà di portarlo a terra per aprire la sua guardia, superarla e finalizzarlo con qualcuna delle sue eccellenti tecniche di strangolamento o leva di cui dispone. In ambo i casi, un praticante di alcuni mesi avrà uno stile totalmente riconoscibile e c'è di più: le differenze con un praticante avanzato del proprio stile saranno evidenziate dall'esperienza, dalla conoscenza più profonda delle tecniche e delle loro applicazioni. Ma non ci saranno sostanziali differenze “estetiche”. La domanda è: dov'è lo stile di un praticante di WingTsun? Mi riferisco, come sempre, a quando un praticante si confronta con un avversario che non collabora e ha un'esperienza similare alla nostra nelle Arti Marziali. Che non è lo stesso che con i nostri propri allievi o compagni di allenamento…credo che sia il punto di partenza. FIDUCIA! E' il concetto principale. Perché un praticante di uno stile di combattimento agisca seguendo i parametri tecnici e tattici dello stesso, è assolutamente necessario che l'individuo confidi nelle conoscenze interiorizzate mediante la pratica. Quando parlo di confidare in esse, mi riferisco al fatto che il possessore di questa abilità tecnica abbia sperimentato in prima persona che è capace di fare qualcosa e che ciò FUNZIONA!!! Per questo, ovviamente, bisogna sottoporre le tecniche e le idee del sistema a un ambiente ostile che ci avvicini a uno scenario un po' più reale. Siccome si parla di qualcosa da mettere in pratica, qui dovremo essere estremamente metodici, realizzare un allenamento graduale e progressivo. Ma non dovremo fermarci mai. Affermo, tra il serio e il faceto, che il veleno può uccidere ma in piccole dosi può servire come medicina e per rafforzare il sistema immunitario. Questo è ciò a cui mi riferisco. Il primo passo dovrebbe dunque essere verso la realizzazione di percorsi che sottopongano ciascuna delle tecniche a un progressivo filtro nel
WingTsun quale il praticante possa provare, su differenti livelli di intensità, la propria tecnica e le proprie idee per consolidarle e poter CONFIDARE in esse. Farle così bene e tante volte da non riuscire a esprimerle in altro modo. Il secondo punto molto importante dovrebbe essere completare integralmente il sistema e studiarlo nella sua globalità. A mio avviso è un errore immenso portare avanti la formazione su “materie” indipendenti. Voglio dire…di solito parliamo tra praticanti di questo o quell'esercizio che sono della Biu Tze Tao, o di quelli dell'Uomo di Legno, ecc…il Wing Tsun è stato strutturato per poter essere studiato e compreso seguendo l'itinerario segnato da queste forme, ma non significa che si debba tenerle separate. È soltanto una questione di metodo. Guardare il sistema come qualcosa di globale. Se visto come strumento da essere utilizzato nelle differenti situazioni e scenari di combattimento, ci farà comprendere meglio come sono e come furono concepite le tecniche. Sarà il secondo, ma non meno importante elemento per poter di nuovo CONFIDARE nelle nostre tecniche e strategie. Il terzo punto che propongo è un tantino più delicato. Guardarci nello stesso specchio che altri sistemi di combattimento hanno usato per arrivare a quanto detto, ma sempre senza dimenticare CHI SIAMO e da DOVE VENIAMO. Difficile? A noi piacciono le sfide! I passi dovrebbero essere i seguenti: 1- Valutare le nostre forze e debolezze 2- Decidere quali sono i nostri obbiettivi 3- Pianificare delle tabelle di allenamento per ottenere quanto ci proponiamo 4- Valutare periodicamente i progressi ed essere costantemente auto critici con il nostro lavoro
“Immaginate per un istante che l'aggressore, invece di limitarsi a spingere, portasse degli attacchi pericolosi…”
5- Introdurre in maniera molto graduale degli esercizi al combattimento con avversari “non WT” Questo ultimo punto è assai importante. Quando pongo l'interrogativo chi siamo e da dove veniamo, credo davvero che un gran numero di praticanti abbiano dimenticato CHE COSA è il WingTsun. Certamente mossi da interessi diversi (economici, egoistici, settarismo, rancori personali, ecc…) hanno dimenticato completamente che il WingTsun è uno STILE DI BOXE CINESE (o lotta cinese, se preferite). E questo, che piaccia o no, deve continuare ad essere così. Se snaturalizziamo totalmente quello per cui il WingTsun è così conosciuto, sparirà come dissolto nell'acqua da un panorama delle Arti Marziali tendente a una perdita della sua identità più che preoccupante. Il WingTsun (e il resto delle Arti Marziali) è stato concepito per combattere. Perché il debole possa lottare con chi è più forte. Per la difesa del paese, della famiglia, di se stessi. Questo punto (forse una visione un po' poetica) non deve essere dimenticato. Bruce Lee affermava (centrando nel segno, come quasi sempre gli
accadeva) che si impara a combattere solo combattendo! Questa piccola ovvietà sembra sia stata scordata. Non prenderemo fiducia facendo demagogia, parlando di quello che erano capaci di fare gli altri o semplicemente opinando sul lavoro altrui. Acquisiremo fiducia attraverso l'unico strumento che ci garantisce tutto questo: la pratica costante, seria e strutturata. Termina qui la colonna di questo mese, nella prossima parleremo di un altro aspetto che risulta assai curioso: la separazione dalla filosofia e dalle perle di conoscenza della cultura cinese del Wing Tsun. Due scuole di pensiero assai differenti: i più tradizionalisti e quelli che propongono un'evoluzione che metta da parte tutto ciò che non è “efficace”. Che ve ne pare? Il mese prossimo discuteremo di questo. Grazie mille per la vostra attenzione e il vostro supporto.
Testo: Gladys Caballero & Pedro Conde Foto di repertorio: Pedro Conde
Il 29 Giugno di quest'anno 2013, è morto colui che è stato l'indiscutibile star di colore del Cinema d'azione degli anni 70. Lanciato nel firmamento dalla sua apparizione ne I 3 dell'Operazione Drago col suo mentore Bruce Lee, la sua figura, che si è offuscata negli ultimi anni, merita senza dubbio uno special come quello che oggi ha preparato il nostro collaboratore speciale Pedro Conde. Un lavoro pieno di dettagli, aneddoti e curiosità della vita di una star, legata alla figura di Bruce Lee e che infranse delle barriere per la comunità afroamericana. Erano tempi in cui lo stesso Bruce Lee, un orientale, e Kelly, un nero, non potevano essere al centro dell'attenzione del cinema di Hollywood e che tuttavia aprirono nuovi mercati, dando luogo a una numerosa quantità di fantastiche saghe, serie e film, molti di serie B, ma con un impatto al botteghino che oggi stupirebbe. Un fantastico reportage che vi offriamo questo mese, per il piacere dei collezionisti, i fanatici del Cinema Marziale e gli appassionati dei “cari vecchi tempi”. Alfredo Tucci
Cinema Marziale JIM KELLY, IL SAMURAI NERO Jim Kelly (James Milton Kelly) nacque il 5 maggio del 1940 nella città di Paris nel Kentucky, anche era originario di Millesburg, che a quei tempi era una cittadina così piccola e umile che non aveva ospedali. Dopo un pò di tempo i suoi genitori si trasferirono a S.Diego, dove suo padre gestiva un negozio di uniformi militari. In questa città iniziò la sua carriera sportiva nella scuola secondaria, praticando basket, football americano e atletica leggera. Quando frequentava l'ultimo anno dell'Istituto venne eletto Miglior Atleta di S.Diego. Per la sua grande capacità nello sport, ottenne una borsa di studio nel football americano all'Università di Louisville, ma la abbandonerà al primo anno. Al riguardo Kelly spiega: “I miei genitori divorziarono e avevo l'opzione di restare a S.Diego con mio padre o di tornare nel Kentucky con mia madre. Non volevo restare con mio padre, non stavo bene con lui; avevamo un problema, poichè egli non voleva che fossi uno sportivo ma un avvocato o un medico. Il Kentucky è uno stato più a sud e a quell'epoca c'era molto razzismo, ma in quel momento non pensai a questo, semplicemente credevo che sarei stato più felice con mia madre”. A causa dei problemi razziali che c'erano al sud, Kelly iniziò a interessarsi alle Arti Marziali: “Cominciai nel mondo del Karate attraverso i libri, perchè a quei tempi non avevo una figura chiara da seguire”. Col tempo, si trasferì a Lexington, dove iniziò a praticare Karate, stile Shorin Ryu Karate, sotto la tutela di Parker Sheldon. Più tardi si allenò con Gordon Doversola, istruttore di Okinawa Te - del quale aveva un bel ricordo - e praticò anche Kenpo Karate con Steve Sander. Nel 1971, Kelly dimostrò di essere un eccellente combattente, vinse 4 campionati di prestigio, tra questi l'International di Long Beach patrocinato da Ed Parker. Rendendosi conto di avere un grande potenziale nelle Arti Marziali, Kelly decise di aprire una palestra di Karate. Mentre insegnava e gareggiava nell'area di Los Angeles, conobbe Hug Robertson, regista cinematografico che stava preparando un film intitolato “Melinda” (1972) con alcune scene di Arti Marziali. Il cineasta chiese a Kelly di collaborare come consigliere tecnico e coreografo. Eventualmente gli avrebbe dato una piccola parte nel film, diventando così la prima stella afroamericana nel cinema di Arti Marziali. Sulla sua partecipazione a questo film, Kelly disse:” Quella di Melinda fu quasi un esperienza casuale. Non ero preparato per fare l'attore, ero deciso a trarre il massimo profitto come istruttore, soprattutto dopo aver vinto gli Internazionali di Long Beach”.
Senza ombra di dubbio la sua apparizione ne I 3 dell'Operazione Drago fu cruciale nella sua carriera e nella sua vita, ma come nacque quell'opportunità? Fu senz'altro per un disegno del destino: Knute Tarkington si ritirò dal progetto di “Enter The Dragon”, due giorni prima di iniziare le riprese e il produttore Fred Weintraub lo contattò. A riguardo Kelly ricordava: “Dopo Melinda, tutti mi dicevano che ero fantastico e che non avrei smesso di ricevere offerte, ecc...la verità è che nessuno mi chiamò in sei mesi, per cui continuavo a insegnare karate nella mia scuola. Un giorno il mio agente mi chiamò e mi disse: Jim, stanno iniziando a girare un film a Hong Kong e c'è un problema con uno degli attori. Voglio che tu vada alla Warner Bros. Non credo che ti daranno la parte, ma faranno molti altri film in futuro e sarà bene che ti conoscano. Andai lì e incontrai Fred Weintraub e Paul Heller. Mi chiesero di dimostrargli qualcosa del mio Karate e quindi mi ritrovai a saltare e a tirare calci come un pazzo. Alla fine mi dissero: Conosci Bruce Lee? Io risposi di no, dal momento che nessuno me lo aveva presentato, anche se avevo sentito parlare di lui per “Green Hornet”. Quello che Fred Weintraub mi disse subito dopo fu: Quando puoi partire per Hong Kong? Hai la parte...” In principio, il progetto era molto attraente. Jim Kelly interpretava Williams, un personaggio che insieme a Bruce Lee e John Saxon, partecipavano a un torneo nell'isola di Han. Che era semplicemente una copertura di un organizzazione di trafficanti di eroina e prostituzione... Tuttavia e nonostante le apparenze, Kelly non era del tutto soddisfatto, secondo quanto dichiarò poco dopo il debutto della pellicola: “Mi hanno ucciso nei primi 60 minuti del film e non ne sono molto contento! John Saxon (che era cintura marrone di Karate e Tai Chi Chuan), si suppone che doveva essere assassinato, secondo il copione originale, tuttavia questo venne cambiato insieme con alcuni dei miei dialoghi, perciò, lui è rimasto vivo e ha guadagnato importanza nella pellicola”. Tutti quei cambiamenti nella sceneggiatura vennero motivati da varie ragioni, tra le quali i problemi razziali: nel 1973 non esisteva una produzione hollywoodiana che avesse come protagonista un afroamericano e un orientale. Da parte sua, John Saxon, credendo di essere stato ingaggiato come l'attore che avrebbe dovuto dare un contributo di qualità e di prestigio al film (era l'unico con un bagaglio cinematografico), si prese molte licenze. A parte quello, ci furono molti altri cambiamenti: “Quando mi diedero la parte per I 3 dell'Operazione Drago andai a Hong Kong. Supponevo di dover stare dalle 3 alle 4 settimane e alla fine rimasi 3
mesi. La casa produttrice del film si prendeva il suo tempo, nulla a che vedere con “Melinda”. Mi piaceva molto Hong Kong, ma dopo un mese e qualcosa, già cominciavo a sentire nostalgia di casa.” Nonostante tutti i contrattempi, Kelly si sentiva molto a suo agio nelle riprese lavorando con Bruce Lee: “Quando lavorai con lui mi insegnò alcune tecniche; ci allenammo in diversi metodi e tecniche di combattimento. Cavolo! - mi dissi Bruce Lee è un tipo davvero duro! Le sue tecniche erano molto dinamiche e molto potenti per la stazza che aveva. Era incredibile. Molte volte sviluppava una potenza tale da fare impallidire un peso massimo. Durante il poco tempo che rimasi a Hong Kong siamo stati molto uniti. Avevamo un'amicizia autentica. Anche sul lavoro, Lee rispettava le mie idee. In una scena di combattimento che girammo insieme, Lee mi disse: “Jim, vuoi che facciamo la scena come avevi pensato tu? So che sei stato il coreografo di un film e so anche che hai esperienza nell'arte della coreografia, così hai tutta la mia fiducia per farla come vuoi. Ma è chiaro! Se hai bisogno del mio aiuto, sappi che sono a tua completa disposizione”. Fu così che coreografai io stesso le mie scene di combatimento, anche se devo riconoscere che in molti angoli e in alcune tecniche, Lee mi aiutò e ne guadagnai molto da un punto di vista visivo davanti alla macchina da presa. Molte volte Lee
mi chiamava e mi diceva durante le riprese: - Jim, che te ne pare? - io lo guardavo e gli dicevo: - Credo che dovresti cambiare questo per quello! - quindi ne parlavamo, ne guardavamo i lati positivi e negativi, analizzavamo la meccanica dei colpi e decidevamo sempre quale fosse la migliore. Lee non mi si è mai rivolto in modo imperativo dicendomi: - Jim, fai così e basta. Devi farlo perchè sono Bruce Lee, il direttore tecnico del film! - Bruce non era così, mi ha sempre dato assoluta libertà per poter cambiare completamente alcune cose all'interno dei combattimenti che avrei dovuto usare nel corso del film. La verità è che ciò mi faceva sentire a mio agio davanti alla macchina da presa”. Con “Enter The Dragon” Kelly vide realizzati molti sogni, tra gli altri conoscere, parlare e perfino allenarsi con Bruce Lee: “Ricordo
un grande complimento che mi fece Bruce Lee, quando finalmente lo incontrai. Gli raccontai che avevo cercato la sua scuola per allenarmi con lui, ma quando la trovai era chiusa, allora lui mi disse: - Jim é un peccato, se ti avessi allenato io, nessun campione di quel periodo ti avrebbe potuto toccare! Kelly sentiva che stavano facendo qualcosa di importante, ma non avrebbe mai immaginato che quel lungometraggio sarebbe diventato il classico per antonomasia del Cinema delle Arti Marziali. A riguardo dice: “ In quei momenti non lo immaginavamo, noi tentavamo di girare un bel film, ma
non potevamo sapere che avrebbe avuto una tale risonanza” Il film spopolò in Occidente. Nonostante la brevità del ruolo di Kelly, il personaggio di Williams colpì profondamente il pubblico, assurgendolo allo status di stella. Perciò venne ingaggiato dalla Warner per partecipare a tre film. Così come riconosceva l'attore stesso in alcune interviste, grazie alle coreografie di Bruce Lee riuscì a far risaltare le sue tecniche nelle scene e in qualche modo, fu quello che si mise più in evidenza dopo Bruce Lee. Quello che è certo è che dopo la morte del “Piccolo Drago”, la Warner puntò su di lui come naturale successore negli Stati Uniti, offrendogli il ruolo da protagonista in “Johnny lo Svelto” (“Black Belt Jones”), in cui fu diretto di nuovo da Robert Clouse. Tuttavia il binomio Kelly & Clouse non funzionò come si sperava, mancava la star, mancava
Cinema Marziale
Bruce Lee! Il film non fece sfracelli tra il pubblico nordamericano, anche se ebbe un enorme successo tra gli afroamericani e nel resto del mondo. Naturalmente nulla in confronto a “I 3 Dell'Operazione Drago”, anche se bisogna riconoscere che in qualità superava le produzioni orientali che venivano proiettate a quei tempi negli schermi di mezzo mondo. Kelly minimizzò la portata di quell'insuccesso in alcune sue dichiarazioni: “Non ero interessato a fare un film con un messaggio particolare, volevo solo intrattenere il pubblico”. Manifestò anche la sua rabbia verso la produzione: “Ho partecipato e collaborato alle coreografie e non sono apparso nei titoli...non succederà un'altra volta! A partire da adesso nel mio contratto ci sarà scritto che il mio nome dovrà apparire nei titoli del film”. Nel film venne menzionato come unico coreografo Pat Johnson (“Karate Kid”, “Le Tartarughe Ninja”, ecc.). Si lamentò anche che gli esperti che parteciparono alla produzione non erano all'altezza di quel lavoro. “Ho rotto la testa a un ragazzo e la mandibola a un altro perchè non erano preparati per combattere con me. Ciò che porto sullo schermo non è realistico, perchè davanti alla cinepresa faccio il contrario di ciò in cui credo. Se la gente utilizzasse quello che vede sullo schermo per lottare in strada, finirebbe col soccombere”. Dopo quella produzione Kelly ottenne una piccola parte in “I Sette Aghi d'Oro” (“Golden Needles”), di nuovo diretto da Robert Clouse. Girato a Hong Kong, l'apparizione dell'attore supera appena i cinque minuti, dove per poco tempo mette in luce la sua abilità. Il film aveva come protagonista Joe Don Baker e anche se vi erano alcune scene di arti marziali, il film era il tipico action-movie degli anni 70. Questo e il precedente lungometraggio furono prodotti da Fred Weintraub, che cercava di ripetere il successo al botteghino di “I 3 Dell'Operazione Drago”. Sebbene non ci sia mai
Cinema Marziale riuscito, conseguì risultati notevoli con la saga di “Karate Kid”. Rispetto al proprio lavoro in “I Sette Aghi d'Oro”un deluso Kelly dichiarava: “ Io interpreto un proprietario di un negozio di antiquariato che fa un unico combattimento per una statua da Agopuntura inseguita da un sacco di gente da tutto il mondo”. Dopo quella tiepida accoglienza da parte del pubblico, non ci fu un terzo progetto con la Warner e firmò un contratto con Jim Brown e Fred Williamson per girare un tipico film del genere “Blaxploitation” ( fusione delle due parole inglesi black (nero) ed exploitation (sfruttamento) - è stato un genere di film che nacque negli Stati Uniti, nei primi anni settanta, quando molti film d'exploitation furono realizzati a basso costo avendo come pubblico di riferimento gli afroamericani - ndt.) intitolato “Dinamite, agguato, pistola” (“Three the hard way”, ndt). Nonostante l'ingenuità e la semplicità della sua trama (un uomo bianco pazzo progetta di annichilire tutti i neri, introducendo un batterio nelle condutture di acqua potabile di tre delle principali città nordamericane) le sequenze di azione erano accettabili e anche quelle di Arti Marziali, ovviamente con protagonista e coreografate da Jim Kelly, lo erano, per cui ottenne un buon successo di pubblico soprattutto da parte di quello afroamericano. Kelly dichiarò: “Ho imparato moltissimo da loro, ma non è importante dire cosa...è chiaro che non voglio essere Jim Brown o Fred Williamson, voglio solo essere Jim Kelly e diventare l'attore nero numero uno del grande schermo”. Il suo lavoro seguente fu “La parola di un fuorilegge...è legge!” (Take a Hard Ride”, ndt.) un western girato in Spagna, precisamente alle Canarie. Quando venne nel nostro paese lo intervistarono in varie occasioni e sulla sua filmografia disse: “Sono solo due anni che lavoro nel cinema; fino ad ora ho al mio attivo cinque film, il più famoso di tutti è “I 3 Dell'Operazione Drago, insieme a Bruce Lee”. Quando gli domandarono che tipo di ruoli interpretasse egli rispose: “Di azione, Tutti i miei film sono di azione. Penso che tramite questi si possa influire in modo positivo sulla gente”. In tutte le interviste gli facevano la solita domanda: “Può dirci qualcosa di Bruce Lee?” - “Chiaro, come no! Eravamo grandi amici, molto uniti dalla nostra passione comune: le Arti Marziali. Bruce Lee era una persona estremamente produttiva, ovvero, faceva sempre qualcosa di positivo, soprattutto credo che è
stato il più grande di tutti gli artisti marziali mai esistiti”. Sulle cause della morte di Bruce Lee, dichiarava: “Beh, non credo siano molto chiare. E' possibile che si sia suicidato perchè come suo amico posso dirlo: penso che avesse parecchi problemi. Può essere anche che lo abbia ucciso la mafia cinese, per aver rivelato i segreti di combattimento del Kung Fu. Ciò che è sicuro è che Bruce Lee non è morto, come qualcuno dice, durante le riprese di una scena”. Kelly aveva le idee molto chiare su ciò che voleva fare della sua vita e del suo tempo. Su questo aspetto diceva: “Per me la cosa più importante è vivere il momento, senza preoccuparsi del potere bianco o nero, ma solo del potere verde (dollari, soldi). Questo è quello che fanno tutti oggi. Non penso mai al passato perchè è una cosa morta, ne al domani perchè magari non ci arriverò nemmeno”. L'attore, nelle dichiarazioni che rilasciò nel nostro paese, faceva riferimento al potere nero o bianco perchè in gioventù simpatizzò con alcuni gruppi estremisti delle “Black Panthers”. Era interessato principalmente dai movimenti di liberazione dei neri, infatti fece parte della Black Karate Federation (BKF), fondata da Steve Sanders, che difendeva e appoggiava questi ideali. Il logo della scuola si può apprezzare sullo sfondo del dojo di Jim Kelly, all'inizio di “Enter The Dragon”. Per quello, quando raggiunse la fama, essendo cosciente di ciò che per gli egli rappresentava afroamericani, prese contatto con molti dei suoi simpatizzanti, tra questi Cassius Clay, verso il quale nutriva un grande rispetto per ciò che rappresentava per la sua razza. “Rappresenta tutto per la gente di colore. E' un simbolo, un eroe, un leader. Incute un grande rispetto, ma è una persona che suscita sentimenti estremi: o lo ami o lo odi. Non esiste una via di mezzo”. I gior nalisti spagnoli rimasero sorpresi dalle sue dichiarazioni e dalla abilità marziale di quel combattente di due metri di altezza e 81 kg di peso, che in apparenza - tutti erano concordi - riuniva tutto quanto necessario per diventare un fenomeno di massa. In “La parola di un fuorilegge...è legge” lavorò nuovamente con Jim Brown e Fred Williamson, protagonisti di quest'ultimo insieme a Lee Van Cleef. In questa pellicola Kelly ebbe una parte secondaria, intepretava un meticcio esperto nel combattimento, il
suo ruolo non fu molto lungo anche se intenso. Nel suo film successivo, lavorò ancora con Jim Brown e Fred Williamson. Quella produzione s'intitolava “I tre Inseparabili” o a seconda dei paesi “Trio Mortale” (“One Down, Two to Go”, ndt), un ibrido che non riuscì a rientrare nella categoria del Blaxploitation. Nuovamente, il peso del film ricadde sui suoi compagni, relegandolo a un ruolo di secondo piano...dopo di quello fu impegnato ancora con Fred Weintraub, uno dei produttori di “Operazione Drago”, nelle riprese di altra pellicola. Il lungometraggio s'intitolò “Hot Potato”. Il film fu girato in Thailandia e diretto da Oscar Williams, distribuito dalla Warner Bros. Un miscuglio di commedia e azione che non piacque a nessuno, tantomeno ai suoi protagonisti secondo quanto dichiarò Kelly: “Tutti abbiamo commesso degli errori, la sceneggiatura era interessante, ma il film...” “Il Samurai Nero” (“Black Samurai”) non ebbe miglior sorte dei suoi predecessori. La sua carriera non riusciva a “decollare” in Nord America e perciò decise di accettare un proposta per realizzare un film a Hong Kong, che si intitolava “Hong Kong Connection” (The Tattoo Connection”). In questo lavorò con Tao Tan Liang, famoso attore del Sudest Asiatico, che spiccava per la sua destrezza con le gambe e diretto dal sopravvalutato Lee Tso Nam. Qui vi partecipò anche Bolo Yeung. Il lungometraggio, per essere una produzione della colonia, era abbastanza interessante, tuttavia venne “quasi” ignorato in Asia e in Occidente. Indiscutibilmente l'attore passava di film in film in una evidente involuzione...Kelly accettò di girare un film condividendo il ruolo di star con George Lazenby, colui che sostituì Sean Connery quando questi lasciò la saga di James Bond. Il film si intitolò “Gli amici del Drago” (“Death Dimension”), una produzione di serie B che fece la stessa fine delle sue precedenti. Deluso, decise di accettare solo quei ruoli che erano realmente interessanti... Intanto, dedicava il suo tempo e attenzioni al tennis e mantenne la sua parola...Kelly iniziò a praticare questo sport nel 1975 e divenne professionista, raggiungendo il numero 2 del ranking in California nel doppio maschile e riuscì a rimanere tra i primi 10 dello Stato anche nella classifica del singolare maschile. In seguito aprì un tennis-club nella zona di San Diego in cui, oltre a gestirlo, dava lezioni. Tra i suoi allievi c'erano alcune celebrità della città. Da allora, anche se continuava a praticare le Arti Marziali, si dedicò di più alla
“racchetta”, sparendo praticamente per un pò di anni dalle scene delle arti da combattimento, comparendo di tanto in tanto su alcune riviste o in alcuni eventi sportivi. Su questo argomento Kelly dichiarava: “E' incredibile come molte persone ancora mi ricordino per “Enter The Dragon”, sono passati gli anni e non mi dimenticano”. Jim Kelly che, aprendo il suo tennisclub, praticamente si ritirò dalla settima arte, fece un cameo in “Mr.No Legs” (1979). Partecipò come special guest in un capitolo di “Autostrada verso il cielo” (1985) e per un impegno preso tornò davanti alla macchina da presa in “Afro Ninja” (2009), nel quale aveva una parte molto corta ma significativa nella storia. In tutte le interviste diceva la stessa cosa: “Se mi offrissero un bel ruolo, un progetto solido, tornerei sul set...” Quel progetto non è mai arrivato, probabilmente se Jim Kelly avesse lavorato con un buon regista e anche con un coreografo di esperienza e talento, sarebbe diventato un attore del cinema di Arti Marziali del livello di Chuck Norris o Steven Seagal. Tuttavia, il suo unico e grande successo, si deve alla sua partecipazione al film “Operazione Drago” e a Bruce Lee. Cosciente di questo, lo ha riconosciuto e lo ha sempre detto nell'arco di tutta la sua vita. Curiosamente, la prima volta che Kelly vide in azione Bruce Lee non fu in “The Green Hornet”... “Sentii parlare per la prima volta di Bruce quando stava realizzando la serie “The Green Hornet”. Tutti parlavano della serie ed io alcune volte avrei voluto vedere il programma ma non ebbi occasione di farlo a causa dell'orario in cui di solito andava in onda in tv. Prima di conoscere Lee, avevo letto alcuni articoli su di lui, in diversi numeri della rivista “Black Belt Magazine”. A parte
ciò, avevo anche sentito molta gente parlare di lui, delle qualità che aveva. “Cielo” - mi dicevo - “se questo tipo è così forte come dicono tutti e ne parlano così bene, deve essere davvero formidabile”. Ebbi l'opportunità un giorno di vederlo in un film intitolato “L'investigatore Marlowe”, assistetti alla proiezione per caso perchè in verità non sapevo che Lee avesse una piccola parte. Ciò che vidi mi impressionò: Lee mi sembrava molto freddo - mi feci un idea preconcetta di Bruce molto prima di conoscerlo personalmente”. A quell'epoca, la comunità marziale era molto piccola ed era facile incontrarsi tutti in qualche campionato o evento - il caso di Kelly non fu un'eccezione... “Lee conobbe il sottoscritto prima che io conoscessi lui, in una competizione di Karate in cui partecipavo. Venne annunciato che sarebbe stato tra gli spettatori e effettivamente lo vidi, anche se non ebbi modo di parlare con lui. La prima volta che lo abbiamo fatto è stato sul set di “Operazione Drago”. Kelly aveva sentito molte storie su di lui, a parte ciò che aveva visto al cinema, e si era creato un'immagine di Bruce Lee che era molto lontana dalla realtà... “Quando ebbi l'occasione di conoscerlo, mi resi davvero conto che Bruce non era come lo avevo immaginato e gli riconobbi un certo carisma, qualcosa che lo circondava ma non riuscivo a decifrare. Durante le riprese ebbi l'opportunità di aver a che fare con lui e di conoscerlo. In quel momento era Bruce Lee, “la superstar”, ma nonostante tutta la fama che lo accompagnava, mi resi conto che si trattava di una persona molto naturale, un uomo autentico e onorevole, leale e pensai che era davvero eccezionale. Lo stesso giorno in cui ci siamo conosciuti, andammo a mangiare insieme e parlammo di molte cose. Io
Reportage sviluppavo una teoria sulla quale lui poteva parlarci giorno e notte. Era sulle Arti Marziali e trattava sul poter astrarre le differenti tecniche di un'arte marziale o di un'altra, al fine di poter avere ciascuno di noi un proprio stile di combattimento. La verità è che questo era un tema a lui davvero caro. Parlava anche di se stesso, ma da questo punto di vista c'era ben poco da dire, ogni volta che lo sentivo parlare non
potevo evitare di pensare che nel suo comportamento somigliava moltissimo a Mohammed Alì (Cassius Clay). A grandi linee i due erano la stessa cosa. Quindi posso dire che ho goduto molto a sentire parlare Bruce Lee. Era quel tipo di persona che doveva sempre fare qualcosa: se per esempio stava parlando, anche di se stesso, doveva gesticolare, spiegare le cose agitando delle mani, la testa,
ecc. Mi divertivo tantissimo con lui, perchè era una persona davvero interessante, oltre che le sue conversazioni erano assai profonde”. In diverse occasioni, Kelly ha parlato delle similitudini tra il carattere di Mohammed Alì e il “Piccolo Drago”: “ Per me Bruce Lee era come Mohammed Alì, aveva quello stesso tipo di carisma che attraeva le masse”.
Cinema Marziale Kelly rimase sorpreso della capacità di Bruce Lee di analizzare tutto ed estrarne l'essenza e curiosamente, deviò su Mohammed Alì... “In un'occasione, io leggevo un articolo di Mohammed Alì e lui me lo tolse dalle mani immediatamente e lo lesse, lo rilesse, sminuzzandolo come se separasse il grano dalla paglia. Lee era così in tutto, nelle Arti Marziali, nella lettura, nell'allenamento. Arrivava sempre
al nocciolo, al centro e al nucleo di tutte le cose”. In più di un'occasione, Kelly li metteva a confronto davanti ai gior nalisti: “Lee aveva un ego grande come quello di Mohammed Alì. La maggior parte della gente non è potuta arrivare lui, ma io ho potuto apprezzare ciò che ha fatto per se stesso, per la sua famiglia e per la sua gente. Quei film di Kung fu hanno fatto più per i cinesi di
quanto abbia potuto fare un Henry Kissinger”. Kelly, così come Bruce Lee, ha subito molti soprusi e offese di stampo razziale; entrambi volevano rompere delle “barriere” per aiutare la loro gente e aprire la strada a quelli della loro razza. Kelly disse a riguardo: “Ricordo che per realizzare la serie Kung Fu presentarono il copione a Bruce, poichè fu scritta da lui e gli piacque da morire, ma quando lo portarono alle produzioni non volevano che avesse come protagonista un cinese, volevano che il progetto lo attuasse un bianco e alla fine trovarono David Carradine. Quello fu il momento in cui Bruce Lee se ne andò a Hong Kong”. Conoscendo questo e altri dettagli ancora, Kelly disse a Bruce Lee: “Voglio che sappia che ti rispetto molto per quello che hai fatto col tuo modo di essere, la tua conoscenza della vita e per ciò che fai per la tua gente e il tuo paese. Questo genere di immagine che hai dato alla tua gente, offrendogli qualcuno da vedere, da guardare a testa alta e di cui sentirsi orgoglioso, è veramente ammirevole". Dicevo tutto questo molto seriamente e con tono alquanto solenne. Lui era consapevole della grande responsabilità che aveva e mi diceva: “Jim, spero che un giorno tu possa fare lo stesso per il tuo bene e per la tua gente!” Sia Bruce che io abbiamo sofferto sulla nostra pelle il grande disprezzo razziale che esisteva negli Stati Uniti verso le persone non caucasiche. Lui sapeva che ciò che aveva fatto per la sua razza era qualcosa di veramente grande e che alle sue spalle c'era sempre un sacco di gente che volevano vedere ciò che faceva, per poi criticare o esaltare le sue gesta. Lee era sotto una grande pressione e lo sapeva. Era troppa pressione per delle spalle così piccole! Penso che fu più difficile per lui entrare nel mondo del cinema che non per me. Bisogna riconoscere che Lee lottò strenuamente per ottenere rispetto verso di lui e la sua persona e ancora di più per la sua dignità come orientale. Era Cinese e innanzitutto devo dire che io non conosco nessuna star cinese negli Stati Uniti; Lee fu la prima e fino ad ora la numero uno. Per il momento, Lee è stato il primo orientale che ha infranto la barriera che esisteva contro gli attori cinesi a Hollywood e questo è qualcosa di cui i suoi compatrioti devono ringraziarlo. Nella mia razza c'è stata gente che lo fatto prima di me, attori di colore come Sidney Poitier, Jim Brown,
Reportage Fred Williamson e altri... Loro furono i primi a percorrere la strada e ad aprire le porte. Al contrario, Bruce non ha avuto nessuno prima di lui che lo ha fatto. I compatrioti di Lee devono ringraziarlo non solo per il rispetto che ha ottenuto in tutto il mondo anche per loro, ma anche per aver facilitato il percorso di altri attori del suo stesso gruppo etnico”. Entrambi non solo erano d'accordo nella lotta contro i problemi razziali, ma condividevano anche le stesse idee e concetti marziali: “Lee e io eravamo simili in un certo senso. Sapevamo entrambi quello che volevamo fare e lo abbiamo fatto. Entrambi avevamo idee differenti sul Karate e sulla strada da prendere, perchè le mie tecniche sono molto diverse dal sistema tradizionale mi riferisco al tipo di parate, pugni, movimenti con i piedi, ecc. Pensavo a tutto questo quando ottenni la Cintura Nera e dopo lo iniziai ad analizzare. Mi dissi: - Studia la boxe di Mohammed Alì e cerca di copiare i suoi movimenti di piedi. Studierò anche tutti i diversi tipi di Arti Marziali che esistono, per combinarli in uno stesso sistema di combattimento. Facendo questo sarò felice, perchè nessuno lo ha fatto prima e sarò un innovatore. Ma mi ritrovai con Lee che faceva la stessa cosa e che aveva iniziato prima che fosse successo a me. Quando avevamo la possibilità di parlare di Arti Marziali e dei differenti sistemi di lotta, molte volte ci si infilava in lunghe discussioni che duravano ore e ore. Il percorso di Lee, quello che pensava fosse il più giusto, era lo stesso che pensavo di fare io. E' come quando hai bisogno di fare qualcosa e nessuno può capirti. Tutto il tuo essere deve fare i passi necessari per arrivare a quel traguardo e solo allora puoi farlo; non importa se sei nero, bianco, orientale o di un'altra razza. Questo è ciò che Lee pensava e io ero della stessa opinione. Lee morì molto giovane, ma a soli trent'anni ottenne ciò che molte persone non hanno fatto in una lunga vita. Lee sapeva quello che voleva e come ottenerlo. Lottò e arrivò al suo traguardo. Per questo, anche se ci ha lasciato molto presto, penso che da qualche parte lui si sentirà orgoglioso, perchè non è passato su questo pianeta come un semplice vegetale o come un essere mediocre, ha lasciato un'impronta incancellabile in molte persone e fin tanto che esisteranno le Arti Marziali, Bruce Lee vivrà nel cuore di tutti”. Ovviamente, per tutto questo e per altre ragioni, tra loro nacque una grande amicizia e durante le riprese venne più volte invitato da Bruce Lee a casa sua, perchè si allenassero insieme nella sua palestra. Su quegli allenamenti Kelly ricorda: “Quando mi allenavo con Bruce Lee, mi insegnò alcune tecniche, perchè io ero abituato a lavorare con quelle del Karate e non con quelle del Kung Fu. Tuttavia, non ho mai avuto nessun problema ad adattarmi. Una volta ricordo che mi ha detto: “Hey, ha davvero mani rapide ed efficaci. Permettimi che adesso io ti attacchi con la mia”. Ero preparato quando egli attaccò e riuscii a pararlo. Lee si sorprese moltissimo e con il suo tipico senso dell'umorismo, mi rivelò che nessuno fino ad allora ci era riuscito prima. La verità è che ne fui orgoglioso, perchè credevo nelle sue parole. Da quel momento in poi i rapporti si consolidarono sempre di più e mentre mi guadagnai un insegnante, trovai anche un buon amico. Durante le riprese di Operazione Drago a Hong Kong, ho avuto la possibilità di stare molto con lui e di
vederlo lavorare e allenarsi fuori dall'orario del set. Così ho acquisito un grande rispetto di lui, specie come artista marziale. Non mi ha mai imposto qualcosa di suo nelle scene di lotta. Sapeva qual'era il mio livello nel Karate, ma nonostante tutto, mi lasciava lavorare in libertà, sempre che non mi allontanassi da quanto previsto dal copione. Fu, senza dubbio, un gran collega di lavoro. Gli devo molto. E' stato un grande maestro di soli trent'anni”. Bruce Lee non aveva soltanto ammiratori, aveva e ha anche molti detrattori. Kelly s'innervosiva molto in merito a questo aspetto...” Attualmente è molto facile per me trovare lavoro, grazie a quello che Lee ha fatto per tutti gli artisti marziali. La gente che non lo ha mai conosciuto personalmente, gli portava molto rispetto; era un grande leader per molti altri gruppi etnici emarginati, specialmente per la gente di colore. Vedevano tre o queatro volte i suoi film e diventava un idolo per loro. In una occasione, un insegnante che aveva una palestra di Karate venne da me e mi disse: -“Hey Jim, com'è Bruce Lee?”- io gli risposi: - “Tu pratichi il Karate. Si suppone che hai conoscenza delle Arti Marziali, perciò potrai vedere quanto vale” ma lui mi disse: - “Molta gente dice che non è così valido, che lo è solo sullo schermo” -. Io gli risposi: - “ Molta gente è invidiosa e gelosa dei successi altrui. Devi tener presente che devi avere una mente molto forte come la sua per riuscire ad ignorare quel tipo di persone che dicono ciò per sminuire il grande mito in cui egli si sta trasformando. Ci sono molti artisti marziali che lo invidiano per il semplice fatto che i loro allievi vanno nella scuola di Bruce Lee e una volta lì, lo ammirano più del loro stesso insegnante. Questo, a volte, risulta molto scomodo; perciò l'arma degli insegnanti consiste nel denigrarlo, credendo che l'ammirazione che i loro allievi sentono per lui verrà rivolta a loro...ma credo che si stanno sbagliando di brutto, perchè Bruce Lee era fatto di una pasta speciale, quella di cui sono fatti solo i grandi miti e contro questo, non si può combattere. Io credo che tutte le palestre che esistono e tutti gli istruttori di Arti Marziali che tentano di diffamare Bruce Lee, dovrebbero riconoscere che grazie alle sue pellicole loro, oggi come oggi, stanno mangiando dal suo piatto, perchè è certo che grazie a lui hanno un lavoro e ogni volta che viene proiettato un suo film, i loro allievi saltano di gioia e di euforia e molti spettatori all'uscita del cinema, cercheranno una scuola per imparare. Per quello non lo ringrazieranno mai ne tantomeno lo ammetteranno...”
Bruce Lee non partecipò mai ad alcun torneo, perciò alcuni maestri ed esperti lo tacciavano di essere un “eroe di carta” o un “campione di celluloide”; ovviamente, tale questione è stata più volte sottoposta a Kelly: “Ci sono molte cose che la gente che lo conobbe non vuole citare circa l'abilità lui che aveva. E' un modo per proteggerre i loro allievi, la loro reputazione, le loro associazioni e il loro ego. Preferiscono tacere...anche se sanno. Come attore aveva tutto: l'anima, l'abilità, il magnetismo. Aveva stile. Non c'è nessuno attualmente che gli si possa avvicinare. Non voglio dire che non siano validi, ma Lee era incredibile. Tuttavia, la gente mi chiede “chi è per te il miglior fighter della storia dei campionati?” A me piacerebbe dire Bruce Lee, ma non posso...perchè non ha mai partecipato a un campionato. Lee combatteva, ma la competizione è differente. C'è gente che in un tatami da competizione non funziona allo stesso modo. Ci sono persone che sono migliori in gara che in allenamento, per la semplice ragione che “c'è qualcosa da vincere”. Quello di cui sono sicuro è che Lee s a re b b e s t a t o m o l t o v a l i d o n e i campionati, molto valido...ci scommetterei la vita. Infatti, dubito molto che qualcuno avrebbe potuto sconfiggerlo”. Infine sottilineava e rimarcava: “A mio avviso, non c'è mai stato e non c'è nessuno di così incredibile...”
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2 pagine di redazionale 12 pagine di redazionale 22 pagine di redazionale
“Realistico, duro, rapido e effettivo, è così che descriverei il Pangamot” “Pangamot è la lotta di strada filippina. Significa “combattimento totale” nel quale tutto è permesso. La vittoria è l'unica meta!”
PANGAMOT - Creato per la strada
BOXE SPORCA
Pangamot, l'Arte Marziale delle Filippine è piuttosto sconosciuta ma alquanto realista, aggressiva ed efficace secondo la mia opinione. Realistico, duro, rapido e effettivo, è così che descriverei il Pangamot. Pangamot, la lotta di strada filippina, significa “combattimento totale” nel quale tutto è permesso. La vittoria è l'unica meta. E' lo stile filippino senza armi, anche chiamato “Panatukan”, “Panajakman” o “Mano Mano”. Il motivo dei differenti nomi dipende dalle tante isole, nelle quali si utilizzano diversi dialetti.
Traduzione di Bastone e Coltello C i sono molti insegnanti che combinano la Boxe con tecniche di gomito, testate e alcune tecniche di lotta a terra e chiamano tutto questo Panantukan o Sikaran. Naturalmente, non è questa la maniera di insegnare le Arti Marziali filippine. Il combattimento senza armi deve essere una traslazione del combattimento Filippino con Armi e Coltello. Lo si può definire Panantukan, Mano Mano o Pangamot se vengono applicati i principi delle Arti Marziali filippine. I movimenti Pangamot sono quasi gli stessi di quelli con il bastone o il coltello, realizzati con i necessari adattamenti.
Nel Pangamot usiamo la Boxe Sporca, che non è paragonabile alla Boxe tradizionale. Nella Boxe Sporca si utilizzano metodi differenti, si gira il pugno nel momento di entrare in contatto con l'avversario. Usiamo “l'anti-boxe”, poichè pariamo i pugni con il gomito, per danneggiare la mano dell'avversario. Possiamo usare 10 armi in maniera effettiva, dalle mani alle spalle. Una parte importante del Pangamot viene descritta dalla parola: anti. Come anti-boxe, anti-prese, antigrappling. Si cerca realmente di rompere il ritmo degli avversari con tutte queste anti-tecniche. Se combatti con un pugile, non cercare di boxare, ma cerca di usare i gomiti, la testa, le spalle...usa prese e leve articolari.
DISTANZE Le distanze che usiamo nel Pangamot sono le stesse di quando usiamo il bastone o il coltello. La Lunga Distanza: Questa è la distanza in cui è impossibile bloccare i colpi con i gomiti. La Seconda Distanza (Media): è quella in cui usiamo le prese, i calci bassi e le tecniche di rottura. La Corta Distanza: è quella in cui possiamo usare tutto il corpo come un'arma, ginocchia, testa, gomiti, spalle e dita. Qui possiamo utilizzare prese, proiezioni, pugni e tecniche di clinch chiamate Sirada. Si può usare di tutto.
COME COMBATTERE Nel Pangamot è importante che i movimenti siano fluidi. Il principio di fluire è lo stesso che nel coltello e nel bastone. Molte volte, nelle Arti Marziali Filippine (Filipino Martial Arts) quando l'avversario porta un pugno di destro, si contrattacca colpendo il bicipite col proprio pugno. Se non si contrattacca in maniera rapida ed efficace, l'opponente ci colpirà col suo pugno sinistro. Se si contrattacca velocemente con il braccio destro, usando il principio di zona, si colpisce il volto dell'avversario e subito dopo si continua con una gomitata, al quale fa seguito un pugno di sinistro. Questa la chiamiamo Manipolazione del Corpo, che vuol dire che delle serie di parate, contrattacchi e colpi seguiranno la difesa iniziale.
DUMOG Il Dumog, anche conosciuto come il Dumog Tradizionale, possiede tecniche semplici per atterrare l'avversario e finalizzarlo più rapidamente possibile. Il motivo è ovvio: la maggior parte dei Filippini hanno un coltello. Nelle Filippine i coltelli sono armi primarie, fanno parte della loro cultura del combattimento. La lotta a terra nelle Filippine è molto rischiosa perchè ci sono numerose armi che si possono utilizzare a terra, come la sabbia, i sassi, o piccoli pezzi di metallo, ecc. Al giorno d'oggi, il Dumog è sostituito da tecniche di altre Arti Marziali.
UNA PENNA COME ARMA Io stesso ha assistito a una rissa tra due ragazzi. La rissa iniziò con pugni e calci. Uno dei contendenti era chiaramente un praticante di judo o ju jitsu. Questo afferrò l'avversario e lo atterrò con una perfetta tecnica di proiezione. I due caddero a terra, l'uomo che atterrò di schiena tirò fuori una penna e la infilò nell'occhio al suo avversario. Non entro nei dettagli ma la rissa finì lì. Conclusione: tutto si può usare come arma!
MODERNIZZATO Ho creato il Pangamot in un modo diverso, usando principi tradizionali e tecniche modernizzate che si adattano ai nostri tempi. I miei principi per il Pangamot sono basati sulla Spada e la Daga, il Tapi Tapi, la Figura Otto e altro ancora. E' un'Arte Marziale molto realistica e facile da imparare. Se volete imparate il Pangamot o diventare istruttori di questo metodo di difesa personale, mettetevi in contatto con me e sarete i benvenuti nel mio mondo, il mondo dell'Eskrima.
Dalla prima elementare ho iniziato uno sport divertente, utile e violento: lo sport che oggi voglio descrivervi è il Kung Fu che in cinese si scrive å˜ ïv. Credo che il mio interesse per le arti marziali venga dal mio pap_ perchè ha studiato Aikido, un'arte marziale che può essere usata anche dagli anziani perché sfrutta la forza dell'avversario.
Il mio maestro è molto forte perché si possono vedere i nervi in rilievo e le braccia dure, è abbastanza magro ma se fosse a torso nudo si vedrebbero i muscoli in rilievo; ha i capelli scuri e rasati. Faccio anche parte della squadra di combact, un piccolo gruppo di allievi bravi che hanno già la cintura gialla o di grado superiore. Il combact è una specie di lotta di pugilato quindi ci si potrebbe fare molto male. Per questo motivo ogni membro della squadra è protetto da: una conchiglia di plastica per i genitali, un caschetto di gommapiuma e plastica per la testa, un corpetto di gommapiuma per il torace e un paio di guantini imbottiti per attutire i colpi. Gli allenamenti si tengono due volte alla settimana dalle cinque alle sei. La palestra è abbastanza ristretta, con il pavimento di legno e un grande tappeto morbido centrale (tatami).
I
l Kung Fu mi piace perché è utile contro i ladri, e gli aggressori come i bulli, ma mi piace soprattutto la parte interiore (non quella delle interiora) perché è calmo; questo aspetto mi piace perché a casa ho una sorellina, certe volte, super-chiacchierona. Adesso ho una cintura gialla con doppia fascia arancione e il titolo di Lao Toe dai (piccolo allievo anziano). Insomma sono il grado più alto del corso dei bambini (apparte il maestro). Il mio maestro ha il grado di Si Back che significa zio; il Si Back ha il compito di essere uno dei bracci destri del Capo di tutta la scuola (il Sifu) e ha la possibilità di succedergli.
Sulle pareti sono attaccate delle vere armi cinesi, come le alabarde e le spade. Alla fine della lezione si fa un gioco ossia un gioco molto più divertente. Una volta l'anno si fa uno stage di due giorni durante i quali si conosce una nuova forma, si mangia cinese e si dorme dentro la palestra, ma prima di dormire si guarda un film che riguarda il Kung Fu. Adesso ho scritto tutto, non so nient'altro, Ni Hao (ciao in cinese).
Testo del tema Scolastico: “Il mio sport preferito” Di Stefano Tronchin
Foto: Mike Lehner Testo: Peter Weckauf & Irmi Hanzal
I
“Non solo si possono usare chiavi, portachiavi (kubotan) o telefonini per difendersi - borse, rossetti, cucchiai, penne, ombrelli, libri, riviste e molte altre cose si possono impiegare in maniera proficua”
crimini violenti contro le donne sono tra gli atti più spregievoli. Siccome le donne di solito non possiedono una grande forza fisica, pensiamo che sia importante sviluppare uno strumento che possa permettere ad esse di difendersi contro un aggressore. Il “S.D.S.Concept” è un concetto olistico di difesa personale creato per le donne, con l'ausilio di esperti di autodifesa, ufficiali di polizia, avvocati e pedagoghi, secondo le esigenze e le specifiche capacità femminili. Le statistiche dimostrano che nel 90% dei casi di aggressione a giovani e donne, gli attaccanti desistono dalla loro aggressione quando incontrano una forte resistenza, che sia fisica o verbale. Pertanto, gli attacchi sono conseguentemente inoffensivi. Questi numeri ci hanno stimolato a insegnare a ragazze e donne le tecniche adeguate per la difesa personale. L'utilizzo di oggetti di uso quotidiano è fondamentale per la difesa personale femminile. Al contrario degli uomini, che tendono a usare i pugni in maniera spontanea, le donne cercano di evitare il contatto col proprio aggressore. Questo rende la possibilità di mettere un oggetto tra quest'ultimo e la vittima un'alternativa attraente. Inoltre, è più difficile che una persona che impiega un oggetto per difendersi resti ferita, rispetto a una che lo fa a mani nude. Le persone fisicamente deboli usano sempre delle armi o altri oggetti che li aiutino a sentirsi più forti e sicuri e perciò
avere una reale opportunità di difendersi da qualcuno più forte di loro.
Oggetti quotidiani vs. Armi di difesa personale
Gli oggetti quotidiani utilizzati per la difesa personale non sono armi. Non si possono comprare in armeria, non sembrano pericolosi e non si identificano facilmente come armi, ma sono molto di più che normali oggetti. Ciò comporta un gran numero di vantaggi per noi. I problemi causati dalle limitazioni personali da un lato e probabilmente dal rispetto che impone un'arma “reale” dall'altro, possono essere le ragioni che portano le donne a non comprare armi. Inoltre, se si compra un'arma e la si usa, o si cerca di usarla, si potrebbero causare soltanto delle reazioni violente, che non avverrebbero se non fosse implicata alcuna arma. Le pistole ad aria, lo spray al peperoncino e i teasers, sono armi che provocano una reazione ancora più aggressiva nell'attaccante, rendendo la situazione decisamente più pericolosa. “Il bluff” è spesso un elemento tattico di difesa personale femminile. Questo significa che prima nascondiamo la nostra volontà di difesa usando oggetti discreti, per poi utilizzarli in maniera effettiva solo quando le cose si mettono male. Non solo si possono usare chiavi, portachiavi (kubotan) o telefonini per difendersi - borse, rossetti, cucchiai, penne, ombrelli, libri, riviste e molte altre cose si possono impiegare in maniera proficua.
Spirito da combattimento - tecnica - strategie Le donne devono tener conto di due fattori in un contesto di difesa personale. Primo e principale, la volontà, è il più importante in qualsiasi situazione di difesa. Vendere cara la pelle il più possibile, lottando incondizionatamente senza arrendersi fino a che non si allontani la minaccia, è il pilastro di qualsiasi spirito da combattimento, che è la condizione primaria per ogni tipo di azione. In secondo luogo, è importante considerare COSA usare e COME farlo, ovvero comprendere e usare le tecniche e le strategie. Comprendere, capire, praticare e assimilare i principi della difesa personale femminile è più importante che praticare sequenze di tecniche. Se abbiamo un piano di emergenza, che possiamo seguire in caso di una situazione di difesa personale, non saremo indifesi. Dovremo quindi sviluppare un programma di automatismi da poter utilizzare in qualsiasi situazione di pericolo. Si devono impiegare soltanto le tecniche più dirette e semplici per la difesa personale femminile. Una buona presa dell'oggetto, il pugno a martello, dei punti deboli la ricerca dell'opponente, la pratica sulle varie
“Si devono impiegare soltanto le tecniche più dirette e semplici per la difesa personale femminile” distanza inclusa la lotta a terra, devono essere parti fondamentali di un programma di allenamento di successo. Inoltre, le strategie di difesa devono comprendere l'allenamento all'inganno, simulare vulnerabilità fino al momento di eseguire le tecniche di difesa, così come le basi del linguaggio del corpo e il comportamento sicuro, l'uso della voce e le tattiche verbali, per un utilizzo immediato e inflessibile.
Cosa fare se non abbiamo nulla a portata di mano? Avrebbe molto senso avere sempre un oggetto appropriato a portata di mano, per esempio una chiave o un
cellulare, ma è anche necessario allenare la mente a percepire gli oggetti che abbiamo intorno, che possiamo usare come armi e capire come utilizzarli per difendersi. Una manciata di sassi o un oggetto tirato fuori dalla spazzatura possono farci guadagnare secondi preziosi. In tutti i casi, ogni sistema di difesa personale dovrebbe essere progettato in funzione dell'evenienza che preveda una difesa efficace a mani nude, ovvero, senza usare oggetti. Il S.D.S.Concept è un concetto di difesa che rispetta tutti questi criteri. Grandi esperti nella difesa insegnano S.D.S.Concept a uomini e donne di tutto il mondo. Inoltre, può essere incluso nei sistemi esistenti e aggiungere un'altra caratteristica ai sistemi difensivi a mani nude. S em pre pi ù i s tr u ttor i apprezzano il S.D.S.Concept e partecipano ai corsi in Europa. Per maggiori informazioni su come diventare un istruttore di S.D.S.Concept e prenotarsi per u n cor s o, v i s i tate l a pagi na www.sds-concept.com I prossimi corsi per istruttori avranno luogo nel 2014. Per ulteriori informazioni visitare: www.sds-concept.com
Nuovi libri! Questo libro è il primo che parla apertamente di una tradizione Sciamanica giapponese che dal Secolo XII rimase segreta. Si tratta della cultura spirituale degli Shizen ("i naturali"), un popolo che raggiunse la sua massima espressione intorno al Secolo XIV sull'Isola di Hokkaido, al Nord del Giappone. La cultura apparteneva alla popolazione Aino, culla di guerrieri e sacerdoti, gli abitanti originari delle Isole, di razza caucasica e in perenne lotta con gli invasori Yamato. Oggigior no solo un tre percento dei giapponesi possiede geni Aino, tuttavia la sua saggezza sul mondo spirituale fu tale che, nonostante l'essenza fu mantenuta segreta, "contaminò" intensamente la cultura giapponese e la sua influenza si può percepire in aspetti dello Shinto, nello Shugendo, nelle Arti Marziali e nelle tradizioni e abitudini di tutto il Giappone. I saggi Miryoku, gli Sciamani del popolo Shizen, erano temuti e ricercati persino dallo stesso Shogun per via del loro potere e delle loro conoscenze. L'e-bunto è rimasto talmente segreto che anche digitando il suo nome su Google, non ne esce niente. La ricchezza della sua eredità è enor me e le sue conoscenze del mondo spirituale e delle interazioni con esso sono sorprendenti e poderose. Filosofia, psicologia, strategia, alimentazione, medicina spirituale ... le materie che compongono l'ebunto sono molto vaste e ricche mentre la sua Cosmogonia possiede la finezza, la profondità e la raffinatezza della Grecia classica. Questo lavoro è dunque una primizia storica, ma anche una fonte d'ispirazione per comprendere come i popoli antichi esplorarono l'ignoto, interagendo in modo sorprendente con le forze dell'Universo, a partire dall'analogia e dal linguaggio dei fatti, giungendo a conclusioni che solamente ora la scienza moder na incomincia ad intravvedere. Una conoscenza che lontano dal rimanere un qualcosa d'infor mativo o sterile, fu utilizzata come medicina spirituale, trasmettendoci un bagaglio immensamente ricco che solo ora, finalmente, incomincia ad aprirsi al resto dell'umanità, trovando in questo modo il suo giusto riconoscimento.
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Reportage
Testo: Peter Weckauf & Irmi Hanzal Foto: Mike Lehner
L'ascia - usata con una mano come il tomahawk americano o con due mani come l'ascia da battaglia - è una delle armi più antiche. I romani, i vichinghi, i celti, gli scozzesi, i germani e molti altri hanno usato l'ascia da combattimento con i suoi temuti e devastanti effetti. Anche ai nostri giorni l'ascia è utilizzata da numerose unità speciali militari. Tuttavia, la ricerca di documenti o anche di luoghi di informazione e insegnamento per quest'arma molto particolare è alquanto esigente. In questa prima parte della lotta con l'ascia ci concentreremo nei fondamentali, nelle caratteristiche peculiari e nei concetti.
Autodifesa
“Il progresso tecnologico nella costruzione di armi ha sradicato molte arti marziali antiche, in particolare, l'ascia e il combattimento con l'ascia. Ma il progresso ha permesso anche di sviluppare una nuova arte marziale che collega un'arma antica a metodi e programmi di formazione moderni�
IL CONCETTO DI COMBATTIMENTO CON L'ASCIA E IL TOMAHAWK Il progresso tecnologico nella costruzione di armi ha sradicato molte arti marziali antiche, in particolare, l'ascia e il combattimento con l'ascia. Ma il progresso ha permesso anche di sviluppare una nuova arte marziale che collega un'arma antica a metodi e programmi di formazione moderni. L'adattamento alle circostanze dei giorni nostri è fondamentale per noi. Imparare a combattere con grandi asce a cavallo non è molto appropriato per il XXI° Secolo, per cui bisogna apportare idee nuove e più attuali. Non vi sbagliate,
abbiamo sempre preso in considerazione gli insegnamenti e i risultati delle altre arti marziali, così come i principi, le caratteristiche, i maneggi specifici e naturalmente le debolezze dell'ascia. E questo è ciò che rende il nostro sistema così interessante, perché si può raggiungere un alto livello di abilità con quest'arma. L'ascia si può usare in situazioni estreme, per esempio per difendersi contro un aggressore armato. Saper fronteggiare degli attacchi non letali, come strangolamenti o tecniche di controllo è tanto importante quanto sapersi difendere dalla stessa ascia. Il ATFC (Concetto del combattimento con ascia e tomahawk) non è veramente un sistema di difesa personale, ma si tratta di un concetto di Arte Marziale basato su dei principi.
Questo ci permette di insegnare delle cognizioni più avanzate, come il perfetto utilizzo dell'arma.
Perché l'ascia è meglio di altre armi nella corta distanza? Gittata più ampia - paragonata al coltello, l'ascia ha una gittata più lunga, se si cambia la presa è molto utile anche nella corta distanza. Più opzioni - L'ascia offre molte più opzioni che la maggior parte delle armi da corta distanza. Poter eseguire un colpo, un taglio, delle parate, pugnalate, manipolazioni, prese, tecniche di controllo, è un v a n t a g g i o innegabile.
Impatto devastante - Colpi molto potenti che possono avere effetti devastanti sulle estremità, sulla testa e su altre parti del corpo senza che questi richiedano un'abilità sofisticata. Il braccio dell'ascia è un obbiettivo difficile - a causa della sua forma, l'ascia è abbastanza difficile da attaccare, disarmare chi la impugna lo è ancora di più. Psicologia - Un ascia ha un aspetto molto minaccioso e da un vantaggio a chi la usa. Strumento - Come un coltello, un ascia è anche uno strumento molto utile…
Perché imparare a combattere con l'ascia? Una delle pietre miliari della mia filosofia è che non ci esercitiamo con un'arma in particolare, ma educhiamo il corpo. L'arma è uno strumento che ci aiuta a imparare i movimenti, a comprendere meglio le distanze, a migliorare la nostra meccanica corporea. Qualsiasi arma possiede le proprie caratteristiche e risorse. Per quello, l'ascia è un'ulteriore sfumatura delle arti marziali, specialmente in funzione dei suoi grandi vantaggi rispetto ad altre armi. Non ci dimentichiamo che la lotta con l'ascia è un'arte marziale riscoperta e che
siamo i primi ad insegnare qualcosa di così particolare.
Parti dell'ascia Manico - Si può usare per parare, colpire, per trafiggere. Contro filo - Si può usare per colpire, per tagliare premendo, per manipolare e penetrare Filo - Si può usare per tagliare, manipolare e colpire. Occhio - si può usare per trafiggere.
Prese Noi le differenziamo tra • Prese a una mano o a due • Presa lunga • Presa corta • Presa media • Presa con entrambe le mani (per parare/colpo centrale) • Presa con entrambe le mani (zona più bassa)
Tecniche dell'ascia Taglio, colpi laceranti, colpi a martello (ritraendo l'ascia), colpi leceranti a martello, infilzate, colpi a martello con il controfilo, tagli corti, spinte e manipolazione con il manico dell'ascia, uso della lama come gancio. Naturalmente, la misura e il peso permettono solo determinate tecniche.
Principi della ATFC I principi sono idee base e regole fisse che vengono classificate al di sopra di tutti i restanti procedimenti di concetti e di strategie. Sono le condizioni e i fondamenti necessari se si desidera capire e applicare un determinato sistema. Pertanto i principi possono essere visti come
la “colonna vertebrale di un sistema. I principi aiutano a comprendere e ad applicare un sistema. Il Concetto di combattimento con ascia e tomahawk non conosce regole. Questo è un principio basilare che permette tutti i tipi di attacchi e di movimenti difensivi e non restringe le opzioni dell'allievo, come può essere il caso degli sport o dell'autodifesa (idoneità). Combattimento aggressivo - lo ATFC non comprende movimenti di difesa passiva o tecniche moderate. L'uso delle armi del corpo (mani, gomiti, gambe, ginocchia, testa) unito a quello dell'ascia vi faranno diventare avversari difficili. Attaccare l'aggressore fino ad eliminare il pericolo. Muoversi con fluidità - ogni movimento inizia il successivo. L'allenamento di doti come la velocità, la potenza o l'esplosività è una parte importante del nostro concetto di formazione. Le tecniche di per se non vincono in una rissa, le capacità sono altrettanto importanti, soprattutto se combinate con le tecniche. Quindi insegniamo dei programmi per migliorare tali capacità.
Alcuni concetti del combattimento con l'ascia Un concetto è un piano per come comportarsi in una situazione di emergenza. I concetti non devono essere confusi con i principi, deve sempre esistere l'opzione di alternare i concetti. Alcune strategie possono essere più utili in certe situazioni rispetto ad altre. Per questo, un concetto può essere solo una versione che viene rimpiazzata se cambia la situazione.
• Disturbare o distruggere l'attacco - distruggere il braccio o la gamba attaccante, rendere impossibili attacchi successivi. • Controllo delle mani - è un programma di difesa contro un aggressore armato. Siccome presumiamo sempre che l'aggressore sia armato, controllare la mano che attacca è cruciale. • Cambiare gli angoli - usare tutti gli angoli e i livelli • Attaccare l'obbiettivo più vicino - l'arma più lunga (ascia) contro l'obbiettivo più vicino. • Manipolazione del corpo - spingere o tirare un attaccante per squilibrarlo. Mettetelo in una posizione che vi permetta di attaccarlo più tardi. • Intercettazione - intercettare l'attacco prima che avvenga, mentre avviene o anche dopo che è avvenuto. • Attacchi sopra/sotto - cambiate i livelli dei vostri attacchi. • Create spazi - aprite la difesa o la guardia del vostro opponente, usando manipolazioni, prese o finte. • Contrattaccare immediatamente - qualsiasi movimento difensivo (deviazione, parata, bloccaggio) deve essere usato per iniziare il contrattacco. • Capire le distanze - leggete correttamente le distanze col vostro avversario, stimate la gittata, il timing, la preparazione e la chiusura della distanza. • Simultaneità nella difesa - Bloccaggio, parata e attacco nello stesso momento.
Autodifesa Difesa contro attacchi con ascia Esistono due concetti contro gli attacchi di un ascia: “Colpisci e corri” e “difesa e controllo”. “Colpisci e corri” è un concetto semplice. Fermare l'attaccante con un contrattacco e fuggire. “Difesa e controllo” al contrario, si basa su un movimento difensivo, come bloccare, schivare o deviare l'attacco. Il seguente passo è l'intenzione di controllare la mano armata e attaccare massivamente l'aggressore. Successivamente, cercare di controllare l'arma e distruggere il braccio che impugna l'arma.
Contenuti dell'addestramento L'addestramento contiene i principi, i concetti e gli attributi dell ATFC, così come le tecniche, per esempio il trasporto, il maneggio dell'ascia, la posizione/ la distanza, i punti da colpire, le applicazioni, il controllo della mano, difesa e contrattacco, difesa contro arma bianca, difesa contro armi leggere, difesa contro pistole e fucili, i concetti e le applicazioni dei disarmi, le prese, gli attacchi, combattimento a lunga distanza, programma di combattimento contro il controllo (esercizi di energia, attaccando il flusso), esercizi al combattimento, esercizi per
l'aumento delle capacità, formazione, ascia singola/ ascia da battaglia, doppia ascia/ ascia, ascia/ ascia e coltello.
In sintesi E' mia intenzione principale come istruttore ATFC essere un buon maestro per i miei allievi e insegnargli qualcosa di significativo e utile. L'ATFC non si oppone in alcun modo ad altri sistemi, piuttosto li arricchisce e li integra. Per molti artisti marziali, ATFC è una maniera di accrescere le proprie capacità e abilità ed essere tra i primi e i migliori in questo campo.
“Il Concetto di combattimento con ascia e tomahawk non conosce regole. Questo è un principio basilare che permette tutti i tipi di attacchi e di movimenti difensivi e non restringe le opzioni dell'allievo, come può essere il caso degli sport o dell'autodifesa (idoneità)”
Autodifesa
“Esistono due concetti contro gli attacchi di un ascia: ‘Colpisci e corri’ e ‘difesa e controllo’”
AUTORE: B. RICHARDSON
AUTORE: SALVATORE OLIVA
REF.: DVD/TV2
REF.: DVD/SALVA • DVD/SALVA2 • DVD/SALVA3 TITOLO: KNIFE FIGHTING: • DVD/SALVA4 • DVD/SALVA5 TITOLO: PROFESSIONAL • DVD/SALVA6 FIGHTING SYSTEM: • DVD/SALVA6 TITOLO: PROFESSIONAL • DVD/SALVA7 FIGHTING SYSTEMKINO MUTAI:
REF.: DVD/BL
TITOLO: J.K.D. STREET SAFE:
TITOLO: BRUCE LEE: L’UOMO E LA SUA EREDITA
AUTORE:RANDY WILLIAMS
AUTORE:JOAQUIN ALMERIA
REF.: DVD/ALM2 TITOLO: JKD TRAPPLING TO GRAPPLING
TITOLO: HOMENAJE A BRUCE LEE AUTORE: TED WONG & CASS MAGDA
REF.: DVD/ALM3 REF.: DVD/ALM4 REF.: DVD/RANDY1 REF.: DVD/RANDY2 TITOLO: WING TITOLO: WING TITOLO: FILIPINO TITOLO: STREETCHUN KUNG FU: CHUN KUNG FU: MARTIAL ARTS FIGHTING! SIU LIM TAO CHUM KIU JEET KUNE DO
TITOLO: JKD STREET DEFENSE TACTICS: TITOLO: EXPLOSIVE DUMOG TITOLO: JKD STREET TRAPPING”
inglés/Español/Italiano inglés/Español/Italiano
inglés/Español/Italiano
TITOLO: JEET KUNE DO BRUCE LEE’S YMCA BOXING
REF.: DVD/YAW2 TITOLO: YAWARA KUBOTAN AUTORE: MASTER PEREZ CARRILLO
TITOLO: JKD EFS KNIFE SURVIVAL AUTORE: ANDREA ULITANO
REF.: DVD/DP1 TITOLO: 5 EXPERTS - EXTREME STREET ATTACKS AUTORI: VICTOR GUTIERREZ, SERGEANT JIM WAGNER MAJOR AVI NARDIA, J.L. ISIDRO & SALVATORE OLIVA
AUTORE: BOB DUBLJANIN
TITOLO: JEET KUNE DO ELEMENTS OF ATTACK
REF.: DVD/SILAT3
TITOLO: JEET KUNE DO
DVD/RANDY4 TITOLO: CONCEPTS & PRINCIPLES
REF.: DVD/EFS1
TITOLO: JKD “EL CAMINO DEL PUÑO INTERCEPTOR”
REF.: DVD/RANDY3 TITOLO: WING CHUN KUNG FU: BIU JEE
REF.: DVD/SILAT
REF.: DVD/JKDTIM
REF.: DVD/JKDTIM3
AUTORE:TIM TACKETT
REF.: DVD/JKDTIM4
REF.: MUKRANDY4 REF.: MUKRANDY6
REF.: MUKRANDY5
REF.: MUKRANDY3
INGLES
ALTRI STILI
REF.: DVD/JKDTIM2
REF.: MUKRANDY1
REF.: MUKRANDY2
TITOLO: THE WOODEN DUMMY INGLES/ITALIANO
TITOLO: PENTJAK SILAT
REF.: DVD/SILAT4
REF.: DVD/BURTON REF.: DVD/BURTON2 TITOLO: JEET KUNE TITOLO: JEET KUNE DO UNLIMITED DO UNLIMITED
TITOLO: TITOLO: ESPADA Y DAGA BUKA JALAN SILAT
“Posizione della Mezza Luna” Chakrasana Dal momento che sotto alcuni aspetti siamo simmetrici, esistono i chakra posteriori, oltre che quelli frontali che sono i più conosciuti. Questi permettono la connessione con l'Universo, poichè comunicano con esso tramite le vibrazioni oltre che tramite le influenze della luce. Le svariate posizioni dello Yoga si eseguono non soltanto per il rilassamento e l'apertura del corpo, ma anche per aprire e influire sulla mente e sul corpo perchè accetti e comunichi con tali energie, come la luce. Probabilmente, la cosa più straordinaria di tutte è la possibilità che il nostro corpo contenga delle cellule capaci di catturare efficacemente l'informazione e l'energia della radiazione ultravioletta. Spiegheremo questo nel dettaglio L'energia del sole penetra nella pelle grazie alla trasformazione chimica in vitamina D3, che è trasportata al fegato e ai reni per trasformarsi in vitamina D. I bassi livelli di vitamina D possono comportare una carenza di calcio nelle ossa, incrementando così il rischio di fratture. Anche se la vitamina D non fa nient'altro che proteggere le ossa, continuerà ad essere essenziale, anche se ci sono prove che indicano che fa molto di più! Molti dei tessuti muscolari contengono vitamina D, che consente un'efficace assorbimento di calcio. Ma esistono ricettori similari in molti altri organi, come la prostata, il cuore, i vasi sanguigni, i muscoli e le ghiandole endocrine e il loro lavoro progressivo fa si che succedano cose buone quando la vitamina D arriva a detti recettori. La scienza è sempre più d'accordo che non siamo fatti solo di atomi e molecole, ma anche di luce. Tutti ci rendiamo conto che la luce non solo influisce sul nostro corpo, ma anche che viene assorbita per stimolare alcuni ritmi bilogici. Inoltre, la scienza ci ha insegnato che i biofotoni sono emessi dal corpo umano e vengono liberati grazie alle capacità mentali. L'esistenza di questa luce endogena fu scoperta nel 1920 dallo scienziato russo Alexander Gurwitsch e venne dimostrata definitivamente alla fine degli anni 60, grazie all'uso di metodi più moderni. La luce può anche modulare i processi fondamentali di comunicazione e il DNA da cellula a cellula.
I biofotoni sono utilizzati dalle cellule di molti organismi viventi per comunicare, il che facilita il trasferimento di informazioni e di energia che è più rapido della diffusione chimica. La comunicazione da cellula a cellula mediante i biofotoni è stata dimostrata in piante, batteri,animali, granulociti neutrofili (il tipo più abbondante di cellule dei globuli bianchi nei mammiferi, che forma una parte fondamentale del sistema immunitario), così come nelle cellule dei reni. I ricercatori dimostrarono che la stimolazione tramite una differente luce spettrale (infrarossa, rossa, gialla, azzurra, verde e bianca) all'estremità di alcuni sensori spinali o nelle radici dei nervi motori, provocavano un incremento significativo nell'attività fotonica degli estremi opposti. Ciò suggerisce che la stimolazione mediante la luce può generare biofotoni che la conducono attraverso le fibre neuronali, probabilmente come segnali di trasmissione neuronale. Anche a livello molecolare del nostro genoma, il DNA (l'onda dei biofotoni) si emette dalla cromatina del nucleo della cellula. Gli studi indicano che la spirale della molecola del DNA mostra la forma geometrica ideale di una cassa di risonanza, che consente di immagazzinare la luce in maniera efficace. Questa può anche essere definita come una fonte di emissioni di biofotoni. Tali biofotoni sono emessi in modo che condizionino l'aura del corpo. I biofotoni sono caratterizzati da un grado di ordine estremamente elevato, che si può descrivere come una specie di laser biologico capace di creare internferenze e pare di essere responsabile di numerose condizioni che una luce ordinaria e incoerente non potrebbe ottenere. Questa elevata incoerenza fornisce all'onda dei fotoni la capacità di dare l'ordine di trasmettere informazioni, mentre la luce caotica incoerente trasmette semplicemente energia. Questi biofotoni hanno il potere di regolare, di dare ordini e facendo ciò elevano l'organismo a una maggiore vibrazione. Tutto ciò si manifesta attraverso una sensazione di vitalità e benessere. I praticanti di Yoga sanno anche che il rispetto del corpo e l'alimentazione adeguata offrono un più alto sviluppo della funzionalità, dello spirito e della conoscenza, visto che una determinata dieta è un fattore critico nell'ascesa dei praticanti verso una sfera superiore di realizzazione energetica.
Testo: Evan Pantazi Istruttore Yoga: Carolina Lino - Ponta Delgada, Azzorre Foto: Tiago Pacheco Maia - Ponta Delgada, Azzorre
La luce del Sole è vitale, senza di essa non c'è vita. Tutti ci rendiamo conto dell'effetto rivitalizzante della luce del Sole nel nostro corpo e spirito quando, dopo un lungo inverno, godiamo dei primi raggi di Sole. Però possiamo assorbire l'energia del Sole attraverso il cibo, così come attraverso il corpo. Le ultime ricerche mostrano che aldilà alla composizione chimica dei cibi, l'energia della luce (biofotoni) è un fattore importante nella qualità degli stessi. Quanta più luce sarà capace d i i m m a g a zzi na re i l n o s t ro ci b o , t an t o p i ù nutrimento ci fornirà. Per esempio, le verdure e la frutta che sono cresciute naturalmente sotto la luce del Sole, sono ricche dell'energia della luce. La capacità di immagazzinare biofotoni in questa maniera, può essere una misura della qualità del nostro cibo. L'energia del Sole immagazzinata trova il suo sbocco verso le cellule attraverso il cibo, sottoforma di piccole particelle di luce. Queste particelle di luce (bio fotoni), che sono sono le unità più piccole della luce, contengono importanti bio-informazioni, che a loro volta controllano i complessi processi vitali del nostro corpo.
“Posizione della Mezza Luna” Chakrasana Con i piedi uniti per impedire all'energia di salire dalla parte interna delle gambe, il praticante unisce per primo le punte dei diti indice e pollice, formando un triangolo, riproducendo la forma di molti dei chakra frontali. Prima si posiziona con le mani davanti al chakra radice con la forma a triangolo, quindi il praticante stende le braccia verso l'alto, sopra la sua testa, con i palmi aperti. Quando il praticante inclina i palmi all'indietro, la parte interna delle braccia, la parte frontale del corpo e la zona bassa delle gambe, si stirano a loro volta, permettendogli di rafforzare le vibrazioni energetiche. Ciò consente che l'energia del Sole o dell'atmosfera entri attraverso i chakra frontali, oltre che dal nadi più piccolo nel corpo disteso. La parte bassa delle gambe tese trasferisce questa energia a terra con sicurezza, mentre la luce fluisce nel corpo quando viene orientato verso la luce del Sole. Quando il corpo si piega all'indietro non si permette all'energia di salire, poichè la parte interna delle gambe è sigillata, la schiena e le spalle si comprimono, preservando il libero flusso neurologico o il trasferimento di energia. Questa postura priva queste zone particolari della loro propria luce, concentrando l'assorbimento di questa unicamente nelle porte frontali, invece di un entrata equilibrata attraverso i chakra e i nadi frontali e posteriori. Quando la luce viene assorbita attraverso i portali e i nadi frontali, la luce spettrale entrante (infrarossa, rossa, gialla, azzurra,verde e bianca) si concentra nei nervi sensoriali, aumentando la dispersione dell'attività biofotonica in tutta la struttura. La luce diretta attraverso le fibre neuronali, in qualità di trasmissione neuronale, invia una serie di messaggi ordinati e regolati che conduce l'organismo a un grado più elevato di frequenza vibrazionale a livello del DNA. Questa concentrazione frontale purifica l'energia del corpo che si muove verso terra, grazie alla luce solare pura e diretta, eliminando lo stress e la rimanente energia stagnante. La luce energetica appropriata penetra nella parte interna del corpo attraverso gli alimenti che mangiamo, per cui abbiamo un circuito completo di nutrimento energetico per la nostra anima.
Sorridi mentre esegui la posizione (e con tutte le posizioni, azioni e posture), in particolar modo quando ti stiri all'indietro. Questo distende i muscoli facciali, oltre a permettere un maggiore assorbimento di energia dalla luce. Ci offrirà una sensazione di giovinezza (aldilà delle apparenze) e la felicità di un bambino spensierato.
Respirazione e intenzione Inizia unendo i piedi e inspira profondamente dal naso permettendo all'energia di fluire verso terra. L'equilibrio indotto dall'attività destra e sinistra del cervello, crea una fonte di energia che scende verso i nervi motori, le caviglie e la parte esterena del piede. Durante l'inspirazione, si sente l'aria o l'energia che fluisce verso il basso, verso il centro frontale attraverso il perineo, la parte posteriore delle gambe e la parte esterna del piede, creando una connessione tra corpo e mente, dove si stabilizza. Quindi, il praticante forma la figura triangolare con le mani, espira l e n t a m e n t e sentendo l'energia che sale dalla spina dal chakra radice verso le mani e le spalle. La spina dorsale è leggermente curvata per agevolare un flusso libero. Ancora una volta, sollevando le braccia sopra la testa e all'indietro, si inspira profondamente sentendo le vibrazioni nei palmi, nella parte interna delle braccia e nella parte frontale del corpo, che scendendo verso terra purificano completamente il corpo. Bisogna respirare lentamente nella realizzazione complessiva della posizione, per stabilizzare il peso del corpo in funzione di una successiva richiesta di stimolazione elettrica dal cervello ai muscoli che sostengono questa postura. Quando si inspira di nuovo, sentiremo che la luce del Sole assorbe il calore delle vibrazioni più sottili verso il nostro nucleo e scende verso terra. Permettiamo che la luce si manifesti totalmente verso di noi, mentre il nostro corpo, la mente e lo spirito ringiovaniscono e si nutrono completamente. Nel prossimo numero: “In piedi, piegato in avanti” Pádahastásana
Al di là del campanilismo, delle rivalità e delle divisioni politiche, finalmente il popolo delle arti marziali si unisce per farsi riconoscere. Un'unica voce spinta dalla passione comune per l'arte più antica del mondo.
tiamo parlando del PRIMO CENSIMENTO DELLE ARTI MARZIALI ITALIANE, una coraggiosa iniziativa nata in seno alla collaborazione della nostra rivista CINTURA NERA con alcuni famosi marzialisti italiani che hanno fondato un portale di servizi dedicati, cioè il MARZIALE NETWORK. Questo progetto ha un carattere puramente informativo e senza scopi di lucro; si propone di dare un volto definito e concreto ad una comunità di persone fino ad ora sempre divisa dalle differenze “linguistiche” e
S
La Scuola Nuovo Orizzonte.
“culturali” delle varie discipline a causa della loro provenienza dalle più disparate regioni del mondo. In realtà queste migliaia di persone che hanno sposato la passione per l'ARTE MARZIALE, hanno tutte un unico denominatore comune, il
Lo Stand di CINTURA NERA.
più antico degli impulsi dell'uomo, misto di alcuni retaggi atavici insiti nel DNA della razza umana: sopravvivenza, miglioramento della specie, protezione della propria comunità. Possiamo parlare in Cinese, Giapponese, Tailandese, Russo, Filippino ed in tutte le lingue possibili, ma parliamo tutti della stessa cosa! Presidiando con uno stand, gentilmente offerto dagli organizzatori, il Festival dell'Oriente a Carrara (la più importante manifestazione del settore a livello Europeo) , ci siamo resi conto della risposta positiva sia da parte dei dirigenti delle principali Federazioni, Associazioni e gruppi sportivi che da parte degli stessi atleti, allievi e simpatizzanti. Tutti sono rimasti intrigati dal fatto che questa indagine parta dal basso, dalla effettiva popolazione che calca ring e tatami tutti i giorni. Abbiamo grossi progetti: una volta che ci saremo definiti come una popolazione eterogenea ma compatta, potremmo farci sentire con voce più forte dalle istituzioni e dai media pubblici, al fine di sensibilizzare maggiormente tutti gli italiani sui nobili valori che vengono trasmessi con le nostre discipline: etica, con educazione, forza, onestà, l'obbiettivo di riaccendere l'interesse
Testo: Nicola Pastorino Foto: Sifu Cangelosi ed i suoi collaboratori.
Reportage
BDS Kick Boxing Team.
FIWS.
delle nuove generazioni sempre più distratte dal vortice inarrestabile delle tecnologie comunicative. Sono sicuro che tutti gli operatori marziali concorderanno che i tempi sono cambiati, e che l'entusiasmo dei decenni scorsi è sempre più raro nelle palestre, soprattutto da parte dei giovani. È inutile demonizzare internet, i social, l'era digitale, bisogna capire come stanno cambiando la cultura ed i valori sociali, per riuscire di nuovo a comunicare i nostri principi intramontabili alle future generazioni. Diamoci una voce univoca che risuoni forte e squillante. Ad oggi la mappa del CENSIMENTO è ancora in via di definizione ma già si sta promettendo popolosa e largamente diffusa, dalle grandi città fino ai più piccoli paesini di provincia. Tantissimi maestri già si sono registrati, ma il CENSIMENTO tiene in considerazione la reale consistenza delle scuole in termini di allievi, pertanto con il raggiungimento del numero minimo di registrazioni di quest'ultimi, i Maestri inizieranno a prendere il risalto che gli spetta nella mappa italiana delle ARTI MARZIALI. In tutti le prossime nostre edizioni daremo sempre un'occhiata al CENSIMENTO per valutarne lo sviluppo, quello che possiamo vedere ad oggi è che sono già comparse OLTRE 25 ARTI DIFFERENTI, ma è solo l'inizio perché mancano ancora tante discipline all'appello. I primi ad aver reagito sono stati i praticanti di KUNG FU, ovviamente risaltano i numerosi allievi del Gran Master Paolo Cangelosi anche perché è uno dei promotori del CENSIMENTO; particolare menzione va fatta agli allievi del Sifu 5° Duan Hermann Salvatore Di Mauro, seguiti dagli allievi del Sifu William Aschero. Ottima anche la risposta dell'AIKIDO e del JUJITSU; altre importanti realtà come ad esempio KARATE e JUDO probabilmente hanno tempi di reazioni più lunghi perché devono muovere meccanismi burocratici federali, ben più grandi delle singole scuole, ma confidiamo che quando i vari presidenti che già hanno stipulato l'accordo di partecipazione muoveranno le loro file, riceveremo una valanga di iscrizioni. Il CENSIMENTO, oltre ad essere uno s t r u m e n t o indispensabile per tutti i professionisti dell'indotto del nostro mondo, per pianificare e valutare sviluppi e tendenze delle proprie attività, sarà poi spinto e pubblicizzato con tutti i canali possibili per dare un orientamento anche a tutti i neofiti che si sentono attratti dal mondo delle ARTI MARZIALI e che potranno addentrarcisi con una valida guida ed una mappa aggiornata! Non perdete l'occasione di esserci!!! Leggi le regole del CENSIMENTO su: www.marzialenetwork.info
HUNG SING Academy.
COME E' STRUTTURATO IL “FU SHIH KENPO” (2° Parte) Nelle tecniche di contatto, a volte, mentre si para bisogna avanzare la nostra gamba (sx o dx) per ostacolare la gamba anteriore dell'opponente. In questa maniera si blocca la sua linea d'attacco. In seguito, si colpisce forte e energicamente l'arto che attacca (braccio o gamba) dell'avversario, al fine di annullarlo a causa del dolore o del temporaneo intorpidimento per l'impatto subito. In altre occasioni si colpisce direttamente il ginocchio, l'anca o l'arto che attacca (braccio/gamba). Una volta che la linea difensiva è stata rotta e il braccio attaccante (o la gamba) è stato ugualmente neutralizzato, si può arrivare al corpo e colpirlo più volte senza pericolo e dove si vuole. Secondo la tecnica e il grado di pericolosità dell'avversario, a volte non difendiamo l'attacco in se stesso; piuttosto partiamo al contrattacco, colpendo in un angolo opposto a quello dell'attacco. Lo si deve fare con attenzione, perchè se non abbiamo neutralizzato il braccio avanzato dell'avversario, allora dobbiamo farlo preferibilmente con un calcio basso alla tibia o al ginocchio, impedendo così che l'avversario segua la linea di ritirata e attacchi da un altro angolo. Schivata, controllo e colpo al corpo, al viso o per neutralizzare un contrattacco. Esistono tre tipi di colpi in questo sistema: FRUSTATI, PENETRANTI e di PROFONDITA'.
Colpo Frustato Questo è un colpo standard, praticato in quasi tutti gli stili di Arti Marziali. Il colpo può essere paragonato al dare una frustata con un asciugamano, o come la lingua di un serpente, un movimento rapido dall'esterno verso l'interno, una percussione frontale di rovescio, o corpo a corpo (ura zuki, ura ken, kin geri, ecc.). Non c'è energia o forza penetrante in questo colpo. Il suo obbiettivo è la rapidità, (essere spontaneo e istintivo) e si usa principalmente contro punti superficiali delle ossa, degli occhi, le labbra, la clavicola, i genitali, l'inguine, il menisco, le ascelle, il bicipite, il trapezio, il plesso solare, costole fluttuanti, collo e alcuni punti vitali. Si utilizza principalmente per distrarre la visione dell'avversario e quindi evitare un contrattacco, o come tecnica di anticipo. Il livello dell'impatto varierà
secondo la capacità del praticante in termini di velocità e messa a fuoco del target.
Colpo Penetrante Questo colpo è un unico movimento esplosivo verso l'esterno, nel quale si applica una penetrazione stimata in circa 7,5 cm. La realizzazione di questo movimento è relativamente facile, richiede una certa precisione. I punti principali d'impatto sono: tempie, mandibola, entrambi i lati del collo, cuore, sterno, pancreas, ecc,. Qualsiasi punto del corpo che richieda un certo grado di proondità nella penetrazione del colpo. Pertanto abbiamo un carico maggiore (Tigre) al momento dell'impatto
Colpo di Profondità Questo colpo è diffuso in tutti i tipi di arti marziali dure. Necessita di circa 15 cm di penetrazione. E' un colpo che serve a raggiungere i punti più in profondità nel corpo, o quando abbiamo l'avversario contro una parete o qualsiasi altra struttura. Il colpo di profondità normalmente finalizza una combinazione. Essendo questo il colpo più potente, non deve essere utilizzato senza prima aver stordito o ferito effettivamente l'opponente. Se viene usato troppo in fretta, ovvero come tecnica iniziale in una combinazione, ciò ci pone nella condizione di non poter continuare e dunque sarà necessario ricominciare un nuovo attacco. Risposta diretta a un attacco in corso. Reazione riflessa nell'azione difensiva/offensiva.
AVANZAMENTO PROGRESSIVO - REPLICA PROGRESSIVA L'avanzamento si usa costruttivamente per i seguenti propositi: • Per dare più impulso a un attacco di braccio o di gamba. • Per ostruire una linea offensiva. • Per irrompere internamente o esternamente in una serie offensiva o difensiva. • Per tagliare o schivare un movimento aggressivo. • Per riproporre, riallineare una combinazione offensiva o un contrattacco difensico. • Per limitare la visuale all'avversario in una reazione concatenata di movimenti offensivi o difensivi, che attaccano in diversi angoli e applicati a diverse zone del corpo. Per cui risulta quasi impossibile fermare la valanga di colpi.
LINEA DI RITIRATA Per ritirarsi con successo è necessario colpire la gamba anteriore del avversario o le parti basse del corpo. La lacerazione o la l'afferraggio di nervi, tendini o punti di pressione sono tecniche molto frequenti nel Fu Shih Kenpo, perchè queste causano un tale dolore da annullare un'ulteriore tentativo di aggressione da parte del nemico. Logicamente le mani e soprattutto le dita devono essere allenate coscienziosamente per colpire, penetrare e afferrare. L'artiglio è un'arma da corta e lunga distanza nel Fu Shih Kenpo. Il grado di dolore e ferita provocato dall'essere agganciati dall'artiglio è notevole e alcune volte le sue conseguenze possono essere fatali. Questa tecnica è la preferita da molti praticanti di Arti Marziali perchè è rapida come un pugno e fornisce maggiore controllo sull'avversario in una situazione di attacco o difesa.
BASE PER UNA DIFESA COSTRUTTIVA 1) Fermare o bloccare la linea offensiva, preferibilmente nel cerchio esterno (non è necessaria una grande velocità ed è più sicuro). 2) Isolare o distruggere la gamba o il braccio offensivo, allo stesso momento in cui si ostruisce o paralizza una possibile aggressione. 3) Contrattaccare al corpo o alla testa, secondo la posizione del corpo e la possibilità di arrivare all'obbiettivo. • Nel corpo a corpo (avvicinamento) annullare la penetrazione e/o la profondità di un eventuale secondo colpo dell'avversario. • Annullare la continuità dell'avversario, realizzando una reazione difensiva-offensiva simultanea. • Anticipare le successive tecniche offensive del soggetto. • Scatenare o attivare la nostra energia interna, utilizzando uno sguardo penetrante e una disposizione mentale decisa e concentrata. Generalmente, nel Fu Shih Kenpo e soprattutto quando il nostro nemico palesa una certa pericolosità, non si arretra mai, si avanza sempre. L'arretramento permette al nemico di dominare e controllare le nostre reazioni, dandogli il tempo di costruire le sue manovre. “SE TI SEI ALLENATO BENE E IL TUO SPIRITO E' FORTE, AVANZA SEMPRE. SII PROGRESSIVO”.
“Esistono tre tipi di colpi in questo sistema: FRUSTATI, PENETRANTI e di PROFONDITA' “
“Io sono una Gru Bianca” Una volta un allievo mi ha chiesto perchè il modo in cui io praticavo la Boxe della Gru Bianca era completamente diverso da come l'avevano insegnata a lui. La mia risposta è stata semplice e diretta:” Tu stai facendo la Gru Bianca, io no”. Lui mi guardò perplesso, cercando di dare un senso a ciò che gli avevo appena detto. Disse di non aver capito. Cosa volevo dire? Allora gli ho risposto che doveva guardare il resto degli allievi e degli istruttori del nostro stile della Gru e imparare da loro, dopodichè poteva tornare da me e capire ciò che avevo detto. Quando è tornato mi ha detto che sembrava che gli altri si dovevano impegnare un sacco per realizzare i movimenti e che io li padroneggiavo senza grande sforzo nel momento in cui mostravo agli allievi le forme e quant'altro. Gli ho domandato: “Secondo te perchè?” e mi ha detto che non lo sapeva. L'ho tolto dall'impaccio e alla fine ho risposto alla sua domanda: “Vedi, io non sto praticando la Boxe della Gru Bianca. Non mi sto sforzando nell'Arte. Non sto facendo un'esibizione cercando le lusinghe altrui per alimentare il mio ego. Semplicemente, io sono una Gru Bianca che combatte!” Gli ho spiegato che se uno continua a “praticare” la Boxe della Gru Bianca riuscirà soltanto a raggiungere il livello base dell'Arte. Non sarà in grado di comprendere gli aspetti del combattimento e energetici dell'Arte, l'espressione della “energia essenziale” e lo spirito dell'Arte dello Stile della Gru Bianca. L'azione forzata non è una “azione naturale”. Cosa c'è di più naturale di una gru bianca in mezzo alla natura, che fa un movimento in posizione statica? “La nostra Gru Bianca che nasce dalla tradizione dello Zhenlan del Maestro Lin Yuan Dun di Fuzhou (Cina), è basata e si concentra praticamente su un metodo marziale che va aldilà della capacità fisica o della grande elasticità, perchè è concepita per dar modo alle persone reali di difendersi nel mondo reale. La boxe della Gru Bianca si è evoluta nel tempo così come lo fanno tutte le Arti Marziali che si rispettano. Ma gli stili e le relative scuole si sono mantenute fedeli alla tradizione di “usare la Gru come metodo di boxe, imitando la sua apparenza esteriore e appropriandosi della sua essenza interiore, fondendo la forma con lo spirito” - dice il Shifu Goninan. Lo Zhenlan Kung Fu della Gru Bianca presenta delle similitudini tecniche con la forma originale, ma incorpora anche metodi e teorie originali. L'enfasi primordiale viene messa nell'allenamento fondamentale, che a sua volta si basa sulle abilità, le teorie, i principi e i concetti trasmessi dal fondatore della Gru Bianca, Fang Qiniang. La semplicità che adesso nasconde la profondità dello Zhenlan, contrasta molto con il resto delle Arti Marziali che s'insegnano attualmente, nelle quali troviamo quelli che si definiscono “Artisti Marziali Professionisti” che vivono degli insegnamenti e pertanto è comprensibile che abbiano apportato dei cambiamenti di tipo commerciale nell'insegnamento di questi stili. Questa compromessa situazione ha origine nel momento in cui la cultura tradizionale si scontra con l'economia del Mercato che provoca la comparsa degli Artisti Marziali professionisti e
delle scuole professionali di Arti Marziali. Noi possiamo solo rammaricarci di questa triste situazione. I movimenti dello Zhenlan Gongfu sono belli, leggeri, morbidi e naturali. Si mostrano eleganti e fluiscono continuamente da uno all'altro. Possono essere ampi o piccoli, alti o bassi, rapidi o lenti. Dipende dalla natura dei soggetti. Il corpo è dritto e i movimenti sono diretti, circolari, leggeri, rapidi, morbidi e vivaci. Il praticante di Zhenlan Gongfu dovrebbe muoversi come un fiume che scorre soavemente e come una nuvola che si sposta con leggerezza. Goninan spiegava agli allievi che lo “Zhenlan Gongfu della Gru Bianca è più circolare di altri stili e su questo si basa gran parte della sua grazia ed energia. I cerchi generano energia. Cercando di colpire con tali movimenti circolari le vostre braccia si sentono come afferrate in un vortice di energia. Sono tecniche di mano continue e senza richiamo. Allo stesso tempo lo Zhenlan possiede un'economia di movimento che lo rende unico, pulito, discreto e letale - perfetto per sbarazzarsi degli aggressori”. Ho detto all'allievo che per introdurre l'azione naturale “deve impegnarsi per capire il Qiujin, la sensibilità fisica e la conoscenza sensoriale della mente come una forma circolare del Qi, che è naturale, pernetrante e rapido e può manifestarsi in qualsiasi momento. Il Qiuijin si distingue soprattuto per non aver bisogno di richiamare il corpo o le estremità. E' una forza completamente penetrante e si trasmette mediante i movimenti delle braccia e delle gambe, Collega i movimenti di ciascuno con il suo interno, acquistando in questa maniera la capacità di agire attraverso “sensazioni” intuitive. Per mezzo del processo di apprendimento (che consiste nel riconoscere e rendersi conto, non nel accumulare e imitare) si comincerà a capire come il “mentale e il fisico” si influenzino
reciprocamente e si svilupperà l'abilità di combinarli. Ci si allena mediante il processo di comprensione dei movimenti muscolari, della struttura corporea (scheletro, legamenti e tendini, il Qi incorporato) e il proprio processo mentale. Il rilassamento è fondamentale per l'Arte. Il rilassamento implica una condizione di scioltezza, morbidezza, elasticità e fa jing (esplosione di potenza). Appena il praticante di Zhenlan tocca le mani dell'avversario, può sentire il peso dello stesso e il suo centro di gravità, così come la tecnica o il colpo che egli userà. Infine, il praticante di Zhenlan è capace di prevedere l'intenzione dell'opponente senza contatto, attraverso la conoscenza. Può ridirigere la forza del suo avversario e usarla contro di lui o inserire il Fa Jing (colpi che sprigionano energia) a seconda del livello della minaccia. Molte volte ho visto altri che praticano la Gru Bianca e le Arti Marziali muoversi con velocità e potenza, ma si muovevano anche come delle scatole vuote, carenti della essenziale connettività tra le tecniche. Molti che facevano delle “dimostrazioni” del proprio ego, cercando l'adulazione di coloro che vi stavano assistendo. I loro movimenti erano stravaganti e appariscenti, duri e esterni, assenti di naturalezza e fluidità, carenti della vera essenza, energia e spirito. Anche quando i loro movimenti diventano morbidi, tendono ad abbassare il livello della loro naturalezza. Quando raggiungono la loro essenza i suoi movimenti si fanno molto naturali e possono emanare energia a volontà. É necessario capire che tutti siamo destinati a ciò e lo stesso quelli ci hanno preceduto. Lo psocologo svizzero
“Vedi, io non sto praticando la Boxe della Gru Bianca. Non mi sto sforzando nell'Arte. Non sto facendo un'esibizione cercando le lusinghe altrui per alimentare il mio ego. Semplicemente, io sono una Gru Bianca che combatte!” Carl Jung riscoprì tutto questo e lo chiamò “inconscio collettivo”. La realtà è sempre fisica, si trova tra noi e il mondo, in parte dentro e in parte fuori, in parte personale, in parte impersonale, materiale, immateriale. Perciò, in un mondo dove si suppone prevalga la ragione, più della metà crede nello spirito e nella spiritualità. Nelle Arti Marziali tutto è energia. Fate in modo che l'energia e la vostra visione del mondo cambino come lo faranno le Arti Marziali. Questa non è filosofia, è fisica. A volte, durante lo studio delle Arti Marziali abbiamo dei “Flash”. Ciò che io definisco semplicemente “lampi di brillantezza”, di comprensione della tecnica, delle applicazioni non considerate o conosciute. Questi sono i momenti in cui sperimentiamo qualcosa di veramente speciale circa le arti. Arrivano velocemente e hanno il proposito di insegnarci qualcosa di particolare. E' quasi come se la porta di un tempio si aprisse per
alcuni secondi, permettendoci di vedere o sentire qualcosa di meraviglioso...un nuovo modo di pensare, muoversi, comprendere! Quando il vostro inconscio e il nostro conscio si uniscono, avverranno questi flash e vedremo le cose sotto una luce totalmente nuova. La connessione tra corpo e mente era l'unica “tecnologia” con cui l'antico Maestro doveva lavorare. Non c'è da stupirsi che sapessero tante di quelle cose di cui adesso ne stiamo riscoprendo le verità. I Maestri antichi capivano davvero il “pensiero”, passando dall'intenzione all'azione! L'antico cammino delle Arti Marziali era orgogliosamente più profondo e portava con se più conoscenza di quanta ne disponiamo oggi. Aristotele disse:”Educare la mente senza educare il cuore, significa non educare in assoluto”. Un vero maestro insegna a se stesso prima di tutto. Non gli importa se qualcuno segue le sue idee e i suoi insegnamenti. Preoccuparsi di ciò vuol dire alimentare l'ego. Il vero Maestro fa quello che deve fare, non quello che gli dicono di fare o perchè qualcuno lo veda fare. Se nessuno ascolta, egli non si dispera. E' sicuro di se stesso. Sono a un punto della mia vita in cui penso di aver imparato a essere “semplicemente umano”, senza sforzo ne ego. Non ho bisogno di avere un rango, un titolo o altri tipi di riconoscimento. Mi sento felice semplicemente per quello che “sono”. Questo non si trova nel successo o nel fallimento, ne nell'impegno in tutti i momenti della vita, dal momento che alberga nel cuore e nello spirito di ciò che veramente importa. Non è ciò che accade nella vita, ma come reagiamo davanti alle cose importanti. Dobbiamo smettere di sforzarsi tanto e semplicemente “essere”. Questa è dunque l'essenza, l'energia e lo spirito della Boxe della Gru Bianca. Lo Zhenlan Gongfu della Gru Bianca è più morbido, più fluido, più leggero e con movimenti più ballerini. Incarna una sottile naturalezza che conduce all'essere “naturale e complesso, sottile e complesso”. Il risultato finale è “trasformarsi in una Gru Bianca”.
Potete mettervi in contatto con Ron Goninan scrivendo una e-mail a: shifu@whitecranegongfu.info Pagina Web: www.whitecranegongfu.info. E' sempre a disposizione rappresentanti e cercatori della Via.
per
Foto: “Il Maestro Lin Yuan Dun in azione” Foto: “Statua del Fondatore della Gru Bianca, Fan Qiniang” Foto: “Shifu Ron Goninan e il suo allievo numero uno Wayne Jacobson”
Questo DVD sul pronto soccorso è uno strumentoindispensabile per tutti i praticanti di Arti Marziali chepresto o tardi si trovano in situazioni nelle quali ènecessario “soccorrere”. In qualsiasi scuola in cui siha a che fare con la lotta, il combattimento osemplicemente il contatto fisico, è successo chequalche allievo o istruttore sia stato colpitoo abbia patito un infortunio. E' possibile siano stati messi ko,che abbiano avuto difficoltàrespiratorie, spasmi muscolari,vertigini, nausee, o unqualsiasi altro problemacausato da un allenamentolesivo. Gli “incidenti” sonoqualcosa di reale ed ènecessario intervenirequanto prima, in modoche la disfunzionecausata non peggioriulteriormente. Questeinformazioni n o n d o v r e b b e r o essereobbligatorie per tutti gli“istruttori”, ovviamente, perpreservare la sicurezza e ilbenessere dei loro allievi?Questo DVD è il primo di unaserie di lavori a cura del Maestro Pantazi, incentrato nell' “altro lato”del Kyusho, quel lato che ponel'attenzione alle scienze dell' “energia” dellasalute e del benessere, non solo applicabile nei Dojo, ma anche ne quotidiano con i vostri cari e tutte lepersone che ci circondano.
REF.: • KYUSHO19
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ORDINALA A:
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Le tecniche del serpente nello Shaolin Hung Gar Kung Fu Serpente Le tecniche del serpente aumentano la vitalità e la forza interna. Le sue tecniche sono relazionate all'elemento acqua. Il serpente è sempre in movimento. Utilizza la forza del Chi per i suoi attacchi rapidi e precisi con le dita nelle parti deboli del corpo dell'avversario, come ad esempio le parti molli. Le tecniche dello stile del serpente sono molto raffinate, meno feroci. E' molto importante imitare i movimenti morbidi e flessibili del serpente. Per quanto il serpente si muova tranquillamente, i suoi attacchi sono diretti e veloci quando le dita puntate colpiscono simboleggiando la testa o i denti velenosi.
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Karate Il Sensei Taiji Kase è stato uno dei più grandi maestri di Karate del XX secolo. Conosciuto in tutto il mondo come un combattente straordinario e come insegnante di primo livello, no smise mai di perfezionare e sviluppare la sua Arte per creare il proprio stile. Prima di morire nel 2004, creò l'Accademia Internazionale (Kase Ha Shotokan Ryu Karate-Do) e vi mise a capo i suoi allievi più vicini, incluso il Sensei Pascal Lecourt (in Francia), 6°Dan, che è stato il suo assistente più rilevante nell'arco di una trentina d'anni. Il patrimonio completo di Sensei Kase si mantiene vivo con la seguente testimonianza. Testo: François Lehn Foto: François Lehn & Sensei Christian Leromancer, 5º Dan
Intervista Sensei 6 ° Dan Pascal Lecourt Assistente Maestro Kase.
Intervista Sensei Taiji Kase: la vera essenza della via del Karate Sensei Pascal Lecourt, erede del Maestro Kase In occasione della presentazione del DVD “I fondamenti della Scuola KaseHa”, vi mostriamo questa intervista con Sensei Pascal Lecourt, 6°Dan, che insegna a Rouen ed è anche istruttore internazionale. E' stato allievo e assistente del Maestro Kase per 30 anni. Qui di seguito ci porterà una testimonianza unica sull'essenza della pratica e degli insegnamenti del Maestro Kase e sull'uomo che era: uno dei combattenti di Karate più importanti del XX Secolo, un devoto appassionato della ricerca e dello studio rivolto a sviluppare e perfezionare la sua Arte, un uomo di grande umiltà totalmente dedito al prossimo. Cintura Nera: Sensei Kase è considerato uno dei più grandi Maestri di Karate del XX Secolo e un mirabile combattente. Da dove proviene la sua reputazione? Sensei Pascal Lecourt: Prima di essere un Gran Maestro fu un leader esperto e il pioniere del Karate in Francia; Sensei Kase è stato soprattutto un grande combattente. Non solo è stato la fonte delle prime regole delle competizioni di Karate in Giappone della JKA (Associazione Giapponese di Karate) dopo la morte del Maestro Funakoshi, ma fu anche colui che rispose alle sfide lanciate contro il Karate da esponenti di altri sport da combattimento. In quel periodo, quello divenne un evento molto diffuso e siccome il Karate stava incominciando a farsi conoscere, era importante dimostrare il suo valore. Venne inviato in tutto il mondo per promuovere il Karate e la JKA, insieme a un gruppo di esperti in cui c'erano i Sensei Enoeda, Shirai e Kanazawa. Dovette cimentarsi in combattimenti reali, senza arbitri ne regole, contro pugili, lottatori di tutti i tipi, ecc. Per lui, non era tanto una questione di combattere
per piacere o per valorizzare la sua tecnica, ma per onore del Giappone e del Karate. Nel DVD, la Sig.ra Kase parla di quei combattimenti che secondo lei, non ne perse nemmeno uno. Questo aspetto della sua vita ha contribuito alla sua reputazione di combattente eccezionale, il che lo era senza ombra di dubbio. Ci sono molte, molte storie sugli scontri reali a cui partecipò. Quando sentiamo dire da qualcuno che il Karate tradizionale e specialmente quello del Sensei Kase non è realistico, non posso credere alle mie orecchie... “Durante le sessioni di allenamento, a volte ci sono stati dei morti” Sensei Kase si è formato in un epoca in cui il Giappone era in guerra, la vita e la morte erano appese a un filo. Allora il Karate si insegnava in maniera rigorosa e realistica. Lui ci ha detto che durante gli allenamenti, a volte moriva qualcuno, poichè il karateka era totalmente dedito alla sua pratica e perchè il Karate era rivolto alla realtà. Il Ministero preposto decise di guardare dall'altra parte. Era necessario formare delle persone allo scopo di combattere contro l'invasione statunitense. Lo spirito militare dell'epoca e il fatto che il Giappone era in guerra, hanno contribuito a dargli uno spirito forte e impla-
cabile nel corso della sua crescita. A 16 anni, Sensei Kase si arruolò nella Marina, nei Kamikaze. Il giorno che ricevette l'ordine di partire fu quello della firma dell'armistizio. Aveva ricevuto l'addestramento militare e avrebbe partecipato alla guerra. Sono molto contento che la Storia lo abbia risparmiato.
“Una tecnica deve uccidere” Partendo da quel periodo e da quel genere di educazione, egli ha conservato qualcosa di essenziale che ha segnato il suo Karate per tutta la vita. Si trattava non solo di un istinto di sopravvivenza e di combattimento, ma anche di un forte attaccamento al “Ippon Shobu”, verso il quale era molto favorevole. Ovvero, la vittoria per mezzo di una sola tecnica, colpire e abbattere un avversario in un solo movimento, perfetto e decisivo per velocità, potenza e precisione. “Una tecnica deve uccidere” - era solito dire. Il Maestro Kase non aveva rivali in questo modo di praticare. Era conosciuto e rinomato per il suo ineguagliabile Kime. Sapeva come concentrare il massimo dell'energia in ciascuna delle
Karate
Intervista sue tecniche. Inoltre, la sua educazione e anche la sua famiglia lo hanno aiutato a plasmare il suo carattere come uomo e come combattente. Ricordo che una volta mi ha detto che suo padre, che era molto rigido, gli proibiva di lamentarsi. Quando era un bambino, ritornando da scuola un giorno cadde e si sbucciò le ginocchia, pianse per tutta la strada di ritorno a casa. Davanti a casa sua si asciugò le lacrime, si avvicinò a suo padre senza piangere, se ne andò in camera sua e ricominciò a piangere. Gli aneddoti personali della sua vita o il contesto storico che vi racconto sono solo alcuni degli elementi che ci portano a comprendere ciò che lo aiutò a evolversi nella sua pratica in determinati momenti della sua vita. Ma se raggiunse la condizione di Gran Maestro, fu perchè superò
i parametri più duri e perchè ha sempre cercato di migliorare il suo Karate. Nel corso della sua vita si è distinto per essere colui che si è avvicinato all'essenza stessa del Karate. C.N.: Quali sono le caratteristiche che hanno reso unico il suo stile? S.P.L.: Sensei Kase è stato un genio dell'Arte. La sua visione della pratica era unica. E' il solo, per esempio, che ha fuso i principi della scuola delle due spade “Ninten Ryu” di Miyamoto Musashi, - che appartiene alla storia feudale d e l
Giappone - con il Karate moderno del Maestro Funakoshi. Questa ricerca lo portò a sviluppare molte tecniche a mano aperta, come se le braccia e le mani aperte fossero loro stesse delle spade. Questa scoperta non solo è ugualmente applicabile in entrambe le guardie e adattabile a differenti altezze, a seconda delle circostanze, ma anche nelle parate e parate doppie, nei contrattacchi, nei bloccaggi, nel movimento o nella sincronizzazione. Questa caratteristica strutturale è unica nel suo genere. Ha anche sviluppato varie combinazioni dedicate all'approfondimento di questa scoperta, sia a mano aperta che con i pugni chiusi. Le differenti tecniche: O-Wasa, ChuKo-Y-Wasa e Ko-Wasa (lunga, media e corta distanza) anch'esse caratterizzano la sua pratica. Un'altra caratteristica del suo studio è la conoscenza sottile e il controllo della respirazione. La sua energia si basa nella sua profonda respirazione. La respirazione era il fattore cruciale per incrementare la sua potenza; il flusso di energia che proviene da questa era essenziale. I quattro principi della respirazione, con le sue ramificazioni, che sviluppò e che sono descritti nel DVD, sono la chiave. D'altra parte il Maestro Kase era capace di raggiungere un profondo rilassamento del corpo, il che gli dava una facilità di movimento senza precedenti e favoriva una espressione pura dell'energia. Egli insegnava ad andare da 0 (rilassato) a 100 (tensione) in una frazione di secondo e in seguito a tornare a 0 con la medesima rapidità. C'è anche un aspetto di tutta l'energia e della sua vibrazione che è specifica del suo studio, Insisteva nella connessione con la Terra: “ Ten shin jin”, diceva spesso:
Karate cielo-terra-uomo. L'unione dell'uomo col cielo e con la terra, scaturisce una forte energia attraverso la tecnica. I piedi a terra, la testa verso il cielo e una inspirazione può catturare l'energia dal cielo, con i piedi ancorati in modo da assorbire l'energia e le emanazioni dalla terra. “l'uomo è come un ponte tra i due, l'uomo è l'espressione delle due energie. Più concentriamo l'espirazione in un punto, meglio funzionerà la tecnica” - affermava sovente. Sensei Kase insegnava anche che se disperdiamo lo spirito, l'energia si perde nell'universo. Insisteva molto nella visualizzazione, che era un punto fondamentale. Ma ci sarebbero molte altre cose da dire sulle fantastiche scoperte che fece durante le sue ricerche. C.N.: Tu hai conosciuto l'uomo...com'era nella sua vita quotidiana? S.P.L.: Il Maestro Kase diceva spesso che “il Karate è vita e la vita è Karate”. L'Arte o la vita possiedono gli stessi meccanismi. Ha rispettato questa frase fino in fondo. Era un uomo umile, deciso, con un grande desiderio di ricerca, di studio e perfezionamento della sua arte, aperto con gli altri e pieno di bontà con i suoi allievi. Amava gli esseri umani. Non era rude ne brutale nella sua pratica, valorizzava l'aspetto artistico nel suo senso più profondo. Come dire, l'energia aggressiva è volgare. L'energia del Maestro è positiva, creativa e permette di andare verso gli altri, mentre quella negativa li distrugge. Nel kumite, per esempio, quando l'ego prende il sopravvento, si ha aggressività contro aggressività. Sensei Kase ci diceva: “E' meglio rompere il braccio dell'avversario con tecniche a mano aperta (Shuto) invece che distruggere l'integrità fisica della persona”. Così proteggiamo la persona e proteggiamo noi stessi. Era in qualche modo ironico per essere un Maestro di Karate, ma lasciò comunque un segno del suo lavoro interiore e del suo progresso nella comprensione dell'essenza del Karate. Il Maestro Kase visse per lo studio, fu uno dei maestri più all'avanguardia della sua generazione in questa sua ricerca costante. Come molti artisti, parliamo di individui che si nutrono dei propri studi. Non era interessato a quali potevano essere gli effetti o a ottenere un qualche riconoscimento internazionale. Non sapeva quanto denaro guadagnava, quante persone assistevano ai suoi allenamenti, o che genere di gloria poteva raggiungere. Non aveva nessun interesse all'interesse, nonostante fosse un maestro riconosciuto a livello internazionale e altamente richiesto. Il giorno del suo funerale a Pere
Lachaise, suo fratello disse che non sapeva che lui era arrivato ad essere così famoso nel mondo. Il Maestro Kase non ambiva ad alcuna “carica istituzionale”. Ricordo che quando ero in Giappone con lui, nel 1987, allora la JKA stava cercando un vero leader. Gli domandai se
era
Intervista interessato a questa posizione. Mi replicò che se doveva farsi carico ancora una volta di questa organizzazione, non avrebbe mai più potuto mettere il kimono, ma che avrebbe dovuto indossare “un abito, una cravatta e una penna”. Ciò che voleva da sempre era praticare e approfondire i suoi studi. Nemmeno in Francia cercò di ottenere un incarico importante. Molte volte diceva “La prima cosa è la libertà”.
“I suoi insegnamenti erano per tutti” Al Maestro non premevano ne la gloria ne i riconoscimenti. Non gli piacevano tanto le interviste, tantomeno mettersi in evidenza. Quando gli dissero che era un Gran Maestro, lui sorrise appena e continuò a camminare. Un giorno gli dissi: “Sensei, presto o tardi morirà e non c'è niente su di lei, non ci sono libri, sui suoi studi o
sulla sua comprensione della pratica, non c'è un DVD, non c'è niente”. La sua risposta fu: “Il giorno che dovessi scrivere un libro non avrò più nulla da dire. Se lo scrivessi oggi, può essere che mi contraddica nel giro di dieci anni”. L'unica cosa che gli importava nella sua pratica era indagare sull'essenza del Karate, dello studio, della ricerca e dell'insegnamento. I suoi insegnamenti erano per tutti, senza elitarismo. Tuttavia, per avere accesso a questi, era necessario superarsi.
“Amore, perdono, benevolenza, onore” La conclusione finale per la sua inusuale personalità era che a lui non piacevano i litigi. Ricordo che durante una sessione di allenamento, ci allenammo molto duro e un gruppo di allievi si sedette all'improvviso nel mezzo della palestra. Io ero furioso vedendoli così in quella maniera; volevo scagliarmi contro di loro, ma il mio maestro mi fermò, scuotendo la testa in segno di no. Un'altra volta, in Finlandia, nel 1996, era una bella giornata, eravamo fuori dopo un mini-corso di formazione e mi disse:” Mi sento bene perchè non c'è nessun litigio, è come essere in vacanza”. Era anche un buon padre. Aveva la passione per le macchine fotografiche (ne aveva varie in casa), per l'astronomia e per la letteratura Francese, Russa e Giapponese classica. Cercava sempre l'equilibrio in ogni ambito della sua vita. Un ultima cosa mi viene in mente. Al suo funerale in Francia, un monaco Zen che conosceva bene Sensei Kase lesse un'orazione funebre. La tradizione vuole che si ricordino le qualità migliori dello scomparso. Il monaco parlò del suo amore, del perdono, della benevolenza e dell'onore. Io conservo queste virtù nel mio cuore e faccio tutto il possibile per utilizzarle nei miei insegnamenti e nella presentazione del Karate sviluppato dal Maestro Kase.
Dati chiave sulla vita del Maestro Kase Sensei Taiji Kase nacque il 9 Febbraio del 1929 a Tokyo. Nel Febbraio del 1944, a 15 anni, entra
Karate nel Honbu Dojo Shotokan, dove si allena con Yoshitaka Funakoshi. Nel Marzo 1945 si arruola nella Scuola della Marina nella sezione dei Piloti Kamikaze. Rimane li fino alla fine della Guerra. Nel 1949, Sensei Kase è, all'età di 10 anni, è il più giovane a conseguire il grado di Sandan. Diventa istruttore e insegna Kumite, allenando insegnanti come Enoeda, Shirai, Kanazawa e Ochi. Nel 1965, il presidente della JKA e il Ministro degli Affari Esteri del Giappone lo incaricano di diffondere il Karate-Do in tutto il mondo. Arriva a Parigi nell'Agosto del 1967, dove si stabilisce con la famiglia. Vivrà li per il resto della sua vita. Dal 1976 ha tenuto seminari e conferenze in tutto il mondo. Nel Maggio del 1999, Sensei Kase ha avuto il suo primo attacco di cuore. Dopo sei mesi di riposo forzato, riprende le sue lezioni e il suo allenamento. Nel 2004, fonda la Accademia Internazionale (Accademia Kase Ha Shotokan Ryu Karate-Do) Il 24 novembre del 2004 muore Sensei Kase. Il funerale ha avuto luogo al cimitero di Pere Lachaise, a Parigi. Al suo capezzale i familiari, amici e allievi da tutto il mondo. Sensei Pascal Lecourt: un DVD e le tappe per tramandare l'eredità Dopo trentasei anni di pratica, di cui trenta come allievo e assistente di Sensei Taiji Kase e da quest'ultimo designato Direttore Tecnico in Francia dell' “Accademia Kase Ha Shotokan Ryu KarateDo”, Sensei Pascal Lecourt, 6°Dan, ha riunito e spiegato per la prima volta in DVD i fondamenti della Scuola Kase-Ha. Sensei Lecourt ha unificato e descritto per tutti le tecniche e l'espressione energetica che sono diventate il marchio di fabbrica della Scuola Kase-Ha. La scienza del combattimento senza precedenti e la sottigliezza dello studio investigativo realizzati da Sensei Kase, che portò avanti fino alla sua morte, giustifica il fatto che uno dei pochi esperti che meglio lo conobbero e lo seguirono per molti anni, si sia preso il tempo per spiegare l'essenza del Karate di Sensei Taiji Kase a tutti gli appassionati del Karate e delle Arti Marziali in genere. In particolare, in questo DVD troviamo un'intervista dal vivo con Sensei Pascal Lecourt in cui ci racconta della sua vicinanza al Maestro e tutta la trasmissione interiore, spirituale e filosofica che si è concretizzata in trent'anni di stretta relazione. Vi troviamo anche un'intervista con la Sig.Ra Kase Chieko, moglie di Sensei Taiji Kase, che ci narra ciò che è stata la vita del Maestro dalla fase del Giappone del dopoguerra, fino al suo ultimo respiro. Per maggiori informazioni e per sapere di più sui corsi di formazione che tiene in Francia e a Parigi, o per richiedere questo DVD, potete contattare Sensei Pascal Lecourt su Internet: http://www.lecourtpascal.fr/ Per qualsiasi informazione, potete chattare con lui attraverso questa pagina di Facebook: Pascal Lecourt Kase-Ha
“Al suo funerale in Francia, un monaco Zen che conosceva bene Sensei Kase lesse un'orazione funebre. La tradizione vuole che si ricordino le qualità migliori dello scomparso. Il monaco parlò del suo amore, del perdono, della benevolenza e dell'onore”
MMA
L'inaugurazione della nuova palestra UFC Gym a New Hyde Park Nassau NY è un grande passo per riuscire a ottenere che le Arti Marziali Miste vengano riconosciute come sport legale a New York.
La Palestra di MMA e Fitness piĂš grande della East Coast
Vista frontale della UFC Gym. UFC Champion, Joe James Maurice Elmalem Campione UFC, Forrest Griffin. Dimostrazione. UFC campione Frankie Edgar.
Testo e Foto: GM Maurice El Malem
Nuova palestra UFC, la più grande della costa Est La palestra UFC di MMA e Fitness della East Coast con i suoi 35000 metri quadrati di superficie al pian terreno e parcheggio proprio, è la più grande della costa orientale. Questa impressionante struttura, dotata di una enorme quantità di macchine per esercizi appositamente progettate per la nuova frontiera dello sport e dell'attività fisica, è alla portata di tutti coloro che possono e desiderano usarla per migliorare il proprio corpo, l'anima e la mente. Ci sono tapis roulant, cyclette, sacchi da boxe, bilancieri, panche per addominali e macchine per lavorare tutte le parti del corpo. Le strutture dispongono di elementi essenziali, anche di un club di allenamento di Jiu Jitsu per imparare le Arti Marziali brasiliane che sono una parte importante dell'allenamento della UFC, per poter poi combattere nella gabbia ottagonale. Quando sono entrato e ho provato il ring, l'ho trovato sicuro per la pratica. Il suolo è imbottito per assorbire quelli che sono gli elementi più importanti dei combattimenti della UFC, come le cadute, le spazzate, le proiezioni, le leve articolari e i colpi di gomito. Questa tecnologia del suolo imbottito è eccellente per evitare quegli infortuni che preoccupano tutti coloro che praticano gli sport di contatto. Nella zona dei sacchi da boxe, ci sono più di 30 sacchi disposti a diverse altezze per permettere ai praticanti di raggiungere il livello massimo quando li colpiscono. Le sale delle lezioni hanno anch'esse il pavimento imbottito. La nuova palestra UFC ha una grande zona di accoglienza, bar, negozi di sport che vendono divise, magliette e attrezzature per le MMA. La quota per frequentare la palestra è di 50 dollari al mese per l'allenamento base e di 100 dollari per i programmi speciali. Ci sono personal trainers per ciascuna sezione e specialisti delle diverse Arti Marziali Miste forniti dalla palestra. Le strutture sono aperte 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana e sono vicine all'autostrada di Long Island. Ciò che ha reso speciale la giornata sono state le stelle della UFC che sono venute a dare il loro supporto e mi hanno dato l'opportunità di incontrare alcuni amici. Ho avuto l'occasione di intervistare il campione del mondo della UFC, Chuck Liddell, nativo della California che è stato soprannominato “l'uomo di ghiaccio” per aver messo al tappeto alcuni dei migliori fighters della UFC come Tito Ortiz nel UFC 47, Jeremy Horn nel UFC 54 e Randy Couture nel UFC 43 la rivincita. Durante questo breve incontro gli ho rivolto alcune domande. Cintura Nera: A che età hai iniziato a praticare MMA? Chuck Liddell: A 12 anni - praticavo lotta libera molto assiduamente, quindi decisi di passare alle MMA e allenarmi 7 giorni alla settimana. C.N.: Qual è stato il combattimento più emozionante e memorabile della tua carriera nelle MMA come campione della UFC? C.L.: Ricordo in particolare il combattimento con Randy Couture nel UFC 52. Dovevo recuperare la cintura di campione dei pesi medio-massimi della UFC e dimostrare al mondo che ero il vero campione, il primo capace di mandare al tappeto Randy Couture. Non potevo subire un'altra sconfitta come quella che patii da Randy nel UFC 43. C.N.: Come ti mantieni occupato dopo esserti ritirato dalla UFC? C.L.: Mi godo la mia famiglia, alleno fighters e promuovo la UFC in tutto il mondo. Impartisco anche seminari e visito le palestre della UFC. C.N.: Qual è il tuo consiglio per i nuovo combattenti della UFC? C.L.: Siate disciplinati, praticate e esercitatevi tutti i giorni. Siate buoni con i vostri amici e date un buon esempio non usando droghe. C.N.: Grazie per il tuo tempo, ti auguro tutto il meglio.
Tra le altre stelle della UFC che hanno assistito all'evento: Jon Jones, Campione UFC, molto occupato a firmare autografi e a farsi fotografare con tutti, sorridendo e comportandosi sempre da gentiluomo. Jon è un grande campione della UFC, sconfisse Rashad Evans nel UFC 145, Mauricio “Shogun” Rua per KO tecnico nel UFC 128, Stephan Bonnal nel UFC 94, Andre Gusmao nel UFC 87. E' ancora molto attivo come campione di MMA nella UFC. Forrest Griffin, ex campione pesi mediomassimi della UFC con un record di 19-7-0, da Columbus - Ohio. Ex ufficiale di polizia che ora si dedica completamente alla UFC. Frankie Edgar, ex campione della UFC, praticante di Muay Thay e Jiu Jitsu, ambizioso e assai carismatico. E' una stella emergente delle MMA.
Wing Chun Fronteggiare Di nuovo ciao a tutti! Nella mia seconda colonna mensile per Budo International/Cintura Nera mi piacerebbe parlare del concetto del CRCA Wing Chun di “Fronteggiare”. Il termine “Fronteggiare” (Ying Sai) nel Wing Chun significa il riferimento frontale di un combattente rispetto a un altro. Un altro termine, Ying Chiu, si riferisce alla “Postura di Orientamento” di un fighter rispetto a un altro. Il “Vantaggio di fronte” ha luogo quando un combattente è posizionato frontalmente e l'avversario è di spalle a lui. Questa posizione vantaggiosa non presuppone una vittoria sicura, ma solo un vantaggio per attaccare o difendere. Possiamo trovare l'immagine di questa postura nel modo in cui le navi da Guerra combattevano nei grandi oceani. Visto che avevano le armi situate in entrambi i lati che puntavano a 90° rispetto alla prua e alla poppa, per aprire il fuoco sull'avversario dovevano posizionarsi di lato ad esso prima di sparargli. Lo svantaggio consisteva nel fatto che anche se poteva concentrare al sua potenza di fuoco sull'avversario, questo era in condizioni di contrattaccare e di sparare con la stessa efficacia. Questa posizione di equilibrio causava enormi danni a entrambe le parti. Non importava chi affondava chi alla fine. Dopo varie esperienze di questo tipo nel combattimento navale, a qualche astuto stratega venne in mente la soluzione, una strategia conosciuta come “incrocio a T”. Questo termine fa riferimento alla posizione nella quale una nave si colloca di lato abbordando la poppa dell'altra, permettendogli così di sparare al nemico senza che questo possa rispondere al fuoco. Le armi di quest'ultimo punteranno verso il mare mentre quelle dall'altro punteranno l'obbiettivo. Questa è l'idea del vantaggio dell'orientamento nel quale le vostre “armi” devono puntare il nemico, mentre le sue “sono puntate verso il mare”. Vantaggio di orientamento - quando il combattente di Wing chun è in grado di ottenere il vantaggio dell'orientamento e posizionarsi frontalmente davanti a un rivale che è di lato o di spalle, si dice che si avvicina dal “lato morto”. Qualsiasi parte fuori della “Zona viva” - la proiezione di un angolo di 90° con il suo vertice nella linea centrale e simmetricamente riferito ai 45° di ciascun lato - viene considerato stare nella Zona Morta. Questa zona è la più difficile da difendere e quando l'avversario l'affronta, si ha un rapporto angolare che rende molto difficile il contrattacco. Pertanto, la Zona Morta del contendente è la zona più sicura da cui portare un attacco. Il diagramma sotto mostra una prospettiva elevata della Zona Viva e della Zona Morta da tre distinte posizioni di combattimento. Si dice che abbiamo un“vantaggio di orientamento” quando una parte della tua Zona Viva (anche se piccola) coincide con una parte della sua Zona Morta, e nessuna parte della sua Zona Viva coincide con la tua Zona Morta. In una tipica analogia del Wing Chun, la Zona Viva di 90° si può paragonare agli enormi fari luminosi usati dalla polizia penitenziaria per localizzare i prigionieri fuggiti che corrono tra i campi. Nel combattimento, il fighter di Wing Chun interpreta due ruoli; è il prigioniero evaso, poiché usa il suo gioco di piedi per evitare di essere colpito dal “cannone di luce” dell'avversario. E' anche il poliziotto della prigione,
perchè cerca di mantenere il “contendente” illuminato con la propria Zona Viva. Quindi, tra due contendenti di alto livello di Wing Chun, c'è una lotta costante per la posizione nel Chee Sau (mani appiccicose), nello sparring o negli esercizi della pr atica. D o po tu tto qu es to , l' impo r tan za d e l fro nteg g iare n el C RC A W in g C h u n è ch iar ame n t e dimostrata. Ciò lo si può vedere con molte tecniche di combattimento, incluse quelle che mostriamo qui, in cui il combattente di CRCA Wing Chun deve sempre tenere in considerazione l'idea di affrontare prima di realizzare qualsiasi movimento dei piedi che cambi questa relazione. Sempre che sia possibile, si muoverà nella direzione che gli darà un vantaggio di orientamento, anche se fosse solo leggero. Il motivo di questa strategia e che il più lieve vantaggio di orientamento ottenuto tramite il primo spostamento del combattente di Wing Chun può essere aumentato, anche involontariamente, dal proprio avversario. Perciò, da una posizione di guardia in una relazione aperta, anche se faremo un breve step verso l'esterno della gamba anteriore del rivale, egli potrebbe amplificarlo facendone uno verso l'inter no - forse senza nemmeno sapere che ci sta concedendo il vantaggio dell'orientamento muovendosi nell'unica direzione che non è bloccata dal vostro piede. Lui sta seguendo il cammino spedito che lo porta allo svantaggio di orientamento sempre a condizione che si sia fatto il posso giusto per “dominarlo”. Può essere che l'avversario non sia neanche cosciente dell'esistenza di tale vantaggio. Per esempio, quando si esegue una tecnica da uno scontro aperto, (voi con la sinistra avanzata e lui con la destra), farete sempre un passo con la vostra sinistra avanzata verso l'esterno della sua destra anteriore. Anche se il relativo vantaggio di orientamento che state costruendo può non sembrare evidente, se continuerete a muovervi, o se egli continuerà a muovere il suo piede in avanti, finirà dandoci le spalle - con la sua Zona Morta esposta. Da una relazione chiusa di sinistro (entrambi i lottatori con la sinistra avanti), sarebbe meglio fare un passo verso l'interno della sua gamba avanzata mentre eseguite un Tan Da per parare il suo jab con la sinistra. Fare un passo verso l'esterno “vi darà le sue spalle”. Questo concetto funziona con la teoria della Linea Centrale, della quale scriveremo in una delle prossime colonne di Budo Inter national/Cintura Nera. L'ultimo traguardo è ottenere almeno uno dei due vantaggi, no entrambi, ogni volta che eseguite la tecnica usando il gioco di piedi. Fare uno spostamento pensando di fronteggiare correttamente, funziona molto bene anche all'interno di una struttura applicata alla difesa personale. Nell'esempio precedente del Tan Da, avevate fatto un passo verso l'esterno, avreste anche indebolito il Tan Sau e il colpo muovendo il corpo lontano dalla direzione in cui avreste voluto essere più forti, provocando una certa goffaggine e squilibrio. Al suo posto, fare uno spostamento all'interno almeno per creare un vantaggio di orientamento uguale, aggiungerebbe davvero potenza e struttura angolare a entrambi i movimenti. Di fatto, più esterno è il vostro passo, più sarà incrociato e squilibrato dal Tan Sau e il vostro colpo sarà ben diretto verso la linea centrale (diretto al punto).
La “Zona Viva” e “La Zona Morta”. Nelle tre figure (immagine numero 1), la “Zona Viva” - dalla quale possiamo attaccare e difenderci con efficacia, viene mostrata nel settore aperto del cerchio. Tutte le restanti aree intorno al cerchio comprendono la “Zona Morta”. Osservate l'effetto che differenzia l'orientamento, che è nell'angolo in cui si trova la Linea Centrale rispetto alla “Zona Viva”.
La teoria dell'orientamento pone anche il limite della proiezione in maniera che si possa fare perno in relazione all'avversario - non dovrete farlo aldilà del punto in cui il limite esterno della vostra Zona Viva coincida con la linea centrale o concederete il vantaggio dell'orientamento al vostro rivale. Perciò vedrete che per interesse stesso del combattente, questi deve mantenere la propria linea centrale posizionata secondo il riferimento della Zona Morta del contendente. Questo posizionamento non solo consente di
avere almeno una equivalente possibilità di attaccare, ma anche di mantenere la sua Zona Morta collocata a 45° dalla linea frontale dell'opponente. Per questo la parte superiore del corpo è situata con un riferimento di proiezione di 90° secondo la posizione del perno Choh Ma, indipendentemente dalla posizione dei piedi. In altre parole, se tutta la parte inferiore del corpo dalla cintura in giù venisse coperta da una spessa nebbia, l'avversario non avrebbe modo di sapere se siete in una posizione girata, rafforzata, avanzata o arretrata, ma solo
che siete di fronte a lui con la vostra Zona Viva nei 90°. Per questo la strategia di orientamento si può adattare a un artista marziale di qualsiasi stile. Il concetto di fronteggiare in relazione a quello della Linea Centrale è stato analizzato nel dettaglio nel Volume II della mia serie di libri in cui descrivo il gioco di piedi Loy Seen Wai e Ngoy Seen Wai nel lavoro sul Ma Boh. In questo stesso numero potrete trovare maggiori informazioni su questi libri.
Wing Chun
Sequenza 1 Foto 1A - combattenti preparati in una relazione aperta. Foto 1B - Quando Thomas cerca di colpire col suo jab destro, Mario Lopez usa uno Ngoy Seen Wai facendo un passo orientato verso l'esterno e fa perno con il proprio piede anteriore mentre attacca con il suo Chop Kuen verso il basso alle, ora vulnerabili, costole di Thomas. Osservate che in questo colpo deve prendere il contatto mentre Thomas scaglia il suo colpo prima che il piede anteriore di Mario tocchi terra per massimizzare il Jyeh Lick (“Forza prestataâ€?) colpendo l'avversario mentre questi sta provando a sua volta a colpirlo. Foto 1C - Thomas cerca di continuare, portando il suo colpo con la mano sinistra posteriore, ma questa rimane corta a causa del migliore orientamento di Mario, ora Mario può ancora una volta usare la forza prestata con un piccolo Loy Seen Wai (spostamento rivolto verso l'interno e facendo perno) per poi in seguito migliorare il suo vantaggio di orientamento mentre porta un Cheh Kuen (Pugno con richiamo/ Extension Punch). Foto 1D - Dalla sua chiara superiore condizione di vantaggio di Orientamento quasi dietro all'avversario, Mario continua la sua punizione con un pugno diagonale Loy Doy Gock Kuen.
Due sequenze che illustrano il modo di ottenere subito il vantaggio di orientamento, partendo da due relazioni iniziali differenti, usando gli stessi movimenti.
Sequenza 2 Foto 2A - Lottatori preparati, stavolta in una relazione chiusa Foto 2B - Quando Thomas cerca di colpire con la mano anteriore sinistra, Mario usa un Ngoy Seen Wai con un passo orientato verso l'esterno e perno verso l'esterno con la sua gamba destra arretrata, mentre porta un Chop Kuen sinistro alle costole di Thomas. Ancora una volta questo colpo deve intanto entrare in contatto con Thomas e prima che il piede anteriore di Mario tocchi terra per massimizzare il Jyeh Lick (“Forza prestataâ€?) colpendo l'avversario mentre lui sta provando a colpirlo a sua volta. Foto 2C - Thomas cerca di continuare, portando il suo colpo con la mano destra posteriore, che rimane corto a causa del migliore orientamento di Mario, adesso Mario può nuovamente usare la forza prestata con un piccolo Loy Seen Wai, per poi migliorare il suo vantaggio di orientamento mentre porta un Cheh Kuen (Pugno con richiamo/ Extension Punch) sinistro alla mandibola. Foto 2D - Dalla sua chiara superiore condizione di vantaggio di Orientamento quasi dietro all'avversario, Mario termina la sua azione con un pugno diagonale sinistro facendo perno, Choh Ma Loy Doy Gock Kuen, esattamente come ha fatto nella sequenza precedente.