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EDITORIALE
INDICE
Un caso clinico di Guido Garau Far finta di essere sani, cantava Giorgio Gaber. Fingere per nascondere il mal di vivere, preferire l’anestesia sociale a un’esistenza autentica - un autentico dolore - solo per apparire, per nascondere la propria morte interiore. Altri tempi. Oggi non possiamo più permetterci simili sottigliezze, proprie di una borghesia ricca e matura. In un’epoca di decadenza anche fingere di esser sani è diventato un lusso. Zeno Cosini avrebbe smesso di fumare (senza rimorsi di coscienza) per mancanza di contanti per comprare le sigarette. Oggi essere sani è diventato obbligatorio, altro che finzione. Nessuna ironia: o si vive o si muore. Se ti ammali perdi il lavoro, la casa, i figli. Sei fottuto. Ecco: in un mondo alla fine del mondo, mantenere ossa, cuore e polmoni al loro posto è l’unica garanzia di sopravvivenza. La sovrastruttura (un mondo culturale fatto di dover essere) non esiste più: si torna alla lotta per restare in vita. Eppure l’offerta di illusioni e di dolci inganni che circonda la fabbrica della salute è immensa e si declina nei mille desideri di integrità fisica e di lunga vita. Alla medicina si chiede, ora più che mai, ciò che un tempo si chiedeva alla religione, seppure in riferimento alla vita: la piena felicità terrena. Così ci troviamo a un bivio: da un lato la sensazione fortissima di essere sempre più precari, gettati nel mondo, dall’altra l’illusione di poter prolungare la vita all’infinito. Nel mezzo sta la Cura. E allora cerchiamo di fare il punto: sullo stato di salute della Sanità sarda e su alcune importanti questioni che riguardano e caratterizzano il mondo della medicina. Dagli ospedali alle cellule staminali, dagli sprechi del sistema sanitario fino ad arrivare alla salute mentale. Consapevoli di un fatto: oggi la vera malattia è la «disarmonia sociale». Di fronte alla quale siamo in attesa di una panacea epocale, possibilmente duratura: la nostra nuova concezione di salvezza. g.garau@cagliaripad.it
Pag. 15: la famiglia Usai “alla neve” di Alessandra Ghiani
Infermieri in attesa di concorso un precariato da tre milioni all’anno di Claudia Sarritzu pag. 4-5 Intervista con Gisella Trincas la sofferenza mentale e la speranza di Maria Grazia Pusceddu pag. 6 Il San Giovanni si trasferisce o si rinnova? Intanto arrivano due milioni per il restauro di Michela Seu pag. 7 “Cagliari non ha una Banca del sangue quella del Binaghi non è a norma” di Carlo Poddighe pag. 8 Mai più mostro Marino l’ex ospedale diventa un centro benessere di Laura Puddu pag. 9
PRIMO PIANO InfermIere: posto pubblIco, contratto InterInale un precarIato che costa tre mIlIonI all’anno Gli operatori sanitari cagliaritani aspettano da tempo un concorso che regolarizzi la loro posizione. Il segretario del sindacato di categoria Anedda: “Situazione ingiusta, abbiamo inviato una diffida alle Asl”
di Claudia Sarritzu c.sarritzu@cagliaripad.it
A
Cagliari, non tutti gli infermieri, ausiliari, amministrativi e paramedici rischiano di annoiarsi con il posto fisso. Il precariato in corsia, infatti, inizia con l’approvazione del pacchetto Treu nel giugno 1997 che, modificando radicalmente i rapporti di lavoro, crea le figure del lavoratore socialmente utile con mansioni di pubblica utilità. Ma mentre in quella legge il rapporto di lavoro dopo sei mesi doveva sfociare in una assunzione a tempo indeterminato, con la legge Biagi del 2003 e la nuova disciplina delle agenzie di somministrazione del lavoro, questa conclusione felice per il lavoratore sparisce. I concorsi però (se si esclude il Policlinico uniCAGLIARIpad.it ANNO II • Numero 12 • 14 febbraio 2012 Editore GCS Green Comm Services S.r.l. Direttore responsabile Guido Garau
versitario di Monserrato che selezionerà 19 professionalità) non vengono quasi più praticati dalle aziende sanitarie. Incapaci di assicurare la presenza costante di un numero di operatori che si assentano per malattie, usufruiscono dell’interazione dell’agenzia per le sostituzioni, cosa che non può accadere quando si assume un lavoratore a tempo indeterminato per concorso. Fabrizio Anedda, segretario provinciale del Nursind (Sindacato delle professioHanno collaborato: Alessandra Ghiani Lexa Carlo Poddighe Laura Puddu Maria Grazia Pusceddu Claudia Sarritzu Michela Seu
ni infermieristiche), spiega: “Abbiamo diffidato le tre Direzioni generali delle tre grandi aziende Sarde (A.O. Brotzu, ASL 8, A.U.O.) a provvedere al ripristino della corretta dotazione organica del personale infermieristico e di supporto in tutte le UU.OO., nonché al rispetto delle specifiche competenze professionali. Se ci sono posti vacanti, che bisogno c’è di attivare o prorogare ulteriori procedure di reclutamento di risorse umane tramite agenzie esterne, quando
si ha a disposizione una graduatoria aperta? Tanto più se la soluzione preferita risulta maggiormente onerosa da un punto di vista economico.”
Fotografie Guido Garau Alessandra Ghiani Progetto grafico e impaginazione Cesare Giombetti
Sede legale Via Giotto, 5 • 09121 • Cagliari Redazione Largo Carlo Felice, 18 09124 Cagliari www.cagliaripad.it redazione@cagliaripad.it Tel. 070.3321559 • 366.4376649 Autorizzazione Tribunale di Cagliari 15/11 del 6 settembre 2011
Vignette Bob Marongiu Stampa Grafiche Ghiani • Monastir
Il costo dell’operazione è di 3.270.000 euro di cui 152.900 euro più 20 per cento di Iva sono l’effettivo compenso all’agenzia. La diffida citata da Anedda ha come oggetto la grave carenza di personale di supporto e l’illegittimo demansionamento del personale infermieristico, si afferma
pag. 5 inoltre che se mancano gli ausiliari l’infermiere sarà costretto a svolgere anche ruoli che non sono di sua competenza e a distrarsi dalle attività proprie. Il segretario provinciale del Nursind rincara: “Se parliamo di un operatore ausiliario, può accadere che verranno anche scelti lavoratori che ogni mese cambiano lavoro, che magari non hanno fatto il corso di OSS, che un mese lavorano in un cantiere e l’altro in una corsia ospedaliera.” Ma allora perché si reperisce personale tramite agenzia? “Il lavoratore interinale lavora anche se per poco e continua a sopravvivere - conclude Anedda - l’ospedale ha tutte le sostituzioni che gli interessano senza alcun problema mantenendo lo stesso numero di operatori 24 ore su 24. Sull’argomento, il direttore generale del Brotzu Tonino Garau replica: “Al Brotzu purtroppo non c’è
più possibilità di assumere per concorso perché la pianta organica è al completo. Per questo finché non viene rivista e ampliata dall’Assessorato noi siamo costretti ad attingere dalle agenzie per le sostituzioni temporanee. Io sono convinto che non c’è un istituto migliore del concorso per ridare dignità professionale e migliori servizi all’interno dell’ospedale, bisogna finirla con questo uso indiscriminato del lavoro interinale, non c’è alcun risparmio e la qualità è peggiore.” Dall’altra parte l’assessorato alla Sanità, che dopo aver già chiesto informazioni lo scorso novembre, afferma di aver inviato una nuova sollecitazione all’Azienda Brotzu a fornire aggiornamenti e tutta la documentazione sul bando di gara, per fare chiarezza e stabilire con certezza le esigenze del personale.
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All’agenzia interinale ogni anno vanno 150mila euro più Iva
L’INCHIESTA Nel 1800 i primi ricoveri in cliniche dedicate poi la nascita della casa di cura Villa Clara Fino alla seconda metà del XIX secolo, le persone che soffrivano di disturbi psichici venivano abbandonate a se stesse. Nel 1859, nel nuovo ospedale civile S. Giovanni di Dio fu aperta la prima clinica psichiatrica. Nel 1907 venne edificato il nuovo Ospedale psichiatrico, che prese il nome della villa preesistente, Villa Clara
ASARP, UNA STORIA LUNGA VENTICINQUE ANNI NELLA SPERANZA DI UNA VITA NORMALE
L’Associazione per l’attuazione della riforma psichiatrica lotta per le persone con sofferenza mentale la presidente Trincas: “Lo faccio per mia sorella”. La delusione dei soci per lo stop al caffè letterario
di Maria Grazia Pusceddu m.pusceddu@cagliaripad.it
La sofferenza mentale è una condizione che può colpire chiunque in qualsiasi momento. Da più di 25 anni l’Asarp (Associazione sarda per l’attuazione della riforma psichiatrica) si impegna per garantire a queste persone e ai loro familiari una vita normale. Spesso un parente che si trova a vivere questo dramma non sa cosa fare. L’Asarp nasce in Sardegna come associazione di familiari e utenti per rivendicare la piena attuazione della Legge di riforma psichiatrica (n. 180 del 1978) che prevedeva la chiusura degli ospedali psichiatrici e imponeva alle Regioni la costruzione sul territorio di una serie di servizi e di interventi contro qualsiasi forma di internamento. “Ho fondato l’Asarp – ha dichiarato il presidente Gisella Trincas – perché una mia sorella con sofferenza mentale non riceveva le cure adeguate che l’aiutassero ad uscire da questa condizione”.
Grazie all’associazione, una famiglia che si trova ad affrontare questo dramma non si sente più sola e viene accompagnata in un percorso di comprensione e di attivazione nel chiedere ai servizi quello di cui ha bisogno. Sono moltissime le vittorie conseguite dall’Associazione in questi anni
è poi quello di sensibilizzare l’opinione pubblica attraverso una serie di iniziative culturali e di dibattito che permettano alla gente di avere una visione corretta e rispettosa della questione “salute mentale”. “Cerchiamo di garantire – ha aggiunto Gisella Trincas – una consulenza intensiva, dando
ma tante ancora le sfide da affrontare. Innanzitutto quella che riguarda il blocco dei locali da parte della Asl 8 per la costruzione del caffè letterario, una grande opportunità di lavoro per i soci svantaggiati.
informazioni corrette sul problema della salute mentale e dei diritti umani”. Sono tantissime le persone che entrano in contatto con l’Associazione, spesso anche solo per una consulenza. Alcune scelgono invece di rimanere all’interno dell’Asarp, seguendo i numerosi laboratori. C’è quello di pittura collettiva e quello di trash art in cui si realizzano opere con l’utilizzo di materiali di scarto. Ci sono poi il laboratorio di musica e quello di auto mutuo aiuto tra utenti che si incontrano con un volontario e fanno
Gli obiettivi e le attività. Uno degli obiettivi più importanti dell’Asarp è sicuramente quello di fare in modo che le istituzioni facciano le leggi che servono e le rispettino, attivando progetti terapeutici personalizzati che coinvolgano attivamente i familiari. Un ulteriore obiettivo
letture e discussioni collettive. Tutte queste attività servono naturalmente per reinserire le persone in un contesto di vita normale. Lo stop al caffè letterario. Un’altra importante vittoria conseguita dall’Asarp è stata la realizzazione di due cooperative: l’Asarp Uno che gestisce il servizio di assistenza domiciliare e “il giardino di Clara” nata per realizzare, all’interno della struttura in cui ha sede l’Associazione, un caffè letterario. I locali da dedicare a questo progetto erano già stati individuati negli spazi dell’ex direzione e ristrutturati. Gli accordi erano già stati presi, mancavano solo gli arredi. Poi però qualcosa non è andata come doveva. Quando nel maggio scorso è cambiata la Giunta comunale di Cagliari e con essa anche la direzione della Asl 8, il progetto che doveva dare lavoro ai soci svantaggiati della cooperativa, è stato bloccato. La motivazione? I locali devono essere destinati ad altro. “Destra o sinistra non c’entra– dice la Trincas – ma di una mancanza di sensibilità. Questi temi non sono la loro priorità anche perché non conoscendo l’Associazione, non ne conoscono le potenzialità”. Nell’attesa che la situazione si sblocchi, tante persone con sofferenza mentale aspettano un’importante occasione di lavoro e di reinserimento sociale.
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L’INCHIESTA
arrIvano due mIlIonI dI euro per Il restauro Il san gIovannI sI trasferIsce o sI rInnova? Il direttore Ennio Filigheddu: “Ha poco senso spendere denaro su una struttura così vecchia che per diventare accreditabile ha bisogno di troppi interventi” di Michela Seu m.seu@cagliaripad.it
segue Filigheddu – ma entro luglio dovremo stabilire come impiegarli. La nostra idea è di dirottarli verso Monserrato”. Sembrerebbe questo il destino dell’ospedale Civile di Cagliari, almeno sulla carta. Dopo il trasferimento di Neurologia è stata la volta, a settembre del 2011, di un reparto di Chirurgia: il 31 gennaio scorso
gia neonatale che attualmente risiedono alla clinica Macciotta, e poi, a seguire, l’intero Civile vecchio. L’ottimismo è di casa nello studio di Filigheddu: “I cittadini potranno presto usufruire di numerosi vantaggi: parcheggi liberi e quasi certamente coperti (verranno anche installati
Dislocazione dell’ospedale San Giovanni di Dio? Certamente sì. Anzi no. Diciamo forse. A quasi quattro anni dal trasferimento del primo reparto, quello di Neurologia, al Policlinico di Monserrato, tante sono ancora le incertezze sul futuro dell’ospedale più antico di Cagliari. A cominciare dai lavori di ristrutturazione previsti per l’edificio ormai obsoleto. A settembre furono stanziati 2,3 milioni di euro: fra le priorità del progetto due nuovi ascensori, la sistemazione di pavimenti e facciate interne, i parcheggi e la ristrutturazione dell’ex Scuola infermieri, dove attualmente hanno sede Diabetologia, Asl e i servizi tecnici. Lavori che, tuttavia, non sono mai partiti e che, con tutta probabilità, mai partiranno. “Ha veramente poco senso spendere denaro su una struttura così vecchia – fa sapere il direttore generale Ennio Filigheddu – che per diventare accreditabile necessiterebbe di troppi interventi”. D’accordo, ma i 2,3 milioni? “Per il momento sono custoditi dentro una cassaforte che tiene la Regione – pro-
due ditte, la Imma e la Vitale pannelli fotovoltaici), il trasporMicconi, hanno vinto la gara to pubblico Ctm, la metropod’appalto per la realitana di superficie lizzazione dell’ormai che dal 2013 ragZOOM famoso (più volte giungerà l’ingresso annunciato e non Ospedale civile, del Policlinico, e un ancora realizzato) le ipotesi di riqua- collegamento straBlocco Q, sempre a lificazione: un dale, la 554, faciluniverMonserrato. Si trat- campus mente percorribile a sitario, ma anche terebbe di un mo- un museo, o un maggior ragione da derno edificio in cui ospedale comuquando un incrocio verrebbero trasferiti nitario, o persino a raso è stato elimiper primi i reparti di un albergo nato”. Ostetricia e PatoloImpossibile tuttavia
sapere che ne sarà del maestoso edificio ottocentesco. Dal Comune di Cagliari sarebbe stata avanzata l’ipotesi di un campus universitario, ma di volta in volta si è pronosticato anche un museo, o un ospedale comunitario, e persino un albergo: “Il Comune non ha, però, voce in capitolo – precisa il direttore generale – poiché l’ospedale è gestito da un’azienda mista, Università e Regione. Attualmente non esiste un piano di ristrutturazione, in quanto bocciato al Tar nel 2008, e pertanto indiremo un concorso di idee”. L’ipotesi più verosimile secondo Filigheddu è quella di realizzare, al piano terra, un centro che rimanga in qualche modo ancorato alla sanità pubblica, come un poliambulatorio. I restanti piani della struttura restano invece un’enorme incognita. Una certezza, tuttavia, appare evidente: bisogna fare presto. Perché venga terminato il Policlinico o perché venga ristrutturato il San Giovanni di Dio. Per garantire assistenza ai pazienti in uno stabile decoroso e perché i 2,3 milioni di euro stanziati per l’ospedale non vengano, come troppo spesso accade, buttati al vento di maestrale che spira forte nel capoluogo isolano.
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L’INTERVISTA Andrea Corda
Ginecologo e officer del distretto 108 Lions
“la banca del sangue del bInaghI? è InutIle: non è certIfIcata” “Conservano le cellule ma non potranno utilizzarle: così l’unica speranza per i sardi resta quella di andare all’estero” di Carlo Poddighe c.poddighe@cagliaripad.it
Il sangue del cordone ombelicale è la terza fonte di cellule staminali, dopo il midollo osseo e il sangue. Le staminali sono “cellule il cui destino non è ancora deciso”, cellule neutre che possono originare altri tipi di cellule. Sono perciò utili nella cura di numerose patologie come leucemie, linfomi, alcuni tumori solidi, deficit immunitari, patologie genetiche come la talassemia. Ma smisurate sembrano essere le potenzialità di queste cellule con il progredire delle conoscenze medico-scientifiche. È perciò comprensibile l’interesse a riguardo non solo da parte dei malati di gravi patologie, che sperano di trovare una cura ai loro mali, ma anche di chi ha intravisto un’opportunità di business senza limiti. Andrea Corda, ginecologo cagliaritano, opera nel reparto di Ginecologia e Ostetricia
del San Giovanni di Dio dagli anni 90, è officer del distretto 108 dei Lions per il service sulle cellule staminali dal sangue del cordone ombelicale e mette in guardia dai facili entusiasmi e dai possibili rischi. Come si ottengono le staminali dal cordone ombelicale? Al momento del parto si recide il cordone e da questo si prelevano dai 50 ai 100cc di sangue ricco di cellule. Il sangue viene poi subito conservato in apposite sacche. Dal sangue vengono infine estratte le staminali che, attraverso un processo di crioconservazione, vengono conservate nell’azoto liquido a temperature di -180° C. In Italia vengono conservate presso le Banche del sangue cordonale. Da ottobre anche Cagliari ha la sua, al Binaghi. Sì. Il problema è che esiste una procedura da seguire nel prelievo e nella conservazione delle
cellule del cordone ombelicale. L’intera filiera deve essere attuata secondo precisi parametri internazionali, solo seguendo i quali la Banca del sangue ottiene la certificazione Gmp: Good medical practice (Corretta prassi medica). Senza l’attestato Gmp le banche non possono utilizzare le cellule che conservano. La “Banca” del Binaghi può vantare questa certificazione? No, per niente. Su circa venti Banche del sangue cordonale presenti in Italia solo due hanno la Gmp. Le altre conservano le cellule, ma non possono utilizzarle, perché non hanno cellule certificate. Esistono per garantire uno stipendio al solito codazzo di Presidenti, Consigli di amministrazione e dipendenti vari. Nessuna speranza per un malato sardo, allora?
“
Su circa venti Banche in Italia solo due sono a norma. Le altre? Servono a garantire incarichi e stipendi.
”
Solo intraprendere l’ennesimo viaggio in strutture pubbliche certificate in Continente o andare all’estero, dove, però, molte strutture
private hanno trasformato in un vero e proprio business l’utilizzo delle staminali. Qui in Italia, dai danni fatti dalle scelte della Bindi in poi, scontiamo un ritardo normativo di dodici anni che in medicina sono un era geologica. Praticamente per le donne oltre all’emigrazione per avere figli, si aggiunge quella per conservare le cellule staminali che potrebbero curare le patologie dei propri familiari. Perché una madre può scegliere che le staminali del proprio cordone siano esclusivamente a disposizione sua o dei familiari? All’estero sì. È la cosiddetta donazione autologa, vietata in Italia, che di fatto permette la cura solo a chi ha la possibilità di conservare le proprie cellule in costose banche private oltre confine. Qui in Italia esiste la donazione dedicata, consentita dalla legge in singoli casi ben specificati. I risvolti etici dell’uso delle staminali sono, d’altronde, quasi orwelliani. Una volta terminata la mappatura del genoma si può arrivare alla clonazione o alla selezione della specie. Il rischio già attuale è che nasca uno scontro a discapito della ricerca.
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VISIONI
ADDIO MOSTRO “MARINO”
di Laura Puddu l.puddu@cagliaripad.it Si prenda un edificio carico di storia. Si aggiunga il fatto che si trovi in una posizione incantevole e goda di un clima senza uguali e si otterranno le condizioni ottimali per puntare al turismo della salute. A questo mira la città di Cagliari attraverso la trasformazione dell’ex ospedale Marino in un centro di riabilitazione. Se tutto procederà per il verso giusto, tra due anni il rudere che si trova sulla spiaggia del Poetto diventerà un polo dedicato alla cura e al benessere. Sarà possibile eliminare, finalmente, uno degli esempi di abbandono e degrado presenti da decenni nel capoluogo sardo. Il progetto, che contempla una spesa di circa venti milioni di euro, prevede degli spazi dedicati alla
Tra due anni il rudere che si trova sulla spiaggia del Poetto diventerà un polo dedicato alla cura e al benessere riabilitazione intensiva, quella estensiva e anche sportiva; non mancheranno una sezione di eccellenza per il ricovero, una parte dedicata alla formazione al lavoro del disabile, un centro termale e una sezione Antiaging (assieme a una di dietologia e di intolleranza alimentare). Ci sarà spazio per una palestra e per servizi di ristorazione e bar e, all’esterno, per una zona rivolta alla ginnastica acquatica, con tende e ombrelloni. La gara d’appalto per la riqualificazione dell’ex ospedale marino era stata vinta, nel Maggio del 2010, dalla società Prosperius di Firenze. Mancava soltanto una modifica al Puc e la variante urbanistica è stata approvata dal Consiglio comunale alla fine di Dicembre.
La società toscana avrà la concessione per mezzo secolo, mentre la proprietà resterà della Regione. I lavori cominceranno alla fine dell’estate prossima e saranno ultimati entro Aprile del 2014, anche se non si esclude lo slittamento di alcuni mesi onde evitare rischi per i bagnanti. Il risultato finale sarà una struttura a metà tra clinica e albergo, a disposizione soprattutto di sportivi e anziani tedeschi, del nord Europa e dei paesi baltici, che potranno venire in Sardegna invece di andare a Tenerife, come è loro consuetudine. Non un centro esclusivo per soli ricchi comunque, ma un’interessante soluzione anche per la popolazione sarda che per ora non può contare su
molti luoghi per la riabilitazione. Non solo: fornirà un’opportunità di lavoro in più per i sardi, che avranno la precedenza rispetto agli altri. Saranno a tal fine avviate delle intese con l’Università, la Regione e il Comune. Serviranno almeno centodieci specialisti tra medici, fisioterapisti, infermieri e amministrativi. La Prosperius, società leader nelle terapie e tecniche di riabilitazione in Italia, tramite il suo responsabile Mario Bigazzi ha fatto sapere che la scelta è ricaduta su Cagliari perché il Golfo degli Angeli è ritenuto un posto bellissimo, comodo ed economico; il clima e la posizione lo rendono poi perfetto soprattutto per passare le stagioni intermedie. La spiaggia dei centomila dunque, dopo la demolizione dei chioschi, si appresta a cambiare ancora volto. La speranza è che possa rappresentare per Cagliari un’ottima occasione di sviluppo.
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LA BATTAGLIA DELLE PAROLE
OPINIONI
scrivici: redazione@cagliaripad.it o manda un sms al 342.5995701
L’angolino del filosofo
L’uomo è responsabile del mondo Jean-Paul tezza di quello che mi accade, in quanto Sartre* uomo, perché ciò che accade agli uomi’ L uomo, essendo condannato ad
essere libero, porta il peso del mondo tutto intero sulle spalle; egli è responsabile del mondo e di se stesso in quanto modo d’essere. Prendiamo la parola ‘responsabilità’ nel suo senso banale di ‘coscienza (di) essere l’autore incontestabile di un avvenimento o di un oggetto (...) Quello che mi accade, accade per opera mia e non potrei affliggermi né rivoltarmi né rassegnarmi. D’altra parte, con ciò bisogna intendere che sono sempre all’al-
ni per opera di altri uomini e di se stesso non potrebbe essere che umano. Le più atroci situazioni della guerra, le peggiori torture non sono stati di cose inumani: non ci sono situazioni disumane; è solo per paura, fuga o ricorso a comportamenti magici che deciderò dell’inumano; ma questa decisione è umana e ne sopporterò tutta la responsabilità. Ma la situazione è mia inoltre, perché l’immagine della mia libera scelta di me stesso e tutto ciò che mi presenta è mio in quanto mi rappresenta e mi simbolizza. Non sono forse io che decido del coefficiente di avversità delle cose, e persino della loro imprevedibilità, decidendo di me
Dalla parte dei consumatori
Eliminate i parcheggi blu Andrea dai tagliandi. Pusceddu* Le aree di sosta a pagamento I parcheggi blu sono radicalmente illegittimi. Nascono con l’obiettivo di regolamentare il traffico, limitare gli accessi nel centro cittadino e incentivare l’uso dei mezzi pubblici. Ma di fatto non assolvono a nessuno dei tre compiti. Incentivano, tuttavia, le soste in doppia fila, nei parcheggi carico-scarico e riservati ai disabili, mentre fioccano le sanzioni per la permanenza nei blu oltre il tempo stabilito
si trovano nelle vie più ambite del centro, con l’unico risultato che proprio in quei punti il traffico è maggiormente congestionato; servizio pubblico, infine. A Cagliari il Ctm avrebbe interesse a incrementare il servizio di trasporto pubblico: peccato solo che sia, contemporaneamente, gestore di buona parte delle aree di sosta privilegiata. Che dovrebbero garantire altrettanti parcheggi bianchi nelle immediate vicinanze. In teoria. * Federconsumatori
stesso. Così non ci sono accidenti in una vita; un avvenimento sociale che scoppia improvvisamente e mi trascina non viene dall’esterno; se sono mobilitato in guerra, questa guerra è mia, essa è a mia immagine e la merito. La merito dapprima perché io potevo sempre sottrarmici col suicidio o la diserzione: queste possibilità estreme devono sempre esserci presenti allorché si tratta di considerare una situazione. Non essendomi sottratto l’ho scelta: questo può essere per debolezza, per vigliaccheria di fronte all’opinione pubblica, perché preferisco certi valori a quello del rifiuto di fare la guerra. In ogni modo si tratta di una scelta. * tratto da “L’essere e il nulla”
REPORTAGE caglIarI sI veste dI grIgIo Istantanee dal freddo sIberIano La città resiste alla neve ma tutt’intorno i paesaggi si tingono di bianco. Gelo, pioggia e vento accompagnano l’ultimo colpo di coda di quest’inverno. Di Alessandra Ghiani
Raffiche di vento al Bastione di Saint Remy
Mareggiata al Poetto
Burcei: stalagmiti di ghiaccio
Poco prima della tempesta a Marina Piccola
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STORIE
“HO MESSO UNA CALZA IN FACCIA ALLA CRISI” COSÌ IL DRAMMA DEL SULCIS DIVENTA ARTE È nata a Carbonia, ventuno anni fa, nella regione più povera d’Italia, il Sulcis, dove un giovane per emergere e trovare la sua strada deve essere molto più che bravo, deve essere una persona speciale, forte e anche coraggiosa. Eleonora Di Marino nei presidi della Rockwool, nei pressi di Iglesias, dava speranza ai cassintegrati in lotta e con la GiuseppeFrau Gallery collaborava a un progetto di sensibilizzazione sui temi del lavoro ma soprattutto sulla perdita del lavoro e della disoccupazione attraverso mostre, rappresentazioni teatrali spontanee. Proviene da una situazione familiare difficile, economicamente disastrosa, come tante altre nel suo territorio e ha imparato a capire la sua gente e a incanalare tutta quella disperazione, vista e toccata con mano, nel suo talento artistico attraverso i suoi studi. Ha fatto il liceo artistico ad Iglesias, viaggiando tutti giorni sulle nostre “efficien-
CHI È
Eleonora di Marino, studentessa in Belle Arti, racconta con la creatività la crisi del Sulcis-Iglesiente
ti” linee ferroviarie. Per lei lo studio ha significato da subito il riscatto. Grazie alla sua innata sensibilità ha deciso che la storia non poteva passare sopra le sofferenze del suo territorio senza che l’arte reinterpretasse i tempi difficili
e raccontasse ai posteri cosa ha significato la crisi. “I miei primi tentativi erano orientati a un recupero dell’orgoglio della cultura locale e popolare. Mi sono concentrata nel Carnevale Iglesiente, ma intanto dipingevo quadri che raccoglievano la mia rabbia e i miei desideri. Farò la pittrice e lo farò a qualsiasi costo, mi ripetevo, dedicando i pochi soldi che avevo a tele e colori, qualche volta rubando le lenzuola di casa perché le tele erano troppo costose.” Oggi studia a Milano all’Accademia delle Belle Arti, lavorando per mantenersi agli studi. Non ha dimenticato le sue radici. “Nel 2009, quando terminai il primo anno d’Accademia a Milano, nacque la GiuseppeFrau Gallery (uno spazio no-profit, un collettivo, un centro di ricerca per l’arte pubblica e sociale con sede, nei pressi di Iglesias, nel più piccolo dei villaggi minerai abitati), con l’obiettivo di crescere a contatto con le
migliori energie internazionali e di metterle a disposizione da subito nel territorio, senza aspettare il ciclo tradizionale di laurea fuori e ritorno a casa.” Recentemente, dopo aver trascorso al Binario 21, con i lavoratori licenziati da Trenitalia, il Capodanno più bello della sua vita, mettendo in atto durante la serata una serie di azioni performative, ha realizzato un’opera-azione con le lavoratrici Omsa, invitandole ad indossare le calze sul volto, ribaltando il valore estetico e seducente dell’indumento, trasformandolo in un inquietante e minaccioso avvertimento. Eleonora Di Marino fa parte di un gruppo di giovani che hanno deciso di non lasciarsi sopraffare da un’economia spietata ma di cambiare il destino di tanti attraverso nuove forme di presidi, dove l’arte riprende la sua funzione sociale come nei primi del ‘900. di Claudia Sarritzu
Questo spazio è dedicato alle persone che quotidianamente conducono una battaglia silenziosa. Racconta anche Tu la tua storia. Le migliori verranno pubblicate. Scrivi a: redazione@cagliaripad.it o manda un sms al 342.5995701
CURIOSITÀ
DOMANDE E RISPOSTE A QUANDO RISALE IL PRIMO TRAPIANTO DI CUORE NELL’ISOLA? Il primo trapianto di cuore fu eseguito nel 1989 a Cagliari dall’allora giovane cardiochirurgo Valentino Martelli. Il primo in assoluto, in Italia, avvenne quattro anni prima, a Padova. Il primo trapianto di cuore al mondo invece fu eseguito il 3 dicembre 1967 dal
chirurgo sudafricano Christiaan Barnard a Città del Capo, su Louis Washkansky, di 55 anni, che morì 18 giorni dopo. Negli ospedali sardi vengono oggi eseguiti trapianti di rene, di cuore, di rene-pancreas, di fegato, di cornea e di midollo osseo.
Giovanni Piras e Juan Peron: la stessa persona?
Juan Perón fu un militare e politico argentino. Fu presidente dell’Argentina dal 1946 al 1955 quando venne rovesciato da un golpe militare. Secondo una teoria sostenuta e argomentata da alcuni studiosi sardi (Peppino Canneddu, Gabriele Casula), Perón sarebbe stato, in realtà, un emigrato sardo, Giovanni Piras
di Mamoiada, inventatosi natali argentini per sfuggire alla coscrizione durante la prima guerra mondiale. La notizia del Peron sardo appare per la prima volta nel marzo del 1951, in un articolo a firma Nino Tola, avvocato-giornalista di Mamoiada. L’enigma non è stato ancora risolto: recenti documenti, però, sembrano attestare che il Giovanni Piras emigrato in Argentina, che avrebbe preso il nome di Peron, fosse di una piccola frazione del comune di Torpè, nella costa orientale della Sardegna.
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LAIF STAIL Ayò ALLA NEVE La famigLia Usai sUL gennargentU Peppi e la sua sterminata prole tra Aritzo e Fonni “Ma di catene per la macchina quanti metri ne devo comprare da Brico?” di Alessandra Ghiani Giorni di freddo stravvanato in Sardegna e un po’ dovunque. Gli Usai sono entusiasticamente in subbuglio perché a Fonni (e non solo) è arrivata la neve. Giro veloce di telefonate e per domenica è organizzata la gita in quel di Bruncu Spina. Solo Marietto, come al solito il più avanti di tutta la famiglia, conosce un po’ il posto perché una volta, ai tempi delle scuole elementari, lo avevano portato in gita a Belvì a vedere il Museo di scienze naturali.
riè, che il mio è screditato” chiede Pinuccia al figlio che prontamente glielo porge. “Pronto! Pronto Teresina, che fine avete fatto?? E itt’ei? Ah,
Gli Usai si mettono così, dimezzati, finalmente in viaggio. Per far vedere un po’ di nuovi posti ai familiari Marietto alla guida decide di passare per le strade interne. La
“O pà, domani vai a comprare le catene per l’auto che io ho gente a lavoro e non me ne posso uscire!” “Tre metri ne bastano?” chiede Peppi che non aveva mai sentito parlare di catene per le automobili. “O pà, ma itta ses narendi! Là che le catene per auto non si comprano al metro da Brico, sono quelle già pronte che si usano per la neve! In un negozio di autoricambi deppisi andai!”
“O mà, prova a telefonarlo a Peppixeddu per vedere cosa sta facendo”. “Prestamì su celluleddu Ma-
Improvvisamente nota con la coda dell’occhio un gruppo di bambini che stanno facendo un pupazzo di neve. Accanto a loro una schiera di mamme, messe in riga come dei generali che non perdono di vista un istante i loro bambini. Lillo si avvicina e senza dire nulla inizia a prendere parte all’attività con molta calma. Ad un certo punto iniziano a volare palle di neve a destra e a manca e una di queste arriva in mezzo ai bambini che di colpo si fermano per cercare di capire cosa stia succedendo. Peppi e Marietto hanno iniziato a giocare con molta discrezione e nel giro di pochi secondi è una battaglia generale. Tutte le mamme in schiera scandalizzate da tanta baraonda e confusione cominciano a sbraitare ai loro bambini:
In fase organizzativa Marietto inizia ad impartire disposizioni per i preparativi:
Domenica mattina Marietto guarda nervosamente l’orologio, l’appuntamento è alle 9 a casa di Peppi e Pinuccia, ma Peppi Junior e famiglia non si vedono ancora.
re al freddo e si butta sul manto bianco. Di colpo comincia a strillare e piangere lamentando il freddo, sale in auto e non vuole più scendere.
“Ti ho detto di non buttarti per terra, non bagnarti, non sudarti e non sporcarti!!!” Vignetta di Bob Marongiu
va bene dai, non preoccupatevi, digli a Peppi di mangiare riso in bianco e limonata!Ci sentiamo stasera!” . Pinuccia parla al telefono con Teresina (moglie di Peppi Junior), poi si rivolge al marito e a Marietto “Mischino, Peppi è a punte di pancia, non vengono più”
neve non tarda troppo a farsi vedere e in territorio di Aritzo Pinuccia si esalta “Lillo a nonna, guarda quanta neve ne è caduta! Frimarì Marietto dai, è pren’e nì! Così Lillo gioca!” Il tempo di fermare l’auto e trovare un posteggio, Lillo scende al volo senza pensa-
Pinuccia, che nel frattempo si era seduta su un tronco di legno per imbottire panini, sentendosi molto infastidita da tutti quei rimproveri mossi ai bambini, cerca Lillo con lo sguardo e gli grida: “O Lillo a nonna, tu gioca pure quanto vuoi, fullia a terra, sciundidì, sudadì, e imbruttarì ché n unu proccu. TANTO DOPO NONNA GIA’ TI LAVA!”.
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Il corsivo
Qualcuno da ascoltare
I
n ciascuno di noi c’è una parte irrazionale di sentimenti, conoscenza e memoria che supera la nostra necessità di controllo sulle cose. È da pazzi esigere di pesare, stabilire, costruire tutto. Fortunatamente qualcosa ci ricorda che il nostro contratto di gioventù è a tempo determinato: questo qualcosa è la vecchiaia.
G
li anziani sono la nostra misura, la testimonianza chiara dell’efficienza parziale dell’uomo. Fermarsi a pensare, chiedersi quale sia davvero lo scopo di tutto questo correre e affannarsi, è un pensiero che dovrebbe venir naturale alla vista di una vita consumata.
F
igure deboli, segnate e piegate dal peso degli anni, gli anziani portano con loro la nostra memoria, la nostra storia. Mani come mappe, occhi come instancabili reflex, parole come pagine di enciclopedie: una serie di fatti diventa storia solo con un legame, una continuità tra persone che intrecciano i loro racconti con sentimenti,
fatiche, sofferenze, speranze. La città è ricca di tracce e segni antichi che cerchiamo in tutti i modi di valorizzare. La stessa cosa dovremmo farla con gli anziani.
S
ono gli uomini che fanno la storia, non le pietre. I nostri vecchi sono la cerniera tra noi e il nostro passato, senza loro non ci sarebbe memoria. E non ci sarebbe, soprattutto, la gratuità, il loro regalo più bello. Il regalo di un racconto è un gesto semplice, è un rapporto di vicinanza e prossimità che non ha niente a che vedere con la logica del dare per avere.
T
utto quello che dura, quanto resta in noi, è ciò che vale e dà senso alla vita. Gli anziani hanno questo dono da portarci proprio perché il cambiamento li lascia fuori dai meccanismi del commercio.
A
loro dovremmo concedere spazio e possibilità di lasciarci la mitezza di cui sono grandi portatori, della loro
immensa abilità nel mettersi in sintonia con l’altro, dell’ascolto vissuto volentieri che dà importanza all’altro in un contatto di dolcezza. Si scopre qualcosa di nuovo in chi ha qualcosa da dire. Vivendo i nostri vecchi si afferra in loro una voglia disperata di parlare, di trovare qualcuno che li ascolti. Dargli attenzione, non per pietà, ma per nostra ricchezza, è un dovere perché potremmo imparare molto dalla loro sobrietà.
E
cco, questo dovremmo afferrare mentre osserviamo un paio di gracili braccia con la pelle che avanza ma che un tempo hanno sudato e sacrificato: la moderazione. È facile ricusare una cosa che non c’è, difficile è saperci rinunciare quando è a nostra disposizione. La sobrietà è una libertà.
D
ei vecchi vediamo la malattia, la debolezza, la vulnerabilità, la fine, ma ci sfugge la cosa più importante, sono liberi, e lo sono perché hanno conosciuto il sacrificio.
“Dignità del vecchio è la sua canizie: e la vecchiaia è corona al suo capo, se accompagnata a bontà.” Niccolò Tommaseo