ANNO II - Numero 18 - 8 maggio 2012
QUINDICINALE GRATUITO DI INFORMAZIONE E COSTUME
Con Rossella
Senza gara Il Cagliari cerca casa. I rossoblù ancora non sanno dove giocheranno la prossima stagione. E nel Sant’Elia fatiscente i lavori di manutenzione vengono assegnati d’urgenza, bypassando il normale iter degli appalti
L’INCHIESTA
MISS ITALIA
Crisi dei partiti parte seconda: il Pd diviso alla ricerca di unità e di un nuovo leader che accontenti tutti
Partono le selezioni in tutta la Sardegna. Gli occhi dei talent scout alla ricerca delle bellezze locali
OFFERTA DI LAVORO
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SOMMARIO ANNO II - Numero 18 - 8 maggio 2012
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Opinioni .................................................................... 6-7 Primo piano ............................................................... 8-9 Stadio, il modello Juventus ......................................... 10-11 Manutenzioni d’urgenza ........................................... 12-13 Elmas, il sogno sfumato ................................................. 14 Uno sguardo su Is Arenas .............................................. 15 Il no di Asseminello ..................................................... 16
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L’intervista con Pusceddu ............................................. 17 Reportage dal Sant’Elia ............................................ 18-19 Inchiesta sull’obesità ............................................. 2o-21 Sport minori crescono ................................................... 22 L’estate calda del beach volley ................................. 23 Belli & Bravi ...............................................................24 Storie ........................................................................ 25 Miss Italia ............................................................. 26-27 La crisi dei partiti ................................................. 28-29
32 ANNO II - Numero 18 - 8 maggio 2012
I vostri racconti ....................................................... 30-31 Laif stail ................................................................. 32-33 Colpi di penna ............................................................ 34
Editore GCS - Green Comm Services S.r.l. - Direttore responsabile Guido Garau - Hanno collaborato: Alessandra Ghiani, Lexa, Maria Obinu, Ennio Neri, Carlo Poddighe, Laura Puddu, Maria Grazia Pusceddu, Claudia Sarritzu, Michela Seu Fotografie Alessandra Ghiani - Ritratti Giulia Fulghesu - Grafica Chiui NP - Stampa Grafiche Ghiani - Monastir - Cagliari Pad Sede legale in via Giotto, 5 - 09121 - Cagliari - Redazione in Largo Carlo Felice, 18 - 09124 Cagliari - www.cagliaripad.it redazione@cagliaripad.it - Tel. 070.3321559 • 342.5995701 - Autorizzazione Tribunale di Cagliari 15/11 del 6 settembre 2011
Ultimo
stadio
E
siste un modello italiano, uno inglese, uno spagnolo e uno tedesco. C’è poi quello sudamericano. Sono i diversi modi di interpretare il calcio, di vivere la sfida, di gioire e fare il tifo per la propria squadra. Esiste poi il modello cagliaritano: tutta un’altra partita. Prendiamo gli stadi. Quelli nostrani – eredità dell’ultimo restyling, firmato Italia 90 – sono quasi tutti (a eccezione di quello, splendido, della Juventus) fatiscenti, obsoleti e invivibili. Utilizzati dietro concessioni d’uso pluriennali, gli impianti sportivi sono di proprietà dei Comuni e la loro gestione viene affidata alle società sportive. In questo modo uno stadio viene utilizzato mediamente solo per sessanta/settanta ore l’anno, perché vincoli urbanistici ne limitano l‘utilizzo extra sportivo a concerti e altre manifestazioni. Mentre in tutta Europa gli stadi sono fonte di reddito per le società, da noi sono ancora un costo che va a pesare sulla bilancia commerciale dei club e, di riflesso, sul budget che può essere destinato al calciomercato. L’Inter del triplete, per dire, dopo i trionfi ha dovuto vendere i suoi gioielli Eto’o e Balotelli per far quadrare i bilanci. Altrove va diversamente. Nell’ultimo anno il Bayern Monaco – finalista di Champions League – ha segnato un più 172,9 milioni di euro di ricavi, seguito dal Real di Florentino Perez a 150,8. Il Milan, primo delle italiane, ha segnato 56,7 milioni di euro di utili, mentre l’Inter, decima, si è fermata a 34,5 milioni.
Entrambe le milanesi dal Meazza non ottengono introiti, ma solo spese: 7,5 milioni di euro a testa. All’anno. E a Cagliari? Qui, come detto, le cose sono più complesse. Da una parte c’è un club – che rappresenta tutta un’Isola – che spende appena 50mila euro anno per la locazione dello stadio Sant’Elia, un impianto che ha un valore di circa 50 milioni di euro. Dall’altra c’è un presidente, Massimo Cellino, che da tempo proclama la volontà di costruire una nuova casa alla squadra rossoblù. Il braccio di ferro tra viale La Playa e Comune è arrivato a una fase di stallo. In questo numero di CagliariPad cerchiamo di capire perché. Senza dimenticare un particolare. Il Governo Berlusconi promise di cedere a condizioni vantaggiose gli stadi ai club in cambio di nuove strutture, e formulò un apposito disegno di legge in materia. Nell’ottobre del 2009 il provvedimento è stato approvato, nella sua prima stesura, dal Senato della Repubblica; è poi arrivato alla Commissione cultura della Camera e lì si è arenato. Un vero peccato. Perché in Germania, dove una disposizione simile è stata adottata, i biglietti di ingresso al campo sono i meno cari d’Europa, gli stadi stracolmi, puliti e vivibili. E, guarda caso, il Bayern Monaco rischia di vincere la Champions League. Guido Garau g.garau@cagliaripad.it
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OPINIONI
Zacca
e poni
Disastro Fiera. L’anno prossimo cambia tutto. Gli espositori lasceranno ai vucumprà gli stand e andranno a fare i parcheggiatori abusivi. Guadagno garantito!
Venticinque aprile di Salvatore Deidda*
Pacificazione contro il vero nemico
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ono passati quasi 70 anni dalla fine delle guerra e le cerimonie contrapposte dell’ultimo 25 aprile hanno riaperto vecchie ferite. Non si capisce che c’è bisogno di una pacificazione e di superare questa eterna guerra civile? Ha sbagliato il Sindaco Zedda a promettere che nessun fascista sfilerà
e sbaglia chi gli risponde lanciando un’ulteriore sfida. Mentre litighiamo tra di noi l’Europa dei burocrati decide le sorti di nazioni intere. La Grecia è già stata condannata dai mercati. L’Italia è sulla buona strada. Agitando lo spauracchio fascista si rischia un ritorno agli anni di piombo e di combattere contro un
nemico che non c’è più. Il nemico, invece, è invisibile, non lo si trova nelle piazze, e ride quando vede queste contrapposizioni. Il nostro obbiettivo comune dev’essere pacificare finalmente l’Italia e prepararci a combattere un nemico senza esercito ma subdolo e ugualmente pericoloso. *Vice-coordinatore Pdl Cagliari
Il guastafeste di Simone Spiga
Il gettone di presenza è l’unica Pari opportunità
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uando parliamo del ruolo della donna nella vita culturale e politica italiana, spesso viene in mente un “carrozzone politico”, la commissione Pari opportunità che a tutti i livelli istituzionali viene costituita per favorire, a parole, la rappresentatività paritetica tra uomo e donna. Fin dai primi anni ‘90 molte amministrazioni locali hanno istituito le Commissioni, ma non risultano grandi interventi realizzati a tutela delle donne. Il tema delle pari opportunità è tanto
caro a un certo progressismo, ma alla fine è scaduto in gettoni sborsati a non elette. Solo una componente della commissione Pari opportunità del comune di Cagliari in passato si dimise definendola «un luogo di sperpero economico delle risorse pubbliche; di appendice acritica del sistema di cui è fedele esecutrice e domestica dei suoi ordini; di atlete olimpioniche che in tempi record lasciano il luogo del dibattito». Era l’allora Consigliera comunale, Claudia Zuncheddu.
OPINIONI
ffrorisma
Ma perché ce l’hanno tutti col nostro dittatore Monti? Boh!
L’a
di Enrico Secci
L’intervento
L’angolino del filosofo
di Ignazio Artizzu*
La crisi dei partiti? Si dia il buon esempio
A
l giorno d’oggi i partiti sono in sofferenza perché la politica partecipativa non gode di buona salute, così che le istituzioni stesse sono in crisi. I motivi sono molteplici. Il primo è legato al fatto che spesso i politici non riescono a dare il buon esempio: da questa colpa dei singoli discende un danno verso tutto il sistema. È per colpa dei singoli che si sfaldano le istituzioni. Diceva però Sant’Agostino: uccidi il peccato e salva il peccatore. Bisogna perciò ripartire, cominciando a dare buoni esempi. Beppe Grillo? Non è l’alternativa, anzi: a mio avviso
è funzionale al sistema che intende abbattere. Il suo metodo denuncia senza proporre, è un tribuno vuoto, un pallone gonfiato. Le risposte le può dare solo una azione politica efficace. Non vanno cambiate le regole del gioco, ma vanno individuate le persone che hanno a cuore solo l’interesse collettivo e che siano specchiate, senza interessi personali. Per quanto ci riguarda noi di Fli siamo l’unico partito a non aver percepito un euro di finanziamento pubblico. Eppure continuiamo con passione la nostra azione politica. * Consigliere regionale Fli
GEMELLI DIVERSI Miami o non Miami? Bonetti, di Tequila e Bonetti poliziotto sciupafem mine
Massimo Cellino tori presidente sciupallena
di Trotzsky*
Meglio non fidarsi dei portatori di pace
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on ci sono mai stati tanti pacifisti al mondo quanti ve ne sono oggi, quando in tutti i paesi gli uomini si stanno uccidendo l’un l’altro. Ogni epoca storica ha non solo la propria tecnica e la propria forma politica, ma anche una forma di ipocrisia da essa peculiare. Una volta i popoli si distruggevano l’un l’altro nel nome dell’insegnamento cristiano di amore per l’umanità. Oggi le nazioni progressiste si sgozzano a vicenda in nome del pacifismo. * Il pacifismo è figlio dell’imperialismo
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PRIMO PIANO
Cellino contro Zedda partita persa a tavolino di Laura Puddu l.puddu@cagliaripad.it
Un impianto da 50 milioni, un canone annuale di 50mila euro e i lavori di manutenzione mai eseguiti. Ecco cosa c’è dietro l’affaire stadio 8
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a storia è nota. C’è uno stadio da 50milioni di dollari (pardon, di euro), legato all’indelebile ricordo dello scudetto, e una convenzione apparentemente vantaggiosa, perché permette al Cagliari di giocare al Sant’Elia pagando al Comune poco più di 4mila euro al mese. Nel mezzo, un impianto fatiscente, imbottito di tubi Innocenti, agibile solo per metà: con il tabellone luminoso della Sud tristemente pericolante e la tribuna Distinti pericolosa. Dell’intera vicenda si è scritto e detto molto e la città si è divisa: da una parte i supporter del sindaco Zedda, che con pugno di ferro ha rotto
i rapporti con Cellino appellandosi ai contratti. Dall’altra i tifosi di Cellino, che giurano sì, il patron vuole una struttura nuova, ma che i tanti, troppi nemici siano sempre pronti a frenarlo. Come stanno realmente le cose? La questione è complessa. Ecco i fatti. Lo stadio Sant’Elia è di proprietà del comune di Cagliari ed è iscritto al bilancio – cioè ha un valore - per cinquanta milioni di euro. In conformità a una convenzione stipulata il trenta dicembre 2002 tra l’amministrazione pubblica e il presidente rossoblù, l’impianto è utilizzato dal Cagliari calcio che paga un canone
A sinistra la carcassa del vecchio Sant’Elia e i due protagonisti della partita sullo stadio, il presidente Cellino e il sindaco Zedda.
annuo di cinquantamila euro. Il primo inghippo è arrivato nel 2003, quando la Lega Calcio non ha concesso l’agibilità: il problema? Il pericolo di crollo delle curve e dei distinti. Il presidente ovviò al problema installando le strutture in tubolare sopra la pista di atletica, che hanno diminuito la distanza tra le vecchie gradinate e il campo da gioco e hanno consentito al Cagliari di continuare a giocare in casa. È rimasta intatta la tribuna. Purtroppo, le condizioni dello stadio sono peggiorate e recentemente è stata dichiarata la non agibilità totale. L’epilogo è storia di oggi: la squadra si è trasferita al Nereo Rocco di Trieste e in Friuli disputerà le ultime partite del campionato. Fino a qui la cronaca. E le responsabilità? Secondo il sindaco la colpa è del club. Durante una conferenza stampa, Zedda ha mostrato l’intesa siglata nel 2002 tra Comune e società,
provando a dimostrare la violazione delle norme da parte dei rossoblù. Dalla lettura dell’accordo, che ha una durata di undici anni, si evince intanto che il Cagliari si impegna a disputare al Sant’Elia qualunque partita. Inoltre, sempre secondo l’accordo, Cellino e soci hanno l’obbligo di eseguire la manutenzione ordinaria dell’intero impianto. Secondo il Comune la compagine di Viale la Playa non avrebbe eseguito i lavori ordinari, così che l’amministrazione pubblica si sarebbe trovata costretta a compiere lavori straordinari. Inoltre sempre secondo Zedda la società rossoblù non avrebbe garantito la manutenzione ordinaria e straordinaria del tabellone luminoso. La replica non si è fatta attendere. Per il Cagliari calcio la convenzione mostrata ai giornalisti dal sindaco non è completa: mancherebbero gli allegati relativi ad alcune parti, per esempio non verrebbe specificato
che la società non si fa carico del mantenimento del tabellone e degli ascensori perché non funzionanti. Il Cagliari dichiara di lavorare a un dossier come risposta alla conferenza del primo cittadino. C’è poi una questione più interessante e riguarda i lavori di manutenzione straordinaria dell’impianto. Dal club affermano che, nel novembre del 2011, è stato presentato dalla società un preventivo per effettuare dei lavori di manutenzione straordinaria. Anche se non rientravano tra le loro competenze, i rossoblù si dicevano pronti a pagare, per velocizzare i tempi di agibilità del Sant’Elia. Cellino infatti sperava di chiudere i lavori in quindici giorni, durante la sosta natalizia. Il Comune però avrebbe preferito intervenire in prima persona, così come da contratto, e tramite una gara d’appalto. Così i lavori sono tuttora in corso e proprio il fatto che non siano terminati ha portato alla decisione di giocare le ultime partite lontano da casa. Capitolo debiti. Dal Comune fanno sapere che la società rossoblù ha nei confronti dell’amministrazione un debito (accertato per sentenza), per canoni arretrati, di 2milioni e cinquecentomila euro. Questa cifra non riguarda solo la gestione Cellino ma soprattutto quelle precedenti, dal 1970 al 1992. L’attuale presidente rossoblù avrebbe onorato i canoni a singhiozzo. A ogni modo, riguardo quanto dovuto, lo scorso quattordici marzo il Comune ha dato il via libera al pignoramento dei diritti Sky e della fideiussione depositata dalla società presso la Lega calcio. Nel marasma c’è un’unica certezza: la vicenda non finisce qui.
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L’INCHIESTA
Lo stadio perfetto Il modello è la Juventus Il gioiello degli Agnelli nasce sulle ceneri del vecchio Delle Alpi. Per la concessione di 99 anni sborsati 25 milioni di euro
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o scorso otto settembre è stato inaugurato lo Juventus Stadium, un impianto moderno, sicuro e dedicato solo al calcio. La procedura per la sua realizzazione ha inizio nel 2003, quando la società bianconera acquista dal Comune di Torino, per novantanove anni e pagando venticinque milioni di euro, il diritto di superficie sull’area dove sorgeva il vecchio Delle Alpi. La formula utilizzata fu dunque la cessione diretta e non una gara di evidenza pubblica. Nel febbraio del 2008, viene approvato il progetto per la demolizione del Delle Alpi (avvenuta nel marzo del 2009) e per la costruzione, al suo posto, del nuovo stadio. Ci sono volute cinque diverse varianti urbanistiche da parte dell’amministrazione torinese per sbloccare trentamila metri quadri di aree commerciali e permettere così alla società bianconera di procedere con i lavori e conseguire, così, ricavi certi. La Juventus ha infatti investito circa centoventidue milioni di euro, ma il campo diventa una fonte importante di profitto e permette
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entrate economiche costanti senza dover dipendere dai diritti televisivi e da quelli d’immagine e dal merchandising, spesso gestito da terzi. Da parte sua il comune, che detiene la nuda proprietà, non ha solamente guadagnato i venticinque milioni dalla cessione, ma ha anche ottenuto un risparmio di due milioni e mezzo di euro l’anno, che spendeva per la sola manutenzione. Inoltre, l’intera riqualificazione della zona adiacente alla struttura è gravata sulle casse della società. In questo momento, la Juventus è l’unica squadra italiana ad avere uno stadio di sua proprietà. Tutte le altre pagano un canone ai comuni per utilizzare gli impianti, spesso molto vecchi e poco funzionali. Lo Juventus Stadium, ispirato a quelli inglesi, può ospitare quarantunomila spettatori ed è stato progettato seguendo i massimi standard di sicurezza. L’accesso è privo di barriere architettoniche e, in caso di emergenza, l’evacuazione può essere eseguita in meno di quattro minuti. Centrati gli obiettivi prefissati che miravano alla realizzazione di
Il presidente della Juventus Andrea Agnelli: durante la sua gestione è riuscito a riportare la squadra al vertice e a tenere ordinati i conti della società
un luogo d’incontro e divertimento dove passare del tempo con gli amici o la famiglia, non soltanto il giorno della partita ma durante tutta la settimana. Per questo motivo, all’interno della struttura si trovano un centro commerciale con ben sessanta negozi, il Museo della squadra, quattromila parcheggi, otto ristoranti, venti bar, tre spogliatoi e delle enormi aree verdi. La costruzione è avventa nel rispetto dell’ambiente, riducendo l’impatto ambientale dei lavori del cantiere edile, grazie all’utilizzo di tecnologie ecosostenibili e al recupero di parte del materiale proveniente dal vecchio Delle Alpi. Non è semplice seguire il caso della Juventus, soprattutto in tempi brevi e con spese non elevate. Occorre considerare la tanta burocrazia e i lunghi periodi d’attesa per appalti, concessioni e carte bollate. Gioverebbe sicuramente un cambiamento della legislazione con lo snellimento delle procedure, prendendo spunto da altri paesi. Ad esempio, nella vicina Austria, dalla progettazione all’inizio dei lavori passano solamente tre mesi. (l.p.)
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IL RETROSCENA
Manutenzioni al Sant’Elia massima urgenza nessuna gara Per consentire lo svolgimento delle partite i lavori sono stati affidati direttamente, nel rispetto della legge. La fretta non è servita
di Ennio Neri redazione@cagliaripad.it
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e gare allo stadio Sant’Elia, non si faranno più. Quella con la Juventus, l’ultima interna del campionato, si è giocata a Trieste. E l’anno prossimo, se i vertici di viale La Playa non avranno ricucito lo strappo con il Comune di Cagliari, le partite si svolgeranno a Is Arenas a Quartu, o forse ancora a Trieste o chissà dove. E così niente partite allo stadio. Spariranno. Proprio come le gare d’appalto per la manutenzione straordinaria dell’impianto. Volatilizzate urgenza dopo urgenza per consentire il regolare svolgimento delle partite di serie A al Sant’Elia. Secondo una prassi ormai consolidata e legittima, ma che concede poco alla trasparenza. La formula magica è questa: «Massima celerità procedurale consentita». E quando l’emergenza cresce, gli affidamenti senza gara aumentano. Come gli ultimi interventi al Sant’Elia. Quelli per le vie di esodo dei distinti. Il verbale della commissione
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provinciale di Vigilanza sui Locali di pubblico spettacolo, redatto il 12 ottobre 2011, evidenziava criticità sulle condizioni di sicurezza e solidità dell’impianto, tali da non consentire un parere positivo sull’agibilità dello stadio. Il Comune veniva invitato a provvedere (documenti e intervento) e il 12 gennaio scorso veniva esaminato il progetto dell’amministrazione assieme al cronoprogramma dei lavori relativi al collocamento delle reti di contenimento nei passaggi aperti al pubblico. Con l’ok della commissione, una settimana dopo, veniva affidata l’esecuzione dei “lavori di protezione dalla caduta di ele-
menti di copriferro in calcestruzzo dei percorsi per il pubblico dello stadio Sant’Elia” alla ditta Grs Costruzioni di Selargius (116 mila 577,92 euro).
Gli interventi Protezione dalla caduta dei calcinacci nelle uscite dai distinti
E per l’affidamento si fa la gara? No. Le partite di serie A incombono e bisogna accelerare le procedure. Gli uffici tecnici del Comune il 10 febbraio convocano 6 imprese: la ditta Giampiero Caredda di Quartu Sant’Elena,
Ma qualcosa va storto. E un mese dopo il Comune si accorge che gli interventi approvati a gennaio «non risultano adeguati alle nuove disposizioni dell’organo di vigilanza», riesamina il provvedimento («non ancora divenuto esecutivo») e lo revoca. Viene quindi predisposto un nuovo progetto, stavolta più costoso del precedente (192 mila euro, più altri 18 e 800 di iva). E i lavori di manutenzione straordinaria diventano di «somma urgenza».
la Cis (Costruzioni impianti sportivi srl) di San Sperate, la Stefano Deiosso di Monastir, la coop Edilgarden di Siurgus Donigala, la Grs Costruzioni (la stessa che si era aggiudicata i lavori a gennaio, poi revocati) e la Bruno Pisano Costruzioni di Selargius. Le imprese vengono indicate a formulare un preventivo di spesa per l’esecuzione dei lavori, (specificati nel «verbale di somma urgenza» redatto dal tecnico). Non sarà una competizione all’ultimo sangue. Edilgarden,
Cis e Pisano non presentano alcuna offerta. Deiosso manda una lettera soltanto per ringraziare. La gara (si fa per dire) è a due: Caredda e la Grs. L’esito della singolare quanto legittima procedura è questo: la ditta Caredda si aggiudica i lavori per 144 mila euro (ribasso d’asta del 25%), anche se il Comune erogherà poi soltanto 80 mila euro, gli unici disponibili nelle casse comunali, sufficienti esclusivamente a coprire l’intervento nel settore Distinti.
Ma non c’è solo la manutenzione straordinaria dei percorsi. Tre ditte vengono convocate anche per il “servizio di assistenza e manutenzione del sistema di videosorveglianza a circuito chiuso” e con la «massima celerità procedurale» vengono affidati anche i lavori per la manutenzione, la verifica e l’assistenza degli impianti elettrici. Interventi già effettuati. Peccato. Ora che il Cagliari ha scelto di andare a giocare in un altro stadio, serviranno a ben poco.
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FOCUS
L’idea: i Rossoblù a Elmas un progetto mai decollato Storia di uno stadio-chimera iniziata nel 2010 quando Cellino comprò per 10 milioni 30 ettari tra Comune e aeroporto di Michela Seu tibile con la costruzione di impianti sportivi, almeno dal ’95), mentre altri cinque avrebbero costituito un parco attorno alla chiesetta campestre di Santa Caterina – prosegue Pessiu – e d’altra parte il Cagliari calcio, secondo l’accordo di programma, si sarebbe accollato anche le spese per realizzare la viabilità interna e il collegamento con la strada che porta all’aeroporto militare».
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n bene privato a beneficio del pubblico». Questo, negli intenti del precedente sindaco di Elmas Valter Piscedda, sarebbe stato il nuovo stadio nei pressi dell’aeroporto. Un sogno infranto all’alba di quest’anno dall’apertura di un’inchiesta sul nuovo stadio: Piscedda risulta indagato per abuso d’ufficio in concorso col presidente della società sportiva Massimo Cellino, mentre Cellino, oltre che per abuso d’ufficio, anche per tentata estorsione nei confronti della Sogaer. La storia dello stadio-chimera ha inizio nell’estate del 2010, quando Cellino decide di acquistare, per 10 milioni di euro, 30 ettari di terreno fra il Comune e l’aeroporto (terreni di proprietà dei Podda, quelli dei for-
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maggi). «A noi della giunta – ricorda l’ex assessore alle Politiche Sociali Riccardo Pessiu (Rossomori) – l’ipotesi dello stadio giunse come manna dal cielo». Proprio in quel periodo, infatti, il Comune stava tentando di risolvere parallelamente due importanti questioni: da un lato, di rientrare in possesso della chiesetta di Santa Caterina, assai cara alla comunità e da troppo tempo adibita a stalla da un allevatore di cavalli, e dall’altra di proibire assolutamente alla Sogaer di espandere l’aeroporto verso il centro abitato (come più volte richiesto) per questioni di sicurezza. La soluzione di Cellino avrebbe esaudito con una sola mossa entrambi i desideri: «Dei 30 ettari acquistati da Cellino alla Santa Caterina spa, circa 22 sarebbero stati utilizzati per costruire lo stadio (la zona era G2, dunque compa-
A non far decollare i piani, tuttavia, la Sogaer che, dal canto suo, nel giro di poche settimane vede sfumare il proprio progetto di ampliamento dell’area parcheggio negli stessi terreni appena strappati da Cellino: «Quando incontrammo la società Santa Caterina venimmo a conoscenza degli accordi del Cda della società aeroportuale, – continua l’ex assessore - ma si trattava per l’appunto di un rapporto tra privati, né più né meno che tra Santa Caterina e Cagliari calcio. Perciò proseguimmo coi nostri lavori, adeguammo il Puc al Ppr e andammo avanti». Sino allo stop imposto, sebbene in maniera indiretta, dalla Procura: gli atti vanno avanti, e persino un mese fa il consiglio comunale ha ribadito la fattibilità dello stadio, ma sembra tramontata l’ipotesi dello stadio a Elmas. «Avesse voluto fare invalidare gli atti, la Sogaer si sarebbe potuta rivolgere al Tar; invece ha preferito denunciare penalmente, come a dire: “faccio quello che voglio”. Io sono di parte, lo riconosco, ma tutto quello che affermo è scritto nero su bianco nelle delibere comunali».
FOCUS
Cagliari, un piede a Trieste lo sguardo rivolto a Quartu La proposta al sindaco Contini: 60mila euro per 3 anni, manutenzioni e 16mila posti
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el tira e molla tra il Cagliari e il Comune di Massimo Zedda potrebbe avere la meglio il terzo litigante. Trieste? Neanche per idea. A spuntarla, nelle volontà del vulcanico patron rossoblù, potrebbe essere Quartu Sant’Elena. La città di Mauro Contini - è bene specificarlo subito - non si è candidata ad accogliere la squadra ma è stato lo stesso presidente Cellino a chiedere al Comune se fosse disponibile a un possibile accordo per la cessione, per pochi anni (si parla di tre) delle strutture di Is Arenas. In cambio di che cosa? L’impegno dei rossoblù sarebbe esiguo: il versamento di 20mila euro annui, più 25mila destinati ai vigili, e quello di compiere tutti i lavori per rendere realmente fruibile lo spazio. Inoltre, la società si impegnerebbe ad assicurare, attraverso le tribune mobili più le tribune fisse centrali 16.500 posti a sedere, il minimo previsto per un campionato di serie A.
Se così fosse, anche quella di Quartu sarebbe una sistemazione d’emergenza, la stessa che rende lo stadio Sant’Elia una struttura amovibile. Un versamento minimo in cambio di importanti lavori all’interno e intorno all’area. Non è la prima volta che Cellino chiede aiuto al Comune di Quartu. Già la vecchia giunta aveva ricevuto proposte su un possibile trasloco. Per questo l’attuale minoranza è scettica e vorrebbe capire se si tratta della solita provocazione o di una proposta concreta. L’opposizione - che si chiede quali vantaggi avrebbe la città dall’accordo - è stata costretta a presentare una mozione per avere i documenti del contratto. Sul piatto ancora due problemi: il primo riguarda i parcheggi (superabile con i bus navetta), e poi il fatto che la squadra, giocando a ridosso del Parco di Molentargius, con le regole rigide proprie del parco, i suoi studi di fattibilità e la trafila lunga per i permessi, si scontrerebbe con concreti problemi burocratici. Claudia Sarritzu
Enrica Puggioni: se Cellino va via il Sant’Elia verrà ridestinato Mentre Cellino guarda a Quartu l’assessore alla Cultura e allo Sport del Comune di Cagliari, Enrica Puggioni, ribadisce la linea espressa più volte: lo stadio per l’ultimo mese di campionato è agibile, la Giunta Zedda ha fatto il suo dovere in merito alla questione e ora attende che il Cagliari calcio faccia le sue scelte. Lo stadio, conclude la Puggioni, non avrà problemi a cambiare la propria destinazione d’uso in caso di definitivo trasferimento delle partite oltre i confini cittadini. c.s.
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FOCUS
Ad Assemini solo allenamenti non c’è spazio per lo stadio
Perché il presidente non ha mai pensato ad un nuovo impianto nel centro Ercole Cellino? Risponde Paolo Mereu
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a Cagliari a Quartu Sant’Elena, da Assemini a Elmas, il nuovo stadio di Cellino ha tutta l’aria di essere diventato un pendolare. L’unica certezza che ci sia sotto i piedi dei calciatori rossoblù è Asseminello, l’area del golf club Ercole Cellino in cui il Cagliari Calcio si allena. Il centro si trova nella località Sa Ruina, nel comune di Assemini, e ospita quattro
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campi in erba e uno sintetico, palestra, piscina, campo da golf e centro benessere, il tutto su una superficie di 140.000 mq. Massimo Cellino ha voluto il meglio all’interno del Club dedicato a suo padre che, però, non vedeva di buon occhio l’acquisto del Cagliari Calcio. «Per il nostro lavoro l’ immagine conta poco, mettersi in mostra può far più danno che bene», diceva Cellino padre. Un meglio che dall’esterno però non si percepisce. L’accesso all’area infatti è decisamente tortuoso e lo svincolo dalla statale 130 è poco visibile e pericoloso. Il manto stradale, poi, abbandonata la strada principale, risulta percorribile solo nel piccolo tratto che porta proprio all’ingresso della struttura mentre nel lungo tratto successivo è completamente dissestato e coperto di buche molto
profonde. «In realtà il manto stradale che si trova intorno a tutta l’area, esclusa la statale, è di competenza del Comune di Assemini che provvederà in tempi brevi a sanarlo». Paolo Mereu, sindaco di Assemini, sfata così il mito di Cellino che non collabora. Armonia quindi. Ma uno stadio ad Asseminello, con tutto questo spazio a disposizione, è stato mai pensato? «Allo stato attuale delle cose uno stadio non è fattibile perché un terzo dei terreni di cui è composto il Golf club non è di proprietà di Cellino ma solo in affitto. I due terzi dell’area non sono sufficienti per la costruzione di uno stadio secondo la normativa vigente e non si sa come mai il presidente non li abbia mai acquistati». Mereu non si sbilancia, ma una nuova arena ad Assemini al momento può essere esclusa. (a.g.)
L’INTERVISTA
Il desiderio di Pusceddu: vorrei lo stadio colorato di rossoblù di Laura Puddu l.puddu@cagliaripad.it
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ittorio Pusceddu ha esordito con la maglia del Cagliari a vent’anni. Emigrato, a Torino prima e a Napoli poi, è tornato in città vivendo quattro stagioni indimenticabili. Era un terzino, ma spesso andava in attacco e segnava. Se le dico Cagliari cosa le viene in mente? Ricordi bellissimi. Sono sardo e tifoso del Cagliari. Giocare con quella maglia è stato un onore. La stagione del mio rientro nell’isola, nel 1992, è stata determinante e ha permesso di qualificarci alla coppa Uefa. Ho provato sensazioni bellissime e appaganti, penso alla vittoria ai quarti di finale con la Juventus, ma anche una forte delusione il giorno dell’eliminazione in semifinale contro l’Inter. Una cosa su tutte però: eravamo un gruppo unitissimo, giocare insieme era una gioia.
Nato a Bugerru nel 1964, ha vinto una supercoppa italiana con la Fiorentina, ma gli anni passati con la squadra della sua terra sono i preferiti
Come mai quella sconfitta? Sa dare una motivazione? Non è semplice. Sicuramente ci sentivamo smarriti in quello stadio, erano presenti ottantamila spettatori a San Siro. Se aggiungiamo che non eravamo abituati a scendere in campo in notturna e che l’arbitraggio non è stato a noi favorevole, il gioco è fatto. Nella stagione 1995-96 l’allenatore del Cagliari fu Trapattoni. Esonerato… Il Trap ha vinto tutto, campionati (italiano, tedesco, portoghese, austriaco), coppa Uefa, dei Campioni, Intercontinentale e ha allenato le squadre più forti del mondo. Probabilmente da noi non riuscì a trasmettere la sua tempra perché non poteva capire la mentalità da provinciale. La realtà da noi è diversa: se non corri per novanta minuti, non vinci. In campo però ci andavamo noi, quindi gran parte delle responsabilità sono nostre.
Oggi anche lei fa l’allenatore. In questo momento in realtà sono fermo. Ho fatto però delle esperienze importanti. Innanzitutto quella a Cagliari, come vice di Edy Reja nel 2003-2004, in cui arrivammo primi nel campionato di Serie B ottenendo la promozione in A. Mi ha dato la possibilità di “studiare” le mosse di Reja. Uno bravo sul serio, preciso e concreto. Lo dimostra tuttora alla Lazio. Poi c’è stato il Tavolara, in Serie D, con cui ho raggiunto i playoff. Cosa pensa della vicenda del Sant’Elia? Dispiace che il Cagliari faccia parlare di sé per un avvenimento come questo. Purtroppo non solo siamo privi di uno stadio in condizioni decenti, ma ora non è possibile nemmeno seguire la squadra nella propria città. Invece il tifo è importantissimo. Spero che la vicenda finisca presto e nel migliore dei modi.
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REPORTAGE
Sant’Elia Stadio nato sotto una cattiva stella di Alessandra Ghiani a.ghiani@cagliaripad.it
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oncepito nel 1965 sotto l’ala dell’ingegnere Giorgio Lombardi, lo stadio Sant’Elia vide la sua prima alba nel 1970. Appena campione d’Italia, il Cagliari, stabilì la sua residenza nel nuovo impianto lasciandosi alle spalle il vecchio Amsicora. A soli due mesi dall’inaugurazione il primo intoppo: sotto l’impianto correva un oleodotto collegato al vicino campo dell’Aeronautica Militare; parte del carburante, proba-
bilmente a causa di una falla nelle tubature, filtrò in superficie e prese fuoco quando un operaio addetto alla manutenzione vi gettò accidentalmente un mozzicone di sigaretta acceso. Vent’anni dopo, il primo lifting della struttura in occasione di Italia ’90. L’intervento durò due anni, si concluse nel 1989 e costò 24 miliardi di lire (ben 7 in più dei 17 preventivati) che servirono a ridimensionarne la capienza di circa un terzo rispetto a quella origina-
ria. Prima dell’inizio della stagione 2002-03, per la decisione della Lega Calcio di non dare l’agibilità allo stadio viste le condizioni di pericolo dei settori curve e distinti, la società Cagliari Calcio, alla presidenza di Massimo Cellino, decise (stipulando con il Comune una convenzione di 11 anni) di investire in tempi record tre milioni di euro, con i quali furono erette tribune in tubi innocenti sopra la pista di atletica leggera, per ridurre la distanza
tra le vecchie gradinate e il campo da gioco. La capienza fu dimezzata, e nel 2005 ancora ridotta a 20.270 posti in seguito a un adeguamento alle nuove norme. Adesso, a quarant’anni dal primo impaccio, la sfortunata casa del Cagliari sembra un malato terminale, con flebo, innesti, suture e rughe profonde, con i parenti più prossimi che si fanno la guerra per guadagnarne l’eredità e i figli tifosi che si sentono dei clochard abbandonati.
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SALUTE
Giovani sempre più grassi «Poca ginnastica a scuola» I dati raccolti dell’assessorato alla Sanità regionale denunciano cifre allarmanti: 355mila persone in sovrappeso e circa 150mila le obese di Claudia Sarritzu c.sarritzu@cagliaripad.it
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allarme obesità in Sardegna, fra i giovanissimi, ha carattere di vera e propria epidemia. A leggere i dati raccolti dall’assessorato alla Sanità regionale si scoprono cifre allarmanti: sono 355mila i casi stimati di persone in sovrappeso e circa 150mila gli obesi. Il sovrappeso e l’obesità sono responsabili per l’80 per cento dei casi di diabete di tipo 2 (DM2), che som-
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mati ai preoccupanti numeri che arrivano dal diabete di tipo 1, disegnano una situazione che deve far riflettere. In Sardegna il problema ha un’età di insorgenza inferiore rispetto al resto della popolazione italiana. Per ciò che riguarda i bambini sardi tra i banchi, quelli sovrappeso arrivano al 20 per cento della popolazione scolastica e quelli obesi al 7 per cento. È per questo motivo che la prevenzione deve partire immediatamente dai primi anni scolastici ed essere il risultato di una sinergia fra scuola e famiglia. Le radici di questa piaga sono nella cattiva alimentazione e nella sedentarietà dei ragazzi, l’essere sovrappeso
va detto senza indugi non ha solo un risvolto estetico del tutto ininfluente ma è causa di conseguenze e ricadute pericolosissime nella salute dell’individuo, pensiamo a tutti i disturbi cardio-vascolari che comporta. L’alfabetizzazione motoria è in questi mesi promossa dall’assessorato alla Sanità della Regione Sardegna e dal Coni nella persona del presidente Giuseppe Fara che vorrebbero estendere le ore di educazione fisica da due a tre per gli alunni del primo anno di 66 scuole, il tutto monitorando le loro abitudini alimentari e motorie. Ignazio Marras, dirigente scolastico dell’istituto superiore tecnico liceale
del polo di Senorbì (paese di 5mila abitanti situato nella Trexenta, scelto per questo articolo proprio perché rappresenta le scuole periferiche rispetto alle città dell’isola) spiega se sia effettivamente possibile per le casse delle scuole, con i tagli e la crisi odierna, assicurare un’ora in più di educazione fisica alla settimana e se anche le scuole delle piccole comunità sono state coinvolte dal progetto. «Non sono venuto a conoscenza di questo progetto, una cosa è certa: il nostro istituto come qualsiasi altra scuola statale in Italia oggi non potrebbe permettersi, nonostante il progetto sia particolarmente interessante, di aumentare le ore di nessuna materia. Spesso ci viene chiesto dalla politica di proporre corsi, incentivare lezioni, il tutto però senza una reale copertura finanziaria. La nostra scuola per esempio ha dovuto ridurre le ore di lezione da 36 settimanali a 32». Nella nostra indagine non possiamo
prescindere dal coinvolgere un esperto biologo e dietista che possa davvero farci capire quali sono i cibi che i giovanissimi devono assolutamente evitare, quanto tempo al giorno di attività fisica debbano fare e quale è la soglia che non va superata e che differenzia un ragazzo sovrappeso da uno obeso. Ha risposto a queste domande la dottoressa Enrica Cirina. «Il vero problema da estirpare è l’uso
Ignazio Marras, dirigente scolastico: «La politica ci chiede spesso di proporre corsi, incentivare lezioni, ma senza garantirci un’adeguata copertura finanziaria»
di cibo confezionato da parte dei giovanissimi, mi riferisco a: patatine in busta, craker, merendine, questi cibi contengono grassi idrogenati, saturi, conservanti e additivi che non nutrono il nostro organismo ma rallentano il metabolismo. A scuola il bambino dovrebbe portarsi cibi più sani, e non mi riferisco solo a frutta e verdura da assumere durante la giornata in grandi quantità, ma anche un panino al prosciutto non è pericoloso per il suo peso. Gli stessi omogeneizzati se usati con troppa frequenza possono segnare la storia della nostra massa corporea, i genitori dovrebbero tornare a frullare i pasti per i più piccoli. Per quanto riguarda un giovane l’attività fisica consigliata quotidianamente è un ora di camminata veloce, per un adulto basterebbe anche mezz’ora. La soglia da non superare mai come indice di massa corporea che calcoliamo in peso fratto altezza per altezza non deve superare 24,09».
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NON SOLO CALCIO
Figli di uno
sport minore Bastoncini, dischi e pagaie: ecco le armi anti-calcio. In tutta la Sardegna crescono le discipline alternative al pallone
di Carlo Poddighe c.poddighe@cagliaripad.it
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el panorama sportivo sardo, dominato dal calcio e in particolare dalla squadra del Cagliari, tutte le altre discipline rientrano fra i cosiddetti sport minori. Fra questi alcuni sono talmente di nicchia da essere poco conosciuti benché adattissimi alla realtà sarda, in quanto si praticano a pieno contatto con la natura. Il Nordic Walking (Camminata nordica) per esempio, è una disciplina nata in Finlandia in cui, al cammino normale e naturale, è stato aggiunto l’utilizzo “attivo” di un paio di
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bastoncini speciali. Si può praticare in qualunque parte dell’Isola, avendo cura di scegliere un terreno non troppo sconnesso o ripido, specialmente finché non si è sviluppata una buona tecnica. «È uno sport poco dispendioso. Per iniziare sono sufficienti un paio di scarpe adatte e un abbigliamento leggero e traspirante. I migliori bastoncini contengono fibra di carbonio e il prezzo varia da circa 60 euro fino ad un massimo di 140 euro», spiega Silvia Talana, istruttore abilitato e direttore tecnico della Scuola Nordic Walking Sardegna. L’attività non è competitiva e non esistono delle gare ufficiali. Nell’ambito di alcune manifestazioni sportive, può capitare di rendere più appassionante una semplice escursione offrendo ai partecipanti un obiettivo sfidante, con un ordine di arrivo e dei premi in palio.
Frisbee. Un campo di cento metri e un disco da lanciare con maestria sono gli elementi base dell’Ultimate. Si gioca sette contro sette e lo scopo è quello di realizzare il maggior numero di “mete” passandosi al volo un frisbee senza che gli avversari intercettino gli scambi. Le regole sono simili al rugby, ma manca qualsiasi tipo di contatto fisico tra giocatori. Anzi, il fair play è parte integrante delle partite: non esiste la figura dell’arbitro e le eventuali discussioni vengono risolte in campo con un accordo tra avversari. «È uno sport completo in cui è necessaria tanta resistenza fisica per la corsa e precisione nei lanci», spiega Davide Oghittu, capitano degli Sbronzetti Frisbee Club di Sinnai. «Siamo la squadra più forte in Sardegna», precisano con simpatico orgoglio, infatti, poco conta per loro che siano anche l’unica. Si allenano nel campo di rugby di Sinnai e al parco di Monte Claro a Cagliari. Partecipano a diversi meeting nazionali ed internazionali, aspettando che qualcuno si accorga della loro realtà, aiutandoli a crescere «sia con contributi economici, sia scegliendo di insegnare la disciplina nelle ore di educazione fisica a scuola». La Canoa polo è un altro sport che ha pochi, ma appassionati atleti. Il campo di gara è un piccolo specchio d’acqua, dove cinque giocatori per squadra, a bordo di kayak, devono cercare di far centro in particolari canestri galleggianti. Forza di braccia e precisione sono le armi con cui fronteggiarsi. A Cagliari esiste da alcuni anni il Team Kayak Sardegna (Tks) che milita nel campionato nazionale di A1. «Ci alleniamo cinque volte a settimana a Marina piccola, dove abbiamo anche la nostra scuola e dove vicino allo scivolo del porticciolo allestiamo il nostro campo di gioco», spiega Giorgio Caboni, presidente del Tks. L’obbiettivo di quest’anno è migliorare il settimo posto raggiunto lo scorso campionato.
Il Comune fa muro al Poetto un salasso per il beach volley Da quest’anno l’autorizzazione per allestire un campo al mare costa 600 euro e vale solo venti giorni, impossibile qualsiasi torneo to ha previsto infatti venti campi da destinare alle diverse attività sportive che potranno essere utilizzati da maggio a ottobre per venti giorni continuativi poi si dovrà cambiare posizione.
di Maria Grazia Pusceddu m.pusceddu@cagliaripad.it
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er gli appassionati di beach volley e di beach tennis non si prospetta certo un’estate facile. Il bando pubblicato dal Comune di Cagliari per l’assegnazione degli spazi sportivi nella spiaggia del Poetto non sembra infatti andare molto a loro vantaggio. È vero che rispetto all’anno scorso sono stati individuati venti campi per le diverse discipline sportive ma è anche vero che le tasse di segreteria sono aumentate da 52 a 155 euro. Da quest’anno infatti l’autorizzazione per allestire un campo da beach volley o tennis costa per venti giorni 600 euro. Un salasso se si pensa che queste associazioni non hanno fini di lucro. Inoltre l’autorizzazione vale per soli venti giorni poi bisogna smontare tutte le attrezzature e spostarsi su un altro punto del Poetto, rendendo impraticabile qualsiasi attività continuativa. Gli unici al momento che hanno aderito al bando sono il comitato regionale della federazione italiana pallavolo e una squadra di football americano, tutte le altre associazioni hanno già trovato o sono alla ricerca di altri spazi. Il bando. Se con questo bando l’amministrazione comunale ha voluto semplificare il procedimento di assegnazione delle autorizzazioni demaniali per lo svolgimento delle attività sportive, in realtà le società
ritengono che ci siano ancora dei vincoli troppo stretti. Dopo i problemi dell’anno scorso dove bisognava aspettare almeno dieci giorni per avere una nuova autorizzazione, quest’anno sono state apportate alcune modifiche non ancora sufficienti però ad accontentare le società sportive che chiedono da sempre concessioni stagionali. Una richiesta che si scontra con la legge regionale sulle linee guida per la costruzione del piano urbanistico dei litorali che delega ai comuni l’opportunità di assegnare soltanto concessioni temporanee. “L’amministrazione – fanno sapere dall’ufficio patrimonio del comune di Cagliari – ha reso le autorizzazioni più accessibili, inoltre mentre l’anno scorso erano i richiedenti che dovevano individuare l’area, pagando ulteriormente, quest’anno le posizioni le abbiamo già scelte noi”. Il proget-
Le reazioni. Oltre alla squadra di football americano, soltanto il comitato regionale della federazione occuperà per sei mesi nove posizioni diverse. Le altre società di beach volley e tennis hanno invece deciso di spostarsi. “Questo bando – ha detto Pier Paolo Murgioni, presidente dell’associazione Manofuori – non rispecchia le nostre esigenze e quelle di sviluppo turistico della nostra città. La spiaggia del Poetto ha infatti delle potenzialità sportivoturistiche colossali che però vengono sfruttate solo allo 0,01 per cento. Il comitato regionale ha aderito a questo bando perché deve garantire ai propri tesserati gli spazi per poter praticare il beach, noi invece ci siamo spostati a Quartu nel chiosco Skipper e ora stiamo cercando anche qualche altra area”. Lo stesso vale per gli appassionati di beach tennis che per praticare la disciplina dovranno spostarsi o all’interno degli stabilimenti militari o nella cooperativa Golfo degli Angeli. “Tutti quelli che come la nostra associazione – ha aggiunto Pier Paolo Murgioni – svolgono attività continuative hanno preferito trovare soluzioni alternative. A Quartu almeno siamo all’interno di una concessione di chiosco e non abbiamo vincoli”.
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BRAVI & BELLI
Dai film a Roma al cortometraggio in Provincia Francesco Siciliano faceva l’attore adesso è assessore alla Cultura
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rancesco Siciliano non è soltanto un attore italiano figlio dello scrittore Enzo, che abbiamo incontrato in tantissimi film, fiction, cortometraggi, ma è anche da un anno assessore alla Cultura della Provincia di Cagliari. Ha lavorato con grandissimi registi come Luigi Comencini, Bernardo Bertolucci, Marco Tullio Giordana, Angelo Longoni ed Ettore Scola ne La cena per cui ha ricevuto il Nastro d’Argento. Fu scelto dall’ex Presidente della Provincia Milia perché portatore di conoscenze tecniche e perché essendo un attore, in un momento storico in cui l’arte attraversa dei pesantissimi tagli, è stato consi-
derato più facilitato a muoversi in una materia snobbata dall’ex Ministro Tremonti e quindi difficile da trattare. I tagli alla cultura di questi anni infatti sono stati dell’80%. In verità quella che appariva una nomina tecnica, non lo fu in quanto l’attore Siciliano ha militato per tanto tempo nel Pd nella commissione cultura. Durante la conferenza stampa di presentazione della sua nomina, una giornalista affermò che l’assessore Marta Ecca, che ricevette lo stesso giorno la delega alle Politiche giovanili, fosse la più giovane assessora italiana alla provincia, lui scherzosamente rispose “E io il più alto!”. c.s.
Dalla poltrona in banca al trono di Maria Viso d’angelo e fisico scultoreo, Marco Meloni è un apprezzato dj
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oteva continuare a lavorare in banca, ma i suoi occhi verdi e il suo sorriso hanno preteso maggiore visibilità: così alla poltrona dell’ufficio ha sostituito presto un vero e proprio trono. Quello di Maria de Filippi, nella trasmissione “Uomini e donne”. Marco Meloni, cagliaritano a spasso per l’Italia e l’Europa, è l’orgoglio delle teen-ager sarde. Viso d’angelo e fisico scultoreo, già notati dalle compagne del liceo classico Siotto che lo elessero il più bello della scuola, Marco ha saputo fare del suo aspetto este-
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tico un ottimo biglietto da visita per raggiungere, tuttavia, anche altri settori: cinema, con i cortometraggi di Pino Sondelli “Nuvole soltanto nuvole” e del nostrano Antonio Catta “Angeli nelle tempeste”, tv, ma soprattutto musica. Oggi infatti, a distanza di pochi mesi dal debutto, è già un affermato dj apprezzato in tutta Italia e persino in Francia: «Il fatto che la gente mi apprezzi davvero per quello che faccio e non solo per il mio mero aspetto fisico mi riempie il cuore di infinita gioia». m.s.
STORIE
L’ex pugile è diventato cuoco e combatte per la cittadinanza Arrivato a Cagliari dal Marocco come atleta, si è diplomato alla scuola alberghiera. «Se non divento italiano rivoglio i contributi Inps»
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akkari nasce in Marocco nel 1972 ma dalla fine del 1993 vive in Italia. Arriva a Cagliari come atleta, perché è un pugile. Dopo una trentina di incontri, si rende conto che lo sport non basta per sopravvivere e si diploma alla scuola alberghiera di Alghero nel 1997. È da allora che fa il cuoco nella nostra isola e, pian piano, si innamora sempre più di questa terra che considera la sua seconda casa. D’altronde, è arrivato che era un ventenne ed è cresciuto nel nostro Paese. Nel 2007 chiede la cittadinanza italiana. Per ottenerla, non basta avere posseduto sempre un regolare permesso di soggiorno, ma occorre che un extracomunitario risieda legalmente sul territorio da almeno dieci anni, insieme a un reddito sufficiente, all’assenza di precedenti penali e alla rinuncia alla cittadinanza d’origine (se è previsto). Bakkari ha risieduto in Italia durante il suo soggiorno (quasi sempre a Cagliari, esclusi cinque anni a Vicenza, ma poi è ritornato in Sardegna perché ne sentiva la mancanza). Non ha mai avuto nessun procedimento penale a suo carico, guadagna abbastanza bene e per quanto riguarda la cittadinanza d’origine, il Marocco consente ai suoi cittadini di acquistarne un’altra anche senza rinunciare alla loro. La risposta alla sua richiesta arriva a novembre del 2011 e per Bakkari è una doccia fredda: niente cittadinanza. La motivazione? Sua moglie e sua figlia
si trovano in Marocco, quindi per lo Stato italiano lui non è stabile al cento per cento. E, legato a questo, il reddito non sarebbe sufficiente. Perché la sua famiglia non viene in Italia? La moglie purtroppo non può raggiungerlo, la mamma è paralizzata a una gamba e lei deve assisterla. È molto dispiaciuto Bakkari perché, da quando è nel nostro Paese, lavora sodo, è sempre stato regolare e ha versato i contributi. E non può nemmeno pensare di tornare in Marocco. Innanzitutto, l’Italia gli piace e in particolar modo la Sardegna, cui è anche riconoscente. E poi sa
che, se tornasse nel suo paese, non gli verrebbero restituiti i contributi versati all’Inps durante questi anni. Lui non si scoraggia e guarda avanti: ha intenzione di chiedere un finanziamento per aprire una sua attività. Spera un giorno che sua moglie e sua figlia possano raggiungerlo e si augura, nell’eventualità gli concedano il prestito, di dare un lavoro a chi in questi anni gli è stato amico e lo ha aiutato. Intanto, la speranza è l’ultima a morire: Bakkari si auspica che la cittadinanza gli venga riconosciuta per potersi sentire ancora più vicino al popolo italiano. (l.p.)
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SPECIALE MISS ITALIA
La talent scout di bellezze Scoprire Miss è un lavoro Francesca Moretti va a caccia di future reginette in giro per la città o tra gli scaffali dei centri commerciali di Carlo Poddighe Guardare le ragazze che passeggiano per strada, nello struscio dello shopping o quando escono la sera per locali, è un compito delicato. Sicuramente nell’impresa si cimentano molti uomini e, con occhio spesso critico, tante donne, ma farlo con professionalità è tutt’altra cosa. Michela Giangrasso, esclusivista del concorso nazionale di Miss Italia in Sardegna, affida da più di un anno questa responsabilità allo sguardo e al fiuto di Francesca Moretti, una delle ragazze della sua agenzia. Francesca, 21 anni, è al terzo anno di Psicologia ed è lei che «guardandosi intorno con occhio clinico» cerca e ferma le ragazze che possono avere un futuro nella moda, proponendo loro di partecipare al concorso per Miss Sardegna. «Molte sono diffidenti, avvicinarle e convincerle non è sempre semplice», racconta Francesca. «Spiego loro come funziona il concorso, che si partecipa ad una serata gratuita con una sana competizione e mai con rivalità». Difficilissimo convincere le
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ragazze se accompagnate dal fidanzato, molto meglio se sono in giro insieme alle madri: «Spesso sono proprio loro a spingere la figlia a tentare». Anche le coppie di amiche sono una buona occasione per Francesca, soprattutto se una vede delle potenzialità nell’altra. «Se poi sono entrambe carine, per me è meglio: due al prezzo di una». Francesca, che non ha mai voluto partecipare al concorso, ha però scoperto l’ultima Miss Sardegna: Daniela Cau. «L’ho notata mentre faceva shopping all’Auchan di Santa Gilla. Mi ha colpito subito perché era bella, ma semplice. Così l’ho fermata e convinta».
Nella pagina accanto Miss Sardegna in carica Daniela Cau. A fianco Francesca Moretti distribuisce i coupon per partecipare al concorso
Per partecipare missitalia.it/form-iscrizione. info@michelagiangrasso.it Telefono 070 307740
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VIAGGIO NELLA CRISI DEI PARTITI /IL PD
Nel Pd divisioni e malumori e il leader ancora non c’è di Maria Obinu redazione@cagliaripad.it
In attesa di capire chi guiderà la coalizione alle regionali, il clima nel partito di Silvio Lai è tutt’altro che disteso 28
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n attesa di conoscere la nuova leadership per la Sardegna, di capire chi sarà a guidare la coalizione del centro sinistra per le prossime regionali, il clima all’interno del Partito democratico è tutt’altro che disteso. Le prime avvisaglie dei nuovi malumori interni al partito di Bersani nell’isola sono cominciate con le primarie per le amministrative di Cagliari, chiuse con la sonora debacle per Antonello Cabras, sono continuate con la vicenda per l’elezione del segretario dell’Anci e hanno raggiunto il culmine con la lettera che la presidente dell’assemblea, Valentina Sanna, ha scritto lo scorso 12
aprile a Bersani per “manifestare il disagio e la preoccupazione per lo stato in cui da tempo versa il partito in Sardegna”, tra “incomunicabilità” e “precaria qualità della democrazia interna”. Nelle scorse settimane le prime avvisaglie, con un invito rivolto dal segretario regionale Silvio Lai alla stessa Valentina Sanna per convocare l’assemblea regionale e discutere di candidature e primarie, due argomenti sui quali la segreteria nazionale gradirebbe un rallentamento. Oggi la presidente spiega di avere “dovuto constatare da parte della segreteria l’ennesimo atto di ostilità
L’inchiesta
Nella pagina accanto Silvio Lai, Valentina Sanna e Antonello Cabras. In questa pagina Pierluigi Bersani
Nei giorni più cupi di questo 2012, mentre la coscienza e la morale del Paese stanno toccando il punto più basso, un’analisi sommaria degli avvenimenti rende evidente l’inadeguatezza degli attuali partiti politici. Occorre ricostruirli o trovare nuove forme di partecipazione pubblica collettiva? Privati del substrato ideologico che li ha caratterizzati fino agli anni Novanta, attualmente i partiti si dividono senza saper bene su quali concetti si fondino le loro differenze. Probabilmente si basano sul nulla – o su obsoleti paletti mentali che dividono gli individui come i tifosi di una squadra di calcio. Nella nostra inchiesta a puntate, che è partita nel numero scorso, questa volta cerchiamo di indagare all’interno del Pd. (g.g.)
consistente nell’aver richiesto alla commissione di garanzia regionale di essere convocata per rispondere di una mancata convocazione dell’assemblea su richiesta del segretario”. Valentina Sanna imputa alla gestione di Lai di aver lasciato il partito senza uno statuto “formalmente approvato” e di continuare a farlo vivere “in una forma di precarietà”. “Nei territori - sottolinea la presidente - si moltiplicano i casi di esponenti del Partito democratico apertamente schierati contro sindaci ed altri esponenti del Pd; a livello periferico, dirigenti del Pd risultano candidati in liste diverse e contrapposte”. Inoltre resta ancora aperta, secondo Sanna, la questione sul percorso congressuale (che si sarebbe dovuto svolgere entro gennaio 2012), mentre “oggi - spiega - il partito vive una situazione del tutto anomala dove un pezzo della maggioranza e un pezzo della minoranza congressuale, senza l’onere di
una verifica politica con gli iscritti e gli elettori, guida il Pd sardo senza una rotta chiara o un progetto definito”. C’è poi il problema economico. Anche qui la situazione è tutt’altro che chiara. “Permangono difficoltà nell’accesso ai conti del partito e nella rendicontazione puntuale delle spese effettuate - scrive ancora la presidente Valentina Sanna nella lettera al segretario nazionale Pier Luigi Bersani - e avanzano contestazioni
L’allarme di Valentina Sanna: «C’è grande preoccupazione per lo stato in cui versa il Partito in Sardegna»
sulla modifica unilaterale dei contratti del personale operante nel Partito. A tutto questo si sommano le note conflittualità all’interno del gruppo consiliare regionale che evidentemente soffre - conclude Sanna - delle divisioni prodotte in seno al partito”. In questo clima il 10 e l’11 giugno si svolgeranno le elezioni amministrative. Tre i comuni sopra i 15 mila abitanti chiamati alle urne per il rinnovo dei consigli comunali. A Selargius e Oristano la colazione è guidata da due uomini tesserati al partito, ad Alghero da due uomini tesserati al partito, ad Alghero invece ha vinto le primarie un uomo molto vicino allo stesso Pd. Nonostante questo le difficoltà sono notevoli sia per la mancanza di fondi che per i troppi problemi interni che rischiano di minare la serenità necessaria per affrontare una campagna elettorale.
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I VOSTRI RACCONTI
Tre Metro sopra il cielo di ALBERTO DIANA Prossima fermata… Corro sotto la terra, lanciato a bordo di un treno, da una parte all’altra della città. C’è chi dice che la metropolitana sia un mezzo feroce, inumano, l’emblema di quanto sia labile la nostra epoca. Spariscono le sfumature, i nomi, la vita, l’aria, il tempo: soprattutto il tempo. Chissà quanti sono i metri di distanza da dove la vita scorre coi ritmi normali, dove ciò che è lontano è davvero lontano!
occhiata so tutto di loro, loro tutto di me. Di fronte a me una ragazza: assorta, gli auricolari, la cartella dell’università, gli occhi che forse patiscono il sonno, o una giornata andata male. Eccolo Dreyer, La passione di Giovanna d’Arco, come Renée Falconetti, vedo tutto, respira, soffre. Benvenuti nel teatro delle crudeltà!
No, la metropolitana è molto altro: è oltre la realtà, più della realtà. Così reale che dopo non ne puoi più. È un’inquadratura di un film di Dreyer: ravvicinata, ossessiva. È un libro di Bukowski, dalle cui pagine trasudano odori a te estranei che poi impari a riconoscere. Ma è anche L’urlo di Munch: la sensazione esasperata, il segno distorto. La metropolitana è la vita, ma molto più forte di quella vera.
Il mio sguardo ritorna sulla ragazza di fronte a me: assorta, gli auricolari, la cartella dell’università, respira, soffre. Benvenuti nel teatro delle crudeltà!
Corro dalle scale mobili verso la banchina e salgo sul treno, un attimo prima che le porte si chiudano. Trovo un posto a sedere e mi guardo intorno, verso gli altri passeggeri: con una sola
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Odori, suoni, colori, sapori, un vagone stretto, piccolo: tutto è più vicino, tutto è più grande.
Mi giro un istante, ed ecco un vecchio: l’odore acre della sua pelle, secca, i capelli bianchi, pochi. Improvvisamente si alza, e un uomo di colore con la valigia si siede accanto a me: adesso cambia l’odore, la visione, cambia tutto. - Prossima fermata… – È la mia. Scendo dal treno e sono come in trance, un’overdose di sensi: voglio un caffè, voglio riprendere il mio
gusto, il mio sapore. Mi siedo al bar, quelli della metropolitana sono diversi da quelli normali: non hanno tavolini, solo il bancone, stretto e lungo. Non mi piace il bar così, penso. Ma in questo luogo mi identifico, è mio. Un esempio? Chi va a piedi o in bicicletta, se gli chiedi dove vive, risponderà dicendo l’indirizzo di casa sua. Chi va in macchina dirà il nome del quartiere, o qualche punto di riferimento, dove magari si può trovare parcheggio senza problemi. Chi va in metropolitana, invece, dice il nome della sua stazione. In tutto il mondo: Centrale,Russel Square, Poble Sec, Subaugusta, Cambronne. Ha la mappa di quella città sotterranea impressa dentro di sé: è una stazione, una linea, un cambio. È un treno che viaggia, incontra, sogna, fantastica sul prossimo, magari se ne innamora per qualche istante, lo dimentica, ma poi ne arriva subito un altro. Non è un volo pindarico, non un’astrazione: è scavare dentro sé stessi e dentro gli altri, qualche decina di metri sotto rispetto a dove si vive la vita. Rispetto a dove ci si conosce, si ama e si odia per davvero. Quaggiù la vita esce dagli occhi, come in un’orgia inconfessata. Poi, una strizzata d’occhio, un’impercettibile sorriso dall’altro lato del vagone ed è tutto finito. Per un attimo vorrei ritornare su quel treno, preso dalla curiosità di seguire la mia Renée Falconetti, la povera Giovanna d’Arco che soffriva di fronte a me, sapere come si chiama, che cosa fa, sapere se la mia vita e la sua potranno mai coincidere al di fuori di quel vagone. Basta un attimo di indecisione, poi arriva
quella voce metallica a ricordarti che sei già arrivato a casa: - Prossima fermata… Imbocchiamo l’uscita e ci facciamo trasportare dalle scale mobili come reduci, ordinati in fila indiana, uniti nell’ascesa verso il mondo reale. Dove il tempo e lo spazio dilatano, dove la vita assume i contorni che noi tutti conosciamo. Man mano che saliamo verso le porte, la luce del sole ci accoglie, svelandoci dove siamo e quanto tempo sia trascorso davvero. Ha un chiarore leggero la sera: un’altra giornata sta per terminare. Mentre mi avvio verso casa mi accorgo che son rimasto solo. Per strada provo a incrociare lo sguardo delle persone di fronte a me, ma sono distanti: non sento più i loro odori, nei loro occhi non leggo più quella strana complicità che trovavo nella mia Renée Falconetti. Immagino anche lei camminare per strada, fra i negozi che cominciano a chiudere e i bar che si riempiono per l’aperitivo: lei, sola, senza occhi addosso, gli auricolari l’unica compagnia. - Se la dovessi rivedere, la fermerò – Penso. Menzogna: come si può essere convinti di rincontrare una persona in metropolitana? – Impossibile – dico. Forse non la riconoscerei nemmeno adesso, se la dovessi vedere per strada. Quello che succede laggiù, nasce e muore laggiù. Infinite esistenze sfiorano la tua: la conoscono, la vivono e poi spariscono nel nulla. E anche io come loro, risalendo verso l’oblio.
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LAIF STAIL
Ajò ad Asseminello
Holly, Benji e Mimì di Alessandra Ghiani a.ghiani@cagliaripad.it
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Nel tentativo di far venire al figlio l’entusiasmo per il calcio, Peppi lo porta ad Asseminello dove c’è anche Gigi Riva, ma Cesarino ha ben altri programmi 32
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el tentativo di far venire al figlio l’entusiasmo per il calcio Peppi lo porta ad Asseminello dove c’è anche Gigi Riva, ma Cesarino ha ben altri programmi. “Ayò Cesarì, as accabbau de studiai? Oggi papà ti porta a vedere gli allenamenti dei giocatori del Cagliari ad Asseminello! Cuntentu sesi?” Lui non si scompone, guarda il padre con uno sguardo strano, di cui però Peppi non si accorge, e chiude il libro. “Ayò però! Chi dorme non piglia ceci!! Più scattante devi essere figlio mio, ses propriu fill’e mamma dua, lentu che is brebeisi!”. “Papà, pesci non ceci!” lo corregge il figlio con tono sconsolato. “Ses sempri pensendi a pappai, dai che non è ora, ayò!”. Cesarino, arreso, si alza e segue Peppi. “Spereusu de c’imbuccai, la volta che ne sono venuto con nonno non si trovava il vincolo” “Svincolo… si dice lo svincolo…” sussurra tra sé e sé Cesarino. Peppi inizia a gironzolare per le vie adiacenti ai campi del Cagliari Calcio e, tra uno scongiuro e l’altro per le buche enormi che si trovano da quelle parti, finalmente trova la strada e giunge al parcheggio di ghiaia: “Ess!! Pren’e perdixeddasa! Paridi de craccai pibizzirisi! Comunque Cesarì, siamo arrivati. Mi raccomando, contieniti e non esaltarti,
non è che dobbiamo sembrare che non abbiamo mai visto un calciatore o una persona famosa!” nemmeno detto, Peppi si gira di scatto: “Làh! Lah! Mì chi c’è! O Gigiiiii e inzà? Troppu togu, ashcò glielo fai un autografo a Cesarino, mio figlio? Aspè, anche una foto! Cesarì l’hai riconosciuto? Gigirrrriva mih! Mettiti che vi faccio una foto!”. Cesarino subisce in silenzio gli entusiasmi del padre mentre Gigi Riva lo asseconda con benevolenza e con uno sguardo da ittacipodisfà: “Giochi a calcio?” gli chiede.
Prima che il piccolo possa aprir bocca, per rispondere, interviene il padre: “Eya o Gigi, è gioghendi ma ha poco entusiasmo, non capisco perché, in famiglia siamo tutti calciatori in provetta, non me lo spiego… d’appu ingottu innoi per quello, così si infoga!” “Provetti… calciatori provetti…” sussurra tra sé e sé Cesarino, poi rivolgendosi al campione: “Si gioco, papà mi porta alla scuola calcio, ma io…” “Lo porto agli allenamenti due volte a settimana, gli ho preso anche tutto il completino del Cagliari, vero Cesarino di papà? Comunque, Gigi, sesi di un teppismo pauroso, avevo l’intenzione di iscriverlo alla tua scuola calcio…” “Tempismo… non teppismo…” pensa Cesarino. “Forse dovrebbe far scegliere al bambino” risponde Gigi. Poi si congeda strizzando l’occhio a
Cesarino. Peppi nel frattempo si è ammutolito pensando alle parole dell’attaccante. Osserva il figlio che lo guarda con gli occhi di un bambino che vorrebbe dire qualcosa. “Amore di papà… sei muto come pece.. non è che devi dirmi qualcosa?” “Pesce… si dice come un pesce…” sussurra Cesarino tra sé e sé, e parte con lo sfogo: “Si papà, la verità è che io non voglio giocare a calcio! A me non piace il calcio, non mi piacciono Holly e Benji, non mi piace il pallone, non mi piace la maglia del Cagliari né le scarpette… a me piace Mimì! Io voglio essere come Mimì!” Peppi sbianca, le parole di Cesarino fanno crollare i suoi progetti calcistici e lo destabilizzano: “Figlio mio, ma itta ses narendi? Itta c’intra Mimì immoi, stiamo parlando di sport, di tempo libero, non di traballu. Tu gioca, spensie-
ratisciti che sei ancora un bambino. Poi, se quando sarai più grande, se vorrai fare ancora il pizzaiolo non sarà certo papà a impedirtelo!” “O pàh! Mimì.. è Mimi Ayuara..” cerca di spiegare Cesarino “Oi tocca! Che non ollidi aggiurara, ci da faidi a solla! E poi tu sei troppo piccolino per lavorare!” “O pàh… Mimì Ayuara! Non aggiurara. È un cartone animato, di pallavolo! Non la pizzeria! Io voglio giocare a pallavolo non a calcio!”. Peppi dà qualche segno di cedimento ma pensando al suo piccolo e a tutto il tempo in cui lui, pur di farlo felice, ha giocato a calcio, è andato agli allenamenti, alle partite etc., ha un motto di commozione: “Cesarino, papà è davvero desolante, non poteva immaginare. Sono orgoglioso di te qualsiasi cosa vuoi fare!” “Desolato papi…si dice desolato…” pensa Cesarino mentre si lancia commosso tra le braccia del padre.
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COLPI DI PENNA
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Tipi che incontri, gente che osservi, sconosciuti che passano senza lasciare niente nella tua valigia delle esperienze. Ma anche persone che ti stringono la mano mentre con uno sguardo e due parole lasciano per sempre il segno. Tale è stato il mio incontro con gli sguardi e le parole del mondo delle Miss, in un momento lavorativo in cui sono rimasta coinvolta con la mia reflex nelle faccende organizzative di un famoso concorso di bellezza. Un altro mondo, uno di quelli che ti fanno rendere conto di quanto sia inutilmente complicata la tua vita, un mondo che più rincorri, più ti sfugge. Ti sfugge il motivo, davanti a una Miss, per cui anche con un tacco 15, che se ne frega dell’incolumità delle dita dei tuoi piedi, risulti sempre una diversamente alta da guardare con tanta tenerezza. Ti sfugge la ragione per cui quando incontri una persona vuoi interagire con lei attraverso discorsi sensati e coerenti e non pensi, più semplicemente, di potertela cavare impostandoti in modalità sorriso fisso e testa che annuisce. Non afferri il motivo per cui le tue unghie, anche se accuratamente limate e smaltate, sembrano sempre quelle di una contessa dei poveri di fronte a certe opere d’arte montate su manine candide, affusolate e ben idratate. Non capisci perché il tuo trucco, fatto apposta per sembrare il più naturale possibile, chiede scusa al cospetto di quegli ombretti, fard e mascara allunga ciglia degni di Hollywood.
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Nome: Lexa Professione: Scrittista (tra giornalista e scrittrice) Segni particolari: Sentimental-spaccona di un metro e una penna lexa@cagliaripad.it
Mondo
miss(chino) Sentirsi un pesce fuor d’acqua e capire che a 34 anni (da compiere) non si é ancora conosciuta l’essenza della vita. Capire che conoscere solo due parrucchieri, non avere un’estetista fisso, un onicotecnico di fiducia e un esiguo numero di paia di scarpe, significa essere davvero fuori dal mondo. Trovarsi con una reflex in mano di fronte a una statua vivente, digitalizzare cotanta bellezza sentendosi sul depresso andante per essere stata alquanto malcagata dalla natura, e ritrovarsi poi a consolare veneri tristi per foto malefiche e dispettose che mettono in risalto segni sulla pelle che spunteranno tra quattro anni. Incontri, insomma, che ti aprono gli occhi. Perché lamentarsi delle colazioni mancate per insufficienza di tempo quando c’è chi di primo mattino ha il serio problema delle occhiaie? Perché giustificare le proprie unghie sfaldate e poco curate con un laconico sono stanca quando c’è chi è costretta proprio per lavoro, ad averle sempre perfette? E soprattutto, perché andare in giro convinti che esprimere pensieri logici e assennati
sia meglio di una bella scollatura e di un bel paio di jeans skinny? (Per gli ignoranti in materia, gli skinny sono dei pantaloni aderentissimi). Dopo un’attenta riflessione ho la mia risposta, che addirittura mi scagiona. Sono una piccola donna di un metro e cinquantacinque con qualche chilo di troppo e un fondoschiena importante e non mi è permesso (ahimé!) entrare a far parte del mondo delle miss. Per questa ragione a volte mi si vedrà in giro un po’ sfatta, senza trucco e con le mani poco curate. Ma per adattamento e istinto di sopravivenza ho imparato a sfruttare le mie altre qualità cosicché, quando qualcuno si fermerà a parlare con me, potrà senz’altro dire: “Però che bel cuuu…ore ha questa ragazza!”.
Non è vero che i belli siano poco intelligenti: sono i brutti, invece che hanno sviluppato troppo il cervello per compensare le deficienze estetiche (Gianni Monduzzi)