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Anno II numero 19 22 maggio 2012

ROSSELLA LIBERA

Quindicinale gratuito di informazione e costume

ritorno

al sacro L’incertezza di fronte a un futuro sempre più oscuro porta a rifugiarsi nel trascendente. È una rinata spiritualità o solo superstizione?

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Nasce il sito cagliaripad.it

dal 21 maggio online 2


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sommario Anno II numero 19 22 maggio 2012

OPINIONI ___________________________________________________ 6 RITORNO _ _ _ _ _ _ _AL _ _ SACRO _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _8 CL, _ _ _ PARTITO _ _ _ _ _ _ _DI_ _DIO _ _ _FUORI _ _ _ _ DAL _ _ _ _COMUNE _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _1 _0 ASCOLTA _ _ _ _ _ _ _LA _ _NATURA _ _ _ _ _ _TI _ _PARLA _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _1 _2 SUORE _ _ _ _ _ _DI_ _CLAUSURA. _ _ _ _ _ _ _ _IL_ _SILENZIO _ _ _ _ _ _ _DEL _ _ _CONVENTO _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _1 _4

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L’ALLIEVO _ _ _ _ _ _ _ _DI _ _DON _ _ _ _MILANI _ _ _ _ _“LETTERA _ _ _ _ _ _ _ AL _ _ PROFESSOR _ _ _ _ _ _ _ _ _MONTI _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _1 _5 CONTRO SISTEMA _ _ _ _ _ _ _LA _ _CRISI, _ _ _ _ _IL_ _ _ _ _ _ _ _BANCARIO _ _ _ _ _ _ _ ISLAMICO _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _1 _6 UN’ISOLA RESPIRA _ _ _ _ _ _ _ _MAGICA _ _ _ _ _ DOVE _ _ _ _ _SI_ _ _ _ _ _ _ _IL_ SACRO _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _1 _8

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UN _ _ _COLLEGE _ _ _ _ _ _ _E_TANTE _ _ _ _ _AMICIZIE, _ _ _ _ _ _ _ MA _ _ _OGGI _ _ _ _RESTA _ _ _ _ _A _MANI _ _ _ _VUOTE _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _1 _9 L’ORA _ _ _ _ _DI _ _RELIGIONE _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _2 _0 A _ _CIASCUNO _ _ _ _ _ _ _ IL _ _SUO _ _ _ _DIO _ _ _E _IL_ _SUO _ _ _MODO _ _ _ _ _DI_ _PREGARLO _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _2 _1 “COSÌ _ _ _ _ _TAGLIO _ _ _ _ _ _LE _ _CORNA _ _ _ _ _A_ SATANA” _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _2 _2 STORIE: ELISABETTA _______ _ _ _ _ _ _ _ _BADAS _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _2 _4 BELLI _ _ _ _ _E_BUONI _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _2 _5 OMERTÀ. _ _ _ _ _ _ _ POCHI _ _ _ _ _“FANNO”, _ _ _ _ _ _ _ _MOLTI _ _ _ _ “SANNO”, _ _ _ _ _ _ _ _NESSUNO _ _ _ _ _ _ _PARLA _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _2 _6 LULA, DI_ SINDACI _ _ _ _ _BENETUTTI. _ _ _ _ _ _ _ _ _STORIE ______ _ _ _ _ _ _ _CHE _ _ _HANNO _ _ _ _ _ VINTO _ _ _ _ _LA _ _ PAURA _ _ _ _ _ _ _ _2 _7 LE _ _ _CENERI _ _ _ _ _DEL _ _ _ PSD’AZ _ _ _ _ _ _E_I_PARTITI _ _ _ _ _ _INDIPENDENTISTI _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _2 _8 MISS _ _ _ _ITALIA _ _ _ _ _E_ SOCIALE, _ _ _ _ _ _ _ CONTRO _ _ _ _ _ _ _I _LUOGHI _ _ _ _ _ _COMUNI _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _3 _0

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I_ _ VOSTRI _ _ _ _ _RACCONTI _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _3 _1 LAIF _ _ _ _STAIL _ _ _ _ -_ LA _ _ _MAMMA _ _ _ _ _È_ _SEMPRE _ _ _ _ _ LA _ _ _MAMMA _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _3 _2 COLPI _ _ _ _ _DI _ _PENNA _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _3 _4

Anno II numero 19 22 maggio 2012

Editore GCS - Green Comm Services S.r.l. - Direttore responsabile Guido Garau - Hanno collaborato: Alessandra Ghiani, Lexa, Maria Obinu, Ennio Neri, Carlo Poddighe, Laura Puddu, Maria Grazia Pusceddu, Claudia Sarritzu, Michela Seu, Simone Spiga Fotografie Alessandra Ghiani - Ritratti Giulia Fulghesu - Grafica XL Luca Crippa - Stampa Grafiche Ghiani - Monastir - Cagliari Pad Sede legale in via Giotto 5, 09121 - Cagliari - Redazione in Largo Carlo Felice 18, 09124 Cagliari - www.cagliaripad.it redazione@cagliaripad.it - Tel. 070.3321559 • 342 5995701 - Autorizzazione Tribunale di Cagliari 15/11 del 6 settembre 2011

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Vien i a trovarci a Cagliari in Via Cocco Ortu 99 e in Via Tola 5

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I L D I R E T TO R E

Le mura di Anagoor GUIDO GARAU g.garau@cagliaripad.it

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econdo Maurizio Gasparri, capogruppo al Senato del Pdl, (“Italialand” di Maurizio Crozza, La7) l’Italia sta meglio oggi che negli anni Cinquanta. Non so da che parte guardi l’occhio di quest’uomo, che passerà alla storia per aver approvato, da ministro delle Comunicazioni, la legge porcata di riordino del sistema televisivo, nota appunto come “legge Gasparri”. Quel che è certo è che la sua è una visione distorta. L’Italia degli anni Cinquanta viveva uno slancio, un entusiasmo, una joie de vivre che storicamente, da noi ma anche altrove, non si ripeterà mai più. Sulle rovine del Dopoguerra si mettevano le basi per una nuova società partendo da un presupposto: tutte le possibilità – economiche, sociali, culturali - erano aperte. Il Paese sapeva, sentiva che da quel punto di partenza si poteva solo salire. Oggi, invece, le possibilità individuali e collettive si sono annullate. Chiunque, anche chi non vive la crisi direttamente, avverte sfiducia, assenza di futuro: per usare un termine abusato, da noi ha vinto il nichilismo.

La fotografia delle differenze tra oggi e ieri è impressa nell’istantanea del territorio italiano. Il nostro straordinario paesaggio, che colpì poeti, musicisti, scrittori di tutto il mondo, è stato sfregiato e sfigurato, con un’accelerazione pazzesca negli ultimi anni, da politiche edilizie e industriali folli. Anche in Sardegna, dove pure l’industria non ha mai veramente attecchito per ragioni geografiche, si è visto che laddove nasceva un interesse macroeconomico (Ottana, Portovesme, Porto Torres, Isili ecc.) sbocciava il deserto. Ci troviamo di fronte a delle enormi mura. Ci sbarrano la strada, caro Gasparri, e ci impediscono di vedere oltre i cocci di bottiglia. Riesce a vederci, davanti ai bastioni? Siamo milioni. In attesa di qualcosa che apra queste porte chiuse alla nuova città che ci aspetta: una nuova politica (della quale in lontananza già si vedono i bagliori); di una nuova vita spirituale. Perché questo nostro tempo, definito “era post-moderna”, sta assistendo a qualcosa di grandioso: oltre la crisi, un ritorno del sacro. Contiene un invito. Proviamo a coglierlo.

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OPINIONI

ZACCA

E PONI

Via del Collegio alla Marina viene pedonalizzata per consentire alla comunità musulmana di pregare senza doversi inginocchiare fra le auto. Residenti senza parcheggi e fedeli islamici ancora per strada. La singolare idea di democrazia di Zedda: scontentare tutti!

L’angolino del filosofo di Plotino*

Tre tipi di uomini, tre livelli di conoscenza Tutti gli uomini, fin dalla nascita, si servono dei sensi prima che dell’intelligenza e s’imbattono anzitutto nelle cose sensibili: alcuni rimangono fermi ad esse per tutta la vita e credono che esse siano le prime e le ultime ritenendo che il dolore e il piacere che c’è in esse sia il male e il bene. Ce ne sono altri che si sollevano un po’ dal basso, poiché la parte migliore della loro anima li spinge dal piacere alla bellezza, ma, essendo incapaci di vedere le vette e non avendo un altro punto sul quale

appoggiarsi, cadono in basso, verso la scelta fra le cose terrene. E c’è finalmente una terza schiatta di uomini divini che hanno una forza maggiore e una vista più acuta, i quali vedono con uno sguardo penetrante lo splendore di lassù e si elevano al di sopra delle nubi e della nebbia terrena e, disdegnando tutte le cose mondane, gioiscono di quel luogo vero e familiare, come un uomo che, dopo tanto vagabondare, torna alla sua patria bene governata. * Enneadi

Il guastafeste di Simone Spiga

Ecco chi sono gli ipocriti del referendum Le rivoluzioni hanno sempre bisogno di drastiche prese di posizione spesso non capite fino in fondo dagli stessi ‘rivoluzionari’. Il 6 maggio è da considerarsi una piccola ma appassionante giornata in cui il popolo sardo ha deciso sonoramente di ‘fottere’ il potere. Seguendo in prima linea questa campagna referendaria abbiamo visto il potere politico diviso in diverse specie di animali... Gli struzzi, coloro i quali si sono nascosti sotto terra pur di non esprimere opinioni in merito, quasi tutto il Pdl con in testa i deputati Mauro Pili e Bruno Murgia silenti e disinteressati agli argomenti posti dai quesiti, Ignazio Artizzu che si è trincerato sul ‘non mi esprimo su questi

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referendum’. Tanti anche dentro il Pd hanno scelto la strada del non vedo, non parlo, come Francesca Barracciu e Antonello Cabras. Poi è stato facile trovare i paladini delle poltrone, due su tutti: Deriu del Pd e presidente della provincia di Nuoro e Fedele Sanciu del Pdl, presidente della ex provincia della Gallura. La terza titologia di politici sono stati quelli tipo Michele Piras, segretario regionale di Sel che hanno lasciato la libertà di voto e che hanno solo invitato ad andare a votare, senza prendere posizione. Ma i più squallidi e più meschini sono stati i tanti, i troppi che hanno tentato in tutti i modi di screditare i referendari prima del voto

con menzogne vergognose e con ogni tipo di bugia. La prima fra tutte riguardava i tanti soldi che i referendari erano pronti a prendere a vittoria raggiunta, ma non è bastata neanche la quinta smentita che a risultato ottenuto, anche l’ottuso coordinatore cittadino di Cagliari del Pdl ha tirato fuori questa baggianata. Per finire il mito dei miti, colui il quale ha il potere per fare tutte le riforme richieste dai quesiti referendari e che non facendo nulla cavalca il malcontento dei cittadini, il suo nome è Ugo Cappellacci, per tanti mister 36, il numero di voti ottenuti l’unica volta in cui si è candidato. Le altre volte è sempre stato nominato.


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L’a rorisma

di Enrico Secci

Eludere discorsi infiniti dei testimoni di Geova con la frase: “Io credo soltanto nel piricocco fratello”

L’intervento di Claudia Zuncheddu*

I partiti sono esplosi, è l’ora dei movimenti L’alternativa ai partiti politici tradizionali sta nell’indipendentismo. Che sia un movimento frammentato, in questo momento storico, non è un problema. Per far ripartire il motore della nostra società occorre spazzar via definitivamente la politica verticistica dei partiti, che i rappresentanti del popolo siano espressione del territorio. Bisogna ripartire dal basso, dalla politica che non ha interessi da tutelare, le organizzazioni territoriali, i comitati di quartiere. Sardigna Libera nasce da questi presupposti. Il nostro punto di riferimento culturale è Antonio Simon Mossa, conosciuto anche come Antoni Simon Mossa, che fu architetto, politico, giornalista, poeta e scrittore italiano, ideologo ed esponente dell’indipendentismo sardo. Il movimento Sardigna Libera nasce dalla consapevolezza che il popolo sardo non può rinunciare alla lotta per la riappropriazione del proprio territorio, inteso come diritto alla sua stessa esistenza ambientale, economica, culturale e politica. In questi tre anni di attività istituzionale, ogni mia scelta politica, è

nata dalle relazioni strette con i territori, per cui il mio ruolo è stato ed è quello di portavoce dei bisogni e delle aspirazioni delle nostre collettività all’interno del Consiglio Regionale della Sardegna. Ritengo che questo sia il metodo più corretto, più democratico e più giusto per restituire il senso della Politica ai sardi. Non possiamo più assistere inermi e disorganizzati alla distruzione delle nostre economie, dei nostri territori e della speranza di una vita migliore e più equa per il nostro popolo. L’esperienza fallimentare dei partiti politici tradizionali, nati nella crisi della Seconda repubblica Italiana e nello stesso tempo, i “cloni” che sono nati dalla loro esplosione, riproducendo le stesse contraddizioni che hanno portato al fallimento dei partiti d’origine, sono un segnale inequivocabile della necessità di porre fine alle baronie della politica che sino ad oggi hanno guidato il nostro popolo e la nostra terra verso il baratro e la povertà. Credo che sia venuto il momento di cambiare. * Sardigna Libera

GEMELLI DIVERSI Volere e Volare Claudio Cugusi Giornalista e politico

Domenico Modugno Cantautore e attore

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PRIMO PIANO

Ritorno al sacro S di Carlo Poddighe

c.poddighe@cagliaripad.it

Viviamo un rinascimento spirituale, ultimo baluardo contro una realtà che spaventa. Spesso però la risposta al crescente bisogno di trascendente è ambigua. E anche la Chiesa è impreparata 8

cusate abbiamo sbagliato tutto. Sarà stata l’euforia per una crescita economica ritenuta senza fine o forse l’idea post-moderna che l’uomo bastasse a se stesso, chissà. Abbiamo pensato che la scienza e il suo progresso illimitato o la tecnica e il suo sviluppo estremo potessero darci tutto ciò che ci serviva. Poi, d’un tratto, ci siamo sentiti manchevoli, come se si fosse perso qualcosa che prima si teneva saldamente in mano. E, pian piano, stiamo tornando sui nostri passi. Stiamo tornando al sacro. Un bisogno sentito, ma non ancora autenticamente soddisfatto.

Le statistiche affermano che l’ateismo è decisamente in declino mentre l’interesse per la religione è in aumento. Ma che tipo di religione si cerca in un mondo ormai secolarizzato? Si spera in qualcosa che sia rifugio, dia protezione, ci faccia conoscere noi stessi più di un costoso ciclo di sedute di psicanalisi. «Di fatto, la religione nel periodo che viviamo può essere paragonata ad una attività come lo sport o la moda. Si cambia facilmente e proprio per questo non riesce - se non con rare eccezioni - ad incidere sulle grandi scelte dell’uomo», spiega


Un momento di un rito new age e il filosofo Giovanni Reale

il filosofo cattolico Giovanni Reale. «La religione si esprime perciò in “religiosità”, cioè in un credere senza appartenere, o in forme religiose non strutturate o istituzionalizzate». Questo ritorno del sacro è caratterizzato da un aumento quantitativo di religiosità a cui non corrisponde una crescita qualitativa dei credenti. La religiosità come bisogno da soddisfare rimane in un pantano di ambiguità. Si diffonde sempre più la magia, l’esoterismo, lo spiritismo e l’occultismo in genere. «Una sorta di “supermercato delle religioni” nel quale ognuno tende a “costruirsi” il proprio credo personale», avverte Reale. La prima a essere stata colta alla sprovvista da questa rivoluzione spirituale, d’altronde, sembra sia stata proprio la Chiesa. Anche per questo tanti di coloro che tornano al sacro non ritornano però

alle confessioni un tempo maggioritarie. In tanti si creano una religione “fai da te”. Un vero peccato che questa ricerca di senso così forte rimanga senza guida. Anche perché il periodo attuale è caratterizzato da processi economici e politici di forte integrazione mondiale, che spingono verso l’annullamento delle differenze di cultura e civiltà tra i popoli. Tutto ciò genera una domanda sempre più forte di identità e il ritorno al sacro può essere una risposta. «Il sacro, infatti, attraverso la religione ha sempre svolto un ruolo di fondamentale importanza nel costruire un legame interno alla comunità, contribuendo senza dubbio a rafforzare il senso di appartenenza identitario», spiega Giovanni Reale. L’ambiguità del ritorno al sacro l’avverte anche Padre Maurizio Teani,

gesuita e preside della Pontificia facoltà teologica della Sardegna. «Il rischio è che, trovandosi disarmati di fronte alla durezza della realtà, si cada in forme arcaiche di religiosità invece che riflettere sulla vita e riscoprirne il senso». Ciò che è da evitare, insomma, è una sorta di neo-paganesimo in cui anche il sacro viene visto come qualcosa di minaccioso che deve essere esorcizzato, placato con riti e sacrifici. A differenza di Giovanni Reale, però, per Padre Teani il rinascimento religioso non si manifesta nei grandi numeri, ma nella accresciuta qualità del rapporto col sacro. «Non sono aumentati negli anni gli studenti di Teologia nell’Isola, ma si sono superate certe letture superficiali delle Scritture, a favore di un loro approfondimento che aiuti a capire meglio anche la vita concreta».

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L’ I N C H I E S TA

Cl, partito di Dio

fuori dal Comune

La Regione è stata uno tra i maggiori finanziatori dell’ultimo meeting di Rimini, ma Comunione e Liberazione non sfonda in Sardegna. Sono altri i poteri che governano l’Isola. di Ennio Neri

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ra politica e potere, ma sempre con il Vangelo come punto di riferimento. Sono un migliaio in Sardegna, poco più di 300 a Cagliari. Seguono l’esempio di don Giussani, il fondatore di Comunione e Liberazione, movimento di ispirazione religiosa nato a Milano negli anni ’50 che non è riuscito a schivare il fango delle ultime inchieste giudiziarie milanesi. Nell’Isola però il potere di Cl non somiglia certo a quello della Lombardia. I politici vicini al movimento, anche quelli influenti, come l’assessore regionale alla Programmazione Giorgio La Spisa, ci sono (anche qui del Pdl). Certo, la Regione di Cappellacci è stata tra i migliori finanziatori, tra tutte le istituzioni pubbliche, del meeting di Cl a Rimini del 2011, ma in Sardegna manca quella rete di imprese private in grado di fare la differenza, come capita al Nord. E in città, dopo decenni di presenza assidua i ciellini sono spariti dal consiglio comunale cagliaritano. Resta forte e attiva la presenza degli studenti seguaci di don Giussani nelle facoltà universitarie cagliaritane. Un po’ pochino per “contare” nell’Isola, dove i poteri forti sono altri. Dove perfino Cl deve rivolgersi alla massoneria quando s’imbatte in ostacoli insormontabili. Fece scalpore, e gua-

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Nell’immagine grande, l’assessore regionale alla Programmazione, Giorgio La Spisa A fianco Roberto Formigoni, presidente della Regione Lombardia e personaggio di punta di Cl Sotto un momento dell’ultimo meeting di Rimini

dagnò la ribalta mediatica nazionale, il caso di un esponente del “Movimento popolare” (l’espressione politica di Cl) che negli anni ’80 bussò alla porta cagliaritana del gran maestro Armando Corona per difendere un’iniziativa imprenditoriale nel sud Sardegna, minacciata da un notabile locale e oggetti di continui attacchi sulla stampa. Corona, naturalmente, risolse il problema. La vicenda fu resa pubblica e scatenò un terremoto. Mentre l’episodio più recente che ha acceso i fari su Cl nell’Isola è stata la sponsorizzazione dell’ultimo meeting di Rimini. Grazie a una delibera del presidente Ugo Cappellacci (26 luglio) la Regione versa al Meeting 100 mila euro. La stessa quota di regioni “ricche” come Lazio, Veneto, Friuli e Emilia Romagna (quest’ultima tramite la partecipata Apt). La Lombardia, da sempre il maggior sostenitore della convention riminese, si fermò a 84 mila, altri arriveranno dalla controllata Trenord. Nell’Isola, il responsabile regionale è don Felice Nuvoli, docente di Filosofia e Teologia Dogmatica alla Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna. I cagliaritani sono poco più di 300 e si riuniscono per le messe settimanali

nella chiesa di San Lucifero. Alle ultime elezioni cagliaritane però a Cl non è andata bene. Nella scorsa consiliatura il movimento poteva contare su un assessore (Angelo Vargiu, titolare della prestigiosa delega alle Politiche sociali, poi allontanato dall’esecutivo dall’ex sindaco Emilio Floris) e sul consigliere comunale Pdl Salvatore Mereu. Tra i papabili alla candidatura del centrodestra c’era proprio Giorgio La Spisa, vicinissimo ai ciellini e dato per vincente da molti sondaggi. Ma il centrodestra (forse dietro il suggerimento di altri poteri forti cittadini) scelse il leader regionale dei Riformatori Massimo Fantola. La Spisa, per il seggio al Comune, puntò sul giovane ingegnere cagliaritano Marco Naseddu, estraneo a Cl. Entrò così in rotta di collisione col movimento, che invece aveva deciso di puntare su Angelo Vargiu. Entrambi candidati Pdl e entrambi bocciati dalle urne, che daranno il premio di maggioranza al centrosinistra, grazie al successo di Massimo Zedda. E Cl sparisce, dopo decenni, dal consiglio comunale del capoluogo.

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L’ I N T E R V I S TA

Ascolta la natura ti parla

A tu per tu con Leonardo Boff, il padre della teologia della liberazione. “Il nostro futuro è in pericolo, la prima cosa da fare è rinnovare il patto con la terra”. di Maria Grazia Pusceddu

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ipote di italiani che dal Veneto sono immigrati in Brasile, Leonardo Boff è un teologo, filosofo e scrittore di fama mondiale. Considerato uno dei padri della teologia della liberazione, ha sempre difeso i diritti dei più poveri, entrando spesso in contrasto con la Chiesa. Non ha mai avuto paura di rendere pubblico il proprio pensiero che gli è costato diversi ammonimenti

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e il conseguente abbandono dall’ordine dei frati francescani minori. Boff ha sempre denunciato le lobby industriali brasiliane sfruttatrici, a suo dire, del popolo delle favèlas. Ma sono i tratti marxisti del suo pensiero che l’hanno messo in contrasto con la Chiesa. Per lui infatti quella cattolica ha un ruolo sempre più irrilevan-

te sulla liberazione materiale e spirituale dei più poveri. Nei primi anni Novanta, dopo aver riposto gli abiti francescani, Boff continua la sua attività da teologo laico, integra nel suo pensiero temi come l’ecologia e la sostenibilità ed elabora una ecoteologia della liberazione. Oggi vive in una riserva ecologica a Petròpolis con la sua compagna, attivista


A sinistra un’immagine della Giara di Tuili con, sullo sfondo, i cavallini selvaggi Accanto l’ex frate francescano Leonardo Boff. Oggi vive in Brasile con la sua compagna In basso una favela. Secondo Boff la vera religione deve riscattare anche socialmente i più deboli

per i diritti umani ed ecologista. Secondo lei in che cosa la cultura occidentale si differenzia dalle altre? Ora che si avvicinano grandi piogge, inondazioni, temporali, uragani e slittamento di terreni ripidi, dobbiamo imparare di nuovo ad ascoltare la natura. Tutta la nostra cultura occidentale si basa sul vedere. Per noi il vedere è tutto. Dobbiamo tuttavia prendere coscienza che questo è il modo di essere dell’uomo occidentale, non di tutti. Le altre culture si sono strutturate infatti intorno all’ascoltare. La loro singolarità consiste nell’ascolto dei messaggi di ciò che vedono. I libri non sono importanti per loro, perché sono muti mentre la natura è piena di voci. Loro si sono specializzati nell’ascoltare fino al punto che sanno quello che sta succedendo alla natura solo se osservano le nuvole o ascoltano il vento. Visto che noi occidentali abbiamo perso la capacità di ascoltare, Dio ci ha dato la Bibbia, affinché, ascoltando i suoi

contenuti, possiamo nuovamente udire quello che la natura ci dice. A suo parere, noi occidentali in che modo sentiamo il mondo e qual è il nostro rapporto con la natura? Noi occidentali vediamo gli alberi ma non la foresta. Le cose stanno isolate le une dalle altre. Sono mute. Solo noi abbiamo la parola e su di essa abbiamo elaborato le nostre filosofie, dottrine, scienze e dogmi. Questo è il modo di sentire il mondo di noi occidentali. Non di tutti i popoli. Gli abitanti delle Ande, per esempio, ci aiutano ad esprimere messaggi in altre forme relazionali e non in quelle

oggettive e mute alle quali siamo avvezzi. Le scienze della natura ci aiutano all’ascolto, non è nostra abitudine captare gli avvisi di quel che vediamo. Per questo la nostra sordità ci fa vittime di disastri clamorosi. Noi dominiamo la natura solo se le ubbidiamo, cioè ascoltiamo quello che lei vuole insegnarci. Come vede il futuro della specie umana? Da molto tempo biologi e cosmologi stanno mettendo in guardia l’umanità perché il nostro intervento aggressivo nei processi naturali sta accelerando la sesta estinzione di massa. Per rallentare questo fenomeno la prima cosa da fare è rinnovare il patto naturale con la terra e l’umanità che prevede la cura e il rispetto dei limiti della terra. La seconda cosa è entrare in sintonia con il dinamismo degli ecosistemi, usandoli razionalmente, restituendoli vitalità e garantendo loro la sostenibilità. La terza cosa è lasciarci alla spalle il paradigma di dominazione che rafforza l’estinzione di massa e vivere quello della cura e del rispetto che prolunga la vita.

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R E P O R TA G E

Suore di clausura Il silenzio del convento Una vita fuori dal mondo, vissuta nella preghiera. Le missionarie di Iglesias non si aprono all’esterno. di Alessandra Ghiani

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ilenzio e preghiera tra le grate di un convento che si separa materialmente dal mondo esterno. Essere suora di clausura comporta una vita di completa dedizione a Dio e al prossimo, di rinunce e speranza al cospetto dell’isolamento. Conventi immersi nel verde e nel totale silenzio che da fuori sembrano paradisi. Ma chi sceglie di seguire Dio e la realtà della clausura capisce a cosa rinuncia solo nel corso della sua esperienza. Non si tratta di una scelta, ma di un risposta. Dio chiede penitenza, contemplazione e preghiera per la creazione del Regno dei Cieli. A Iglesias, nel convento delle sorelle povere di Santa Chiara la pace è totale.

Iglesias, il convento delle sorelle povere di Santa Chiara

A coloro che là dentro vivono in preghiera per la salvezza dell’uomo abbiamo chiesto di darci un messaggio da portare al mondo esterno, di speranza o monito se necessario. Silenzio. Nessuna risposta.

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A sinistra Francuccio Gesualdi oggi nella sua casa di Vecchiano. A destra Gesualdi bambino insieme a don Milani


IL PERSONAGGIO

L’allievo di don Milani “Lettera al professor Monti” Francuccio Gesualdi, dalla scuola di Barbiana al Centro nuovo modello di sviluppo: “La prima risposta alla crisi è la fede, ma è anche necessario cambiare lo status quo”

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internazionale, con l’obieti sono due problemi tivo di indicare le iniziative che la filosofia non concrete che ciascuno di risolverà mai. Primo: noi può assumere, a partire perché soffro? Secondo: perdalla propria quotidianità, ché nasco con appeso al col- di Laura Puddu l.puddu@cagliaripad.it per opporsi ai meccanismi lo il cartello “condannato a che generano ingiustizia e morte”? La società Occidenmalsviluppo. tale li ha spostati entrambi, li ha nasco“Occorre agire – dice fermamente Gesti a lungo dietro l’idea di “benessere” e sualdi – per aiutare chi si trova in diffidi “felicità”. Oggi che la crisi morde il coltà. Un atteggiamento passivo non è problema ritorna. La prima risposta è la costruttivo. La lettura del Vangelo e la fede. “Vero, ma la fede non è sufficiente preghiera sono comunque importanti e a cambiare lo status quo. fonte di sostegno, per continuare sempre a sperare”.

E’ invece necessario documentarsi e studiare per capire l’origine di ciò che è accaduto e trovare una possibile soluzione, perché la crisi non è una fatalità, l’uomo l’ha generata e lui stesso deve sconfiggerla”. Francesco Gesualdi, noto Francuccio, in gioventù fu allievo di don Milani alla scuola di Barbiana. Oggi utilizza tutto il suo tempo per coordinare e svolgere le attività del Centro nuovo Modello di sviluppo di Vecchiano (Pi), un centro di documentazione che si occupa di squilibri sociali e ambientali a livello

Francuccio torna spesso, con le parole e con pensiero, alla scuola di Barbiana, il piccolo borgo sui monti della diocesi di Firenze. L’istituto, avviato negli anni cinquanta, sconcertò e stimolò il dibattito pedagogico degli anni sessanta. Infatti, il programma era condiviso con gli allievi e le idee proposte erano spesso rivoluzionarie. Le risposte alle critiche furono date con “Lettera ad una professoressa”, libro scritto dagli alunni insieme a Don Milani, che costituisce un atto d’accusa nei confronti della scuola tradizionale. “Da quando avevo otto anni – racconta Gesualdi – e fino a quando sono diventato maggiorenne, ho avuto l’onore di conoscere don Milani e il ricordo di quel decennio è fresco nella mia memoria. Il suo era un ottimo modo di fare scuola, con la partecipazione dei suoi

giovani alunni e incentrato sul rapporto costante che il professore ha con loro”. Il Centro oggi non è una vera e propria comunità. “La nostra – tiene a precisare Gesualdi – è una realtà fondata sulla convivenza di alcune famiglie che accoglie le persone in difficoltà e fa anche attività di ricerca sulle cause dell’attuale disagio”. I loro studi affrontano temi come i diritti umani, il potere delle multinazionali, la crisi dell’occupazione, il problema energetico, l’inquinamento e la distruzione dell’ecosistema. L’obiettivo principale è il miglioramento delle condizioni dell’ambiente e dei lavoratori. La fatica è tanta perché l’attuale crisi crea ostacoli enormi. Per superarli, il motto di Francuccio Gesualdi è semplice ma efficace: mai rassegnarsi ma guardare avanti. La lezione di Don Milani è più viva che mai.

A sinistra Francuccio Gesualdi oggi nella sua casa di Vecchiano A destra Gesualdi bambino insieme a don Milani

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L’ I N C H I E S TA

Contro la crisi il sistema bancario islamico Parla Luca De Martini, cagliaritano convertito ad Allah: «Noi musulmani ci sottomettiamo al volere di Dio e rifiutiamo ogni forma di usura». di Carlo Poddighe

una marcia in più per affrontare questo periodo di crisi non solo economica, ma anche sociale e di valori. La loro forza è racchiusa nell’espressione tipica Inshallha: se Dio vuole. È questo particolare fatalismo che porta il credente ad affidarsi ad una volontà superiore, ad accettare ogni evento sia questo una catastrofe naturale, un dramma personale o, appunto, una crisi economica mondiale come qualcosa di stabilito e ingiudicabile. Dio per i musulmani è totalmente trascendente e per questo imperscrutabili sono i suoi progetti.

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i chiama Abdullah-Nur, ma chi lo conosce da ragazzo, frequentava negli stessi anni il Dettori a Cagliari e il sabato ci giocava assieme a calcetto continua a chiamarlo Luca. Oggi Luca De Martini è un professore precario nello stesso liceo dove ha studiato e da anni si è convertito all’Islam. Un docente apprezzato da colleghi e studenti, tanto che quando il suo nome è entrato in una recente inchiesta per “aver tradotto e divulgato via web manuali operativi sulla fabbricazione di ordigni artigianali”, ha ricevuto molti attestati di stima.

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«Sono indagato, ma non so bene le motivazioni, aspetto di conoscere ed esaminare le carte con il mio avvocato», spiega De Martini. «Non ho fatto nulla di ciò che mi si contesterebbe. Noi convertiti sappiamo bene di essere sempre sotto particolare osservazione, sarebbe stupido fare i leoni da tastiera». A Cagliari da anni è uno dei responsabili dell’associazione islamica “El Hoda” che si riunisce attorno alla moschea di vico del Collegio. De Martini ritiene che i musulmani abbiano

Ritorna professore De Martini quando fa un parallelismo fra questa concezione dell’esistenza e i Promessi sposi manzoniani: «La vita del singolo è determinata da una sorta di predestinazione, deve affidarsi alla Provvidenza, non si possono cambiare gli eventi. Il nome stesso muslim (musulmano) significa sottomesso alla volontà di Dio».


Questo fatalismo consente al fedele di affrontare le disgrazie senza abbandonarsi alla disperazione, ma senza cedere neppure all’inazione, perché ciò che Allah giudica non è il risultato finale di un comportamento, ma l’intenzione della persona. Ma oltre questa difesa esistenziale di fronte ai periodi di crisi, secondo De Martini, i musulmani hanno anche una tutela reale. «Nei paesi dove vige la legge islamica è proibita qualsiasi forma di usura», spiega. Per usura si intende non solo prestare soldi ad interesse, ma anche concedere un mutuo bancario o giocare in borsa per arricchirsi. Mutui concessi con troppa facilità e speculazione finanziaria sono stati, d’altronde, fra le cause della crisi finanziaria che vivia-

mo. Le banche islamiche acquistano la casa che una persona vuole comprare e gliela rivendono senza caricarci alcun interesse, dilazionando il pagamento. «Un sistema che si pratica da sempre in Paesi come l’Arabia saudita, ma che si va diffondendo in tutto il Maghreb dove è forte il rinascimento islamico». Anche in Occidente, inoltre, iniziano a nascere le cosiddette banche islamiche.

A sinistra in alto Luca De Martini il professore cagliaritano convertito all’Islam Nelle altre immagini una banca islamica e la sede della Borsa di Milano

Non solo in Inghilterra e Germania, dove esistono nutrite comunità musulmane, ma anche nell’America della Goldman Sachs. «Le banche per noi non sono né il centro, né il motore dell’economia – tiene a precisare De Martini – quello è il sistema bancario sionista».

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FOCUS

Un’Isola magica

dove si respira il sacro

Parla Lucia Baire, ex assessore regionale alla Cultura e direttrice del museo diocesano: “La fede è intrinseca alla nostra cultura”

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n un momento in cui mancare è importanla società vive una crisi te attaccarsi ai valori mondiale senza preceportanti dell’esistenza denti, sempre più persone si umana. Per questo è affidano alla fede per andare fondamentale che anavanti. La perdita totale dei di Maria Grazia che la Chiesa, sicuravalori, spesso causata dal be- Pusceddu mente non insensibile m.pusceddu@cagliaripad.it nessere economico, in pasal dilagare di questa sato aveva fatto pensare a un crisi, abbia una presa declino della fede e a un conseguente di coscienza maggiore. “La ricerca di fallimento della Chiesa, destinata con una valenza valoriale – aggiunge Lucia gli anni, secondo alcuni, a scomparire. Baire – ci aiuta a vivere e fa scaturire un Ma così non è stato visto che proprio rapporto con Dio più autentico e connegli ultimi tempi, con l’acuirsi della fidenziale”. crisi, sono sempre di più quelli che cercano rifugio nella Chiesa. E se le statiI giovani e la fede. Secondo l’ex assesstiche mostrano un ritorno alla religiosore alla Cultura, inoltre, sono i gione, la più grande sfida che la Chiesa si vani quelli che al momento sono più trova ad affrontare in questo momento impegnati verso una ricerca spirituale rimane la “profonda crisi di fede che ha e per questo che la Chiesa deve trovare colpito moltissime persone”. Per quegli strumenti adatti per instaurare con sto Papa Benedetto XVI ha indetto tra loro un dialogo costruttivo. “La Chiesa il 2012 e il 2013 “l’anno della fede” al – dice ancora la Baire – deve arrivare al fine di esortare i membri della Chiesa cuore dei giovani attraverso una metoa indicare la strada da seguire a tutti dologia che unisca l’attualità del Vangecoloro che sono alla ricerca della verilo di duemila anni fa con i nuovi mezzi tà. “La questione della fede - sostiene di comunicazione come per esempio Maria Lucia Baire, ex assessore regiofacebook”. nale alla Cultura e direttrice del museo diocesano – è molto attuale ma, seconLa religione in Sardegna. Per la diretdo me, non è la sofferenza che avvicina trice del museo diocesano, la Sardegna alla fede, certo anche questa è una delle è culturalmente connessa alla fede. “Secomponenti, ma è più un’esigenza percondo me – aggiunge – la situazione in sonale e della società”. Secondo Lucia Sardegna è più felice che in altri luoghi. Baire, credente e praticante fin da raBasta guardare la sagra di Sant’Efisio gazza e nel 2008 presidente del comitache coinvolge sempre tantissime perto che ha organizzato la visita a Cagliari sone, compresa quella bassissima perdi Papa Benedetto XVI, in un momencentuale di atei. L’abbiamo visto anche to in cui tutti i modelli sono venuti a con la visita del Papa in Sardegna nel

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Lucia Baire, ex assessore regionale alla Cultura

settembre del 2008. La fede è intrinseca nella nostra cultura”. Certo è però che anche nell’Isola rimane ancora tanto da fare per quanto riguarda il cammino che il cristiano deve intraprendere e che porta ad abbracciare tutti gli aspetti della vita umana. La lingua sarda nella liturgia. Un altro aspetto molto importante che porterebbe a rafforzare la nostra identità di sardi è secondo l’ex assessore alla Cultura l’introduzione della lingua sarda nella liturgia. La proposta, avanzata dalla Baire nel 2010 in conseguenza delle numerose sollecitazioni provenienti dal mondo culturale, è stata anche approvata dalla conferenza episcopale sarda. “C’è ancora tanto da fare – conclude la Baire – anche se si è a buon punto con la traduzione dei libri sacri. Non c’è dubbio che in questo modo tutte quelle persone che vedono nella lingua sarda uno strumento di comunicazione più autentico si avvicineranno a Dio in modo più naturale”.


RETROSCENA

Un College e tante amicizie ma oggi resta a Mani vuote Ordinario militare d’Italia, arrivò a Cagliari nel 2003. Il suo fiuto politico raffinato l’ha messo nelle condizioni di puntare sempre sul cavallo vincente, anche se ha dovuto pagare alcune mosse con feroci polemiche. Ecco cosa resta dell’eredità dell’Arcivescovo toscano. di Ennio Neri

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ani. Come la destra e la sinistra. Che l’Arcivescovo toscano ha utilizzato con identica disinvoltura alla guida della diocesi cagliaritana. Con Soru o Cappellacci e con Floris e Zedda ottimi rapporti, tradotti in nomine politiche di spessore e finanziamenti cospicui. Tutto grazie ad un fiuto politico raffinato che ha messo l’Arcivescovo nelle condizioni di puntare sempre sul cavallo vincente, anche se ha dovuto pagare alcune mosse con feroci polemiche. Mani, ordinario militare d’Italia, arriva in Sardegna nel 2003. Lascerà traccia nella storia della diocesi soprattutto per il lavoro al seminario, trasformato dal prelato in college per studenti grazie a un progetto da 5 milioni di euro, fermo da anni nei cassetti della Regione. L’iter parte nel 2004 e in pochi anni le vecchie camere del seminario diventano 80 singole con bagno. E in più ecco biblioteca, auditorium, cappelle di piano e impianti sportivi nuovi. I fondi non basteranno: ma arriveranno altri due finanziamenti milionari sia con Soru che con Cappellacci. Il college (intitolato a Sant’Efisio) viene inaugurato il 20 maggio 2010 tra le polemiche che contestano l’impossibilità per le donne di avere accesso alla struttura (finanziata con soldi pubblici) e il costo proibitivo delle stanze. Ma intanto

Mani ha raccolto successi: nel gennaio 2008 promuove le missioni popolari in città, beatifica suor Giuseppina Nicoli (la prima cerimonia di beatificazione in città) e pochi mesi dopo papa Benedetto XVI arriva nel capoluogo “pellegrino” al santuario della Madonna di Bonaria. Farà invece discutere nel 2009 la visita, in piena campagna elettorale per le provinciali, del premier Silvio Berlu-

Monsignor Mani

sconi assieme al candidato del centrodestra Ugo Cappellacci, che vincerà le elezioni e nominerà assessore alla Cultura Lucia Baire, direttrice del museo diocesano e vicinissima all’Arcivescovo. Un anno dopo il momento più critico. Mani è a Sant’Eulalia per spiegare le motivazioni del trasferimento di don Mario Cugusi, parroco da 30 anni (e con successo) alla Marina. Dal pulpito gli sfugge un “questa non è Chiesa, questa è baracca”, scatenando l’ira dei fedeli che seguiranno il prelato prima in sagrestia e poi all’esterno per gridargli “buffone”. Dalla lite un gruppo di fedeli di Sant’Eulalia darà vita all’associazione Cresia, in aperto contrasto coi vertici della diocesi, che arriverà a denunciare lo stop di Mani all’ordinazione di un seminarista che aveva denunciato l’omosessualità di un religioso romano. Il 21 giugno 2011 l’Arcivescovo rimette il mandato nelle mani del Papa, rendendosi pienamente disponibile a lasciarlo o a continuarlo sinché richiesto. Ma il Papa il 25 febbraio accoglie le dimissioni e nomina Arrigo Miglio, vescovo di Ivrea, Arcivescovo di Cagliari. Tra i due nessun passaggio di consegne. Quando Miglio arriva in città, Mani è già a Roma. Senza incarichi di rilievo.

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L’ A P P R O F O N D I M E N T O

L’ora di religione Da disciplina obbligatoria a materia facoltativa, ecco come cambia il modo di insegnare la fede nelle scuole. A partire dal rispetto. di Claudia Sarritzu

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u il Regno di Sardegna a introdurre l’ora di religione nelle scuole. Era il 1859 poco prima che i rapporti fra il nuovo Stato italico e lo Stato Pontificio si sgretolassero con la Breccia di Porta Pia e la conseguente caduta del potere temporale dei papi. Il fascismo con il Concordato e i Patti Lateranensi del 1929 rintrodusse la materia definitivamente. Bisogna attendere il 1984 per vedere riconosciuta l’introduzione della possibilità di non avvalersi dell’insegnamento senza che ciò comporti ricadute sulla carriera scolastica dello studente e che questo goda di pari dignità come i compagni che se ne avvalgono. Gli ultimi dati nazionali dell’Irc dicono che l’83 per cento circa dei ragazzi si avvale dell’ora di religione, il dato più basso degli ultimi quindici anni e che in Sardegna il 6 per cento decide di non seguire la materia. I dati comples-

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sivi vedono il Paese spaccato in due: a Nord la percentuale dei non avvalenti sono molto più alte che al sud, se la Toscana spicca su tutte con il 18 per cento la Campania chiude la classifica con l’1,5 per cento di non avvalenti. Sono cresciuti nell’ultimo decennio gli insegnanti laici anche a causa del calo delle vocazioni. Nel 2011 sono diventati più di 13mila gli insegnanti italiani di religione laici, l’88 per cento del totale. Ma in Sardegna quali sono i motivi che portando un ragazzo delle scuole superiori a non frequentare l’ora di religione? Cosa si insegna a scuola negli anni 2000?

gione cattolica, il secondo comprende i giovani dell’ultimo anno che approfittano dell’ora in meno di lezione. Oggi si insegna teoricamente ancora la religione cattolica, le attività alternative non sono concretamente possibili perché costano e la scuola italiana non ha realmente la carta igienica nei bagni, figuriamoci se può permettersi di garantire una lezione sostitutiva per chi non aderisce. Per garantire a tutti l’ora, proprio perché da noi si può parlare di realtà multietnica, grazie alla buona volontà dei colleghi, si trattano argomenti etici, religiosi non esclusivamentea cattolici per permettere una partecipazione attiva anche di chi non è un praticante.

La professoressa del polo professionale Villaputzu-Muravera-Castiadas, (unica scuola in crescita in provincia, con un nuovo indirizzo eno-gastronomico) Virginia Marci risponde sicura. “I motivi sono di due tipi, il primo riguarda i ragazzi che non sono di reli-

Il problema non è comunque solo economico ma anche culturale, ricordiamoci che i bilanci sono usati come strumento per scelte politiche che non favoriscono quasi mai la scuola e le attività necessarie degli studenti e figuriamoci l’integrazione degli immigrati”.


A ciascuno il suo Dio e il suo modo di pregarlo

A Cagliari e nell’hinterland l’immigrazione e la multiculturalità convivono ogni giorno con i problemi legati ai luoghi di culto: ecco la mappa di una città che cambia

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o Spirito Santo, Allah, le icone cristiane di tradizione bizantina. A ciascuno il suo Dio, a ciascuno il suo modo di pregarlo. E il suo luogo in cui invocarlo, a Cagliari e nell’hinterland. L’immigrazione e la multiculturalità, d’altronde, sono anche questo: problemi, talvolta di non facile e immediata risoluzione, legati alle confessioni religiose “minori” presenti nella provincia e in tutta l’Isola. E’ di appena qualche mese fa la concessione della chiesetta della Madonna della Speranza alla Chiesa Ortodossa del Patriarcato di Mosca da parte di don Alberto Pala, parroco della Cattedrale di Cagliari. “Da sette anni l’Arcidiocesi di Cagliari tiene le porte aperte ai fratelli ortodossi – spiega con orgoglio Giuseppe Carboni, console onorario della Repubblica Belarus in Sardegna – anche quando non era c’era ancora il parroco ucraino Mikhail Povaliaiev”. “Tuttavia – aggiunge – lo spazio è piccolo, ormai non più adeguato a raccogliere tutti i fedeli, un migliaio nella sola provincia”. Annosa, in città, la questione “moschea”.

auto in sosta e i marciapiedi del quartiere. “Cerchiamo di Michela Seu m.seu@cagliaripad.it di autofinanziarci per pagare affitto e pulizie della moschea, ma è necessario che si trovi una soluzione al più presto”, ribadisce da tempo il portavoce della comunità islamica Sulaiman Hijazi. Per esempio individuando un locale di almeno 800 metri quadri, tale che possa ricevere almeno 500 fedeli e magari funzionare anche da centro culturale, “per tramandare le tradizioni ai musulmani di seconda generazione”. Poco meno esteso è lo stabile individuato dalla comunità islamica senegalese a Quartu Sant’Elena, in via dei Papaveri: sono riusciti ad acquistarlo dopo oltre dieci anni dalla costituzione legale

della comunità. Presenti anche, sebbene in numeri inferiori, anche i fedeli della Chiesa Cristiana Evangelica Battista. Il loro luogo di culto si trova in Piazza Costituzione, ben mimetizzato fra i palazzi dei privati cittadini poiché il Comune di Cagliari, contrario all’edificazione di una chiesa non cattolica al centro della città, impose che non fosse riconoscibile come tale dall’esterno. E dopo la morte? Per le anime nessun dubbio: Paradiso e Inferno sono prospettati sia dal Corano che dalla Bibbia. Il problema sorge per i corpi. I costi esosi per il trasferimento delle salme in terra d’origine da un lato, e la presenza sempre più numerosa e frequente dei familiari del defunto in terra sarda dall’altro, pongono interrogativi sulla questione “sepoltura dedicata”. Una sepoltura come ciascun Dio comanda.

Ce n’è una in via del Collegio, dell’associazione El Hoda, che può contenere al massimo cento fedeli. I restanti circa 2900 (ma il numero è in continuo aumento) sono costretti a rinunciare ai riti del venerdì oppure, come spesso accade, a stendere il proprio tappeto fra le

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L’ I N T E R V I S TA

“Così taglio le corna

a Satana”

Intervista con Padre Cipriano de Meo, presidente del Consiglio internazionale dell’associazione degli esorcisti. di Alessandra Ghiani

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adre Cipriano de Meo è il rappresentante degli Esorcisti Italiani, presidente ad interim del Consiglio Internazionale dell’Associazione degli Esorcisti. Nato a Serracapriola (Foggia) oggi ha 88 anni e opera nel Convento dei Padri Cappuccini di San Severo. E’ considerato uno dei maggiori esorcisti italiani.

Padre Cipriano, quando ha incontrato il maligno per la prima volta? Facevo l’insegnante e dirigevo un nostro seminario a Gesualdo, era il 7 dicembre del 1952. Suonarono al convento e quando andai ad aprire vidi una donna accompagnata da due uomini. Uno era il fratello, l’altro il cognato in seguito scoprii che proprio questi era l’autore del maleficio. Avevano un’aria ambigua, la donna aveva gli occhi strani. Chiesi cosa desiderassero ma nessuno rispose. Per rompere il silenzio domandai alla donna il suo nome. «Mi chiamo diavolo!» mi rispose con una voce da uomo. Ebbi un brivido, poi, quasi scherzando, risposi: «Piacere, tu ti chiami diavolo e io sono Padre Cipriano!». Mi trovavo a tu per tu con qualcosa di strano, ma continuai: «Sei proprio il diavolo?», «Sì» rispose la donna, «e hai anche le corna?» incalzai. « Sì e sono pure lunghe». «E chi ti deve cacciare?». «Tu!». Risposi: «Non ti preoccupare, ti romperò le corna, ma solo quando avrò ottenuto il permesso dal mio vescovo».

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Monsignor Gioacchino Pedicini, mi autorizzò a iniziare quella battaglia. Quanto tempo è durato questo primo caso? Tre anni, durante i quali ho visto tanti inganni, ne sono stato anche vittima

vista la mia inesperienza. Per affrontare il caso chiesi aiuto a Padre Pio che mi disse: «Ho già tanti diavoli attorno, pure questo mi vuoi portare! Pregherò per te che tu non ti stanchi!». Dopo un paio d’anni gli mandai a dire che la donna che esorcizzavo aveva quattro


Nella foto accanto Padre Cipriano de Meo, presidente del Consiglio internazionale dell’associazione degli esorcisti

Michele, capo degli angeli, dapprima accanto a Lucifero nel rappresentare la coppia angelica, si separa poi da Satana e dagli angeli che operano la scissione da Dio, rimanendo invece fedele a Lui, mentre Satana e le sue schiere precipitano negli Inferi

diavoli e io non avevo tempo di cacciarne così tanti, perché insegnavo e avevo altre cose da fare. Ma lui disse : «Non sono quattro, è uno solo che fa quattro voci». Mi ero fatto ingannare per oltre due anni. Come ci si difende dal demonio? Con la preghiera e la vita di grazia nella Chiesa. Il diavolo può entrare liberamente in chi vuole? Il demonio non fa tutto ciò che vuole, ma solo quello che il Signore gli permette di fare. Da cosa sono causate le possessioni? Ordinariamente da un maleficio che è fatto solo da persone che si consacrano a satana. Quanti casi reali di possessione ha trattato nei suoi cinquant’anni di carriera? Una quindicina. Molti sono soltanto disturbati dal diavolo e non vengono interamente soprafatti dal maligno che è in loro. Il caso più lungo? Quello di una ragazza della Basilicata, durato oltre dieci anni. Alla fine, grazie all’aiuto determinante della Madonna, di padre Pio, di padre Matteo da Agnone e dei defunti, fra i quali anche mia madre, sono riuscito a liberare. Fondamentale è la preghiera e la fede. Come mai, a volte, la “terapia” è così lunga? Dipende da quanto il male è radicato e da quanto la persona collabora. La

cura di questi casi promuove un vero cammino di fede che coinvolge anche parenti e amici che accompagnano il “paziente”. Il ritardo nella guarigione può essere dovuto anche a delle negligenze da parte degli posseduti? Certo, se le persone vogliono rimanere nel peccato è inutile che vengano a dire o a chiedere una benedizione o un esorcismo. Per prima cosa bisogna mettersi in grazia di Dio e innanzitutto confessarsi. Satana é furbo? Satana, oltre che essere furbo è intelligente oltre la norma. E’ pur sempre un angelo, anche se decaduto. La sua astuzia più grande è quella di fare credere a tutti che non esiste, e spesso ci riesce. Quando noi ne neghiamo l’esistenza siamo in posizione di eresia, poiché neghiamo la Scrittura, che parla chiaramente del demonio come essere esistente. Crede che oggi servano più esorcisti? Viste le seduzioni del mondo moderno sarebbe opportuno, non solo nominarne altri, ma che persino i vescovi ci credano maggiormente. Come fa ad essere sicuro che una persona sia stata liberata definitivamente? In genere non reagisce più alle pre-

ghiere. Il momento della liberazione poi è seguito da un segno esterno, come potrebbe essere il vomito. Alcune volte la persona ha espulso materiale che ho fatto esaminare: non si trattava di cose del corpo umano ma di pelli di lucertola, rospi, e cose del genere. Il rituale romano classico è stato sostituito da quello nuovo. Quali sono le differenze? La dottrina è la stessa. E’ la pratica che è cambiata. Sono state tolte tante preghiere importanti che sono molto efficaci, comprese le invocazioni alla Madonna. Il Cardinale Medina, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino, a questo nuovo rituale ha aggiunto una notificazione in cui si afferma che gli esorcisti non sono obbligati a usare solo questo nuovo rituale ma, se vogliono, possono utilizzare anche quello vecchio facendo una richiesta al Vescovo. Ci sono degli abusi in questo campo? Esorcista é solo il sacerdote autorizzato dal proprio Vescovo. I sacerdoti non devono servirsi di sedicenti sensitivi che credono di avere poteri superiori a quelli del prete. Si deve evitare l’abuso dei sacramentali: mettere il sale in ogni angolo della casa, ungere tutte le mura con olio benedetto, oppure usare acqua santa prelevata da chissà dove. Si può cadere nella superstizione. Per valutare il caso, prima sacerdote e poi psichiatra o il contrario? Se Il sacerdote stesso, se si accorge che c’è qualcosa di patologico manda dallo psichiatra del quale chiede la collaborazione, quando è necessaria.

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S TO R I E

Sette figli, come Dio comanda Elisabetta Badas, la scelta di crescere una famiglia numerosa senza rinunciare a laurearsi: “È una questione di cuore, non di tempo”

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onciliare la vita familiare, con lo studio o quella lavorativa, senza levare affetto ai figli, non è proibitivo. Chiedetelo alla dottoressa Elisabetta Badas, che a 43 anni ha deciso di riprendere in mano i libri e laurearsi, con 7 figli a casa cui badare e uno in arrivo da portare in grembo. Un successo che incoraggia altre mamme a coccolare anche le ambizioni e tagliare nuovi traguardi. Interrotti gli studi nel 1999, superati alcuni problemi di salute, Elisabetta trova forza e energie per riprendere gli studi in Lettere. Coraggio premiato dal successo il 23 aprile scorso. Quando viene incoronata con l’alloro dopo la discussione sulla tesi dal titolo, appropriatissimo, “I giocattoli come

strumenti culturali”.

arrivata per strade inattese.

Laurearsi con sette figli, per tanti una missione impossibile. Ma come hai fatto? E’ una questione di cuore non di tempo. Io sono stata sostenuta dallo Spirito Santo e mio marito e i miei figli sono stati decisivi. Ho utilizzato ogni piccolo scampolo di tempo a mia disposizione per preparare gli esami, studiando anche alla fermata del pullman e negli ambulatori medici.

Che dicevano i colleghi? Non ero affatto l’unica quarantenne in giro per le aule, ho trovato anche pensionati a lezione. Non mi sono mai sentita fuori luogo e nessuno ha mai fatto commenti spiacevoli tra gli studenti. Anzi.

Quando nasce la decisione? Dopo un concorso. Ho incominciato a pensare che avrei potuto provare la follia di riprendere gli studi all’Università. Ho recuperato la cifra necessaria, grazie ai miei aiuti provvidenziali, che è E i docenti? Un po’ meno incoraggianti, anche se nessuno si è mai spinto oltre l’ironia. In generale tutti erano stupiti e tutti hanno mostrato disponibilità. C’è stato un momento difficile, in un cui hai pensato di mollare? Sì. Alla terza stesura della tesi. Non riuscivo a trovare il modo di rendere organico il discorso complesso come quello del gioco e delle sue conseguenze nella vita dei bambini e degli adulti. Ma ho superato le difficoltà. A chi dedichi la laurea? La dedico senza dubbio a mio marito e ai miei figli grandi, che hanno badato ai piccoli e che mi hanno sopportato la settimana prima dell’esame. (e.n.)

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BELLI E BUONI

Non c’è più religione Per la pornostar Luana Borgia è troppo dura la vita in convento: è entrata e uscita in dieci giorni

Una pornostar si redime e smette (per un po’) di girare film a luci rosse grazie alla vicinanza di un frate. Che tuttavia viene accusato di violenze sessuali su una suora e condannato in primo grado a nove anni e tre mesi di reclusione. E’ la parabola di miss Luana Borgia (pseudonimo di Luana Perdon), classe 1967, attrice porno fino al 2000, e del buon samaritano frate Fedele Bisceglia. L’incontro dell’attrice hard col cappuccino, già noto per la sua vicinanza agli ultrà del Cosenza e per un certo riguardo verso il gentil sesso più volte palesa-

to alla Borgia stessa, avvenne sei anni prima, nel ‘94. Insieme, l’anno dopo, parteciparono persino all’Erotica Tour di Bologna. Servì a raccogliere i fondi per comprare un’ambulanza da inviare in Ruanda e finanziare l’Oasi francescana, un rifugio per i poveri fondato da frate Fedele. Ma fu anche il motore che spinse la Borgia a rinchiudersi in un convento di suore. Salvo poi uscire dopo appena dieci giorni per tornare sotto i riflettori di cinema, tv e discoteche hard. Non c’è più religione. (m.s.)

Il missionario modello Alessio Rais, dai fotoromanzi di “Cioè” alla vita in Comunità: “Mi realizzo con l’aiuto di Dio”

Dalla vita non avrebbe potuto chiedere di più: aspetto estetico da copertina del Cioè, buoni voti al liceo classico Dettori, tanti amici con cui condividere sport e serate, mini-carriera da pr nelle discoteche della città e una famiglia splendida. Eppure niente di tutto quell’agio e di quei divertimenti riusciva a catturare intimamente Alessio Rais di Settimo S. Pietro, allora diciottenne. Un anno, quello del diploma, per meditare, riflettere e dimenarsi. Poi un giorno si guarda allo specchio e capisce: Dio lo

chiama. Lascia i suoi beni, la sua famiglia, gli amici, lo sport e una potenziale carriera da avvocato e parte: nove mesi a Villaregia, nel Veneto, dove ha sede la Comunità Missionaria, e poi a Pordenone. Da tre anni Alessio trascorre la sua vita in Comunità, dove si divide tra studio (facoltà di Teologia), lavori domestici e settoriali (lui alla manutenzione macchine), animazione in Comunità e nelle parrocchie. “Può sembrare faticoso, ma la presenza di Dio mi fa (m.s.) sentire realizzato”.

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A M M I N I S T R AT O R I N E L M I R I N O

Omertà Pochi “fanno”, molti “sanno”, nessuno parla Parla Pino Tilocca, sindaco di Burgos (Sassari) dal 2000 al 2005: delinquenti ancora ignoti hanno prima profanato la tomba della madre e poi ucciso il padre

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osa significa la parola omertà oggi in Sardegna? «Significa mantenere chi compie atti criminali all’interno della comunità, in parole povere: non far pagare il prezzo sociale dell’emarginazione al colpevole. Omertà è quando pochi “fanno” ma molti “sanno”, quando è del tutto assente la riprovazione della gente verso ciò che è accaduto ma è praticata l’accoglienza dei soggetti colpevoli all’interno di tutti quei riti che scandiscono la vita pubblica di un paese . In un certo senso si viene uccisi dal paese, queste cose accadono dove c’è un contesto sociale che le permette». Risponde così Pino Tilocca, sindaco di Burgos in provincia di Sassari dal 2000 al 2005, gli hanno prima profanato la tomba della madre e poi ucciso il

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padre. «Negli anni si sarebbe potuto arginare il problema della violenza e della prepotenza e così non è stato, ancora nel 2012 resta una diffidenza, un distacco netto fra Stato e alcune comunità sarde, con la crisi questo tende ad accentuarsi. Nel momento in cui la pubblica amministrazione prende decisioni che contrastano con alcuni interessi, grandi o piccoli che siano, alcuni non hanno problemi a usare la violenza. Noi non abbiamo la mafia in Sardegna, ma abbiamo comportamenti mafiosi da non sottovalutare. La violenza è vista come mezzo per arrivare a un risultato, è accettata. L’insicurezza e l’assenza di speranza non fanno che accentuare il problema». Ogni battaglia che si è fatta contro le mafie è stata vinta anche grazie ai giovani e al loro desiderio di legalità. Ecco perché il primo giugno 2012 si terrà a Cagliari un’iniziativa dal titolo “Giovani e Legalità: Sardegna LIBERA dalla Mafia”, organizzata dai Giovani Democratici della Sardegna congiuntamente con il Laboratorio di Partecipazione Politica, in collaborazione con l’organizzazione regionale di Libera, l’associazione contro le mafie che opera ormai dal 1995 su tutto il territorio nazionale sotto la guida del noto Don Ciotti. Il patrocinio è della Provincia e del Comune di Cagliari. Saranno presenti relatori di spicco, fra cui il magistrato Antonio Ingroia, l’eu-

di Claudia Sarritzu

c.sarritzu@cagliaripad.it

Il primo giugno 2012 si terrà a Cagliari un’iniziativa dal titolo “Giovani e Legalità: Sardegna LIBERA dalla Mafia rodeputato Rosario Crocetta e Rita Borsellino e Nando Dalla Chiesa con un contributo video, per parlare di cosa è la mafia oggi e se di mafia si può parlare in Sardegna. Gli attentati ai piccoli amministratori locali di questi mesi ci dicono che di comportamenti mafiosi si tratta e non di anti politica. Non bisogna andare molto lontani per trovarle le vittime di oggi, Gianni Argiolas è il sindaco di Monserrato, il 24 febbraio scorso vede bruciare l’auto di sua moglie sotto casa sua, nessun ferito, ma è chiaro che la situazione non va sottovalutata. Il prefetto Giovanni Balsano alcuni giorni dopo l’attentato ha dichiarato che secondo le loro valutazioni «è emerso che il Comune è interessato da importanti interventi di urbanizzazione vicino all’Università». Il sindaco dopo aver inizialmente pensato di dimettersi, dopo la tanta solidarietà ricevuta dalla propria gente e dagli altri amministratori degli altri comuni vicini ha deciso di restare.


Lula, Benetutti storie di sindaci che hanno vinto la paura A fianco, immagini di Lula, Benetutti, Gianni Mureddu e Maddalena Calia Nalla pagina a sinistra Pino Tilocca

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a storia di Maddalena Calia, sindaco di Lula, nel nuorese, dal 2002 al 2007 e di Gianni Murineddu attuale sindaco di Benetutti, piccolo paese in provincia di Sassari, è di quelle che fanno riflettere. Spesso infatti è chi lotta per la giustizia a subire i danni peggiori e a mettere a rischio non solo la propria vita ma anche quella dei propri affetti. Ed è proprio in questi momenti che nonostante la volontà che una persona può avere di far cambiare le cose che ci si chiede se veramente ne vale la pena. Maddalena Calia. La sua è la storia di una donna che ha coraggio e forza da vendere e che non si lascia certo intimidire o piegare da chi di giustizia non ne vuole sapere. Quando nel 2002 è stata invitata a presentare una lista elettorale a Lula, nelle file del centrodestra, il paese era amministrato da un commissario prefettizio e in tanti ancora non ne volevano sapere di riportare un’amministrazione normale in paese. Il primo attentato è scoppiato contro la caserma dei carabinieri a due giorni dalla presentazione delle candidature. Ma è dopo la vittoria elettorale che è iniziato un calvario lungo cinque anni. “Non ho potuto certo governare serenamente – dice Maddalena Calia - perché ogni due tre mesi subivamo minacce e attacchi anche fisici. Una cosa allucinante che ho vissuto e che mi porto dietro con rabbia perché non

abbiamo fatto del male a nessuno”. Maddalena Calia in seguito agli attentati ricevuti è rimasta per nove anni sotto scorta. “Quello che mi ha fatto più pensare – aggiunge l’ex sindaco - è che una volta che sono andata via non è successo più niente. Quando c’è una certa parte politica scoppiano le bombe quando invece c’è un’altra parte politica ritorna la pace”. Gianni Murineddu. Ha appena cominciato il suo secondo mandato da sindaco di Benetutti e non è molto contento quando gli chiedo di raccontarmi dei due attentati subiti perché riaffiorano nella mente brutti ricordi. Entrambe le volte è stato preso di mira il casolare di famiglia che si trova nelle campagne di Benetutti; nel primo caso è stato raso al suolo, nel secondo è stata evitata una tragedia visto che è stato il padre del primo cittadino a scoprire l’ordigno e ad avvisare le forze dell’ordine. In entrambi i casi secondo il sindaco si è trattato di avvertimenti dopo i provvedimenti presi a danno di alcuni abitanti morosi che non pagavano da tempo l’energia elettrica che a Benetutti è gestita dal Comune. “Le indagini – afferma Murineddu – sono ancora in corso, ma sono molto deluso perché non abbiamo risposte da parte delle forze dell’ordine, è in questi casi che ci accorgiamo quanto siamo abbandonati”. (m.g.p.)

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VIAGGIO NELLA CRISI DELLA POLITICA / IL SARDISMO

Le ceneri del Psd’Az

e i partiti indipendentisti A

di Maria Obinu

redazione@cagliaripad.it

Le anime del sardismo oggi sono molteplici. Nessuna unità, nessuna voglia di unirsi per percorrere un cammino comune e cercare nei numeri una possibilità di riuscita 28

utonomia, indipendenza, federalismo. Sono parole ricorrenti nei partiti “sardisti”, in quelli che hanno deciso di indirizzare la propria attività politica sulla sovranità del popolo sardo. Eppure le anime del sardismo oggi sono molteplici. Nessuna unità, nessuna voglia di unirsi per percorrere un cammino comune e cercare nei numeri una possibilità di riuscita. Il primo partito sardista, oggi il partito politico italiano più longevo è proprio il Psd’az nato nel 1921, fondato

da Camillo Bellieni ed Emilio Lussu e da altri reduci sardi che avevano combattuto, durante la prima guerra mondiale nelle fila della Brigata Sassari. Ma la diversità di vedute e la collocazione politica hanno caratterizzato sin dagli albori il partito. Così è stato con la prima vera spaccatura e la divisione tra quelli che credevano fosse necessario che il Partito sardo d’azione trovasse una propria collocazione a destra, al fianco del fascismo e quelli


che invece della lotta all’antifascismo hanno fatto la propria ragione di vita. Oggi nel panorama politico sardo le sigle legate all’indipendentismo e al sardismo sono molteplici, oltre lo storico Partito sardo d’azione ecco nascere i Rosso Mori, ovvero i sardisti di sinistra che hanno svolto il loro primo congresso a Cagliari nell’aprile scorso. E ancora Sardigna Naztione, partito di chiara matrice indipendentista fondato a Nuoro nel 1994 da Angelo Caria, da qualche anno affiancato nella sua lotta per l’autonomia dall’Irs, Indipendentzia Repubrica de Sardigna fondato da Franciscu Sedda, Frantziscu Sanna e Franciscu Pala, che ha avuto come leader Gavino Sale. Anche Irs però si è spaccato più volte dando origine a Progres e a sigle assimilabili. Da una costola di Progres per esempio è nato recentemente un gruppo che ha dato vita alla nuo-

va sigla Aristanis Noa, comparso nel panorama politico in occasione delle elezioni comunali di Oristano. Che dire poi di altre sigle elettoralmente attive che si richiamano ancora una volta ai valori del sardismo, Forza Paris, Uds, Riformatori Sardi a Manca pro S’indipendentzia, Paris, Malu Entu, alle quali aggiungere Lega Nord Sardinia e l’Mpa che sebbene nate fuori dall’isola hanno radici anche in Sardegna e che fluttuano nel panorama sardo tra Destra e Sinistra a seconda delle iniziative dei leader locali. Insomma un guazzabuglio che rischia di creare confusione anche tra coloro che da sardi sentono di avere nel proprio dna sentimenti legati all’autonomia e alla sovranità del popolo sardo, o che semplicemente si sentono animati da un naturale sardismo che appartiene a tutti coloro nati e cresciuti nell’isola.

Nell’altra pagina: a sinistra Claudia Zuncheddu, leader di Sardigna Libera Nelle foto piccole Camillo Bellieni ed Emilio Lussu, i fondatori del Psd’az In questa pagina Gavino Sale, ex leader dell’Irs

Con una variabile: il movimento Sardigna Libera di Claudia Zuncheddu. Il medico di Bugerru ha recentemente manifestato, indirettamente ma in modo abbastanza esplicito, la volontà di diventare il catalizzatore di tutte le forze sardiste in campo. Se dovesse riuscirci, potrebbe ambire a contendersi, con i candidati di destra e di sinistra, un ruolo di primo piano nella prossima legislatura. Grillini permettendo.

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S P E C I A L O LY M P I C S

Miss Italia e sociale

contro i luoghi comuni L

e bellezze da passarella che anelano alla “pace nel mondo” e hanno sempre un pensiero per “i più sfortunati”. Esiste forse un cliché più classico di questo? In Sardegna, però, non ci si limita alle belle parole, ma si passa ai fatti. Sono numerose, infatti, le iniziative sociali che vedono coinvolte le ragazze del circuito di Miss Italia. Lo scorso dicembre, alla Fiera di Cagliari, si è svolto: “Balliamo per un sorriso”, una manifestazione organizzata dai Lions, con esibizioni di scuole di danza per raccogliere fondi per la Caritas. Il coordinamento artistico è stato di Michela Giangrasso, esclusivista per la Sarde-

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gna del concorso di Miss Italia, e ospiti sono stati i “ballerini speciali” dell’associazione Codice segreto onlus. L’ultima iniziativa in ordine di tempo si è svolta, invece, il fine settimana dal 17 al 19 maggio scorso, in piazza del Carmine a Cagliari. In quell’occasione la città è stata il centro della “Special Olympics European Football Week”: una settimana di incontri di calcio tra squadre costituite da ragazzi diversamente abili. Le Formazioni sono arrivate a Cagliari da tutta Europa per “affrontare” le delegazioni sarde. Madrine d’eccezione per ognuno dei team che ha preso parte ai giochi erano le Miss vincitrici delle fasce regionali nelle passate edizioni del concorso. (c.p.)


I L R A C C O N TO

Venduto per due soldi di Matteo Lecca

Riuscì a vendere se stesso per pochi spiccioli al primo bancone del mercatino dietro l’angolo, non aveva più nemmeno un sorriso da offrire a chi lo incontrava per strada. Se lo aggiudicò il venditore di tè, gli bastarono le misere monete che aveva in tasca; all’occorrenza sapeva essere anche un ottimo venditore di fumo. Si consegnò in silenzio al saccente ciarlatano, che nel frattempo allietava i clienti farneticando di sofferenza e di abbandono, di esoteria e felicità. Tutti discorsi che alle sue orecchie erano ormai bizzarrie sempre più insignificanti; conosceva a memoria le promesse astratte di quel grasso pagliaccio baffuto e voleva vedere sino a che punto era capace di spingersi. L’unico modo per scoprirlo era vendersi, ad un uomo che professava esclusivamente la spietata logica degli affari, e diventare semplice merce in esposizione. Erano tanti gli squallidi arrivisti che si fermavano là davanti, per dargli una rapida valutazione, e poi proseguivano il giro fra le bancarelle, sorridenti. Tutti simili nel vestire e nelle calvizie al suo nuovo padrone. Osservandolo mentre barattava gli oggetti più disparati, pensava al rumore che avrebbe fatto quando sa-

rebbe riuscito ad ucciderlo e tendeva l’orecchio per sentire il fischio del treno in avvicinamento, sul quale doveva accomodarsi tra collane, foglie di tè e bicchieri. La stazione era poco più avanti, bisognava affrettarsi a raccogliere le cianfrusaglie per presentarsi nelle vesti di lucidi incantatori in un’altra città. Sistemando la mercanzia nel convoglio insolitamente puntuale l’avido trafficante trovò spazio pure per lui. Si stava facendo accompagnare al suo posto quando di scatto afferrò il mercante alla gola e lo imbavagliò, tenendolo accanto a sé con la faccia a terra mentre i portelloni del vagone si richiudevano rapidamente. L’obiettivo del suo sguardo era il baratro che si apriva sotto le rotaie qualche miglio più a nord. Il volto sudato del suo padrone in preda al terrore si insudiciava di cenere e fango, immobilizzato dall’ultimo dei suoi affari... In prossimità del dirupo legò lo stupido cialtrone mani e piedi come un capretto, lo raccolse da terra ancora imbavagliato e dopo averlo guardato fisso negli occhi per un istante lo scagliò nel vuoto: “Hai visto, gran chiacchierone? Sei morto senza fiatare!”

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L A I F S TA I L

Mih la lettera! di Alessandra Ghiani

a.ghiani@cagliaripad.it

Pinuccia trova in un cassetto una lettera che Marietto e Peppi Jr le hanno scritto in occasione della festa della mamma

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“La mamma è sempre la mamma”

C

alda mattinata di maggio in quel di Monserrato. Pinuccia ha le finestre di casa spalancate e i tappeti stesi per prendere aria. Con un vecchio pantalone felpato di Peppi, una maglietta della salute con nodo in vita, ciabattine piumate da Centovetrine e capigliatura da ubriaco in giostra (cit. F.V.) si appresta a fare un po’ di pulizie. Mentre svuota i cassetti dell’abbigliamento invernale trova una busta da lettera, bianca, con la scritta a mamma. “Mìh finalmente” pensa tra sé e sé Pinuccia “quest’anno is piccioccheddus anti sbagliau cadasciu”. E’ uso di Peppi Jr e Marietto, infatti, ogni anno, scrivere una lettera a Pinuccia per la festa della mamma. Quest’anno, non avendola trovata nel solito posto - il cassetto della biancheria – lei si era un po’ preoccupata. Ora, con gli occhi che le brillano, ha tra le mani la lettera che maneggia con cura e delicatezza come fosse di cristallo. Si siede sul letto e comincia a leggere. “Mammixedda nostra, ti scriviamo sempre la lettera per la festa della mamma e continueremo a farlo finché sarai viva. Come al solito ci devi scusare per gli errori di calligrafica ma

volevamo fare tutto con la farina del nostro pacco. Questa volta oltre che dirti tutti i ringraziamenti che abbiamo in canna volevamo presentarti le nostre scuse. Scusa mammixedda se quando eravamo piccolini non volevamo mai portare civraxiu e pecorino per merenda a scuola. Ci sembrava brigungia perché tutti gli altri avevano sempre i tegolini e non capivamo che tu lo facevi per il nostro bene e la nostra sanezza. E anche per risparmiare qualche lira visto che non galleggiavamo nell’oro. Scusa mammixedda se quando ci bisticciavamo tra di noi dicendo anche qualche frastimo ci sembrava esagerato che tu ci lasciavi i segni del battipanni nelle cosce o della pompa di gomma del cortile nella schiena. E invece lo facevi per noi perché ci dovevamo parare il culo tra di noi come i veri fratelli. Non litigarci come i bambini della silo. Scusa mammixedda se ogni tanto ti mettavamo il dito nella paga senza dirti nulla per andare a giocare negli autoscontri e nel tagadà e lapidavamo tanti soldi che tu conservavi con sacrifici. Scusa mammixedda se non ci è mai piaciuto studiare come volevate tu e babbo. Ma tutte le volte che avevamo un libro davanti eravamo nel tallone e non ne potevamo venirne fuori e tu ci sembravi


cattiva perché ci chiudevi nello sgabuzzino al buio finché ti promettavamo di fare i compiti. E intanto grazie a te ci siamo licenziati alle scuole elementari. Scusa per queste e per altre cose e se ti abbiamo tutta imbarazzata con i vicini di casa quando facevamo le televisioni * alla finestra, ma eravamo in genui e non capivamo quanto ti facevamo disperare.

Ci siamo sempre meritati tutte le tue punizioni, quello che è giusto è giusto. Del resto, occhio per occhio, prezzemolo e finocchio. Scusa perché forse non siamo stati figli modelli ma ti vogliamo dire che noi ti siamo molto conoscenti per tutto quello che hai fatto per noi e che se avevamo potuto scegliere una madre l’avevamo scelta precisamente uguale a te, con la tua dolcezza che non ci ha mai

fatto mancare l’amore che ci serviva e con la tua severità che ci ha fatto diventare uomini educati e di onore”. Occhi rossi e carichi di lacrime Pinuccia resta immobile a guardare la sua lettera pensando di essere la madre più fortunata del mondo. Poi si alza, prende in mano una penna e un foglio di carta e si dirige verso la scrivania... (continua)

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COLPI DI PENNA

L’ultima spiaggia C

i sono piccole cose nella nostra vita che sembrano insignificanti ma in realtà cambiano completamente il nostro punto di vista sull’esistenza. Mi spiego. E’ domenica di un pomeriggio di primavera e colta da buoni propositi esco di casa con le scarpe da tennis pronta ad affrontare il mio nuovo percorso di jogging che prevede un giro da un’oretta, trenta minuti d’andata e trenta di rientro. Cuffie alle orecchie, trascorre la prima mezz’ora. Al trentunesimo minuto, quando 29 minuti circa mi separano da casa, si fa sentire improvviso ed urgente il bisogno di fare pipì. No panico mi dico, sono nella mia città, so perfettamente dove andare. Tentativo numero 1: il supermercato. Di solito i supermercati, quelli più grossi, sono aperti anche la domenica e, di solito, al loro interno ci sono i bagni. C’è vicino un discount, è aperto infatti, mi infilo al volo e butto l’occhio per vedere dove si trovino i servizi. Niente, al discount risparmiano anche sulle tazze. La situazione si fa più seria e inizio ad accostare un po’ tra loro le gambe mentre cammino. Tentativo numero 2: il parco. A pochi passi c’è un parco, stringo un attimo i denti – e non solo – ed è fatta. Mi inoltro tra i vialetti che conducono ai bagni e come in un’apparizione vedo il simbolo WC illuminato da un’aura celestiale. Con un balzo mi trovo nell’anticamera delle due sale uomo/ donna ma mi accorgo di aver improvvisamente disturbato un qualcosa di losco che avveniva tra due tipi dalle facce inclini al delitto a sangue freddo.

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Nome: Lexa Professione: Scrittista (tra giornalista e scrittrice) Segni particolari: Sentimental-spaccona di un metro e una penna lexa@cagliaripad.it

Raggelo, mi fissano tutti e due, cerco invano una briciola di coraggio nel fondo delle mie tasche ma sono ampiamente bucate. Senza proferir parola letteralmente mi dileguo. E intanto la mia vescica diventa di piombo. Inizio a correre come Pingu, con le ginocchia ormai unite.

occhi assatanati che fissano i monitor delle macchinette, uomini di mezza età con la pelle butterata e la canotta forata che cercano ricevute di giocate nel cestino dell’immondizia, cani sciolti di etnia incerta inchiodati ai videopoker. Con fegato mi faccio largo e trovo il bagno. Entro.

Tentativo numero 3: il bar. Ci saranno almeno due o tre bar in zona, perché non ci ho pensato prima? Mi prendo un pacchetto di Mentos e guadagno l’ingresso al bagno. Mi avvicino al primo bar. Chiuso. Il secondo, chiuso. La betola degli ubriaconi che di solito ho timore anche solo di guardare, chiusa. Cacchio è domenica, e sono a Cagliari. Comincio ad avere allucinazioni, mi vedo a girare per la città con il pantalone bagnato mentre tutti mi deridono. La mia pancia ormai sembra quella di Doraemon e grida aiuto in tutte le lingue. Sono pronta ad acquistare, ammischinandomi come non ho mai fatto nella mia vita (visto che non ho nemmeno un quattrino dietro), qualunque prodotto in qualunque negozio abbia un bagno per clienti. Una bicicletta, un controfagotto, una zappa, qualsiasi cosa per un cesso.

L’estasi. Talmente l’ho trattenuta che non riesco a liberarmene. Fatico ma poi è la resurrezione. Svuoto col viso solcato da urla silenziose. E rinasco. Rinasco proprio lì, in un lurido wc senza chiave e quasi al buio di una bisca. Rinasco e in un minuto intero vedo Madonne, vinco alla lotteria, riesco a volare e viaggiare nel tempo.

Tentativo numero 4: la bisca. L’unico posto in cui non sarei mai voluta entrare diventa la mia ultima spiaggia, la bisca. Ci arrivo delirando a bassa voce. Ci sono scarti di galera con gli

Esco dal bagno come quando uscii dall’aula magna dopo essermi laureata. Quasi impongo le mani per elargire benedizioni ai passanti e ho l’istinto di abbracciare giocatori, spacciatori ed ubriaconi tutti, lì dentro. Fuori siamo al crepuscolo ma a me sembra un’aurora boreale. Sono risorta dentro il cesso di una bisca. E mi sembra la cosa più normale del mondo.

Un piacere è ben pagato, quando è molto aspettato (Proverbio)


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p re senta l ’a l fa beto F i n o a m a r te dÏ 5 g i u g n o

Zuc chi ne Bia n che

A ra n ce Valen cia

Iceberg Lo cale

0,99/kg

0,89/kg 36

0,99/kg

v ie n i a t ro va rc i a C a g l i a r i i n V i a C o c c o Or t u 99 e i n V i a To l a 5


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