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Anno II numero 25 28 agosto 2012

Quindicinale gratuito di informazione e costume

La cittĂ

degli altri Dietro le apparenze e gli stereotipi, proviamo a scoprire chi sono, cosa fanno e cosa pensano le donne e gli uomini della Cagliari che

conta di meno

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sommario Anno II numero 25 28 agosto 2012

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OPINIONI _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _6 QUANTI _ _ _ _ _ _ SONO _ _ _ _ _DAVVERO _ _ _ _ _ _ _I _NOMADI _ _ _ _ _ _PRESENTI _ _ _ _ _ _ _A_CAGLIARI? _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _8 CAGLIARI, _ _ _ _ _ _ _ _CITTÀ _ _ _ _ _LABORATORIO _ _ _ _ _ _ _ _ _ _DEI _ _ _DIRITTI _ _ _ _ _ _CIVILI _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _1 _0 ASSALTO _ _ _ _ _ _ _ALLA _ _ _ _MENSA _ _ _ _ _CARITAS. _ _ _ _ _ _ _PIÙ _ _ _10_ _PER _ _ _CENTO _ _ _ _ _IN _ _UN _ _ _ANNO _ _ _ _ _ _ _ _ _ _1 _1 SCIENTOLOGY, O_SETTA? _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _CHIESA ______ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _1 _3 NOBILIS _ _ _ _ _ _ DE _ _ _PRANTA _ _ _ _ _ _E _DE _ _ OLIA. _ _ _ _ _LA _ _MINORANZA _ _ _ _ _ _ _ _ _CHE _ _ _CONTA _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _1 _4

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L’ESERCITO _ _ _ _ _ _ _ _ _DEGLI _ _ _ _ _STUDENTI _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _1 _6 SANT’ELIA, _ _ _ _ _ _ _ _ _STORIA _ _ _ _ _ DI _ _ UNA _ _ _ _RIQUALIFICAZIONE _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _MAI _ _ _ NATA _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _1 _7 LA _ _ _CASA _ _ _ _AL _ _MARE _ _ _ _FRANCESCO _ _ _ _ _ _ _ _ _SARTORI _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _1 _8 PER _ _ _ _NON _ _ _ESSERE _ _ _ _ _ _PIÙ _ _ _FIGLI _ _ _ _DI_ _UN _ _ DIO _ _ _ MINORE _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _2 _0 UN _ _ _CUORE _ _ _ _ _ PIENO _ _ _ _ _DI _ _SPERANZA _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _2 _4

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DOMANDE _ _ _ _ _ _ _ _E_RISPOSTE _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _2 _2 SANT’ANNA _ _ _ _ _ _ _ _ _ARRESI, _ _ _ _ _ _IL_ _FESTIVAL _ _ _ _ _ _ QUASI _ _ _ _ _MANCATO _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _2 _6 L’ESTATE _ _ _ _ _ _ _STA _ _ _FINENDO, _ _ _ _ _ _ _ È_ _TEMPO _ _ _ _ _DI _ _SAGRE _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _2 _8 IL _ _RACCONTO _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _2 _9 SPECIALE MISS ________ _ _ _ITALIA: _ _ _ _ _ _È _SONIA _ _ _ _ _LA _ _NUOVA _ _ _ _ _MISS _ _ _ _SARDEGNA _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _3 _0 LAIF _ _ _ _STAIL _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _3 _2 COLPI _ _ _ _ _DI _ _PENNA _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _3 _4

30 Anno II numero 25 28 agosto 2012

Editore GCS - Green Comm Services S.r.l. - Direttore responsabile Guido Garau - Hanno collaborato: Alessandra Ghiani, Lexa, Alessandro Desogus, Ennio Neri, Carlo Poddighe, Laura Puddu, Maria Grazia Pusceddu, Claudia Sarritzu, Michela Seu, Simone Spiga - Ritratti Giulia Fulghesu - Grafica XL Luca Crippa - Stampa Grafiche Ghiani - Monastir Cagliari Pad Sede legale : via Giotto 5, 09121 Cagliari - Redazione: Largo Carlo Felice 18, 09124 Cagliari - www.cagliaripad.it redazione@cagliaripad.it - Tel. 070 332 1704• 342 599 5701 - Autorizzazione Tribunale di Cagliari 15/11 del 6 settembre 2011

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I L D I R E T TO R E

Seconda stella

a destra

GUIDO GARAU g.garau@cagliaripad.it

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e si votasse oggi, la destra in Sardegna avrebbe serissimi problemi a candidare nuovi volti. Questo perché i capibastone hanno lavorato male, in questi anni, preoccupandosi molto del consenso e poco dei loro partiti, del rinnovamento e della qualità dei quadri dirigenti. Il vuoto è evidente: dietro i leader, o presunti tali, non c’è nessuno. Anche quelli che fino a ieri venivano considerati i “giovani” e che oggi sono diventati adulti non sono ancora riusciti a fare il grande passo: diventare classe dirigente. I Paolo Truzzu, gli Alessandro Serra, i Toto Sirigu, i Salvatore Deidda e via discorrendo sono anagraficamente più maturi di Massimo Zedda e Matteo Renzi, per dirne due di sinistra, eppure non riescono a essere alternativi a coloro che oggi occupano

i ruoli di potere nei loro rispettivi schieramenti. In questi giorni, riflettendo su questo fatto, mi sono reso conto che il problema non è (solo) politico, e le responsabilità non solo (solo) dei partiti che non riescono a selezionale e valorizzare giovani di valore. Nel giornale avrei voluto dare spazio e voce a intellettuali, opinionisti, scrittori, musicisti, registi, artisti di destra, per stimolare il dibattito in una citta diventata a furor di popolo, dopo le ultime elezioni amministrative, progressista e “massimalista”. Mi sono guardato intorno: dove sono? La destra non esprime politici alternativi perché non ha un substrato culturale adeguato. Questo è un dato. Sul perché mi piacerebbe sentire qualche opinione.

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OPINIONI

ZACCA

E PONI

La Fornero annuncia nuove misure per i giovani. Oscilleranno tra i 28 e i 30 centimetri.

L’angolino del filosofo di Giovanni Gentile*

Cos’è una Nazione, cos’è uno Stato La nazione non è data dal suolo, né dalla vita comune e conseguente comunanza di tradizioni, di costumi, linguaggio, religione, ecc. Tutto ciò è la materia della nazione. La quale non sarà tale se non avrà la coscienza di questa materia e non l’assumerà nella sua coscienza come il contenuto costitutivo della propria essenza spirituale; e quindi non ne farà oggetto della propria volontà. La quale volontà, nella sua concreta attualità, è lo Stato: già costituito o da costituirsi; e

veramente in ogni caso da costituire (conservare è un continuo costituire, un creare continuo). Volontà. Errore della dottrina delle nazionalità, che avrebbero diritto a unità e autonomia statale. Non è la nazionalità che crea lo Stato; ma lo Stato crea (suggella e fa essere) la nazionalità. Che conquistando la propria unità e indipendenza celebra la sua volontà politica, realizzatrice dello Stato. . * Novecento filosofico e scientifico, a cura di A. Negri

Il guastafeste di Simone Spiga

Destra e sinistra, storia di movimenti extraparlamentari Destra e sinistra, storia di movimenti extraparlamentari La storia politica movimentista degli anni ‘70 e ‘80 è da considerarsi come il rafforzamento delle minoranze che da destra come da sinistra hanno catalizzato il malcontento delle forze politiche principali come il Pci e l’Msi. Soffermarsi su quel periodo storico nasce dall’esigenza di provare a riscrivere, senza ideologizzazioni, quei movimenti, senza mai dimenticare che purtroppo portarono anche alla violenza. A sinistra nascono realtà come il Collettivo Politico Metropolitano che fu il nucleo fondativo delle Brigate

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Rosse, Lotta Continua, Avanguardia Operaia e tante altre micro realtà capaci però di diventare potenzialmente molto forti sul tessuto delle principali città italiane. A destra il Fuam Caravella da cui alcuni militanti passarono alla lotta armata con i Nar, Avanguardia Nazionale, Ordine Nuovo, Lotta di Popolo e Terza Posizione. Tutte realtà sia quelle di sinistra che quelle di destra, molto impegnate, in quanto minoranze al rafforzamento ideologico e culturale della propria base militante, anche quelle formazioni che poi passarono alla violenza furono caratterizzate da questa impostazione. Realtà ancora più minorita-

rie nella scena come i Nazi-Maoisti furono capaci di creare sinergie tra vecchie strutture ideologiche contrapposte e nel 1968 furono i promotori dell’occupazione della Facoltà di Giurisprudenza a Roma. Il movimento fu modellato sull’ideologia di alcuni grandi rivoluzionari di sinistra, come Mao Zedong e Che Guevara, considerati come antagonisti del capitalismo, ma anche Evola e Pavolini erano punti di riferimento per la loro visione del mondo. Le minoranze in quel contesto politico tentarono di contrastare il regime consociativo tra democristiani e comunisti, ma fu impossibile sovvertire il potere precostituito.


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L’a rorisma

di Enrico Secci

Uscire nel proprio paese dopo una vacanza è come parcheggiare una Ferrari e ripartire con un’apixedda scallara

Il punto di Don Marco Lai*

I rom sono i Cristi del nostro tempo C’è un’emergenza che riguarda cittadini cagliaritani, gli ultimi degli ultimi nella scala dell’emarginazione, cristianamente direi che sono i Cristi del nostro tempo. Di fronte alla drammatica situazione di 157 persone, 96 delle quali minori, abbiamo operato come accaduto in questi anni per i senegalesi di Giorgino, per i richiedenti asilo di Capitana, per i rumeni di via del Commercio. Ci siamo attivati per dar loro un tetto, alle condizioni che valgono per i cagliaritani in difficoltà abitativa. Purtroppo in questo caso abbiamo maggiori difficoltà a trovare alloggio a questi nostri concittadini, facciamo fatica perché il pregiudizio è molto forte e ci scontriamo con un rigetto. La villa di cui tanto si parla, alimentando strumentalmente polemiche becere, altro non è che una struttura semiabbandonata, sulla quale sono intervenuti gli stessi Rom, pulendola e rimettendola in sesto.

C’è un contratto, quindi, pagato da chi? C’è un regolare contratto e le risorse, come per gli altri affitti, arrivano da fondi comunali e regionali (circa 200mila euro, vincolati per l’inclusione sociale e le emergenze umanitarie, ndr). Nessuna guerra tra poveri, quindi? No, piuttosto poca disponibilità culturale. Non stiamo sottraendo nulla a nessuno, l’80% delle risorse e dei servizi della Caritas è rivolto ai cosiddetti indigeni. Per chiudere qui questa vergognosa polemica, vorrei dire che la politica, tutta, non deve aver paura di prendere posizione in difesa dei diritti e della dignità dei Rom. C’è troppa reticenza, troppo timore delle campagne di stampa e dei commentatori prezzolati. Si deve dire chiaramente che è civiltà aiutare e sostenere gli emarginati, sempre. * Direttore della Caritas diocesana di Cagliari

GEMELLI DIVERSI Toy: giocattolo malefico e Pdl: giocattolo rotto Angelino Alfano

Segretario del Pdl

Bambola

dal film Profondo Rosso

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PRIMO PIANO

Quanti sono davvero

i nomadi presenti a Cagliari? D di Carlo Poddighe c.poddighe@cagliaripad.it

Storia di un popolo venuto dall’India che oggi non trova pace in Sardegna. Nonostante il desiderio della comunità sia quello di radicarsi e integrarsi nell’Isola

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ietro le apparenze e i soliti stereotipi sono tante le minoranze che abitano la città. Proviamo a scoprire chi sono, cosa fanno e cosa pensano le donne e gli uomini della Cagliari che conta meno. Prendi i rom. Per decenni hanno abitato un campo tra viale Monastir e la 554, sgomberato con un’ordinanza del comune di Cagliari dopo l’intervento del Tribunale per lo stato di degrado dell’area. Da quel momento il Comune, con il consenso della Regione, ha fatto partire un progetto di integrazione, ed è scattata la corsa al reperimento degli alloggi. I rom erano stati smistati in diversi centri dell’isola in appartamen-

ti in affitto. Una parte ha trovato una sistemazione a Flumini, in una struttura un tempo utilizzata come discoteca ma da anni in balia delle incursioni dei vandali. Nell’area è presente anche una vecchia piscina, vuota e in stato di abbandono. Subito è arrivata una anonima lettera di minacce: “Bruceremo vivi i vostri figli, andate via”. Evidentemente qualcuno non gradiva la loro presenza in quelle case. Poi, secondo quanto raccontato dai rom, insulti e minacce a ripetizione. Così è arrivata la decisione clamorosa: via dalle case assegnate dal Comune e dalla Caritas per le minacce subite: 33 rom, 21 sono minori, hanno abban-


donato il complesso dell’ex discoteca vicino alla statale 554 e ora sono ospiti dell’Asce, organizzazione contro l’emarginazione, e di amici. “Quello che ci ha spaventato di più - racconta Marco Sulejmanovic, padre di sei bambini - sono state le minacce ai nostri figli. Ci dicevano: “Li bruciamo”. E poi insulti continui e ritorsioni, ci lasciavano senza corrente staccando i contatori all’esterno. Non potevamo resistere, abbiamo avuto paura per i nostri bimbi”. E’ stato anche individuato l’autore del foglietto minatorio mandato alla famiglia rom, ma i nomadi non hanno voluto denunciarlo. Ma chi sono e da dove vengono i rom? Gli etnologi e la Comunità Europea li definiscono membri di un popolo in via di estinzione e quindi bisognoso di tutela e di protezione. La loro storia resta comunque tuttora misteriosa. Solo nel XVIII secolo si arrivò a defi-

nire che dovrebbero provenire dall’India dal momento che la lingua rom (il romané) deriva da quella dell’India nord-occidentale. Per quanto riguarda le motivazioni della loro partenza non si possiedono dati certi. Il numero di rom presenti in Sardegna oscilla tra le mille e le millecinquecento unità distribuite, anche se non in maniera omogenea, in tutte le province. La loro presenza, a partire dalla metà degli anni 70 è abbastanza stabile (la maggior parte dei minori è nata in Sardegna). Stabilità, tuttavia, non significa sedentarietà, visto che molti gruppi continuano periodicamente a spostarsi anche se, spesso, per ritornare nel luogo da cui sono partiti. Per quanto riguarda la distribuzione geografica i gruppi più numerosi sono presenti a Cagliari e nel suo entroterra, ma ci sono anche piccole comunità a Carbonia, Oristano, Olbia. I gruppi presenti

in Sardegna sono sinti, ossia nomadi giocolieri, artisti del circo e giostrai, Roma-Xoraxané, di origine iugoslava e molto poveri, provengono dalla Bosnia Erzegovina e dal Montenegro e lavorano i metali, e i Dassikané ed anch’essi di origine iugoslava.

Nelle foto immagini dell’Anfiteatro romano di Cagliari.

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A P P R O F O N D I M E N TO

Cagliari, città laboratorio dei diritti civili Dopo il successo del Gay Pride e la storica istituzione del registro delle coppie di fatto al Comune, ecco il nuovo obiettivo dell’’associazione degli omosessuali Nella foto un momento del gay pride a Cagliari

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agliari città laboratorio dei diritti civili. Dove nessuno gay, trans, ma anche immigrato o carcerato debba sentirsi discriminato. Così Arc, l’associazione cagliaritana che difende e promuove i diritti della comunità Glbt (gay, lesbica, bisessuale, transgender), sogna il capoluogo. Un’ambizione confortata anche dal successo del gay pride al Poetto del mese scorso. Successo che ancora non soddisfa. Ma Cagliari è una città che rispetta i gay? Nel complesso sì. Ma non bisogna mai abbassare la guardia. A mano a mano che gli omosessuali hanno cominciato a mostrarsi in pubblico, gli episodi di omofobia si sono visti a scuola, nel mondo del lavoro, dovunque. Ma piano piano stiamo riuscendo ad avere un dialogo con l’opinione pubblica, con la stampa, con le istituzioni. Ci può raccontare un episodio di intolleranza avvenuto a Cagliari? Alcuni ragazzi ci hanno confidato di essere stati portati alla conversione etero da parte di un insegnante. Altri sono stati giudicati fastidiosi solo perché sedevano l’uno sull’altro. Io stesso, sono stato fermato da delle forze dell’ordine che mi chiedevano come mai il mio ragazzo mi abbraccia-

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va: è una violenza. Ma mi so difendere. E uno di esemplare tolleranza? Per par condicio: le forze dell’ordine! Sono state molto collaborative durante tutte le procedure per il pride. Gay pride: cosa rispondete a chi vi ha accusato di esibizionismo? Bah, l’esibizionismo è ipocrisia solida: con tutte le tette in tv in prima serata o la pornografia a portata di mouse di qualsiasi minorenne, parlare di esibizionismo da parte di persone in un corteo è un problema che non capisco. Diritti degli omosessuali e “tutela della famiglia” possono coesistere? Certo. Se per famiglia s’intende quella tradizionale sì, perché l’unione civile tra omosessuali non sottrae nulla agli altri.

E poi anche quella gay è una famiglia. Sì: gay e famiglia per me possono coesistere perché possono essere la stessa cosa. Cosa chiede la comunità gay alla città di Cagliari? Abbiamo ottenuto delle cose, va riconosciuto: i registri per le unioni civili e le autorizzazioni per il pride. Ma chiediamo di più. Che a Cagliari ed in Sardegna, possa crescere il laboratorio delle idee sui diritti civili. Che non sono quelli di sposarsi, ma anche il diritto di sentirsi serenamente se stessi come diverso. Noi combattiamo la discriminazione, ma le diversità sono tante, e tutte devono avere uguali diritti. Parlo di immigrati o di chi vive in carcere. Per l’articolo 3 della Carta siamo tutti portatori di uguali diritti. È davvero così? (e.n.)


A P P R O F O N D I M E N TO

Assalto alla mensa Caritas

più 10 per cento in un anno In aumento i posti alla tavola dei poveri e degli emarginati. Crescono i “deprivati”, quelli costretti a rinunciare a cure sanitarie, vacanze e elettrodomestici

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ssalto dei cagliaritani alla famiglie indigenti. Secondo una stimensa Caritas: il 10 per ma, effettuata sulla base delle indicento in più in un anno. di Ennio Neri cazioni emerse nel corso di una e.neri@cagliaripad.it Un dato drammatico quello racricerca conclusasi nell’ottobre colto dalla Provincia. E poi c’è del 2011, il numero di persone la “deprivazione” sempre più che si sono messe in fila per otdiffusa che colpisce il ceto medio. E cioè tenere un pasto da delle mense collocate le difficoltà a pagare debiti, cure mediche, in città è aumentato di non meno del diema anche beni di prima necessità. E le ci per cento in un anno. prime vittime sono i bambini gli anziani e i malati. Indice di un malessere sempre La povertà assoluta è più presente tra più diffuso e che fotografa una realtà ben le famiglie con il capo famiglia in cerca precisa: la povertà sta aggredendo strati di lavoro (incidenza circa tre volte magsociali storicamente lontani dalla soglia giore), quelle con tre o più figli minori dell’indigenza. (due volte più elevata), gli anziani soli (1, 5 volte maggiore) e le persone con basso Queste almeno le indicazioni fornite titolo di studio (incidenza circa due volte all’Osservatorio sociale della Provincia più elevata). Non solo. Il fenomeno della di Cagliari dalla Caritas e dalle altre assopovertà risulta molto più esteso di quanto ciazioni che operano in contatto con le non appaia dai dati, pur molto allarman-

ti, che misurano l’incidenza dalla povertà assoluta. La ricerca condotta dall’Osservatorio ha anche messo in luce un disagio economico e sociale molto diffuso fra le famiglie del ceto medio della città. Disagio che rimane, nella grande parte di casi, ancora sommerso ma capace di generare quasi sempre uno stato di “deprivazione”, via via sempre più grave, che colpisce soprattutto i bambini e le persone anziane e malate. Per deprivazione si intende quando un individuo dichiara almeno tre di queste condizioni: non riuscire a sostenere spese impreviste, avere arretrati nei pagamenti (mutuo, affitto, bollette, debiti diversi dal mutuo), non potersi permettere una settimana di ferie in un anno lontano da casa. Poi: non poter fare un pasto adeguato (proteico) almeno ogni due giorni, non disporre di riscaldamento adeguato dell’abitazione, non poter acquistare una lavatrice. O ancora: non poter acquistare un televisore a colori, o un telefono e, infine, non poter acquistare un’automobile. I dati sono tutti contenuti nel Plus (piano locale unitario dei servizi) votato dal Comune dove viene suddivisa la spesa per i poveri da parte di via Roma. Complessivamente 38 milioni: 17 per disabili e malati, 8 ai disagiati, 5 agli anziani e 4 per famiglia e minori e 2 per l’infanzia e 200 mila euro per immigrati e nomadi.

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A P P R O F O N D I M E N TO

Scientology

chiesa o setta? Sono circa centocinquanta a Cagliari i seguaci di Ron Hubbard. Tra loro anche un ministro donna

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cientology. Religiosi per alcuni, una setta invasata per altri. Le prime tracce in città risalgono nel 1967, quando il fondatore della religione, Ron Hubbard, fece scalo a Cagliari durante un viaggio nel Mediterraneo. Ma ci vollero altri 20 vent’anni prima di vedere il primo gruppo di fedeli partire con le attività. La data ufficiale della presenza di Scientology a Cagliari è del 1987, grazie a un gruppo di fedeli che mossero i primi passi nella già esistente Chiesa di Nuoro. Attualmente sono 150 persone solo nell’area di Cagliari, altri ce ne sono prevalentemente a Oristano, Nuoro e Olbia. La sede cagliaritana di via del Fangario 27 è il punto di riferimento per tutti i fedeli della Sardegna. Il presidente (a tempo pieno) di Scientology in Sardegna ha 28 anni vive a Monserrato e si chiama Nicola Oi. Che tipo di attività svolgete? Come funzionano i vostri riti? Le funzioni religiose all’interno della Chiesa di Scientology si esplicano in quattro principali momenti: lo studio delle scritture del fondatore, le funzioni pastorali individuali, chiamate auditing e le tipiche celebrazioni religiose quali matrimoni, funzioni funebri, ordinazione del ministro e cerimonia di conferimento del nome una sorta di battesimo) e ovviamente il servizio domenicale. Ci sono

dui antisociali, le cui azioni sono dettate da una costante intenzione di nuocere il prossimo, dall’ignoranza e dalla volontà di fermare qualsiasi movimento che possa garantire benefici spirituali duraturi all’uomo, senza mai aver guardato da vicino le attività che si svolgevano nelle nostre Chiese, ma motivati esclusivamente dal pregiudizio, abbiano puntato il dito su noi e la faccenda sia stata sottoposta all’esame della giustizia ordinaria. Punpoi le attività nel sociale volte a divulgare il messaggio di vivere liberi dalla droga, divulgazione della dichiarazione universale dei diritti umani, campagne di moralizzazione. Ognuna di queste attività si svolge giornalmente, ad eccezione delle funzioni quali matrimoni, battesimi, ecc., che ovviamente avvengono all’occorrenza, e il servizio domenicale che chiaramente si svolge la domenica appunto. Chi finanzia le vostre attività? La Chiesa di Scientology si finanzia attraverso le contribuzioni dei fedeli che, col loro sostegno, permettono che le attività della Chiesa possano essere svolte. In passato Scientology è rimasta coinvolta in numerosi casi giudiziari. E’ vero che condizionate le menti dei più deboli? Ciò che è corretto affermare è che indivi-

tualmente la conclusione, testimoniata da ampia giurisprudenza in Italia e non solo, è stata il riconoscimento della religiosità di Scientology, la completa innocenza dei suoi fedeli e di conseguenza è sempre arrivata un’assoluzione. Scientology libera le persone e le mette in grado di pensare con la propria testa. (e.n.)

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V I T E PA R A L L E L E

Nobilis de pranta e de olia

quando la minoranza conta Un tempo influenti, ricchissimi e unici depositari del potere, oggi i membri dell’aristocrazia cagliaritana sono rimasti in pochi. Ma continuano a farsi sentire di Alessandro Desogus Commenta l’articolo su www.cagliaripad.it

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l sostantivo minoranza sottolinea l’appartenenza a un gruppo ristretto: di elettori, condòmini, razziale che, rispetto a una moltitudine o maggioranza di persone, non ha sufficiente forza per far valere le proprie convinzioni o idee; talvolta semplicemente per vivere.

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E’ però vero anche il contrario: uno sparuto gruppo di persone spesso è in grado di influenzare addirittura il corso degli eventi, nel bene o nel male. E’ il caso della nobiltà, una classe che nel vecchio mondo ha dominato per

lungo tempo e di cui alcune nazioni ancora conservano lo status. La nobiltà è generata dal concetto dell’attribuzione di speciali privilegi: il popolo ebraico attribuiva alla primogenitura speciali diritti, così in Grecia alcune famiglie vantavano discendenze divine di cui pote-


vano godere i discendenti, e così via fino al medioevo dove lo status e i poteri dei nobili sono normati in modo definitivo; le nobili origini hanno talvolta coinciso con spessore intellettuale e illuminismo, spesso hanno decretato una nobiltà a chi minimamente la possedeva. In Italia dal 1948 i titoli nobiliari non sono più riconosciuti, tuttavia 64 anni non sono poi tanti e così i “nobili”, pur non avendo uno status riconosciuto, permangono nell’immaginario collettivo. Certo, una minoranza in senso lato, sulla quale i più storceranno il naso. Anche in Sardegna l’aristocrazia ha fatto il suo corso e ancora i cognomi rivelano le famiglie che un tempo godevano di pri-

vilegi. Ma cosa significa appartenere ad una casta priva ormai di riconoscimenti ufficiali e di cui il più alto rappresentante “sbarca il lunario” partecipando a programmi di dubbio gusto? Un punto di vista lo dà Jole Tomassini Barbarossa, biologa e professoressa all’Università di Cagliari e figlia del Conte Barbarossa (chi non conosce il palazzo di famiglia a Castello?): “Ho sempre tentato di nascondere le mie origini, quasi vergognandomene” e racconta della voglia di “esistere” contando sulle proprie forze e cercando di fare a meno di un doppio cognome che, a volte, diventa pesante. Certo, la famiglia cerca di perpetuare le tradizioni, però “mi rendevo conto che per me certe cose non avevano senso”

continua Jole Tomassini, “se non portare avanti la scelta di studiare biologia anche contro la volontà di mio padre”; il tempo ha portato sia l’orgoglio del nome sia la stima dei genitori. Forse le nuove generazioni non stanno a soppesare troppo il titolo, le tradizioni contano ma lasciano anche il tempo che trovano, come conferma la “Contessa” (guai a chiamarla così) che cerca di trasmettere al figlio i valori democratici in cui crede. Insomma, vicissitudini che appartengono anche a famiglie meno blasonate ma che evidentemente sono proprie dell’essere umano, a prescindere dal cognome che porta.

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FOCUS ON

L’esercito degli studenti Sono trecentomila i pendolari che raggiungono la città per completare gli studi. Ecco chi sono e dove vivono

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rentamila studenti, sono dino quando può godere degli Claudia Sarritzu una città nella città, e Ca- di stessi «diritti» dei residenti. Per c.sarritzu@cagliaripad.it gliari assieme all’hinterfare un esempio banale: quando land ha la grande opportunità ho iniziato l’università, l’abbodi valorizzare e sfruttare questa presenza namento dell’autobus per gli studenti perper diventare una comunità in grado di metteva di usufruire di sole quattro corse accogliere e integrare i giovani fuori sede. a scelta. Si viveva in case del centro stoCosa è successo invece fino a oggi? Gli rico pagando l’affitto in nero. Oggi molstudenti si sono sentiti parte di Cagliari? to è stato fatto, sia nei trasporti pubblici Abbiamo intervistato Roberto Ibba di che nei servizi in generale. Ma purtroppo Sardara, classe “81, prima studente ora gran parte degli studenti sono ancora «indottorando, che da più di dieci anni vive a visibili». Da rappresentante degli studenti Cagliari per capire anche attraverso la proho affrontato i problemi degli studenti pria esperienza come vivono gli studenti fuori sede, che poi sono anche i problemi fuori sede. dei cagliaritani: il miglioramento della qualità della vita porta un maggiore benessere per tutti. Credo che la città in questi anni si Quando hai iniziato a sentirti integrastia aprendo, grazie anche al contributo di to? Forse dopo la fine dell’università, quando tante associazioni, fondate da studenti o ho iniziato a frequentare maggiormente i lavoratori fuori sede, che animano la vita cagliaritani. Anche se come dico sempre sociale e culturale cittadina. ai miei amici di Cagliari: non ci si può definire cagliaritani se non si dimostra di avere L’idea del campus aiuterebbe Cagliaalmeno un bisnonno cagliaritano. Ma col ri a migliorare la qualità della vita di tempo ci si sente sardaresi e cagliaritani uno studente? allo stesso tempo. Oserei di più: dopo Io sono sempre stato a favore del camquasi dieci anni a Stampace, con qualche pus. Ho vissuto la bellissima esperienza periodo di tradimento a Marina, mi sento della casa dello studente, ma oggi alcuanche stampacino. ne di quelle strutture sono inadeguate. Il campus permetterebbe di avere spazi sia Cosa significa l’integrazione di uno per le residenze che per le attività culturali: studente? Cosa dovrebbe fare una citlo immagino come spazio aperto e protà per integrare i giovani universitari? iettato verso la città con ambienti diversi, Uno studente si integra nel tessuto cittautilizzabili da tutti coloro che vivono a Ca-

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gliari. Capisco che un migliaio di affitti in meno, magari in nero, possano scatenare la reazione di una piccola parte della città che oggi «guadagna» dalla presenza degli studenti, e ne sono testimonianza le decine di marce indietro fatte in questi anni sul campus. Ma una struttura del genere arricchirebbe la città e contribuirebbe a renderla più europea. È vero che gli studenti nuoresi tendono a ghettizzarsi? Se sì perché? Ho tanti amici nuoresi e non mi risulta che si ghettizzino, anzi molti sono animatori della vita culturale e politica sia dell’università che della città. Forse gli studenti delle aree interne hanno un maggiore senso di identificazione: si conoscono tutti fra loro e mantengono i rapporti che si sono instaurati negli anni del liceo. Ma credo che in questi anni abbiano contribuito, assieme a tutti gli altri studenti, ad un miglioramento generale della condizione studentesca. Quali locali vengono frequentati soprattutto dai fuori sede? Uno dei locali dei fuorisede era soprattutto il Mupis e le serate danzanti si passavano al Varadero. Oggi non saprei: non esco più come un tempo. Negli ultimi anni mi sono specializzato più in ristoranti. Se volete posso darvi qualche suggerimento…


FOCUS ON

Sant’Elia, storia

di una riqualificazione mai nata Dal 24 aprile 1970, il giorno in cui Papa Paolo VI visitò Sant’Elia, come è cambiato e come cambierà il quartiere più povero del capoluogo?

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B

acino di voto di scambio, ghetto, quartiere malfamato, sono tre dei tanti epiteti che la popolazione cagliaritana attribuisce a Sant’Elia, un dormitorio con troppi pochi servizi e una sola opera pubblica, lo Stadio del Cagliari che ormai ha visto anche la squadra rosso blu emigrare. Sono infatti più le volte che il quartiere viene abbandonato che quelle in cui viene aiutato a crescere. Sono più le promesse fatte da giunte di destra o di sinistra, che le vere e concrete azioni per rilanciare urbanisticamente e culturalmente una delle zone più incantevoli della città. Ma la piaga più preoccupante arriva dal versante minori: la città di Cagliari infatti assiste 776 minorenni e di questi 184 arrivano proprio dal quartiere Sant’Elia. La crisi che tartassa i giovani e uccide i loro sogni incontra in questo quartiere il suo apice, sono troppi i ragazzini che, scopriamo leggendo le cronache cittadine, scelgono la strada dello spaccio o vengono coinvolti in aggressioni, rabbia e guadagno facile sembrano l’unico futuro per i ragazzi di un quartiere che storicamente la città ha voluto dimenticare esistesse. E la situazione peggiore la vive il cittadino per bene, tantissimi a Sant’Elia, costretti a vivere in una zona off limits dove non si riesce a sbloccare quel processo di emancipazione e integrazione già terminato in altri quartieri popolari della città. Sono

lontani anche i tempi del progetto di Renato Soru che all’epoca si incontrava con l’ex sindaco Emilio Floris per pensare una nuova Sant’Elia, 30 milioni di euro sfumati che sarebbero serviti a costruire non solo un piccolo porticciolo per avvicinare tutta la cittadinanza al quartiere, ma anche per buttare giù i palazzoni definiti dagli stessi abitanti invivibili, per costruire case sparse per tutto il territorio mettendo un punto all’emarginazione di cui soffre la popolazione. Utopia? Beh ora pare proprio di sì. Dal 24 aprile 1970, giorno in cui Papa Paolo VI visitò Sant’Elia, il quartiere più povero dell’intera zona, a oggi, cosa è davvero cambiato? In questo primo anno la giunta Zedda si è interessata allo Stadio Sant’Elia e all’arena concerti, ma gli abitanti del quartiere di cosa avrebbero bisogno? A fine anno 2011 il sindaco assieme agli assessori Marras e Frau avevano incontrato i residenti e annunciato che sarebbero arrivati investimenti per riqualificare i palazzi, installare caldaie a gas e pannelli solari. Per il mantenimento di questi impianti si era anche pensato a una possibile cooperativa di residenti. Di certo l’idea di buttare i palazzi non esiste più, ma si attende che l’Agenzia Regionale stanzi i fondi per ristrutturarli. Al Comune tocca la riqualificazione del Borgo vecchio compiendo tutti quei lavori pubblici attesi

da anni. Esistono poi due progetti comunali in campo, uno è quello del porticciolo che attende l’approvazione dell’Ufficio Tecnico Regionale, l’altro è quello, già approvato che può essere cantierizzato da subito, della riqualificazione del lungo mare che vedrà partire i lavori proprio dal tratto di Sant’Elia. Secondo il Comune di Cagliari i soldi che arriveranno per queste manutenzioni e per i due progetti del porticciolo, circa 9 milioni di euro, e del lungo mare, assieme alla dotazione di strutture adibite a uso commerciale, faranno di Sant’Elia finalmente un quartiere normale a misura di cittadino. Che sia la volta buona? Lo speriamo. (c.s.)

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R E P O R TA G E

La Casa al mare Francesco Sartori Una riqualificazione lunga un decennio nella splendida cornice di Funtanazza di Alessandra Ghiani

*(testimonianza e foto d’epoca tratte da www.exmontevecchio.com) Commenta l’articolo su www.cagliaripad.it

A

ngolo di paradiso “Un’attrazione singolare che incantava i bambini arrivati dai poveri paesi del Campidano, Marmilla, Trexenta, Sulcis, era la vasca rivestita di piastrelline colorate, con uno zampillo a getto continuo. E le sorprese continuavano. Terrazze immense, saloni rivestiti di parquet, refettorio ampio, luminoso, attrezzato di montacarichi e carrelli per i cibi, ascensori, bagni e docce a misura

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d’uomo e di bambino e altoparlanti attraverso i quali si diffondevano annunci e musiche”*. Iride Peis, vigilatrice d’infanzia, lavorò nella Casa al mare Francesco Sartori dal 1961 al 1965. La descrive come un angolo di paradiso nel quale tutto funzionava alla perfezione: dall’organizzazione delle attività ai rapporti umani.

La Montevecchio, Società Italiana del Piombo e dello Zinco, fece costruire nell’ insenatura di Funtanazza, nella Costa Verde, un imponente complesso nel quale i figli dei minatori avrebbero potuto trascorrere le loro vacanze. Nacque così la colonia marina Francesco Sartori – che prende il nome dal suo fondatore - inaugurata il 13 maggio 1956.


Nella pagina di sinistra: Montevecchio:anno 1956, inaugurazione della

Sempre nella pagina di sinistra: le piscine della Casa al

“Casa al Mare Francesco Sartori”-colonia marina di Funtanazza, il taglio

mare Sartori ieri e oggi*

del nastro. In questa pagina: la terrazza dell’ex colonia marina negli Foto:Archivio Storico del Comune di Iglesias (Ca)

La casa poteva ospitare fino a 600 bambini la cui permanenza era divisa in tre turni da 26 giorni. La società mineraria fece anche costruire 18 chilometri di strada e un acquedotto. Davanti alla spiaggia venne realizzata una pineta di 8 ettari che ancora oggi, insieme alla fitta macchia mediterranea, fa da cornice a quell’angolo di costa. La colonia è stata abbandonata alla chiusura delle miniere negli anni settanta. Soru & Soru a Funtanazza Nel 2000 la Riva di Scivu Srl, società lombarda, acquistò dall’Eni Scivu e Funtanazza per 3,6 milioni di euro, con l’intenzione di realizzare a Scivu un villaggio turistico da 80 mila metri cubi e 1.200 posti letto e a Funtanazza, al posto dell’ex colonia marina, una dependance riservatissima della società. Nel 2003 la società Monteverdi, amministrata da Emanuele Soru (fratello di Renato), acquistò l’intero pacchetto azionario della Riva di Scivu per 3,2 milioni di euro, subentrando nel debito con l’Eni (3,6 milioni) per la cessione delle due aree. I terreni di Scivu vennero quasi subito ceduti gratuitamente da Soru alla Conservatoria delle coste della Sardegna mentre per Funtanazza si parlò di un progetto di riqualificazione e ristrutturazione dei caseggiati già esistenti. Il progetto però

anni ’60 e oggi*

si fermò nel 2004, quando Soru fu eletto Presidente della Regione sarda e manifestò l’intenzione (mai attuata) di rivendere la proprietà per evitare conflitti di interesse. Il giallo della proprietà Nel 2005 Mauro Pili, consigliere regionale di Forza Italia, mise in discussione la proprietà dei Soru facendo riferimento a un accordo di programma con cui la società Riva di Scivu (quando si impossessò dei terreni) si impegnava a portare avanti entro cinque anni i progetti di sviluppo turistico: trascorso quel tempo, la proprietà sarebbe passata al Comune di Arbus. Soru, secondo Pili, acquisendo la società ne ereditò anche obblighi e vincoli. Essendo poi scaduti i termini dell’accordo e non avendo mai richiesto nemmeno le licenze edilizie avrebbe dovuto restituire i terreni al legittimo proprietario. L’allora sindaco Mondo Angius dichiarò di non aver alcuna intenzione di muoversi per ottenere il possesso della colonia poiché mancava ogni certezza sul valore giuridico dell’accordo di programma che era rimasto incompiuto per lo stralcio della parte relativa a Scivu. Inoltre la Monteverdi precisò che le licenze edilizie erano state richieste, non solo dalla stessa società, ma già anche dalla Riva di Scivu nel 2002.

Oggi “Il Comune di Arbus dovrebbe reclamare ciò che è suo. Se le richieste di concessione son mai state presentate bisognerebbe chiarirne tempi e modi”. Mauro Pili non abbandona le sue posizioni ed è convinto che il Comune di Arbus stia rinunciando a qualcosa che è suo di diritto. “Chi comprerebbe un’automobile con l’idea di lasciarla in garage?” risponde così Emanuele Soru alla domanda se i lavori a Funtanazza si faranno o meno. Il progetto, già presentato e poi rivisto, realizzato dall’architetto Antonio Citterio è stato appena presentato al servizio urbanistica e Francesco Atzori, sindaco di Arbus, lo conferma: “Aspettiamo tutti con ansia l’inizio dei lavori a Funtanazza, a noi interessa creare sviluppo e occupazione. Speriamo solo che non ci sia da aspettare ancora troppo. Il progetto aspetta solo di essere approvato”. Messa da parte, ma soprattutto smentita dal fratello Emanuele, l’idea di Renato Soru di vendere Funtanazza alimentando intenti speculativi, pare che, dietro lo stato di inesorabile abbandono nel quale versa l’ex colonia estiva, qualcosa si stia muovendo.

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T R A F E D E E TO L L E R A N Z A

Per non essere più figli di un Dio minore Un cimitero per atei e musulmani e un luogo di culto per tutte le fedi: sono le richieste delle diverse confessioni presenti in città

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U

n cimitero per atei e musulmani e un luogo di culto per tutte le fedi, queste le richieste delle diverse confessioni presenti in città Un cimitero separato, distinto da quello per i cattolici, un luogo destinato ad accogliere esclusivamente i propri defunti, questo chiedono, da opposte prospettive, gli atei e i musulmani di Cagliari. Nel cimitero di San Michele esiste già uno spazio riservato genericamente alle sepolture dei “non cattolici”. «Noi vogliamo cimiteri islamici distinti da quelli cattolici», spiega Luca De Martini, cagliaritano

convertitosi all’islam e membro del direttivo dell’associazione El Hoda. «Molti musulmani attualmente sono costretti a rispedire nei paesi d’origine le salme dei propri defunti, affrontando alte spese di trasporto, che raggiungono anche i 4 mila euro». Lo stesso fanno molti cittadini italiani di fede islamica, che chiedono di essere sepolti in un paese arabo “adottivo”, rifiutando la tumulazione in un cimitero cristiano. Il Cimitero di San Michele a breve sarà interessato da lavori di ampliamento. I musulmani chiedono che nel nuovo progetto venga individuato uno spazio più

ampio e soprattutto autonomo da dedicare ai propri defunti. «La nostra religione proibisce categoricamente la cremazione dei corpi – ricorda De Martini – inoltre, i resti devono essere sepolti nel terreno, non impilati nei loculi come in molti cimiteri cristiani». Lo spazio che reclamano i musulmani è quindi molto ampio, anche perché, nelle loro intenzioni, il cimitero di Cagliari dovrà accogliere le salme dei sempre più numerosi immigrati presenti in tutta l’isola, dei convertiti e dei familiari di coppie miste. In Italia esistono già alcuni cimiteri solo per musulmani. Il più famoso è quello storico di Anzio, dove sono sepolti i magrebini caduti durante la Seconda guerra mondiale. Partendo da altri presupposti, anche il circolo Uaar, Unione degli Atei e degli Agnostici razionalisti chiede al Comune uno spazio dedicato per seppellire i propri morti. Il circolo raccoglie 80 soci, «ma molti sono i simpatizzanti, le persone non credenti che, una volta defunte, vorrebbero essere sepolte in un terreno non consacrato, senza essere obbligate a seguire i vari riti religiosi», spiega il coordinatore cittadino, Stefano Incani. Dal punto di vista dell’Uaar, risolverebbe il problema semplificare le regole riguardo la cremazione dei corpi. Gli atei chiedono la libertà di spargere le ceneri del defunto

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nell’ambiente, in luoghi ben individuati dal Comune, superando il problema di ricercare nuovi spazi per le tumulazioni. «Esiste una legge nazionale che disciplina la materia – protesta Incani – ma il regolamento di polizia mortuaria comunale è carente e prevede che solo in determinate circostanze le urne possono essere custodite in casa». Le esigenze di atei e musulmani sembra abbiano trovato un interlocutore attento nell’assessore comunale alle Politiche sociali, Susanna Orrù, che si è detta disponibile a trovare nuovi spazi per i “non cattolici” all’interno del cimitero di S. Michele Un’occasione di confronto fra le differenti confessioni presenti nel cagliaritano e le istituzioni sono le riunioni organizzate dalla sottocommissione Integrazione sociale, Educazione e Comunicazione interculturale e Dialogo interreligioso. Istituita tre anni fa, la Sottocommissione ha lavorato all’interno del Consiglio ter-

ritoriale per l’Immigrazione della prefettura. Il problema principale per tutte le confessioni minori è quello di reperire gli spazi per celebrare i propri culti. La Chiesa ortodossa del Montenegro, che raccoglie un discreto numero di fedeli a Cagliari, ad esempio, deve affidarsi agli spazi messi a disposizione generosamente dalla Chiesa cattolica. Spazi che essendo spesso ridotti costringono i praticanti a celebrare le liturgie più solenni nelle case private. Migliore la situazione per la Chiesa cristiana evangelica battista, presente a Cagliari dal 1877. Ha a disposizione un luogo di culto in Piazza Costituzione, sorto su un terreno donato da privati. Dispone, inoltre, di una “Casa sociale” al Poetto, acquistata dalla Chiesa luterana, dove una volta al mese si svolge un incontro comunitario. Non va meglio alla comunità musulmana. Nel cagliaritano si contano 3 mila cre-

denti di fede islamica, mentre la piccola moschea della Marina ospita al massimo 100 persone. I fedeli hanno chiesto un posto che, non solo possa essere adibito a luogo di culto, ma che possa fungere da Centro culturale. Analoga richiesta da parte della Comunità islamica senegalese che, costituitasi nel 1991, da circa 10 anni si ritrova in uno stabile di proprietà, in via dei Papaveri a Quartu Sant’Elena. Massima apertura verso le altre Fedi è da sempre stata espressa dalla Caritas diocesana e anche la presidente della provincia di Cagliari, Angela Quaquero, ha sottolineato più volte come «ogni confessione religiosa abbia ormai maturato l’esigenza di autodeterminarsi ed autogestirsi». Nella pagina di sinistra il Cimitero di San Michele, presto i lavori di ampliamento

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CURIOSITÀ

Domande e risposte Commenta l’articolo su www.cagliaripad.it

lo stadio è dedicaP erché to a Sant’Elia?

Lo stadio prende il nome dall’area dove è stato costruito nel 1970. Il terreno faceva parte delle saline e il nome era quello del santo al quale era intitolato il monastero costruito sulla Sella del diavolo. Dell’antica struttura, distrutta definitivamente per realizzare le fortificazioni militari della Seconda guerra mondiale, oggi restano poche tracce.

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Chi costruì la Torre dell’elefante?

La torre venne costruita nel 1307, su ordine dei consoli pisani Giovanni De Vecchi e Giovanni Cinquini, dall’architetto sardo Giovanni Capula, che due anni prima aveva edificato la “gemella” Torre di San Pancrazio. Progettò anche una terza torre, la Torre del Leone, recentemente rinominata Torre dell’Aquila, ed incorporata nel Palazzo Boyl

poiché venne gravemente danneggiata nel 1708 dai bombardamenti inglesi, nel 1717 dai cannoni spagnoli e infine nel 1793 dall’attacco da parte dei francesi durante il quale perse la sua parte superiore.

In che anno venne inaugurata la via Roma?

La via Roma venne inaugurata il 6 gennaio 1883 [1]. L’area attraversata dalla


strada era precedentemente in gran parte occupata dalle mura e dai bastioni del quartiere Marina, smantellati a partire dal 1880 per esigenze igieniche e in seguito anche alle disposizioni del regio decreto del 31 dicembre 1866, con il quale la città di Cagliari perdeva la sua funzione di piazzaforte militare.

La fondazione di Cagliari secondo la leggenda?

La leggenda, narrata dallo scrittore latino Solino, vuole che Caralis sia stata fondata da Aristeo, figlio del dio Apollo e della ninfa Cirene, giunto in Sardegna dalla Beozia nel XV secolo a.C. circa. Aristeo introdusse in Sardegna la caccia e l’agricoltura, riappacificò le popolazioni indigene in lotta fra di loro e fondò la città di Cagliari, sulla quale in seguito regnò. Secondo alcune fonti Aristeo venne accompagnato in Sardegna da Dedalo, il quale, secondo gli antichi greci, sarebbe

Nella pagina di sinistra un immagine dei portici di Via Roma In questa pagina la Torre dell’Elefante

l’artefice delle imponenti opere dedalee (i Nuraghi) presenti sull’isola.

Cosa significa il nome Karalis?

Max Leopold Wagner fece risalire il termine Karalis al protosardo, trovando riscontro con i toponimi Carale di Austis, Carallai di Sorradile, Karhalis o Karhallis della Panfilia e Karhalleia della Pisfidia. Inoltre il toponimo Karalis è da collegare con gli appellativi cacarallai, criallei, crielle, chirelle, ghirelle (crisantemo selvatico e macerone) e garuleu, galureu, galileu (polline depositato nel miele, che è di colore giallo oro), che hanno affinità con l’etrusco garouleou (crisantemo selvatico).

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S TO R I E

Un cuore pieno di speranza Storia di Kilap Gueye, rappresentante della comunità senegalese a Cagliari. Che dopo i primi anni difficili oggi è un esempio di felice integrazione. di Maura Madeddu

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a sempre il “cuore pieno di speranza” Kilap Gueye, come scriveva nel racconto del suo viaggio in “La Panchina. Ovvero, ha senso emigrare?” pubblicato nel 2008 da Aipsa, che gli ha fatto vincere il Premio Letterario Francesco Alziator a Cagliari nel 2010. Emigrato dal Senegal dopo gli studi, alle spalle una famiglia di sette fratelli, Kilap insegna da 9 anni francese in una scuola media di Cagliari, e si occupa di cooperazione internazionale e di turismo responsabile. E ci ha voluto raccontare un po’ della storia sua e dei suoi “amigos” senegalesi trapiantati in Sardegna, una storia quotidiana, in corso. “L’occupazione che c’è stata prima del 2000 era un’immigrazione di pri-

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ma accoglienza, venivamo qui e fare gli ambulanti andava bene, perché ci permetteva di tornare spesso in Africa dalle nostre famiglie e di sostenerle. Dopo il 2000, i giovani che arrivano sono ragazzi che hanno studiato, come me, e quindi hanno qualche aspettativa in più” . La comunità senegalese ha iniziato ad essere consistente in Sardegna, e specialmente a Cagliari, negli anni ottanta, è stata una delle prime comunità straniere ad arrivare e oggi viene superata da cinesi e filippini. Inizialmente, come racconta Kilap, facevano solo gli ambulanti, ma il crescere della loro comunità ha fatto sentire l’esigenza di un maggiore scambio con il territorio e di tutela, con occupazioni diverse: alcuni come Kilap sono insegnanti, altri si occupano dei sindacati e di mediazione culturale. Salsiccia fresca e secca lardo pepato, pancetta... Molti restano nel specialità prodotte solo da suini sardi commercio. Una città nella città. “Di recente abbiamo preso una casa a Capitana per le feste religiose della nostra comunità, per le quali prima non trovavamo uno

spazio. Ma il problema degli alloggi in generale resta, principalmente per diffidenza. Con le istituzioni abbiamo un buon rapporto, ma sono i più giovani, i ragazzi che sono nati qui da genitori immigrati, ad avere le difficoltà maggiori: a scuola subiscono ancora discriminazioni, oltre al fatto che non è facile ottenere per loro la cittadinanza nonostante siano nati in Italia.” Si parla tanto di integrazione, rispetto, di un razzismo che và scomparendo, nei confronti delle tante comunità straniere, piccole o grandi, che vivono nelle nostre città. Ma siamo noi a dirlo, pensando che la loro voce possa ricalcarsi sulla nostra. Dai loro racconti invece emergono ancora delle ritrosie, sebbene il loro atteggiamento sia complice: “Non chiediamo subito l’integrazione ma almeno un’interazione che ci permetta di lavorare insieme, e vincere la diffidenza. Serve maggiore apertura, reciproca.”.


Frescodì sempre più a chilometri zero N

iente più camion che dalla Spagna scaricano frutta e verdura. Niente più passaggi dal produttore, ai mercati generali, al grossista. Niente più prodotti che perdono la loro freschezza nei lunghi giri della filiera dell’ortofrutta. È una vera e propria involuzione della globalizzazione quella messa in atto da tutti i negozi Frescodì di Cagliari, che diventano sempre più a Km zero. Acquisiti nell’aprile scorso dalla Greencomm i punti vendita verranno riforniti dai prodotti coltivati nei 10 ettari di serre e campi aperti di proprietà, distribuiti tra Sestu e Assemini.

Da queste campagne e da quelle vicine arriverà l’80 percento del fabbisogno dei Frescodì, il restante 20 percento è costituito da frutta esotica non coltivabile in Sardegna. La filosofia è quella di invertire l’approccio al mercato: non più produrre ortofrutta per poi cercare gli acquirenti, ma stare attenti alle richieste dei clienti e in base a queste decidere su quali prodotti puntare. In questo modo tutto ciò che si produce viene venduto, inoltre si ha più qualità e più freschezza, perché la stessa persona che pianta il seme vende il prodotto al consumatore.

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L’ E V E N T O

Sant’Anna Arresi

il festival quasi mancato Una delle rassegne più importanti d’Europa quest’anno ha rischiato la chiusura a causa dei finanziamenti che faticano ad arrivare. Eppure gli ospiti sono di rilievo internazionale e attirano turismo specializzato: un toccasana per il Sulcis. di Cesare Giombetti Commenta l’articolo su www.cagliaripad.it

C

ominciamo dalle suggestioni. Nell’impianto stereo viaggiano le note di Rob Mazurek, Mula sem cabeça, respiro d’Amazzonia. Davanti a noi c’è Basilio Sulis, presidente dell’associazione Punta Giara, promotrice del festival jazz di Sant’Anna Arresi. Che ancora una volta si farà, come accade ogni anno dal 1985, Ai confini tra Sardegna e jazz ci permette di vivere queste e altre emozioni dal vivo. Nonostante tutto. Nonostante le sovvenzioni, cruccio, ogni anno, dell’associazione Punta Giara. Mai però come in quest’anno orribile. In sintonia con la crisi, infatti, sono arrivati i tagli, anche sostanziali, ma, soprattutto, l’incertezza relativa alla data dell’erogazione. Fino all’ultimo non si sapeva se fosse il

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caso di attivare il festival e, in extremis, si è deciso di sì, ma a rischio e pericolo di non avere i soldi per pagare le prime spese, rischiando di perdere la possibilità di ascoltare nomi quali Horacio ‘El Negro’ Hernandez, la Sao Paulo Underground, Rob Mazurek (presente con una prima mondiale e che convolerà a giuste nozze proprio nei giorni del festival), Hermeto Pascoal e altre esclusive italiane ed europee Che fare, dunque, per il futuro? “Beh, la domanda può apparire ingannevole perché purtroppo il problema è il presente non il futuro. Noi, come Associazione Culturale Punta Giara, riteniamo che la situazione della cultura italiana e nella fattispecie sarda sia disperata e disperante. Il mostro

burocratico, ormai alla stregua di un mastodonte che si trascina su se stesso, gareggia con una classe politica che latita e rifiuta di dare risposte concrete. Il vero problema degli addetti ai lavori nel settore culturale non è l’entità del finanziamento bensì il ritardo nell’erogazione dello stesso, fatto che costringe le organizzazioni a percorrere strade, per usare un eufemismo, poco confortevoli e sempre più dissestate. La drastica riduzione dei fondi sarebbe largamente compensabile se i contributi venissero erogati entro i primi due mesi dell’anno. Solo in questo modo con sicurezza si potrebbe programmare ed organizzare un festival. È sia un problema formale che sostanziale. Io, come presidente di Punta Giara, non ho una sfera di cristallo che mi possa svelare trucchi o magie capaci di sbrogliare la matassa di disinteresse che ormai ci circonda e sommerge. Di sicuro so che anno dopo anno vengono meno le precondizioni che permettono una progettazione sicura, magari anche su base triennale, rendendo possibile in questo modo anche la creazione e lo sviluppo di collaborazioni continuate fra la Sardegna ed il mondo circostante che oggi, come possiamo vedere, si è di molto rimpicciolito. La realtà dei fatti, purtroppo, è che ci troviamo a vivere una situazione tale per cui la cultura è


considerata alla stregua di una merce qualsiasi e senza significato, peggio ancora quando si parla di musica, arte per sua natura eterea e volatile. A noi non spetta dare soluzioni ma sollevare problemi, per la risoluzione degli stessi immagino ci sia una struttura politica preposta. Il futuro si scrive ma il presente si vive, l’unica certezza per ora è il nostro passato che sta lì dal 1985 come un monumento mai statico, un monito in continua evoluzione proprio come il jazz, che rinnova costantemente se stesso diventando punto di connessione di ogni cultura musicale del mondo senza mai perdere però il suo fondamentale messaggio di totale libertà espressiva al

quale da sempre la nostra associazione si ispira restando fedele alla musica senza compromessi ed agli ascoltatori senza pregiudizio. La nostra associazione, per statuto, ha l’obbligo di chiudere il bilancio in pareggio. Essendo una onlus le è vietato qualsiasi guadagno e perciò dipende interamente da contributi pubblici o eventualmente donazioni private.”

Nella pagina di sinistra dei rendering digitali da opere su tempera di Rob Mazureki A fianco Dana Leong, foto di Mat Szwajkos

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LE SAGRE

L’estate sta finendo

è tempo di sagre Si inizia da Giorgino dove, nel villaggio dei pescatori si rinnova da 27 anni una festa popolare legata ai prodotti ittici

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E

state: tempo di ferie, complice il caldo; quindi vacanze, mare. E sagre. In tutta la Sardegna non c’è piccolo o grande centro che non ne abbia una: le pesche, la pecora, le arance e così via. E Cagliari non è da meno; città sul mare non poteva non avere una festa legata ai prodotti ittici e tra tutte la più blasonata è la sagra del pesce al Giorgino, villaggio pescatori. Una festa popolare che si tiene sempre nella prima settimana di settembre (quest’anno sarà l’uno e il due) e si rinnova ormai da 27 anni. Caparbio organizzatore è Carlo Floris, che nonostante la crisi e la stanchezza è deciso a non far morire l’avvenimento: “certo, i soldi sono sempre meno, nonostante il patrocinio del Comune e della provincia di Cagliari” dice stancamente, raccontando come la sagra abbia ormai raggiunto dimensioni ragguardevoli; i numeri della festa sono, infatti, degni dei grossi eventi: 25 arrostitori che garan-

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tiscono la cottura del pesce e 25 donne che provvedono a distribuirlo a più di diecimila persone. E poi il pesce: 26 quintali tra muggini, polpi, sardine, fritto misto e burrida; tutta piccola pesca, sottolinea Floris, come nella tradizione. Nella piazzola del quartiere, vicino alla chiesa della madonna di Fatima, si allestiscono i tavoli e i chioschi che accoglieranno le lunghe file di cagliaritani, ma non solo, pronti a gustare “sa lissa” arrosto (muggine) e la burrida. Non solo cagliaritani, si diceva: “abbiamo numerose chiamate dal continente, merito del risalto dato alla sagra sul sito del Comune di Cagliari” afferma Floris, rimarcando che l’iniziativa potrà avere un futuro se supportata da un massiccio afflusso di turisti. Insomma, un volano per il turismo di una città con vocazione turistica ma poco coltivata. L’iniziativa promossa dal comitato del quartiere Giorgino, nacque

principalmente per valorizzare un quartiere altrimenti destinato a scomparire, soprattutto dopo la nascita della nuova strada che lo ha tagliato fuori dalla città. Sembra però che l’organizzazione sia riuscita nel suo intento, merito anche di una festa fedele alle tradizioni e vissuta in allegria, senza mai incidenti o risse. E magari il segreto è proprio questo: semplicemente una festa popolare (a.s.)

Nella pagina, foto (crastulo. it) della manifestazione che da 27 anni si tiene a Giorgino, al villaggio dei pescatori,in provincia di Cagliari.


I L R A C C O N TO

Selvaggia

di Emanuele Melino

La sveglia squillò alle 7,30 in punto come al solito, come ogni mattina, ma solo a mezzogiorno Luca aprì gli occhi. Il sapore amaro in bocca di chi ha alzato troppo il gomito, la fronte bagnata e la schiena attaccata come un adesivo alle lenzuola, inzuppate di sudore. Si era svegliato di soprassalto, come se dovesse fare qualche cosa, ma quella mattina non aveva nessun appuntamento. Gli occhi ancora stanchi, avevano scrutato nella penombra della stanza alla ricerca di qualche elemento familiare, senza trovarne, poi aveva fatto scivolare la mano dall’altra parte del letto, ma quella donna che la notte precedente lo aveva sconvolto, non c’era più. Rimase a letto ancora qualche minuto a contemplare, a ricordare quello che era accaduto. Cercava di ricordare quella figura così magica, quegli occhi scuri e penetranti, quei movimenti sicuri e allo stesso tempo dolci che lo avevano sopraffatto, avevano sconfitto ogni suo possibile timore, facendogli perdere il controllo. Quella figura lo aveva portato indietro nel tempo, alla natura primordiale, era tornato cacciatore e allo stesso tempo per lei era solo una preda. Selvaggia, ecco era finalmente riuscito a focalizzare il suo nome, gli aveva lasciato dentro emozioni che pensava di aver perso per sempre. Si alzò dal letto senza riuscire a capire se quello che era accaduto fosse un sogno. I ricordi erano annebbiati dall’alcol, dai fiumi di birra e di mirto che aveva bevuto insieme a lei. Andò in cucina, voleva bere al più presto un caffè, e aprì la finestra. Il sole, nonostante l’ora di punta, era pallido come solo nelle città del nord può essere.

Riempita la tazza, iniziò a sorseggiare il caffè assaporando ogni singolo attimo di quella situazione. Dalla finestra entrò un flebile soffio di vento, una carezza senza profumi, un sole senza colori. Luca portava dentro di se altre immagini, altri ricordi. Selvaggia, il profumo di ginepro, di ginestra, l’odore della terra bagnata da poche gocce di pioggia, flagranze trasportate dal vento di Maestrale, travolgente ed energico come lei. Quel flebile soffio di vento aveva fatto riemergere i sapori del mare e della terra, la salsedine che aveva assaporato insieme a lei mentre erano stesi sulla sabbia. Tutto era diventato reale, anche il sogno della notte precedente, era stato cancellato ed era tornato opaco come la vita che Luca conduceva ormai da tempo. In lui era rimasto il ricordo di quel periodo trascorso insieme a lei, Selvaggia e misteriosa. Non voleva che il tempo cancellasse quel ricordo, quei momenti, quelle giornate. Era pronto a tornare, era sicuro che l’avrebbe trovata ancora lì, pronta ad accoglierlo ancora, pronta ad abbracciarlo e a regalargli piccole e grandi emozioni. Bastò solo un attimo per decidere, un istante per trasformare radicalmente la sua vita. Raccolse poche cose, riempì la valigia, prese un taxi e raggiunse l’aeroporto. Salì sul primo volo e dopo un’ora tornò da lei, tornò sull’Isola. Selvaggia lo abbracciò come la prima volta, il vento di Maestrale lo strinse a lei e non lo lasciò andar più via.

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S P E C I A L E M I S S I TA L I A

Ăˆ Sonia la nuova

Miss Sardegna 30


Commenta l’articolo su www.cagliaripad.it Nella pagina di sinistra Sonia Schiavon, Miss Sardegna 2012

È

Sonia Schiavon, ventenne di Arborea, la Miss Sardegna 2012. Sarà lei a rappresentare l’Isola con la fascia più prestigiosa alle fasi finali del concorso nazionale. La Schiavon, occhi e cappelli castani, studia da operatrice sociale ed è un’atleta. Si allena da anni in pista e la sua specialità è il salto in lungo. La nuova Miss Sardegna parteciperà di diritto alle finali nazionali trasmesse il 9 e il 10 settembre in diretta su Rai Uno sotto la magistrale conduzione di Fabrizio Frizzi. Oltre alla Schiavon la squadra di ragazze sarde che parteciperanno alle prefinali di Montecatini terme è stata completata. Saranno:

Miss Sportiva Sardegna 2012 Sara Maria Pani, 23 anni di Quartu S. Elena

Miss Deborah Milano Sardegna 2012 Valentina Vallascas, 22 anni di Cagliari

Miss Eleganza Silvian Heach Sardegna 2012 Melania Ecca, 18 anni di Serramanna

Miss Benessere Specchiasol Sardegna 2012 Sabrina Lusso, 21 anni di Quartu s. Elena

Miss Rocchetta Bellezza Sardegna 2012 Vanessa Castagna, 26 anni di Sarroch

Miss Wella Professionals Sardegna 2012 Carla Ortu, 21 anni di Selargius

Miss Miluna Sardegna 2012 Melinda Mereu, 18 anni di s. Andrea Frius Miss Cinema Planter’s Laura Manzella, 24 anni di Mazara Del Vallo Miss Sorriso Fiat Sardegna 2012 Francesca Pibi, 19 anni di Terralba

Miss Ragazza in Gambissima Luciano Barachini Sardegna 2012 Arianna Mura, 18 anni di Villamar (c.p.)

Sotto, tutte le partecipanti al consorso

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L A I F S TA I L

La famiglia Usai di Alessandra Ghiani a.ghiani@cagliaripad.it

Ayò in Egitto

seconda parte

Peppi e Pinuccia ricevono in regalo per il loro anniversario un viaggio a Sharm

Ayò Pinù, arziandi tui puru. M’è capittau unu cammello chi c’ha perdiu una gobba! Prendi quello con due tu, che sarà più comodo!” “Non è un cammello senza una gobba! Si chiama dormedario! E non urlare che fai spaventare la bestia e te ne disarpiona! Io non ne salgo che vedo che ti stanno sbattendo gli arrighi in quella gobba, ma molle è o dura?” “Mmmm arrori! Tostadedda mi paridi! Forse davvero è meglio che te ne stai giù, con quelle contrazioni che hai nella schiena non vorrei poi che me ne rimani immobiliata a letto!” Peppi e Pinuccia proseguono la loro vacanza in Egitto e di tanto in tanto si concedono qualche escursione. “Certo però Pinù che cun sa basca chi c’esti potevi anche evitare di farmi mettere custa conottera della salute. Seu prus pudesciu de su cammellu!” “O Peppi, ma ti ricordi l’estate scorsa quando siamo andati in Trentino che ti sei preso una bella bronchita perché te ne sei uscito di casa senza canottera e senz’e mudanda longa? Non mi freghi più, visto che non hai il grado di badarti da solo ti bado io!”

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“La ca dui fianta trinta gradus‘e mancu!

Stai tranquilla che qui l’unica cosa che rischio esti de m’intossicai a fragusu! Okei is atrus, ma a fragai a tipu crapittu non mi praxidi eh! Domani non me la metto!” “Fai come vuoi, tanto sei più cuociuto di un muro!”. I due passano la maggior parte del tempo a dirsene di tutti i colori quando a un certo punto la loro attenzione viene catturata dalle urla di un’altra coppia seduta su uno stesso cammello: “Ayò Tinna! Chi non d’accabbasa de segai sa conca ti strecc’a terra! Sei voluta venire in Egitto? E qui ci sono i cammelli, c’è il deserto e c’è caldo! Chi olliasta friscura e profumusu fiasta abarrada a Burcei!” “Ooooh Nanni ma cosa ti credi di essere molto viaggiato? E ieri chi è che voleva entrare in cucina a chiedere se avevano il maialetto? Mancu malli che ti ho fermato in tempo altrimenti nello spiedo avevano messo te! Non lo sai che questi per i maiali hanno un’odorazione totale? E poi chi è che stava per prendere a pugni l’egiziano perché quando sono passata si è forrogato sotto la veste? Non dare tutte le colpe a me, io mi credevo che venivamo a vedere le


piramidi e invece seusu pighendi pruniu e fumendi narilé!” Tinna e Nanni, due turisti sardi di Burcei, si presentano così a Peppi e Pinuccia che sentendo due conterranei in terra straniera si illuminano. “Salludi!” grida Peppi rivolto ai due “Arrori bellu! De innui seisi?” Iniziano così a parlare e conoscersi Tinna e Nanni con Peppi e Pinuccia trovando tra loro delle alchimie rare e insperate. “Tutto il mondo è palese” commenta contento Peppi che ha trovato degna compagnia per il lungo viaggio verso le piramidi. “Non sto più nelle celle, credevo di dovermi fare tutto il viaggio con mia moglie murrungia murrungia. E invece si seusu agattausu. Ayò Nanni, itta ‘ndi nasa se ci facciamo un giretto nello scuosh e lasciamo le signore a farsi fare i tatuaggi alle né??” “E itt’ei custo scuosh?” chiede Nanni “Oooh Peppi, non d’azzecas una! Cuoddi hanno detto che si chiama! Una speci’e trattoreddu po’ curri in sa sabbia!”

Prima di poter dire o fare qualsiasi cosa le mogli si ritrovano a guardare i propri mariti che come dei forsennati corrono avanti e indietro sulla sabbia del deserto del Sinnai. Con loro c’è un consistente gruppo di altri uomini, turisti e non, che come in una grande compagnia improvvisano gare cercando di sgommare e impennare per fare a chi è il più figo. Per un bel po’ le due signore restano ad osservare cercando di ripararsi in mille modi da tutta quella polvere sollevata dai loro mariti e dagli altri del gruppo. Ad un certo punto, però, tutte e due sospirano, si guardano, senza dirsi una parola girano i tacchi e si dirigono verso alcune tende che vendono souvenir: “O Tinna, as biu, sardusu o tunisinusu, egizianusu o francesusu, is ominisi, in dognia logu, sempri scimprus funti!”...

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COLPI DI PENNA

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Nome: Lexa Professione: Scrittista (tra giornalista e scrittrice)

N

on esiste solo quello che si riesce a vedere. Guardare con gli occhi degli altri, attraverso realtà sconosciute, a volte può servire.

lexa@cagliaripad.it

Tra le mani un libro: Benvenuti in psichiatria di Nanni Casula. Ricordi, frammenti, esperienze di un educatore in un reparto difficile. Non solo pagine ricche, ma un salto violento nel passato, per me. L’ho visto anch’io quel mondo, un mondo dentro il nostro solito mondo. Ci sono persone, PERSONE, che di quel mondo vivono e non ne sanno più uscire, gente che non ha più voci in capitolo, nemmeno tra quelle stesse mura.

Cose

É come in un film, là dentro. Eroi e perdenti: ti siedi in sala Tv e puoi sentire un agente segreto della CIA che racconta le sue avventure in elicottero mentre nell’ angolo opposto un’anima prescelta da Santa Rita ti chiama perché vuole costringerti a recitare il rosario. C’è Rosa, detta la lavandaia, che stende ovunque il suo bucato, va e viene mentre calpesta sul pavimento le gocce di sangue ormai secche cadute dai polsi della prostituta ora legata in un letto con gli avambracci fasciati da garze rossastre.

due?), si deve occupare della ricerca del canale migliore. E resta là, in piedi, per ore davanti alla tv tutto orgoglioso della sua mansione mentre il guardiano della finestra conta minuziosamente tutte le persone che vi passano davanti.

C’è l’anziano signore che fa credere alle più giovani di essere il loro padre adottivo e riesce così ad accarezzarle e coccolarle senza che nemmeno si rendano conto di quanto fa schifo, e c’è il giovanotto appena dimesso che riesce ad entrare, nell’indifferenza dei sorveglianti, per andare a trovare la sua fidanzata che, incapace di qualsiasi reazione per i sedativi che ha in corpo, si lascia baciare e chissà cos’altro. C’è Mister Zapping, l’incaricato al telecomando che, cascasse il mondo (quale dei

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Segni particolari: Sentimental-spaccona di un metro e una penna

dell’altro

mondo

Quindi: poco prima cammini per strada, con dei cioccolatini in mano, e un amico da andare a trovare lì dentro, così, da un giorno all’altro. Non hai la più pallida idea di quello che vedrai. Una decina di passi e un cartello, per la prima volta, davanti ai tuoi occhi: Psichiatria. Sala d’aspetto: signore modeste, con collant sfilato e camicia a fiori che non c’entra niente con la gonna. Però cariche di buste, con cibo, spugnette, asciugamani, tutto il necessario e una smania impaziente di vedere il proprio figlio per prendersene cura. E poi signore altolocate, vestite di tutto punto, con scarpe Prada abbinate alla borsetta che portano in una mano. Nell’altra alcune letture per l’attesa: Vanity Fair, Glamour e Cosmopolitan. Si guardano intorno prima di entrare per accertarsi di non essere viste

e di fronte alle madri che chiacchierano dei proprio figli rinchiusi là dentro, loro, per carità, sono lì per un conoscente. É quasi ora, e avanti e indietro per un lungo corridoio che porta in reparto si contano i minuti. In fondo c’è la porta d’ingresso e ci sono loro, i pazzi, tutti affacciati con le mani e il viso attaccati ai vetri come bambini che all’asilo aspettano i genitori che li porteranno a casa. Occhi assenti e bocca a penzoloni. Quand’è il momento fai quel passo nell’altro mondo. E solo dopo tanto tempo realizzerai che esiste davvero. E intanto, fuori, la Conad, Banca Intesa, abbigliamento e Linea Bellezza.

La pazzia è nei singoli qualcosa di raro, ma nei gruppi, nei partiti, nei popoli e nei tempi è la regola. Friedrich Nietzsche


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