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Peak & Tip

Camminare dappertutto

di Luca Calzolari*

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“Camminare è forse, mitologicamente, il gesto più comune, e quindi il più umano” scriveva Roland Barthes, grande intellettuale francese, semiologo e saggista. Ecco, sì, camminare è probabilmente il gesto più umano di noi umani. Nel tempo la nostra specie si è ingegnata per poter coprire lunghe distanze in poco tempo: ha inventato treni, automobili e aerei. Invenzioni straordinarie che ci consentono di scoprire più parti del mondo di quanto senza di essi avremmo potuto fare nell’arco di una intera vita. Ma poi automobili e motociclette sono entrate nella vita quotidiana e per molti esseri umani sono diventate dei sostituti delle gambe, che spesso le hanno utilizzate anche solo per percorrere qualche centinaio di metri. Sì, ma direte voi, il mondo è pieno di persone che camminano, e che l’importanza del camminare è stata cantata e descritta da antichi e moderni filosofi, poeti, intellettuali, scrittori e viaggiatori. Certo, ma qui il punto di osservazione è un altro: è la vita comune, quella di tutti i giorni, quella degli impegni quotidiani, della casa e del lavoro. Correvano gli ultimi mesi del 2019 quando gli umani scoprirono di essere gli ospiti di un nuovo virus, il Covid-19. Per poter vivere, il virus ci fa ammalare e, purtroppo, anche morire. E, peggio ancora, respirando ci contagiamo a vicenda. La scienza ci dice da subito che per (auto) proteggerci dobbiamo confinarci in casa e tenerci a distanza gli uni dagli altri. La vita muta radicalmente. Questa storia la conosciamo bene perché ne siamo gli attori protagonisti. E stare rinchiusi tra quattro mura è sempre più difficile. In breve il corpo e la mente mostrano prepotentemente la stanchezza della clausura. Cucinare e riscoprire il piacere di fare il pane in casa non bastano più. C’è bisogno di uscire, di muoversi, di ritrovare spazio. Polmoni, occhi, cuore, naso, muscoli, orecchie, anima e cervello lo reclamano a gran voce. E allora che fare, sempre rispettando le regole di auto protezione? Camminare. Sì, perché se c’è un’attività fisica alla portata di tutti che sta caratterizzando il tempo del Covid è senza dubbio camminare. In questo anno di confinamento, di chiusure totali o parziali, per recuperare un po’ di libertà e mantenere un minino di benessere psico-fisico, la cosa più semplice - e naturale - è varcare la soglia di casa e camminare ovunque sia permesso. Certo, in tanti hanno acquistato o risistemato la bicicletta lasciata in cantina da anni e sono (ri) diventati pedalatori. Ma l’attività più comune, più semplice (anche più economica) resta camminare. Chi ha la fortuna di vivere in montagna, come chi si è trasferito in una casa di vacanza di famiglia in una zona rurale, ha senza dubbio goduto di una maggiore varietà di luoghi e della possibilità di percorrere i sentieri vicino casa. Ma quello che ci colpisce è vedere persone a piedi nelle città, ovunque. E non solo nel weekend. C’è traffico pedonale. Che bello. E via via, non solo nel lessico, le passeggiate attorno a casa sono diventate camminate. Pian piano molte persone hanno iniziato ad aumentare i chilometri percorsi a piedi, e conseguentemente anche il tempo dedicato al cammino. Nei momenti di lockdown rigido allungare il percorso oltre il quadrilatero attorno a casa ha avuto il sapore liberatorio di una trasgressione accettabile. Nel tempo è cambiato anche l’abbigliamento dei (neo) camminatori urbani, si è fatto più “tecnico”, a volte in modo un po’ eccessivo. Ma non importa. Parchi, colline, spazi verdi, argini di fiumi, di rigagnoli e torrentelli, sono diventati le mete preferite per evadere dalla città restando in città. E preferibilmente sempre con un po’ di natura attorno. In molti hanno ri-scoperto che camminare non è solo un modo piacevole per spostarsi da un punto all’altro. È godere di un momento di raccoglimento individuale, condividere un’esperienza con un proprio affetto e, soprattutto, conoscere (e questo noi del Cai lo sappiamo bene). Ci piace pensare che le persone stiano camminando per la propria felicità. Auspichiamo che questo camminare dappertutto (che è il titolo di un bel libro di Tomas Espedal che abbiamo preso in prestito per questa rubrica) diventi anche camminare sempre. Che sia portatore di un cambiamento culturale che fa bene agli esseri umani e all’ambiente, che sia alla base di una rigenerazione di città - ma anche cittadine e paesi - da ripensare come luoghi che si lasciano camminare, più sani e silenziosi. Sta arrivando la bella stagione. Speriamo quindi di poter tornare serenamente a una vita senza confinamenti e ad andare in montagna. E che le Terre alte, i sentieri e i rifugi siano meta di tanti nuovi camminatori, e che lo siano in modo consapevole, senza quell’atteggiamento da assalto della scorsa estate. Infine, per tornare a Roland Barthes, che camminare torni a essere, in un modo nuovo, il gesto più comune, e quindi più umano. Affidiamoci alle nostre gambe, il cervello e il cuore seguiranno.

* Direttore Montagne360

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