MICIORAGIONAMENTI

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Alki Zei Francesca Assirelli

Micioragionamenti


Per Dànae

Titolo originale Γατοκουβέντες Per il testo © Alki Zei - Kastaniotis Editions S.A., Athens 2006 © 2012 CAMELOZAMPA info@camelozampa.com www.camelozampa.com ISBN 978-88-906105-6-1 Stampato in Italia su carta ecologica FSC Finito di stampare nel mese di aprile 2012 presso Stampe Violato Bagnoli di Sopra (PD)


Alki Zei

Micioragionamenti Una piccola storia su un grosso gatto, due bambini piccoli, una nonna cicciottella e una terribile Canicola

illustrato da Francesca Assirelli traduzione dal greco di Tiziana Cavasino


L’hanno detto alla tv e alla radio: sta per arrivare una terribile Canicola. Se partite per le vacanze, non lasciate a casa anziani e animali. Mi sono seduto sulla coda – perché faccio sempre così quando voglio riflettere – e proprio mentre mi domandavo se io sono animale o anziano, ho sentito dal balcone accanto la vicina che gridava a suo figlio: «Animale, hai messo di nuovo le zampe sulla tv?». Quindi, se il figlio della vicina, che è una persona – di questo sono sicuro, tutti i bambini sono persone – lo chiamano “animale”, allora io devo essere l’anziano. L’animale è sicuramente la nonna. Perché saremo noi due a rimanere ad Atene in agosto. Ne parlavano ieri sera Caterina e Ilias prima di addormentarsi. Loro si sono distesi a letto e io mi sono raggomitolato accanto a Caterina, che mi ha spinto col piede: «Fatti più in là, Mitsos, sto morendo di caldo». E perché io non sto scoppiando con questa pelliccia? Caterina ha addosso un pigiamino corto e senza maniche e si lamenta pure.



Ah, dimenticavo, io mi chiamo Mitsos. Il nome me lo ha dato Ku-Bu perché dice che con questi baffi gli ricordo suo zio Mitsos. La nonna, quando l’ha sentito, ha storto il naso. «Questo non è un nome da gatti!» Lei quindi mi chiama Missa che, a quanto pare, è più da gatto. Ai bambini invece Mitsos piace. Lo trovano molto divertente. Per me fa lo stesso, basta che non mi chiamino pss pss, come facevano all’inizio, prima che arrivasse Ku-Bu a battezzarmi, perché in quel caso faccio finta di essere sordo. Pss pss lo considero alquanto offensivo. Tanto per essere chiari, e per capire sin dall’inizio di chi stiamo parlando, vi dico che il Ku-Bu di cui vi parlavo prima è il nuovo papà. Nuovo di zecca. I bambini ce l’hanno da meno di un anno. Pu-Bu, invece, di cui vi dirò più avanti, era il vecchio papà. Quello non l’ho conosciuto. Quando Caterina mi trovò e mi portò a casa, non esistevano né Pu-Bu né Ku-Bu. In pratica questi sono i soprannomi che hanno inventato i bambini per non farsi capire dai grandi.


In quel periodo, la nonna abitava con loro. E meno male! Perché la mamma, non appena mi vide tra le braccia di Caterina, si mise a urlare: «E questo coso (cioè io) dove l’hai trovato? Mollalo subito, sarà pieno di pulci». Mi prese tra le braccia e iniziò a frugarmi il pelo. Mi venne in soccorso la nonna. Sarà anche cicciottella e piena di calli, ma è una tipa sveglia. «E dove sta scritto che deve avere per forza le pulci?» «Ho già tanti grattacapi, ci mancava solo il gatto» borbottò la mamma. La nonna, che a quanto pare mi aveva preso in simpatia, non si lasciò scoraggiare. «Ai bambini potrebbe fare bene in questo periodo avere...» La mamma non le lasciò neanche il tempo di finire la frase. Diede dei soldi a Caterina che corse con Ilias al supermercato a comprarmi una lettiera con la sabbia per farmi fare la pipì e le altre cosucce. Comprarono persino un topolino di plastica, pensando che lo avrei preso per vero e lo avrei rincorso. Figuriamoci! Soldi buttati! Ne ho visti di topi io nella mia vita...


Sin dalla prima sera, i bambini mi portarono nella loro cameretta e si accapigliarono per decidere con chi dei due avrei dovuto dormire. Era inverno e a loro piaceva se gli scaldavo i piedi. Dentro di me decisi che avrei dormito una notte con Caterina e una con Ilias. Mi piazzai quindi sui piedi di Caterina, che è la più grande, e niente e nessuno mi avrebbe più spostato da lì. Ilias, che a quanto pare si era rassegnato ad aspettare il suo turno, spense la luce e, finché non ci addormentammo, mi raccontarono insieme tutta la storia. Quattro anni prima, quando Ilias aveva due anni e Caterina quattro, PuBu se ne andò via da casa e si trasferì in un’altra città che si chiama Bruxelles. Ora Pu-Bu lavora lì, in un posto che si chiama Unione Europea, e, a quanto pare, al centro di una delle piazze principali di questa città, al posto della statua di Kolokotronis, il nostro eroe nazionale, ci hanno messo un ragazzino che fa la pipì. Ve lo giuro!




Pu-Bu ha spedito delle cartoline e i bambini lo hanno visto coi loro occhi, altrimenti chi ci avrebbe creduto? Pu-Bu ha sposato una certa signora Ero, ma i bambini, non so per quale motivo, tra di loro la chiamano signora Euro. Quando Pu-Bu si è trasferito, la nonna è andata a stare da loro ed è tornata a casa sua solo quando la mamma ha sposato Ku-Bu, ossia poco dopo aver trovato me. Ku-Bu ci vuole un mondo di bene, sia a me che ai bambini. Pu-Bu, dice Caterina, d’estate indossa scarpe Timberland e ha un macchinone, dice Ilias, che si chiama Mitsubishi, un po’ come me, penso io. Ku-Bu, invece, indossa dei mocassini tutti sformati e ha una Volkswagen, un catorcio così piccolo che, per farci entrare la nonna, devono mettersi a spingerla tutti insieme. Ogni estate i bambini vanno in vacanza per un mese con Pu-Bu, che li porta a Uranùpolis, che vuol dire “città del cielo”. Sarà sicuramente da qualche parte vicino al pianeta Urano. I bambini dicono che è un posto lontanissimo e orribile. Orribile? Perché mai, mi domando. A me piacciono i pianeti. Quando il cielo si riempie di stelle e spunta la luna, me ne sto lì ad ammirarlo per ore.

Sono un gatto molto romantico, io.


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