Collana LA SEGNALETICA INVISIBILE Documentazione narrativa e fotografica della Firenze multiculturale
SENEGAL incontro con i senegalesi a Firenze
Associazione Culturle L.A.M.i. autori: Natalia Bavar, Margherita Primi, Vittorio Sergi
Ringraziamo il Consiglio degli Stranieri del Comune di Firenze, l’ Assessorato all’Accoglienza, Integrazione e Terzo Settore, Arci Firenze, e tutti i referenti del Consiglio, dei gruppi e delle associazioni senegalesi a Firenze. Ringraziamo in particolare Assane Kebe, Pape Diaw, Mamadou Sall e, per la revisione dei testi, Carla Perini Ringraziamo inoltre, per la consulenza grafica, Riccardo Cremonesi, docente di Grafica editoriale e Multimedia dell’Istituto Rizzoli di Milano e Stefano Bellettato Poolgr@fica Milano.
AUTORI:
NATALIA BAVAR MARGHERITA PRIMI VITTORIO SERGI L.A.M.ì. VIA DELL’AGNOLO, 41 50123 // FIRENZE 349.1723770 // 340. 5735232 margheritaprimi@gmail.com nataliabavar@hotmail.com www.associazionelami.blogspot.com
STAMPATO PRESSO:
TIPOGRAFIA DEL COMUNE DI FIRENZE // 2009
// SOMMARIO INTRODUZIONE LUOGHI ASSOCIAZIONI E CULTO EVENTI BIOGRAFIE E GIOVANI
7 29 37 57 89
// NOTE
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RICERCA ANTROPOLOGICA, TESTO ED IMMAGINI A CURA DELL’ASSOCIAZIONE CULTURALE L.A.M.ì.
LABORATORIO DEGLI ABITANTI DI MONITORAGGIO INTERURBANO autori: Natalia Bavar, Margherita Primi, Vittorio Sergi
GRAFICA : CAMILLA GIANNELLI WWW.CAMIWEBSITE.ALTERVISTA.ORG /// WWW.CAMI-WORK-BLOG.BLOGSPOT.COM
SE G N A LETICA IN V IS IB IL E
http://www.comune.firenze.it/stranieri/nuovacittadinanza.pdf http://www.comune.firenze.it/stranieri/SEGNALETICA_INVISIBILE.pdf
11 Segnaletica Invisibile
“L’Associazione Culturale L.A.M.I’ lavora ormai da vari anni sulla dimensione interculturale radicata nel Comune di Firenze. Grazie ad un primo lavoro,“Guida Nuova Cittadinanza”, in collaborazione con il Consiglio degli Stranieri è stato possibile strutturare un progetto di ricerca che monitorasse e raccogliesse l’associazionismo straniero presente a Firenze, illustrando quelle esperienze significative che caratterizzano l’organizzazione delle comunità e dei gruppi, e le azioni di solidarietà e cooperazione venute a costituirsi nei luoghi pubblici e privati della città. Proprio grazie a figure rappresentative, infatti, non necessariamente parte di qualche istituzione, ma anzi spesso informali, si sviluppano vere e proprie reti di sostegno, informazione e collaborazione, che permettono ai gruppi ed ai singoli stranieri di inserirsi al meglio nella vita cittadina fornendo percorsi di accesso agli aspetti essenziali della vita: casa, lavoro, famiglia, relazioni umane e culturali, assistenza legale e sanitaria, istruzione e formazione. In un secondo progetto dell’Associazione, “Segnaletica Invisibile”, sono stati evidenziati gli elementi visivi e divulgabili del lavoro di ricerca precedente, arricchendolo di esperienze, immagini e realtà attuali. Grazie ad un lavoro prevalentemente fotografico, a partire da testimonianze autobiografiche, è stata raccontata la Firenze interculturale nel suo insieme e nei suoi diversi aspetti spesso invisibili ai cittadini italiani, attraverso mostre e presentazioni itineranti in luoghi significativi per la città.
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La Collana della Segnaletica Invisibile descrive la realtà attuale dell’associazionismo e dei gruppi informali a Firenze dal punto di vista di alcune delle nazionalità con maggiore presenza e dinamismo sul territorio. Per rendere più divulgabile e fruibile la restituzione del lavoro ai soggetti che lo animano e che potranno fruire delle pubblicazioni in vario modo sono stati progettati dei piccoli libri dedicati ad ogni “comunità” straniera presente nel Comune. Le pubblicazioni saranno tanto snelle da poter circolare in maniera agile nei contesti più diversi ma abbastanza accurate da poter descrivere i gruppi, le associazioni di riferimento, le contaminazioni culturali e tradizionali, i luoghi di riferimento della città: pubblici, privati e di culto, gli eventi culturali maggiormente condivisi, capaci di riunire una grande parte della “comunità”; le abitudini, le strategie di integrazione, i nuovi giovani e le generazioni che contribuiscono alla trasformazione della città. Oggi il concetto di “comunità”, riferito alle forme di organizzazione sociale degli stranieri in Italia, presenta a nostro parere dei limiti evidenti come strumento di analisi ma serve ancora a dare conto in modo semplice e diretto di un sentire e di un auto-riconoscimento che è comune a tante persone di origini diverse. Naturalmente alcune “comunità” hanno con ogni evidenza un’organizzazione e modalità di coesione molto più strutturate e organizzate, rispetto ad altre in cui gli individui sono più autonomi ed isolati, con meno punti di riferimento correlati alla propria comunità d’origine. L’appartenenza e le organizzazioni di origine nazionale nonché i servizi consolari e le diverse agenzie di servizi e le imprese che lavorano all’interno dei flussi migratori sono nella maggior parte dei casi strutturate attorno alla nazionalità. In un mondo sempre più interconnesso e in una società attraversata da flussi globali di informazioni, persone e merci, le particolarità nazionali permangono come un elemento ad intensità e valore variabile. Spesso possiamo incontrare casi e contesti in cui si ricombinano e ricreano nuove identità, soprattutto nelle esperienze di lavoro e
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di socialità più aperte. Le comunità nazionali sono ancora un punto di riferimento necessario, che deve essere affrontato però in maniera critica, per comprendere ed orientarsi nel mondo delle migrazioni contemporanee e del loro intreccio con le metropoli e le città del nostro paese. La collana ha l’obiettivo di riunire una serie di esperienze di ricerca, capaci di testimoniare i nuovi scenari cittadini e di stimolare la conoscenza delle migliaia di persone che sono parte integrante della nostra città. Si tratta di un lavoro sulla percezione del territorio con cui interagire, sulle dinamiche della città in generale, rivolto tanto a chi è autoctono e come a chi è migrante: la storia della città è costruita dalle persone che la vivono, attraverso una trasformazione nel tempo e nello spazio del contesto e delle geografie umane che si evolvono con i cambiamenti della popolazione. Diventa così necessario orientare “sguardi nuovi per interpretare le città contemporanee, multietniche e multiculturali, terreno di sperimentazione e di formazione di una nuova ‘cittadinanza ur¬bana’ che allude alle pratiche attraverso cui i migranti, che colorano e modificano lo spazio pubblico, configurano e reclamano diritti di partecipazione alla vita comunitaria.” (Perrone 2003) Durante il lavoro dell’Associazione, che ha portato a quest’ultima esperienza, al fine di comprendere quali siano le aree di incontro e di scambio e quali gli interventi, abbiamo sviluppato un progetto che si avvale della costruzione di un lavoro di rete, grazie all’interscambio di informazioni e ad una mediazione sul campo, da parte sia delle istituzioni, che dell’associazionismo e di tutti i soggetti informali coinvolti. Il soggetto della ricerca sono le relazioni che formano il tessuto sociale, costruito dal suo intrecciarsi di incontri e contaminazioni, narrato e ridisegnato dalla percezione dei suoi abitanti in una necessaria riformulazione, in una città che sta tendendo a divenire espressione di un eclettismo trans-culturale. Come lo spazio e l’uomo che ci vive si influenzano e si modellano scambievolmente, non è pos-
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sibile elaborare un progetto che lasci i due contesti di ricerca, sociale e urbana, separati. Un discorso sulle culture e sui migranti ci invita ad una sua continua riformulazione: “negli ultimi anni, attorno al tema delle migrazioni, si è andato decisamente intensificando un lavoro teorico di tipo nuovo. Nuovo da diversi punti di vista: in primo luogo per il suo carattere programmaticamente (e non retoricamente) interdisciplinare, per il positivo contaminarsi, nell’analisi dei movimenti migratori, di critica del diritto e sociologia, storiografia e teoria politica, etnografia e analisi economica; in secondo luogo per il vincolo molto stretto che questo lavoro teorico, senza rinunciare al proprio rigore scientifico, intrat¬tiene con la pratica politica, con lo sviluppo di forme di attivismo e militanza attorno ai temi posti dalla condizione dei migranti anch’esse per molti aspetti nuove. ” (Mezzadra 2008) Allo stesso tempo il fenomeno migratorio investe la società nel suo insieme diventando una chiave per comprendere la società più allargata: “cogliere il senso profondo delle migrazioni come ‘fatto sociale totale’ e, conseguentemente, come ‘funzione specchio’ ed esempio di variazione dei comportamenti, delle apparenze e dei riferimenti culturali [...] sia degli stessi migranti che delle società locali coinvolte. (Palidda 2008) Si tratta dunque di svolgere un lavoro di inchiesta sulla percezione del territorio con cui interagire, anche per chi è migrante, per chi ne fa parte e lo sta cambiando: una popolazione straniera che ormai appartiene sempre più alle dinamiche di sviluppo del territorio.
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Così l’obiettivo di questo girovagare nelle mappe cittadine è stato quello di testimoniare le mille forme di presenza, di quotidianità e di cercare di ricostruire un momento di una città che, mentre scriviamo, si trasforma e cambia continuamente. La ricerca ha toccato punti di riferimento e di cambiamento quali luoghi del commercio, luoghi di aggregazione, luoghi di culto, attività culturali e artistiche. La città è fotografata e ri-raccontata dai nuovi abitanti, di passaggio o stabili, e i luoghi, invece che turistici e massificati, diventano nuovi punti di vita, abitudini e ritmi della sog¬gettiva quotidianità o di interi gruppi che percorrono, si relazionano e conformano lo spazio urbano e sociale. Con quest’ultimo lavoro di indagine sulla città ci proponiamo di rendere esplicita la doppia valenza di queste informazioni: uno strumento di conoscenza del mondo invisibile alla maggioranza ed anche di utilità per chi cerca contatti, informazioni sugli spazi, manifestazioni, relazioni, risorse, punti di incontro oppure un proprio senso di appartenenza e l’orgoglio per la manifestazione della propria differenza culturale. In particolare è disegnato lo spazio pubblico come luogo di condivisione delle molteplici e culturalmente differenziate pratiche dell’abitare e del vivere. Attraverso le voci e le testimonianze dei diversi rappresentanti, o appartenenti, delle comunità straniere emerge una realtà cittadina intersecata da nuovi apporti culturali, presente all’interno di dimensioni frammentate ma inserite nella storia e nello spirito di Firenze. Attraverso le rivisitazioni di questi luoghi e spazi emerge una sempre più ricca eterogeneità culturale e sociale. Fare questo è dunque fondamentale per documentare l’apporto delle comunità migranti ed anche dei percorsi individuali alle trasformazioni nei settori culturali ed economici della vita sociale. In questo modo è possibile creare una conoscenza fondamentale per la costruzione di una nuova cittadinanza, unico antidoto contro la paura e la diffidenza che troppo spesso oggi nutrono la pianta velenosa del razzismo.
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Spesso, anche tra chi rifiuta logiche discriminatorie, prevalgono delle generalizzazioni e la creazione di stereotipi legati alla specializzazione di alcuni segmenti del mondo del lavoro in relazione all’origine:“In Italia una parte rilevante dei protagonisti dell’immigrazione sarebbe costituita da donne. Filippine innanzitutto, ma anche sudamericane, nigeriane, albanesi, originarie dei paesi dell’Est, che sarebbero venute qui con la ‘vocazione’ di fare le ‘colf’ (ora divenute ‘badanti’) o..le prostitute. L’idea prevalente rispecchia un’immagine della migrante di oggi come ‘povera disgraziata’ [..] proveniente da mondi incivili e, quindi, incapace di capire la modernità e, tanto meno, la postmodernità” (S.Palidda, 2008) In realtà quello che emerge oltre gli stereotipi è una fortissima spinta creativa alla ricerca di diritti, libertà e dignità, anche economica che vede le donne spesso impegnate più di chiunque altro. Per questo chi migra in un paese oltre a concentrarsi sulla dimensione del lavoro può essere spesso coinvolto in tutti i settori della società in cui si trova a vivere, soprattutto nella risoluzione dei problemi di inserimento e di adattamento, dei bisogni e delle necessità, delle richieste e proposte, alla ricerca di una coesistenza e interazione multiculturale per la costruzione di spazi comuni di esistenze umane e di vivibilità. Mentre il senso comune tende facilmente a dimenticare quello che è semplice non vedere, la collana Segnaletica Invisibile sceglie di comunicare l’interazione e le attività di una “città sommersa”. Attraverso le voci e le testimonianze dei diversi rappresentanti, o appartenenti, delle comunità straniere emerge una realtà cittadina intersecata da nuovi apporti culturali, dimensioni frammentate, rivisitazioni di luoghi e spazi e una sempre più ricca eterogeneità culturale e sociale, in un’ottica che vuole sottolineare la diversità come valore e non come accezione negativa in un momento in cui si spinge il senso comune alla criminalizzazione delle migrazioni. rca vuole evidenziare come esista una Firenze più o meno nascosta, più o meno per¬cepita in modo coscienze, con la sua segnaletica invisibile, che è fatta di una moltitudine di persone di paesi diversi che si scontra, costruisce, progetta e commercia e che deve convivere, confrontandosi reciprocamente con modalità diverse di relazione.
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“L’integrazione non manca tanto tra senegalesi e fiorentini, ma è un aspetto difficoltoso nel rapporto tra tutte le comunità che compongono questa città. Membri delle diverse comunità di stranieri hanno atti di razzismo verso altri gruppi culturali e allora il rapporto è più complesso, non solo tra città accogliente e membri di altre nazionalità” M. La ricerca su campo prevede spesso molti tempi di attesa. Non è mai detto che le persone che stai aspettando arrivino all’ora concordata. E a volte in questi tempi morti cerchi di raccogliere informazioni da chi, della comunità, è già sul posto. In alcuni casi non è facile, soprattutto quando non sei una persona riconosciuta, a loro familiare, o non hai un ruolo istituzionale. A volte il problema è anche perché sei donna. A volte perché ci sono così tante associazioni che lavorano nel sociale, che è cosa lenta e difficile instaurare un rapporto di fiducia. In questi casi è utile la figura di un referente o di un mediatore. Spesso però anche le lunghe attese, le giornate che sembrano inutili, improvvisamente si sbloccano, ed è possibile entrare e conoscere delle situazioni inaspettate.
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Incontro con i senegalesi a Firenze L’immigrazione senegalese in Italia ed in Toscana è una di quelle di più lunga data e per una serie di affinità culturali e di ragioni economiche per molti anni non ha generato le tensioni che invece si sono sviluppate con stranieri di altre origini. Oggi però, anche sull’immigrazione senegalese vecchia e nuova, pesano i conflitti prodotti dalla forte precarietà lavorativa che colpisce sia gli italiani che gli stranieri, un’interpretazione della legalità e del decoro urbano che criminalizza l’economia informale, ma non propone alternative e in generale una recrudescenza di atteggiamenti ed espressioni discriminatorie. Inoltre la forte competizione economica, per il posto di lavoro, per la casa, in generale per le risorse della città genera conflitti non soltanto tra italiani e stranieri, ma tra le diverse identità che compongono il mosaico degli abitanti di Firenze. Una ricerca sul tessuto associativo dei e delle senegalesi a Firenze si è necessariamente estesa ad altre città della Toscana, poiché l’associazionismo senegalese ha la peculiarità di essere particolarmente aperto ad altre dimensioni territoriali oltre che ad essere caratterizzato da un forte dinamismo politico, da una spiccata volontà e capacità di rivendicare i propri diritti di cittadinanza, di interazione e partecipazione nella sfera pubblica in prima persona. Nel senso comune dei cittadini italiani l’immigrazione senegalese, percepita soprattutto come immigrazione di genere maschile e di lavoratori singoli, è stata associata fino dai primi anni ‘90 con un’immagine positiva di lavoratori e di persone che hanno facilità ad interagire con le persone e con la città. Questo luogo comune, frutto di alcuni elementi reali e di altri immaginari, di affinità culturali e di ragioni economiche, oggi è entrato in crisi sotto la spinta della crisi eco-
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nomica e di politiche locali e nazionali che ruotano sempre più attorno ad una visione autoritaria della sicurezza urbana. “I senegalesi immigrati risultano essere pressoché tutti maschi, giovani, per la maggior parte celibi o coniugati con connazionali rimaste in patria. Il livello di istruzione dei gruppi considerati risulta piuttosto variabile, la totalità dei soggetti risulta di essere di religione mussulmana. E’ constatabile una situazione di forte coesione; le differenze di casta, determinanti in alcune società locali del Senegal, sembrano essere in Italia attenuate dalla struttura solidaristica. ‘L’amicizia scavalca le caste’: non si rilevano conflitti interni, nè con altre comunità. L’associazionismo risulta accentuato tra i gruppi presenti in Italia, ciò è testimoniato dal fatto che i senegalesi hanno data vita ad un coordinamento nazionale comprendente tutte le associazioni presenti nelle zone in cui è più concentrata questa comunità. Tali associazioni si sono recentemente associate nel Coordinamento Senegalesi in Italia: CASI, che ha stipulato un protocollo d’intesa con la Cgil nazionale e le sue sedi regionali per attivare iniziative coordinate, allo scopo di favorire l’inserimento sociale ed economico della comunità.” (Pape Diaw, documentazione su i senegalesi a Firenze, inedito) In un millennio apertosi ad un’erranza trans-culturale e cosmopolita, espressione dell’eclettismo socio-culturale in cui viviamo, è necessario che lo sguardo non sia direzionato unicamente verso una politica del sociale, ma sulle dinamiche della città in generale, come e quelle economiche e culturali. “L’entroterra storico-culturale, da approfondire è interessante per conoscere che cosa ha costretto i1 migrante a lasciare la sua terra e quella relativa specificità che condizionerà fortemente il suo futuro comportamento in altri paesi. La stragrande maggioranza viene dalle regioni del nord-ovest. Chi arriva in Italia dal Senegal, per gli italiani è semplicemente senegalese, ma ognuno di loro ha
un’etnia d’appartenenza e una regione di provenienza (oltre a storia, lingua, religione e percorso personale) che condiziona fortemente molte sue scelte. Il Senegal conta circa 6 milioni d’abitanti e una ventina di etnie, afferenti a 4 gruppi etnici principali: SAHELO-SUDANESE ( Wolof, Sérer, Lébou); MANDE (Soninké, Bambara, Diakhanké, Manding); SUB-GUINEIANO (Diola,Balant, Bassari, Bédik, Bainouk, Mandjak, Mankagn); ALPOULAR (Toucouleur, Peul). La lingua ufficiale è il francese, ma il Wolof è ormai la lingua nazionale, parlata e capita dal 90% della popolazione. Le regioni rurali del Senegal hanno visto la massiccia di colture commerciali in sostituzione di quelle tradizionali. In conseguenza della crisi della vecchia struttura agricola e dell’adozione di un regime monoculturale intensivo, incoraggiata da compagnie occidentali, gradualmente è diminuita la capacità dell’agricoltura sia di sopperire ai bisogni di autoconsumo locale sia di assorbire manodopera. Come è avvenuto in molte aree africane, ciò ha dato l’avvio a veri e propri processi di proletarizzazione di notevoli strati contadini/artigiani, generando crescenti flussi di migrazione innanzi tutto interna, verso la capitale. Le donne coinvolte nel processo migratorio sono tutte provenienti dal tessuto urbano; subiscono la condanna della “morale” maschile quando non sono qui al seguito degli uomini, nel ruolo di mogli o di sorelle. Sono però tenute in grande considerazione presso le loro famiglie in patria; unica speranza e promozione sociale. Anche la loro presenza è autonoma, indipendente, rileviamo spesso alle loro spalle dei traumi affettivi pregressi, a meno che non siano al seguito di una sorella maggiore. Le prime arrivate hanno trovato lavoro nella sfera domestica, spesso con l’aiuto della Caritas e del volontariato, ma è stato un adattamento temporaneo, perché esse hanno dimostrato netta preferenza per il commercio, ritenendolo un’attività in cui investire, carica di prospettive. Non di rado hanno abbinato e alternato le due attività: durante l’estate il
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commercio e nei mesi vuoti le attività domestiche. C’è da dire che le donne, specialmente se istruite (e spesso costoro lo sono) apprezzano i costumi occidentali e, in particolare, la (teorica) parità dei sessi. Difatti, mal sopportano i costumi androcentrici e la divisione sessista dei ruoli islamica”. (Pape Diaw, documentazione su i senegalesi a Firenze, inedito) “Non c’è paragone però tra la “qualità della vita” in patria e quella in Italia. Il suo prestigio nel villaggio è alto e cresce col tempo di permanenza in terra straniera. L’immagine che si vuole dare è quella di essere lontano dal bisogno, uno che può donare. Se è clandestino non può ritornare in Senegal perchè non potrebbe rientrare, ciò aggrava la sua condizione di vita; evita ogni contatto con gli autoctoni restando senza alcuna relazione esterna alla sua comunità, motivo per cui, anche dopo anni di permanenza, conosce ben poco la lingua italiana. Costretto a non ritornare in patria, il suo bilancio, durante il periodo invernale qui (quando si vende poco), diventa critico. Le rimesse arrivano tassativamente tramite l’amico o il parente che rientra”. Inoltre “ciò che più lamenterà il senegalese, oltre al clima rigido, sarà la freddezza dell’ambiente, l’intolleranza e la costrizione all’abbandono totale delle sue tradizioni gruppocentriche, in conseguenza all’abbandono delle condizioni abitative e degli orari di lavoro. Interrogate alcune famiglie di emigrati quale fosse la loro prima preoccupazione, in base alle prospettive di rimesse, la prima è MANGIARE, dimostrazione dello spettro che hanno alle spalle, la seconda è la CASA. Non ci sono terze preoccupazioni. Il senegalese migrante ha tagliato i ponti con il passato e ha vissuto nelle periferie, spesso di espedienti. Per procurarsi il biglietto è ricorso a migrazioni interne, stagionali, oppure la sua famiglia ha investito l’impossibile su di lui come ultima risorsa. Perciò il fallimento del progetto migratorio non è il fallimento di un’occasione di via, ma di tutta un’esistenza senza appello” (Pape Diaw, documentazione su i senegalesi a Firenze, inedito)
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“Migliaia di vite, storie, di scelte e di non scelte individuali, si trovano così raggruppate in un’unica categoria che, come minimo comune denominatore, condivide il solo fatto di riunire gente nata in qualche luogo lontano da qui” M. Aime, Eccessi di Culture
Abbiamo scelto di descrivere la situazione dell’ambulantato intorno alla zona del Mercato di San Lorenzo, perché è una delle tematiche più urgenti e difficili che coinvolge la realtà dei senegalesi a Firenze. Il mercato di San Lorenzo rimane il centro nevralgico della vendita ambulante, che anche se si sviluppa in molte altre vie, ritrova attorno a questa zona il suo punto di riferimento. Anche per i venditori senegalesi è così, attorno al mercato e nelle vie limitrofe si sviluppa un tessuto informale di piccoli servizi e di solidarietà. Una venditrice di cibo porta tutti i giorni piatti tipici del Senegal a prezzi modici, chi ha bisogno di un posto dove dormire, dove mangiare, di un indirizzo per trovare un avvocato o un medico troverà ascolto e sostegno. I venditori ambulanti senegalesi fanno parte da almeno 15 anni dell’economia e della vita del centro storico della città. La vendita in strada fa parte del paesaggio urbano tanto quanto le comitive di turisti nei mesi estivi e di fatto si alimenta soprattutto di una clientela fatta di turisti e viaggiatori di passaggio. In questa zona però si concentrano oggi anche molte tensioni e conflitti che hanno investito la comunità senegalese e in modo particolare i venditori ambulanti.
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Le bancarelle fisse del mercato di San Lorenzo negli anni sono passate dai proprietari italiani ad altri proprietari nella maggior parte di origine straniera, iraniani, brasiliani, messicani, cingalesi e cinesi, così come gli esercizi commerciali, negozi e bar. La concorrenza economica tra i posti fissi, acquistati spesso con investimenti onerosi ed i venditori ambulanti si è fatta sempre più forte. Allo stesso tempo la politica locale ha fatto del tema della sicurezza uno dei suoi punti fondamentali, scegliendo però spesso il suo bersaglio tra le categorie più disagiate e meno rappresentate. Così i venditori ambulanti del centro, a volte anche forniti di regolare licenza, sono stati dipinti dalla stampa locale e da alcuni politici come un problema di ordine pubblico e la spirale di criminalizzazione, unita alla concorrenza sul mercato, ha prodotto situazioni di tensione crescente: e’ anche la stampa locale che dà periodicamente risalto a quello che accade. Il tentativo di limitare o eliminare del tutto la vendita in strada non ha ottenuto effetti, ma ha criminalizzato e stigmatizzato una categoria, quella dei venditori ambulanti e soprattutto una nazionalità, quella
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senegalese identificata con i venditori. Non è dunque possibile oggi parlare dei e delle senegalesi a Firenze senza affrontare questo nodo che ha una grande importanza simbolica ed anche economica. Oggi tra i venditori nel mercato si percepisce spesso tensione e tutti ne subiscono le conseguenze, senza distinzioni tra autorizzati o meno. La tradizionale simpatia di cui godevano i senegalesi presso gli italiani sembra essere finita, il passo verso la discriminazione è breve, ed anche i venditori più anziani sono preoccupati di quello che sta succedendo. Negli ultimi anni i canali legali di immigrazione dal Senegal si sono sempre più ristretti: “Molti dei giovani che si avviano alla vendita ambulante sono arrivati via mare, dopo viaggi spaventosi dove hanno visto morire i propri compagni, indebitati per la spesa, e desiderosi solamente di un guadagno e di un riscatto sociale in tempi rapidi che non potranno però trovare” afferma Hassan, in Italia da 15 anni, operaio ed oggi venditore per mancanza di un lavoro salariato. Molti venditori infatti scelgono l’ambulantato come ultima spiaggia dopo aver perso il lavoro in altri settori, altri vedono questa professione come una scelta temporanea in cui però a volte rimangono bloccati per anni. Molti giovani,così, scarsamente integrati nella comunità, con una posizione lavorativa precaria e senza possibilità di ottenere un permesso valido, sono a rischio di illegalità e rischiano anche di essere inglobati in un meccanismo che sembra alimentare se stesso. Questa ondata risulta essere la più scolarizzata e la più giovane. Si inizia a formare quella dicotomia tra regolari e irregolari, tra vecchi e nuovi, questi ultimi provengono principalmente dai villaggi e sono meno giovani. Non volendo ridurre la comunità senegalese a questa realtà economica e sociale, ci teniamo a sottolineare la presenza a Firenze di una gran parte di persone inserite in svariati contesti lavorativi, culturali e professionali. “E’ inutile aggiungere che lo troviamo tanto nel commercio che negli altri settori dipendenti. Pensa in grande, perché tali sono le sue aspirazioni, ma agisce in piccolo,
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sognando improbabili tempi migliori. Se regolarizzato, ha bruciato tutte le tappe. Normalmente i tempi di lontananza dal Senegal sono lunghi” (Pape Diaw, documentazione su i senegalesi a Firenze, inedito) Il risultato del tentativo di risolvere il fenomeno con le denunce è che i venditori ci sono sempre, ma le loro condizioni di vita peggiorano e inoltre “ci sono 55 persone con il permesso di soggiorno bloccato in Questura, magari per una multa o una segnalazione come venditori ambulanti” affermano alcuni intervistati. Dunque l’ambulantato è stato e continua ad essere una importante risorsa lavorativa per i senegalesi di Firenze, ma è anche una pratica in trasformazione che può essere compresa e valorizzata solamente superando luoghi comuni ed incomprensioni. “Per favorire la creazione di lavoro e di ricchezza per gli immigrati non si dovrebbe passare attraverso un meccanismo assistenziale, ma incentivare l’iniziativa e l’impegno autonomo dei lavoratori e delle comunità. Spesso infatti i progetti durano il tempo dei finanziamenti e poi finiscono improvvisamente, generando disorientamento, frustrazione e sprecando anche risorse che potrebbero essere impiegate meglio”. M.S.
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CAPITOLO 1
LUOGHI
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“Bisogna pensare il mondo in ogni quartiere e non uscire dal quartiere per pensare al mondo” M. Benasayeg, Resistere e creare Ogni gruppo che si forma vivendo un territorio in qualche modo lo contamina, determinando così nuovi scenari sociali. Gli spazi di sempre si arricchiscono di altro vivere e diventano punti di riferimento con altri significati. Una segnaletica invisibile che passa dalle strade, dalle piazze, dai luoghi della relazione, di culto e del commercio, lascia essa stessa raccontarsi tramite le parole e le informazioni di chi la vive. “Per centinaia di anni la strada è il palcoscenico di matrimoni, at-
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tività formative, dibattiti, preghiere, processi, attività commerciali…” (C. Carlsson, Critical Mass). Adesso “se prescindiamo dai centri storici, peraltro ridotti a semplici centri turistici, è difficile di fronte ai nuovi insediamenti scorgere un principio d’ordine che li preceda nei valori e negli obiettivi”. (V. Gregotti, Giorno dopo giorno l’architettura prigioniera della tecnica perde la propria identità). La città contemporanea si presenta, sempre più spesso, “come un coacervo di frammenti dotati di un’autonomia sorprendente; si aprono vuoti e compaiano perdite o, almeno, indebolimenti del ruolo sociale per luoghi tradizionalmente ricchi di significati costitutivi (la piazza, la chiesa, la fabbrica); che alcuni di questi ultimi stiano cambiando il loro significato tradizionale, perché diventino
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oggetto di un uso alternativo da parte di nuove popolazioni” (Augè Marc, Non luoghi, Introduzione a una antropologia della surmodenità ). Durante il percorso di documentazione della città, abbiamo incontrato interi mondi di relazione vissuti all’interno di circoli, luoghi di culto, giardini, piazze, che danno vita ad un rinnovato utilizzo dei luoghi pubblici della città. Entrando in profondità all’interno dei vari contesti sociali, sono emerse dinamiche di relazione e di solidarietà, spesso informali, da noi definite Informale Attivo. Queste si occupano di sostegno, informazione e aiuti, organizzate tramite il passa parola, esistenti grazie a singoli soggetti, che diventano punti di riferimento per la propria comunità e non solo. Dunque puoi incontrare il cartolaio che traduce i documenti, la parrucchiera che in ospedale aiuta a partorire, il venditore che indirizza nella ricerca della casa e del lavoro, il religioso che organizza corsi di italiano… Abbiamo incontrato molti senegalesi alla Moschea durante la preghiera del venerdì che è frequentata da centinaia
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di persone e permette di incontrarsi e di mantenere un legame con i propri connazionali, non solo sul piano religioso. Abbiamo incontrato membri della comunità senegalese in alcuni circoli, sale, messi a disposizione per organizzare riunioni e momenti di incontro. Ma questi spazi non sono sufficienti a colmare il bisogno. Mamadou Sall sottolinea quanto sia forte la mancanza di punti di ritrovo e, come spesso accade, l’unico centro di incontro diventa la piazza, nel loro caso il mercato di San Lorenzo. Non ci sono alternative, e questa mancanza è condivisa anche da altre comunità come quelle dei peruviani dei cingalesi, e non solo. Avere un luogo fisso di unione è una grande occasione per non sostare in strada e non creare situazioni di disordine. I luoghi principali di incontro per i senegalesi sono: la Moschea di Borgo Allegri, il mercato di San Lorenzo, l’Associazione Anelli Mancanti in via Palazzuolo, Piazza San Paolino. Vengono anche utilizzate stanze messe a disposizione da Circoli Arci come in via dei Conciatori e in viale Giannotti. Molto spesso punti di incontro importanti sono anche i luoghi di lavoro, quali il Mercatino Multietnico sul lungarno Pecori Giraldi, negozi di vestiti, alcuni ristoranti, rosticcerie e tavole calde nelle zone centrali e nella zona di Piazza San Jacopino, e nelle aree di vendita di ambulanti, mercati, cooperative come la CFT del mercato ortofrutticolo di Novoli, la quale ha assunto negli anni molti stranieri, tra cui senegalesi. A seconda delle esigenze, comunque, diventano spazi di ritrovo variabili dei piccoli gruppi anche altri centri di attività sciali, alcune chiese, piazze, giardini e luoghi pubblici, dislocati nei vari quartieri della città.
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ASSOCIAZIONI e CULTO CAPITOLO 2
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Associazione senegalese a Firenze e circondario Via Vittorio Emanuele 19 Presidente Pape Diaw 339-1678287 Vice presidente Assanne Kebe 328-0910352 kebeazu@hotmail.com Segretario Mamadou Sall 339-2762743 msall69@virgilio.it - E’ una delle prime associazioni iscritte all’albo, nate in Toscana, infatti esiste fin dagli anni 80 - L’associazione ha al suo interno membri appartenenti a più gruppi culturali e religiosi, inoltre comprende persone che vivono in comuni limitrofi a Firenze come Campi e Pontassieve. - L’associazione organizza eventi culturali per far conoscere gli spetti tradizionali del Senegal alla popolazione italiana. Vengono realizzati eventi con musica, cibo e altri elementi tradizionali, in collaborazione con molti Comuni della Regione. - Sono molto importanti le attività che affrontano i problemi di integrazione e solidarietà, con particolare attenzione all’aiuto umanitario dato ai senegalesi che vivono particolari difficoltà. - L’associazione ha al suo interno un avvocato che sostiene ed aiuta persone senegalesi con difficoltà legali. - Uno dei prossimi obiettivi dell’associazione è coinvolgere in un progetto comune il
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gruppo delle donne senegalesi per ampliare le attività di aiuto e solidarietà. - Progetto dell’Associazione AVIS in collaborazione con altre associazioni senegalesi: L’Università di Pisa ha realizzato un ricerca sulla frequenza di donazione di sangue da parte di membri di comunità straniere e il progetto è partito con la comunità senegalese di Pisa e quella rumena di Firenze. - L’Associazione Senegalesi di Firenze attualmente propone alle Istituzioni cittadine tre punti per avviare un processo di soluzione del conflitto tra ambulanti, negozianti del centro e Istituzioni: 1) restituire i per messi di soggiorno bloccati dei giovani venditori per favorire la loro regolarizzazione; 2) creare posti di lavoro per i lavoratori over-50 licenziati dalla impresa Quadrifoglio sempre nel campo dell’igiene e della manutenzione; 3) avviare progetti duraturi nel campo della mediazione culturale. - Inoltre l’Associazione vorrebbe che in città si sviluppassero progetti con più forza e
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continuitĂ che stanno particolar mente a cuore ai lavoratori senegalesi: un centro interculturale aperto alla cittĂ , inserito in un percorso culturale piĂš ampio che coinvolga tutta Firenze e un processo di for mazione di quelle persone che scelgono di farsi imprenditori sia in Italia che in Senegal.
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CASTO (coordinamento associazioni Senegal in Toscana) Sede presso il Consolato del Senegal a Firenze in Borgo San Lorenzo 1 Presidente: Mbaye Diop Tel. 055-216999 CASTO esiste dal 1988 ed oggi ha sviluppato diversi piani di intervento, dal mutuo soccorso a lavoratori e nuclei familiari emigrati in Italia fino a progetti di cooperazione e sviluppo verso il Senegal a partire dalle comunità locali di italiani e senegalesi. CASTO è molto attivo anche sul terreno della partecipazione politica locale e regionale, organizzando iniziative di infor mazione e manifestazioni e proponendosi come referente per un dialogo tra le comunità e gli enti locali. - Attualmente CASTO ha disegnato un programma di intervento che si articola in diversi punti. A questo proposito il programma di CASTO affer ma: “Importante sarà per la nostra associazione collaborare e rinforzare i rapporti sul territorio saldando e creando nuovi legami con le associazioni, i sindacati, gli enti pubblici locali e i privati”. 1) Cooperazione decentrata e sviluppo sostenibile: Progetti di ritorno per sviluppo sostenibile e for mazione professionale. In collaborazione con il Comune ed altri istituzioni CASTO intende individuare aree d’intervento in Senegal per proporre interventi da costruire insieme al CASTO e la comunità Senegalese di Pisa ed altre istituzi-
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oni toscane e senegalesi se necessario per sostenere in modo costruttivo i progetti “di ritorno” per senegalesi. 2) Sanità e sicurezza sul lavoro: L’associazione promuove il rispetto integrale della salute anche per i migranti e lavoratori irregolari. A questo scopo promuove la collaborazione con le associazioni di medici e volontari per garantire l’acceso alla sanità d’urgenza e di base attraverso i servizi di : -mediazione culturale e linguistica presso gli ospedali e le strutture sanitarie pubbliche -incontri con gli operatori sanitari per diffondere una cultura della salute e dei diritti - Stimola la for mazione di gruppi di donatori di sangue all’ AVIS o altra associazione (già attivo in molte città) e di gruppi di donatori di midollo osseo all’ ADMO (già attivo in molte città) 3) Il lavoro e la for mazione professionale per CASTO si collocano nelle primissime posizioni in ordine d’importanza. I senegalesi infatti fanno del lavoro la loro prima preoccupazione in assoluto. CASTO, in questo settore, ha varato un programma che si sintetizza in: - istituzione di un servizio di assistenza sindacale per i lavoratori stranieri, a partire da una stretta collaborazione con i sindacati presenti sul territorio; - infor mazione agli immigrati riguardo ai loro diritti-doveri in ambito lavorativo; - messa a disposizione dei cittadini senegalesi di tutte le infor mazioni sul mercato del
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lavoro e delle varie opportunità disponibili; - messa in atto di Corsi di For mazione Professionale, in collaborazione con le principali aziende del territorio toscano e senegalese, con relativa “certificazione” dei corsisti e la rivalutazione della loro preparazione professionale; -creazione di rapporti con imprese territoriali e gruppi di imprese di ogni settore dell’attività economica per capirsi, capirci, organizzare brevi corsi di for mazione pratica per inserire più facilmente i destinatari nel mondo del lavoro; - individuazione con le imprese, gli imprenditori, gli artigiani e le autorità locali dei settori che richiedono competenze specifiche e manodopera in modo da fornire persone appositamente preparate; - messa a disposizione delle aziende e dei Centri per l’Impiego di tutte le infor mazioni riguardanti la disponibilità di lavoratori con le rispettive professionalità e mestieri; - scambio di infor mazione per facilitare la possibilità di collaborazione tra la cittadinanza e i senegalesi per la creazione di imprese. d) Interventi per la scuola e cultura dei e delle migranti senegalesi: - mettere a disposizione nelle strutture scolastiche il proprio potenziale linguistico sia per il sostegno degli allievi senegalesi che di quelli autoctoni; - svolgerà iniziative di Dopo Scuola per impegnare gli studenti in apprendimenti linguistici e culturali anche come momento di aggregazione; attivare anche dei corsi di lingua wolof rivolto anche ad allievi autoctoni e non solo;
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- trovare piccoli spazi di aggregazione sociale per giochi ludici tradizionali, ricerche su internet sulla storia e le tradizioni del Senegal e altro; - cercare una collaborazione fattiva con i vari istituti scolastici per organizzare dibattiti culturali nelle scuole di vari livelli. Affrontare il tema delle differenze all’interno delle scuole é stato sempre considerato, da molti, il miglior metodo per prevenire il dilagare del razzismo; - stabilire contatti con le Università per ogni ed eventuali collaborazioni atte a sostenere gli studenti stranieri per l’ottenimento della massima certificazione nei loro studi. e) Organizzazione di eventi culturali e sportivi: - cene sociali - mostre di artigianato - partecipazione con presidii ad eventi regionali e locali per la promozione delle nostre attività - promozione di dibattiti ed incontri per l’approfondimento degli aspetti rilevanti della nostra cultura - promozione di incontri e dibattiti con i rappresentanti più importanti della nostra cultura (scrittori, artisti, musicisti, registi ecc...) - realizzazione di un festival del cinema africano in particolare senegalese in Toscana
- nel campo dello sport l’obiettivo è quello di promuovere le discipline sportive senegalesi come la lotta tradizionale e di for mare squadre senegalesi nelle discipline sportive piÚ popolari.
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FASET Onlus Responsabile Sede Pontedera: Dodou Fall Responsabile Sede Poggibonsi: Diallo Papa Demba Responsabile Sede Santa croce: Gwei Adama E. mail: faset.sunugaal@yahoo.it Associazione iscritta all’ Albo regionale Faset è una Federazione ed un Consorzio di Associazioni ed è stato creato il 18 ottobre 2008 Fanno parte di Faset: Senegal Mbolo di Pisa, Associazione senegalese per la costruzione di un Africa nuova (ASCAN) di Pontedera, Associazione dei Senegalesi di Firenze, Associazione del Valdarno Inferiore di Santa Croce, Associazione dei Senegalesi di Poggibonsi, Associazione Senegalesi Prato, Associazione dei cittadini di Diender in Italia (Pontedera), Associazione dei cittadini di Gorom, Associazione dei cittadini di Ruifisque. - Attività di orientamento ed accompagnamento:ricerca e assistenza nel campo di: lavoro, casa, per messo di soggiorno. - Progetti in corso: Messa a punto di protocolli di intesa con strutture senegalesi per la creazione di imprese in Senegal che facilitino
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il rientro dei migranti. L’associazione promuove infatti percorsi di for mazione al management ed alla costruzione di imprese da parte dei migranti. - Da ottobre 2009 è in preparazione un corso di for mazione per 20 manager senegalesi nell’ambito dell’orientamento ed accompagnamento. - In preparazione un progetto integrato di internazionalizzazione dei sistemi produttivi - Promozione della cittadinanza: Faset promuove il riconoscimento del diritto al passaporto italiano per i cittadini senegalesi residenti da dieci anni in Italia.
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Associazione Tidjaniyyania Via Palazzuolo presso l’Associazione Anelli Mancanti o Circolo Arci Vie Nuove (ogni seconda domenica del mese). Presidente: Namdo Ndiaye Mamadou Sall offre un aiuto al gruppo nell’amministrazione. - Il fondatore di questa corrente religiosa nata in Senegal è El Haji Maliksy e Tivaone è la città in Senegal dove si è sviluppata e cresciuta questa corrente religiosa, la quale predica la pace nella religione, il rispetto per altri credi e contesti culturali. - E’ un gruppo principalmente a carattere religioso che svolge attività anche di aiuto e sostegno sociale per connazionali in difficoltà. L’associazione ha per questo un fondo economico che utilizza per le emergenze, per esempio quando ci sono persone con problemi di sostentamento e malattie. - Sono organizzate attività di cooperazione con il Senegal per sostenere progetti di costruzione di infrastrutture e di solidarietà con i più bisognosi. - Ogni anno viene organizzato un evento religioso e nel 2009 sarà realizzato il 10 ottobre a Prato. Si radunerà la Federazione di tutte le Dahira (associazioni - gruppi) della Toscana per insegnare e ribadire i giusti comportamenti da mantenere in relazione ai punti fondamentali della Tidjaniyyania. - Alcuni uomini senegalesi si sposano con donne italiane, europee, e spesso le
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donne sposano anche la religione di appartenenza del proprio uomo. Per questo motivo vengono organizzate cerimonie di unione con un rituale svolto dalla Dahira di appartenenza. - Un progetto molto importante per la città e le nuove generazioni di bambini e ragazzi senegalesi, potrebbe essere quello di sviluppare centri di alfabetizzazione culturale, spazi e modalità per insegnare la propria cultura d’origine, grazie alla quale avere piÚ strumenti per comprendere il proprio paese e, allo stesso tempo, il nuovo paese accogliente.
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Associazione Muride E’ un’associazione religiosa che si ritrova la domenica pomeriggio in una stanza messa a disposizione dal circolo in via Dei Conciatori. Segretario generale: Mbodji Mbacke Sacnetaire Geiral 320-7217637 Referenti: Mamadou Gueye , Pape Demba Dia, Mbaye Diop e-mail: toubatoscana@ymail.com www.toubatoscana.com (con conto corrente per donazioni) - I membri di questa associazione si riuniscono per pregare il Profeta, attraverso la guida fornita da un referente spirituale senegalese, chiamato Cheikhahmadou Bamba o Serigne Touba. Il gruppo recita un coro cantato (Khassaid) composto da preghiere e poesie scritte dallo stesso Touba. Quest’ultimo è il fondatore del Mourideismo, percorso religioso nato in Senegal, ma cresciuto in tante città
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del mondo grazie ai gruppi senegalesi e ai loro Dahira. - L’ associazione, al di là dell’ambito religioso, organizza varie attività nel campo della solidarietà, e dell’impegno sociale. - L’associazione porta avanti progetti di cooperazione in Senegal, come la costruzione di scuole e strutture per ragazzi e bambini, un grande ospedale a Touba, l’ampliamento di celle frigorifere nel cimitero e altri interventi utili alla città.
54 FAT - Federazione Africani in Toscana Sede legale presso la struttura di Manitese, via della Pieve,43/b, Scandicci Sede operativa: via Tavanti 6 Presidente: Roger Sessou e-mail: africaintoscana@gmail.com Le principali attività sono: - persegue finalità di solidarietà sociale, promozione della cultura e dell’arte, tutela dei diritti civili; - cooperazione con il Paese d’origine, e acquisizione di una coscienza degli aiuti in direzione dell’autonomia; - progetti per le donne in Africa; - servizi agli immigrati: accompagnamento in Questura, consulenza, sostegno e infor mazione ai soci; - attività culturali varie; - progetti sociali: inserimento abitativo con il sostegno di mediatori interculturali; - aiuti su progetti specifici in Algeria/Senegal; - collaborazione con Arci, Associazione Arcobaleno e altri Enti.
Al suo interno si trova anche il comitato Donne Africane.
55 Consolato senegalese Borgo S. Lorenzo 1 Console onorario: Eraldo Stefani info@senegal.it Il Consolato è aperto il lunedì, mercoledì e giovedì dalle ore 9.00 alle ore 13.00. http://www.senegal.it/ http://www.rts.sn/ (Radio television senegalaise) Dalla sua apertura, avvenuta il 20 aprile 1996, il Consolato oltre che svolgere una notevole attività amministrativa, si è attivato numerosissime volte presso le Autorità competenti della Toscana e regioni limitrofe per la risoluzione di molteplici problemi di ordine burocratico, amministrativo e sociale, in favore di cittadini senegalesi che vivono in Toscana o in altre regioni e che qui si sono rivolti. Il Consolato ha inoltre raccolto numerose proposte di imprenditori italiani intenzionati a valutare la possibilità di intraprendere rapporti commerciali con il Senegal che potranno anche consentire il rientro volontario in patria degli immigrati senegalesi dando così un impulso positivo all’economia italiana e a quella senegalese. Dal Consolato sono stati raggiunti accordi fra enti locali della Toscana e del Senegal che sono stati for malizzati nella sottoscrizione di protocolli d’intesa. Sono stati individuati nella provincia italiana e nella regione senegalese gli enti territoriali più idonei alla stesura degli accordi, sia per le rispettive super fici territoriali sia per le specifiche competenze di questi enti. Come è noto le regioni senegalesi dal 1° gennaio 1997 hanno proprie autonomie rispetto
56 al governo centrale al pari delle provincie italiane. Nell’ambito degli accordi tra questi enti si è pensato anche a dei gemellaggi tra i Comuni della Provincia della Toscana e quelli della regione senegalese in quanto in virtù del gemellaggio principale, Provincia con Regione, i comuni avrebbero potuto beneficiare di un coordinamento in direzione degli obiettivi prioritari. In generale, oltre ad occuparsi delle problematiche relative a Firenze, il Consolato da un grande sostegno nella cooperazione con il Senegal per migliorare le condizioni di alcune strutture nelle città. Presso il consolato è possibile svolgere le seguenti pratiche amministrative: Carte consolari (occorre: carta di identità nazionale o passaporto), Lascia Passare (occorrono: denuncia di smarrimento o furto del passaporto, carta di identità nazionale o altro documento equipollente, biglietti di viaggio), traduzione documenti, Istruzione istanze gratuito patrocinio, Dichiarazioni con autentica di fir ma, Dichiarazioni di reciprocità, Nulla osta per matrimonio, Nulla osta per il trasferimento dei cittadini senegalesi deceduti e altre pratiche.
Aliance Associazione ancora non registrata composta da circa tre membri della comunità senegalese a Firenze.
Rufisuoise Questo gruppo è for mato da membri che provengono tutti dalla stessa città del Senegal, Rufisuoise
57 Gruppo culturale senegalese Il gruppo, for mato da donne e uomini, si ritrova periodicamente alla Chiesa S. Maria a Ricorboli in via dei Marsuppini. Molte delle attivitĂ previste sono legate al campo musicale e artistico.
EVENTI
CAPITOLO 3
60 Moschea di Borgo Allegri e preghiera del venerdì La Moschea in Borgo Allegri è prevalentemente un centro di preghiera. Nella cultura islamica sono previsti 5 momenti di preghiera al gior¬no e chi lo desidera può venire a pregare qui. Invece il venerdì è il giorno in cui tutti pregano alla Moschea perché è la loro giornata di festa ed è un momento di aggregazione importante per i musulmani. Il venerdì sono organizzati due turni per pregare data l’enor me affluenza: dalle 12 alle 13.30 e poi dalle 13.30 alle 14.30. Durante i giorni della settimana non è semplice individuare l’ingresso della Mosche, perché è una semplice porta, come quella di un garage o di un magazzino. Qualcuno spazza il marciapiede e annaffia dei fiori in vasi sistemati lì davanti. Al contrario, il venerdì, già in tarda mattinata, la via accoglie centinaia di musulmani da tutta la città, che si riuniscono in questo giorno per pregare insieme. Con l’inizio della preghiera si vedono, sopra grani tappeti, schiene di persone che pregano, dopo essersi tolte le scarpe fuori dalla porta. Diversi uomini rimangono sul marciapiede, dato che lo spazio all’interno è pieno. Altri ci sorridono e ci invitano ad entrare nella stanza sulla sinistra riservata alle donne. Qualcun altro invece parla in strada, si scambia saluti e infor mazioni in quest’occasione di ritrovo e solidarietà. Le macchine faticano a passare, la strada per questa ora è diventata uno spazio di aggregazione, un’altra piazza che accoglie chi non è riuscito ad entrare nella Moschea e aspetta il turno successivo della preghiera. “Qui in questa città, oltre che la scuola araba, manca la Moschea. Dobbiamo avere una grande Moschea come le altre città ce l’hanno. Visto che prima eravamo immigrati e ora siamo cittadini, e i nostri figli sono nati qui e cresceranno qui, e diventeranno cittadini, chiediamo la possibilità di integrarci meglio.” A. Senegalese
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“Ci vorrebbero dei posti per per mettere gli incontri tra tutte le culture. Posti aperti, so¬prattutto per conoscere le varie lingue, culture, tradizioni e religioni, per far conoscere ad al¬tre comunità un percorso personale, contami¬nandosi tra le culture, conoscersi e imparare le diversità. Bisogna che ci siano infor mazioni giuste, corrette e anche nelle scuole inseg¬nare le diverse religioni in modo che anche i bambini non ragionino per stereotipi negativi.” E. Palestinese “A Firenze abbiamo avuto un terreno fertile e la sensibilità per l’incontro. Questo ha fatto sì che noi, come comunità islamica, dal primo momento abbiamo deciso un’apertura totale. Le iniziative sono aperte al pubblico, qualsiasi per¬sona può venire da noi per seguire le nostre iniziative, perché diciamo: “uno entra dentro una chiesa, uno entra dentro una moschea.” Facciamo giornate delle moschee aperte du¬rante l’anno, che sono momento di scambio culturale, religioso e oltre.” E. Palestinese
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Incontro religioso Tidjaniyyania in via Palazzuolo e viale Giannotti Il gruppo religioso T idjaniyyania organizza periodicamente dei momenti di incontro, grazie ad uno spazio messo a disposizione dall’Associazione Anelli Mancanti in via Palazzuolo. Il portone dell’Associazione Anelli Mancanti è ancora chiuso. Un uomo senegalese aspetta seduto su un gradino al lato opposto della strada. In pochi minuti gli uomini sono diventati tre, quattro, qualcuno passa con la bicicletta, si fer ma a parlare con i connazionali e poi riparte. Intanto altri arrivano, salutano, si siedono sul gradino e aspettano il compagno che arriverà ad aprire la stanza dove iniziare la riunione del gruppo T idjaniyyania. Fa caldo, passa più di un’ora ma decidiamo di aspettare. Continuano a passare persone nella strada trafficata, molti turisti, e qualcuno persino chiede al gruppo di senegalesi seduti: “Vendete cellulari?”. “Alcuni dei senegalesi appena arrivati vengono qui, ai corsi di italiano organizzati dall’Associazione Anelli Mancanti, anche se purtroppo molti ragazzi lo imparano più velocemente in strada, cercando di vendere” M. “E’ importante mantenere questi luoghi di incontro, perché abbiamo la possibilità di apprendere e diffondere l’insegnamento della guida spirituale El Haji Maliksy, che
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comprende pratiche di buon comportamento, di pace, di rispetto dei contesti in cui ci si trova a vivere. In Senegal sono quattro le correnti religiose più seguite, qui in Toscana sono numericamente maggiori la corrente del Muride e del T idjaniyyania . Soprattutto per i giovani che crescono e si for mano qui, è positivo ascoltare questi insegnamenti, e modelli di buona educazione, perché non si perdano in relazione alla libertà troppo grande ed alla differenza di costumi con cui si relazionano. Ogni tanto le famiglie riportano in Senegal i bambini nati qui in Italia per dar loro la possibilità di imparare il wolof, la religione e la cultura. Io insisto nel promuovere le similitudini e i punti di contatto tra le nostre società, ricordando anche quando il nostro primo Presidente, Leopold Sedar Senghor, venne a Firenze nel 1962 per un dialogo sulla Democrazia con Giorgio La Pira. Ricordiamo che i senegalesi hanno iniziato ad andare a votare democraticamente già dal 1862. Siamo cresciuti vicino alla cultura francese mentre eravamo una colonia, confrontandoci con la cultura cristiana e altre modalità di pensiero.” M.
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Un altro punto di ritrovo dell’associazione è il Circolo Arci delle Vie Nuove in viale Giannotti ogni seconda domenica del mese. Qui si riunisce il gruppo delle donne, anche loro appartenenti alla corrente religiosa T idjaniyyania. Non sono solo momenti religiosi, ma anche di scambio di infor mazioni, di incontro, di organizzazione di eventi, di aiuti e solidarietà .
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68 CIncontro religioso del Muride in via dei Conciatori
L’associazione religiosa del Muride si ritrova ogni domenica dalle 17 alle 20 in via dei Conciatori, in una piccola sala messa a disposizione dalla sede di Rifondazione. Ha una valenza religiosa ma non solo, dato che vengono proposti anche aggiornamenti politici, infor mativi, attività sociali e di aiuto. L’associazione è composta sia da donne che da uomini e ognuno dei due gruppi ha un suo referente rappresentante. Un coro, chiamato Khassaid, canta preghiere e poesie scritte dalla guida spirituale, fondatore del muridismo, Serigne Touba. Sono lodi dedicate al Profeta, preghiere pacifiste che promuovono il benessere dell’umanità intera. All’interno della piccola stanza tante persone pregano a cantano, fuori altri si tolgono le scarpe prima di entrare e si salutano con gesti particolari che contraddistinguono la loro appartenenza e dimostrano il rispetto reciproco. Questa domenica è una giornata speciale, perché un nipote dello stesso Touba e arrivato a Firenze dal Senegal per svolgere la preghiera. L’ultimo figlio di Touba è morto nel dicembre del 2007, ma i suoi nipoti continuano a propagare le sue parole e a portare avanti il suo credo, non solo religioso ma anche di pace e fratellanza. Touba non è stato solamente un’importante guida spirituale ma il più forte oppositore a l’ingresso dei colonizzatori nel Senegal. E la sua opposizione è stata pacifica, in nome della non violenza e dell’amore per il genere umano. Touba difendeva i valori e le peculiarità del popolo
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africano e senegalese, contro il dominio dei colonizzatori e la loro volontà a cristianizzare le terre conquistate. Proprio per questa sua grande capacità di unire il popolo senegalese nella difesa delle proprie radici, fu esiliato dai francesi per undici anni e per cinque anni fu costretto alla segregazione domiciliare forzata. Ma la sua parola pacifista è stata accolta negli anni dai senegalesi che hanno creato gruppi Muride in tutto il mondo, infatti i discendenti religiosi viaggiano nei paesi per incoraggiare i gruppi alle sue pratiche, non solo dal punto di vista religioso, ma anche sociale e culturale. Le associazioni raccolgono soldi per continuare a costruire in Senegal strutture per i più deboli e gli esclusi. Lo stesso nipote di Touba, presente alla preghiera di questa giornata, continua a gestire in Senegal scuole per ragazzi e bambini, a suo tempo costruite dal padre, per offrire un’educazione a tutti sia in arabo che in francese.
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“Il Muride deve lavorare costantemente come se non dovesse morire mai, e sempre pregare, come se dovesse morire ogni momento� A.
72 Natale Musulmano, 9 marzo 2009 Il Natale Musulmano rappresenta la nascita del Profeta Mohamed. E’ un evento organizzato alla Fondazione Spazio Reale di Don Momigli, in via San Donnino a Campi Bisenzio. Alla presentazione ufficiale sono presenti vari ospiti istituzionali e non, referenti di associazioni senegalesi e figure di rilievo della comunità, come Assane Kebe del Consiglio degli Stranieri del Comune di Firenze e Pape Diaw; il console onorario, il presidente senegalese del coordinamento toscano dei Consigli degli Stranieri, il presidente senegalese del Consiglio degli Stranieri del Comune di Pontedera, il Comune di Pontedera, il Comune di Campi Bisenzio, il referente della cooperazione internazionale sanitaria della Regione Toscana, l’Avis e referenti religiosi come Elzir Izzedin, l’Iman del Centro Islamico di Firenze, e Don Momigli. La grande sala messa a disposizione è piena di gente. I tappeti riempiono quasi tutta la super ficie. Gli uomini, anziani, adulti, molti giovani, pregano seduti o sdraiati l’uno accanto all’altro, mentre centinaia di scarpe stanno ai margini dei tappeti. Tanti indossano vestiti tradizionali anche se abbinati a piumini, sciarpe e cappelli. Le donne sono molto meno e stanno sedute da un lato, coloratissime ed eleganti con i loro bambini che giocano tutto il tempo.
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Sul palco gli uomini parlano in wolof e in italiano, in un clima di pace, solidarietà e dignità. Un uomo passa tra la gente con un sacco nero di plastica e distribuisce sacchetti di frittelle prima della cena. Fuori all’aperto ci sono banchi di vestiti e oggetti senegalesi. I bambini giocano e si rincorrono, mentre gli uomini si salutano e parlano tra loro. “In questi momenti di guerra ovunque, la politica sembra aver fallito perché tanti conflitti si potevano evitare, ma noi dobbiamo comunque lottare contro la violenza. Diciamo un No alle persone che dicono di appartenere a l’Islam e poi spargono sangue. L’Islam è fratellanza, pace, salvezza per le persone e rispetto per le religioni”. A.K. “Abbiamo realizzato una Guida multilingue all’assistenza sanitaria per cittadini stranieri, insieme al Comune di Pontedera, che trattasse i problemi relativi alla salute
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e l’accesso alle strutture da parte degli stranieri e l’acquisizione del tesserino STP. La guida è soprattutto rivolta a persone svantaggiate come donne in gravidanza, carcerati, irregolari e non solo. Come sappiamo il nuovo disegno di legge mette in pericolo gli stranieri e gli esclude dall’accesso alle strutture sanitarie. Ci sono inoltre alcune proposte per noi molto importanti come ad esempio convertire i per messi di soggiorno in per messi di sanità per motivi di salute, o il rilascio di per messi di soggiorno per motivi di famiglia. Alcuni siti molto utili sono www.immigrazione.it, www. tubatoscana.com, dove è possibile interagire su tematiche fondamentali e apportare aggiornamenti e notizie. Nel sito www.prefettura.fi.it si può consultare il Progetto Paese tramite cui sono stati inserite tutte le infor mazioni utili in tematiche di immigrazione, le leggi, gli aggiornamenti.” Presidente del coordinamento regionale dei Consigli degli Stranieri
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82 Manifestazione regionale a Pisa contro il l’ordinanza “antiborsoni” del Comune di Pisa. Un conflitto significativo si è aperto in Toscana nel corso del 2008 in una delle città dove la politica dell’accoglienza e del multiculturalismo ha una importante tradizione. Il comune di Pisa ha scelto di invertire rotta e di mettere in scena un tentativo di inasprire le nor mative e le pratiche di amministrazione dell’immigrazione soprattutto nel campo dell’abitazione e del lavoro. A Pisa vivono attualmente più di 2000 senegalesi, che lavorano sia nel settore infor male che in quello dell’industria e dei servizi. Una parte lavora dunque nella vendita infor male al dettaglio, spesso portando la propria merce in una borsa o in un grande fagotto che serve anche da bancarella. I luoghi preferiti per questa attività sono Piazza dei Miracoli e le zone limitrofe dove l’affluenza di turisti per mette migliori guadagni. Il Comune di Pisa ha scelto però di reprimere duramente questa for ma di lavoro, prima con ronde e retate di vigili urbani e polizia per dissuadere ed allontanare i venditori, poi vista l’inutilità di questo metodo, con una ordinanza, mutuata da quella in vigore a Venezia, che vieta l’uso di borsoni voluminosi in città. L’ordinanza ed i continui controlli hanno provocato una tensione che è sfociata anche in scontri fisici tra vigili e venditori e che ha dato argomenti ad una campagna senza precedenti di criminalizzazione del lavoro infor male. Il
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carattere paradossale e discriminatorio di questa nor ma, applicata in sostanza solamente alle persone di pelle nera, ha provocato la reazione delle associazioni dei senegalesi e dei singoli venditori che hanno costruito insieme alle realtà antirazziste di base ed ai centri sociali della città, una serie di iniziative di protesta culminate in un corteo il 18 aprile 2009.
Impressioni da una piazza che cambia Il sabato pomeriggio, nonostante una pioggia insistente, sono scesi in piazza centinaia di migranti, soprattutto senegalesi, erano presenti però anche con un loro striscione dei bengalesi ed i migranti delle case occupate di Firenze. Su pullman, treni ed anche auto private sono arrivati anche i componenti delle comunità senegalesi di Livorno, Santa Croce, Piombino, Valdarno e dalla Versilia. Alla fine si conteranno almeno 2500 persone, la grande maggioranza immigrati. E’ stato un corteo molto atteso in città e preceduto da fortissime polemiche fra l’amministrazione comunale e gli organizzatori sul concetto di legalità, di integrazione e di solidarietà. Contro l’ordinanza di fatto impedisce il commercio ambulante sono interventi anche Adriano Prosperi e Gad Lerner mentre il Partito Democratico, la CGIL e l’ARCI regionale hanno preso posizione contro la manifestazione. Le richieste unanimi del corteo erano il rispetto del lavoro, anche irregolare ed il ritiro dell’ordinanza “antiborsoni”. Ad aprire la manifestazione lo striscione del Coordinamento delle associazioni senegalesi della Toscana (CASTO) che recitava “Lavoro e dignità, no all’ordinanza antiborsoni” fir mato Comunità Sen-
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egalese della Toscana, e poi gli altri senza bandiere di partito, stranieri ed italiani insieme, con uno straccio rosso legato al braccio, per i senegalesi un simbolo di protesta. Il corteo ha attraversato Corso Italia fino ad arrivare alla Logge dei Banchi dove tutti i manifestanti si sono seduti sotto il Comune per protestare contro l’ordinanza del Sindaco. Qui ha preso la parola Mbaye Diop, il rappresentante regionale del Casto chiedendo il ritiro dell’ordinanza e l’apertura di un tavolo di trattativa. Tanti interventi esprimevano infatti stupore e preoccupazione per il fatto che un’intera comunità si sentisse criminalizzata e spinta ai margini nel momento in cui la crisi economica minaccia la coesione sociale ed anche il successo del proprio progetto migratorio. La maggior parte dei partecipanti erano infatti giovani senegalesi, spesso capofila di un progetto migratorio che coinvolge il villaggio, il quartiere e famiglie intere ma anche semplicemente giovani in cerca di libertà, di opportunità professionali e di nuove culture. Parlare di antirazzismo e di multiculturalismo in astratto è ben diverso da partecipare a una manifestazione completamente diretta e deter minata dai migranti, anche gli interventi degli italiani presenti, erano per una volta più improntati al riconoscimento ed al rispetto per un percorso politico e sociale di conquista di diritti che va oltre la consueta solidarietà.
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CAPITOLO 4
RIFLESSIONI PER UNA INTERAZIONE CULTURALE
Proposte verso una interazione culturale “Io sto pensando principalmente alle seconde generazioni. E ai cambiamenti che ci sono stati… Le modalità di unirsi in for me di Associazionismo provengono già dal Senegal. La forza dei senegalesi è anche legata alla loro capacità di unirsi. Quello che sta succedendo ora è però legato ad un cambio generazionale. Sono cambiate molte cose, esattamente come è differente la nuova generazione di giovani senegalesi rispetto a quella precedente. Ora sta venendo una nuova generazione di universitari. E’ una generazione più divisa della precedente. Tante divisioni e la voglia di protagonismo che ci sono ora minano la forza dell’Associazionismo dei senegalesi. Adesso sono soprattutto universitari, ingegneri, economisti, quelli che arrivano a Firenze. Le nuove associazioni che si vanno a creare sono for mate da persone che già in Senegal avevano cominciato attività politica e di associazionismo e soprattutto sono tanti gruppi, diversi e spesso in contraddizione. I senegalesi che arrivarono negli anni 80-90, al contrario, iniziarono la loro attività collettiva solamente una volta arrivati in Italia e, al di là delle divergenze, si unirono in un’unica associazione unita e solidale. Come la cultura globale, occidentale, sta cambiando, anche le modalità di unione, la mania di protagonismo porta i giovani senegalesi appena arrivati a scindersi in tanti gruppi che spesso non collaborano tra loro. L’ambulantato è un altro problema che tocca le nuove generazioni. I primi ad arrivare qua erano lavoratori provenienti da zone rurali del Senegal, persone
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miti, semplici e tranquille, si procurarono licenze per vendere ed erano organizzati. Era un’immigrazione più rispettosa, religiosa, con valori semplici, per es. non fumavano nemmeno sigarette. Prima del 2000 nell’ Africa Sudsahariana la crisi riguardava solo le campagne. Dal il 2000-2002, quando anche le grandi città del Senegal hanno iniziato ad impoverirsi, i giovani sono venuti in Europa sia per studiare ma anche per cercare lavoro. Nelle indagini condotte in Italia, si è notato come la stragrande maggioranza dei senegalesi ha dichiarato di provenire da Dakar; da qui infatti essi provengono ma si saranno urbanizzati da qualche generazione o molto recentemente, andando ad occupare qualche baracca nella periferia perennemente crescente della capitale. L’altra provenienza è quella rurale, del piccolo villaggio dove ancora reggono la vita di comunità e le tradizioni. Al mercato centrale di Firenze si crearono due gruppi ben distinti di senegalesi: gli anziani delle campagne della prima generazione e i nuovi arrivati, studenti più disinibiti. Per esempio era nor male per i senegalesi arrivati dalle campagne avere paura della polizia, comportarsi con timore, invece i nuovi arrivati erano studenti abituati agli scontri nel campus con le forze dell’ordine e assolutamente convinti di non doversi nascondere e scappare. Oppure i giovani insultavano gli anziani dicendo loro che non erano capaci di farsi rispettare dagli altri stranieri presenti al mercato. Dal canto suo l’anziano senegalese era convinto che questi nuovi giovani non conoscessero il rispetto, i valori e la morale. Al mercato era comune sentire
la frase “i senegalesi hanno cambiato pelle”. E’ la logica modernista, mercantile che prende il posto dei vecchi valori. Molti dei nuovi arrivati si sono sposati con donne italiane, hanno avuto dei figli da loro, oppure portavano le loro mogli dal Senegal in Italia, mentre prima le donne bianche non erano neanche guardate e soprattutto le mogli senegalesi rimanevano in Senegal. Vendono perché non hanno i documenti, ma hanno un’altra idea dell’integrazione”. In generale gli ultimi arrivati hanno avuto una immagine preventiva di una Italia ricca e opulenta tramite i loro fratelli emigrati (telefonicamente, per lettera o, raramente, al rientro), difficilmente dai media del loro paese, per i quali l’Italia è praticamente inesistente. Per le condizioni di vita abbiamo queste infor mazioni: i modelli abitativi sono in prevalenza familiari e comunitari. Le situazioni di sovraffollamento, non di rado constatabili, sembrano dunque attribuibili non solo a motivazioni economiche, ma anche all’esistenza di una solidarietà di gruppo. Ogni senegalese parte con la benedizione del padre e con una serie di indirizzi di parenti e amici, dove si recherà e troverà accoglienza, in quanto fratello senegalese (nella tradizione Wolof c’è un complesso di regole per garantire chiunque resti or fano, solo o abbandonato. Il solitario, in cambio di ospitalità, offrirà i suoi servizi. Malgrado la veloce disgregazione sociale, in ogni angolo delle grandi città, queste tradizioni persistono, anche perché rette da credenze magiche) I nuclei abitativi perciò andranno a for marsi su basi parentali, amicali e di vicinanza geografica e religiosa. I pasti (due al giorno più la colazione in periodi nor mali, uno solo durante il Ramadan) saranno collettivi e al più anziano sarà riservato lo spazio abitativo migliore (se possibile in camera singola), gli si porterà rispetto e sarà l’ascoltato saggio del gruppo e dell’intera
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comunità. Sarà l’anziano il responsabile del nucleo abitativo (oppure chi esprime leadership): si occuperà tanto dell’aspetto burocratico (fitto, luce ecc.) quanto dell’organizzazione sociale e delle controversie. Ogni decisione che coinvolga la strategia dell’intero gruppo scaturirà dalla consultazione collettiva. Chi non volesse (o potesse) contribuire finanziariamente alle spese di gestione può, in cambio, offrirsi a tempo pieno I nuovi arrivati sono esentati per un mese dal versare ogni tipo di contributo in denaro; di loro si prenderà cura qualcuno in particolare che lo introdurrà alla conoscenza della situazione. Sempre il gruppo abitativo farà una sottoscrizione in favore di ogni nuovo arrivato per la costruzione del capitale iniziale, necessario all’acquisto delle poche merci che andrà a vendere accanto al suo TUTORE. Ogniqualvolta le condizioni lo per mettano questo modello viene puntualmente riprodotto. Ovunque sia locata, l’abitazione senegalese è sempre un punto di riferimento per ogni fratello senegalese. Le abitazioni senegalesi sono anche sede di ritrovo collettivo, quando lo spazio lo per mette. Abbiamo detto che la maggior parte dell’immigrazione senegalese è for mata da uomini, non da numeri da immettere nel calcolatore; dietro ogni unità c’è una persona e, alla sofferenza di un uomo qui, fanno eco le sofferenze e le attese di altre persone (donne e bambini, anziani) che attendono e dipendono da quest’uomo silenzioso, timido e dignitoso che malgrado tutto, imperterrito, cerca lavoro. Non vuole altro, solo vendere ciò che ha: la sua forza lavoro”.
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Io credo, continua Pape, “che sia fondamentale costruire progetti concentrati sui temi del dialogo interculturale e del dialogo sociale. I ragazzi delle nuove generazioni membri di gruppi ed associazioni, dovrebbero lavorare su questo. Anche attraverso il Centro Studi di Documentazione Africana, sarebbe importantissimo promuovere attività di alfabetizzazione culturale per ragazzi nati a Firenze, in Italia, perché se non hanno la conoscenza delle loro origini, dei valori culturali di riferimento, non potranno mai inserirsi e interagire nella nuova società accogliente. Saranno ragazzi persi, senza punti di riferimento e obiettivi. Attraverso il Centro Studi vorrei organizzare convegni sulla letteratura, la storia e la filosofia africana, dando rilievo soprattutto a quella femminile della quale non si conosce quasi niente. Il Senegal lavora tantissimo sulla cultura e soprattutto adesso è importante lavorare sulla letteratura e la filosofia, allontanandosi dal semplice folklore per avvicinarsi alla vera dimensione culturale. Questo è compito dei migranti stessi”. Pape Diaw dice ancora che oggi “manca il tessuto sociale ovunque, l’umanità delle relazioni. L’architettura di oggi è stata ideata per non far parlare la gente.
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Mio padre era uno dei fondatori del sindacalismo in Africa. Questa maniera di vivere la vita sociale mi ha fatto rimanere in Italia. Quando sono arrivato in Italia, negli anni 80, ero ospite del mio fratello maggiore, il quale viveva in un condominio a Novoli. Ricordo quanto tutto il condominio, i vicini di casa ci coccolassero e fossero sempre disponibili per qualsiasi cosa. Mancava il sale, un incoraggiamento per un esame, le camicie da lavare, una ripetizione al figlio della vicina. Poi magari la domenica noi invitavamo tutti per un pranzo senegalese o portavamo decine di regali al ritorno da un viaggio da casa. Se vogliamo un progetto di sinistra dobbiamo iniziare dalla ricostruzione del condominio! Io credo che gli stranieri rischino una colonizzazione cul-
100 turale. Penso che sia da fare un lavoro di decostruzione delle parole, e dei loro significati congelati: interazione e transuclturalità, al posto di intercultura. Intercultura ad oggi sottintende una cultura predominante che ospita o tollera l’altra, che non apre spazi alla contaminazione. E’ importante partire dai punti in comune di due culture per lavorare sulle contaminazioni. Guardare alle similitudini, partendo dai punti comuni, come anche tra Corano e Vangelo. Non è un caso che i senegalesi siano in Toscana, per i punti di vicinanza culturale che hanno trovato qui. Per esempio l’importanza della famiglia, del valore sociale e del piacere della conversazione.” Pape Diaw, Arci Regionale, consigliere comunale, presidente Ass. Senegalesi a Firenze e Circondario. “Le attività organizzate dai gruppi e dalle associazioni senegalesi hanno sempre una base politica. Ogni evento, anche festivo e ludico, include momenti dedicati alla divulgazione di infor mazioni, all’aggiornamento legale e alla comunicazione di cambiamenti legislativi. La comunità senegalese non è caratterizzata da una massiccia e costante partecipazione agli eventi o alle attività, se non per alcune occasioni specifiche, come la preghiera alla Moschea, alcune feste religiose o nazionali e manifestazioni politiche. Per questo motivo, appena si presenta un’occasione per riunire una parte consistente della comunità, vengono fornite infor mazioni utili, pratiche e significative. Dato che quasi tutti gli eventi promossi dalle associazioni, sia a livello economico che organizzativo, sono a carico dei referenti particolar mente
101 motivati, è difficile produrre attività frequenti, in ogni caso durante l’anno esistono eventi di vario genere, sia religiosi che culturali, come il Natale Musulmano, il Magal o la festa dell’Indipendenza del 4 aprile. Per far sì che le occasioni di incontro si presentino almeno una volta ogni due mesi, ogni comunità senegalese di un Comune toscano organizza un evento a cui partecipano tutte le associazioni della Toscana, in questo modo c’è alternanza nell’impegno e nelle risorse spese. Le associazioni senegalesi cercano di far rete anche con associazioni non senegalesi come quelle italiane, la Fat ed altre ancora”. Assane Kebe, membro del Consiglio degli Stranieri del Comune di Firenze . “Sono arrivato a Firenze nel 1998 a trent’anni. In Senegal ho fatto l’università e lì ho lasciato la mia famiglia. Sono emigrato in Ger mania e in Francia per molti anni. Non avevo documenti ma, grazie ad una sanatoria, sono passato dall’Italia. Pensavo di sostare per qualche tempo, per poi tornare in Francia, ma invece sono rimasto a Firenze perché mi sono innamorato di questo Paese. In ogni caso l’integrazione con i cittadini toscani è stata abbastanza veloce, perché al di là della religione, abbiamo molte cose in comune. Abbiamo gli stessi valori e atteggiamenti, come ad esempio l’umorismo, che io condivido molto soprattutto sul luogo del lavoro. L’ironia e lo scherzo è un atteggiamento culturale molto simile. Oppure l’importanza della famiglia è per noi un aspetto fondamentale, come per gli italiani. La non violenza, il desiderio di risolvere le incomprensioni con le parole, non con l’aggressività fisica, è un altro punto di condivisione. Non è difficile per i senegalesi legare con il popolo toscano. Anche la religione non è una barriera, perché noi in Senegal abbiamo avuto anche un presidente cristiano. Noi l’integrazione
religiosa l’abbiamo vissuta prima di tutto in Senegal, dove conviviamo anche con persone che non credono in nessun Dio. Il Senegal è composto da circa il 90% di musulmani e dal 5% di cristiani, più le credenze di varie etnie e gli atei, instaurando tra tutti una pacifica convivenza. La comunità senegalese è abbastanza integrata nelle città, perché i senegalesi sono stati tra i primi a venire a Firenze, fin dagli anni 80. In quel periodo vivevano negli alberghi e uscivano solamente per andare a vendere la propria merce, per paura di incontrare la polizia e di essere rimandati nel loro paese. Adesso è molto più semplice la vita da questo punto di vista, perché i senegalesi sono molto più organizzati: coloro che arrivano trovano già dei connazionali pronti ad ospitarli, ad aiutarli nel primo periodo di impatto con questa nuova città. Chi arriva trova solidarietà, vitto e alloggio, infor mazioni e sostegno, soprattutto chi non ha documenti. Un aspetto molto importante della comunità senegalese è la presenza massiccia di uomini, mentre il numero delle donne che emigrano dal Senegal è molto inferiore. Le donne che arrivano a Firenze sono quasi al 100% accompagnate dal proprio marito, solo pochissime arrivano qua in autonomia. L’uomo senegalese arriva nella nuova città solo e soffre la sua
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solitudine, ma non vuole che la donna si sposti con lui. Non vuole che le donne senegalesi abbiano l’occasione di relazionarsi troppo con una cultura europea così diversa. L’uomo vene qui progettando un proprio breve periodo in cui mettere da parte soldi, per poi fare così ritorno in Senegal, ma passa il tempo e lui a casa non tornerà mai. In Senegal è difficile investire, trovare lavoro e creare situazioni professionali. Inoltre, la solidarietà tra persone porta a non avere il coraggio di investire nella propria terra, luoghi devastati dalla povertà. Comunque, in generale, l’uomo senegalese è molto timoroso all’idea di trasferire nella nuova città tutta la sua famiglia, non solo per l’aspetto economico. Ha paura di vedere la propria donna trasfor marsi ed eman-
ciparsi, ribellandosi al tradizionale rapporto uomo-donna. L’Europa per mette molte libertà anche a livello educativo. L’uomo senegalese vuole che i suoi figli si for mino in Senegal dove le regole educative sono più serie e rigide, dove è fondamentale imparare il rispetto per gli adulti e per gli anziani, e solamente dopo questi insegnamenti essi potranno venire in Europa. I figli solitamente non vengono prima dei 18 anni, solamente quando si sono for mati nei valori di rispetto della famiglia e degli adulti. Tanti che hanno figli li riportano lì per essere educati, dove vanno alla scuola di francese e alla scuola di Corano. Poi li fanno tornare qua, forti abbastanza da non farsi confondere da questa cultura più aggressiva. In questa città quello che manca è uno spazio per ritrovarsi, per non stare in strada e sempre al mercato di S.Lorenzo. Ognuno deve trovare luoghi differenti per ritrovarsi, ma nel Piano dell’Immigrazione non è contemplata la valutazione di uno spazio come luogo di incontro o aggregazione. Viene fatta solo politica di spettacolo. La politica del sociale qui non c’è. Io vivo qui perché, rispetto al Comune e all’Amministrazione, la gente ha un altro valore, e io ho trovato anche al lavoro delle persone for midabili. Io lavoro in un’azienda a Capalle, se quest’azienda non fosse esistita, l’avrei inventata nei miei sogni”. Mamadou Sall, segretario dell’Associazione senegalesi a Firenze e circondario
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// NOTE // Le Associazioni elencate sono caratterizzate da una quantità di informazioni differente, in base a quello che abbiamo riscontrato durante la ricerca su campo e in base alla loro costituzione e organizzazione. Sono state dunque riportate, non alterando le informazioni ricevute, a svantaggio forse di un’omogeneità maggiore del testo, ma cercando di lasciare emergere le caratteristiche e le peculiarità di ognuna di esse. Alcune delle Associazioni esistenti sul territorio non sono presenti in questo testo, per questo ci scusiamo per le mancanze che potrete riscontrare. Le Associazioni riportate corrispondono a quelle che abbiamo trovato attive durante il periodo della nostra ricerca nell’anno 2008/2009. Sulla terminologia Spesso è stato usato il termine “comunità” per motivi di semplificazione, anche se vorremmo specificare che è un termine piuttosto ambiguo, in quanto denomina realtà non omogenee e sottoposte a continue e progressive trasformazioni. Sulla ricerca Per questa prima pubblicazione non è stato possibile tradurre il testo o parti di esso nelle diverse lingue, anche se lo crediamo fondamentale per il concreto utilizzo dello strumento da parte dei cittadini stranieri. Nella ricerca sono emersi dati e approfondimenti che non è stato possibile inserire in questo contesto specifico, ma che possono essere utilizzati come base documentaria e di conoscenza in diversi ambiti di progettazione. I dati di questa pubblicazione sono aggiornati al 31 aprile 2009.