POLITECNICO DI MILANO FACOLTA' DI ARCHITETTURA e SOCIETA' CORSO di LAUREA in ARCHITETTURA AMBIENTALE Orientamento “Riqualificazione sostenibile”
SHOPPING SPACE: DA VICTOR GRUEN A JON JERDE L'EVOLUZIONE DEGLI SPAZI COMMERCIALI NELLA SECONDA META' DEL NOVECENTO
RELATORE: Prof. Alessandro Rocca
Tesi di Laurea di: Claudia Federica Morandi Matricola n° 200891
Anno Accademico 2006-2007
Alla mia famiglia.
Indice Introduzione
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1. L'architettura del commercio
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1.1 Gli spazi del commercio
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1.2 Passage
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1.3 Mall
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2. Victor Gruen: Mall-Maker
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2.1 Da Vienna a New York
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2.2 Il planning
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2.3 L'architettura
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2.4 Shopping Towns
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2.5 Il transfer di Gruen
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2.6 Casi studio
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2.6.1 Grayson’s Department store, New York
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2.6.2 Milliron’s Department store, Detroit
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2.6.3 Northland Regional Mall, Southfield
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2.6.4 Southdale Mall, Edina
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2.7 Conclusioni
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3. Il modello globale 3.1 L'evoluzione del mall americano
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3.2 La colonizzazione globale
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3.3 Tutto è mall
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3.4 La classificazione internazionale
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4. Jon Jerde: Place-Maker
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4.1 Il nuovo sogno americano
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4.2 Contenitori di spettacolo: la supermerce
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4.3 Lo shopping center come parco tematico
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4.4 Voi siete qui: “The Jerde experience”
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4.5 Casi studio
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4.5.1 Horton Plaza, San Diego
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4.5.2 Mall of America, Bloomington
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4.5.3 Universal City Walk, Los Angeles
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4.5.4 Canal City Hakata, Fukuoka
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4.6 Conclusioni
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5. Conclusioni finali
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5.1 Il centro commerciale come paradigma dello spazio collettivo contemporaneo
Bibliografia
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Introduzione Le trasformazioni che hanno contraddistinto il ventesimo secolo hanno imposto la creazione di un sistema distributivo capace di portare grandi volumi di prodotti nei luoghi del consumo, determinando un nuovo campo applicativo per l'architettura: la progettazione dello spazio per il commercio, lo shopping space. Il lavoro svolto ha attraversato diverse fasi: in una prima fase si è studiata l'evoluzione degli spazi commerciali nel periodo storico antecedente gli shopping malls; successivamente si è approfondita l’architettura del mall nelle sua caratteristiche salienti, partendo dallo studio di due testi in lingua inglese su Victor Gruen, il progettista ideatore dei centri commerciali, la sua monografia e il libro da lui scritto sul tema in esame, un vero e proprio manuale sulla progettazione degli spazi commerciali. In seguito è stato approfondito il fenomeno degli spazi del commercio dal punto di vista dell'impatto che ha avuto nella vita sociale, contaminando la vita quotidiana e l'architettura non commerciale, in quanto questa tipologia si è sviluppata secondo i caratteri di spettacolarizzazione tipici della contemporaneità, determinando il fenomeno del Retailtainment- il divertimento nei luoghi commerciali. Nei progetti di Jon Jerde, il secondo progettista che è stato approfondito, la peculiarità più evidente dello spazio commerciale è la ricerca di spettacolarità spaziale e di coinvolgimento dell'osservatore nei luoghi di vendita e divertimento. La tesi si articola nel confronto fra il mall degli anni cinquanta e il suo sviluppo contemporaneo, attraverso l'analisi di alcuni fra i progetti più significativi di entrambi i progettisti, Gruen e Jerde; inoltre la comparazione è stata sviscerata attraverso l'analisi delle loro monografie, fonti primarie che ne rispecchiano gli intenti progettuali. 3
Questa ricerca si conclude con una riflessione sulla natura colonizzatrice degli spazi commerciali che li rende un fenomeno architettonico interessante perchĂŠ questi spazi-emulativi della cittĂ tradizionale stanno diventano i nuovi luoghi della cittĂ contemporanea.
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Capitolo 1 L'architettura del commercio 1.1 Gli spazi del commercio Lo spazio del commercio non ha nessuna forma esattamente propria ed univoca, nessuna organizzazione morfologica che gli appartiene e che lo caratterizza in modo esclusivo. La funzione del commercio nel corso dei secoli si è adattata al contesto ambientale in cui si trovava ed al clima culturale che l'ha plasmata nella forma di mercati, botteghe, fiere e negozi seicenteschi. In quanto luogo per eccellenza dell'interazione fra la gente e lo scambio di monete merci e cultura, lo spazio del commercio ha assunto, nei secoli, forme derivanti dalle relazioni con il proprio intorno: giunzione, interfaccia fra le altre attività urbane. Lo spazio del commercio ha dunque dei connotati di adattabilità al contesto e di flessibilità tipologica senza uguali. I luoghi del commercio si trasformano progressivamente in luoghi dell’esperienza globale e particolare: nelle società industriali avanzate, le persone trascorrono sempre di più il loro tempo nei “contenitori dell’acquisto e della vendita”, luoghi in cui è possibile realizzare esperienze stimolate dalle marche o dalla stessa distribuzione, per rendere più piacevole, divertente, spettacolare, oltre che utile, il rapporto con il pubblico. Questi luoghi nel tempo stanno prendendo il posto e l’importanza che una volta avevano le piazze e le vie nei centri urbani. Acquistare arricchendoci di esperienza di vita e non solo di prodotto, sembra oggi essere un desiderio e una tendenza emergente e significativa. I punti di vendita si trasformano quindi in punti di acquisto e poi in luoghi di 5
esperienza capaci di contenere un’ampia gamma di codici, di linguaggi, di desideri, di una società sempre più variegata e frammentata, che si riunisce e si riconosce proprio in questi luoghi riconoscendoli comuni e talvolta, come potenzialità di aggregazione, di esperienza e di comunicazione, oltre che di consumo. I luoghi dell’esperienza tendono a decentrarsi, a diventare sempre più sicuri, a connotarsi quasi come “salotti di casa” di dimensioni anche notevoli e con fruizioni complesse al loro interno, secondo la potenzialità della richiesta di esperienza e di acquisto.
1.2 Passage tratto da Honore de Blazac, Le illusioni perdute: “Nel passaggio, così faticosamente chiamato la galleria di vetro, avvenivano i commerci più singolari. Qui si installavano i ventriloqui, i ciarlatani d'ogni specie, spettacoli dove non si vede niente e altri dove si vede il modo intero.[...] La poesia di questo terribile bazar risplendeva al tramonto. Da tutte le vie adiacenti andavano e venivano un gran numero di prostitute che potevano passeggiarvi senza dover pagare nulla. Era orribile ed allegro al tempo stesso.[...] Il frastuono delle voci ed il rumore dei passi formavano un brusio che arrivava fino alla metà del giardino, come un basso continuo.[...] Quest'accozzaglia mostruosa aveva un certo che di piccante, gli uomini insensibili ne erano commossi.”
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Il periodo di massimo sviluppo dei passage a Parigi si è avuto fra il 1823 e il 1847, successivamente è stato esportato in tutte le massime città europee che li ricercavano per incrementare il loro fascino nella nazione. Alcuni fra i passage più significativi furono il Passage Feydau, del 1791, il Passage du Caire e il Passage des Panoramas; il Passage Delorme, costruito nel 1808 con una coperture di ferro e vetro, la Galerie Colbert con una copula vetrata centrale del 1826, il Passage Jouffroy del 1845, il primo ad essere riscaldato. I passage parigini erano realizzati con l'utilizzo di ferro e vetro per sfruttare l'illuminazione naturale diurna, ma anche attribuire a tali costruzioni un'immagine di grande modernità; i cortili interni dei palazzi erano ricoperti di questi lucernari vetrati, che li trasformavano in saloni illuminati per banche,ristoranti o negozi ed ampliavano lo spazio commerciale oltre i fronti stradali. L'aspetto affascinante per chi li percorreva era l'incanto del vetro della copertura, ma anche l'intreccio fra lo splendore delle luci e le merci esposte: in questo periodo iniziò a diffondersi l'illuminazione a gas nelle strade, e la luce nei passages appariva neutra e razionale ma anche vivida, capace di illuminare ambienti enormi per l'epoca. Nei passage, l'atto dell'acquisto prendeva un significato sociale, in quanto diventava un'occasione per vestirsi elegantemente, lontano dalle intemperie e dalla sporcizia caotica della città, dava la sensazione di appartenere ad una elitè. I primi passage avevano un carattere di strada, in quanto accoglievano una folla varia e non controllata, un pezzo di città con tutti i problemi dell'epoca, i pericoli degli slum e l'affollamento eccessivo, col passare del tempo però la città si allontana dagli slum, li ripudia: i passage diventano uno spazio speciale capace di incantare e sedurre, nelle loro vetrine gli oggetti esposti assumono un carattere straordinario e un valore che supera quello di scambio per diventare solo il desiderio di possessione. I passage erano un luogo ambiguo perché in essi lo spazio interno si fondeva con quello esterno; in continuità architettonica con le strade e le piazze ma al contempo uno spazio chiuso che le collega ma le esclude. I passage infatti si collocavano all'interno dei palazzi,, un luogo dove i negozi e la abitazioni dell'elitè parigina si intrecciavano; la strada non coperta era adiacente ad essi in modo da 7
consentire l'attraversamento di tutto lo spessore dell'isolato urbano. Camminando lungo i passage, le strade si snodano dentro e fuori la città e quest'altalena di fuori e dentro è una dei fattori di fascino dei passage, perché mostra la profondità della città con i suoi chiaroscuri, gli angoli mostrati e nascosti della vita cittadina.
1.3 Mall Con il procedere dei processi di industrializzazione, gli spazi commerciali dovettero modificare la loro natura: le fabbriche sviluppatesi dopo la Rivoluzione Industriale, immettevano nel mercato una quantità esponenziale di beni che necessitavano luoghi di acquisto adeguati: spazi di grandi dimensioni, articolati su più piani,facilmente raggiungibili grazie allo sviluppo dei collegamenti urbani (tram, metropolitana etc.). Nacquero così dei nuovi spazi per la vendita dedicati alla signora borghese che sceglieva di andare a fare shopping: i caotici bazar ed i grandi magazzini, sviluppatisi a Parigi nella seconda metà dell'Ottocento. I grandi magazzini erano caratterizzati dalla ricerca dei maggiori volumi per il commercio possibili, dall'offerta di prodotti a basso prezzo, dalla possibilità per la clientela di girare liberamente per lo spazio di vendita senza dover necessariamente comprare, ma passeggiare lungo le gallerie di collegamento coperte. Il modello dei grandi magazzini si diffuse rapidamente nelle principali città mondiali, a Londra nacque nel 1849 Harrods seguito da Mosca, magazzini Gum, e Milano, con il magazzino di abiti confezionati La Rinascente. Negli Stati Uniti, tre il 1860 e il 1880, ebbe un intenso sviluppo nelle principali città il modello dei Department stores o empori commerciali, che si diffusero progressivamente su tutto il territorio; i più importanti furono Macy's (New York, 1857) e Woolworth: i grandi magazzini offrirono la possibilità di acquistare beni per la prima volta prodotti industrialmente su larga scala, accessibili ad ampi strati della popolazione.
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Tra i grandi magazzini europei ed il mall americano l'anello di congiunzione fu la espansione territoriale del suburbio americano, il fenomeno dello sprawl, che a cavallo dei primi anni del novecento ha cambiato radicalmente il territorio americano. Le highways, le autostrade americane sono presentate per andare da una città all’altra, collegano l'America da una parte all'altra, sono le arterie che alimentano lo sprawl, l'urbanizzazione diffusa del territorio composta dall'aggregazione di blocchi residenziali a bassa densità che si estendono in orizzontale, lontano dalle città principali. Questa tipologia di insediamento è favorita dall'automobile, che permette spostamenti di sempre maggior distanza, ma favorisce allo stesso tempo tutte le funzioni che si possono svolgere con questo mezzo di accessibilità della famiglia media, cui si rivolgevano, per il bacino dei grandi numeri, i committenti dei mall agli architetti. Il termine mall è probabilmente un'abbreviazione di “pall-mall”, il luogo ove nei secoli XVI e XVII si tenevano le competizioni di “pallamaglio”. Il gioco, antenato del croquet, necessitava di un'ampia area verde a disposizione dei praticanti e fu adottato probabilmente per l'analogia dei grandi spazi che evocava, simili ai grandi spazi coperti dello shopping mall. Se durante la storia urbana il rito del commercio si era sviluppato nel cuore dello spazio urbano, a partire dagli anni venti in America si verifica il “Grande salto”, punto di non ritorno nella politica della grande distribuzione: quando vengono a modificarsi gli usi e le abitudini dei cittadini consumatori d’occidente e l’automobile diventa il più comodo, rapido ed (economicamente) accessibile mezzo di locomozione, rivoluzionario rispetto al modo di gestire e fruire del territorio. Infatti, l’autovettura concede al cittadino nuovi gradi di libertà: espande le sue possibilità di movimento, lo protegge dalle intemperie durante i tragitti, gli consente di essere dislocato in luoghi periferici rispetto alla città pur partecipandone della vita quotidiana, ma soprattutto gli consente di raggiungere qualsiasi luogo senza più i vincoli di distanza.
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(highway degli anni quaranta)
In questo nuovo contesto i “Grandi Magazzini” non sono più elementi inseriti nel cuore della città, luogo naturalmente deputato al commercio e a tutti gli altri riti della collettività, ma nelle periferie urbane, luoghi “analoghi” ad ogni latitudine. Nel 1916, a Chicago, l'imprenditore A.Aldis persuase alcuni fra i ricchi residenti di Lake Forest, Illinois, una comunità composta dall'alta borghesia dei nuovi emigranti americani di inizio secolo e alcuni investitori, per realizzare un affare immobiliare. Egli proponeva di migliorare il commercio della comunità di Lake Forest, costruendo una nuova piazza del mercato che fosse al centro di un complesso di 28 negozi, 12 unità di ufficio, 30 appartamenti, una palestra per la lotta libera e una casa da gioco. Questa “piazza del mercato” è stata probabilmente il primo luogo del commercio in cui la disposizione spaziale di tutte le unità immobiliari, di residenza e di vendita furono progettata per accogliere il flusso dei veicoli a motore, all'epoca privilegio delle classi più agiate come quella che abitava Lake Forest, e che sfoggiava i veicoli nelle occasioni sociali in cui ci si mostrava a tutta la comunità. La piazza del mercato di Aldis fu realizzata avendo l'automobile come fattore centrale per la pianificazione, che avrebbe garantito il successo di essa; il Registro Nazionale per le Piazze Storiche in America riporta infatti la piazza del mercato (marketsquare) come primo distretto del commercio per veicoli a motore degli Stati Uniti.
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(Lake forest, Chicago, 1916)
All'inizio degli anni venti, JC Nichols creò alla periferia di Kansas City, nel Missouri, la “Country Club Plaza”: una piazza al cui centro dovevano scorrere le automobili, costruita secondo un unico piano di sviluppo commerciale piuttosto che come un gruppo casuale di negozi, di proprietà di un unico soggetto che affittava lo spazio agli inquilini. Questa tipologia di piazza veicolare iniziò a svilupparsi rapidamente e ad essere presa a modello in molte cittadine periferiche dove la popolazione più abbiente era facilmente invogliata a frequentare quei mercati innovativi che accoglievano ed elevavano l'automobile come necessaria per lo shopping moderno. Nichols coniò il termine shopping center (centro commerciale), per denominare queste piazze. Il termine divenne subito popolare per descrivere tali siti commerciali costruiti per lo shopping in automobile.
(disegno degli anni trenta di un parcheggio)
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Lo sviluppo dell'idea di Country Club Plaza, che portò il mall ad essere la tipologia dominante di shopping space, è legato al ruolo della tecnologia. La tecnologia coincide e promuove la rapida scalata alla culture del consumo, diventano lo strumento per il rapporto fra consumatore e prodotto, in quanto le invenzioni meccaniche hanno consentito il primo stadio di espansione dello shopping space moderno: la dimensione fisica. Grazie alla tecnologia delle scale mobili e all'aria condizionata, è stato possibile aumentare le dimensioni di spazio sfruttabile per il commercio e ricreare un ambiente interno di comfort, in cui le persone si recavano per le favorevoli condizioni ambientali rispetto ai tradizionali negozi all'aperto. La storia del condizionatore iniziò negli Stati Uniti nel 1911, ma già dalla fine del 1800 i fabbricanti di prodotti sensibili al calore e umidità-tabacco (la pasta ed i tessili), avevano commissionato esperimenti di meccanica di raffreddamento. L'ingegner W. Carrier fu il primo a sfruttare ed impiegare la trasformazione dei gas che avviene nei passaggi di stato, ottenendo sia il freddo che il caldo.Carrier lavorava come in una compagnia che forniva impianti industriali e completò il primo progetto di un impianto di condizionamento dell’aria nel 1902, ma fu applicato solo nel 1911 su scala industriale e negli anni venti per la grande distribuzionee: nel 1919 fu installata la per la prima volta l'aria condizionata in un grande magazzino, nell'Abraham&Strauss department store di New York. Nel 1950 Gruen affermava che l'aria condizionata aveva riplasmato ogni elemento dei magazzini moderni, e nel 1956 il suo Southdale Mall fu il primo centro commerciale ad aria controllata. Di sistemi per trasportare in verticale uomini e materiali ci sono tracce dall'antichità, dalle carrucole dei pozzi delle prime civiltà ai quelle utilizzate nei primi dell'ottocento nelle miniere. Il progresso tecnologico fu successivo alla Rivoluzione Industriale, quando furono compiuti i primi studi per dotare i primitivi sistemi di sollevamento di un motore a vapore che sostituisse l'energia di uomini o animali. Intorno al 1850 a Boston e New York erano stati installati montacarichi, e nel 1853 l'inventore E.Otis presentò durante un'esposizione a New York al Crystal Palace il 12
primo ascensore dotato di un dispositivo automatico di sicurezza, destinato ad impedire la caduta violenta della cabina in caso di guasti. La prima applicazione pratica si ebbe nel 1857 con P. Gaynor, il quale progettò e costruì a N. York il primo edificio con l'ascensore per persone. Il sistema fu perfezionato con l'adozione di circuiti idraulici e con l'invenzione dell'ascensore elettrico, avvenuta nel 1880 in Germania. Nel 1885, Le Baron Jenney realizzava il primo grattacielo in struttura d'acciaio a Chicago e contemporaemente i primi ascensori elettrici venivano impiegati a New York e nella Tour Eiffel, del 1889. Gli altri sviluppi importanti furono attorno al 1920, l'abolizione del manovratore e successivamente l'introduzione delle porte ad apertura automatica al posto di quelle manuali.
(il lato economico della tecnologia per i grandi magazzini)
Parallelamente allo sviluppo dell'ascensore, anche l'invenzione della scala mobile rivoluzionò il trasporto della persone. Una scala mobile è un trasportatore adatto al trasporto di persone con un movimento a scorrimento orizzontale, costituito da una scala i cui gradini si spostano in avanti trascinati meccanicamente, rimanendo tuttavia orizzontali. L'idea di una scala “che si saliva da sola” fu brevettata da J.W. Reno nel 1892 ed iniziò ad essere impiegata quasi subito nei department store americani a due o tre piani, con l'azienda Otis (ormai leader nel settore) che iniziò la produzione a livello industriale delle scale mobili. Negli anni trenta questa tecnologia era stata adottata nei grandi magazzini di tutte le maggiori città americane ed europee. 13
(immagine del Times, la struttura ideale di uno shopping center)
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Capitolo 2 Victor Gruen: Mall-Maker 2.1 Da Vienna a New York
Secondo un profilo stilato dalla rivista Fortune negli anni cinquanta, Victor Gruen era piccolo, risoluto, irrefrenabile, una testa di capelli arruffati, sopracciglia come cespugli bisognosi di potatura, “un conversatore torrenziale con occhi brillanti come mica e una mente veloce come mercurio”. Era cresciuto nell’ambiente della buona Vienna ebraica anteguerra; aveva studiato all’Accademia di Belle Arti militando nel partito socialista dal 1926 fino al 1934 e dirigendo il cabaret presso il teatro Naschmarkt. Emigrò nel 1938, la stessa settimana di Freud, con uno dei suoi amici del cabaret travestito da truppa d’assalto nazista a guidare l’auto con lui e sua moglie fino all’aeroporto. Presero il primo aereo disponibile, verso Zurigo, arrivarono fino in Inghilterra, e poi verso New York in nave, sbarcando, come Gruen ricorderà più tardi, “con una laurea in Architettura, otto dollari, e niente Inglese”. Insieme a qualche altro emigrato tedesco formò il Refugee Artists Group, un circolo di artisti- musicisti che nel 1939 si esibì a Broadway, con undici serate al Music Box. L'aneddoto raccontato in Mall Maker, la biografia di Gruen di J. Hartwick come istante fondamentale per la sua carriera di architetto del commercio:l'incontro casuale con un vecchio amico dei tempi di Vienna, L. 15
Lederer, che voleva aprire una boutique di articoli in pelle sulla Fifth Avenue. Victor accettò di progettarlo, e il risultato fu una facciata di negozio rivoluzionaria, con una piccola galleria all’ingresso, di quattro metri per cinque: sei scatole di vetro, faretti, marmo finto, vetro verde ondulato sul soffitto. Era una “trappola per clienti”. Si trattava di una nuova idea nella progettazione commerciale americana, in particolare sulla Fifth Avenue, dove tutte le facciate dei negozi in una logica da commercio stradale traboccavano sul marciapiede. I critici andarono in estasi. Gruen progettò Ciro sulla Fifth Avenue, Steckler su Broadway, Paris Decorator sul Bronx Concourse, e undici filiali della catena californiana di abbigliamento Grayson’s.
2.2 Il planning Il programma di planning comprende la pianificazione del sito e delle aree circostanti. Gruen all'inizio sottolinea l'importanza di proteggere il centro commerciale da tre tipi di degrado: proteggere i negozi limitrofi del centro urbano affinché non si disperdano a causa del mall; evitare traffico commerciale e rumori nelle strade residenziali; proteggere il centro residenziale da cattivi odori , fumi di combustione e rumori,derivanti dalle attività dello shopping center. Il lavoro dell’architetto inizia col progettare il sito, per fare ciò è necessario disporre dei risultati dell’analisi economica che stabiliscono come verrà suddivisa l’area totale fra le varie categorie di vendita. Per poter organizzare la disposizione spaziale del mall, l'architetto deve stabilire le altre funzioni, non commerciali, che si svolgeranno nel sito; avere un idea generale delle condizioni di traffico ed accessibilità, delle condizioni fisiche e topografiche dell'area e conoscere i requisiti che gli affittuari più grandi richiedono ai negozi che si appoggiano alla struttura del mall. La progettazione del centro commerciale implica di stabilire un'iniziale allocazione delle porzioni di terra secondo gli elementi specifici del mall, che posso essere raggruppati in sette categorie di base: - le strutture di vendita, per servizi meccanici ed elettrici, uffici, servizi per il 16
pubblico; - i parcheggi in superficie o su più livelli; - le aree pedonali( corridoi, piazze, gallerie coperte etc); - le zone di movimento e transito di automobili, la distribuzione del sistema di strade in cui si articola la mobilità veicolare del mall; - la collocazione delle zone di sosta riservate ai trasporti pubblici; - le zone di separazione che dividono i parcheggi dal sistema stradale pubblico o i parcheggi fra i di loro, o le aree di parcheggio da quelle di servizio; - le aree di riserva, lasciate libere per l'espansione futura del centro commerciale. Questa distribuzione di spazi deve essere guidata da principi che abbiano come obbiettivo primario la massima produttività del terreno nel lungo periodo: salvaguardare le aree circostanti dal degrado urbano, fare in modo che il traffico pedonale sia separato dal traffico veicolare e che sia concentrato nelle aree di vendita; creare il massimo comfort e comodità per i consumatori ed i venditori,ottenere ordine unità e bellezza estetica. Il traffico pedonale, inizia da quando si scende dalla macchina e si diventa pedone dunque potenzialmente acquirente ed essendo lo shopping un attività basata sul camminare, è importante pianificare i percorsi pedonali che portano dal parcheggio ai negozi all’interno del centro commerciale. La separazione di diversi tipi di traffico, è necessaria per evitare eccessiva confusione, e avviene tramite la creazione di ingressi separati per pedoni, auto, mezzi pubblici, veicoli per scaricare; impostare una gerarchia evita di creare ansia nel consumatore dall’acquisto. L'obbiettivo del comfort si traduce in una semplice accessibilità alle automobili, avvicinando il parcheggio al mall, le aree pedonali coperte ai negozi.
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( schema distributivo tipo di uno shopping mall)
Il concetti di unità ordine e bellezza sono principi fondamentali per il planning di Gruen: l'apparenza di tutti gli elementi costitutivi deve soddisfare questo criterio, il paesaggio, le insegne, l'architettura e la composizione delle strutture, tutto deve sottostarvi. Secondo Gruen rispettare questi principi non crea il business, ma ignorandoli si ignora un potenziale guadagno, che il primo obbiettivo da perseguire. L'esposizione al massimo traffico pedonale, è connessa al concetto di concentrazione; la separazione dei diversi traffici diventa obbligatoria per compattare le strutture su ogni lato, così il principio di trarre il massimo comfort si applica nell'introduzione di strade riservate e rotonde tra l'autostrada e le aree di parcheggio, per facilitare l'ingresso al mall; mentre il principio di ordine unità e bellezza viene rispettato. È importane ridurre al minimo gli impatti visivi sgradevoli delle strutture di servizio attraverso la progettazione, ad esempio collocando gli accessi ai depositi e alle zone destinate ai rifiuti lontano dagli ambienti pubblici, dalle strade, dalle zone abitate. Utilizzando delle fasce di interposizione adeguatamente attrezzate a verde, si riducono gli impatti visivi dalle funzioni confinanti più sensibili. Nel procedere alla progettazione, Gruen formula tramite delle sigle, una sommatoria ideale dei vari elementi che costituiscono il centro commerciale ( il 18
parcheggio,la superficie coperta, la superficie di vendita, la superficie per le automobili etc.). La combinazione di questi fattori, organizzati logicamente per tentativi, produce maggiori risultati di attrattivitĂ e dunque di vendita. Quest'esercizio di combinazione quantitativa spaziale unita all'intuizione dell'architetto, che rimescola ed interpreta i dati noti (dimensioni, forma, numero di elementi da alloggiare, ambiente naturale) per Gruen determina la soluzione piĂš appropriata per il progetto del centro commerciale.
(schema della disposizione dei negozi attorno all'anchor)
2. 3 L'architettura Il capitolo piĂš architettonico, il design dello shopping center, tratta in modo minuzioso la progettazione vera e propria di ogni singolo elemento costitutivo del mall: i percorsi pedonali, gli accessi, la mobilitĂ , la disposizione dei negozi, l'estetica delle facciate etc.
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L'analisi della disposizione dei negozi descrive la struttura ad affitti multipli dei negozi. Essa è strutturata per avere la massima flessibilità e la dimensione, la lunghezza e la larghezza degli spazi fra le colonne portanti sono gli elementi decisivi per la flessibilità fra gli esercizi di vendita. Gruen si sofferma sull'importanza di creare un comune denominatore per essi: aumentando l'altezza minima dei negozi per poter alloggiare soppalchi o canaline elettriche (con la sola altezza minima non vi sono insegne), così le insegne posso dare un immagine migliore al centro commerciale.
(illustrazione del progetto di controllo delle vetrine)
La profondità della struttura che raggruppa i negozi dipende dalle attrezzature per i servizi, se esse non sono situate nel piano principale, tutto il piano terra sarà libero per le attività di vendita. Gruen dà indicazione su come spaziare le colonne: lo spazio fra esse controlla la maniera in cui lo spazio di vendita viene diviso nei vari negozi (se le colonne sono troppo vicine la libertà di dividere lo spazio diminuisce, la misura ottimale per la funzionalità fra le colonne è venti piedi in larghezza e 30 in lunghezza). Anche la divisione fra gli spazi di vendita al dettaglio è spiegata: le divisioni fra i negozi non dovrebbero essere portanti ma essere realizzati con materiali e metodi che permettono la rimozione e riusabilità del materiale; così pure la disposizione di bagni scale è trattata, e Gruen suggerisce di centralizzare i servizi in un nucleo che contenga bagni, scale ascensori e cavedi per i cavi. 20
(esempi di porticati esterni realizzati da Gruen)
I percorsi pedonali coperti, uno dei sui temi progettuali principali, sono molto articolati. In tutti i centri commerciale medi e grandi vi sono un piano interrato e un piano terra, ci sono vetrate su tutto il perimetro circondate da portici coperti; per Gruen lo scopo dell'architettura è che questi passaggi siano protetti da sole e da agenti atmosferici sgradevoli, in quanto questo è un elemento del progetto architettonico che favorisce in larga parte il commercio. La progettazione dei porticati è descritta secondo due metodi: l'estensione del tetto supportata da colonne, portici; o l'estensione del tetto senza colonnato, a sbalzo.
(percorso ad Eastland Shopping Mall)
Gruen sottolinea come la variazione di profondità, dei colori e dei materiali, il trattamento delle superfici, cambi totalmente la percezione del luogo. La spiegazione di come le altezze, le profondità dei negozi ed il trattamento delle singole facciate influenzi l'aspetto unitario, richiede un design standardizzato per le vetrine esterne dei negozi con alcuni tentativi di standardizzare il font e i colori delle insegne, non mantenendo un controllo totale delle vetrine che farebbe perdere la capacità di riconoscere un negozio dall'altro. 21
L'esterno dello shopping mall dovrebbe essere considerato nell'accezione di fornire alla costruzione un'espressione architettonica unica, perciò il parapetto dovrebbe essere controllato dal progetto, mentre le insegne possono essere lasciate come scelta estetica ai negozi, ma sempre secondo lo stile generale del mall deciso dall'architetto. Le insegne dei negozi al dettaglio dovrebbero essere di 4 piedi coi negozi sul fronte del parcheggio,per gli altri 3 piedi secondo uno schema generale dei colori per i negozi frontali sotto il parapetto. Di grande importanza per Gruen è la creazione di aree pedonali esclusive. Questa fu una rivoluzione fondamentale negli anni trenta: l'esclusione del traffico automobilistico significa shopping attivo: lo shopping per Gruen dovrebbe essere divertente, in un ambiente attrattivo che invogli l'acquisto e il ritorno; tali elementi in città sono strati distrutti dall'automobile, perciò nasce la necessità di zone pedonali esclusive, che ricordino il ruolo delle piazze tradizionali nella vita delle comunità. Questo viene indicato come il ruolo fondamentale degli spazi aperti nello shopping center. Il concetto di shopping space come spazio sociale è molto approfondito: gli edifici del centro commerciale sono delle vere e proprie costruzioni per la comunità. Grazie al fatto che le aree pedonali sviluppano una grande vita sociale, la gente che vive vicino al centro commerciale si identificherà con esso; perciò Gruen consiglia di costruire auditori nel centro commerciale, con lo scopo di tenere concerti, film, corsi, incontri civici etc. Questi auditori dovrebbero avere propri servizi di cucina, e punti di controllo ed essere accessibili anche quando il centro è chiuso, come entità ricreative e di aggregazione sociale autonome. Una grande importanza è dedicata anche alle luci: l'estetica del centro commerciale per l'illuminazione notturna merita, secondo Gruen, degli studi. Al tramonto e durante le aperture notturne, è concentrato molto traffico economico, come viene rilevato da Gruen con osservazioni di traffico veicolare precise; perciò è necessaria un'illuminazione di sicurezza nei parcheggi. Scegliendo il tipo di luci 22
si possono dare espressioni estetiche alle strutture, che non devono apparire come profili scuri che si stagliano nel buio, ma devono avere un profilo accattivate. Le aree per i fumatori, le fontane e le insegne devono essere illuminate con colori accesi, mentre le aree pedonali dovrebbero avere un'illuminazione differente; le, non illuminando tutta la scena del percorso coperto, ma illuminando particolari come alberi sculture fontane aiuole o i posti per sedersi con lampade a bassa intensità, che rendono l'atmosfera più vivibile e festiva.
(illuminazione notturna a Valley Fair Shopping center, California)
Il centro commerciale è progettato per essere a grandezza di automobile, il punto di osservazione degli automobilisti dalla strada è fondamentale e il centro commerciale deve potersi vedere da lontano. Perciò la disposizione dei parcheggi non deve nascondere la vista del mall: in pianura le aree di parcheggio devono essere in salita o in discesa (Gruen suggerisce di utilizzare la terra delle fondazioni), intervallando i diversi blocchi su e giù come colline, con rocce e alberi a creare verticalità all'esterno, arricchendo il profilo del mall. Gruen arricchisce il profilo estetico dalla strada utilizzando dei landmark artificiali o naturali, con torri d'acqua o alberi che rendono riconoscibile il centro commerciale da lunga distanza. Altri landmark possono essere aste di bandiere, lampioni alti o torrette. La facciata sul fronte principale deve essere semplice ed esprimere il prestigio del centro, con un estetica funzionale tipica degli anni cinquanta.
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( landmark nel parcheggio a South Bay)
Gruen dedica ampio spazio alla progettazione dei paesaggi: l'integrazione fra il progetto del centro commerciale, con il suo design architettonico nel contesto in cui si colloca, specialmente il design delle aree pedonali con quelle circostanti, è un tema che si risolve grazie all'introduzione di diverse specie arboree. Per Gruen non è sufficiente decorare l'esterno con qualche albero piantato sporadicamente, ma la piantumazione deve seguire un andamento naturale, in contrasto con la struttura artificiale fatta dall'uomo. La conservazione di caratteristiche naturali preesistenti come alberi,rocce,corsi d'acqua può affascinare molto nell'impressione che il centro dà a lunga distanza, perciò è consigliata l'eliminazione del minor numero di alberi possibili. Nella fase di progettazione Gruen sperimenta molti tentativi nel posizionare gli edifici ed i blocchi di parcheggio per preservare tali alberi. La loro bellezza naturale, il fatto che rompano la monotonia di vaste aree a parcheggio, giustifica questi tentavi di non abbatterli. Inoltre per Gruen avere molte piante è utile in quanto esse fungono come barriera sonora dal rumore del traffico e anti vento, come schermature del centro commerciale da aree circostanti. Le indicazioni sul verde sono molto precise, gli alberi dovrebbero essere autoctoni per sembrare naturali e poter crescere senza troppa manutenzione, ogni opportunità di piantumazione dovrebbe essere utilizzata: fra le strisce dei singoli parcheggi, sui confini dei percorsi pedonali, come delimitazioni del mall. Tutto ciò denota una profonda conoscenza di alcuni dei temi che cinquant'anni dopo saranno ripresi e studiati dall'architettura naturale. 24
( il progetto del verde ad Eastland Shopping center)
2.4 Shopping Towns Alcuni mesi dopo l'inizio della costruzione di Northland, Gruen spiegò al mondo architettonico i suoi principi per edificare i mall, il nucleo di idee che poi sarebbe stato raccolto ed approfondito nel libro che scrisse in collaborazione con L.Smith dal titolo “Shopping Town USA”. Queste idee furono spiegate in un numero della rivista americana Progressive Architecture partendo da un approfondimento sul fenomeno dello sprawl, una geografia urbana che Gruen valutava in modo positivo. Nell'articolo-intervista Gruen afferma che il bisogno di sicurezza della famiglia americana media può trovare risposta nella dispersione urbana, ed il suo progetto di quattro centri commerciali fuoriscala, localizzati lontano da obiettivi industriali, soddisfa le esigenze generali nel momento di pace del dopoguerra e, se necessario, può essere schierato in tempo di guerra come centro di primo soccorso e delocalizzazione. Il libro si articola in tre parti, precedute da un'introduzione sulla storia dei luoghi per il commercio, le quali a loro volta si suddividono nei vari capitoli: i prerequisiti; il planning e il centro completato; il volume si conclude con l'epilogo sul futuro previsto da Gruen per i centri commerciali. 25
(la copertina originale del libro)
La parte dei prerequisiti si compone di sei capitoli, corrispondenti ai presupposti necessari per lo sviluppo del progetto: l'investitore economico; la collocazione; il sito; lo zoning; i negozi; la finanza. GiĂ dal titolo di ogni capitolo si evidenzia come i presupposti analizzati siano di natura eterogenea, e riguardino temi non soltanto architettonici ma anche finanziari e sociali, con un approccio multidisciplinare, ma sempre con l'obbiettivo dichiarato del successo del centro commerciale come luogo creato in primis per la vendita. La seconda parte, il planning, si compone di dodici capitoli. Gruen individua il gruppo di planning, ovvero i soggetti che sono coinvolti nella realizzazione del centro commerciale, ed affida loro un determinato compito e raggio d'azione all'interno del dello sviluppo del progetto. Inoltre delinea dettagliatamente il programma di planning, secondo le varie fasi che lo compongono. Le fasi sono: la pianificazione del sito, delle aree circostanti, dello sviluppo del mall, del traffico ed del merchandising. Il capitolo piĂš architettonico, il design dello shopping center, tratta in modo minuzioso la progettazione vera e propria di ogni singolo elemento costitutivo del mall: i percorsi pedonali, gli accessi, la mobilitĂ , la disposizione dei negozi, l'estetica delle facciate etc. I capitoli conclusivi trattano l'ingegneria, il leasing ed il budget dello shopping center, ovvero la parte tecnologica e finanziaria necessaria per il successo del 26
centro commerciale. In questi ultimi capitoli e nella terza parte, il centro completato, Gruen oltrepassa gli ambiti professionali del progettista per approfondire, gli argomenti inerenti il centro commerciale, ma di natura non architettonica: l’apertura e le promozioni; le associazioni di venditori e l’uso delle aree pubbliche da parte dell'amministrazione cittadina. Fra la seconda e la terza parte vi è un abaco dei progetti commerciali dell'autore, definiti da Gruen stesso casi studio per i temi trattati nel libro.
2.5 Il transfer di Gruen La più grande innovazione di Gruen riguarda il layout del centro commerciale: il fatto che il percorso pedonale sia dettato dallo spazio di vendita stesso crea una motivazione inconscia a percorrerlo. I Department Store, che sono stati il primo impulso attrattivo quando la gente ha iniziato a recarsi nei malls, sono collocati uno in fronte all’altro alle estremità dei corridoi interni, dove gli acquirenti vogliono recarsi, perciò devono passare e vedere tutti i negozi più piccoli per recarsi negli anchor, e ciò determina un impulso all'acquisto non programmato. Il layout del centro commerciale non impiega linee totalmente dritte, ma ci sono delle sottili variazioni che dirigono le persone in particolare nei settori della ristorazione; queste variazioni, unite al controllo climatico, alla mancanza di orologi, all’illuminazione centrale, fanno si che il consumatore perda ogni senso di direzione, l’ora del giorno e la durata della sua visita nel mall. La progettazione delle passerelle pedonali, come quelle dei negozi, creano un labirinto attrattivo e un’esperienza che disorienta il visitatore e lo cattura; le parti vetrate (specchi, finestre, vetrine) accentuano questa confusione, e combinati ai manichini sparsi nel percorso, rendono inconsciamente l’illusione di un movimento umano. Il parcheggio, ad esempio nel Milliron Department Store, si trova al di sopra della struttura commerciale, in alcuni casi al di sotto di essa, per cui i visitatori non riescono a determinare esattamente in quale punto del mall stanno facendo il proprio ingresso, anche se le zone a parcheggio hanno delle indicazioni specifiche, 27
e ciò aggiunge ulteriore disorientamento. Questo effetto di smarrimento è stato chiamato Transfer di Gruen, ed indica il fenomeno che accade nel momento temporale in cui appunto l’acquirente cade nello stato confusionale recandosi in uno spazio commerciale, cioè perdendo il controllo dei processi decisionali dell’acquisto. I sintomi fisici di questo fenomeno includono lo sguardo vitreo, la perdita del senso dell’orientamento e forte suggestionabilità, manifestazioni di uno stato confusionale ed arrendevole. In questo stato così influenzabile, si è portati a subire all’estrema potenza gli stimoli visivi, sonori e luminosi progettati appunto per la vendita, predisponendosi ad acquisti casuali e non pianificati, il primo obbiettivo richiesto alla progettazione dai proprietari dei centri commerciali ai progettisti. L’ambiente dello shopping viene progettato per essere uno spazio relativamente neutro ed uniforme, ma che dia numerosi stimoli al consumatore, in modo che sia attratto da ciò che i negozi espongono, cioè la combinazione degli elementi di decoro e l’articolazione spaziale agisce sull’inconscio, determinando l’attrattività, e dunque il successo di questi spazi commerciali.
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2.6 Casi studio 2.6.1 Grayson’s Department Store
(sezione longitudinale)
Nel periodo durante la guerra, caratterizzato dal bisogno della reperibilità di grosse quantità dei beni, il singolo negozio non sembra più essere importante. Migliaia di donne lavorano nelle fabbriche di armamenti ed hanno un proprio reddito; Gruen si convince della necessità di creare catene di negozi che vendano abbigliamento femminile in grandi quantità ed a prezzi medio bassi e inizia a progettare, insieme a Elsie Krummeck, i Grayson’s Stores. In questi magazzini di New York, inaugurati nel 1941, cambia la scala del progetto e nuove variabili divengono fondamentali: la gigantesca facciata che domina la strada e la rientranza nel volume conferiva un nuovo rapporto di inclusività fra l'interno del negozio e la strada. La parte della rientranza, a forma di semiellisse, occupava alla base circa un quarto della superficie del negozio, ed essendo coperto e di firma arrotondata, era un riparo sicuro dalle intemperie e una forte attrazione per gli acquirenti. Il Department store si componeva di tre livelli, di cui quello al 29
piano terreno aveva un altezza di circa sei metri per far percepire lo spazio come ancora più grande, vi erano alloggiati i banconi di vendita al centro dello spazio, in posizione dominante, mentre gli ascensori erano a lato. Tutta l'articolazione spaziale dei tre livelli, era progettata per favorire il ricircolo dell'aria. A causa della guerra, vi erano grandi limitazioni nell’utilizzo dei materiali da costruzione; per poter continuare ad aprire grandi magazzini era necessario allestire interni che fossero delle scenografie piuttosto che architettura: tessuti ignifughi furono montati da Gruen su strutture di legno agganciate a parete e sospese, a formare il contro-soffitto del livello a pian terreno. Il Grayson’s Department store, era un palcoscenico per gli acquisti, illuminato in modo spettacolare di notte con una luce dal basso che si rifletteva nel fondale ondulato della facciata.
(pianta del Grayson’s Department store)
2.6.2 Milliron’s Department Store Anche questo Department Store è stato progettato da Gruen insieme a Elsie Krummeck. Nel 1945, appena finita la guerra, inizia la progettazione di Milliron's, che verrà inaugurato nel 1947. L'originalità della sua pianta compatta a forma quadrata e le rampe di accesso per 30
le automobili, per la prima volta considerate al centro del progetto, ne determinarono la fama e fecero conoscere Gruen in tutta l'America.
(la pianta del Milliron’s Department store)
La struttura era caratterizzata dalla contrapposizione fra il volume quadrato e la disposizione interna, che era radiale verso un centro in cui erano alloggiati i servizi e la scale. I percorsi pedonali interni sono molto caotici (questa fu anche la critica principale che gli venne mossa), mentre quellli esterni circondano tutta l'area costruita e sono coperti da un porticato che abbraccia i passanti come se fosse una gabbia.
(la rampa di accesso ai parcheggi)
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Gruen aveva compreso la necessità di creare distretti commerciali che fossero compatti nella loro estensione, facilmente accessibili dalle autostrade, luoghi capaci di integrare retail, servizi e spazio pubblico. Essi devono essere concepiti come il risultato di un’equazione i cui dati sono accesso, parcheggio, funzione culturale, funzione commerciale e, soprattutto, spazio pubblico, che è tessuto connettivo libero dal traffico veicolare. Il sistema di accesso tramite rampe per i veicoli, e la separazione dei diversi tipi di traffico, pedonale fu la vera innovazione di questo progetto, e sarebbe stato approfondito nei progetti successivi.
(schema distributivo della circolazione dei diversi traffici)
2.6.2 Northland Regional Mall
(il profilo del mall dalla strada)
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Northland Center era situato su un area di 163 acri, 10 miglia a nord-ovest del centro della città di Detroit, nel Michigan. Il complesso aveva una superficie di quasi quarantamila mq, con una struttura open-air su due livelli, con un anchor di diecimila mq costruito da JL Hudson, un mega-store, situato al centro del complesso. L'anchor era circondato da alcuni blocchi di negozi, situati intorno ad esso nelle quattro direzioni cardinali. Il percorso principale, attorno all'anchor, era caratterizzato da fontane, sculture e una composizione di verde suggestiva. Northland è stato inaugurato nel marzo 1954, con un investimento record di 30 milioni di dollari attuali e, per i seguenti otto anni, è stato il più grande centro commerciale negli Stati Uniti. L'originale centro commerciale progettato da Gruen aveva 65 negozi al dettaglio, ma in pochi mesi se ne aggiunsero altri quarantacinque ed includeva un auditorium, una banca, un ufficio postale, l'ambulatorio medico e l'ufficio bimbi smarriti.
(pianta con il dettaglio dei vari negozi)
Lo schema distributivo in pianta evidenzia come i negozi che si appoggiano sulla struttura dell'anchor, il promotore dello sviluppo del centro, che è l'Hudson store, si riuniscono in cinque blocchi principali, di cui quattro hanno la stessa volumetria totale. Attorno all'anchor vi è il percorso principale in cui si concentra il traffico pedonale coperto e gli attrattori. 33
Gli attrattori erano delle statue collocate nei percorsi in prossimità di zone a verde, che creavano un eterogeneità di spazi e davano una scansione spaziale ai percorsi, i quali avevano un altezza di circa quattro metri per non dare un senso di oppressione ma allo stesso tempo per favorire le vista principale delle persone verso le vetrine. Un altro attrattore per la vita comunitaria dello shopping mall fu l'innovativa idea di collocare nella zona a sud un piccolo zoo.
(le statue presenti nei percorsi)
Secondo Gruen, il progetto, per dare nuova vita al centro non può prescindere da una pianificazione accurata delle infrastrutture: una nuova zona commerciale deve essere definita nel suo perimetro da arterie stradali a senso unico, che possano collegare direttamente le varie zone della metropoli alle aree di parcheggio da ricavare dall’abbattimento di edifici obsoleti. La necessità di rendere pedonale il centro implica, inoltre, la riqualificazione degli spazi esterni e la creazione di portici che possano costituire ambienti urbani a metà tra interno e strada. La città deve essere progettata sulla base di distanze che il pedone possa superare comodamente. L’obiettivo è quello di avere centri urbani che abbiano qualità ambientali migliori della periferia. Northland fu il primo regional mall per le sue dimensioni ed il bacino di utenza a cui si rivolgeva, perciò era collocato in un'area libera, dove Gruen creò un sistema distributivo di strade per i veicoli che permettevano un facile accesso ai parcheggi dalle strade principali che vi correvano attorno. I parcheggi sono distribuiti in modo radiale attorno al mall, e sono riuniti in nove blocchi, progettati per essere 34
facilmente individuati dalla strada e con un senso di percorrenza controllato per evitare caos. Nei parcheggi svettavano dei landmark visibili dalla strada, che servivano a rendere lo shopping mall identificabile a lunga distanza.
(lo schema dei parcheggi a Northland)
(landamark dello shopping mall)
2.6.4 Southdale Mall Southdale è stato inaugurato nell'ottobre del 1956, il primo mall a scala regionale, con i percorsi completamente racchiusi nell'involucro del centro commerciale ed ad aria controllata degli Stati Uniti. Era localizzato a sud di Edina, in una zona compresa fra la 66a strada e la Francia Avenue South, due grosse arterie autostradali del Minnesota. Il Southdale Center è stato anche il primo shopping mall a contenere funzioni 35
decorative, sotto forma di opere d'arte nei suoi spazi interni.
(il prospetto principale del Southdale Mall)
La struttura era articolata su due livelli di vendita al dettaglio con un livello sotterraneo per l'ingresso separato dei camion dalla strada, collegato con i negozi al dettaglio tramite ascensori, scale mobili ed ampi corridoi; tutto all'interno dello stessa struttura coperta dello shopping mall. La suddivisione a livello del parcheggio, con i vari blocchi segnalati tramite figure di animali, e la connessione fra i parcheggi e i due livelli di vendita al dettaglio del centro commerciale, è stato cosÏ innovativo da diventare un modello per la progettazione di tutti i mall successivi. Vi erano due anchor Woolworth, un supermercato, una farmacia, una banca, uno dei primi store di elettrodomestici, ristoranti, bar, negozi di scarpe e d'abbigliamento.
Già dal modellino di Gruen si evidenzia la forma compatta nella volumetria dello shopping mall, con due anchor posti all'estremità del complesso che hanno un altezza maggiore rispetto al resto della struttura. Inoltre, è ben riconoscibile l'ampia vetrata posta in corrispondenza della corte centrale, che serviva per l'illuminazione diurna del verde presente. La volumetria evidenzia l'estensione orizzontale di tutto il complesso ed il porticato esterno.
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(sezione longitudinale)
Nella sezione sono evidenziati i quattro livelli della struttura, con il grande spazio aperto centrale costituito dalla corte a giardino. I collegamenti verticali meccanici, gli ascensori e le scale mobili, sono alloggiate in due posizioni molto differenti:gli ascensori sono posti in posizione defilata, vicino ai negozi (come le scale), mentre le rampe mobili sono al centro della vista nella corte, in quanto sono il segno visibile l'immagine di avanzata tecnologia che Gruen voleva dare allo shopping mall; inoltre le scale mobili permettono diversi scorci panoramici di tutto lo spazio interno, incrementando la sensazione di forte spazialitĂ . La corte giardino era fortemente illuminata dalla luce naturale della vetrata centrale, e da grossi lampadari pendenti che focalizzavano la luce sulle singole aiuole verdi. In queste piccole aree piantumate, Gruen aveva abbinato il verde con delle vasche d'acqua e fontane, che enfatizzano l'effetto naturale all'interno di un luogo, per la prima volta, completamente chiuso, che poteva apparire molto artificiale ai possibili acquirenti.
(la sezione della corte centrale alberata)
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La distribuzione planimetrica è lineare e tutti gli spazi hanno forma rettangolare. La disposizione dei pilastri segue una griglia di quattro metri per quattro, e determina la scansione degli spazi commerciali nei vari livelli. I percorsi hanno una larghezza di circa otto metri e circondano su ogni lato ogni blocco di negozi ed i due anchor.
(la pianta del Southdale Center)
Le aree del parcheggio sono state nominate come alcuni animali, con cartelli iconografici che permettevano agli acquirenti di ricordare come ritornare alle loro auto, come ad esempio alligatore, orso giraffa e simili.
(schema dei parcheggi che veniva esposto all'interno di Southdale)
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Questo espediente di riconoscibilità, un landmark anomalo, contribuiva a donare all'intera struttura un carattere esotico, oltre che molto tecnologico, che l'aveva resa famosa in tutti gli Stati Uniti come il progetto simbolo dello spirito di rinascita del suburbio americano, che nel centro di Gruen vedeva rappresentato il ritrovato senso di comunità che era stato perso nella monotonia degli insediamenti nello sprawl.
(foto originali della corte centrale)
2.7 Conclusioni L’America dell’immediato dopoguerra era un posto intellettualmente incerto, e la figura di Gruen, prima ancora che i suoi progetti, affascinarono gli americani: era un intellettuale europeo emigrante, e nell’immaginario popolare rappresentava immaginazione, il dono di vedere qualcosa di grandioso nella banalità della vita americana del dopoguerra. La sua ambizione di ridare un carattere europeo allo sprawl americano, da lui considerato o squallido lo portò ad agire in modo spregiudicato e in una scala realizzativa impressionante per gli anni cinquanta: radeva al suolo i depositi, mandava sottoterra le strade, redigeva un piano per realizzare la sua opera; questi cambiamenti erano di una portata enorme, fuoriscala nel contesto americano, che s affidò a questa nuova architettura di cambiamento.
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Il merito fondamentale di questo progettista è stato lo svilluppo che ha dato ai centri commerciali, partendo da basi concrete ( le realtà dei negozi, i grandi magazzini, l'aria condizionata) ha individuato le nuove enormi potenzialità del trasporto in automobile nel territorio suburbano americano e dei fattori attrattivi che invogliavano le persone a recarsi nelle sue architettura, veri e propri luoghi comunitari legati dalla funzione commerciale. Rivisitando uno dei suoi centri commerciali, nel corso di una partecipazione ad un congresso dell'ISPEE (l'ente internazionale che regola i centri commerciali), Gruen rimase deluso dalla sviluppo che avevano avuto i suoi progetti, la cui espansione era stata pianificata minuziosamente per i suoi successori ( il capitolo “planning for growth”del suo libro); affermò nel discorso inaugurale del congresso che i suoi mall erano stati sfigurati
dalla “bruttezza e disagio del devastante mare di
parcheggi che occupava il suolo” attorno ad essi, a causa del prevalere degli interessi economici dei costruttori. Nel 1978 ritornò in Austria, andando ad abitare in campagna appena fuori Vienna. Lì era stato appena costruito un centro commerciale, che Gruen definì “un’enorme macchina da spesa”, e che stava facendo fallire gli amati negozianti viennesi, e la vita commerciale della città. Questo fatto maturò la consapevolezza che i suoi intenti progettuali di ridare un senso di comunità attraverso una funzione commerciale, erano falliti: come aveva scritto in Shopping Towns Usa, egli aveva progettato un nuovo organismo edilizio, il centro commerciale, per fare l’America più simile a Vienna, ed invece il suo modello di mall aveva reso Vienna più simile al suburbio americano.
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Capitolo 3
Il modello globale 3.1 L'evoluzione del mall americano I primi dieci mall a scala regionale con percorsi coperti negli Stati Uniti furono: 1. Southdale Center (1956), Edina 2. Harundale Mall (1958), Glen Burnie 3. Big Town Mall (1959), Mesquite, Texas 4. Charlottetown Mall (1959), Charlotte 5. Wonderland Shopping City (1960), Balcones Heights, Texas 6. Eastwood Mall (1960), Birmingham, Alabama 7. North Star Mall (1960), San Antonio, Texas 8. Crossroads Center (1960), Omaha, New England 9. Chris-town Mall (1961), Phoenix, Arizona 10. Cherry Hill Mall (1961), New Jersey
In cinque anni erano stati realizzati solo dieci mall sul modello di Victor Gruen, ma dall'inizio degli anni sessanta la crescita dei luoghi del commercio seguÏ un andamento esponenziale; passando dai quasi tremila centri presenti sul territorio Statunitense nel 1958, al raddoppio, con settemila shopping mall nel 1963, ai tredicimila mall nel 1970, agli oltre ventiduemila degli anni ottanta, per arrivare a quota di quasi 50 mila unità (solo negli Stati Uniti) alla fine degli anni novanta. Negli Stati Uniti la creazione di spazi multi-funzionali nelle periferie ha spostato il baricentro dell’intero sistema urbano; alla fine degli anni cinquanta il centro, libero da funzioni commerciali, degrada velocemente. Il centro commerciale risponde all'impoverimento del centro urbano continuando 41
ad incrementare le sue dimensioni e l'offerta al suo interno. La pianta non segue più i dettami funzionali espressi da Gruen, ma si articola da linearità dello schema distributivo detto dumbbell, caratterizzato da un percorso principale lineare (come per il Northland Regional Center o il Cherry Hill shopping center d Gruen); allo schema detto cluster, che racchiude le masse degli edifici secondo un'intersezione di percorsi diversi ( come nel Mall of America di Jerde). La progettazione successiva agli anni sessanta, ha cercato di imitare l'estetica familiare delle città tradizionali, riproducendone la struttura con strade principali, vie, piazze, incroci, ma anche servizi di varia natura come banche, cinema, ristoranti, uffici e servizi pubblici. Il modello di città cui si fa riferimento in questi progetti è una città ideale, perfetta e priva di problemi, ma che non è mai esistita nella storia; il mall riproduce gli elementi della città rispetto alla sua struttura architettonica di base e simula la sicurezza della convivialità urbana. I centri commerciali sono sempre più articolati al loro interno, e perdono sul piano della coerenza di significato iniziale, aumentando la configurazione delle arre di svago pensate su misura per il ceto medio. Il loro obbiettivo primario è diventato di costituire dei mondi a tema, dei resort spettacolari che attraggano verso lo shopping tramite un nuovo concetto di shopping space esperienziale. In definitiva, nel loro sviluppo negli anni settanta e ottanta, i centri commerciali hanno manifestato l'ambizione espressa per la prima volta nelle esposizioni universali ottocentesche: di diventare una riproduzione concentrata e spettacolare del mondo intero, riempiendosi di attrazioni e creando spazi per ammirarle.
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3.2 La colonizzazione globale Il modello di Gruen si rivelò decisamente funzionale al punto da essere ben presto imitato, fino ad oggi, in migliaia di altri luoghi, non solo negli Stati Uniti, ma anche all’estero, arrivando ad occupare delle superfici impensabili fino a qualche decennio fa. A parte il vivere e il lavorare non ci sono altre attività che si possono rapportare allo shopping in quantità assolute. Negli Stati Uniti lo shopping space è, in quantità assolute, in soprannumero rispetto allo spazio edificato di chiese, sinagoghe e templi di 3,6 volte; delle scuole dell'obbligo di 10,3 volte; delle università di più di 250 volte, di ospedali e spazi di cura di più di 14 volte, di musei di più di 240 volte. Negli Stati Uniti un quarto dell'area costruita non residenziale è shopping space, e supera il 15% degli edifici per l'educazione, il 14% degli uffici, gli ospedali, le strutture pubbliche ed i musei. Ancora, il 17% dei lavoratori americani è impiegato nel commercio. Con un banale proporzione di numeri, è evidente che oggi il commercio è imprescindibile.
3.3 Tutto è mall
Lo shopping space come scatola architettonica, involucro progettato per ospitare le funzioni di vendita, si è espanso come un virus in ogni altro ramo della progettazione. Oggi tutto è diventato mall, tutto è stato contagiato, ogni progetto contiene inevitabilmente degli spazi ( sempre maggiori) dedicati al retail; qualunque sia l'organismo edilizio ospite, lo shopping space lo colonizza. Se il passage aveva un rapporto di sudditanza rispetto ai teatri o alle piazze 43
cittadine, al contrario, dal grande magazzino in avanti lo shopping space diventa la prima funzione che sovrasta le circostanti, diventa spettacolo permanente di sé stesso. Oltre al fatto che lo shopping space è una parte inerente alla vita quotidiana che supera in numero e dimensione le altre attività sociali, esso è maggiormente instabile, ha una vita di progetto breve e rischia costantemente l'obsolescenza ed il declino, in quanto dipende da fattori esterni (l'economia, i trend di mercato o anche il tempo meteorologico). Per sostenere la necessaria misura di attività del consumatore, lo shopping space deve trovare nuove strade per sopravvivere. Questo ha portato a due linee di sviluppo simultanee: il riconoscimento che il vero fattore che consentiva queste forme, la dimensione, stava causando il loro declino, con i consumatori intimiditi dall'immensità spaziale di questi luoghi; e la ridefinizione delle istituzioni derivante dalla privatizzazione. Le strutture civiche e sociali che avevano garantito l'esistenza di istituzioni come aeroporti, chiese, scuole sono state smantellate e i supporti finanziari sono passati da responsabilità pubblica a privata. Le istituzioni, lasciate con le loro risorse, hanno dovuto confrontarsi con lo shopping: l'instabilità del mercato,perdita di interesse da parte dei consumatori, minaccia di obsolescenza. Come risultato le istituzioni dovute diventare come lo shopping e lo shopping si è espanso colonizzando queste istituzioni. Lo shopping attrae le istituzioni perché offre un immediata via di sopravvivenza economica, come un magnete per la rivitalizzazione e l'attività. Essendo così portato al declino, lo shopping anticipa il mercato, cercando di presentarsi in forme sempre differenti. Come un programma equipaggiato per essere flessibile di fronte all'incertezza, lo shopping si adatta alle istituzioni. Al contrario le istituzioni attraggono lo shopping perché aprono nuove opportunità per raggiungere il pubblico. Lo shopping si espande in ogni istituzione immaginabile: aeroporti, chiese, stazioni dei treni, musei,casino, librerie etc. aeroporti e centri commerciali stanno iniziando a diventare indistinguibili; anche la città sta iniziando ad essere configurata come il mall e a ricordare i suburbi urbani. La colonizzazione dello spazio architettonico pubblico attraverso la 44
privatizzazione delle zone di shopping segue una logica di bilancio, le finanze pubbliche sono stati ritirati dal spazio pubblico, i gestori di aeroporti, stazioni ferroviarie, ospedali, musei e stanno cercando la loro salvezza nei negozi. Gli aeroporti si sono molto trasformati negli ultimi anni e, da non luogo vengono ormai identificati come uno spazio commerciale di tendenza, la cui progettazione viene affidata a star dell'architettura internazionale; se si paragonano i guadagni derivanti dalla vendita per superficie, l'aeroporto internazionale di Heathrow a Londra, registra incassi quattro volte superiori a quelli del più grande centro commerciale d'America, il Mall of America progettato da Jerde. La superficie di retail nell'aeroporto londinese è di quasi 350 mila mq,
un terzo di tutta
l'estensione dello stesso. Questi dati evidenziano quanto lo shopping space sia ormai diffuso in altri rami della progettazione architettonica, che devono considerarlo come uno dei vincoli progettuali principali.
3.4 La classificazione internazionale degli spazi commerciali
Il termine “ shopping center” si è evoluto dalla denominazione degli anni ’50, infatti
la
nomenclatura
commerciale
originariamente
offriva
quattro
denominazioni fondamentali per gli spazi del commercio: di quartiere (neighborhood center); a scala urbana (community center); regionali (regional center) e provinciali (superregional center). Con la colonizzazione globale dei mall questa classificazione non delineava univocamente le diverse derive in cui si erano sviluppati i contenitori della vendita. Per eliminare alcune ambiguità e introdurre i nuovi formati di shopping center, l'International Council of Shopping Centers, l'organo di controllo internazionale degli spazi commerciali fondato nel 1958, ha definito otto principali tipologie di centro, con definizioni delle loro caratteristiche fondanti, che fungano da linee guida per capire le principali differenze fra i tipi fondamentali di shopping center. 45
Come regola generale, le determinanti principali nella classificazione di un centro sono il suo orientamento merceologico (tipi di beni e servizi proposti), le dimensioni, il numero dei negozi anchor, ed il bacino di riferimento. Non è sempre possibile classificare precisamente ciascun centro: alcuni sono ibridi, e combinano elementi di due o più classificazioni base; la tendenza alla differenziazione e segmentazione è destinata a continuare e ad aggiungere nuovi termini, man mano il settore si evolve. Una tipologia di formato commerciale in espansione è la classe degli insediamenti mixed-use. Il mixed-use non è necessariamente un tipo di shopping center ma un contenitore di tre principali funzioni economiche, fra cui il commercio. I progetti mixed-use sono sviluppati come un singolo intervento e possono essere complessi ben integrati di attività per il tempo libero, uffici, alberghi, residenza, stadi per lo sport, strutture culturali e/o altri usi che possono sostenere insieme una consistente quota commerciale. Spesso questi insediamenti offrono unità residenziali o per uffici al di sopra degli spazi commerciali a livello strada, anche se possono esistere mall integrati entro edifici ad albergo o ufficio. Questa tipologia è stata sviluppata in particolare da Jon Jerde, con i suoi progetti in Asia. Si definisce Shopping Center un gruppo di negozi e altre funzioni commerciali progettato, posseduto e gestito in modo unitario, con strutture a parcheggio proprie, le cui dimensioni e orientamento del centro sono determinati dalle caratteristiche del mercato nell’area servita. Le tre configurazioni principali del centro commerciale sono: mall, centro openair, e gli ibridi. Il Mall, chiamato spesso “shopping mall” si compone di un percorso pedonale chiuso, ad aerazione e illuminazione controllata, con i fronti e gli ingressi dei negozi affacciati su entrambi i lati. I parcheggi propri, di solito offerti nell’ambito del centro, possono essere esterni o strutturati all’interno degli edifici. Il Centro Open-Air è caratterizzato da una fila continua di negozi e servizi gestita come complesso unitario, con parcheggi propri collocati di fronte ai negozi, e aree comuni non chiuse. I fronti commerciali possono essere collegati da una pensilina, ma non esiste un percorso pedonale al chiuso a collegare i vari esercizi; le varianti più diffuse sono di tipo lineare, ovvero la forma a L, a U, a Z, o a 46
gruppo compatto. L’organizzazione lineare è utilizzata spesso nei centri a scala di quartiere o urbana, quella a gruppo compatto nelle sue varianti ha determinato l’emergere di nuove tipologie come i lifestyle centers, dove l’organizzazione fisica e il senso di apertura sono le caratteristiche determinanti. Il centro Ibrido combina elementi presi da due o più tipi principali di shopping center. Tipi ibridi frequenti sono i mega-mall a orientamento verso prodotti superiori, i centri power-lifestyle (a sommare caratteristiche del power center e del lifestyle), ed i complessi entertainment-retail (uniscono le funzioni del commercio a cinema multisala, ristoranti a tema, e altri usi per il tempo libero). I Mall a scala regionale, o Regional Center, offrono prodotti generali (una larga quota è di abbigliamento) e servizi completi e vari. L'attrattiva principale è la combinazione dei negozi anchor, che può essere tradizionale, discount, o grande magazzino di moda, con numerosi negozi specializzati fashion-oriented; un caratteristico centro di scala regionale è di solito chiuso e rivolto all’interno, con negozi collegati da un percorso pedonale comune ed il parcheggio sul perimetro esterno. Il Superregional Center è simile al centro regionale, ma per le sue dimensioni maggior ospita più anchor e si rivolge ad un bacino di utenza più vasto. Come per i centri regionali, la configurazione caratteristica è quella a mall chiuso, frequentemente su molti livelli. Fra i centri all'aria aperta, Open-air center sono i più diversificati dal punto di vista dell'offerta di negozi: il Neighborhood Center, il centro di quartiere, è un tipo di centro concepito per servire le immediate vicinanze, di solito organizzato secondo una linea retta, senza percorso pedonale al chiuso o area mall, e coi parcheggi sul fronte. Il Community Center si rivolge ad un bacino di utenza più ampio, ma la sua struttura è similare: offre una ampia gamma di scelta di negozi di piccolo taglio; fra gli anchor più comuni, ci sono i supermercati. Il centro di solito è organizzato in modo lineare su una striscia, oppure a forma di L o di U, a seconda del tipo di lotto e di progetto. Fra le otto categorie, i community centers sono quelli che coprono la maggiore varietà di formati. Il Power Center è un centro dominato da alcuni grandi anchors che offrono una vasta selezione di prodotti correlati a prezzi al consumo molto competitivi che possono essere isolati (senza connessioni) ed hanno una quantità minima di piccoli 47
negozi specializzati. L'Outlet Center è un centro composto da negozi che vendono grandi marche a prezzi scontati; è all’aperto, strutturato in linea o raggruppato come un villaggio tematico di shopping, sitauato a distanza dai centri urbani. Al contrario il Lifestyle Center nella maggior parte dei casi viene collocato vicino a quartieri residenziali ricchi; è configurato all’aperto e comprende almeno 5.000 metri quadrati di negozi, occupati dalle grandi catene nazionali di prodotti di alta qualità. Altri elementi differenziano il lifestyle center nel suo ruolo multiplo di proposta per il tempo libero, come ristoranti e divertimenti, e un ambiente molto articolato con fontane e arredo urbano orientato al passeggio e a guardare le vetrine; a fungere da anchor possono essere uno o più grandi negozi di moda. I cosiddetti “ lifestyle centers” aperti, spesso senza un grande magazzino, reinventano la via cittadina, mentre i centri commerciali tradizionali si rinnovano offrendo più intrattenimento, ristoranti, buoni spazi pubblici e pretesti economici per frequentarli. I Centri a Tema o Festival, categoria che contamina le altre, utilizzano un tema unificante, riproposto dai singoli negozi nella progettazione architettonica e, in parte, nei prodotti proposti. L’elemento comune di questi centri è la per il divertimento, anche si concretizza sia nell’attività di shopping che nell’offerta vera e propria di proposte per il tempo libero. Questi spazi commerciali si rivolgono spesso ai turisti, ma possono attirare anche clienti locali per la propria natura particolare; hanno come anchor ristoranti o strutture per il divertimento e sono in genere collocati entro le zone urbane, spesso usano edifici anche storici adattati, e possono essere parte di progetti mixed-use. La conclusione descritta dall'International Council of Shopping Centers come commento alla classificazione operata è emblematica: “Per competere, alla fine il centro commerciale ha introdotto quanto mancava della visione originale di Gruen, adattandola al contesto odierno. Gli spazi da gioco per i bambini, i posti a sedere che incoraggiano la sosta, molti “spazi pubblici dove si mangia” sono diventati uno spazio pubblico vero e proprio che vuole restituire il senso di comunità auspicato da Gruen; [...] invece di incanalare gente dentro e fuori nell'atto dell'acquisto, il mall di oggi incoraggia al passeggio, a lavorare sul computer portatile ed a ricreare la socialità”. 48
Capitolo 4 Jon Jerde: Place-Maker 4.1 Il nuovo sogno americano “ In America le ultime vestigia del senso di comunità sono una parata, il gioco del football e uno shopping center.” Jon Jerde Il profilo ufficiale della Jerde Partnership che si trova nel loro sito e pressoché identico a quello riportato dalla sua monografia “You are here”, e la Jerde Partnership è descritta come un'azienda dall'architettura visionaria che progetta luoghi unici, che offrono esperienze memorabili ed attraggono milioni di persone ogni giorno. Oggi quasi 800 milioni di persone visitano i luoghi disegnati da Jerde ogni anno. La fondazione dello studio risale al 1977, quando Jon Jerde volle staccarsi dagli architetti tradizionali che si concentravano unicamente sulla ricerca architettonica formale, per dedicarsi a una nuova visione architettonica, che lui definisce la progressione dello spazio comunitario: la creazione di luoghi memorabili dove la gente fosse in grado di raccogliere l'esperienza e il senso della comunità. Fin dalla sua fondazione, il team di Jerde è cresciuto con vari collaboratori ed oggi vi lavorano un centinaio di persone provenienti da tutto il mondo, nelle sedi di Los Angeles, Amsterdam, Shanghai e HongKong, per portare un approccio multiculturale alla domanda globale di Jerde Placemaking, i luoghi “tipici” e ormai famosi di Jerde. Nel suo sito ufficiale c'è una sezione in cui vengono spiegati gli intenti progettuali di Jerde, intitolata “Placemaking philosophy”, la filosofia nel creare gli spazi, dove 49
viene illustrata la visione ispiratrice di ogni suo progetto, la “Jerde placemaking vision”. Jerde afferma di concentrare la sua attività nel realizzare luoghi dove la gente ama andare: “i nostri luoghi attraggono milioni di persone ogni giorno e fanno venire voglia di tornare a rivisitarli. I luoghi di Jerde attirano molte persone in quanto sono concepiti come ambienti esperienziali. È l'esperienza, i ricordi che le persone hanno in un ambiente che affascinano tanto e determinano il successo dei nostri progetti. La progettazione spaziale di Jerde reinventa l'autentica esperienza urbana, che è stata spesso accantonata nella pianificazione contemporanea. Le grandi città del mondo evolutesi naturalmente nel corso dei secoli, hanno ospitato le funzioni commerciali e sociali nelle loro piazze e strade, come le piazze del mercato. Le organizzazioni e le forme delle prime città sono cresciute in maniera organica con i percorsi pedonali che le persone utilizzavano per spostarsi in città, e attraverso esse, questi schemi hanno dotato le città di caratteri distintivi secondo un miscuglio di forme e funzioni sempre diverso. La rapida modernizzazione, specialmente con l'avvento dell'automobile, ha richiesto dei luoghi per poter circolare,in quanto i tradizionali modelli pedonali non potevano più soddisfare le nuove richieste di mobilità urbana. Nei nuclei urbani esistenti, i principi urbanistici moderni hanno sovrapposto griglie organizzate sul tessuto urbano e separato le funzioni che in essi si svolgevano. [...] La progettazione spaziale di Jerde riformula la comune esperienza pedonale su cui sono state fondate le grandi città, mentre incontra le esigenze che si sono evolute con la globalità moderna. Noi vediamo ogni sito come un potenziale motore economico e sociale che può ricreare l'esperienza urbana e trasformare l'ambiente che lo circonda. La magia dei realizzazioni spaziali di Jerde inizia dall'autenticità di una piazza, di un quartiere cittadino, di un distretto storico o del lungomare. Jerde immagina ambienti diversi e multi livello, dove le esperienze sensoriali si susseguono. Queste visioni includono l'architettura, ma anche grandi idee per gli spazi che collegano le architetture, dove le persone si relazionano e condividono un'autentica e complessa esperienza urbana, essi sperimentano the Jerde's Place. Il nostro approccio progettuale basato sulla collaborazione, che noi chiamiamo cocreatività, crea una visione per un ambiente esperienziale che fonde architettura, 50
paesaggio d'interni, grafica ambientale, giochi di luce e percorsi acquatici. La cocreatività serve per organizzare le funzioni programmatiche del progetto, che sono importanti al pari delle soluzioni per connettere il percorso esplorativo e consentire gli spostamenti nel sito realizzato. Le persone che vengono a visitare i luoghi di Jerde, diventano parte di una reazione a catena di impatto economico, sociale e culturale duraturo, che trasforma i siti, il loro intorno e le città che li ospitano.”
4.2 Contenitori di spettacolo: la supermerce Il mall è la trasposizione nel mondo della distribuzione del modello industriale della catena di montaggio: così come l’organizzazione industriale del lavoro segue iter sempre uguali, il mall ha tentato di riproporre lo stesso ideale di efficienza all’interno della pianificazione degli acquisti familiari. Il centro commerciale invece nasce da una logica diversa, la spettacolarizzazione per favorire lo shopping. Vendere al grande pubblico oggi non significa più progettare un luogo in cui sia possibile svolgere la funzione del commercio, ma la progettazione
diventa
anch'essa
un'operazione
di
marketing
estetico
o
esperienziale, un'insieme di strategie che cercano di far sperimentare al consumatore delle sensazioni fisiche ed emotive durante l’esperienza con il prodotto e la marca all'interno dei luoghi di consumo. Il contesto spaziale è orientato all’evento dell’acquisto piuttosto che all’oggetto acquistato, perciò il luogo in cui avviene la “cerimonia” della compravendita diventa fondamentale e supera gli aspetti funzionali per diventare una supermerce, uno spettacolo da vendere anch'esso, funziona per esse come dei veri e propri palcoscenici teatrali. La supermerce è il l'involucro edilizio dove si inscena la merce, ovvero è il luogo progettato per rendere irrefrenabile l'atto dell'acquisto, ovvero è un'altra definizione di shopping space. 51
L'identità dello shopping space è lo spettacolo: coinvolgente, affascinante e di separazione dalla realtà. Le caratteristiche fisiche sono delineate dall'architetto per inseguire questo scopo di attrarre le persone, e la spazialità è ideata per raggiungere il massimo grado possibile di illusione di un luogo perfetto, in cui la gente si abbandona, ritrova il senso di comunità e, come vogliono i committenti, spende liberamente. La tecnica del “colpo d'occhio” è uno degli strumenti principali di questo spettacolo per annullare progressivamente la volontà dello spettatore, per atrofizzare le sue capacità individuali di riflessione, e costringerlo alla sua funzione sociale di pubblico pagante. La disposizione temporale e spaziale dell'immagine, il suo ritmo e colore, cancellano la coscienza sociale dell'individuo: esso si dimentica della propria condizione e del proprio ruolo politico, si trova ad esistere in uno spazio senza dimensioni e senza tempo. L'iperrealtà dello shopping center è la simultaneità di tutte le funzioni senza un tempo lineare di svolgimento, senza passato o futuro. All'interno di questa iperrealtà i fruitori si isolano dal modo esterno in un rifugio protetto e sempre splendente, dove non si percepisce lo scorrere giornaliero del tempo ed è possibile incontrare una moltitudine di persone o interagire con prodotti e vetrine. Si crea dunque una condizione di esplorazione del consumo in un luogo progettato appositamente per totalizzare chi vi entra e partecipa. All'interno dello shopping center c'è una moltitudine di informazioni e di messaggi visivi, che comportano una dispersione degli stessi. Lo shopping center non impone un modo di percorrere questi messaggi che vengono catapultati addosso allo spettatore, ma riunisce molteplici modi di interagire con la scatola stessa dello shopping e gli elementi che la costituiscono
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4.3 Lo shopping center come parco tematico I temi progettuali di Jerde, che si ritrovano in ognuno dei suoi luoghi sono: − l'uso del canyon, un percorso sinuoso che attraversa la via commerciale e da cui Jerde crea la panoramica sui negozi. Il canyon, il percorso centrale, è il nucleo di ogni progetto ed è realizzato con la composizione di linee curve; -
la presenza della natura, come elemento spettacolare principale;
-
l'uso delle piazze come nuclei di aggregazione;
-
la composizione per forme plastiche, non lineari;
-
la ricerca in ogni dettaglio della fascinazione del visitatore;
−
il dinamismo degli edifici, realizzato con lo sfalsamento dei vari livelli.
Jerde usa delle tecniche compositive di spazialità complesse e dinamiche, apprezzabili attraverso il movimento, da qui nasce il coinvolgimento dell’osservatore, cui è richiesta non più la contemplazione (unicità del punto di visione, che implica stasi dell’osservatore), bensì partecipazione (pluralità dei punti di visione, che implicano il movimento dell’osservatore). Per realizzare il coinvolgimento fisico dello spettatore, Jerde ha impiegato una composizione architettonica di geometrie e volumi: impiegando geometrie di maggiore complessità come ellissi al posto di quadrangoli regolari o di cerchi oppure contrapponendo le linee rette ad un nuovo equilibrio tra concavità e convessità. Questo ha generato l’articolazione delle facciate di tutti i suoi edifici, non più una superficie rettilinea, ma curvilinea e spesso ondulata, tesa a protendere l’interno verso l’esterno attraverso la sua convessità; la linea ondulata che caratterizza i suoi percorsi, data dall'alternanza di convessità e concavità, crea un confine variabile, cosicché tra edificio ed intorno viene a determinarsi un movimento che attrae l'osservatore. Jerde applica concretamente questo principio di coinvolgimento spaziale in innumerevoli progetti: da Canal City, ad Horton Plaza, a Namba Parks a Osaka in cui i percorsi ellittici che connettono le piazze e le aree verdi sono la 53
caratteristica essenziale del progetto. Jerde impiega molto la luce quale strumento per accentuare il dinamismo delle forme e creare ambienti fortemente emozionali, con diverse tipologie di illuminazione naturale: luce diffusa, omogenea, generalmente da nord etc. La luce, unitamente alla volumetria dell’edificio, produce una percezione dello spazio architettonico sempre mutevole; il contrasto sempre variabile, tra zone illuminate e zone in ombra è la sua caratteristica principale per evidenziare gli spazi di interstizione fra gli edifici che ospitano funzioni diverse. Un'altra peculiarità dei luoghi di Jerde impiego di materiali dalle forti e contrastanti tonalità cromatiche, con tonalità scure accanto a quelle splendenti, e un largo uso di colori pastelli per rendere la vista più omogenea. I suoi temi progettuali e l'uso degli elementi compositivi per enfatizzare la spettacolarizzazione, ha determinato la stretta somiglianza dei luoghi di Jerde ai parchi a tema, che con artifici più estetici, mirano agli stessi obbiettivi di coinvolgimento spaziale. Un parco a tema è caratterizzato dalla presenza di un nucleo concettuale in grado di attribuire uno specifico significato all'intero luogo. Al tema principale è affidata una triplice missione: assicurare al parco una identità che lo differenzi dagli altri parchi possibili, in questo senso il tema è prevalentemente un'immagine, una rappresentazione; garantire tra i diversi mondi del parco (le singole attrazioni) con le particolarità che li caratterizzano, una coerenza interna, in questo senso il tema è un filo conduttore; offrire un significato tipico,unico, a delle attrazioni che sono relativamente standardizzate, in quest'accezione il tema è un pretesto. In teoria, qualsiasi tema potrebbe essere scelto, ma per il successo del parco i temi migliori sono quelli più riconoscibili che danno una forte identità al parco. Il tema perciò ha una natura spettacolare, racchiude in un'unità tutti gli spazi del parco ed è un pretesto per renderlo unico nella ripetitività delle sue attrazioni. I parchi a tema sono luoghi di flusso, perché il loro spazio interno adotta una logica sequenziale e pertanto ciascuno di essi è costruito non per essere contemplato da uno specifico punto di vista, ma per essere percorso. La mobilità nei parchi a tema ha un'organizzazione obbligata, con un'attenta programmazione 54
del movimento umano attraverso lo spazio. La strategia commerciale dettata dai proprietari è di racchiudere le attività di vendita, dalla ristorazione ai negozi di abbigliamento, attorno alle principali attrazioni. Le diverse aree tematiche del parco ricevono generalmente la loro unitarietà dalla natura di narrazione spettacolare che ciascuna di esse possiede e dalla cura meticolosa con cui anche gli elementi più piccoli sono fatti rientrare in un universo simbolico coerente, gli eventi devono succedersi rapidamente per non lasciare al visitatore il tempo di riflettere: nulla che non sia una rappresentazione del parco deve essere visibile all'interno di esso. Tutto è predisposto affinché ciascuno entrando nel parco abbandoni il suo stile di vita quotidiano. Lo scenario è concepito per avvolgere ed isolare, i percorsi sono studiare per disorientare; al contrario di Gruen, il ritmo della passeggiata deve provocare la concentrazione in se stessi. Lo spettatore perciò è totalmente immerso nello spettacolo ed incerto fra la tentazione di lasciarsi andare alla fascinazione della messa in scena, e la voglia di smontare le trappole dell'illusione.
4.4 Voi siete qui: The Jerde experience
You are here, Tu sei qui. “Sei nel mezzo di una moltitudine di gente che si sposta nei meandri del posto in cui sei, attraverso strade viale e piazze viali. Su tutti i lati ci sono cinema negozi caffè con strutture con insegne luccicanti, ci sono fontane, alberi, cacofonia di suoni da ogni direzione, artisti di mimo e saltimbanchi. Tutto è caotico, vibrante e ad alto volume? Dove sei? Sei in uno spazio pubblico realizzato con lo stile di Jerde. Questi sono posti dove fantasia, commercio divertimento e vita pubblica sono emersi; essi includono negozi, parchi, cinema, forse parchi a tema, arene sportive, casinò, anfiteatri pubblici, un nuovo canale o una foresta, o forse tutti questi.” Questo è l'incipit della monografia su Jerde, un articolo che incentra il tema della 55
trattazione dal punto di vista dell'unicità dei luoghi progettati, che è la chiave di lettura principale che viene fatta: l'esperienza che si prova visitando i suoi luoghi. Il libro si articola fra la descrizione dei progetti più importanti di Jerde, ed articoliintervista di numerosi critici sui suoi temi progettuali e sul ruolo di queste architetture nel ricreare una nuova spazialità urbana; il tutto preceduto da un'introduzione sul team progettuale di Jerde e sulla storia dei luoghi per il commercio. Per ogni progetto descritto c'è una citazione di Jerde sulla sua visione architettonica, in tono molto celebrativo. Il volume si conclude con un abaco dei dati in sintesi di ogni progetto, che è il medesimo che si può trovare nel sito ufficiale dell'architetto. A differenza del libro di Gruen, questa monografia non illustra l'approccio di Jerde alla progettazione, ma è principalmente una lettura fatta da altri dei suoi progetti e il punto di vista di Jerde viene portato solo con le sue citazioni, che non sono inerenti al racconto del progetto in cui vengono collocate ma sono generiche.
4.5 Casi studio 4.5.1 Horton Plaza, San Diego Horton Plaza è una struttura costituita da sei blocchi che contengono negozi, ristoranti, cine-teatri e spazio pubblico; si estende su una superficie di 1.5 milioni di piedi quadrati a San Diego ed ha cambiato la convenzionale pianificazione dei mall suburbani, contribuendo ad innescare la rivitalizzazione economica in una zona degradata nel centro della città. Con Horton Plaza, completata nel 1985, il team di Jerde ha sviluppato il concetto di armature o spina serpeggiante, dove gli spazi compresi fra gli edifici sono importanti come gli edifici stessi.
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“I centri di vendita al dettaglio sono creati per tutti, parlano il linguaggio della popolazione. Ma io sapevo che sarebbe stato meglio disegnarli per cittadini, non solo per consumatori” Jon Jerde Nel 1977 l'imprenditore Hahn propose di costruire un centro commerciale su 4.6 ettari nel centro cittadino di San Diego, uno dei centri urbani soffrenti in America. Intuendo la necessità di realizzare qualcosa di straordinario per ri-attrarre la gente dopo i mega-mall suburbani, Hahn contattò Jerde, il quale aveva appena speso gli ultimi dieci anni a formulare le sue teorie sugli shopping mall: l'industria del retail si era focalizzata unicamente sulla funzionalità e sulla razionalità. Lo standard per l'epoca erano shopping center pensati per il mercato, tipologia che aveva proliferato negli anni settanta in America, e secondo Jerde, era fuori datata: egli riteneva che gli shopping center dovessero essere macchine per lo shopping pure e semplici, prive di supermercato al loro interno. Il fare acquisti è un atto comunitario, piuttosto che denigrare i mall come vacui ed ostili alle condizioni urbane, egli riteneva che essi dovessero essere visti come punti d'incontro di fatto, luoghi di esperienze spontanee dei cittadini che vivono e lavorano negli sprawl suburbani espansi sul territorio.
(immagine dall'alto di Horton Plaza)
Lo shopping center dovrebbe provvedere, se riportato in città, a creare un sottofondo che funzioni da catalizzatore per rinnovare una vita pubblica di ricchezza e complessità. Nella sua visione, Jerde focalizza la progettazione sull'utente: “disegniamo shopping center per cittadini, non per consumatori”. Le idee di Jerde avevano incontrato resistenza finché Hahn non gli si avvicinò per 57
realizzare l'Horton Plaza: quando Jerde accettò la commissione fu possibile per lui costituire il suo ufficio, la Jerde Partnership International con cui si mise a lavorare per rifare il prototipo del mall, infrangendo molte delle regole seguite dai tempi di Gruen sul design degli shopping center. Caratteristica dei mall tradizionali era la pianta “dumbeell”, allungata e lineare: grandi magazzini che fungevano da anchor, da attrattori lungo ogni estremità dei viali pedonali in cui gli acquirenti potevano vedere da ogni lato la fine del percorso stesso. Ad Horton Plaza voleva creare un posto irresistibile. Egli scambiò l'organizzazione razionale e lineare con una pittoresca, creando una strada diagonale multi livello e con due archi, ovvero una armatura che collega quattro anchor come department store. Questa strada funziona da asse che collega la zona centrale al fronte acquatico con la fontana. Alternativamente stretti e larghi, aperti e coperti i quattro livelli sfalsati della strada includono terrazze, torri, ponti ed insenature: spazi da vedere che trasformano il momento dell'acquisto in una passeggiata.
(i volumi che si affacciano sul percorso serpeggiante)
La struttura dell'Horton plaza trova riferimento ad una varietà di modelli urbani vernacolari( le città collinari italiane, Venezia, le Casbah arabe) costruiti attorno a schemi sociali e condizioni topografiche particolari. L'Horton Plaza con le sue strutture piene di colori chiari( pesca, malva, terracotta) crea l'illusione di una strada.
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4.5.2 Mall of America, Bloomington
Mall of America è il gigante degli shopping malls. Una media di 40 milioni di persone visita questo centro dello shopping e del divertimento che contiene tutto il desiderabile per i consumatori, il più grande in America con una superficie di 4.2 milioni di piedi. Contiene più di 400 negozi, 71 ristoranti, 14 sale cinema, e un acquario circondato dal più grande parco a tema al coperto dello Stato, il Knott's Berry Farm's camp Snoopy. Il Mall of America è stato costruito a Bloomington, nello stato di Minnesota nel 1992, ed è stato progettato per simulare una città. Esso è il primo e più limpido esempio di progetto ibrido fra commercio al dettaglio e struttura di intrattenimento in America.
(immagine del percorso centrale dal quarto livello)
La complessità spaziale è creata verticalmente in ognuno dei distretti dalla sovrapposizione della pianta circolare del terzo e del quarto livello sopra la pianta squadrata del primo e secondo livello del mall. Afferma Jerde:“Questi tipi di 59
complessità esperienziale sono necessari per fornire un senso di geografia memorabile: una camminata attraverso lungo il mio progetto è lunga quattro miglia e mezzo”
(la pianta del primo livello con i negozi, il Camp Snoopy e i quattro anchor)
4.5.3 Universal City Walk, Los Angeles Questa collina trasformata in centro commerciale impersona una strada cittadina è stata commissionata dalla MCA (oggi è la Creative Universal) e progettato per affascinare la gente dalla Jerde Partnership International, tra il 1989 e il 1993. La via commerciale, “una striscia di soldi” lunga 450 metri, è la colonna vertebrale di un complesso che ospita uno shopping mall, tre cinema, studi produzione, uffici e spazi amministrativi; la via commerciale è la prima fase di un progetto a larga scala nel mondo dell'intrattenimento conosciuto come Universal City. Progettato utilizzando degli archetipi dell'architettura locale di Los Angeles, seguendo la pendenza delle curve di livello della collina, Universal City Walk dà vita ad una iperrealtà. Progettato utilizzando il computer-compilato tracce di architettura locale di Los Angeles, Universal City Walk riproduce in scala più ampia il suo streetscape, ma dà vita a un Disney-come irrealtà, e Jon Jerde non anche respingere questa idea, che definisce il suo progetto “un simulacro” .
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(la pianta di Universal City Walk)
Questa
esperienza
urbana
simulata,
vissuta
in
condizioni
strettamente
regolamentate, è composta da una piazza circolare, cernierata da due blocchi speculari di ristoranti, negozi, discoteche, bar, teatri, uffici e aule che si estendono lungo un viale che collega la piazza al teatro a 18 sale degli Universal Studios. L'eterogeneità del profilo in facciata degli edifici lungo la strada, rappresenta il pluralismo che caratterizza la città di Los Angeles, dove un grande miscuglio interrazziale è la caratteristica della popolazione, ed è trasposto nelle diverse altezze dei singoli edifici allineati lungo quella strada.
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La forma dei due maggiori profili lungo il percorso principale, i boardwalks, EastWalk e WestWalk, uniti dalla grande corte principale con la fontana storica, è un collage di immagini e caratteristiche della città, ma non replica effettivamente uno qualsiasi dei suoi edifici. La stratificazione di questo collage urbano è sostenuta dai contributi di ogni successivo inquilino (i proprietari del negozio, i tenants, la cui importanza era già stata individuata da Gruen), che contribuiscono a sviluppare il processo co-creativo creando un nuovo modello, che si aggiunge a quelli della strada che diventa un insieme di immagini in perpetuo cambiamento, come blocchi frammentati uniti dalla comune spettacolarità di facciata. Questi episodi architettonici in collisione riproducono l'animazione della vita cittadina e il caos urbano solo sul piano visivo, al fine di raggiungere un realismo cittadino, che resta fittizio. Il progetto non supera l'impressione iniziale di una proposta grafica che orchestra una sequenza di eventi singoli, senza diventare una combinazione di eventi che fa riferimento ad un singolo piano generale. Nonostante questa eterogeneità di design, il progetto crea una via con una realtà diversa, un luogo dove il caos è apparente ed esteticamente accattivante, ma profondamente controllato: le persone non desiderate vengono allontanate e la folla di visitatori è omogeneizzata
4.5.4 Canal City Hakata, Fukuoka Canal City Hakata è uno dei più grandi progetti immobiliari sviluppati privatamente nella storia del Giappone. Un distretto mixed-used intrecciato nel tessuto urbano di Fukuouka, esso è un sinergetico miscuglio in cui l'occidente incontra l'oriente, un ibrido di identità locali e globali, ambiente costruito e paesaggio naturale. Completato nel 1996, la Città sul Canale di Hakata utilizza il principio estetico giapponese wa (l'armonia) per integrare elementi disparati, senza cercare né di conquistare il nuovo e l'esotico né di rispecchiare le tradizioni culturali e la storia del Giappone.
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“Le grandi città diventano tali per i vari livelli anonimi che le costituiscono nel tempo. La sfida nel realizzare la progettazione a larga scala è di guidare la sovrapposizione pianificata e sequenziale dei vari livelli spaziali, per consentire agli individui ed alle istituzioni di avere sempre ben chiaro come diventerà il collage finale della città.”
I 240.000 mq del complesso mixed-use che costituisce la “Città sul Canale” di Hakata è caratterizzato da un numero di edifici dissipati lungo un nuovo canale fluviale, che incorpora al programma occidentale di alberghi, uffici e funzioni commerciali, spazi che esprimono lo spirito individuale della a zona in cui si collocano: aree per eventi festivi, mercatini spontanei, esibizioni dal vivo e manifestazioni. La città sul canale si è evoluta grazie alla collaborazione culturale fra i clienti giapponesi, gli architetti californiani del team di Jerde e l'unione dei proprietari locali ed internazionali. Ogni decade, il Primo Ministro giapponese pronuncia un discorso programmatico sulla crescita dell'economia e della finanza del paese. Agli inizi degli anni novanta, in risposta alla tensione verso l'urbanizzazione e alla sovra-industrializzazione, la visione del paese avrebbe dovuto “onorare l'uomo comune” che si stava fortemente impegnando per la crescita del paese. Simultaneamente, la crescita economica si espanse fino a portare il Giappone nell'arena globale come leader mondiale chiamando all'internazionalizzazione molti città capoluogo di provincia come Fukuoka. Storicamente, la città di Fukuoka è stata un punto cruciale di commercio, idee e cambiamenti per tutta l'Asia in quanto le culture e religioni delle prime civilizzazioni europee e cinesi, sono state esportate qui, quindi diffuse 63
in tutto il Giappone.
La sua mentalità di città aperte e multiculturale si è riflessa anche nelle idee e nei valori richiesti al progetto dai committenti giapponesi, la cui missione era “di ricreare interamente nuovi concetti nello sviluppo urbano”. La progettazione inizia con la premessa che il progetto non deve imporre un modello occidentale a culture straniere( Jerde cita questo proposito il caso di Le Courbusier a Chardigarh ) ma piuttosto si propone sia di essere permeato delle tradizioni, sia di influenzare la condizione culturale di Fukuoka. Nel bando di progettazione dell'azienda committente, la Città sul Canale doveva unire la tradizione giapponese con la modernità. L'est e l'ovest si fondono in un miscuglio così ben amalgamato che è difficile identificar distintamente elementi in opposizione fra loro. Tale fusione può essere vista nella scelta di colori contrastanti che formano una paletta cromatica (i colori normalmente usati nella vita e nelle arti giapponesi sono combinati con colori esplosivi che vengono usati nei festival americani).
(la pianta di Canal City Hakata)
Il progetto inoltre utilizza la natura come metafora unificante, soprattutto nel canale, costruzioni a forma di canyon e allusioni al cosmo nei cinque distretti che compongono il complesso immobiliare. La “Città sul Canale” di Hakata è localizzata su un sito di nove acri che era stato abbandonato da una grande industria d'abbigliamento. Il progetto organizza l'elemento spaziale creando un nuovo canale, ispirato dalla vicinanza del sito al fiume Naka. Gli edifici si alzano lungo entrambi i lati del canale pedonale che li 64
attraversa. Le basi degli edifici sono tutte in pietra con bande orizzontali che allargano le prospettive dei visitatori, come strati di rocce sovrapposti e scavati, un riferimento all'erosione della terra che viene levigata dal passaggio del fiume attraverso il canyon nei secoli. Come i cinque edifici principali ascendono verso il cielo e si aprono verso l'alto, anche i materiali del loro rivestimento con l'aumentare dei livelli diventano piÚ moderni, raffinati e luminosi. Il canale ha estremità molto differenti, che variano da ripide (dove l'acqua incontra una facciata a scogliera) per diminuire nei punti in cui i flutti d'acqua formano dei meandri di corrente; la pendenza ed il materiale da pavimentazione è di tipo geologico con strati di sabbia, pietre o sassi e depositi minerali, fossili e conchiglie.
Nel progetto mixed-use sono presenti quattro anchor per ogni funzione che viene ospitata: il Teatro Fukuoka City come anchor per l'intrattenimento culturale; il Daiei Mega Vandle, un grande magazzino e supermercato storico giapponese; l'albergo Grand Hyatt; ed il Canal City Business Center, il centro commerciale multipiano. La colonna portante, per dimensione e funzione, del complesso di Hakata è il Grand Hotel, che alloggia 425 camere e connette le funzioni di vendita 65
ed intrattenimento attraverso un sistema pedonale che è il canale stesso. Il progetto inoltre ha un'organizzazione secondaria orientata lungo i cinque distretti. Per assecondare il tema naturale, queste cinque zone del canale pedonale sono chiamate col nome di una parte dell'universo: la corte stellare; la camminata della Luna; la piazza del Sole; la camminata della Terra e la corte marina. Il centro del progetto è una “negative sphere”, una gigantesca sfera al negativo che celebra la grandezza di tutto il complesso e rappresenta il Sole. Ogni distretto è identificato da un wayfinding, una specie di landmark per trovare la propria posizione: essi sono in pratica delle sculture alte 12 metri poste nel canale centrale. Quattro fontane mitologiche e storiche costituiscono altre icone identificative per il passaggio pedonale.
L'architettura paesaggistica situata sul canale pedonale ed i suoi cinque distretti è l'elemento unificante nel progetto. Gli alberi che circondano la parte esterna Canal City estendono il paesaggio pedonale alle strade limitrofe creando una tettoia verde a misura d'uomo ed una barriera naturale per nuove costruzioni ed un punto di partenza per il futuro sviluppo urbano delle aree circostanti ad essa. Canal City ha rigenerato il quartiere limitrofo e ribaltato il declino del precedente ed agonizzante centro commerciale Kamikawabata in quanto i visitatori di Canal City devono obbligatoriamente passare attraverso i suoi viali. Citata dall'architetto Arata Isozaki come una dei più importanti progetti architettonici del 1996, Canal City con il suo miscuglio sinergico di Fukuoka, Asia ed Occidente porta una viabilità globale ad un luogo che desidera diventare un delle più grandi città 66
moderne del mondo. La realizzazione di questo progetto serve da modello del ventunesimo secolo per costruzioni private di ampia scala e multifunzioni.
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4.6 Conclusioni Oggi quasi 800 milioni di persone visitano i luoghi disegnati da Jerde ogni anno, il che lo rende, almeno a livello quantitativo, l'architetto di maggior successo del mondo. Ciononostante, il suo nome non è affatto conosciuto negli ambienti accademici e al grande pubblico. Una spiegazione potrebbe essere che nel corso della storia dell'architettura contemporanea, lo shopping space è sempre stato considerato un ambito poco rilevante nella progettazione, a causa della sua dipendenza dai fattori economici e tecnologici che limitano e decidono a priori molti dei vincoli di progetto, questo è una delle ragioni per cui è un ramo abbastanza snobbato dai progettisti, anche se alcuni dei maggiori Archistar odierni si sono cimentati nella progettazione dello shopping space, come il Vulcano di Renzo Piano , la Nuova Fiera Milano di Massimiliano Fuksas, il Santa Monica Place di Frank Gehry o il Westside Shopping Leisure Center di Daniel Libeskind. Comunque, i grandi numeri che caratterizzano gli spazi progettati da Jerde superano le critiche mosse sull'iperrealtà di questi luoghi, in quanto esprimono il gradimento delle persone verso questa spettacolarizzazione dei tradizionali luoghi urbani, che non riescono a competere con la teatralità sovraurbana offerta da Jerde. Il principale fascino dei mondi progettati da Jerde risiede nell'effetto sorpresa che questi luoghi riescono a suscitare nel visitatore. Si potrebbe dire che Jerde è un uomo del suo tempo, il tempo del consumismo globale, che ha compreso il desiderio delle persone di un ambiente irreale ma confortevole, e ha saputo combinare tutti i fattori architettonici e psicologici per crearlo nella misura più fuoriscala ed entusiasmante possibile. Jerde ha avuto abilità di programmare gli spazi di vendita a supporto della sua visione sociale e architettonica.
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Capitolo 5 Il centro commerciale come paradigma dello spazio collettivo contemporaneo
Nel mall, l'esperienza urbana stessa è incorporata in una politica di marchio: le esperienze offerte per il consumo devono essere conciliabili con le immagini dei marchi che si trovano all'interno del mall, e con l'immagine del centro commerciale come intera zona marchio: perciò lo shopping space per eccellenza,il mall, può essere visto come uno pseudo-spazio pubblico o un gigantesco spazio privato; si tratta di un spazio privato perché di proprietà privata, ma è solo lo sfondo del sociale, in pratica per molti aspetti è uno spazio pubblico. Oggi, la forma originale del centro commerciale di Gruen è da tempo superata. La nuova grande evoluzione, the next big thing, è l'Urban Entertainment Centre : centro commerciale, punto di incontro, cinema multisala, il tutto in una singola esperienza. Enorme raccoglitore di negozi, uffici, ristoranti, cinema che costituiscono una città in miniatura. Luoghi pubblici, che sono solo pseudo-città, fondali del contesto sociale in cui si può effettivamente essere attivi, ma solo in un modo propriamente passivo. I centri commerciali si sono tramutati in Urban Entertainment Center, hanno assunto caratteristiche che appartengono a centri città: apparentemente bizzarri, apparentemente vivaci, apparentemente uno spazio pubblico. Questa duplicità di essere sia uno spazio pubblico che privato, è materia di decisioni giuridiche: in un tribunale del New Jersey, si è discusso in seguito al divieto di distribuire volantini di manifestanti per i diritti civili in un centro 69
commerciale, da parte del responsabile di esso. Il tribunale ha deciso che a seguito del palese tentativo di trasformare quel luogo in spazio pubblico, trasformando la proprietà in un luogo pubblico della congregazione, comportava che i fruitori del luogo godessero dei diritti che godono sul suolo libero. Perciò il diritto di libera espressione, sia in strada che in un centro commerciale deve essere garantito in quanto entrambi, giuridicamente, sono considerati spazi pubblici. Questa decisione giudiziaria apre nuovi dibattiti su quanto ormai il mall è equiparato, se non supera nella vita sociale la strada ed il centro urbano. I centri commerciali sono zone con gli effetti della vita cittadina, anche giuridicamente, ma ciò non li rende spazi urbani. In questi spazi pubblici i regolamenti sono imposti: ciò che è percepito come spazio pubblico è, infatti, lo spazio privato, che è stato aperto, in modo da consentire (mentre simula la libertà dello spazio pubblico) il traffico avanti e indietro. Questo traffico è controllato ed è adatto agli obiettivi economici dei proprietari, tutto è pianificato in anticipo e controllata. Stanziamenti o adattamento dello spazio da parte dei passanti è impossibile, e vietato. L'impossibilità di modificare lo spazio che occupiamo, lo rende ancora non accessibile, e dunque non urbano, in quanto la città è costantemente plasmata dalle azioni delle persone che ne occupano lo spazio. In molti di questi Urban Entertainment Center, non è solo bandita la concentrazione in gruppi più grandi, ma sono vietate anche soste inutili. Gli urbanisti, nel corso di un congresso dell'International Council of Shopping Centers hanno ironicamente descritto l'esperienza urbana degli shopping space rispetto alla città come la vita selvaggia paragonata ad una gita allo zoo. Una formulazione di scherno che non esaurisce però la discussione; è incontestabile che la vita sociale nei centri commerciali è definita dal desiderio di controllabilità e stupore, così come il carattere di marketing di tutta la struttura e la spinta verso l'omogeneizzazione. Anche le città stanno iniziando a vendersi e a preoccuparsi di essere “una esperienza”: i valori dei centri commerciali, la loro esperienza di sedazione e la loro controllabilità, sono i nuovi valori della città. Infatti i centri cittadini si stanno 70
ridefinendo come centri di consumo. Se Gruen riprese l'idea della strada e dei passage europei per i suoi luoghi del commercio, oggi la visione è ribaltata, la strada può essere decodificata come un centro commerciale a cielo aperto: funziona come un prolungato intrattenimento e vendita al dettaglio, che serve principalmente giovani professionisti urbani, come un parco a tema, il cui filo conduttore è la perfetta armonia sociale. I centri, indipendentemente dalla loro posizione concreta, costituiscono sempre più da se stessi una serie di marchi internazionali, e l'espressione “andare in centro” è sinonimo di recarsi in uno shopping space. Se il mondo materiale delle merci e delle tecnologie è la cultura dominante della nostra epoca, il centro commerciale che ne è l'involucro più importante è davvero il luogo paradigmatico della cultura. In quest'accezione, la mallification, il tramutarsi in mall della città è coerente e, proprio per questo, di un importanze notevole. Rem Koolhaas, nel suo saggio critico Junkspace, descrive l'accumulazione dei mall come generatrice di un fenomeno, la bigness, architettura che ingloba il mondo: “L'unità e la realtà in architettura scompaiono con la riorganizzazione, il consolidamento e l'espansione a grandi dimensioni. Qual'è il massimo che l'architettura può fare?..qual'è il massimo, il punto invalicabile dell'espansione dei luoghi del commercio?[...] La bigness è il tipo di architettura che “ingegnerizza l'imprevedibile”, cioè con la sua tecnicità estrema genera libertà nell'assemblaggio delle massime differenze. [...] Coloro che fanno la Bigness sono un team (si arrendono a tecnologie, appalti, schemi di funzionamento tecnico), l'architetto ridiventa neutrale.[...] L'accumulazione dello shopping mall ( che è la bigness) genera un nuovo tipo di città, nella qualità e nella complessità dei servizi che offre diventa esso stesso urbano; non ha più bisogno della città:è in competizione con essa, rappresenta la città,si appropria della città o ancora meglio, è la città. La bigness, per la sua totale indipendenza dal contesto, è la sola architettura che può sopravvivere,è l'ultimo baluardo dell'architettura. I contenitori della bigness saranno i punti di riferimento in un paesaggio post-architettonico. [...] Il junkspace è politico, dipende da una una rimozione centrale della facoltà critica 71
in nome del comfort e del piacere[...]Il comfort è la nuova giustizia[...].” Oltre a cristallizzare alcune delle riflessioni sullo shopping space, Koolhaas pone l'accento su ruolo dell'architetto nel progettare questi luoghi. L'architetto viene definito neutrale, con le sue competenze sottomesse alle tecnologie che permettono il funzionamento del mall. Questa critica da parte del mondo architettonico è molto diffusa, ed è una delle ragioni che vengono portate per non prestare attenzione a questa branca della progettazione. Ma, come affermato da Koolhaas stesso, “i contenitori della bigness saranno i punti di riferimento in un paesaggio post-architettonico”. Per questo, e per la loro espansione inarrestabile, gli shopping space non possono più essere accantonati.
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Bibliografia Anderton, F. (1999) You are here: the Jerde partnership international, Londra, Phaidon Bottini, F. (2005) I territori del commercio, Firenze, Alinea Codeluppi, V. (2001) Lo spettacolo della merce - I luoghi del consumo dai passages a Disney World , Milano, Bompiani (Studi Bompiani) Corbellini, G. (2007) Ex libris. 16 parole chiave dell’architettura contemporanea, Milano, 22publishing Debord, G. (1967) La società dello spettacolo, Parigi, Buchet-Chastel Dell’Aira, V. (2005) Architetture per il commercio, Roma, Edilstampa Gruen, V. & Smith, (1960) Shopping Towns USA, New York, Reinhold Publication Corporation Koolhaas, R. (2006) Junkspace, Macerata, Quodlibet Wall, A. (2005) Victor Gruen : From Urban Shop to New City, Barcellona, Actar Walter, B. (1997) Parigi capitale del XIX secolo, Torino, Einaudi Chuihua Judy Chung, Jeffrey Inaba, Rem Koolhaas, Sze Tsung Leong, Harvard Design School (2002) (a cura di) Harvard Design School Guide to Shopping, Harvard Design School, Colonia, Taschen Provincia di Bologna et al. (2007) La civiltà dei superluoghi. Notizie dalla metropoli quotidiana, catalogo della mostra I superluoghi, Bologna, Damiani Editore 73