MASSONERIA E VENDETTA NE IL BARILE DI AMONTILLADO DI POE

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MASSONERIA E VENDETTA NE IL BARILE DI AMONTILLADO DI POE di Sandro D. Fossemò

« Là dov'è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore. » (Matteo, 6, 21).

Il breve

racconto

gotico

“Il barile di Amontillado” (The Cask of

Amontillado,1846) di Edgar Allan Poe è un esempio perfetto dello scenario orrorifico dello scrittore, dato che vi sono tutte le tracce legate alla compenetrazione artistica del grottesco e dell'arabesco ; oltretutto presente nella nota e precedente antologia “I Racconti del grottesco e dell'arabesco”(Tales of the Grotesque and Arabesque,1840) L'aspetto grottesco, legato non solo alla derivazione italiana di “grotta” ma anche a quella inglese di “grotto” e di “cavern”, coincide in pieno all'ambientazione del racconto

in una fredda cantina dove, essendo utilizzata pure come una catacomba

dalle pareti umide, vi si legge anche un significato connesso alla gelida oscurità dell'abisso con la sua

deforme e mostruosa profondità. Nell'arabesco si vuole

esprimere qualcosa di intricato, di bizzarro o di difficile interpretazione. Quindi, il breve racconto esprime una vena enigmatica e allo stesso tempo arcana e ritualistica da indurre il lettore a un' esegesi attenta e minuziosa per poter comprendere appieno il rilievo semantico, all'interno di un difficile intreccio simbolico. Effettivamente, è esattamente in quel contesto tra grottesco e arabesco che si nota come l'autore abbia sviluppato uno stile misterioso volto a compenetrare l'ambiente alla trama. Ovvero, essendo il contenuto situato in un fosco sotterraneo, anche la


storia diviene a sua volta criptica con frasi e simboli a doppie interpretazioni. La narrazione descrive una premeditata vendetta provocata dall'oltraggio ed eseguita con lucida e fredda crudeltà demoniaca negli abissali sotterranei del palazzo di Montresor, disseminato di barili e resti umani di ossa ammonticchiate. L'aspetto più brillante dell'opera è proprio come Poe ha fuso simbolicamente ambiente e psiche in una orribile vicenda piena di suspense e ironia. La discesa nel buio labirintico del sottosuolo è una discesa negli inferi dell'anima dove emerge tutto l ' orrore del delirio psichico e della morte. Nel racconto Una discesa nel Maelström (A Descent into the Maelström,1841) viene pure messo in risalto l'aspetto drammatico della caduta nell'abisso del gorgo come una forma di delirio psicologico che divora l'uomo smarrito nell'ignoto e in preda al baratro. Più si scende fisicamente nel buio e più emerge il buio dell'anima da dove è possibile scorgere quell'area della mente perversa rimasta prima inesplorata. La torcia tenuta in mano dai personaggi de Il barile di Amontillado illumina non solo quel luogo oscuro ma sembra quasi voler esprimere e rivelare attraverso una luce rossastra la drammaticità degli eventi. Una descrizione affine la troviamo anche ne La maschera della Morte Rossa (The Masque of the Red Death, 1842) nel quale una luce rossa, proveniente dal vetro color sangue e provocata dal fuoco dei tripodi, irraggia le mura della stanza in un riverbero tale da esprimere un infausto messaggio. Poe si serve spesso di alcuni simboli proprio come mezzo per oltrepassare i limiti apparenti degli eventi con il magistrale intento di penetrare come una lama tagliente nella sfera intangibile della psiche.

In un certo senso, si capta che la luce

rosseggiante della torcia funge da collante perché illumina e unisce in un una


dimensione surreale lo spazio esterno con l'emozione interna dell'anima in una espressione cromatica espressiva. Nell'arte poesca è frequente una grottesca e sarcastica compenetrazione fra elementi ambientali e psicologici. Non a caso, Fortunato è vestito in modo tale da sembrare quasi un clown con un abito simile a quello di arlecchino e con un cappello conico ornato con dei sonagli come se dovesse recitare la parte di uno sciocco, mentre invece l'assassino indossa un vestito macabro composto da un mantello e da una luttuosa maschera di seta nera che gli copre il viso. Il narratore, che coincide con la figura del nobile decaduto Montresor, chiarisce fin dall'inizio la causa del suo astio

verso il vilipendio dell'italiano, ironicamente

chiamato Fortunato, a cui egli intende mettere fine in modo atroce grazie a un diabolico stratagemma in grado di punire impunemente. Ovvero, secondo il narratore, non ha senso rimediare a un torto se viene data la possibilità di reagire al proprio nemico. Di conseguenza, la vendetta dev'essere assolutamente infallibile, totale, perfettamente razionale e spietata, vale a dire senza alcuna minima possibilità di errore umano o tecnico. Il crimine, nella mente degenerata del protagonista, ha la sua giustificazione nell'odio e nell'empietà, specie quando il gesto malvagio trova sfogo nel gusto per la vendetta. Questi elementi perfezionistici di omicidio come atti di rivalsa per dei torti subiti caratterizzano anche il racconto Hop Frog dove il protagonista riesce a ingannare e uccidere abilmente i tiranni che lo hanno schiavizzato. Durante la festa del carnevale e in tarda sera , Montresor convince astutamente l'ebbro Fortunato a recarsi nella variegata cantina sotterranea del palazzo per


verificare se ha davvero acquistato un raro vino spagnolo chiamato Amontillado. Fortunato é scettico dell'autenticità del vino e vuole assolutamente consatarne l'originalità anche per mettere in mostra le sue qualità di bravo intenditore. Il narratore conosce bene la personalità della sua vittima e ne approfitta per realizzare il suo piano diabolico di vendetta. Ovviamente, Montresor cerca di non insospettire Fortunato e difatti si presenta sorridente, lo invita più volte a rimandare il controllo del vino mostrando anche una certa premura per il suo raffreddore. Ma il “sorriso” del narratore, viene precisato, é in realtà un infernale sorriso di sarcasmo volto a riempire di gioia il cuore nero dell'omicida, immerso nel pensiero di un delitto da adempiere in modo sacrificale. Il palazzo è completamente disabitato perché i domestici hanno approfittato della momentanea assenza di Montresor per uscire e godersi giornate di libertà.1

Per

celare ogni sospetto, l'assassino si lascia prendere il braccio in modo da permettere alla propria vittima di farsi strada da solo, tranquillamente, tra quelle

mura umide e

scure della cantina. Durante il cammino, Montresor stappa alcune bottiglie di vino adagiate in fila su un pavimento ricoperto di muffa e offre da bere prima del Medoc e successivamente un beffardo De Grave2 alla sua vittima in modo da aumentargli la sbornia fino a farlo cadere in uno stato di ubriachezza. Le chiare e acquose ossa dei morti sembrano fondersi con il bianco nitro delle umide mura tanto che quelle pareti rocciose, in cui pare di vedere la fuoriuscita degli scheletri, lasciano presagire la morte di Fortunato. I vini invecchiati tra le ossa di quel suolo coperto di muffa danno l'impressione di saldare invece l'ebbrezza con la morte se si pensa allo stato di ubriachezza di Fortunato. Una possibile ma non improbabile


conferma a tale associazione la possiamo, in linea di massima, trovare perché nelle “culture in cui sono presenti i rituali sciamanici, gli scheletri degli uomini, oppure quelle figure umane in cui la struttura ossea è visibile, simboleggiano l'esperienza del tracollo psichico cui vanno incontro le persone che vengono iniziate all'esperienza del trance”3. Mentre si cerca, come se fosse un tesoro nascosto, il barile di Amontillado nel vasto e labirintico sotterraneo, Fortunato

finge di non ricordare come fosse fatto lo

stemma araldico della nobile e decaduta famiglia e Montresor, senza scomporsi, glielo ricorda descrivendogli l'immagine simbolicamente preveggente di un grosso piede d'oro, su uno sfondo azzurro, che schiaccia una serpe rampante la quale morde il tallone. Il motto presente sullo stemma è una frase latina : “Nemo me impune lacessit”, vale a dire “Nessuno mi ha offeso impunemente”. Nel corso della descrizione si ha l’impressione di un presagio di quello che sta per accadere. E' come se il carnefice avesse sentenziato freddamente e

in modo inquisitorio la

irreversibile condanna a morte del suo odiato nemico. Tra i lugubri e immensi corridoi , Fortunato rivela a Montresor

la propria identità massonica con un gesto

grottesco. Anche il narratore confida la sua appartenenza alla società

segreta

mostrando una cazzuola assai simbolica nella iconografia massonica4, ma Fortunato di nuovo si beffa della scoperta e indietreggia come se avesse visto un'arma. Giunti nei remoti e nascosti recessi della catacomba, Montresor inganna Fortunato sul posto cosparso di cripte in cui si trova il famoso barile di Amontillado e celermente lo incatena all'interno di una nicchia. Nonostante le suppliche e i deliri di Fortunato, Montresor lo mura vivo con sadismo e scherno provocando una fine atroce al suo


avversario. Il narratore, fin dall'inizio, accenna a un'immolazione, ovvero a una sorta di sacrificio diretto alla eliminazione fisica del nemico. Quello che non è chiaro è per quale motivo Montresor non si limiti solo ad assassinare Fortunato ma decide anche di sacrificarlo. Sappiamo la causa per cui

vuole

uccidere l'italiano ma non

conosciamo per quale motivo compie quel tipo di omicidio . Un' attenta analisi del racconto permette di individuare vari elementi simbolici come la cazzuola e la costruzione del muro che richiamano in mente una sorta di rituale in stile massonico. La caverna, per esempio, è il tipico ambiente per organizzare dei riti, e difatti la catacomba è un luogo affine. Dal punto di vista cristiano il mondo sotterraneo della caverna è paragonabile all'inferno in cui il serpente che vi regna, vale a dire diavolo, ne è il viscido custode. La raffigurazione

il

del racconto si presta a

un'interpretazione duplice, in quanto vi è la fusione tra la mitologia cristiana e la simbologia massonica.

Nel simbolismo della massoneria la “cazzuola, utilizzata

per ‘murare’, serve da suggello al silenzio nei confronti degli estranei ( i ‘profani’), per difendere la ‘disciplina arcana’ ( cioè ‘il segreto racchiuso in un' arca’) dell'esperienza del valore intimamente vissuto dei simboli e dei rituali”5. Secondo tale interpretazione sembrerebbe che il narratore abbia voluto vendicarsi per il dileggio subito ma servendosi di un rito massonico

che avrebbe, come dire,

immolato un cattivo allievo della massoneria. Un'ulteriore prova ci viene data dal fatto che nel “simbolismo massonico l'ancora informe ’pietra grezza’ rappresenta il grado di apprendista”6. Guarda caso è proprio su una rudimentale pietra di granito che Fortunato viene incatenato. Da queste associazione si deduce

una ipotetica


conclusione rivolta a capire in che cosa s'identifica quel misterioso “tesoro” ricavato dal termine francese Montresor, vale a dire “mio tesoro”. Probabilmente, il tesoro del narratore è la conoscenza occulta della massoneria. Fortunato, simbolicamente rappresentato nello stemma nobiliare come il grande piede d'oro7, ha calpestato il serpente Montresor con gli insulti, ma è anche venuto a conoscenza dell'oscura sapienza massonica raffigurata proprio nell'oro8.


1 Una mancanza in realtà prevista e voluta dallo stesso narratore. 2 La traduzione è “La tomba” dall'inglese “The grave”. 3 Hans Biedermann, Enciclopedia dei Simboli, Garzanti, pp. 473-474. 4 Una prova dell'importanza significativa rappresentata dalla cazzuola è provato dall'avvenimento del 18 settembre del 1793 dove George Washington ha usato uno stile massonico per la posa della prima pietra del Campidoglio degli Stati Uniti d'America. 5 Hans Biedermann , Enciclopedia dei simboli, cit.., p. 104. 6 Ibidem, p. 401. 7 Dato che Fortunato è italiano, la grandezza del piede potrebbe indicare l'Italia, la quale somiglia a un enorme stivale. 8 Il prezioso metallo potrebbe indicare la sapienza segreta. Per questa spiegazione si legga la Enciclopedia dei Simboli. cit., p. 352.

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“Massoneria e vendetta ne Il barile di Amontillado”- Sandro D. Fossemò


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