I dolenti di collesano mariagiulia burresi

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I Dolenti di Collesano Tutela, devozione, valorizzazione L’importante convegno svoltosi a Collesano il 6 dicembre 2013 sulle due sculture lignee raffiguranti San Giovanni evangelista piangente e la Madonna addolorata, ha, con le varie comunicazioni scientifiche di rilievo, arricchito quanto già segnalato dagli studiosi Giuseppe Fazio e Antonio Cuccia sulle due opere e confermato dalla scrivente: si tratta di due capolavori del grande scultore senese Francesco di Valdambrino, amico di Jacopo della Quercia, attivo nelle sue fasi giovanili a Lucca e Pisa fra Trecento e Quattrocento e poi rientrato in Siena dalla metà del secondo decennio del secolo nuovo. Esposte per il convegno nella chiesa di San Domenico, le due sculture hanno potuto essere apprezzate per la loro bellezza da tutti i numerosi presenti. E il loro aspetto è talmente caratteristico e simile ad altre opere conservate a Pisa e a Volterra- come ben evidenziato dagli studiosi che le hanno riconosciute- da renderle inconfondibili opere dello scultore senese, anche se non avessero subito i restauri recenti che si dice siano stati eseguiti, ma di cui non è stato possibile esaminare la documentazione di rito (o quanto meno quella fotografica). Non sembra, quindi, che sia stato il loro stato di conservazione precedente l’ingenuo restauro, cui sono state di recente sottoposte, a rendere le statue fino ad oggi non riconoscibili alla critica e agli storici come capolavori del Valdambrino, bensì l’essere state conservate in luogo non accessibile al pubblico, ma solo ai fedeli durante la processione che vede annualmente i due personaggi sacri protagonisti della devozione locale. Tale devozione, intensa e continuativa nei secoli, ha certamente salvato le due sculture dalla distruzione cui sono storicamente soggette le statue lignee quando la loro funzione cultuale è nel tempo venuta meno. E che questa devozione fosse da tempo assai radicata lo attesta anche il documento ottocentesco in cui il Demanio statale - ormai proprietario della chiesa di san Domenico in cui erano conservate le


due statue, mentre concede in proprietà la chiesa al Comune di Collesano e consegna in uso, e dunque indirettamente anche in responsabilità di tutela, allo stesso Comune tutti i suoi arredi, comprese le due sculture dei Dolenti - precisa che devono essere mantenute le prerogative d’uso devozionale delle due statue alla Confraternita che fino ad allora le aveva gestite. E non deve sorprendere che le due opere non siano citate nelle descrizioni settecentesche locali delle chiese, visto che quasi mai, anche nel resto dell’Italia e d’Europa, le opere lignee antiche lo sono per i loro eventuali aspetti artistici. Purtroppo il loro aspetto e il loro stato attuale, nonostante il restauro citato, non appare buono: le ridipinture più recenti, che si sono stratificate nei secoli sui colori originali, potrebbero essere state rimosse anche con perdita di materia cromatica originale, e comunque a luce radente si notano numerosissimi dislivelli nel colore che prima della ridipintura delle superfici non sono stati adeguatamente stuccati, come si usa fare per restituire integrità cromatica alle superfici. Sembra invece che i colori nuovi finali siano stati stesi anche su parti di colore originali, appesantendo notevolmente la bellezza, l’espressione e la grazia delle due figure sacre. Inoltre nonostante il restauro, le due opere presentano varie criticità di conservazione. La prima- facilmente reversibile- riguarda il loro posizionamento sulle basi moderne, posizionamento che risulta erroneamente ruotato di vari gradi rispetto alla visione originale prevista dallo scultore. La seconda- più grave e su cui occorrerebbe intervenire d’urgenza- è la presenza di attacchi da parte di agenti xilofagi (tarli di natura non identificabile in questa fase dell’anno in cui sono “in letargo”). Ad es. sulla spalla sinistra del San Giovanni si evidenzia addirittura uno sfondamento del colore perché i tarli hanno creato una cavità sottostante. Ad evidenza il restauro non ha risolto o non ha proprio attivato una disinfestazione efficace da xilofagi e le opere, conservate in un armadio a muro non areato e dunque con probabile presenza di umidità di condensa, hanno continuato a degradarsi rapidamente.


E’ anche per queste ragioni che è stato molto apprezzato da parte di numerosi presenti al convegno l’ipotesi presentata dal Sindaco di procedere ad un nuovo intervento di tutela che questa volta auspichiamo venga svolto con le dovute autorizzazioni e procedure di legge sotto la tutela della competente Soprintendenza. E’ apprezzabile altresì che si proponga una nuova sistemazione delle opere che ne garantisca un’appropriata collocazione storica e di conseguenza anche una migliore fruizione devozionale e scientifica. Pare infatti dimostrato dalle ricerche più recenti presentate al Convegno da Giuseppe Fazio, e dalle sue acute argomentazioni basate sulla più attenta rilettura dei documenti esistenti, che le opere facessero parte del mausoleo funebre dei Ventimiglia, eretto a partire dalla seconda metà del secondo decennio del Quattrocento e che, alla soppressione per danni della chiesa in cui si trovava ( San Francesco) furono trasferite col mausoleo nel XVII secolo nella cappella a destra guardando l’altar maggiore della chiesa di San Domenico. Più recenti trasformazioni in San Domenico hanno poi relegato la cassa con l’immagine della Ventimiglia in controfacciata e posizionato nella cappella un gruppo dell’Annunciazione marmoreo. Si osservi per inciso che queste due statue dell’Annuncio, che introducono all’inizio della vicenda terrena del Salvatore, erano invece collocate originariamente in due nicchie del presbiterio ai lati, come liturgia vuole, dell’altare dove si conclude la vicenda umana del Cristo con la celebrazione del suo sacrificio per la nostra salvezza. Una loro ricollocazione in posizione originaria nel presbiterio, oltre che valorizzare il significato liturgico delle due statue dell’Annunciazione, darebbe anche la possibilità di ricomporre il mausoleo Ventimiglia con i suoi due Dolenti nella cappella che lo ha accolto per secoli, rintracciando forse anche l’esatta impostazione nel muro delle mensole reggenti le due statue lignee. Un Crocifisso posizionato centralmente restituirebbe verità liturgica e storica al complesso, consentirebbe una comprensione approfondita del suo significato e una devozione consapevole e continua del gruppo dei Dolenti , ben al di là dei pochi momenti della annuale processione pasquale.


Una tale collocazione assolverebbe anche a esigenze di fruizione culturale, ormai imprescindibili da quelle devozionali, e di salvaguardia delle due statue da ulteriore degrado, sia per l’idoneità degli spazi che per la continua sorveglianza che se ne avrebbe, anche da parte della Compagnia che ha sede nei locali contigui alla chiesa e che di fatto cura l’organizzazione della Processione. Dal momento che sono in corso altre iniziative di valorizzazione scientifica a livello non solo nazionale del complesso dei Dolenti si auspica pertanto che la città di Collesano con le sue istituzioni religiose, civili e dei fedeli organizzati nelle locali Compagnie o Confraternite possano offrire un’immagine adeguata di tali capolavori.

Mariagiulia Burresi 10 dicembre 2013


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