Polifungiornale 17/10/2013 StudentiPer

Page 1

STUDENTI

P E R … presenta

ilpolifungiornale@hotmail.com Numero 4

Il POLIFUNGIORNALE … tutto ciò che non hai mai saputo della tua Università...

NON SARA’ UN ASTEROIDE AD ANNIENTARCI Sommario:

BENVENUTI

2

THE BEMC

Il giorno in cui decisi di iscrivermi alla facoltà di medicina, mio padre, ex studente di medicina a Bari, mi disse : "ma chi te lo fa fare?". Ecco, ogni tanto me lo chiedo anche io! Chi ce lo fa fare di passare giornate piegati sui libri? Chi ce lo fa fare a rinunciare a una partita di pallone con amici? Questo è ciò che mi domandavo in momenti di massimo sconforto nei miei primi due anni universitari. Ma le cose cambiano, dopo una prima fase di difficoltà si impara a ritagliarsi degli spazi in mezzo alle numerose ore di studio e ad apprezzare le infinite possibilità in più che ti offre la vita universitaria. Non è forse la capacità di adattamento quello che ha permesso al mondo dei viventi di sopravvivere a situazioni ostiche ed evolversi? Potremmo definire noi studenti di tutti i corsi di laurea che frequentano il Policlinico, una forma più evoluta di studente universitario. Se la fortunata coincidenza di un' asteroide ha estinto i dinosauri, permettendo ai mammiferi di prendere il sopravvento, noi e soprattutto voi, giovani matricole, siamo riusciti a sopravvivere a quel gioco al massacro meglio conosciuto come "test di ingresso". Il test di ingresso è il nostro “collo di bottiglia” – termine della genetica che indica una popolazione che sopravvive ad eventi atipici della selezione naturale- attraverso cui tutti siamo passati, ma è solo la prima ardua prova che la vita che vi siete scelti vi ha posto davanti! Altri meteoriti , tsunami ed eruzioni vulcaniche vi attendono e ci sarà chi,purtroppo, deciderà di lasciarsi andare e soccombere alla Natura Matrigna , ma anche chi, armato di ingegno e forza di volontà, dopo un primo momento di scoramento, deciderà di vendere cara la pelle e sorpassare l’avversità per fronteggiarne una nuova! Più andrete avanti e più guardandovi alle spalle vi renderete conto che magari, quello tsunami che tanto vi aveva spaventato e fatto sudare, in realtà altro non era che una simpatica onda sulla quale, una volta capito come fare, potete surfare producendo stupore in coloro che vi guardano. E’ innegabile che lo studio è una componente fondamentale ed imprescindibile della vita universitaria così come è innegabile che è in questi anni che costruiamo delle solide fondamenta teoriche per il nostro futuro. Quello che vi verrà chiesto in questi anni, però, non sarà solo un salto di qualità dal punto di vista didattico, ma anche un salto di qualità dal punto di vista umano.

HIV : UN VACCINO?

3

TIROCINIO: UN’ESPERIENZA DI VITA

4

TIROCINIO: UN’ESPERIENZA DI VITA

5

TIROCINIO: UN’ESPERIENZA DI VITA

6

TIROCINIO: UN’ESPERIENZA DI VITA

7

SVOLTA PER LA CELIACHIA?

Continua a pag 2...

Iniziativa realizzata con il contributo del fondo per le attività culturali e sociali autogestite degli studenti

8


Iniziativa realizzata con il contributo del fondo per le attività culturali e sociali autogestite degli studenti

Pagina 2

Il POLIFUNGIORNALE

Sacrificio, ma anche orgoglio! E’ vero passerete giornate davanti a un libro, che di certo simpatico non è, ma spenderete anche molto del vostro tempo in compagnia di nuovi amici che vi sarete scelti in mezzo a più di altre duecento persone. Inoltre sarebbe sciocco illudervi che in futuro non proverete invidia per i vostri amici che vi chiameranno nel bel mezzo di una soleggiata mattinata dicendovi ; “Oggi mare! Vieni?” e voi scuoterete la testa dicendo: “No, ragazzi devo studiare”, ma vi posso anche dire con certezza che apprezzerete quelle giornate di svago come nessun altro potrebbe fare, proprio perché -perdonatemi la citazione da classicista- diceva Leopardi ne “La quiete dopo la tempesta”: “piacer figlio d’affanno gioia vana, ch'è frutto del passato timore” Per concludere, un giorno ad una rimpatriata con i miei compagni di classe, un amico mi chiese "ti manca la vita del liceo?", dopo avergli sorriso con soddisfazione, gli dissi :"no, non scambierei la mia vita universitaria per nulla al mondo". Paolo Giordano IV anno

Medicina in lingua inglese, un anno dopo... Ormai stiamo alle porte del secondo anno del corso di laurea in medicina e chirurgia interamente in lingua inglese (propriamente detto “The Bari English Medical Curriculum”) ,nato lo scorso anno: questo corso innovativo che si prefigge l’obiettivo di formare medici “internazionali” che abbiano un’ ottima conoscenza delle discipline cliniche. Infatti il corso può essere considerato come un “gemello” del corso tradizionale in lingua italiana, ma con differenze macroscopiche : la classe di studenti è formata da soli 30 elementi di cui 21 comunitari e 9 non comunitari (questo spinge i ragazzi ad esprimersi soltanto mediante l’utilizzo della nuova lingua), tutte le lezioni e gli esami sono svolti in lingua inglese. Diverse volte mi è capitato di incontrare ragazzi che rimangono quasi increduli e basiti quando vengono a conoscenza di questo cdl , ed iniziano a formulare tante di quelle domande che persino il maestro dei quiz Mike Buongiorno impallidirebbe. Pertanto io, studente al secondo anno di questo corso, ho pensato fosse utile dedicare qualche riga su ciò che sono le mie impressioni a riguardo, un anno dopo. Non vi nascondo che un anno fa le mie perplessità erano molte, (un corso completamente in inglese: difficile a credersi, vero?) e sono stato più volte tentato di iscrivermi al corso tradizionale in italiano. Ma ho voluto tentare la fortuna, ed al momento, sembra che abbia avuto ragione. Sì, perché a parte qualche defezione dovuta alla fase iniziale di rodaggio, io sto effettivamente studiando la medicina in lingua inglese! In aggiunta a lezioni ed esami tenuti in inglese, numerose sono state le iniziative mirate a “sprovincializzare” lo studente : convegni a cui hanno partecipato docenti stranieri di spessore internazionale, possibilità di viaggi all’estero in grandi città europee (summer school), chance di interagire con pazienti non italiani in cura presso in nostro policlinico… Continua a pagina 3...


Pagina 3

The Bari English Medical Curriculum, o BEMC Insomma, tutti eventi svoltisi in lingua inglese, mezzo che ci permette di comunicare con persone di (quasi) qualsiasi provenienza ed etnia. L’inglese è la lingua del mondo del lavoro, quindi il vantaggio di frequentare questo corso è doppio! Quest’anno ho anche avuto la fortuna di passare il mese di Agosto a Monaco di Baviera, in Germania, frequentando un laboratorio di ricerca: lì le comunità multietniche di ricercatori comunicano tra loro per mezzo di questa lingua. Quindi sicuramente conoscere l’inglese è un prerequisito richiestissimo e utile per trovare occupazione, a qualsiasi livello. Fondamentale punto di forza di questo cdl è la classe, così esigua da consentire una più stretta interazione con i docenti, favorendo la partecipazione attiva di tutti: quindi scordatevi lo stereotipo delle classi numerosissime e caotiche, dove spesso e volentieri sono solo i ragazzi delle prime file a seguire bene la lezione; immaginate un po’ come una classe di liceo, ma con più serietà da parte degli studenti che sono consapevoli di trovarsi in una università. Vorrei poi chiarire una volta per tutte un punto, oggetto di numerosissime domande ogni anno : la laurea conseguita con questo cdl ha la stessa valenza della laurea nel corso in italiano, però è in lingua inglese. Per concludere, posso sicuramente ritenermi soddisfatto dopo questo primo anno, e se mi ritrovassi a dover fare la stessa scelta, opterei sempre per questo corso. Beh, adesso inizia il secondo anno, e materie come l’anatomia e la biochimica (due mattoni) mi aspettano! Good luck, guys! Nicolangelo Diomede (II YEAR)

HIV: Testato il vaccino che eradica il virus Un vaccino provato su macachi affetti da SIV (Simian Immunodeficiency Virus) è riuscito a eradicare completamente il virus. Si è rivelato efficace in nove dei 16 macachi rhesus in cui era stato inoculato e, breve, verrà avviata la sperimentazione sull’uomo. L'équipe di studiosi ha esaminato una forma aggressiva di virus chiamato SIVmac239, che è fino a 100 volte più letale di HIV . In test precedenti le scimmie infette erano morte nel giro di due anni, ma questa volta gran parte dei primati sono rimasti immuni. Alla fine nel corpo delle scimmie non c'era traccia del virus. Il vaccino è stato sviluppato utilizzando un altro virus, il citomegalovirus (Cmv), un herpes virus. Il meto-

do si basa sul potere infettivo del Cmv, modificato in modo da stimolare il sistema immunitario a combattere le molecole del SIV. Tutte le scimmie che hanno risposto in modo positivo al vaccino, erano ancora libere dall'infezione dell'SIV a tre giorni di distanza dalla sperimentazione. Secondo Louis Picker, uno degli autori, è difficile affermare di aver eradicato il virus perché potrebbe sempre esserci una cellula in cui il è presente. Secondo il gruppo di ricerca, inoltre, sarà necessario aspettare almeno due anni per incominciare la sperimentazione, poiché bisogna

essere assolutamente sicuri che il vaccino sia innocuo. Da anni si cercano cure per combattere l'Aids e sono numerosi gli studi per trovare un vaccino efficace. A luglio un gruppo di esperti dell'Istituto Superiore di Sanità coordinati da Andrea Savarino, nell’università della North Carolina, hanno prodotto la remissione della malattia in alcuni macachi, curandoli con un mix di farmaci contenente oltre agli antiretrovirali, altre due sostanze. Mentre solo pochi mesi prima, il governo degli Stati Uniti aveva bloccato uno studio su un possibile vaccino contro l'HIV perché non stava dando alcun risultato L'Aids è una malattia che fa ancora paura, anche in Italia e, soprattutto, tra i giovanissimi. Oggi ci si può convivere, grazie alla terapia combinata di farmaci antiretrovirali, ma un vaccino sarebbe un passo


Pagina 4

IL POLIFUNGIORNALE

TIROCINIO: SEMPLICE ATTIVITA’ FORMATIVA O ESPERIENZA DI VITA? Ciao a tutti, matricole! Innanzitutto congratulazioni per aver superato il test di ammissione. Sono Paola Acquaviva e con questo articolo, spero di riuscire a spiegarvi al meglio in cosa consiste il tirocinio formativo. Ho pensato che il modo migliore fosse dar voce ad alcuni studenti, che giorno dopo giorno vivono con passione e dedizione questa esperienza. Innanzitutto è bene chiarire che l’attività di tirocinio formativo è prevista per legge nel programma di studi di ogni professione sanitaria. È suddivisa nei tre anni con un numero crescente di ore. Al termine di ogni anno e quindi al raggiungimento delle ore di tirocinio previste dal proprio piano di studi, lo studente deve sostenere un esame, con il fine di esprimere praticamente e dinanzi ad un' equipe sanitaria cosa ha appreso durante le ore di tirocinio. Al di là di questa definizione molto accademica, il tirocinio punta a far acquisire gradualmente e al meglio le competenze tecniche e utili nella futura realtà lavorativa. Immedesimandomi in voi ho pensato che la domanda, che più vi sarete posti sarebbe stata: “ il tirocinio formativo consente di acquisire competenze e abilità all’altezza di quanto richiesto dal mercato del lavoro? E soprattutto, in cosa consiste?”. Dunque l’ho posta ai miei colleghi e ho riportato le loro risposte. Il primo è stato Giuseppe Pisu, studente appena iscritto al secondo anno del cdl in infermieristica, che mi ha risposto: “Il tirocinio del primo anno di scienze infermieristiche consta di 450 ore, da svolgere in reparto, dove si cerca di far acquisire allo studente competenze sullo svolgimento dell’igiene del paziente e delle suppellettili. Impariamo a misurare i parametri vitali, quali pressione, temperatura, frequenza cardiaca…, si acquisisce l’abilità di interagire e comunicare con i pazienti e di assicurare alimentazione, idratazione e minzione ai degenti. Innanzitutto siamo suddivisi in gruppi, che ogni 2/3 mesi sono assegnati a reparti diversi, affiancati da infermieri competenti e pazienti. Personalmente sono stato assegnato subito al reparto di chirurgia del padiglione Balestrazzi, e poi al reparto di reumatologia. Durante il periodo dello svolgimento del tirocinio, ho compreso che la regola più importante per un infermiere è si considerare il paziente, primariamente, una persona vulnerabile, di cui bisogna rispettare la dignità e poi un caso clinico. Durante questi mesi ho avuto modo di constatare che non esiste nulla di meglio che essere utile al

prossimo”. Poi è stata la volta di Giuseppe Dell’avvocato, studente prossimo alla laurea in infermieristica, che, in merito ai tirocini del secondo e terzo anno, ha affermato che: “Il tirocinio del secondo anno di infermieristica è caratterizzato dall’acquisizione delle capacità di effettuare prelievi e posizionamento di cateteri, di svolgere attività ambulatoriali presso i reparti di oncologia, ematologia, urologia, neurologia, cardiologia e pneumologia. Durante il terzo anno, invece, si frequentano i reparti d’urgenza, quali terapia intensiva e pronto soccorso pediatrico. Il fine è perfezionare le conoscenze acquisite negli anni precedenti e imparare a gestire le situazioni di emergenza. A tal proposito ricordo ancora l’esperienza più incisiva ed indelebile di questi tre anni, ovvero, quando mi è stato chiesto di effettuare un emogas analisi ad un paziente a cui avevano appena sparato al torace. A mio avviso, il tirocinio formativo è fondamentale per apprendere la componente pratica della professione dell’infermiere. Tuttavia questo deve necessariamente essere supportato e coadiuvato da una componente teorica. Concludo dicendo che, in seguito al mio vissuto, per completare e perfezionare le proprie competenze assistenziali, è bene che lo studente svolga delle attività extrauniversitarie. In passato, sono stato per tre anni soccorritore volontario e ad oggi sono dell’opinione che è stata un’esperienza utile, soprattutto per imparare a gestire i pazienti affetti da patologie psichiatriche, ma anche per acquisire familiarità con farmaci e flebo ”. Dopo aver avuto buone delucidazioni sul tirocinio del cdl in infermieristica, ho raccolto il parere di Maria Ronco e Loredana De frenza, studentesse iscritte al terzo anno di tecniche della riabilitazione psichiatrica. A loro ho chiesto di definire la figura professionale del tecnico di riabilitazione psichiatrica, spiegarne le mansioni e infine esprimere un giudizio sull’utilità del tirocinio. Mi hanno risposto che: “Il tecnico della riabilitazione psichiatrica, affiancando figure come assistenti sociali, educatori e psicologi, nell’ambito di strutture pubbliche o private, assiste allo svolgimento dell’anamnesi

del paziente e successivamente si occupa dell’organizzazione di progetti specifici ed individualizzati. La prima mansione consente all’equipe assistenziale - riabilitativa di comprendere la storia del paziente, i disagi sociali, che affronta quotidianamente, e le vicissitudini familiari. La seconda mansione punta a riabilitare il paziente e a consentirne il reinserimento sociale. A nostro avviso il tirocinio è l’attività formativa che meglio appronta noi studenti ad affrontare la realtà lavorativa futura. Esso si svolge presso i reparti di psichiatria, neuropsichiatria e i centri di salute mentale. In seguito alla nostra esperienza, affermiamo che il tirocinio nelle strutture extrauniversitarie, quindi nei centri di recupero e di salute mentale, è il più utile e formativo, poiché qui si offre agli studenti la concreta possibilità di creare progetti riabilitativi a breve termine, ad esempio musicoterapia, cineforum, organizzazione di eventi sportivi ecc. In generale ogni ora passata a svolgere tirocinio è fondamentale, dal momento che si comprende come approcciarsi alle diverse tipologie di pazienti e alle loro complesse problematiche. Ragazzi, badate bene che non è poco! I contesti in cui lavoreremo in futuro ci porteranno a misurarci e a dover gestire le personalità estreme e a vivere situazioni ad alta tensione; ne consegue la necessità di essere fortemente preparati. Un consiglio, che vorremmo dare ai lettori e soprattutto alle matricole, è di non mollare alle prime difficoltà… inizialmente sarà arduo adattarsi, da subito si verrà in contatto con personalità schizofreniche o dalle personalità multiple, pazienti con scompensi o tossicodipendenti o affetti da DCA ecc., talvolta consapevoli della loro patologia e quindi collaboranti, altre volte restii a qualsiasi trattamento e aiuto, quindi assolutamente non collaborativi. A nostro avviso il segreto è avere passione e interesse”.

Prosegue sulla prossima pagina...


Pagina 5

Terminata questa intervista mi sono interessata al tirocinio svolto dagli studenti del cdl in logopedia; a tal proposito ho intervistato Benedetta Lorusso, studentessa iscritta al secondo anno di logopedia. Mi ha riferito che “ il tirocinio formativo di logopedia si compone di 250 ore al primo anno, 500 al secondo e 750 al terzo anno, da svolgere presso i reparti di otorinolaringoiatria e neurologia dalle 9:00 alle 13:00. Da subito, siamo divisi in gruppi da quattro persone, che ogni mese sono assegnate a reparti diversi. Durante il tirocinio si è affiancati da medici e logopedisti altamente competenti e professionali, che oltre a spiegarci e mostrarci in cosa consisterà il nostro futuro lavoro, ci consentono di attuare ciò che abbiamo imparato durante le lezioni. Questo non è fine a se stesso, poiché è oggetto di valutazione da parte di ogni responsabile di ogni reparto. Ognuno di essi, infatti, redige dei giudizi su ogni tirocinante, che, al termine delle ore di tirocinio, andranno a sommarsi e a determinare un voto, che sarà riportato sul libretto universitario e sarà considerato come un voto di qualsiasi altro esame. La nostra vita in reparto consiste nell’assistere alle sedute logopediche, durante le quali si prende atto del referto rilasciato dal medico e si attua anamnesi del paziente. Questa prima fase è molto importante per l’inquadramento del paziente e della sua patologia, di come essa caratterizzi la quotidianità del soggetto e se sia fonte di disagio sociale. Questo è possibile, poiché il paziente è libero di parlare di sé e della sua vita, sotto la guida di personale altamente qualificato. Successivamente il logopedista studia, elabora e fa sì che il paziente attui esercizi mirati a migliorare la propria condizione. Le patologie a cui possiamo porre rimedio sono molteplici. Si va dalla semplice balbuzie alla disfagia, inoltre la medesima patologia può avere origine diversa: neurologica, funzionale, sistemica o addirittura psicologica. A tal proposito ricordo il caso più interessante che abbiamo affrontato, ovvero un caso clinico, in cui il paziente, in concomitanza ad un percorso di transizione sessuale, stava attuando un percorso di transizione vocale. In parole povere il paziente, soggetto dalla nascita di sessualità maschile, stava attuando un percorso per assumere il più possibile una sessualità femminile, affinché ciò fosse il più completo possibile, era opportuno che anche la sua voce fosse il più possibile femminile.

Quindi la logopedista, che abbiamo affiancato in quel periodo, stava svolgendo un lavoro estremamente delicato, complesso e arduo. Una delle difficoltà era il fatto che il paziente aveva necessità di mantenere, almeno di giorno, sembianze maschili. Questo in seguito a necessità lavorative, terminata la giornata lavorativa, il paziente assumeva, per quanto possibile, un aspetto femminile. A questo suo stile di vita doveva adattarsi anche la sua voce, che sarebbe dovuta divenire permanentemente femminile, ma il cui processo era fortemente rallentato dall’esigenza di mantenerla maschile durante il lavoro. Da ciò derivava la problematica che il paziente non riusciva ad adattarsi e a riconoscersi in nessuna delle due voci. A mio avviso è stata un’esperienza molto costruttiva e formativa da vivere. Spero di poterne rivivere delle altre simili in futuro e soprattutto lo auguro anche a voi”.

Nella successiva intervista, vi parlerà la neolaureata in tecniche della perfusione cardiovascolare, Valentina Pugliese: “ ciao a tutti! A differenza degli altri intervistati, io ho terminato il mio corso di studi all’università di Bari e attualmente svolgo un’esperienza lavorativa presso una clinica privata, nell’attesa di iniziare un master a Padova. Per quanto concerne il tirocinio formativo universitario, lo ricordo ancora con molto piacere. Innanzitutto è bene chiarire che la nostra presenza in sala operatoria, durante gli interventi, è decisiva. Il ruolo del perfusionista è gestire ed effettuare assistenza Ecmo e atrio-ventricolare, durante gli interventi cardiochirurgici. Inoltre, possiamo essere impiegati nei centri di raccolta sangue, per gestire i macchinari di autotrans o in dialisi. Insomma siamo i diretti responsabili della sopravvivenza del paziente, nel momento in cui esso è soggetto a perfusione extracorporea. In seguito alla mia esperienza, posso affermare che il tirocinio è utilissimo e indispensabile! Non è assolutamente concepibile che ci si cimenti nella gestione di attrezzature così delicate e fondamentali alla sopravvivenza del paziente, senza avere un’eccellente preparazione di fondo. A tale scopo è

bene che i tutor assegnati agli studenti siano accorti e attenti alla formazione pratica di ogni studente. Premesso ciò vorrei parlare un po’ dell’organizzazione del tirocinio formativo. Esso si svolge da subito nella sala operatoria del reparto di cardiochirurgia, locato presso il complesso A. Sclepios. Qui sono presenti due sale operatorie, frequentate dagli studenti, in seguito alla determinazione di turni. Si può scegliere di effettuare tirocinio durante le lezioni, o al termine di esse, quindi in concomitanza alla preparazione degli esami. È bene che, durante gli interventi, non ci siano più di due allievi e un tutor in sala, e soprattutto è obbligatorio indossare divisa, guanti, cuffie, copri scarpe e maschera, tutto deve essere assolutamente sterile, come ogni suppellettile e attrezzo presente in sala. Il primo anno si frequenta l’antisala, dove si apprendono nozioni teoriche e si acquista dimestichezza con le componenti dei macchinari, che il perfusionista stesso assembla ad ogni intervento e provvede a disassemblare al termine. Il secondo anno si acquista la capacità di gestire la circolazione con i primi approcci ai materiali e ai macchinari. Il terzo anno si è in grado di dirigere e gestire autonomamente una perfusione extracorporea, si entra in contatto con il paziente in terapia intensiva per valutarne lo svezzamento e infine si impara a gestire l’Ecmo (macchinario di assistenza cardiopolmonare). Non vi nasconderò di aver trovato il tirocinio molto stancante e soprattutto carico di tensione. Continua a Pag 6...


Pagina 6

Ma è sicuramente una delle esperienze più utili e gratificanti che possiate vivere. Ricordo ancora ora quando un giorno, mentre ero nel reparto di cardiochirurgia, fui avvicinata da un paziente, che iniziò a ringraziarmi e a presentarmi la sua famiglia. Quando gli chiesi il perché di tutto ciò, rispose che qualche settimana prima aveva subito un intervento di by-pass e che ero lì a gestire la sua perfusione extracorporea. E dato che il macchinario che controllavo gli aveva suscitato timori, aveva fissato il mio volto, fino a quando l’anestesia glielo aveva consentito, chiedendosi se li avrebbe mai riaperti.”

Dopo questa commovente storia, mi sono occupata di raccogliere informazioni su un altro tirocinio formativo ad alto tasso di emotività, ovvero quello svolto dal cdl in ostetricia. Me ne ha parlato Mariangela Squicciarini, dicendo che: “Il tirocinio di ostetricia si svolge prettamente nella clinica ostetrico-ginecologica. Il primo anno si frequentano i reparti e gli ambulatori presenti, come quelli di ecografia, colposcopia, fecondazione assistita, oncologia e neonatologia. Le nostre mansioni sono di tipo infermieristico, in reparto, e di affiancamento all’ostetrica di turno, in ambulatorio. Il secondo anno si frequenta la sala operatoria, dove ogni studente è affiancato quotidianamente da un’ostetrica. Durante questo anno si impara ad allestire il tavolino sterile (suppellettile su cui è posto tutto l’occorrente per il parto) e si svolge l’attività di strumentalizzare l’intervento, affiancando il ginecologo. Al terzo anno si lavora in sala parto, affiancati singolarmente dalle nostre ostetriche di riferimento. Queste, inoltre, valutano, in base alla preparazione dell’allievo e in base anche a una propria predisposizione, quanto lo studente debba intervenire durante il parto. Il nostro ruolo a tirocinio è attuare manovre, fare prelievi e iniezioni, gestire le flebo, imparare a riconoscere la posizione del feto, sostenere colloqui e anamnesi con le pazienti, effettuare tracciati e all’atto del parto effettuare i tagli (eccetto il taglio cesareo). Da subito, siamo divisi in due gruppi, che si alternano nei reparti e negli ambulatori. Svolgiamo tirocinio dalle 7:00 alle 14:00 o dalle 14:00

IL POLIFUNGIORNALE

alle 20:00, fino al raggiungimento delle ore. Dopo di che si sostiene un esame, in cui si è valutati da una commissione composta da coordinatore e ostetrica”. Sicuramente il tirocinio è stressante, soprattutto perché deve conciliarsi con le lezioni e lo studio, inoltre si vive a stretto contatto con la figura professionale che si sarà dopo qualche anno, e ciò garantisce di poter sperimentare in prima persona le difficoltà, i rischi, l’impegno, ma anche la soddisfazione di questa professione. Credo, senza ombra di dubbio, che sia l’attività più interessante e a più alta carica emotiva che si possa vivere. A tal proposito, ricordo un’esperienza vissuta lo scorso anno. Durante una giornata di tirocinio presso il reparto di fecondazione assistita, ho incontrato due coniugi nei cui occhi era più che palese il desiderio di avere un figlio. Avrebbero dato l’anima pur di diventare genitori. Allora furono elencati loro gli accertamenti da fare, prima di poter cominciare la terapia. Qualche tempo dopo, gli stessi coniugi tornarono con gli esami effettuati, ma il medico disse loro che non si poteva procedere con l’inseminazione, in quanto la sterilità della coppia era determinata da una formazione neoplastica, ad uno stadio primario, presente negli organi riproduttivi dell’uomo. La moglie allora ringraziò tutto il personale che li aveva seguiti fino a quel momento e, seppur con aria affranta, confessò che sarebbe stata eternamente grata al bambino che non avrebbero mai avuto, perché il solo desiderio di concepirlo, aveva salvato la vita a suo marito.” In seguito ho colloquiato con Antonio Montrone, studente del cdl in tecniche audioprotesiche. Egli mi ha illustrato come si svolge il tirocinio presso il suo corso di laurea.

:”Salve ragazzi!Prima di tutto di tutto vorrei augurarvi in bocca al lupo per tutto, e soprattutto vorrei consigliarvi di vivere al meglio gli anni dell’università, perché sono unici ed irripetibili. Premesso ciò, cercherò di illustrarvi al meglio e brevemente il tirocinio, che si svolge preso il mio corso di laurea. Premettendo che sono circa 500 ore di tirocinio formativo all’anno ed esso si svolge prettamente presso strutture e centri per la costruzione, manutenzione e pulizia di protesi per l’udito, convenzionate con l’università. A differenza dei tirocini degli altri corsi di laurea, noi non siamo a stretto contatto col paziente, in quanto il nostro ruolo è quello di costruireadattare protesi, dopo aver preso visione della prescrizione medica, di garantire assistenza tecnica, qualora vi fossero problemi funzionali, regolare audio e componenti protesici, controllare e pulire periodicamente le protesi. Durante questi anni, ho collaborato direttamente con molti audio-protesisti impiegati nelle strutture di riferimento. Inizialmente il tirocinio può presentarsi noioso ed inutile, poiché il nostro ruolo è solo prestare attenzione alle mansioni svolte dall’audio-protesista, a cui siamo stati affidati. In seguito, solo dopo aver dimostrato interesse, buona preparazione teorica, competenza, attenzione ed assiduità, è consentito prendere parte allo svolgimento del lavoro quotidiano. A mio avviso, il tirocinio è un’esperienza altamente formativa, per la quale sono necessarie pazienza, dedizione e preparazione teorica. Pertanto sono dell’opinione che, esso andrebbe svolto al termine degli studi, come coronamento di un’impeccabile preparazione. Tuttavia, in seguito all’attuale strutturazione del programma di studi Continua a pag 7


Iniziativa realizzata con il contributo del fondo per le attività culturali e sociali autogestite degli studenti

Pagina 7

L’utilità del tirocinio... e tirocinio, posso solo consigliarvi di munirvi di pazienza e caparbietà. Termino questo mio breve excursus, dicendovi che è l’esperienza migliore che si possa vivere, perché, frequentando il tirocinio, è possibile vedere l’iniziale atteggiamento restio dei pazienti, nel momento in cui sono in procinto di indossare una protesi, a cui consegue stupore e gioia, dopo averla indossata. Questo, perché, grazie al nostro lavoro, hanno la sensazione di rinascere. Quel mondo da cui erano stati tagliati fuori e di cui ricordavano solo vari echi, ora ritorna a riabbracciarli e a riaccoglierli, attraverso i suoi suoni e rumori.” Dopo il tirocinio degli audio protesisti, ho pensato di informare me e voi circa il tirocinio formativo, svolto dagli studenti del cdl in tecniche della prevenzione degli ambienti e dei luoghi di lavoro, a tal proposito, mi sono rivolta a Henri Loreci, studente del terzo anno del medesimo corso di laurea: “ Ciao a tutti e benvenuti! Allora il nostro tirocinio è di circa 500 ore all’anno. Esso si svolge presso strutture ed enti, che attuano controlli ed ispezioni presso i luoghi di lavoro. I compiti del tecnico della prevenzione sono attuare ispezioni presso gli ambienti lavorativi, rilasciare autorizzazioni, ispezioni ambientali, permessi allo scarico ed attività di sportello, ovvero metterci a disposizione di tutti coloro che necessitano di informazioni per avviare un’attività commerciale. I compiti da svolgere, durante la giornata lavorativa ci sono dati dal direttore dell’ufficio. Durante il tirocinio, ognuno di noi è affidato ad un tutor, che segue mentre quest’ultimo svolge le sue mansioni giornaliere. La nostra futura professione e la nostra attività di tirocinio è molto diversa da quelle degli altri corsi di laurea, perché noi non siamo a stretto contatto con i pazienti e con le loro problematiche, pertanto non viviamo esperienze altamente emotive. Le nostre attività sono molto routinarie e ripetitive, ma intrise di responsabilità, in quanto siamo i diretti responsabili del rispetto delle norme igienico-sanitarie, che garantiscono la sicurezza e la qualità del prodotto al consumatore. Pertanto ci è richiesta massima professionalità ed inflessibilità, ed ahimè questo fa si che talvolta decretiamo la chiusura di un esercizio, qualora questo non rispetti a pieno le norme igienico-sanitarie. Concludo dicendo che, personalmente, considero il tirocinio, l’esperienza e l’attività formativa più interessante e divertente, oltreché altamente professionalizzante che si possa svolgere. Concludo augurandovi un immenso in bocca al lupo! ” Infine, vorrei concludere parlandovi del tirocinio che conosco meglio, ovvero quello del cdl in dietistica. Dunque, il nostro tirocinio consta di circa 400 ore il primo anno, 500 il secondo e circa 700 il terzo. Sebbene, si potrebbero svolgere in moltissimi reparti, in quanto la nostra figura professionale è presente nella maggior parte di essi, tuttavia la concreta possibilità di frequentarli è a discrezione dei singoli docenti. Durante i miei anni di studio, ho avuto modo di svolgere il tirocinio formativo presso il reparto di geriatria, l’ambulatorio di ipertensione, i diversi reparti di endocrinologia, l’ambulatorio di diabetologia, l’ambulatorio di nutrizione clinica, ed infine presso il reparto di nefrologia. È possibile frequentare il tirocinio in gruppi di due o tre persone. Il nostro tirocinio, generalmente, consiste nell’assistere alla visita ed all’anamnesi del paziente, effettuate dal medico. Prendere atto di quelle che sono le patologie del paziente attraverso i referti medici e le analisi. In seguito, valutiamo lo stato nutrizionale del paziente, effettuiamo un’indagine alimentare, prestando attenzione alle abitudini di alimentazione in relazione a qualità degli alimenti e distribuzione dei pasti nell’arco della giornata, prendiamo atto dello stato metabolico del paziente ed, infine, elaboriamo il migliore piano alimentare da proporre, in relazione alle reali necessità del paziente ed alle sue aspettative. Siamo affiancati da diverse figure medici, dietisti e biologi. Il mio parere riguardo questa straordinaria esperienza formativa, è che essa ci offre la possibilità di apprendere ed imparare la parte tecnica della figura professionale, che un giorno rappresenteremo. Ogni ora spesa a tirocinio è intrisa di esperienze, emozioni e nozioni utili, oltre che indispensabili alla nostra futura professione. Come è stato ribadito più volte, anche nel mio tirocinio è fondamentale un’eccellente formazione teorica, che a mio avviso, non si acquista con il mero superamento dell’esame, ma studiando e apprendendo con massimo interesse e passione ogni singola nozione, anche la più inutile. Questo perché il nostro compito è cambiare lo stile di vita del paziente, laddove esso risulti essere dannoso per il medesimo, in quando lo esponga alla possibilità di sviluppare patologie o complicare la sua condizione clinica. A tal proposito, è bene tener presente che questo è un arduo compito, poiché lo stile di vita di ognuno di noi, di conseguenza anche le abitudini alimentari, sono il risultato delle nostre vicissitudini, possibilità socio-economiche, preferenze e dei nostri impegni. Ne consegue che esse siano una parte di noi. Da qui, dunque, la difficoltà di ognuno a rinunciarvi, difficoltà che si acuisce nei pazienti, poiché spesso affetti da patologie. Pertanto essi si mostrano, da subito, restii e contrari a qualsiasi nostro intervento. Come ho avuto modo di constatare, il miglior modo di affrontare tutto ciò è quello di avere umiltà e un bagaglio culturale, dunque una preparazione tecnico-scientifica, indiscutibile e solida. Queste ultime sono caratteristiche, che solo le attività teoriche possono fornirvi. Termino augurandovi di iniziare al meglio questa fantastica avventura e soprattutto col monito di non farvi scoraggiare dalle prime difficoltà. Paola Acquaviva


LA CELIACHIA : SULLA STRADA DELLA RISOLUZIONE

Studenti per… ha presentato

La celiachia è la più frequente intolleranza alimentare umana scatenata, nei soggetti predisposti, dal glutine. A concorrere allo sviluppo della malattia sono sia fattori genetici che ambientali: si ritiene, infatti, che più del 30% delle persone affette, siano portatori dei geni DQ2 e DQ8. Questi geni codificano per le rispettive molecole del sistema HLA e questo porta a creare un danno immuno-mediato e un disturbo nell’assorbimento dei nutrienti. Tra le manifestazioni cliniche si possono avere sintomi gastrointestinali, con diarrea cronica, ritardo nella crescita, dolori addominali, vomito. Questa forma di manifestazione è considerata quella classica e tende a manifestarsi intorno ai 2 anni di vita. Manifestazioni in età più avanzata comportano sintomi non gastrointestinali come aborti ricorrenti nelle donne, aftosi orali, dermatite, artrite, anemie, smalto dentario rovinato (spesso unico sintomo) e osteoporosi. Vi sono, poi, altre forme di manifestazione della malattia come quella silente (con possibili sintomi sfumati) e quella latente (con una assenza completa di sintomi).

“IL POLIFUNGIORNALE” A cura dell’Associazione “Studenti Per…” E-mail: studenti.x.medicina@hotmail.it Tel: 080 5478612 Seguici su Facebook e anche su Twitter!!

La redazione: Rosina Ianira Greco Maria Francesca Ronco Paola Acquaviva Paolo Giordano Nicolangelo Diomede

La malattia celiaca si riscontra principalmente in soggetti con alterazioni genetiche quali sindromi di Down o di Turner o in soggetti con altri parenti celiaci. Inoltre la malattia celiaca, diagnosticata tardivamente, si associa ad un elevato rischio di sviluppare malattie autoimmuni quali, ad esempio, il diabete. L’eliminazione del glutine dalla dieta non comporta una risoluzione di queste malattie autoimmuni. Grazie a complessi studi si crede che, nel giro di pochi anni, si possa trovare una terapia che non miri solo ad eliminare il glutine dalla dieta per avere un normale riassesto dell’intestino ma, invece, che si basi sull’utilizzo di enzimi prodotti da ceppi batterici e fungini, che idrolizzino il glutine tanto da eliminare l’intolleranza alla base. Maria Francesca Ronco (III anno riabilitazione psichiarica)

STUDENTI PER… LE CONVENZIONI! L' associazione Studenti Per.. oltre a occuparsi dell' aspetto didattico e amministrativo della nostra facoltà, si è impegnata a cercare agevolazioni e convenzioni con diverse attività commerciali. Le convenzioni di cui potete usufruire sono: -Panificio Fracchiolla, in via Petrera 26, consumazioni di focaccia, panini, primi, insalate e bevande a costi davvero convenienti (al massimo 3 euro!!) -Tutti i giovedí sera presso Tanaliberatutti 3 menú speciali per noi studenti. -20% di sconto su tutte le consumazioni presso il ristorante greco Zorbae. -Un esclusivo accordo con gli Adidas Store di Bariblu, Brindisi e Lecce. -20% di sconto su tutti gli articoli presso la Sanitaria Brigida in p.zza G. Cesare Per maggiori informazioni consultate il nostro sito www.studentiper.com, ma sopratutto non dimenticatevi di ritirare la nostra Fidelity Card convenzionata con la Copisteria Campione grazie alla quale potrete accedere alle convenzioni e accumulerete punti che vi permetteranno di ricevere stampe e copie omaggio.


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.