UNIVERSITÀ DEGLI STUDI
FIRENZE
Scuola di Architettura
LA CHIESA DI MERYEMANA IN GÖREME, TURCHIA Musealizzazione virtuale attraverso la stampa 3D e la realtà aumentata
Relatore
Prof. Arch. Giorgio VERDIANI Laureando
Carlo GIRA
Correlatori
Dott. Andrea ALIPERTA Arch. Filippo SUSCA
Anno Accademico 2013 - 2014
Ai miei Genitori
INDICE : PREMESSA
4
I. LA CAPPADOCIA Storia e cultura della Cappadocia Arte ed Architettura
5
II. MERYEMANA KILISE Lo spazio per il culto Analisi delle decorazioni Pier Paolo Pasolini, Medea
19
III. DIGITAL HERITAGE Strumenti e metodi di acquisizione Strumenti e metodi di rappresentazione
43
IV. RAPID PROTOTYPING Lo stato dell’arte Selective Laser Sintering (SLS) Il modello di studio Additive Architecture: esempi e progetti in grande scala
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V. AUGMENTED REALITY Realtà Aumentata nell’architettura e nei musei La Chiesa di Meryemana virtuale
87
CONCLUSIONI
106
ABSTRACT
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PREMESSA Nell’ambito della documentazione e conservazione delle eredità culturali architettoniche, scultoree ed archeologiche, la ricerca scientifica ad esse dedicata ha sviluppato negli ultimi anni l’uso di moderne tecniche di rilievo (laser scanning e photogrammetry) per la produzione digitale di modelli tridimensionali finalizzati all’elaborazione di nuove riflessioni e studi, oltre che per la loro divulgazione. L’aumento della varietà di software e hardware disponibili sul mercato, unito alla loro eccezionale velocità di sviluppo qualitativo e funzionale, ha incrementato l’interesse di studenti e ricercatori su queste tematiche. In virtù di questi mutamenti, in una prospettiva di rapida obsolescenza delle tecniche utilizzate, la ricerca scientifica richiede di procedere con una visione più ampia rispetto al passato. In quest’ottica sono qui individuate le linee guida per la realizzazione di un progetto finalizzato alla conservazione di un bene storico architettonico di estremo valore culturale, che, oltre ad essere tuttora inaccessibile al pubblico, rischia di andare perduto per sempre. Individuando i processi d’innovazione delle tecniche di rappresentazione, in questa tesi si è volutamente evitato di approfondire nel dettaglio le modalità della realizzazione del progetto. Tenendo conto delle limitazioni degli hardware utilizzati, si propone infatti di mettere in relazione le odierne tecnologie di computer grafica e prototipazione rapida in prospettiva del loro futuro progresso, definendo una soluzione che oltre ad essere ad oggi realizzabile, preveda di essere migliorabile. 4
Capitolo 1 LA CAPPADOCIA
01
LA CAPPADOCIA
Capitolo I La Cappadocia (un nome che oggi non corrisponde ad alcuna realtà amministrativa) è situata nel cuore della Turchia (Fig. 1.1), precisamente nell’Anatolia centrale. È meglio conosciuta per la bellezza caratteristica dei suoi paesaggi scolpiti dalla secolare erosione delle rocce vulcaniche. L’attività eruttiva dei massicci vulcanici, l’Erciyes Daği (3.916 m) e l’Hasan Daği (3.258 m), è infatti all’origine degli spessi strati di tufo che ricoprono l’antico altopiano anatolico. Pianure di residui vulcanici e tavolati si alternano a gole, coni, corrugamenti, pinnacoli, piramidi e camini delle fate 1 (Fig. 1.2), formando uno scenario naturale fuori dal comune. La morfologia e le condizioni geologiche del luogo hanno dato vita ad un tipo di architettura rupestre che, per la sua caratteristica di essere scavata nella roccia, quindi non in muratura, si è meglio conservata nei secoli. Malgrado i molti crolli dovuti alla fragilità di queste rocce sedimentarie, ed alla loro repentina erosione, molte opere architettoniche risalenti anche a più di un migliaio di anni fa sono tuttora visitabili e in buono stato conservativo (Fig. 1.3). Storia e cultura della Cappadocia Essendo stata provincia dell’Impero Romano (dal 17d.C.), la Cappadocia divenne fin dal terzo secolo uno dei maggiori centri della teologia Ortodossa. In questi luoghi nacquero tre dei padri del Cristianesimo: Basilio il Grande 2, Gregorio Nazianneno (il Teologo) e Gregorio di Nissa, che contribuirono ad ampliare l’influenza spirituale in questa regione. Vi si sviluppa allora un’architettura religiosa, testimoniata per lo più da fonti scritte, in quanto di quell’architettura paleocristiana ad oggi restano solo alcune rovine. Sono eretti parecchi martirya, e in una lettera Gregorio di Nissa menziona il gran numero di Santuari esistenti in Cappadocia. All’epoca paleocristiana risalgono alcune chiese in muratura, come la basilica di 7
La Cappadocia 1.1 La Cappadocia 950 d.C. (Fonte: The Department of History, United States Military Academy)
1.1
1.2 I Camini delle Fate (Foto: Yone) 1.3 Castello di Uรงhisar (Fonte: zpravyzlondyna. blogspot.it)
1.2
1.3
8
Capitolo I Eski Andaval, presso Niğde, e rari monumenti rupestri, come la basilica interrata di Maçan o quella di S. Giovanni Battista di Çavuşin. La storia della Cappadocia cristiana non si lega a quella di Costantinopoli, ma s’intreccia piuttosto con quella delle contigue regioni transcaucasiche, Armenia e Georgia. Pertanto è possibile individuare un periodo pre-islamico, che dura fino alla metà dell’VII secolo, senza soluzione di continuità con l’età antica, in cui la Cappadocia, situata nel cuore dell’impero bizantino, era una provincia popolosa e ricca. Nel V sec. la regione subisce le incursioni degli Tzanni, degli Isaurici e, all’inizio del VI sec., degli Unni. Si edificano infatti delle fortificazioni attorno ai principali centri, che sotto Giustiniano I (527 - 565) vengono restaurate. Lo stesso imperatore fonda poi la città di Mokisos, che verso il 535 è elevata al rango di grande metropoli di una nuova provincia ecclesiastica. Nel 561 sono poi i Persiani che contendono il controllo della regione, invadendo e impadronendosi di Sebaste (575) e Cesarea (611). È proprio in questo periodo che, grazie alle peculiarità geologiche del sito, si sviluppa sempre di più l’usanza di nascondersi nel sottosuolo per motivi difensivi. Si scavano intere città sotterranee, in particolare quelle di Derinkuyu e Kaymakli, lungo la strada che da Nigde conduce a Nevsehir. La loro realizzazione avrebbe risposto alle esigenze delle popolazioni locali dei secoli VI-VIII, soprattutto cristiane, minacciate dalle incursioni di bande di arabi (anche se alcune ipotesi, in verità non suffragate da documentazione certa, le vorrebbero risalenti al periodo ittita). Il complesso di Derinkuyu (Fig. 1.4) si sviluppa nel sottosuolo per nove livelli (anche se recenti studi ne attribuirebbero altri due) che presentano una serie interminabile di tunnel per una lunghezza pari a circa trenta chilometri. Visto in sezione, l’insediamento affonda fino a cento metri nel sottosuolo, e poteva ospi9
La Cappadocia tare fino a 25.000 persone. Il complesso di Kaymakli (Fig. 1.5) invece è composto da sette livelli abitabili anche da 20.000 persone. Il ritrovamento di luoghi come recinti per gli animali, di sistemi di areazione e di impianti per il rifornimento d’acqua lasciano pensare che la popolazione che ci viveva è rimasta anche per lunghi periodi. Le incursioni Arabe, dopo un breve periodo di equilibrio con le forze bizantine, ricominciano e si intensificano dall’inizio del IX sec., ma malgrado l’instabilità della frontiera orientale, la Cappadocia resta un territorio bizantino , fortemente militarizzato. Stabilità relativa che dura fino all’arrivo dei Turchi nell’XI secolo. I Selgiuchidi (una confederazione di tribù dei Turchi dell’Asia Centrale come gli Ottomani che abbatterono l’Impero bizantino nel 1453) vincendo la battaglia di Manzikert nel 1071 si insediano e procedono alla conquista del territorio spingendo le popolazioni greco-bizantine cristiane verso la costa ionica con il passare dei secoli. Dopo la presa di Cesarea nel 1082, i Selgiuchidi diedero inizio a una grande espansione urbanistica nella regione, costruendo moschee a Cesarea, Aksaray, Niğde e in altre città. Nei secoli successivi, i Selgiuchidi, respinti in Anatolia centrale nel 1097, durante la prima crociata, con la presa di Nicea (capitale selgiuchide), posero le radici di quello che, dal XV secolo, sarebbe sorto come Impero Ottomano. Malgrado questi progressi di islamizzazione del territorio, i greci e i cristiani erano ancora numerosi, e molti villaggi ospitavano una popolazione mista. La storia religiosa della Cappadocia sarà sempre travagliata dalla sua condizione di terra di confine dell’impero. Divenne il luogo dove si confrontarono l’ortodossia e le eresie più pericolose, gli iconoclasti e gli iconoduli, i cristiani e il nascente 10
Capitolo I 1.4 Il complesso di Derinkuyu (Fonte: bindiribli.ro) 1.5 Il complesso di Kaymakli (Fonte: whoy.ru)
1.4
1.6 Tokali Kilise (Fonte: turkeytour.com)
1.5
1.6
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La Cappadocia Islam. Continuò anche dopo la sua caduta in mano alle truppe turche la sua fiera guardia alla fede cristiana che cederà solo con il tempo e la mancanza del suo antico riferimento, Costantinopoli. Un’ultima rinascita dei monumenti si manifesta infatti nel XIX secolo e all’inizio del XX, prima del definitivo allontanamento dei greci, durante i quali vengono scavate affascinanti opere rupestri e costruite grandi chiese decorate con pitture e mirabili i affreschi. Arte ed Architettura La tradizione architettonica della Cappadocia nasce dai numerosi vantaggi legati alla caratteristiche isolanti del tufo vulcanico. Non solo i luoghi sacri infatti, ma anche granai, abitazioni e addirittura interi insediamenti rupestri, risalenti all’epoca medioevale, sono stati rinvenuti negli anni. La tecnica dell’escavazione si adattava all’ambiente fisico e a quello economico, in quanto non richiedeva particolari tecniche costruttive né particolari macchine da costruzione. Nonostante nessun testo ne descrive la tecnica, i procedimenti che sono ancora oggi in uso, ne consentono una semplice ipotesi. In primo luogo era necessario scavare un tunnel fino al centro della sala da realizzare, che in seguito veniva ampliata scavando dal basso verso l’alto, ricordandosi di preservare colonne o pilastri previsti al centro. Tramite poi supporti di legno ed impalcature si scavavano le parti alte e per ultimo si intagliavano, all’occorrenza, i dettagli e le decorazioni architettoniche. Le tipologie architettoniche per le chiese rupestri che si susseguono dal secolo IV-V al secolo XII o XII presentano sono molteplici. La più antica forma è la basilicale, a tre navate (Çauṣ In), a navate rettangolari semplici o doppie (Sant’Eustachio a Göreme), a croce libera, a croce inscritta in un quadrato (dopo la fine 12
Capitolo I del sec. X: Karanlek Kilise a Göreme). Un’altra tipologia è quella ad una navata di forma rettangolare, meno lunga che larga, coperta da una volta a botte con asse perpendicolare a quello della chiesa. L’esempio più bello di questo tipo si trova a Göreme, nella seconda parte della Tokali Kilise 3 (Fig. 1.6)W: questa chiesa aveva in principio un’unica navata rettangolare con un’abside, venne modificata poi in navata trasversa a tre absidi. Le chiese e i monumenti della Cappadocia sono rilevanti non solo per la loro architettura, ma anche e soprattutto per le decorazioni. All’esterno presentano, ma solo in alcuni casi, delle decorazioni molto semplici, di solito al disopra della porta: un arco a sesto rialzato e talvolta una serie di archi più piccoli e di egual forma. La decorazione degli interni invece si componeva soprattutto di scene della vita di Cristo e, più di rado, delle vite dei santi, nonché di figure isolate, dipinte in piedi o in medaglioni. Solo durante l’epoca iconoclasta la decorazione fu principalmente, benché non esclusivamente, di tipo lineare e floreale 4. Durante il X secolo, e all’inizio dell’XI, le scene evangeliche formano fregi continuati, in cui le figure si susseguono ininterrottamente da sinistra a destra. I soggetti sono trattati in modo aneddotico, poiché una scena è spesso composta di parecchi episodi, con ricerca di particolari concreti e di gesti espressivi e vivi. Molti soggetti, soprattutto per la storia della Madonna e dell’infanzia, passione e risurrezione di Gesù, sono ricavati dai vangeli apocrifi. Nel sec. XI si fa sentire, così nella pittura come nell’architettura, l’influenza bizantina. Le scene non formano più un racconto continuato, ma rappresentano in altrettanti quadri separati i principali misteri di Cristo corrispondenti alle feste più solenni, raggruppate non in ordine cronologico, ma secondo l’aspetto teologico o liturgico. Il trattamento dei soggetti è diverso: meno concreto, ricorda maggiormente i grandi mosaici bizantini della stessa epoca. Il valore dal punto di vista artistico delle pitture e delle decorazioni di queste chie13
La Cappadocia se rupestri della Cappadocia risulta meno interessante se confrontato con il loro valore storico. Esse occupano infatti un ruolo fondamentale nella storia dell’arte cristiana, poiché mostrano un esempio di quell’arte monastica e popolare che, nata in Siria e in Palestina nei secoli V e VI, estese poi la propria influenza sull’Europa del Medioevo. Talvolta, specie a Roma, le pitture venivano eseguite proprio da artisti provenienti dall’oriente. I centri della produzione monastica orientale sono andati scomparendo, solo in Cappadocia possiamo trovare tale insieme così completo e coerente di queste testimonianze architettoniche.
14
NOTE 1
Con questo termine si fa riferimento alla denominazione popolare data ai rilievi rocciosi con morfologia tipicamente formata da un prisma rastremato verso l’alto di tufo (oppure limo o roccia vulcanica) sormontato da un cono dello stesso materiale ma più compatto che protegge la roccia sottostante. Queste formazioni rocciose vengono denominate fatate in quanto secondo la leggenda i massi sulla sommità furono posati da divinità celesti. 2
Basilio, vescovo di Cesarea in Cappadocia, detto Magno per dottrina e sapienza, insegnò ai suoi monaci la meditazione delle Scritture e il lavoro nell’obbedienza e nella carità fraterna e ne disciplinò la vita con regole da lui stesso composte; istruì i fedeli con insigni scritti e rifulse per la cura pastorale dei poveri e dei malati; morì il primo di gennaio. Gregorio, suo amico, vescovo di Sásima, quindi di Costantinopoli e infine di Nazianzo, difese con grande ardore la divinità del Verbo e per questo motivo fu chiamato anche il Teologo.
3
O Chiesa dell’Anello, è la più grande ed interessante chiesa di Göreme, deve il proprio nome ad un anello fissato sul soffitto. 4
L’attribuzione all’epoca dell’iconoclastia delle decorazioni di alcune chiese della regione sono ancora oggi oggetto di discussione. Fra i rari complessi che sono stati associati all’iconoclastia, citiamo innanzitutto la decorazione di una chiesa funeraria della valle di Kurt Dere (vicino al villaggio di Karacaören), nei dintorni di Ürgüp, che consiste solo in croci e
motivi ornamentali (alberi e racemi). Lo studio del vocabolario ornamentale e dell’epigrafia suggerisce di collocare nell’VIII secolo questa decorazione che esalta la croce, ma dato che l’aniconismo e la staurofilia (predilezione per l’immagine della croce) erano tradizionali nell’arte funeraria, non possiamo essere certi della sua ispirazione iconoclastica. D’altronde poco lontano , nello stesso sito, un’altra chiesa, pressappoco coeva, coserva sulla parete orientale della navata un programma figurativo: un ritratto di san Basilio e una rappresentazione della visione di sant’Eustachio. La contemporaneità dei due gruppi di pitture, aniconiche da un lato, figurative dall’altro, invita dunque ad una certa prudenza nel definire iconoclastiche le prime.
BIBLIOGRAFIA
SITOGRAFIA
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Cappadocia Turkey, www.cappadociaturkey.net
Jolivet-Lévy C., La Cappadoce médiévale: images et spiritualité, Zodiaque, 2001
Byzantine Heritage Network, www.byherinet.it
Gianluca Bertucci, Roberto Bixio, Mauro Traverso, Le città sotterranee della Cappadocia: le abitazioni ipogee, l’organizzazione urbanistica, i sistemi di difesa, le opere di regolazione idrica scavati nel sottosuolo dell’Altipiano Centrale Anatolico, documentati da quattro anni di indagini, Erga, 1995 Velmas T., La visione dell’invisibile, L’immagine bizantina o la trasfigurazione del reale, Jaca Book, 2009 Y. Hirschfeld, The Judean Desert Monasteries in the Bizantine Period, New Haven-London 1992 Ennio Concina, Le arti di Bisanzio: secoli VI-XV, Pearson Italia S.p.a., 2002 J. Patrich, Sabas, Leader of Palestinian Monasticism. A Comparative Study in Eastern Monasticism, Fourth to Seventh Centuries, Washington, 1995
Capitolo II
19
Meryemana Kilise
02
MERYEMANA KILISE 20
Capitolo II La chiesa di Meryemana (Kılıçlar Kuşluk - la “chiesa della Vergine Maria” Göreme, n°33), risalente all’XI secolo, fa parte di un vasto complesso monastico composto da decine di chiese rupestri (X-XIII sec.), oggi organizzato in un “museo all’aria aperta” 1. Collocato ad 1,5 km di distanza dal centro del villaggio di Göreme, nella valle di Kiliçlar (il nome turco significa “valle delle spade“), questo complesso contiene alcune tra le più belle chiese scavate nella roccia (Fig. 2.1; 2.2), decorate da bellissimi affreschi e pitture murali, i cui colori conservano ancora tutta la loro freschezza originaria. Il percorso per raggiungere la chiesa sovrasta la zona fertile ricca di coltivazioni, passando tra alte mura di pietra e attraversando alcune camere rupestri con frontali in rovina. Si arriva così allo spazio piano che contiene l’ingresso della Chiesa (Fig. 2.3; 2.4), ormai chiuso al pubblico da un piccolo cancello. Superato il cancello si passa per due camere, divise tra loro da un ulteriore varco che porta ancora i segni della presenza di una porta macina. L’ingresso alla chiesa è caratterizzato dal tipico arco a ferro di cavallo, una volta arricchito da pitture murali. Lo spazio per il culto Nonostante la tecnica dell’escavazione potesse offrire la possibilità di creare nuove forme architettoniche, gli artigiani della Cappadocia rimasero fedeli ai modelli bizantini. La tipologia della Meryemana corrisponde dunque a quella delle chiese bizantine in muratura. Non solo la pianta, ma anche in alzato ne riprende i consueti elementi architettonici: archi, pilastri, colonne, capitelli, cornici, volte e cupole. Questo tipo di edificio, di modeste dimensioni, corrispondeva ai bisogni limitati di 21
Meryemana Kilise 2.1 Mappa delle Chiese nella “Valle delle Spade”, Göreme, Turchia. N° 33 : Chiesa di Meryemana (Kılıçlar Kuşluk). (Fonte: Google)
QR-Code_1 Virtual Tour dell’ “Open Air Museum” Göreme, Turchia:
2.1
22
Capitolo II 2.2 Vista panoramica sulla K覺l覺癟lar Valley. (Foto: G. Verdiani)
2.2
23
Meryemana Kilise piccole comunità monastiche. La caratteristica peculiare che lo distingue dalle altre chiese della zona è la sua tipologia costruttiva: una navata trasversale coperta da due volte a botte di diverse dimensioni, senza alcun sostegno a terra. Sui muri laterali sono ricavate delle nicchie cieche, ed una panca bassa percorre le mura perimetrali del naos (fig. 2.5; 2.6; 2.7). L’enorme crepa che attraversa l’intero vano rivela le drammatiche condizioni in cui versa la Meryemana, inoltre la sequenza degli spazi mostra chiaramente un complesso sviluppo della Chiesa nel tempo. Aggressivi interventi successivi alla sua realizzazione ne hanno difatti alterato e distrutto una parte degli affreschi originali, come quello che apre il collegamento con la camera delle tombe. Ad Est del naos si aprono le tre absidi, due delle quali ancora conservate in buono stato. Quella a sud, detta diacoricon (sagrestia), è quasi completamente scomparsa e una grande apertura verso la valle permette una vista impressionante verso le vette opposte. Quella a nord, definita prothesis, accoglie lo spazio una volta usato per la preparazione del pane e del vino. Le tre absidi potevano tuttavia avere anche ruoli secondari, ad esempio venivano anche usate per le commemorazioni di santi, monaci defunti o donatori e fondatori della chiesa. Tra il bema e il naos la separazione è netta, in primo luogo una differenza di altezza, come si può notare in sezione, contraddistingue e separa i due spazi. Inoltre un corridoio con soffitto sopraelevato si apre sulla navata con una iconostasi 2 scolpita in sei archi e cinque colonne. Tre delle cinque colonne sono andate perdute, ma la parte mancante tuttavia crea una percezione asimmetrica della chiesa ed enfatizza il valore delle colonne restanti. Al di sotto del bema, nella parte destra, ci sono altri due vani secondari, strutturati uno sull’altro, probabilmente scavati in un secondo momento, prevedevano un collegamento diretto al naos mediante scale di legno. Il bema e le camere inferiori sono al di là della crepa che divide la chiesa in due 24
Capitolo II 2.3 Chiesa di Meryemana, vista esterno lato Sud. (Foto: G. Verdiani)
2.3
25
Meryemana Kilise 2.4 La Chiesa di Meryemana (snapshot dalla nuvola di punti)
2.4
26
Capitolo II 2.5 Pianta e Sezione Longitudinale Chiesa di Meryemana (rilievo dalla nuvola di punti)
2.5
27
Meryemana Kilise 2.6 Sezioni Longitudinali Chiesa di Meryemana (rilievo dalla nuvola di punti)
2.6
28
Capitolo II 2.7 Sezioni Trasversali Chiesa di Meryemana (rilievo dalla nuvola di punti)
2.7
29
Meryemana Kilise parti. Tagliando trasversalmente le due volte, la crepa scende le pareti verticali e corre lungo la pavimentazione, solo una lunghezza di mezzo metro separa i due estremi. Ogni cammino svolto quindi sul lato del bema può essere considerato pericoloso sia per la struttura che per l’incolumità del visitatore. Analisi delle decorazioni Nelle chiese della Cappadocia il legame tra architettura e pittura è molto stretto, per ogni modello architettonico (a navata unica con soffitto piatto o a volta a botte, longitudinale o trasversale, croce libera o croce inscritta) si determinano soluzioni decorative differenti. Riguardo le tecniche decorative non si hanno informazioni dettagliate. Di solito come base veniva usato un intonaco composto da calce, sabbia tufo e paglia tritata applicato direttamente sulla roccia. Nello spazio gerarchizzato rappresentato dalla chiesa di Meryemana, le immagini non hanno tutte lo stesso valore. All’estremità della chiesa, le absidi, poste sempre ad Est, rappresentano il punto focale verso cui convergono gli sguardi dei fedeli disposti nella navata, ma è anche il luogo di massima sacralità (solo il clero può penetrarvi). Le immagini devono quindi contribuire ad esaltare lo spazio liturgico, legandosi alla sua funzione. Al di sopra dell’altare dell’absidiola settentrionale un vescovo di Mira, raffigurato abbastanza raramente, san Nicandro, è rappresentato qui in grande scala, relegando ai lati, in punti poco visibili, san Basilio e san Modesto. Ciò è dovuto in particolare al suo ruolo di santo patrono del donatore, anch’egli chiamato Nicandro, rappresentato di fronte, sul muro occidentale della navata. Il corridoio trasversale, che corre davanti le absidi e fa già parte dello spazio del 30
Capitolo II santuario, presenta invece una decorazione completamente agiografica. I santi raffigurati nelle volte e sui timpani di questa parte della chiesa sono in posizione orante, con le braccia tese verso l’alto (Fig. 2.8). Una scelta iconografica che si ritiene fu dettata direttamente dal desiderio di Nicandro e di sua moglie, fondatori della chiesa, per beneficiare delle preghiere di intercessione dei santi, oltre che a quelle della Theotokos (genitrice di Dio) e del Precursore rappresentati nella Deisis absidale. Il gran numero di sante raffigurate resta tuttavia insolito, facendo ipotizzare agli studiosi che possa essere invece dovuto al ruolo della chiesa, servita forse come convento femminile. La posizione d’onore in cui sono raffigurati i ritratti di sant’Onofrio e san Zosimo, modelli di ascetismo, che sovrastano l’abside centrale e settentrionale, ma soprattutto la loro preminenza sulle sante e il loro legame con l’eucarestia ne suffragano la tesi 4. Più in basso, sulle pareti del corridoio, sono state rappresentate altre figure molto venerate: san Panteleimone, Sant’Eustachio e santa Barbara. A prescindere dalla loro paternità, queste figure, collocate sul santuario, luogo per eccellenza della presenza divina, sono nuovamente considerate, negli anni successivi al periodo iconoclasta, le mediatrici più efficaci tra l’uomo e Dio, e le loro immagini hanno il valore di icone culturali. Come d’usanza nelle chiese a pianta basilicale risalenti al X-XI secolo, la storia della salvezza ed in particolare gli eventi più significativi della vita di Cristo vengono raffigurati negli spazi delle navate. Anche nella Meryemana, sulle volte a botte del naos, davanti al santuario, la decorazione, al pari delle preghiere, delle salmodie e delle letture, agisce quasi come uno degli elementi del rituale. Le pitture, che avvolgevano i fedeli, rendevano presente sotto i loro occhi l’opera della salvezza, orientavano i loro pensieri verso Cristo, ricordando la sua missione tra gli uomini 31
Meryemana Kilise e le sofferenze che ha sopportato. I pittori, così come i teologi e la liturgia, oltre al Vangelo, usavano i racconti dei vangeli apocrifi - principalmente il Vangelo dell’Infanzia, detto tradizionalmente Protovangelo di Giacomo 5- insistendo sul ruolo di Maria, creatura umana che fu la dimora della divinità: unione con Dio a cui ciascuno è chiamato. Gli episodi del Viaggio verso Betlemme e della Natività (parte settentrionale, volta a botte lato meridionale) ricordano il ruolo di “Maria come porta attraverso la quale la salvezza è entrata nel mondo” 6. Come spesso accadeva, anche in questo caso la Natività è collocata di fronte alla scena della Dormizione della Vergine, un legame antitetico, posto ai lati della rappresentazione della Theotokos dipinta sul muro occidentale, sottolineato dall’iconografia (in entrambe le decorazioni domina la figura di Maria sdraiata su un letto di colore analogo). Sempre sulla volta a botte, lato settentrionale, la scena della Crocifissione, omessa molto raramente nelle chiese di questo periodo, raffigura un Cristo ad occhi socchiusi, al tempo stesso Dio e uomo, morto eppure vivo. Anche nel naos come nel bema altri santi, ugualmente popolari in tutto l’Impero bizantino, sono raffigurati in gruppo, i più celebri a quel tempo erano i Martiri di Sebaste, cinque di questi sono raffigurati nella parte meridionale della navata, sulla volta. Di fronte invece i cinque Martiri Persiani. Sulla parete, nelle nicchie al di sotto della volta, vi sono raffigurati Giovanni il teologo (l’Evangelista), Daniele e Giovanni Battista (Fig. 2.9, 2.10, 2.11). Un tema abituale al centro dell’iconostasi nelle chiese bizantine, si trova invece all’ingresso del santuario e raffigura la Deisis 3 (Fig. 2.12). Le pitture della Meryemana (Fig. 2.13; Virtual Tour dell’interno della chiesa: QR-Code 2-5) rappresentano per lo specialista, ma anche per il visitatore curioso, una preziosa testimonianza dell’arte pittorica del X-XI secolo. Solo nella Cappado32
Capitolo II 2.8 Interno Chiesa di Meryemana - volta e corridoio del bema. (Foto: C. Giustiniani, G. Verdiani)
2.8
33
Meryemana Kilise 2.9 Interno Chiesa di Meryemana - Naos. (Foto: C. Giustiniani, G. Verdiani)
2.9
34
Capitolo II 2.10 Interno Chiesa di Meryemana - I Cinque Martiri di Sebaste. (Foto: C. Giustiniani, G. Verdiani) 2.11 Interno Chiesa di Meryemana - I Cinque Martiri Persiani. (Foto: C. Giustiniani, G. Verdiani)
2.10
2.12 Interno Chiesa di Meryemana - Crocifissine (sinistra), Deisis (centro), viaggio verso Betlemme (destra), Sante oranti (in basso). (Foto: C. Giustiniani, G. Verdiani)
2.11
2.12
35
Meryemana Kilise 2.13 Mappa schematica delle decorazioni
Virual Tour Interno Chiesa QR-Code_2:
QR-Code_3:
QR-Code_4:
QR-Code_5:
2.13
36
Capitolo II cia infatti, in tutte le sue chiese rupestri, si possono apprezzare questi affreschi, che nelle altre regioni del mondo bizantino sono rari e spesso frammentari. Una massa documentaria copiosa, sapientemente orchestrata, che riflette una storia movimentata e ci informa sulla società, le sue credenze e pratiche religiose. Pier Paolo Pasolini, Medea Tra maggio e agosto 1969 il regista italiano Pier Paolo Pasolini girò, prevalentemente in Siria e in Turchia, il film Medea. In quest’opera cinematografica molte delle scene furono girate proprio nella chiesa di Meryemana, che nel film rappresenta il tempio dove è custodito il Vello d’oro7 (Fig. 2.14). Quest’opera ha un duplice valore, oltre a quello di contribuire all’importanza storica ed artistica della chiesa, costituisce anche un documento importantissimo ai fini della ricerca, in quanto ne documenta lo stato di degrado in cui riversava in quegli anni, confrontabile con i rilievi effettuati nel 2012 dal DIDA (Dipartimento di Architettura, Firenze). In un video, presentato dal Prof. Arch. Marcello Scalzo e dall’Arch. Claudio Giustiniani al CHNT di Vienna8 nel 2013 (QR-Code_6), l’intento è proprio quello di mettere in rapporto i dati raccolti nella campagna di rilievo fotografico (tramite riprese fotografiche panoramiche), e le immagini del film di Pasolini, utile supporto per monitorare la condizione delle crepe, ormai molto grave.
37
Meryemana Kilise 2.14 Foto dal set del film Medea (Foto: Mario Tursi)
QR-Code_6 Video realizzato da M. Scalzo e C. Giustiniani
2.14
38
NOTE 1
Il Goreme Open Air Museum è membro dell’UNESCO World Heritage List dal 1984 , ed è stato uno dei primi due siti UNESCO in Turchia.
2
Parete divisoria decorata con icone che separa la navata delle chiese di rito orientale (ortodosse e cattoliche) dal Bema (santuario) dove viene celebrata l’Eucaristia.
3
Maria, colei che intercede (Deesis). I sentimenti materni di attenzione per gli altri che ha la Madre di Gesù nell’episodio evangelico delle Nozze di Cana (Gv 2,1-12), si possono ritrovare dipinti nell’iconostasi, dove Maria è in atteggiamento orante, è la “Deesis”, per eccellenza.
4
Onofrio fu nutrito nel deserto del pane celeste, Zosimo dette la comunione a Maria Egiziaca.
5
F. Bovon, p. Geoltrain, Écrits apocryphes chrétiens, I, Paris 1997, pp. 71-104.
6
Jolivet-Lévy C., L’arte della Cappadocia, Jaka Book, 2001, p.189.
7
Il vello d’oro era, secondo la mitologia greca, il vello (pelle intera) dorato di Crisomallo, un ariete alato capace di volare che Ermes donò a Nefele. Il vello d’oro fu in seguito rubato da Giasone e dai suoi compagni, gli Argonauti, con l’aiuto di Medea, figlia di Eete. Aveva il potere di guarire le ferite.
8
Convegno Internazionale Cultural Heritage and New Technologies.
BIBLIOGRAFIA
Y. Hirschfeld, The Judean Desert Monasteries in the Bizantine Period, New Haven-London 1992
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03
DIGITAL HERITAGE
Capitolo III Nell’estate 2012 il Dipartimento di Architettura di Firenze (DIDA), in collaborazione col Dipartimento di Scienze dei Beni Culturali di Viterbo (DISBEC), ha sviluppato un progetto denominato: Rupestrian Habitat and Arts in Cappadocia –Turkey- and in Center-South Italy. Stone, carved architecture, painting: between the knowledge, the conservation and the enhancement. Approvato nel 2013 presso il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca; il lavoro, tuttora in fase di sviluppo, è partner del progetto PRIN (Italian National Relavance Reserch Project) approvato nel 2013, ed avrà una durata complessiva di 3 anni. Partendo da un’accurata campagna di rilievo digitale e fotografica delle chiese di Sant’Eustachio, Meryemana e San Daniele, situate sul retro della grande area della Tokali Kilise, a Göreme il progetto di ricerca ha come obbiettivo quello di analizzare i dati raccolti e fornire strumenti e modelli finalizzati alla comprensione delle cause di danno e degrado (effetti del tempo e dei cambiamenti climatici sulle architetture) del patrimonio culturale tangibile (edifici, siti e paesaggio). Il materiale prodotto risulta dunque indispensabile per il recupero, la conservazione del patrimonio e per una maggiore comprensione dei suoi valori culturali. Strumenti e metodi di acquisizione Il rilievo rappresenta il primo passo verso la conoscenza di un bene architettonico, poiché sui dati geometrici e cromatici raccolti si basano tutte le successive analisi, siano esse metriche, proporzionali, diagnostiche, strutturali. Gli interessanti sviluppi che la tecnologia ha messo a punto riguardo gli strumenti ed i metodi di acquisizione tridimensionale “senza contatto” hanno permesso di concludere quest’importante fase della ricerca nel miglior modo possibile. Grazie infatti all’utilizzo di un laser scanner (Faro CAM2 Focus3D) (Fig.3.1) di proprietà 45
Digital Heritage dell’Università della Tuscia e gestito dall’unità del DIDA, si è arrivati ad avere una perfetta conoscenza geometrico dimensionale degli insediamenti rupestri rilevati. Il laser scanner è in grado di acquisire dati tridimensionali relativi alla posizione di punti nello spazio rispetto ad un sistema di riferimento noto grazie ad un emettitore di luce codificata1 (laser) che, scontrandosi con un oggetto lungo il suo percorso, misura la distanza da esso. Collocato quindi questo strumento nelle varie posizioni (stazioni), l’oggetto potrà essere scansionato in ogni sua parte. Una volta redatto un progetto di rilievo, mirato a stabilire il numero e la posizione delle stazioni al fine di evitare zone d’ombra con conseguente perdita di dati, l’apposizione di mire ottiche o target sulle architetture da rilevare renderà possibile, in fase di post-produzione, unire le singole acquisizioni. Inoltre tramite un rilievo topografico dei targets, l’architettura da rilevare sarà riferita ad un sistema di riferimento assoluto. Il risultato è un modello 3D discontinuo, costituito da una serie di nuvole di punti (una per ogni stazione) che conserva la reale scala del bene acquisito e che consente dunque di effettuare le operazioni di rilevamento (in passato messe in atto in loco) direttamente in laboratorio grazie all’uso di software dedicati. Nel caso della chiesa di Meryemana, il rilievo tridimensionale, sfruttante questo tipo di tecnologia, è stato essenziale. Lo scanner laser essendo in grado di restituire oggetti di forma complessa con un errore massimo di 3mm (ma soprattutto in tempi ridotti), ha prodotto un risultato che ha contribuito in maniera decisiva alla produzione dei modelli bidimensionali (piante e sezioni canoniche) e tridimensionali (mesh) su cui poter compiere le operazioni virtuali successive. Le fasi del lavoro si sono articolate secondo le seguenti fasi: - registrazione delle nuvole di punti (software usato: Leica Cyclone v.6); - produzione degli screenshot per il ricalco degli elaborati bidimensionali (software usato: Autodesk Autocad 2013); 46
Capitolo III 3.1 Laser Scanner Faro CAM2 Focus3D (Fonte: G. Verdiani) 3.2 Screenshot dalla nuvola di punti, in giallo la parte della roccia a rischio crollo, contenente le absidi ed il corridoio del bema.
3.1
3.3 Restituzione degli elaborati bidimensionali tramite un’operazione di ricalco su Autocad delle screenshot (prodotte con il software Leica Cyclone)
3.2
3.3
47
Digital Heritage - esportazione del nuvola in formato .PTX; - elaborazione (pulizia) e triangolazione (software usati: Inus Rapidform Xor3 e Gemagic Studio 2012). Durante la fase di registrazione, gli algoritmi presenti nel software, permettono di unire le singole scansioni tramite operazioni di rototraslazione basate sull’individuazione di un numero sufficiente di punti omologhi significativi tra le nubi di punti. Sull’intero modello correttamente messo a registro sono state individuate pianta e sezioni significative che permettessero di descrivere le peculiarità dell’architettura in modo esaustivo attraverso i consueti elaborati bidimensionali ottenuti tramite produzione di screenshot e restituzione al CAD degli stessi (Fig. 3.2; 3.3). Le nuvole di punti, tuttavia, per quanto dense possano essere, rappresentano, come precedentemente accennato, un modello discontinuo 2 (Fig. 3.4), che, se pur metricamente fedele al reale, non ne mantiene le caratteristiche percettive. Per una rappresentazione più fedele del manufatto, che tenesse conto anche del dato cromatico e delle caratteristiche superficiali del reale percepito, è stato indispensabile ricorrere a tecniche di reverse modeling per la costruzione di un modello continuo. Grazie all’uso di strumenti e algoritmi messi a disposizione da software specifici è stato dunque possibile ottenere un modello mesh a maglia triangolare a partire dai dati acquisiti sul campo 3. Durante l’operazione di triangolazione il software permette di controllare che l’eventuale deviazione tra i dati originali e la mesh prodotta rientri all’interno di un range di errore accettabile (in media 1mm) (Fig.3.6). Una volta ottenuto un modello hi-poly da semplice triangolazione è opportuno, da parte dell’operatore, curare eventuali errori topologici presenti nella mesh mediante l’uso di tools semiautomatici che consentono di avere sempre il controllo sull’aderenza geometrica del modello al reale. 48
Capitolo III 3.4 Modello discontinuo Point Cloud (61 Milioni di punti; 3,5 GB)
3.4
3.5 Modello Mesh Hi-Poly - Triangolazione dei punti (37 Milioni di poligoni; 2,7 GB)
3.5
49
Digital Heritage 3.6 Analisi della deviazione nel passaggio dal modello discontinuo ad un modello mesh a maglia triangolare (errore compreso tra un massimo di “1mm” e “-1mm”; media d’errore intorno a “0,1mm”)
3.6
50
Capitolo III Strumenti e metodi di rappresentazione La documentazione digitale tramite le tecniche laser scanning, la realizzazione delle tavole canoniche di piante e sezioni, e la restituzione in un sistema 3D continuo (modello mesh hi-poly), rappresenta solo una prima fase del processo di rappresentazione dell’oggetto. La divulgazione dei beni culturali e degli studi su essi condotti ad oggi avviene attraverso i metodi e strumenti che necessitano di una ulteriore elaborazione del dato virtuale, realtà aumentata e di applicazioni real-time, deve ancora scontrarsi con i limiti computazionali che caratterizzano la maggior parte degli hardware presenti sul mercato 4. Per questo motivo diventa indispensabile mettere in atto procedure di ottimizzazione dei modelli 3D che consentano, a fronte di una notevole semplificazione del dato geometrico, di contenere il peso dei file in termini di megabyte e di mantenere al tempo stesso la reale percezione delle caratteristiche del manufatto. Tali procedure sono ad oggi ancora interessate da numerosi studi e risultano tutt’altro che standardizzate. La pipeline di seguito descritta in 5 fasi e applicata per questo caso di studio prevede l’applicazione di tecniche di modellazione e texturing utilizzate nel campo dell’enterteinment che contribuiscono in modo significativo all’ottimizzazione del modello hi-poly. Fase 1: Retopology. Il modo migliore per alleggerire il dato derivante dall’elaborazione delle nuvole di punti (modello mesh hi-poly) è l’utilizzo di una tecnica di rimodellazione conosciuta come retopology. Esistono oggi strumenti avanzati che consentono l’utilizzo semplificato (semiautomatico) di tale tecnica. L’obbiettivo è quello di ridurre drasticamente il numero dei poligoni che descrivono la geometria dell’oggetto, dall’ordine dei milioni a poche migliaia, mantenendo i punti di controllo della mesh mid-poly (Fig. 3.7). Tale processo ne semplifica certamente 51
Digital Heritage la forma, ma consente tuttavia di poter utilizzare la mesh low-poly (Fig. 3.8) prodotta per applicativi real-time render 5 o per la produzione di video, poichè ad un numero inferiore di poligoni corrisponde un alleggerimento computazionale del motore di render in fase di calcolo. Tra i numerosi software che permettono il corretto esito della retopology, è stato scelto per questo lavoro il tool di Pixologic ZBrush v.4R6 : lo ZRemesher. Grazie a questo strumento semiautomatico, in pochi passaggi è stata ricreata una nuova struttura poligonale (a maglia quadrangolare 6) del modello mesh hi-poly. L’algoritmo permette di poter personalizzare l’esito finale del risultato, consentendo di scegliere dove la topologia del modello dovrà essere più densa di poligoni (specialmente nei punti in cui il modello presenta una geometria complessa ricca di dettagli) o meno densa (per esempio nelle parti “lisce” del modello), tramite l’utilizzo di alcuni settaggi come il Target Polygons Count slider, l’Adaptive Size slider ed Color Density slider (Fig. 3.9). Fase 2: Parametrizzazione UV. Questa operazione consente di codificare la posizione dei punti del modello 3D su una superficie di coordinate (u ; v) attraverso la creazione di una corrispondenza biunivoca, e risulta di primaria importanza poichè la mappa così creata (detta appunto UV Map) costituisce un sistema di riferimento univoco per tutte le texture che saranno applicate al modello. Una corretta codifica della UV Map segue criteri di distribuzione omogenea sullo spazio UV dei poligoni del modello 3D, soddisfa la continuità di tale distribuzione e punta ad annullare la presenza di sovrapposizioni tra poligoni che farebbe venir meno il rapporto biunivoco tra i punti del piano e dello spazio, inficiando la qualità della texture. Anche in questo caso, come per la retopology, attraverso l’utilizzo di un plug-in di ZBrush (UV-Master), è stato possibile, in pochi semplici passaggi, la generazione 52
Capitolo III 3.7 Modello Mesh MidPoly (6,8 Milioni di punti; 270 MB)
3.7
3.8 Modello Mesh LowPoly (57’000 Poligoni; 8,4 MB)
3.8
53
Digital Heritage 3.9 Z-Remesher Tool in ZBrush (Retopology)
3.9
54
Capitolo III di una mappa UV a partire dalla mesh low-poly precedentemente prodotta. Il software mette a disposizione dell’operatore numerosi strumenti di personalizzazione del risultato finale. Utilizzando infatti lo strumento Polygroups è stata effettuata una preventiva suddivisione della mesh in gruppi di poligoni. Successivamente il comando unwrap della subpalette di UVMaster genera una Atlas UV-Map, suddividendo la mappa in “isole” separate. In questo modo è possibile ottimizzare lo spazio nella griglia delle UV (sempre di forma quadrata), coprendola il più possibile in ogni sua parte. Questo consente di produrre mappe di risoluzione superiore al pari di dimensione in termini di byte (Fig. 3.10). Fase 3: Baking della normal map. Esportato il modello da ZBrush a Luxology Modo v.701 (Fig. 3.11), sono state effettuate le necessarie operazioni di baking per la produzione delle textures e della normal map. Il baking consiste nel trascrivere in un’immagine 2D (la nostra UV-Map) le informazioni provenienti da un modello hi-poly (Fig. 3.12). Per la normal map (mappa delle normali) ad esempio le normali di tutte le facce che compongono la geometria mesh vengono tradotte in pixel. Ogni pixel della mappa corrisponde (tramite il suo colore) al valore ed all’orientamento di una normale del modello hi-poly. Le normal map infatti si ricavano tipicamente dai modelli ad alta risoluzione per essere applicate a versioni decimate egli stessi modelli. La normal map attribuita al modello a bassa risoluzione tramite un materiale (shader), simula visivamente lo stesso dettaglio delle geometrie originarie ad alta risoluzione. Si tratta evidentemente di un effetto visivo illusorio, ma molto efficace e largamente impiegato nella grafica 3D per videogames (Fig. 3.13). Fase 4: Texturing. In questa fase è stato necessario utilizzare 4 diversi tipi di software per la realizzazione del risultato finale: la creazione della color map 55
Digital Heritage 3.10 UV-Master Tool in ZBrush
3.10
56
Capitolo III (mappatura delle geometrie mesh con textures del colore diffuso ottenute dalla campagna fotografica). Per produrre una efficace mappa del colore è stato usato il metodo della proiezione da una camera (Front Projection) direttamente sul modello mesh. La buona riuscita di quest’operazione ha imposto di definire una rigorosa pipeline. In primo luogo è stata necessario l’utilizzo del software EOS Systems Photomodeler grazie al quale, dopo una preventiva fase di calibrazione della fotocamera per la correzione delle distorsioni sui fotogrammi, è stato possibile individuare, in maniera precisa, la posizione della camera nello spazio. Questa tecnica prende il nome di resezione (o camera resectioning), a partire da una serie di punti omologhi individuati contemporaneamente sul fotogramma e sul modello, l’algoritmo di Photomodeler riconosce le coordinate spaziali da cui ogni singolo fotogramma è stato scattato. Per il camera resection sono stati usati: Adobe Photoshop per la correzione delle dominanti cromatiche (bilanciamento del bianco) e per l’individuazione di target (punti) personalizzati (circa 12 per ogni fotogramma), Inus Rapidform Xor3 per l’apposizione (sempre manuale) dei target (punti omologhi) nello spazio (Fig. 3.14) e Rhinoceros v.5 per la conversione e l’esportazione nel formato di interscambio .DXF dei target. Le camere individuate da Photomodeler (Fig. 3.15) sono state esportate nel formato .FBX verso il software di computer grafica Luxology Modo v.701, nel quale si è concluso il processo. La definitiva operazione di ri-proiezione dei fotogrammi sul modello mesh low-poly è stata possibile all’interno di Modo utilizzando l’opzione chiamata Front Projection (Fig. 3.16). Le immagini proiettate sono state poi codificate all’interno della mappa (u,v) attraverso il comando Bake to Render Output. Fase 5: Rendering. Sempre all’interno del software Luxology Modo v.701, è stata 57
Digital Heritage conclusa la fase finale. Dopo una preliminare operazione di painting 3D (colorazione direttamente sul modello tramite strumenti pennello) delle parti non texturizzate dalle immagini fotografiche (parti relative agli ambienti esterni e sottosquadri), sono state renderizzate le mappe utili alla rappresentazione realistica del modello: la mappa delle occlusioni ambientali (Ambient Occlusion map 8) e la mappa dell’illuminazione (Total Illumination map). Queste mappe, opportunamente combinate con la color map (mappa delle texture), consentono di apportare al modello finale quel fotorealismo utile, come si è detto, alla sua divulgazione ed alla sua attendibilità cromatica (Fig. 3.17). I modelli originati da questa pipeline risultano essere molto leggeri in termini di byte. Sfruttando le tecniche sopra descritte, infatti, possono essere importati in software come Unity 3D (operante nel settore dell’entertainment) per la produzione di applicativi real-time.
58
Capitolo III 3.11 Editing della UV Map col software Luxology Modo v.701.
3.11
3.12 Baking della mappa delle normali: la mesh low-poly è sovrapposta alla mesh hi-poly, il software trasferisce le informazioni sulla geometria della mesh ad alta risoluzione sottostante trascrivendole mappa delle UV sottoforma di pixel.
3.12
59
Digital Heritage 3.13 Applicazione della Normal Map sul modello Mesh Low-Poly
3.13
60
Capitolo III 3.14 Individuazione di punti (omologhi a quelli del fotogramma da proiettare) nello spazio tridimensionale (software: Inus Rapidform XOR3).
3.14
3.15 Calcolo della posizione originale della camera al momento dello scatto del fotogramma (software: Photomodeler). 3.16 Proiezione frontale (direttamente dalla camera importata) del fotogramma sul modello mesh low-poly (software: Luxology Modo v.701)
3.15
61
3.16
Digital Heritage 3.17 Applicazione delle mappe Ambient Occlusion e Color Map sul modello Mesh Low-Poly
3.17
62
NOTE 1
La luce codificata, a differenza della luce ambiente, è una luce che per contenuto informativo è facilmente riconoscibile da un sensore elettronico.
2
I modelli a nuvola di punti ottenuti per campionamento attraverso strumenti di acquisizione digitale presentano alcune limitazioni dal punto di vista computazionale. Banalmente, ad esempio, non è possibile realizzare una still image (render) di una nuvola di punti. Una nuvola di punti non strutturata (unstructured point cloud) è costituita da punti nello spazio che non risultano organizzati.
3
Per triangolazione si intende il processo di conversione da modello di punti a modello di superficie poligonale triangolare. Le informazioni quantitative e qualitative del modello a punti vengono coerentemente interpretate e riadattate per una rappresentazione tassellata della frontiera (schema di rappresentazione che esplicita la superficie poligonale). Le coordinate disposte regolarmente per righe e per colonne (matrice di punti) vengono collegate mediante facce triangolari, l’interruzione della “rete” è gestita attraverso una soglia angolare tra poligoni adiacenti o una massima lunghezza dei lati dei poligoni.
4
E’ innegabile che vi sia al giorno d’oggi la tendenza ad avvalersi di dispositivi smartphone e tablet, dispositivi che, per quanto prestanti, sono ben lungi dal garantire l’utilizzo di modelli 3D ad alta densità (high-poly) che al tempo stesso siano fotorealistici.
5
Il real time offre la possibilità di interagire profondamente con l’ambiente virtuale creato navigando al suo interno in tempo reale. Inoltre consente l’interattività con esso, aggiungendo o modificando elementi dell’ambiente e controllando l’accesso alle informazioni. Le potenzialità applicative spaziano in numerosissimi ambiti, dalle architetture di esterni ed interni completamente esplorabili in tempo reale, alla didattica e progettualità in ambito medico, meccanico, industriale. I Software più famosi per la produzione di queste applicazioni sono: Unity 3D, Torque 3D, Unreal Engine, TGB, L3DT. 6
Una mesh a facce quadrangolari è descritta da una maglia i cui punti hanno valenza 4, dove per valenza si intende il numero di bordi coincidenti. Sono molto diffuse nella progettazione di modelli per l’enterteinment in quanto il loro criterio di suddivisione garantisce la continuità del secondo ordine anche nei vertici straordinari e una buona qualità di forma.
7
Le lettere “U” e “V” indicano gli assi della texture 2D dal momento che “X”, “Y” e “Z” sono già usate per indicare gli assi dell’ oggetto 3D. Le coordinate UV vengono assegnate per faccia e non per vertice. Ciò significa che un vertice condiviso può avere coordinate UV differenti in ognuno dei suoi triangoli, in modo che i triangoli adiacenti possano essere divisi e posizionati su aree diverse della mappa della texture.
8
Il procedimento matematico che porta all’applicazione dell’ambient occlusion (AO) è nato per simu-
lare effetti di illuminazione diffusa e viene utilizzato da solo o in combinazione con altri shaders più complessi, nei render statici e negli applicativi real-time render. In estrema sintesi, si tratta di una tecnica in grado di simulare l’ombreggiamento delle superfici, riproducendo un effetto di occlusione ambientale che simula l’illuminazione globale; se si immagina la luce diffusa che popola una scena, gli spigoli più o meno acuti tra i piani geometrici degli oggetti sono quelli meno investiti dal flusso luminoso. In altre parole la luce risente dell’occlusione (cioè dell’ombra di prossimità) degli elementi nell’ambiente, da cui il nome della tecnica. L’algoritmo grafico pertanto illumina in maniera differenziale le superfici, tenendo gradualmente in ombra le parti occluse (quelle dove arriva meno luce).
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04
RAPID PROTOTYPING
Capitolo IV Oltre allo studio e alla conservazione digitale del dato, nell’ambito della ricerca volta non solo alla documentazione ma anche alla divulgazione del bene culturale preso in esame, l’obbiettivo della Tesi è quello di proporre un sistema per una riproduzione fedele del manufatto che sia al contempo realistico e suggestivo, alla pari di un’esperienza reale. Per fornire quindi al visitatore una simile impressione le nuove tecnologie di stampa additiva offrono la possibilità di ricreare, con un errore minimo impercettibile, gli spazi rilevati e dare una nuova vita al bene architettonico ormai inaccessibile. Il progetto prevede quindi la realizzazione in scala 1:1 della chiesa di Meryemana, partendo dal dato acquisito ed elaborato, col fine di ricostruire la spazialità architettonica dell’insediamento rupestre. Attualmente le macchine a prototipazione rapida sono relativamente di semplice impiego, la qualità dei prototipi in termini di precisione dimensionale, rugosità superficiale e prestazioni meccaniche è in continua crescita. Inoltre è possibile un’ampia scelta di metodi e materiali per tipo d’impiego dei prototipi. Per questo la tecnologia della prototipazione rapida è considerata a pieno titolo un mezzo efficace per il rapido sviluppo del prodotto. Lo stato dell’arte La prototipazione rapida (RP - Rapid Prototyping) è una tecnologia innovativa che rende possibile la realizzazione, in poco tempo e senza l’utilizzo di utensili, di oggetti caratterizzati da una geometria complessa, partendo da un dato matematico dell’oggetto in questione su di un sistema CAD tridimensionale 1. La tecnologia prende spunto dall’idea che ogni oggetto può essere pensato come l’unione di sezioni di spessore infinitesimo (slice). Gli elementi sono quindi il 69
Rapid Prototyping risultato della progressiva aggiunta di materia, da qui la definizione di layer manufacturing (produzione per piani). Contrapponendosi ai metodi di stampaggio tramite deformazione plastica, o quelli di sottrazione di materiale (fresatura, tornitura), questo tipo di macchinari (stampanti 3d) aggregano e saldano tra di loro gli strati di materia partendo da liquidi (fusione di fotopolimeri) o solidi (fusione di polveri o di fogli di laminazione termoplastici). Il processo di realizzazione dell’oggetto stampato si riassume quindi in 3 fasi: - determinazione di un numero di sezioni con spessore finito dal modello CAD 3D; - realizzazione della prima sezione; - costruzione delle successive sezioni che verranno fatte aderire con la precedente (Fig. 4.1). Le macchine additive, costruendo l’oggetto per sovrapposizione di stati di spessore compreso tra 0,05 e 0,25 mm, devono quindi depositare da 80 a 200 strati per ogni centimetro di altezza. Tali sistemi, di per sé, possono risultare lenti se paragonati alle moderne macchine a controllo numerico (macchine sottrattive). La denominazione “prototipazione rapida” deriva tuttavia dal fatto che essi non necessitano quei processi tipici delle macchine sottrattive, come la determinazione del percorso utensile, ma sono ottenuti direttamente dal modello matematico tridimensionale. Le tecniche oggi consolidate si basano essenzialmente sulla: - foto-polimerizzazione di monomeri liquidi (SLA, U.V. Curing, Polyjet); - sinterizzazione selettiva di polveri tramite laser (SLS, SLM, EBM); - stratificazione di fogli di carta o lamiera (LOM); - estrusione di filamenti in materiale termoplastico (FDM); - spruzzatura di termoplastici o collanti con tecniche simili alla stampa a getto d’inchiostro (MJM, DoD)2. Il trasferimento dei dati fra i sistemi CAD e le macchine di protortipazione è 70
Capitolo IV 4.1 Fasi della produzione di un oggetto, dal file CAD al modello fisico
4.1
71
Rapid Prototyping basato su formati di scambio in grado di rappresentare modelli sfaccettati. Lo standard attuale è il formato .STL 3 che esporta un modello composto da facce triangolari, in cui ogni triangolo ha su ogni lato un solo triangolo confinante, ciò permette di distinguere l’interno dall’esterno del modello. La successiva operazione, detta slicing, opera una la suddivisione del modello matematico, ossia del file .STL che già risulta in parte degradato dalla conversione dal formato proprio dal CAD all’.STL, in “fette” orientate orizzontalmente rispetto alla disposizione che si è fatta dell’oggetto all’interno del volume di lavoro nella macchina. Data la particolare metodologia di lavorazione, la superficie finale del pezzo presenterà un aspetto a gradini. È evidente che a differenti spessori delle slice corrisponderanno differenti risultati finali, in particolare per le superfici curve. L’ideale sarebbe di disporre spessori infinitesimali e macchine capaci di stampare tali slice in modo velocissimo. Un altro aspetto che agisce sull’estetica dell’oggetto è il numero di poligoni che ne descrivono la geometria. Chiaramente l’uso di un elemento di superficie polinomiale a basso numero di poligoni (mesh low-poly) per approssimare un dato modello rende possibile un risparmio di tempo e dati, soprattutto quando si opererà la successiva operazione di slicing. Ciò tuttavia va a discapito della qualità estetica del prodotto. Aumentando il numero di poligoni (mesh hi-poly) è implicito il fatto che si forniscono maggiori informazioni geometriche, rendendo dato di input più complesso. Non esiste tuttavia una singola forma geometrica che soddisfi tutte le esigenze.
72
Capitolo IV Selective Laser Sintering (SLS) La sinterizzazione selettiva tramite laser di polveri di nylon4 è la tecnologia scelta per la realizzazione del plastico di studio. Questo processo consolidato, ampiamente diffuso, di cui sono note ormai le potenzialità ed i limiti, risulta un valido sistema per realizzazione in scala del manufatto. Sfruttando la radiazione emessa da una sorgente laser al CO2, le macchine SLS sinterizzano4 le polveri precompresse di materiali differenti su di una struttura di supporto. Questa è sicuramente la tecnica più interessante vista la varietà di materiali utilizzabili, che vanno dai termoplastici, alla sabbia fino ai metalli. Sul mercato operano due aziende produttrici: l’americana DTM e la tedesca EOS. Questo tipo di macchine sono gestite da un personal computer dedicato al controllo di processo e richiedono una workstation per la generazione del codice macchina partendo dal file .STL. Le macchine SLS non si basano su un estrusore tradizionale per controllare il materiale di modellazione, ma usano un laser ad alto potenziale per fondere piccole particelle di materiale. Partendo da due contenitori di polvere su lati opposti dell’area di lavoro, un recoater (distributore di polveri) deposita uno strato di polvere (slice) sulla piattaforma di lavoro. Nella camera dove avviene la sinterizzazione, mantenuta ad una temperatura prossima a quella di fusione della polvere (per minimizzare gli effetti del cambiamento di fase), la radiazione di laser solidifica lo slice, fondendo assieme la superficie dei granelli di polvere, dando origine al profilo della sezione. Questo processo si ripete per ogni strato di polvere rilasciato, fino a completamento dell’oggetto. L’elevatore si abbassa di una quantità pari allo spessore della sezione ed il processo riparte (Fig. 4.2; 4.3). Vengono così create parti omogenee di complessità illimitata, inoltre la polvere nell’area di lavoro costituisce un supporto naturale poiché l’oggetto, ritrovandosi immerso in 73
Rapid Prototyping 4.2 Schema delle componenti di una stampante SLS
4.2 4.3 Foto del processo di stampa (Fonte: PMD - Promo Design s.cons. a r.l.)
4.3
74
Capitolo IV questa, a fine lavorazione non necessita ulteriori supporti. Le parti costruite vengono estratte dalla camera di lavoro e viene rimossa la polvere in eccesso. L’operazione deve essere effettuata solo dopo che l’intero blocco è riportato a temperatura ambiente per evitare shock termici che si tradurrebbero in deformazioni del pezzo. Questo può, successivamente, essere sottoposto a trattamento di levigazione, resinatura e verniciatura. Con questa tecnologia è possibile stampare plastica , metallo , ceramica o vetro, praticamente tutto ciò che può essere rilasciato come polvere e calore fuso. Il modello di studio Al fine di una dimostrazione pratica delle potenzialità delle tecniche di prototipazione volte alla descrizione fisica dettagliata della chiesa in esame, è stato realizzato un prototipo in scala 1:25 dell’insediamento rupestre. Partendo dal dato prodotto mediante le tecniche precedentemente illustrate di reverse modeling, sono stati prodotte due tipi di mesh differenti: una mesh hipoly (ad alto numero di poligoni), opportunamente suddivisa secondo la morfologia architettonica della chiesa (ottimizzazione necessaria per la facile gestione dei singoli file) finalizzata alla stampa in scala 1:1; una mesh semplificata (mid-poly) per la prototipazione in scala 1:25 (riducendo la dimensione di output dell’oggetto stampato è stato possibile ridurre la densità dei poligoni che ne descrivono la geometria). In primo luogo è stato necessario unire il modello, composto dalle varie parti fino a questo punto prodotte tramite la modellazione inversa, in una mesh unica, composta da una sola maglia, senza soluzione di continuità. Utilizzando un software dedicato a questo tipo di operazioni (Geomagic Studio 2012), il procedi75
Rapid Prototyping mento seguito si è articolato nei seguenti step: - riparazione, per ognuna delle sue parti divise, della Mesh poligonale (Fig. 4.4); - unione delle parti (Fig. 4.5); - rifilatura tramite piani perpendicolari (sezioni significative); - ottimizzazione della mesh (riduzione del numero di facce poligonali); - ridimensionamento del modello in scala 1:25; - definizione di uno spessore (2,5 mm) (Fig. 4.6); - esportazione del file .stl. Tramite questa procedura è stato quindi ricavato un modello tridimensionale adatto per la successiva fase di progettazione del prototipo (Fig. 4.7). La scelta della scala di rappresentazione è stata vincolata dalle dimensioni della camera di stampa (30x30x60 cm) e da una valutazione dei suoi costi. Successivamente è stato definito il suo spessore definitivo ed esportato il modello. Utilizzando il software di modellazione 3d Rhinoceros v.5, dopo un attento studio funzionale, è stato progettato il prototipo finale in tutte le sue parti: modellazione di tutte le parti necessarie per il montaggio (inneschi maschio/femmina). Il formato di esportazione è .STL, dal quale il software di editing Magics ha creato gli slice per la stampa. Il dato ricavato (.SLI), è stato elaborato direttamente dalla macchina di stampa utilizzata: Eosint P385.
76
Capitolo IV 4.4 Riparazione e modellazione delle parti mancanti, per ognuna delle sue parti divise, della Mesh poligonale (Software: Inus Rapidform Xor3)
4.4
4.5 Unione delle mesh in un unico modello poligonale e rifilatura con piani di taglio (Software: Gemagic Studio 2012)
4.5
77
Rapid Prototyping 4.6 Ridimensionamento e definizione dello spessore di stampa (Software: Gemagic Studio 2012)
4.6
4.7 Progettazione del modello di studio: divisione in sezioni significative e modellazione dei supporti (Software: Rhinoceros v.5)
4.7
78
Capitolo IV Additive Architecture: esempi e progetti in grande scala Pressoché infinite sono, naturalmente, le possibili applicazioni della stampa tridimensionale .La versatilità di questo tipo di tecnologia espande il suo campo d’azione in tutti i settori, dalla medicina all’arte, dalla robotica alla moda. Ogni giorno nel mondo, ricercatori, studiosi o anche semplici curiosi appassionati, sviluppano progetti che si basano sull’utilizzo di questa tecnologia. Nel campo dell’architettura il vasto campo d’applicazione ha prodotto numerosissimi progetti, dalla realizzazione di modellini di studio in scala alle sempre meno ambiziose proposte riguardo la realizzazione di interi moduli abitativi. Gli sviluppi di questi sofisticati dispositivi hanno permesso all’architetto olandese Janjaap Ruijssenaars di realizzare una vera e propria casa partendo da componenti prodotti proprio con stampanti 3D. Il progetto, che prende il nome di Landscape House dovrebbe essere completato entro quest’anno (2014) In pratica, grazie all’utilizzo di un’apposita stampante tridimensionale dedicata, la D-shape (Fig. 4.8), progettata dall’italiano Enrico Dini, l’architetto renderà fisici gli oggetti disegnati sul proprio PC tramite un materiale composto da sabbia ed agenti collanti. La D-Shape utilizza infatti uno speciale legante inorganico, completamente ecocompatibile, che combinato insieme ad una sabbia è in grado di creare oggetti con una consistenza simile alla pietra. Già nel 2009, l’architetto Andrea Morgante ha disegnato e prodotto con questa stampante una struttura monolitica composta da 200 strati di 10mm: il Radiolaria Pavillon (Fig. 4.9, 4.10). Un’altro ambizioso caso di studio è quello finanziato dall’Agenzia Spaziale Europea, la “European Space Agency” (Esa), per valutare la fattibilità dell’utilizzo della tecnologia di stampa 3D per costruire moduli abitativi non sulla Terra, ma sulla superficie lunare. In particolare è stato coinvolto il team guidato dall’ingegner Valentina Colla del Laboratorio di Robotica Percettiva dell’Istituto Tecip (Tecnologie 79
Rapid Prototyping della Comunicazione, dell’Informazione, della Percezione) della Scuola Superiore Sant’Anna, che si è poi avvalso della ulteriore collaborazione con Enrico Dini, e la sua D-Shape. L’idea consiste nel realizzare mattoni con i quali assemblare moduli abitativi da utilizzare nel caso di uno sbarco umano. Un’ultimo esempio, già realizzato dagli architetti Michael Hansmeyer e Benjamin Dillenburger, è la creazione uno spazio in stile cattedrale gotica interamente stampato in 3D con pietra arenaria battezzato Digital Grotesque (Fig. 4.12). Utilizzando il metodo dei dati immessi su computer, una maglia geometrica di 260 milioni di determinati micro-dettagli emerge come una unità architettonica. Il processo permette la creazione di elementi di grandi dimensioni, con alta risoluzione e precisione. Diviso in due parti individuali, si compone tramite l’unione di un sistema modulare di mattoni 120x120 cm. Le strutture realizzate, quindi, sono completamente autoportanti e possono essere assemblate come costruzioni solide. In una prospettiva di un futuro non troppo lontano, dove queste tecnologie si evolveranno ulteriormente, un nuovo approccio alla progettazione e costruzione prenderà piede, fornendo nuove possibilità e aprendo nuovi scenari per i progetti di larga scala.
80
Capitolo IV 4.8 D-Shape d-shape.com)
(Fonte:
4.9 Creazione delle slice per la stampa (Fonte: shiro-studio.com) 4.10 Radiolara Pavillon (Fonte: shiro-studio.com)
4.8
4.9
4.10 4.11 Landscape House (Fonte: universearchitecture.com)
4.11
81
Rapid Prototyping 4.12 Digital Grotesque (Fonte: digital-grotesque. com)
4.12
82
NOTE 1
Computer-Aided Drafting, cioè disegno tecnico assistito dall’elaboratore: indica il settore dell’informatica volto all’utilizzo di tecnologie software e specificamente della computer grafica per supportare l’attività di di disegno 2D, e 3D per la modellazione solida e di superfici. 2
Acronimi: - SLA : Stereolithography - SLS : Selective Laser Sintering - SLM : Selective Laser Melting - EBM : Electron Beam Melting - LOM : Laminate Object Manufacturing - FDM : Fused Deposition Modeling - MJM : Multijet Modeling - DoD : Drop on Demand
3
Nel 1988, quando fu introdotta la Stereolitografia, fu scelta l’estenzione file .STL (Standard Triangulation Language) come formato neutrale tra un sistema CAD 3D ed il software che supportava il sistema di stampa. Questo tipo di formato è tuttora uno dei principali usati nell’ambito della stampa 3D.
4 5
Poliammide fine PA 2200 per EOSINT.
La sinterizzazione è un processo che consiste nella compattazione e trasformazione di materiali da polveri ad un composto indivisibile. Tale trattamento termico viene svolto ad una temperatura inferiore al punto di fusione del materiale.
BIBLIOGRAFIA
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Landscape House http://universearchitecture.com
Plast Design, Eris Program, anno XIII, numeri: 6, 7, 10.
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Plast Design, Eris Program, anno XIV, numeri: 3, 6, 8. Plast Design, Eris Program, anno XV, n.2, 3, 6. Rapid Product Development, Eris Program, anno 1, numeri 1, 2, 3.
05 AUGMENTED REALITY
Capitolo V Ponendo come obbiettivo la conoscenza diretta del patrimonio culturale dell’oggetto di studio della tesi, il progetto intende andare oltre gli attuali metodi di digitalizzazione 2D/3D, introducendo elementi innovativi col fine di aumentare l’ampiezza e la profondità delle possibilità informative. In seguito alla produzione in scala 1:1 del prototipo fisico derivante dai dati digitali rilevati e rielaborati, il visitatore potrà sperimentare e vivere un’esperienza di completa immersione nello spazio architettonico, quasi al pari dell’originale. Tuttavia il limite attuale delle tecnologie specializzate nella stampa 3D consiste nell’impossibilità di riportare e generare il dato cromatico. Nonostante ciò la ricerca negli ultimi anni sta producendo risultati significativi in questo senso. La 3D System, fornitore leader nel settore delle soluzioni per la stampa di contenuti 3D, ha annunciato in questi ultimi giorni (aprile 2014) la disponibilità immediata della nuova stampante ZPrinter 850 (Fig. 5.1), in grado di stampare simultaneamente in una gamma completa di colori vivaci. Dotata di cinque testine di stampa, colore chiaro, ciano, magenta, giallo e nero, è in grado di offrire centinaia di combinazioni di colori possibili. Altri progetti di ricerca , come quello concluso dall’olandese Tim Zaman, hanno già sviluppato i primi prototipi stampati a colori tramite macchinari non ancora disponibili sul mercato. Ricercatore presso la Delft University of technology, in Olanda, Tim Zaman è riuscito a trovare il modo di riprodurre copie perfette di capolavori dell’arte (Van Gogh e Rembrandt) usando una stampante 3D sviluppata dalla Océ, società che fa parte del gruppo Canon (Fig. 5.2). Partendo da tali premesse, in prospettiva di un rapido sviluppo dello stato dell’arte in questa direzione, il progetto di tesi si pone come ponte tra presente e futuro. Attualmente è ancora impensabile l’idea di realizzare prototipi di grandi dimensioni con questo tipo di tecnologie “multicolor”. Inoltre, anche dal punto di vista 89
Augmented Reality 5.1 Z-Printer 850 (Fonte: zcorp.com)
5.1
5.2 Schema de processo di scansione dei quadri originale di Rembrandts and a Van Gogh per la loro riproduzione fedele in termini di colore e ruviditĂ tramite la tecnica della stampa 3D (Fonte: timzaman.com)
5.2
90
Capitolo V dei costi di produzione di queste stampe a colori, siamo ancora lontani da una reale riuscita del progetto in grande scala. Prevedendo l’utilizzo dei processi produttivi consolidati, nel caso di studio attualizzato al momento della redazione del lavoro, il prototipo progettato rimane carente del dato cromatico, quindi di tutte quelle decorazioni pittoriche che caratterizzano l’architettura rupestre (descritte nel secondo capitolo). È risultata necessaria perciò un’ipotesi operativa per la risoluzione del problema del colore. Attraverso l’utilizzo di tecniche innovative, estendendo e perfezionando tecnologie di esplorazione virtuale, il progetto prevede di realizzare un sistema intelligente che abiliti il concetto di “fruizione aumentata” dell’insediamento rupestre. Realtà Aumentata nell’architettura e nei musei Negli ultimi decenni il progresso tecnologico, attraverso anche la diffusione dell’uso dei dispositivi come PC, Tablet e Smartphone, ha spostato la vecchia visione del mondo basata sulla produzione industriale ad una nuova era in cui domina l’informazione e la comunicazione. Le parole chiave di questo cambiamento sono “interattività” e “simultaneità”. Una trasformazione culturale che si riflette nel modo di interagire nel sociale, ma anche con lo spazio, con l’architettura e la città. All’inizio del secolo scorso, con dell’avvento della società industriale, si sono determinati cambiamenti epocali che hanno dato vita ad una revisione estetica nel mondo dell’arte e dell’architettura (movimento moderno e avanguardie). Analogamente lo strutturarsi della società dell’informazione (come dice Antonino Saggio nel suo Introduzione alla rivoluzione informatica in architettura, 2007) “deve” trasformare in maniera radicale il modo di vedere, di pensare, di produrre e quindi usare l’architettura. 91
Augmented Reality Lo sviluppo delle nuove tecniche porta a concepire e vivere lo spazio in maniera differente, l’evolversi di Internet e la diffusione della rete wireless arricchiscono l’ambiente di flussi invisibili di informazioni, modificandone la percezione. La Realtà Aumentata (AR)1 è il mezzo che mancava per superare il confine tra reale e virtuale, in quanto ci permette di rapportarci con entrambi contemporaneamente. Non trattandosi più di una realtà integralmente generata al computer, il predicato “virtuale” viene sostituito ed al suo posto compare “aumentata”, in quanto gli oggetti grafici virtuali sono in sovrapposizione all’ambiente che rientra nel campo dell’osservazione. Luoghi, oggetti e tutto ciò che è ambiente fisico è potenzialmente “ampliabile” attraverso la realtà digitale, formata da contenuti 2D (informazioni testuali, immagini e video) e modelli tridimensionali. È così possibile trasmettere conoscenza in maniera diretta ed efficace e, tramite la georeferenziazione, si rende possibile inserire il progetto nell’ambito reale per il quale è stato progettato. Esistono già esperimenti di questo tipo, dalla scala architettonica a quella urbana. Il progetto della Rossi Residencial, per esempio, ha usato la realtà aumentata per mostrare l’edificio dove effettivamente dovrà sorgere. Reso possibile grazie ad Inglobe Technology, l’applicazione utilizza un enorme Target 2 (892,2 m2), il più grande mai creato. Il risultato è la visualizzazione, tramite dispositivi dotati di una telecamera interna (PC, tablet e smartphone), dell’aspetto fisico della torre e del suo impatto sulla città una volta terminati i lavori. Non c’è pressoché alcun limite alle possibilità che può offrire lo spazio virtuale unito a quello reale. Anche in ambito museale questa tecnica di comunicazione sta riscuotendo molto successo. Oggetti e reperti storici, ma anche ricostruzioni virtuali di edifici e interi insediamenti antichi sono raccontati e rappresentati tramite realtà virtuale e realtà aumentata. Un ottimo esempio in questo senso lo possiamo trovare nella digitalizzazione dello “studio di Carlo V” nel castello 92
Capitolo V 5.3 Progetto della Rossi Residencial, la realtĂ aumentata vista da un elicottero (Fonte: inglobetechnologies.com)
5.3 5.4 Digitalizzazione dello “Studio di Carlo V� nel castello di Vincennes, applicazione con indicatori visibili e dispositivo mobile (Fonte: chateau-vincennes.fr) 5.5 Applicazione web che permette la rielaborazione della cattedrale di Amiens e la presentazione a terminale (Fonte: amiens-cathedrale.fr)
5.4
93
5.5
Augmented Reality di Vincennes. Un’applicazione augmented reality mobile, realizzata in occasione di Futur en Seine, nel giugno del 2009, che permette di navigare in tempo reale all’interno di una ricostruzione in scala 1:1 dello studio di Carlo V così com’era nel XIV secolo. Tramite l’installazione di indicatori di movimento che consentono ad un computer portatile di poter mostrare la scena virtuale in tempo reale, la stanza appare, così com’era 700 anni fa, attorno al visitatore, seguendo i suoi spostamenti. Nel giugno 2010 anche la città di Aimiens, in collaborazione con aziende specializzate come AXYZ e AGP (Art Graphique & Patrimone), e con il sostegno del Capo dei Monumenti storici, ha deciso di usare la realtà aumentata per il suo spettacolo di suoni e luci organizzato nella cattedrale. Elaborando il modello virtuale della cattedrale (partendo da nuvole di punti ottenute tramite scansioni laser scanner) lo ha integrato in un software di augmented reality liberamente scaricabile dal web e utilizzabile su tre terminali posizionati in punti strategici della città. A luglio 2010, lo spettacolo di Amiens ha registrato un aumento degli spettatori superiore al 30%. Queste due applicazioni sono l’esempio di come tale tecnologia, adattata al settore del patrimonio culturale e dei musei, possa offrire nuove prospettive per la presentazione di luoghi ed elementi scomparsi, ricostruendo scenari o allestimenti storici con una modalità spettacolare, lucida ed al contempo educativa.
94
Capitolo V La Chiesa di Meryemana virtuale L’unione tra realtà e mondi virtuali con la realtà aumentata (Fig 5.6; 5.7) è la chiave di volta, elemento mancante che unisce e definisce il progetto di questa tesi. Rappresenta la fusione fra reale e virtuale, unite in un’esperienza di fruizione arricchita (QR-Code_7). L’idea è quindi di mettere insieme l’interattività e le possibilità di comunicazione che ci offrono i mondi virtuali con l’atmosfera coinvolgente dell’ambiente tridimensionalmente e fedelmente ricostruito in un’unica “scultura aumentata” (Fig. 5.8). Il processo di sviluppo di questo applicativo, grazie all’enorme diffusione che negli ultimi 4 anni ha avuto questa tecnologia nel mercato, non ha richiesto particolari capacità informatiche nel settore della programmazione. Utilizzando infatti un plug-in per il software Unity 3D v.4.3.4, Qualcomm Vuforia v.2.8 3, in modo semplice e diretto, anche per un utente inesperto di programmazione, è possibile caricare negli assets 4 il modello mesh low-poly insieme alla color map ed alla normal map, per avere un primo risultato di realtà aumentata direttamente utilizzando la webcam del PC. Vuforia ha infatti rilasciato gratuitamente strumenti per interagire con la realtà tridimensionale: caricando il plug-in nell’interfaccia del sotfware Unity è già immediatamente possibile utilizzare, personalizzare e costruire una semplice ma efficace applicazione di realtà aumentata a partire dal riconoscimento di specifiche immagini e non dalla semplice scansione dei classici glifi e QR-codes. Le immagini target sono poi conservate in un database cloud a cui si connette il servizio, in modo da risparmiare spazio di storage locale. Qualcomm Vuforia è già compatibile sia con il sistema operativo Apple iOS che Google Android e quindi le app basate sulla sua nuova implementazione saranno disponibili per un pubblico assai vasto. Del resto la piattaforma è già supportata 95
Augmented Reality 5.6 Schermata d’interfaccia del sotfware Unity3D, preparazione del modello per la Realtà Aumentata.
5.6
5.7 Immagine d’esempio del funzionamento dell’applicazione a realtà aumentata. Col semplice inquadramento dell’imagine target è possibile visuallizzare ed esplorare il modello tridimensionale.
QR-Code_7 Download dell’applicazione a Realtà Aumentata (Android)
5.7
96
Capitolo V da oltre 40.000 sviluppatori di 130 Paesi ed è già parte di oltre 2500 app su entrambi gli OS. A differenza dei consolidati sistemi a realtà virtuale, con lo sviluppo di quest’applicativo a realtà aumentata, al posto di un’immagine di sintesi viene restituita una videoripresa dell’ambiente circostante, e l’impressione della realtà raggiunge il massimo livello di fotorealismo consentito dal dispositivo in uso. Il progressivo sviluppo attuabile ai risultati ottenuti (tramite tecniche avanzate di programmazione) non esclude comunque la possibilità di poter personalizzare e far progredire ulteriormente le possibilità di interazione dell’applicativo real time (QR-Code_8). Anche in prospettiva di un futuro sviluppo delle tecniche di stampa 3D, grazie al quale sarà possibile riprodurre il dato cromatico, rimarrebbe tuttavia di grande utilità, in termini di fruizione informata, l’utilizzo di tale applicazione. Tramite questa tecnologia sarebbe possibile attingere in tempo reale ed in maniera interattiva a banche dati ed archivi informativi che ne arricchiscono l’esplorazione in un modo come mai era stato possibile, rivelandosi come il linguaggio più idoneo per una trasformazione epocale quale quella che stiamo vivendo. Grazie al software Unity3D è stato infine possibile sviluppare soluzioni di fruizione tridimensionale a realtà virtuale come il virtual tour e la real time section. Nel primo caso, passando dall’esplorazione aumentata alla realtà virtuale, il visitatore, anche quello non fisicamente presente nell’installazione tridimensionale della chiesa, può entrare virtualmente (pur restando in qualsiasi parte del mondo) nella ricostruzione virtuale della chiesa. Rendendo quindi disponibile tale apllicativo sulla rete, il sistema abilita un’esplorazione personalizzata rispetto alle esigenze di conoscenza dell’utente: un’esperienza culturale che suggerisce e propone nuove opportunità di esplorazione a distanza (QR-Code9). Nel secondo caso l’applicazione (la real time section) rende possibile sezionare 97
Augmented Reality 5.8 Immagine esplicativa dell’idea di progetto.
QR-Code_8 Video esplicativo del funzionamento dell’applicazione sul prototipo SLS
QR-Code_9 Download dell’applicazione a Realtà Virtuale (Android)
5.8
98
Capitolo V 5.9 Immagine d’esempio del funzionamento dell’applicazione a realtà virtuale. Cliccando sul modello l’applicazione permette di effettuare sezioni, spostando uno slider, lungo gli assi x, y e z.
QR-Code_10 Web-App “real time section”.
5.9
99
Augmented Reality in tempo reale (lungo i tre assi) il modello della chiesa di Meryemana tramite il movimento di un cursore (Fig. 5.9), direttamente con un dito sullo schermo del dispositivo touchscreen (QR-Code_10). Per entrambe le soluzioni sono state richieste semplici ma ricercate personalizzazioni degli script di default di Unity3D, un procedimento facilitato anche dall’enorme quantitativo di esempi e soluzioni proposti nella sezione Forum ed Asset Store sul sito internet dello stesso software. In sintesi, quindi, l’obiettivo è stato quello di sviluppare un insieme di soluzioni tecnologiche orientate alla valorizzazione “intelligente” del patrimonio culturale della Cappadocia, con particolare riferimento alla chiesa di Meryemana, ad uso e fruizione dei visitatori e turisti.
100
NOTE 1
Si possono trovare molteplici definizioni del termine Realtà Aumentata, che cambiano anche in base all’an no di redazione. Nel maggio 2010, inseguito al suo primo sviluppo in larga scala veniva redatta come segue: la realtà aumentata (in inglese augmanted reality, abbreviato AR) è la sovrapposizione di livelli informativi (elementi virtuali e multimediali, dati geolocalizati ecc.) all’esperienza reale di tutti i giorni. Gli elementi che “aumentano” la realtà possono essere aggiunti attraverso un device mobile, come un telefonino di ultima generazione, (es. l’iPhone 3GS o un telefono Android), con l’uso di un PC dotato di webcam, con dispositivi di visione (es. occhiali VR), di ascolto (es. auricolari) e di manipolazione (es. guanti VR) che aggiungono informazioni multimediali alla realtà già percepita “in sé”.
2
I target sono immagini di riferimento su cui l’applicazione a realtà aumentata posiziona il modello 3D (o l’elemento 2D) progettato. A differenza dei classici QrCode, veri e propri codici a barre bidimensionale, composto da moduli neri disposti all’interno di uno schema di forma quadrata, il target può avere varie dimensioni, colori e forme (anche nella terza dimensione). Tuttavia nuovi script negli applicativi a realtà aumentata hanno sviluppato la capacità di interagire con la realtà senza aver bisogno di un target base di riferimento (sistema targetless), in cui il target di input è ricavato proprio dalla scena inquadrata dal dispositivo. 3
Vuforia rappresenta una delle molteplici possibilità di creare, con plug-in preimpostati, applicazioni
a realtà aumentata. Ne esistono anche altri, legati anche ad altri tipi di software di modellazione 3D. I più importanti sono: ARToolKit (Unity e 3ds Max), String (Unity), Junaio, Wikitude. 4
Assets, ovvero – in generale – file utili per il nostro progetto. Non si tratta solo di modelli 3D ma anche di textures, shaders, script o intere scene sviluppate con altri programmi. Esistono “pacchetti” di assets forniti di serie da Unity, che offre anche la possibilità di scaricarli gratuitamente dal sito internet, o comprarne di nuovi ed importarli nel progetto creato. Si è sviluppata negli anni un’intera comunità che ogni giorno implementa la disponibilità di nuovi assets, producendone in quantità esponenziali e garantendo un adeguato supporto tecnico al loro utilizzo.
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ArMeidia - Augmented Reality Blog www.arblog.inglobetechnologies.com ArMedia - Youtube Channel www.youtube.com/inglobe Qualcomm Vuforia www.vuforia.com Unity - Game Engine www.unity3d.com 3D Systems www.3dsystems.com Tim Zaman - [3D Scan and Print] Paintings! www.timzaman.com/?p=2606 Art Graphique & Patrimone www.artgp.fr
CONCLUSIONI Il lavoro svolto in questa tesi e fino a qui descritto si pone come obbiettivo la documentazione tecnica dell’oggetto di studio, utilizzando le più aggiornate tecniche e tecnologie tuttora disponibili, ma non solo, studia i processi per la divulgazione e la comunicazione, il più possibile diretta ed intuitiva, di tale documentazione. Lo studio svolto è finalizzato a rivisitare il caso della Chiesa di Meryemana alla luce di un nuovo percorso metodologico che va dalle tecnologie integrate sul campo, alle ricostruzioni tridimensionali degli spazi rilevati, fornendo un più ampio spettro quantitativo e qualitativo di dati. Da sempre il rilievo architettonico ed archeologico, oltre alla matrice conoscitiva di base, punta a fornire modelli informativi che rappresentano senza dubbio il centro della metodologia di validazione del contenuto scientifico e culturale acquisito. La facoltà di trasmettere i risultati di tali studi dipende da una complessità di fattori diversi (ad esempio lo spazio cartaceo, il colore e la risoluzione delle foto, i limiti del disegno, l’esaustività dei testi ecc.), molto di quanto studiato rischia di venire quindi discretizzato dai limiti dell’output. Risulta indispensabile, nell’archeologia del terzo millennio, realizzare modelli di conoscenza aperti ed interattivi basati su sistemi non lineari. Del resto in piena età digitale è quanto mai prioritario porre il problema della modellazione dell’informazione archeologica secondo nuovi canoni di comunicazione e rappresentazione da destinare al futuro. 106
Title: THE CHURCH OF MERYEM ANA IN GÖREME, CAPPADOCIA. NEW LIFE IN PROTOTYPING AND AUGMENTED REALITY Abstract: The submitted study case is about the rupestrian church of Meryem Ana in Göreme (Cappadocia, Turkey), a small church with mural paints representing valuable heritage at risk due to poor stability of the rock were it’s excavated in. In 2012 a team of researchers from DIDA – Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Firenze carried out a survey of the church that would show the artifact current conservation state and procedures to avoid the permanent loss. The processing of data carried out by laser scanner and photographic survey made possible to produce conventional drawings and to build a 3D reality based model of the church thanks to reverse modelling, retopology and texturing techniques. This now represent an important database of a no longer accessible cultural heritage and a useful tool for still-images or animation products, but also an helpful mean for the development of research projects and restauration interventions for enhancement. A scale model, build from 3D data with SLS technology (Selective Laser Sintering), and an augmented reality application, developed with Unity 3D and Vuforia are the way to achieve the main aim of the project, which is the recostruction of the church trough the integration of 3D print techniques and augmented reality technologies. This applications properly programmed can be used for dissemination both in scientific and entertainment fields. 108
Ringrazio il Professore Verdiani, Andrea Aliperta e Filippo Susca. Grazie a Daniele, Lorenzo, Francesca, Michela della Promo Design. Grazie a Giacomo, Federica, Andrea, Vittoria e tutti gli amici che con me hanno condiviso questi anni universitari. Grazie alla mia famiglia e ai miei genitori.
CREDITS The research mission in Cappadocia of the University of Tuscia “Rock paintings in Cappadocia. For a project of knowledge, conservation and enhancement”, directed by Maria Andaloro, is composed by multiple research units. The group working on this research from the DIDA (Department of Architecture, Florence) is composed by: C. Crescenzi (coordinator), M. Scalzo, G. Verdiani, S. Di Tondo, A. Pasquali, C. Giustiniani. The Digital Survey of Meryemana was operated by: G. Verdiani, C. Giustiniani. The data treatment and the post processing phases on the whole dataset from the digital survey campaign were operated together with the PRIN by: G. Verdiani, S. Di Tondo, C. Crescenzi, C. Gira, T. Pignatale, A. Charalambous. The mission in Cappadocia was supported by the General Direction of Monuments and Museums of the Turkish Republic and Murat Gulyaz director of the Archeological Museum of Nevsehir. For the 2012 survey, in particular, we are greatly indebted to the two Cultural Ministry Deputy, Metin Çakar from the Archaeological Museum of Çorum, and Gultekin Yanbeyi from the Department of Archaeology of the General Direction of Monuments and Museums.
Autore : Carlo Gira (carlo.gira@gmail.com) Sono riconosciuti tutti i diritti d’autore sul materiale fotografico non appartenente all’archivio personale dell’autore