Book - Abitare l'Incompiuto italiano. La rinascita di uno Stile.

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Abitare

italiano

La rinascita di uno Stile

I’Incompiuto
Carlotta Leoni Martina Malvasio Giovanni Mastrelia

NABA, Nuova Accademia di Belle Arti, Milano, Italia Diploma Accademico di Secondo Livello in Interior Design

Carlotta Leoni, 2428DI

Martina Malvasio, 2405DI

Giovanni Mastrelia, 2263DI

Docente relatore: Salvatore Ponzo Anno Accademico: 2021/2022

Abitare I’Incompiuto italiano. La rinascita di uno Stile.

INDICE.
00 Introduzione 01 Ricerca 06 L’Incompiuto italiano 08 Punto di partenza 12 Manifesto 22 Che cos’è 28 Caratteristiche principali 30 Incompiuto vs altre terminologie 38 Un invito a sognare 42 Da quando se ne parla 44 Incompiuto in altre discipline 54 Alternative alla demolizione 60 La nascita di uno stile 68 So what 70 Resoconto 74 Casi studio teorici 75 Highrise Of Homes, Studio SITE 80 Oasis No.7, Haus - Rucker - Co 82 Nakagin Capsule Tower, Kisho Kurokawa 84 Maison Dom Ino e Maison Citrohan, Le Corbusier 86 Habitat ‘67, Moshe Safdie 88 Pink Pipes, Azienda Pollems 90 Plug - In City, Archigram 02 Analisi 96 Mappatura 100 Opere geolocalizzate 102 Elementi 104 Tipologie 106 Il nostro manifesto teorico 118 Catalogo delle opere 132 Ricerca fotografica 03 Concept 146 L’idea 148 Moodboard ispirazionale 150 Schemi 158 Storyboard 160 Casi studio progettuali 161 The Mountain Refuge, massimo Gnocchi e Paolo Danesi 162 Bivacco Pasqualetti, Roberto Dini e Stefano Girodo 164 Beach Huts, Big Architecture 166 Diogene, RPBW & Vitra 168 Centre Georges Pompidou, Studio Piano & Rogers 170 Highline, Massimo Gnocchi e Paolo Danesi 172 1111 Lincoln Road, Herzog & De Meuron 174 The Mirrorcube, Tham & Videgard 04 Tecnologie 178 Introduzione 180 La prefabbricazione 184 La bioedilizia 196 Sistemi di aggancio 198 Impiantistica 05 Progetto 204 Mission 214 Stato di fatto 216 Autostrada Asti - Cuneo, Cherasco 230 Albergo Sapadolini, Leccio (Reggello) 256 La Sicilia e l’Incompiuto 264 Palazzetto dello sport, Romissa (Savoca) 284 Stato di progetto 286 Autostrada Asti - Cuneo, Cherasco 298 Albergo Sapadolini, Leccio (Reggello) 320 Palazzetto dello sport, Romissa (Savoca) 338 Appartamento campione, I4 356 Moodboard Materica 358 Appartamenti, altre tipologie 402 Render 06 Conclusioni 452 07 Extra 458 Bibliografia e filmografia 460 Sitografia 462 Ringraziamenti

INTRODUZIONE.

“Le opere incompiute hanno la bellezza di ciò che avrebbe potuto essere. Di ciò che non esiste ancora. Di ciò che forse un giorno ci sarà”.

Unfinished Italy, Benoit Felici

Il nostro cammino ha visto come punto di partenza la scelta di considerare la materia esistente come base sulla quale operare azioni di riscrittura.

In un periodo storico in cui il riciclo, il riuso, l’attenzione allo spreco di risorse, hanno assunto un’importanza primaria nella vita di tutti i giorni, ci è sembrato fondamentale, come interior designer, poter studiare soluzioni abitative ad impatto minimo che fornissero una risposta progettuale concreta a una problematica altrettanto reale che insiste silenziosa da ormai troppi anni sul nostro territorio. Stiamo parlando dell’Incompiuto Italiano.

Con “Incompiuto Italiano” si intende l’insieme di tutte quelle grandi opere pianificate, progettate e autorizzate, la cui costruzione è rimasta sospesa e di conseguenza, mai terminata. Questi manufatti architettonici e infrastrutturali punteggiano tutto il territorio italiano.

Si tratta di edifici e scheletri nudi, vuoti, totalmente o parzialmente non abitati, diventati obbrobri abbandonati per incapacità organizzativa, malaffare o errori di valutazione.

L’intento progettuale è quello di creare un modulo abitativo che sia in grado di adattarsi alla maggior parte di queste opere donando loro una nuova vita, cambiando, al contempo, da negativa a positiva la loro percezione e il senso di sconfitta che le pervade. Vogliamo leggere questi spazi non come una perdita o una ferita ma, piuttosto, come un’opportunità di trasformazione. Le architetture incompiute infatti, se da un lato presentano una mancanza di funzione, dall’altro celano un potenziale inespresso, generato proprio dal mancato uso, in grado di sostenere la costruzione di nuovi spazi possibili, nel momento in cui si accetta l’incompiutezza stessa come condizione ideale di apertura verso il nuovo.

Incompiuto - Viadotto a Mussomeli, Caltanissetta, Sicilia
01 RICERCA.
06 L’Incompiuto Italiano 08 Punto di partenza 12 Manifesto 22 Che cos’è 28 Caratteristiche principali 30 Incompiuto vs altre terminologie 38 Un invito a sognare 42 Da quando se ne parla 44 Incompiuto in altre discipline 54 Alternative alla demolizione 60 La nascita di uno stile 68 So what 70 Resoconto 74 Casi studio teorici 75 Highrise of Homes, Studio SITE 80 Oasis No.7, Haus - Rucker - Co 82 Nakagin Capsule Tower, Kisho Kurokawa 84 Maison Dom Ino e Maison Citrohan, Le Corbusier 86 Habitat ‘67, Moshe Safdie 88 Pink Pipes, Azienda Pollems 90 Plug - In City, Archigram

10.11.2017

Roma, Lazio

“Sono settimane che giriamo ormai al ritmo di quattro o cinque opere incompiute al giorno, il paesaggio intorno a noi cambia, cambiano i piatti tipici e i dialetti ma noi siamo sempre dentro alla stessa struttura di cemento che sta prendendo forma nelle nostre menti. Facciamo fatica a ricordare con chiarezza cosa abbiamo visto ieri e cosa oggi. Tutto nei nostri ricordi si fonde in una struttura unica. È un’astronave. L’Italia incompiuta è un’infinita astronave di cemento”.

30.10.2017

Bari, Puglia

“Per visitare le incompiute bisogna essere pronti a scavalcare recinti, passare sotto reti, arrampicarsi su pareti, aggirare palizzate. Entrare in questi luoghi, visitarli, occuparli, abitarli è il primo atto di rottura del loro isolamento, oltre che un ottimo esercizio fisico per tenersi in forma”.

02.10.2017

Cosenza, Calabria

“Siamo sdraiati su un ponte che non congiunge nulla, appoggiato su pilastri conficcati fino in fondo alla valle che non sopportano altro peso che quello del cielo”.

6Ricerca L’INCOMPIUTO ITALIANO.
Citazioni tratte dal “Diario di bordo” del libro “Incompiuto, la nascita di uno stile” a cura di Alterazioni Video e Fosbury Architecture.

18.03.2018

Porto Empedocle, Sicilia

“In certi territori incontri serie tipologiche di incompiute che si ripetono seguendo un pattern sempre uguale. Piscine, case di cura, centri polivalenti, palasport. Ogni centro abitato sembra aver bisogno della stessa dotazione standard di opere pubbliche. Questo modello di sviluppo non poteva che creare opere incompiute”.

12.02.2018

Saint - Christophe, Valle d’Aosta

“Ci fermiamo sulla soglia di una costruzione aliena. Ce ne sono molte simili nei dintorni. Decidiamo di entrare. Spazio e tempo si confondono. Ci muoviamo circospetti, soli nella terra di nessuno, dove ogni cosa è lecita, dove il tempo è rallentato. Siamo al sicuro, liberi, lontani dalle regole”.

17.10.2017

Lagonegro, Calabria

“Una densità di costruito non finito attraverso il quale il Belpaese si intravede appena nelle interruzioni tra un edificio e l’altro”.

17.02.2018

Gorizia, Friuli Venezia Giulia

“Riceviamo una telefonata di Alessandro, un regista che assieme a degli skater siciliani ha appena finito un tour della Sicilia basandosi sulla mappa delle opere incompiute che gli abbiamo passato. È entusiasta, dice che non possiamo renderci conto di quanto siano belle da skateare certe strutture. L’unica parola che gli sembra adeguata per descriverle è: AMERICA!”.

02.11.2017

Bovino, Puglia

“Tre ulivi secolari osservano perplessi un muro solitario di cemento armato”.

08.02.2018

Alba, Piemonte

“Ti sei mai chiesto quale funzione hai?”.

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PUNTO DI PARTENZA. IncompiutoAnfiteatro nella ex cava di San Gavino Ozieri, Alghero, Sardegna

La tesi, presentata in questo volume, si pone come obiettivo quello di continuare, studiando, verificando e approfondendo, il lavoro presentato nel libro “Incompiuto, la nascita di uno stile” a cura di Alterazioni Video e Fosbury Architecture.

Riportiamo quindi un estratto del saggio “Quello che resta” di Filippo Minelli presente nel volume appena menzionato e fondamentale punto di partenza della nostra ricerca. Nel testo si sottolinea come la violenza è il contesto in cui si genera il cortocircuito dell’Incompiuto Italiano.

“Il cambiamento al quale partecipiamo non sta nell’assunzione che la violenza generi un mostro, un danno irreparabile imposto dall’esterno e quindi da accettare passivamente o da condannare. Al contrario, sta nella certezza che il potenziale di ciò che nasce è invariato e completamente a nostra disposizione; la differenza è fatta dalla nostra capacità di interiorizzare e interpretare l’accaduto, dalle nostre azioni successive. La storicizzazione dello stile Incompiuto può aiutare quindi a rileggere il passato prossimo di tutta la nazione in una chiave virtuosa. Tale processo è avvenuto grazie a una complessa rete di produzioni, collaborazioni e interventi a opera di Alterazioni Video in molteplici contesti: spazi dell’arte, università, televisione, cinema, giornali e un’ampia serie di pubblicazioni e cataloghi. Alterazioni Video è un collettivo attivo dal 2004 e composto da Paololuca Barbieri Marchi, Alberto Caffarelli, Matteo Erenbourg, Andrea Masu e Giacomo Porfiri. I suoi componenti sono divisi globalmente tra l’Italia, Berlino e New York. A scapito del nome, la loro pratica non considera esclusivamente il linguaggio audiovisivo ma si articola, declina e diffonde attraverso una molteplicità di linguaggi spesso fusi tra loro. Dalla performance (intesa anche come esperienza artistica vissuta nel quotidiano e che caratterizza in maniera quasi costante ogni loro progetto) alle installazioni, dai prodotti editoriali alla musica (producono sempre le colonne sonore dei loro film). Diverse teste, con diversi background - dal media-attivismo all’arte contemporanea, dal cinema all’audio -, in contatto grazie alle tecnologie odierne ma divise dai fusi orari, si ritrovano sempre sul campo per chiudere o, come spesso accade, rianimare un progetto condiviso sino a quel momento solo in digitale. E attraverso il continuo dialogo interno, l’improvvisazione e l’assenza di gerarchie precostituite che Alterazioni Video genera ciò che viene presentata come opera: una serie di tracce in divenire scaturite dall’incontro tra più menti, sia che si presenti sotto forma di film, scultura, pubblicazione o quant’altro. L’opera di Alterazioni Video è viva in quanto processo; il viaggio e l’esperienza sono il vero oggetto della loro ricerca.

Incompiuto è frutto di questa pratica e indaga un fenomeno che si estende lungo tutto il territorio italiano e copre gli ultimi quarant’anni anni di questo paese. È la prospettiva attraverso cui è possibile cambiare da negativo a positivo la percezione delle opere pubbliche incompiute e il senso di sconfitta che le pervade. Per innescare questo processo di trasformazione e storicizzazione, fin dai primi anni del progetto, Alterazioni Video ha proposto una rilettura innanzitutto in chiave artistica - un’operazione di leggerezza, laterale e radicale - guardando le incompiute come rovine contemporanee e monumenti. E fornendo al contempo un’analisi quanto più scientifica del fenomeno: producendo documentazione, organizzando strumenti di lettura, approcciando il problema con laicità e cogliendone i potenziali virtuosi. È nel 2007 che, in collaborazione con Claudia D’Aita ed Enrico Sgarbi, iniziano la mappatura del fenomeno pubblicando online il primo elenco delle opere incompiute in Italia. Ed è sulla base della quantità di opere e sulla qualità della loro incompiutezza che Alterazioni Video scrive nel 2008 il Manifesto dell’Incompiuto Siciliano, definendo gli elementi costitutivi dello stile architettonico più importante in Italia dal secondo dopoguerra a oggi. È un Incompiuto inizialmente Siciliano perché è proprio in Sicilia - Italia due volte - che lo stile raggiunge la sua massima espressione e diffusione, ma, risalendo la penisola, il fenomeno acquista carattere e rilevanza nazionale.

9Ricerca

La prima intuizione è stata quella di utilizzare il contesto dell’arte contemporanea come piattaforma di amplificazione mediatica per generare un cortocircuito culturale e celebrare lo stile Incompiuto. Sono state prodotte sculture, video, film e animazioni digitali, stampe, collage e installazioni multimediali esibite in musei e mostre internazionali.

Nel 2010 segue una seconda fase del progetto - in collaborazione con il comune di Giarre, la capitale delle opere incompiute in Italia - con l’istituzione del Parco dell’Incompiuto e l’organizzazione del primo festival nelle incompiute della città. Il comune siciliano diventa anche il luogo di importanti collaborazioni come quella con Marc Augé, durante le riprese del film “Per troppo amore”, o con Gabriele Basilico, che nel 2007 realizza il saggio fotografico presente in questo volume.

Il progetto è un processo continuo, e se all’inizio il tentativo è stato quello di far emergere queste opere dimenticate e rimosse dalla memoria collettiva, oggi l’obiettivo dichiarato è quello di far entrare il lemma

“Incompiuto” nel vocabolario della lingua italiana, farlo diventare significante di un sistema ben più ampio e condiviso”.

Continua.

“In conclusione, questo volume ci aiuta forse a comprendere come le opere incompiute siano la prova che il genere umano anche se non è perfetto si è evoluto; che per la prima volta nella storia siamo arrivati a toccare il fondo producendo le rovine che lo testimoniano, ma senza combattere una guerra. Forse l’Incompiuto è proprio questo, lo stile che racconta il prezzo della pace sociale, pagata con la collusione e lo scambio di favori di voti. Nella realtà dei fatti però sappiamo che una guerra asimmetrica è stata combattuta, che ci sono stati gli spari, i morti, le fazioni, i terreni conquistati e quelli sequestrati. Quindi forse non vale la pena di perdersi in ragionamenti generici, ma bisogna tornare alla realtà, a quello che rimane. Centinaia di opere pubbliche incompiute, alle quali si potrebbero sommare anche quelle private e quelle private a partecipazione pubblica, diventando migliaia, che si presentano con stilemi del tutto identici anche se hanno giocato ruoli variegati nelle grandi narrazioni dello sviluppo territoriale. Cosa farne di questo patrimonio? Rilanciare la piccola impresa italiana partendo dalle demolizioni? Riconvertire le opere incompiute in qualcosa di utile, disconoscendo la non-funzionalità per la quale erano state inizialmente create? Lasciarle dove sono state fino ad ora, fingendo che non esistano fino alla costruzione della prossima? Storicizzando lo stile Incompiuto come si fa con qualsiasi elemento del patrimonio storico, Alterazioni Video, ne suggerisce la tutela e lo studio, il disvelamento, l’attivazione temporanea, il riuso, la valorizzazione. Può sembrare surreale, ma se la realtà è quello che rimane, con le opere incompiute dovremo farci i conti per tutto il ciclo di vita del calcestruzzo. Conviene quindi iniziare a guardarsi allo specchio e imparare ad accettarle, partendo da un punto di vista che le renda finalmente parte del patrimonio comune. Ci sono molti motivi per aprire un nuovo capitolo della propria esistenza e ci sono altrettanti modi di farlo, poco importa cosa succederà dopo: quello che è importante è che ora lo stile Incompiuto esista e che abbia un nome, una dignità. Quello che è importante è come lo si festeggia”.

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IncompiutoCentro sportivo di Comiso, Ragusa, Sicilia
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Incompiuto - Viadotto senza fine, Agrigento, Sicilia

Di seguito riportiamo il Manifesto Teorico dell’Incompiuto italiano a cura di Alterazioni Video. Abbiamo deciso di riportarlo con la funzione di vademecum e spunto di riflessione dal quale partire per elaborare un nostro pensiero e di conseguenza, un nostro manifesto, in merito alla tematica affrontata.

12Ricerca MANIFESTO.

Incompiuto è il più importante stile architettonico in Italia dal secondo dopoguerra a oggi.

Una rivoluzione dello sguardo che cambia da negativa a positiva la percezione delle opere pubbliche incompiute.

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01

Incompiuto è fondato su un’etica e un’estetica proprie.

Il numero di opere presenti sul territorio italiano e il loro stato di incompiutezza ha generato, in più di quarant’anni, un programma ideologico indipendente dalla volontà dei propri progettisti.

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02

Incompiuto risolve la tensione tra forma e funzione. Il difetto dell’uso diviene opera d’arte.

Architetture pubbliche prive di scopo e utilità diventano monumenti aperti all’immaginazione.

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Le opere incompiute sono rovine contemporanee generate dall’entusiasmo creativo del liberismo.

Prodotti di un tempo compresso hanno come postulato la parziale esecuzione del progetto. Non cadono in rovina ma sorgono in rovina.

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Ricerca
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17Ricerca Incompiuto ridefinisce il paesaggio italiano. Le opere pubbliche incompiute celebrano la conquista del territorio da parte dell’uomo moderno. Una colonizzazione sfacciata, determinata e viscerale che disegna un’Italia incompiuta. 05

La natura dialoga con le opere incompiute riappropriandosi dei luoghi.

La vegetazione colonizza le superfici ridefinendo le forme. In queste rovine la natura abolisce la storia e trasforma l’architettura in una seconda natura.

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Incompiuto ha nel cemento armato il proprio materiale costitutivo.

Materia allo stato puro, ossatura della modernità, sangue arterioso dello sviluppo economico.

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Incompiuto raccoglie luoghi della contemplazione e del pensiero.

Contemplare queste rovine equivale a osservare il mondo con la vista dell’immaginazione e fare un’esperienza del tempo.

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Incompiuto è simbolo del potere politico e di una sensibilità artistica.

Metafora di un organismo sociale complesso e articolato che trova la propria celebrazione nell’appalto.

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Grandi quantità di edifici mai completati producono nella nostra penisola speciali paesaggi extraurbani, lungo le strade, nelle campagne, lungo le coste e anche all’interno di contesti urbani consolidati. A seconda delle latitudini, questo fenomeno è più o meno radicato e visibile, ma la loro generale condizione di incompiutezza ci permette di vederli insieme come un grande campo di osservazione, dove questi edifici a volte, persino si assomigliano. Ma cosa si intende esattamente per edificio/opera incompiuto/incompiuta?

Le nostre ricerche ci hanno permesso di capire che esistono principalmente due tipologie di incompiuti: edifici di proprietà privata/residenziali e infrastrutture o opere pubbliche. Queste ultime, che contribuiscono alla formazione di veri e propri paesaggi interrotti, sono figlie della logica delle grandi opere pianificate, progettate e autorizzate, ma mai concluse per incapacità organizzativa, per malaffare o per errori di valutazione.

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CHE COS’È.

Il Ministero italiano delle Infrastrutture e dei Trasporti, fornisce una prima definizione tecnica. Si definisce “opera pubblica incompiuta” ogni opera pubblica che risulta non completata per una o più delle seguenti cause:

a. Mancanza di fondi.

b. Cause tecniche.

c. Sopravvenute nuove norme tecniche o disposizioni di legge.

d. Fallimento, liquidazione coatta e concordato preventivo dell’imPresa appaltatrice, risoluzione del contratto ai sensi degli articoli 135 e 136 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, o di recesso dal contratto ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di antimafia.

e. Mancato interesse al completamento da parte della stazione appaltante, dell’ente aggiudicatore o di altro soggetto aggiudicatore, di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n.163.

Si considera non completata ai sensi dell’articolo 44 bis, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n.214, un’opera non fruibile dalla collettività, caratterizzata da uno dei seguenti stati di esecuzione:

a. I lavori di realizzazione, avviati, risultano interrotti oltre il termine contrattualmente previsto per l’ultimazione.

b. I lavori di realizzazione, avviati, risultano interrotti entro il termine contrattualmente previsto per l’ultimazione, non sussistendo, allo stato, le condizioni di riavvio degli stessi.

c. I lavori di realizzazione, ultimati, non sono stati collaudati nel termine previsto in quanto l’opera non risulta rispondente a tutti i requisiti previsti dal capitolato e dal relativo progetto esecutivo, come accertato nel corso delle operazioni di collaudo.

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IncompiutoIl cemento interrompe il paesaggio e si fonde con esso 01 02

Il fenomeno delle opere incompiute è trasversale poiché attraversa l’Italia dal Nord al Sud e accomuna regioni all’avanguardia e aree meno sviluppate, seppur con incidenza diversa.

Le opere si sono diffuse in Italia a partire dal secondo dopoguerra ad oggi, inserendo la tematica in un quadro più ampio legato a problematiche di carattere urbano, quali le zone periferiche delle città, il recupero delle aree di scarto e di abbandono e la nuova gestione del tessuto urbano. La ricostruzione postbellica ha coinciso con una rinascita urbana: si doveva ricostruire ciò che era stato distrutto, aumentando il patrimonio edilizio del Paese. Questi edifici quindi sono relativamente giovani, considerato il loro ciclo di vita che coincide con quello del loro materiale da costruzione principale, ossia il calcestruzzo armato, come vedremo.

Negli anni cinquanta e sessanta, durante il boom economico, il Paese da realtà agricola e rurale si è trasformato in un gigantesco sobborgo urbano a causa dell’aumento del reddito per abitante, all’incremento demografico, all’emigrazione di massa dal Sud agricolo al Nord industrializzato e a una mancanza di leggi urbanistiche adeguate, che impedissero la costruzione massiva e in ogni dove. Il modello di sviluppo dovuto al miracolo economico ha implicato una corsa al benessere incentrata su strategie individuali, con progetti che hanno privilegiato gli interessi localizzati rispetto al benessere generale. Il risultato spesso è stato il finanziamento di opere del tutto sconnesse l’una dall’altra, con investimenti sproporzionati.

Sono gli anni della speculazione edilizia, de Le mani sulla città di Francesco Rosi, uno dei più celebri film di denuncia e impegno civile di quegli anni nei confronti del fenomeno. I privati acquistano terreni a uso agricolo e fanno in modo che vengano convertiti a uso residenziale dalle amministrazioni comunali, il più delle volte colluse e complici. Anche quando poi le normative vennero fatte, molte di queste costruzioni rimasero incompiute, sospese nel tempo, a metà tra la pioneristica idea di innovazione, lasciata in carico a queste opere, e la triste realtà della loro mancata realizzazione.

Tra le motivazioni per cui le opere ancora oggi rimangono incompiute, nella maggior parte dei casi, vi sono sia ragioni economiche, legate alla mancanza di fondi, al fallimento delle imprese appaltatrici o allo sperpero di denaro pubblico per mano delle speculazioni edilizie e della criminalità organizzata, sia ragioni tecniche riguardanti procedure amministrative, vincoli normativi, variazioni progettuali, carenze o inadeguatezze dei controlli, fino ad arrivare al mancato interesse degli attori coinvolti per il completamento o alle proteste di associazioni territoriali o ambientaliste contrarie alla costruzione. I paesaggi degradati che il maifinito produce, alimentano un certo distacco nei confronti di questo tipo di costruzioni. Si genera un degrado fisico, della materia, associato a un degrado abitativo legato alla mancanza di servizi, infrastrutture e opere di urbanizzazione. Ciò produce una situazione di stasi, in cui interventi privati e interventi pubblici, rimanendo episodici, non riescono mai ad alimentarsi a vicenda.

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Negli anni ottanta vi era stata un’ondata di osservazione e riflessione scientifica sul tema da parte di alcuni ricercatori, legata principalmente alla denuncia dell’abusivismo edilizio nel nostro Paese. Oggi invece, in generale, l’interesse verso la questione degli edifici incompiuti è molto basso e frammentario. Una sorta di assuefazione infatti, ha avuto ormai la meglio, specialmente su chi questi paesaggi li ha costantemente davanti agli occhi, specialisti del settore e non. Il fenomeno acquista saltuariamente un picco di interesse mediatico solo se è legato a campagne di salvaguardia dell’ambiente, così, l’attenzione su quelli che a volte vengono definiti ecomostri, termine che denuncia enfaticamente l’aggressività nei confronti dell’ambiente, rende il fenomeno visibile per brevi periodi, oscurando la dimensione più diffusa e consolidata dei tanti maifiniti disseminati nel territorio.

Le nuove generazioni, che hanno ereditato gli incompiuti, non riescono a vedere questo tipo di strutture così come sono, incomplete e mai finite, bensì li ritengono edifici come altri, addirittura appartenenti a uno “stile” preciso e consolidato.

Spesso è anche difficile censire questi edifici, disegnarli, descriverli, metterli in relazione, con la stessa attenzione con cui si fa un comune rilievo, in un centro storico o a carattere regionale. Trattandosi di aree di recente costruzione, alcune delle quali ancora parzialmente o totalmente senza concessione edilizia, o in continua trasformazione e completamento, non si hanno disegni e rappresentazioni spaziali affidabili, attuali, coerenti e complete. Le mappe catastali e la realtà non corrispondono. Le immagini satellitari sono più attuali e aggiornate, ma nonostante l’apparenza dicono poco sulla consistenza dello spazio.

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Incompiuto - Parcheggio ad Agrigento, Sicilia

Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti dispone di un applicativo digitale chiamato SIMOI, Sistema Informatico di Monitoraggio delle Opere Incompiute, che si rivela utile solo in parte nel monitoraggio degli edifici mai finiti. Il Sistema deve essere aggiornato entro il 31 marzo di ogni anno dalle Regioni, che inseriscono i dati messi a disposizione dai singoli Comuni circa le opere in costruzione e, di conseguenza, non ancora terminate.

È evidente che al fine di identificare solo gli edifici effettivamente incompiuti e abbandonati, senza progetti di completamento, il report annuale del SIMOI non risulta essere uno strumento totalmente affidabile, poiché conteggia anche opere che verranno terminate, magari negli anni successivi, e perché non tiene conto degli innumerevoli edifici esistenti ma per svariate ragioni mai dichiarati. È facile immaginare, quindi, come l’entità di questo patrimonio vada ben oltre quello che le strutture ministeriali sono in grado di censire, anche in ragione del criterio adottato dal Ministero per il monitoraggio che non prevede sanzione alcuna per le amministrazioni degli enti che non forniscono le loro rilevazioni.

Il confronto dei dati SIMOI, integrati con le informazioni provenienti da altri canali, quali tv, internet e bibliografia, ci ha comunque permesso di constatare come ancora oggi sia presente un impressionante numero di opere di questo tipo in tutto il territorio italiano.

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Ricerca
Incompiuto Velodromo Vittoria, Ragusa, Sicilia

Per analizzare al meglio il fenomeno degli incompiuti, con una considerazione libera da pregiudizi, è stato inoltre necessario effettuare un’opera di riduzione, mettendo fuori gioco diversi aspetti del tema non necessari ai fini della nostra ricerca. Abbiamo dovuto sospendere qualsiasi giudizio di tipo estetico. Liberi da preconcetti e da categorie come bello o brutto, regolare o abusivo, abbiamo deciso di osservare questi oggetti per la loro potenziale attitudine a diventare altro, guardandoli come in uno stato di passaggio. Se un giudizio di tipo estetico fosse stato eccessivamente sbilanciato e forzato verso l’estetizzazione delle opere, si sarebbe rischiato di alterare la realtà dei fatti, idealizzando eccessivamente.

La nostra ricerca è incompatibile con la monumentalizzazione dell’incompiuto per il fatto che, una visione di questo tipo, minerebbe alla radice la potenzialità di trasformazione dell’opera, e gli leverebbe attraverso la musealizzazione, spesso mummificazione, ogni possibilità di ritrovare un senso e di riattivazione nelle nuove condizioni odierne.

Allo stesso modo, non essendo il nostro lavoro orientato a fini di denuncia sociale di fenomeni quali abusivismo, sperpero di fondi pubblici, illegalità e ingiustizie sociali, abbiamo deciso di svincolarci da qualsiasi pensiero di tipo legalista o polemico legato alla tematica, non occupandoci nello specifico di questi aspetti.

Incompiuto - Scale mobili esterne, Messina, Sicilia

Nel capitolo precedente, abbiamo accennato al fatto che gli edifici incompiuti, spesso, si assomigliano. Questo perché progetti di questo tipo sono stati possibili anche grazie alla relativa semplicità tecnica e costruttiva, che prevede l’utilizzo di calcestruzzo armato per la struttura e di laterizi per i tamponamenti. Il principio strutturale di pilastri, solai e travi, offre invece la possibilità di separare la struttura portante dai tamponamenti, dalle rifiniture e dagli impianti, permettendo un completamento tramite ampliamento e sopraelevazione.

In epoca moderna infatti, l’invenzione del telaio in calcestruzzo armato, dal primo sistema del progettista francese François Hennebique e dalla più conosciuta Maison Dom Ino di Le Corbusier in poi, ha sancito un punto di svolta nel processo di ideazione dell’organismo architettonico allorché, alleggerendo della componente statica il limite fisico di separazione tra interno ed esterno, ne ha liberata la parte puramente figurativa, dotandola di una propria autonomia significante, a volte a prescindere dal valore dello spazio contenuto che, come involucro edilizio, concorreva a realizzare. Il telaio cementizio ha sciolto la relazione stringente che esisteva negli edifici in muratura tra involucro e struttura, rendendo il primo suscettibile di un notevole grado di libertà rispetto alla seconda.

L’idea dello scheletro sperimentata da Le Corbusier con la Maison Domino è stata teorizzata nel grande telaio di calcestruzzo armato dell’Unité d’Habitation di Marsiglia, nel quale ha potuto inserire unità abitative in modo reversibile, a seconda delle esigenze, prefigurando un’architettura smontabile e flessibile: un’opera aperta, un grande “non finito”, un telaio strutturale, su cui montare e smontare cellule. L’idea di rendere in qualche modo il telaio strutturale indipendente dal contenuto, è stata poi portata a maturazione nell’edificio dell’Alta Corte di Giustizia di Chandigarh, dove lo scheletro si stacca dal suo contenuto, così come nella sua ultima opera, il padiglione a Zurigo.

La Maison Dom Ino di Le Corbusier dunque, è l’archetipo della moderna costruzione in calcestruzzo armato, ma è anche inconsapevolmente il prototipo base di tutti gli incompiuti.

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CARATTERISTICHE PRINCIPALI.
Unité d’Habitation, Le Corbusier, Marsiglia, Francia, 1947

La natura stessa degli edifici maifiniti dipende dalle caratteristiche delle strutture in calcestruzzo armato: i pilastri con i ferri di richiamo a vista sono la manifestazione di un progetto aperto, di un pensiero che non si ferma a una generazione, ma lascia spazio alla possibilità di proseguire la costruzione. A questa semplicità costruttiva e concettuale non sono state implementate nuove tipologie abitative. Nessun nuovo modello è arrivato dall’industria edilizia tanto da potersi poi diffondere nella cultura corrente del costruire, che invece si è sempre più appiattita.

I materiali da costruzione rimangono per lo più a vista in uno degli stadi intermedi del cantiere, precedente alla finitura; questo avvicina involontariamente queste opere all’arte contemporanea e all’architettura, nelle sue manifestazioni brutaliste o concettuali. La sincerità dei materiali predicata da una parte del Movimento Moderno, contro il rivestimento, è portata in questi edifici all’estremo, dove tutto è lasciato a vista, comprese le cicatrici del passato, le integrazioni, le sarciture, ma anche gli impianti e le intenzioni future. Ovviamente, tale visibilità dei materiali è correlata alla percentuale di compiutezza delle opere stesse.

Gli edifici maifiniti comunque, proprio perché spesso scheletri nudi e vuoti, sono edifici totalmente o parzialmente inabitati, senza una funzione, mai entrati in un ciclo di vita, tanto meno in un’economia immobiliare. La loro commerciabilità è a volte limitata proprio dalla loro condizione di abuso, ma anche dalla loro quantità che ha alterato l’offerta rispetto alla domanda, determinandone un basso valore commerciale. Questa condizione di inutilità, se ritenuta costante o insuperabile, ostacola qualsiasi possibile evoluzione. Uscire dal circolo vizioso, significa riconoscere in questa quantità di costruito un certo valore di patrimonio, sennonché potenziale, di energia già investita, di energia sviluppabile attraverso trasformazione e di energia da risparmiare per operazioni di demolizione. Significa uscire da una condizione statica di attesa di un futuro che non è mai arrivato.

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Incompiuto - Edificio senza nome a Giarre, capitale dell’Incompiuto italiano, Sicilia

“Un ibrido è il suolo italiano, con la sua doppia congerie di non finiti: dal sottosuolo affiorano frammenti di antichi reperti e sopra il suolo edifici mai terminati”.

Nel corso della nostra ricerca abbiamo incontrato i termini più disparati, utilizzati da autori, teorici e giornalisti, per definire le opere incompiute finora descritte: incompiute, maifinite, non finite, scheletri e via dicendo. Ci siamo imbattuti anche in associazioni di significati che equiparano un incompiuto a una maceria, oppure a un rudere o a una rovina.

Il paragrafo che segue intende quindi fare chiarezza circa il significato di questi termini, così da poter comprendere alcune riflessioni in merito, ritenute interessanti durante la consultazione della bibliografia e qui sintetizzate.

INCOMPIUTO VS ALTRE TERMINOLOGIE.

Incompiuto, Treccani, agg. [comp. di in e compiuto].

a. Non compiuto, che non è stato portato a termine.

b. Avv. incompiutamente, in modo insufficiente, imperfetto.

In architettura i termini incompiuto, non finito, non terminato, mai finito, possono essere considerati sinonimi, poichè indicano un’opera o edificio il cui progetto non è mai stato concluso. Le opere incompiute, in quanto tali, non sono mai entrate in funzione o all’interno di un ciclo di vita, di conseguenza non sono mai state utilizzate o abitate. Nella sfera dell’arte invece, come riportato in seguito, i significati cambiano.

Abbandonato, Treccani, agg. [part. pass. di abbandonare].

a. Lasciato definitivamente e, in particolare, lasciato senza cure, senza assistenza, senza protezione, conforme ai vari significati del verbo.

b. Del corpo e delle sue parti, privo di forze, rilassato, sfinito.

c. Avv. abbandonatamente, con abbandono, con rilassamento delle membra.

Spesso gli edifici incompiuti vengono appellati come abbandonati. L’utilizzo di questo termine è corretto in quanto aggettivo, non può tuttavia essere utilizzato come categoria, gli edifici abbandonati, per descrivere in modo generico la totalità degli incompiuti.

31Ricerca Edifico
completato ma in evidente stato di abbandono. Non si tratta comunque di incompiuto
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Ecomostro, Treccani, s. m. [comp. di eco e mostro].

a. Nel linguaggio attuale, manufatto (costruzione, edificio, installazione, etc.), per lo più abusivo, che rappresenta una grave deturpazione ambientale ed ecologica.

Un ecomostro, nel linguaggio giornalistico italiano, è un edificio o un complesso di edifici considerati gravemente incompatibili con l’ambiente naturale circostante, prevalentemente riguardo all’impatto visivo. Spesso gli incompiuti italiani vengono definiti ecomostri poiché deturpano il contesto in cui sono stati collocati; le cause sono sovente le dimensioni mastodontiche, le pessime scelte formali o materiche in fase di progettazione, ma anche il danno ambientale e il degrado che questi edifici generano.

Rovina, Treccani, s. f. [lat. ruina, der. di ruere, precipitare].

a. Grave distruzione e crollo, totale o parziale, di edifici e strutture edilizie.

b. Con valore concr., quasi esclusivam. al plur., il materiale che è rovinato.

c. Di istituzioni o di organismi politici, sociali, economici, ecc., irreparabile o gravissimo disfacimento o degradamento.

d. Letter. furia; moto violento, travolgente.

Eventi naturali, come terremoti, cicloni e frane, o artificiali, come guerre e abbandoni, possono segnare un punto di discontinuità nella vita di edifici o insiemi di edifici, che si trovano così cristallizzati in uno stato che può finire per somigliare a quello di edifici in costruzione. Il permanere di edifici crollati, che portano ad esempio i segni dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, rientra nell’anomalia temporale che vede convivere edifici mai finiti ed edifici mai ricostruiti. Queste rovine architettoniche però, non vanno confuse con gli incompiuti, poiché sono edifici che in passato sono stati terminati, hanno avuto una vita e una funzione e solo in un secondo tempo sono diventati rovine. Secondo il vocabolario Treccani, due sinonimi di rovina possono essere macerie, intese come resti di edifici crollati o abbattuti, e rudere.

Maceria, Treccani, s. f. [dal lat. maceria].

a. Raccolta di pietre tolte dai campi e radunate sul confine dei fondi, spesso sistemate a muricciolo a secco, per contenere eventuali scoscendimenti o per protezione degli alberi.

b. Al plurale macerie, rovine di edifici crollati o abbattuti.

L’immagine del muro a secco e delle pietre radunate dà la sensazione di un qualcosa di slegato. Allo stesso modo le macerie hanno perso il significato di edificio nel suo complesso, poiché spezzandosi hanno generato scarti e frammenti.

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Rudere, Treccani, s. m. [dal lat. rudus - deris].

a. Si usa quasi sempre al plurale per indicare avanzi di costruzioni edilizie o di statue antiche.

b. In espressioni figurate si parla di ruderi del passato, intendendo le memorie e i ricordi, oppure ruderi di persone, cose o istituzioni, molto malridotte, cadenti, o arretrate, superate.

Il termine rudere in architettura si usa per indicare avanzi di costruzioni, edifici dismessi o datati. Questi edifici, per la natura della loro costruzione, subiscono gli effetti del tempo, che lentamente li consuma. In tale ottica, possiamo definire al contrario gli edifici incompiuti come anti - ruderi, poiché essendo costruiti in calcestruzzo armato non subiscono una degradazione nel tempo, anzi persistono nel paesaggio anno dopo anno, senza scalfirsi e lasciandosi avvolgere dalla natura circostante, ove presente.

Scheletro, Treccani, s. m. [dal gr. der. di disseccare].

c. Il complesso delle ossa dei vertebrati che, come struttura rigida di sostegno, contribuisce a dare una caratteristica forma al corpo degli animali, servendo di protezione a delicati organi interni, e soprattutto fornendo la base di attacco ai muscoli e favorendo, mediante articolazioni, i movimenti.

d. Qualsiasi struttura che serva di sostegno a una costruzione, per esempio edifici a s. indipendente, quelli con struttura portante di calcestruzzo armato o di acciaio.

e. Ossatura, intelaiatura, schema essenziale di un’opera, di un lavoro intellettuale.

Per scheletri architettonici intendiamo quegli edifici in cui l’interruzione del processo costruttivo ha determinato una condizione di incompiutezza caratterizzata dalla presenza dominante del telaio strutturale oppure dalla potenziale opportunità di riciclo esclusivamente della struttura portante. Il termine scheletro utilizzato per questo tipo di costruzioni, contribuisce nell’opinione comune, alla loro identificazione con qualcosa che era destinato a essere nascosto e che rimanda persino al pensiero negativo della morte. Nonostante ciò, sia nella condizione di rovina, sia in quella di incompiuto, gli scheletri architettonici esprimono un certo grado di potenzialità, di trasformabilità.

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Macerie a seguito del terremoto dell’Aquila, Abruzzo, 2009

Il concetto di non finito come possibilità di infinito è abbastanza recente della storia dell’arte occidentale e di solito si fa risalire a Michelangelo. È da questo momento che si chiede allo spettatore un’attenzione attiva e non passiva: l’artista invita il pubblico a unirsi alla ricerca, costringendolo a interrogarsi sul concetto di “creazione”, che in questo modo diventa quel tramite, quel work in progress, che imprime il proprio suggello, ma al contempo lascia “libero” il suo oggetto. Al contrario di quanto è avvenuto per l’arte occidentale, in Oriente, soprattutto in Cina e in Giappone, il “non finito” è quasi la regola. “Perché completare sul foglio ciò che la mente ha già completato grazie allo sguardo?”: l’esempio tipico sono i paesaggi montani dipinti con la china su carta, di cui si vede la cima, ma non la base. La differenza tra le due concezioni, tuttavia, è immensa. In occidente non finire un’opera d’arte soprattutto pittorica o plastica, costituiva una scelta coraggiosa e inusuale, volta a evidenziare un significato nascosto o interiore dell’opera: i Prigioni di Michelangelo, ad esempio, sono prigionieri di loro stessi, della materia bruta di cui cercano di liberarsi, pur essendo fatti di quella. In oriente invece, finire un’opera così come si intende in occidente, è un gesto di troppo che offende lo sguardo e l’intelligenza dello spettatore e ne preclude la fantasia. Il non finito è quindi in generale riferito a forme artistiche che contengono una componente di intenzionalità dell’incompletezza dell’opera, volta a stimolare una lettura basata sul fascino dato da questa indefinitezza.

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Esemplificazione del concetto di rudere

Abbiamo detto che nella sfera dell’arte i significati di non finito e non terminato cambiano. Non terminato, riferito all’opera d’arte, indica che l’opera stessa non è mai stata ultimata. Qualcuno potrebbe obiettare che in architettura invece, il non terminato è una condizione temporanea e che la definizione si addice in maniera neutra a ogni costruzione architettonica o ingegneristica, tanto che anche la Sagrada Familia di Gaudí, a Barcellona, si potrebbe definire non terminata. In realtà, quest’ultima è da considerarsi infinita, proprio perché l’architetto l’aveva pensata come analogia dell’organismo vivente che è la comunità civile e di fedeli. Altro è un viadotto che si protende nel nulla: la differenza è nel valore simbolico di uno e nel valore d’uso del secondo.

L’attitudine che si mette in campo nei confronti dell’arte, la predisposizione alla complessità linguistica che essa richiede, ci consente di accettare la non finitezza di un lavoro d’arte, mentre la sola visione del manufatto, dell’opera pubblica, dell’architettura non terminata e abbandonata ci impedisce ogni considerazione benevola, non rientrando questa nel linguaggio dell’arte ma in quello della realtà concretamente sfruttabile. Venendo meno il valore d’uso, viene meno l’intero scopo del manufatto e questo diviene un simbolo negativo. Eppure, uno sguardo raffinato ed estraneo a quella società che ha prodotto lo scempio, può giungere a considerare quel non terminato come una rovina ar-

chitettonica, e attribuire a quel manufatto un quoziente di malinconia che lo nobilita. La rovina è il ricordo di un insieme perduto che il tempo modella, plasma e, in un certo senso, ricompone. Il gusto che ci fa apprezzare la rovina non è lontano da quello che ci fa amare il non finito: pur essendo due atteggiamenti diversi, essi hanno entrambi a che fare con il tempo della memoria. Nel caso della rovina lo sguardo non vede l’oggetto, ma immagina ciò che è stato, una grandezza passata, una parte importante o infinitesima di un sistema: la rovina consente di spaziare nel tempo e nello spazio, come una sorta di sineddoche visiva, la parte - rovina per il tutto. La mente completa il paesaggio che circonda la rovina, a suo piacimento.Se infatti il non finito invita lo sguardo a completare ciò che non è stato volutamente finito dal suo autore, questo atto dovrebbe essere collocato nel futuro, nel campo delle possibilità, ma esiste una fortissima componente che guarda all’indietro, a ciò che è stato, anche nel caso del non finito, perché fondamentale in questo caso appare il punto di partenza, l’origine, la materia bruta. Ad ogni modo quindi, sia che si tratti di “non finito” o di “rovina”, il senso di un passato originario entro cui riconoscersi appare come terreno comune.

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-
2013
Non
finito, infinito. Scultura di Paolo delle Monache, Roma, Lazio,

Parlare di rovine in architettura impone, implicitamente, una riflessione sui concetti di tempo e di città, per indagare cos’è la rovina in relazione alla città. La città contemporanea muta i suoi caratteri con una velocità sempre maggiore, riflesso di una società digitalizzata e sempre più tecnologizzata. Oggi più che mai è possibile guardare la città assimilandola a un continuo cantiere dove lo spazio urbano si identifica come teatro del paradossale rapporto costruzionedecostruzione; molto spesso, ci confrontiamo con spazi incompiuti, edifici ibridi, stratificati, frammenti di parti complesse, innesti, vuoti definiti o indefiniti, edifici in costruzione, in demolizione, squarci, giustapposizioni sanate o insanate, ma anche siti archeologici, tracce e rovine di costruzioni precedenti; così sembra sempre più difficile capire dove finisca la costruzione e dove comincia la distruzione. All’interno di questo scenario urbano si genera una contraddizione dovuta proprio alla complessità e alle differenze insite nelle parti che la compongono: se da un lato esiste tutta una serie di frammenti incompiuti e abbandonati, cioè i rifiuti della città che si costruisce, dall’altro c’è la rovina della città storica identificata nei siti archeologici o nei ruderi dei monumenti storici o del Tardo Moderno. Al ritmo incessante dei primi, si contrappone il tempo lento e inesorabile dei secondi e sembrerebbe quasi che alla rovina romantica faccia da controcanto una rovina opposta che nasce di fatto già rudere. La rovina contemporanea nasce rovina, mentre l’edificio storico cade in rovina.

Allontanandosi in parte da queste riflessioni, Marc Augé, antropologo francese che ha introdotto il concetto di non luogo, sostiene che la cultura contemporanea non è più in grado di produrre rovine ma, essenzialmente, solo macerie in quanto la contemporaneità non ha più il tempo di costruire la storia. Nonostante le analogie che accomunano le architetture cadute in rovina e le cosiddette macerie derivanti dalla loro condizione di abbandono, il processo mentale che la rovina implica è quello del ricordo e si riferisce alla memoria; la maceria, invece, comporta la volontà di eliminare, di distruggere il passato. Molto spesso infatti le dinamiche urbane non interagiscono in maniera attiva con la rovina escludendola quasi dai processi di trasformazione. Questo aspetto riguarda tanto i monumenti quanto gli incompiuti: mentre i primi sono investiti quasi esclusivamente dai flussi dell’industria del turismo, gli altri sono di fatto abbandonati a loro stessi nelle periferie delle città o ritagliati all’interno dei tessuti urbani. In ogni caso entrambi sembrano estranei alla città, essa non li assorbe anzi, quasi li rifiuta, pur essendone parte integrante e strutturante.

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La città produce continuamente macerie e rovine il cui destino è inevitabilmente quello di essere abbandonate anziché essere usate o abitate. Dobbiamo dunque riconoscere come potenziale positivo il rifiuto e lo scarto come se ci trovassimo in un’immensa rovina da usare, su cui accumulare, sovrascrivere il testo mutevole della città, sfruttare l’errore, la mancanza, il frammento, l’inconveniente in favore di qualcosa di nuovo.

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Nenad Fabijanic, Croazia, 2018

“Sotto molti punti di vista, le rovine sono un invito a sognare. Altrimenti servono a poco. Si può scegliere il sogno, o l’invito, che si vuole. Tra il Settecento e l’Ottocento, gli artisti del Romanticismo avevano scelto il passato classico e andavano a contemplare le rovine romane o greche. Era il principio del loro sogno. Basta pensare ai dipinti dei francesi Hubert Robert o Nicolas Poussin, dove i paesaggi sono disseminati di antichi resti. È l’inizio di una réverie. Nel nostro caso, invece, il paesaggio è disseminato di bombolette spray, le stesse che sono state usate per i graffiti sugli edifici incompiuti”.

E continua.

“Ovunque si vada, si trovano nella modernità - perché la modernità continua, anche se il postmoderno ha dichiarato qualcosa di diverso - resti di iterazioni di un ideale che in qualche modo, per mancanza di una guida o di fondi, a un certo punto sono state sospese, abbandonate. Trovo che siano luoghi particolarmente adatti a sognare, perché non incarnano il sogno classico ma racchiudono un sogno di perfezione mai esistito, qualcosa di totalmente inaccessibile. Sembrano un invito a sognare un difetto che tutti riconoscono fin troppo bene in se stessi e in tutti quelli che si incontrano nella propria esistenza. Si incontra questa dimensione anche in edifici che hanno subito i danni dei tempi moderni, ma in questo caso sono toccati dalla tragedia vera, mentre negli edifici incompleti la tragedia non c’è, l’apocalisse non è evocata, il dolore e la sofferenza non sono rappresentati. Ciò che si vive è il senso di incompiuto - un edificio, un monumento che qualcuno ha pensato ma non ha potuto realizzare. Questi luoghi ci trasmettono l’idea dell’imperfezione, più che del trionfo. Perché tutti i monumenti di questo tipo sono sproporzionati per gli esseri umani che li abitano, e tutti ci ridimensionano. E una funzione importante: trovare la propria dimensione in qualcosa di sproporzionato è uno dei vantaggi dell’esplorazione. In più, queste rovine sono simili a un romanzo poliziesco. Sono un lettore appassionato di gialli e al cuore di ciascuno c’è un mistero. Come ci ha insegnato Hitchcock, il mistero è generato dall’incognito più totale. Alfred Hitchcock lo chiamava “il MacGuffin”, un elemento pretestuoso che cattura l’attenzione del pubblico ed enfatizza la finzione includendo qualcosa di inspiegabile, un’ipotesi assurda. Leggiamo un poliziesco per scoprire la risposta a una domanda assurda che ha una risposta assurda, ma ci godiamo anche l’esperienza durante quel processo. Gli scrittori abili in questo genere letterario non sono solo bravi a creare una trama efficace, ma anche a introdurre un buon MacGuffin, il che è come dire che per creare fiction di qualità conta soprattutto l’ef

UN INVITO A SOGNARE.
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Hubert Robert, Architettonico paesaggio con canale, 1783

ficacia. I polizieschi che funzionano sono come bugie a fin di bene. Viviamo in una società invasa dalle menzogne e ci viene richiesto di accettare e sopportare le più macroscopiche: ma possiamo goderci le bugie benevole e persino crederci, sapendo che non possono assolutamente essere la realtà. Non si perde nulla nel trovare piacere in queste rovine, anzi c’è tutto da guadagnare perché sono fuori dal comune, diverse da tutto quello che conosciamo in parte perché rappresentano qualcosa di noto ma spogliato di ogni elemento riconoscibile. In Francese si usa il termine désincarné per descrivere il processo di “scarnificare”, di privare il corpo della carne. Questa rovina/ monumento è un ideale désincarné. Basti pensare a come nelle sculture classiche è rappresentato il corpo ideale. A differenza di quella tradizione, il désincarné contiene tutti i frammenti di una prospettiva anatomica senza la bellezza della superficie. E queste rovine sono in un certo senso un désincarné architettonico”.

E continua.

“Non c’è paese più ricco di rovine, e quindi di sogni, dell’Italia. L’Italia ha tutto: Grecia classica, Roma classica, barocco, epoca moderna, e anche quella che si definirebbe postmoderna. C’è un particolare tipo di rovina che si sviluppa dagli anni cinquanta, fino ai giorni nostri: la rovina incompiuta. Non un edificio o un monumento lacerato: piuttosto, uno che non è mai stato terminato del tutto. Questo tipo di architettura crea una diversa tipologia di rovina perché le aggiunte e le sottrazioni dall’intero sono arbitrarie, in modo completamente imprevedibile. È come se un costruttore quasi surrealista avesse all’improvviso iniziato a erigere qualcosa e altrettanto all’improvviso si fosse fermato per motivi che non scopriremo mai, quindi si possono incontrare scalinate che non portano da nessuna parte e pali che non sorreggono nulla, ogni genere di anomalia architettonica. Il piacere di contemplare queste rovine è il piacere di indovinare come sono arrivate fino a lì e perché sono finite così. È uno stile internazionale, in un certo senso, ma anche peculiare dell’Italia, anzi, della Sicilia, visto che è da lì che ha avuto origine. Se si capisce un po’ come funzionano le cose in Italia in generale - basti pensare al numero dei governi che si sono succeduti e alle divisioni regionali, municipali e nazionali -, non è difficile immaginare che in queste situazioni nessuno era davvero responsabile, ma qualcuno era responsabile di una parte del progetto e qualcun altro di un’altra parte e poi tutti quanti a un certo punto l’avevano abbandonato. Eppure, il fatto che un edificio sia fallimentare perché nessuno lo porta a compimento non lo rende un esempio di fallimento nella progettazione.

In molti casi, si tratta di edifici municipali e statali, imponenti progetti pubblici che in genere mostrano strutture eleganti, particolari, e spesso utilizzano tecnologie del tardo ventesimo e degli inizi del ventunesimo secolo in modi davvero interessanti. La loro bellezza sta proprio nel fatto che sono incompleti. Il fatto di mostrare l’ossatura nuda dello stile li mette su un piano del tutto diverso rispetto a un edificio compiuto e in uso. Se si nota come un singolo pilastro campeggia nello spazio - segno misterioso che paradossalmente

evoca memorie di un’antica stele -, se si considera come il binario di una ferrovia può essere visto come un problema di prospettiva, e il modo in cui un vuoto in un ponte si può considerare come il disegno di una struttura che di fatto non è stata costruita, si scopre di poter percepire quello che l’architetto aveva in mente, anche se il suo pensiero non si è poi tradotto in una costruzione strutturale. Tutti questi edifici incompleti sono giochi psicologici e visivi, eppure esistono davvero. Si possono studiare da vicino, e anche ritrarre, come gli artisti ritraevano le rovine. Ma in loro presenza siamo di fronte a un gioco concettuale basato sulla realtà percettiva.

Molti faticano ad apprezzare la bellezza dell’architettura moderna e contemporanea perché i loro materiali non evocano ciò che solitamente si associa agli edifici classici. Sotto molti punti di vista, questa difficoltà è associata all’antropomorfizzazione del processo di creazione degli edifici. In questi monumenti incompleti, il materiale predominante è il cemento armato. Viene versato a tonnellate, ed è attivo, vivo, ma non si presta alla lavorazione manuale, tranne forse se pensiamo all’intelaiatura. Molti trovano l’assenza della manualità in un certo senso alienante. E perché? Il cemento è uno dei materiali primari usato dagli architetti modernisti. Ha una sua espressività tattile e la notevole capacità di assumere qualsiasi forma. Il suo utilizzo in questa particolare maniera è del tutto umano, intenzionale. Per esempio, ci sono magnifici edifici della marina che mostrano tutta la bellezza del cemento quando è lavorato in modo elegante. Ma anche quando è irregolare, o usato come strumento da costruzione vernacolare, questo materiale permette ogni tipo di incognita visiva, dando forza espressiva alle superfici. In questi edifici il cemento non è miscelato o applicato alla perfezione, e le superfici risultano irregolari. Il materiale non tiene bene come dovrebbe e dà inizio al processo che porta alla rovina. Paradossalmente però, questi incidenti e particolarità rendono il fallimento dei materiali un dettaglio speciale da osservare. Detto questo, il cemento è un liquido che diventa solido, e quindi in un certo senso ciò che si vede è l’incarnazione di una metamorfosi davanti ai propri occhi, cristallizzata nella sua forma finale. Mi piacciono molto questo tipo di rovine, in un certo senso più di quelle antiche, che insegnano il senso della perdita, evocando un inavvicinabile Età dell’Oro. La rovina contemporanea invece è avvicinabile. Le dimensioni sono impressionanti. Le superfici, anche se irregolari, sono impressionanti. Il suo lato umano, che include la stupidità, è così esplicito da divenire un oggetto filosofico. Marcel Duchamp parlava fondamentalmente di oggetti-pensiero e gran parte dell’architettura, che sia bella o brutta, perfettamente realizzata o incompleta, è un oggetto pensato. Poter vagare tra oggetti-pensiero di questo tipo significa essere soli con altre persone e trovare la propria strada. C’è anche sempre una vaga sensazione di avere di fronte una casa infestata dai fantasmi, e quindi se si è soli, ci si può sentire leggermente a rischio. Potrebbe esserci qualcuno nascosto tra le sue mura, oppure un pericolo, un Minotauro nella caverna. Troveremo un Minotauro in questa caverna? Forse no, ma non si può mai sapere”.

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Estratto del saggio “Liberare i sogni: l’Incompiuto Siciliano” di Robert Sorr, New York, 2018.
Hubert Robert, Rovine di tempio dorico, 1783

Il primo a occuparsi, in Italia, nel 1992, di opere pubbliche incompiute, non fu un giornalista o un intellettuale, ma un pupazzo rosso armato di telecamera. Stiamo parlando del Gabibbo di “Striscia la notizia”. La modalità di racconto è quella che conosciamo bene: servizi che alternano inquadrature di strutture fatiscenti – insistendo sugli atti di vandalismo – a informazioni sugli sprechi di denaro pubblico, spesso inserendo la celebre battuta di Totò “E io pago”, scatenando così l’indignazione dei cittadini. Servizi che, proprio per la loro ripetitività, finiscono per soffocare l’oggetto che vorrebbero raccontare, poiché, come ammette lo stesso Antonio Ricci, autore e produttore televisivo, “qualunque cosa ripetitiva in tv immediatamente passa, tende a essere rimossa: la gente gira e non la guarda più”.

“Quando abbiamo iniziato con Striscia la notizia non si avevano informazioni sulle opere incompiute. La cosa buffa era che non erano proprio percepite, non si vedevano e nessuno ne parlava. Il primo servizio che facciamo è a Sanremo, nel ‘92, si tratta dell’Aurelia bis e ci va il Gabibbo. È un viadotto che finisce in un cimitero. I progettisti non hanno calcolato bene le dimensioni e la strada è costretta a interrompersi perché i piloni si sarebbero dovuti costruire all’interno del cimitero. Le immagini erano spettacolari: il Gabibbo si sporgeva dall’alto del viadotto incompiuto e guardava giù verso le tombe. Sembrava un’installazione artistica con fin troppe facili metafore sul senso della vita. Da quella volta ho capito un sacco di cose, cioè che, per esempio, di strade che finivano nel nulla non ce n’era solo una, vicino a casa mia, ma ce n’erano tantissime e in tutta Italia. Solo che nessuno diceva nulla, nessuno ne parlava per un motivo anche banale, una notizia così non interessa a nessuno se non al giornale locale e a volte neppure a quello. Le pagine locali sono spesso condizionate dai politici del posto che hanno tutto l’interesse a censurare le notizie di sprechi di denaro pubblico avvenuti sul territorio.

Striscia è stata la prima trasmissione ad avere la posta elettronica; l’aveva impostata, in maniera sperimenta-

le, un mio amico dell’università di Genova. All’inizio ci scrivevano persone molto documentate; arrivavano notizie che già al 99 per cento erano vere, mandavano la documentazione ed era facile andare a verificare le segnalazioni. I cialtroni, i mitomani, i molestatori non avevano ancora fatto la loro comparsa, scrivevano ancora nei gabinetti pubblici. Il contatto diretto con i segnalatori ci ha dato un vantaggio immediato, ci ha aperto lo sguardo su un’Italia sommersa che neppure riuscivamo a concepire. Non c’erano solo strade che finivano nel nulla per l’imperizia dei progettisti, tante erano state fatte solo per assegnare gli appalti. Era l’Italia pre-tangentopoli. Mi ricordo un ospedale vicino a Torino: i malati stavano nell’ospedale vecchio e fatiscente, quello nuovo non era aperto perché incompiuto, però c’era il riscaldamento funzionante. L’appalto era stato affidato e quindi bisognava consumare per incrementare le tangenti. Ci chiedevamo: ma che Italia è questa? Come può durare una cosa così? I fatti che noi denunciavamo avevano come unico risultato quello di farci querelare dai politici. Avevo sottotitolato Striscia, “La voce dell’impotenza”. Poi scoppiò tangentopoli. I politici che ci avevano denunciato furono beccati uno a uno. E per lo meno passò un po’ di tempo prima che riuscissero a riorganizzarsi”.

E continua.

“C’è anche un’altra cosa curiosa di cui mi parlava Italo Rota, ovvero il fatto che i centri delle grandi città, le zone dei grattacieli, sono vuoti. In Italia e anche in tutta Europa ci sono dei fondi che comprano queste aree senza alcuna intenzione di farle abitare, non hanno interesse nemmeno ad affittarle e rimangono così, vuote, mere operazioni finanziarie. In provincia invece hanno un qualche successo quelli che Renzo Piano definisce “progetti vaselina”: si assolda un archistar, disponibile a sottoscrivere un affare indigeribile, e la plebe, accecata dalla notorietà del progettista si inchina, limitando al minimo le proteste. Quando abbiamo iniziato a far vedere le opere incompiute,

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DA QUANDO SE NE PARLA.
Vittorio Brumotti inviato da Striscia la Notizia sugli Incompiuti italiani

a nessuno era venuto in mente che potessero fare ascolto, lo abbiamo fatto come missione senza sapere come sarebbe andata, ma a un certo punto siamo stati contattati dalla Corte dei Conti che ci chiedeva informazioni e filmati sulle opere incompiute. La maggior parte non erano localizzate e loro non ne conoscevano l’esistenza. Siamo stati anche da Mario Monti, Presidente del Consiglio, che aveva chiesto pubblicamente di ricevere tutte le informazioni disponibili sulle opere incompiute e gli abbiamo portato tutte le videocassette di Striscia. Non so che fine abbiano fatto. Non so neppure se Sky TG24 si sia messo a fare tanti servizi sulle incompiute (tra l’altro moltissime repliche dei nostri) sperando di fare ascolto. È un bel mondo di mostri e misteri in cui addentrarsi ma, a ben vedere, anche le opere incompiute sono ripetitive, e qualunque cosa ripetitiva in tv immediatamente passa, tende a essere rimossa: la gente gira e non la guarda più. Anche da un punto di vista spettacolare, puoi mandare il Gabibbo e poi i vari inviati sul territorio, a piedi, mascherati o a far acrobazie in bicicletta, ma ti sembra sempre di vedere la stessa cosa perché sono tutte uguali, perché hanno tutte lo stesso stile: strutture incomplete, invase dalla vegetazione o dagli abusivi, armature in vista, serramenti sradicati, interni svuotati, impianti elettrici smantellati. E alla fine una vale l’altra, come lo stacchetto delle veline, la gente sa già come va a finire e cambia canale”.

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“Io non ho mai finito niente nella mia vita. A volte faccio fatica a finire anche le mie stesse frasi. Non ho finito l’università e mi mancava un solo esame. Sarei potuto diventare un attore. Ero anche bravo, ma quando ho saputo che potevo riuscirci ho lasciato. Così con il tempo mi sono innamorato di tutto quello che è frammentario, abbozzato, incompiuto. Incrocio stadi senza spettatori, dighe senz’acqua, ospedali senza pazienti e garage senza uscite consegnati a un eterno incompiuto. Scopro rovine nate rovine e rintraccio memorie di luoghi senza passato, e senza futuro”.

Unfinished Italy, Benoit Felici

È interessante scoprire come, oltre all’architettura, altre discipline si stanno rapportando con la materia incompiuta che, essendo incompleta, è per sua natura a disposizione, almeno concettualmente, per ogni forma di esperimenti. L’arte, il cinema, le performance e le installazioni trovano degli oggetti a cui è possibile attribuire un certo valore poetico, perché si è di fronte a una materia potenziale, interpretabile, manipolabile, aperta al futuro. Ne riportiamo qui di seguito alcuni esempi.

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IN ALTRE DISCIPLINE.
INCOMPIUTO
Il regista del film Unfinished Italy, Benoit Felici

Unfinished Italy è un documentario breve del 2011 diretto dal regista Benoit Felici, della durata di 33 minuti. Benoit Felici è nato nel 1984 in Francia, ma le sue origini italiane e la passione per il documentario lo hanno portato a studiare alla ZeLIG, scuola di cinema documentario del nord Italia. Ha lavorato per diverse case di produzione, anche all’estero, specializzandosi in regia.

Il film è parte di un progetto documentaristico ancora in corso che raccoglie attraverso immagini architettoniche il primo frammento di un’Europa mai finita e che potrebbe spingersi più in là sino a tener dentro immagini di un Occidente mai finito, dal momento che il mai finito si trova dappertutto, nel mondo. Unfinished Italy racconta un’Italia patria delle rovine mostrando l’incompiuto, lo stile architettonico più importante dell’Italia tra la fine della Seconda Guerra Mondiale e i giorni nostri, come vedremo. Nello specifico, si sofferma sulla regione Sicilia, ad oggi la regione che conta il maggior numero di opere di questo tipo. Si narra di edifici in un limbo tra la perfezione e il nulla, abbandonati a metà della loro costruzione, caduti in rovina prima ancora di essere utilizzati: stadi senza pubblico, ospedali senza pazienti, teatri che dopo cinquant’anni non hanno ancora visto la loro prima. È uno studio sul valore potenziale degli edifici incompiuti in Italia e sulla capacità dell’uomo di adattarli alle sue esigenze quotidiane.

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“Unfinished Italy”, Benoit Felici
Incompiuto - Diga a Caprile, Belluno, Veneto

Il racconto restituisce il paesaggio e il territorio siciliano con rarissima lucidità e si spezza tra diversi luoghi, raccontati da altrettanti personaggi:

a. Un pastore metafisicamente incoronato dal teatro di calcestruzzo d’un acquedotto vuoto, in mezzo al suo pascolo.

b. Una famiglia che ha realizzato prima un orto, poi una casa su di un viadotto sospeso a metà.

c. Un gruppo di cittadini che ha iniziato ad usare lo scheletro di uno stadio da polo come spazio comune.

d. Un collettivo di giovani artisti, Alterazioni Video, che censisce da anni l’Incompiuto Siciliano e vuole farne un museo, conservarne memoria.

Trattando il tema dell’incompiuto architettonico e scartando ogni preconcetto moralistico, si corre sempre un duplice rischio: di estetizzarlo oppure di esaltarne la spontaneità presunta, come fosse frutto d’uno stile di vita più libero di quello imposto dalla civiltà moderna. Benoit Felici scarta entrambi questi pericoli. Non moralistiche, le sue immagini riescono semplicemente a mostrare un paesaggio e una storia, mettendo in moto un ragionamento. Da questo film si potrebbero trarre diverse domande: cos’è questo paesaggio incompiuto? Natura o artificio? Cosa sono gli uomini e le donne che attraversano e riplasmano quei territori? Cittadini? E di quale istituzione e in quale tempo storico e su quale diritto, pubblico o privato?

Il film mostra una politica che non si esaurisce in uno spazio, ma disegna un tempo storico, un’epoca: dunque un’etica, un dispositivo economico, dinamiche conflittuali, una determinata idea progettuale, che vanno guardate tutte intere e nella loro verità di fondo.

Il mai finito architettonico - come l’irrealizzato eppure compiuto sogno moderno - non vanno letti come eccezioni, errori, scarti ma come la regola, o una delle regole che hanno definito la modernità.

Questi ingombri edificati sono traduzione materiale d’una razionalità precisa, vampiresca, orientata al profitto ed esercitata consapevolmente sul corpo vivo di uomini e donne. In Sicilia, queste incompiute raccontano il volto nero dello sviluppo e della pianificazione: una estremizzazione per la quale, come ha scritto lo storico dell’architettura Manfredo Tafuri, “opere pubbliche ed edilizia fungono da mezzi di contenimento della disoccupazione“ su territori cui è assegnata scientificamente la funzione di serbatoio di manodopera per le aree industrializzate”.

Se il profitto è la logica, finito il banchetto, capitale e stato pianificatore si ritirano in buon ordine. Ma così facendo lasciano briciole, frammenti, segni evidenti della modalità concreta attraverso cui la modernità ha fatto scena su una parte del mondo.

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Incompiuto - Diga di Blufi, Palermo, Sicilia

A partire da questa rilevazione si scatena la serie di questioni che pressano sul presente. Quale racconto attraversa il film? Quali vite? Quale politica è possibile dopo la modernità? E quale architettura?

Pensare l’architettura e la politica del mai finito significa innanzitutto operare uno scarto teorico rispetto all’idea che il progetto moderno vada portato a termine: no, esso si è compiuto non realizzandosi.

Per riprendere a pensare, progettare, costruire il futuro allora abbiamo bisogno di ridefinire la nostra griglia concettuale. Si può fare politica e pensare l’architettura in modo sperimentale. Pensare la politica e l’architettura come sperimentazione significa partire dalle condizioni concrete, materiali, del mondo che abitiamo, e individuarne le potenzialità.

La sperimentazione chiama quest’ultima parola, trasformazione. E cosa fanno il pastore, i ragazzi allo stadio, le mille vite che ci racconta Unfinished Italy? Trasformano un’offesa, un diritto negato, un atto di violenza in uso, gioiosa riappropriazione di quanto non è mai stato pubblico e non può più esser privato. Aprono la strada a una serie di interventi, azioni, produzioni che sono allora comuni. Trasformano il mondo perché sia di tutte e di tutti.

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Incompiuto Diga di Blufi, Palermo, Sicilia

Frameworks è una serie fotografica in corso, che verrà ampliata nel prossimo futuro, realizzata dal fotografo Sam Laughlin con l’aiuto del geografo urbano e dell’architettura Mark Minkjan.

Nato nel 1990 nel Cambridgeshire, Regno Unito, Laughlin ha studiato fotografia documentaria presso l’Università del Galles, a Newport. La sua pratica riguarda la varietà di forme e processi sia naturali che artificiali. Molti dei suoi lavori sono caratterizzati dalla lentezza e si concentrano sui processi naturali, sugli ecosistemi e sul comportamento degli animali, oltre all’utilizzo dell’architettura per confrontarsi con temi più ampi. Ha esposto sia nel Regno Unito sia a livello internazionale.

Per la serie Frameworks, Laughlin ha immortalato strutture incompiute in Italia, Spagna, Gran Bretagna e Germania, che rappresentano una fase tra uno stato e l’altro, una soglia verso un futuro non chiaro. Osservando le immagini, si nota uno stato strutturale ambiguo che non rivela direttamente il destino degli edifici. Alcune strutture assomigliano a rovine greche o semplicemente a un mucchio di resti di calcestruzzo, mentre altre si ergono fiduciose, in attesa del loro futuro promesso. Forse non sono ancora rovine architettoniche, ma piuttosto le rovine di un sistema politico - economico crollato. Si tratta quindi di rovine moderne, o meglio di rovine della modernità, dal momento che la modernità è in gran parte fondata sulle credenze del progresso e dell’economia di mercato. In questo senso, l’opera mostra che gli eventi creati dal mercato e dalle decisioni politiche possono avere esiti indesiderati.

Il titolo Frameworks si addice alla serie, poiché si riferisce alle strutture come a tele vuote che a un certo punto potrebbero essere riempite con un programma e un’attività umana. La domanda è se il loro sviluppo continuerà o se le composizioni di calcestruzzo si ridurranno di nuovo a un mucchio di materiale da costruzione. Se il progresso riprenderà, le tele potrebbero essere colorate in modo diverso da come erano state progettate, aperte a una varietà di possibilità. In un altro senso invece, Frameworks può riferirsi al modo in cui queste “rovine istantanee” dipendono impotentemente dalle strutture economiche, politiche e culturali del loro tempo.

Il lavoro di Laughlin è critico, oltre che informativo e poetico. Poiché le fotografie sono state scattate di notte, staccano ancora di più gli edifici dal loro contesto spaziale e temporale.

Fameworks, n.1 “Frameworks”, Sam Laughlin Fameworks, n.2 Fameworks, n.3

Il 4 settembre 2011 a Modica, provincia di Ragusa, in zona Treppiedi Nord viene demolito lo scheletro di un edificio incompiuto, costruito durante il periodo di incontrollata crescita edilizia degli anni ‘70 dall’Istituto Autonomo Case Popolari. Dietro questo evento si cela l’artista Loredana Longo.

Loredana Longo, nata a Catania nel 1967, è un’artista poliedrica che vive e lavora a Milano. Utilizza svariate tecniche e materiali per realizzare le sue opere, che sono principalmente costituite da installazioni site specific, sculture, performance, documentazioni fotografiche e video. La sua ricerca si può sintetizzare in quella che l’artista definisce “estetica della distruzione”, un insieme di visioni, spesso provocatorie, in cui distrugge e ricostruisce i suoi soggetti, creando opere suggestive e scenografiche che aprono la mente verso nuovi canoni di bellezza. Spesso, l’intero processo, è inoltre documentato da un video. La capacità con la quale utilizza molteplici materiali e tecniche, costituisce sicuramente la prerogativa fondamentale di quest’artista, che ama lavorare sulle grandi dimensioni, non tralasciando mai i particolari.

Demolition#1 squatter è un’installazione, una performance e un video creato da Loredana nel 2011. Demolition significa demolizione, mentre Squatter significa abusivo. La scena è stata allestita nei telai

dell’edificio situato a Treppiedi, in provincia di Modica, un complesso edilizio che non ha superato il test di sicurezza e stabilità standard, rimanendo incompiuto. Lì, in un piccolo spazio al secondo piano di uno degli edifici, è stata ricreata una costruzione abusiva da parte di un senza tetto. Per pochi giorni, l’edificio non finito diventa l’abitazione di uno squatter, che porta lì oggetti, colori, affetti, la vita sgangherata e le azioni quotidiane. I materiali utilizzati erano cartone, tessuti, plastica, finestre rotte e materassi. Il video è stato girato prima, durante e dopo la demolizione e ha documentato il crollo, momento catartico e devastante. Successivamente, l’artista ha creato dei mattoni in cemento e detriti con le macerie generate dalla demolizione.

Demolition #1 Squatter, è un vero e proprio cambiamento di visione. È possibile leggere il progetto attraverso tre passaggi: la visione, l’azione, la registrazione. Il primo passaggio è concettuale: riconoscere a un edificio incompiuto e mai abitato un valore. Fisico prima di tutto, elevandolo a oggetto di studio e applicazione di un processo artistico a prescindere da un giudizio di valore, bello/brutto, abusivo/in regola; poi come “patrimonio visivo”, perché questa costruzione ha fatto parte per circa trent’anni di un paesaggio consolidato, e infine potenziale, nel vedere nello scheletro la sua disponibilità a essere abitato.

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“Demolition #1 Squatter”, Loredana Longo Prima della demolizione, lo scheletro mostra la sua attitudine ad essere abitato

Il secondo è quello di comunicare il cambiamento di visione per mezzo di un’azione. Attraverso l’occupazione di una parte dello scheletro, mostra l’attitudine dello scheletro ad essere abitato. Infine, l’esplosione, ma per Loredana non è affatto la fine. La demolizione è la testimonianza ultima di un passaggio di stato, è materia di costruzione per altro. La registrazione e gli scatti diventano il fissaggio di un evento unico e non ripetibile. Loredana Longo ha visto in pochi secondi la realizzazione del suo progetto, nel crollo di un edificio. Ha visto - prima - quello che molti rifiutano di vedere, e ancora oggi continua a vederlo e a farlo vedere a chi non lo vedeva. Ha riconosciuto e visto un materiale potenziale, lo ha trasformato e lo ha fatto diventare altro.

La demolizione rappresenta il passaggio di stato

ALTERNATIVE ALLA DEMOLIZIONE.

Quando si interviene su di una struttura esistente la scala dell’intervento è obbligatoriamente già segnata dalla sua consistenza. Si potranno operare, in virtù dei regolamenti edilizi, piccole demolizioni o modeste aggiunte di volumi ma la dimensione complessiva e l’impatto urbano dell’operazione saranno generalmente già definite dalla consistenza fisica del manufatto esistente.

Scaturiscono da queste considerazioni due possibili modi di interpretare una struttura intelaiata incompiuta: un primo modo vede la struttura come supporto al servizio di un sistema di riconfigurazione autonomo, giustapposto o sovrapposto ad essa; un secondo modo fa invece proprie le logiche ordinatrici dello schema strutturale dato, producendo una nuova figurazione a partire da una interpretazione delle regole spaziali del reticolo esistente. Nel primo caso l’operazione ha più a che fare con la dimensione estetica del design, con l’idea di un bell’involucro da calare a mascherare lo scheletro. Nel secondo caso i sistemi intelaiati in calcestruzzo armato assumono invece il ruolo di apparati di misurazione dello spazio, grazie ai quali si definiscono gli impalcati relazionali tramite cui tenere assieme le diverse possibilità dello spazio contenuto. È proprio a partire dai vincoli dimensionali che queste strutture impongono che si può avviare un percorso di progettazione potenzialmente sempre diverso, come diverse sono le armonie musicali che le sette note, variamente imbrigliate nel pentagramma,

ci restituiscono. Il reticolo strutturale è infatti lo scheletro che supporta e sostiene l’organismo architettonico e costituisce la parte invariabile della forma e la parte meno deperibile dell’edificio. Un’ulteriore aggravante è il calcestruzzo armato stesso, materiale difficilmente riciclabile in senso stretto, spesso persino dannoso e nocivo. È possibile riciclare i materiali che costituiscono gli impianti termici, elettrici ed idraulici, quelli che rivestono le facciate, quelli che dividono gli ambienti interni, gli arredi e così via. Infatti, l’espoliazione di edifici in disuso o abbandonati è molto praticata per ragioni più o meno lecite di profitto. A seguire, davanti ad un relitto strutturale magari logorato e danneggiato dal tempo, si pone la soluzione drastica della demolizione. Una soluzione spesso giusta sia dal punto di vista dell’investimento finanziario, che del recupero di suolo, ma comunque un atto di distruzione, quindi di “spreco”. La demolizione è un’azione traumatica ed è spesso invocata anche come atto simbolico nei casi di edifici propriamente abusivi o ritenuti frutto di pratiche amministrative e tecniche distorte.

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È possibile allora percorrere altre strade alternative alla demolizione?

Oggi l’incompiuto è presente ancora in grandi quantità ed è destinato a perdurare a lungo, anche e forse grazie proprio alle sue trasformazioni necessarie ma possibili. Tutti i tentativi dell’urbanistica normativa di recuperarlo non hanno portato a risultati evidenti, le norme da sole non hanno effetto, non vengono rispettate o vengono raggirate. Vista la sua quantità, si può tentare di vederlo come un patrimonio potenziale e riattivabile. È possibile affrontare il fenomeno solo con un approccio progettuale, attraverso azioni progettuali e sperimentali sul campo, che siano esse di paesaggio, di architettura o di progetto urbano. Nessuna operazione possibile è esclusa, dalle separazioni alla densificazione, compreso il ripristino dei luoghi originari.

Negli esempi raccolti si vedrà che il lavoro sul campo appena citato si basa sulla descrizione di situazioni precise che costantemente mirano all’incontro tra le esigenze consolidate di chi vive o potrebbe vivere l’incompiuto e il loro ambiente, fisico e culturale.Gli edifici incompiuti non sono suscettibili a essere sottoposti a interventi - tipo o standardizzati. È necessario realizzare trasformazioni concrete e puntuali su organismi architettonici e insediamenti urbani che producano modelli di atteggiamento verso questo particolare tipo di organismi, site - specific e intrecciati con la vita che si svolge al loro interno. In alcuni casi vi è una discrepanza tra le condizioni locali in cui il mai finito è stato edificato a suo tempo e le stesse condizioni locali odierne. Questa discrepanza determina uno spazio di mediazione, e fa sì che l’incompiuto in quanto risorsa, si incontri con le nuove necessità. Vere e proprie invenzioni tipologiche danno vita a nuove forme di aggregazione urbana, sviluppano pratiche interessanti di costruzione in diverse fasi temporali, recuperano situazioni degradate e insolute, fanno registrare nuove forme di adattamento a contesti, anche loro in continuo cambiamento.

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Incompiuto francese individuato da Atelier Coloco Il team di Atelier Coloco intento a trasformare gli squelettes

Monitorare “Observatoire des Squelettes”, Atelier Coloco

Pablo e Miguel Georgieff, dal 2000 al 2004, hanno svolto una ricerca dando vita, nel loro sito web, a un osservatorio globale sugli squelettes, gli scheletri architettonici, sia abbandonati che abitati, ponendo particolare attenzione ai fenomeni di autocostruzione.

Pablo e Miguel Georgieff sono co - fondatori dell’Atelier Coloco, un laboratorio di paesaggio contemporaneo che riunisce paesaggisti, architetti, urbanisti, botanici, giardinieri e artisti. Il loro approccio collettivo si basa sull’invito al lavoro che apre all’impegno fisico di tutti (residenti, tecnici, istituzioni, associazioni, individui) per trasformare il mondo che abitiamo. La pratica di Coloco si concentra sulle dinamiche naturali, sul sostegno agli esseri viventi e sui progetti partecipativi, con l’obiettivo di inventare nuove configurazioni di convivenza. Il loro primo squelette studiato è stato un grattacielo incompiuto e occupato da centinaia di persone in America Latina, sul quale hanno girato il film “Dia de festa”.

Sulla base di questo lavoro di ricerca e raccolta sono seguite delle operazioni concrete in forma di progetti e di prototipi, chiamati “Squelettes a Habiter”, intesi come modelli abitativi che combinano la costruzione industriale con l’autocostruzione. Alcuni di questi modelli sono stati sviluppati a partire da un edificio a San Paolo come base per l’adattamento alle normative brasiliane, altri per la Francia e per l’India, e prevedono diversi passaggi: messa in sicurezza, allacciamento alle reti pubbliche, scelta di un gruppo di abitanti - costruttori che realizzeranno ai loro ritmi e possibilità gli appartamenti, guide alla gestione del cantiere, scambi di savoir - faire tra gli abitanti, etc. L’obiettivo centrale rimane la riduzione dei costi di costruzione per consentire l’accessibilità a molti di avere il proprio alloggio nei grandi centri urbani.

Valorizzare “Spazi indecisi”

Spazi Indecisi è un’associazione che sperimenta dal 2010 interventi di valorizzazione dei luoghi in abbandono, innescando processi di rigenerazione urbana leggera e temporanea attraverso dispositivi culturali che spaziano e ibridano i diversi linguaggi contemporanei. Questi dispositivi culturali trasformano i luoghi in abbandono, prima esplorati, documentati e catalogati, in un campo di indagine e di ricerca per artisti, fotografi, architetti, urbanisti, paesaggisti e cittadini, mettendo in relazione passato, presente e futuro e producendo una riflessione. Ovviamente, tra gli edifici abbandonati, sono state spesso rilevate opere incompiute.

Spazi indecisi ha al contempo realizzato “In Loco”, un museo diffuso con mappatura che racconta il territorio romagnolo rendendo visibili quei luoghi privati e pubblici accomunati dallo stato di abbandono, per valorizzare un patrimonio ai margini e che rischia di essere dimenticato.

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Riqualificare

“Returnable empties”, Laboratorio Rosarno

Rosarno è un paesino in Calabria in cui circa il 10 per cento della popolazione è costituita da immigrati, per lo più provenienti dall’Africa, che stagionalmente o stanzialmente lavorano nell’agricoltura.

Nel gennaio 2010 ha avuto luogo nel paese una rivolta violenta degli immigranti, scaturita dalle condizioni di moderna schiavitù e sfruttamento del loro lavoro nei campi e per le condizioni igieniche e logistiche in cui si ritrovavano a vivere. La conseguente repressione e l’evidenza mediatica dell’accaduto hanno messo alla luce questa condizione diffusa anche in altre realtà simili.

Uno speciale interessamento alla questione ha dato vita a un’iniziativa didattica e di collaborazione con le istituzioni del luogo, il Laboratorio Rosarno, con la partecipazione di studenti provenienti dal Politecnico di Milano e da altre nazioni, guidato da Stefano Boeri, Isabella Inti e Pier Paolo Tamburelli. Caratteristica del paese di Rosarno è infatti quella di essere costituito da molti edifici incompiuti e da una notevole quantità di superfici residenziali non abitate, nella misura di circa un terzo del totale.

Incrociando le due condizioni precedenti, degli immigrati e dell’edificato disabitato a Rosarno, uno dei progetti risultati dal workshop è stato “Returnable emp-

ties”, letteralmente vuoti a rendere, elaborato dagli studenti Francesca Pandolfi, Longjian Qian, Paolo Migliori, Suzie Passquin. Si tratta della creazione di protocolli di intermediazione e di un’associazione, che si occupa sul campo di creare progetti di trasformazione, secondo la filosofia di rimettere in un ciclo vitale il vuoto disabitato di proprietà degli abitanti di Rosarno e farlo incontrare con la necessità degli immigrati. Ancora una volta il mai finito si offre come possibilità. Nel caso di edifici incompiuti, con piani inutilizzati, l’associazione “Returnable empties” si pone come intermediario tra il proprietario della casa e l’immigrato, e fornisce i materiali per la realizzazione di soluzioni abitative temporanee destinate ai soggetti impiegati in lavoro stagionale, oppure materiale e supporto tecnico per la ristrutturazione di abitazioni non utilizzate, che possano quindi costituire soluzioni abitative a lungo termine. Inoltre, per creare nuovi luoghi di aggregazione sociale e integrazione, “Returnable empties” utilizza i tetti non finiti degli edifici come spazi pubblici temporanei per eventi musicali o culturali.

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Edifici riqualificati grazie a Laboratorio Rosarno

Interpretare

“Casa - Ponte”, Randazzo

Un viadotto interrotto e rimasto in sospeso su un corso d’acqua, diventa occasione per una singolare trasformazione. I proprietari della casa adiacente, all’ultimo tratto di viadotto hanno deciso di appropriarsene, dicono, per evitare che le macchine per sbaglio cadessero giù. Sull’ultima campata del viadotto hanno insediato da oltre trent’anni inizialmente un orto, tramite il trasporto di una piccola quantità di terra, e in seguito anche l’ampliamento della loro casa. Con lo stesso atteggiamento con il quale sono realizzati molti edifici incompiuti, senza grandi progetti o richieste di permessi, la complicazione di trovarsi davanti casa una infrastruttura incompleta, apre le porte a questa interpretazione utilitaristica e di appropriazione. La “Casa - Ponte” è stata raccontata anche all’interno del film Unfinished Italy di Benoit Felici.

Incompiuto - Casa Ponte, Randazzo, Catania, Sicilia
60Ricerca LA NASCITA DI UNO STILE.

“Quella dell’incompiutezza è una condizione frequente nelle azioni umane - assai più frequente di quanto non si potrebbe pensare.

In molti casi l’incompiutezza è da far risalire a una decisione (etimologicamente: un “taglio”) che un determinato individuo prende nei confronti di un proprio atto o prodotto, quale che sia, che in questo modo è lasciato in sospeso, permanentemente interrotto. All’interno di questa categoria vanno annoverate tutte quelle imprese che, per una ragione o per l’altra, non soddisfacevano i loro autori e, apparendo loro viziate da una qualche forma di inutilità o inadeguatezza, sono rimaste a metà.

Altre volte invece l’incompiutezza è dovuta a circostanze involontarie, riconducibili alla morte o ad altri impedimenti esterni, ciò che la rende tecnicamente un’impossibilità di portare a termine un’opera. A questa specie di incompiutezza appartengono - nei casi migliori - capolavori come la Pietà Rondanini di Michelangelo, Il castello di Franz Kafka, L’Ottava Sinfonia di Franz Schubert o la Decima di Gustav Mahler, per fare solo qualche esempio largamente noto. In questi casi l’incompiutezza esprime da un lato il raggiungimento di un limite (quello stesso che appartiene costitutivamente a tutti i viventi - ciò che potrebbe far dire che la vita in quanto tale è sempre in qualche modo incompiuta); ma d’altro lato, vi è in essi qualcosa di più e di speciale. Si tratta di opere che nella propria incompletezza, pur dovuta a circostanze apparentemente accidentali, dimostrano non già l’esistenza di un semplice limite, e tantomeno il sussistere in loro di qualche imperfezione, bensì la propria necessaria “infinitezza”: laddove il non finito rappresenta alla lettera quel che oltrepassa il meramente concluso.

Relativamente più rari sono i casi di incompiutezza nella storia dell’architettura. E qui naturalmente bisogna distinguere con cura l’incompiuto dal non realizzato; molti sono infatti i casi in cui (e molte le ragioni per le quali) si verifica quest’ultima evenienza. L’incompiuto architettonico ha invece tutt’altro statuto. Al contrario di quanto accade di solito in pittura, scultura, letteratura o musica, dove l’opera lasciata interrotta da un autore non può ragionevolmente essere completata da altri, nell’architettura il lavoro incompiuto trova spesso il proprio compimento per mano di autori diversi. Si pensi alla cupola della Basilica di San Pietro di Michelangelo, portata a termine con significative modifiche da Giacomo Della Porta e Domenico Fontana; ma anche alla Sagrada Familia di Barcellona di Antoni Gaudì, tuttora in via di esecuzione postuma dopo la morte di questi, avvenuta nel 1926. Ciò accade nei casi in cui l’opera sia ritenuta utile o comunque meritevole sotto altri punti di vista. Nei restanti casi, l’incompiuto rimane semplicemente incompiuto, e la sua condizione pare potersi assimilare a quella degli atti lasciati in sospeso di cui si è già detto; con la sola differenza che, nel caso dell’interruzione di un’opera architettonica, la decisione (il “taglio” - dei finanziamenti, ovverosia dei lavori) non avviene di norma per volontà dell’autore ma per volontà altrui. La considerazione di cui godono le opere di architettura incompiute solitamente non è mai molto alta, e la miglior sorte a cui sembra possano andare incontro è quella di essere rase al suolo al più presto oppure dimenticate.

L’affermazione che l’incompiuto architettonico esistee che può essere considerato addirittura un valore - è dunque paradossale ma non per questo affatto priva di senso. Non si può infatti negare l’esistenza, a tutte le latitudini del pianeta, di edifici abbandonati pri-

ma ancora di essere entrati in uso. Che questo tipo di condizione, poi, fiorisca in particolar modo nella penisola italiana corrisponde anch’esso a un’evidenza innegabile, e persino a una “logica”, per quanto sbagliata e perversa la si possa giudicare. Quando essa si presenta, ciò corrisponde nella gran parte dei casi a uno spreco di risorse che - in quanto tale - prevede sempre l’azione combinata di due fattori non facilmente riproducibili altrove: una certa disponibilità di fondi (pubblici) e una altrettanto certa tendenza (privata) ad abusarne. Chi possiede meno risorse dell’Italia mediamente realizza meno opere pubbliche: chi ne possiede di più normalmente è più attento agli sperperi. Nel far convivere queste due condizioni l’Italia costituisce una strana eccezione. La si può dire davvero maestra nel lasciare le cose a metà. Anche per questa ragione essa può essere indicata come la culla per eccellenza dell’incompiuto architettonico: esattamente come - per ironia della sorte, in modo uguale e contrario - essa è anche la culla per eccellenza del patrimonio architettonico. Ma c’è di più: in Italia, non soltanto l’incompiuto architettonico sussiste come prova tangibile di un diffuso malcostume politico, economico e sociale ma - punteggiandone i territori e conformandone i paesaggi - esso qui può elevarsi addirittura al livello di “stile”. Come e perché questo accada - pur non essendoci a suo riguardo alcuna consapevolezza o intenzionalità da parte dei suoi “autori”, i quali anzi lo subiscono come una negazione del loro lavoro (benché a ben guardare essi stessi contribuiscano spesso a favorire l’interruzione con i costi esorbitanti che le loro opere faraoniche comportano) - è qualcosa che, fuori dal contesto italiano, sarebbe difficilmente spiegabile; e invece, è proprio qui che il “mistero” risiede, che il “miracolo” si compie: l’Incompiuto diventa stile. Uno stile “di fatto”. Uno stile malgré soi. Uno stile che è anche - e ancora di più - uno “stile di vita”: modus vivendi et operandi tipicamente italiano. In esso convivono vizi e virtù del nostro paese: furbizia e capacità di adattamento, inerzia e inventiva. Non vi è forse talento italiano più grande - ma anche suo più grande difetto - della capacità di sapersi arrangiare nelle situazioni difficili. Lo stato di incompiutezza di molti edifici e infrastrutture è la fotografia più precisa e realistica di quest’ambigua “arte” “italiana: dove arrangiarsi equivale a ingegnarsi, adeguarsi, fare di necessità virtù, tirare a campare. Affermare che l’incompiuto architettonico è uno stile - e uno stile di vita - italiano non vuol dire in alcun modo legittimarIo o giustificarlo: significa innanzitutto additare il problema, e non limitarsi a ignorarlo o a occultarlo, come si è fatto finora; ma significa anche sforzarsi di riconoscere in esso le potenzialità che vi sono latenti: come se la sua incompiutezza non fosse esclusivamente il frutto (avariato) di un caso o di un calcolo, ma rappresentasse piuttosto una condizione di feconda “apertura”, dalla quale si possano generare ulteriori sviluppi. E ancora di più, qualcosa dalla cui incompletezza - come fosse l’immagine speculare dei capolavori cui si è fatto cenno all’inizio - si lasci trarre la qualità di ciò che è infinito”.

Estratto del saggio “L’Incompiuto come stile (di vita)” di Marco Biraghi, Milano, 2018.

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Al di là dei numeri e delle raccolte fotografiche che mostreremo nel capitolo di analisi, che pure sono indispensabili a identificare il problema dell’Incompiuto e averne coscienza, basta guardarsi intorno per rendersi conto di come questo fenomeno sia esteso. Il paesaggio della periferia italiana è un cantiere aperto continuo, un’immagine cristallizzata del Bel Paese degli anni Sessanta, l’Italia del Piano Marshall che era stata il motore di questo stile. Il frutto di quello che fu un vero e proprio fenomeno sociale negli anni della ricostruzione post bellica, come abbiamo visto, è un ammasso di manufatti edilizi in calcestruzzo, ed è proprio questa la premessa per la quale l’Incompiuto ha ragione di essere definito un vero e proprio stile, nonostante l’apparente paradosso.

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Lo stile è un insieme di caratteristiche che identificano la tendenza artistica di un’epoca o di un autore, esattamente come l’Incompiuto italiano definisce, per numero ed estensione territoriale, la produzione architettonica del nostro paese dal dopoguerra ad oggi. L’insieme delle caratteristiche che lo identificano sono evidenti, a partire dai materiali da costruzione, ovvero il calcestruzzo armato, scelto dalle ditte appaltatrici per il basso costo di realizzazione e la facilità della messa in opera, seguito dai mattoni in laterizio. All’utilizzo di questi materiali poveri ma relativamente duraturi e versatili, è dovuto il definirsi del secondo punto chiave dell’Incompiuto come stile architettonico: la megastruttura. Dighe, palestre, case popolari, viadotti, centri polifunzionali, strade sopraelevate, sono frutto del desiderio di strafare, del pensare in grande per promuovere lo sviluppo, segno distintivo di queste architetture isolate e imponenti, che si elevano verso l’alto. Ulteriore punto chiave sono le piante infestanti e le erbe spontanee: tratto di congiunzione tra le varie strutture e il contesto che le circonda. Importante è infatti la stretta relazione delle opere incompiute con il cosiddetto terzo paesaggio, definizione introdotta dal paesaggista francese Gilles Clément per indicare i luoghi abbandonati dall’uomo, sui quali la sua traccia è tangibile, ma che sono stati lasciati a se stessi, divenendo luoghi privilegiati del cambiamento ecologico. Il terzo paesaggio rappresenta tutti quei luoghi in cui l’assenza dell’attività umana ha generato un rifugio per la conservazione della diversità biologica. Volendo stare al suo pensiero, non dovremmo né distruggere né completare queste opere, ma fare semplicemente in modo che vengano riconosciute come elementi di land art, un intervento artistico sul territorio naturale a opera di autori ignoti, il cui motivo d’essere sta nel suo stesso significato estetico. Ma l’Italia dell’Incompiuto ha bisogno che queste ultime siano più di semplici monumenti alla corruzione: almeno una parte di queste strutture ha il diritto di essere distribuita alle comunità per le quali è stata pensata.

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IncompiutoStazione di San Cristoforo a Milano, Aldo Rossi, Lombardia

Non esiste uno stile architettonico in Italia che abbia mutato tanto radicalmente il nostro paesaggio negli ultimi decenni come l’Incompiuto, esso è, che ci piaccia o meno, il segno distintivo della nostra contemporaneità. Il popolo italiano ha accettato questo stile come tale e si è abituato alla sua presenza nel panorama urbano della sua realtà territoriale. L’Incompiuto quindi, è un fenomeno sociale, prima ancora che architettonico. Il nostro bagaglio culturale ed artistico ci impone di prendere una netta posizione nei confronti di questo fenomeno, per demonizzarlo una volta per tutte.

Concludiamo dunque riportando un breve saggio scritto dai Wu Ming in occasione della pubblicazione del progetto di Alterazioni Video sulla rivista Abitare nell’ottobre 2008. Wu Ming è un collettivo di scrittori fondato nel 2000 in Italia, il cui nome, che in mandarino significa “nessun nome”, sottolinea la volontà assoluta di porre l’attenzione esclusivamente sulle loro opere più che sull’autore delle stesse. Il contenuto del saggio permetterà dunque un ulteriore riflessione sulla veridicità nel definire l’Incompiuto un nuovo stile architettonico.

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Incompiuto - Parco Chico Mendes, Giarre, Catania, Sicilia

“Che cos’è uno stile?

Tratto che accomuna e distingue, che identifica e coglie il segno di un’epoca. Ricaduta estetica, etica, antropologica. Pratica ripetibile, che sedimenta, stratifica, trova epigoni e variazioni. Fenomeno che fa scuola pur in assenza di un’accademia.

Solco che attraversa territori e gruppi sociali, ne informa i comportamenti, ne marchia le rappresentazioni, plasma la percezione delle comunità. Riconoscibile. Per analogia capace di evocare similitudini, individuare discontinuità. Tecnica che si fa discorso, e viceversa. Materiale, colore, strumento, forma, linguaggio. Tracce indelebili e peculiari. Racconto di un mondo e di un tempo attraverso una cifra, un segno, una griffe, una coerenza interna.

Tutto questo, per essere tale, ha anche bisogno di essere consapevole? Non credo.

Mi aggiro, virtuale, in territori lunari, tutti diversi, e simili: non vi sono facce, persone. Solo forme, strutture: essenziali, scarne, astratte. Scorgo continuità, analogie. Sembrano richiami reciproci, citazioni. Versi di balena che entrano in risonanza pur se distanti centinaia di miglia. Semisfere, torri, cubi. Asfalti, cementi. Armati. Vetro, acciaio. Ordigni puntati verso l’alto, o l’ambiente intorno. Grigio, in tutti i toni. Crema, azzurro tenue. Al limitare, sterpaglia, gramigna, vegetazione incontrollata. Dai bordi, dalle crepe. Ospedali, uffici amministrativi, strutture per lo sport. Svincoli, cavalcavia, autostrade. Complessi industriali, centrali energetiche.

Uno stile è metafora. Costanti che alludono a un senso profondo. Raccolgono la verità di un tempo storico in un tratto. Vettori che indirizzano risorse, mentali, fisiche.

Proseguo la perlustrazione. Non luoghi dell’inesperienza. Niente affatto banali. O insignificanti. Un passo avanti ulteriore, forse decisivo, rispetto ai non luoghi, quelli di transito e consumo, che hanno dominato e dominano la scena del pianeta contemporaneo: aeroporti, stazioni, autostrade, centri commerciali. Dopo aver anestetizzato prima, eliminato poi, le percezioni - durata, distanza, identità, sapori, odori - si giunge all’abolizione stessa dell’umano. Non contemplato,

non previsto, rimosso, l’uomo si trova solo a monte dell’opera, poi scompare. Ne avvia il processo, la realizzazione. Apre il cantiere. Innesca l’ordigno. Infine l’opera viene consegnata alla sua funzione ideale. Spazio puro, astratto, e al tempo stesso forte, concreto, presente. Puro motore economico, vettore finanziario, macchina - profitto che alimenta se stessa in perfetto equilibrio. L’opera incarna il sogno del liberalismo contemporaneo. Lo realizza. La fabbrica senza operai, l’ospedale senza malati. l’università senza studenti. La città priva di abitanti.

Il crimine, oggi, possiede un’intelligenza strategica decisiva. Guarda avanti, pianifica, elabora. Pensa. Anticipa. Legge il tempo, si sente al passo con esso, il suo miglior interprete. Il crimine, oggi, ha stile. Crea stile. Oltre che valore. Troppo spesso guardiamo a fenomeni importanti con lenti sbagliate, inadatte a comprenderli. Emergenza, degrado, incuria, corruzione, incompetenza, arretratezza. C’è anche questo, senza dubbio, ma c’è molto altro, e di più.

Ai loro estremi opposti. Strategia, scelta. Economia, drenaggio di risorse pubbliche e private. Produzione di reddito, e sua distribuzione. Controllo del territorio, e della forza lavoro che lo popola. Gestione dei flussi, finanziari e migratori. Analisi acuta e di lungo periodo sul funzionamento del potere, sul suo mantenimento. In oltre quattro decenni di esistenza, Incompiuto Siciliano si propone come insorgenza da osservare in profondità. Fenomenologia di tale pervicacia e resistenza che non può che contenere un segno e un significato di rara potenza ed efficacia.

Quaranta e più anni che hanno inciso in profondità il suolo e la carne del paese, ne hanno plasmato l’ambiente e la comunità. Si sono stratificati, prima sulla superficie, poi nella memoria, nella coscienza, nell’immaginario collettivo.

Incompiuto Siciliano ha fondato un’etica e un’estetica propria, con cui è necessario fare i conti fino in fondo. Senza banalizzazioni, o scorciatoie di comodo. Un’etica e un’estetica: i pilastri su cui ogni stile poggia. Metafora tra le più calzanti per descrivere questo lembo di terra che si allunga nel Mediterraneo, il suo presente. Giarre. Capitale d’Italia”.

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Fenomenologia dello stile, Wu Ming, 2008 Incompiuto Parco Chico Mendes, Giarre, Catania, Sicilia

Al termine della fase di ricerca risulta necessario trarre delle conclusioni, al fine di estrapolare dei concetti fondamentali e delle parole chiave che solidamente faranno da base alle successive fasi di analisi e progetto. Lo schema di seguito intende estrapolare questi principi.

Le parole in arancione suddividono l’elenco in cinque macro temi per raggruppare i concetti in aree tematiche.

“Cosa” inquadra il soggetto della sintesi, ovvero l’Incompiuto, con i suoi sinonimi più utilizzati.

“Caratteristiche” elenca gli elementi fondamentali che caratterizzano, appunto, gli edifici incompiuti sia in termini materici, come il calcestruzzo, sia strutturali, come lo scheletro - telaio nudo. Questa parte verrà analizzata più nello specifico nella seconda fase di Analisi.

“Percezione” racchiude i sentimenti espressi dalla collettività nei confronti di questi edifici, ecomostri dimenticati che interrompono il paesaggio e passano inosservati, a seguito di un’accettazione visiva che si delinea oramai come un fenomeno culturale.

“Difficoltà” elenca le percezioni negative correlate all’Incompiuto e ne inquadra le principali cause, ad esempio le speculazioni edilizie che hanno generato violenti ferite nel sistema delle infrastrutture del nostro Paese.

Infine, “possibilità” include le terminologie orientate verso una prospettiva futura, parole positive che lasciano spazio all’immaginazione e a nuove operazioni di riscrittura degli edifici Incompiuti.

68Ricerca SO WHAT.

Percezione

incompiuto italiano non finiti mai finiti frammenti

calcestruzzo armato materia esistente scheletri nudi strutture involucro telai strutturali crepe mancanza di funzioni vandalismo

Difficoltà

paesaggi interrotti sospensione fenomeno sociale errori rovine contemporanee ecomostri ruderi macerie ingombri monumenti passare inosservati abbandono sconfitta ferite violenza malaffare speculazioni edilizie fallimento

Possibilità

stile architettonico demolizione patrimonio comune ciclo di vita riappropriazione della natura rapporto natura - architettura luoghi della contemplazione possibilità di infinito abitare operazioni di riscrittura impatto minimo nuova vita alternative trasformazione potenziale inespresso progetto aperto relazioni cambiamento leggerezza riconvertire funzionalità attivazione riuso immaginazione contemplare futuro promesso un invito a sognare monitorare valorizzare riqualificare interpretare arte sovrapporre landmark

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Cosa Caratteristiche

A partire dalle parole chiave individuate nello schema precedente, abbiamo estrapolato i concetti più interessanti per dare vita a nuovi ragionamenti a scopo progettuale. In arancione, sono indicati degli spunti e pensieri conseguenti a tale operazione.

Nell’immediato, ci è apparso di vitale importanza per il progetto portare la vita all’interno degli Incompiuti abitandoli. Ciò permetterebbe agli edifici di assolvere finalmente ad una funzione, raggiungendo un grado finale di compiutezza nonostante il distacco dal progetto originale. Per distaccare il “nuovo” dal “vecchio” sarà fondamentale utilizzare materiali diversi, leggeri rispetto al calcestruzzo, così da creare un contrasto visivo e concettuale. Il riutilizzo e risanamento dell’intera area di pertinenza degli incompiuti, grazie all’inserimento degli impianti e dei servizi necessari, potrà stimolare nella collettività un cambio di percezione, da negativa a positiva in merito alla tematica. Per quanto riguarda le abitazioni, ci è parso immediato ipotizzare una soluzione modulare, poiché declinabile in infinite possibilità ed adattabile alla maggioranza degli Incompiuti sparsi in tutto il territorio italiano. Un’idea potrebbe essere quella della realizzazione di elementi prefabbricati, facilmente trasportabili e assemblabili in loco, adatti a tutti i contesti, dalla città alla natura, dalle montagne al mare. Gli edifici incompiuti potrebbero in questo modo diventare landmark di riferimento per il territorio in cui sorgono, a testimoniare la rinascita di un qualcosa che sembrava essere perduto e che invece è diventato sede di nuove opportunità.

70Ricerca RESOCONTO.

Percezione

incompiuto italiano non finiti mai finiti frammenti

calcestruzzo armato materia esistente scheletri nudi strutture involucro telai strutturali crepe mancanza di funzioni vandalismo

compimento

Difficoltà

paesaggi interrotti sospensione fenomeno sociale errori rovine contemporanee ecomostri ruderi macerie ingombri monumenti passare inosservati abbandono sconfitta ferite violenza malaffare speculazioni edilizie fallimento

Possibilità

stile architettonico demolizione patrimonio comune ciclo di vita riappropriazione della natura rapporto natura - architettura luoghi della contemplazione possibilità di infinito abitare operazioni di riscrittura impatto minimo nuova vita alternative trasformazione potenziale inespresso progetto aperto relazioni cambiamento leggerezza riconvertire funzionalità attivazione riuso

immaginazione contemplare futuro promesso un invito a sognare monitorare valorizzare riqualificare interpretare arte sovrapporre landmark

legno, metallo, vetro cambio di prospettiva

impianti

innesto su preesistenza

rinascita dell’area

riuso

landmark

vivere gli incompiuti

modularità

infinite opportunità

prefabbricazione

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Cosa Caratteristiche

Incompiuto: nostalgia o promessa?

Marc Augé, Parigi, 2018

“Si dirà allora che quei grandi progetti, come i “grandi racconti” del XIX secolo evocati dal filosofo JeanFrançois Lyotard, sono arrivati troppo presto in un mondo che non era pronto ad accoglierli, che non hanno superato la prova della storia, e che questo spiega i sentimenti misti di speranza, nostalgia e malinconia che ispirano a chi, scoprendoli oggi, si chiede, come per gli scritti di Saint - Simon, Fourier o Karl Marx, se prefigurano ancora qualcosa di un avvenire possibile o se sono soltanto i resti grandiosi di un sogno abbandonato”.

Incompiuto: nostalgia o promessa?

Marc Augé, Parigi, 2018

“La bellezza dei progetti di cui restavano portatrici, la bellezza di ciò che avrebbe potuto essere, la bellezza del momento in cui tutto era ancora possibile, la bellezza del gesto originale e dello slancio primario bruscamente interrotto. Di quelle rovine anticipate la natura se n’era, in qualche modo, impadronita per fonderle nella bellezza del paesaggio, ricoprendole pudicamente in certi punti di un velo di vegetazione”.

Necessità delle rovine

Salvatore Settis, Pisa, 2018

“Forse bisognerebbe che la riflessione su questo tema considerasse più in generale il motivo per cui “guardare” queste rovine, prima di dimenticarle. E dobbiamo ricordarci che la tutela di qualsiasi monumento, del Colosseo, della torre di Pisa, e anche della Basilica di San Pietro, non deve mai essere una tutela passiva e astratta. Non dobbiamo conservare i monumenti a priori, dobbiamo conservarli accompagnati sempre, diciamo così, da un libretto d’istruzioni mentali”.

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Necessità delle rovine

Salvatore Settis, Pisa, 2018

“Perché noi tendiamo a dimenticare questo tipo di architettura, è questa la tendenza, tendiamo a non guardarle, a non pensarle, o a pensarle come un fenomeno puntiforme, non come un fenomeno globale. Non come una mappa di cose non finite”.

Necessità delle rovine

Salvatore Settis, Pisa, 2018

“Dunque bisogna vedere: le opere che creiamo adesso sono una seconda natura? Si inseriscono nel paesaggio con una certa armonia, o no? Possono un’architettura non finita, un ponte lasciato a metà, una piscina che non ha mai visto l’acqua, uno stadio che non ha mai funzionato eccetera, inserirsi con una loro funzionalità culturale dentro un paesaggio naturale? Perché il problema è: cosa ne facciamo di queste centinaia e centinaia di testimonianze della nostra insipienza?

Abitare l’inabitabile

Paul Virilio, Parigi, 2008

“Cantieri abbandonati, strutture obsolete, nessun culto moderno avvolge questi monumenti senza vita, che non sono rovine di strutture un tempo complete, ma edifici in perenne stato di “incompimento”. Come ferri d’armatura in attesa della colata di cemento, ognuno di essi si apre al cielo. Né chiusi né coperti, più che il talento dell’architetto, i loro muri ricalcano la gestualità di chi li ha costruiti”.

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74Ricerca CASI STUDIO TEORICI. Disegno Highrise of Homes, Studio SITE, 1981

Parola chiave: innesto su preesistenza

Progetto: Highrise Of Homes

Autore: Studio SITE

Luogo: non situata

Anno: 1981

Nel 1970 James Wines, con Alison Sky, Michelle Stone e Joshua Weinstein, fonda a New York il gruppo interdisciplinare Sculpture in the Environment, abbreviato SITE, che si proponeva di dissacrare i miti contemporanei della società dei consumi attraverso un processo di de - architettura, un processo cioè di destrutturalizzazione del concetto di architettura attraverso contaminazioni con le arti visive, e in particolare con la scultura. SITE si impegnava inoltre ad ampliare la portata comunicativa delle nuove costruzioni e seguire i principi di una progettazione ecologica.

Highrise of Homes è un progetto esclusivamente teorico dei SITE ideato nel 1981 per la città di New York. In sintesi, l’idea prevede di utilizzare lo scheletro strutturale di un edificio come una sorta di scaffalatura dove poter inserire case unifamiliari di ogni tipo, anche tradizionali e con la presenza di aree verdi. Lo stesso James Wines ha descritto il progetto Highrise of Homes come una comunità verticale per accogliere i desideri contrastanti delle persone di godere dei vantaggi culturali di un centro urbano, senza sacrificare l’identità della casa privata e lo spazio del giardino associati alla periferia.

Il piano prevede una struttura in acciaio e cemento, da otto a dieci piani, eretta in un’area urbana densamente popolata. Il proprietario dell’edificio potrebbe vendere i lotti all’interno di questa cornice e ogni lotto sarebbe il sito per costruire una casa e un giardino in uno stile scelto dall’acquirente. Il risultato sarebbe una comunità distinta simile a un villaggio su ogni piano, con strade interne. Un nucleo meccanico centrale servirebbe le case ed i giardini, mentre negozi, uffici e altre strutture al piano terra e al piano intermedio

soddisferebbero le esigenze dei residenti. Mentre i grattacieli urbani sono normalmente costituiti da unità identiche, impilate e simili a scatole, Highrise of Homes consentirebbe una maggiore flessibilità e scelta individuale. L’ampia varietà di stili di casa, giardini, siepi e recinzioni descritte nelle intricate immagini fornisce il senso dell’identità personale e della connessione umana che sono generalmente cancellate dagli elementi austeri e ripetitivi del formalismo architettonico.

Mettendo i bisogni sociologici e psicologici dell’abitante al di sopra della sensibilità estetica dell’architetto, Wines produce una fusione di periferia e città, un collage di architetture create collettivamente dai suoi abitanti e dall’arte del caso. Uno degli obiettivi infatti, è quello di offrire un’alternativa alla progettazione abitativa convenzionale nel paesaggio urbano, sostituendola con questo collage urbano anti - formalista di indeterminatezza e diversità culturali creato dagli stessi residenti.

In qualità di fondatore di SITE, James Wines è diventato una sorta di anomalia nel campo dell’architettura: originariamente un artista, il suo approccio alla creazione di architettura come un forma di critica culturale ha colpito il mondo della progettazione quasi universalmente, deliziando allo stesso modo la critica e il pubblico.

Nell’intervista che segue, Wines spiega le idee che hanno dato vita ai primi progetti.

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Intervista a James Wines: Il punto è attaccare l’architettura!

Intervista di Vladimir Belogolovsky realizzata nello studio dei SITE a Manhattan, New York, il 17 Novembre 2015.

Vladimir Belogolovsky: Sei nato a Oak Park vicino a Chicago, una città nota per le sue numerose case progettate da Frank Lloyd Wright . Ne eri a conoscenza fin dall’inizio e questo fatto ha giocato un ruolo particolare nel tuo interesse per l’architettura?

James Wines: Già da bambino ero molto consapevole di Wright come il generatore di tipi di edifici davvero diversi. Subliminalmente, questa esposizione a un quartiere di capolavori deve aver giocato un ruolo importante nel plasmare le mie scelte estetiche nella vita. Sono nato e vissuto a Oak Park fino al mio primo anno di liceo. Mia madre sembrava non gradire le case progettate da Wright e, dal momento che i suoi gusti estetici erano molto modellati dal conservatorismo medio - americano, sentiva davvero che le sue case avevano rovinato il quartiere. [Ride.] Da bambino sono stato attratto principalmente dall’arte visiva, pittura e scultura, poi, al college, sono diventato molto più attratto dall’architettura e dalla storia dell’arte. Ero anche particolarmente interessato ai disegni floreali di Louis Sullivan e ai suoi dettagli architettonici. Ho adorato il modo in cui ha usato luci e ombre. Ho studiato per diventare uno scultore convenzionale, influenzato dal modernismo. Dopo la laurea alla Syracuse University, ho aperto uno studio di scultura a New York e nel 1960 ho iniziato a sperimentare con le sculture costruttivista, cercando di ottenere un sentimento architettonico sperimentando combinazioni ad incastro di cemento, acciaio e ferro. Ma nel 1969 stavo spostando la creazione di oggetti verso un lavoro più contestuale.

VB: Il nome SITE è un’abbreviazione che sta per scultura nell’ambiente. È così che vedi ancora l’intenzione del tuo lavoro?

JW: Bene, il gruppo SITE che ho fondato nel 1970 aveva lo scopo di produrre oggetti nelle piazze. Ma poi ho capito che la maggior parte degli scultori stavano facendo lo stesso tipo di lavoro. Avevo cominciato a pensare che la scultura seduta su un piedistallo fosse irrilevante. Le opere di Henry Moore abbattute davanti agli edifici erano l’esempio più onnipresente di quel processo. Mi sono ribellato contro tali opere perché, quando assisti per tutta la vita a una visione così ristretta dell’arte pubblica, alla fine ti stanchi della ripetizione infinita delle premesse. Ho iniziato a pensare, come molti altri scultori della fine degli anni Sessanta, che doveva esserci un’alternativa

migliore. Sono diventato molto più interessato a una fusione di idee, fusione di arte e il suo contesto, arte e architettura, sperimentando l’arte ambientale. Quindi, in pratica, tutto ciò che stavo facendo prima della fine degli anni ‘60 è stato buttato fuori dalla finestra. Mi sono reso conto che più l’arte è inclusiva, più diventa interessante.

VB: Parliamo di alcuni dei tuoi progetti e delle tue idee per innescare elementi affinché le persone possano immaginare e inventare il loro ambiente. Qual è stata l’idea principale dietro i nove negozi che hai progettato per BEST Products Company commissionati da Sydney e Frances Lewis?

JW: L’idea principale era quella di mettere l’arte dove meno ti aspetti di trovarla. La noia infinita e la mancanza di impegno estetico nel centro commerciale americano sono diventate il perfetto contraccolpo per questo tipo di intervento. Ancora più importante, il primo approccio SITE era una critica all’architettura. Un altro aspetto di questo lavoro è stato quello di aprire una messa in discussione del tipico ambiente commerciale; intendendo un processo per motivare le persone a reagire in modo diverso all’ambiente circostante di routine. Le reazioni del pubblico che ne sono derivate sono diventate di tutto, dallo stupore, alla confusione, al disagio, a volte persino all’indignazione.

VB: Ognuno degli edifici BEST enfatizza una particolare critica?

JW: Direi che tutto il mio lavoro ha qualcosa a che fare con una critica all’architettura, al suo contesto e ai suoi mezzi di costruzione. Gran parte del lavoro di SITE riguarda l’inversione, la fusione, l’intervento, l’esagerazione, spesso semplicemente smontando qualcosa ed esaminando gli elementi della costruzione da un punto di vista diverso. Questo elemento di processo in corso o, più specificamente, processo coinvolgente come il contenuto, è sempre stato per me più interessante di un edificio finito. Il punto è attaccare!

VB: Attacca cosa?

JW: Architettura, ovviamente! [Ride] L’intera professione è spesso troppo pretenziosa, priva di umorismo e conservatrice. Il mio lavoro è spesso considerato controverso. Ma non dimenticare, non sono stato formato come architetto. Tuttavia, sono riuscito a imparare molto sulla costruzione di edifici, sin da quando ero un adolescente. Mio padre era un ingegnere. Ha costruito case per le vacanze nel Michigan settentrionale; così ho acquisito conoscenze di base su progettazione, costruzione, strumenti e materiali, semplicemente aiutandolo. Non è un grosso problema che non ho la licenza. Ho avuto un architetto fantastico,

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Josh Weinstein, come parte del mio studio e SITE ha sempre lavorato con architetti e ingegneri registrati sin dall’inizio. Come sapete, molti grandi architetti, come Wright, Mies, Le Corbusier, Ando, e altri, non erano architetti autorizzati. Per me, la professione non riguarda le qualifiche su un pezzo di carta; ma piuttosto, sulla qualità del pensiero concettuale.

VB: In uno dei tuoi progetti per BEST a Richmond, Virginia, chiamato Forest Building, hai lasciato che le querce esistenti attraversassero l’edificio. Potresti parlare di questa manifestazione della tua idea di vendetta della natura?

JW: Il progetto ha offerto un’opportunità ideale per la fusione di natura e architettura. All’inizio, il consiglio della comunità locale ha dichiarato che non potevamo costruire un progetto commerciale che distruggesse la foresta esistente nell’area del sito. Quindi ho proposto di mantenere la maggior parte delle querce principali e di costruire il nuovo edificio attorno ad esse. Il risultato è diventato un concetto “interno/ esterno”, avvolgendo la foresta esistente con la sua profusione di cespugli e copertura del suolo. Questo particolare edificio è diventato il più redditizio nella storia della BEST Company. I clienti hanno iniziato a portare pranzi al sacco da appendere nello spazio del giardino tra le sezioni frammentate. E poi, dopo una pausa pranzo rilassante, ricordavano spesso di aver dimenticato di comprare qualcosa, quindi tornavano in negozio per ulteriori acquisti. [Ride.]

VB: Credi che il tuo progetto visionario, High Rise Homes, un giorno possa diventare realtà?

JW: Penso che il valore principale di questo progetto sia la sua dichiarazione di anti - formalismo. Il punto è costruire una matrice di base, quale unico contributo dell’architetto/ingegnere, e quindi consentire agli abitanti delle città di determinare le proprie scelte di stile residenziale e di utilizzo delle parcelle immobiliari. Come la nozione di caso in scatola di Duchamp, il Grattacielo di Case era un’idea basata su un’orchestrazione di elementi indeterminati. Per quanto riguarda il futuro di questa proposta, tutto quello che so è che ha ispirato molti imitatori nel corso degli anni. Sfortunatamente, la maggior parte delle interpretazioni successive ha del tutto mancato il punto. Queste versioni modificate proiettano un aspetto simile di elementi estetici casuali; ma, in realtà, sono semplicemente le stesse orchestrazioni formalistiche delle stesse concezioni scultoree e stilistiche degli architetti.

VB: Hai detto che la tua architettura non riguarda ciò che è ma ciò a cui ti fa pensare. Quali sono le idee principali che vuoi esprimere nel tuo lavoro?

JW: La chiave per praticamente tutto il lavoro dei SITE è una risposta al contesto. La risposta più specifica alla tua domanda dipende da un particolare progetto e dalle caratteristiche del suo ambiente. Ad esempio, nel caso della mia proposta di BEST Parking Lot Building per Houston nel 1976, l’intenzione era quella di creare una fusione di architettura e arte pubblica che non potesse essere rimossa dall’ambiente circostante senza una totale perdita di significato. Non è stato possibile ritirare e depositare la struttura in un altro luogo. La pavimentazione in asfalto di una tipica via dello shopping americano divenne l’edificio e l’edificio divenne il parcheggio. In ognuno dei BEST store, la premessa era di ripensare alla presenza del big box merchandising. La via dello shopping e i suoi dintorni lastricati sono così onnipresenti nel paesaggio americano che la gente non pensa mai a questo intero fenomeno due volte. È una parte universalmente accettata dell’inconscio collettivo di tutti. In quanto tale, la striscia è un perfetto oggetto trovato per la progettazione architettonica e una critica al proprio ambiente. Come altro esempio, il BEST Forest Building si basava sull’assorbimento del contesto, in questo caso l’integrazione dell’architettura con la natura. Questa stessa motivazione critica ha prodotto il Highrise of Homes; riferendosi alla celebrazione del concetto dell’identità personale in un tipico paesaggio urbano, dove prevalgono l’anonimato e l’habitat senza volto.

VB: Parlando dei tuoi disegni hai detto: “Considero il disegno più come un modo per esplorare lo stato fisico e fisiologico di inclusione, suggerendo che gli edifici possono essere frammentari e ambigui, invece che convenzionalmente funzionali e determinati”. Mi interessa molto l’idea che gli edifici possano essere frammentari e ambigui. Cosa è stato inizialmente che ha suscitato il tuo interesse in questa direzione?

JW: Quasi tutto il mio lavoro è nato da questa motivazione centrale. In pratica significa che sono sempre stato più interessato alle domande, piuttosto che alle risposte. Sappiamo tutti cosa ci si aspetta convenzionalmente dall’architettura in termini di riparo, funzione e design. Quindi ho passato gran parte della mia vita a chiedermi: Cos’altro potrebbe significare un edificio? Perché il design degli edifici è stato bloccato nella litania pervasiva dei cliché modernisti e costruttivisti? Mi sono sempre piaciute la Sydney Opera House di Utzon e il TWA Terminal di Saarinen, ma, sempre più, ho sentito che tali strutture non facevano che coronare settant’anni delle stesse convenzioni formalistiche. La ripetizione stilistica si esaurisce dopo un certo punto. Duchamp ha osservato che, se vuoi essere creativo, devi pulire la scrivania almeno tre volte nella tua vita. Le mie prime sculture erano stilisticamente fantasiose e ben realizzate; ma, alla fine degli anni ‘60, obiettivi così prevedibili non mi interessavano più. Questo è

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Studio SITE, facciata per BEST Products Company, 1972 Studio SITE, facciata per BEST Products Company

diventato il mio periodo di pulizia dalla scrivania. Ho iniziato a vedere il contenuto estetico e le motivazioni concettuali in un modo completamente diverso. Ho iniziato a considerare gli archetipi edilizi, nel loro livello di interpretazione più comune, come una sorta di soggetto per l’arte, invece del solito problema progettuale. Sono stato incuriosito dal processo di utilizzo delle fonti archetipiche, ad esempio.

VB: Nel suo libro Postmodern Visions l’autore tedesco Heinrich Klotz ha offerto il suo riassunto di ciò che fai: Lo scopo fondamentale delle idee progettuali di SITE è rendere il fattore distruttivo del tempo e della caducità il metodo stesso del loro stile architettonico, un concetto che Wines chiama de - architettura. Siete d’accordo con questa affermazione anche se è stata fatta 30 anni fa?

JW: In una certa misura sì. Ma questo punto di vista è un po’ troppo letterale e cade in un continuo fraintendimento del lavoro di SITE , il che significa che è spesso equiparato a distruzione, rovina e scavo archeologico dai media. Confuto tali descrizioni sottolineando che questo livello di valutazione è altrettanto assurdo quanto affermare che Le figure smaterializzate di Giacometti rappresentano persone che muoiono di fame. Nel mio lavoro, il processo di costruzione è spesso parte del contenuto; ma l’intero approccio riguarda molto di più il modo in cui gli edifici sono percepiti e cosa rappresentano sociologicamente, psicologicamente ed esteticamente. Come affermato in precedenza, quello che cerco di fare è posizionare l’arte dove meno la gente si aspetterebbe di trovarla, specialmente il mondo spazzatura delle strisce commerciali, e quindi utilizzare elementi sconosciuti e talvolta umoristici come critica all’architettura stessa. Questo processo equivale anche a una sorta di collage urbano. Ammiro Picasso, La rivolta del 1912 contro le tradizioni della prospettiva rinascimentale, utilizzando combinazioni di elementi dipinti e incollati come mezzo per rifiutare queste convenzioni illustrative e prospettiche. Ha sostituito una critica dell’illusione contro la realtà del tradizionale piano dell’immagine. Contrariamente agli attacchi di Picasso alla pittura conformista, il principale fallimento dell’architettura ora è la dipendenza dei designer dall’ortodossia modernista/ costruttivista.

VB: Sono sicuro che quello che vedi come un problema, questi artisti e architetti vedono come una soluzione. Penso che abbiate entrambi ragione.

JW: Quello che sto dicendo è, in fondo, che ci dovrebbe sempre essere una sana messa in discussione delle premesse fondamentali delle forme d’arte prevalenti, non solo una dipendenza dalle fluttuazioni stilistiche, che vengono poi erroneamente interpretate

come idee progressiste.

VB: Qual è la tua più grande ambizione come architetto? È per sfidare il tipo di architettura che conosciamo?

JW: Beh, questo è sicuramente uno degli obiettivi. Sono anche molto interessato a cambiare i cliché accettati della progettazione degli spazi pubblici. SITE ha completato una serie di progetti di parchi e piazze in tutto il mondo che coinvolgono le persone su più livelli, non solo camminare sul cemento, guardare alberi di lecca-lecca e sedersi su panchine standard. Ancora una volta, preferisco creare edifici e spazi pubblici che invitino al coinvolgimento spontaneo del partecipante, basato su quegli elementi scatenanti di fascino, sorpresa e una messa in discussione del contesto. Spero sempre che il lavoro di SITE generi interpretazioni e performance imprevedibili da parte delle persone.

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Parola chiave: innesto su preesistenza

Progetto: Oasis No.7

Autore: Haus - Rucker - Co

Luogo: Kassel, Germania

Anno: 1972

Haus - Rucker - Co è stato un gruppo di avanguardia architettonica fondato a Vienna nel 1967 da Laurids Ortner, Günther Zamp Kelp, Klaus Pinter ai quali nel 1971 si sono aggiunti Carol Michaels e Manfred Ortner. Il gruppo ha operato anche a Düsseldorf a partire dal 1970 e a New York dal 1971, sciogliendosi poi definitivamente nel 1992.

La loro ricerca sperimentale ha prodotto, più che oggetti architettonici veri e propri, scenografie e allestimenti stridenti, estranei al contesto ambientale, che esplorano lo spazio architettonico attraverso l’utilizzo di strutture pneumatiche o dispositivi parassitari che ne alterano la percezione. Il loro lavoro si inserisce tra arte e architettura nel solco di una filosofia del precario, del temporaneo e del dinamico. Nell’appellativo, dove Haus significa casa e Rucker significa distruttore, era già riportata letteralmente l’azione del muovere e soprattutto dell’andare avanti, con l’intento di lasciare indietro quanto si era costruito per occuparsi dei luoghi non ancora assuefatti a nessun tipo di regola.

Negli anni ‘70, iniziava a farsi largo la presa di coscienza sulla salvaguardia dell’ambiente e, in quest’ottica, alcune utopie sembrano realizzarsi. Lo spazio perde definizioni a discapito dei piani cartesiani, l’architettura si fa di plastica e, non avendo più bisogno di cemento, modifica il proprio peso per adattarsi alle sinuosità del corpo umano nello spazio e in tempi diversi. La progettazione rigenera le sue figure per collocare al centro degli esperimenti sulla forma la membrana, nuovo spessore del costruire che concorre a mettere in crisi i valori fondativi dell’abitare quotidiano.

Gli esempi che seguono, mettevano in scena paradossali espedienti che specificavano in modo più ampio quale futuro si stesse cercando.

Ballon für Zwei, Pallone per due, del 1967, debutta sospesa dalla finestra di uno storico appartamento viennese. Una sfera gonfia d’aria dava la possibilità di sedersi sul vuoto, rivoluzionando, con due posti al suo interno, la relazione tra lo spazio privato e quello pubblico, ora in reciproco scambio. Ci si allontana categoricamente da ciò che è ordinario, mescolando i colori e utilizzando generatori d’aria, rendendo le proposte evidentemente disgiunte da un presente, a cui non appartengono.

Oasis no. 7 è invece un intervento architettonico temporaneo realizzato nel 1972 per la quinta edizione di Documenta, una mostra d’arte contemporanea a Kassel, in Germania. L’opera consisteva in una sfera traslucida e gonfiabile del diametro di 8 m che sporgeva in modo precario dalla classica facciata settecentesca del Fridericianum di Kassel. Messa in scena teatralmente come un’oasi artificiale, la sfera conteneva due palme di plastica, un’amaca e una bandiera rossa. Estendendo temporaneamente lo spazio istituzionale del museo oltre i suoi confini architettonici, Haus - Rucker - Co ha alterato l’esperienza dei visitatori e ha messo in discussione la demarcazione artificiale tra ambiente naturale e ambiente creato dall’uomo. La sfera risulta essere uno spazio per il relax e il gioco, in cui gli spettatori diventano partecipanti potendo utilizzare l’ambiente.

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Oasis No.7, Haus - Rucker - Co, Kassel, Germania, 1972

Parola chiave: innesto su preesistenza

Progetto: Nakagin Capsule Tower

Autore: Kisho Kurokawa

Luogo: Tokyo, Giappone

Anno: 1972

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Nakagin Capsule Tower, Kisho Kurokawa, Tokyo, Giappone, 1972

Kisho Kurokawa era un importante architetto giapponese il cui lavoro è stato influenzato sia dalla cultura orientale che da quella occidentale. Filosofo, insegnante, incisore, appassionato di motoscafi e traduttore di libri di architettura, Kurokawa era un intellettuale che ha avuto modo di costruire progetti molto discussi in Giappone. Nel 1962 ha fondato la Kisho Kurokawa Architect & Associates, portata avanti dal figlio Mikio dopo la sua scomparsa nel 2007.

Un famosissimo progetto di Kurokawa è la Nakagin

Capsule Tower, realizzata nel centro di Tokyo. La torre, ad uso misto tra residenziale e uffici, è un raro esempio di metabolismo giapponese, un movimento architettonico emblematico della rinascita culturale del Giappone del dopoguerra. La torre è stato il primo esempio al mondo di architettura a capsule costruita per un uso permanente ma, dopo essere caduta in rovina nel 2010, è oggi in via di demolizione. L’edificio comprende due torri di cemento interconnesse rispettivamente di undici e tredici piani che, oltre a contenere i collegamenti verticali, ospitano 140 capsule prefabbricate autonome, appese alle torri. Costruite a Osaka, con un tempo di assemblaggio per capsula di circa tre ore, sono state trasportate a Tokyo in camion, già dotate di utenze e pronte per l’assemblaggio. Le unità sono celle prefabbricate in acciaio identiche, riempite con un’unità bagno, un sistema di condizionamento e una televisione a colori.

Ognuna misura 2,5 m per 4,0 m, con una finestra di 1,3 metri di diametro all’estremità. Funzionano come un piccolo spazio abitativo o un ufficio e possono essere collegate per creare aree più grandi. Ogni capsula è collegata a una delle due anime principali in cemento solo da quattro bulloni ad alta tensione ed è progettata per essere sostituibile.

Montaggio della Nakagin Capsule Tower, Kisho Kurokawa, Tokyo, Giappone, 1972 Interno della Nakagin Capsule Tower, Kisho Kurokawa, Tokyo, Giappone, 1972

Parola chiave: modularità

Progetto: Maison Dom Ino e Maison Citrohan

Autore: Le Corbusier

Luogo: non situata e Stoccarda, Germania

Anno: 1914

La maison Dom - Ino è un progetto elaborato da Le Corbusier nel 1914 per favorire la ricostruzione edilizia al termine della Prima Guerra Mondiale, con l’intento di impiegare pochi mesi per rifondare intere città distrutte.

Le Corbusier decise di proporre un sistema costruttivo talmente semplice da risultare quasi scontato: a questo prototipo diede il nome di progetto Dom - Ino, combinando le parole Domus, casa, e Innovation, innovazione, ed evocando, con un arguto gioco di parole, la possibilità di estendere le logiche aggregative delle tessere del domino agli organismi edilizi. Il sistema proposto da Le Corbusier si basa su una struttura - ossatura in cemento armato elementarmente composta da tre solai rettangolari sostenuti da sei esilissimi pilastri, arretrati rispetto al filo della facciata e discendenti in maniera netta, rigorosa sino ai plinti di fondazione, atti anche a distaccare l’edificio dal suolo, e raccordati da una scala integrata nella struttura. Questa matrice strutturale, se opportunamente com-

pletata con pareti perimetrali e tramezzature, consente una totale indipendenza e riproducibilità degli elementi, potendo porsi come elemento abitativo indipendente o come un’unità modulare aggregabile.

Nel 2014 l’architetto Valentin Bontjes van Beek ha realizzato per la Biennale di Architettura di Venezia una ricostruzione della Maison Dom - Ino che sostituisce acciaio e cemento con una tecnologia costruttiva dei XXI secolo, ovvero il legno lamellare.

Con l’aiuto dell’ingegnere Jürg Stauffer di Berna, questo nuovo modello segue tre dei principi fondamentali del sistema originale: elementi prefabbricati assemblati in loco, fornitura di un involucro o rivestimento reperito in loco e assemblaggio di un’unità che può essere moltiplicato sia orizzontalmente che verticalmente, come fosse una tessera del domino. Il progetto dimostra anche come al giorno d’oggi sia possibile utilizzare il legno come se fosse il nuovo cemento.

La Maison Citrohan è un’abitazione creata sempre da Le Corbusier che intendeva produrre alloggi da costruire in serie come un’automobile, da qui il nome. La casa era intesa come macchina per abitare, quindi come una macchina può essere costruita assemblando i vari pezzi, unendo logica ed economia dei materiali. La quinta versione del 1927 è la più raffinata di tutta le serie. L’abitazione presenta un piano terra di ingresso, un primo piano nel quale si trovano la cucina e la zona giorno e un secondo piano con la zona notte. La Maison Citrohan presenta inoltre tutti i cinque punti dell’architettura di Le Corbusier: i pilotis, il tetto giardino, la pianta libera, la finestra a nastro e la facciata libera.

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Ricostruzione della Maison Dom - Ino, Valentin Bontjes van Beek, Biennale di Venezia, 2014
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Habitat 67, Moshe Safdie, Montréal, Canada, 1967

Parola chiave: modularità

Progetto: Habitat ‘67

Autore: Moshe Safdie

Luogo: Montréal, Canada

Anno: 1967

Moshe Safdie, architetto e teorico israeliano, ha esplorato nel corso della sua carriera i principi essenziali del design socialmente responsabile attraverso una filosofia progettuale completa e umana. Nel 1964 fonda il proprio studio per realizzare il progetto Habitat ‘67, un adattamento della sua tesi di laurea e una svolta nell’architettura moderna.

Habitat è stato il progetto dimostrativo di riferimento dell’Esposizione Universale di Montreal, in Canada, del 1967 e ha aperto la strada a una nuova visione per l’edilizia abitativa urbana che utilizza la tecnologia della costruzione prefabbricata. Habitat cerca di creare un quartiere vitale con spazi aperti, terrazze con giardino e altri servizi tipicamente riservati alla casa unifamiliare, adattandolo a un ambiente urbano ad alta densità. 365 moduli si collegano infatti per creare 158 residenze. Tutte le parti dell’edificio, comprese le unità, le strade pedonali e i nuclei degli ascensori che dirigono la circolazione verticale, partecipano come elementi portanti.

Le dimensioni dei moduli sono variabili e in tutto ci sono quindici diverse tipologie abitative; essendo indietreggiate nella loro disposizione modulare, ogni residenza ha anche il proprio giardino pensile, oltre ad essere ben soleggiata e areata. Le unità sono collegate tra loro da un sistema di post - tensionamento, aste ad alta tensione, cavi e saldature, che si combinano per formare un sistema di sospensione continuo. Per quanto concerne la prefabbricazione, tutti i moduli, completi di componenti interni, ovvero bagni, cucine e infissi, sono stati realizzati da una fabbrica posta in sito. Successivamente, sono stati sollevati e assemblati da gru e posti in tensione per creare la forma a gradini.

Habitat 67, Moshe Safdie, Montréal, Canada, 1967

Parola chiave: landmark

Progetto: Pink Pipes

Autore: Azienda Pollems

Luogo: Berlino, Germania

Anno: 2013

La rete dei famosi Pink Pipes, tubi rosa, di Berlino non è un’installazione artistica, bensì risponde all’esigenza di drenare l’acqua dal suolo della città senza creare ulteriori infrastrutture sotto il livello del terreno. Berlino infatti, è circondata da numerosi laghi e ospita il fiume Sprea, di conseguenza il terreno su cui è costruita la città è piuttosto paludoso ed è impossibile scavare gallerie senza il rischio di allagamenti. Così, i tubi servono a pompare l’acqua dal suolo e trasportarla ai canali, consentendo insieme di drenare i sotterranei della città e di facilitare i lavori urbani. Già da più di un secolo, l’azienda Pollems è responsabile di tale sistema.

La decisione di far scorrere le tubazioni nello spazio urbano, oltre a dipingerle tutte dello stesso colore rosa, ha fatto sì che diventassero subito un punto di riferimento nella capitale tedesca, infatti i tubi sono una delle prime cose che si notano. I 60 km di condotti si immergono nel paesaggio della città, non solo nelle aree più moderne, ma anche serpeggiando attraverso i siti storici.

Per quanto riguarda le scelta cromatica, Bernd Kempf, amministratore delegato di Pollems, ha detto alla BBC che aveva chiesto a uno psicologo quali colori avrebbero dovuto scegliere per dipingere i tubi e questo gli ha suggerito il rosa e il viola, soprattutto perché sono i colori preferiti dai bambini. Inoltre, i percorsi dei tubi sono volutamente tortuosi, perché quando le temperature scendono sotto i 15 gradi, il materiale può restringersi o rompersi e evitare lunghe parti lineari impedisce ai tubi di fare proprio questo. L’idea è stata copiata da altre città europee, ad esempio Varsavia.

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Pink Pipes, Azienda Pollems, Berlino, 2018
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Pink Pipes, Azienda Pollems, Berlino, 2018

Parola chiave: tecnologie e impianti

Progetto: Plug - In City

Autore: Archigram

Luogo: non situata

Anno: 1964

Archigram è un gruppo d’avanguardia fondato nel 1960 presso l’Architecture Association di Londra da sei architetti e designer, Peter Cook, Warren Chalk, Ron Herron, Dennis Crompton, Michael Webb e David Greene. Nel 1961 Archigram, il cui nome deriva dalla combinazione delle parole architecture e telegram, nacque come rivista a foglio unico colma di poesie e schizzi. Come scrisse David Greene nel primo numero, la rivista doveva essere una piattaforma per le voci di una giovane generazione di architetti e artisti, “Una nuova generazione di architettura deve nascere con forme e spazi che sembrano rifiutare i precetti del moderno, ma che in realtà li mantengono. Abbiamo scelto di bypassare l’immagine decadente del Bauhaus, che è un insulto al funzionalismo”.

La loro prima rivista fu venduta solo in 300 copie, perlopiù a studenti, mentre gli architetti anziani la ignorarono, poiché la considerarono uno scherzo, che sarebbe morto in breve. Il secondo numero uscì nel 1962. Greene, Webb e i loro nuovi collaboratori furono poi invitati a realizzare una mostra all’Institute of Contemporary Arts di Londra: la mostra fu inaugurata nel 1963 con il titolo Living City, un manifesto della loro fede nella città come organismo unico, che è più di un insieme di edifici, ma un mezzo per liberare le persone abbracciando la tecnologia e dando loro la possibilità di scegliere come condurre la propria vita. Living City attirò l’attenzione e rese gli Archigram pionieri di una nuova architettura pop negli anni Sessanta.

Archigram era definito non tanto da una serie di principi specifici, quanto da uno spirito ottimista. I suoi membri condividevano il rifiuto di farsi incatenare dal

passato, un’architettura basata sulla mobilità e sulla malleabilità che potesse rendere libere le persone, un approccio divertente e l’utilizzo di dispositivi ingegnosi e modulari per svolgere le funzioni degli edifici tradizionali, dalle case a capsula miniaturizzate agli ambienti mobile. A differenza dell’ephemeralisation di Buckminster Fuller, che voleva fare di più con meno materiale possibile, perché il materiale non è infinito, Archigram si è sempre basato su un futuro di interminabili risorse. L’opera degli Archigram era inoltre sorprendentemente vicina a quella dei Metabolisti giapponesi che, reagendo alla pressione della sovrappopolazione del loro paese, alla fine degli anni Cinquanta cominciarono a proporre delle megastrutture in crescita costante, adatte ad accogliere elementi a incastro, come nell’opera di Kurokawa.

Sebbene in maggioranza non siano mai stati realizzati, i loro progetti hanno suscitato dibattiti, combinando architettura, tecnologia e società e hanno ispirato una nuova generazione di architetti. In particolare, il loro suggerimento radicale di rivelare gli elementi infrastrutturali e di invertire le gerarchie edilizie tradizionali ha ispirato il famoso Centre Pompidou di Richard Rogers e Renzo Piano, e i loro disegni e le loro visioni continuano a essere invocati nel pensiero urbano di oggi.

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Illustrazioni di Archigram Dettaglio della Plug - In City, Peter Cook, 1964
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Dettaglio della Plug - In City, Peter Cook, 1964

Tra il 1960 e il 1974 Archigram ha realizzato oltre 900 disegni, tra cui, nel 1964, il progetto per la Plug - in City di Peter Cook. Questo progetto provocatorio offriva un nuovo affascinante approccio all’urbanistica, ribaltando la percezione tradizionale del ruolo delle infrastrutture nella città. Suggerisce infatti un’ipotetica città fantastica, contenente unità abitative modulari che si collegano a una mega macchina infrastrutturale centrale. La Plug - in City in realtà non è una città, ma una mega struttura in continua evoluzione che incorpora abitazioni, trasporti e altri servizi essenziali, tutti spostabili con gru giganti.

Alla base dell’impulso teorico della City, per quanto riguarda il concetto di vita collettiva, l’integrazione dei trasporti e la sistemazione dei rapidi cambiamenti nell’ambiente urbano, vi sono una serie di pensieri e idee che volevano andare ben oltre il modernismo, come abbiamo visto. La macchina non solo viene ac-

cettata, ma anche acquisita e rielaborata, anzi, viene innalzata al livello dell’essere umano, che tuttavia preserva una posizione di superiorità grazie alla capacità di pensiero e, soprattutto, dell’analisi e risoluzione dell’imprevisto.

Nel suo libro “Archigram: Architecture without Architecture” Simon Sadler suggerisce che l’estetica dell’incompletezza, evidente in tutto il progetto e più marcata che nei precedenti mega strutturali, potrebbe essere derivata dai cantieri del boom edilizio che seguì la ricostruzione economica dell’Europa. L’insoddisfazione per questa condizione spinse il collettivo di architetti sperimentali a sognare scenari urbani alternativi che si contrapponevano al formalismo superficiale e alle tendenze suburbane comuni al modernismo britannico dell’epoca.

La Plug - In City infatti, suggeriva uno stile di vita nomade e una liberazione dalla risposta modernista della periferia.

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02 ANALISI.
95Analisi 96 Mappatura 100 Opere geolocalizzate 102 Elementi 104 Tipologie 106 Il nostro manifesto teorico 118 Catalogo delle opere 132 Ricerca fotografica
96Analisi MAPPATURA.

L’effettiva numerosità e collocazione delle reali opere pubbliche incompiute presenti in Italia è probabilmente incognita, inglobando all’interno di tale affermazione un margine di errore derivante dalla mancata congruità tra le varie mappature, formali o informali, rese pubbliche da fonti più o meno accreditate. Infatti seppur la presenza di fonti ufficiali a cui attingere, quale l’anagrafe SIMOI, non si ha la pretesa di giungere ad una mappatura assoluta e definitiva, bensì di carattere parziale. È stato quindi ricostruito un catalogo che coniuga fonti diverse, dal SIMOI alla mappatura stilata da Alterazioni Video e Fosbury Architecture, integrando anche informazioni derivati dalla cronaca, in quanto nel tempo alcune opere sono state completate, o in casi estremi, demolite. Le opere, oltre ad essere localizzate sul territorio italiano per dimensione, e ordinate in base all’anno di costruzione, sono divise per tipologia al fine di riflettere sulla consistenza di tale patrimonio.

97Analisi
1 2 3 4 5 6 8 10
98Analisi 03 Valle d’Aosta 15 Piemonte 09 Liguria 05 Trentino - Alto Adige 38 Lombardia 15 Emilia Romagna 34 Toscana 05 Friuli Venezia Giulia 15 Veneto 10 Marche 11 Umbria 45 Lazio 71 Sardegna
99Analisi
42 Abruzzo 13 Molise 54 Campania 11 Umbria 163 Sicilia
“Agency of Unfinished”, Alessandra
Politecnico di
2021 - 2022.
69 Puglia 21 Basilicata 58 Calabria
Morici,
Torino, A.A.
105 110 115 120 125 130 135 140 145 150 155 160 165 170 175 180 185 190 195 200 00 55 05 60 10 65 15 70 20 75 25 80 30 85 35 90 40 95 45 100 50 Veneto Valle d’Aosta Umbria Trentino Alto Adige Toscana Sicilia Sardegna Puglia Piemonte Molise Marche Lombardia Liguria Lazio Emilia Romagna Friuli Venezia Giulia Campania Calabria Basilicata Abruzzo OPERE GEOLOCALIZZATE.

Qui di seguito riportiamo alcuni dati significativi forniti dalla lettura dei grafici. Possiamo osservare che 2022 tutte le regioni italiane possedevano ancora almeno un incompiuto.

La Sicilia continua ad essere la regione con il maggior numero di incompiuti dell’anno, 129, mentre Trentino Alto - Adige e Umbria sono le regioni con il minor numero, avendo solamente 1 incompiuto.

Vediamo anche che tra il 2017 e il 2022 in Italia il numero degli incompiuti ha subito una diminuzione (-27,2%) passando da 699 a 509 opere.

Tra il 2017 e il 2022 l’Umbria è la regione che ha diminuito in modo più significativo il numero degli incompiuti, con il - 90,9%, seguita da Trentino, - 80%, e Liguria, - 77,8%.

Nella stessa fascia temporale il numero degli incompiuti non ha subito variazioni in Basilicata, Friuli - Venezia Giulia e Valle d’Aosta, - 0%.

101Analisi 2017 2022 2017 = 2022
699
Incompiuti nel 2017 509 Incompiuti nel 2022

ELEMENTI.

Dall’analisi degli elementi emerge che la maggioranza degli incompiuti presenta un grado di compiutezza pari al 50%. Considerando invece gli elementi strutturali ricorrenti, abbiamo notato che tra gli elementi strutturali emergono chiusure le orizzontali, le chiusure verticali, i pilastri e le travi portanti. Vi è inoltre una forte presenza di collegamenti verticali, coperture piane e sembrano essere più numerosi gli edifici incompiuti multipiano o con dislivelli. I materiali più impiegati sono il calcestruzzo, il calcestruzzo armato e i metalli. La maggioranza delle opere, infine, risulta situata fuori città, nell’entroterra ma comunque vicina ai principali servizi.

Campate 90 80 70 60 50 40 30 20 10 2 1 0 2 0 0 1 0 2 0 0 1 0 3 2 1 0 0 0 1 16 2 2 6 3 2 0 3 0 7 0 3 1 11 3 9 4 0 0 0 1 57 2 2 6 6 1 2 6 0 5 2 0 0 9 5 18 2 0 0 0 2 68 3 1 8 3 0 1 3 1 1 1 1 2 7 5 20 3 1 1 0 1 62 6 6 4 6 1 1 5 0 3 1 0 0 9 9 22 1 0 3 0 0 0 1 0 0 1 1 1 0 0 18 1 0 1 0 0 23 16 14 23 23 8 1 13 1 20 3 2 2 9 36 78 16 1 0 2 2 272 16 13 18 19 7 1 10 1 18 2 2 2 9 34 79 15 1 0 2 2 253 0 0 1 1 0 0 2 0 0 0 0 0 0 1 1 0 0 0 0 0 6 5 5 14 16 1 3 14 1 3 3 6 4 0 16 56 4 1 1 1 1 159 1 0 3 0 0 0 1 0 0 1 1 1 0 0 21 1 0 1 0 0 31 15 14 18 28 4 1 19 0 19 2 3 2 5 29 72 13 1 0 2 2 251 1 0 3 0 0 0 1 0 0 1 2 1 0 0 19 2 0 1 0 0 32 7 7 11 17 4 0 16 1 15 2 2 2 3 24 62 9 1 0 1 1 189 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 1 0 0 0 0 4 9 3 13 13 13 1 10 1 13 1 2 2 10 17 53 11 0 0 1 1 163 11 2 0 3 0 0 2 1 3 0 0 0 5 7 18 1 0 0 3 0 46 7 5 7 5 4 1 6 1 10 1 1 1 0 12 18 9 0 0 1 0 89 11 10 18 18 7 1 9 0 13 1 1 1 9 12 60 12 1 0 5 1 189 1 0 2 1 0 0 1 0 0 0 0 0 0 1 3 0 0 0 0 0 9 24 21 50 40 09 05 31 02 26 06 07 05 61 58 129 23 01 01 03 07 2 0 0 0 0 75 19 2 0 0 1 0 58 2 4 8 3 2 1 3 0 0 1 0 0 7 5 3 1 7 3 3 0 2 0 0 0 0 0 2 13 8 1 0 0 0 0 43 1 4 3 8 0 0 2 1 6 1 1 1 10 9 23 5 0 0 1 1 77 3 0 7 6 0 0 4 0 2 0 2 0 6 6 9 3 0 1 1 1 51 Inclinate Collegamenti verticali Chiusure orizzontali Piane Vasche NON STRUTTURALI COPERTURE Chiusure verticali Tensostrutture Cupole Fondamenta Impalcati
Travi Volte STRUTTURALI GRADO DI COMPIUTEZZA INCOMPIUTI X REGIONE Veneto TOTALE Valle d’Aosta Umbria Trentino A. A. Toscana Sicilia Sardegna Puglia Piemonte Molise Marche Lombardia Liguria Lazio Emilia Romagna Friuli V. Giulia Campania Calabria Basilicata Abruzzo
Pilastri Pile
1 5 11 9 3 0 3 0 12 0 1 1 8 1 30 8 0 0 1 1 94 4 4 2 6 0 0 6 1 4 0 2 0 0 10 25 2 0 0 1 0 67 11 11 23 23 6 1 14 1 18 2 2 2 9 27 69 14 1 0 4 2 238 4 10 17 7 7 3 6 0 5 0 0 0 6 8 35 6 0 0 2 2 112 0 3 3 1 1 0 7 0 0 0 0 0 1 6 21 0 0 0 0 0 42 0 0 3 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 0 7 1 0 1 0 0 15 1 3 6 1 1 0 1 0 0 1 1 1 1 1 19 1 1 1 0 0 40 0 0 0 0 0 0 0 0 9 2 0 0 0 0 6 0 0 1 2 0 20 7 7 11 8 4 0 6 0 14 0 0 0 5 17 35 6 0 0 0 0 120 6 5 5 11 2 0 1 1 1 2 1 2 5 7 40 11 0 0 2 0 102 1 6 10 7 3 2 6 0 25 1 1 1 5 7 7 2 1 1 0 2 86 18 19 40 38 9 4 19 1 23 5 6 3 12 49 109 21 1 1 6 3 384 10 9 18 23 9 2 17 1 8 5 5 3 12 25 111 20 1 1 7 2 287 6 7 10 4 4 1 8 0 8 3 2 2 7 10 74 8 0 0 2 2 156 5 8 11 5 2 1 4 0 4 1 0 0 5 10 40 4 0 0 1 1 101 0 2 0 1 0 0 3 0 7 0 0 0 0 4 0 1 0 0 1 0 19 6 8 10 6 1 0 4 1 17 2 2 1 3 20 36 9 0 0 1 1 127 7 1 14 22 6 0 15 1 3 4 5 2 11 8 91 11 1 1 5 1 208 2 3 3 1 0 1 5 1 17 0 0 0 2 5 10 2 0 0 2 0 54 3 7 23 12 8 1 10 0 9 0 1 2 13 14 54 22 0 0 0 1 179 4 1 3 3 4 0 3 0 4 0 0 0 4 3 5 6 0 0 0 0 40 11 3 7 13 3 1 14 0 4 1 0 1 6 21 37 5 1 0 4 0 132 13 18 43 27 6 4 17 2 22 5 7 4 55 37 92 18 0 1 3 3 374 18 16 31 36 8 5 24 0 25 4 7 5 46 44 83 19 0 1 5 3 377 6 4 18 4 1 0 6 2 0 2 0 0 15 14 45 4 0 0 2 0 123 0 1 1 0 0 0 1 0 1 0 0 0 0 0 1 0 1 0 0 0 6 8 7 16 7 4 0 4 0 12 3 3 3 19 4 50 13 0 1 5 2 159 16 11 27 36 9 4 25 2 26 2 3 3 15 42 70 18 1 0 6 2 316 15 7 5 3 3 0 1 0 6 0 0 0 11 1 28 5 0 0 0 0 75 Asfalto Città Dislivelli Con telaio Elementi aggettanti Calcestruzzo Fuori città Gradoni Senza telaio Monopiano RAPPORTO CON IL TERRITORIO MATERIALI APERTURE MORFOLOGIA ALTRE CARATTERISTICHE Calcestruzzo armato Entroterra Guardrail Multipiano Colore Mare Sicurvie Intonaco Montagna Tunnel Legno Natura Mattone Vicinanza ai servizi Metallo Vandalizzata Pietra Terreno Vetro

Albergo 00 22 02 24 04 26 06 28 08 30 44 10 32 46 12 34 48 14 36 50 56 16 38 52 58 18 40 54 60 20 42

Ascensore

Auditorium

Autodromo

Autoporto

Aviopista

Azienda Sanitaria Locale

Banchina

Biblioteca

Campo sportivo

Canale

Canile

Carcere

Casa di cura

Caserma

Cavalcavia

Centrale idroelettrica

Centrale nucleare

Centro di calcolo

Centro congressi

Centro direzionale

Centro migranti

Centro polifunzionale

Centro servizi

Centro sociale

Centro sportivo

Centro studi

Centro turistico

Chiesa

Cimitero

Cinema

Cisterna d’acqua

Colonia

Convento

Copertura piscina

Deposito

Depuratore

Diga

Discarica

Ferrovia

Idrovia

Impianto industriale

Mattatoio

Mercato

Metropolitana

Monumento

Municipio

Museo

Orto botanico

Ospedale

Ostello

Palazzetto dello sport

Palestra

Paratia

Parcheggio

Parco

Passerella

Piazza

Piscina

Pista ciclabile

Pista di atletica Pista di equitazione

Planetario

Ponte

Pontile

Porcilaia

Porto

Pretura

Provveditoriato

Questura

Residenza convenzionata

Residenza universitaria

Rifugio

SerT

Scala mobile

Scuola

Stadio

Stazione

Strada

Teatro

Terme

Tribuna

Tunnel Tribunale

Velodromo

Viadotto

TIPOLOGIE.

Asilo Aerostazione Aeroporto Acquedotto
105Analisi 2017 2022 2017 = 2022 00 10 20 30 40 50 60 70 80 00 90 50 100 100 110 150 120 200 130 250 140 300 150 350 Opere idrauliche Trasporti Logistica Viaria Edilizia residenziale Logistica e trasporti Spazi culturali e ricettivi Ospitalità Istituzioni Produzione Sport Sanità Istruzione Cultura Sport

Di seguito riportiamo il nostro Manifesto Teorico dell’incompiuto Italiano. Abbiamo formulato dieci punti sintetici per riassumere come noi intendiamo l’incompiuto a seguito delle nostre analisi e ricerche teoriche.

106Analisi IL NOSTRO MANIFESTO TEORICO.

Definizione di incompiuto

Con “Incompiuto italiano” si intendono quelle grandi opere pianificate, progettate e autorizzate, ma mai finite, scheletri nudi e vuoti, totalmente o parzialmente non abitati per incapacità organizzativa, malaffare o errori di valutazione.

Nel 2017 gli incompiuti presenti sul territorio italiano erano 699. Ad oggi, nel 2022, sono scesi a 509 con una diminuzione del 27,2%. Il 25,3% del totale si trova attualmente in Sicilia.

107Analisi
01

Percezione

È possibile cambiare da negativa a positiva la percezione delle opere pubbliche incompiute e il senso di sconfitta che le pervade attraverso una rilettura in chiave artistica.

Partendo da un punto di vista che le rende finalmente parte del patrimonio comune e attraverso un’operazione di leggerezza, laterale e radicale, si può imparare ad accettarle. È una sottrazione di peso, è prendersi cura di quel peso.

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Landmark Gli edifici mai finiti si inseriscono nel paesaggio in modo incisivo. Hanno in sé un profondo senso dell’altrove.
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Sono forme “aliene” perché occupano uno spazio che non sembra appartenere loro. Il 14,7% delle opere risulta vandalizzato.

Questi edifici non temono il passare del tempo. Luoghi di incontro tra ciò che è e ciò che possiamo immaginare, capaci di infondere un senso di libertà e sicurezza, lontano dalle regole.

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Tempo
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La natura dialoga con le opere incompiute riappropriandosi dei luoghi. La vegetazione spontanea colonizza le superfici ridefinendo le forme, nascondendole e proteggendole.

In queste rovine la natura abolisce la storia e trasforma l’architettura in una seconda natura. Per il 31,6% delle opere è avvenuta una riappropriazione da parte della natura. Oltre il 74% degli incompiuti si trova fuori città, nell’entroterra italiano.

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Spazio
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Caratteristiche materiche

In questi monumenti incompleti, i materiali predominanti sono: calcestruzzo (76%), calcestruzzo armato (56,8%) e metallo (41,1%). Il 34,8% ha dei terreni di appartenenza.

I colori e le superfici sono determinati dalla degradazione dei materiali causata dal passare del tempo e dall’effetto degli agenti naturali. La maggioranza degli edifici incompiuti non è comunque connotata dal colore, che è presente nel 31% del totale.

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Caratteristiche formali

Sono rovine fuori dal comune, diverse da tutto quello che conosciamo, in parte perché rappresentano qualcosa di noto ma spogliato di ogni elemento riconoscibile.

A ben vedere, le opere incompiute sono tutte uguali, e qualunque cosa che sia ripetitiva e dichiarata immediatamente passa, tende a essere rimossa. Strutture incomplete invase dalla vegetazione o dagli abusivi, armature in vista, serramenti sradicati, interni svuotati, impianti elettrici smantellati. Nonostante le caratteristiche estetiche siano simili, le destinazioni d’uso sono ben differenziate.

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Destinazione d’uso

Sono monumenti aperti alla contemplazione, all’immaginazione e al sogno.

Non sono lontane dal presente e si possono apprezzare come versioni incomplete del futuro, più che come ideali del passato. Il piacere di contemplare queste rovine è il piacere di indovinare come sono arrivate fino a lì e perché sono finite così. Attualmente, la maggioranza degli edifici mostra un grado di compiutezza del 50% nel 15,1% dei casi.

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115Analisi Progetto Entrare in questi luoghi, visitarli, occuparli, abitarli è il primo atto di rottura del loro isolamento. 09

La nascita di uno stile

Affermare che l’incompiuto architettonico è uno stile, e uno stile di vita, italiano, non vuol dire in alcun modo legittimarlo o giustificarlo. Significa innanzitutto additare il problema, e non limitarsi a ignorarlo o a occultarlo, come si è fatto finora.

Questo problema non può essere ignorato poiché riguarda tutto il Paese, infatti ancora nel 2022 tutte le regioni italiane possiedono almeno un incompiuto.

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117Analisi

Legenda Opera

Sono elencati tutti i codici alfanumerici identificativi di un opera incompiuta.

%

Indica il grado di compiutezza dell’opera in una scala di valori da 1 a 10, basato sullo stato di avanzamento lavori e, dove reperibile, sul rapporto tra soldi spesi fino a oggi e importo totale dei lavori per la realizzazione dell’opera.

Anno

Riporta l’anno di inizio della costruzione dell’opera, quando disponibile.

Tipologia

Le opere incompiute sono classificate per tipologia secondo dodici categorie di riferimento (vedi le tipologie a pagina 104 - 105).

Località

Riporta tutti i nomi contenuti nella sezione mappe, divisi per provincia, in ordine alfabetico.

Coordinate

Sono inserite le coordinate geografiche utili a geolocalizzare ogni singola opera sul territorio nazionale.

118Analisi CATALOGO DELLE OPERE.

40°41’01.9”N 16°34’51.4”E 40°33’21.5”N 16°39’48.8”E 40°16’58.1”N 16°45’10.0”E

40°47’33.7”N 15°47’06.5“E 40°47’29.2”N 15°56’19.6”E

40°47’35.6”N 15°56’04.8”E

40°08’12.5”N 16°17’31.7”E

40°08’31.4”N 16°05’20.6”E

40°07’28.3”N 16°02’02.4”E

40°47’35.8”N 15°26’35.5”E

40°53’37.3”N 16°10’14.0”E

40°16’09.1”N 15°58’05.7”E

40°40’04.8”N 15°54’54.4”E

119Analisi Chieti AB059 AB010 L’Aquila AB040 AB057 AB005 Pescara AB002 AB049 AB026 AB028 AB035 AB036 AB009 Teramo AB044 AB068 AB071 Abruzzo Opera Anno Tipologia Località Coordinate % 40 50 70 20 60 70 90 50 10 60 90 20 40 60 60 1973 1973 1966 2013 20082011 2011 2005 1968 2000 1950 1969viadotto ospedale centro polifunzionale palazzetto dello sport palestra centro sportivo biblioteca scuola scuola terme ospedale azienda sanitaria locale colonia ospedale azienda sanitaria locale Bomba Ripa Teatina Paganica Pescocostanzo Pratola Peligna Civitella Casanova Manoppello Montesilvano Montesilvano Penne Penne Pescara Silvi Teramo Teramo 42°02’21.2”N 14°21’10.3”E 42°21’04.3”N 14°13’45.6”E 42°21’00.7”N 13°28’27.7”E 41°53’08.3”N 14°03’43.9”E 42°06’01.1”N 13°51’27.3”E 42°23’38.0”N 13°52’50.3”E 42°14’16.8”N 14°02’15.3”E 42°30’11.3”N 14°08’19.3”E 42°31’0.08”N 14°09’25.8”E 42°27’09.4”N 13°55’46.9”E 42°26’59.1”N 13°55’05.7”E 42°26’58.1”N 14°12’47.9”E 42°32’44.3”N 14°07’38.0”E 42°40’21.2”N 13°43’46.5”E 42°40’19.9”N 13°43’42.5”E Basilicata Matera BA002 BA033 BA045 BA043 BA027 BA028 BA038 BA042 BA034 BA001 BA032 Potenza BA004 BA024 BA026 BA003 BA020 BA021 BA025 BA044 BA008 BA009 30 80 60 70 80 30 80 60 50 10 50 60 70 80 40 50 40 50 80 90 40 1992-1991 1986--2006--19801972 piscina palazzetto dello sport stadio residenza convenzionata centro turistico ferrovia scuola teatro piscina strada centro migranti strada carcere scuola strada scuola rifugio strada residenza convenzionata piazza museo Bernalda Bernalda Bernalda Irsina Irsina La Martella Matera Matera Matera Montescaglioso Scanzano Jonico Acerenza Acerenza Acerenza Carbone Carbone Carbone Castelgrande Genzano di Lucania Spinoso Vaglio Basilicata 40°25’01.1”N 16°41’33.7”E 40°21’51.2”N 16°49’37.1”E 40°21’53.9”N 16°49’25.6”E 40°43’07.2”N 16°21’38.3”E 40°40’56.6”N 16°14’47.3”E 40°39’14.3”N 16°33’47.4”E 40°40’15.3”N 16°34’19.0”E 40°39’40.1”N 16°32’08.9”E

palazzetto dello sport scala mobile cavalcavia residenza convenzionata parcheggio diga pontile stadio residenza convenzionata palestra residenza convenzionata campo sportivo superstrada

piazza palazzetto dello sport caserma ascensore strada chiesa strada strada casa di cura per anziani mattatoio municipio porto porto diga residenza convenzionata strada diga viadotto campo sportivo strada diga

palazzetto dello sport auditorium diga ponte impianto industriale campo sportivo residenza convenzionata residenza convenzionata questura centrale idroelettrica teatro ospedale campo sportivo teatro

chiesa

palazzetto dello sport ferrovia

tangenziale tangenziale

Borgia Catanzaro

Catanzaro

Curinga

Falerna

Gimigliano

Lamezia Terme

Lamezia Terme

Petrizzi

Settingiano

Settingiano

Settingiano

Soveria Mannelli

Acri

Acri

Acri

Acri

Amantea

Belvedere Marittimo

Belvedere Marittimo

Castrolibero

Celico

Cetraro

Cittadella del Capo

Corigliano Calabro

Diamante

Malvito

Morano Calabro

Rende

Roggiano Gravina

San Demetrio Corone

San Marco Argentano

Serra Pedace

Bagnara Calabra Bivongi Galatro Locri Montebello

16°21’51.1”E

39°29’11.8”N 16°23’05.8”E

39°29’59.5”N 16°22’52.9”E

39°29’50.2”N 16°23’21.7”E

39°29’23.0”N 16°23’01.4”E

39°06’52.0”N 16°04’48.9”E

39°39’26.4”N 15°52’45.4”E

39°36’53.5”N 15°51’54.3”E

39°19’09.0”N 16°13’29.6”E

39°18’30.5”N 16°20’21.5”E

39°31’10.2”N 15°56’35.5”E

39°33’51.8”N 15°52’23.8”E

39°39’45.7”N 16°31’13.5”E

39°40’38.5”N 15°48’58.7”E

39°36’54.5”N 16°01’45.5”E

39°50’17.6”N 16°08’12.0”E

39°19’33.0”N 16°15’01.7”E

39°38’50.4”N 16°09’54.9”E

39°33’35.0”N 16°22’12.6”E

39°34’13.7”N 16°08’51.7”E

39°05’12.6”N 16°08’03.7”E

39°17’59.2”N 16°33’44.9”E

38°17’50.5”N 15°49’45.7”E

38°28’59.1”N

38°28’49.9”N 15°59’07.4”E 38°31’17.3”N 16°07’49.2”E 38°15’58.6”N 16°17’15.1”E 38°17’17.8”N 16°17’01.8”E

38°21’30.2”N 15°59’23.4”E

38°13’56.5”N 15°38’35.7”E

38°40’14.6”N 16°06’46.6”E

38°13’56.5”N 15°38’35.7”E

120Analisi Opera Anno Tipologia Località Coordinate % Catanzaro CA072 CA100 CA112 CA003 CA054 CA088 CA069 CA102 CA008 CA056 CA009 CA042 CA111 Cosenza CA013 CA018 CA025 CA105 CA044 CA067 CA040 CA036 CA096 CA080 CA094 CA110 CA106 CA039 CA015 CA032 CA074 CA049 CA051 CA020 CA076 Reggio Calabria CA052 CA055 CA033 CA071 CA097 CA113 CA026 CA057 CA108 CA029 CA011 CA103 CA001 CA031 CA030 CA090 CA068 Vibo Valentia CA091 CA070 Calabria 80 70 30 60 80 60 40 50 60 70 60 80 50 30 40 20 90 20 60 20 20 60 30 50 90 50 80 60 20 90 40 40 20 80 40 90 80 50 80 30 20 30 90 70 30 80 70 80 40 80 30 60 20 1973-2014 1993 19712008198020062011 1997 2010198320081983 20001979 20091964 20051985 2007 1974 19892005 1985 2003 19762004-1985 -
Serra d’Aiello
Jonico Mosorrofà
Reggio Calabria
Reggio Calabria
Reggio Calabria Reggio Calabria Rosarno Rosarno
Giovanni
Valentia
Valentia 38°49’27.5”N 16°30’19.1”E 38°53’50.4”N 16°36’01.3”E 38°49’18.1”N 16°36’42.2”E 38°50’00.9”N 16°18’11.5”E 38°58’22.6”N 16°08’49.1”E 38°59’16.8”N 16°32’42.5”E 38°51’23.2”N 16°13’14.9”E 38°54’31.6”N
38°41’59.0”N
38°54’48.8”N
38°54’39.5”N
38°55’07.2”N
39°05’03.6”N
San Pietro di Caridà Siderno Siderno Taurianova Villa San
Vibo
Vibo
16°19’45.7”E
16°28’10.1”E
16°30’48.7”E
16°30’49.4”E
16°30’41.1”E
16°27’03.9”E 38°27’20.3”N 16°13’38.1”E 38°14’28.7”N 16°16’26.2”E 37°56’05.4”N
38°05’48.9”N
38°05’49.5”N
38°07’21.7”N
15°43’31.3”E
15°43’07.5”E
15°38’54.0”E
15°39’46.3”E 38°06’05.8”N 15°39’11.2”E 38°05’01.4”N 15°44’10.0”E 38°29’04.2”N 15°58’36.7”E

Campania

Irpina Ariano Irpino

residenza convenzionata residenza convenzionata scuola

ospedale caserma teatro depuratore depuratore ospedale palazzetto dello sport convento terme centro sportivo palazzetto dello sport teatro campo sportivo ospedale municipio centro polifunzionale aviopista

Ottaviano Poggiomarino Pollena Trocchia

Saviano

Torre Annunziata

Castel San Giorgio

41°03’36.7”N 14°21’24.8”E

14°17’10.4”E

14°22’25.0”E

14°05’50.5”E

40°51’39.5”N 14°17’20.3”E

40°52’13.8”N 14°11’41.1”E

40°55’50.4”N 14°31’49.1”E

40°51’19.0”N 14°28’58.7”E

40°47’53.9”N 14°32’59.8”E

40°52’02.4”N 14°22’37.7”E

40°55’34.6”N 14°30’10.7”E

40°45’19.5”N 14°27’19.7”E

40°38’16.9”N 14°35’27.6”E

40°36’41.7”N 14°59’17.8”E

40°47’01.7”N 14°42’06.1”E

40°03’48.6”N 15°17’23.0”E

40°29’23.2”N 14°57’08.7”E

40°36’12.1”N 15°02’46.5”E

40°10’03.4”N 15°24’24.4”E

40°16’21.1”N 15°42’17.8”E

40°16’18.7”N 15°41’50.8”E

40°28’02.5”N 15°18’13.8”E

40°38’50.9”N 14°49’10.9”E

40°48’46.9”N 14°37’05.1”E

40°49’03.6”N 14°36’28.2”E

40°49’40.5”N 14°36’52.5”E

40°20’09.8”N 15°33’41.9”E

40°33’37.8”N 15°18’18.9”E

40°24’54.6”N 15°32’12.8”E

121Analisi Opera Anno Tipologia Località Coordinate % Avellino CAM007 CAM011 CAM061 CAM037 CAM017 CAM040 Benevento CAM009 CAM013 CAM062 CAM051 CAM026 Caserta CAM028 CAM029 CAM022 CAM005 Napoli CAM060 CAM069 CAM064 CAM036 CAM065 CAM066 CAM067 CAM025 Salerno CAM056 CAM070 CAM027 CAM072 CAM054 CAM057 CAM018 CAM038 CAM039 CAM004 CAM073 CAM032 CAM033 CAM074 CAM055 CAM023 CAM002
70 4030 60 70 50 20 20 20 20 60 60 40 70 50 50 30 40 50 50 60 10 80 50 20 50 70 40 60 50 80 10 20 80 70 50 40 40 30 2011--19982008 2010 2003 2000 2005 1991 1995200020041970 1989 1952 1985 2004 2007 1990 1970 201019711997 2012 1980 20021997
scuola
piscina parcheggio università centro sportivo scuola centro polifunzionale strada strada residenza convenzionata piscina ascensore ospedale scuola centro polifunzionale piscina centro sportivo scuola museo
scuola
Altavilla
Avellino Solofra Taurasi Venticano Benevento Benevento Benevento Cautano Montesarchio
Caserta Marcianise San Gregorio Matese Sparanise Napoli Napoli Nola
Amalfi Battipaglia
Eboli Eboli
Marcellana Montesano Marcellana Ottati Salerno Sarno Sarno Sarno Sassano
degli Alburni Teggiano 41°00’27.2”N 14°47’12.9”E 41°09’11.9”N 15°05’32.0”E 40°55’07.9”N 14°46’43.8”E 40°49’52.5”N 14°50’23.9”E 41°00’39.7”N 14°57’44.1”E 41°02’47.2”N 14°55’25.1”E 41°07’23.1”N 14°47’17.3”E 41°08’27.3”N 14°46’31.7”E 41°07’17.4”N 14°47’12.4”E 41°09’18.9”N
41°04’04.5”N
Centola
Laurito Montesano
Sicignano
14°39’22.4”E
14°38’32.9”E
41°01’24.0”N
41°23’03.5”N
41°10’52.5”N
122Analisi Opera Anno Tipologia Località Coordinate % Bologna ER014 Forlì ER002 ER007 Parma ER006 ER012 ER013 Ravenna ER004 Rimini ER008 ER010 ER019 Emilia Romagna 40 80 30 90 90 70 90 30 80 50 1958 2011 2008 2010 20101985 2010 1999 2015 convento cimitero residenza convenzionata teatro centro polifunzionale parcheggio impianto industriale centro sportivo questura tunnel Casalecchio di Reno Cesenatico Santa Sofia Parma Parma Parma Ravenna Rimini Rimini Rimini 44°28’16.8”N 11°16’05.2”E 44°09’22.1”N 12°23’08.0”E 43°57’04.1”N 11°54’28.1”E 44°48’12.4”N 10°20’20.5”E 44°48’46.2”N 10°19’29.2”E 44°50’49.6”N 10°20’32.3”E 44°26’55.3”N 12°12’11.3”E 44°00’31.0”N 12°32’50.1”E 44°03’16.3”N 12°34’50.7”E 44°02’35.2”N 12°36’15.0”E Gorizia FV004 Pordenone FV007 FV008 FV006 Udine FV001 Friuli Venezia Giulia 60 70 50 40 50 2007 19792012ascensore diga cimitero biblioteca parcheggio Gorizia Montereale Valcellina Pinzano al Tagliamento San Quirino Latisana 45°56’42.9”N 13°37’36.6”E 46°10’21.5”N 12°39’20.5”E 46°11’00.0”N 12°57’14.3”E 46°02’14.5”N 12°40’57.0”E 45°46’7.87”N 13°0’14.94”E

13°13’16.3”E

42°03’53.6”N 12°20’28.8”E

41°44’39.6”N 12°13’24.3”E

41°42’43.2”N 12°41’26.3”E

41°38’54.8”N 13°02’15.3”E

41°27’47.2”N 12°39’55.0”E

123Analisi Frosinone LA011 LA044 LA052 LA036 LA054 LA009 LA008 LA074 LA026 LA075 Latina LA057 LA071 LA038 LA070 Rieti LA024 Roma LA027 LA059 LA014 LA048 LA025 LA033 LA056 LA003 LA056 LA063 LA064 LA065 LA067 LA069 ST021 LA006 Viterbo LA001 LA072 Lazio 20 50 60 20 89 40 40 80 40 50 60 60 80 40 30 40 40 80 60 30 60 40 80 40 70 30 60 80 10 50 60 20 80 2014 1992 2008 2012 2008 2007 1995 2008 2005 1988 2003200520091984 2003 2006 2011 2005 2009 2004 2003 2005 1995 2001 1965 2009 2003 2005 1982 università piscina centro polifunzionale scuola centro polifunzionale ascensore canale mercato teatro ponte tribunale università teatro piscina canale residenza convenzionata porto teatro centro polifunzionale piscina teatro palazzetto dello sport depuratore teatro auditorium centro sportivo metropolitana parcheggio centro direzionale piscina pista ciclabile residenza convenzionata centrale nucleare Cassino Castro dei Volsci Fiuggi Frosinone Frosinone Guarcino Isola dei Liri Piglio Pontecorvo Trevi nel Lazio Latina Latina Sezze Terracina Borgorose Cesano Fiumicino Genzano di Roma Montelanico Nettuno Nettuno Palestrina Palombara Sabina Pomezia Roma Roma Roma Roma Roma Roma Roma Capranica Montalto di Castro 41°28’16.2”N 13°49’45.1”E 41°31’36.0”N 13°26’25.1”E 41°47’18.1”N 13°13’24.4”E 41°39’03.6”N 13°20’31.7”E 41°38’44.1”N 13°20’01.1”E 41°50’00.7”N 13°20’12.1”E 41°40’28.4”N 13°33’30.7”E 41°47’20.5”N 13°07’43.8”E 41°27’54.1”N 13°39’38.0”E 41°51’25.7”N 13°13’33.8”E 41°27’43.4”N 12°53’16.1”E 41°27’08.1”N 12°52’53.2”E 41°29’37.2”N 13°03’52.0”E 41°18’09.4”N 13°12’07.0”E 42°09’16.5”N
41°27’53.7”N 12°40’15.4”E 41°50’18.1”N 12°51’57.7”E 42°04’39.7”N 12°42’11.6”E 41°39’54.9”N 12°30’14.3”E 41°54’19.4”N 12°25’32.5”E 41°50’33.7”N 12°38’09.4”E 41°57’49.8”N 12°31’37.5”E 41°54’06.2”N 12°25’32.2”E 41°54’56.1”N 12°32’18.8”E 41°51’24.9”N 12°27’53.8”E 41°49’15.9”N 12°35’21.9”E 42°15’23.6”N 12°10’06.8”E 42°21’34.4”N 11°31’45.1”E Imperia LI013 Savona LI003 Liguria 80 40 1970 2005 pista ciclabile piscina Diano Marina Albissola Superiore 43°53’25.7”N 8°04’12.9”E 44°20’33.1 N 8°30’08.2 E Opera Anno Tipologia Località Coordinate %

°49’15.4”E

45°51’49.2”N 9°24’05.2”E 45°47’09.7’’N 9°20’29.4’’E

45°09’34.2”N 0°51’15.3”E 45°02’06.5”N 11°07’13.7”E 44°58’34.5”N 10°42’41.5”E

45°35’44.1”N

124Analisi Opera Anno Tipologia Località Coordinate % Bergamo L0028 Brescia L0034 ST009 L0019 ST005 ST012 Como L0014 L0029 Cremona L0042 L0030 Lecco L0002 ST013 Mantova L0002 L0016 L0020 Monza - Brianza L0005 Milano L0043 L0010 ST011 L0015 L0023 L0027 L0032 ST010 L0024 L0022 Lombardia 40 40 40 30 60 50 20 10 50 30 60 50 30 70 70 20 60 50 30 10 40 30 30 50 50 40 1993 2008 2008 1999 2007 2005 1991 2007 20122006 200919982011 2009 2005 2004 2005 2009 1980 1983 2010 2011 2008 centro servizi palazzetto dello sport caserma circonvallazione caserma caserma palazzetto dello sport paratia scuola idrovia ostello caserma bretella carcere residenza convenzionata palestra centro polifunzionale piscina caserma residenza convenzionata residenza universitaria centro di calcolo stazione caserma residenza convenzionata residenza convenzionata Azzano San Paolo Borgo San Giacomo Flero Orzivecchi Pontoglio Sarezzo Cantù Como Crema Pizzighettone Lecco Oggiono Mantova Revere Suzzara Varedo Bussero Cesano Boscone Inzago Milano Milano Milano Milano Milano Trezzo sull’Adda Vimodrone 45°39’55.2”N 9°40’51.5”E 45°20’37.9”N 9°58’14.3”E 45°29’25.2”N 10°10’16.5”E 45°25’38.0”N 9°58’04.0”E 45°34’39.3”N 9°51’32.6”E 45°38’59.8”N 10°12’01.1”E 45°44’11.2”N 9°06’59.0”E 45°48’55.0”N 9°04’59.3”E
45°21’30.4”N 9°39’43.3”E 45°10’18.7”N
9°09’48.5”E 45°31’50.1”N 9°22’37.2”E 45°26’16.6”N 9°04’51.6”E 45°32’40.9”N 9°28’33.6”E 45°30’33.3”N 9°14’23.1”E 45°26’19.1”N 9°13’11.6”E 45°30’27.6”N 9°12’40.1”E 45°26’18.9”N 9°07’14.9”E 45°30’46.0”N 9°10’34.1”E 45°36’46.1”N 9°30’38.0”E 45°30’56.9”N 9°17’32.3”E Ancona MA001 Ascoli Piceno MA003 Macerata MA012 ST029 MA004 Pesaro Urbino MA011 Marche 60 40 40 30 50 70 2001 2002 1993 2004 1995 1990 azienda sanitaria locale tunnel tunnel strada statale residenza convenzionata tunnel Ancona Colli del Tronto Fiuminata Matelica Visso Mercatello sul Metauro 43°35’59.8”N 13°29’53.9”E 42°52’03.0”N 13°45’01.4”E 43°08’43.7”N 12°51’14.9”E 43°18’01.5”N 12°58’42.6”E 42°55’28.3”N 13°05’01.8”E 43°37’01.8”N 12°17’39.1”E
125Analisi Opera Anno Tipologia Località Coordinate % Campobasso MO008 MO009 ST032 MO015 Isernia MO010 MO014 MO011 Molise 50 30 20 30 50 20 30 2005 1993 20131988 1963strada provinciale mercato caserma strada ospedale viadotto residenza convenzionata Campobasso Cercemaggiore San Giuliano de Sannio Sepino Agnone Agnone Montaquila 41°42’44.5”N 14°51’35.2”E 41°27’34.0”N 14°43’15.4”E 41°27’21.9”N 14°38’32.0”E 41°26’15.6”N 14°36’51.1”E 41°48’46.4”N 14°23’36.4”E 41°48’31.9”N 14°23’40.0”E 41°31’41.3”N 14°07’05.9”E Biella PI008 Cuneo PI019 Torino PI001 PI015 PI014 Piemonte 30 60 60 10 50 1987 1998 2008 2009 2000 azienda sanitaria locale autostrada circonvallazione circonvallazione casa di cura per anziani Biella Cherasco Beinasco Giaveno Roasio 45°32’48.7”N 8°03’46.1”E 44°39’48.8”N 7°53’17.3”E 45°00’13.8”N 7°34’57.9”E 45°02’26.5”N 7°22’06.8”E 45°36’21.2”N 8°16’03.0”E

mercato diga

ospedale albergo

casa di cura per anziani diga

palazzetto dello sport diga diga diga

autodromo auditorium residenza convenzionata

strada parcheggio scuola azienda sanitaria locale

casa di cura per anziani mercato mattatoio scuola materna strada provinciale palazzetto dello sport piscina circonvallazione

carcere carcere museo

casa di cura per anziani casa di cura per anziani teatro

centro turistico viadotto

pista di atletica palazzetto dello sport albergo scuola secondaria piscina albergo

viadotto casa di cura per anziani residenza convenzionata palazzetto dello sport mercato terme

centro sportivo piscina palazzetto dello sport scuola materna canile

albergo

centro servizi territoriale mercato discarica scuola

palazzetto dello sport diga

palazzetto dello sport scuola secondaria mercato

cisterna d’acqua cimitero

Alberobello Altamura

Bari

Bari

Bari

Gravina in Puglia

Monopoli

Poggiorsini

Poggiorsini

Poggiorsini

Putignano

Putignano

Putignano

Minervino Murge

Trani

Trani

Trani

Brindisi

Francavilla Fontana

San Michele Salentino

San Michele Salentino

San Pancrazio Salentino

Villa Castelli

Villa Castelli

Villa Castelli

Accadia

Bovino

Casalvecchio di Puglia

Casalvecchio di Puglia

Castelluccio Valmaggior

Castelnuovo Daunia

Faeto

Manfredonia

Manfredonia

Sant’Agata

17°04’58.4”E

41°04’12.2”N 16°04’15.0”E

41°16’22.3”N 16°25’05.5”E

41°16’08.8”N 16°25’04.3”E

41°15’22.6”N 16°27’51.9”E

40°37’06.7”N 17°55’49.1”E

40°31’33.0”N 17°32’08.0”E

40°37’47.9”N 17°37’27.1”E

40°37’23.1”N 17°37’57.7”E

40°26’12.5”N 17°48’32.5”E

40°35’02.6”N 17°28’49.0”E

40°34’09.5”N 17°28’53.1”E

40°35’07.4”N 17°27’56.7”E

41°09’33.0”N 15°19’20.9”E

41°14’30.2”N 15°19’56.2”E

41°35’46.0”N 15°06’26.1”E

41°35’47.2”N 15°06’28.0”E

41°20’32.6”N

15°16’44.5”E 41°09’00.7”N 15°22’54.7”E 41°53’05.3”N 16°10’07.8”E 41°48’52.8”N 16°11’30.9”E

40°08’03.6”N 18°17’54.9”E

40°10’04.6”N 18°01’25.9”E

40°03’48.9”N 18°22’20.6”E

39°57’36.0”N 18°06’18.2”E

40°03’23.6”N 18°19’15.8”E

40°02’28.6”N 18°27’49.2”E

40°02’35.4”N 18°27’37.8”E

39°56’26.9”N 18°17’31.5”E

39°56’17.0”N 18°20’09.7”E

39°55’52.9”N 18°19’23.4”E

40°02’40.4”N 18°04’26.8”E

40°04’16.6”N 18°06’21.8”E

40°31’47.4”N 17°25’12.9”E

40°23’20.0”N 17°27’46.2”E

40°22’05.3”N 17°27’19.0”E

40°23’41.7”N 17°26’35.0”E

40°23’23.0”N 17°26’03.6”E

40°27’46.5”N 17°26’26.6”E

40°34’36.6”N 17°02’43.2”E

40°27’39.7”N 17°23’07.5”E

40°24’07.1”N 17°33’56.5”E

40°18’21.2”N 17°40’57.5”E

40°25’02.6”N 17°17’23.7”E

126 -
Opera Anno Tipologia Località Coordinate % Bari PU091 PU040 PU080 PU087 PU081 PU029 PU009 PU088 PU089 PU090 PU064 PU086 PU044
Trani PU094 PU067 PU068 PU085 Brindisi PU074 PU039 PU012 PU017 PU048 PU026 PU032 PU035 Foggia PU084 PU065 PU024 PU025 PU019 PU095 PU063 PU014 PU059 PU011 PU004 PU052 PU016 PU082 Lecce PU055 PU006 PU043 PU010 PU023 PU077 PU078 PU036 PU015 PU013 PU049 PU097 Taranto PU042 PU001 PU005 PU020 PU062 PU076 PU033 PU058 PU027 PU079 PU022 Puglia 50 50 40 80 60 30 70 30 30 30 20 70 40 70 90 30 60 20 60 40 40 30 80 70 20 80 70 20 70 50 80 80 20 40 40 60 50 40 90 80 70 50 30 50 80 30 70 30 40 30 50 60 50 50 60 30 50 60 20 70 50 5019971982 1985 1987-1982 19861991 1979 1977 2009 1994 1987 1989 2012 2004 20021993 1998 1986 198519851992 1994 2013 1988 2004 1983 1999 1993 1989 2006 2009 1989 1989 1999 1983 1987 1998 2004 2008 2004 20051984 19751984 -
Analisi
Barletta Andria
Manfredonia Panni
di Puglia
Nardò Poggiardo Racale
Cassiano di Lecce
Cesarea Terme
Cesarea Terme Specchia Tricase Tricase Tuglie Tuglie Grottaglie Lizzano
Giorgio Jonico Sava Taranto Taranto 40°47’06.7”N 17°13’52.3”E 40°46’32.7”N 16°30’16.0”E 41°05’32.5”N 16°53’04.5”E 41°07’23.9”N 16°48’02.9”E 41°04’01.5”N 16°51’52.3”E 40°57’06.7”N 16°16’07.2”E 40°56’18.4”N
40°56’39.5”N
40°56’24.4”N
40°56’01.3”N
40°50’51.5”N
40°50’43.6”N
40°51’56.5”N
Vieste Vieste Maglie
San
Santa
Santa
Lzzano Lizzano Lizzano Monteparano Palagiano San
17°18’57.3”E
16°16’52.4”E
16°17’32.0”E
16°18’29.1”E
17°08’11.2”E
17°08’14.3”E
15°11’46.9”E 41°35’03.8”N 15°06’58.0”E 41°17’47.9”N 15°10’06.0”E 41°37’14.5”N 15°54’18.5”E 41°38’28.2”N 15°54’30.1”E 41°38’25.8”N 15°54’39.6”E 41°13’03.6”N

Sardegna

strada piscina parco chiesa

piscina scuola elementare strada caserma scuola elementare palazzetto dello sport scuola materna chiesa centro polifunzionale residenza convenzionata centro studi diga diga centro polifunzionale

autodromo parcheggio piscina museo casa di cura centro polifunzionale serT residenza universitaria provveditorato albergo

passerella centro congressi ospedale piscina campo sportivo pista di equitazione strada ascensore chiesa centro congressi teatro orto botanico depuratore mattatoio teatro caserma parcheggio palazzetto dello sport teatro

piscina cimitero istituto superiore caserma strada campo sportivo parco asilo

centro polifunzionale centro turistico

banchina parco residenza convenzionata palestra teatro diga piscina palestra teatro auditorium

Cagliari Cagliari

Cagliari

Quartu Sant’Elena

Irgoli Nuoro Nuoro Nuoro

Nuoro Nuoro Nuoro Nuoro Nuoro

Onani

Oniferi Orgosolo Torpè

Torpè

Arborea Bosa

Fordongianus

Ghilarza

Morgongiori Morgongiori Oristano

Oristano

Oristano

9°26’42.4”E

9°10’29.6”E

39°47’13.4”N 8°37’27.4”E

8°30’23.9”E

40°55’46.6”N 9°32’20.4”E

40°55’19.7”N 9°29’57.4”E

40°36’34.5”N 8°59’15.3”E

40°35’11.9”N 9°00’25.1”E

40°49’30.3”N 8°24’35.2”E

40°43’51.9”N 8°32’40.9”E

40°45’07.0”N 8°30’09.6”E

40°42’48.7”N 8°34’12.1”E

40°45’24.1”N 8°40’28.6”E

40°46’49.9”N 8°35’50.6”E

40°47’18.2”N 8°35’46.4”E

40°31’34.3”N 8°42’42.9”E

40°29’19.2”N 8°45’57.7”E

40°46’22.4”N 9°01’05.6”E

39°12’00.6”N 8°23’31.4”E

39°21’55.1”N 9°01’28.8”E

39°05’00.6”N 8°42’52.1”E

39°42’03.0”N 9°08’23.0”E

39°33’51.7”N 9°08’14.3”E

39°24’00.0”N 8°45’31.0”E

39°26’29.3”N 8°45’03.4”E

39°36’51.0”N 8°57’42.6”E

39°08’11.4”N 9°31’21.2”E

39°23’01.0”N 8°56’59.4”E

127Analisi Opera Anno Tipologia Località Coordinate % Cagliari SA049 SA067 SA073 SA058 Nuoro SA040 SA009 SA010 SA011 SA016 SA022 SA023 SA026 SA077 SA054 SA083 SA053 SA051 SA076 Oristano SA024 SA041 SA089 SA098 SA033 SA038 SA017 SA037 SA088 SA096 Sassari SA014 SA079 SA063 SA064 SA065 SA066 SA061 SA056 SA085 SA091 SA070 SA003 SA047 SA032 SA081 ST015 SA095 SA007 SA008 SA068 SA052 SA080 ST014 ST030 SA030 SA031 SA055 SA013 SA082 Sud Sardegna SA020 SA004 SA093 SA046 SA035 SA036 SA086 SA015 SA074 SA039
30 70 70 50 70 40 40 60 30 10 20 20 90 70 50 50 50 20 50 90 50 80 50 50 70 70 50 90 30 70 80 70 90 90 20 10 50 70 70 70 60 60 90 20 90 70 50 50 10 60 70 20 70 80 50 90 60 20 60 50 70 40 80 40 30 90 70 2005 20091992 2012 2004 2008 2004 2004 1996 2004 200520021991 19562001 2007 2004 1987 2010 2013 2000 1997 1995 1980 2008--1991 20062008 1951 2003 2006 200020091994 1998200720072008 2004 1980 20092003 2003 2006 2004 2011 199120052002
Benetutti Benetutti Benetutti Benetutti Bortigiadas Castelsardo Castelsardo La Maddalena La Maddalena La Maddalena Mores Olbia Olbia Olbia Olbia Ozieri Ozieri Porto Torres Sassari Sassari Sassari Sassari Sennori Sennori Thiesi Torralba Tula Portoscuso San Sperate Santadi Serri Suelli Vallermosa Villacidro Villamar Villasimius Villasor 39°13’58.1”N 9°06’27.0”E 39°14’23.6”N 9°06’05.4”E 39°12’41.5”N 9°08’06.0 ”E 39°14’23.9”N 9°12’22.0 ”E 40°24’15.6”N 9°37’46.6 ”E 40°19’33.7”N 9°19’10.8”E 40°19’12.7”N 9°18’10.3”E 40°22’00.5”N 9°23’11.6”E 40°19’41.0”N 9°20’02.2”E 40°17’59.4”N 9°17’52.6”E 40°19’48.9”N 9°20’00.2”E 40°19’36.0”N 9°18’54.9”E 40°19’21.6”N 9°20’02.4”E 40°29’04.9”N
40°18’43.9”N
40°12’53.4”N
40°37’37.7”N
Tadasuni Alghero Alghero
9°22’00.4”E
9°40’53.6”E
40°17’44.5”N
39°59’42.1”N
40°07’16.9”N
39°46’04.3”N
39°45’00.5”N
39°53’30.3”N
39°54’11.7”N
39°54’00.3”N 8°34’50.8”E 40°06’33.8”N 8°53’34.4”E 40°33’51.8”N 8°09’52.6”E 40°35’40.6”N 8°17’51.2”E 40°25’35.8”N 9°07’48.3”E 40°25’45.4”N 9°07’19.3”E 40°25’43.5”N 9°06’29.7”E 40°25’38.2”N 9°06’51.2”E 40°51’24.0”N 8°59’51.2”E 40°54’56.8”N 8°42’57.1”E 40°54’36.1”N 8°42’42.8”E 41°12’52.6”N 9°25’51.9”E 41°13’00.6”N 9°24’22.3”E 41°11’51.0”N 9°27’15.6”E 40°31’52.3”N 8°50’08.7”E 40°56’41.1”N 9°30’48.7”E 40°54’51.7”N 9°31’12.4”E
8°48’19.6”E
8°52’38.7”E
8°45’50.6”E
8°46’18.5”E
8°42’28.1”E
8°34’49.7”E

centro polifunzionale parcheggio parco campo sportivo campo sportivo auditorium pretura tangenziale casa di cura per anziani viadotto diga scuola secondaria centro sportivo residenza convenzionata piscina centro sportivo piscina strada parcheggio centro sportivo casa di cura per anziani albergo

parco eolico centro sociale piscina circonvallazione viadotto palestra ferrovia casa di cura per anziani ascensore mercato

casa di cura per anziani parco campo sportivo casa di cura per anziani teatro campo sportivo piscina parco campo sportivo centro polifunzionale casa di cura per anziani acquedotto centro congressi palazzetto dello sport velodromo asilo ponte

strada centro sociale diga casa di cura per anziani residenza convenzionata piscina

palazzetto dello sport ferrovia

palazzetto dello sport

asilo

palestra residenza convenzionata viadotto centro sociale

palazzetto dello sport

chiesa

residenza convenzionata casa di cura per anziani

Agrigento

Agrigento

Agrigento

Agrigento

Alessandria della Rocca

Aragona

Aragona

Aragona

Burgio

Cammarata

Cammarata

Casteltermini

Castrofilippo

Comitini

Licata

Licata

Naro

Porto Empedocle

Porto Empedocle

Sambuca di Sicilia

San Giovanni Gemini

Sciacca

Butera

Gela

Milena

Montedoro

Mussomeli

Sommatino

Sommatino

Sutera

Sutera

Villalba

Belpasso

Calatabiano

Camporotondo Etneo

37°45’06.4”N 15°11’05.3”E

37°19’26.1”N 14°44’34.7”E

37°34’21.5”N 14°53’32.3”E

37°23’09.7”N 14°41’13.5”E

37°52’44.7”N 14°56’31.8”E

37°24’17.8”N 14°26’40.4”E

37°24’42.4”N 14°26’35.3”E

37°21’48.9”N 14°35’04.2”E

37°22’46.7”N 14°12’43.3”E

37°34’27.3”N 14°41’16.9”E

37°34’31.1”N 14°41’06.3”E

37°38’45.4”N 14°24’08.3”E

37°40’07.1”N 14°24’38.4”E

37°25’14.4”N 14°10’10.1”E

37°29’29.9”N 14°23’43.2”E

37°51’09.8”N 14°28’58.8”E

37°51’07.9”N 14°28’58.1”E

128Analisi Opera Anno Tipologia Località Coordinate %
1987 2005 1975 2002 2004 1985 19851988 19892001 19861996-198819542004 1978 1988 1990 1989 199220101999 1982 19751996 1985 1985 1975 1981 1987 19851985 1990 1950 1980 1981 1983 1990 19881990 1975 199820031996 1985 1990-1989
Sicilia
Castiglione di
Giarre Giarre
Giarre
Maniace
Randazzo
Catenanuova Catenanuova
Leonforte
Valguarnera Caropepe Capizzi Capizzi Casalvecchio Siculo Casalvecchio Siculo Cesarò Floresta Francavilla di Sicilia Galati Mamertino 37°18’00.8”N 13°33’01.9”E 37°18’43.2”N 13°35’16.3”E 37°18’43.0”N 13°34’06.4”E 37°16’23.5”N 13°37’49.5”E 37°33’33.3”N 13°27’21.3”E 37°24’34.4”N 13°37’03.9”E 37°23’55.9”N 13°37’14.3”E 37°23’52.5”N 13°36’53.4”E 37°36’13.3”N 13°17’11.6”E 37°37’55.8”N 13°38’23.6”E 37°39’02.9”N 13°46’34.5”E 37°32’26.2”N 13°39’15.4”E 37°21’19.2”N 13°45’16.4”E 37°24’36.1”N 13°38’50.4”E 37°06’34.1”N 13°56’07.1”E 37°06’48.5”N 13°57’11.5”E 37°18’15.5”N 13°45’09.8”E 37°18’07.8”N 13°31’14.2”E 37°17’24.0”N 13°31’40.2”E 37°39’27.4”N 13°06’58.7”E 37°37’53.0”N 13°39’09.4”E 37°31’07.5”N
37°04’14.1”N
37°28’16.1”N
37°27’38.4”N
37°33’18.4”N
37°20’12.0”N 13°59’32.6”E 37°18’25.2”N 14°01’29.9”E 37°31’30.9”N 13°43’42.8”E 37°31’32.8”N 13°44’12.0”E 37°39’30.9”N 13°50’38.0”E 37°36’17.8”N 14°59’10.1”E 37°49’17.1”N 15°13’34.7”E 37°33’13.5”N 15°00’22.6”E 37°52’54.9”N 15°07’03.6”E 37°29’08.1”N 15°02’36.4”E 37°43’17.5”N 15°11’03.0”E 37°42’30.9”N 15°10’23.7”E 37°43’20.1”N 15°10’29.7”E 37°42’13.7”N 15°10’24.3”E 37°42’28.1”N 15°10’19.7”E 37°49’43.7”N 14°51’23.6”E 37°53’01.1”N 14°46’06.4”E
Sicilia Catania
Giarre
Giarre Maletto
Mascali Palagonia Paternò Ramacca
Aidone Aidone Aidone Barrafranca
Leonforte
Pietraperzia
13°06’49.0”E 37°11’59.0”N 14°10’21.2”E
14°14’50.5”E
13°43’45.3”E
13°48’48.9”E
13°45’32.4”E
37°57’29.6”N 15°19’41.4”E 37°57’30.1”N 15°19’19.0”E 37°50’35.8”N 14°42’29.8”E 37°59’03.7”N 14°54’44.4”E 37°57’27.4”N 15°07’04.8”E 38°01’53.6”N 14°46’35.5”E Agrigento SI051 SI140 SI243 SI282 SI162 SI123 SI380 SI155 SI166 SI262 SI275 SI003 SI042 SI052 SI030 SI047 SI246 SI112 SI240 SI073 SI377 SI217 SI380 Caltanissetta SI380 SI160 SI022 SI294 SI266 SI021 SI148 SI063 SI187 SI381 Catania SI061 SI308 SI129 SI177 SI297 SI103 SI107 SI108 SI299 SI111 SI056 SI300 SI298 SI069 SI310 SI189 SI313 Enna SI142 SI143 SI127 SI062 SI068 SI070 SI318 SI319 SI232 SI188 Messina SI066 SI020 SI002 SI004 SI378 SI137 SI385 SI065 50 30 70 40 10 40 40 20 70 40 20 70 60 40 80 70 80 40 60 70 80 80 50 60 40 70 40 20 50 30 40 90 80 60 30 90 60 90 40 60 50 70 40 60 30 50 50 80 50 40 10 70 90 50 50 70 80 30 80 80 50 40 40 80 20 40 70 60

piscina palazzetto dello sport residenza convenzionata scala mobile viadotto casa di cura per anziani campo sportivo centro polifunzionale pista di equitazione campo sportivo mercato centro sociale porcilaia ospedale ferrovia residenza convenzionata palazzetto dello sport palazzetto dello sport casa di cura per anziani residenza convenzionata

ponte diga tunnel casa di cura per anziani viadotto mercato centro polifunzionale residenza convenzionata residenza convenzionata centro sportivo campo sportivo raccordo

parco centro sociale stazione residenza convenzionata viadotto

residenza convenzionata palazzetto dello sport piscina centro sportivo centro polifunzionale parcheggio casa di cura per anziani centro sportivo velodromo

scuola primaria parco piscina parcheggio porto

chiesa depuratore cimitero

pista ciclabile strada

Letojanni

Merì

Messina

Messina

Milazzo

Mirto

Mirto

Montalbano Elicona

Novara di Sicilia

Novara di Sicilia

Pagliara

Roccafiorita

San Piero Patti

Sant’Aagata di Militello

Santo Stefano Camastra

Saponara

Savoca

Torregrotta Ucria

Villafranca Tirrena Blufi Blufi

Cinisi

Contessa Entellina Contessa Entellina Contessa Entellina Isola delle Femmine

Montemaggiore

37°57’40.0”N 15°20’24.6”E

38°11’36.5”N 15°21’06.4”E

38°02’56.2”N 14°52’45.0”E

38°13’52.8”N 15°26’28.8”E

37°44’55.7”N 14°04’03.3”E

37°44’28.3”N 14°03’06.0”E

37°58’13.1”N 13°27’19.2”E

37°44’39.4”N 14°05’38.8”E

37°54’48.0”N 13°51’25.2”E

38°10’37.7”N 13°06’46.5”E

37°43’55.5”N 13°11’01.9”E

37°43’58.6”N 13°11’03.0”E

37°43’57.8”N 13°11’04.1”E

38°11’26.4”N 13°14’47.6”E

37°51’01.1”N 13°45’34.2”E

38°05’13.2”N 13°24’21.1”E

38°05’48.7”N 13°25’49.2”E

37°43’46.4”N 12°53’13.4”E 38°03’10.2”N 13°07’37.0”E 38°07’52.2”N 13°13’40.8”E 38°05’11.0”N 13°26’30.2”E

37°01’09.3”N 14°29’40.1”E

36°56’26.6”N 14°35’58.2”E 36°47’25.8”N 14°53’33.0”E 36°47’28.1”N 14°53’26.9”E 36°50’18.1”N 14°46’04.0”E 36°51’12.5”N 14°45’21.5”E 36°54’33.1”N 14°42’36.3”E 36°59’10.2”N 14°29’47.0”E

36°57’43.9”N 14°32’51.8”E

37°14’39.4”N 15°13’33.0”E

37°14’25.5”N 15°10’41.6”E

36°43’30.6”N 15°06’18.0”E

37°05’14.8”N 15°16’45.4”E

37°03’44.0”N 15°17’04.2”E

37°54’11.3”N 12°53’25.1”E

37°37’01.3”N 12°43’42.2”E

37°52’32.5”N 12°30’32.0”E

38°00’11.0”N 12°32’05.8”E

38°01’35.3”N 12°36’23.0”E

129Analisi Opera Anno Tipologia Località Coordinate % SI046 SI231 SI194 SI249 SI265 SI100 SI154 SI014 SI093 SI095 SI222 SI079 SI048 SI228 SI323 SI384 SI379 SI372 SI141 SI019 Palermo SI145 SI164 SI333 SI144 SI373 SI169 SI045 SI060A SI060B SI018 SI332 SI337 SI386 SI202 SI387 SI109 SI268 Ragusa SI113 SI053 SI044 SI067 SI201 SI239 SI037 SI203 SI257 Siracusa SI106 SI395 SI050 SI241 SI345 Trapani SI168 SI369 SI204 SI082 SI120 50 60 50 90 40 70 90 30 60 70 80 40 80 20 20 70 50 80 60 70 30 50 80 80 30 80 70 70 50 60 70 60 80 70 40 60 50 50 40 50 50 90 70 70 90 60 60 30 20 70 60 60 60 80 80 20 199720031997199820001988 1989-1995 19921990 20001994 1996 1990 1989 1992 1990 2006 20091970 2003 2001 1992 1998 1988 1991 20061999 1994 1990 19902011 1998 2008 19921985 2001 1990
Bolognetta Bompietro Cerda
Torretta
Ispica Ispica Modica Modica Ragusa Vittoria Vittoria Augusta Augusta Pachino Siracusa Siracusa Catalafimi Segesta Campobello Mazzara Marsala Trapani Valderica 37°53’27.8”N 15°19’18.0”E 38°10’11.3”N 15°14’48.1”E 38°09’56.0”N 15°31’08.1”E 38°11’32.7”N 15°32’56.5”E 38°12’22.8”N 15°17’46.9”E 38°05’19.7”N 14°44’46.9”E 38°05’09.5”N 14°44’56.7”E 38°01’27.3”N 15°00’54.4”E 38°00’40.4”N 15°07’34.2”E 38°01’09.2”N 15°08’17.8”E 37°58’17.6”N 15°22’56.8”E 37°55’52.2”N 15°16’01.2”E 38°03’54.8”N 14°58’33.5”E 38°03’41.9”N 14°37’24.8”E 38°00’06.9”N 14°20’29.5”E 38°11’48.3”N
Belsito Palermo Palermo Partanna Partinico
Villabate Acate Comiso
15°25’50.6”E

Castiglion Fiorentino San Giovanni

43°29’27.4”N 10°20’22.8”E

43°51’30.2”N 10°30’45.6”E

44°12’42.0”N 9°58’02.8”E 44°04’04.1”N 10°03’08.4”E 44°03’08.9”N 10°02’13.9”E

43°43’01.2”N 10°24’12.1”E 43°37’13.4”N 10°37’33.9”E 43°42’54.1”N

130Analisi Opera Anno Tipologia Località Coordinate % Arezzo TO0021 TO0026 Firenze TO0051 TO050 Grosseto TO020 TO014 TO036 TO010 TO060 Livorno TO061 Lucca TO049 Massa Carrara TO022 TO034 TO041 Pisa TO027 TO063 TO064 Pistoia TO046 Prato TO008 Siena TO043 TO042 TO018 TO054 Toscana 10 20 50 30 50 40 50 70 20 40 30 50 60 60 90 80 60 60 50 80 20 30 70 2011 2010 1972 1970 1995 2009 2006 200920052009 1988 1986-20101985 2009 2007 depuratore residenza convenzionata viadotto albergo
anziani
palestra depuratore monumento planetario
terme
deposito diga
locale
casa di cura per
residenza convenzionata residenza convenzionata
scuola materna casa di cura per anziani albergo residenza convenzionata casa di cura per anziani centro sportivo
centro polifunzionale
strada azienda sanitaria
Valdarno Firenze
Pescaia Grosseto Grosseto
Orbetello Livorno Lucca Aulla Carrara Carrara Pisa
Montecatini Terme Carmignano Isola d’Arbia Radicofani Siena Taverne d’Arbia 43°19’30.8”N 11°53’17.0”E 43°34’18.2”N 11°30’42.6”E 43°47’53.3”N 11°12’14.1”E 43°42’15.7”N 11°28’17.5”E 42°46’01.2”N 10°52’58.1”E
42°45’07.1”N
42°21’54.2”N
42°30’46.4”N
Leccio Castiglion della
Isola del Giglio
Ponsacco San Miniato
42°46’49.5”N 11°10’36.8”E
11°07’13.2”E
10°52’47.7”E
11°12’19.1”E
10°51’41.0”E 43°53’12.8”N 10°46’31.6”E 43°46’52.1”N 11°02’08.3”E 43°15’16.1”N 11°23’10.0”E 42°58’33.1”N 11°45’32.0”E 43°15’41.0”N 11°22’41.7”E 43°17’38.4”N 11°23’48.4”E Trento TA005 Trentino - Alto Adige 60 2007 parcheggio Pergine Valsugana 46°03’41.7”N 11°14’38.0”E Perugia UM017 Umbria 20 - superstrada Todi 42°49’20.9”N 12°29’02.8”E
131Analisi Aosta VA004 VA001 VA002 Valle d’Aosta 50 20 70 1986 2000 2010 ferrovia museo aerostazione Cogne Gignod Saint - Christophe 45°36’32.5”N 7°21’33.4”E 45°46’39.2”N 7°17’54.3”E 45°44’23.6”N 7°21’38.7”E Belluno VE020 Padova VE024 Rovigo VE016 VE003 Venezia VE006 VE009 Vicenza VE007 Veneto 50 20 10 60 40 30 40 1960 2008 2007 2004 1983 1963 2009 diga ascensore residenza convenzionata palestra residenza convenzionata idrovia piscina Caprile Monselice Rovigo Breda di Piave Venezia Vigonovo Cassola 46°28’05.3”N 11°58’20.9”E 45°14’32.6”N 11°45’13.9”E 45°04’56.7”N 11°47’30.8”E 45°43’27.3”N 12°20’16.1”E 45°25’31.4”N 12°20’20.7”E 45°23’40.0”N 12°00’18.8”E 45°45’28.9”N 11°45’59.9”E Opera Anno Tipologia Località Coordinate %

Le fotografie di Incompiuto si discostano da questa narrazione e ricercano un punto di vista autoriale. In alcuni casi l’obiettivo rintraccia pattern di muffe, vernici scrostate, muschi e sacchi di segatura, quasi a sottolineare una sensualità della materia. Più spesso, l’obiettivo si pone a centinaia di metri di distanza dai soggetti, riuscendo così a cogliere la relazione che s’innesca fra le opere e il paesaggio. Un senso di quiete pervade le immagini, non c’è la morbosità tipica dell’estetica amatoriale, la vegetazione avvolge le armature di cemento ridefinendone le forme, “trasforma l’architettura in una seconda natura”.

Sempre più isolate e inaccessibili, queste rovine pulsano di una propria silenziosa vitalità, si pongono come templi o altari dell’incompiutezza. Sono delle omissioni, segni negativi sul paesaggio. Al contrario dei palazzi sventrati dai bombardamenti, che con la loro presenza tengono vivo il ricordo e ci rimandano continuamente a un tempo di guerra, queste macerie, come rileva Giorgio Vasta nel suo Absolutely Nothing, racchiudono “un tempo di procrastinazioni e inadempienza, di una perenne inadeguatezza a trasformare i progetti in azioni”. Indicano “il non esserci stati, in generale la nostra incapacità di esserci. Qui giace tutto ciò che non è accaduto”.

Le fotografie degli incompiuti tratte dal libro “Incompiuto. La nascita di uno Stile”, di Alterazioni Video e Fosbury Architecture sono proprietà dell’Archivio Gabriele Basilico.

132Analisi RICERCA FOTOGRAFICA.
Alterazioni Video - Appunti per un parco Incompiuto, 2018
133Analisi
Alterazioni Video - Appunti per un parco Incompiuto, 2018
134Analisi IncompiutoVilletta
comunale, Calatabiano, Catania, Sicilia 2018
Incompiuto - Diga, Torpè, Nuoro, Sardegna, 2018 Incompiuto - Depuratore, Scordia, Catania, Sicilia, 2018
136Analisi
Incompiuto Case popolari, Reggio Calabria, Calabria, 2018
Incompiuto
- Pontile Ex Sir, Lamezia Terme, Catanzaro, Calabria, 2018

Incompiuto Ponte di Via San Giacomo dei Capri, Napoli, Campania, 2018

Incompiuto Caserma dei Carabinieri, Acri, Cosenza, Calabria, 2018

138Analisi
Incompiuto - Avio pista Vallo di Diano, Teggiano, Salerno, Campania, 2018
140Analisi
IncompiutoViadotto, Chieti, Abruzzo, 2018 Incompiuto - Centro sportivo, Vittoria, Ragusa, Sicilia, 2018
Incompiuto - Centro polisportivo, Camporotondo Etneo, Catania, Sicilia, 2018
IncompiutoVariante alla SR429 tratto Empoli Castelfiorentino, Toscana, 2018
143Analisi
Incompiuto - Serbatoio di Sversamento sul Fiume Cavaliere, Isernia, Molise, 2018 Incompiuto Scale, Grotta verde, Alghero, Sardegna, 2018
03 CONCEPT.

146 L’idea

148 Moodboard ispirazionale

150 Schemi

158 Storyboard

160 Casi studio progettuali

161 The Mountain Refuge, Massimo Gnocchi e Paolo Danesi

162 Bivacco Pasqualetti, Roberto Dini e Stefano Girodo

164 Beach Huts, Big Architecture

166 Diogene, RPBW & Vitra

168 Centre Georges Pompidou, Studio Piano & Rogers

170 Highline, Massimo Gnocchi e Paolo Danesi

172 1111 Lincoln Road, Herzog & De Meuron

174 The Mirrorcube, Tham & Videgard

L’IDEA.

Terminate le fasi di ricerca e analisi, è tempo di formulare una proposta progettuale necessaria a definire gli elementi fondamentali del nostro progetto e fornire le basi per la realizzazione dello stesso. Lo scopo, è portare la vita all’interno degli incompiuti italiani abitandoli, per proporre una soluzione ad un problema nazionale complesso seppur dimenticato, e al tempo stesso promuovere l’incompiuto come stile.

È stato innanzitutto descritto l’oggetto del lavoro, nelle diverse manifestazioni della sua esistenza, luoghi, condizioni, suggestioni per saperne di più sul tema dell’incompiuto italiano. È risultato necessario registrare tutto in fase di analisi, annotare quello che effettivamente esiste, ma anche immaginare quello che ci potrebbe essere o che ci possa essere stato. Da tutto questo è emerso un processo mentale di astrazione, che consiste nell’allontanarsi dall’oggetto fisico, per riconoscere le sue regole, i suoi principi, fino alle sue potenzialità. Nello specifico, si parla di un’operazione di semplificazione, intesa come selezione e riduzione, per poter cogliere l’essenza del costruito e registrarne condizioni e vincoli, con l’obiettivo di massimizzare le potenzialità intrinseche di questi edifici, quali le dimensioni, le funzioni, il luogo, i materiali, le superfici e altro.

146Concept

Successivamente, ci siamo posti una domanda: in che modo sarebbe possibile abitare gli incompiuti italiani? Non si tratta di inventare una modalità di abitare più o meno originale, piuttosto di esplorare le potenzialità dell’oggetto, di organizzare in esso concetti, relazioni tra spazi, disposizioni, sequenze e gerarchie. Ancora momentaneamente liberi da categorie concrete quali, dimensioni, posizioni, fruizioni, normative, regolamenti e costi, sono state esplorate le possibilità concettuali dell’abitare che il mai finito permette o addirittura suggerisce.

Una volta esplorate le potenzialità, si è proseguito nella progettazione concretizzando le intuizioni sorte in precedenza sulla base degli stati di fatto degli edifici scelti. Come primo step è stata stilata una distribuzione funzionale degli spazi, riconoscendo le attitudini di ogni area in base alle potenzialità emerse. Le suddivisioni e i servizi immaginati, che vedremo in seguito, costituiscono in realtà solo una parte accessoria nella totalità del progetto, pensata per fornire un grado di completezza alle aree di intervento e una soluzione pratica correlata al vero fulcro del lavoro, ovvero la realizzazione di sistemi abitativi modulari.

La soluzione proposta per portare la vita all’interno degli incompiuti, consiste quindi nella realizzazione di sistemi modulari in grado di ancorarsi, innestarsi, agganciarsi all’esistente. Immaginate piccoli elementi leggeri, in contrasto con la pesantezza del calcestruzzo armato, trasportabili in semplicità e assemblabili in loco per formare, una volta assemblati tra di loro, appartamenti di diverse dimensioni e configurazioni. Stiamo parlando di soluzioni abitative formate da un minimo di tre moduli fino a infinite possibili combinazioni, studiate in relazione all’incompiuto italiano che andranno ad analizzare / abitare.

Gli appartamenti, una volta composti, potranno essere installati nella maggioranza degli edifici lungo tutta la penisola, grazie alle caratteristiche comuni che li rendono modulabili e compatibili tra loro. Nonostante il guscio esterno dei moduli, che resterà sempre lo stesso, con il cambiare delle regioni, dei paesi o delle città saranno gli interni degli appartamenti stessi a poter variare, grazie a una personalizzazione su misura da parte dei fruitori relazionata a un catalogo di scelte possibili. Una soluzione pratica e adattabile ad ogni esigenza.

147Concept

Intendiamo qui fornire una rappresentazione visiva, un insieme di immagini ispirazionali rappresentative dei nostri concetti chiave, al fine di tracciare una sorta di vademecum e mantenere ben chiari e delineati i nostri obiettivi progettuali fondamentali.

148Concept MOODBOARD ISPIRAZIONALE.
Innesto Modulo

Completare

149Concept
Landmark
Prefabbricazione Riuso

SCHEMI.

Alla base del processo di creazione del sistema abitativo, come anticipato, vi sono due elementi con forma “a C” i quali, una volta uniti tra loro sui lati corti, daranno vita al modulo base con forma “a O”. Questi due componenti sono così pensati per essere facilmente trasportati e non superare le dimensioni massime progettate di 2 x 4 x 3 metri. .

La struttura aperta lateralmente da ambo i lati permetterà diversi tipi di aggancio e la peculiarità che il lato corto sia di due metri rispetto al lato lungo, rispettivamente di quattro metri, permetterà di unire due moduli perpendicolarmente rispetto a un lato lungo, mantenendo la giusta proporzione senza avere centimetri laterali in eccesso. L’unione tra i vari moduli avverrà tramite spinatura per garantire solidità alla struttura. In questo modo, solai e pavimenti, ovvero le superfici orizzontali, non risulteranno mai interrotte lungo la mezzeria e non correrranno il rischio di flettersi e spaccarsi, per sollecitazioni esterne o interne. D’altra parte, le superfici verticali, spezzate nella mezzeria, permettono invece una migliore composizione e sfruttano la forza di gravità per incrementare la robustezza dell’incastro.

150Concept
151Concept
152Concept

01

Partendo poi dal modulo base presentato precedentemente, sono state realizzate altre tre tipologie di quest’ultimo che permetteranno di ospitare differenti funzioni all’interno degli spazi scelti.Gli elementi a C potranno essere uniti per generare complessivamente quattro strutture differenti, elencate qui di seguito e rappresentate in ordine nello schema sulla sinitrsa.

Il primo modulo è il più semplice e presenta due aperture laterali totali. Queste potranno restare aperte e permettere l’aggancio ad altri moduli, oppure contenere finestre, porte finestre o pareti chiuse interamente vetrate, magari da collocare per affacciarsi su un paesaggio mozzafiato.

Il secondo modulo, sulla scia del primo, dispone di un solo lato lungo aperto. L’altro è stato chiuso per creare un modulo “finale” utilizzabile per terminare un appartamento o laddove non sia necessario far entrare la luce naturale su ambo i lati.

03

Il terzo modulo, riprende il secondo introducendo un elemento fondamentale, la foratura su lato corto. Qui infatti, le dimensioni standard permettono l’inserimento di un telaio che può ospitare una porta, un varco di passaggio tra gli ambienti, ma anche una finestra, mantenendo apribile solo la parte superiore.

Infine, l’ultimo modulo costituisce un’unione dei moduli 2 e 3, poiché dispone di una parete laterale chiusa, finale, e di un’apertura per porta - finestra. Ciò risulta estremamente utile, ad esempio, per realizzare all’interno un bagno ad angolo con accesso frontale, che lascia spazio anche a un piccolo corridoio.

153Concept
02
04

Vengono qui riportati alcuni esempi di assemblaggio tra i quattro moduli base presentati precedentemente. Come vediamo, è possibile creare appartamenti con porte e finestre, con lati aperti vetrati, con lunghe pareti chiuse e così via. Questa composizione estremamente semplice e geometricamente intuitiva crea naturalmente dei vincoli a livello progettuale, ad esempio non potremo mai avere moduli ruotati di pochi gradi, ma allo stesso tempo rende modulare la costruzione facilitando la progettazione interna e il rispetto delle dimensioni minime individuate.

154Concept
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Con le giuste tecnologie di fissaggio correlate, questi moduli potranno agganciarsi a tutti i principali elementi degli incompiuti italiani come, ad esempio, destreggiarsi intorno ai pilastri, essere sospesi lungo le travi o appoggiarsi ai solai. Le possibilità compositive sono molteplici, così come molteplici sono le potenzialità degli incompiuti. Per ognuno è necessario studiare una soluzione su misura, impiegando i quattro moduli base nel migliore dei modi al fine di generare nuovi spazi per l’abitare.

156Concept
157Concept
158Concept
1. 2. 4. 6. 2.
STORYBOARD.
5.
159Concept
3.
8. 7. 4.
160Concept CASI STUDIO PROGETTUALI.
The Mountain Refuge, Massimo Gnocchi e Paolo Danesi, 2021

Parola chiave: modularità

Progetto: The Mountain Refuge

Autore: Massimo Gnocchi e Paolo Danesi

Luogo: Europa e Nord America

Anno: 2021

The Mountain Refuge è una micro casa progettata dagli architetti italiani Massimo Gnocchi e Paolo Danesi. In tempi brevi è diventata una delle case prefabbricate più popolari in Europa, dove è stata prodotta a partire dall’autunno 2021.

Il rifugio è una soluzione intelligente, completamente off - grid, in grado di fornire acqua calda, elettricità, calore e smaltimento dei rifiuti, oltre ad essere uno spazio dove poter godere di paesaggi meravigliosi ed estremi lontani dalla frenesia della città. I due architetti hanno creato un rifugio di montagna tranquillo, accogliente e abitabile: uno spazio in cui rivivere le origini dell’uomo, il suo legame con la natura e la storia. La micro casa è una struttura in legno composta da due moduli e può ingrandirsi, a seconda delle necessità per realizzare un soggiorno più grande o aggiungere una camera da letto. Il rifugio è quasi interamente costruito in magazzino, utilizzando materiali pregiati e naturali in un processo sostenibile, riducendo al minimo gli sprechi, la complessità dei trasporti e la manodopera in loco. Un sistema di costruzione prefabbricato permette infatti alla struttura di essere modulare, riducendo i costi e i tempi, e dando una completa flessibilità agli spazi interni. Generalmente, un rifugio viene costruito in tre mesi e installato in una o due settimane. Il rifugio si ispira al classico luogo di passaggio, che, già nell’antichità, aiutava a dare asilo a chi cercasse riparo dalle intemperie

dell’inverno. Oggi, questa rivisitazione in chiave architettonica dal forte richiamo alla tradizione racconta di una struttura solida tutta da scoprire, in cui coccolarsi e vivere in linea con la natura. Nella filosofia dei costruttori, uno spazio piccolo non significa disagio, gli spazi piccoli non devono diventare un coltello svizzero, eppure la progettazione è realizzata in modo da ospitare tutto il necessario per vivere l’ambiente in modo confortevole. Non si ha la sensazione di vivere all’interno di una micro casa, perchè si hanno a disposizione arredi in compensato ed elettrodomestici di dimensioni standard. Il tetto spiovente custodisce la zona notte in un dislivello nascosto. Attraverso una piccola scalinata bianca, è possibile raggiungere la zona giorno con vista, grazie a un’ampia vetrata. L’esterno è verniciato con catrame di Pino, affinché sia completamente impermeabile. Il Mountain Refuge è attualmente disponibile in Europa e in Nord America ma si stanno realizzando i primi pezzi anche per l’Australia e la Nuova Zelanda.

161Concept

Parola chiave: modularità

Progetto: Bivacco Pasqualetti

Autore: Roberto Dini e Stefano Girodo

Luogo: Valpelline, Valle D’Aosta

Anno: 2018

Il progetto per un nuovo bivacco sulla cresta del Morion in Valpelline, Valle d’Aosta, nasce da un’idea delle guide alpine dell’associazione Espri Sarvadzo di Valpelline. Lungo la catena si sviluppano itinerari notevoli ma sostanzialmente dimenticati, come ad esempio la lunga traversata che dal Colle del Mont Gelé conduce fino al Monte Berrio. L’intento del progetto degli architetti Roberto Dini e Stefano Girodo è quello di riscoprire questi luoghi migliorandone la fruibilità alpinistica. Favorita dal tramite dell’associazione culturale Cantieri d’Alta Quota, l’iniziativa incontra il desiderio dei coniugi Pasqualetti, di dedicare la struttura al figlio Luca, grande amante della montagna tristemente scomparso sulle Alpi Apuane nel maggio del 2014.

Il bivacco è completamente smontabile, e persegue la filosofia di impatto ambientale minimo. Poggia su fondazioni non permanenti che si ancorano in maniera puntuale e non invasiva alla roccia, tramite un basamento in carpenteria metallica; al termine del suo ciclo di vita la struttura può essere quindi rimossa senza lasciare alcuna traccia sul suolo. I componenti sono interamente montati a secco, senza l’uso di calcestruzzo, riciclabili e certificati ecologicamente. Il severo contesto ambientale e la logistica estrema hanno imposto la massima semplificazione costruttiva in abbinamento alla massima efficienza prestazionale in termini di protezione e isolamento. L’alta qualità dei materiali e delle finiture utilizzati assicura durevolezza e resistenza all’uso, preservando il comfort abitativo e limitando la futura manutenzione. La struttura, interamente prefabbricata e allestita a valle, è suddivisibile in quattro parti dimensionate per la migliore trasportabilità e la manovrabilità, in modo da minimizzare i voli di elicottero necessari e le operazioni di assem-

blaggio finale in quota, condensate poi in una sola giornata di lavoro. Il bivacco è stato concepito come una capanna a due falde, secondo l’idea archetipica del ricovero. Dal punto di vista paesaggistico inoltre, una struttura a spigoli vivi, meglio si inserisce nella geomorfologia frastagliata della cresta del Morion; l’integrazione cromatica con il contesto roccioso circostante, caratterizzato dalla prevalenza di rocce di origine metamorfica, è ricercata tramite la tonalità grigia del rivestimento metallico avvolgente in alluminio. L’ambiente interno, interpretato come un guscio accogliente e protetto rispetto all’aspro contesto circostante, è ottimizzato in chiave antropometrica per poter abitare confortevolmente uno spazio ridotto. Dal punto di vista distributivo, l’ingresso è collocato lateralmente per poter accedere in posizione baricentrica e creare così all’interno una divisione tra la zona giorno e la zona notte. Ciò consente l’apertura di una grande finestra panoramica sul prospetto principale rivolto a est, potendo godere così di un buon apporto solare in termini di luminosità e temperatura interna, ma soprattutto del magnifico paesaggio antistante. In corrispondenza dell’ingresso, una piccola bussola esterna è stata predisposta per proteggere la soglia dei venti e dalle precipitazioni, e per poter riporre racchette, ramponi, picche. Lo spazio di soggiorno, affacciato sul paesaggio, è costituito da un tavolo con otto posti a sedere su sgabelli e cassapanche, mentre gli arredi integrati alla parete ospitano la dispensa, un piano per la preparazione dei cibi e diversi vani per gli zaini e i materiali da scalata. Nella metà retrostante è ricavata la zona notte, costituita da due pianali in legno, su cui sono disposti i materassi, creando in tutto otto posti letto. Il bivacco è inoltre dotato di un piccolo pannello solare a batteria per garantire un’illuminazione minima.

162Concept
Bivacco Pasqualetti, Roberto Dini e Stefano Girodo, Valpelline, Valle D’Aosta, 2018
164Concept

Parola chiave: modularità

Progetto: Beach Huts

Autore: Big Architecture

Luogo: Aarhus, Danimarca

Anno: 2019

Le Beach Huts rappresentano la punta del Masterplan di BIG Architecture per il porto di Aarhus, in Danimarca, e nascono dal piano per la creazione di una comunità vivace sul fronte del porto. Situate di fronte a un complesso residenziale, le ventuno Beach Huts sono state collocate direttamente sul lungomare, con una vista senza ostacoli sul porto. Le strutture sono sede di eventi e programmi per il nuovo quartiere, al fine di creare un senso di comunità tra i residenti locali e un invitante e vivace lungomare pubblico aperto a tutti. Ogni unità è di proprietà privata e alcune sono affittate come case per le vacanze. Ogni proprietario si impegna ad ospitare almeno dieci attività pubbliche all’anno, tra cui conferenze, mostre, preparazione di caffè, corsi di yoga e lezioni, assicurando una vita urbana durante tutto l’anno. Ispirandosi alla tradizionale tipologia delle capanne dei pescatori, le nuove Beach Huts sono costruite una accanto all’altra con finestre a tutta altezza che creano viste panoramiche sul porto. Tutte le unità sono progettate con grandi porte a soffietto che massimizzano la vista e creano una barriera fisica minima tra l’interno di ogni unità e la vita del lungomare. La facciata può aprirsi completamente, estendendo lo spazio interno alla passeggiata esterna sul fronte del porto. La facciata è rivestita con legno carbonizzato che conferisce all’esterno un’estetica nera bruciata, in grado di resistere al clima rigido del mare. All’interno della casa, la sala centrale comprende la cucina e lo spazio per la zona pranzo e il divano, una zona per rilassarsi. Sopra un ampio bagno si trova il letto, che permette ai residenti di svegliarsi ammirando il porto.

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Beach Huts, Big Architecture, Aarhus, Danimarca, 2019

Parola chiave: tecnologie e impianti

Progetto: Diogene

Autore: RPBW e Vitra

Luogo: Weil am Rhein Campus Vitra, Germania

Anno: 2013

Con questo progetto Renzo Piano, in collaborazione con Vitra si cimenta sul tema dell’alloggio minimo e dell’architettura temporanea. Diogene, dal nome dell’antico filosofo greco Diogene di Sinope, che viveva in una botte come riparo e rifugio dalla mondanità e dal lusso superfluo, è una piccola abitazione mobile in legno che, nella superficie di 7,5 metri quadrati, racchiude tutte le funzioni tipiche dell’abitare in modo autonomo e autosufficiente. Ispirata all’archetipo della capanna primitiva, ed ai principi dell’existenzminimum del movimento razionalista moderno, semplice ed essenziale, Diogene è un progetto di simbiosi di arte e tecnica, un’opera ingegneristica che garantisce i più alti standard di efficienza energetica e durevolezza, sia nel funzionamento che nella produzione e smaltimento. Piano l’ha immaginata come un luogo di ritiro volontario, non come un alloggio di emergenza, uno spazio per vivere, ascoltare e pensare. Due sono le grandi tematiche esplorate da RPBW con Diogene, ovvero l’architettura mobile e temporanea e lo spazio minimo dell’abitare. Diogene condensa in sé queste aspirazioni e, sfruttando sapientemente la tecnologia, ne ricava un prodotto autonomo ed autosufficiente, in grado di autoalimentarsi. L’esempio che evoca storicamente un modello di abitazione essenziale dall’impatto ambientale minimo è Le Cabanon costruito da Le Corbusier nel 1951 a Roquebrune - Cap - Martin, in Francia. Il maestro del movimento funzionalista moderno costruisce il suo personale rifugio secondo i principi dell’existenzminimum. Il risultato è un edificio in tronchi di legno, di appena 18 mq, perfettamente inserito nel contesto naturale. Da qui, la suggestione si tramuta in sfida: Diogene riesce più che a dimezzare lo spazio abitabile: la piccola casa misura in pianta appena 2,5 x 3 metri, con un’impronta spaziale di soli 7,5 mq e un peso di 1,2 tonnellate. Ciononostante, possiede tutti i servizi necessari all’abitare.

Diogene tocca il terreno tramite dei piedi metallici che la tengono sollevata a 35 cm dal suolo. Oltre a proteggere la struttura dall’umidità, qui sotto trovano posto le principali componenti impiantistiche della casa. Renzo Piano ha immaginato la piccola tiny house, come facilmente trasportabile per essere installata ovunque. Per questo ha approfondito lo studio della bioclimatica e le relative dotazioni impiantistiche e tecnologiche capaci di sfruttare nel modo migliore le risorse naturali presenti. Ricordiamo che con il termine Architettura Bioclimatica si intende una

costruzione generata da una specifica metodologia di progettazione in grado di utilizzare l’apporto delle fonti energetiche ambientali, nel pieno rispetto dei climi locali, garantendo il mantenimento delle condizioni di benessere e di funzionamento interno. Sole, vento, luce, acqua e aria sono gli elementi naturali catturati da Diogene per sfruttare le potenzialità a beneficio dell’abitare in un efficiente sistema off grid, scollegato cioè dalla rete. Da qui hanno origine un sistema solare fotovoltaico per l’energia elettrica, un sistema solare termico per l’acqua calda sanitaria, un sistema di riciclo delle acque piovane e un impianto di condizionamento ad energia rinnovabile, ovvero una pompa di calore. La falda del tetto rivolta a sud è opaca e ospita i pannelli solari mentre quella a nord è trasparente e permette il passaggio della luce indiretta attraverso un grande lucernario. L’acqua piovana viene raccolta in copertura e convogliata verso la base dell’edificio che nasconde il vano tecnico. Qui è posto il cuore impiantistico di Diogene oltre a batterie per il fotovoltaico e pompa di calore, un sistema di filtraggio e vasche per l’accumulo dell’acqua che per mezzo di una pompa viene spinta verso l’alto arrivando alle utenze domestiche. Questo sistema complesso di apparecchiature tecnologiche rendono la struttura completamente autosufficiente e capace di adattarsi alle diverse condizioni climatiche locali.

A livello materico, Diogene è costruito in pannelli di legno a strati incrociati o xlam e all’esterno è interamente rivestito con pannelli in alluminio spazzolato rivettati, che servono a riflettere il calore e dargli un aspetto completamente contemporaneo. La scelta accurata dei materiali e il triplo vetro garantiscono l’isolamento termico e agevolano la ventilazione naturale. All’interno, lo spazio è diviso in due aree: una principale con tavolo pieghevole, divano che diventa letto all’occorrenza e, oltre una partizione, i servizi igienici, doccia e cucina. La piccola cucina ha un lavandino e un frigorifero integrati mentre dall’altro lato, il bagno comprende il compostaggio e il piatto doccia. Le unità di stoccaggio sono state abilmente incorporate ovunque, sulle pareti, sui pavimenti e persino sotto il letto.

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Diogene, RPBW e Vitra, Weil am Rhein Campus Vitra, Germania, 2013

Parola chiave: tecnologie e impianti

Progetto: Centre Georges Pompidou

Autore: Studio Piano & Rogers

Luogo: Parigi, Francia

Anno: 1971-1977

“Beaubourg è una gioiosa macchina urbana. Tu arrivi nel Marais, nel centro di Parigi, e ci trovi una creatura che potrebbe essere uscita da un libro di Jules Verne. Nell’arco di vent’anni quest’idea è stata definita divertente o disdicevole, rozza o affascinante. Il Beaubourg è esattamente l’opposto del modello tecnologico della città industriale. È un villaggio medievale di 25.000 persone, tanti sono i visitatori giornalieri. La differenza è che si sviluppa in altezza: la sequenza è verticale anziché orizzontale, quindi le piazze sono l’una sopra l’altra, e le strade sono trasversali”.

Renzo Piano

Con gli impianti tecnologici estroflessi sulla facciata, il Centre Pompidou, conosciuto ai francesi come Beaubourg, si presenta alla città con un’immagine dissacratoria, molto lontana da quella convenzionale del museo. Erede della tradizione avvenirista degli Archigram, è stato concepito da Renzo Piano e Richard Rogers come un luogo vitale e performativo, un punto di connessione tra la scala dell’edificio, quella del quartiere del Marais e quella urbana. Un’astronave di vetro, acciaio e tubi colorati nel cuore della città, in cui in poco tempo si è fortemente radicata, Beaubourg è il risultato di un concorso vinto nel 1971 da Piano e Rogers, indetto nell’ambito della politica culturale del presidente francese Georges Pompidou. È un luogo sensibile alla contaminazione tra linguaggi, dall’arte al teatro, dalla musica al cinema, dalla letteratura alle performance. È doveroso sottolineare la forte connotazione urbana dell’edificio: occupa solo metà dello spazio previsto dal bando di concorso per sua costruzione; l’altra metà, per scelta progettuale, è diventata una grande piazza pubblica, il parvis, leggermente inclinata verso il fronte d’ingresso dell’edificio. Ogni piano è una piazza sovrapposta, costituita da uno spazio vuoto a pianta libera in grado di riconfigurasi di continuo per accogliere le esposizioni e gli allestimenti più svariati. Oggi ospita uno dei musei più importanti del mondo e la principale collezione di arte moderna e contemporanea d’Eu-

ropa, una vasta biblioteca di consultazione pubblica dotata di strutture per più di 2000 lettori, documentazione generale sull’arte del XX secolo, un cinema e diverse sale per spettacoli, un istituto di ricerca musicale, aree dedicate ad attività educative, librerie, un ristorante e una caffetteria. Fanno parte del Centre anche altre attività situate in due edifici intorno alla piazza: l’IRCAM (Institut de Recherche et Coordination Acoustique/Musique) e l’Atelier Brancusi. Trasparenza, tecnologia, colore, sono le parole chiave alla base del progetto. Il Centre Pompidou è trasparente, sia dal punto di vista visivo sia da quello funzionale, è un edificio accogliente e subito comprensibile nella sua struttura. Ogni piano, in vetro e acciaio, è costituito da uno spazio vuoto di 50x170 m a pianta libera. La trasparenza della facciata principale al piano terra crea la continuità tra lo spazio interno dell’edificio e quello esterno della piazza. La struttura portante e sistemi di circolazione, come le scale mobili, sono stati disposti all’esterno dell’edificio, liberando così spazio interno e ottenendo il massimo di flessibilità per le aree museali e le varie attività. I condotti degli impianti, codificati da diversi colori, si trovano anch’essi all’esterno dell’edificio: blu per l’aria, verde per i fluidi, giallo per i cavi dell’energia elettrica e rosso per le circolazioni verticali.

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Centre Georges Pompidou, Studio Piano & Roger, Parigi, Francia, 19711977
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HighLine, Massimo Gnocchi e Paolo Danesi, NewYork, USA, 2009

Parola chiave: riuso

Progetto: Highline

Autore: Massimo Gnocchi e Paolo Danesi

Luogo: New York, USA

Anno: 2009

The High Line è un parco pubblico lungo 1,5 miglia costruito su una ferrovia sopraelevata abbandonata che si estende dal Meatpacking District agli Hudson Rail Yards a Manhattan. Negli anni ‘60 - ‘80 l’uso del treno è diminuito a causa dell’aumento degli autotrasporti e il tratto più meridionale della High Line, è stato demolito. Il declino è continuato negli anni ‘70, arrivando a un’interruzione totale del traffico negli anni ‘80. Presto seguirono le richieste di demolizione totale della struttura. Nei decenni di disuso, molte persone definivano la High Line un brutto pugno nell’occhio, e solo in pochi riuscirono a vedere ciò che aveva segretamente preso il controllo della struttura, ovvero un rigoglioso giardino di piante selvatiche. Ispirati dalla bellezza di questo paesaggio nascosto, Joshua David e Robert Hammond hanno fondato Friends of the High Line, un’organizzazione senza scopo di lucro, per sostenerne la conservazione e il riutilizzo come spazio pubblico. Friends of the High Line è ancora oggi l’unico gruppo responsabile della manutenzione e del funzionamento della High Line. Per stimolare il dialogo sull’infrastruttura abbandonata, l’associazione ha organizzato un concorso di idee su come utilizzare il parco che ha contribuito a stimolare sia la consapevolezza che l’entusiasmo intorno al tema, con un insieme di idee arrivate da tutto il mondo. Nel 2006 lo studio di architettura del paesaggio James Corner Field Operations, lo studio di progettazione Diller Scofidio + Renfro e il designer di piantagioni Piet Oudolf sono stati selezionati come team per trasformare la High Line.

Ispirato dalla bellezza malinconica e indisciplinata di questa rovina postindustriale, dove la natura ha reclamato un pezzo di infrastruttura urbana un tempo vitale, il nuovo parco ne interpreta l’eredità. Traduce la

biodiversità che ha messo radici dopo la sua caduta in rovina in una serie di microclimi urbani site - specific lungo il tratto ferroviario che comprende spazi soleggiati, ombrosi, umidi, asciutti, ventosi e riparati. Il parco ospita il selvaggio, il coltivato, il privato e il sociale, affrontando una moltitudine di questioni civiche: la bonifica dello spazio pubblico non reclamato, il riutilizzo adattivo di infrastrutture obsolete e la conservazione come strategia per la sostenibilità. Attraverso una strategia in parte di agricoltura, in parte di architettura, la superficie della High Line è stata suddivisa in unità di pavimentazione e piantumazione assemblate lungo le miglia in una varietà di pendenze e pavimentazioni. Il sistema è costituito da singole tavole prefabbricate in calcestruzzo con giunti aperti per incoraggiare la crescita emergente di piante come l’erba selvatica attraverso le fessure nel marciapiede. Le lunghe unità di pavimentazione hanno estremità affusolate che si trasformano in aiuole creando un paesaggio strutturato e senza sentieri in cui il pubblico può spostarsi in modi non programmati. La High Line è stata aperta al pubblico in sezioni, a partire dal 2009, con aperture graduali nel 2011, 2014 e 2019. Inizialmente immaginata come una singolare soluzione locale, la High Line ha attirato fino a 8 milioni di visitatori in un anno ed è diventata virale come modello di sviluppo globale: oltre cento città nel mondo sono state ispirate a trasformare le loro obsolete infrastrutture urbane in parchi pubblici.

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Parola chiave: riuso

Progetto: 1111 Lincoln Road

Autore: Herzog & De Meuron

Luogo: Miami, USA

Anno: 2010

Lo sviluppo ad uso misto chiamato 1111 Lincoln Road a Miami Beach comprende quattro diversi blocchi. Un edificio esistente, l’ex edificio Suntrust, viene rinnovato poiché la banca ha lasciato la sua sede. A questo viene annessa una struttura ad uso misto per parcheggio, vendita al dettaglio e residenza privata. Il risultato è un edificio a due piani con la banca trasferita al piano terra e quattro residenze al piano superiore che si affacciano su Alton Road, con un vincolo paesaggistico e un parcheggio di superficie.

Lincoln Road Mall è un’esperienza urbana viva, una via pedonale dello shopping dove ristoranti e bar su piccola scala servono i loro clienti giorno e notte, tutto l’anno. 1111 è un nuovo posto in cui le persone possono lasciare le loro auto in modo che possano uscire al Lincoln Road Mall, andare a vedere un film o fare una nuotata nell’oceano.

Creare un’altra struttura di parcheggio standard su una base commerciale, con una facciata che nasconde la bruttezza di ciò che viene immagazzinato all’interno, e un attico incassato in cima non avrebbe risposto alle esigenze urbane di questo luogo.

La natura di Lincoln Road è stata l’unica fonte di ispirazione per l’architettura del parcheggio, essendo collegata all’imponente e chiuso edificio per uffici Suntrust. Il garage è una struttura in cemento completamente aperta. Le altezze del soffitto variano tra l’altezza standard del parcheggio e l’altezza doppia

o tripla, al fine di accogliere altri programmi, sia in modo permanente che temporaneo. Ai livelli superiori si trovano un’unità commerciale e una residenza privata, e la struttura può essere utilizzata per feste, servizi fotografici o cinematografici, sfilate di moda, concerti o altre attività sociali o commerciali, offrendo viste mozzafiato come sfondo per il palcoscenico. Una scala scultorea non chiusa al centro dell’edificio rende la circolazione pedonale nel garage un’esperienza panoramica e cerimoniale, così come si attraversa l’edificio in un’auto. La residenza privata che si annida su un soppalco dell’ultimo piano del parcheggio si riversa su terrazze; è ripiegato nella struttura ma schermato da un paesaggio eccessivo. Le terrazze si collegano anche al tetto dell’edificio esistente. La struttura è l’architettura. Il parcheggio è un organismo costituito da una famiglia di lastre di cemento, dispiegate come solai, colonne e rampe. La posizione e la forma di questi elementi risultano da una serie di forze che agiscono l’una sull’altra, una complessa sovrapposizione di requisiti del sito e del regolamento edilizio, combinata con scelte programmatiche e l’aspirazione sia a integrarsi con Lincoln Road Mall sia a formulare il suo inizio all’angolo di Alton Road.

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1111 Lincoln Roard, Herzog & De Meuron, Miami, USA, 2010
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Parola chiave: esistenza minima

Progetto: The Mirrorcube

Autore: Tham & Videgard

Luogo: Harads, Svezia

Anno: 2010

Chiamata Mirrorcube, questa struttura si aggiunge al gruppo di camere d’albergo su alberi che compongono il Treehotel, situato tra le foreste di Harads, nella Svezia settentrionale. Un hotel sugli alberi nell’estremo nord della Svezia, vicino al piccolo villaggio di Harads, in prossimità del circolo polare. Un rifugio tra gli alberi, una struttura leggera in alluminio appesa a un tronco d’albero, una scatola di 4x4x4 m rivestita di vetro a specchio. Per evitare che gli uccelli si scontrino con il vetro riflettente, nelle lastre è stato inserito un colore ultravioletto trasparente, visibile solo dagli uccelli. L’esterno quindi riflette l’ambiente circostante e il cielo, creando un rifugio mimetico.

L’interno, attraversato da un tronco d’albero che separa gli spazi, è stato realizzato interamente in compensato, mentre le finestre offrono una vista completa sull’ambiente circostante. La costruzione allude anche al modo in cui l’uomo si relaziona con la natura e al modo in cui utilizza i materiali e le attrezzature ad alta tecnologia quando esploriamo luoghi remoti in climi rigidi, come goretex, kevlar, materiali compositi, tende leggere ecc.

Le funzioni incluse prevedono la possibilità di un soggiorno per due persone: si trovano un letto matrimoniale, un piccolo bagno, un soggiorno e una terrazza sul tetto. L’accesso alla cabina avviene tramite un ponte di corda collegato all’albero successivo. Questa treehouse di design propone un approccio sostenibile e in equilibrio con il paesaggio, restituendo uno scenario ludico, irriverente e imprevedibile in cui natura e fantasia coesistono.

175Concept
The Mirrorcube, Tham & Videgard, Harads, Svezia, 2010
04 TECNOLOGIE.
178 Introduzione 180 La prefabbricazione 184 La bioedilizia 196 Sistemi di aggancio 198 Impiantistica

INTRODUZIONE.

“La violenza dei cambiamenti climatici, la situazione precaria delle forniture di gas e le disuguaglianze socioeconomiche e ambientali che ne derivano sono fatti così strettamente collegati che rendono indispensabile un cambio di paradigma. Da un modello di città - macchina, costruita su un sistema di crescita lineare, è necessario virare verso un modello evolutivo circolare, di città - organismo. Progettare oggi è un fatto davvero complesso, che implica ripensare la relazione con la materia”.

Dall’articolo “Energy Saving” di Paola Carimati, Elle Decor, Ott. 2022

In tutte le epoche, l’uomo ha cercato di migliorare le prestazioni delle proprie abitazioni, sia in termini di comfort sia dell’igiene. Per ottenere questi risultati, ha innanzitutto cercato di sfruttare al meglio quello che la natura gli aveva reso disponibile: siti adatti all’edificazione, ripari naturali, la protezione del suolo, la luce e il calore del sole, nonché i materiali da costruzione. Questo ha portato, dapprima a livello intuitivo poi a livello artigianale, a un’attenzione che ha costituito l’architettura: la scelta del sito per l’edificazione, la scelta del migliore orientamento nei confronti dell’esposizione solare e dei venti, la scelta dei materiali da costruzione, il progetto della tipologia abitativa e della sua struttura. Con il tempo, il progetto architettonico ha perso il suo carattere artigianale, per assumere sempre più un carattere tecnologico. Con il crescere delle conoscenze e delle capacità tecnologiche, l’uomo ha sfruttato in modo sempre più complesso le possibilità offerte dalla natura, creando artefatti che potessero migliorare la qualità delle sue abitazioni. Le cose cambiano radicalmente con le possibilità offerte grazie allo sfruttamento dei combustibili fossili.

L’enorme quantità di energia disponibile aveva reso possibile la ristrutturazione dei siti edificabili, la realizzazione di materiali e apparecchiature innovative, e l’affrancamento dalle risorse energetiche tradizionali. L’architettura raccoglie i frutti del progresso, perdendo progressivamente di vista il problema del rapporto

con l’ambiente e concentrandosi verso le massime possibilità che le tecnologie permettevano. A partire dagli anni Settanta, si è sentita l’esigenza di verificare se questa condizione non nascondesse dei problemi. Ciò che ha avuto subito un grande impulso, è la ricerca sugli inquinanti nell’ambiente costruito, quello che ha immediati aspetti sanitari. Con il costo dei carburanti fossili in crescita inoltre, l’aspetto che ha cominciato a generare più interesse, è stato quello relativo al risparmio energetico. Uno degli effetti di questi nuovi impulsi, è un ritorno dell’attenzione del progetto architettonico verso la natura e le risorse che questa offre. L’architettura sostenibile fa propri i principi della decrescita e del limite, intesi come risparmio di risorse e minima produzione di inquinamento in tutte le fasi del ciclo di vita. Il termine sostenibile applicato all’architettura si riferisce alla ricerca di soluzioni costruttive che massimizzano il benessere dei fruitori garantendo contemporaneamente alle generazioni future la possibilità di conseguire lo stesso risultato, nella consapevolezza che le risorse sono limitate e che lo sperpero e l’inquinamento possono diventare insostenibili per le popolazioni future.

178Tecnologie
179Tecnologie

Con il termine prefabbricazione si intende un procedimento costruttivo che consiste nella preparazione fuori opera, cioè in luogo diverso dalla sede definitiva, degli elementi costitutivi di una struttura, nel loro trasporto e nel loro successivo montaggio in opera. Si tratta quindi di una tecnologia che opera la scomposizione dell’edificio nelle sue parti componenti, realizza queste separatamente nelle sedi più idonee e trasforma il cantiere in un’officina di montaggio.

Si possono distinguere principalmente due diverse modalità di impiego della prefabbricazione: totale, quando l’opera da realizzare è formata integralmente da componenti prodotti in fabbrica e parziale, quella più comunemente utilizzata, quando vengono combinate parti realizzate in fabbrica con parti realizzate in cantiere, secondo procedimenti più o meno tradizionali. Le operazioni che si svolgono in cantiere saranno di differente entità in rapporto al sistema adottato. Si possono ridurre alla semplice collocazione in sito di cellule tridimensionali, generalmente di modeste dimensioni, integralmente assemblate in stabilimento, complete di tutte le finiture e pronte per essere abitate; possono consistere nel montaggio delle diverse parti di cui è composto l’edificio; possono infine riguardare la realizzazione in opera di alcuni elementi della costruzione e l’integrazione con queste dei componenti pre assemblati fuori opera. Contrariamente a quanto si possa pensare, il criterio di realizzare fuori opera alcune parti di una costruzione, al fine di razionalizzare il lavoro e di ottimizzare la fase esecutiva, risale a epoche molto remote. Già gli egizi usavano predisporre fuori opera grandi blocchi monolitici, da trasportare in sito e assemblare tra loro per realizzare edifici monumentali. Per non parlare dei templi greci, concepiti secondo criteri modulari che ben si adattano alla possibilità di predisporre una serie di componenti standardizzati da montare in opera. Anche nelle costruzioni in legno si denota il ricorso a una forma arcaica di prefabbricazione, già a partire dalle operazioni di taglio del tronco e di conformazione dei vari semilavorati, elementi costruttivi base da assemblare tra loro in opera; tra I’XI e il

XIV secolo in Norvegia viene codificato un sistema di prefabbricazione basato sulla progettazione di elementi costruttivi unificati e coordinati dimensionalmente, finalizzati alla realizzazione delle varie parti dell’edificio: le fondazioni, le pareti portanti, le partizioni interne, le coperture a falde.

Ma la nascita e lo sviluppo della prefabbricazione moderna, così come la si intende al giorno d’oggi, è collocabile temporalmente agli inizi del XIX secolo, a seguito della rivoluzione industriale, che generò una notevole innovazione dei processi produttivi. Si pensi alla possibilità di produrre in serie gli elementi, alle nuove di lavorazioni delle materie prime o dei semilavorati, e soprattutto all’utilizzo nel settore edilizio di materiali fino ad allora mai impiegati come elementi portanti, quali la ghisa, il ferro, l’acciaio e, successivamente, il calcestruzzo armato. Le caratteristiche di resistenza meccanica del ferro erano già conosciute in epoche remote ma il suo utilizzo ai fini statici nell’ambito delle costruzioni era limitato alla funzione di ancoraggio e di ritegno tra elementi in pietra. Infatti fino all’incirca alla fine del Settecento non era possibile produrlo a costi competitivi e in dimensioni tali da poterlo utilizzare come materiale da costruzione alla stregua di pietra e legno. Utilizzando gli elementi metallici prodotti in officina furono realizzate opere infrastrutturali di notevoli dimensioni quali ponti, stazioni ferroviarie e porti, ma anche grandi opere architettoniche come mercati coperti, gallerie commerciali ed edifici per le grandi esposizioni universali. È proprio in occasione della prima Esposizione Universale, tenutasi a Londra nel 1851, che venne realizzata l’opera simbolo della prefabbricazione dell’età moderna: il Crystal Palace. Eretto a Hyde Park su progetto di Joseph Paxton, giardiniere già noto per la costruzione di serre, fu realizzato in circa sette mesi, grazie alle sue membrature in ferro e ai pannelli in vetro rinforzato di dimensioni standardizzate. Ciò consentì di velocizzare il montaggio ma soprattutto di garantire la possibilità di smontare il manufatto, recuperando integralmente tutti i suoi componenti, per poterlo poi trasferire altrove. Questo edificio è unanimemente

180Tecnologie LA PREFABBRICAZIONE.

considerato il primo esempio di industrializzazione del processo edilizio poiché per la sua realizzazione fu necessaria una importante attività di sintesi tra progettazione architettonica, coordinazione modulare, standardizzazione dei componenti edilizi e studio dei sistemi di giunzione e assemblaggio.

181Tecnologie
Assemblaggio di modulo prefabbricato

Le tecniche di prefabbricazione sviluppatesi nel corso degli anni e nelle diverse nazioni differiscono tra loro per le modalità di produzione, il peso dei componenti, le modalità con le quali i vari elementi si assemblano tra loro e il grado di flessibilità realizzativa che consentono, ma possono essere ricondotte a tre sistemi di produzione dei componenti edilizi, definiti: chiuso, aperto e ibrido. Il termine prefabbricato quindi, ha un significato molto ampio che comprende diversi tipi di edifici. Sotto questa macrocategoria rientrano edifici realizzati con tecniche simili, ma con esiti finali molto diversi.

Il sistema chiuso, definito come industrializzazione per modelli, consente la realizzazione di specifici organismi edilizi attraverso la loro scomposizione in elementi prefabbricati di grandi dimensioni, tra loro coordinati dimensionalmente, ciascuno dei quali è prodotto serialmente in stabilimento e successivamente assemblato insieme agli altri in sito per ottenere solo quel determinato manufatto. Il maggiore limite di questo sistema consiste proprio nella produzione di componenti industrializzati che, essendo strettamente legati a uno specifico tipo di organismo, sono utilizzabili soltanto per la sua realizzazione, escludendo la possibilità di impiegarli nella costruzione di altre categorie di edifici. Il principale vantaggio è rappresentato dal poter far fronte in breve tempo a un improvviso aumento della domanda di quel tipo edilizio. Il sistema aperto, definito come industrializzazione per componenti, prevede l’utilizzazione di componenti polivalenti, cioè progettati e prodotti indipendentemente dalla loro collocazione o uso finale, intercambiabili tra loro, provenienti anche da più aziende produttrici, che possono essere assemblati reciprocamente, così da poterli combinare insieme

per realizzare un generico oggetto edilizio. L’istanza principale è la componibilità e la compatibilità tra gli elementi, principalmente quella dimensionale, che richiede un approccio progettuale basato su criteri di coordinazione modulare. Il vantaggio di questo sistema consiste nella grande disponibilità e libertà di scelta dei componenti, che permette una varietà di soluzioni formali e di dettaglio, nonché una maggiore libertà da parte del progettista e degli stessi fruitori. Il limite sta proprio nella compatibilità tra i diversi pezzi, che rende necessaria un’attenta fase di progettazione dei giunti necessari alla connessione tra gli elementi, al fine di minimizzare le difficoltà di assemblaggio in cantiere.

Il sistema ibrido si pone come una soluzione intermedia tra i due precedentemente esaminati. Si cerca di raggiungere la versatilità dei sistemi aperti a partire da un insieme di componenti dati, com’è tipico dei sistemi chiusi. Anche in questo caso risulta essenziale la coordinazione modulare e lo studio di un abaco di possibili varianti planimetriche e volumetriche ottenibili con un numero limitato di componenti standardizzati prodotti in serie.

182Tecnologie
Prefabbricazione in legno per realizzare abitazioni

A partire dagli anni Novanta del secolo scorso, grazie anche alla progressiva informatizzazione del processo produttivo e allo sviluppo di macchine operatrici tecnologicamente avanzate a controllo numerico, si assiste a un graduale ma continuo cambiamento nell’approccio alla progettazione edilizia industrializzata. Da una produzione ripetitiva e riferibile a precisi modelli, di forma e dimensioni standardizzate, si passa ad una realizzazione più libera e versatile di componenti dalla geometria variabile in rapporto alle specifiche esigenze del progettista. L’uso di macchine operatrici a controllo numerico, capaci cioè di modificare in breve tempo la loro linea produttiva, consente una maggiore versatilità del processo produttivo, permettendo anche la realizzazione di una sequenza di pezzi unici. In quest’ottica è necessario che, in fase progettuale, ci si avvalga di strumenti informatici in grado di comunicare con lo stesso linguaggio e di operare in perfetta sincronia con quelli propri delle macchine operatrici. I nuovi sistemi integrati permettono di produrre pezzi con caratteristiche differenti l’uno dall’altro in tempi e costi paragonabili a quelli della produzione in serie. Ciò significa che il costruire può intraprendere la strada dell’industrializzazione senza rinunciare a quel carattere di unicità e originalità che è caratteristica propria di ogni costruzione. L’avvento degli ausili informatici nel campo della progettazione e della produzione ha modificato non solo gli strumenti di lavoro ma anche l’approccio a tali attività, sia dal punto di vista tecnico, sia da quello architettonico, consentendo la possibilità di elaborare e di governare forme e geometrie difficilmente gestibili con i metodi tradizionali. Paradigmatico è l’esempio del Guggenheim Museum di Bilbao, ideato da Frank O. Gehry nel 1992 - 1993 e inaugurato nel 1997.

183Tecnologie

LA BIOEDILIZIA.

Il settore della cosiddetta bioedilizia, chiamata anche edilizia verde, nasce nella Germania degli anni settanta, dando voce ad una coscienza ecologica diffusa che richiede la sostenibilità delle risorse ambientali utilizzate nell’edilizia e del loro impatto sull’ambiente. Di lì a poco, si è diffusa nei paesi del nord Europa, dove tuttora è utilizzata e, più lentamente, nei paesi della zona mediterranea. Oggi, questo innovativo modo di costruire è conosciuto ed apprezzato anche in Italia. L’edilizia in legno nel 2020 ha avuto una ripartenza più rapida rispetto ad altri segmenti del settore, complice anche la messa in moto del comparto residenziale, con i vari bonus previsti nei decreti ministeriali, e la spinta europea verso un modello sostenibile dell’abitare. A fronte di un -15% registrato dal comparto industriale edile nel primo anno di pandemia da Covid 19, nel 2020 la bioedilizia è riuscita a consolidarsi con una quota di mercato pari al 7% dei permessi per costruire registrando un +3% rispetto al 2019, è questo lo scenario che emerge dal Rapporto Edilizia in Legno 2021 realizzato dal Centro Studi di Fed erlegnoArredo per Assolegno.

184Tecnologie

Il documento indica anche una crescente complessità ingegneristica delle opere in legno, dove l’edilizia residenziale si conferma trainante, mentre l’edilizia scolastica e ricettiva iniziano a diffondersi. È chiara la tendenza a sviluppare soluzioni multiplano e sempre più complesse, soprattutto nelle regioni del nord Italia dove hanno sede le maggiori aziende del settore. I cambiamenti climatici e la crisi ambientale sono ormai sotto gli occhi di tutti e scegliere di costruire nel rispetto della natura diventa una scelta improrogabile. La bioedilizia è sempre più utilizzata e viene apprezzata per i molteplici benefici che presenta in termini di risparmio energetico, sostenibilità ambientale e sicurezza, ma anche per la possibilità di curare facilmente design, estetica e tecniche architettoniche moderne. Le soluzioni abitative create con questo sistema costruttivo sono, oggi più che mai, semplici e veloci da realizzare poiché le aziende specializzate le costruiscono a partire da pannelli prefabbricati e modulari che assicurano un’ampia flessibilità di progettazione abbinata a tempistiche contenute. Gli edifici in bioedilizia quindi, sono sì prefabbricati, perché realizzati con strutture create precedentemente in fabbrica e trasportate in loco, ma soprattutto sono caratterizzati dalla scelta dei materiali ecologici utilizzati, in grado di garantire il massimo risparmio energetico.

Sempre più spesso aggettivi come “prefabbricato” ed “ecologico” sono usati in modo improprio, semplicemente a fini commerciali generando confusione nei fruitori. È necessario infatti specificare che essere una casa prefabbricata non significa sempre essere una biocasa, poiché essere tale significa dover rispettare le caratteristiche della bioedilizia. Quello della bioedilizia è un approccio che vede l’edificio come parte integrante della vita dell’uomo all’interno del suo rapporto con la natura. Al centro pone la funzionalità: la casa deve essere un riparo, ma anche un luogo di serenità e benessere.

185Tecnologie
Montaggio di abitazione in bioedilizia

In generale, per costruire in bioedilizia è necessario tenere conto di alcuni principi cardine. Innanzitutto, la considerazione dei vincoli geografici, che impone di costruire tenendo conto delle caratteristiche del paesaggio per far si che l’edificio sia compatibile con l’ambiente che lo circonda e che riesca a trarre il meglio da esso senza però avere un impatto negativo o turbarne l’equilibrio. A seguire, la scelta dei materiali, che avviene anche in funzione dei vincoli geografici, in questo modo si possono evitare i cosiddetti ponti termici e si riesce ad ottimizzare l’edificio anche da altri punti di vista, come la durata o l’acustica. Successivamente, le prestazioni energetiche, ovvero la riduzione significativa del fabbisogno e del relativo consumo energetico degli edifici, tramite impianti o fonti di energia pulite che riducono sia l’inquinamento emesso dalla casa che i costi di mantenimento della stessa. Infine, fondamentali sono la salute e il comfort degli abitanti, perché una costruzione che rispetta tutti i canoni della bioedilizia deve anche puntare al benessere termico, acustico, visivo e igrotermico delle persone che la abitano, assicurando loro una buona qualità di acqua ed aria.

La casa in legno è l’archetipo della costruzione in bioedilizia, per una serie di elementi che la caratterizzano. Ha un’eccezionale efficienza energetica, che le permette di limitare i consumi e abbattere gli sprechi, arrivando anche ad essere una casa passiva, ovvero quasi a impatto zero. Perché però scegliere una casa in legno rispetto ad una in cemento? Il legno offre tutti i vantaggi tipici del cemento armato, ovvero flessibilità architettonica, possibilità di realizzare grandi luci e resistenza ai carichi, e possiede ulteriori caratteristiche. Permette un ottimo isolamento termico e acustico, richiede una manutenzione simile a quella di una

casa tradizionale e ha tempi di deterioramento simili. Per quanto riguarda la resistenza al fuoco è preferibile l’utilizzo del legno, in quanto si lascia attraversare dal calore in più tempo rispetto al cemento armato, modificando la sua struttura in tempi molto più dilatati. Il legno brucia così lentamente ed in maniera controllata. Ma quanto dura una casa in bioedilizia? Molto dipende dai materiali utilizzati, vi sono quindi costruzioni più longeve, che possono facilmente superare il secolo di vita, e altre che possono garantire anche oltre 50 anni senza particolare manutenzione. Ad ogni modo, i principali produttori offrono delle garanzie per difetti di costruzione o dei materiali per almeno 30 anni. Ma non è tutto, poiché, nella quasi totalità dei casi, la bioarchitettura prevede che gli edifici siano antisismici sin dalle loro fondamenta, un elemento che renderà la casa ancora più duratura. Sul fronte dei prezzi, non vi sono tariffe univoche. Tutto dipende dalla grandezza, dalla qualità dei materiali prescelti, dai comfort introdotti in fase di progetto, dai prezzi medi dell’area di destinazione e molto altro ancora. Se consideriamo questi fattori, una casa in bioedilizia progettata da zero può richiedere dai 750 ai 3.000 euro al metro quadro. Se si sceglie una costruzione prefabbricata, ma sempre in bioarchitettura, si passa dalle 900 alle 3.500 euro per metro quadro.

186Tecnologie
Le costruzioni in bioedilizia dialogano con il contesto

La

bioedilizia consente di realizzare grandi luci

In bioedilizia esistono soluzioni costruttive basate sulla diversa tecnologia di prefabbricazione del legno.

188Tecnologie
Sistema blockhaus

Il sistema blockhaus è un metodo molto antico di costruzione delle abitazioni con i tronchi di legno, tipico delle prime costruzioni nei paesi nordici e delle baite di montagna. Oggi, il metodo è stato rivisto e migliorato in chiave moderna. Si tratta essenzialmente di tronchi a sezione tonda o travi squadrate, di diverse forme e dimensioni, posti orizzontalmente in serie uno sull’altro per formare una parete portante. Per i collegamenti, nella sovrapposizione degli elementi e nei punti di incrocio, vengono utilizzate tecniche ad incastro mediante incisioni del legno. Alla struttura si abbina un rivestimento interno, come una contro parete, che garantisce comfort, personalizzazione ed isolamento, grazie all’aggiunta di pannelli isolanti. Un’intercapedine è usata, talvolta, anche per l’impiantistica, ma in questo sistema costruttivo tubi e cavi passano, in genere, sotto alla parete, nascosti da canalette apposite. L’esterno viene spesso lasciato con legno a vista ma può anche essere rivestito ed intonacato, lo stesso avviene per la parete interna.

Il sistema massiccio è molto simile all’X-Lam per quanto riguarda solidità strutturale e fabbricazione, tuttavia, differisce da quest’ultimo dal punto di vista dell’assemblaggio delle tavole. Nel sistema massiccio infatti, le tavole, che spesso sono di legno massello, dopo essere state piallate, sagomate e scanalate, non vengono incollate, bensì inchiodate l’una all’altra con chiodi in alluminio o con perni di legno opportunamente dimensionati. La differenza di umidità tra pannelli e perni in legno, garantisce una tenuta ottimale, poiché il perno tenderà ad aumentare di volume generando la giusta pressione.

Il sistema massiccio e il sistema blockhaus sono soluzioni costruttive presenti sul mercato che vengono per lo più proposte da alcune aziende per differenziare l’offerta e distinguersi dalla concorrenza, ma non possono considerarsi vere e proprie alternative rispetto alle soluzioni strutturali più conosciute, che ora vedremo.

189Tecnologie
01 02
Sistema massiccio

Il sistema a telaio, o platform frame, è probabilmente la tecnologia costruttiva più diffusa al mondo per la realizzazione di edifici di legno. Il telaio è la vera ossatura portante della casa ed a questo sono poi fissati, sia internamente che esternamente, vari pannelli, di diverse tipologie (OSB, multistrato, fibrogesso), per formare solai e pareti. L’intercapedine è utilizzata per l’inserimento di pannelli isolanti e per il passaggio dell’impiantistica. Le pareti esterne vengono poi stratificate con cappotto protettivo e rifinite ad intonaco o altri rivestimenti, mentre all’interno sono, generalmente, rifinite con cartongesso e stucco rasato. Il sistema a telaio è un metodo costruttivo leggero che ha la possibilità di essere realizzato direttamente in cantiere o preassemblato in fabbrica comprensivo di infissi e isolante, per poi essere posto velocemente in opera, accostando le pareti e sovrapponendo i telai orizzontali dei solai. L’edificio viene realizzato un piano alla volta. Una volta posizionate tutte le pareti e messo il solaio, sullo stesso vengono poste le pareti del piano superiore e così via. Il solaio sottostante funge da piattaforma per il piano successivo, da qui il nome platform frame. Solitamente ha uno spessore di circa 30 - 40 cm.

Il sistema costruttivo X - Lam consiste in pannelli costituiti da almeno tre tavole in legno pieno o compattato, generalmente di abete nordico, di circa 2 cm di spessore. Le tavole sono disposte in modo incrociato, da qui la lettera X, per aumentare la tenuta strutturale attraverso l’incrocio delle fibre del legno. Quindi, vengono incollate tra loro a pressione, con colle sempre meno inquinanti, fino ad ottenere uno spessore variabile e determinato dalle esigenze costruttive del caso. La parete perimetrale della casa realizzata con questo metodo è formata da un pannello massiccio XLam all’esterno ed uno più sottile all’interno, anche in cartongesso, separati da un’intercapedine contenente pannelli isolanti e con la funzione di passaggio degli impianti. All’esterno sono aggiunti il cappotto protettivo ed isolante e lo strato di intonaco. Grazie alla grande capacità di carico dei pannelli e alla robustezza data dall’incrocio delle tavole, tutta la parete diviene portante e l’edificio non necessita di un vero e proprio telaio strutturale. Solitamente ha uno spessore di circa 28 - 34 cm.

190Tecnologie
Sistema a telaio
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Sistema X - Lam

Entrambi i sistemi costruttivi sono mirati al raggiungimento di un comfort termico ottimale e valori di isolamento energetico elevati, in grado di realizzare edifici antisismici, sicuri e duraturi, resistenti al fuoco, agli urti ed all’umidità. Ovviamente ci sono alcune differenze che possono spostare la scelta da una parte o dall’altra, in base alle esigenze specifiche. La realizzazione delle pareti a telaio direttamente all’interno dell’azienda, come accennato, consente di svolgere un gran numero di lavorazioni ancora prima di entrare in cantiere, riducendo i costi di manodopera e i tempi di esecuzione. Per queste ragioni i costi delle case prefabbricate a telaio sono leggermente inferiori rispetto a quelli delle strutture X - Lam, circa il 5% in meno. Il telaio consente inoltre il raggiungimento di valori superiori di coibentazione termica invernale, grazie al superiore isolamento dovuto alla diversa stratigrafia delle pareti esterne. D’altra parte, la maggiore massa delle pareti in X - Lam, dovuta ai pannelli di legno pieno, garantisce una superiore inerzia termica e, di conseguenza, più ore di sfasamento dell’onda di calore estiva. Questo permette un comfort maggiore nei mesi caldi. Il rischio di condense invece è maggiore all’interno delle pareti a telaio, imponendo una scrupolosa cura delle nastrature per la tenuta all’aria e della posa dei freni al vapore a regola d’arte, mentre l’X - Lam, per sua natura, assolve direttamente la funzione di freno all’umidità prodotta all’interno degli ambienti. Infine, l’assemblaggio di una casa in X - Lam avviene per lo più in cantiere, consentendo una notevole flessibilità nella gestione di impianti e finiture; le strutture a telaio vanno stabilite a monte in fase di progettazione esecutiva, imponendo al committente di definire su carta ogni aspetto dell’edificio, prima di iniziare i lavori.

Alla luce delle nostre esigenze progettuali, abbiamo deciso di utilizzare per i nostri moduli prefabbricati il sistema costruttivo a telaio. Tale scelta è stata determinata, come visto, principalmente per disporre di una realizzazione in fabbrica quasi completa, che necessita solo di assemblaggio una volta giunta in cantiere la struttura modulare. Le dimensioni del nostro modulo sono state pensate in relazione al trasporto e non superano quelle di un container standard.

191Tecnologie
03 vs 04

Per quanto riguarda l’isolamento termico, abbiamo detto che in bioedilizia è fondamentale utilizzare materiali di origine naturale, che possono trovare diversi campi di applicazione grazie alle specifiche proprietà che possiedono. Ad oggi, i principali materiali isolanti impiegati in edilizia sono la fibra di legno, la lana minerale di roccia e il sughero.

La fibra di legno si ottiene dagli scarti di segheria della lavorazione del legno ed è a tutti gli effetti un prodotto di riciclo. I residui vengono frantumati e trasformati in fibre a loro volte pressate per ottenere pannelli della misura voluta e di diversa densità. Trova larga applicazione per la realizzazione di cappotti e per la coibentazione interna ai telai, alle contropareti ed alle coperture piane ed inclinate. È un ottimo isolante termoacustico con un’elevata capacità di accumulo di calore che migliora lo sfasamento termico estivo tra ambiente esterno ed interno dell’edificio, migliorando i livelli di comfort in tutte le stagioni e garantendo un clima fresco nei mesi caldi. È inoltre traspirante, permettendo l’attraversamento del vapore acqueo prodotto dagli ambienti e fungendo da igroregolatore naturale. I costi d’acquisto sono leggermente superiori alla lana di roccia, ma decisamente inferiori al sughero da cappotto. La fibra di legno è un prodotto ideale per coibentare le case il legno a basso consumo, a patto di evitare il contatto con fonti di umidità persistente. Il rischio, in questo caso, è che il materiale possa sviluppare fenomeni di degrado irreversibile, come funghi e muffe.

La lana di roccia si ottiene dalla lavorazione della roccia, prevalentemente diabase, basalto e dolomite, ed è un silicato amorfo, con caratteristiche simili alla lana di vetro. È considerato l’isolante per eccellenza, anche se la minore capacità termica rispetto alla fibra di legno lo rende meno indicato per proteggere dalle alte temperature estive. È inoltre da considerarsi un materiale naturale, sebbene non sia catalogabile come bioedile in quanto inorganico. Si caratterizza per l’ottima capacità isolante, con un’eccellente resistenza al fuoco, non essendo infiammabile. Pur assorbendo acqua a causa della composizione fibrosa, non teme l’umidità e, una volta asciutta, riprende le proprietà originali. È inoltre un ottimo fonoassorbente, grazie alla particolare struttura macroscopica a celle aperte che contiene aria al suo interno. La lana è leggera e facilmente lavorabile. Può essere impiegata in forma di pannelli o materassini, di vario spessore e densità ed è inattaccabile da insetti e muffe, mantenendo le sue caratteristiche inalterate nel tempo. Può essere impiegata per realizzare isolamenti a cappotto, intercapedini e la coibentazione di coperture, soprattutto in abbinamento a strutture in legno.

192Tecnologie
Fibra di legno

Il sughero biondo o bruno è un eccellente isolante naturale, riciclabile ed ecosostenibile. Viene ricavato dalla decorticazione delle querce da sughero, i cui granuli vengono aggregati mediante cottura, grazie alle resine naturali in essi contenute. È elastico e resistente, leggero e compatto, con elevati valori di isolamento energetico anche in regime estivo, essendo caratterizzato da un’elevata inerzia termica. È inoltre un notevole isolante acustico, con un eccellente potere fonoassorbente. Il sughero è poroso ed altamente traspirante, ideale per la realizzazione di cappotti su costruzioni in legno. Non teme assolutamente acqua ed umidità, può essere persino lasciato a vista, ed è inattaccabile da muffe e funghi. Ha una buona resistenza al fuoco ed è un materiale estremamente stabile, che non richiede particolari manutenzioni nel corso degli anni. I costi piuttosto elevati penalizzano tuttavia la sua larga diffusione rispetto alle fibre isolanti minerali e vegetali comunemente impiegate, pur trovando una sua nicchia di applicazione nell’ambito delle costruzioni in bioedilizia.

Lana di roccia

Per quanto concerne la scelta della stratigrafia interna delle nostre pareti a telaio, abbiamo inizialmente analizzato e confrontato diverse aziende del settore quali Wolf Haus e LegnoTech al fine di trovare la soluzione più adatta alle nostre esigenze che, date le dimensioni ridotte, richiedono il massimo della performance nel minimo dello spessore, così da non intaccare gli edifici incompiuti ospitanti con ingombri eccessivi.

Prendendo come riferimento i cataloghi LegnoTech, abbiamo individuato la struttura della parete esterna, spessa solamente 30 cm. La parete è costituita strutturalmente da un telaio in legno rivestito su ambo i lati con pannelli di OSB, con una coibentazione esterna a cappotto e, internamente, una intercapedine per impianti con listellatura, freno vapore, materiale isolante in fibra di legno e finitura. La struttura offre grandi performance grazie ai diversi strati che la compongono e, complice lo spessore, garantisce robustezza ed un isolamento termo - acustico difficile da ottenere con i classici sistemi in muratura. Lo strato isolante in fibra di legno ad alta densità inoltre, grazie al suo alto potere igrometrico, agisce da regolatore naturale per tenere costante l’umidità degli ambienti interni.

Per le suddivisioni interne invece, abbiamo optato per pareti più sottili, con una struttura semplificata rispetto alle pareti esterne ma con lo stesso rivestimento e spazio per gli impianti. Seppur di soli 12.5 cm di spessore, le prestazioni di isolamento termico e acustico risultano essere comunque di gran lunga superiori rispetto alle tradizionali pareti divisorie in muratura. Anche i solai e i pavimenti sono stati realizzati con una struttura semplificata, così da avere uno spessore di soli 15 cm e permettere ai moduli di mantenere un’altezza massima di 3 m e un’altezza interna vivibile di 2.70 m. Tutte le pareti create, ad ogni modo, dispongono di un’intercapedine per il passaggio degli impianti; a pavimento ad esempio, sarà presente un sistema di riscaldamento a secco, come vedremo.

194Tecnologie
195Tecnologie
Parete prefabbricata a telaio

Riprendendo il concetto di innesto alla preesistenza, citato in precedenza, si è rivelato necessario ricercare la tecnologia adatta per poter ancorare i nostri moduli abitativi alle strutture degli incompiuti. La soluzione ideale doveva essere flessibile e fornire infinite possibilità di posa, in modo tale da poter essere assemblata direttamente in cantiere.

Ricercando tra le diverse tipologie di sistemi di ancoraggio, abbiamo selezionato i prodotti dell’azienda italiana GL Locatelli come esempio per comprendere il loro funzionamento ed applicarli al nostro progetto. L’azienda, leader nel settore, è specializzata in ancoraggi in acciaio soprattutto per le facciate dei grattacieli e garantisce materiali e finiture di qualità, oltre a prestazioni eccellenti quali resistenza al fuoco, ai carichi e ai sismi. Nello specifico, sono risultati interessanti, i collegamenti di elementi prefabbricati pannello - trave, dove nel nostro caso il pannello è il modulo abitativo e la trave l’incompiuto. Inizialmente, durante le fasi di ripristino dell’incompiuto, sarà necessario predisporre nei pilastri, nelle travi e nei solai necessari, i fori per ospitare la parte inamovibile dell’aggancio, fissata tramite viti direttamente al calcestruzzo armato. Tale operazione dovrà intervenire sull’incompiuto il meno possibile, solo laddove risulti necessario. I moduli abitativi saranno in seguito dotati in cantiere di appositi binari in profilo di acciaio. All’interno di questi, saranno inseriti i collegamenti, tramite un incastro maschio - femmina, che uniranno i moduli all’edificio in modo solido. Trattandosi di incastri e di bioedilizia, il tutto potrebbe essere rimosso o sostituito in qualunque momento per essere riutilizzabile altrove.

196Tecnologie SISTEMI DI AGGANCIO.
Ancoraggi per calcestruzzo armato

Per quanto concerne invece l’aggancio tra i moduli che andranno a comporre le abitazioni, va tenuto conto del fatto che, il modulo stesso, come visto, è il risultato dell’unione di due elementi a C, che dopo aver formato un modulo intero, si uniscono ad altri moduli simili per formare le diverse tipologie di appartamenti.

Risulta di conseguenza necessario studiare come poter unire prima gli elementi a C tra di loro e, in seguito, i moduli l’uno con l’altro, non solo in serie ma anche perpendicolarmente tra loro per creare infinite combinazioni. La tecnica più compatibile con le nostre pareti in bioedilizia è risultata essere la spinatura in legno, spesso utilizzata per gli arredi in design del prodotto ma anche per i sistemi di travature in architettura. La spinatura infatti, unisce in maniera invisibile ed estremamente stabile le varie parti del legno senza aver bisogno di ulteriori complicazioni.

Ogni elemento a C da noi progettato, presenterà apposite forature realizzate per ospitare listelli di legno atti a unire i due pezzi tramite incastro e l’aggiunta di un collante naturale per bioedilizia, come la colla alla caseina. In caso di grandi sporgenze degli appartamenti, per avere una maggiore stabilità, potranno essere aggiunte travi in acciaio esternamente, sopra o sotto la struttura in legno, direttamente ancorabili all’edificio incompiuto secondo le modalità viste in precedenza.

197Tecnologie

Quando si parla del rapporto tra impianti e architettura, il più delle volte la questione si sposta su un piano specifico, che prevede la realizzazione di un particolare obiettivo: celare il più possibile alla vista ogni elemento dalla pura valenza tecnologica, utilizzando soluzioni capaci di minimizzare l’impatto estetico della rete di adduzione dell’energia elettrica, dell’acqua e di ogni altro tipo di impianto connesso all’uso di un edificio. Nel 1977 questa tendenza ha subito una violenta scossa con il Centro Georges Pompidou a Parigi, il quale, come abbiamo visto, raccontava una storia di perfetta integrazione tra architettura e reti impiantistiche. Queste ultime, lungi dall’essere occultate in vani e cavedi dedicati, invadono letteralmente le facciate dell’edificio, avvolgendolo in una sorta di matassa colorata e ben organizzata. Il funzionamento dell’edificio, insomma, viene dichiarato senza remore estetiche.

Al contrario, spesso, quando si parla di bioedilizia viene spontaneo immaginare alloggi completamente autosufficienti: una casa off - grid, ovvero fuori rete, è un’abitazione totalmente svincolata dall’allacciamento alla rete elettrica pubblica o privata e autosufficiente da ogni punto di vista, una realtà che funziona grazie all’ecosistema sole, vento e pioggia senza consumare risorse né inquinare. Questo tipo di edifici produce, in modo autonomo, l’energia elettrica e termica di cui ha bisogno, ricava l’acqua dalla pioggia

o da un pozzo e depura persino in modo naturale le acque reflue. In realtà però, in Italia, ad oggi, vivere off - grid al 100% non è ancora possibile a causa dei regolamenti, variabili da comune a comune e da regione a regione, che vincolano comunque il concetto di abitabilità alla dipendenza dalla rete. Per questo motivo, in fase progettuale, abbiamo optato per il mantenimento degli allacci alla rete pubblica dei nostri appartamenti. Ove possibile, in prossimità degli incompiuti andranno posizionati pannelli solari sia termici sia fotovoltaici, così da produrre al contempo corrente elettrica e calore. In generale, acqua calda sanitaria, scarichi ed energia elettrica saranno interamente on - grid. Essendo i moduli di dimensioni contenute, in modo tale da facilitare l’adattamento alla maggioranza degli incompiuti, è risultato necessario seguire la scia di Renzo Piano e del Centro Georges Pompidou dichiarando all’esterno gli impianti delle strutture. Per ogni appartamento, due tubi affiancati di 15cm di diametro, conterranno all’interno le tubature più piccole per gli scarichi di bagno e cucina, l’arrivo dell’acqua e della corrente elettrica. La coppia di tubi verrà agganciata direttamente al modulo corrispondente grazie a collari standard in acciaio zincato. Il percorso degli impianti, dai moduli al suolo, verrà modellato in base all’incompiuto di riferimento, cercando di disporre gli appartamenti con i bagni affiancati così da ridurre il numero di tubi necessari.

198Tecnologie IMPIANTISTICA.
Centre Georges Pompidou, Studio Piano & Roger, Parigi, Francia, 1971 - 1977
199Tecnologie
1977
Centre Georges Pompidou, Studio Piano & Roger, Parigi, Francia,
1971 -

Per quanto concerne il riscaldamento, all’interno dei bagni abbiamo optato per degli scaldasalviette elettrici a parete mentre, gli ambienti cucina, soggiorno e stanze da letto, saranno riscaldate tramite un sistema di riscaldamento e raffreddamento a pavimento a secco.

Nello specifico, abbiamo selezionato la linea EcoDry dell’azienda FloorTech, un innovativo sistema di riscaldamento a pavimento e parete, ecologico e fonoassorbente. La loro soluzione, per rivestimento in legno o parquet a posa flottante, prevede la posa diretta del rivestimento sopra l’impianto a secco, con la sola interposizione di un materassino anticalpestio tra rivestimento e impianto radiante. Il pannello isolante in fibra di legno è accoppiato con lamelle in alluminio sagomate per l’alloggiamento del tubo scambiatore di calore. Questo tipo di applicazione consente una posa rapidissima dell’impianto che risulta immediatamente calpestabile, e soprattutto, necessita di uno spessore disponibile di soli 45 mm in caso di legno, rivestimento incluso.

Gli elementi di base assemblabili del sistema EcoDry, si adattano a qualsiasi superficie della stanza e possono essere ruotati anche di 90 gradi grazie ad appositi giunti ad angolo.

Il riscaldamento elettrico a pavimento utilizza, in alternativa alla classica serpentina, nastri e membrane attraverso le quali passa la corrente elettrica. Il calore viene distribuito in maniera uniforme, in modo simile al riscaldamento a pavimento ad acqua. Il costo da sostenere per l’installazione di un riscaldamento a pavimento elettrico è generalmente inferiore rispetto a quello previsto per il riscaldamento a pavimento ad acqua, per tale ragione questo tipo di impianto potrebbe essere un’ottima soluzione soprattutto se abbinato al fotovoltaico o ai pannelli solari.

200Tecnologie
Guide per riscaldamento a pavimento a secco
202Ricerca 05 PROGETTO.

204 Mission

214 Stato di fatto

216 Autostrada Asti - Cuneo, Cherasco

230 Albergo Sapadolini, Leccio (Reggello)

256 La Sicilia e l’Incompiuto

264 Palazzetto dello sport, Romissa (Savoca)

284 Stato di progetto

286 Autostrada Asti - Cuneo, Cherasco

298 Albergo Sapadolini, Leccio (Reggello)

320 Palazzetto dello sport, Romissa (Savoca)

338 Appartamento campione, I4

356 Moodboard materica

358 Appartamenti, altre tipologie

402 Render

204Progetto MISSION.

Il progetto ha lo scopo di portare la vita negli incompiuti italiani attraverso la creazione di nuove soluzioni abitative all’interno degli stessi.

Intendiamo riconoscere in questa quantità di materia costruita un valore, sennonché potenziale, di energia sviluppabile. In tal modo, potremo dare una risposta a un problema nazionale e cambiare da negativa a positiva la percezione di questi luoghi.

205Progetto
Cosa
01

Intendiamo lavorare sulla maggioranza degli incompiuti italiani che presenta elementi ricorrenti, ovvero: chiusure orizzontali (53.8%) e verticali (50.1%), travi (37,3%) e pilastri (49,7%), collegamenti verticali (32,2%), coperture piane (37,3%) e strutture multi piano (47,2%).

Abbiamo deciso di escludere solamente quegli edifici con un grado di compiutezza troppo basso, impossibili da utilizzare come base progettuale, o troppo alto, ai quali spesso mancano solo le ultime finiture.

206Progetto
Dove
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Le nostre unità abitative andranno ad aggrapparsi ai diversi elementi degli edifici in calcestruzzo esistenti, secondo un principio di aggancio / innesto. Gli incompiuti saranno preventivamente risanati nei punti necessari, mantenendo il più possibile la struttura originale.

207Progetto
Come
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Moduli

Le unità abitative dovranno rispondere alle infinite possibilità compositive messe a disposizione dagli edifici incompiuti. Per questo motivo, saranno composte da elementi modulari, componibili in modo da essere facilmente trasportabili in loco e generare diversi tipi di alloggi, dai più semplici ai più strutturati.

208Progetto
04

Impianti

Apposite tubature esterne ed aggettanti conterranno gli impianti necessari al funzionamento delle unità abitative, generando, a partire da queste, percorsi scenografici più o meno complessi, per arrivare al suolo ed allacciarsi alla rete.

209Progetto
05

Gli interni degli appartamenti saranno pensati in relazione alla composizione dei moduli che li andranno a costituire. Pur mantenendo la stessa struttura portante, sarà possibile effettuare delle personalizzazioni degli interni secondo i gusti dei fruitori finali, grazie a un apposito catalogo contenente le finiture e gli arredi modificabili.

210Progetto
Interno
06

Materiali

Con l’intento di staccarsi completamente dalla matericità tipica degli incompiuti, i moduli saranno realizzati secondo le regole della bioedilizia, utilizzando materiali leggeri, facili da montare e trasportare.

Ulteriori interventi sugli incompiuti, come la creazione di nuove pareti o scale, avverranno esclusivamente utilizzando ferro e vetro, senza creare nuove murature o partizioni in calcestruzzo.

211Progetto
07

Nella maggior parte dei casi gli edifici incompiuti sono situati al di fuori di contesti urbani, di conseguenza possono ospitare residenze lontane dalla frenesia della città, in paesaggi spesso dimenticati che meritano di riacquistare valore.

I nuovi appartamenti sono destinati a tutti coloro che intendono vivere questi edifici, animarli e contemplarli all’interno del loro contesto originario.

212Progetto
Target
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Sia all’interno di un contesto urbano, sia all’interno di uno naturale, gli edifici incompiuti abitati avranno un peso e una responsabilità rispetto al paesaggio circostante, delineandosi come landmarks, ovvero punti di riferimento.

Essi infatti, grazie alla presenza dei moduli e delle tubature colorate, esprimeranno una volontà di rinascita dell’intera area, oltre a un cambio di paradigma, dall’incompiutezza alla vita.

213Progetto
Landmark
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Questo capitolo intende presentare le tre opere incompiute selezionate come location per il nostro progetto. Per ribadire ancora una volta quanto il fenomeno dell’Incompiuto italiano sia largamente diffuso in tutta la penisola, abbiamo optato per tre siti differenti, uno al nord, uno al centro e uno al sud.

L’analisi dei dati, effettuata in fase preliminare, ci ha permesso di identificare tre macro aree capaci di raccontare tutti gli edifici incompiuti della penisola: Sport, Logistica e trasporti e Spazi culturali e ricettivi. Per ognuna di queste tipologie, regione dopo regione, abbiamo osservato e analizzato uno alla volta tutti gli incompiuti, ricercando tipologie e forme differenti, tra le più interessanti e complesse, in modo da identificare tre location dove poter applicare il nostro progetto, che sappiamo essere modulare e adattabile alla maggioranza degli incompiuti presenti sul territorio italiano. Al nord della penisola, per la categoria “Logistica e trasporti”, abbiamo individuato il moncone dell’Autostrada Asti - Cuneo, a Cherasco in provincia di Cuneo, un viadotto senza fine interrotto in mezzo al verde di campi e vigneti delle Langhe e Monferrato. In centro Italia, per la categoria “Spazi culturali e ricettivi”, abbiamo selezionato il rudere dell’albergo Spadolini, progettato all’interno del parco del Castello di Sammezzano, nei pressi di Leccio, nel comune di Reggello in provincia di Firenze. L’albergo, concepito per ampliare l’offerta ricettiva del

luogo, non è mai stato completato e versa da anni in stato di abbandono. Infine, al sud, per la categoria “Sport”, non potevamo escludere la Sicilia, regione che conta il maggior numero di incompiuti a livello nazionale. Qui, abbiamo deciso di soffermarci sul Palasport situato in frazione Romissa, di Savoca, in provincia di Messina. Una struttura imponente mai messa in funzione che oggi può solo interrompere la meravigliosa vista verso il mare.

Il nostro scopo è convertire questi spazi preservandone la struttura, la matericità, l’estetica incompiuta attribuendone una nuova destinazione d’uso, non necessariamente la stessa per la quale erano stati ideati e progettati. La riappropriazione di queste aree, dapprima inaccessibili e invalicabili, potrebbe dare vita a nuovi luoghi di incontro per le comunità: vivere queste architetture è il primo passo per dare un nuovo senso alla triste storia dell’Incompiuto italiano.

214Progetto
STATO DI FATTO.
215Progetto

AUTOSTRADA ASTI - CUNEO, CHERASCO.

“Nella regione Piemonte, tra Asti e Cuneo, la grande opera autostradale A33 che avrebbe dovuto unire le due province del vino e rendere più agibile la viabilità, si perde incompiuta nei campi e tra le vigne che hanno reso famose le Langhe in tutto il mondo. Il percorso fermo da anni, è ancora privo dei 9,5 km necessari a collegare i due capoluoghi di provincia”.

La storia infinita della A33 fornisce un ulteriore spunto di riflessione. In un’Italia sempre più asfaltata e stretta, dove lo spazio per le grandi opere si fa esiguo, l’evidenza dovrebbe ispirare i progettisti verso una nuova filosofia attenta al suolo, al recupero e all’ottimizzazione delle strutture preesistenti. La realtà, ad oggi, ci restituisce metodi opposti, disarticolati, distruttivi e disarmonici, sovente inutili o incompiuti. Sono gli anni ’90 quando si inizia a parlare del progetto dell’autostrada: il completamento era previsto per il 2012. Nel 2005 viene data la concessione alla società Autostrada Asti - Cuneo Spa, la cui proprietà è divisa tra le società Autostrada Ligure Toscana, Itinera, entrambe appartenenti al gruppo Gavio, e Anas. I lavori partono nel 2007, l’autostrada raggiunge una lunghezza di 71 chilometri sui 90 complessivi e nel 2012, anziché essere terminata, si blocca. L’autostrada rimane così, interrotta: mancano poco più di nove chilometri di asfalto per collegare Alba con Cherasco, passando per i paesi di Roddi, Verduno e La Morra. Proseguendo in direzione est, verso Alba, Asti e Milano, fino allo svincolo di Cherasco è percorribile un tratto di una decina di chilometri in autostrada: poi l’uscita è obbligata. I blocchi di cemento e un segnale di divieto di accesso impediscono di proseguire dritto, dove la strada è chiusa anche se continua per quasi un chilometro. Si blocca poco dopo aver oltrepassato il fiume Tanaro: all’improvviso, l’asfalto e i guardrail si interrompono e le sbarre di acciaio del cemento armato si allungano nel vuoto. I motivi di questo blocco li riconosce la stessa società Gavio nel 2016, la quale evidenzia due problemi, uno relativo ai volumi di traffico e l’altro ai costi. I dati di traffico rilevati nel 2014 sulla tratta in esercizio dell’autostrada Asti - Cuneo compresa tra l’A6

Torino - Savona e Cuneo, evidenziano che il traffico medio giornaliero è di circa 4.500 veicoli a fronte dei 24.600 veicoli previsti nel piano economico finanziario di gara. Insomma, i flussi previsti in fase di approvazione del progetto risultano sovradimensionati e quelli effettivi si rivelano insufficienti per ripagare il costo delle opere. Inoltre il lotto mancante dovrebbe costare 411 milioni in più di quanto previsto. Per portare il gruppo Gavio a proseguire con il completamento dell’autostrada, il Ministero delle Infrastrutture, in accordo con la Regione Piemonte, propone così un atto aggiuntivo alla convenzione del 2007 basato sul finanziamento dei lavori della Asti - Cuneo con gli introiti della Torino - Milano. Nel frattempo, l’area oggetto delle opere viene inclusa nella buffer zone del sito UNESCO “Paesaggi Vitivinicoli di Langhe - Roero e Monferrato” che risulta in diretta connessione anche con un altro sito, denominato “Residenze Sabaude - Complesso Carloalbertino di Pollenzo”. La buffer zone, o zona tampone, è un’area che deve garantire un livello di protezione aggiuntiva ai beni riconosciuti patrimonio mondiale dell’umanità; i suoi confini infatti obbligano gli enti ad assicurare una maggiore tutela al sito, poiché si tratta di zone di collegamento tra le più pregiate core zone. Nel 2021 il completamento dei lavori sembra poter diventare realtà. Iniziano i lavori per il lotto mancante ma qualcosa è cambiato: nel progetto originale, all’altezza del Comune di La Morra, gli automobilisti provenienti da Cherasco sarebbero dovuti entrare in una galleria, proprio per salvaguardare il paesaggio collinare inserito nel patrimonio UNESCO. E invece, si buttano via anni di progetti, studi e valutazioni, per optare per una soluzione all’aperto e su un viadotto della lunghezza di circa 402 metri. Ma non si tratta

216Progetto

solamente di una questione estetica. Nel 2002 l’Anas aveva presentato il progetto definitivo del tratto con la soluzione della galleria, giustificando la scelta data la presenza sul versante della Collina di Verduno di terreni con caratteristiche geomeccaniche estremamente scadenti. La collina quindi non è stabile, ma nel frattempo vi è stato costruito sopra un ospedale di 110.000 metri quadrati su un lotto di 20 ettari. Il nuovo progetto presentato a settembre 2021 ha individuato sei aree di potenziale frana, per arginare le quali si propongono bonifica e sistemi di drenaggio nelle stesse zone e con gli stessi metodi individuati a suo tempo dall’Anas, ma nettamente ridimensionati. Lo studio, presentato dalla società Asti - Cuneo, dedica poche al righe tema. In sostanza dicono che poiché non ci sono le necessarie coperture finanziarie, si predispone una tracciato all’aperto là dove era prevista la galleria. L’analisi è finita e la discussione è chiusa. La sindaca di Verduno Marta Giovannini, aveva inviato, d’intesa con la Regione, un documento al Ministero delle Infrastrutture in cui si avallava la soluzione del viadotto, senza discuterne preventivamente con il

Consiglio comunale ed in contrasto con la delibera a favore della galleria approvata all’unanimità solo l’anno prima. Attualmente è ancora in corso la nuova procedura di Valutazione di impatto ambientale del lotto per il cambio di progetto. Il capo della segreteria tecnica del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, Mauro Antonelli, nel marzo 2022 ha dichiarato che si sarebbe impegnato a far svolgere da una società terza lo studio dì comparazione tra le due ipotesi, quella esterna ed il tunnel.

Un eventuale nuovo ritardo è la principale preoccupazione del mondo industriale locale, che negli ultimi anni ha più volte sollecitato i governi a completare l’autostrada. Mauro Gola, presidente di Confindustria Cuneo e della Camera di Commercio, è convinto che sia fondamentale stabilire tempi certi per i lavori dell’ultimo tratto. Secondo una stima di Astra Cuneo, associazione di autotrasportatori, il mancato completamento dell’autostrada ha causato ogni giorno nel 2021 un danno di 300 mila euro, 100 milioni ogni anno, per maggiori costi di carburante.

217Progetto
Incompiuto - Autostrada Asti - Cuneo, Cherasco, Piemonte

I timori di molti abitanti delle zone interessate dai lavori invece riguardano l’impatto ambientale del tracciato in superficie. Quattordici associazioni hanno costituito l’osservatorio per la tutela del paesaggio di Langhe e Roero che negli ultimi anni ha seguito da vicino il progetto della A33. Non è un comitato del no, anzi, l’osservatorio è favorevole alla conclusione del progetto a una condizione: che venga mantenuto il tracciato originale con un tunnel sotto le colline di Verduno. Le associazioni nel 2021 hanno inviato una lettera all’allora Ministro per la Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, per chiedere di ripristinare la galleria non prevista dall’ultima versione del progetto e di restringere la carreggiata per consumare meno suolo possibile. Secondo le associazioni, il tunnel comporterebbe un aumento dei costi rispetto alla soluzione in superficie, ma non dovrebbe affrontare una nuova procedura di autorizzazione perché già previsto e approvato con il progetto iniziale. Con il tunnel ci sarebbe un minore impatto ambientale e si riuscirebbe a salvare un’area completamente verde. Negli anni, molti attivisti hanno camminato lungo i sentieri, i prati e i boschi dove verrà realizzata la nuova autostrada per mostrare gli effetti di quest’opera sul paesaggio e l’ambiente.

L’inesistente A33 è l’esempio di come il rincorrere un concetto di sviluppo disgiunto dalla sostenibilità del territorio abbia ormai esaurito il suo tempo. L’autostrada è un progetto sbagliato, realizzato in tempi frammentati, mescolato con tratti precedenti, lasciando altri alle sterpaglie. Il casello autostradale di Cherasco deturpa i margini di una città bellissima ed è inutilmente lunga la bretella che avvolge Cuneo. Tutto in un’area che rientra in un territorio diventato patrimonio dell’Unesco. Studiando i dintorni del viadotto

incompiuto infatti, possiamo vedere che il territorio della regione piemonte è suddivisibile in tre fasce: quella alpina e appenninica, più esterna, e una zona collinare, che racchiude la zona pianeggiante finora citata. La stessa parola Piemonte significa ai piedi dei monti (pedemontium), e la regione è così definita perché circondata su tre lati dalle montagne delle Alpi Occidentali e dell’Appennino ligure. La regione ha un clima tipicamente temperato, che sulle Alpi diventa progressivamente temperato - freddo e freddo salendo in quota. Nelle zone situate a bassa quota gli inverni sono freddi ed umidi, spesso si formano infatti nebbie fitte, ma poco piovosi. Le estati invece sono calde ed afose con possibilità di forti temporali, specialmente nelle zone a nord del Po. Le Alpi al contrario godono di un clima freddo e secco, spesso nevoso d’inverno. Sulle rive del Lago Maggiore è, infine, presente un microclima particolare, con inverni freddi, ma più miti che nel resto della regione, ed estati più fresche e temporalesche. Le città maggiori per dimensione sono Torino, Novara, Alessandria e Asti, medievale e settecentesca. Tra le città piemontesi comunque, spiccano anche Alba, con il suo centro storico medievale e le cento torri, Casale Monferrato con il centro storico barocco, ma anche Cuneo, Vercelli e Cherasco, che con le sue mura cinquecentesche è stata definita da Napoleone Bonaparte, il più bel lembo d’Italia; egli durante la Prima Campagna d’Italia firmò qui l’armistizio del 1796 che mise fine alle ostilità tra la Repubblica Francese e il Regno di Sardegna.

218Progetto
Incompiuto Autostrada Asti Cuneo, Cherasco, Piemonte
Incompiuto -
Autostrada Asti - Cuneo, Cherasco, Piemonte

L’intera città di Cherasco è costellata di preziosi monumenti, chiese, palazzi e strutture decorative. Tra gli appassionati di antichità non mancheranno quanti siano stati almeno una volta al famosissimo mercato dell’antiquariato, tra i più importanti d’Italia. Ma Cherasco non è solo una mera testimonianza di un passato che fu. Oggi è ricca di valori grazie anche ai suoi abitanti, aperti alle diverse culture e rispettosi del patrimonio storico e ambientale. Ha un’atmosfera ammaliante, fatta di profumi, colori, suoni di campane, echi del passato, per questo è residenza di artisti e meta di turisti e curiosi, oltre che di imprenditori che trovano, nella serenità di una passeggiata per il centro storico, un momento di pausa dal ritmo degli affari che si intrecciano nelle vivaci aziende del territorio e delle grandi città vicine. Gli ultimi venti anni hanno visto una trasformazione della città: si è infatti modificata gradualmente da centro ad economia agricola a polo industriale, commerciale ed economico di buon livello qualitativo e quantitativo. La tradizionale coltivazione di foraggi e verdure, insieme alla zootecnia intensiva, si sono validamente integrate alle numerose attività industriali e commerciali sorte, ottenendo su tutto il territorio uno sviluppo generalizzato che ha creato un cospicuo numero di posti di lavoro. Grazie ad una oculata ed intelligente politica di gestione urbanistica da parte dell’Amministrazione Comunale, gli insediamenti creatisi sono di medie e piccole dimensioni, ma tutti estremamente diversificati con grande specializzazione nelle produzioni. Così prodotti cheraschesi sono oggi in tutte le parti del mondo, ma questa industrializzazione non ha modificato il tessuto sociale della città, né ne ha distrutto l’atmosfera. Mentre nelle frazioni sono sviluppate in modo particolare l’agricoltura e l’industria pesante, nel concentrico

sorgono laboratori artigianali per la lavorazione del legno ed apprezzate botteghe di restauro ed antiquariato. Grazie alle vigne che si estendono nel versante oltre il Tanaro, la città fa anche parte degli undici comuni che compongono la Terra del vino Barolo. Qui si produce il Barolo Mantoetto del Versante Occidentale ed è possibile gustare gli altri prodotti della tradizione enologica del territorio presso le enoteche e vinerie della città. Famoso è anche il Bacio di Cherasco, cioccolatino a base di una fine miscela di cioccolato fondente e amalgamato con le nocciole Piemonte IGP, tostate secondo un’antica ricetta tradizionale e frantumate grossolanamente.

Cherasco è la pace che i turisti passeggeri ritrovano, esplorando i piccoli vicoli, accarezzando con lo sguardo palazzi e chiese, seguitando i bastioni; una pace che induce i più sensibili a fermarsi, per qualche giorno, una settimana, a volte per sempre. Una pace che discende dalla bellezza, che si fa cornice di presenze artistiche, di golosità raffinate, di chiacchiere saporite. Il luogo si fa apprezzare anche per gli itinerari naturalistici, con vari percorsi di trekking e cicloturistici, nove in tutto, da quelli più romantici a quelli più rilassanti. In prossimità dell’autostrada incompiuta, si trova persino un vasto Golf Club. L’intero Piemonte quindi, è uno scrigno di piccole perle altrettanto affascinanti e suggestive. Panorami incantevoli, come quelli delle Langhe o del Monferrato, racchiudono paesaggi dove il tempo sembra essersi fermato. Il paesaggio naturale è un fattore suggestivo e un ottimo elemento di partenza per un totale ripensamento dell’area dell’autostrada incompiuta. Il viadotto assume una posizione particolare, poiché si presenta come un elemento di sconnessione tra il panorama collinare piemontese e il traffico della città.

220Progetto

Questi elementi danno vita a un primo spunto progettuale, che può prevedere un intervento di natura quasi urbanistica, volta a capovolgere il senso del viadotto, da opera interrotta a nuovo elemento di connessione tra panorama e città. L’impalcato si trasformerà in un belvedere pubblico da percorrere in tranquillità, senza la presenza di auto o altre attività umane nelle vicinanze. Qui sarà possibile godere della vista e soggiornare per brevi periodi, grazie all’annessione di piccole residenze private. Un luogo adatto alle coppie o alle piccole famiglie, che desiderano scappare dal caos cittadino e ammirare le colline delle Langhe da un punto di vista privilegiato. Il belvedere, essendo comunque in prossimità di una parte di autostrada funzionante, potrà anche essere una base d’appoggio ben collegata per permettere ai visitatori di esplorare tutte le bellezze dei territori vicini.

221Progetto
Vista aerea, Cherasco, Piemonte
222Progetto
Stato di fatto - Assonometria isometrica 223Progetto
224Progetto N
225Progetto Stato di fatto - Contesto
226Progetto Stato di fattoPiantaScala 1:400 Vedi pg. 229 N
Stato di fattoProspetti sud e nordScala 1:500
228Progetto Stato di fattoProspetto estScala 1:200
Stato di fattoSezione A-A’Scala 1:200 Vedi pg. 226

ALBERGO SPADOLINI, LECCIO (REGGELLO).

Castello di Sammezzano, Leccio (Reggello), Firenze, Toscana

Introduzione

Nell’elaborazione di questa tesi di laurea si è approfondito la situazione relativa al sistema parco - villa - castello di Sammezzano. Si è avviato questi studi partendo da un’analisi della situazione territoriale del Valdarno e di Reggello dove il complesso monumentale è collocato. Anticamente Sammezzano era un fortilizio alto - medievale trasformato nel Seicento, quando divenne residenza estiva della famiglia Ximenes, in villa. Quando la villa - castello, nel corso dell’Ottocento, fu ereditata dal Marchese Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona, furono avviati una serie di interventi di trasformazione radicale del fabbricato e del parco circostante. Il Marchese, con la sua opera, ha riproposto un vastissimo repertorio di forme e modelli tratti dalle diverse architetture facendo divenire la sua residenza di Leccio uno dei più alti esempi di architettura orientalista di Europa. Il culmine di notorietà per la villa - castello di Leccio fu raggiunto domenica quindici settembre 1878, quando, vi fu ospitata l’ultima tappa del IV Congresso Internazionale degli Orientalisti di Firenze e, durante la quale, Sammezzano fu mostrata a tutti i maggiori studiosi di orientalismo di Europa. Notorietà che però durò per poco, infatti, dopo la morte del Marchese del 1897, Sammezzano viene, purtroppo, avvolto da un giudizio critico negativo perdurante per quasi tutto il secolo scorso.

In seguito a varie vicende, nel 1970, il complesso monumentale di Leccio diviene uno splendido albergo - ristorante ed i proprietari, per ampliare la scarsa offerta recettiva del luogo e per superare alcune difficoltà economiche di gestione, decidono di commissionare al Professor e Architetto Pierluigi Spadolini la progettazione di un Albergo da realizzarsi all’interno del parco. I lavori dell’erigendo albergo “Spadolini” si avviarono ma, dopo il

collaudo della struttura in cemento armato, eseguito dall’Ingegner Enrico Boni, si fermano per non ripartire più.

Nel 1990 l’albergo - ristorante chiude i propri battenti e, dopo diversi tentativi andati a vuoto, la mirabile opera panciatichiana, si trova, da allora, in uno stato di sostanziale abbandono. Dopo il fallimento della “Sammezzano Castle” il complesso monumentale di Leccio, costituito da centonovanta ettari di parco – di cui sessantacinque storici- dalla villa - castello e da una decina di immobili “minori” è all’asta.

Ma se, oltre a “salvare” Sammezzano dal degrado e dall’incuria, si vuole anche che questo sia fruibile pubblicamente, un proprietario non basta, serve altresì una proposta pianificatoria che, prevedendo un progetto di riuso del “rudere Spadolini”, individui una destinazione per la villa - castello e per tutti gli edifici della tenuta tenendo insieme pragmatismo economico e accessibilità pubblica del bene. Si è elaborato dunque un’idea metaprogettuale, all’interno della quale, si è andati a individuare delle funzioni per il rudere al fine di limitare l’impatto della struttura nel delicato sistema parco – villa – castello. La struttura spadoliniana infatti, si trova oggi in una situazione che provoca un certo imbarazzo al visitatore del sistema parco – villa - castello di Sammezzano e, che necessariamente, in un ipotetico progetto di gestione della struttura, va risolta per prima.

231Progetto

Leccio, Reggello e il Valdarno Superiore.

La villa - castello di Sammezzano si trova su una delle colline che dominano il Valdarno al di sopra dell’abitato di Leccio, nel comune di Reggello, nel Valdarno Superiore. Il Valdarno Superiore è situato all’interno del triangolo composto dalle città di Firenze, Arezzo e Siena ed è racchiuso fra la dorsale appenninica del Pratomagno e i monti del Chianti. Tale territorio si allunga in direzione nord-ovest per circa quarantacinque chilometri, ha una lunghezza media di venticinque ed è diviso quasi a metà dal fiume Arno. È un bacino intermontano che si articola fra le due province toscane di Arezzo e Firenze. Nel dettaglio confina: a ovest con il Senese ed il Chianti Fiorentino, a nord - ovest con il Valdarno Medio ed il centro abitato di Pontassieve, a nord - est con il Pratomagno, a sud - est con la Valdichiana e con il Chianti Fiorentino, a sud - ovest con il Senese. La posizione geografica e la forma di aperta vallata hanno favorito lo sviluppo di importanti vie di comunicazione e di pellegrinaggio che nei secoli hanno contributo e, tutt’ora contribuiscono, allo sviluppo socioeconomico di questa zona geografica. Questa regione costituisce da sempre un nodo viario importante: dall’antica via dei Sette Ponti che, attraverso le principali località del versante valdarnese del Pratomagno (Vallombrosa, Reggello, Pian di Scò, Castelfranco di Sopra, Loro Ciuffenna e Castiglion Fibocchi), collega Arezzo a Firenze; alla via che da Vallombrosa, per Secchieta, collega il Valdarno con la vallata del Casentino. È tramite il Valdarno che si articolano i principali collegamenti tra Arezzo e Firenze e, quindi, tra il sud e il nord dell’Italia. Almeno tre sono i collegamenti stradali che attraversano questa regione: l’Autostrada del Sole, che costituisce il tracciato principale e che, seguendo l’itinerario dell’antica via Cassia, collega Firenze con Arezzo; la strada regionale sessantanove che taglia il Valdarno seguendo l‘andamento dell’Arno e che collega Firenze per Pontassieve con Arezzo e la strada dei Sette Ponti, antica via etrusca, che, snodandosi sulle pendici del Pratomagno, collega alcune delle principali località del Valdarno. A ciò si somma poi l’importante rete ferroviaria che, sempre passando per il Valdarno, collega Firenze con Roma.

Per ciò che concerne la flora, la zona del Valdarno Superiore è ricca di foreste, aree umide, paesaggi montani ed è custode di un elevato patrimonio floristico che si aggiunge alle note bellezze storiche e artistiche e ai pregiati prodotti agricoli della zona. Sempre nel Comune di Reggello, si trova il Parco di Sammezzano, oggetto di questi studi nonché uno dei più estesi della Toscana e costituisce un “unicum” con l’edificio principale. Il Marchese vi impiantò una grande quantità di specie arboree esotiche, come

sequoie e altre resinose americane. Il parco possiede un patrimonio botanico inestimabile formato non solo dalle specie introdotte ma anche da quelle indigene. Solo una piccola parte delle piante ottocentesche è, purtroppo, giunta ai giorni nostri: già nel 1890, la figlia Marianna Paulucci, in un articolo pubblicato sul “Bullettino della R. Società d’Orticultura” ci racconta come delle cento trentaquattro specie botaniche diverse piantate dal padre alcuni decenni prima, ne fossero sopravvissute solo trentasette. Nel parco si trova il più numeroso gruppo di sequoie giganti presente in Italia, con ben cinquantasette esemplari adulti, tutti oltre i trentacinque metri; fra queste vi è anche la cosiddetta “sequoia gemella”, alta quasi cinquantaquattro metri, recentemente classificata come la “sequoia più alta d’Italia”, ed annoverata nella ristretta cerchia dei centocinquanta alberi di “eccezionale valore ambientale o monumentale” presenti nel nostro paese. Una delle venti frazioni del Comune di Reggello è il paese di Leccio, dove, appunto, si trova la villa-castello e il parco di Sammezzano. L’abitato di Leccio si trova anch’esso in corrispondenza di un importante nodo viario, all’intersezione fra due strade, la regionale sessantanove, detta del Valdarno, che collega la strada statale forlivese - nei pressi di Pontassieve - con Arezzo, e la provinciale diciassette, che collega, attraverso Leccio, la strada regionale sessantanove con il vicino capoluogo comunale di Reggello. Nel 1954 il paese si presentava come un piccolo borgo le cui abitazioni erano, soprattutto, disposte lungo strada minore, che collega la viabilità del Valdarno al paese di Reggello. A partire dagli anni settanta, l’abitato della frazione inizia a svilupparsi con una certa intensità ma, un impulso importante, lo si è avuto solo dopo la costruzione dell’outlet “The Mall”, che si trova, nei pressi del paese, nella superficie che era inedificata e compresa tra la strada regionale sessantanove e il vicino fiume Arno. Lo sviluppo di Leccio ed il fatto che proprio qua sia stato collocato un importate outlet è stato senz’altro favorito dalla grande densità di infrastrutture che, attraverso, strada, autostrada e ferrovia, consentono un collegamento veloce e efficiente con Firenze e con tutto il paese.

In questa pianificazione il territorio del Valdarno risulta senz’altro una grande potenzialità per il sistema della villa - castello e del parco di Sammezzano, sia per quello che offre dal punto di vista storico, naturalistico, che economico - sociale. In questo quadro, certamente, il grande afflusso di persone, provenienti da ogni parte del mondo, che attualmente viene garantito dalla presenza del centro commerciale “The Mall” può costituire una grande occasione da cogliere.

232Progetto
233Progetto
Valdarno Superiore, Arezzo - Firenze, Toscana

La storia sfortunata del rudere “Spadolini”.

Negli anni Settanta del secolo scorso, dopo l’avvio dell’attività dell’albergo - ristorante presso la villa - castello, i proprietari della vasta tenuta di Sammezzano, si accorgono velocemente che gli introiti ricavati dal solo immobile principale, che dispone di sedici suite, sono insufficienti per il mantenimento dell’intero complesso, dei numerosi immobili e del parco (circa cento novanta ettari di parco, di cui sessantacinque storici, una decina di edifici e numerosi manufatti). A tal proposito si ritiene necessario procedere alla costruzione di un albergo, nei pressi del castello, in corrispondenza della colonica “Poggiolino” poi demolita per far posto alla nuova costruzione. Il progetto dell’hotel viene commissionato al Professor Pierluigi Spadolini e prevede la realizzazione di cento camere, dodici suite e le attrezzature generali al piano terra. Il dieci novembre 1970 il soprintendente Nello Bemporad ne autorizza la costruzione ed il quindici gennaio 1977 l’architetto Spadolini presenta il progetto presso il Comune di Reggello. La “Sammezzano spa”, proprietaria dell’intera tenuta, il giorno sette luglio 1977, ritira la concessione n. 69/77 e vengono così avviati i lavori di quello che sarebbe dovuto essere l’Albergo Castello di Sammezzano. Il venti ottobre 1978 lo studio “GPStudio tecnico di architettura di R. Pasquinelli & C” con sede a Milano deposita i progetti al Genio Civile di Firenze. Il tredici aprile 1980 l’ingegner Nicolini, direttore dei lavori dell’erigendo albergo, presenta al Genio Civile la “Relazione di fine lavori” e successivamente l’ingegnere Enrico Boni presenta la relazione di collaudo della struttura. Quando l’edificio è collaudato e completato al solo livello dello scheletro in cemento armato i lavori si fermano, probabilmente a causa di un tentativo della proprietà di provare a chiedere una variazione di destinazione d’uso dell’eri-

gendo edificio variando da albergo a residence. Tale variazione non fu possibile. Nel 1986 la “Sammezzano spa” procede al rinnovo della concessione del 1977 ma ciò porta ad un nulla di fatto. Successivamente, fanno seguito i progetti dell’Ingegner Giovanni Oscuro del 1989, per la realizzazione del “Golf Hotel Castello di Sammezzano” e poi, nel 1992 quello dell’Architetto Bruno Cosimo Pati, relativo alla realizzazione dell’”Hotel residence al Golf Castello di Sammezzano”. Nessuno dei progetti, per vari motivi, vede l’avvio dei lavori. Dopo quasi quaranta anni, nonostante che la vecchia proprietà abbia provveduto al pagamento degli oneri di urbanizzazione ben tre volte, il rudere è tutt’oggi incompiuto e verte, dal 1980, in stato di sostanziale abbandono. Nonostante la grande mole dell’edificio (8880 mq circa), esaltata dallo stato di abbandono in cui verte, i progettisti furono abili nell’inserimento della struttura che, fortunatamente, non è visibile dal parco antistante alla villa - castello e da nessun altro punto del parco, meno che nelle immediate vicinanze. Dal piano di copertura del fabbricato e dai piani più alti, è possibile ammirare dei bellissimi panorami e alcuni scorci della villa - castello e del parco. L’immobile si presenta ancora oggi al livello di completamento della sola struttura in cemento armato, con i solai in latero - cemento completati, praticamente come fu lasciato nel 1980. L’edificio, per un ipotetico progetto di completamento, presenta alcuni problemi tecnici e funzionali, come l’adeguamento dello scheletro in comento armato all’attuale normativa per le strutture, risulta essere oggi compatibile solo con alcune funzioni. Per quanto riguarda la qualità del cemento armato, al netto di alcune parti puntuali e limitate in cui risulta essere deteriorato, si presenta in uno stato conservazione complessivamente buono.

235Progetto
IncompiutoAlbergo “Spadolini”, Leccio (Reggello), Firenze, Toscana

Una proposta di riuso per il rudere “Spadolini”.

L’edificazione dell’Albergo Castello di Sammezzano viene pensata negli anni in cui la villa - castello era destinata ad albergo ristorante e, la sua costruzione, nasce per risolvere i problemi gestionali della vasta tenuta (circa centonovanta ettari, una decina edifici e numerosi manufatti storici) che non riusciva a trovare nel solo edificio principale le sufficienti fonti di reddito necessarie al mantenimento decoroso dell’intero complesso.

Il rudere, tutt’oggi, pur nella sua forma estetica così imbarazzante, dovuta soprattutto al suo mancato completamento, rappresenta comunque una delle chiavi di volta nell’elaborazione di un progetto di gestione economicamente sensato per il sistema parco – villa - castello di Sammezzano. I problemi gestionali di una tenuta così vasta e così peculiare sono ancora tutti da risolvere e, a distanza di quasi quaranta anni dalla costruzione dell’albergo a progetto Spadolini, la questione si è solo complicata, soprattutto a causa di un quadro normativo molto diverso da quello che era vigente negli anni in cui l’edificio fu realizzato. Quando si è pensato a una soluzione per il rudere, si è tentato di superare un approccio più istintivo e, se si vuole, ideologico, legato al semplice abbattimento della struttura che, oltre ad essere oneroso, non risolverebbe comunque i problemi legati alla gestione dell’intera tenuta. Nella proposta metaprogettuale che si è elaborato per

Sammezzano si è ritenuto utile dare un futuro al rudere mediante un progetto specifico che provasse a tenere insieme gli aspetti più strutturali - ingegneristici, a quelli igienico - sanitari e impiantistici, con quelli architettonici e paesaggistici.

L’utilizzo di questo edificio per delle funzioni quali la ristorazione, il centro benessere e la palestra si è rivelato fondamentale nell’elaborazione del metaprogetto in quanto, gli altri edifici del parco, sia per le loro dimensioni che, in alcuni casi, per il loro valore storico, non ne consentivano il posizionamento. Spadolini, attraverso la scelta di questo sito, riuscì a collocare l’albergo nelle immediate vicinanze della villa - castello, vi previse di realizzare tutti quei servizi utili alla gestione della tenuta e che nel castello non potevano essere collocati e, allo stesso tempo, lo mimetizzò nel migliore dei modi: tutt’oggi il fabbricato risulta essere visibile solo nelle immediate vicinanze e da nessun’altro punto del parco. In questa rigenerazione, ci si è inoltre preoccupati di mitigare al massimo l’impatto dell’edificio con il parco e con la villa - castello, attraverso la proposta di realizzazione dei giardini pensili sulle coperture dei vari piani.

236Progetto
Incompiuto - Albergo “Spadolini”, Leccio (Reggello), Firenze, Toscana
Stato di fatto - Assonometria isometrica
N 240Progetto
Stato di fatto - Contesto 241Progetto
242Progetto B' B -0.35 H 6.10 H 3.35 H 4.90 3.20 1.70 H 4.05 H 4.65 A A' C C' 2.00 Stato di fattoPianta Piano TerraScala1:400 Vedi pg. 252254 N
6.15 H 3.05 B' B A A' C C' 5.00 2.00 Stato di fattoPianta Piano PrimoScala1:400 N
244Progetto 9.40 H 3.05 B' B A A' C C' 2.00 Stato di fattoPianta Piano Secondoscala1:400 N
12.65 H 3.05 B' B A A' C C' 2.00
-
N
Stato di fattoPianta Piano Terzo
Scala1:400
246Progetto 15.90 B' B A A' C C' 2.00 Stato di fattoPianta CoperturaScala1:400 N
248Progetto -0.35 1.70 6.15 9.40 12.65 15.90 Stato di fattoProspetto estScala1:400
-0.35 1.70 6.15 9.40 12.65 15.90 Stato di fattoProspetto ovestScala1:400
250Progetto 1.70 6.15 9.40 12.65 15.90 Stato di fattoProspetto sudScala1:400
-0.35 1.70 6.15 9.40 12.65 15.90 Stato di fattoProspetto nordScala1:400
252Progetto 6.15 9.40 12.65 15.90 1.70 Stato di fattoSezione AA’Sala1:400 Vedi pg. 242
-0.35 6.15 9.40 12.65 15.90 Stato di fattoSezione BB’Scala1:400 Vedi pg. 242
254Progetto -0.35 1.70 6.15 9.40 12.65 15.90 Stato di fattoSezione CC’Scala1:400 Vedi pg. 242

Abbiamo detto che l’intera penisola italiana è il nostro territorio di osservazione per gli incompiuti e che in Italia meridionale, in particolare in Sicilia, il fenomeno si è manifestato facendo contare il maggior numero di opere all’interno della regione. Qui il fenomeno degli edifici mai finiti coincide spesso con il cosiddetto abusivismo edilizio. Come dimostrato nel corso della ricerca preliminare, il 25,3% di tutte le opere incompiute, quasi un terzo, si trova in Sicilia, con una maggiore concentrazione nelle province di Messina e Palermo. La città di Giarre risulta comunque il punto di maggior concentrazione di infrastrutture, alcune delle quali surreali per le destinazioni d’uso assegnate, come vedremo. Giarre è un comune con poco meno di trentamila abitanti in provincia di Catania, una cittadina barocca, stretta tra il mare e una lunga distesa di agrumeti, sormontata dalla dell’Etna che su questo versante si mostra in tutta la sua imponenza. Negli anni Ottanta qui qualcuno ha pensato di costruire un campo da polo, sport antico che però in Italia non ha mai riscosso grande successo, come dimostra il basso numero di iscritti ai circoli. Anziché limitarsi ad

attrezzare una struttura per consentire le partite tra due squadre di quattro uomini a cavallo, si è optato per la realizzazione di uno stadio da oltre ventimila posti. In sostanza, tutti gli abitanti di Giarre avrebbero potuto trovare posto. In seguito si è scoperto che l’opera in realtà è servita solo ad ottenere un finanziamento proveniente in parte dal CONI e in parte dalla Regione Sicilia. Così nel 1985 è nato lo stadio del polo, con al centro anche una pista per l’atletica leggera. Per realizzare l’opera è stato espropriato un agrumeto, i lavori sono iniziati ed è stata edificata una tribuna proporzionata alle notevoli dimensioni dell’opera, ma troppo ripida per essere omologata. Infatti, l’omologazione non è mai stata autorizzata, anche perché, a un certo punto, andarono persi i carotaggi su cui fare le prove di stabilità.

Tutto è rimasto a metà: niente campo da polo, niente spogliatoi, una tribuna impraticabile e non omologata a sormontare una pista d’atletica costruita chissà come e, ovviamente, un’enorme distesa sterrata dove invece di imponenti cavalli da polo attualmente giocano i bambini del Giarre calcio.

256Progetto LA SICILIA E L’INCOMPIUTO.
Incompiuto - Stadio del Polo, Giarre, Catania, Sicilia, 2018

La piscina comunale di Giarre, anch’essa avviata negli anni 80, è invece oggi una struttura avvolta dalla vegetazione. Intorno alla piscina comunale sono sorte leggende e racconti. Il più clamoroso vorrebbe l’opera rimasta incompiuta a causa di un suo difetto di progettazione, minimo ma insuperabile: la vasca olimpionica sarebbe due centimetri più corta del necessario. In realtà la piscina non fu mai progettata per essere olimpionica: la si voleva semplicemente comunale, come ha dichiarato il progettista e direttore dei lavori, l’architetto giarrese Salvo Patanè. Non sono i due centimetri, infatti, ad aver lasciato a metà i lavori iniziati nel 1989, su un progetto realizzato quattro anni prima. La prima causa del blocco è storicamente accertata nel fallimento dell’impresa che si era aggiudicata la gara per costruirla: una ditta svedese che, all’inizio, appariva ai più una garanzia di efficienza. In realtà fu subito chiaro che le cose stavano diversamente, poiché avevano presentato dei calcoli per i quali un terzo delle risorse sarebbero state utilizzate per lo scavo. Si è poi presentata una nuova occasione per completare la piscina con le Universiadi siciliane del 1997. Le Universiadi non si concentravano in un unico luogo ma prevedevano eventi, con annessi finanziamenti, sparsi per tutta l’isola. La piscina di Giarre viene rifinanziata, ma anche questo non basta, non è ultimata in tempo per le Universiadi e viene definitivamente abbandonata.

Negli ultimi anni la proprietà è passata dal Comune di Giarre alla Provincia di Catania, che deve ancora decidere cosa farne. Secondo l’architetto Patanè, che tra l’altro oggi è consigliere provinciale, per completarla servirebbero circa due milioni di euro.

Se, dopo anni di disinteresse, si volesse invertire la rotta, si potrebbe anche provare a completare un’altra opera che si trova nella stessa area della piscina comunale, la cui storia però è un mistero per tutti. Tecnicamente viene definito Centro polifunzionale ma per gli abitanti della zona è solo l’Auditorium, o più enfaticamente: un cratere vegetale. Tra le rovine, infatti, sono cresciuti cactus, rovi e persino un fico. Comunque lo si chiami, nessuno sa spiegare a cosa dovesse servire quella struttura progettata nel 1982, grazie a un finanziamento dell’assessorato alla presidenza della Regione Sicilia. Nel settembre 2010, il Comune di Giarre, ha deciso di svelare il mistero in forma postuma, attribuendo una destinazione sensata al cratere e, soprattutto, completandolo.

L’Amministrazione comunale, nell’intento di restituire alla sua fruizione una delle principali opere incompiute, l’anfiteatro del centro polifunzionale di Trepunti, fa partecipare l’opera a un bando promosso dall’assessorato regionale dei Beni Culturali per la valorizzazione di contesti architettonici, urbanistici e paesaggistici, connessi alle attività artistiche contemporanee. In realtà, la finalità primaria del progetto è quella di rendere l’opera fruibile. È probabile che anche gli abitanti di Giarre, dopo tanti anni, si accontentino semplicemente di vedere l’opera completata, a prescindere dalla nuova destinazione d’uso, artistica o meno. Al di là delle operazioni culturali realizzate da Alterazioni Video, la realtà è decisamente meno affascinante.

258Progetto
2018
Incompiuto Piscina comunale, Giarre, Catania,
Incompiuto - Parco Chico Mendes, Giarre, Catania, Sicilia, 2018

Queste incompiute raccontano il volto nero dello sviluppo e della pianificazione in Sicilia, un’estremizzazione per la quale, come ha scritto lo storico Manfredo Tafuri, “opere pubbliche ed edilizia fungono da mezzi di contenimento della disoccupazione”. Seguendo la logica del profitto, una volta terminati i fondi a disposizione per le opere, capitale e stato pianificatore si ritirano in buon ordine. Così facendo, lasciano briciole, frammenti, segni evidenti della modalità concreta attraverso cui la modernità ha fatto scena: incontro tra sviluppo e sottosviluppo, legge e corruzione, mafia e Stato, controllo e sfruttamento, conflitto e abbandono. Spesso risulta difficile persino demolire questi ecomostri, una volta realizzati. Una percentuale altissima di ordinanze di demolizione in Sicilia non viene mai effettuata, per una mancanza di forza dell’amministrazione locale, o per l’impopolarità che questi atti comportano. In alcuni casi, resistenze alle demolizioni, come vere e proprie occupazioni di edifici, hanno bloccato progetti e piani. Anche le demolizioni quindi, spesso non vengono completate, generando dei mai finiti di ritorno, rovine contemporanee. Per elaborare nuove proposte progettuali è necessario prima di tutto conoscere la storia e le peculiarità del territorio dove si intende operare. Il fenomeno dell’incompiuto, oltre alle varie problematiche sopra citate, penalizza fortemente la regione, che in realtà ha ottime possibilità di sviluppo e caratteristiche uniche invidiate da tutto il mondo. La Sicilia è infatti la più grande isola d’Italia e del Mediterraneo, e presen-

ta un territorio variegato, prevalentemente collinare e montuoso all’interno e con svariate tipologie di coste, che sono rocciose, sabbiose e persino laviche, data la presenza del vulcano Etna, tra i più grandi e attivi del pianeta. Il clima dell’isola, mediterraneo, con estati calde e inverni miti e piovosi, la rende una meta perfettamente vivibile, anche se sulle coste, soprattutto quella sud-occidentale, il clima risente delle correnti africane per cui le estati possono essere torride. La Sicilia viene vista infatti come l’isola del caldo anche invernale ma in realtà, soprattutto lungo la costa tirrenica e nelle zone interne, gli inverni possono essere rigidi e tipici del clima continentale. Per questo motivo, oltre che per una questione logistica di collegamenti via mare, le maggiori città dell’isola sono Palermo, che è anche capoluogo di regione, Catania, Messina e Siracusa. A livello economico, la regione conta principalmente attività estrattive e industria alimentare data la vastissima offerta enogastronomica di prodotti famosi in tutto il mondo, come gli agrumi e i dolci e fritti tipici. L’offerta turistica siciliana è invece legata prima di tutto alla sua cultura e alla storia, oltre che alle bellezze naturali e paesaggistiche. Segni indelebili sono stati lasciati da tutti i popoli che hanno vissuto nell’Isola: dai greci e dai fenici, dai romani e dai bizantini, dagli arabi e dai normanni, dagli spagnoli e dagli austriaci. Sette siti in particolare sono entrati a far parte del “Patrimonio dell’umanità UNESCO”, ad esempio la Valle dei Templi di Agrigento e le città tardo barocche del Val di Noto.

260Progetto

La Sicilia, grazie alle differenze dei suoi territori che vanno dal mare alla montagna, offre a residenti e turisti la possibilità di praticare una moltitudine di attività all’aperto e non solo, in ogni stagione dell’anno, oltre alle classiche vacanze balneari. Sulle coste è comune praticare surf, windsurf, snorkeling, kitesurf, barca a vela ed immersioni alla scoperta di fondali e scogliere laviche. Sull’Etna e sulle valli circostanti è possibile invece praticare tour in quad, passeggiate a cavallo, mountain bike, escursioni, parapendio e lanci in paracadute. Prevalenti in tutta la regione sono comunque le escursioni guidate per visitare Parchi naturali (i tre più grandi sono quelli delle Madonie, dell’Etna e dei Nebrodi), riserve, sentieri e percorsi alberati. È presente inoltre una vasta scelta di Golf Club dove potersi allenare e rilassare in armonia con il paesaggio circostante. Anche le attività sportive al chiuso sono largamente praticate negli appositi impianti, con una diffusione che ha avuto inizio dal secondo dopoguerra in poi e ha permesso agli sportivi siciliani di ottenere titoli nazionali e internazionali nelle più diverse discipline. Nonostante il grande utilizzo degli impianti esistenti la regione Sicilia, come emerso dalla nostra analisi, presenta 8 campi sportivi, 6 centri sportivi, 9 palazzetti dello sport, 2 palestre, 9 piscine, 1 pista ciclabile, 1 pista di equitazione e 2 velodromi incompiuti, per un totale di 38 opere legate allo sport mai completate. Il Palazzetto dello Sport di Savoca, una delle tre location selezionate per il nostro progetto, rientra tra i numeri di questi edifici, che meritano di poter avere una vita e diventare un’opportunità di crescita per tutto il territorio che li circonda.

261Progetto
Incompiuto - Parco dell’addolorata, Agrigento, Sicilia, 2016 Incompiuto - Chiesa di Santa Maria Assunta, Capri Leone, Messina, Sicilia IncompiutoViadotto a Mussomeli, Caltanissetta, Sicilia
263Progetto
IncompiutoCase popolari a Catenanuova, Enna, Sicilia

PALAZZETTO DELLO SPORT, ROMISSA (SAVOCA).

“Una cattedrale nel deserto, un pugno nello stomaco che fa bella mostra di sé sulle colline di Savoca. Il palasport mai realizzato continua a rappresentare l’esempio di come negli anni la politica locale abbia sperperato importanti risorse destinate alla collettività”.

Tg Messina, 12/07/2021

Il Palazzetto dello Sport di Savoca è un’opera avviata nel 1989 dall’Amministrazione Provinciale di Messina a seguito di un progetto a firma degli architetti Carmelo Pantè e Francesco Alibrandi, per un importo originario di quattro miliardi di lire. Nel dettaglio, il progetto in argomento prevedeva la realizzazione di aree da gioco regolamentari per competizioni sportive di pallacanestro, pallavolo e tennis, nonché la costruzione di una piscina olimpica per gare di nuoto. Era prevista inoltre la costruzione di una tribuna con più di duemila posti a sedere, un parcheggio e locali per uffici e servizi annessi. La realizzazione dell’opera, per peculiarità e dimensioni, in origine doveva servire i paesi vicini ma anche i centri rivieraschi della fascia ionica e del messinese. L’ubicazione nella frazione Romissa a Savoca comunque, fu al tempo alquanto discussa sia per l’accessibilità che per la valenza ambientale, poiché il Palazzetto dello Sport sorge vicino alla pineta di Savoca, polmone verde della riviera ionica sita a pochi minuti di auto dal mare. Il plesso è stato ultimato allo stato rustico di incompiuto nel 1994; lasciato abbandonato per lungo tempo a causa della carenza di fondi, ha presto manifestato un profondo stato di degrado, nonostante il suo completamento sia stato sollecitato a più riprese dal Comune di Savoca. Nel 1996, l’Amministrazione provinciale aveva affidato l’incarico del collaudo statico delle strutture ad un professionista esterno,

il quale, anche sulla scorta di saggi e di prove di carico, aveva collaudato il Palasport, a condizione che venissero progettati interventi utili a migliorarne le condizioni di sicurezza. Da qui la redazione di un progetto generale di riqualificazione funzionale, che nel primo stralcio ha interessato il recupero delle strutture oggetto di degrado superficiale. Gli interventi eseguiti hanno riguardato il risanamento strutturale dell’intradosso delle gradinate nord e sud e delle travi rampanti, anche mediante l’utilizzo di tecnologie e materiali fibrorinforzati, per aumentare il grado di sicurezza dell’intera struttura e preservare allo stesso tempo quanto fino ad allora realizzato. Nel 2007 dopo numerose sollecitazioni ed incontri, la problematica del Palazzetto è stata oggetto di dibattito da parte del Consiglio Comunale, ma anche in questa occasione si sono registrate solo sterili promesse e inutili sopralluoghi di tecnici e consiglieri provinciali. La struttura ha poi superato nel 2009 il collaudo statico delle opere. Il principale progetto di riqualificazione e risanamento era stato in seguito approvato dall’Ufficio tecnico provinciale nel settembre 2012 e prevedeva una spesa complessiva di 250 mila euro. Ad eseguire gli interventi è stata la ditta Sgroi Srl di Fiumefreddo e i lavori sono stati consegnati nel dicembre 2013. Sempre nel 2013, un altro intervento messo in atto dalla Provincia di Messina aveva interessato le aree esterne alla struttura, con la sistemazione degli accessi, la

264Progetto

realizzazione del parcheggio e la posa dell’impianto di illuminazione, con un costo di 150 mila euro. Nel 2015 la Provincia Regionale di Messina ha concretizzato ulteriori lavori sugli esterni per rendere fruibile l’impianto, ora in grado di ospitare 1500 spettatori. Allo stato attuale quindi, il complesso si compone di un grande campo scoperto centrale, racchiuso tra due gradinate in cemento, senza collegamenti, una parte con tettoia e due zone con forature per finestre al piano terra dove probabilmente in origine sarebbero stati collocati gli spogliatoi per gli atleti. Il tutto risulta completamente aperto, non sono presenti finiture di alcun tipo e una delle due gradinate presenta persino pilastri incompleti, più bassi rispetto a quelli del lato opposto. Un’area al pian terreno presenta ulteriori pilastrini dislocati rispetto alla struttura principale, probabilmente pensati in origine come sede per l’ingresso. Il Palazzetto incompiuto, oltre a creare un notevole danno ambientale e paesistico è causa di dissesto per il centro abitato della frazione Romissa di Savoca, in quanto la vasta area di pertinenza della struttura sportiva è priva di adeguate opere di consolidamento e di regimentazione delle acque piovane.

Il Comune di Savoca ha deciso di rinunciare alla realizzazione della copertura originariamente prevista dal progetto e ha recentemente chiesto la riconversione strutturale dell’impianto e dell’area circostante per fini ricreativi o socio - culturali. L’ipotesi è quella di

trasformare il manufatto in un’arena all’aperto idonea ad ospitare manifestazioni sportive e spettacoli estivi, anche a pagamento, di valenza comprensoriale. Il Palazzetto dello Sport di Savoca è un’opera di importanza strategica per l’intero comprensorio ionico e merita di essere resa fruibile, anche perché l’unica alternativa possibile sarebbe la demolizione.

265Progetto
Incompiuto - Palazzetto dello sport, Romissa (Savoca), Messina, Sicilia

La stessa cittadina di Savoca, merita di non essere dimenticata o abbandonata a sé stessa e in tale ottica il palazzetto potrebbe ricoprire un ruolo fondamentale. Savoca, situata in provincia di Messina su un caratteristico colle bivertice a poco più di 300 m sul livello del mare, è un piccolo borgo gioiello di 1742 abitanti dove popoli antichi, scrittori come Leonardo Sciascia e registi hanno colto il fascino delle sue note sette facce, un detto popolare infatti recita: “Supra na rocca Sauca sta, setti facci sempri fa”. Savoca sembra infatti mostrare differenti sfaccettature della propria essenza, nella quale natura, storia ed arte si fondono armoniosamente. Da qualsiasi parte si guardi, l’orizzonte offre scenari sempre nuovi: dall’azzurro del mar Ionio all’aspra costa calabra, dai verdi monti Peloritani all’Etna maestoso, dalle cisterne scavate nella roccia alle case separate da strapiombi dove crescono il cappero e la ginestra. Panorami tutti diversi. Il nome deriva dalla pianta di Sambuco (in dialetto savucu), che un tempo proliferava spontanea nella zona; un ramoscello di sambuco è infatti raffigurato nello stemma medievale del paese. Savoca fu fondata intorno all’anno 1134, anche se molto prima dell’anno mille i luoghi erano abitati dai “Pentefur”, una comunità d’incerta origine che si stanziò nel quartiere che ancora oggi conserva tale nome. Il borgo si sviluppò così, urbanisticamente, intorno alla “Rocca di Pentefur” alla cui sommità fu costruito un castello alla fine del Trecento. Nel medioevo Savoca era una città a tutti gli effetti, con castello, ampia cinta muraria, uffici amministrativi e giudiziari e due porte di delimitazione. Il territorio, vasto e fertile, era rinomato per la produzione del vino e della seta. Molte famiglie nobili vi abitarono nel periodo medievale e rinascimentale, ed esisteva fino al 1492 persino una comunità ebraica. La terra di Savoca partecipò

sempre da protagonista agli avvenimenti di portata storica che interessarono la città di Messina. Alla fine del XVIII secolo il paese era già in declino, il quale si accentuò, poco prima dell’Unità d’Italia, con lo spostamento della popolazione e delle istituzioni verso il mare. L’abbandono di Savoca da parte della popolazione negli anni ‘70 e ‘80 del XX secolo in favore della costa e delle grandi città, tuttavia, ha contribuito a lasciare inalterato il fascino del borgo, che nasce soprattutto dalla coesistenza delle architetture antiche e dell’intatto paesaggio naturale. Attualmente si notano segni di ripresa, dovuta al rilancio turistico. Il borgo dal 2008 è stato inserito nel circuito dei “Borghi più belli d’Italia” ed è inoltre rinomato per il clima mite, poiché in inverno non si scende sotto i 7° e in estate non si sale oltre i 30°. Presenta inoltre aria e acqua di sorgente purissima, data la vicinanza ai torrenti Savoca e Agrò.Nel 1962 Leonardo Sciascia descrisse un centro storico in rovina. Oggi il borgo ci accoglie con le strade lastricate con blocchi di basalto di pietra lavica, le case restaurate con i tetti di coppi siciliani, i portali e le finestre in pietra locale, gli eleganti prospetti che propongono i colori dell’antica Savoca. Quest’ultima è stata portata agli occhi del mondo anche grazie al regista Francis Ford Coppola, che in questo borgo individuò la location perfetta per girare alcune scene de “Il Padrino”. Il luogo si fa apprezzare soprattutto per gli itinerari naturalistici. Un percorso di trekking parte dalla marina e arriva sin dentro la famosa pineta comunale, che si estende per diversi ettari e offre percorsi pedonali e aree attrezzate. Il percorso ciclabile invece, conduce dalla spiaggia ionica alla chiesa normanna dei Santi Pietro e Paolo di Agrò, uno dei gioielli architettonici della Sicilia. Altre attività praticabili in zona, oltre al trekking, sono le escursioni a cavallo e il tennis.

266Progetto

A Savoca inoltre, sorge attualmente il centro sportivo polifunzionale “Cittá di Savoca”, in un’area compresa tra la frazione Rina e San Francesco di Paola. Il centro consta di pista di atletica leggera, pedana di salto in alto, pedana di salto in lungo, pedana di lancio del peso, campo da tennis e spazio attrezzato per attività ludiche. La struttura è fruibile dal 2003, tutti i giorni in orario pomeridiano, ed ha ospitato numerose gare sportive, come gare di atletica provinciali e mini olimpiadi scolastiche. Nel periodo estivo, ospita il torneo di tennis “Città di Savoca” e momenti di intrattenimento musicale e ricreativo, come nel caso del tipico palio dei quartieri.

Nelle vicinanze del centro sportivo, a Savoca sono presenti anche due campi da calcio. Ma osservando la distribuzione geografica dei palazzetti dello sport lungo la costa Jonica, tra Messina e Catania è immediatamente visibile il ruolo fondamentale che il palazzetto incompiuto di Savoca avrebbe per servire il borgo e le aree adiacenti, completamente sprovviste

di questo genere di strutture. I grandi impianti sportivi più vicini infatti, si trovano entro i confini delle due città metropolitane appena citate. A Messina, dove il calcio è lo sport più seguito, si trovano lo Stadio “San Filippo - Gianfranco Scoglio”, inaugurato nel 2004, (al 10° posto degli stadi più grandi d’Italia) e lo Stadio “Giovanni Celeste”. Rilevanti sono poi il complesso sportivo “Primo Nebiolo” che comprende lo stadio del baseball, il palasport per basket, il mini basket, il campo per il calcio a cinque e la cittadella universitaria dello sport, che comprende un campo da calcio, rugby e hockey in erba sintetica, tre campi da tennis coperti, due campi da tennis o calcetto, tre palestre polifunzionali e due piscine di cui una coperta. Sempre a Messina, si trovano la piscina olimpica del complesso “Cappuccini”, due piscine comunali, il campo di atletica leggera “Santamaria” e quattro palasport minori dove si praticano volley, basket e pallamano.

267Progetto
Frazione Romissa di Savoca, Messina, Sicilia

Secondo quanto emerso dalla ricerca, il palazzetto dello sport di Savoca potrebbe porre fine alla sua condizione di incompiutezza mantenendo parte delle sue funzioni originarie, ricordiamo, spazi per competizioni di pallacanestro, pallavolo, tennis e nuoto, e creandone di nuove. Escludendo i campi da tennis, già presenti nel vicino centro sportivo polifunzionale sopra citato, e la piscina olimpica, che sottrarrebbe una grande quantità di spazio date le dimensioni regolamentari, il palazzetto potrebbe di conseguenza ospitare un campo da basket - volley.

Le competizioni saranno visibili dagli spalti esistenti e le restanti aree intorno all’area di gioco ospiteranno tutti i servizi accessori per il funzionamento dell’impianto e alloggi temporanei per i fruitori. La struttura potrà essere utilizzata da squadre di sportivi di Savoca o in trasferta per allenamenti o gare di carattere locale o regionale, date le dimensioni del campo da gioco. Inoltre, gli spazi dovranno essere pensati per accogliere eventuali accompagnatori, coach, arbitri, membri dello staff o addetti alla gestione dell’impianto. Servirà un numero adeguato di alloggi per permettere alla struttura di accogliere queste differenti tipologie di ospiti. Il progetto permetterà di dare vita all’incompiuto, unendo la funzione residenziale con l’indole sportiva dell’area e la mancanza di strutture simili nel territorio circostante.

268Progetto
Rapporto tra il palasport e le abitazioni vicine, Romissa (Savoca), Messina, Sicilia
269Progetto
L’incompiuto fa da sfondo ad antiche rovine, Romissa (Savoca), Messina, Sicilia Incompiuto - Palazzetto dello sport, Romissa (Savoca), Messina, Sicilia
270Progetto
Stato di fatto - Assonometria isometrica 271Progetto
N 272Progetto
Stato di fatto - Contesto 273Progetto
274Progetto B B' A' A 0.00 Stato di fattoPianta Piano TerraScala1:400 Vedi pg. 282283 N
B B' A' A 3.30 0.00
N
Stato di fattoPianta Piano PrimoScala1:400
276Progetto B B' A' A 0.00 9.00 3.30 Stato di fattoPianta Piano SecondoScala1:400 N
278Progetto 0.00 3.30 9.00 Stato di fattoProspetto estScala1:400
Stato di fattoProspetto ovestScala1:400 0.00 9.00 3.30
280Progetto Stato di fattoProspetto nordScala1:400 0.00 9.00 3.00
Stato
fattoProspetto
-
0.00 3.30 9.00
di
sud
Scala1:400
282Progetto 0.00 3.30 9.00 Stato di fattoSezione AA’Scala1:400 Vedi pg. 274
0.00 3.30 9.00
Stato di fattoSezione BB’Scala1:400

Questo paragrafo intende raccontare le tre opere incompiute selezionate in seguito al nostro intervento progettuale. Si vedrà come gli incompiuti sono stati dotati di nuova vita.

Il nostro scopo, come citato in precedenza, è stato quello di riconvertire questi spazi preservandone la struttura, la matericità e l’estetica incompiuta, attribuendo una nuova destinazione d’uso e cogliendo l’occasione per creare un landmark - centro di attrazione nel contesto che li ospita. I tre siti sono stati ripensati in relazione al contesto e alle necessità dei territori di appartenenza. Per questo motivo sono state pensate destinazioni d’uso completamente differenti al di là della comune funzione abitativa.

Nell’autostrada di Cherasco, abbiamo realizzato una lunga passeggiata sopraelevata, una sorta di belvedere. Discostandoci completamente dalla funzione originaria, abbiamo deciso di realizzare un’area completamente priva di auto, attraversabile solamente a piedi o in bicicletta, così da mantenere il collegamento con il verde circostante. Le abitazioni, disposte lungo la parte finale dell’autostrada, godranno di una vista unica e indisturbata sulle colline delle Langhe e del Monferrato.

L’incompiuto dell’albergo Spadolini, manterrà in parte la sua destinazione d’uso iniziale.

I livelli superiori saranno infatti dedicati alla disposizione di appartamenti e suite per l’accoglienza degli ospiti della struttura, mentre il piano terrà sarà destinato ai servizi accessori come ristorante, palestra, spa etc. La struttura si integra con il verde del Parco circostante grazie alla creazione di giardini pensili su quasi ogni piano, oltre ad un grande tetto giardino. Il Palasport infine, potrà ospitare competizioni sportive di pallacanestro e pallavolo, grazie alla creazione di un apposito campo doppio. Ai lati del campo, sono stati inseriti i servizi principali per il suo funzionamento, considerando sia le necessità del pubblico sia quelle degli sportivi. Le abitazioni create saranno dedicate ai giocatori, agli allenatori, agli arbitri e agli eventuali accompagnatori delle squadre.

Ricordiamo inoltre che all’interno di tutti gli edifici incompiuti non sono stati pensati interventi in muratura, ma sono state realizzate partizioni in metallo e vetro.

284Progetto
STATO DI PROGETTO.
285Progetto
286Progetto
AUTOSTRADA ASTI - CUNEO, CHERASCO. 287Progetto
N 288Progetto
Stato di progetto - Contesto 289Progetto
290Progetto FlussiPiantaScala 1:400 N

Nel complesso, abbiamo inserito un totale di 12 abitazioni, di differenti tipologie, a I, a L e a T, in relazione ai differenti target individuati in fase di ricerca, ovvero coppie o piccoli nuclei famigliari, che desiderano scappare dal caos cittadino e ammirare le colline delle Langhe da un punto di vista privilegiato. Il percorso arancione, al centro, indica la pista ciclabile, delimitata dalle aree verdi e intervallata da attraversamenti pedonali che uniscono le due parti dell’autostrada. Le linee gialle indicano invece i percorsi a piedi. Le linee gialle e tratteggiate, nello specifico,segnalano gli accessi dei residenti all’interno delle abitazioni private. I riquadri delimitano rispettivamente una scala con ascensore per la risalita da un sentiero sottostante, in blu, e una zona panoramica dotata di binocoli fissi per avere una visione a 360 ° dell’intorno.

Il progetto per l’autostrada prevede una suddivisione iniziale in tre macro aree destinate allo svolgimento di diverse attività.

I visitatori avranno modo di lasciare la propria auto una volta usciti al casello di Cherasco, tramite un percorso di rampe che permettono la risalita e conducono alla prima area, il parcheggio. È necessario lasciare l’auto in questa zona poiché il tratto a seguire è interamente

con percorsi dedicati a ciclisti e pedoni. È possibile salire anche a piedi in diversi punti grazie a totem di scale e ascensori disposti lungo tutto il percorso, in prossimità dei sentieri da trekking più frequentati. La passeggiata sul belvedere tra aree verdi e punti panoramici, ispirata all’High Line di New York, continua fino a una seconda area dedicata all’intrattenimento. Qui, abbiamo ipotizzato la presenza di servizi per i visitatori giornalieri, come piccoli angoli ristoro e relax.

ciclopedonale,

L’ultima area infine, è dedicata alle nostre abitazioni modulari in bioedilizia. Raggiungibili sempre a piedi o in bicicletta, sono distanziate e delimitate da piccoli giardini in modo da diventare affacci privati sulla bellezza del paesaggio circostante. Come indicato dallo schema, la luce solare illumina le abitazioni da ogni angolazione sia in estate sia in inverno.

292Progetto Stato di progettoPiantaScala 1:400 Vedi pg. 297 N
294Progetto Stato di progettoZoom Pianta Scala 1:200
N
296Progetto Stato di progettoProspetti sud e nordScala 1:500
Stato di progettoSezione AA’Scala 1:200 Vedi pg. 290
ALBERGO SPADOLINI, LECCIO (REGGELLO).
N 300Progetto
Stato di progetto - Contesto 301Progetto
302Progetto B' B -0.35 H 6.10 H 3.35 H 4.90 3.20 1.70 H 4.05 H 4.65
N
FlussiPianta Piano TerraScala1:400

I diversi ingressi permettono una fruizione libera del piano. Appena entrati, una grande hall con reception è affiancata sui due lati da un bar e da un ristorante ad uso pubblico. Alle sue spalle, si trovano gli ascensori e le scale per accedere ai livelli superiori, oltre ai locali per i vari addetti della struttura. Un loggiato composto da due navate di pilastri, presente in ogni piano ad eccezione del terzo, separa questa parte di edificio, dedicata all’accoglienza e al ristoro dalla seconda macro area area dedicata al benessere. Qui, si trovano uno shop per noleggiare biciclette, una palestra e un centro benessere dotato di spa e servizi per la persona quali massaggi, estetista, sauna e idromassaggio etc. La zona prevede anche un solarium esterno in cui potersi rilassare e godere del sole immersi nell’atmosfera magica del Parco. I locali tecnici infine, sono collocati poco più in alto, al di sopra dei mezzanini laterali.

e

pedonali

Il progetto di rinnovo dell’incompiuto prevede la suddivisione dei piani in macro aree destinate allo svolgimento di diverse attività, in relazione al contesto del Parco di Sammezzano. I

ciclabili preesistenti permettono di raggiungere la struttura tramite accessi al piano terra, direttamente affacciati sulle foreste di sequoie circostanti. L’edificio è stato strutturato mantenendo un insieme di funzioni aperte al pubblico al piano terra, mentre i livelli successivi sono dedicati agli ospiti delle residenze private.

percorsi

304Progetto 6.15 H 3.05
B
Pianta
PrimoScala1:400 N
B'
Flussi
Piano

Questo è il primo piano dedicato esclusivamente ad un uso privato e presenta residenze ad I di diverse dimensioni, alcune disposte in modo da ottenere un piccolo balcone. Le linee gialle indicano i percorsi per i residenti. Questi possono accedere ai moduli grazie agli ingressi disposti lungo il corridoio centrale, che termina nell’arioso loggiato. A seguire, un piccolo bar ristorante riservato ai residenti cela alle spalle giardini coperti, tranquilli e riservati, costellati di piante e sedute.

306Progetto 9.40 H 3.05
B
B'
Percorso pedonale residenti Giardini pensili N
FlussiPianta Piano SecondoScala1:400
12.65 H 3.05
B
B'
Percorso pedonale residenti Giardini pensili
N
FlussiPianta Piano TerzoScala1:400
308Progetto 15.90
B
B'
N
FlussiPianta Piano CoperturaScala1:400

La copertura dell’incompiuto è stata suddivisa per ospitare dietro le scale, con la giusta esposizione verso sud, un’area con pannelli solari in grado di fornire energia all’intero edificio. La restante parte è stata adibita a solarium giardino, collegato al resto dell’edificio tramite la grande scala elicoidale che conduce fino al primo piano.

310Progetto B' B -0.35 H 6.10 H 3.35 H 4.90 3.20 1.70 H 4.05 H 4.65 Stato di progettoPianta Piano TerraScala1:400 Vedi pg. 318 N
6.15 H 3.05
B Stato di progettoPianta Piano PrimoScala1:400 N
B'
312Progetto 9.40 H 3.05
B Stato di progettoPianta Piano SecondoScala1:400 N
B'
12.65 H 3.05
B
N
B'
Stato di progettoPianta Piano TerzoScala1:400
314Progetto 15.90
B Stato di progettoPianta CoperturaScala1:400 N
B'
316Progetto -0.35 1.70 6.15 9.40 12.65 15.90 Stato di progettoProspetto estScala1:400
Stato di progettoProspetto nordScala1:400 -0.35 1.70 6.15 9.40 12.65 15.90
318Progetto -0.35 6.15 9.40 12.65 15.90 Stato di progettoSezione BB’Scala1:400 Vedi pg. 310
320Progetto
PALAZZETTO DELLO SPORT, ROMISSA (SAVOCA). 321Progetto
N 322Progetto
Stato di progetto - Contesto 323Progetto
324Progetto B B' A' A 0.00 H 3.00 H 3.30 FlussiPianta Piano TerraScala1:400 N

Il colore giallo indica il percorso dei residenti, che potranno parcheggiare l’auto e accedere alle abitazioni direttamente dal resto del palasport, dove sono collocate scale e ascensori per accedere agli alloggi più alti.

Il colore arancione indica invece il percorso del pubblico il quale, una volta a piedi, dovrà accedere al piano terra da un apposito ingresso.

Il progetto per il nuovo palasport prevede una suddivisione in spazi privati, destinati ai residenti in trasferta per eventi sportivi, e spazi pubblici fruibili al pubblico che vorrà assistere a partite o allenamenti. La struttura è servita da un unico ingresso ma i percorsi di residenti e pubblico subito si dividono.

326Progetto
Pianta
PrimoScala1:400 N B B' A' A 3.30 0.00 H 2.70 H 4.50
Flussi
Piano

Al primo piano, le scale e l’ascensore portano

un

ad

per

camminamento sopraelevato,

il posizionamento dei fotografi, in modo da avere una vista completa del campo. Proseguendo si accede alle gradinate, dove è possibile disporsi liberamente. Il riquadro arancione indica un’ala del palasport dedicata ancora al pubblico e attrezzata con servizi igienici e aree ristoro. Dalla parte opposta, gli spazi sono stati organizzati come un’area comune per ospitare i giocatori, con aree relax, una mensa comune e servizi igienici. Le frecce gialle indicano i percorsi dei residenti, che possono ancora salire ai piani superiori per raggiungere gli altri alloggi.

ideale

328Progetto B B' A' A 0.00 9.00 3.30 FlussiPianta Piano SecondoScala1:400 N

dedicato

è

livello

L’ultimo

agli appartamenti

sportivi, raggiungibili attraverso l’ultima rampa delle scalinate. I piccoli alloggi sono tutti della tipologia ad I e sono stati posizionati in modo da poter ospitare i componenti di due squadre.

degli

330Progetto B B' A' A 0.00 H 3.00 H 3.30 Stato di progettoPianta Piano TerraScala1:400 Vedi pg. 336 N
B B' A' A 3.30 0.00 H 2.70 H 4.50 Stato di progettoPianta Piano PrimoScala1:400 N
332Progetto B B' A' A 0.00 9.00 3.30 Stato di progettoPianta Piano SecondoScala1:400 N
334Progetto 0.00 3.30 9.00 Stato di progettoProspetto estScala1:400
0.00 3.30 9.00 Stato di progettoProspetto sudScala1:400
336Progetto 0.00 3.30 9.00 Stato di progettoSezione BB’Scala1:400 Vedi pg. 328

Questo paragrafo intende mostrare un alloggio scelto come prototipo per spiegare le caratteristiche costruttive comuni ai dieci appartamenti modulari ideati, che verranno presentati in seguito.

Tutte le caratteristiche comuni fondamentali sono ben visibili all’interno del modello I4. Gli appartamenti, come spiegato nei capitoli precedenti, saranno composti da moduli di differenti tipologie: aperti su ambo i lati, con un solo lato chiuso, con apertura per porta - finestra e con lato chiuso insieme all’apertura per porta - finestra. Le tipologie, unite a incastro tramite spinatura e assemblate direttamente in cantiere sugli incompiuti, sono state pensate per contenere i servizi necessari al funzionamento dell’appartamento in relazione alla superficie disponibile. Il blocco bagno o cucina, ad esempio, è sempre stato ragionato in modo da rientrare nei limiti di un solo modulo, così da facilitare il trasporto e la posa degli impianti. Internamente, sono state utilizzate pareti divisorie in bioedilizia più sottili rispetto alle pareti perimetrali, per poter gestire al meglio la suddivisione degli spazi.

Qui come in seguito, per alcune versioni sono risultate necessarie due planimetrie, che mostrano differenti configurazioni di elementi spostabili o estraibili durante il corso della giornata.

Per quanto riguarda invece la scelta delle finiture e degli arredi, abbiamo realizzato un catalogo, in allegato, dal quale poter selezionare una serie di elementi fissi già prestabiliti per gli ambienti cucina e bagno, per i serramenti e per l’illuminazione. Ulteriori arredi mobili, come i divani o altre sedute, potranno essere acquistati in un secondo momento poiché non necessitano di una costruzione in fabbrica prima del trasporto, come è necessario invece per i bagni e le cucine. Anche gli impianti di riscaldamento a pavimento saranno installati prima del trasporto, così da necessitare solo della posa del parquet di finitura.

338Progetto
APPARTAMENTO CAMPIONE, I4
339Progetto
340Progetto 90 210 80 210 90 210 340 210 0.15 H 2.70 90 270 90 270

Appartamento I4 - Pianta - Scala 1:45

Ore: 09

Destinazione: palasport

Superficie: 32.8 mq

Ospiti: 2

341Progetto
342Progetto 90 210 80 210 90 210 340 210 0.15 H 2.70 90 270 90 270

Appartamento I4 - Pianta - Scala 1:45

Ore: 13

Destinazione: palasport

Superficie: 32.8 mq

Ospiti: 2

343Progetto
344Progetto 0.00 3.00 0.15 2.25 Appartamento I4Prospetto estScala 1:45
0.00 3.00 0.00 3.00 0.15 2.85 Appartamento I4Prospetti sud e nordScala 1:45
346Progetto Appartamento I4Sezione AA’ Vedi pg. 340 0.00 0.15 3.00 2.70
0.00 0.15 3.00 2.70 0.00 0.15 3.00 2.70 Appartamento I4Sezione BB’ e CC’ Vedi pg. 340
349Progetto
Appartamento I4 - Assonometria isometrica

Prendendo come riferimento i cataloghi LegnoTech, abbiamo individuato la struttura della nostra parete esterna, spessa solamente 30 cm. La parete è costituita strutturalmente da un telaio in legno e rivestito su ambo i lati con pannelli di OSB, con una coibentazione esterna a cappotto e internamente una intercapedine per impianti con listellatura, freno vapore, materiale isolante in fibra di legno e finitura. La struttura offre grandi performance grazie ai diversi strati che la compongono e, complice lo spessore, garantisce robustezza ed un isolamento termo - acustico difficile da ottenere con i classici sistemi in muratura. Lo strato isolante in fibra di legno ad alta densità inoltre, grazie al suo alto potere igrometrico, agisce da regolatore naturale per tenere costante l’umidità degli ambienti interni. Altre proprietà sono state enunciate nel capitolo Tecnologie.

Per l’ultimo strato interno ed esterno abbiamo deciso di dare una continuità materica utilizzando gli stessi tavolati in legno di abete rosso trattato in modo differente. L’abete è un legno resinoso, dalla crescita rapida, che permette di gestirne la produzione in un’ottica di eco-sostenibilità. Ha un colore tendente al giallo

chiaro, con venature rossastre. È un legno leggero, con buone capacità di isolamento termico e acustico e una buona elasticità, che lo rende facilmente lavorabile. Confrontando diversi cataloghi di aziende specializzate in produzione di perline e profilati in legno come Hasslacher e Binderholz, abbiamo deciso di utilizzare componenti di larghezza 20 cm e spessore 25 mm. Mentre per l’interno abbiamo ipotizzato due finiture, una più naturale realizzata tramite spazzolatura e una più d’impatto grazie a una laccatura colorata, l’esterno e le pareti dietro la doccia in legno dovranno necessariamente essere termo trattati. Il legno termicamente modificato è sempre più noto per via dei benefici che questo processo produce durante tutti i livelli della filiera. Attraverso il trattamento termico, il legno acquisisce una maggiore durata e stabilità, risulta molto meno sensibile ai fenomeni di restringimento e di gonfiore, acquisisce una notevole resistenza alle infestazioni da parassiti e guadagna una livrea elegante che risulta omogenea su tutto lo spessore del materiale. Il risultato di questi processi è da ritenersi totalmente biocompatibile, in quanto non vi sono applicate sostanze chimiche di alcun genere.

350Progetto
351Progetto
1 2 3 4 5 6 7 8 1 2 3 4 5 6 7 8
tavole in abete rosso - 25 mm tavole in abete rosso trattate - 25 mm listelli in legno / isolante in fibra di legno - 40 mm membrana freno - vapore pannello in OSB - 15 mm struttura in legno / isolante in fibra di legno - 140 mm pannello in OSB - 15 mm
1 8 2 3 4 5 6 7
listelli in legno / isolante in fibra di legno - 40 mm
352Progetto L1 L1 L1 L1 L1 L1 L1 L2 TV TV L2

Appartamento I4 - Pianta illuminotecnica - Scala 1:45

L1

spot a soffitto integrati, iGuzzini modello QU17

L2 spot a parete, DGA modello Tono P

353Progetto
354Progetto

Appartamento I4 - Assonometria isometrica impiantistica

Vedi pg. 340

Esempio di installazione a parete degli impianti fondamentali: scarico wc

acqua calda sanitaria

acqua fredda sanitaria

355Progetto
356Progetto MOODBOARD MATERICA. 1 3 4 5 6 7 2 8 9 10

tavolato in legno di abete rosso laccato

pannello in legno di abete rosso spazzolato

pannello in legno di abete rosso laccato

finiture acciaio: bianco opaco, cromato, nero opaco

tendaggi in lino - cotone

piano

357Progetto
1 2 3 4 5 6 7 8
tavolato in legno di abete rosso spazzolato piano di lavoro e para schizzi in laminato di lavoro e para schizzi in pietra naturale 9 piano di lavoro e para schizzi in composito minerale 10 linoleum Forbo

Questo paragrafo intende presentare le altre nove tipologie di appartamenti realizzati per gli edifici Incompiuti, a I, a L e a T. Abbiamo ipotizzato diverse configurazioni di distribuzioni e finiture degli interni, in relazione al target e al sito di riferimento.

Seguendo la logica del campione appena raccontato, ogni appartamento è stato realizzato disponendo i moduli in quantità e in posizioni diverse. Gli arredi utilizzati provengono sempre dal catalogo delle finiture. Per ognuno abbiamo realizzato le relative planimetrie e un visual tridimensionale in assonometria isometrica che permettono di comprendere la disposizione di pareti, funzioni e arredi. Nelle pagine che seguono, gli appartamenti non sono disposti per superficie, dal più grande al più piccolo, bensì sono stati suddivisi in ordine di Incompiuto. Partendo sempre dal nord al sud della Penisola, presenteremo prima gli alloggi dell’autostrada di Cherasco, poi quelli dell’albergo di Reggello e infine quelli del palasport di Savoca. Gli appartamenti così presentati ci permettono di far riflettere sulle infinite possibilità progettuali degli stessi.

Al di là di alcuni vincoli strutturali per la composizione complessiva dei moduli, le pareti interne in bioedilizia permettono di chiudere gli spazi oppure di aprirli, in base alle proprie necessità. In fase di progetto è possibile studiare per la committenza pavimenti interamente in parquet o intervallati da linoleum, mensole che attraversano le stanze, porte a battente o a saloon, finestre o porte finestre per accedere all’esterno, cucine e bagni laccati o al naturale e così via. Abbiamo immaginato spazi ibridi e configurabili, come stanze relax che nascondono letti, cucine con affacci particolari sui living e bagni minimi ma confortevoli. Ad eccezione di un appartamento a L che presenta un’intera stanza da bagno in camera con cabina armadio, gli altri bagni sono simili per configurazione in modo da semplificare le fasi di posa degli impianti.

358Progetto
APPARTAMENTI, ALTRE TIPOLOGIE.
359Progetto
360Progetto 90 210 80 210 90 210 160 110 0.15 H 2.70 90 270 90 270

Appartamento I3 - Pianta - Scala 1:45

Ore: -

Destinazione: autostrada

Superficie: 26 mq

Ospiti: 2

361Progetto
363Progetto
Appartamento I3 - Assonometria isometrica
364Progetto 340 210 160 110 80 210 160 110 0.15 H 2.70 80 270 90 210

Appartamento L1 - Pianta - Scala 1:45

Ore: -

Destinazione: autostrada

Superficie: 41 mq

Ospiti: 2

365Progetto
366Progetto 340 210 160 110 80 210 160 110 0.15 H 2.70 80 270 90 210

Appartamento L1 - Pianta - Scala 1:45

Ore: -

Destinazione: autostrada

Superficie: 41 mq

Ospiti: 2

367Progetto
369Progetto
L1 - Assonometria isometrica
Appartamento
160 110 90 210 80 210 160 110 90 270 340 210 80 210 160 110 0.15 H 2.70

Appartamento T1 - Pianta - Scala 1:45

Ore: -

Destinazione: autostrada

Superficie: 54 mq

Ospiti: 4

371Progetto

Appartamento

373Progetto
T1 - Assonometria isometrica
374Progetto 0.15 340 210 80 210 90 210 H 2.70 160 110 80 270

Appartamento I2 - Pianta - Scala 1:45

Ore: 09

Destinazione: albergo

Superficie: 26.7 mq

Ospiti: 2

375Progetto
376Progetto 0.15 340 210 80 210 160 110 90 210 H 2.70 80 270

Appartamento I2 - Pianta - Scala 1:45

Ore: 13

Destinazione: albergo

Superficie: 26.7 mq

Ospiti: 2

377Progetto
379Progetto
Appartamento I2 - Assonometria isometrica
380Progetto 160 110 90 210 80 210 340 210 0.15 H 2.70 80 270

Appartamento I5 - Pianta - Scala 1:45

Ore: -

Destinazione: albergo

Superficie: 33.6 mq

Ospiti: 2

381Progetto
383Progetto
Appartamento I5 - Assonometria isometrica
384Progetto 340 210 90 210 160 110 0.15 H 2.70 160 110 90 270 80 210 90 210

Appartamento L2 - Pianta - Scala 1:45

Ore: 09

Destinazione: albergo

Superficie: 41 mq

Ospiti: 4

385Progetto
386Progetto 340 210 80 210 160 110 0.15 H 2.70 90 210 160 110 90 270 90 210

Appartamento L2 - Pianta - Scala 1:45

Ore: 20

Destinazione: albergo

Superficie: 41 mq

Ospiti: 4

387Progetto
389Progetto
L2 - Assonometria isometrica
Appartamento
390Progetto 160 110 90 210 90 210 80 210 90 210 90 270 340 210 90 210 0.15 H 2.70

Appartamento L3 - Pianta - Scala 1:45

Ore: -

Destinazione: albergo

Superficie: 40 mq

Ospiti: 2

391Progetto
393Progetto Appartamento L3 - Assonometria isometrica
90 210 160 110 90 210 90 210 90 210 90 210 90 210 340 210 0.15 H 2.70 90 210 90 270

Appartamento T2 - Pianta - Scala 1:45

Ore: -

Destinazione: albergo

Superficie: 53.6 mq

Ospiti: 4

395Progetto
397Progetto
T2 - Assonometria isometrica
Appartamento
398Progetto 340 210 0.15 80 210 80 210 90 210 160 110 H 2.70

Appartamento I1 - Pianta - Scala 1:45

Ore: -

Destinazione: palasport

Superficie: 20 mq

Ospiti: 2

399Progetto
401Progetto
I1 - Assonometria isometrica
Appartamento
RENDER.
Appartamento I1
Appartamento I1
Appartamento I2
Appartamento I2
Appartamento I3
Appartamento I3
Appartamento I4
Appartamento I4
419Progetto Appartamento I4
421Progetto Appartamento I4
Appartamento I5
Appartamento I5
Appartamento I5
429Progetto Appartamento I5
Appartamento L1
Appartamento L1
Appartamento L2
Appartamento L2
Appartamento L3
441Progetto Appartamento L3
Appartamento T1
Appartamento T1
Appartamento T2
449Progetto Appartamento T2
451Progetto Appartamento T2
06 CONCLUSIONI.
453Progetto
454Conclusioni Alterazioni Video Appunti per un parco incompiuto, 2018

Perché l’incompiuto?

Avremmo potuto rispondere a questa domanda all’inizio della nostra trattazione, ma ben si presta ad una riflessione conclusiva. Come abbiamo visto, l’incompiuto è un fenomeno complesso, radicato nel territorio italiano a tal punto da far sembrare quasi impossibile un effettivo rimedio. Ecomostri in cemento interrompono il paesaggio silenziosamente, accompagnando la quotidianità di chi li vede ma allo stesso tempo li ignora eliminandoli dal proprio campo di osservazione. Da queste basi è nata la nostra volontà di proporre una possibile soluzione, teorica sì, ma effettivamente applicabile con tecnologie e meccanismi concreti, qualora ve ne fosse l’interesse un domani. Abbiamo auspicato un cambio di prospettiva, portando avanti l’ideale dell’Incompiuto italiano come stile, non con polemica ironia, bensì come simbolo di una rinascita possibile. Lo scopo della nostra tesi è stato al contempo quello di metterci alla prova e di misurarci con un progetto che è sì di interior design, ma allo stesso tempo comprende edifici atipici e non adatti all’abitare, così da spingerci ad andare oltre e a non fermarci ad una mera progettazione degli interni. È stata inoltre per noi uno strumento di sintesi, dove abbiamo applicato le diverse conoscenze acquisite nel corso dei nostri tre percorsi di studi. Qui abbiamo potuto confrontarci con un grande progetto in team, come auspicabilmente avverrà durante la nostra futura carriera professionale.

L’intento ultimo di questo elaborato, non è stato solo lo sviluppo di un progetto universitario, ma soprattutto il racconto dell’Incompiuto italiano come stile sotto una prospettiva nuova, positiva e aperta alle prospettive future. Speriamo di essere riusciti a trasmettere la curiosità e la voglia di andare ad approfondire questa tematica, che riguarda tutti e merita di essere studiata in ottica progettuale. Chissà, un domani la situazione attuale degli incompiuti potrebbe subire una forte scossa.

455Conclusioni
07 EXTRA.
457Progetto 458 Bibliografia e filmografia 460 Sitografia 462 Ringraziamenti

BIBLIOGRAFIA E FILMOGRAFIA.

Bibliografia

Abitare: Architecture Research, Incompiuto Siciliano. n. 486, ottobre 2008.

Accattini Chiara. Il Territorio Sprecato: Indagine e Valutazioni sulle opere Incompiute in Italia. PoliMi, 2011.

Alterazioni Video e Fosbury Architecture. Incompiuto: La nascita di uno Stile. Humboldt Books, 2018.

Augé Marc e Meneguzzo Marco. Non - finito, infinito. Electa, collana Pesci rossi, 2013.

Barducci Andrea. Un’idea per Sammezzano: Storia di una metamorfosi incompiuta. Università degli Studi di Firenze, 2018.

Beltrame Stefano. Valutazioni per il completamento di un’ opera incompiuta: il Palasport di Gravellona Toce. PoliTo, 2018.

Cao Umberto e Romagni Ludovico. Scheletri: Riciclo di strutture incompiute. Aracne Editrice, collana Re Cycle Italy, 2016.

Causin Eleonora. Il Non - Finito: Architettura dei resti urbani. Università autonoma di Lisbona, 2018.

Crespi Luciano. Manifesto del design del non finito. Postmedia Books, 2018.

Elle Decor Italia. Carminati Paola, Energy Saving. n. 10, ottobre 2022.

Frampton Kenneth. Storia dell’architettura moderna. Zanichelli, quarta edizione, 2008.

Fraschilla Antonio. Grandi e inutili: Le grandi opere in Italia. Einaudi, 2015.

Giancotti Alfonso. (Non) finito: Disegni di architetture incompiute. Lettera Ventidue, 2019.

Giancotti Alfonso. Incompiute, o dei ruderi della contemporaneità. Quodlibet, 2018.

Inventario: Tutto è progetto. n.11, Corraini Edizioni, 2016.

Lambiase Giulia e Zambù Giancarlo. Parco archeologico dell’incompiuto siciliano. PoliMi, 2010.

Lezioni di architettura e design. Renzo Piano Building Workshop: Ricuciture urbane e periferie. Abitare e Corriere della Sera, 2019.

Licata Gaetano. Maifinito. Quodlibet Studio, collana Trans(forma), 2014.

Lorusso F., Fioretti M., Salvucci D., Santinelli M. Scuola - Teatro del Vento: la fine di un incompiuto. PoliTo, 2019.

Morici Alessandra. Agency of Unfinished: Strategie progettuali situate per un’opera pubblica incompiuta. PoliTo, 2022.

Murray Peter. Factory - made housing: A solution for London?. New London Architecture (NLA), 2018.

Narne Edoardo. Unbuilt houses: Ricerche sul progetto incompiuto in architettura. CLEUP, 2013.

Sobrero Enrico. Completare (per gestire) le Opere Incompiute: Verifiche per l’ex bocciodromo di Montelupone. PoliTo, 2021.

Torrisi Massimo. Lavoro in corso: Perché in Italia si inizia ma non si finisce mai niente, l’Italia incompiuta. Newton Compton, 2010.

458Extra

Filmografia

Felici Benoit. Unfinished Italy. Zelig Film, 2010.

Gilliam Terry. Brazil. Arnon Milchan, 1995.

Striscia la Notizia, servizi dedicati agli incompiuti.

459Extra

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460Extra SITOGRAFIA.

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461Extra

cura di: Carlotta Leoni, + 39 3489881496

Martina Malvasio, +39 3425669414

Giovanni Mastrelia, +39 3460376095

Stampa: La Composizione, Milano, Italia

Prima edizione: Gennaio 2023

A

Abitare I’Incompiuto italiano. La rinascita di uno Stile.

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